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Anno 125 - n. 46
24 novembre 1989
L. 900
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL DIBATTITO NEL PCI
DOPO IL CROLLO DEL MURO DI BERLINO
coraggio
di cambiare
Ho sperato che un giorno o
l’altro avremmo ascoltato la
bella notizia che un grande partito italiano si sarebbe deciso a
cambiare il proprio nome e il
proprio simbolo. Ma non pensavo
ai comunisti. Pensavo piuttosto
ad una Democrazia cristiana che
lasciasse finalmente cadere quell’aggettivo, che rinvia più alla
potenza ed ai fasti vaticani che
non alla semplicità del Cristo
degU Evangeli. Ma nel Paese in
cui cristianesimo è, da secoli,
sinonimo di cattolicesimo romano non c’è da farsi soverchie
illusioni in coraggiosi cambiamenti. Lo dimostra anche ü
Concordato del 1984, con i suoi
pesanti e rinnovati condizionamenti nei confronti delle libertà delle minoranze.
Evidentemente cambiamenti
radicaii a chi da una vita governa non servono. Sono altri quelli che i cambiamenti li vogliono,
e in fretta, e perciò li organizzano e tentano nuove strade,
anche parecchio rischiose ed
impopolari, pur di sbloccare
vecchi equilibri.
'Tuttavia mi pare che la
questione sia partita piuttosto
male. I media in genere, per
tutta la scorsa settimana, hanno
soprattutto enfatizzato la questione del cambiamento del nome. E’ il latto più eclatante,
che emoziona o incuriosisce o
rattrista. Ma non è certo da un
nome nuovo che potrà sorgere
un nuovo partito. Le cose stanno al contrario: nuove prospettive e piattaforme politiche (che
si realizzano anche alla luce
dei nuovi latti internazionali)
possono condurre a nuove aggregazioni di forze democratiche. Se si arriva a quello, allora occorrerà allargare i confini
e di conseguenza cambiare identità. E quindi assumere un nuovo nome.
Tra le novità dei prossimi futuri scenari potrebbe esserci
Mche l’ingresso dei comunisti
italiani nelTInternazionale socialista, portando quindi nuoviequilibri nell’Europa del ’93 (non
per nulla i comunisti di altri
Paesi occidentali stanno pensando anche loro di ridiscutere dalle fondamenta l’identità
del loro partito).
Di fronte alla serie di novità
che il PCI sta sottoponendo alla riflessione ed al dibattito politico c’è, soprattutto al suo interno, disorientamento. E allo
stesso tempo voglia di capire
bene in cosa consista questa
nuova fase. Anche l’opposizione
al cambiamento è forte e da
questo punto di vista si prevedono tempi lunghi. Se questa
strada appena indicata porterà
alla possibilità di governare TItalla in modo nuovo, più democratico e partecipato, allora ben
venga per il PCI — all’insegna
della continuità nel cambiamento — una nuova fase costituente.
L’opposizione non può andare avanti in eterno. Ci vuole una
alternanza di governo proprio
per valutare in modo nuovo i
problemi gravi del Paese e per
crescere democraticamente. Per
noi nessun processo di rinnovamento, neppure quello tendente
ad organizzare un nuovo e più
ampio raggruppamento della sinistra italiana (penso qui come
possibile modello al partito democratico americano dei Jackson e Dukakis), potrà esimerci
dal vivere criticamente il rapporto fede-politica. Non siamo
abituati a prendere gli ordini
dalle segreterie dei partiti. Ma
non per questo stiamo alla finestra a guardare ovattati in una
grigia equidistanza. Crediamo
che si possa governare questo
Paese senza aver bisogno di
sventolare la croce, ma proponendo piuttosto una visione politica alternativa in cui possa
farsi strada una nuova condizione di cittadinanza. Pensiamo
che il rapporto tra Stato e società possa reggersi su una più
grande partecipazione dei cittadini ed una più ampia solidarietà. Chi lavora a questi grandi
cambiamenti ideali, che troveranno poi nella pratica quotidiana i necessari aggiustamenti,
ha avviato un processo che rimette tutto in discussione ed è
perciò, alla stato attuale delle
cose, ad uno stadio di indeterminatezza. Ma almeno occorre riconoscere che chi vuole l’alternativa di governo ha il coraggio di cambiare. Certo in tutto
questo gioca l’ansia elettorale,
il crollo del muro di Berlino, la
prossima visita di Gorbaciov. Il
coraggio non nasce nel vuoto
siderale ma sulla base di considerazioni politiche concrete.
Comunque finché il coraggio rimane, la speranza che si possa
governare in modo nuovo il
Paese non muore.
indietro non si torna
La favola della banana e il socialismo - Euforia per la novità e realtà - I vantaggi economici per l’Ovest e il compito delle chiese
Giuseppe Platone
Vi ricordate la storiella? Due
bambini, uno tedesco deH’Ovest
e uno tedesco dell'Est, si guardano attraverso i reticolati del
muro di Berlino; l’uno ha in mano una gustosa banana, l’altro
ha, come unico motivo d'orgoglio, il ’Socialismo... Oggi quei
due bambini continuano a guardarsi attraverso un ex muro, non
ancora crollato ma tutto pieno
di buchi; tanta gente è venuta
e ha fatto festa per giorni e giorni, ma loro due ora si guardano
smarriti. Per ora non ci sono
più simboli con cui identificarsi,
né da una parte né dall’altra, e
loro due non hanno più niente
in mano. Il bambino tedesco occidentale non ha più la banana:
tanti tedeschi (che gli hanno spiegato essere stranieri ma uguali
a lui) sono venuti durante il fine settimana e hanno fatto piazza pulita in tutti i supermercati.
E il bambino tedesco dell’Est
non ha più il suo severo socialismo perché, gli hanno spiegato,
non è mai stato un vero socialismo, ma una dittatura oppressiva e cialtrona.
Così potrebbe iniziare la nuova storia delle due Germanie del
dopo-muro, raccontata ai bambini di tutto il mondo. E molte
altre cose ci sarebbero da raccontare ai grandi, perché dopo
la storica spallata al vecchio regime le cose hanno cominciato
a muoversi ad una velocità pazzesca, soprattutto nella situazione interna della RDT. Non starò
a fare la lista delle novità; piuttosto vorrei soffermarmi sull'espatrio di tanti tedeschi del
l’Est (occasionale o definitivo, ma
finalmente legale) e su alcune
delle sue prime conseguenze.
Questa legalizzazione è stata
salutata come il segno inequivocabile che il cambiamento sia
vero e non di facciata. L’apertura delle frontiere ha avuto l’importante effetto di arrestare l'emorragia di espatri clandestini
che durava da quarant’anni e ha
dato persino inizio ad im modesto rientro da parte di qualche
migliaio di profughi che hanno
cambiato idea. Infatti c’è gente
che ha cambiato idea dopo aver
visto quel che l’aspetta al di qua
della ex cortina di ferro, nel libero regno delle opportunità. Tra
l’altro, pare che l’esodo dalla
RDT sia un buon affare per gli
imprenditori tedeschi occidentali: perché fornisce nuova manodopera scolarizzata e qualificata
a costo bassissimo, disposta ad
accettare lavoro nero e condizioni vessatorie. E questo non lo
dice un vetero-marxista incallito,
ma il direttore della borghesissima Frankfurter Allgemeine Zeitung. Man mano che passa il
tempo dal primo scossone, l’euforia lascia il posto alle preoccupazioni, e non solo per gli
emigrati.
Dopo l’euforìa che
cosa rimarrà?
In primo luogo, in RDT si è
preoccupati perché la dipendenza economica dall’altra Germania rischia di diventare troppo
AVVENTO - 1
Il giorno è vicino
« ...è ora ormai che vi svegliate dal sonno;
perché la salvezza ci è adesso più vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è
vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre, e indossiamo le armi della luce... »
(Romani 13: 11-12).
La prima domenica dell’Avvento non risuona
come l’ultimo tocco di una campana ormai stanca dell’immutabile vicenda dei peccati dei popoli
e dei singoli, ma come lo squillo di una tromba,
che risveglia una comunità da un sonno invernale,
fatto di consuetudini appassite e di consensi ripetitivi. « E’ ora ormai che vi svegliate dal sonno;
perché la salvezza ci è adesso più vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino ». Così scriveva l’apostolo Paolo ai credenti
di Roma, una comunità da poco evangelizzata nelle .sue componenti giudaiche e ellenistiche: dal vecchio ceppo ebraico e dall’antico e composito gruppo dei provenienti da un paganesimo fatto di adorazione di statue e di filosofie e ideologie contraddittorie. A Roma, Paolo « riceveva tutti coloro che
venivano a trovarlo, predicando il regno di Dio »
iAtti 28: 31).
I credenti di Roma sapevano che cosa era quel
« giorno » che si è avvicinato. E’ il Regno, la sovranità di Dio nel suo splendore finale, nella sua
vittoria sulle tenebre. Il credente è la sentinella che
annunzia la fine delle tenebre, perché sta continuamente sul confine, ma ha coscienza che il giorno viene.
Chiunque si avvicinava alla vecchia Roma erà
colpito dalla presenza di soldati in continuo arrivo e partenza: arrivo per le guerre di conquista
e di contenimento, partenza per un continuo ricambio. Così Paolo trae da questo incontro le
immagini: « Gettiamo dunque via le opere delle
tenebre e indossiamo le armi della luce». E’ la
consegna data ai cristiani: il terzo genere umano,
come poi venne chiamato.
Ma forse l’apostolo sente il rischio di essere
frainteso. E’ utile spiegare il suo messaggio: le
armi della luce dovranno essere rivolte contro la
« corruzione dilagante » dell’Urbe in una milizia
quotidiana, in una « onestà » meno smagliante^ ma
in una lotta contro le crapule ed ebbrezze, lussuria e lascivie, contese ed invidie. Il nuovo mondo
di Cristo ridà alla fatica umana un nuovo splendore, che non le potrà essere tolto. « Appena terminata la lettura di questo brano una luce, quasi,
di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono ». Così Agostino descrisse la sua conversione, avvenuta nel piccolo
giardino di Milano dove gli era giunta la voce,
come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva
cantando e ripetendo più volte: « Prendi e leggi,
prendi e leggi ». Così ai primi dell’agosto 386 Agostino di Pagaste, figlio del pagano Patrizio e della
cristiana Monica, scopriva la novità della sua vita
« rivestendosi del Signore Gesù Cristo ».
Carlo Gay
forte: da quando sono stati liberalizzati gli acquisti all’Ovest
il marco tedesco-orientale si svaluta rapidamente.
Poi c’è preoccupazione per il
traffico clandestino di merci fornite, all’Est, a prezzi sostenuti
dallo stato, difficilmente reperibili, contrabbandate e rivendute
airÓvest: lo sciacallaggio c’è in
tutti i paesi! Preoccupazione per
l’esodo dei medici e di altri lavoratori altamente specializzati.
Preoccupazione per il futuro politico della RDT: le deboli forze
di una base non ancora esercitata alla dialettica democratica
devono ora esprimere nuovi dirigenti e costruire una nuova
egemonia culturale al posto della vecchia classe dirigente della
SED.
Infine, preoccupazione per tutto il gran blaterare di riunificazione delle due Germanie che si
fa all’Ovest. Si tratta infatti, na
nostante il p'an polverone, di
discorsi ambigui e decisamente
tendenziosi, che portano acqua
al mulino di Kohl. Poco attendibili tutti i sondaggi d’opinione svolti all’Est come all’Ovest:
quel che è certo, è che i tedeschi dell’Est non chiedono riunificazione, che poi vorrebbe dire scioglimento puro e semplice
della RDT, ma riforme. Stando
aH’autorevole bollettino EPD, nelle grandi manifestazioni di Berlino e Lipsia, molti e fantasiosi
erano gli slogan, come « Andarsene è d’argento, rimanere è
d’oro », « Prima fatti, Egon, poi
sorrisi », « Più carta per la libera stampa » e infiniti altri, ma
nessuno chiedeva riunificazione.
Il fatto è che moltissimi tedeschi deH’Est, pur vedendo tutte le
storture del socialismo burocratico e ingessato dell’era di Ulbricht e di Honecker, hanno dimostrato di non volersene andare piantando gli altri in asso,
ma di credere nella possibilità di
una svolta democratica, a tutti
i livelli, di quello che è e che
essi veramente sentono come il
loro stato. Questa semplice verità molti tedeschi dell’Ovest non
l’hanno voluta ancora digerire:
che la RDT non sia la « Zone »,
come qualche vecchio si ostinava ancora a chiamarla (la « zona » di occupazione sovietica
quale effettivamente fu dal '45
al ’49) né un semplice « trabant » (satellite) dell’URSS, ma
uno stato sovrano con pari dignità e con pari indegnità di tutti gli altri stati, RFT compresa.
Che cosa ci si
aspetta dalle chiese
In questa situazione le chiese
evangeliche, già unite in un’unica
federazione (EKD) a dispetto
della divisione dei due stati, possono svolgere alcuni importantissimi servizi: p>er esempio quello di favorire lo scambio culturale intertede.sco adesso che le
barriere sono cadute; far sì che
i due bambini che si guardano
attraverso l’ex muro, e le loro
Saverio Merlo
(continua a pag. 2)
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commenti e dibattiti
24 novembre 1989
Appuntamenti
IL SIGNIFICATO
DELLA VISITA
Egregio Direttore,
forse il mio intervento è ormai fuori tempo ma ritengo doveroso, dopo
aver letto varie lettere della rubrica
« a colloquio con i lettori », fare alcune precisazioni per quanto riguarda
la visita di una delegazione del PCI nelle valli valdesi.
Sono stato uno dei promotori dell'iniziativa e ne ho poi, in relazione al
ruolo che svolgo nel Pinerolese, tenuto le file dal punto di vista politico
e organizzativo: è a questo titolo che
intervengo.
Mi ha fatto stupire, sotto certi aspetti, che il dibattito si sia polarizzato sulla frase attribuita a Marco
Rostan, quasi che il significato della visita fosse racchiusa in quelle parole,
quasi si trattasse di verificare il dato
statistico dell'elettorato valdese o ci
fosse una manovra tesa a mettere una
bandierina un po' più grande su un
territorio.
Le cose non stanno così. Non c'è
la ricerca né di fiancheggiamenti né
di identificazioni: tutto ciò ci pare poco laico. Nel proporre e nel realizzare
l'iniziativa (ed è stata la « periferia »
del partito a proporla alla direzione
e non la direzione a proporla) abbiamo
voluto, collocati in un osservatorio
privilegiato ed in un momento in cui
anche la riflessione sulla storia sottolineava alcuni valori, portare il nostro
contributo per un diverso approccio
alle problematiche religiose da parte
del PCI (si noti che da Pinerolo è
partita la mozione discussa in sede
di congresso nazionale, sul superamento del concordato).
Che sia più facile qui da noi, nella nostra area, sperimentare che cosa
vuol dire pluralismo culturale e religioso: che sia necessario che questa acquisizione non sia legata a dati
statistici ma che debba essere valutata come valore positivo di per sé:
che sia necessario generalizzare convincimenti e comportamenti, credo
siano elementi incontrovertibili. Si
tratta di operare perché le acquisizioni
diventino patrimonio radicato ai vari
livelli della società civile: a noi, comunisti del Pinerolese, è parso che questo valesse anche per il nostro partito. E dobbiamo dire che ci pare di avere raggiunto alcuni risultati in questa
direzione.
Nessuna operazione di conquista
elettoralistica o di ricerca di facile
consenso. Certo che il PCI che viene a questo incontro viene carico
della sua storia, in cui c'è anche
l'art. 7 della Costituzione (ma attenzione ad una polemica che per essere
ad effetto metta tra gli « approvatori • non solo PCI e DC ma anche 1
missini).
Ma la storia cammina a tal punto
che non oggi, ma già ieri, neanche
questo punto pur fondamentale ha
impedito a uomini come Ferruccio
Parri e Tullio Vinay di camminare con
il PCI, o al suo fianco.
Questo partito è venuto con la sua
storia di ieri ma anche cón la storia
di oggi ed a me preme affermare ohe è
venuto proprio e scopertamente (ma
in senso positivo) come partito e
per un incontro politico, ma non per
politicizzare una comunità di credenti
che trova la sua ragion d'essere comunità in qualcosa di ben più profondo che nell'adesione ad un credo
politico.
E’ venuto per incontrare una realtà,
i valdesi (non i valdesi comunisti)
nella convinzione ohe rientra nei doveri di un partito laico quello di farsi
carico anche delle reali condizioni in
cui una comunità può vivere con la
sua fede nella parità con le altre comunità e confessioni religiose. Il PCI
pertanto non è venuto a dire « siete
nostri », ma neppure « venite con
noi ».
Incontrando i valdesi la delegazione del PCI ha anche incontrato i problemi di un territorio: strutturali, economici, culturali (la montagna, il decremento demografico, la crisi economica di alcune zone, le minoranze
linguistiche): è questo il presente
che ci chiama.
Grazie per l'ospitalità.
Alberto Barbero
(segretario Unione PCI - Pinerolo)
LA TAVOLA
E L’INFORMAZIONE
Caro Direttore,
vorrei ringraziarti per la disponibilità
che la redazione ha dimostrato, a partire dal gennaio '89, nel pubblicare gli
articoli . La Tavola informa » (con cui
la Tavola ha inteso dare notizie sui
suoi lavori dopo ogni seduta) malgrado
la lunghezza, spesso la mancanza di
preavviso, una volta perfino malgrado
il testo manoscritto! Certo se la redazione, nel valutare questa specie
di rubrica, dovesse fare un po' di
conti, potrebbe legittimamente far sapere alla Tavola che forse non è il
caso di continuare. L'unica reazione
esplicita che questi articoli hanno
provocato è infatti la lettera della
sig.ra Ade Theiler GardioI (3.11.89)
che critica aspramente l'ultimo di questi
articoli (20.10.89) non solo per i suol
contenuti (reali o presunti), ma anche per la stessa opportunità di
questo tipo di informazione. Mi perdonerai se, malgrado ciò, continuerò
testardamente a mandarti questi articoli, convinto che servano alla chiesa più di quanto non la danneggino.
Purché naturalmente si sia in chiaro
sulla loro funzione. Essi non sostituiscono il rapporto della Tavola al
Sinodo (né I lettori si sostituiscono
all'assemblea sinodale nella valutazione dell'operato della Tavola). Sono invece un elemento di informazione che riporta le principali decisioni
della Tavola, una volta espresse in
atti al termine di processi decisionali
spesso lunghi e complessi, e gli
orientamenti, i programmi di lavoro, i
Indietro non si torna
(segue da pag. 1)
rispettive famiglie, possano finalmente conoscersi.
Nella RFT, il Diakonisches
Werk può rendere meno trauma
tico l’inserimento di coloro che
hanno scelto di emigrare. Nella
RDT i cristiani vedono ora che
sono tanti, che l'opposizione politica sviluppatasi aH’ombra e
con l'aiuto delle chiese esce allo
scoperto; certo le chiese continueranno a dare una mano al
processo di democratizzazione
della società, ma cercando contemporaneamente di trovare una
posizione propria, più di testimonianza cristiana che di supplenza politica. Per il momento
le chiese in RDT cercano di calmare la gente, predicando la nonviolenza (poiché la situazione resta molto tesa e c'è necessità
di evitare un’inutile escalation
nelle prove di forza con il nuo
vo regime) e cercando di convincere gli incerti a non abbandonare il paese.
Tnsomma le chiese protestanti hanno da svolgere un compito di grande responsabilità e di
essenziale importanza in questa
fase di transizione. E noi dobbiamo esser toro vicini ed aiutarle.
Dal tempo della famosa lettera di Karl Barth ad un pastore
della RDT, questo è stato l’impegno e la sfida delle chiese
evangeliche: il ripetere l’antica
esortazione di Geremia al suo
popolo esule in Babilonia, a cercare il bene del paese in cui esso
si trova e a pregare l'Eterno per
esso (Ger. 29: 5 sgg.), anziché
abbandonarsi a sogni di evasione.
Indietro, comunque, non si torna.
Saverio Merlo
dibattiti e le preoccupazioni della Tavola.
In questo senso, malgrado le inevitabili incompletezze e semplificazioni, questa » rubrica » può costituire un
elemento di informazione reale e di
prima mano che può ridurre la distanza che spesso si forma tra l'esecutivo e la base delle nostre chiese,
anche a causa di informazioni irreali o
di terza mano,
A parte questo piano di informazione generale, la Tavola è pur sempre
disposta a dare informazioni più specifiche, ancorché riservate, a chi gliele
chieda (come per esempio a quanto
ammontano i debiti di Villa Olanda, che
esistono). Altre informazioni che riguardano la chiesa nel suo insieme —
come per esempio chi nel nostro
ordinamento prende decisioni di linea
come quella sull'8 per mille — i lettori possono agevolmente ottenerle seguendo con un po’ di attenzione gli
ottimi resoconti che l’Eco-Luce dà
ogni anno dei lavori sinodali.
Cordialmente.
Franco Giampiccoli,, Roma
IMPOTENZA
DI DIO?
Dove va a finire la riforma protestante? Ho sentito dire da protestanti
che non è vero che il Mar Rosso sia
stato diviso in due per lasciar passare gli israeliti che fuggivano l’ira del
Faraone.
Ho perciò interrogato sulla questione alcuni nostri pastori.
Questo il risultato della mia inchiesta: uno l’ha messo in dubbio: un altro ha detto che non era II mare, ma
solo una palude: un altro ancora che
non era vera né la divisione delle
acque né il fatto dell'acqua che scaturisce da una roccia: l'ultimo mi ha
detto che a Dio è possibile ogni cosa.
Mi chiedo perché si corra dietro
alla teologia dell’« impotenza di Dio ».
Così facendo, la fede si perde e non
si crederà più alla mano potente di
Dio che fa i miracoli e i prodigi raccontati nell'Antico e nel Nuovo Testamento. lo sono convinto che l’essere supremo che ha creato i cieli
e la terra può qualunque cosa, anche
far passare un cammello nella cruna
di un ago. « Benedetto Colui che divise il Mar Rosso in due e fece passare Israele in mezzo ad esso, perché la sua benignità dura in eterno » (Salmo 136).
Domenico Di Toro, Velletri
DEFISCALIZZAZIONE:
SI’
Gentilissimo Direttore,
sono perfettamente d'accordo con
le conclusioni di chi ha scritto « Villa Olanda e 8 per mille » (n. 43). Mi
piacerebbe anzi aggiùngere che l’assurdità del nostro orgoglioso rifiuto
porta come conseguenza accessoria,
ma per me non meno importante, la
impossibilità di detrarre dalle tasse
gli importi che versiamo per il mantenimento della nostra chiesa. Si tratta di cifre che mediamente possono
considerarsi tra il 20 ed il 30% delle
nostre offerte e che, con il concetto
pratico di dare alla chiesa quello che
non dobbiamo più dare allo Stato, potrebbero aumentare, senza nostro sacrificio economico, le nostre capacità
contributive.
Pertanto in un momento grave, in
cui ai membri di chiesa viene chiesto un contributo straordinario, appare chiaramente, almeno secondo il mio
pensiero, quanto irresponsabile sia
stata la decisione presa al Sinodo
dello scorso anno, in pieno contrasto
con II parere espresso dalla grande
maggioranza delle chiese valdesi-metodiste.
Reto Bonifazi, Terni
Nuovo telefono
Dal r novembre il numero di telefono del pastore emerito Alfredo Scorsonelli è: 050/54.41.46.
• 25 novembre — IVREA — Qrganizzato dalla chiesa valdese, dibattito sul tema: « Religione a scuola: fatto culturale o insegnamento confessionale?
Parliamone ancora ». Intervengono don Pietro Agrano, Franco Giampiccoli, moderatore della Tavola valdese, e Reginaldo Palermo, direttore didattico.
• 1 e 2 dicembre — TORINO — Convegno nazionale sul tema: « Ma servono
ancora i giudici? (Le trasformazioni del potere giudiziario alla fine degli
anni ’80) ». L'incontro si svolge presso la sede del Consiglio regionale in via
Alfieri t5.
• Da) 7 al 9 dicembre — CUNEO —■ Presso il cinema Monviso, convegno sul
tema: « Attualità dell'antifascismo (Le ragioni di una scelta lontana) ».
• Lunedi 27 novembre — ALESSANDRIA — Alle ore 21, presso I locali della
Chiesa evangelica metodista, corso Borsalino 24, si terrà il primo di una
serie di incontri, a carattere interconfessionale, dedicati allo studio del documento finale di Basilea. Introdurrà la discussione il past. Fulvio Ferrario.
Fondo di solidarietà
Come già in precedenza riferito, abbiamo chiuso il conto
relativo all’iniziativa a favore
dell’appello delle Chiese evangeliche della Giamaica colpite dal
tifone, con particolare riferimento alla Facoltà di teologia,
gravemente danneggiata. La
somma raccolta ammonta a lire
2.800.000, che abbiamo provveduto a reinoltrare tramite la Tavola.
Al momento il nostro Fondo
sta raccogliendo i doni per due
iniziative. La prima è a favore
del Centro agricolo e socio-sanitario di Nyengo in Zambia,
per il quale abbiamo ora in cassa L. 4 milioni ca.
La seconda concerne invece
gli aiuti alla Chiesa presbiteriana del Mozambico, al cui riguarlc abbiamo già dato ampi
dettagli nei numeri precedenti
(in cassa L. 3 milioni ca.).
Ricordiamo con l’occasione che
le offerte vanno inviate al conto
corr. postale n. 11234101 intestato a La Luce, Fondo di solidarietà, via Pio V 15, Torino
indicando possibilmente la destinazione. In mancanza, provvederemo noi stessi, come di consueto, al riparto.
OFFERTE PERVENUTE IN OTTOBRE
L. 1.000.000; Fernanda e Tullio Vinay.
L. 500.000; Emanuele Bottazzi; Dora e Christian Gysin.
L. 100.000: Deiia Fontana: Erma Giolitto Barberis: Luigia Vincenzini.
L. 40.000: Eugenia Melchiori ved.
Peyronel e figlio Marco.
L. 25.000: Stefano Costa.
Totale L. 2.365.000: Totale precedente L. 7.682.359: In cassa lire
10.047.359.
Dedotte L. 2.800.000 prò Giamaica,
restano L. 7.247.359.
delle valli valdesi
settimanale deUe chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
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L. 80.000 rea) L. 130.000
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Il n. 45/’89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 15 novembre e a quelli delle valli valdesi il 16 novembre 1989.
Hanno collaborato a questo numero; Paolo Angeleri, Giovanni Anziani,
Maria Luisa Barberis, Arrigo Bonnes, Giorgina Giacone, Luigi Marchetti,
Lucilla Peyrot, Roberto Peyrot, Aldo Rutigliano,
3
24 novembre 1989
commenti e dibattiti
DIBATTITO
Sud: quale futuro?
La ricerca dei fondamenti per un nuovo ’’mondo vitale” - Una terra malata di insicurezza - Contro la ’’mercificazione” del futuro
Care chiese del Sud,
vi parlo da una postazione, Palermo, di prima linea, da dove
si scorge un fronte terrificante
con qualche segno di evoluzione
che potrebbe dar credito ad una
attesa fiduciosa.
Qui oggi, domenica 15 ottobre
1989, è una stupenda giornata di
sole! Un cialo azzurro pulito! Ti
piomba addosso, dopo sei giorni tirati, una voglia di uscire e
di « perderti nel verde » per respirare a pieni polmoni. Una
realtà e una potenzialità straordinarie a fronte di un tempo ordinario! Una solarità sbocciata
dopo giorni bui e piovosi, di contro Topacità della realtà quotidiana disperatamente decifrabile! A questa, con uno strattone
impietoso, mi ha riportato la
predicazione del past. Giuseppe
La Torre. Una frase, riassuntiva
(mi sembra) delTintero sermone,
si è come inchiodata nella mente,
sospesa schizofrenicamente tra
utopia e realtà. lEccola; « Quando la parola di Dio accade, ci
coglie impreparati e ci trascina
in situazioni in cui non vorremmo essere coinvolti, per cui spesso attiviamo meccanismi di difesa... Il Meridione è un grande
problema... C’è bisogno di segni
di speranza ».
Domande ormai
ineludibili
Allora ecco qualche domanda:
quale futuro per le nostre contrade? Quale avvenire per chi ci
vive? Sono domande a cui non
possiamo non dare una risposta.
Cerco allora di capire dove mi
trovo o dove sono stato posto.
La società meridionale è ormai
lontana da porti sicuri... Viaggia
al largo... Ma verso dove? Mi sovvengono alcune indicazioni lette
da qualche parte. Da qualche decennio, per il Sud, è iniziato un
processo irreversibile di dissolvimento di un « genere di vita »
al quale faceva riferimento ogni
grupDo sociale. Genere di vita
fondato su modelli culturali delineati e cresciuti attraverso una
lunga e collaudata tradizione: famiglia, amicizia, terra, ospitalità,
autorità, religione, ecc. Questi valori, per larga parte di essi e
Su un territorio sempre più vasto, bisogna dire, erano il collanla e il rifugio della comunità
meridionale: un habitat, nel quale deprivazioni ed espropriaziom venivano mediate e « digerite ». Il cervello sociale si era dotato di una forma di resistenza
passiva e di filtri: una strategia
necessaria per dare orizzonte al1 esistenza umana, in competizione con due poteri: uno, quello
nello stato non garantista, ma
esattore ed autoritario, l'altro
clientelare-mafioso, pervasivo,
Wrverso, arbitrario, vessatorio e
nlegale. Anzi essi, per farsi
n^^ettare dalla gente e per carpirne il consenso, si sono mimetnpiati nella veste di paladini desìi stessi valori.
La dipendenza
assistita
Recentemente i giovani imprenditori italiani, nel convegno di
'-npri, hanno fatto una diagnosi
accettabile dello stato di salute
economica del Sud. Per loro la
grave malattia è la dipendenza
Un’espressione che sta
®d indicare uno stato precario,
cbe non offre garanzie produttive e occupazionali, né oggi né
uomani. A noi interessa lo stato
di salute del cervello sociale, che
c ^rtamente condizionato anche
dalla salute economica. Ebbene,
il cervello sociale del Sud sta
malissimo. E' malato di profonda e drammatica insicurezza,
che cresce mano a mano che il
sistema di difesa e i meccanismi
di salvezza si frantumano con
l’avanzare incalzante del moderno e non raramente del post-moderno.
D’altra parte i due poteri (lo
stato e la mafia) scoprono sempre più il loro vero volto, non
affidabile e incapace di tacitare
le grandi domande di vita.
Una società
disorientata
Care chiese del Sud, viviamo
quindi in una società sola, disorientata, senza regole se non l’arbitrio, senza legge se non quella
del più forte, senza futuro se non
quello assicurato a costo di scottanti umiliazioni.
In questo quadro di instabilità, di impotenza e di assenza di
sicuri approdi, gli anelli più deboli della società (bambini, donne, anziani, ecc.) avvertono con
maggiore acutezza la precarietà
della loro esistenza. Non è un
caso se ragazzi (per molti aspetti deprivati) in vacanza in Germania abbiano dato un giudizio
positivo di una società per loro
straniera: « Mi sentivo più sicuro che qui! ».
Epperò un cervello sociale non
può esistere a lungo senza simboli intorno a cui ricostruire il
suo « mondo vitale », per fame
discendere e farvi ritornare comportamenti, azioni e giudizi. Qualche gmppo sociale sta aggrappandosi a due modelli. Il primo
è la ricerca di mercificazione del
futuro, che si esplicita neH’ancoraggio della vita ad una serie
di status Symbol (macchina di
grossa cilindrata, mobili di stile,
cerimonie costose, doppia casa
— a] mare o in montagna —, pelliccia di visone, ecc.). Per questa via la mafia, azienda sicura
e solida, potrebbe rientrare in
gioco sfruttando la stessa insicurezza da essa stessa in parte causata.
Non possiamo
essere evasivi
per elaborare una teologia e modelli di azione propri, in linea
con la lettura della specifica realtà ».
Possiamo dare
quello che abbiamo
Noi, care chiese del Sud, in
una società travagliata, scissa e
senza bussola, possiamo dare
quello che abbiamo: « Quello che
ho, te lo do» (Atti 3: 6). Per
esemnio la speranza, che nasce
dal futuro aperto da Dio e si
condensa nel presente: speranza
che sia colore e sapore della predicazione e della diaconia, che
mettano in circuito riferimenti
metapolitici e metastorici, tenacemente stimolanti.
Si costruiscano interventi a
largo raggio ed ecumenici, che
non abbiano paura della felicità. CTeologia della felicità?).
E in fondo comunque si operi, purché si dia sicurezza e si
aiut i a mettere i fondamenti
per un « mondo vitale » nuovo,
la cui composizione non è ner
ora immaginabile, ma che molto
probabilmente non risulterà costruito con il vecchio impasto.
E’ pregiudiziale al cammino
operativo di questo laboratorio
la coscienza, assiduamente nutrita, di quello che sta accadendo
nei Sud: si sta combattendo da
piti parti per la sua liberazione
e democratizzazione. Non è una
frase ad effetto. E’ densa di storia secolare, di analisi di studiosi di ieri e di oggi (e anche nostre), ma soprattutto di sofferenze, di oppressioni e di morti di
un popolo che è straniero e delegittimato nella propria terra.
Alfonso Manocchio
PROTESTANTESIMO IN TV
Protestantesimo in TV di
domenica 12 (riproposto lune
dì 20 mattina) ha proseguito
il suo viaggio alla scoperta
delle varie comunità evangeliche italiane.
Questa volta la meta era
Forano Sabino ed il titolo del
servizio, curato da M. Davite,
« Il sentiero della fede. Cento anni di presenza evangelica. ». Ricorreva infatti quest’anno il centenario della fondazione di questa chiesa, di
cui già su queste colonne sono state ampiamente illustrate
l’origine e la situazione odierna. Vale tuttavia la pena di
iniziative a favore dei braccianti e la creazione di scuole, fu bersaglio di continue
vessazioni ad opera del clero
locale. Sfuggì ad un agguato
che voleva essere mortale ma
non a ben 19 processi, da cui
uscì sempre assolto. (Ad un
certo punto ai membri della
cassa rurale, se evangelici,
venne perfino negato il solfato di rame!).
E tuttavia in questo clima
(a cui più tardi si aggiunse
la persecuzione fascista) la
comunità cresceva e si consolidava...
Possiamo misurare l’evolu
U Evangelo
in Ciociaria
ricordare ancora brevemente
la straordinaria figura del suo
fondatore. Luigi Angelini, come è emersa dalla viva voce
di tre persone, ormai avanti
negli anni, che da lui furono
iniziate alla fede.
Da ben due anni parroco
in Forano, allora compietamente cattolica, avendo maturato la convinzione che il
messaggio biblico era stato
travisato dalla chiesa romana,
annunciò pubblicamente che
avrebbe abbandonato il suo
incarico per tornare solo « come predicatore del vero Evangelo ». Cosa che in effetti si
realizzò quando, avendo aderito alla Chiesa Libera e studiato da pastore, venne ad
esercitare il suo ministero
proprio a Forano, nella chiesa
che attorno a lui era sorta.
Per la sua predicazione ed
azione evangelistica (si spostava con il calesse), per le
zione avvenuta in questi cento
anni dal fatto che oggi l'amministrazione comunale ha
dedicato una via a Luigi Angelini!
La rubrica, in apertura, ha
dato anche spazio alle risposte di G. Girardet ad alcune
lettere trattanti il problema
dei matrimoni interconfessionali ( ricordiamo per inciso
che comunque a tutta la corrispondenza viene data risposta scritta). Ad una giovane
che esprimeva la sua preoccupazione perché il fidanzato
ha perduto la fede, viene indicata la strada di « una testimonianza umile, paziente, benevola ».
Gli spunti non sono mancati nella trasmissione perché
ogni credente, ogni chiesa locale, possano utilmente riflettere sul modo in cui la propria fede viene vissuta.
Mirella Argentieri Bein
SFOGLIANDO I GIORNALI
Ancora scarsa l’attenzione
al pluralismo religioso
. Bibbia e Vangelo negli alberghi italiani - Chiese e sette non sono
L altro modello rievoca il desi- i_ _____ o •• ■ ... , ........
derio di inseguire un rifugio in la stessa cosa - bvarioni e imprecisioni anche nei libri di testo
« luoghi astorici »: adesione a
gruppi carismatici, esoterici, ecc.
A grandi linee questo è il problema, questa è la situazione grave, nella quale il Signore ci vuole tirare dentro. Siamo impreparati, ma non è un problema per
Dio. Il problema è rimanere alla periferia del problema: un po’
come Giona, che traduce in termini evasivi l'ordine di Dio. Può
essere avvenuto anche per noi,
nonostante gli ordini del giorno,
alla cui stesura in passato ho
pure partecipato, nonostante le
continue cure del Sinodo e della
Tavola per il « campo di lavoro » del Sud? E’ ciò soltanto
quantità? Potrebbe essere un
tracciato da valutare quello soltanto accennato dalla Commissione Mezzogiorno del XVI Circuito? Quel documento (recentemente recepito nel piccolo volume « La società spogliata ») in
chiusura pone « un problema di
fondo alle chiese del Mezzogiorno: l’ambiente complesso in cui
sono presenti è assiepato da tali
e gravi difficoltà particolari, per
cui non possono (le chiese), se
vogliono contribuire a porre in
essere i segni del tempo ’’nuovo”, ripetere schemi teologici e
moduli diaconali provenienti da
altre esperienze geo-culturali, ma
dovranno esperire seri tentativi
Il Corriere della Sera del 6.11.89
a pag. 29 riferisce di un’indagine
condotta negli alberghi di alcune
città italiane a proposito delle
immagini religiose nelle camere
d’albergo. Risulta che « una sola
camera d’albergo su quattrocento
ha sulle pareti un segno della tradizione cristiana » e che « al contrario di quanto avviene negli alberghi anglosassoni e di lingua
inglese, soltanto un albergo su
cento ha la Bibbia nelle proprie
camere; nessuna ha un Vangelo ».
Ma dove vorrebbe leggere il Vangelo l’articolista, se non proprio
nella Bibbia?
Poiché nel corso dell’articolo
viene detto che nei duecento alberghi milanesi di categoria medio-alta, equivalenti a circa diecimila camere, la Bibbia c’è, perché è fornita da « Gedeon », viene
il sospetto che per l’articolista la
Bibbia deve essere protestante,
perché la si trova negli alberghi
anglosassoni ed è fornita da Gedeon (sic!), mentre il Vangelo
deve essere cattolico.
Lasciamo gli svarioni della penultima pagina e torniamo alla
prima pagina della stessa edizione del Corriere della Sera. F. Alberoni, a proposito di Marx che
prevedeva il tracollo del capitalismo, dice: « Sbagliava perché,
in realtà, il capitalismo affonda
le sue radici nella società concreta e si nutre della sua solidarietà. Il capitalismo è stato allevato dalle sette protestanti, dai
valori solidaristici della Chiesa
cattolica, dal sentimento nazionale... ».
Alberoni non può ignorare che
in italiano la parola « setta » ha
una connotazione negativa; mettere poi a confronto le sette protestanti che allevano il capitalismo, da una parte, e i valori solidaristici della Chiesa cattolica,
dall’altra, vuol dire fare un discorso demagogico gratuito che
innesca una polemica tra cultura
protestante e cultura cattolica.
Quali sarebbero, poi, le sette
protestanti? Forse le Chiese presbiteriane? Oppure la Chiesa luterana? Non certo le sparute minoranze di landmarkisti alienati,
né i gruppi evangelical contemporanei. Continuare a chiamare
sette protestanti le Chiese storiche e fare accostamenti demagogici in campo religioso è tipico
della cultura italiana, di quell’insegnamento religioso cattolico
strisciante e diffuso che inquina
sia la lettura dei giornali, sia —
e più ancora — la cultura che
viene somministrata nella maggior parte delle scuole italiane.
Ne fanno fede certe aggettivazioni della Riforma protestante nresentata come fenomeno lacerante
la cristianità o, peggio, fonte di
eresie e di settarismi.
Come protestanti certe volte ci
chiediamo se non soffriamo per
caso del complesso della minoranza, del complesso dell’accerchiamento. Le presentazioni distorte delle realtà storiche e teologiche, le continue aggettivazioni negative di fenomeni di tutto
rispetto, gli svarioni di certi testi
scolastici e giornalistici ci dico
no, però, che nel nostro paese
non è stata prestata ancora sufficiente attenzione alla cultura
protestante, né al pluralismo religioso. Tutto questo ha avuto risvolti grotteschi nel caso della signora avventista licenziata in provincia di Ragusa, ne ha nella formazione scolastica e culturale di
quelle giovani generazioni che in
Europa incontreranno coetanei
protestanti che leggono la Bibbia.
Salvatore Rapisarda
4
ecumenismo
24 novembre 1989
QUACCHERI
CEVAA
Gli Amici crescono E’ urgente imparare
a «dimorare insieme»
Una notevole richiesta di conoscere la storia
del movimento - Crescere nella vita spirituale
A un anno dalla prima assemblea di Venezia, gli Amici e simpatizzanti italiani, insieme ad alcuni Amici stranieri residenti in
Italia, e con rap>presentanti ufficiali dalla Assemblea di Francia (M. Stahl, A. Herrmann), da
quella svizzera (S. Sieri), dal
Lussemburgo (F. Perna, FWCCENES) e dairinghilterra (Grace
Hunter, Segr. International Membership), si sono ritrovati un po'
più numerosi e fiduciosi nei locali dall’Istituto Gould.
I dati confortanti emersi dalla relazione del Segretario uscente, che consistono nella regolarità dei culti che si tengono ogni
mese a Firenze e a Milano; nel
numero notevole di culti saltuari che hanno avuto luogo a Bologna, Verona, Livorno; nelle occasioni di dibattiti e conferenze
illustrative a cui il Segretario è
stato chiamato; nelle occasioni
di parlare e documentare il pensiero e l'azione quacchera nel
mondo in ambiti nonviolenti, religiosi, ecumenici (cattolici, protestanti, ebraici. Baha’i...); nei
contatti con organismi quaccheri e pacifisti intemazionali; nei
giornali e nelle riviste che ne
pubblicano le notizie, ivi compreso il Culto evangelico, stanno
a dimostrare che l’Associaaone
italiana degli AdQ è presa sul
serio, e fa sul serio.
Nell’ancora modesto numero
di partecipanti (28, più alcuni ospiti di passaggio), la tensione
spirituale e la simpatia umana
sono state l’elemento di fondo
che li legava tutti, e faceva loro
soppKjrtare con grazia le carenze organizzative e metodologiche.
Ad ognuno importava soprattutto dare e ricevere, da fratello
a fratello, il meglio della propria
intuizione o esperienza religiosa,
e ciò è stato concretamente possibile in ognuno dei tre culti,
nelle riunioni di lavoro e nel cercare insieme « come crescere nella vita spirituale e quotidiana »,
che era il tema dell’incontro fiorentino.
Ed è proprio qui, neU’affrontare tutti, apertamente e francamente, il modo più adeguato per
andare verso una vita spirituale
e pratica più ricca e corrispondente alla volontà di Dio che,
aiutati anche dai contributi di
Henriette Louis, di Gianni Ferrara, di Mario Verdini e di D. Melodia, i partecipanti hanno potuto e saputo esprimere concetti
alti e vibranti, nel reciproco rispetto. E’ stata una grande esperienza.
Quando il Congresso volgeva
al termine, e bisognava pure
scendere sul piano pratico, i partecipanti hanno voiluto riconfermare nella segreteria Davide Melodia, affiancandogli dei collaboratori a Firenze (Luciano Masolini, che ha già il compito di curale le pubblicazioni, e Lorenzo
Porta), e a Milano (Angela Mascetti, di Como, e Rita Sanvittorel.
Il tesoriere verrà trovato al
più presto, o cooptato fra i collaboratori. La 3® Assemblea annuale si terrà nel novembre dell’anno prossimo in luogo da designare. Gli Amici che vogliono
aiutarci a crescere sono invitati
sin d’ora.
Davide Melodia
CHIESA CATTOLICA
Media più ecumenici
Collaborazione nel settore della comunicazione - Quali criteri si renderanno necessari?
« Criteri di collaborazione ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali ».
E’ il titolo dell’ultimo documento del Pontificio consiglio delle
comunicazioni sociali (datato 4
ottobre e presentato il 23). Nella presentazione mons. Foley, segretario dello stesso Consiiglio,
ha affermato che « La collaborazione fra tutti gli uomini e le
donne credenti, è comunque necessaria, sia per presentarsi uniti nel cercare l’accesso della tematica religiosa ned mezzi di comunicazione sociale pubblici e
privati; sia per esprimere interessi morali ed etici basati sulla fede in Dio quale creatore e
padre di tutti; è necessario altresì impegnarsi in attività comuni nei media per evitare la
frammentazione delle iniziative,
quando è possibile farlo, senza
compromettere in alcun modo
l’identità della Chiesa o del grup
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po religioso o l’integrità della
sua dottrina ».
Il documento del Pontificio
consiglio delle comunicazioni sociali indica i criteri di collaborazione ecumenica e di collaborazione interreligiosa, dopo aver
messo in evidenza che « L’intesa fra i cristiani, tra di essi ed
i credenti di altre religioni, impegnati in un servizio di comunicazione. acquista un'importanza centrale nei rapporti con il
potere pubblico e con i responsabili dei mezzi di comunicazione per la difesa, la promozione
e il coordinamento delle loro
possibilità nei media ».
La collaborazione ecumenica
— specifica il documento — « può
realizj'arsi in tutti i campi della
comunicazione sociale: essa è
già di per sé una testimonianza
offerta al mondo. Considerato
che i media superano i limiti
normali di spazio e di tempo,
questa collaborazione potrà allo
stesso tempo attuarsi sul piano
(locale, regionale od internazionale ». I « progetti comuni » hanno « lo .scopo di dare comune
testimonianza di Cristo ». Tuttavia essi non devono « indebolire
rautenticità del messaggio cristiano ed ecclesiale », né « limitare l’iniziativa specificamente
cattolica ».
Anche « la collaborazione interreligiosa » — precisa il documento — « potrà realizzarsi in tutti
i campi della comunicazione sociale » e « potrà essere, allo stesso tempo, locale, regionale o internazionale ».
(ADI STA)
Il (debito estero è un problema di tutti - Il senso della comunità
apostolica sta proprio nel considerarsi membra di un unico corpo
Nei giorni 27-29 ottobre ’89 si
è tenuto a Glay, in Francia, un
incontro dei tesorieri delle chiese europee della CEVAA (Comunità evangelica di azione apostolica), per discutere i problemi
finanziari ed amministrativi delle singole chiese da un lato e
quelli della Comunità stessa dall’altro.
Il segretario generale della
CEVAA, Samuel K. Ada, ha presentato una relazione introduttiva al convegno sul tema « Missione comune o aiuto reciproco
tra le chiese? ».
L’affermazione di
un ’’noi” globale
Guardando una trasmissione
televisiva di interviste a pers(>
naggi noti all’opinione pubblica francese, sono stato sorpreso
— dice Samuel Ada — dal discorso di un certo Jacques Attali,
quando, interrogato sulla fame
nel paese del Sahel e, in particolare, sulle sue cause — la desertificazione — ha sostenuto che
per lui la desertificazione è soprattutto la distruzione di una
parte del patrimonio dell’umanità. Il modo di esprimersi di quel
rappresentante del mondo ricco
non è stato: « loro » e « noi »,
ma un « noi » globale, che nasce da un forte sentimento verso una proprietà comune di una
unica umanità, che richiede una
gestione comune e solidale.
Un altro esempio emblematico
ci è offerto dalla discussione sulla foresta amazzonica. Anche qui
non si tratta semplicemente di
soccorrere il Brasile, ma di opporsi alla distruzione di un patrimonio dell’umanità e di prevenire una catastrofe mondiale.
Quando entriamo nel mondo
economico con le sue infrastrutture, che cosa pensare dell’affermazione dei giovani della Conferenza mondiale delle missioni ed
evangelizzazione di San Antonio:
« Ciascun bambino che nasce nel
Sud — nei paesi del terzo mondo — viene al mondo con un debito enorme rispetto ad un bambino che nasce nello stesso istante nel Nord »?
I famosi debiti dei paesi del
terzo mondo non' sono più la
questione di una nazione debitrice nei confronti di una banca
o di un altro stato; essi costituiscono un fenomeno mondiale,
il risultato della struttura della
economia mondiale, tale da condizionare i rapporti tra le generazioni di oggi e quelle future
e da richiedere con grande urgenza una cooperazione internazionale per delle soluzioni giuste e realizzabili.
Per una gestione
solidale
Molti altri fatti c risoluzioni
di organismi internazionali avvalorano sempre di più questa visione di un mondo unico, di un
patrimonio comune che richiede
un’azione e una politica di gestione solidale delle nostre realtà socio-economiche e dei nostri ambienti naturali.
Il mondo economico è sempre
più cosciente di questi nuovi dati di fatto, anche se gli interessi
finanziari a breve termine impediscono ai vari operatori di impegnarsi attivamente a risolvere
i problemi sulla strada delle riforme, tali da salvarci dai disastri attuali e dalle catastrofi a
venire.
Ma ciò che mi sembra più inquietante — continua Samuel
Ada — è la non-coscienza della
Chiesa, o la sua non-percezione
di queste realtà del mondo. Il
Suo linguaggio è ancora quello
del secolo scorso, ma si rivela
inadatto par il nostro mondo di
oggi. Noi parliamo ancora oggi
di atti di beneficenza, di carità,
di poveri da aiutare, ignorando
che rarricchimento degli uni e
rimpoverimento degli altri sono
strutturalmente legati. Ciò che è
più grave ancora è che la Chiesa dovrebbe essere il difensore
e l’avanguardia di queste idee
di gestione comune e solidale
della terra, lei che crede in un
Dio unico delle nazioni, che ha
ricevuto la rivelazione di ima
umanità unica fondata sulla sola
immagine di Dio e che confessa la sua universalità.
Una comune
testimonianza
Il primo tentativo delle chiese che hanno in seguito dato vita alla CEVAA è stato quello di
realizzare ciò che è stato raccomandato nel 1963, a Città del
Messico, dall’assemblea della Divisione della missione mondiale
e dell’evangelizzazione del Consiglio ecumenico delle Chiese:
« che ...(le) chiese e le missioni
passino agli atti, mettano in com.une tutti i loro mezzi e si uniscano nella testimonianza che
esse devono dare al mondo ».
Questa missione comune è un
rifiuto preciso della divisione artificiale del mondo in terre cristiane e contrade pagane, in società e chiese missionarie e campi di evangelizzazione. Essa è
l’affermazione che tutta la Chiesa è missionaria e che questa
missione si indirizza a tutti i continenti, a tutti i paesi, a tutte
le persone. Questa è l’idea fondamentale della CEVAA: essere
insieme partner di una missione comune.
Ma noi possiamo essere veramente dei partner — sostiene
Samuel Ada — solo se scopriamo e sviluppiamo i talenti e le
risorse che Dio mette a disposizione di ciascun membro delle
nostre comunità locali. Il dovere della CEVAA è dunque di partecipare allo sviluppo di ciascuno dei suoi partner nel campo
finanziario, in quello delle risorse umane, delle conoscenze scientifiche e della spiritualità. L’obiettivo rimane di mettere in comune le nostre ricchezze materiali, umane e spirituali per la
missione in vista della salvezza
dell’umanità — di tutta rumanità — e per la celebrazione del
nostro Dio, il Dio di amore e di
giustizia.
Ciò significa che il bisogno di
salvezza non è uniforme, ma multiforme e particolare per ciascun
luogo e momento: in certi posti si chiama sviluppo economico, sotto altri cieli integrazione
sociale, salvaguardia del creato,
pace civile...
In secondo luogo questa diversità di salvezza non deve fare
dimenticare che esse derivano
tutte dalla stessa radice: una vita spirituale il cui fondamento,
la pietra angolare, è Cristo.
In seguito ciò è la conferma
che i mezzi finanziari che abbiamo a disposizione, gli uomini e
le donne, gli inviati ai quali facciamo appello, i borsisti che ricevono una formazione non solo costituiscono un aiuto di una
parte delle chiese della Comunità, ma uno sforzxj comune per
una causa comune. '
Infine, p>er realizzare la missione nella sua doppia dimensio;
ne: annuncio della salvezza di
Dio e celebrazione del nostro Signore, il dimorare insieme non
è soltanto una necessità ma è
ugualmente una fonte di benedizione, come annuncia il sahno
133:
« Guarda come è bello e piacevole
che i fratelli vivano insieme...
Poiché è là che l’Eterno manda
la sua benedizione,
la vita per sempre ».
Servizio a cura di
Andrea Ribet
NORD-SUD:
UN SOLO FUTURO!
COMMERCIO, AGRICOLTURA, AMBIENTE, OEBITO, AIUTO, LAVORO, CULTURA
LE SFIDE DELL ’INTERDIPENDENZA E DELLA SOLIDARIETÀ ’
Ci rendiamo conto dell'importanza dello sviluppo dei paesi del Sud per il
nostro stesso futuro?
Un testo guida per le
attività di informazione e
sensibilizzazione di gruppi,
parrocchie, comunità,
associazioni
Uno strumento didattico
diviso in unità, utile ad
insegnanti ed educatori
Un mezzo per comprendere
il mondo d'oggi, le cause
della povertà, le sfide del
domani che è già iniziato
t QUADERNI DI
CISV - c.so Chieri 121/6 -10132 Torino - tei. 011/894.307
5
24 novembre 1989
marta e maria
c
DISAGIO ED ESTRANEITÀ’
Una donna
nella metropoli
L itinerario sofferto, ma non privo di speranza, di una persona sradicata che vive in un ambiente ostile il proprio dramma interiore
Chi di noi non ha provato lo
sradicamento, l'inquietudine, l'estraneità del vivere in una metropoli? In particolar modo se è
una grande città dai freddi ritmi industriali, dall’impietoso clima del Nord continentale —
sempre o troppo caldo o troppo
freddo —, grigia di smog e di nebbia, solitaria in una babele di auto, di dialetti diversi, di visi?
« Questa città accoglie tutti ma
divide tutti ». E il viverci dentro
è stordimento: « Mi trovo mescolata, ribaltata, rivoltata da destra a sinistra, urtata da persone frettolose, scansata da piedi
agili che corrono velocemente, in
questo vortice che va come dentro un fiume in piena e passeggia
e cammina... ».
Torino, la metropoli, è il tema
centrale delle brevi prose liriche
del nuovo libro di Rina Lydia Caponetto: Il ritorno. E' uno sguardo di donna che contempla la
città. Una donna del sud. E allora l'estraneità si raddoppia:
una duplice condizione di sradicamento, che sa distinguere iminediatamente i simili, quelli che
vivono la stessa esperienza: « Il
nostro cuore sobbalza al dialetto
pugliese, calabrese, siciliano, emiliano. Quanti sono arrivati e hanno formato un amalgama strano,
una città nuova, uno strato di
abitudini diverse nella città già
esistente! ».
quella che è stata efficacemente
definita la civiltà del disagio: « E’
essere come su una panchina in
sosta ad aspettare, aspettare di
entrare dentro il segreto di un
mondo al quale non si appartiene, aspettare di cogliere nel sorriso della gente che tu sei dei loro, nelle risposte, nello strascicare del parlare, che tu hai colto
chi sono, ma la sosta nella panchina è molto più lunga del previsto ed è difficile accorciare le
distanze; loro sono più avanti,
sono la città, una folla di gente
che si capisce, si conoscono, noi
siamo quelli che passiamo... ».
Ma poi lo sradicamento diventa un fatto che accomuna, una
tragedia della modernità, l’impossibilità di comunicare che si tramuta in opacità e silenzio: « La
città scorre come un mare, muggisce, va, cammina in tutte le direzioni e si allarga, si espande la
macchina vorace della tecnica...
Il tempo diventa pesante e l’audacia delTagire, del volere diventa silenzio, silenzio corale, tutti
tacciono, chiusi, intabarrati nello
scontento, nevrotizzati, fumanti
nevrosi e tacciono ».
Solitudine e
sconfitta
Ma nella metropoli è impossibile ogni incontro, ogni fulgore di
verità, ogni comunicazione. In
La solitudine è terribile, e anche il senso della sconfitta è terribile: « Le nostre idee non balzano più neH’aria, non suonano
nella notte come tanti violini al
QUALE TEOLOGIA?
Rendere visibile il femminile
i
Vorrei esprimere un parere
sull’articolo di Vera Roggeri
« Teologia femminista: si, ma
quale? » (n. 41). Inizio cominciando dalla fine del suo articolo.
Che si confronti la Bibbia con
uno scritto nato nel contesto di
una società misogina per poi dire che la Bibbia è meno maschilista mi sembra una magra consolazione. Trovo criticabile anche
l’uso del termine « maschilista »
in rapporto ai testi biblici.
Io direi piuttosto che si tratta, sia per la Bibbia ebraica che
per il Nuovo Testamento, di testi che risentono della cultura
patriarcale in cui sono stati prodotti e raccolti e che tradiscono
le mani maschili che li hanno
redatti. Questo è un dato di fatto su cui la ricerca biblica è
unanime, è inutile negarlo. Ciò
però non vuole affatto dire che
la Bibbia vada rifiutata in blocco, ma nemmeno « femminilizzata ». Non si tratta infatti di tradurre lutti i termini al femminile, bensì di « scoprire » quanto
e andato nascosto, di rendere
visibile ciò che era invisibile, in
particolare le « donne invisibili »
della Bibbia ebraica c del Nuovo Testamento. Faccio un esempio; non si può ammirare e lodare la figura di Mosè senza pensare anche a tutte quelle donne
che hanno agito per e con lui:
le levatrici che con la loro disobbedienza al faraone hanno
permesso che lui vivesse, la madre e la sorella coraggiose, la fiSlia del faraone con il .suo amore materno per lui, la moglie Serora che pure gli salvò la vita.
Tale invisibilità è per la mag
gior parte il frutto di secoli di
interpretazione unilaterale dei testi biblici, tendente a mantenere
la predominanza ed il monopolio teologico della parte maschile di umanità.
Sono stati così sottolineati solo gli aspetti maschili di Dio. le
immagini che parlano di Dio quale padre, re, signore, pastore, a
scapito di altre immagini, anche
femminili, che pur sono presenti (ad es. al cap. 66 di Isaia Dio
è descritto quale una levatrice
che aiuta a partorire). Ma quando la parola padre viene presa
alla lettera per voler dire che
Dio è maschio e non femmina,
rappresentato dagli uomini e non
dalle donne, allora si tratta di
idolatria. Dio non si lascia catturare in nessuna immagine, Dio
è simile ma al tempo stesso dissimile ad ogni immagine detta
c scritta. Ma ciò significa che le
immagini maschili per parlare
di Dio non sono affatto superiori o più appropriate di quelle
femminili.
Non si tratta dunque di sostituire Dio con Dia, bensì di parlare di Dio con delle metafore,
con delle immagini sia maschili
che femminili. Gesù ce lo insegna: le sue parabole presentano
Dio quale un pastore che cerca
dappertutto la pecora smarrita,
ma anche quale una donna che
mette la casa a soqquadro per
cercare la sua moneta perduta
(Luca 15; l-IO). Se dunque Gesù
stesso parla di Dio anche in termini femminili, perché non dovremmo farlo anche noi?
l’unisono, sono rimaste nella nostra valigia... ». Lottare per un
mondo diverso sembra ormai impossibile: ciò che rimane nella
città è soltanto l'apparire delle
vie centrali, le donne sempre più
eleganti, i giardini dei quartieri-bene sempre più ordinati e rifiniti, « sembra non esserci più
nessun problema, nessun’assenza dell’anima ». Ma c’è anche lo
stupore angoscioso per la grigia
povertà, la rassegnazione della
folla « che accetta qualunque cosa, e va come sospinta da un moto perpetuo », perché « è stato facile per molti coprire, coprire, tacere », e la gente ormai « si accontenta, sta zitta, quieta, vive in
un perenne caos, che è Tamalgama di queste varie voci...; vive lasciandosi vivere, lascia agli altri
il compito di dare un tocco diverso alla città, alla sua città ».
Il ritorno
Ma c’è qualcosa che spezza il
ripetersi ammutolito di questa
coazione, ed è la consapevolezza
improvvisa, un grido: « Ma i
miei affetti sono altrove »! Irrompe allora la gioia, la vita, il ricordo, i colori, le barche, le risa, i
suoni, i canti, la danza. Un altro
mare da quello dell’infanzia, ma
lo stesso mondo dei rapporti e
dei sentimenti. La Liguria, « i linguaggi caldi della mia gente »,
spesso la verità ritrovata in un
colloquio, significativamente in
un’altra figura femminile: nella figura dell’amica, o in una giovane
ragazza, o nel fascino antico di
una « segaligna donna ligure », o
nel comunicare muto « dei nostri sguardi meridionali »; « Ride, e il suo ridere è contagioso,
ridiamo tutti, nel selciato freddo
mattutino risuonano le nostre risate squillanti, la gente si volta,
qui sono tutti seri, chiusi nel
loro abito austero, svoltolano di
corsa e noi scoppiamo a ridere e
pensiamo: non sanno ridere, e
continuiamo a dire che vogliamo
andare via, lontano, andare nei
mari del sud. La fuga è ancora la
prospettiva migliore. Cosa ci stiamo a fare! ».
Ecco dunque il ritorno, la tensione verso quell’« altrove » che è
10 spaesamento della coscienza
poetica: esplode la bellezza del
paesa.pio, ma anche le cose più
semplici, gli interni hanno una
compostezza che permette la serenità e la comunicazione. Così
11 calore dei visi intorno a una
tavola « apparecchiata alla ligure », e anche poi la bellezza riconquistata del silenzio, dove,
nella semplicità dei gesti quotidiani, « le parole non sono più
necessarie »; « Nella pace della
Sera ligure, le due donne sparecchiano, negli azzurri della casa
specchiamo le nostre anime allegre, la luna si sta alzando proprio sul bosco d’ulivo... ». E’ la
tranquilla circolarità, la ricchezza del femminile che si ricompone nei ritriti antichi della natura
non più violentata. « Lontano è
pieno di barche, le luci si confondono con le stelle che sono una
chiassata ».
Piera Egidi
Rossella Casonato
Rina Lydia CapoiNetto, Il ritorno,
Torino, 1989, pp. loÒ, L. 10.000
(ilistr. Claudiana).
k-
ITALIANE, ISRAELIANE, PALESTINESI
Donne
a Gerusalemme
« Donne a Gerusalemme » è il
resoconto a più veci, nella forma del diario a mosaico, dell’incontro svoltosi nell’agosto 1988
tra donne italiane, israeliane e
palestinesi.
Come ricorda Carla Ortona,
tutto è cominciato un anno e
mezzo fa — febbraio 1987 —
con una lettera articolo di Elisabetta Donini a « Il Manifesto »
nel periodo dei massacri nei
campi palestinesi in Libano. Un
anno e mezzo, quindi, è stato
necessario per preparare rincontro sia con riflessioni all’interno del movimento, sia con
viaggi di conoscenza e di contatti in Palestina, in Israele e in
Libano.
Per le italiane è stato promosso dalla Casa delle donne di Torino, dal Centro di documentazione, ricerche e iniziativa delle
donne di Bologna e dalle donne
dell’Associazione per la pace.
Le palestinesi facevano parte
delle Associazioni assistenziali e
di 4 comitati che svolgono attività politica tra le donne. Le
israeliane appartenevano a diversi gruppi pacifisti e femministi.
Questo libro ha diverse ragioni
per uscire: da un lato il bisogno delle partecipanti di raccontare l’esperienza e dall’altro
l’impegnc, « la promessa fatta alle palestinesi e alle israeliane
di non dimenticare, di raccontare, contribuendo alla conoscenza della situazione, contro
Tindiflerenza e per la costruzipne della pace in Palestina ed
Israele» (p. 13 e 14).
Ma non è solo un «reportage»
in quanto non c’è solo la « conferenza »: ci sono anche le aspettative delle partecipanti e
le azioni che da quell’incontro
hanno preso forza, quali il Centro studi delle donne palestinesi e il Movimento donne israeliane per la pace (il primo movimento unitario di donne contro Toccupazione).
C’è quindi il presente, c’è il
futuro.
Percorrendo le sezioni del libro una prima parte, « percorsi », rende infatti conto della genesi dell’iniziativa e del
viaggio ed è curata dalle italiane. Il materiale dei « convegni »
è l’elaborazione collettiva delle
palestinesi e delle israeliane,
mentre « scambi » e « per non
concludere » illustrano i rapporti sviluppatisi dopo l’incontro di Gerusalemme.
E’ l’idea di rappresentanza che
viene ridiscussa: ognuna parla
(o tace) per sé, non c’è supplenza, non c’è interpretazione dei
punti di vista, degli sguardi.
Il primo impatto con questo
libro-documento mi ha subito
dato la sensazione che questa
è una lettura che si presta ad
essere vissuta in maniera particolarmente soggettiva, non solo
in relazione all’appartenenza di
genere, ma anche all’appartenenza religiosa, nonché alla conoscenza — e al coinvolgimerfto
emotivo — dei fatti del Medio
Oriente.
Soggettiva non vuol dire incomunicabile, ma rimanda alla
ricchezza delle suggestioni del
progetto e quindi dei testi, in
cui si intrecciano tanti temi, sia
del movimento delle donne che
dei movimenti di liberazione,
della pace e della sinistra in
generale.
Ritroviamo intrecciati, infatti,
il cammino di liberazione delle
donne, il percorso di autodeterminazione dei popoli, la ricerca
di un modo nuovo, originale
perché proprio, di impegno internazionalista, il dilemma delle
donne che militano in movimenti di liberazione del proprio popolo e vivono la dicotomia libertà di popolo/liberazione della donna (« noi non vogliamo
finire come le algerine », dicono
le palestinesi, cioè ricacciate in
casa col velo quando non c’è
più bisogno di loro nella lotta).
E ancora, l’essere costruttrici di
pace a partire dalle soggettività, dai soggetti, il rapporto con
la politica, la politica delle donne, fuori dalle istituzioni, costruita dal basso. La scommessa è
alta: « Riusciremo noi donne a
costruire la pace là dove gli uomini fanno la guerra, superando
gli schieramenti della loro politica? ». E ancora, lo sforzo di
inserire questo progetto di « politica estera delle donne » nella
riflessione più ampia del movimento e quindi il tentativo in
tutto ciò di praticare rapporti
tra donne che valorizzino le differenze, il riconoscimento e l’ascolto delle diversità di storie,
culture, esperienze, progetti, la
individuazione di responsabilità
di genere.
In cerca di genealogie, è forte
il rimando alle « Tre ghinee »
di Virgina Woolf che nel 1938,
alle soglie della seconda guerra mondiale, esaltava l’estraneità fin qui complice al mondo degli uomini, che può diyentare
progetto alternativo solò con
l’impegno di un numero sempre maggiore di donne.
Antonella Visintin
AA. VV., Donne a Gerusalemme,
Torino, Rosenberg & Sellier ed,, 1989,
165 pp., L. 16.000.
6
fede e cultora
24 novembre 1989
TORINO
Cristianesimo
e capitaiismo,
un accordo impossibiie?
La questione dell’etica cristiana in un'economia liberistica esaminata in un convegno organizzato da ll’Unione imprenditori e dirigenti
CACCIA AGLI ULTIMI NAZISTI
Delitto e castigo
Perdono o espiazione? - Chi può perdonare? Necessità del ricordo per garantire il futuro
Daniel De Foe, scrittore di successo, primo reporter moderno,
puritano, uomo d’affari: nessuno
come lui, secondo lo storico G.
M. Trevelyan, rappresenta il suo
tempo, ringhilterra che va verso
la rivoluzione industriale.
La parabola di
Robinson Crusoe
Robinson Crusoe, il marinaio
ideato dalla perma di De Foe:
naufrago su un’isola deserta, ha
salvato dalla nave arenata noti
una ma tre Bibbie, con gli arnesi
utili p>er vivere, lavorare, costruire, produrre. Legge la Scrittura
e si converte a nuova fede, impianta un singolare conto perdite e profitti, in doppia colorma
segna al passivo la sua solitudine e miseria umana, all’attivo
la fede in Dio che gli sarà propellente della laboriosità, dello
spirito di intrapresa. Si impadronisce di tutte le tecniche — scrive Mario Miegge in Protest<mtesimo e capitalismo da Calvino
a Weber —, interiorizza la cultura, i valori, i compiti storici
dell’Inghilterra puritana. Questa
figura letteraria, prima rappresentazione dell’individuo indipendente, che costruisce da sé la
sua soggettività e la fortuna, l’ha
rievocata Vittorio Mathieu, ordinario di filosofia morale all’Università di Torino, in una delle
relazioni di maggiore spessore di
un convegno tenutosi a Torino,
all’Unione industriale.
Organizzato daU’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, vi
hanno partecipato storici ed economisti, sociologi, politici ed esperti di direzione aziendale, uomini d’impresa cristiani. Secondo Ernst Troeltsch l’etica sociale di Calvino aveva questo di
moderno, che lo spirito cristiano di povertà poteva essere vissuto aH’intemo di un’economia
di mercato.
La lezione di
Max Weber
L'aw. Alberto Buffa, introducendo i lavori, ha ricordato la
celebre tesi di Max Weber: Tascesi cristiana con Calvino, con
i puritani era ora vissuta fuori
dei chiostri dei monaci; la pietà
cristiana era risolta laicamente
nell’attività secolare; la motivazione al lavoro, la vocazione professionale, quel codice di condotta che il capitalismo moderno
esige dai suoi agenti, erano esaltati come virtù cristiane, sentiero di salvezza. L’etica protestante avrebbe quindi favorito la dinamica della borghesia imprenditoriale, lo spirito del capitalismo. Forse mai come oggi, men
tre emerge in tutta evidenza lo
storico fallimento dei socialismi
reali, si è parlato, scritto tanto
sul rapporto etica-economia, ed
in termini nuovi, ricercando la
finalizzazione, non più la tradizionale contrapiwsizione.
Buffa ha riferito di un’altra recentissima testimonianza di studio su questo problema, il libro
di Michael Novak, americano,
cattolico: Lo spirito del capitalismo democratico ed il cristianesimo, 1987.
Ma cristianesimo e capitalismo
sono conciliabili? Apparentemente no. Buffa ha detto, notando
il ritardo, l’ancora irrisolto so
spetto delle encicliche papali nei
riguardi dell’economia di mercato capitalistica, le posizioni anche demonizzanti di alcune frange di fondamentalismo protestante o quelle della teologia della liberazione. E poi con quale
capitalismo confrontarsi, stante
la duttilità, la capacità del sistema economico di adattarsi, di
modificarsi? Più di una relazic>
ne, come quella di Piero Bairati,
docente di storia economica
(Univ. di Torino), è tornata su
quella che è la caratteristica fondamentale del capitalismo europ>eo: il suo carattere pluralistico, decentrato. Perché il sistema
capitalistico si genera in Europa,
è il tema posto dal prof. Bairati.
Spirito d’impresa, ampi orizzonti culturali, fiducia in se stessi,
capacità di lavorare per il successo, autonomia, indipendenza
da ogni dispotismo e teocrazia
sono la forza dei ceti borghesi
che fanno fiorire la civiltà dell’industria e dei traffici. Le radici del primato europeo affondano nel terreno fecondo da cui
sono nate le borghesie del continente, le sue conquiste di libertà. 11 cristianesimo entra in sintonia (o in conflitto) con le dinamiche del capitalismo, in quanto entra in sintonia (o in conflitto) con la crescita e l’affermazione dei valori e delle culture
con cui si identificano le borghesie europee.
Il problema etico
nell’economia liberale
Trattando dell'etica del profitto, il prof. Mathieu ha spiegato
che, quanto al modo di ottenerlo, il profitto non pone all’imprenditore cristiano problemi diversi che al non credente. La morale naturale è identica per tutti ed il profitto va ottenuto con
mezzi che non la violino e non
violino le leggi positive. Il problema etico si pone, per contro,
nell’impiego del profitto. Quale
sarà per l’imprenditore la graduatoria di scelte d'impiego più
coerente con la responsabilità
cristiana?
Il bene proprio, il bene dell’azienda, quello dei singoli dipendenti, l’assistenza ai bisognosi, la contribuzione alla sua chiesa? Un problema rovesciato pone la gestione delle perdite (il
profitto negativo). Cercare di evitare le perdite è un dovere sottoposto alle stesse regole che regolano la ricerca del profitto. Ma
quando la perdita non può essere evitata, rispettando tali regole, un imprenditore autenticamente cristiano dovrebbe accettare il suo fallimento.
Un intervento tanto breve
quanto rigoroso per sintesi e lucidità concettuale m’è parso quello di Sergio Ricossa, ordinario
di economia politica (Univ. di
Torino). L’unico capitalismo moralmente difendibile è quello liberistico, egli ha detto. Il liberismo è etica, è morale sia pure
laica, i grandi liberisti sono stati grandi moralisti. Solo coniugando neoliberismo e regole etiche — e qui Ricossa si è incontrato con Mathieu — è possibile
esprimere nel fare impresa valori cristiani, è possibile immettere il massimo di libertà, di responsabilità e di servizio in una
situazione umana e sociale di limitata razionalità.
Cornelio Valetto, presidente
della SAIAG Spa, ha riferito della sua esperienza di imprenditore e di credente. Ha accennato
alla prefazione di Angelo Tosato
(segretario dell’Associazione biblica italiana) al libro di Novak:
attraverso l’analisi esegetica di
alcuni brani evangelici Tosato dimostra che non si può leggere
nel Vangelo una condanna di
principio del capitalismo quale
sistema economico di arricchimento individuale e sociale. Egli
ha insistito sulla necessità di
una mediazione tra Tessere cristiano e Tessere imprenditore e
sulla ricerca delle condizioni che
fanno « etica » l’attività d’impresa.
La voce dei credenti
Certo il convegno avrebbe potuto avere un taglio più articolato se tra i relatori si fosse sentita anche una voce ecclesiastica, qualcuno ha notato. Ed anche se, stante il tema, il dualismo cristianesimo-capitalismo, si
fosse sentita qualche voce protestante. E forse l’introduzione problematica delTavv. Buffa (che mi
ha ringraziato per essere intervenuto come valdese) lo avrebbe meritato.
Due relazioni mi sono sembrate molto discutibili, ed erano poi
quelle da cui mi aspettavo di
più. Marco Vitale, docente alla
Bocconi, consulente di high management, dopo avere enunciato
che la direzione aziendale moderna vede l’efficienza sposare la
solidarietà, si è lanciato in un
alato panegirico delle encicliche
sociali dei papi (con qualche riserva per Giovanni Paolo II), come aperte al sistema economico di mercato.
Capitalismo e Riforma
del XVI secolo
Per Luciano Pellicani, sociologo della politica, direttore di
« Mondo operaio », spirito del capitalismo ed etica cristiana sono
due cose che proprio non possono convivere, diavolo ed acqua
santa. Sempre Chiesa e mercatores, Dio e Mammona, ecclesie
e mondo dei traffici sono state
realtà inconciliabili. A me pare
che questo non possa dirsi vero
neanche per la Chiesa cattolica.
Ma anche Tethos calvinista della
Riforma è servito di anticapitalista da Pellicani. Se l’Europa
del nord ha visto una migliore
dinamica capitalistica rispetto al
nostro sud d’Europa non è stato per via della Riforma, bensì
della Controriforma. Spinte dalla Inquisizione ad esulare nei
paesi protestanti, le élite intellettuali ed economiche dei paesi
cattolici avrebbero svenato il sud
e fatto decollare lo sviluppo economico del nord. Singolare tesi,
per la verità, a me pare. A parte il fatto che, sul piano documentario, è molto meno verificabile di quella di Weber, con
la logica del prof. Pellicani si
potrebbe affermare che la DDR
è un paese divenuto illibertario
perché tutti gli spiriti liberi se
ne stanno andando dove c’è più
libertà e democrazia.
Il dibattito seguito alle relazioni è stato vivace ed appassionato. segno di quanto il problema interessi e coinvolga.
N. Sergio Turtulici
Per il semplice fatto che Simon Wiesenthal è vivo, i nazisti
superstiti non trovano pace. Oggi
Wiesenthal, che ha 80 anni, ha deciso di scrivere le sue ’’memorie”
in un bel libro che s’intitola:
« Giustizia, non vendetta » (1).
Sopravvissuto miracolosamente ai campi di sterminio, egli ha
speso il resto della sua vita nel
tentativo, spesso riuscito, di assicurare alla giustizia i responsabili delTolooausto. Per realizzare questo scopo con sistematicità e continuità ha messo in piedi, nel dopoguerra, un « centro
di documentazione » in Austria
(dove vive dal 1947) nel quale ha
diligentemente raccolto documenti sui responsabili del genocidio
ebraico.
La filosofia di Wiesenthal, originario della Galizia — la terra
di Freud e dei rabbini impregnati di misticismo orientale — è che
la colpa non può essere rimessa, ma unicamente estinta con
l’espiazione. Solo Dio può perdonare, Wiesenthal non dà il suo
perdono, lo accorda in cambio di
un’adeguata penitenza.
Tuttavia anche per il mitico
cacciatore di nazisti il problema
del perdono rimane questione
aperta. Wiesenthal vuole, con ima
tenacia che- non ha confronti,
portare davanti al tribunale i piccoli e i grandi responsabili
deH’olocausto; riesce per esempio
a far catturare Rauff, l’inventore dei « camion a gas » in cui perirono migliaia di persone; cattura Wagner, capo del lager di Sobibor. Tra i successi legati alle
sue meticolose indagini c’è anche la cattura di Eichmann, il
« burocrate del massacro », che
nel dopoguerra si era ritirato in
Argentina dove viveva in una
tranquilla situazione familiare
come un buon padre di famiglia.
Wiesenthal riesce a mettere le
mani anche su Franz Stangl, il
comandante del campo di Treblinka, il quale dichiarò che aveva dovuto procedere a gasare gli
ebrei perché « altrimenti non ci
sarebbe stato posto a sufficienza
nel lager ».
Wiesenthal analizza, a più riprese e in più modi, la « coscienza morale » degli appartenenti alle SS che hanno spesso trovato
in Europa, e soprattutto in alcuni Paesi dell’America latinq,
nicchie tranquille in cui continuare, sotto falso nome, la propria esistenza come se nulla fosse successo.
Tra i casi esaminati quello più
vicino a noi prende il nome di
Kurt Waldheim, ex presidente
della repubblica austriaca, accusato pesantemente dal World
Jewish Congress di avere partecipato, in qualche misura, alla
deportazione degli ebrei di Salonicco. Wiesenthal esamina attentamente tutta la base documentaria e conclude che Waldheim si
era trovato in una « prossimità
consultiva » con dei criminali di
guerra, ma non ne era stato coinvolto personalmente. I « media »
si sono interessati di più a Waldheim (che in sostanza ha negato di essere a conoscenza di cose
che un ufficiale delle SS in quella
precisa situazione doveva necessariamente sapere) che non ad
Eichmann, che pure sulla coscienza aveva milioni di ebrei.
L’analisi di Wiesenthal — così
anche in precedenti opere come
«Il girasole» o «Gli assassini sono
tra noi » — tende ad evitare attacchi indifferenziati. Egli propone distinzioni, evita conclusioni
frettolose e spinge i governi a
farsi carico dei processi ai criminali nazisti fornendo loro
(quando non c’è) una base documentaria la più ampia possibile.
In ogni pagina di Wiesenthal
emerge', un serio sforzo di obiettività arricchito e problematizzato dalla saggezza di una vita
che ha conosciuto la sofferenza,
insieme alla frustrazione di assistere, dopo il famoso processo
di Norimberga, ad un generale
« calate il sipario », a vari tentativi di prescrizione dei crimini
nazisti. La frustrazione aumenta
quando viene a sapere, foto e prove alla mano, che alcuni di questi macellai dell’umanità vivono
indisturbati facendosi i loro affari. E’ il caso per esempio di Alois
Brunner, uno dei più temibili
ideatori dell’olocausto, che se la
spassa in Siria in ima bella villa
a Damasco.
Wiesenthal non ha vergogna di
parlare anche del collaborazionismo ebraico con i nazisti (quando
si è verificato, ma sempre sotto
l’influenza del ricatto violento).
Più debole appare il libro autobiografico quando s’addentra nella spinosa questione palestinese
{«il Medio Oriente non sarebbe
necessariamente diventato la polveriera che oggi è se i Paesi arabi
circonvicini non avessero rivendicato per sé anche quel pezzo di
Palestina che era stato destinato
ai palestinesi, e avessero accolto
in modo diverso i profughi ») .sulla quale ritiene che arabi ed ebrei
non abbiano altra strada se non
quella di una forzata convivenza.
« La storia li ha condannati a
farlo, ed essi dovrebbero darle
una mano: mirando ad una comunità futura di là da tutto ciò
che li separa e che si radica nel
passato ».
Il pericolo di una risorgenza
dell’antisemitismo è sempre in
agguato, così come latente rimane il pericolo di una rinascita
della dittatura sotto spoglie moderne. Ieri la miseria, la fame e
la disoccupazione dei giovani sono state il terreno fertile sul quale è cresciuta la follia hitleriana.
Oggi però, anche grazie al consumismo sfrenato, i giovani non
sanno bene cosa fare per dare
un senso alla vita. Dice a questo
punto Wiesenthal: « Le dittature,
per prima cosa, si sono sempre
impadronite dei giovani per i quali la vita aveva perso il suo senso. E non hanno fatto altro che
inoculare nei giovani la loro follia. Li hanno poi rivestiti di una
divisa e occupati tutto il giorno
a giocare alla guerra. Sinché furono maturi per la guerra vera.
Sinché agognarono la morte eroica, non avendo alcuna idea di
quanto meschina e sporca e
brutta fosse la morte reale. Quando la vita non ha più senso, i
giovani tendono a rifugiarsi nella morte. Le dittature lo sanno
e sfruttano questa tendenza. Le
democrazie debbono trovare il
modo di restituire un senso alla
vita dei giovani ».
Guardando alla televisione, in
questi giorni, le immagini berlinesi dei giovani della DDR che
vanno di corsa a spendere nei
grandi magazzini della Kurfiirstendamm i cento marchi, il « soldo del saluto», donatigli dall’opulenta Germania di Bonn, penso che ancora una volta il vecchio Wiesenthal abbia mille ragioni di allarmarsi. La cultura
del consumismo è una forma d'
schiavitù. Preludio a nuove dittature? Dipende dalle spinte
ideali che troveranno maggiore
Consenso non solo nelle due Germanie ma nell’Europa politica
che sta nascendo sotto i nostri
occhi.
Giuseppe Platone
' SIMON WIESENTHAL, Giustizi»,
non vendetta, Milano, Mondadori,
1989, pp. 461, L. 28.000.
7
24 novembre 1989
fede e cultura
BARI
La rivoluzione deil’89
Un convegno presso l’Università si occupa dell’impatto della rivoluzione francese alle Valli
Si sa, il 1989 ha visto moltiplicarsi dappertutto i congressi,
i convegni, i colloqui, le tavole
rotonde, le esposizioni sul bicentenario della Rivoluzione francese, ed il nostro paese non è stato da meno. Se — come scrive
Furio Diaz in un suo recentissimo contributo {L’incomprensione italiana della Rivoluzione francese, Torino, Bollati Boringhieri,
1989, p. 96) — « la gran quantità di manifestazioni celebrative
e la loro risonanza internazionale rischia di suscitare fenomeni
abnormi di reazione... » od anche « una certa sazietà » (ivi, p.
9), tuttavia il Convegno intemazionale tenutosi airUniversità di
Bari dal 13 al 16 ottobre scorso
su La Rivoluzione dell’89 e dopo
(La Revolution de '89 et son
écho) ha felicemente smentito
queste note pessimiste. Voluto e
diretto magistralmente dall’amico e collega Vito Carofìglio, dell’Università (Istituto di francese),
esso si è svolto lungo direttrici
bene individuate e nell’ambito di
settori di ricerca spesso originali, come i « segni » lasciati da
Ogni parte nei vari campi dell’economia, della politica e dell’ideologia, i suoi « principi » fondamentali, l’apporto delle donne,
i suoi riflessi nella letteratura,
nella filosofia, nel teatro, nella
musica, neH’iconografia, nel linguaggio (persino nel romanesco),
il « disincanto » avvertito anche
come malinconia o come aperta
opposizione.
In tale contesto estremamente
variegato, il sottoscritto è stato
invitato a parlare su un argomento {La Rivoluzione francese
e i valdesi piemontesi) il quale,
sebbene marginale nella stmttura generale del Convegno, si riferiva però logicamente ad uno
dei momenti più sentiti delle celebrazioni, cioè la dichiarazione
dei diritti dell’uomo, tra i quali
importantissimi — è lapalissiano
dirlo — quelli sulle varie libertà
di coscienza, di religione, di culto. Ecco perché, quando nel Piemonte apparvero le prime notizie sulle « novità » d’oltralpe, esse furono accolte con entusiasmo dai valdesi, se è vero —
come ha scritto Armand Hugon
nel 1974 — che « forse poche genti d’Europa erano come i valdesi pronte a ricevere il verbo della Rivoluzione francese: esso parlava infatti di libertà ad essi
che libertà non avevano, di uguOr
glianza a chi neppure la sognava, di fratellanza a chi mai come fratello era stato trattato »
(cfr. Storia dei valdesi/2, Torino 1974, p. 257).
Giovanni Gönnet
PADOVA
Bibbia aperta
Il Comune organizza per il terzo anno consecutivo corsi (di studio della Bibbia e di ebraico
L’associazione di cultura biblica « Bibbia aperta », patrocinata dall’Assessorato alla cultura del Comune di Padova, anche quest’anno si propone di
svolgere la sua opera di promozione dello studio della Bibbia
su un piano aperto di confronto, nel rispetto dei diversi approcci confessionali e non confessionali. Si tratta di una iniziativa « che si apre in un itinerario di laicità »: si basa cioè
su « un metodo di studio scientifico e di ascolto culturalmente
serio, che si vorrebbe arricchito delle varie sensibilità che
hanno originato le differenti interpretazioni bibliche nella storia » (cfr. atto costitutivo). Per
il terzo ciclo (anno 1989/90) sono previsti numerosi incontri
con studiosi di differente orientamento confessionale. Nel corso
dell’anno, dopo un primo intervento del prof. Ravasi sul tema
« Alle origini del profetismo »,
terranno lezione i professori
Soggin e Stefani su « I profeti
e la religione del loro tempo »,
Marangon e Natoli su « Le speranze dei profeti », Pabris, Miegge e Rizzi su « Il profetismo
nella Scrittura e nella storia del
cristianesimo ».
Funzionano, in seno alla associazione, un « gruppo di studio
progredito di ebraico biblico »,
guidato dalla professoressa Vittoria Nardini, e un « gruppo di
lettura esegetica » a cura dei
professori Gianni Cappelletto e
Romano Cecolin. P. A.
FRANCIA
La Bibbia sul Minitel
In Italia è uno strumento poco
conosciuto (si chiama Televideo,
viag^a sulle onde della rete televisiva), ma in Francia, dalla
metà degli anni ’80, è in funzione
un sistema di collegamento telematico quasi « familiare ». Già,
perché ogni abbonato telefonico
che lo richieda può avere installato a casa il « Minitei », sorta di
mini personal computer che sostituisce la consultazione dell’elenco degli abbonati, e che
consente anche di accedere a sistemi di informazioni componendo sulla propria tastiera i « codici » di giornali, servizi meteorologici, uffici pubblici, banche, ecc.
Da un po’ di tempo sono nati
anche alcuni centri di informazione religiosa, collegati al Minitei, che forniscono a richiesta dati sui santi del giorno ma anche
sulle attività liturgiche in programma giorno per giorno. Un
servizio è curato dalla Federazione protestante di Francia che,
sulla base dell’agenzia stampa
BIP, aggiorna l’attività delle chiese che ad essa fanno capo. Sono
previsti anche servizi di chiarimenti a cui gli utenti possono rivolgersi per porre delle domande
o avere notizia di testimonianze
di fede.
A. C.
Claudiana editrice
Enrico Lantelme
I CANTI
DELLE VALLI VALDESI
Identità e memoria di un popolo
alpino
Prefazione (di Daniele Tron
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8
8 vita delle chiese
24 novembre 1989
A SANTA SEVERA DALL’8 AL 10 DICEMBRE
CORRISPONDENZE
Dialogo
tra fede e scienza
Le conseguenze dell’evoluzione tecnica nel campo biologico e le loro implicazioni con I etica - Problematiche mediche e giuridiche
Nei giorni 8-9-10 dicembre si
svolgerà presso il Centro evangelico « Villaggio della gioventù » di S. Severa un convegno
che avrà come argomento il
« Dialogo tra fede e scienza:
temi di bioetica ». Tale convegno è stato promosso dal Centro in relazione alla esigenza,
emersa durante un campo estivo, di dare alle nostre comunità evangeliche una informazione, seppure parziale corretta,
sulle conseguenze derivate dalla evoluzione tecnologica nel
campo biologico.
Su questa informazione si potrà innestare quella riflessione
etico-teologica della quale le nostre comunità sentono la necessità.
Interverranno, come descritto nel programma, pastori ed
esperti della materia i quali affronteranno alcuni aspetti particolari come la bioingegneria e
la manipolazione genetica; le
problematiche mediche; le prospettive giuridiche italiane; la
riflessione etica e teologica.
Questo il programma;
MILANO
Verso
l'atto secondo
La Chiesa metodista di Milano
rilancia, dopo la positiva esperienza dello scorso anno, il proprio impegno per l’evangelizzazione. Il salto di qualità da compiersi per quest’anno presuppone
il superamento delle formule
spontaneistiche, in favore di programmi più organici, basati sulla
verifica di alcuni parametri-base:
quali sono i bisogni spirituali e
religiosi della gente? Quali le motivazioni che portano nuovi membri di chiesa? O quelle che ne
hanno allontanati? Lo studio delle risposte condurrà all’elaborazione del nuovo programma di
lavoro, come deciso dall’assemblea di chiesa di ottobre.
Venerdì 8 dicembre
ore 15: Past. Franco Scaramuccia: « Dio, Signore della
storia: soggetto della nostra
fede »;
ore 17.30: Prof. Silvestro Duprè: « Bioingegneria e manipolazione genetica; applicazione ai
microrganismi, piante e animali ».
Sabato 9 dicembre
ore 9: Dott.ssa Daniela Fornarola: « Tecniche di riproduzione
assistita: varie metodiche attuali e prospettive future »;
ore 11: Prof. Sergio Stammati:
« Legislazione internazionale e
prospettive italiane »;
ore 17: Past. Blasco Ramirez;
« Riflessioni teologiche: confronti e prospettive ».
Domenica 10 dicembre;
ore 9.30: Silvia Rutigliano:
« Aspetti etici; fondamenti dell’etica naturale; contrapposizione naturale/artiflciale; sacralità e qualità della vita »
Per iscrizioni; Villaggio della
gioventù - Lungomare Pirgy 13
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MOVIMENTO FEMMINILE BATTISTA
Vivere da «single»
Un itinerario biblico verso il significato della
solitudine - Le dense parole di Bonhoeffer
La prima settimana di settembre ha visto ospitare, presso il
centro evangelico di Rocca di Papa e grazie al Movimento femminile battista, il primo campo
studio-vacanze per single, ovvero per tutti coloro che, per qualsivoglia motivo, non hanno un
compagno o una compagna. La
serenità dello scenario d’alta collina ha costituito uno sfondo
ideale per questo incontro sperimentale che, pur non avendo
raccolto un grosso numero di
presenze — fatto di cui però i
partecipanti certamente si sono
giovati nell’approfondimento della reciproca amicizia —, si è dimostrato così positivo che si è
deciso senz’altro per la sua ripetizione.
Di estremo interesse gli studi
biblici preparati dal pastore
Italo Benedetti, che attualmente svolge il suo ministerio presso la chiesa di Isola del Liri.
Clli ascoltatori sono stati guidati, attraverso un itinerario biblico, alla scoperta del concetto
e del significato di solitudine
così come proposti dall’Antico
daudiana editrice
E’ uscito il calendario
Valli nostre 1990
completamente rinnovato
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con 13 vedute a colori versetti biblici e didascalie
in 4 lingue gli indirizzi aggiornati delle Chiese
evangeliche membro della Federazione (valdesi e metodiste, Chiese libere, battiste. Esercito della Salvezza, Chiese luterane) e delle loro opere ed istituzioni
e anche delie chiese di lingua italiana all’estero, nonché gli indirizzi dei pastori emeriti.
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Testamente — dove essa è vista
in modo negative e punitivo —
e dal Nuovo Testamento, dove
il concetto di solitudine è pienamente rivalutato come luogo di incontro con se stessi, con
gli altri e con Dio. Ci piace ricordare che gli studi venivano
conclusi da una breve riflessione sul pensiero di Dietrich
Bonhoeffer, pastore luterano tedesco morto sotto il nazismo,
il quale, a proposito di solitudine, scriveva: « Chi non sa restare solo tema la comunità »,
e ancora; « Chi non sa vivere
nella comunità si guardi dal restare solo ».
Molti frutti sono stati dati
anche dalle discussioni di gruppo, che si sono articolate in
quattro diversi temi: I single
e la solitudine. Vita affettiva e
sessuale. Esperienze positive e
negative. La comunità e i single. Degno di nota l’intervento
finale dello psicologo Salvatore Intelisano, ospitato dal
campo per l’inizio e la conclusione dei lavori. Egli faceva rilevare che la solitudine, in quanto stato emotivo, non è sovrapponibile ad uno stato anagrafico. La causa sarebbe da individuarsi, sostanzialmente, in una
incapacità deH’individuo di vivere pienamente la propria vita aH’internc della realtà nella
quale si trova. Per l’individuazione e il superamento di questo blocco è fondamentale, secondo il relatore, la capacità di
distinguere fra i bisogni — ovvero Timmediato, il piccolo, il
quotidiano — e i desideri, ovvero la nostra « parte-ombra »,
parte che dobbiamo scoprire e
a cui dobbiamo riunirci per superare lo stato emotivo di solitudine e raggiungere, insieme,
la maturità.
Il so.ggiorno ha visto gli ospiti, circa una decina, impegnàti
anche in diverse gite nei dintorni, alla scoperta di antichità e
di tante... golosità.
L’anno prossimo il tema dell’incontro, che si svolgerà nuovamente nella prima settimana di
settembre, verterà sulla vita
sessuale ed affettiva; ospite d’onore per l’inizio e la chiusura
dei lavori sarà un sociologo.
Un vivo augurio per il successo sempre maggiore di questa bella esperienza.
Laura Carlodalatri
Voci per la pace
UDINE — Per la prima volta
anche nella nostra città, grazie
all’iniziativa del Centro ricerche e attività ecumeniche, si è
riusciti a realizzare la settimana ecumenica per la pace. O
spitati nella chiesa della « Beata vergine delle Grazie »,
tutte le sere dalle 18 alle 20, da
lunedì a sabato, i vari gruppi
che hanno aderito all’iniziativa
hanno dato vita a turno ad una
serie di manifestazioni che hanno coinvolto, mediamente, una
cinquantina di persone.
Per la nostra comunità è stata una grossa occasione di impegno, sia sul piano della preparazione che su quello della
realizzazione. Presenti tutta la
settimana con due cartelloni
(elaborati da Giovanna Taverna) e con un banco libri, abbiamo, in particolare, gestito la
serata di martedì.
Rosa Massarella ha detto chi
siamo offrendo dei cenni di storia del metodismo insieme a notizie sulle origini delle tre comunità sorte nella regione.
Arrigo Bonnes ha detto cosa
pensiamo presentando il libro
di P- Ricca « Le chiese evangeliche e la pace ».
Lino Pigoni ha detto cosa
facciamo illustrando gli odg
sinodali di quest’anno. Il pastore ha poi rapidamente presentato il documento preparatorio
in vista dell’Assemblea ecumenica di Seoul, soffermandosi particolarmente sulle « affermazioni » in esso contenute; affermazioni che dovranno essere fatte
proprie dalle chiese e che, se ci
sarà la volontà di farle uscire
dalle pure e semplici enunciazioni di principio per calarle nel
concreto, significheranno un radicale cambiamento di politica,
economia e vita. Anita Braschi,
Cristina Manca, Nadia Urli hanno concluso la serata con la lettura di alcune significative poesie, accompagnate dalla proiezione di diapositive che visivamente illustravano il contenuto
insieme ad un’efficace colonna
sonora.
Nel corso della settimana il
Movimento dei focolari, TAGESCI, il Comitato friulano per
la pace, l’Opera nomadi. Proiezione Peters, il Gruppo antiapartheid hanno rispettivamente
dato il loro contributo prima dì
concludere il tutto, sabato, con
un incontro di preghiera a cura
del CRAE.
Funziona il « Centro
Marco Salizzato »
PADOVA — Da molti anni ormai funziona a Padova il Centro
Marco Salizzato, nato per dare
sviluppo ad alcuni degli ideali di
Marco, studente universitario
prematuramente scomparso, sì
da continuarne l’opera. Si tratta di associazione laica, al di
fuori dei partiti, che ha lo scopo di dare ai suoi membri una
formazione religiosa e culturale,
in particolare sul piano dell’approfondimento delle tematiche
ecumeniche. Nel quadro di questo impegno, anche per l’anno
1989-90 è stata predisposta una
serie di conferenze e di corsi per
una valutazione non solo dell’esperienza ecumenica fin qui effettuata, ma anche dell’accoglienza
riservata agli stranieri, nel desiderio di offrire loro — assieme
all’opportunità di discutere e far
conoscere aspetti delle loro culture — un più soddisfacente inserimento nel contesto cittadino.
E’ prevista la partecipazione di
numerosi esperti e docenti universitari: Riboldi, vescovo di
Acerra; Vetrati, preside dell’Istituto di studi ecumenici S. Bernardino (Verona); Sartori, teologo (Padova); Pace e De Sandre
(Università di Padova); Cereti,
teologo (Roma) ; Tassarolo,direttore EDB (Bologna) ;Terrin (Uni
versità di Milano) e di due pastori evangelici, Giuseppe Platone
(Angrogna) e Martin Cunz (Zurigo). Saranno trattate questioni
di carattere ecumenico (« La sfida delle sette » ; « Ecumenismo a
un bivio»), di apertura sociale
(« Alla tentazione del razzismo,
noi rispondiamo: ’’Ogni uomo è
mio fratello” ») e di presenza religiosa («Teologia e cultura oggi
in Italia»).
Testimonianza
SALERNO — Domenica 29 ottobre abbiamo avuto una buona giornata comunitaria con una
gita a Giffoni. Ospiti del fratello
Augusto Elberti e di sua moglie, abbiamo potuto trascorrere un pomeriggio in grande
armonia, respirando aria buona e lodando il Signore per questo momento di fraternità.
• Continuano i nostri impegni
di testimonianza evangelica e di
presenza in due settori della vita
cittadina: il Tribunale per i diritti del malato e la Convenzione antirazzista. Soprattutto questo secondo momento è quello
che oggi maggiormente occupa
un posto di non poca importanza, stimolati anche dagli atti
delle nostre assemblee di chiesa. Si tratta di operare in città
per una migliore accoglienza
(assistenza) e una più impegnativa azione di educazione antirazzista.
Attualmente abbiamo aderito alla associazione chiamata
«Senza frontiera» (legata all’opera della parrocchia cattolica « Volto Santo ») e alla iniziativa cittadina per la costituzione di una ’’Convenzione antirazzista”.
« Casa mia »
NAPOLI-PONTICELLI — E’
presente da oltre vent’anni l’opera sociale chiamata « Casa mia »,
fondata nel 1945 tra i senzatetto di Napoli dal medico metodista Teofìlo Santi.
La scorsa Conferenza distrettuale ha approvato lo statuto di
quest’opera inserendola « nel lavoro di testimonianza e di servizio delle chiese evangeliche metodiste che sono in, Italia, nel
quadro dell’ ordinamento valdese » (art. 1). Il Centro è retto da
un comitato il quale « elabora le
linee direttive per l’attività e cura l’amministrazione del Centro
stesso» (art. 3). Ne fanno parte:
il direttore (nominato ogni anno
dalla CED: quest’anno è il past.
Giovanni Anziani ) ; rappresentanti del Comitato permanente
OPCEMI, del Comitato direttivo
dell’ospedale evangelico « Villa
Betania », degli operatori sociali
volontari, della Chiesa metodista
di Napoli e il delegato della CED.
Lo scorso sabato 11 novembre
si è riunito per la prima volta
il Comitato, che ha nominato
come suo presidente la sorella
Anna Nitti. Con questa nomina
il Comitato ha voluto riconoscere alla sorella Anna il suo impegno per lo sviluppo delle iniziative diaconali a Ponticelli.
Il Comitato, tra i vari argomenti discussi, ha deliberato di sviluppare un progetto di servizio
diaconale presso l’ospedale evangelico « Villa Betania ».
Si tratta di organizzare un
servizio di animazione per adulti
nei reparti di medicina-oculisticachirurgia, soprattutto per le
persone anziane.
Infine il Comitato si è preoccupato di ricercare a tempi brevi
nuovi locali per l’attività sociale.
Infatti i locali oggi in uso si trovano al centro di una complessa
opera di ristrutturazione edilizia; questo rende difficile l’accesso al Centro stesso da parte di
giovani e di ragazzi.
9
24 novembre 1989
vita delle chiese
TORRE PELLICE: INCONTRO DELLE UNIONI FEMMINILI
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
I salmi
nella vita della chiesa
Abbiamo oggi la stessa consapevolezza dell
traverso il canto esprimeva la propria fede
La Parola cantata
’antico Israele, che atnella potenza di Dio?
Dal 1978 alle valli valdesi c’è
un appuntamento di metà autunno che gode di buona vitalità: sorelle di chiesa si ritrovano per accrescere la loro conoscenza della Scrittura, per parlarsi l’un l’altra e rafEorzarsi
nella vita della fede e del servizio. A questo appuntamento non
mancano presenze da altri luoghi, e quest’anno da 'Genova,
Imperia e Torino.
Una cf)sa rallegra: la presenza
di giovani generazioni di donne.
Quest’anno rincontro si è
svolto a Torre Pellice il 18 e 19
scorso e oltre cinquanta sorelle
hanno dato realizzazione al programma di seminario biblico
impostato con molta cura dalla
Federazione femminile evangelica valdese metodista, sul tema « Lode all’Altissimo - I salmi nella vita della chiesa », con
il concorso del past. Bruno Rostagno e Dino Ciesch per una
tavola rotonda di approfondimento deH’argomento 'e della
pratica del canto nella vita della chiesa, e della dott.ssa Bruna Peyrot per una conversazione
dopo il culto sul canto nella
tradizione valdese.
Questi interventi sono stati
molto apprezzati e utili per lo
svolgimento dei lavori e molte
partecipanti hanno presentato
considerazioni e domande agli
oratori.
Il lavoro di ricerca biblica si
è svolto studiando il salmo 68,
guidate da due teologhe e da animatrici, alternando il lavoro assembleare con quello a gruppi
e servendosi di diversi modi di
indagine, e sempre colte di sorpresa dallo scorrere veloce del
tempo stabilito per la successione dei lavori.
Tutte si sono ritrovate coinvolte; o nella lettura biblica con
Da sempre il canto è elemento importante per la nostra liturgia.
riflessione, o nella lettura con
ritmo e suono, o nella ricerca
dell’immagine o con canti e gesti, potendo giungere alla comprensione del testo in tante maniere.
Nel salmo 68 cinquanta donne hanno incontrato un Dio potente che protegge i deboli e
giudica i malvagi, hanno incontrato un Dio che preserva dalla
morte. E si sono chieste se oggi abbiamo la consapevolezza
dell’antico Israele, che si esprime
attraverso questo salmo, per
l’annuncio di Dio e della sua
potenza che giudica e libera. E
si son chieste, con timore e tremore, se lo svuotamento di significato avvenuto per il muro di
Berlino e il suo dissiparsi in
un modo veramente inaspettato
non sia un segno che ci lascia
intravedere la potenza del Si
gnore all’opera nel cuore e nello spirito dell’uomo e della
donna.
Nella seduta conclusiva il risultato del lavoro dei gruppi è
stato di una sorprendente creatività e ricco di espressioni
frutto di una 'partecipazione
molto libera e sciolta di tutte.
Questo appuntamento d’autunno cade in un tempo propizio
per la semina: che alle partecipanti sia dato di trasmettere
dove vivono quanto è germogliato in loro gioiosamente in
questo incontro.
Maria Tamietti
SAN SECONDO _ e’ stata
una serata ben riuscita quella
offerta dalle corali di Prarostino
e San Secondo lo scorso 28 ottobre. Il programma, presentato
da Sergio Montalbano, si articolava in cinque parti, e quattro
di esse si scostavano assai dal
repertorio a cui siamo abituati
in occasione di concerti delle nostre corali.
L’esecuzione di alcuni salmi ha
proposto, attraverso un linguaggio musicale diverso, un messaggio biblico recepibile anche a livello interconfessionale: il testo
seguiva la traduzione 'TILC e la
musica era del compositore John
Bertalot, valdese di Princeton.
Un momento particolare e assai originale è stato l’interpretazione di alcuni passi del libro
di Giobbe, letti, cantati e animati con strumenti a percussione
e flauti da un gruppo di giovanissimi. Questa parte del programma è stata ideata e curata
da Peggy Bertolino, nell'intento
di proporla come momento di
predicazione. Varrà la pena di
utilizzare questo mezzo espressivo nelle nostre Scuole domenicali, gruppi giovanili e femminili.
I vari canti sono stati diretti
da Klaus Langeneck, Peggy Bertolino e Renzo Chialivo, che ha
anche composto uno dei brani
eseguiti.
Una parte del programma era
dedicata a musica per organo
(Frescobaldi, Froberger, Bach),
eseguita con bravura da Renzo
Chialvo.
A conclusione della serata, che
si è rivelata anche cultuale, sono stati eseguiti, a voci unite
con accompagnamento di organo e flauto traverso, il Padre nostro (musicato da P. G. Colombo
e tratto dalla raccolta « La Parola cantata » stampata per la
Società biblica in Italia) e una
benedizione a quattro voci, che
i presenti hanno ascoltato in piedi e nel raccoglimento.
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Dimmi come predichi
« La gente si aspetta di vedere
che il predicatore viva ciò che dice dal pulpito. La sua etica personale, le sue scelte, il suo ’’stile
di vita” sono sotto gli occhi di
tutti; non si può predicare bene
e razzolare rhale ». Questa è una
delle tante osservazioni emerse
— certo non la più originale ma
forse la più provocatoria — nel
dibattito scaturito dal seminario
sulla predicazione animato dal
prof. G. Girardet. Per un giorno e
mezzo — dal 13 al 14 novembre —
presso la Casa unionista di Torre
Pellice pastori, diaconi e predicatori locali hanno seguito con interesse gli interventi di Girardet sul
tema della ’’Bibbia e comunicazione”. Si è partiti da lontano, dalle
antiche civiltà prescritturali, per
raggiungere l’era della carta
stampata. 11 passaggio dalla civiltà orale a quella scritta (il perché di questo salto di qualità) è
stato uno dei punti più vivaci nel
dibattito, sempre sostanziato da
una ricca bibliografia (soprattutto inglese) illustrata da Girardet.
Si è anche parlato della nuova
oralità dettata da radio e televisione e del come si possa e si
debba predicare l’Evangelo nel
nostro tempo.
Formule risolutive dal cilindro
di Girardet non ne sono venute
fuori. Gccorre però — questo ci
è parso di capire — ritrovare il
gusto di raccontare la Bibbia; di
capire che la Bibbia stessa è un
insieme di storie piene di significato, che vanno rinarrate con
passione e conoscenza del quadro
storico.
Il seminario si è concluso con
l’analisi di alcuni testi dell’Antico
Testamento, tentando di cogliere
i punti centrali del messaggio.
Tutto il corso, anche se troppo
breve per entrare nel merito di
tutte le questioni sollevate, è stato mediamente molto ben frequentato, segno indubbio che il
tema della predicazione interessa
(o forse preoccupa) e suscita
sempre partecipazione. Abbiamo
scoperto che nessun pastore è capace di salire sul pulpito senza
avere un pezzo di carta sotto'gli
occhi che riporti almeno la ’’scaletta” del sermone, se non addirittura l’intero testo. Ma la struttura del pensiero orale è molto
diversa da quella scritta. Sarà
forse questa una delle ragioni
che rendono così noiosi i nostri
sermoni, che sono soltanto letti e
non detti? Non lo so.
G. P.
COMMISSIONE
PERMANENTE STUDI
delle chiese valdesi e
metodiste
Sessione d’esame
Sabato 9 dicembre 1989 alle ore 9 presso la Facoltà
valdese di teologia - via
Pietro Cossa 42 - Roma.
Per iscrizioni rivolgersi al
pastore Antonio Adamo - via
Milazzo 25 - 26100 Cremona
- tei. 0372/25.598.
Concistoro
POMARETTO — Sabato 25,
alle ore 20.30, presso l’Eicolo
grando, si riunirà il concistoro.
Studi biblici
TORRE PELLICE — Inizia
sabato 25 novembre un secondo appuntamento settimanale
di studio biblico, oltre a quello
ormai tradizionale del lunedì
sera. Gli incontri avranno luogo alle ore 15, per favorire anche una possibile partecipazione di genitori dei bambini che
nella stessa ora frequentano la
scuola domenicale; il tema proposto è il libro delTEsodo.
Assemblea di chiesa
ANGROGNA — Domenica 26
novembre avremo alle 10, nel
tempio del capoluogo, un’importante assemblea per la nomina
del nuovo 'pastore della nostra
chiesa. Per l’occasione parteciperà anche il delegato della
Commissione distrettuale, pastore Vito Gardiol. Oltre a questo adempimento, se ci sarà
tempo, in assemblea si riferirà
sulla recente indagine nei quartieri sul tema della Santa Cena.
Designazione
pastorale
VILLASECCA — Domenica 3
dicembre, ore 10, avrà luogo la
assemblea di chiesa che, per
essere valida, dovrà registrare
la presenza della maggioranza
dei membri elettori della nostra
comunità. Questa assemblea sarà presieduta dal past. C. Pasquet, 'presidente della CED del
I distretto. L’odg riguarderà il
problema della designazione del
nuovo pastore in quanto quello
attuale compirà il suo quattordicennio nell’aprile 1990.
Sull’ora
di religione
FERRERÒ — Mercoledì 29
novembre, alle ore 20.30, nei locali della chiesa i professori
Franco Bettato, insegnante di
religione a Villar Perosa e Torre Pellice, e Claudio Tron, preside a Perosa, introdurranno un
dibattito sull’insegnamento dell’ora di religione; tutti sono invitati a partecipare.
Solidarietà
SAN GERMANO — Ci ha lasciati dopo pochi giorni di malattia, all’età di 81 anni. Virginia
Durand ved. Rivoira; alla famiglia in lutto va l’espressione della
cristiana simpatia della comunità tutta.
Domenica 26 novembre
□ INCONTRO
DEI CONCISTORI
E DEI CASSIERI
PINEROLO — Alle ore 15 inizia, presso il tempio di via dei Mille, l'incontro
dei concistori (aperto a tutti i membri
delle chiese del I distretto). L’argomento all'ordine del giorno è « Valutazioni e riflessioni sulle celebrazioni del Ili centenario del Glorioso Rimpatrio », e prevede lavoro in gruppi,
discussione e seduta plenaria conclusiva. j
La conclusione è prevista per le
18.30, mentre alle 17.30 inizierà l'incontro dei cassieri del I distretto.
10
10 valli valdesi
24 novembre 1989
TORRE RELUCE: SCUOLE ELEMENTARI MAURIZIANE
Coppa o
bicchiere ?
Lontani i tempi in cui il buon
padre di famiglia (ma spesso era
la madre) nutriva la conoscenza
biblica familiare leggendo, ad alta voce, nel cucinane col fuoco
acceso, brani della Scrittura, siamo ormai nel tempo della lettura
(quando c’è) biblica individuale,
rnagari saltellando qua e là dall’Antico al Nuovo Testamento. Di
Bibbia ci si nutre anche attraverso il culto radio (e per la vai
Pellice alcuni seguono le meditazioni trasmesse da radio Beckwith) o la riunione di quartiere,
o il culto domenicale, quelle volte in cui ci si decide a mettere
piede in chiesa. La capacità insomma di riflettere e discutere di
temi teologici è tutt’altro che
tramontata, ma proprio per non
renderla astratta ed impalpabile
occorre sempre ancorarla alla sostanza biblica.
Così per esempio se si discute
sulla Santa Cena, come mi è successo in questi giorni, si coglie
un consenso teologico diffuso sul
significato profondo di quel gesto. Si concorda sul valore della
’’memoria", sul fatto che centrale
non è il rito, ma capire oggi cosa
significhi vivere la volontà di Dio.
Ci si divide invece sui fattori
non teologici. E’ meglio il calice
comune o il bicchierino? Ci sono
pastori che in passato hanno fatto una loro battaglia su questi
aspetti secondari.
Alcuni anziani raccontano divertiti come, vuoi per inesperienza o
per l’emozione, quei bicchierini,
durante la Santa Cena, facciano il
giro due o tre volte finché vengono vuotati anche quelli bevuti
solo a metà, oppure appena appoggiati sulle labbra (con un senso del risparmio tutto piemontese).
Ma nelle grandi occasioni. Natale o Pasqua, i bicchierini non
bastano mai e si conclude con il
calice comune. Sentimentalmente
quest’ultimo è il modo preferito di celebrare la Santa Cena.
Al contrario il bicchierino trasmette un senso di individualismo. Dice al proposito una signora: « Siamo insieme per il
culto, perché dividerci al momento della Cena del Signore? ». E
suo figlio aggiunge: « Ciascuno di
noi a tavola ha il proprio bicchiere, eppure siamo una famiglia ». Gli esperti dicono che a
bere dalla coppa unica ( « il vino
ammazza i microbi») non si corre nessun pericolo.
Nell’immediato dopoguerra il
pastore del Serre d’Angrogna, nel
corso di una discussione sugli
aspetti pratici della celebrazione
della Santa Cena, sbottò: « Io
berrei anche dalla coppa in cui
abbia appena bevuto un lebbroso. Se è il Signore che m’invita,
non vedo come possa esserci pericolo di contagio! ».
Le due forme di celebrazione
della Cena, con il calice o il bicchierino, hanno finito così con il
convivere pacificamente. Il calice
comune per le normali occasioni,
il bicchierino per le solennità.
Levi Buffa, 85 anni, vecchio saggio degli Odin, conclude: « Può
darsi che un po’ di rischio ci sia
a bere là dove tutti hanno appoggiato le loro labbra, ma anche
Gesù ha corso dei ruschi nell’invitare alla sua Cena chi l’avrebbe tradito o semplicemente abbandonato nel momento del pericolo. Con il bicchierino in mano
non si corre alcun pericolo, sembra però di essere al caffè, con il
pastore cameriere che serve gli
avventori ».
Giuseppe Platone
Verso la chiusura
Problemi di natura economica alla base della probabile decisione
La scuola elementare che l'Ordine Mauriziano ha gestito per
anni a Torre Pellice potrebbe essere chiusa alla fine deU’anno
scolastico in corso, o comunque
il problema si riproporrà in un
futuro non lontano.
La ventilata soppressione di questo servizio ha allarmato non poco quelle famiglie che mandano i loro figli nella scuola privata e naturalmente la parrocchia cattolica.
I cittadini investiti direttamente dal problema si sono mobilitati, raccogliendo firme e promuovendo incontri pubblici; ad
uno di essi hanno partecipato
i sindaci di Torre Pellice e di
Lusema (ricordiamo infatti che
gli alunni provengono in massima parte, ed in proporzioni quasi uguali, da entrambi i comuni). Alla base delTipotesi di chiusura ci sono essenzialmente ragioni di ordine economico; se
però ci fosse da parte dell'Ordine Mauriziano il tentativo di
coinvolgere in qualche modo
l'amministrazione comunale nella gestione economica, ovvero se
a qualche utente venisse in mente un'ipotesi del genere, crediamo sia opportuno rifarsi a quelle che sono le norme dettate dalla Costituzione stessa su questa
materia, ed è lo stesso sindaco
Armand Hugon a ricordarcelo,
citando appunto l'articolo 33:
« Sia all’assemblea pubblica organizzata al Mauriziano che in
altre sedi, ho sempre ribadito
questa linea: i privati possono
organizzare scuole, che vengono
pienamente riconosciute, a patto che esse non comportino oneri per lo Stato ».
Del resto esiste un rapporto
preciso rispetto al circolo didattico di Torre Pellice, che esercita quella che in termini tecnici
viene definita « vigilanza » sulla
scuola privata riconosciuta; la
stessa cosa avviene per la scuola materna, che per altro non
rientrerebbe nell'ipotesi di chiusura.
Oltre 120 bambini, nella maggioranza dei casi provenienti da
Torre Pellice e Lusema ed in
qualche caso da altri comuni della valle; la chiusura di questo
servizio potrebbe provocare problemi alla scuola pubblica, rispetto allo spazio o alla didattica?
« Dobbiamo tenere conto di un
dato — ci dice il sindaco —; nel
volgere di pochi anni le classi della scuola elementare statale si
sono ridotte da dieci a cinque;
questo semplice dato evidenzia
CONVEGNO A TORINO
I percorsi dell'handicap
Il convegno « I percorsi dell’handicap: al di là degli interventi tecnici di prevenzione e integrazione », tenutosi a Torino
in data 21 ottobre 1989, ha affrontato, per la prima volta in
Italia, il problema della prevenzione delle malattie e delle cause invalidanti, attraverso un confronto tra tecnici e associazioni
degli handicappati, con la partecipazione di politici e amministratori.
Questo perché si ritiene fondamentale l'approccio globale alle problematiche della prevenzione, della diagnosi prenatale e
precoce, della cura e della riabilitazione delle persone handicappate.
Va sottolineato che il concetto di prevenzione delle malattie
e cause invalidanti va allargato
aggiungendo e intersecando all’intervento medico e diagnostico, oggi prevalente se non addirittura unico, quello del sostegno alla famiglia già in fase diagnostica e delTinformazione globale e oggettiva dei problemi inerenti alle minorazioni.
L'assemblea del convegno, nel
ribadire che il rapporto tra scienza medica e persona handicappata non può dimenticare i bisogni e le potenzialità che i cittadini handicappati esprimono,
ritiene:
— che vada garantita, nel proliferare di centri di diagnosi prenatale e precoce, chiarezza, onestà e completezza di informazione su tutto ciò che può essere
fatto per garantire il rispetto del
cittadino handicappato;
— che si debba realizzare la
mappatura territoriale delle risorse di servizi diagnostici e di
sostegno al primo approccio alThandicap. creando con il consenso delle Regioni e del Ministero della sanità una rete informativa permanente, di cui una
prima esperienza può essere realizzata in Piemonte;
— che si debba garantire la
trasparenza informativa dei servizi esistenti;
— che si accolgano gli emendamenti che salvaguardano la
reale praticabilità delle diagnosi
prenatale e precoce agli articoli
riguardanti la prevenzione all'interno della proposta di legge
quadro sullTiandicap, e di procedere in tempi brevi alla sua
approvazione;
— che si istituiscano almeno
in ogni Regione unità di diagnosi prenatale e precoce, alTintemo
delle quali il corretto approccio
alla prevenzione sia garantito
dalla presenza di multiprofessionalità e da un collegamento con
i servizi territoriali e le risorse
di volontariato e dell’associazionismo;
— che si individuino momenti di formazione di base e di
aggiornamento permanente degli
operatori pubblici e privati che
operano nei servizi;
— che si organizzino, attraverso i mass media e le istituzioni
pubbliche e private, campagne
informative mirate a costruire
un nuovo concetto culturale dell’handicap e della prevenzione di
esso.
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la situazione e lascia a tutti trarre delle conseguenze ».
Dunque si potrà andare su una
semplice alternativa: a chi vorrà
usufruire della scuola privata,
potrà da parte dei gestori essere
chiesto un contributo economico,
gli altri non avranno problemi a
fare riferimento ad ima scuola
pubblica che esiste, ha gli spazi
sufficienti e funziona.
« Vorrei aggiungere in conclusione — dice il sindaco — una cosa, al di là del discorso di fondo
che pure non dobbiamo dimenticare rispetto alla scuola privata:
il comune di Torre Pellice non è
nelle condizioni di poter sopportare altri oneri, tenuto conto che
non riusciamo nemmeno a soddisfare le legittime richieste della scuola statale, arrivando addirittura a chiedere ad altri comuni che inviano loro allievi nelle nostre scuole medie una compartecipazione nelle spese di gestione ordinaria dell’istituto stesso ».
Ci saranno altri incontri, si vedranno ancora genitori, amministratori locali e rappresentanti
dell’Ordine Mauriziano, ma le vicende di questi giorni potranno
anche fornire un valido stimolo
a riflettere sul senso di una scuola di questo tipo, frequentata
anche da valdesi, in un paese che
vede, a causa di un forte decremento demografico, sottoutilizzata una scuola elementare statale.
Piervaldo Rostan
Amnesty International
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 26 novembre, a partire dalle
ore 15, presso la sala Albarin in via
Beckwith, avrà luogo un « trattenimento
pomeridiano per Amnesty » con thè,
dolci, bazar, pesca ecc. Si raccoglieranno anche firme per l'abolizione della
pena di morte nel mondo.
Programmi di Radio Beckwith
_____________91,200 FM______________
Tra i programmi settimanali segnaliamo che a partire da martedì 28
novembre alle ore 10 (replica il mercoledì successivo alle ore 17.30) verrà proposto l’ascolto guidato dell'opera « Le nozze di Figaro »; il programma in francese « La poêle percée »
di giovedì 23, ore 10 e venerdì 24, ore
17, avrà come oggetto i 50 anni della
Cimade.
Le trasmissioni di domenica 19 mattina non hanno avuto il normale andamento per motivi tecnici.
_____________Proiezioni_____________
PINEROLO — Il CAI ed il WWF organizzano per venerdì 24, ore 21,
una serata presso l’auditorìum di corso Piave con proiezione di filmati naturalistici; ingresso libero.
_____________Cinema_________________
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma: »Arikander », venerdì 24, ore 21.15: « Batman », sabato 25 e domenica 26 novembre.
Incontri
PINEROLO — Dacia Valent, la poliziotta di origine somala che, in servizio a Palermo, fu insultata perché
nera e che attualmente è parlamentare europea, eletta come indipendente nelle liste del PCI, parlerà alle
ore 15 di sabato 25 novembre presso
il centro sociale del quartiere di San
Lazzaro sul tema: « Per un'Europa multietnica e multirazziale ».
Sarà presente all’Incontro anche
l'europarlamentare Rinaldo Bontempi.
Lavori stradali
TORRE PELLICE — Armun
ciati per il mese di ottobre, sono iniziati in questi giorni i
lavori sulla provinciale tendenti
a riabbassare il livello stradale,
che in molti punti ha superato
ormai quello dei marciapiedi. Per
alcune settimane dunque il traffico avrà luogo a senso unico
alternato nel tratto compreso
fra via Matteotti e viale Gilly.
Bracconieri
denunciati
Gli agenti del servizio di vigilanza dell’Assessorato caccia
provinciale hanno sorpreso lo
scorso sabato i sigg. L. B. V.
e L. L., residenti rispettivamente a Val Della Torre e a
Giaveno, mentre esercitavano la
caccia di frodo all’interno del
parco regionale « Orsiera-Rccciavrè ».
Ai due bracconieri gli agenti
hanno sequestrato una pistola
da tiro XP 100 e un fucile combinato, nonché numerose munizioni. Secondo le norme del nuovo Codice di procedura penale
non è stato possibile procedere
all’immediato arresto dei sigg.
L. B. V. e L. L., ma ambedue sono
stati denunciati alla Procura
della Repubblica, a piede libero,
per porto abusivo di arma e
tentato furto ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato.
USSL e territorio
Le USSL vivono, e non da oggi,
momenti difficili. Recentemente,
al termine di una visita nelle
USSL del pinerclese, il PCI denunciava « il quadro preoccupante dell’USSL 44 sia per quanto
riguarda le funzionalità delle
strutture (sale operatorie, cucine
dell’ospedale, sedi dei distretti)
sia in merito agli aspetti gestionali ». Ancora il PCI denunciava,
rispetto alTUSSL 44, lo scollamento con i comuni e con l’utenza ed un comportamento non
lineare del comitato di gestione; per quanto riguardava
ruSSL 43, veniva sottolineata
l’esigenza di andare ad un rinnovo tempestivo della convenzione fra ospedale valdese e Regione ».
Da tempo intanto si parla delle cosiddette misure di riordino
delle USL, un riordino che nel
nome della solita razionalizzazione dei servizi, finirebbe per
gravare ancora una volta sui
cittadini delle zone più marginali. Infatti il disegno di legge
sulla materia attualmente in discussione a livello nazionale
concentra in Unità Sanitarie, riferite ad ambiti territoriali non
omogenei in base ad im semplicistico criterio numerico, la gestione di detti servizi, affidandola per ciascuna Unità ad un amministratore unico probabilmente estraneo al territorio di
quell’unità ed infine a danno dei
territori montani; rimette in discussione il principio della coincidenza territoriale, e quindi
programmatica oltre che gestionale.
Contro tale ulteriore attacco
alle autonomie locali ed in particolare all’autogoverno delle zone montane si è espressa, richiamandosi alle leggi di riforma citate ed a precedenti atti
deliberativi del Consiglio, la
Giunta della Comunità Montana
Val Pellice chiedendo al Parlamento di emendare il testo del
disegno di legge per quanto riguarda i territori montani e
chiedendo all’UNCEM (unione
comuni ed enti montani) di
promuovere remissione di norme a tutela di detti territori
contro l’imperversante depauperamento degli stessi nel settore
dei servizi.
11
24 novembre 1989
valli valdesi 11
A PROPOSITO DI UN LIBRO
Caro don Morero...
Il direttore dell’Eco del Chisone, settimanale della diocesi di
Pinerolo, ha recensito nell'ultimo numero una recente pubblicazione
del prof Gabriel Audisio sui valdesi: Les Vaudois, naissance, vie et
mcirt d’une dissidence. Il volume presenta la vicenda valdese medievale nel quadro dei movimenti religiosi medievali in modo estremamente aggiornato ed accurato. La recensione non è meno accurata ed ampia ma il taglio dato ci è sembrato suscettibile di discussione; di qui la lettera al direttore che pubblichiamo per l’interesse che il problema ha per noi e perché non tutti i nostri lettori hanno
fra le mani l’Eco del Chisone.
Ho letto come tutti i suoi lettori con grande interesse l’articolo, davvero ampio e meditato,
che ha dedicato al libro di Audisio. Non posso che ringraziarla per l’ampia informazione che
ha voluto così dare di un testo di
grande importanza nella storiografìa valdese.
Mi permetta però, in qualità
di presidente della Società di studi valdesi, di fare alcune osservazioni al suo testo. La tesi sostenuta dall’amico Audisio è lineare: i valdesi, prima della Riforma, erano un movimento religioso e spirituale interno al
cattolicesimo, con la Riforma è
nata la chiesa riformata che è
tutt’altra cosa; i valdesi, qùelli
di prima, sono diventati riformati o protestanti e di conseguenza non si possono più chiamare valdesi. Questa è la tesi
che lei illustra ed accetta, è una
verità storica che nessuno mette in discussione da almeno 50
anni. Ed avrebbe potute dire
anche di più, i resoconti delie
guerre del 1561 parlano solo dei
« sudditi del duca di Savoia » e
il Gilles, intorno al 1640, scrive
la sua storia delle chiese riformate del Piemonte « un tempo
dette valdesi ».
Il problema del perché e del
come i valdesi a Chanforan aderirono ai movimento delia Riforma è stato discusso e studiato
in questi anni da tutti, valdesi
e non valdesi, e nessuno ha mai
nascosto il profondo rivolgimento che rappresentò. La monumentale storia di Mclnàr-Gonnet sui valdesi nel Medio Evo
ne fa fede. ,
Altrettanto chiara a tutti è la
differenza fra i barba ed i pastori, i gruppetti valdesi clandestini
e le chiese organizzate, le prati
che religiose di allora e quelle
protestanti! Chi lo ha negato?
Non lo scopre Audisio.
Ed ha ragione quando afferma
che i barba a Chanforan hanno
fatto morire il loro movimento
perché era ormai inutile, anacronistico, parere di storico, inconfutabile.
Dove sta allora la questione?
Non nei dati, che tutti conosciamo, ma nell’uso delle parole e
nello spirito con cui ha scritto il
suo articolo. E purtroppo non si
può discutere di « parole » e di
«spirito» (di «animus») ma
solo di fatti, e lei lo sa molto
bene e per questo si nasconde
dietro i fatti. Ma egualmente
cercherò di esprimerle il mio
sentimento.
Le parole hanno un senso e la
titolazione della sua pagina dice
non ciò che sta scritto sotto, nella pagina ma, come tutti i titoli
di giornale, dice altro. Ognuno
lo leggerà a modo suo ma è chiaro che « I valdesi non sono più
valdesi » si traduce, a livello percettivo, in un messaggio: « I vaidesi non sanno più chi sono »,
oppure « I valdesi si fanno passare per ciò che non sono ».
IN LIBRERIA
Conte e cansson
Una raccolta del maestro Agazzani ci riporta ad aspetti di vita che
paiono scomparire - Quando il canto scandiva i gesti quotidiani
In questa nostra società affannata rischiamo di perdere la nostra identità, il nostro patrimonio di valori, di tradizioni, di
esperienze, di momenti di vita
comune, che un tempo venivano
custoditi gelosamente e tramandati di generazione in generazione dalla famiglia, dalla comunità religiosa, dalla ristretta società di borgata e anche dalla scuola.
Mentre sto riflettendo su tutto
questo, il mio sguardo corre alla libreria, dal ripiano prendo
un libro: « Conte e cansson Documenti e memorie della cultura popolare de) vecchio Piemonte » di Angelo Agazzani.
Il nome deH’autore non è nuovo nelle nostre valli e nemmeno il suo volto. Il direttore della Camerata corale La Grangia
ha dato alle stampe parte del
materiale raccolto, girando da
più di trent'anni per borgate e
paesi alla ricerca di canzoni.
C’era una volta... « Un-a cavagna pien-a ». Una cesta piena di
che cosa?... Di ricordi, di memorie, di usanze, di vita di un tempo passato. Una vita che scorre
ad un ritmo ben diverso da quello di oggi; una vita fatta di lavoro, di sudori, di fatiche inenarrabili, ma dove l’uomo è ancora attore in prima persona,
fattore e costruttore, inventore
e regista.
Ed è il mondo contadino che
emerge di prepotenza da questa
raccolta.
Quando si pensa al mondo
TORRE PELLICE I
contadino, vengono in mente ma
ni callose, pelle bruciata dal sole, sudore che imperla la fronte; ma non riesce così facile immaginare l’uomo contadino che
diventa poeta, cantautore della
sua terra. Attraverso il canto egli
narra la sua esistenza, i mille
problemi che lo assillano, le sue
gioie, i suoi dolori. Ed ecco che
il canto diventa un momento
fondamentale della vita sociale
della borgata, diventa un momento didattico, istruttivo. Attraverso la canzone gli anziani
danno consigli ai giovani, li indirizzano nelle loro scelte, indicano loro la via da seguire per
poter convivere con gli aitri
membri della comunità, senza urtarli.
La stalla è il primo teatro di
vita, dove va in scena la commedia umana; è l’ambiente dove fanno il loro ingresso in società ragazze e giovanotti.
Intanto si dipana il filo della
vita: l’arcolaio gira, gira; sul rocchetto si va ammucchiando la
lana. Le memorie che Angelo
Agazzani ha scovato sono tante,
i suoi rocchetti sono ben pieni
ed egli sta tessendo una nuova
trama, un nuovo tessuto, affinché affiori alla luce tutta la ricchezza nascosta in questo mondo contadino, così umile e semplice aH’apparenza e così ricco
in profondità.
Per ogni canto ci sono il testo e la musica con tutte le varianti, firmate dai vari 'informatori. Inoltre il volume è corre
dato da fotografie molto belle,
scattate daH’autore stesso, che
ha cercato di rendere con Linimagine il contenuto del canto.
Indubbiamente il canto, le canzoni sono vivi solo quando vengono cantati, insegnati, trasmessi ad altri. Ed è quello che il
maestro Agazzani fa da molti
anni riproponendoli alla gente
con il suo coro. Ma questi nonni, questi informatori hanno ancora modo di trasmettere la loro memoria canora ai nipoti
E i nipoti hanno voglia di imparare questi canti, che spres.so
rappresentano un mondo passato, per non dire prerduto?
Chi può, oggi, ritrasmettere
questa cultura? I nuovi programmi scolastici, entrati in funzione
di fatto due anni fa, raccomandano di rispettare l’uso del
dialetto « in funzione dell’identità culturale del proprio ambiente ».
Il dialetto o la lingua non ufficiale sono spesso un anello mancante nella catena di esperienze
di vita del giovane d’oggi; come lo sono tradizioni popolari,
canzoni, ecc.
Chi si sente di assumersi il
compito di riempire questo vuoto? Forse la scuola!
Paola Revel Ribet
A. AGAZZANI, Conte e cansson.
Documenti e memorie della cultura
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Questa lettura del suo articolo
non è faziosa, è confermata dall’ouverture, la sola che la maggioranza dei lettori vedrà (perché nessun o quasi nessun abbonato non valdese leggerà il seguito ) ; il libro di Audisio non è
pubblicato in italiano, né quelli
di Biller, Selge, Schneider perché
i valdesi (non più valdesi) di oggi hanno paura della verità: fanno sparire i testi e creano la barriera del silenzio perché chissà
cosa c’è in quei libri che li svergognerebbero. E chi conosce Selge e Pachowsky? Nessuno. Ma si
guarda bene dal dire che sono
membri della nostra Società di
studi, sono venuti a discutere ai
nostri Convegni e che i libri di
Grado Merlo li ha in parte editi
la Claudiana. Ed anche lei, caro
direttore, è presente ai Convegni
di Torre Pellice e ricorda benissimo che il problema della sua
pagina è stato discusso armi fa
con passione, presente Gabriel
Audisio.
Perché non dirlo? Porse veniva a. mancare l’effetto « sorpresa »?
E naturalmente ripetiamo vecchie tesi, non ci accorgiamo che
la storia va avanti, gonfiamo
presunte genealogie, continuità
spirituali, passiamo sotto silenzio le diversità e via discorrendo,
insomma bariamo al gioco.
Altro che polemico! Dovrei dire che ci avviciniamo alla malafede.
O forse il problema è un altro :
è la chiesa protestante di oggi
che abita le valli (per carità, non
diciamole più «valdesi», dato che
son morti tutti), le valli alpine
della sua diocesi pinerolese (se le
va bene), è quella chiesa che non
va, che non funziona come dovrebbe, o come lei vorrebbe?
Penso di sì.
E perché non funziona? Perché
continua ad essere protestante
mentre dovrebbe essere ecumenica da un lato, cioè aperta, e
« valdese » dall’altro, cioè ricca
dei valori del valdismo antico. E’
quello che la sua diocesi continua a sognare: se fossimo, noi
valdesi di oggi, veramente valdesi! Se sapessimo tornare al tempo dei barba, con la confessione
ed i voti, la Bibbia e la penitenza ma senza Lutero e Calvino potremmo ritrovare il nostro posto
nella Chiesa (con la C maiuscola,
l’unica è chiaro) ed arricchirla
dei nostri doni; una sorta di comunità di base evangelica da poter integrare nella dialettica interna della cristianità.
Non vedo altra spiegazione alla
faticosa ed insopportabile altalena di discorsi che il suo giornale
fa su questi poveri valdesi del
Pinerolese: interessanti a volte,
arretrati sempre, svegli a momenti, ottusi nelle questioni ^erie, che si credono chissà chi e
sono spiritualmente morti, che
vivono nel passato pur essendo
ricchi di storia ; bisognerebbe
una buona volta dire che cosa ci
si aspetta da loro. Ma la pregherei di non farlo usando la prassi
che seguono spesso i giornali, efficace ma poco simpatica ed un
tantino scorretta, di postillare le
lettere dei lettori!
Giorgio Tourn
¡ilo sono la resurrezione e la
vita. Chi crede in me, anche
se muore, vivrà »
(Giov. 11: 25)
A funerali avvenuti, la moglie con
le figlie Paola e Carlotta, le sorelle
Lucia, con i figli Giovanni e Silvia
Bandini, e Anna, con il figlio Daniele
Di Gennaro, annunciano con dolore la
morte di
Teodoro Celli
avvenuta a Roma il 9.11.1989.
« Eterno, illumina gli occhi miei »
Il Signore 'ha chiamato a sé
Irene Monti in Bruno
Ne danno il triste annuncio il marito Dante, la suocera, cognati e nipoti
tutti. Il funerale si è svolto in Monza
rii novembre 1989.
La redazione e l’amministrazione
del giornale partecipano al dolore della
famiglia Bruno, ed in particolare di
Francesco per la perdita della cognata.
Torino, 15 novembre 1989.
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TRON - Telef. 58766.
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Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
fono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
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DOMENICA 26 NOVEMBRE 1989
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Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
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Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
CRI Torre Pollice: Telefono 91.996.
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12 fatti e problemi
24 novembre 1989
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LICEO SPERIMENTALE VALDESE DI TORRE PELLICE
CONVEGNO
Le lingue straniere
negli anni novanta:
prospettive didattiche e culturali
Torre Pellice, 25 novembre 1989
Cinema Trento
PROGRAMMA
ore 9 - Apertura dei lavori.
- Presiede il dott. Roberto Eynard,
direttore didattico della Scuola elementare « G. Rodati » di Torre Pellice.
- Saluti: dott. Marco Armand Hugon,
sindaco di Torre Pellice; ardi. Piercarlo Congo, presidente della Comunità Montana.
ore 9,30 - Le lingue straniere in una realtà
multinazionale, prof.ssa Giuliana Bertoni Del Guercio - CEDE Frascati,
segretaria nazionale LEND.
ore 10
- / linguaggi comunicativi nella scuola di base, dott. Franco Calvetti Direzione didattica Scuola elementare « C. Collodi » di Torino.
ore 10,30 - L'insegnamento della lingua straniera nella scuola secondaria di 1« grado alle soglie del 1993, prof.ssa Emma Carro - Sovrintendenza scolastica Piemonte e Val d’Aosta.
ore 11 - Coffee break.
ore 11,15 - Innovazione e sperimentazione nell'area linguistica, prof.ssa Franca Bazzuto - IRRSAE Piemonte.
ore 11,45 - Lo studio delle lingue straniere all'università: aspettative dei docenti
e aspettative degli studenti, prof.ssa
Maria Teresa Prat Zagrebelsky - Università di Torino.
ore 14,30 - Ripresa dei lavori.
- Presiede il prof. Roberto Giacone,
preside del Liceo sperimentale valdese di Torre Pellice.
ore 14,40 - Un'esperienza di Baccalaureato intemazionale al Liceo linguistico internazionale di Bologna, prof.ssa Gea
Anzalone, preside, e prof.ssa Maria
Giovanna Buracchini.
ore 15 - Le lingue straniere nelle valli del
pinerolese: storia e cultura, dott.
Giorgio Toum, direttore del Centro
culturale valdese di Torre Pellice.
ore 15,20 - L'insegnamento del francese nella
Scuola materna ed elementare statale di Luserna S. Giovanni. Illustrazione di un'esperienza (video), a cura della Direzione didattica e degli
insegnanti coordinatori.
ore 15,40 - Un'esperienza di insegnamento di due
lingue straniere nella Scuola media
statale di Torre Pellice, a cura degli
insegnanti coordinatori.
ore 16 - Sperimentazione linguistica al Liceo
sperimentale valdese di Torre Pellice, a cura dei docenti di lingue straniere.
ore 16,20 - Dibattito.
ore 17 - Conclusione dei lavori.
Autorizzazione ministeriale n. 2365 del 16.10.1989
per l’esonero dall’insegnamento dei docenti elementari e di lingua straniera nelle scuole di 1° e 2“ grado
di Torino e Provincia.
Si prega di dare l’adesione al Convegno telefonando
al Liceo valdese: 0121/91.260 (orario di segreteria;
8.30-12.30).
N.B. A rausa dell’elevato numero di iscrizioni la sede del convegno è spostata da c.so Lombardini 2 al cinema Trento.
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Prigionieri
del mese
I casi dei prigionieri per motivi d’opinione presentati nel
numero 9 del Notiziario di A. I.,
nella pagina dedicata al mese
di settembre, si sono verificati
in tre paesi molto lontani l’uno
dall’altro: Cina, Colombia, Turchia. Questo fatto ci induce alla
riflessione: dobbiamo renderci
conto che in ogni parte del
mondo, ad est come ad ovest,
a sud come a nord, ci sono prigionieri, vittime della repressione di regimi totalitari, che soffrono in carcere o sotto tortura per avere liberamente professato la loro fede politica o
religiosa o anche solo per la
loro diversa origine etnica o diverso colore della pelle, prigionieri però che non hanno usato o promosso la violenza. I
nostri appelli potranno favorire
il rilascio di questi prigionieri o
migliorare le loro condizioni di
detenzione.
XIAO BIN
REPUBB. POPOLARE CINESE
42 anni, operaio di Dalian, nella Cina nord orientale. E’ stato
arrestato l’il giugno scorso in
seguito ad un’intervista da lui
rilasciata ad una troupe della
televisione statunitense ABC inviata a Pechino. Durante l’intervista, egli aveva efiermato che
a causa della repressione della
polizia e dell’esercito il 4 giugno c’erano state 20.000 vittime, alcune delle quali stritolate
dai mezzi cingolati. Due telespettatrici, dietro una forte ricompensa, lo avevano denunciato.
Durante il processo è stato ritenuto colpevole, ai sensi dell’art.
102 del Codice penale, di fomentare disordini e « diffamare le
virtuose azioni delle truppe incaricate di far rispettare la legge marziale ».
Alla fine di luglio, alcune fonti di Pechino hanno affermato
che durante la repressione erano state arrestate migliaia di
persone, per lo più operai e disoccupati, e che nelle 'prigioni
i detenuti venivano sottoposti a
maltrattamenti e sevizie. Anche
gli intellettuali venivano presi
di mira: giornalisti, artisti, insegnanti erano imprigionati o
scomparivano.
Per chiedere il rilascio di
Xiao Bin, si prega di inviare lettere cortesi, in inglese o italiano a: ,
Prime Minister
Guowuyuan
Beijingshi
Repubblica Popolare Cinese.
ISIDRO CABALLERO DELGADO
COLOMBIA
33 anni, insegnante. E' stato
arrestato con Maria del Car
men Santana, una giovane di
20 anni, il 7 febbraio scorso a
Guaduas, nella Colombia settentrionale. Isidro Delgado è
membro del Sindacato de educadores de Santander. Prima
del suo arresto egli era stato
più volte minacciato di morte.
Negli ultimi anni la categoria
degli insegnanti è sempre più
frequentemente bersaglio di violazioni dei diritti umani: esecuzioni extragiudiziali e sparizioni. Almeno 600 insegnanti hanno avuto minacce di morte, 54
di loro sono stati uccisi o sono scomparsi.
Numerosi cittadini hanno testimoniato dell’arresto di Isidro Delgado e Maria del Carmen da parte di una pattuglia
dell’esercito, ma le autorità militari hanno sem’pre negato che
i due siano detenuti. La loro
sorte rimane sconosciuta.
Si prega di scrivere con cortesia, in spagnolo o italiano,
per chiedere severe indagini sulla sparizione dei due cittadini
colombiani a:
Presidente le la República
Virgilio Barco
Palacio de Marinno
Bogotá - Colombia.
SEVINg TEKELI-OZTAS
TURCHIA
41 anni. Nel 1985 è stata processata con altri 288 imputati
e condannata da un tribunale di
Ankara per adesione al Partito
comunista turco (TKP), messo
al bando dalla legge. Sevinc è
rimasta in stato di libertà fino
alla conferma della condanna
da parte del tribunale militare
nell’estate dell’88. Ora è nella
prigione di Yozgat, dove è Tunica prigioniera politica donna;
sta scontando una pena di 4 anni, 4 mesi e 15 giorni. Il Partito
comunista turco è stato messo
al bando poco dopo la sua fondazione, negli anni ’20. Al principio delT81 centinaia di membri del Partito comunista furono tratti in arresto e alcuni torturati, talvolta fino alla morte.
Recentemente Sevinq ha fatto
sapere dalla prigione: « Continuerò a sedere sulla mia brandina e a scrivere lettere sulle
mie ginocchia per un anno. Grazie a tutti voi che pensate a
questa vecchia signora imprigionata... ».
Rivolgete cortesi appelli per il
suo rilascio, in inglese o italiano, a:
President Turgut Ozal
Basbakanlik
Ankara - ’Turchia.
A cura del Gruppo Amnesty
Ittalia 90 Val PeUice
Via Beckwith 8 - Torre Pellice
TRA VIETNAMITI E KHMER
Appello per la Cambogia
Viene presentata in questi giorni alTONU una risoluzione sulla
Cambogia, per cercare una soluzione pacifica ai problemi di
quel paese. « La partenza delle
truppe vietnamite d’occupazione
— scrive un comunicato di Pax
Christi — che avrebbe potuto
inaugurare un’era di speranza,
ha aperto invece un periodo di
lotte intestine tra le truppe del
governo in esilio (ufficialmente
capeggiato dal principe Sihanouk, ma gestito in pratica dai
famigerati Khmer rossi di Poi
Pot, responsabili dell’eccidio che
dal 1975 al 1979 assassinò un
quarto della popolazione all’emblema di una radicale rivoluzione marxista) e le truppe del governo attuale, imposto dai viet
namiti (che allora, invadendo la
Cambogia, riuscirono a mettere
fine a quel genocidio), ma che
ha saputo conquistarsi il riconoscimento della popolazione,
tanto da poter costituire una milizia popolare, che sta cercando
di arginare il ritorno dei Khmer
rossi ».
La presenza di questi ultimi ha
bloccato finora ogni tentativo di
pacificazione, anche per la poca
sensibilità manifestata a livello
internazionale.
Il movimento cattolico per la
pace, con altri organismi come
« Mani tese », chiede al governo italiano una presa di posizione che sblocchi la situazione verso una pace effettiva.