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aUVìo JX — N. 2.
II SEKIE
ol (ilC.VNAJU
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verità nella carità. — Eres. VI. 16.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ' LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione].... £. 3 00 • In Torino all’Ufflzio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 ; Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 50 : Nelle Provincie per mezzo di franco-bolli po
Per la Oermania id................... „ ó 50 ' stali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono a.^socia*ioni per meno di un anno. ' rettore della Bcoka Notblla.
All'estero, a'seguenti indirÌ2zi : Parigi, dalla libreria G. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMAEIO
Attualità; di un recente scritto di Roberto D’Azeglio—Polem-ica: il commercio delle messe a Roma —
Varietà: Giovanni Brown—Notizie (Riverse — Annunzj.
ATTEAIilTA
DI TTN RECENTE SCRITTO DI ROBERTO D AZEGLIO
Col titolo di; Le pastoì-ali politiche dell’Episcopato, conteneva
l’ultima puntata della Rivista contemporanea, fra altri scritti di
gran pregio, un’articolo dettato con tanta elevatezza di mente, dottrina, pietà e così caldo amor di patria, da queU’illustre patrizio
torinese che è il marchese Roberto d’Azeglio, che, a rischio di proccacciare un’altra volta al nobile scrittore, coi nostri eucomii, le contumelie dell’Armonia, vogliamo dire francamente l’ammirazione che
quella sua scrittura ha destato in noi, e, dando della medesima un
sunto ai nostri lettori, renderli partecipi, alla loro volta, della gioja
che abbiam provata, che cristiani della tempra del sig. d’Azeglio,
i quali hanno tanto fare col Cristianesimo rappresentato dalr^rwowia e consom, x^^ito il giorno colla notte, esistano, forse piii
numerosi che noii , in seno al Cattolicismo piemontese e
nel ceto che il sig.VffiXzeglio rappresenta ed illustra.
L’idea che “ con^Sfc^di più o meno elaborati dalla sacra elo-
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quenza,” come dice il sig. marchese, egualmente trionfa in tutte le
pastorali ch’egli prende a confutare, è questa: essere cioè la civile
pote.stà del Sommo Pontefice necessaria alla indipendenza della
Chiesa; ovvero, doversi attribuire al Capo della Chiesa una sovranità temporale, onde più libero e più sicuro, egli possa esercitare
la sua autorità spirituale in tutto l’universo. — Fa maraviglia al
sig. d’Azeglio, e certo non a torto, come i gravi personaggi che
queste parole dettarono, siansi potuto risolvere a fare una tale
dichiarazione, “ al momento medesimo ove il Sommo Pontefice,
“ dopo essere, durante un’intero decennio, sottostato alla notoria
“ preponderanza dell’ Austria......era poi venuto in balìa della
“ Francia, che, essendo padrona della sua capitale e del più im“ portante dei suoi porti, lo sottoponeva alla propria politica, e
“ sostituiva airinfluenza di Francesco Giuseppe 1 quella di JSTa“ poleone III. ”
Ma poiché, ad onta del fatto sovraccenato e di molti altri che
tutti dimostrano di quella proposizione l’assoluta insussistenza, viene
la medesima con ostinazione propugnata dai vescovi nelle loro pastorali, è giuoco forza al sig. marchese combatterla a tutta possa; ed egli,
che lo ha fatto altra volta sul terreno dell’Evangelo, lo fa presentemente su quello della storia, mostrando, con molti e cospicui esempli, come il dominio civdle dei Papi, lungi dall’aver assicurato la
loro spirituale indipendenza, sia stata all’incontro di costante impedimento alla loro libertà eoclesiastica, ed abbia spesso pregiudicato
agl’interessi della religione e della giustizia:
La necessità, egli dice, di subordinare ai riguardi della politica le sentenze della
giustizia, nacque col dominio temporale dei Papi all’epoca ove Pipino e Carlomagno
ne gettarono i primi fondamenti. Si pub infatti notare quanto, sin da quel tempo,
fosse il divario della condotta che la Sede apostolica, preoccupata dell’intento di
tutelare e d’estendere la sua potenza o i suoi privilegj, teneva verso due principi.
neU’istesso modo e nell’istesso grado colpevoli, ma colpevoli ad una diversa epoca
della sua supremazia clericale.
Ed il dotto scrittore, dopo aver ricordata la condotta del tutto
opposta tenuta dai Papi verso Carlomagno — a cui concedevano
un duplice divorzio seguito da un terzo matrimonio — e verso un
ré di Lorena, che per essersi separato dalla sua moglie incestuosa,
veniva inesorabilmente scomunicato e costretto di riprendere in presenza di tutta la sua Corte e dello stesso Legato pontifizio la moglie
ripudiata perchè colpevole, conclude in questi termini:
Così le circostanze politiclie del Papato faoeano sì, che là ove doppia era la colpa,
e da libidine sxiggerita. ella trascorresse impunita, perchè commesea da potente
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imperatore la cui mano arricchiva e difendeva i pontefici; mentre incontrava severa pena il divorzio, giustificato dairincesto. perche avveniva in un tempo ove
airinteresse temporale del giudice più non occoreva l’indebolito patrocinio deH’accusato.
Avendo i vescovi asserito, e segnatamente quello di Orleans,
che ogni qualvolta in Italia era avvenuto un movimento veramente
nazionale, sempre ne erano stati antesignani i sommi pontefici,
mostra il sig. d’Azeglio come, a mantenere questo asserto, convenga
cancellare, dal Villani sino al Botta, le pagine tutte dei nostri storici più accreditati ; dà di certi fatti posti innanzi dai difensori del
Papato — e che superficialmente contemplati parrebbero a questo
propizii — la vera spiegazione, e quindi soggiunge ;
Sarebbe certamente ingiusto e contrario alla storia, il negare che, in antichi tempi,
non avcsseio i pontefici data la mano ai popoli... Ma cotale attitudine fra Roma,
i popoli ed i re solo duia\'a in tutto quel tempo in cui la debolezza di questi, progredita coll’affrancamento dei comuni, mettea dalla banda dei popoli una forza di
cui i papi sapeano valersi, per crescere i beni o i privilegj del principato temporale,
ovvero quelli della propria famiglia. E quando la politica Jledicea veniva da Cosimo e Lorenzo ridotta a massima di governo presso le altre Corti, e che i perfidi
principj del segretario fiorentino ovunque divenivano gli assiomi famigliari delle
monarchie, allora si fermava in Europa, su saldi fondamenti, la lega dei re, corroborata dall’esemplare despotismo di Filippo II. Allora i Papi abbandonavano la causa
dei popoli e riconoscevano anch’essi la necessità di condursi a quella valida e compatta unione di forze, d'astuzie e di pompe che faceano tremendi i sovrani, pa\ñdi ed
obbedienti i sudditi. E più che mai la riconoscevano il giorno ove, levatosi sul
mondo la formidabile figixra del gigante di Wittembcrga, ed atterriti essi dalle idee
di libero esame che il protestantismo gittò qual face splendida è divampante fra le
intelligenze, cercarono nel gagliardo oidinamonto che il Concilio tridentino formava nel dominio ecclesiastico e nel legame che un’arcana e vicendevole politica
dava al principato temporale, di far fronte alla fiera tempesta che minacciava la
nave di S. Pietro. Da quel tempo in poi, il progresso e la libertà dei popoli ebbero,
come avviene in oggi, il precipuo loro aw'ersario nella corte di Roma, che con
sottile clericale previdenza riconobbe, nella maturità dell'umana ragione, e nel
volgarizzamento dell’istruzione popolare, accertata la rovina di quelle caduche ed
imbiancate muricce con cui ella deformava l’edifizlo della Chiesa fondata da Gesù
Cristo.
L’argomento con cui il vescovo d’ Orleans cerca di pareggiare
ciò che accade oggi nelle Eomagne con quello che avverrebbe, qualora Alsazia e Lorena intendessero separarsi dalla Francia, per
aggregarsi alla Confederazione Germanica, ed altre accuse ed illazioni dello stesso taglio, sono caratterizzati, dal sig. d’Azeglio, di
“ argomenti che in un’ assemblea parlamentare sarebbero accolti
“ con ilarità e che... soltanto dimostrano come gl’impeti del fana“ tismo politico non si arrestino ai confini dell’assurdo, in chi con“ fida nell’eventuale effetto di sua parola. ”
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Il vescovo di Orleaas si era fatto lecito di condannare “ in nome
dell’onore e del buon senso ” l’augiisto presidio accordato dal re
Vittorio Emanuele ai popoli accorrenti sotto al vessillo dell’italica
indipendenza. Il sig. d’Azeglio, in nome egli pure dell’onore e del
buon senso, protesta contro un tal linguaggio “ indegno ” son le sue
espressioni, “ non solo di un vescovo, ma d’un cristiano ”, e dice di
quel grande atto del Re sabaudo — “ che una voce sacerdotale osò
definire, una congiura di passioni basse ed inintelligenti contro i
“ principii riconosciuti e promulgati nel mondo cristiano, da tutti
“ i veri e grandi politici, ” — che “ sarà eternamente applaudito,
“ in tutto l’universo, da altri cristiani che quelli de’ gabinetti e dei
“ congressi, da quelli che di una religione di fratellanza non
“ usano fare stromento d’arbitrio ed ima leva della piiì dura ti“ rannide. ”
La nuova attitudine presa dall’Episcopato nelle sue ultime proteste richiamando al pensiero le contese tra il pastorale e lo scettro,
che sì gran parte tennero nelle faccende del medio evo, e potendo
considerarsi come destinate a scandagliare la pubblica opinione intorno alla probabilità di rinnovarle a prò della clericale potestà, il
sig. d’Azeglio stima bene di avvertire che quei tempi sono passati,
e passati per sempre, prova ne sia la “ pubblica indiiferenza, se non
la pubblica riprovazione ” colla quale tali conati, affatto contrarii
così allo spirito che alla lettera dell’Evangelo, vennero accolti.
Il linguaggio così aspro, così risentito dei vescovi imprecando
come ad empietà detestabili alle riforme legislative della media
Italia, e quello tutto soavità col quale si conducono ; se non ad encomiare, almeno a giustificare le stragi di Perugia; haboi'ret a sanguine Ecclesia Dei di cui si valse il Papa per scusarsi, nel 1848,
dal non far guerra all’Austria, mentre non lo impedì, 10 anni dopo,
di versare il sangue dei proprii sudditi, strappano dalle viscere, si
può dire, deU’illustre scrittore, queste parole impronte di dolorosa
ironìa:
Benché questo principio (che il Papa abbraccia tutte le razze con 'egnale'amor
paterno) fosse stato violato da moltissimi Papi, pure era un principio che, adottato
di buona fede, meritava rispetto. Ma quando la stessa .Corte, collo stesso aborrimento del sangue, versava quello dei proprii sudditi, e dopo aver negato di far
guerra all’Austria, la faceva a Perugia, cosa divenne allora la persuasione dei
fedeli? Essi dovettero dire che fra tutte le razze, tutti i popoli e tutte le nazioni, i
soli eccettuati deU’amor paterno di Roma erano i sxioi 'popoli ! La ragione umana
è spesso incomoda per _cM governa ; il perchè bisogna ormai o conformarvisi, o
smettere.
Il sig. d’Azeglio — citato per disteso una lettera che, nel 1057,
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scriveva S. Pier Dainiauo cardinale di Santa-Clùesa e vescovo d’Ostia al Papa Nicolò ii, onde rimproverarlo, a nome del Vangelo,
perchè le sue soldatesche trattavano Ancona come quelle di Pio ix
trattarono in quest’anno Perugia — ed opposto a questo dignitoso cd
evangelico linguaggio il procedere deH’Antonelli, cardinale egli pure,
che non solo ordinò le stragi perugine, ma pubblicamente ne encomiò, e premiò perfino gli esecutori, così prosegue;
Se si ai-verta al contrasto che dee derivare negli animi dal vedere che un’altro
cardinale della romana Corte, nella cui fronte sta indelibile lo stigma del sangue,
osi imprecare oggi a quelli che colle parole del Vangelo e dei santi dicono contrarie
alla religione ed obbrobriose alla Chiesa le stragi perugine da esso ordinate, e che ù
peggio, solennemente ricompensate, ne emerge a necessaria conseguenza' dovere il
loro ordinatore essere altamente censurato da chi, credendo nell’Evangelo e nei
santi, stimi eleggere la parte migliore stando con chi perdona, non con chi amazza, e
anteponga di essere annoverato fra gli empii col cardinale che condanni), anziché
fra gli eletti con chi approvò il macello... Se chi predica l'Evangelo non ne pratica
le massime ; e se dopo di aver raccomandato il perdono agli altri, egli se ne mostra
più degli altri incapace ; se lontano dal riparare gli scandali dati alla cristianità, vi
dura con peitinace risoluzione, a che valgono allora le lagnanze che cotidiànamente scendono dai pergami contro l'incredulità del secolo? A che valgono le
allocuzioni rinnovate del medio evo, ove i passi della Bibbia cuoprono col pallio
della religione le pertìdie della politica, e tacciano d’incredulo chi soltanto non è
credulo ma credente? Il vero incredulo è chi contraddico col fatto ciò che predica
colla parola; chi di sua mano accende sulla terra il fuoco che Gesù Cristo nega dal
cielo; chi al suo regno spirituale sostituisce un regno temporale.
Pili oltre, il sig. d’Azeglio, — dopo aver supposto il popolo domandando a se stesso “ se l’insegna sotto cui, con sì uniforme disci“ piina, milita la sacra legione, si spieglii in così alti luoghi del
“ cielo da sottrarsi intieramente alle basse influenze della terra”; o,
in altri termini se, sotto qiiellinsegna, non accorra l'episcopato a
difendere i suoi inalerìàli interessi ; e, colla storia alla mano, rispondendo; sempre essere stato così; sempre avere i vescovi protestato, e
perfino contro al Papa, quando, da ^-icino o da lontano, scorgevano
pericolanti quegli interessi — esprime nei seguenti termini l’efli'etto
sortito in quegli animi rozzi ma schietti e leali da un tal raffronto.
Egli (il popolo) paragona la religione che appetisce i lieni di quaggiù con quella
che li disprczza. E difficile ch’egli non s'induca a diffidare di chi insegna l’umiltà e
la poverti, mentre jjrofessa l’orgoglio e la mugniflcenza, o di chi gli dice a.spra e
difficile la via del cielo, mentre a se ne apre una comoda e carrozzabile. l’erciò la
predica di quelli che la percori'ono in carrozza fa poco effetto .su quelli che la fanno
a piedi. Ciò che i primi trovano semplice e naturale, offre qualche difficoltà agli
altri. I qnali ne corcano la soluzione in un libro da essi venerato e creduto e ove leggono
altre massime cd altri esempj.
Opponendo alla Chiesa umile e povera di G. C. quella che “ così
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“ studiosamente ricostruiva, rintonacava e propagava la Corte di
“ Eoma ” dice di quest’ultima il sig. d’Azeglio; “ che sarebbe per
“ lei la migliore, nel migliore dei mondi possibili, se non esistesse
“ quel LIBRO che taluni forse trovano troppo letto dal popolo, e che
“ essi spiegano ed egli crede in modo così diverso. ” — “ Il popolo ”
scrive egli in un’altro luogo, “ studiò la sua religione ed i suoi di“ ritti; uè conosce altra influenza che quella che ne emana. Egli
“ rispetta due sole autorità; il Vangelo per le cose religiose; la Legge
“ per le cose civili. ”
Quell’appello alla parola di Dio come pura sorgente di verità,
come giudice supremo delle dottrine che vengono proposte alla
nostra fede, torna frequente nelle pagine che analizziamo e ne costituisce, secondo noi, uno dei pregii più spiccanti, prova ne sia, oltre
i brani già citati, il seguente, che non possiamo trattenerci dal trascrivere ancora;
Quelle turbe d'idioti, dice in esso il sig marcbese, che una volta confondevano
insieme dogmi, tradizioni, discipline e costumanze ecclesiastiche e consideravano
coll’indifferenza dell'abitudine certe sopra esaltazioni introdotte dall’orgoglio clericale, oggi meglio ammaestrate, sanno opportunamente sceverarle dalle verità
dommaticlie, e deplorando gli abusi clic la deformano, mantenersi fedeli alla Chiesa
di Gesù Cristo. Il perchè ogni parola che ne alteri menomamente le dottrine, per
quanto scenda da alto, ha perduto ormai la sua virtù. Cadde infatti nel vacuo, e
non ebbe eco nel mondo delle intelligenze, quella che intuonava la Corte di Eoma
quando alle lagnanze degli oppressi, ella rispondea coUe invettive; al diritto colla
forza; quando chiamava sedizioni le rappresentanze; usurpatori gli spogliati; empj
gl’infelici; vili i generosi; e increduli i credenti al Vangelo. Ah! in nome della
verità, è egli possibile che leggendo in quel libro la famosa parola del Salvatore...
vi abbia chi la traduca da negativa in affermativa e stimi il popolo dotato di si
robusta fede al corpo episcopale da poter la sua sentenza cancellare quella di Gesù
Cristo? 0 ardisse dire che... quando egli vietava il gastigo dei Samaritani o insegnava rOrazione Dominicale, Egli autorizza.sse la vendetta anziché il perdono?...
Ovvero, che sia per conformarsi allo spirito della Bibbia, che i vescovi si mettano
piuttosto con quell’ostinato Ugiltimista che era Faraone, anziché con quei capi ribelli
che erano Mosè e Aronne, per assogettare invece di liberare il popolo oppresso?
Sarebbe ormai tempo di cessare tali contradizioni tra il precetto e la sua osservanza, e che quanti v’han cristiani al mondo, tutti dessero al Vangelo la stessa
interpretazione, rendendo alla patria ciò che è doluto alla patria, e a Dio ciò che è
dovuto a Dio.
Quale accoglienza ad un linguaggio così generoso e così conforme
ai dettami dell’Evangelo verrà fatta dalla stampa clericale e da coloro ai quali è più specialmente diretto? — Non occorre possedere il
dono di profezia per presagire al sig. marchese, che le ingiurie le
più grossolane, le contumelie più invereconde non basteranno a sfogare l’astio che, c(^lla sua nobile franchezza, egli si sarà procacciato
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per jiarte di quei medesimi ch’egli vorrebbe salvare. Il sig. d’Azeglio
così buon cattolico verrà, ne siamo sicuri, trattato da costoro peggio
dell’eretico più ostinato; o, se si troverà in seno aH’episcopato piemontese qualche uomo savio abbastanza e che comprenda abbastanza i veri interessi della sua Chiesa per far plauso internamente
ai generosi sforzi del nobile patrizio per rialzarla dal suo abbassamento, egli serberà la sua approvazione per sè stesso, ben sapendo a
quante noie, a quante vessazioni egli andrebbe incontro manifestandola. E questa è la sorte, così dei consorzii che degl’individui di
cui Iddio sta maturando la totale rovina, che non danno ascolto se
non a quelli che li adulano, ed hanno a nemici quegli uomini sinceri
e coraggiosi abbastanza da dichiarare loro tutta la verità. Epperciò, se
opera di partito fosse la nostra, mentre proveremmo un vero dolore che
in seno al Cattolicismo trovinsi ancora uomini come il sig. d’Azeglio—
che sono quelli appunto che ne ritardano la caduta — ci rallegreremmo altrettanto, vedendo i loro consigli disprezzati, sospettata c
derisa la loro divozione alla Chiesa di cui sono membri, da quei
medesimi che più degli altri dovrebbero apprezzarli ed averli in grande
stima. Ma perchè di un spirito ben diverso noi ci sentiamo animati;
perchè ciò che bramiamo con tutto il cuore, anziché il trionfo di
una setta qualunque, si è quello della verità, deU’Evangelo, non
possiamo non addolorarci a fronte di un accecamento il di cui primo
ed inevitabile risultato si è di rendere universale fra i nostri concittadini quel desolante scetticismo, da cui, fin d’ora, come da lebbra
immonda, sono travagliati fra di noi, quasi tutti quelli che riflettono
e pensano.
IL COMMEKCIO DELLE MESSE A ROMA *
Il commercio delle messe è un ramo d’industria considerevole; la messa
pagasi come ogni altra cosa, ma per togliere al pagamento qualunque ombra
di simonìa, lo s’intitola elemosina; è un de’ mille inganni romani. Il prete
* Estratto dall’opera intitolata: La rome des papes, son orìgine, ses phases successives ses msBUTs intimes, son gouvernement, son système administratif, par un ancien
membri de la Cmstituante romaine, in 3 vol. 8., di cui il primo soltanto è stato fin qui
pubblicato.
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è in riputanioue di dire la messa per dovere e per divozione, ma i fedeli,
airintenzione dei quali è detta la messa, offrono, altresì per divozione, del
danaro a cotesto prete. Nella sollecitudine per la virtù de’ suoi preti, la
santa Chiesa vuole che, accettando il danaro, eglino facciano atto d’umiltà,
e che l’accettino a titolo di elemosina. In questo modo, ciò ch’è, in sostanza,
atto di simonìa diventa atto di virtù cristiana: l’antico privilegio dei papi
consiste a fare di ogni vizio virtù.
Il numero delle messe così trafficate è incalcolabile; la ricchezza dei
funerali si misura dal numero delle messe che si celebrano, e la vanità viene
colla devozione a combinarsi in questo modo, col profitto de’ preti. Ma, non
sono già d’ordinario quelli che celebrano le messe che ne ricevono il prezzo
reale; questo, in genere, non arriva al celebrante che dopo aver passato per
le mani d’un grande numero di speculatori. Oh ! se que’ poveri diavoli di
preti affamati che girano per le vie di Roma potessero dividersi il danaro
dato per messe dai fedeli o da chi vuol parere d’esserlo, non avrebbero
mica bisogno d’altro! Cercheremo dare un’idea del modo in cui questo commercio è coltivato.
Una chiesa ha ella incarico di far celebrare un numero determinato di
messe per un prezzo convenuto? una famiglia è ella obbligata, per testamento di uno dei suoi membri defunto, di far dire un numero indicato di
messe per anno ?
Nel primo caso le messe le meglio pagate sono attribuite ai canonici addetti alla chiesa; i più elevati in dignità prendono le migliori; sulle messe
che restano, se ne preleva una certa quantità a profitto della chiesa; per il
pagamento si fa un contratto con un imprenditore. Le famiglie che sono
nella posizione che abbiamo accennata fanno egualmente un contratto.
Le messe che restano alla chiesa sono d’ordinario un ramo d’industria
pei sacrestani, e assegnate a que’ preti erranti di cui parlammo, e che, ogni
mattina, si destano senza sapere comc pranzeranno. Questi fanno il giro
della chiesa domandando, avete voi delle messe ? I sacristani rispondono
affermativamente quasi sempre, ma desiderando assicurare i loro utili, offrono
un prezzo così basso che il povero prete, sperando trovar di meglio, va
cercar fortuna altrove. Egli ritorna spesso stanco e disingannato a ridomandar le messe, cercando ottenere un leggiero aumento di prezzo ; infine
dopo molte discussioni, le messe son dette e soddisfatto è l’obbligo imposto.
Altri, al contrario, accettano al primo incontro il prezzo offerto; ma allora
per compensarne le modicità, corrono in altre chiese, e spediscono tre o
quattro messe per giorno; i teologi non sono ben d’accordo sulla validità di
simili messe, ma quelli che le dicono e ne ritraggono profitto, le tengono
per eccellenti.
Di tempo in tempo, hawi qualcuno eh e condannato per questa specie di
abuso : egli chiama questa una disgrazia. È ciò che mi diceva un giorno uno
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... lo ...
di loro; e in verità avea ragione, iinperciocchb si colpiscono i poveri bisognosi, e i grassi signori sono al contrario ricompensati. Un prete sardo,
conosciutissimo a Roma, e da me personalmente, discolo, giuocatore, accusato un dì per ladroneccio, assicurava ch’egli non avea ricorso alle messe
che quando non gli restava più alcun’altro spediente, e ohe allora ne diceva
in un giorno quante glie ne volevano pagare. Non dissiumlava per nulla i
suoi disordini e se ne vantava in pubblico egualmente che della sua incredulità; tanto che io gli predissi più volte che avrebbe finito per essere imprigionato all’ergastolo (prigione dei preti). Il nunzio attuale di Monaco che
lo conosceva gli avea fatto spesso la medesima predizione. Cotesto prete
rese, nel 1849, alcuni servigi politici, e tutto fu cancellato. La corte di
Gaeta la pensò così, e nominò questo miserabile prelato della santa Chiesa
dopo la ristaurazione del papa.
Ciò che dicemmo può dare un’idea del commerciò particolare dei sacristani, dei servitori della Chiesa; il commercio in grande che si fa tra i
grandi imprenditori, le chiese e le famiglie, è tutt’altra cosa. Quando uno
di questi speculatori è chiamato per fare un contratto, egli s’informa in
prima del numero delle messe da dirsi, e quando ne conosce la cifra, egli
fa un prezzo in massa, senza oeciiparsi della differenza delle elemosine fissate dai fondatori. Di frequente, il venditore di messe si lagna sull’ esorbitanza del prezzo, ma allora l'imprenditore gli fa osservare che i tempi sono
difficili, e che non si trovano come altra volta dei preti che s'incarichino di
questo negozio; aggiunge che se non si vuole accettare il di lui prezzo, si
può indirizzarsi altrove, ma ch’egli non crede che si possano trovare migliori
condizioni perchè, dopo tutto, ognuno deve vivere della propria industria e
non conviene, per la dignità della Chiesa, lasciar morire di fame i preti
celebranti.
Il primo fa allora il suo conto, addiziona il prezzo delle diverse messe che
ha da cedere e finisce per sottoscrivere il contratto, previo qualche ribasso.
In genere, malgrado le sue pretensioni, l'imprenditore non si mostra troppo
difficile, perchè teme i concorrenti; in oltre, è sicuro del suo affare quando
è pervenuto a riunire una somma considerevole di messe; come succede per
qualsiasi altra mercanzìa, egli domina il mercato, e il proprio loro interesse
spinge i concorrenti ad intendersela con lui. A questi imprenditori ricorrono
que’ preti bisognosi che non hanno altro mezzo per vivere che le messe che
dicono a questo modo e che, girando per le chiese, non hanno potuto riuscire
ad afferrarne al meno.
Bisogna sapere a che vanno a finire i contratti : la stessa messa che, secondo la volontà dal testatore, è pagata uno scudo, cinque paoli, è ceduta
airimprenditore per due, al prete per uno : havvene che si sono ridotti a
dire la messa per cinque soldi.......
Que’ disgraziati preti, che ricevono ciò che loro lascia la ghiottonerìa dei
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preti maggiori e la cupidità degli speculatori, devono altresì ottenere il
permesso di dire le messe loro in una chiesa; permesso che il più delle volte,
non è ad essi accordato. Laonde’ quale stupore che dicano due o tre messe
quando arriva l’occasione, senza troppo curarsi di andar incontro a guai
coll’autorità ecclesiastica ! Sono eglino certo de’ preti colpevoli, ma altresì
agli occhi di Dio, più colpevoli sono quelli la di cui ladrerìa conduce a tale
risultamonto ed incoraggia cotesta indegnità. Non è forse uno scandalo dei
più indegni quello di speculare, da un lato sulla superstizione, dall’altro sulla
miseria, a prò’ dell’aristocrazia del clero che accetta degli obblighi che non
può compiere, e ciò a detrimento del prete operajo ridotto a vivere delle
bricciole che cadono dalla tavola di quegli epicurei?
Ma i grassi prelati S fratelli non si contentano di ciò. Vi sono delle messe
che, per volontà del testatore, devono esser dette in tale o tal chiesa, all'altare dichiarato secondo la preferenza del moribondo. Il papa, di sua piena
autorità, dispensa dalla celebrazione nei luoghi accennati, quando questo
aggiusta i preti; in guisa che per colui che, confidando suU’eificacia d’una
messa detta ad un altare particolare, ha pagato in ragione di cinque paoli
perchè sia celebrata, per esem. aU’altarc di S. Antonio nella chiesa dei
SS. Apostoli, vien detta in vece per dieci soldi nella chiesa di S. Pier
d’Arena.
V’ha di meglio. Il papa qualche volta scioglie affatto i preti dall’obbligo
di dire le messe di cui hauno ricevuto il prezzo. Un convento od una chiesa
riceve il prezzo di dieci mille messe, poniamo; se ne celebrano cinque o sei
mille; pel rimanente si ricorre al papa che, sotto il pretesto che gli offre
l'impossibilità di adempierne il dovere, decreta che un prete celebrerà una
sola messa, la quale, in virtù deU'intenzione, terrà luogo delle cinque o sei
mila per le quali i fedeli hanno pagato; è così che i preti si accomodano
per mettere la coscienza loro in quiete sulla queslione del pagamento.
“ E Gesù entrò nel tempio e cacciò fuori tutti coloro che vendevano
e comperavano nel tempio...... e disse loro: Egli è scrìtto: la mia
casa sarà chiamata casa d’orazione, ma voi ne avete fatta una spilonca
di ladroni. Evangelo di S. Matteo cap. xxi, v. 12 e 13. ”
VARIETA
GIOVANNI BROAVN
È noto ai nostri lettori il caso doppiamente doloroso di quell’Americano, per nome Brown, il quale per essere stato còlto a capo di
uu’insurezione di schiavi, nella Carolina del nord, venne con sentenza
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sommaria condannato al patibolo. Ma ciò che dai giornali politici
non avranno ricavato si è la pietà viva e sincera di cui era animato
qneH’uomo colpevole sì, ma generoso, e della quale diede fino all’ultimo le prove più cospicue e più indubitate. Ecco, con quali pietosi
accenti, egli prendeva commiato della moglie e dei figli, nel giorno che
precedette la sua morte:
Dal carcere di Charleptown, 30 novembre 1859
Mia^diletta moglie, e voi miei cari ragazzi e ragazze.
Siccome la lettera che oggi incomincio è probabilmente l'ultima che mi
sia dato di dirigervi, voglio scrivervi a tutti ad un tempo, riserbandomi di
parlare in altro foglio di affari di famiglia
Ho ricc\Tito, iu data 22 novembre, una lettera di mia moglie, impostata a
Filadelfia, dalla quale appare che abbandoni l'idea di rivedermi. Le ho scritto
di venire se si sentiva la forza, ma'non so se potrà la mia lettera giungerle
ancora in tempo. Egli era sopratutto avuto riguardo ad es.‘>a, che le avevo
chiesto di non venire...... Aspetto l’ora del mio pubblico omicidio con una
gran calma di spirito e gioja, intimamente persuaso quale’^sono, chc non
potrei servire in miglior modo la causa di Dio e dcH’umanità, e che nulla
di ciò che la mia famiglia ed io abbiamo sagrificato o sofferto non può andare perduto. Il pensiero che un Dio savio e misericordioso nello stosso
tempo che giusto e santo, regge non solo gli affari di questo mondo, ma di
tutti i mondi è come una rocca nella quale possiamo riparare, allorquando
soffriamo per effetto delle nostre convinzioni o delle nostre colpe. Io, sin da
ora, non dubito punto che, alla fine, l'apparente nostra sconfitta non abbia da
trasformarsi in un glorioso successo. Epperciò, cara famiglia abbattuta ed
afflitta, sii allegra, credendo e confidando in Dio con tutta la mente ed il
cuore, conciossiachè egli faccia tutto bone. Non vi vergognate di me; non
disperate nemmeno per un momento, e non vi stancate di fare bene. Grazie
sieno rese a Dio, io non ho mai aspettato con maggior certezza che al presente, nel mio carcere, lo spuntare sicuro di uno splendido mattino e di un
giorno glqfioso. Io mi sforzo di far ritorno, comc povero figliuolo prodigo,
quale mi sento, al mio Padre, contro il quale ho peccato tutti i giorni, persuaso ch’egli mi verrà incontro con amore, e mi perdonerà, quantunque io
mi sia molto allontanato da lui.
0 mia cara moglie e miei cari figli! Piaccia a Dio, che possiate comprendere quanto io mi sono affaticato per partorirvi a Lui, affinchè niuuo fra
voi privi se stesso della di Lui grazia.
Piaccia a Gesù Cristo, che niuno fra voi chiuda gli occhi alla gloriosa
luce della sua Parola, che mette in evidenza la vita e l'immortalità ! Io
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scongiuro ciascun di voi che studii la Bibbia, e giorno e notte, con spìrito
umile, candido e docile, ricordando con amore e rispetto il vostro marito e
padre; nello stesso tempo che scongiuro l’iddio dei miei padri di aprire gli
occhi vostri alla luce del vero. Si avvicina il momento in cui abbisognerete
di cristiane consolazioni. Deh ! non affidate al procelloso oceano la vostra
sorte eterna, senza timone nè bussola per guidarvi. Io non chieggo da nissun
di voi di privarsi deU’uso della sua ragione; ma questo soltanto vi domando
di usarne con sincerità ed umiltà.
Miei cari figli minori ! volete voi dar retta al supremo consiglio di chi non
può se non amarvi ? Determinatevi fin da ora a dare il vostro cuore a Dio,
e a non lasciarvi distogliere mai da tale proponimento. Non temiate che
abbiate a pentirvene mai. Non siate nè vanagloriosi, nè sbadati, ma savii; e
lasciate ch’io vi scongiuri tutti di amare quello che sopravive della nostra
famiglia, non è molto, così numerosa. Ricordatevi che chi ò lento all’ira
•vale più del potente, e chi siynoreygia-il suo cuore, che un prenditore di
città. Ricordatevi altresì che coloro che ne avranno addotti parecchi a
giustizia risplenderanno come stelle.
Ed ora, cara e diletta famiglia, io vi raccomando a Dio ed alFopera della
sua grazia:
Vostro affezionato padre e marito
GIOV. BROWN
NOTIZIE DIVERSE
Torino — Unione Cristiana di giovani.— Con vera contentezza annunziamo ai nostri lettori essersi stabilita, anche in questa capitale, tale benemerita
associazione, di cui gli effetti sulla gioventù sono stati da lunga esperienza
dimostrati ottimi in tutti quei luoghi ove è sorta. Ecco degli Statuti della
medesima i principali articoli, che varranno a dare un’idea così dello scopo
che si propone, che dello spirito di cui è informata: « Art. 1° — Un’Asso« ciazione composta specialmente di giovani, che bramano d’istiuirsi, d’in« coraggiarsi a vicenda a condurre una vita francamente cristiana, e di
« adoprarsi al progredimento del Regno di Dio, specialmente fra quelli
« della loro età, viene fondata a Torino sotto il nome di Unione Cristiana.
« Art. 2^—Sono ammessibili come membri dell’Unione quelle persone che
« accettano le sante Scritture come unica regola di fede; Gesù Cristo come
« loro Salvatore e loro Dio, e bramano, coll’ajuto dello Spirito Santo, ado« prarsi al progredimento del suo Regno. — Art.. 4°— Una riunione è set« timanilmente consecrata dai membri dell’Unione alla meditazione della
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« Parola eli Dio, al canto ed alla preghiera. Altre riunioni verranno con« secrate 1° a dei lavori .sopra argomenti letterari, scientifici o religiosi;
« 2° agl’interessi generali della Società », Noi facciamo fervidi voti perchè
così santa istituzione^bbia da durare non solo, ma vieppiù si estenda, e
diventi anche fra noi, ciò eh' è stata in tanti luoghi, stromento di un gran
bene.
— Neo-Catlulichmo. — Dalla corrispondenza parigina del Giormile di
Ginevra troviamo la seguente notizia dell autenticità della quale dubitiamo gradcmente : « Da quanto sento di Torino, è cosa del tutto sicura
che formasi in l’ienionte un nuovo partito che mentre vuole rimanere cattolico,
aspira ad affrancarsi dal giogo spirituale del Papa del quale si respingerebbe
l'autorità dommatica. a nome degl’insegnamenti deU'Evangelo e delle tradizioni della Chiesa dei dieci primi secoli. Tale dommatica autorità risiederebbe in un concilio di vescovi, le di cui decisioni, per essere valevoli, abbisognerebbero della regia sanzione. Cosicché non sarebbe questo nuovo scinia
senza qualche rapporto coll’attuale organizzazione della Chiesa Anglicana.
Oggi stesso ho ricevuto da Torino l'esposto delle basi della nuova Chiosa. »
CoriiMAVECR — Scuola evangelica incagliata. — Scorsero pochi mesi da
che la V. Tavola della Chiesa Valdese, dietro calda istanza degli evangelici di questa località, vi mandò per fare scuola ai loro bimbi, im maestro due
volto patentato e munito dei migliori certificati in quanto a moralità e ottima condotta. Costui rivoltosi al Hegio Provveditore della provincia d'Aosta
per la voluta autorizzazione l’ottenne senza difficoltà veruna, in via provvisoria però, ed a patto di riferirne alla Deputazione provinciale per l'autorizzazione defiiutiva. La scuola venne dunque avviata, e così bene da far
ombra ai clericali di quel luogo, i quali tanto si adoprarono che, sottoposta
alla Deputazione provinciale nel dicembre p. p. la domanda doU'istitutore
valdese, sig. Pons, questa venne respinta alla maggioranza di cinque voti
contro quattro, e ordine venne dato al medesimo di chiudere immantinente
la sua scuola. Il sig. Pons protestò contro siffatta determinazione del tutto
illegale ; protestarono dal canto loro i padri di famiglia che l’aveano chiamato, prima presso l’Intendente, quindi presso il Ministero ; e siccome,
grazia a Dio, la legge ha più forza fra di noi che non i capricci di alcuni
interessati, crediamo di sapere che il divieto della Deputazione provinciale
è stato cassato, e che piena facoltà è stata al nostro correligionario concessa
di riaprire la scuola da lui così felicemente incominciata.
Toscana —La nostra corrispondenza giuntaci troppo tardi per venire in
questo numero pubblicata, ci porta sui progressi deU’Evangelo in quella
eletta parte dell'Italia, notizie consolantissime.
Ginevra— Una settimana di spirituali benedizioni. — Ci scrivono da
questa città, in data del 20 gennajo ; n La settimana scorsa è stata per noi
una vera settimana di benedizioni. I locali (qualche fiata tre alla volta) non
bastavano a capire le folle che vi si accalcavano ad implorare per noi
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stessi e per il mondo intiero una nuova effusione dello Spirito Santo; e Io
preghiere che ovunque offrivansi a Dio spiravano tanta umiltà, ed un così
vivo amor fraterno, che, per fermo, il nostro Dio tutto misericordia e sempre
pronto ad esaudire, non mancherà di spandere sul ipovero nostro mondo
abbondanza di benedizioni. Era cosa commovente il vedere i signor Gaussen
Merle, Barde, Coulin padre e figlio e parecchi altri appartenenti alle due
chiese, nazionale ed indipendente, unirsi nel modo più cordiale e più cristiano
per supplicare da Dio la medesima grazia, un vero risveglio in seno alla sua
Chiesa. Conceda il Signore che i frutti di quanto ci fu dato di vedere e di
provare sieno duraturi, e concorrano alla sua Gloria! »
Francia — Soppressione dell’ Univers. — Questa notizia che acquista
dalle attuali circostanze importanza grandissima è per sorrappiù accompagnata da considerandi tali che costituiscono una vera rivoluzione, che nella
mente dell’Imperatore sarebbesi operata nel senso della costituzione gallicana della Chiesa ed in opposizione agli oltremontani finora trionfanti.
Irlanda — Società delle missioni irlandesi. — Questa benemerita società tiene a suo servizio 650 agenti frai quali 472 sono‘antichi cattolici
romani convertiti alla fede evangelica. In un distretto della proyincia di
Connaught dove, pochi anni or sono, non si contavano che 13 congregazioni
evangeliche e 11 pastori, si contano oggidì 48 congregazioni e 35 pastori.
Ungheria — Il governo ed i prote.stanti. — Leggesi quanto segue nel
Gourrier du Dimanche, sulla resistenza dei protestanti ungarcsi alla nuova
legge ecclesiastica:
« I delegati dei distretti protestanti di Debreczin si sono trovati sin dal
mattino dell’undici gennajo presso il sovr’intendente e di là si sono recati
alla chiesa. Essi ebbero ad attraversare, per entrarvi, una folla enorme, di
più che 40,000 persone. Dopo le preghiere d’uso il sovr’intendente espose
che lo scopo della riu.nione era di esprimere i gravami dei fedeli contro la
nuova organizzazione che il ministero austriaco imponeva alle chiese protestanti. n commissario imperiale prese tosto la parola, dichiarando che l’assemblea era stata illegalmente convocata e le intimò di sciogliersi. L’assemblea si levò tutta unanime e ad una voce sola ga-idò: continuiamo la seduta.
Al che il presidente rispose tosto, che i protestanti del distretto di Debreczin
non aveano ancora riconosciuta la legalità della patente del 1° settembre,
ch’essi si erano espressamente radunati per esprimere la loro opposizione
contro di essa e che per couseguenza essi non potevann essere obbligati
di obbedire ad una legge che non riconoscevano, e che la loro riunione
essendo conforme agli statuti ed ai trattati antichi, persistevano a tenerla
aperta.
Il commisario imperiale disse in allora, che a fronte d’una simile dichiarazione non gli restava 9ìtro che a stendere un processo verbale ed a deferire la causa ai tribunali, e si ritirò. La sovraintendenza di Debreczin prò-
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testò in allora contro la costituzione data che la volontà imperiale pretende
di sostituire alla costituzione accettata dai fedeli e da tanti secoli in ■vigore.
Germania — Progressi dell’Evangelo. — A Praga ed in altre città della
Boemia, dice un giornale, le conversioni all’Evangelo sono state numerose
da alcuni anni a questa parte; parecchi preti cattolici predicano il puro
Vangelo; la Bibbia vieppiù si diffonde, il popolo domanda cou insistenza
la celebrazione del culto in lingua volgare; e tutto dà a credere chc la
Boemia, quell’antico focolare di Piiforma, dove non valsero quattro secoli di
persecuzioni a smorzare la fiaccola deU'Evangelo, sia per andare innanzi
nella via del progresso.
— Anche nel Gran-Ducato di Baden è notevole il movimento verso le
dottrine evangeliche. Sedici preti hanno abbandonato la chiesa romana per
passare alla Evangelica, e nuove communità evangeliche vennero fondate
in parecchie fra le principali città. — II grave scontento cagionato dal
Concordato pare non essere estraneo a questo muovimcnto.
— Monumento a Melantone. — Dal sig. Dottore Lom
matzsch direttore del seminario dei Predicatori a Yittemberga, abbiamo licevuto, giorni sono, una lettera colla quale
— mettendoci in disparte del desiderio sorto in parecchi
personaggi fra i più distinti della Germania, d’innalzare un
monumento a quel gi'ande Riformatore che fu Melantone,
nella città stessa di Vittemberga ove egli insegnò per piìi
di 40 anni ed ove morì il 19 aprile 1859,—egli c’incombenzava, non che di far noto questo pio disegiio, di sollecitare
a prò del medesimo la cooperazione di tutti coloro che in
Italia sentono di quanto il cristianesimo e la civiltà vadano
debitori a quei grandi, che tre secoli or sono, rompendo le
pastoje nelle quali l’umana coscienza e ragione erano avvincolate da ima casta interessata, richiamarono le moltitudini alla fede nel puro Evangelo, restituendo loro in pari
tempo il libero accesso alla grazia di Dio, per Gesù Cristo.
E noi assumendoci di buon grado l’affidatoci incarico, invitiamo tutti che lo possono, a dare ai nostri fratelli di Germania quest’attestato di simpatìa, offrendoci di l’icevere al
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... 32 ...
nostro Ufficio, per consegnarli a chi di diritto, i doni che ;i
tale intento ci verranno indirizzati.
Domenico Grosso gerente.
ANNUNZII
LE JEUNE CHRÉTIEN,
PETITE EEVÜE DES ENFANTS
Un nnm. de 32 pages, petit in-16, avec vignettes intercalées dans le texte,
paraissant le 1 de chaque mois
PRIX d’abonnement: cn an 2 fkaucs 50 cent.
Rédacteur : M. A. EACINE-BRAUD, à Fontainebleau
nUITIÈME ANNÉE
La rédaction éminemment évangélique de cette publication la
recommande tout particulièrement aux familles chrétiennes qui désirent élever leurs enfants dans l’amour de notre Dieu Sauveur et
dans la connaissance de notre précieuse foi.
LA CROIX
Feuille In-mensuelle, consacrée à f Union Chrétienne et au développement de la vie dans l’Eglise
Prix d'abonnement, pour les Etats-Sardes, 4 fr. par an
N.B. — Le associazioni a questi periodici, come pure a tutti i periodici
religiosi in lingua francese, si ricevono al deposito di libei religiosi,
via Principe Tommaso, Torino.
PUBBLICAZIONE RECENTISSIMA
ISTRUZIONI RELIGIOSE
TilATTE
DA UNA SERIE GRADUATA DI LEZIONI
PER PICCOLI FAIiCIULLI
1 voi. in-8" picc. di 250 pag. — prezzo 60 cent.
TORINO — Tipografia CìLAUDIANA, diretta da R. Tvombi-tta.