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Anno 115 - N. 14
6 aprile 1979 - L. 250
Spedizione in abbonamento postale
Gruppo bis/70
ARCmVIO tavola VALDESE
10066 TORRE PELLICB
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TEMPO DI PASQUA
• ■ ► -Í-'
sempre davanti
quel galileo...
Dopo l’ingresso in Gerusalemme « tradotto » in un resoconto radiofonico, pubblicato
sul numero scorso, ecco il racconto della
Passione ridotto nella forma di una lettera immaginaria del centurione che fece
eseguire la crocifissione. Questo espediente, usato da Gino Conte per una serie di
culti-radio, non intende certo sostituire gli
evangeli, ma reinserire il loro messaggio
nella realtà concreta del quotidiano.
Caro Publio,
ti scrivo reduce da una giornata di esecuzioni capitali. Forse sono toccate anche a te corvées atroci di questo genere, sappiamo su quanta violenza legale
si regga la nostra pax romana.
Purtroppo sono fatti frequenti
in questa colonia turbolenta e
chi può fare il conto delle croci
che in un secolo di dominio abbiamo rizzato su questa terra
aspra in cui la rivolta cova incessante? Oggi però l’ordine è
stato mantenuto in un modo che
non mi dà pace e non posso sfogarmi che con te: come vorrei
parlarne con te sugli spalti della nostra fortezza Antonia, guardando questa Gerusalemme così
irrealmente quieta sotto il plenilunio, dopo i tumulti di oggi.
Sono i giorni festivi della Pasqua. Come ogni anno, la popolazione di Gerusalemme si quadruplica, almeno, per Pafìlusso
di masse di pellegrini. E come
ogni anno il procuratore è venuto con un buon contingente di
truppe dal quartier generale di
Cesarea, per rinforzare la guarnigione della capitale morale.
Per questi ebrei religiosità e nazionalismo sono strettamente intrecciati e la festività pasquale
ha una marcata intonazione irredentista, sicché i disordini sono frequenti. Così sono salito
anch’io da Cesarea.
Due incìdenti
Negli ultimi giorni si erano
registrati due incidenti: l’arresto di alcuni ribelli — per noi
sono banditi, qui li chiamano zeloti e incontrano molte simpatie
e connivenze fra il popolo — incriminati per omicidio, fra loro
c’è pure un capo abbastanza noto, Gesù Barabba; e il tumulto
suscitato, specie nel cortile del
Tempio, da un profeta galileo
giunto di fresco in città, Gesù di
Nazareth. Poi, stanotte, il colpo
df scena, che per altro doveva
essere stato ben preparato al
vertice. In piena notte, un forte
distaccamento di nostri soldati
e di polizia del Tempio, guidato
da un seguace rinnegato del galileo, ha fatto una incursione
fuori le mura e ha arrestato Gesù di Nazareth. C’è stato un tentativo di resistenza da parte di
qualcuno dei suoi compagni, ma
l'ha fermato lui stesso e tutti i
suoi si sono eclissati. Il Nazareno era il più tranquillo di tutti,
si è consegnato senza resistenza
e senza paura; si è solo stupito,
con ironia, che non lo avessero
preso in pieno giorno, nel Tempio. In realtà si sa bene che molti riponevano in lui fiducia e speranze e che ad arrestarlo fra la
folla in effervescenza di questi
giorni si rischiava una seria sollevazione popolare. Sicché si è
preferito agire alla chetichella.
Durante la notte c’è stato gran
movimento fra i membri del Sinedrio, gran consiglio e tribunale supremo ebraico. Hanno interrogato il prigioniero, per precisare e documentare l’accusa
sotto cui deferirlo al nostro tribunale, il solo autorizzato a
emettere sentenze capitali. Avevano gran fretta perché volevano liquidare la faccenda prima
che stasera iniziasse il gran giorno festivo. All’alba hanno portato l’accusato davanti a Filato,
che ha subito aperto il dibattito. Inutile riferirti i particolari
— non tutti chiari, del resto —
di questo tipico processo d’opinione. Il nostro diritto romano
ne è uscito comunque assai malconcio e sebbene Filato abbia
cercato di destreggiarsi, ci voleva un uomo di ben altra levatura, specie morale, per affrontare
l’imbroglio in cui l’hanno abilmente invischiato. Una cosa è
abbastanza chiara: per loro motivi religiosi (ma qui religione e
politica sono più che mai mescolate) i capi giudei a grande
maggioranza ce l’avevano a morte con questo Gesù di Nazareth.
Non Dotendo liquidarlo legalmente essi stessi, volevano che
Filato lo condannasse lui e lo
facesse giustiziare. Fer questo
glielo hanno presentato sotto
l’accusa gravissima di lesa maestà imperiale, dato che l’imputato avrebbe avanzato la pretesa messianica di re d’Israele. Filato ha capito subito che l’accu
sa era inconsistente. Quest’uomo
e i suoi corppagni non rappresentavano una minaccia, non solo per Tiberio Cesare — figuriamoci! — ma neppure per il nostro potere qui in Falestina, tanto è vero che non c’è stata né si
prevede alcuna operazione repressiva contro gli aderenti al
movimento. Ma i capi ebrei, soprattutto quella volpe del pontefice Caifa, avevano ben manovrato.
Il primo e l’eimesimo Sinodo
Due membri della sessione rioplatense del Sinodo 1979,
Adriana Querejeta Cougn, della Chiesa di Montevideo, rappresentante giovanile al suo primo Sinodo e Eduardo Davyt, della Chiesa di Tarariras, da treni’anni deputato a sinodi e assemblee. (Vedere il servizio a p. 2).
li processo
Il processo iniziava appena ed
ecco arrivare al tribunale una
folla in tumulto chiedendo la testa di Gesù. E dire che cinque
giorni prima una folla analoga
si sgolava negli evviva, al suo ingresso in città! Filato ha tergiversato in tutti i modi: malgrado la fretta palese degli accusatori, ha condotto l’udienza con
scrupolo puntiglioso convincendosi dell’inconsistenza di testimonianze contradditorie e confuse; a un certo punto ha cercato di scaricare la patata bollente al re Erode Antipa, anche egli
occasionalmente in città, ma
questi gli ha reso la mossa; infine ha creduto di vincere la partita proponendo al popolo una
scelta: quale prigioniero politico
volevano che liberasse loro, secondo l’usanza, in occasione della festività? Gesù Nazareno o
Gesù Barabba? È stato un urlo:
“Barabba!”. Sconcertato, il procuratore si è lasciato sfuggire
completamente di mano la situazione e ha chiesto: “E che farò
di lui?”. Un altro urlo: “Crocifiggilo!”.
Dinnanzi alla sua esitazione, i
capi lo hanno ricattato, minacciandolo di denunciarlo a Roma
come favoreggiatore di un pretendente alla sovranità che spet
RIFLESSIONI IN MARGINE ALLA MORTE DI UGO LA MALFA
Uomini di minoranza
Leo Valiani, nel rievocare la
figura di Ugo La Malfa ha giustamente posto l’accento sulla
continuità tra Giovanni Amendola e il suo giovane erede per
ciò che concerne un antifascismo
inteso come intransigente opposizione morale. Dello stesso rigore morale La Malfa è stato
portatore per più di trent’anni
nell’Italia democristiana. La capacità di dimettersi per semplici motivi di correttezza, l’assenza di contorsioni dovute ai giochi clientelari, la continua ricerca di una linea di serietà nella
conduzione della cosa pubblica,
hanno fatto di lui una figura
non più normale, bensì eccezionale in un paese in cui si dà per
scontato che un ministro o un
sottosegretario non possano durare in carica per più dF 5 anni
senza rimanere invischiati nella
melma del potere.
Da dove ha attinto La Malfa
questo rigore morale che oggi
appare inusuale e anacronistico?
Le matrici politiche, culturali,
spirituali sono certo state molteplici e non è qui il caso di tentare di rintracciarle. Ma una
componente mi sembra importante da sottolineare. La Malfa,
fin dai primi anni del suo impegno politico, nella militanza antifascista, e fino alla fine della
sua carriera di uomo pubblico,
è stato uomo di minoranza, di
una minoranza sentita non in
senso negativo e come una diminuzione di importanza, ma
accettata invece come terreno
di cultura in cui può germinare
la coerenza, l’austerità, la dedizione. Solo l’accettazione dello
« stato di minoranza » — e magari di una minoranza battuta,
come è stata quella dei repubblicani mazziniani, emarginati
alla fine del Risorgimento dai liberali moderati, nella cui eredità si è collocato La Malfa —
può permettere di essere convinti che in ogni campo (ed anche
in quello pòlitico) la forza non
viene necessariamente dal numero ma dal rigore e dalla tensione morale che conferiscono
poco potere ma molta autorità,
pochi successi immediati ma
molta solidità durevole.
Noi protestanti
Per questo credo che noi protestanti, inseriti in un movimento dalla linea etica tradizionalmente austera e rigorosa, nel
nostro paese da sempre minoritario, sentiamo particolarmente
vicina a nói la figura di Ugo La
Malfa, indipendentemente da
idee e scelte politiche che possono essere anche molto diverse. E credo che sulla base di questa vicinanza, di questa sintonia,
possiamo essere incoraggiati a
valorizzare — in un atteggiamento di accettazione attiva dello
« stato di minoranza » — il patrimonio di rigore morale che giunge a noi dalla lunga tradizione
protestante, anziché essere ten
tati di diluirlo in qualche rincorsa maggioritaria che ci dia
l’illusione di essere maggiormente accetti e inseriti nel nostro
tempo e nel nostro Paese.
Non intendo, con questo, teorizzare in campo politico o etico-religioso la posizione minoritaria quasi fosse, di per sé, garanzia di autorevolezza e di costruzione democratica (non lo è
per esempio il terrorismo politico delle Brigate Rosse né quello religioso dei Testimoni di
Geova). Voglio dire semplicemente che qualunque cambiamento anche radicale delle strutture sociali e politiche del nostro Paese (oggi più che mai indispensabile) se sarà privo o
scarso di quel rigore morale di
cui solo singoli individui allenati dallo « stato di minoranza »
possono essere portatori, non
sarà mai un vero cambiamento
ma solo un gattopardesco e italiano « cambiare tutto perché
tutto rimanga come è ». Perché
questo non sia, ciascimo deve
assumere la propria responsabilità. Per questo, tra gli «uomini
di minoranza » che hanno la possibilità e il debito di portare un
contributo di rigore e di coerenza, pur a livelli ben più modesti
di quello di La Malfa ed anche
secondo indirizzi e campi di
azione diversi, dobbiamo avere
il coraggio e la fierezza di contare anche noi stessi, membri
della minoranza protestante.
Franco Giampiccolì
ta al Cesare soltanto. Argomenti che schiacciano i burocrati non
irreprensibili. A questo punto
Ponzio Filato si è lavato pubblicamente le mani davanti alla folla, poi ha consegnato Gesù al
plotone di esecuzione, con altri
due condannati, due zeloti del
gruppo di Barabba. Così ha brillato oggi, a Gerusalemme, il diritto romano.
Purtroppo il plotone di esecuzione ho dovuto comandarlo io.
Secondo la procedura della crocifissione, i condannati sono stati prima torturati, a frustate.
Poi hanno dovuto trascinarsi fino al luogo del supplizio — una
piccola altura pelata dal macabro nome di Teschio — portando ognuno la propria traversa
di croce. Gesù non ce l’ha fatta
fino in cima, si è dovuto aiutarlo. Poi l’orrore di questa esecuzione così crudele, che non
per niente non può essere applicata ai cittadini romani. Era metà mattina, quando i miei soldati li hanno issati, Gesù al centro.
Sulla croce del galileo era inchiodato, per ordine di Filato,
un cartello con su scritto il motivo della condanna: "Gesù di
Nazareth, re dei Giudei”. I capi
se la sono avuta a male, volevano che Filato correggesse scrivendo: "il preteso re dei Giudei”.
Ma Filato stavolta ha resistito
deciso: "Quel che ho scritto, ho
scritto”. Così questi intriganti
hanno avuto il loro schiaffo, Roma crocifigge il re dei Giudei,
non erano forse così solleciti dell’onore di Roma?
Sulla croce
C’era folla. A distanza, silenziosi gli amici, vicini e schernevoli i nemici; solo alcune donne, fra cui la madre di Gesù, e
un discepolo hanno osato venire
fin sotto le croci. I due zeloti crocifissi hanno avuto atteggiamenti contrastanti verso di lui, uno,
come sfogando la rabbia impotente e la sofferenza, gli si è rivoltato contro e ha aggiunto i
suoi scherni furenti a quelli di
tanti spettatori; l’altro è stato
pieno di rispetto e di umiltà, come se riconoscesse davvero, malgrado tutto, la sua autorità. Incalliti dall’uso, i soldati del plotone hanno spartito senza complessi e sorteggiato le poche spoglie dei giustiziati. A un certo
punto, sarà stato mezzogiorno, è
parso che anche la natura partecipasse all’orrore della scena,
{continua a pag. 8)
2
6 aprile 1979
LA SESSIONE SINODALE RIOPLATENSE TENUTASI A COLONIA VALDENSE LO SCORSO FEBBRAIO
Un Sinodo teso
in un tempo di tensioni
Ogni sinodo ha le sue caratteristiche. Questo sinodo è stato
caratterizzato dalle tensioni, è
stato im sinodo teso. Non è stata un’assemblea « edificante »
perché ognuno ha espresso il
suo pensiero come ha potuto.
Alcuni si sono espressi con i discorsi, altri col voto. Una cosa
è certa, tutte le persone preminenti della chiesa debbono rifiettere e analizzare le loro posizioni e i loro comportamenti
facendo riferimento a questo
sinodo. Ci soñó molte cose in
gioco che non possono essere
prese alla leggera. Quando un
sinodo non parla ma vota, quando un sinodo seppellisce il proprio passato pensando di risolverlo, quando tm sinodo si contrappone e ' non fa distinzioni
e tutto sembra fatto e pensato
in contrapposizione e non a favore, allora c’è qualcosa di sbagliato e si può scatenare un
processo che, per mancanza di
sincerità e di solidarietà, da parte di tutti, mette in pericolo la
vita delle comunità.
Cuesto può essere segnalato
come l’aspetto più signMcativo
dell’ultima assemblea sinodale.
La Còramissione d’Esame, moderata nella sua relazione, ha praticamente procurato tutto il materiale per la redazione degli atti. I responsabili delle Commissioni sinodali hanno cercato di
dare alla Commissione di Storia
Valdese e Museo Valdese un incarico preciso che mirasse a
una maggiore conoscenza della
storia valdese. L’incarico della
Commissione dell’Educazione
cristiana mette in rilievo l’importanza del lavoro realizzato e
le prospettive che si aprono per
il Centro Emmanuel con l’arrivo del pastore Thomas Soggin.
La Commissione delle Pubblicazioni, da parte sua, dovrà, continuare a produrre nuovi opuscoli che servano a completare il
suo compito, al fine di educare i
membri di chiesa o per lo meno
di informarli. In tal senso è
stato approvato l’invio di un telegramma al Presidente della Repubblica e al Ministro degli Interni che chiede la riapertura
del « Messaggero Valdese ». Questo tema ha nuovamente polarizzato i delegati in quanto alcuni, per esprimere con maggior
forza la loro opposizione, hanno
voluto che i loro nomi fossero
riportati negli atti della sessione. È chiaro che un giornale aiuterebbe la comunicazione tra le
chiese; per ora continuerà a
uscire la Circolare della Tavola. Di qui la necessità di considerare seriamente il lavoro svolto tramite la radio, che è im
mezzo di espressione rivolto all’esterno della chiesa.
Il sinodo, avendo considerato
che questo lavoro negli ultimi
anni si va sviluppando in ima
forma ancora molto limitata a
causa dei pochi mezzi a disposizione, ha deciso un aiuto economico per il rinnovo degli impianti di registrazione. Ciò permetterà alla Commissione del
Centro Audiovisivo di lavorare
con un po’ più di spazio e di
progredire nella formulazione
e nella comunicazione di un messaggio per le famiglie che lo
ascoltano quotidianamente.
Il sinodo si è anche espresso
a favore di una maggiore organizzazione del Parco 17 febbraio,
imo strumento di evangelizzazione da utilizzare. La Commissione amministrativa Tanno passato aveva deciso di aprire il
Parco ad altre istituzioni. L’esperienza è stata positiva per il
servizio che si è potuto prestare, negativa per quel che riguarda alcuni gruppi che si sono
serviti del Parco ma che voltano sistematicamente le spalle alla Chiesa valdese per ragioni
strategiche, perché la Chiesa Val
dese per alcuni versi è «macchiata». Viene allora il momento di chiedersi se è coerente concederé il Parco a questi gruppi.
Problema molto difficile che contrappone l’abituale apertura della nostra chiesa di fronte ad altri gruppi nell’intenzione di servirli e la presenza in essi di
gruppi con tendenze fondamentaliste che possono disorientare
chi considera il lavoro e la posizione della Chiesa valdese nel
suo complesso senza distinguere i diversi aspetti della sua opera. Chiudere loro la porta significa rifiutare il dialogo, aprirla significa confondere la linea
d’azione che fa del Parco un
chiaro strumento di formazione
delle nuove generazioni di membri per mezzo del campeggio.
Una commissione che ha prospettive di lavoro molto buone
è qùella della Promozione Agraria. Nella sua relazione ha presentato uno studio dell’emigrazione dalla campagna alla città;
un problema che è stato studiato a fondo anche in Italia a proposito dello spopolamento delle
Valli. Qui, tuttavia, il problema
nasce dall’impossibilità per i
giovani di iniziare la coltivazione dei campi a causa dei costi
che questo comporta. Queste difficoltà fanno parte del problema
economico di tutto il paese dominato dal fantasma dell’inflazione che distrugge ogni possibilità di creare nuove fonti dì
lavoro. Un paese che dipende
dalla campagna per la sua stabilità economica espelle dalla
campagna gli elementi che si sono formati per lavorare in quelle zone. Lo studio e l’approfondimento di questo tema per mezzo della commissione è un contributo importante fornito dalla
Chiesa valdese.
Per quel che riguarda gli atti
relativi alla Tavola, sono state
date alTAmministrazione alcune
Gladys Bertinat de Jordan
fr
Con una cerimonia
semplice ma solenne, la signora Gladys
Bertinat de Jordan è
stata consacrata quale prima donna che
accede al pastorato
nella Chiesa Evangelica Valdese di Rio
de la Piata. Questo
atto apre nuove e
ricche prospettive
per il lavoro della
donna nella.- nostra
Il culto del 18 febchiesa.
braio nel tempio di
Colonia Vaidense ha
avuto così un duplice significato; consacrazione della signora Bertinat de Jordan al ministero pastorale e apertura
del sinodo 1979.
Il culto è stato
presieduto dal pastore Mario
Bertinat della chiesa di Montevideo che ha parlato dei
problemi dell’evangelizzazione, dei diritti umani e dell'unità quali segni di una chiesa matura.
La signora de Jordan attualmente lavora nella chiesa
di Rosario (Uruguay) ed ha
coperto diversi incarichi in
commissioni sinodali soprattutto nel campo dell’educazione cristiana. Ultimamente ha
anche lavorato come segretaria della Tavola Valdese. La
sua consacrazione al ministero pastorale segna indubbiamente una tappa importante
nella storia della nostra chiesa.
linee di lavoro nel campo delle
relazioni ecumeniche. La Tavola
è stata incaricata prima di tutto
di incrementare l’apporto della
nostra Chiesa all’Istituto Superiore di Studi Teologici (ISEDET). È un Centro che costa
molto e la maggior parte delle
sue risorse provengono dall’estero. Le nostre chiese non possono sostenerlo economicamente, ma la nostra chiesa in particolare deve fare uno sforzo maggiore in tal senso. Si è chiesto
inoltre alla Tavola di fare un
elenco di tutti gli organismi ecumenici con cui è in contatto, in
modo da orientare i nostri membri per i quali l’ecumenismo si
presenta come un’immensa nebbia di sigle e di nomi che non
dicono molto. Una precisazione soltanto, ma pensiamo che
sia un bisogno sentito da tutti.
A cosa mira la chiesa con le
sue relazioni ecumeniche? È un
problema che nel passato non è
mai stato formulato con chiarezza.
Il sinodo si è anche occupato
del personale che presta servizio nei nostri Istituti e nelle nostre Opere Sociali, incaricando
l’Amministrazione di rivedere e
regolamentare la situazione di
ognuno cominciando da chi ha
incarichi direttivi,
fcontinua) Carlos Delmonte
FELONICA PO
Il 27 e 28 gennaio abbiamo avuto la visita della Commissione
Esecutiva Distrettuale con un
simpatico e proficuo scambio di
informazioni e di idee con il
Consiglio di Chiesa e il culto, presieduto dal Pastore Thomas Soggin di Milano, seguito da una discussione informale sui problemi della comunità.
Il 18 febbraio ospite il past.
Renzo Bertalot, direttore della
Libreria Sacre Scritture di Roma, abbiamo commemorato il 17
febbraio. Culto con santa cena
al mattino, seguito dalTàgape fraterna a cura dell’Unione femminile e da una conversazione sul
lavoro della Alleanza Biblica Universale. Siamo stati lieti di avere
con noi anche alcuni rappresentanti della Chiesa battista di Ferrara.
Sabato 10 e domenica 11 marzo ha avuto luogo un convegno
giovanile a cura della EGEI Lombardia, con comunicazioni varie
e discussioni il sabato sera e la
domenica pomeriggio. La domenica mattina il ciilto è stato presieduto dal giovane Dany Briante, di Como. Peccato sia stata
carente la partecipazione dei Felonichesi.
Dalle chiese
I culti del 4 febbraio e del 4
marzo sono stati presieduti dalla
Signora Maddalena Costabel.
A Ravalle, frazione del comune di Bondeno in provincia di
Ferrara vive da molti anni una
famiglia originaria di Felonica,
Tunica evangelica del paese. Non
ha nascosto la sua identità protestante e non si è affatto trovata emarginata per la sua fede,
anzi, questo ha fatto sì che la
locale chiesa cattolica invitasse
la chiesa di Felonica (non solo il
Pastore!) per una prima presa di
conoscenza con la realtà di una
chiesa protestante. Così martedì
sera 20 marzo un gruppetto di
nove persone si è recato a Ravalle, ottimamente accolti dalla
comunità cattolica nei locali della
Scuola Materna. Gli intervenuti
sono stati numerosissimi e la serata si è svolta in un clima di
fraternità e di amicizia priva
però assolutamente di qualsiasi
facile irenismo e superficialità.
Mentre ringraziamo la comunità
cattolica di Ravalle, e in modo
particolare il suo conduttore, per
ELENA ROTELLI
Fra Dolcino
e gli Apostolici nella storia e nella tradizione
Introduzione di Dom. Maselli
pp. 128, 23 ili. f.t., L. 3.500
• Rilettura sulle fonti delle vicende del famoso eretico valsesiano (che tenne in scacco per mesi l’esercito crociato
di Clemente V per morire poi sul rogo a Vercelli nel
1307), della sua «fortuna» nei secoli e della sua «riscoperta » recente, dal movimento socialista biellese dei pri
- mi del secolo fino a Dario Fo.
• Al di là di ogni mito, quali aspirazioni muovevano Dolcino e i suoi? quali i collegamenti con gli altri movimenti ereticali?
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso, 1 - 10125 Torino
c.c.p. 2/21641
la gentile accoglienza esprimiamo anche la nostra riconoscenza
alla famiglia di Alcide Negri di
Ravalle che è stata all’origine di
questa simpatica iniziativa che
speriamo possa avere un seguito
in futuro.
Ricordiamo due lutti che hanno
attristato la nostra chiesa: Clotilde Confortini, deceduta in febbraio all’ospedale geriatrico di
Rodigo, all’età di 86 anni, e Elvino Vassalli, deceduto in marzo
all’ospedale di Bondeno all’età
di anni 71. Questi era molto conosciuto sia al di qua che al di
là del Po per il mestiere di venditore di ortaggi che aveva esercitato per anni. Tutti lo chiamavano col soprannome di « Battello » ereditato dal padre che un
tempo, quando sul Po non c’era
ancora la comodità degli attuali
ponti, esercitava il mestiere di
traghettatore e trasportatore di
merci con una grossa barca di
sua proprietà.
La « luce della vita » che illumina le tenebre di questo mondo
possa veramente portare un raggio di consolazione e di Speranza a chi è stato colpito da questi
lutti.
FIRENZE
Cadetti e catecumeni. Dopo la
conferenza del prof. D. Maselli
sul « Significato della presenza
protestante in Italia, oggi» e la
visita a Doppiano, cadetti e catecumeni hanno avuto un momento di riflessione su « Cosa significa per loro Tessere protestanti ». Sono emerse diverse posizioni che vanno dalla fede sentita come problema personale e
interiore, all’adesione aperta,
dalla posizione di ricerca a quella di assenteismo o negazione.
Dietro richiesta di alcuni catecumeni ci si sta ora occupan
do della predestinazione in risposta ai luoghi comuni e alle
distorsioni presenti nell’insegnamento delle scuole superiori italiane a proposito della Riforma.
È stato esaminato l’idea di « destino » e il concetto di « predestinazione », si è studiato il pensiero di Lutero e di Calvino; lo
studio si concluderà con una ricerca biblica sull’argomento.
I giovani hanno deciso di rispondere in modo concreto all’esigenza di una presenza... giovanile (diaconale) al Gignoro.
Il progetto ha dovuto essere rinviato per l’ondata di influenze
tra gli ospiti, ma speriamo che
nonostante il contrattempo l’entusiasmo rimanga vivo.
Unione femminile. Mercoledì
21 febbraio si è iniziato lo studio sul libro del prof. Subilia
« Tu sei Pietro ». Il past. Sonelli ha presentato la prima parte
relativa alla struttura del testo
e all’interpretazione ad esso data dai « Padri della chiesa » dei
primi tre secoli.
« La santa cena ai bambini »
è il tema di una tavola rotonda
che la FDEI ha organizzato il 28
marzo nel Centro comunitario
valdese di via Manzoni, con l’intervento dei pastori luterano,
metodista, battista e valdese di
Firenze.
SESTRI
SAMPIERDARENA
Alcune attività si svolgono in
comune con le Chiese di Sestri e
Sampierdarena e precisamente
ogni venerdì presso la Chiesa di
Sampierdarena viene tenuto uno
studio comunitario con partecipanti anohe della Chiesa cattolica.
Mensilmente nella sala di Via
Curtatone viene tenuta una riunione pastorale aperta a tutti gli
interessati.
L’Unione femminile guidata dal
Pastore Conte ha dedicato alcune riunioni mensili allo studio
della Cena del Signore, con partecipazione di alcune sorelle di
altre chiese.
Il 4 febbraio è stata dedicata
la giornata al Gould. Ospiti il
Pastore Franco Sommani e Marco Jourdan direttore del Gould,
e due ragazzi dell’Istituto. Al
culto del mattino presieduto dal
Pastore Sommani ha fatto seguito al pomeriggio nella sala di Via
Curtatone, un’ ampia relazione
del direttore Jourdan con proiezione di un filmato dell’opera
che svolge l’Istituto già precedentemente trasmesso nella rubrica TV protestantesimo.
Il 18 febbraio il culto con Santa Cena ha ricordato la data storica del 17 febbraio, e al pomeriggio si è tenuta, nella sala di
Via Curtatone, una simpatica
riunione con la partecipazione
di quasi tutti i pastori della
città, metodisti, battisti, avventisti, apostolici, luterani, e membri delle chiese; numerosi i partecipanti.
Il 9 marzo in ricorrenza della
giornata mondiale di preghiera
ci 'Siamo riuniti con le sorelle e
fratelli della Chiesa di Sestri e
Sampierdarena presso la Chiesa
battista di Via Ettore Vernazza.
nella S. Cena e nell’ascolto della
predicazione del past. Gustavo
Bouchard.
La domenica 11 marzo abbiamo avuto il culto presieduto da
alcuni giovani che si sono alternati per la preghiera, lettura,
predicazione e guida del canto. E stato piacevole e promettente, confidiamo che si realizzi
ancora questo loro impegno. Nel
pomeriggio nella sala di Via Curtatone in comune con le Chiese
di Sampierdarena e Sestri si è
tenuta una -assemblea di chiesa
sulla questione nucleare con l’introduzione delTing. Raoul Long,
membro della nostra chiesa.
Hanno fatto seguito molti interventi, il dibattito è stato interessante, ma in conclusione l’argomento rimane aperto: il punto
interrogativo del pro o contro
rimane.
3
6 aprile 1979
__________IL COMITATO DEL CEC PER L’EMIGRAZIONE SOLLECITA LE CHIESE
L’Evangelo per i migranti
L’emigrazione comporta problemi per i singoli e le loro
famiglie, per la società e per le chiese. A questo primo articolo che mette in luce la responsabilità delle chiese farà seguito, sul prossimo numero, una presentazione della scuola
« Pier Martire Vermigli » di Zurigo come esempio di iniziative assunte nel campo dell’emigrazione.
Se l’esercito di migranti che è
in movimento in tutta Europa,
provenienti da tutti i paesi del
mondo, non può fare sentire la
propria voce per reclamare i diritti fondamentali che le leggi internazionali garantiscono ad ogni
uomo, è giusto che le chiese dei
paesi di immigrazione si facciano portavoce di queste richieste,
prendendo sul serio l’insegnamento di Gesù che si è identificato proprio con i minimi ( « in
quanto l’avete fatto ad uno di
questi miei minimi fratelli l’avete fatto a me »).
È quanto ha ricordato il Prof.
Bruno Corsani, della Facoltà valdese di teologia di Roma, nello
studio biblico di apertura della
Consultazione europea dei pastori dell’emigrazione, che ha avuto
luogo dal 27 novembre ai 1“ dicembre 1978 a Liebfrauenberg, in
Alsazia. La necessità di questa
consultazione, che facesse il punto sui problemi che si pongono ai
pastori che operano nell’emigrazione nell’adempimento del loro
compito di predicazione e cura
d’anime era stata espressa nel
corso di un incontro avvenuto
un anno prima in Germania.
Una cinquantina di pastori e
preti ortodossi si sono dunque
ritrovati in un Centro di studio
della Chiesa evangelica dell’Alsazia e durante cinque giorni di
intenso lavoro hanno presentato
una panoramica delle diverse situazioni esistenti nei vari paesi
europei e delle possibilità di azione che sono offerte. Per noi, rappresentanti di chiese riformate
dei paesi latini, è stata una scoperta interessante la diversità di
situazioni e di problemi che si
hanno, per esempio, in Gran Bretagna, dove la maggior parte
dei migranti sono cittadini britannici del Commonwealth, ma di
razze, culture e chiese molto differenti; oppure i problemi che
incontrano i cristiani ortodossi
in paesi e in chiese che non conoscono quasi nulla dell’ortodossia (necessità cultuali, tradizioni
alimentari, festività, ecc.).
Nella conferenza introduttiva,
il Dr. Jürgen Micksch, presidente
della consultazione, indicò l’am
piezza del problema, che investe
almeno 10 milioni di persone in
oltre 20 paesi europei. E non tutti i migranti o stranieri si trovano in condizioni analoghe: dallo
stagionale turco all’infermiera
taiwanese, dall’emigrato-rifugiato
al tecnico svedese o alle numerose finlandesi spose di tedeschi,
oltre, come dicevo più sopra, a
tutti i cittadini britannici provenienti da lontani paesi del Commonwealth, che hanno teoricamente gli stessi diritti civili e politici dei cittadini inglesi, irlandesi e scozzesi, ma che di fatto
si trovano emarginati e discriminati.
Anche per quanto concerne le
chiese dei paesi di immigrazione,
ci si trova di fronte a situazioni
molto diverse. Alcune chiese
hanno assunto in proprio il compito della predicazione e cura
d’anime, assumendo dei pastori
dei paesi d’origine degli immigrati, altre hanno affidato a chiese di quei paesi il compito di seguire i loro membri, altre infine
si disinteressano di tutti questi
problemi, limitandosi a concedere qualche sovvenzione in denaro.
Per cercare di riunire in una
visione organica tutte queste diverse situazioni e trovare un comune denominatore da poter
proporre alle chiese come piano
di azione, sono state elaborate
delle tesi, sulle quali le chiese dei
paesi di immigrazione e quelle
dei paesi di emigrazione saranno
chiamate a pronunciarsi.
Lo straniero
nella Bibbia e
nella nostra società
Prima di affrontare i problemi
concreti, i partecipanti alla consultazione sono stati condotti ad
una riflessione biblica dal Prof.
Bruno Corsani. Egli ha condotto
un’attenta indagine nell’Antico e
nel Nuovo Testamento per vedere in che modo, nella fede
d’Israele e nella comunità cristiana, era avvertito il problema
anche allora attuale della presenza degli stranieri, categoria
anche allora emarginata perché
priva dei diritti civili (e religiosi).
La legislazione ebraica era
molto umana nei confronti degli
stranieri e li proteggeva come le
altre categorie di deboli (orfani,
vedove) contro lo sfruttamento
e i soprusi degli autoctoni. Gesù
ha posto lo straniero nella stessa
posizione dell’affamato, del ma
lato, del prigioniero, cioè si è
identificato con esso («fui straniero e mi accoglieste... ») ed ha
indicato alla comunità cristiana
il vero angolo di approccio del
« problema » dello straniero.
Nei nostri paesi occidentali industrializzati, oggi non c’è più
l’affamato (almeno come categoria); il malato e il prigioniero
sono oggetto di speciali ministeri di cura d’anime e di assistenza. Resta lo « straniero », il lavoratore migrante che vive in una
società, fornisce ad essa la forza-lavoro delle sue braccia e
della sua intelligenza e si attende di essere accolto come un
« fratello » nel quale si incontra
il Cristo. A partire da questa affermazione, le chiese devono mettere in pratica tutta la loro capacità di inventiva e trovare il modo perché questa presenza diventi un « incontro ».
L’incontro di Liebfrauenberg
ha voluto fornire alle chiese un
materiale di riflessione ed ha sintetizzato le discussioni in alcune
« tesi », di cui diamo alcuni stralci.
Alcune tesi per la
nostra riflessione
Una prima serie di tesi affronta il problema di fondo, cioè il
significato di una presenza evangelica nel mondo della emigrazione. « Compito del servizio pastorale è di liberare l’uomo
schiavo per mezzo della proclamazione del messaggio di Cristo
e di dargli coraggio e speranza
per tutta la sua vita. Questo messaggio va rivolto isia ai cristiani
che ai non cristiani » (Tesi 1/1).
Il servizio pastorale tra gli emigrati — proseguono le tesi — deve riconoscere la dimensione diaconale insieme a quella missionaria e tener conto dei numerosi
problemi esistenziali che si pon
CEC - COMMISSIONE AFFARI INTERNAZIONALI
Necessità di un trattato
internazionale contro la tortura
Questo è il titolo di un documento pubblicato a cura della
Commissione degli affari internazionali del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che nel 1978,
trentesimo anniversario della dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, si è particolarmente occupata della situazione mondiale a
questo riguardo. L’introduzione
è stata scritta da Philip Potter,
segretario generale del Consiglio
Ecumenico delle chiese, ma il Documento comprende interventi
di persone non facenti parte del
Consiglio, ed è stato redatto per
la maggior parte da Hans Thoolen, segretario esecutivo della
Commissione intemazionale del
giuristi.
Scopo del documento è presentare il fenomeno della tortura e
trovare il modo di arginarlo, se
non di cancellarlo. La situazione a cui ci si trova di fronte,
oggi, è quella, tragica, della violazione di quei diritti umani approvati come indisponibili dall’unanime assemblea delle Nazioni Unite del 1948. Questa violazione è quasi « misurabile »
dalla frequenza dell’uso della
tortura. Questa, che è una delle
più gravi violazioni dei diritti
umani, è quasi sempre compiuta su coloro che difendono questi diritti, oppure è compiuta a
scopo intimidatorio per impedire di farlo.
Si può dire che la tortura sia
praticata ovunque nel mondo.
Ed è grave constatare che, se
si adotta la distinzione tra paesi «tecnologicamente progrediti»
e paesi « in via di sviluppo »,
molto spesso i paesi definiti
« progrediti » esportano, verso
gli altri, strumenti e metodi ■ di
tortura.
Di fronte a questa situazione
non si può che constatare l’assoluta inutilità di tutti i trattati
sottoscritti in questi trent’anni
a garanzia del rispetto dei diritti umani, anche se è vero che i
trattati maggiormente limitativi
per l’autorità statale sono stati
accettati da pochissimi paesi.
Per questi motivi si è sentita
l’esigenza di un trattato internazionale contro la tortura. Si può
essere scettici sulla sua utilità,
ma bisogna riconoscere che il
fatto stesso, delTesistere un
trattato in questo senso costituirebbe un problema su cui riflettere. L’associazione internazionale dei giuristi ha proposto un
testo, così come ha fatto la Svezia. Ma ancor più interessanti
sono i cosiddetti '« emendamenti
Gauthier », che contengono la
proposta di istituire una commissione internazionale che possa attivamente intervenire, visitando carceri e detenuti secondo modalità previste anticipatamente.
Tutti questi sono progetti da
discutere e riformulare in for
ma definitiva, ma comunque bisogna prima convincere il mondo della necessità e improrogabilità di un impegno in questo
senso. Non possiamo dire che
sia una situazione che riguarda
solo i politici, perché, come ricorda Philip Potter, l’esempio
della sofferenza e della morte
di Cristo deve impegnare i Cristiani a rispettare in special
modo coloro che soffrono per
gli altri. Danielle Jouvenal
PORTOGALLO
Congresso
degli insegnanti
dei paesi latini
Organizzato dalla Fédération
Protestante de l’enseignement
avrà luogo ad Abrantes in Portogallo il Congresso degli insegnanti dei paesi latini dal 26 luglio a.1 2 agosto 1979. Il tema del
Congresso è « Educazione e ideologia ». Le giornate di studio e
discussione si alterneranno a gite. Il prezzo del congresso è di
440 franchi francesi + 40 franchi
d’iscrizione. È possibile iscriversi sino al 1° giugno.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a: Ethel Bonnet - Via
Puhrmann 1 - 10062 Lusema San
Giovanni - tei. (0121)91.125.
gono per chi vive all’estero e che
richiedono l’espressione concreta di un amore cristiano realizzato nella solidarietà e nella giustizia.
Una seconda serie di tesi pone delle domande alle chiese dei
paesi di accoglienza. « Sono pronte, le grandi chiese di massa, a
ricevere le esperienze spirituali
delle chiese straniere come uno
stimolo per la loro propria vita?
Ciò potrebbe condurle a fare
nuove esperienze nella comunità
cristiana e ad evitare l’individualismo e l’intellettualismo particolarmente nel culto» (Tesi 2/3).
Una di queste esperienze potrebbe riguardare il confronto
sulle conseguenze politiche delTEvangelo che dovrebbe avvenire non con scandalo (per ciò
che altrove può essere abituale)
bensì con libertà; « Le Comunità evangeliche devono offrire agli
emigrati il diritto di parlare e lasciare loro uno spazio per esprimersi, anche se questo non sempre corrisponde al loro modo di
vedere » (Tesi 2/5).
Una terza serie di tesi concerne invece la responsabilità delle
chiese dei paesi di provenienza.
Anch’esse, sebbene spesso in situazioni di minoranza e di ristrettezze economiche, devono
considerare con molta attenzione
la loro responsabilità nei confronti dei loro membri costretti
aU’emigrazione. « Le chiese dei
paesi di provenienza devono, mediante consultazioni bilaterali e
internazionali, colloqui e incontri, contribuire a migliorare la
situazione degli emigrati » (Tesi 3/4). Esse « dovrebbero alme
no organizzare delle visite pastorali, là dove vivono piccoli grunpi minoritari di loro membri ai
chiesa » (Tési 3/5).
Un’ultima serie di tesi riguarda la materia un po’ terra terra,
forse, ma così necessaria, dei
rapporti fra chiese dei paesi di
provenienza e chiese dei paesi di
accoglienza dei lavoratori migranti, in vista della organizzazione del servizio pastorale per
questi ultimi. Si hanno spesso situazioni così diverse e a volte
così strane, che il servizio pastorale ne è spesso gravemente intralciato. Convenzioni bilaterali
o multilaterali dovrebbero permettere alle chiese di provenienza di mettere a disposizione pastori, assistenti di chiesa, animatori, evangelisti, mentre le chiese
dei paesi di accoglienza dovrebbero mettere a disposizione almeno i mezzi finanziari per consentire uno svolgimento soddisfacente di questo lavoro. Ma
soprattutto le comunità locali
dovrebbero essere disponibili all’incontro, fornendo collaboratori qualificati, strutture amministrative, locali, ecc.
Naturalmente, tutto questo
può restare lettera morta e non
avere nessun seguito, lasciando
immutata la situazione dei lavoratori migranti se le chiese non
prenderanno sul serio queste
domande e questi suggerimenti.
C’è tuttavia la speranza che, dopo la crisi economica che ha
messo in luce la inadeguatezza di
molte situazioni, (basti pensare,
anohe, ai problemi degli emigrati di ritorno) le chiese prendano
sul serio la loro responsabilità e
organizzino speciali gruppi di lavoro incaricati di realizzare le
indicazioni fornite dalla Consultazione di Liebfrauenberg.
E questo in particolare che attendiamo dalle chiese dei Cantoni svizzeri e dalle chiese evangeliche in Italia.
'Gianni Rogo
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Il solo a parlare
di Gesù Cristo
Tra i resoconti apparsi su diversi giornali per il Congresso
aretino del Movimento Cristiani
per il Socialismo, merita una
segnalazione quello di G. Zizola
sul Giorno del 12 marzo. Il quale, dopo aver informato sulla
situazione di crisi di fondo che
il Movimento dei CpS sta vivendo «per Tinsufflcienza di analisi della crisi e dei bisogni, dell’incertezza sui mezzi o forse
anche sull’obiettivo di uscire
dall’isolamento », sottolinea l’intervento di Marco Rostan, come
quello del « solo che in questa
assemblea di Cristiani per il Socialismo ha parlato di Gesù Cristo ». Ricorda lo Zizola, dall’intervento di Marco Rostan, che
« è decisiva la riflessione sulla
questione del potere » con la
convinzione « che Tunica negazione nella storia del potere è la
croce di Cristo ».
He «
Secondo Mondo e Missioni del
mese di febbraio, una apposita
circolare del governo cileno inviterebbe tutte le autorità periferiche ad appoggiare e favorire
le attività dei pastori protestanti delle varie denominazioni colà operanti in quanto «il consiglio dei pastori appoggia sempre il Governo ».
Secondo la rivista ciò è dovuto ,
all’atteggiamento strettamente
fondamentalista delle Chiese
protestanti che le porta « ad
una posizione teologica molto
conservatrice». Porse la notizia
andrebbe meglio verificata, ma
rimane l’impressione di quanto
siano mutate le cose dai tempi
del vescovo luterano Helmut
Frenz, e di quanto sia facile trovarsi a fare (involontariamente) politica quando si parte dal
principio astratto di non volerne fare.
« II: He
Il Corriere Biellese del 24 marzo, ritornando sulla necessità di
lottare « non per la revisione, ma
per l’abrogazione del concordato » ricorda che la Chiesa valdese (e quella metodista aggiimgiamo noi) «coerentemente con
il principio che la fede non si
insegna ma si testimonia » ha
finito col rifiutare « ogni sovvenzione dello Stato ».
G. Baget Bozzo ne La Repubblica del 9 marzo, parlando dei
voti di castità del clero cattolico ricorda la sequela di Cristo
predicata e vissuta da D. Bonhoeffer come solo pimto di partenza accettabile per una verginità giustificata da un dedicarsi integralmente a Cristo.
Ancora a Bonhoeffer si riferisce in una intervista pubblicata
da Città Nuova del marzo, lo
scrittore Pomilio per ricordare
come B. « raccomandava ai cristiani di parlare come se Dio
non ci fosse, di parlare cioè all’interno di im discorso che avesse sì come riferimento questa
presenza di Dio, ma che nello
stesso tempo si sciogliesse nel
discorso collettivo di tutti quanti gli uomini ».
Una ridescrizione del concetto di cristianesimo senza chiese,
che valorizzi il cristiano come
« sale della terra » e non come
partecipe ad organizzazioni umane che tendono inevitabilmente ad esercitare un potere,
piccolo o grande che sia.
* ♦ *
Il numero di febbraio di Popoli e Missioni rispondendo ad
un lettore turbato dalla invadenza del proselitismo dei Testimoni di (Teova gli dà più o meno
saggi consigli per una rt^ionevole difesa. Da sottolineare che
la risposta, invitando ad astenersi da discussioni con i Testimoni, aggiunge, che « esse richiedono una preparazione che non
tutti forse possiedono ». Siamo
sempre alla distinzione tra religione popolare e religione teologica??
• * *
Rinnovando agli amici il ringraziamento per il contributo
che danno a questa rubrica vorremmo ricordarne il titolo ; a noi
interessa segnalare quanto si dice di noi (i protestanti) nella
stampa italiana e non tutto
quanto si dice in materia religiosa. Con il ’riflusso’ in essere
rischieremmo di finire annegati
sotto la massa di segnalazioni e
ritagli. Grazie comunque perché
sempre « melius est abundare
quam deficere ».
Niso De Michelis
4
6 aprile 1979
TORINO: MOSTRA ANTOLOGICA AL PICCOLO REGIO
Scroppo, pittore valdese
La Mostra antologica di Filippo Scroppo, allestita nel Foyer
del Piccolo Regio di Torino, apre una serie di esposizioni
d’arte patrocinate dall’Assessorato all’Istruzione - e alla Cultura
della Regione Piemonte. Inaugurata il 20 marzo, resterà aperta
fino al 14 aprile.
« Perché questa scelta? » È
stato chiesto da im giornalista
nella Conferenza-Stampa che ha
preceduto l’apertura della Mostra. «Una mostra di Scroppo
nel 1979 non costituisce una scelta su cui dubitare, ma un obbligo morale della cultura pittorica piemontese. Scroppo oltre ad
essere un pittore di valore, noto
anche all’estero, è un infaticabile e convincente organizzatore
di cultura; uno dei pochi che
abbia saputo e sappia unire alle
proprie convinzioni e ricerche
estetiche la volontà di socializzarle, di renderle patrimonio di
tutti senza per questo indulgere
alla moda o sottostare alle opinioni correnti per farsi accettare. Fra lui e la sua opera non
vi è mai stata mediazione dovuta all’opportunità; sempre coerenza e rigore prevalgono su
ogni altra esigenza ». Sono parole con cui l’assessore regionale
Fausto Fiorini apre la presentazione di Scroppo sul catalogo
della mostra, e con simili parole
ha risposto al giornalista durante la Conferenza-Stampa.
Marco Rosei, nello stesso catalogo, espone nei dettagli il rapporto di Scroppo con la cultura artistica torinese, ed infine,
il moderatore della Tavola Valdese, Aldo Sbaffi, presenta Scroppo come « pittore valdese ». A
quest’ultima presentazione è alle^gata, in miniatura, ima copia
di’una lettera del Consiglio della Facoltà Valdese di Teologia,
del 1939, che accetta la domanda dello studente in teologia
Filippo Scroppo.
«Filippo Scroppo, un pittore
valdese »: visitando la sua mostra ci imbattiamo subito in opere che parlano in modo esplicito del suo legame con il mondo valdese. Sono tele dai titoli
significativi; «Casa a Villar Pellice », « Incendio in Val Pellìce
- rappresaglia nazista », « Trois
jeunes filles », « O monts, ò mes
vallées », ecc., che denotano quanto le Valli Valdesi siano divenute la sua «patria di adozione».
Scroppo è nato a Riesi, in una
famiglia valdese dell’evangelizzazione; nel 1934 si è trasferito
a Torino e alle Valli Valdesi. A
Torre Pellice ormai da trent’annì, organizza, durante il periodo
sinodale, ima Mostra d’arte contemporanea, che rappresenta in
modo vivo il legame della sua
arte con la sua fede, della sua
cultura con il suo ambiente.
Dopo il 1947 Scroppo abbandona il paesaggio e la figura.
: Forme
1963
ascendenti »,
ed affronta un’espressione pittorica alla ricerca di una nuova
condensazione delle forme, in
cui esprime il fantastico e l’astratto, l’anelito a nuovi spazi
da una parte e a una nuova e
diversa concretezza dall’altra.
In questa fase non troviamo
più un riferimento esplicito al
mondo valdese, ma possiamo
notare la costante ricerca di un
mondo che va al di là del concreto e del materiale, aspirazione di una presenza trascendente, che Scroppo non esita a
chiamare « mistica », legame persistMite della pittura di Scroppo con la problematica teologica che rimane nella struttura
della sua personalità artistica.
Questa ricerca, questa aspirazione trova espressione nei suoi
numerosi « ritmi ascendenti », o
« ritmi verticali », nelle « forme
ascendenti » e « rampanti », nelle
« immagini ascendenti », nella varia espressione di « nuovi » spazi. L’ultima produzione di Scroppo, quella delle bellissime « areografie », è una ricerca assoluta
di luce e di colore, di vita.
« Sì — mi dice Scroppo — anche altri hanno osservato queste caratteristiche nella mia pittura. Sanguinati diceva che i
miei quadri assomigliano a cattedrali gotiche, tutti tesi verso
l’alto... ». Lietta Pascal
RADIO E TELEVISIONE
Noi, voi, loro, donna
Sulla terza rete radiofonica che
va in onda al mattino dalle ore
10 alle 10.45 nella rubrica « Noi,
voi, loro, donna », da alcuni venerdì si sta parlando dei « consultori ». È una trasmissione che,
data l’ora, può essere ascoltata
facilmente dalle casalinghe ed
in cui i problemi sono sempre
trattati su scala nazionale con
interventi di persone qualificate e con telefonate estemporanee
da ogni parte d’Italia. Uno dei
punti emersi da queste trasmissioni è stato quello dei « consultori» che hanno, come ginecologo, un medico obiettore di
coscienza.
È stato chiesto ad uno di questi medici il perché della sua
posizione ed egli ha risposto
che, essendo egli già ginecologo
del consultorio prima della entrata in vigore della legge sulla
interruzione della gravidanza,
aveva continuato il suo lavoro
in quella sede pur non sentendosi di applicare la nuova legge. Al che il pretore Amendola di
Roma ha risposto che anch’egli,
come pretore, si trovava talora
a dover ottemperare a leggi con
le quali la sua coscienza non era
pienamente d’accordo; ma, essendo egli un pubblico ufficiale
(come nel caso del ginecologo
di consultorio), non poteva fare a meno di applicare la legge.
Se poi uno non se la sente veramente di applicarla, non ha
che da dimettersi. Nessuno obbliga un medico ad essere ginecologo di consultorio.
Altri punti emersi dalla trasmissione sono stati questi: vi
è un’enorme differenza fra consultori e consultori e questo non
solo fra nord e sud; difatti, una
telefonata da Udine ha messo in
luce tutte le carenze esistenti in
quella zona.
Le difficoltà più gravi stanno
nella preparazione del personale, nel corporativismo della classe medica, nella difficoltà del
lavoro in « équipe », nello scollamento fra consultori ed ospedali. L’obiezione di coscienza è
massiccia, soltanto il 10% degli
aborti passa per i consultori
che, invece, esistono proprio per
combattere l’aborto clandestino.
È stato messo in luce come
il momento più importante, che
occorre valorizzare e potenziare,
del consultorio, è l’assemblea
delle donne (qualcuno preferisce
definirla più familiarmente « riunione »). In quell’ambiente le
donne possono veramente esprimersi e portare il loro contributo (sono stati trasmessi nastri
registrati molto vivaci della IX
circoscrizione di Roma). È quel
10 il luogo della partecipazione:
nella regione Lazio l’assemblea
delle donne partecipa ai programmi ed all’organizzazione
del consultorio.
Questa loro presenza è essenziale. In certi consultori autogestiti (per es. quello di San Lorenzo, Roma) le donne hanno
iniziato il lavoro prima ancora
che la legge sui consultori fosse
varata. Quelle donne hanno compreso che il problema non è
11 loro singolo ma quello di tutte e sono state di stimolo per
le altre.
Credo però, come sottolineava anche una rappresentante
dell’U.D.I. che, se anche il consultorio autogestito funziona
meglio di quello pubblico (ancora molto carente o addirittura
assente in certi luoghi) è necessario che noi puntiamo sul consultorio pubblico per farlo fun
zionare meglio onde si capisca
finalmente che la maternità è
un valore sociale. Il consultorio
pubblico ben funzionante _ potrebbe persino, in un futuro non
certo breve, far diventare inutile
la legge sull’aborto.
Potrei far ancora altre riflessioni, ma mi pare sufficiente ribadire il fatto che il problema,
in tutto il discorso sui consultori, non è il mio sìngolo (come
rispondevo ad una amica che,
avendo come me oltrepassato
la sessantina, mi chiedeva perché mi interessavo della cosa): è
quello di tutte ed appunto per
questa ragione mi coinvolge in
prima persona. Mi sento addosso la domanda di Dio a Caino:
« Dov’è tuo fratello? » e, se anche non ho ucciso nessuno, non
posso fare a meno di chiedermi:
« Dov’è tua sorella, che cosa
fai per lei? Che cosa la tua fede
evangelica ti chiede di fare in
questo momento? ».
Guardiamoci attorno,, ognuno
nel pn^rio ambiente, di fronte
alle strutture già o non ancora
esistenti. Credo veramente che,
in questa situazione, ci sia qualcosa da fare, oggi.
Elsa Rostan
a colloquio
con i lettori
FARE CHIAREZZA
Caro direttore, ,
ho letto con interesse sul n. 9 della Luce la problematica emersa dall'incontro dei gruppi F.D.E.I. riuniti a Pisa, circa l'utilità o meno delle Unioni
Femminili. È questo un argomento sul
quale, a mio avviso, sarebbe bene fare chiarezza una volta per tutte, per
evitare malumori e incomprensioni.
Spesso l'Unione Femminile viene anche ritenuta fattore di divisione all interno delle comunità, e questa valutazione non può essere certo contestata se le donne continuano a darsi
come scopo la « cura d'anime », le visite, i «bazar», gli studi, biblici e
di altro genere. Non si riesce, in effetti, a comprendere il perché di una
gestione femminile, separata, di attività e servizi che dovrebbero coinvolgere la comunità tutta. Come non si
può negare che l'Unione Femminile, così intesa, ghettizzi le donne, in quanto, inconsapevolmente direi, non fa
che ribadire il principio della divisione
dei ruoli contro cui il movimento delle
donne rivolge oggi la sua lotta. A mio
avviso, l’Unione Femminile ha un senso
ed uno scopo se nasce dall'esigenza
delle donne di riunirsi fra di loro per
prendere coscienza della loro condizione di donna e per analizzare la subalternità della donna nella Bibbia, nella casa, nella chiesa, nella società.
Anche Gesù metteva in discussione, senza esitazione alcuna, i miti,
i tabù, i comportamenti del suo tempo. Non accettandone del tutto i modelli socio-culturali, sfatò il mito del
sabato, dell'impurità e, in polemica con
le consuetudini giudaiche, rivalutò il
ruolo di quella « cosa » considerata
priva di anima che era la donna della
-società ebraica.
1 cristiani hanno sempre preferito
relegare nel campo della spiritualità
il principio che « in Cristo non vi è
né uomo né donna »; dovrebbe essere
il compito delle Unioni Femminili provocare la nascita di una nuova mentalità per realizzare nel concreto la effettiva parità dell’uomo e della donna,
come di tutti gli esseri umani, in conformità alla prassi di Gesù che invitò nel suo gruppo gli esattori delle tasse, i peccatori, e le donne, cioè gli
esclusi e gli emarginati.
Vera Velluto, Taranto
________UN LIBRO CONTROCORRENTE DELLA CLAUDIANA
L’uomo della Sindone
Pier Angelo Gramaglia è noto
a chi ha seguito i dibattiti sulla
recente ostensione della Sindone
di Torino, perché è uno dei rari
studiosi che contestano l’autenticità della Sindone o, per meglio
chiarire il problema, uno dei pochi che affermano che l’uomo
della Sindone non è Gesù Cristo.
Il prof. Gramaglia ha condotto
una ricerca che è andato via iria
pubblicando sul « Foglio », perio
VITTORIO SUBILIA
Tu sei
L’enigma del fondamento evangelico del papato
pp. 80, L. 2.000
• Esiste un fondamento biblico del papato? È una istituzione coerente con Tinsegnamento e la volontà di Cristo o
è una creazione puramente storica? La famosa parola
di Matteo è stata pronunziata realmente da Gesù o gli è
stata attribuita da una comunità cristiana? Quale e
perchè?
• Il problema è approfondito con vastissimo raggio di conoscenze (Bibbia, apocrifi, letteratura ebraica, patristica ecc.).
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso, 1 - 10125 Torino
c.c.p. 2/21641
dico curato da un gruppo di cattolici di base torinesi. La Claudiana ha raccolto in seguito questi articoli, ampliati, e accanto a
questa ricerca ha inserito una
breve storia sulle sindoni rivali
scritta da C. Papini. Quest’ultima parte ha il pregio di ricordare e prendere in considerazione
le altre sindoni esistenti, che normalmente vengono liquidate in
poche battute per amor di tesi.
Il Prof. Gramaglia non propone teorie sbalorditive, si limita
ad un accurato esame di documenti antichi, di solito piuttosto
trascurati, e accumula in questo
modo una serie di dati con i quali le tesi dei sindonologi, se non
proprio smontate, sono almeno
ricondotte al più credibile campo delle ipotesi opinabili.
Non si nega che l’impronta della Sindone di Torino sia quella
di un crocifisso palestinese, ma
la conclusione di Gramaglia è
che « l’ipotesi più probabile è
questa: l’uomo della Sindone non
è Gesù Cristo »: la nuova ipotesi
che l’Autore formula è che la Sindone abbia avvolto il cadavere
di un crocifisso palestinese, ma
non del I secolo, bensì del VII,
quando la pratica della crocifis
sione fu ripresa in una catena
di dileggi, ritorsioni e vendette
che coinvolsero arabi, cristiani
ed ebrei.
Decisamente apprezzabile lo
studio condotto dall’autore, ma
qualche riserva va formulata per
lo stile. La ricchezza di citazioni
rende la lettura piuttosto pesante anche se l’autore cerca di alleggerire il carico dei documenti
con uno stile informale. Non penso che sia;.un libro che ppssa rqggiungere^ia dimensione di libro
di divulgazione perché la serietà
dello scritto e la fedeltà nel riportare la documentazione antica purtroppo vanno a scapito
della scorrevolezza dello stile.
Resta il fatto che si tratta di uno
studio serio, condotto con rigore « scientifico » che non si permette di fare curiose contaminazioni per cui dove la scienza e la
storia non bastano si ricorre alla
fede!
Patrìzia Mathieu
Pier Angelo Gramaglia, « L’uomo
della Sindone non è Gesù Cristo »
- Claudiana 1978, 85 pagg. L. 2.800.
Docente di Patrologia presso la Facoltà Teologica Interregionale a Torino.
MALGRADO TUTTO
Signor Direttore,
Ad una lettera garbata come quella
del lettore Domenico Di Toro mi ritengo in dovere di rispondere.
Nel testo originale della mia lettera
pubblicata il 2.2, evidentemente troppo
lunga per essere riportata integralmente, osservavo, fra l'altro, che « l’informazione politica di un settimanale
non può essere tempestiva, né può offrire ai lettori la vasta gamma di tendenze dei quotidiani, per cui interessa una cerchia limitata di persone ».
Forse, con questa precisazione, sarebbe risultato chiaro ai lettori che non
pretendo una politica « fatta a modo
mio », ma che preferirei un Eco-Luce un
po' meno politicizzato.
La politica è una palestra di sopraffazione; ben pochi politici sono talmente onesti da ammettere i loro
eventuali errori: quanti anzi si arrampicano sugli specchi per difenderli anche contro l'evidenza dei fattiI
,« Uomini Nuovi » diffonde il foglio
« Dalla Chiesa Perseguitata » che si
occupa dichiaratamente dell'assistenza
religiosa e umanitaria dei perseguitati
a causa della loro fede religiosa nei
regimi comunisti. La lettura di questo
foglio non vieta a nessuno di fare altrettanto a favore di perseguitati da
regimi di altro colore. D’altra parte,
non ho proposto all’Eco-Luce di interessarsi solo dei, perseguitati nelle
dittature comuniste, ma anche di loro.
Dirò ancora per concludere, che ritengo di poteri'Individuare fra i lettori, quattro diversi comportamenti:
1) Approvazione incondizionata della linea del giornale; 2) Critica, ma
guai a scriverei (pro bono pacis o
perché « tanto non serve a niente ») ;
3) Disapprovazione e conseguente disdetta dell'abbonamento; 4) Critica dichiarata accompagnata da proposte.
Per la Redazione, il primo comportamento chiaramente non crea problemi; del rimanenti tre, l'ultimo, nel
quale mi identifico, è evidentemente
il più noioso; tuttavia, malgrado tutto, credo che la Redazione non ritenga inutile la critica, se costruttiva.
Decisamente inutile invece, ai fini
del dialogo, il fare dello spirito (veda
in proposito il « Suo interlocutore »
dell'ultimo capoverso della lettera pubblicata il 16.2. Cordialmente.
Guido Baret, Pomaretto
5
6 aprile 1979
PAOLO RICCA COMMENTA LA «REDEMPTOR HOMINIS », PRIMA ENCICLICA DI GIOVANNI PAOLO II
Luci e ombre da Wojtyla
Al binomio Cristo-uomo si intreccia intimamente una costante riflessione sulla chiesa
in cui, malgrado alcune novità e alcune formulazioni positive, si rivela tutto il peso di una
posizione che a nostro giudizio è tutta da rivedere
Il quotidiano « Le Monde » sostiene che
la prima enciclica di Giovanni Paolo II
« non porta niente di molto nuovo, se si
eccettua il tono e lo stile ». In effetti il
materiale teologico con cui essa è costruita è in larga misura tradizionale e, soprattutto, conciliare: il pensiero di papa
Wojtyla è fortemente radicato nella teologia del Concilio. Ma lo è anche, altrettanto, in quella di Paolo VI. Fra i pontefici di cui l’attuale papa porta i nomi,
quello di gran lunga più citato è Paolo
VI, tanto che, alla luce di questa sua enciclica, papa Wojtyla avrebbe potuto
chiamarsi Paolo VII anziché Giovanni
Paolo II. Ma quali sono gli accenti nuovi, originali che l’attuale pontefice introduce nell’ampio retaggio conciliare e papale passato ora nelle sue mani? Le novità non sono soltanto di tono e di stile.
Il tono, certo, è nuovo, non solo perché,
com’è stato notato, qua e là diventa « lirico » (la prosa del pontefice è a tratti
venata di poesia) ma perché è un tono
militante, confessante, affermativo: la fede di Wojtyla è — come vedremo — circondata di « misteri » ma non è problematica: i problemi stanno tutti dalla
parte del mondo. Anche lo stile è nuovo:
molto personale (il pontefice parla in
prima persona singolare, abbandonando
— felicemente! — (ma solo nel testo italiano, non in quello latino che è quello
ufficiale) il tradizionale « noi » dei papi
precedenti) e sorretto da una forte tensione spirituale.
Ma soffermiamoci sui contenuti, cioè
sulla sostanza teologica dell’enciclica.
Non è un caso che Wojtyla stesso la definisca una «meditazione» (n. 22): essa
lo è per le circostanze in cui è nata e
per la densità del pensiero che vi si esprime. Più che come discorso programmatico (benché lo sia anche: lo dimostra tra
l’altro la sua ampiezza), essa va letta appunto come « meditazione » prolungata e
sostanziosa sul « cuore » (un termine che
piace molto a Wojtyla) del cristianesimo
cattolico.
Qual è questo « cuore »? È « il mistero della redenzione » di Cristo nell’uomo e dell’uomo in Cristo. Qui appare la
prima luce dell’enciclica insieme alle prime ombre. La luce è questa: Wojtyla ha
posto al centro della sua meditazione
quello che senz’altro è il centro dell’Evangelo: il binomio Cristo-uomo. In
questo senso l’enciclica è perfettamente
« centrata »: i due poli intorno a cui essa
ruota sono gli stessi intorno a cui ruota
tutto l’Evangelo. Anche la Riforma non è
stata altro che una meditazione sul rapporto tra Cristo e l’uomo.
Quale Cristo
e quale uomo
Quali sono le ombre? Eccole. Anzitutto la redenzione è descritta come « mistero ». Ma non solo la redenzione. L’enciclica trabocca di « misteri »: mistero
dell’uomo, mistero di Cristo, mistero
della chiesa, mistero dell’unione di Cristo con l’uomo, mistero della figliolanza
divina, mistero del sacrificio di Cristo,
mistero eucaristico, mistero della Madre...
Ci si chiede: che cosa, dunque, non è
mistero? Il cristianesimo sarebbe una
religione di mistero? L’Evangelo è davvero una collezione di misteri o non
piuttosto il disvelamento di tutti i misteri — tranne il « mistero d’iniquità »
(2 Tess. 2: 7) peraltro ignorato dal pontefice? Non c’è forse qualche segreto rapporto tra l’insistenza sul « mistero » e
l’affermazione -di un potere sacerdotale
che ne detiene la chiave?
In secondo luogo: quale Cristo è il
Redentore dell’uomo? È il Cristo incarnato, crocifisso e risorto. « Con la sua incarnazione — dice il papa citando la Gaudium et Spes — il Figlio stesso di Dio
si è unito in certo:;.modo a ogni uomo »
(n. 8). Ma in quale modo? Non si sa.
Questo è veramente un mistero: una costruzione teologica arbitraria che tende
a mettere le mani sull’uomo a sua insaputa e, forse, suo malgrado. Quanto al
Cristo crocifisso, esso è, nell’enciclica,
(tutto all’opposto che nell’Evangelo)
completamente destoricizzato: si parla
(bene) della sua vita (n. 7) ma si ignorano del tutto le circostanze storiche
concrete della sua morte (la lotta di
Gesù contro il Tempio, contro la teologia ufficiale, ecc.), che sono indispensabili per una vera comprensione della
croce.
In terzo luogo: quale uomo è quello
di cui parla il pontefice? Anche qui —
come ha già giustamente rilevato in un
suo commento Filippo Gentiioni — si
tratta « di un uomo assoluto, destoricizzato, senza mediazioni storiche e cultu
rali ». Si tratta di un uomo generico.
E in questa genericità anche l’Evangelo perde certi suoi connotati fondamentali. « L’Evangelo è annunciato ai poveri » dice Gesù. Questa nota si dissolve nell’uomo generico. Il papa evoca in
maniera efficace e puntuale (anche se si
tratta di cose risapute) i maggiori problemi della società post-industriale e
della sua crisi, le insolubili contraddizioni del sistema capitalistico (n. 16) e gli
esiti totalitari delle società comuniste (n.
17). Parla della paura dell’uomo di fronte ai prodotti del suo lavoro (n. 15) e
delle minacce che incombono sulla sua
umanità, ostacolando il processo di
«umanizzazione della vita» (n. 14). Afferma che la chiesa dev’essere « consapevole della ’’situazione” dell’uomo » (n.
14), ma questa consapevolezza sembra
essere nel pontefice stesso tutt’altro che
completa. Egli non indica, ad esempio,
quanto peso abbiano, nel determinare
la concreta ’’situazione” dell’uomo d’oggi, le divisioni di classe, la segregazione
razziale, e la stessa alienazione religiosa.
Mancando al discorso del papa sull’uomo questa concretezza, non ci si meraviglia che egli finisca per rivendicare « la
superiorità dello spirito sulla materia »
e il primato deH’essere sull’avere (n. 16)
anziché affermare energicamente la loro
interdipendenza.
L’ombra maggiore
In quarto luogo (e questa, a nostro
giudizio, è l’ombra maggiore del documento), proprio questa enciclica che insiste tanto sull’unione - tra Cristo e l’uomo, stranamente parla molto poco della
fede, e ne parla (è sintomatico) in un
discorso sulla « verità » che sfocia in
quello sull’infallibilità (n. 19). A questa
vistosa lacuna fa riscontro l’altra: la
parola di Dio, benché sovente citata (talvolta anche a sproposito), non è additata come fonte vera e perenne della fede. Al binomio Cristo-uomo non corrisponde il binomio Parola-fede. Così tutto il discorso resta come sospeso per
aria, o meglio viene assunto e assorbito
nell’arcano « mistero della chiesa ».
Infine, la centralità di Cristo è compromessa dal lungo discorso su Maria
(n. 22), di cui si dice: «noi Crediamo
che nessun altro sappia introdurci come
Maria nella dimensione divina e umana
di questo mistero» (della redenzione).
Questo mistero si è formato « sotto il
cuore della Vergine », che quindi dev’essere « maternamente inesauribile ». Ma
questo compito di introduzione nell’evento della salvezza i primi cristiani non
l’hanno assegnato allo Spirito Santo?
In conclusione diremo che il tema dell’enciclica è evangelicamente centrato e
centrale, e questo è il pregio non piccolo del documento. Ma lo sviluppo del tema, nelle sue linee di fondo, suscita più
riserve che adesioni.
La riflessione
sulla Chiesa
Se il centro della meditazione pontificia è il rapporto Cristo-uomo, ad esso si
intreccia intimamente una costante riflessione sulla chiesa. Anche qui il discorso
procede tra luci e ombre. Le luci ci sembrano essere sostanzialmente due. La
prima è costituita da ima sezione davvero bella, che sottoscriviamo di tutto
cuore, in cui il pontefice parla della
chiesa come della « comunità dei discepoli e dei confessori » di Cristo, che dev’essere « costruita » (si noti il verbo)
da tutti i credenti, ciascuno recandovi
il proprio « dono » ricevuto dal Signore
insieme alla « vocazione » (n. 21). La chiesti è dunque.; una comunione di carismi
e di vocazioni, è una comunità carismatica nella quale l’aspetto giuridico resta
relegato molto sullo sfondo. L’esistenza
della chiesa non è altro che « seguire
Cristo». Non è forse esagerato dire che
qui il pontefice propone una costruzione
(o ricostruzione?) della chiesa « dal basso », a partire cioè dalla comunità dei
credenti, visti non più come gregari della
gerarchia ma come titolari di carismi.
Certo, la gerarchia e le sue prerogative
non vengono dimenticate né ridimensionate, ma non c’è dubbio che l’accento
cada, e con forza, sulla comunità dei fedeli, il che è cosa ottima.
La seconda luce, sempre in questo contesto, è il ripetuto richiamo (nn. 18, 19,
21) alla partecipazione di ogni credente
al « triplice ufficio di Cristo: profetico,
sacerdotale e regale ». Questa dottrina,
accolta e insegnata dal Concilio, potreb
ristia « costruisce, la chiesa e la rigenera » e la chiesa « vive dell’eucaristia ».
Non solo, ma in essa «si esprime più
compiutamente il nostro nuovo essere ».
Alla riaffermata centralità dell’eucaristia
si accompagna, nell’enciclica, un forte
richiamo alla penitenza personale e alla
confessione auricolare, con un’implicita
riaffermazione della centralità della mediazione sacerdotale. Che dire di tutto
ciò? Che dire di questa sorta di escalation della teologia eucaristica che ormai,
si direbbe, procede a briglia sciolta, senza il controllo della parola di Dio, e tutto
costruisce sull’eucaristia e a partire da
essa e allo stesso tempo la clericalizza
facendo della sua celebrazione ima prerogativa esclusiva del sacerdote? Che dire di questa fede eucaristica (poiché di
fede si tratta) che non ci sembra avere
riscontro nell’esperienza del cristianesimo apostolico, se non che è una fede diversa da quella che, partendo dallo stesso Cristo, abbiamo ricevuto e cerchiamo
di vivere? In un certo senso cadono le
braccia. Se questo continuerà ad essere
l’insegnamento dei papi e se i papi continueranno a dettar legge nella chiesa
cattolica, i cattolici e i protestanti che
praticano l’ecumenismo potrebbero chiedersi — conie l’apostolo Paolo — se non
stiano correndo o non abbiano corso
invano (cfr. Gal. 2: 2). Oppure dobbiamo
continuare a « sperare contro speranza »
che l’ecumenismo andrà avanti, malgrado i papi?
Oscillazioni
e centralità
be — se debitamente valorizzata — portare molto lontano (come ha ricordato
Sergio Rostagno in un commento apparso sull’Avanti, essa è stata diffusamente
e sistematicamente trattata da Calvino)
e costituisce comunque un’ottima piattaforma per una elaborazione ecclesiologica orientata in senso biblico ed ecumenico. Indubbiamente questo papa ama
la collegialità a tutti i livelli (n. 5) e
intende promuoverla; ha un senso vivo
della coralità del popolo di Dio (reparto
cattolico) e intende corresponsabilizzarlo il più possibile. Tutto ciò è molto positivo. Persino la concezione che Wojtyla
ha del papato sembra improntata a una
certa sobrietà: egli si definisce « vescovo
di Roma » (non vescovo dei vescovi) e
« successore di Pietro » (non vicario di
Cristo) e afferma che il principio che regola la vita di ogni cristiano « anche il
Papa... deve applicarlo a sé» (n. 21).
L’ecumenismo
ignorato
E le ombre dove sono? Sono anzitutto nel fatto che tutta una serie di posizioni cattoliche tradizionali vengono tranquillamente riaffermate senza tener conto alcuno né degli sviluppi del dialogo
ecumenico che impone a tutte le chiese
una certa revisione critica del proprio
bagaglio dottrinale né del pensiero di
molti teologi cattolici che, su quei punti, non coincide più con quello cattolico
tradizionale. Vengono cosi riproposte tali e quali, senza il minimo accenno critico, dottrine come il celibato dei sacerdoti, il carattere indelebile dell’ordinazione sacerdotale, l’indissolubilità del matrimonio, i « consigli evangelici » destinati ai soli religiosi, il matrimonio come
sacramento, la comunione gerarchica tra
vescovi e papa, l’infallibilità di quest’ultimo, la teologia al servizio del magistero (anziché della parola di Dio) pur nel
quadro di una « stretta collaborazione »
tra i due, la concezione pacelliana della
chiesa come corpo mistico di Cristo
(menzionata due volte) e — come già
s’è detto — una forte dose di mariologia
(nn. 21, 19, 22). Tutte queste posizioni
vengono riaffermate come se l’ecumenismo non fosse mai esistito e non esistesse. Una cosa sembra certa: questo papa
deye avere ben poca familiarità con la
riflessièf^ ecùmenica.-Éppure, secondo
lui, l’ecumenismo (al quale è dedicato
l’intero paragrafo 6) dovrebbe anche significare « comune ricerca della verità
nel pieno senso evangelico e cristiano ».
Ma di questa ricerca comune, sulle questioni sopra menzionate, che non sono
del tutto marginali, non c’è nella sua enciclica traccia alcuna.
Ma dove le posizioni del pontefice sono
più tradizionali e meno ecumeniche che
mai è nel discorso sull’eucaristia (n. 20).
Qui non soltanto vengono ribadite le note concezioni dell’eucaristia come « sacrificio » e come « centro e vertice di tutta la vita sacramentale» ma si parla addirittura della « efficacia redentrice »
dell’eucaristia, perché in essa Cristo avrebbe « racchiuso in forma sacramentale la forza della sua azione redentrice ». Perciò, secondo il pontefice, Teuca
In secondo luogo, le ombre del discorso pontificio sulla chiesa si addensano
nelle pieghe di un’ecclesiologia riassunta
nell’enciclica in questo leit-motiv: da un
lato « Gesù Cristo è la via principale della chiesa» (n. 13) e dall’altro «l’uomo
è la prima e fondamentale via della chiesa» (n. 14). Il pensiero del pontefice
oscilla tra queste due affermazioni apparentemente contradditorie. La contraddizione si risolve nella chiesa. La chiesa
sta in mezzo tra Cristo e l’uomo. La via
della chiesa è nello stesso tempo Cristo
e l’uomo perché l’uno e l’altro si incontrano nella chiesa. Cristo e l’uomo sono
la via, la chiesa è il crocevia. La centralità di Cristo (« centro del cosmo e della
storia» n. 1) e dell’uomo («il punto più
importante del mondo visibile »: n. 8)
si fondono nella centralità della chiesa.
Rispetto al binomio Cristo-uomo la chiesa non è una terza istanza, ne è l’istanza riassuntiva. La chiesa si trova sulla
via « su cui Cristo si unisce a ogni uomo » e qui « non può essere fermata da
nessuno » (n. 13) — un’affermazione, questa, che può destare legittime preoccupazioni. La nostra concezione della chiesa è molto diversa. Per noi la chiesa non
sta in mezzo ma di fianco, non occupa
una posizione centrale ma laterale; è
una comunità di servizio e chi serve non
è mai al centro.
In questo stesso ordine di considerazioni c’è un’altra oscillazione sintomatica
del pensiero del papa che vai la pena di
segnalare. Egli parla ripetutamente di
« nuovo Avvento » (collegandolo al Duemila, come per un singolare sussulto
millenaristico) e lo riferisce ora a Cristo (n. 1), ora alla chiesa (n. 20), ora
all’umanità (n. 22). Anche questa fluttuazione dimostra come questi tre poli del
pensiero di Wojtyla non solo si richiamino a vicenda ma si sovrappongano e fondano l’uno nell’altro. Da qui nascono diverse conseguenze. Per brevità ne indichiamo due sole: il rapporto chiesa, verità e libertà, e quello tra chiesa e società.
Il papa ritorna due volte sulla questione della verità (nn. 12 e 19). La chiesa
è una sorta di centrale della verità, essendo il punto d’incontro tra la verità dell’uomo e la verità di Dio. Essa è, per così dire, doppiamente « maestra di verità» (n. 12). Ma siccome la vera libertà
sgorga dalla conoscenza della verità (n.
12), resta pericolosamente in sospeso la
questione del rapporto tra libertà ed
« errore ». La storia e l’esperienza insegnano che ogni istanza umana, ecclesiastica in primo luogo, che si ponga come
maestra della verità anziché come sua
discepola, tende istintivamente a restringere i confliìi' dfeMa libertà, senza aggettivi qualificativi.
Per quanto concerne la posizione della
chiesa nella società, non potrà trattarsi
che di una posizione di centro. « Le Monde » sostiene che « il cuore del papa è a
sinistra, la sua testa è a destra ». In realtà testa e cuore stanno al centro. Da questa posizione di centro la chiesa si appella «alle due parti» (n. 16). L’appello,
in sé, è evangelico e coraggioso: il papa
evoca la parabola biblica del ricco e Lazzaro per descrivere (come già fece H.
CJollwitzer diversi anni or sono) il contrasto odierno tra paesi ricchi (e « cristiani ») e paesi poveri; denuncia le
cause strutturali della miseria; sollecita
Paolo Ricca
(continua a pag. 8)
6
6 aprile 1979
cronaca delle valli
INTERVISTA AL DOTT. GIOVANNI VILIANIS
PEROSA ARGENTINA
Un medico sempre dì guardia
Per 27 anni è stato il medico
di Bobbio e Villar Pellice. Adesso, con dispiacere di molti, ha
chiuso. Oggi dicono che il dottor Coucourde, da quando è in
pensione, sia ritornato a una sua
vecchia passione: coltivar la terra. Al suo posto è subentrato
un giovane di 30 anni, Giovanni
Vilianis, che dopo due anni di
lavoro presso la Comunità Montana nell’équipe tutela-salute (soprattutto visite nelle scuole) ha
aperto, dal 15 settembre scorso,
l’ambulatorio per Bobbio e Villar come ufficiale sanitario e con
le funzioni di medico condotto.
E dal r gennaio anche come mutualista. L’abbiamo incontrato
per rivolgergli alcune domande.
Innanzitutto ci interessava conoscere più a fondo la questione
dei turni di guardia medica che,
com’è noto, al momento interessa solo la zona di Torre e Lusema (dove il medico di turno,
nei giorni feriali è disponibile
dalle 10 di sera alle 7 del mattino e dalle 14 del pre-festivo alle
7 del post-festivo). Mentre tutta
la zona di Villar e Bobbio nelle
24 ore, festive o feriali che siano, grava sulle spalle di un solo
medico.
— Perché — abbiamo chiesto
a Vilianis — non è possibile organizzare turni di guardia medica per ViUar e Bobbio?
— Io ho richiesto all’INAM di
Pinerolo di poter entrare a far
parte della guardia medica di
Torre e Luserna ma dall’INAM
mi hanno risposto che potevo
entrarne a far parte se tutti i
medici di guardia nella zona
Torre-Luserna accettavano. Tutti però hanno rifiutato.
— Saprebbe individuare il motivo di questo rifiuto?
— Ritengo che la ragione del
rifiuto sia da ricercarsi nel sovraccarico di lavoro che ne sarebbe risultato poiché alla loro
zona-già vasta se ne sarebbe aggiunta un’altra quasi altrettanto
vasta, com’è appunto la mia.
— Sicché per la zona di Villar
e Bobbio lei è praticamente solo?
— Al momento sì,; tuttavia riconosco che il mio predecessore.
il dottor Coucourde, si è sobbarcato questo carico di lavoro per
27 anni.
— Lei pensa che nel prossimo
futuro si riuscirà ad istituire delle g;uardie mediche anche per
Bobbio e Villar?
— Spero di sii perché la Regione si è già impegnata ad istituire su tutto il territorio regionale delle guardie mèdiche, notturne e festive, da affidare, in via
preferenziale, a giovani laureati.
Però tutto questo programma, a
mio avviso, è difficile da concretizzare. Per esempio mi chiedo:
che recapito avranno queste future guardie mediche? Conosceranno l’ambiente in cui operare?
E rispetto aH’avvicendamento
dei turni che qualità potrà avere questo servizio? Ci sono ancora molte questioni aperte.
— Da circa due anni Lei lavora in Val Pellice. Come valuta,
in linea generale, le condizioni
di salute della popolazione in
VaUe?
— Direi, in linea di massima^
che le condizioni di salute sono
decisamente buone, sia a livello
di popolazione infantile che adul
ta. Tuttavia ho riscontrato parecchi casi di malattie d’impronta psicosomatica evidentemente
legate a taluni fattori sociali
(pendolarismo, isolamento...) e
poi le classiche malattie di tipo
degenerativo dell’apparato cardio-circolatorio, respiratorio e di
tipo tumorale. Per non parlare
dell’artrosi che non colpisce soltanto la popolazione anziana.
— Scusi se interrompo, ma il
vecchio problema deU’alcoolismo
della gente di montagna è ancora molto esteso?
— Posso rispondere solo parzialmente poiché da poco tempo
esercito nel campo degli adulti.
Detto questo però ho la netta
impressione che il problema esiste e non solo nel campo degli
anziani ma anche in quello dei
giovani purtroppo. Rilevo inoltre, in certi casi, la dannosa abitudine di far bere alcoolici anche
ai bambini. È mia opinione, comunque, che l’alcoolismo vada
analizzato e combattuto prevalentemente con interventi di tipo sociale, più che medico. Sovente il medico nei casi di alcoolismo o si trova impotente
nel rimuovere le cause reali del
l’etilismo o si trova di fronte
a situazioni irrimediabilmente
compromesse.
— Le sue prospettive per il futuro?
— Mi è difficile dare una risposta non avendo ben chiara la
futura connotazione del medico
condotto e dell’ufficiale sanitario
una volta che sarà introdotta la
nuova legge di riforma sanitaria : esisterà ancora la figura del
condotto? Sarà un medico incaricato di medicina pubblica a
tempo definito o a tempo pieno?
Inoltre la mia attività a Bobbio
e Villar è iniziata da troppo breve tempo perché io mi senta oggi di fare una scelta definitiva.
Resto, come ho detto, in attesa
di vedere l’applicazione della
nuova legge di riforma sanitaria.
A quel punto è chiaro che dovrò
prendere una decisione definitiva. A parte quei problemi che
dicevo all’inizio di questa conversazione attualmente lavoro
con piena soddisfazione e avendo già instaurato, almeno spero, un discreto rapporto di fiducia con la popolazione.
Intervista a cura di
Giuseppe Platone
POMARETTO
Danzare a 80 anni
oggi e domani
Organizzato dalla Comunità
Montana Valli Chisone e Germanasca e dal Centro d’incontro di
Pomaretto, si è tenuto giovedì
22 marzo un incontro tra il gruj^
po anziani del Centro e i Sunaire Usitan.
Lo scopo dell’incontro è stato
di trovarsi per ballare le danze
proprie della nostra valle: la
curento, la sposina, la bureo, e
nello stesso tempo filmarle, per
studiarne i passi e per fermare
sui fotogrammi parte di questo
patrimonio che si sta dimenticando.
Si sono trovate molte varianti
LUSERNA SAN GIOVANNI
“Pazzi” in Val Pellice
Prendendo spunto dall’articolo
di due settimane fa, « Il diverso
dà fastidio » di G. Platone, vogliamo continuare il discorso dei
giovani e l’agricoltura a partire
dalla nostra situazione. Nulla togliendo all’articolista, vorremmo precisare che per trovare dei
giovani che facciano una scelta
di lavoro nel campo agricolo in
forme cooperativistiche, non è
necessario andare lontano. Siamo infatti un gruppo di giovani
(di cui metà disoccupati) della
Valpellice che si è costituito recentemente in cooperativa e che
intende portare avanti un lavoro agricolo-forestale per la riconversione produttiva del nostro
territorio montano. Un territorio montano sempre più spopolato, con un abbandono crescente dell’attività agricola, specie da
parte dei giovani. Una zona che
di conseguenza va via via degradandosi nel proprio assetto.
Per fortuna negli ultimi due
o tre anni nella nostra vallata
hanno òominciato a funzionare,
con l’appoggio organizativo e
finanziario della Comunità Montana Valpellice, alcune iniziative
agricole svolte in forme cooperativistiche che, in campo zootecnico e di commercializzazione dei prodotti, possono offrire
concrete possibilità di lavoro e
sviluppo per l’economia agricola.
(Queste iniziative cooperativistiche sono animate da coltivatori
diretti, e fin qua tutto bene; il
nostro gruppo invece è composto principalmente da persone
diplomate. Mettendo in conto
che siamo pure giovani, questo
basta e avanza.
Ciò per dire che non solo siamo visti come «diversi» ma
quasi quasi come « pazzi ». Difatti per iniziare la nostra attività necessitiamo di terreni su
cui impiantare le coltivazioni da
noi programmate. La ricerca per
il reperimento di questi terreni
si orienta prevalentemente nel
recupero di terre incolte (tra
cui quelle diventate tali o quasi
per effetto dello spopolamento
dovuto all’industrializzazione ),
proprio perché ci rivolgiamo
verso i settori vivaistico e dei
piccoli frutti, che possono essere
prodotti anche in terreni difficili, cioè in pendenza, a gradoni,
ecc. Nonostante questa particolare domanda le nostre proposte sono state quasi sempre declinate dalle persóne interpellate, con i più disparati motivi,
accompagnati da sorrisi tra il
sarcastico e lo stupito, lasciandoci così in una situazione di
stallo.
Certamente siamo giovani, inesperti, un tantino idealisti, coscienti però che il lavorare la
terra, con forme di partecipazione nuove, possa, in mezzo a
molte difficoltà, insegnarci molto in tutti i campi, sia lavorativo che umano.
Per rendere concrete le nostre
idee abbiamo bisogno dell’appoggio di quei contadini che
« amano in silenzio » il proprio
lavoro e di tutte quelle persone
che considerano la terra non
come « proprietà privata » in
senso stretto, ma come un bene
di cui si deve rispondere alla
collettività.
Cooperativa « Terranova »
Luserna San Giovanni
alla classica curento, che ancora
molti sanno ballare; è stato più
difficile eseguire con precisione i
passi della bureo; infine la sposina è stata ricostruita con buona volontà dai bravi ballerini,
aiutati dai Sunaire che l’hanno
suonata dopo aver imparato il
motivo dalla voce di alcuni ballerini.
Tra una curento e una sposina, un gruppo di giovani ha ballato due danze tipiche della Val
Varacio: la vieio e la tresso, che
hanno strappato l’applauso dei
presenti.
Gli applausi non sono neppure mancati per i ballerini delle
nostre danze, specialmente per
la coppia più anziana: barbo
Gianin (80 anni) e magno Santina (75 anni).
È interessante vedere come
iniziative di questo genere partano da un gruppo di anziani:
evidentemente c’è la ferma volontà a mantenere, insieine alla
lingua, (il patuà) i canti e le
danze che sono, in fondo, storia,
la storia dei minimi, quella che
non è mai stata studiata a
scuola.
P.R.R.
• TORRE PELLICE: sabato 7, ore 21,
salone scuole medie viale della Rimembranza, rappresentazione di « Pralafera
1920» del Gruppo Teatro Angrogna.
• PEROSA ARGENTINA: lunedi 9, ore
20.45, Biblioteca comunale, tavola rotonda organizzata da « Cronache » sul
tema: « Tradizioni locali e minoranze
linguistiche ». Partecipano Dario Anchilante, Giovanni Bonino, Daria Giordano, Ettore Merlo, Franco Revelli;
moderatore Grado Merlo.
• PINEROLO: martedì 10. ore 20.45,
Centro Sociale di via tequio, conferenza organizzata dalla Comunità di base
di C.so Torino sul tema: « Riforma e
restaurazione agli inizi dell’età moderna ». Relatore prof. Grado Merlo.
• PINEROLO: avrà luogo in maggio
e giugno un corso regionale per bibliotecari e aiuto bibliotecari.
Il corso, che occuperà due pomeriggi
settimanali e la domenica mattina, darà a chi avrà superato Tesarne finale
un diploma valido come titolo valutabile per concorsi per bibliotecario e
aiuto bibliotecario banditi dagli Enti
Locali. Informazioni presso la Biblioteca Centrale, via Battisti 11.
■ Hanno collaborato: Graziano Blanc, Gustavo Bouchard,
Bruno Costabel, Ivana Costabel, Franco Davite, Dino
Gardiol, Erica Gay Di Carlo,
Mireille Gilles, Paola Revel
Ribet, Paolo Ribet, Alfredo
Sonetti, Cipriano Tourn, Giorgio Tourn, Giovanni Conte.
Animazione
nella scuola
Una quarantina di insegnanti
dei Circoli didattici di Perosa
Argentina e di Villar Perosa ha
partecipato al primo incontro informativo sull’animazione nella
scuola, organizzato dalla Comunità Montana con la partecipazione di due esperti del « Gruppo Ricerca Teatro Scuola » di
Rivada.
Il programma completo comprende altri due incontri informativi il 5 e il 10 aprile e un
corso teorico pratico di otto riunioni con date da stabilire.
Che cosa sia l’animazione nella scuola Tha spiegato il presentatore nell’introduzione: significa drammatizzazione, teatro, psicomotricità, fiaba, pittura, film,
musica, fotografia, cioè una grande varietà di modi espressivi
che normalmente vengono considerati meno importanti della
lingua parlata o scritta.
(Questo tipo di lavoro, ideale
per le classi a tempo pieno, è visto come strumento di non
emarginazione e di promozione
per tutti ragazzi e anche come
azione preventiva alla formazione di handicaps.
I) discorso informativo, e non
poteva essere altrimenti, è stato illustrato dalla proiezione di
diapositive e di un film girato
nelle scuole dove gli animatori
avevano prestato la loro opera
collaborando con insegnanti e
genitori.
Con lo scopo di valorizzare e
diffondere la cultura valligiana,
la Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca ha regalato
a tutte le scuole del territorio i
volumi editi dalla Claudiana:
Leggende e tradizioni popolari
dette Valli valdesi. Vita montanara e folklore nette Valli valdesi e un libro di proverbi e detti
popolari nel patois della Val Chisone: Le sabée de notri reiri. Di
ogni libro sono stati acquistati
trenta esemplari che sono stati
distribuiti secondo criteri di affinità, linguistica e culturale. Alle scuole della vai Germanasca,
e della vai Chisone, perciò, sono
toccati i libri della Claudiana,
all’alta vai Chisone il libro di
proverbi. La spesa sostenuta dalla Comunità Montana è stata di
circa trecentomila lire.
L. V.
Primo Circuito
Attività femminili
Domenica 22 aprile 1979 alle
ore 14,15 a Torre Pellice nei locali della Casa Unionista incontro con Katherina Rostagno che
ci parlerà del suo sog^omo in
Uruguay nella prospettiva della
educazione in vista della fede.
L’incontro è aperto a quanti
sono interessati.
La responsabile
Ada Tourn Paschetto
PINEROLO
Terrorismo e ordine pubblico
L’incontro, svoltosi mercoledì
28 a Palazzo Vittone a Pinerolo
sul tema «Terrorismo e ordine
pubblico », organizzato dalla sezione pinerolese db Democrazia
Proletaria e con la partecipazione di Amos Pignatelli di Magistratura Democratica, ha visto
una buona presenza di pubblico della sinistra in genere, e in
particolare di quella « rivoluzionarla », mentre è mancata abbastanza ■ vistosamente la rappresentanza delle altre forze, politiche ma anche religiose. Nonostante quéste assenze, l’incontro
non è stato affatto a senso unico, ma anzi vivacemente dialettico e stimolante, come del resto la relazione di Pignatelli. Il
magistrato pinerolese, dopo aver
suddiviso il fenomeno della violenza politica nelle tre direttrici del terrorismo di destra, di
sinistra e « di stato », ha indicato quali dovrebbero essere i
connotati di una risposta al problema che deve essere istituzionale, e non a carattere « privato », pena la perdita, per lo Stato, del monopolio della violenza fisica, a vantaggio solo del
terrorismo stesso. Occorre dunque che la risposta istituzionale
al terrorismo avvenga secondo
le tre direttrici del controllo democratico dei servizi segreti,
della smilitarizzazione e sindacalizzazione della polizia, e di
una maggiore autonomia della
magistratura: essa deve inoltre
essere garantista, e cioè assicurare in tutto e per tutto i diritti dei cittadini.
Come risposta « culturale » al
terrorismo, gli intellettuali di sinistra avrebbero il compito di
cercare di riparare a quella perdita di credibilità nelle istituzioni, che lo stesso Pignatelli ammette essere ormai, nel nostro
Paese, un dato strutturale, ma
concretamente superabile a partire dalla distinzione (che Pignatelli giustamente imputa alla sinistra di non aver fatto sua)
tra i principi teorici e le istituzioni (e chi le gestisce) che di
volta in volta hanno il compito
di incarnarli e concretizzarli.
Del dibattito stimolante è da
ricordare l’intervento di Bruno
Canu, consigliere comunale di
D.P. a Torino, che ha illustrato
gli eccessivi rischi e pericoli
dell’iniziativa, lanciata dal P.C.I.
di Torino, di distribuire un questionario anonimo sul terrorismo, iniziativa che è apparsa
allo stesso relatore non garantista e soprattutto privatistica:
in ultima analisi, controproducente. In conclusione, rincontro è stato, per la sinistra, una
seria occasione di stimolo e di
riflessione che è andata al di là
del tema proposto.
G. B.
7
6 aprile 1979
CRONACA DELLE VALLI
Il CIRCUITO
Le chiese e l'inf ormazione
Domenica 25 marzo ha avuto
luogo a Villar Perosa un incontro comunitario delle chiese del
II Circuito. Lo scopo era quello di visitare una chiesa, di passare una giornata in comunione fraterna e di avere un dibattito su un argomento di interesse generale per tutte le chiese:
l’Informazione. Possiamo affermare di aver raggiunto i tre
obiettivi, anche se i partecipanti
non erano molto numerosi.
Un gruppo si è recato a Villar
Perosa fin dal mattino per partecipare al culto insieme a quella comunità; dopo la piacevole
àgape, nel salone del Convitto,
nel pomeriggio si sono aggiunti
altri fratelli e sorelle per partecipare alla conversazione sull’informazione.
Introduce il pastore Tourn con
due domande: Come ci informiamo? Viene sottolineata la
necessità di tutti i credenti di
informarsi, cioè di muoversi,
chiedere notizie sulle varie situazioni e sui loro sviluppi, altrimenti l’informazione che ci
viene data, sovente a caro prezzo, rischia di cadere nel vuoto.
E la seconda domanda: Come
informiamo gli altri? Sia all’intemo della nostra chiesa, sia
fuori della chiesa. È un’esigenza
che ha una grande importanza
nel campo della nostra missio
Gita dei Confermandi
Sabato 17 e Domenica 18 marzo, oltre un terzo dei Catecumeni
Confermandi del II Circuito, si
sono recati a Vallecrosia, guidati dai Pastori Ayassot, Davite e
C. Tourn, per trascorrere insieme due giorni di vita comunitaria nella ospitale Casa della Gioventù, e per riflettere insieme su
alcuni temi biblici, in vista della
Confermazione
Sabato, dopo il pranzo e dopo
una breve passeggiata (il tempo
non è stato dei più belli, ma tollerabile) un primo incontro. Introduce il Pastore Davite e poi
avvia la conversazione sul tema:
Battesimo e Confermazione. Subito dopo cena, il Direttore Sergio Nisbet spiega ai giovani il
servizio che la casa Valdese di
Vallecrosia svolge a favore dei
ragazzi (colonie, campo cadetti)
dei giovani (gruppi di studio) e
degli anziani che hanno bisogno
di riposo, in stretta collaborazione con la vicina comunità di
Bordighera. Poi, passeggiata per
Vallecrosia; un gruppo fino alla
vicina San Remo.
Domenica mattina, dopo la colazione, il Pastore Ayassot conduce la conversazione sulla comunità, sulle possibilità per i
giovani di inserirsi attivamente
nella loro chiesa. Alle 10, sotto
un acquazzone, tutti in macchina per recarsi a Bordighera e
partecipare al culto con quella
comunità.
Dopo pranzo Tultima conversazione diretta dal Pastore Tourn
sulla ricerca del centro dell’Evangelo in vista di una confessione
di fede. E intanto il tempo scorre veloce e arriva l’ora della partenza.
Incontro pastorale
del 1** Distretto
L’incontro pastorale del I
Distretto avrà luogo
lunedì 9 aprile
a Torre Pellice col seguente
programma :
ore 9,15 (in Biblioteca): riflessione esegetico - pastorale
su Isaia 53 (A. Adamo); rivelazione e storia (introduce E.
CJenre);
ore 12: pranzo a Villa Olanda;
ore 13,30: vocazioni al pastorato; comunicazioni, questioni organizzative.
DUE INTERVENTI
Traduzioni in patois
Giorgio Tourn a proposito della preziosa « La bouno nouvello segount
Marc » curata da Arturo Genre, si
chiede: - un patois per la fede? » e
risponde di no, perché « esistono già
in una forma compiuta, a livello di
coscienza e di realtà culturale, esistono in una lingua vissuta e parlata » (l'italiano) quegli « ambiti concettuali >. che egli riconosce essere traducibili in patois. Già, ma anche quando alle Valli si abbandonò nel culto
l'Occitano (che aveva espresso proprio quegli « ambiti concettuali ■>: la
^obla Leygon) per il Francese, si trattava di due lingue parlate; e parimenti
quando il Francese cedette all'imperialismo linguistico italiano. Si tratterebbe
ora di invertire la tendenza: anziché
arrendersi alla lingua più forte, resistere culturalmente, privilegiando quella intimamente più nostra e, perciò,
più debole, più umile. Chissà: la lingua delia casa, del lavoro, dell'amicizia potrebbe prestarsi di più di
■quella del Palazzo (« la lingua delle
infrastrutture » temuta da Pasolini)
per rivolgersi al Padre che ■■ ha tratto
■giù dai troni i potenti, ed ha innalzato
■gli umili - (Luca 1: 52). Pierre Bert nel
secolo scorso, ricorda G. Tourn, fece
la sua traduzione per una motivazione « missionaria »: ebbene, perché
mai quella di Genre non potrebbe servire in quella direzione? Certo, og■gi tutti sappiamo l’italiano; ma, poiché le vie del Signore sono infinite,
vn sentiero potrebbe anche passare
per la lèngo meiprisado... Personalmente (ma anche per altri), la disponibilità della comunità valdese di Biella e
Piedicavallo a pregare nella lingua rifiutata dai cattolici, è stata una felice
occasione di incontro, e di ascolto della Parola. L’Occitano delle Valli potrebbe anche contribuire al rinnovamento del culto se utilizzato, almeno
qualche volta, pure negli inni, così come il Piemontese lo è stato ottimamente a Piedicavallo, dove, ad esempio, la 3.a strofa di « Così qual sono »
è diventata:
« La colpa mia — an mi a magon-a /
toa vos che an clama — sèi mond a
arson-a / toa mòrt an salva — tò amor
perdon-a / Agnel divin, stame davzin ».
Questo « ambito concettuale » è meglio reso qui, o nel testo in lingua dominante e mandarina, dove suona;
« ...a te che togli il fallo mio »?
Speriamo, dunque, che Arturo Genre
voglia tradurre anche l'Innario, in Occitano, per le Valli.
Con fraterni saluti,
lavo Burat, Biella Chiavazza
Nel leggere la vivace recensione di
Giorgio Tourn alla traduzione di Marco
« La Bouno Nouvello » mi è venuta in
mente la citazione letta su un libro di
linguistica: « Carlo V, imperatore del
Sacro Romano Impero, diceva che si
doveva parlare spagnuolo a Dio, francese agli amici, tedesco ai nemici
e italiano al bel sesso » e sembrerebbe che, secondo Tourn, i Valdesi possano parlare a Dio soltanto in francese, il secolo scorso, o italiano, ora,
ma non in patois. C'è del vero in
questo, io, che essendo oramai della
vecchia generazione, quando prego, lo
faccio in francese, perché la mia educazione religiosa nella prima infanzia
è ancora stata in francese. Ma che il
patois non possa, in altre circostanze,
essere una lingua in cui non si possa
esprimere la propria fede, questo non
posso crederlo,
Né sono d'accordo sull’invito fatto
a Genre (e attraverso a lui a tutti i
patoisants) di non fare della letteratura ma della « polesis ». Di questo
genere letterario ne sono piene tutte
le pubblicazioni che si occupano di
letteratura popolare; è fare del folklore il raccogliere poesie, leggende, ricordi in patois nelle varie varianti
locali, ma questo è fissare sulla carta i resti di una civiltà morente per
metterla in un museo, come si fa per
gli oggetti, ma non serve a ridare dignità e coscienza dei propri valori
culturali a una popolazione. Genre ha
dimostrato che si può tradurre un testo sacro nella propria parlata, e gli
suggerirei ora, non di scrivere le proprie memorie infantili in rodorino, ma
per es. un breve testo divulgativo di
storia valdese, o un testo di aritmetica 0 di geografia per le scuole.
Osvaldo Co’ìsson, Torre Pollice
ne verso l’esterno. Il past. Ayassot introduce poi l’argomento
dei mezzi di informazione a nostra disposizione. Si parla della
possibilità di una nostra partecipazione a Radio e Televisioni
libere. La maggioranza, pur rilevando l’importanza di questa
occasdone, rimane tuttavia perplessa di fronte aU’impegno di
uomini competenti e disponibili e anche di fronte al costo di
questo mezzo di informazione.
Si passa poi a parlare del giornale TEco-Luce e del Bollettone.
Alcuni interventi sottolineano il
miglioramento del nostro giornale rispetto al passato, sollecitano una maggiore collaborazione, e una migliore organizzazione per la diffusione.
L’ultima ora è dedicata alTinformazione sui nostri Istituti.
Il past. Davite, presidente della
C.I.O.'V. passa in rassegna la situazione, la funzione ed i problemi connessi, dell’Ospedale di
Pomaretto e di Torre Pellice, della casa di Riposo di San Germano e del Rifugio Carlo Alberto di Luserna San Giovanni, e
risponde esaurientemente alle
varie domande.
Al termine, tutti si dichiarano
soddisfatti di questo incontro,
un po’ nuovo nel suo genere, ed
incoraggiano il Consiglio di Circuito a proseguire in questa linea nei prossimi anni.
Un grazie di cuore alla comunità di 'Villar Perosa e al past.
Pons per la fraterna accoglienza. c. t.
PERRERO-MANIGLrA
MASSELLO
___________RODORETTO
Ricordiamo ancora una volta
che venerdì 6 aprile, alle ore
2(),30, si terrà l’ultimo incontro
di studio biblico a Perrero, in
cui sarà esaminata la parte finale della lettera di Giacomo. Al
termine della riunione avremo
una colletta a favore della Società Biblica per la stampa e la
diffusione della Bibbia nei paesi
delTEst. Tutti sono cordialmente invitati a partecipare.
• Diamo qui di seguito le scadenze del tempo pasquale; Domenica 8, le Palme, culto in comune di Perrero e Maniglia, con
la confermazione dei sette catecumeni del IV anno. Inizio ore
10,30. Venerdì santo, culto a Ferrerò e Massello. A Perrero ore
10,30 e a Massello ore 11. A Pasqua culto di S. Cena. A Maniglia ore 9, a Perrero ore 10,30 e a
Massello ore 11.
• Domenica T aprile si è avuto rincontro del Concistoro di
Perrero-Maniglia coi catecumeni
del IV anno. È stato un incontro simpatico in cui gli anziani
hanno esortato i catecumeni ad
inserirsi in pieno nella vita della Chiesa, non cedendo alla tentazione di fuggire da essa, come
purtroppo è successo spesso nel
passato.
Tra le deliberazioni del Concistoro segnaliamo l’Assemblea
di Chiesa, convocata per domenica 22 aprile, a Perrero, inizio
ore 10. Temi all’ordine del giorno : Relazione del Concistoro,
preventivo del 1980, elezione dei
delegati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo.
VILLAR PEROSA
La RIU-SKF
e il XVII Febbraio
L’ormai tradizionale sottoscrizione
che dal 1948 viene fatta ogni anno
il XVII febbraio alla Riv-Skf di Villar
Perosa a favore dei nostri Istituti Assistenziali ha fruttato quest’anno la somma di lire 1.743.000, ricavata dalle offerte della Direzione, delle Maestranze
e della Ditta Merlo e Tebaldini.
L’importo è stato così distribuito :
Rifugio Carlo Alberto L. 150.000
Asilo dei Vecchi, S. Germ. » 700.000
Asilo Valdese, S. Giovanni » 450.000
Convitto Masoh., Pomaretto » 243.000
Conv. Femm., Torre Pellice » 200.000
Gli ospiti degli Istituti beneficiati
ringraziano di cuore i vari donatori
della Riv-Skf di Villar Perosa per le
generose offerte.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
La famiglia Benedetto che per
tanti anni si è assunto l’onere
della custodia del tempio del
Ciabas ha chiesto di essere, con
questo mese, esonerata dall’incarico.
Il concistoro, riconoscente ai
sig.ri Benedetto per la preziosa
collaborazione che hanno sempre dato, li ringrazia a nome della comunità e rende noto che
d’ora innanzi la custodia del Ciabas sarà affidata al sig. Franco
Bonnet degli Stallé.
• Nel pomeriggio di domenica
25/3, nel tempio, due sorelle
della nostra comunità, Durand
Loredana e Durand Nives, si sono unite in matrimonio rispettivamente con Cappai Mauro e
Stringat Aldo.
Il Signore spanda le Sue preziose -benedizioni su questi due
nuovi focolari.
• Abbiamo accompagnato alla
estrema dimora terrena Tourn
Fanny Elena degli Airali, di anni 75 e Roberto Ricca, di Brichecherasio, deceduto all’età di 47
anni. Rinnoviamo ai familiari là
espressione della nostra solidarietà cristiana.
SAN SECONDO
• L’Unione Femminile ha trascorso il pomeriggio di domenica 1 aprile con Elsa Rostan che,
accompagnata dal marito pastore Ermanno Rostan, ha introdotto il tema: Anno Internazionale del Bambino. Degli spunti
di riflessione presentatici durante la conversazione — seguita
con interesse e intercalata da vari interventi — faremo oggetto di
ulteriore approfondimento in
successive sedute di Unione. Poiché il past. Rostan e Signora
hanno curato da Pinerolo la Comunità di San Secondo negli anni 1946-58 si è stabilito subito im
cordiale e simpatico scambio di
ricordi, di esperienze che hanno
dato aU’incontro im carattere
molto familiare e piacevole. Non
sono mancati i canti e ci auguriamo che incontri di questo genere possano ripetersi nel futuro.
• D’Assemblea di chiesa ha
eletto gli anziani già indicati dai
rispettivi quartieri. Ringraziamo
Sergio Gardiol (Cavoretto) e
Giuseppe Sohrero (Rivoira) che
hanno lavorato con impegno e
capacità durante gli anni trascorsi nei loro quartieri e nel Concistoro. Ci rallegriamo con Gino
Paschetto (Miradolo) e Armando Rihet (Lombarda-Crotta) per
la loro rielezione e riceviamo con
gioia nel Concistoro i nuovi Anziani; Ermellino Codino (Cavoretto), Silvano Forneron (Miradolo) e Adolfo Rivoiro (Rivoira-Prese).
• A pochi mesi dalla scomparsa del marito è mancata Elvira
Chiarvetto ved. Costantino (Miradolo). Siamo stati profondamente colpiti dalla malattia inattesa che ha stroncato questa Sorella fino a poco tempo fa ancora nel pieno della sua vita operosa. Esprimiamo il nostro affetto al figlio ed a tutti i familiari.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Dal 7 al 13 aprile 1979
Doti. AVANZI LUIGI
Telefono 90614
FARMACIE DI TURNO
feativo e notturno
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FARMACIA- INTERNAZIONALE
(Dr. Imbertì)
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Martedì 10 aprile
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Luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
TORRE PELLICE
• Il piccolo Adriano Gonin di
Giorgio e Fulvia è stato battezzato domenica nel corso del culto; il Signore gli dia di crescere nella conoscenza della sua
Parola.
• L’Unione Peminile ha avuto
domenica pomeriggio la sua seduta mensile discutendo il problema della S. Cena.
• Sabato prossimo alle 20,45
serata nella sala dei Coppieri
con canti del Coretto e diapositive sulle 'Valli; tutti sono invitati.
S. GERMANO
• Ringraziamo i tre giovani
che hanno presieduto il culto di
domenica 25/3/ per il messaggio che hanno rivolto alla comunità.
• Il pomeriggio comunitario
svoltosi a Porte lo stesso giorno
è stato assai positivo. Ci auguriamo di poter ripetere l’esperienza.
• Ricordiamo ancora il bazar
annuale che avrà luogo domenica 22 aprile.
• Chi desidera iscriversi alla
gita della Corale a Trieste per i
giorni 28-29-30 aprile è pregato
di farlo al più presto presso il
pastore, versando una caparra di
lire 5.0(X).
• La prossima Assemblea di
Chiesa avrà luogo domenica 22
aprile, durante il culto. In programma nomina delegati a Sinodo e Conferenza Distrettuale
e approvazione del preventivo di
spesa per il 1979-80.
Ci auguriamo che sia anche
possibile eleggere qualche nuovo anziano.
PRAMOLLO
• Un grazie sincero al pastore
Edoardo Micol che è stato in
mezzo a noi ancora una volta'
per fare un giro di riunioni quartierali, portandoci un profondo
messaggio di incoraggiamento e
speranza.
• Mercoledìi 28 marzo abbiamo
accompagnato all’estremo riposo il fratello Sappé EU di anni
89 (Ballaré). Ai famiUarì in lutto esprimiamo la nostra fraterna e sincera solidarietà cristiana.
AVVISI ECONOMICI
LA CASA Valdese per ferie a Rio
Marina (Isola d’Elba) cerca ragazze
« alla pari » sopra i diciassette anni
durante il periodo dal 15 giugno al
14 settembre. Scrivete al più presto
presso il pastore Tom NolTke, Via
G. Verdi 15, 57100 Livorno, telefono (0586) 22793, per ulteriore informazione ».
L’ISTITUTO Gould di Firenze ricerca, dal prossimo settembre, per l’attività di convitto, educatori-educatrici con e^>erienza e conoscenza
psico-pedagogica per lavoro con ragazzi. Offresi: retribuzione, vittoaUoggio, assicurazioni di legge. Scrivere dettagliatamente indicando anche eventuali precedenti esperienze
di lavoro a : Gould, via Serragli 49,
50124 Firenze. Data la particolare
natura del lavoro e del contesto in
cui esso si svolge, si propone, alle
persone interessate ed in possesso
dei requisiti richiesti, un periodo di
osservazione presso l’istituto durante
il presente anno scolastico con date
da concordare. Durante tale periodo
si offre : vitto-alloggio e rimborso
spese di viaggio.
I familiari del Compianto
Roberto Ricca
di anni 47
neirimpossibiiità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che con la
presenza, scritti e fiori, sì sono tiniti
nella triste circostanza della dipartita
del loro caro.
Un grazie particolare al dott. Scarognino e colleghi, e personale dell’Ospedale Mauriziano di Luserna S.
Giovanni; al Pastore Taccia e Signora
e al Pastore Adamo.
Quand’ancKe camminassi nella
valle dell’ ombra della morte,
non temerei male alcuno perché
Tu sei con me.
Salmo 23: 4.
Bricherasio, 2 aprile 1979.
8
8
6 aprile 1979
PROBLEMASCUOLA
C’è anche la scuola
tra I guasti del monocolore
L’ultimo governo Andreotti è
stato messo in crisi per questioni come i patti agrari, il piano
triennale, l’adesione al Sistema
Monetario Europeo (SME), le
nomine negli Enti di Stato... ma
troppo poco si è detto del suo
comportamento verso la scuola.
Le forze politiche continuano
a discutere su chi sia responsabile della crisi di governo.
Non intendo entrare nel merito,
ma solo cogliere un elemento
sul quale vi è ampia convergenza di opinioni: il governo monocolore DC era inadeguato ad
esprimere l’ampia maggioranza
parlamentare (di unità nazionale!) che lo sosteneva. E questo
non tanto per questione di formule, ma di coerenza operativa.
Ci fronte al nuovo ruolo acquisito dal Parlamento, inteso come
luogo di iniziativa e collaborazione per la soluzione dei problemi più immediati della crisi (e non come luogo di scontro
precostituito tra i partiti), ha
fatto riscontro un comportamento dell’esecutivo orientato evidentemente dalle scelte politiche
della sola DC.
Modifiche
del ministro
È emblematica la vicenda dei
nuovi programmi della Scuola
Media, riformulati ai sensi della
Legge 16.6.’77 n. 348. Per alcuni
mesi ima commissione di sessanta parlamentari ed esperti
ha lavorato in un modo che Lucio Lombardo Radice su Rinascita (n. 38, 29.9.’78) definiva « esemplare »: diversi orientamenti
ideaU si erano confrontati e avevano trovato soluzioni progredite sul piano culturale e rispettose del più ampio pluralismo.
Il testo così elaborato è passato al Consiglio Nazionale della
Pubblica Istruzione che ha
espresso il suo parere favorevole in ottobre. Poi spettava al Ministro la ratifica definitiva e la
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale: ma il Ministro ha tenuto nel cassetto il testo per più
di due mesi, vi ha apposto alcune personali e insindacabili
modifiche e lo ha pubblicato solo dopo che una campagna di
stampa ha ricordato che insegnanti e case editrici dei libri
di testo avevano urgenza di conoscere i contenuti definitivi.
Lotta per fare
applicare una legge
Non meno interessante è stata la vicenda della Legge 21.8.’78
n. 463, una legge molto discussa
per quanto riguarda la modifica
dei criteri di reclutamento del
personale della scuola, ma certamente positiva per il prolimgamento dell’orario di tutte le
Comitato di Redazione : Sergio
Aqui lente, Dino Ciesch, Marco Devile, Niso De Micheiis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Piatone,
Ornella Sbaffi, Liliana Vìglielmo.
Direttore; FRANCO GIAMPiCCOLI
Dirett. Responsabile: GiNO CONTE
Redazione e Amministrazione: Via
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■ economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà ; c.c.p. 2/39878
intestato a: Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio i960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
scuole materne statali ad otto
ore (a richiesta dei genitori fino a dieci). Il Ministero con apposite circolari dava disposizioni ai Provveditorati di graduare
in tre anni il passaggio al nuovo orario, assegnando al 19781979 una quota del 60% delle sezioni. Questa disposizione neppure adombrata nella legge, applicata rigidamente, ha finito
per penalizzare in termini di occupazione e di servizio, soprattutto il Mezzogiorno, dove il numero assoluto di sezioni statali
è ancora modesto. A Napoli e
Provincia, per esempio, c’è voluta una dura lotta congiunta del
sindacato, delle maestre disoccupate, e delle Amministrazioni
Comunali, ed è stata necessaria
un’interpellanza del sen. Masullo della sinistra indipendente
per ottenere infine « in considerazione dell’emergenza causata
dal male oscuro » l’applicazione
integrale della Legge.
L’iter
di 3 riforme
Si guardi infine l’iter di tre
importanti riforme per le quali
c’era un esplicito impegno nel
programma di governo: Scuola
Secondaria Superiore, Università, legge quadro per la Formazione Professionale. Solo l’ultima è andata in porto alla fine
di dicembre scorso; la riforma
della Secondaria superiore ha
avuto il voto favorevole alla Camera già il 28 settembre 1978,
dopo che si era bloccato un ten
tativo del Ministro Pedini di
emanare un decreto-stralcio che
anticipasse per l’anno 1978-’79
una nuova normativa per gli
esami di Stato. Ma il 26 ottobre
la Conferenza Episcopale Italiana esprimeva pesanti giudizi
negativi sulla nuova legge: « si
è rilevato con profondo rammarico che mentre l’asse culturale
viene decisamente spostato verso posizioni scientifico-tecnologiche, sono assenti un qualsiasi
riferimento alla componente etico-religiosa dell’educazione e un
indirizzo di studio a carattere pedagogico ».
Al dissenso si associavano le
Associazioni Cattoliche giovanili
e professionali. Da allora il testo è rimasto a giacere nella
Commissione P. I. del Senato,
dove intanto la riforma Universitaria trovava sul suo cammino un altro decreto-stralcio del
Ministro Pedini, che avrebbe dovuto alleggerire la discussione
risolvendo subito i problemi derivanti dalla condizione economica e normativa del personale, e che ha finito invece per paralizzare i lavori parlamentari
per due mesi.
Tutto rinviato
Con lo scioglimento della legislatura queste riforme, ritenute urgenti da tutti a parole,
saranno ulteriormente rimandate. Occorre tuttavia accompagnare al rammarico per questo rinvio la consapevolezza che quelle riforme sarebbero vanificate
se attuate in un clima di falsa
unità (pluralismo in Parlamento, libera discrezionalità democristiana nella gestione). Soprattutto bisogna tener conto che
per un reale rinnovamento della
scuola e dell’Università la riforma non può essere intesa come
riorganizzazione burocratica di
vertice, ma come processo che
veda combinarsi, nel quadro legislativo, l’azione degli organi
esecutivi dello Stato con l’intervento degli organi democratici di
partecipazione dei docenti, degli
studenti, dei genitori, dei lavoratori.
Contro l’ipotesi di una scuola di massa capace di incidere
sulle trasformazioni della società, avviando il superamento della tradizionale divisione tra governanti e governati, si colloca
l’atteggiamento della vecchia
classe dominante che punta alla
emarginazione della scuola di
Stato dai nodi centrali della formazione professionale e culturale, rendendola un luogo di contenimento del malessere giovanile,
di accelerazione dello sfascio
ideale e culturale, di diffusione
del qualunquismo e dei miti di
un benessere perduto, sottraendo cosìi alleati alle forze del rinnovamento e in primo luogo alla classe operaia.
Se la scuola ha bisogno di una
svolta, il governo tutto democristiano di Andreotti (anche nel
quadro della maggioranza di unità nazionale) non sembra essersi dimostrato all’altezza di tale
compito.
, Emilio Nitti
Í
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Una pace incerta
È la pace conclusa, giorni
fa, alla (iasa Bianca, fra Egitto
e Israele, con la malleveria degli USA, firmatari Sadat, Begin
e Carter. È un avvenimento importante, diremmo anzi sensazionale: quanto alle sue conseguenze, non abbiamo (oggi come oggi) idee chiare e definitive.
Noi non siamo dei viscerali,
né in senso proisraeliano, né in
senso antiisraeliano. Nel primo
caso ci rallegreremmo pensando
che Israele è finalmente riuscita
a dividere i propri nemici (secondo l’antico principio romano: « divide et impera »), nel secondo ci adireremmo contro Sadat, chiamandolo traditore. Atteggiamenti entrambi volgari,
anzi piuttosto malvagi.
Niente di tutto questo. E teniamo anzi a dire subito che, dei
due personaggi a fronte, Begin
e Sadat, il secondo ci è piuttosto simpatico, perché debole etì
evidentemente preoccupato di
fare il possibile per salvare il
suo popolo.
Ma cerchiamo di fare un discorso, se possibile, lontano dalle nostre personali simpatie o
antipatie.
Scrive Antonio Cambino su
«L’Espresso» (del 1.4.1979):„
« Per quanto riguarda Begin,
l’accordo con l’Egitto non è il
primo passo verso una soluzione, sia pure di compromesso e
graduale, del problema palestinese, ma, al contrario, la premessa della sua definitiva liquidazione. Infatti, parlando la scorsa
settimana alla Knesset (il Parlamento israeliano), il primo ministro israeliano non ha solo
detto che il suo governo si opporrà sempre a uno Stato palestinese, ma ha anche precisato
che esso non accetterà mai alcuna limitazione al diritto ebraico di popolare la "Eretz-Israele”
(cioè tutta la terra che, secondo
il V. Testamento, è, oltre duemila anni fa, appartenuta allo Stato ebraico) e che la stessa autonomia per la Cisgiordania e Gaza riguarda unicamente “gli abitanti e non il territorio’’ (...)
La scelta di Sadat ha due spie
gazioni. La prima è che l’Egitto,
i cui rapporti col mondo arabo
hanno sempre avuto un andamento pendolare, sente oggi un
diffuso bisogno di uscire da uno
stato di tensione e di “confronto" (spesso vissuto in maniera
isterica) che è durato oltre trentanni e che, in quattro guerre,
ha imposto al paese notevoli sacrifici. La seconda è che la pace
separata con Israele è il presupposto di un tentativo di decollo
economico. Non si tratta solo
dei molti miliardi di dollari che
dovrebbero essere versati direttamente nelle casse del governo
del Cairo, come parte di un “piano Carter" modellato su quello
Marshall, ma di una prospettiva
generale ancora più ottimistica.
Sostituitosi all’Iran come nuovo
pilastro americano in M. Oriente, con il proposito di sfruttare
la propria posizione per svolgere
un’opera di “gendarmeria", non
solo nel Golfo Persico ma anche
in parte dell’Africa, l’Egitto spera sia di ricavarne, da parte americana, benefici indiretti ancora
maggiori, .sia di aprire la strada
ad investimenti occidentali (in
primo luogo tedeschi e giapponesi) di notevoli proporzioni.
Non tutte queste speranze, naturalmente, si avvereranno. Ma,
in tutti i casi, esse possono fornire a Sadat un obiettivo sul
quale concentrare a lungo le
aspirazioni e le energie^ dei suoi
concittadini affamati e inquieti ».
Queste del Cambino, piuttosto
constatazioni di fatto che vere
e proprie valutazioni, dovrebbero poter dare anche lo spunto
ad un giudizio complessivo in
profondità. « Gli uomini, egli dice, specie quando si è davanti a
iniziative che aspirano alla qualifica di storiche, vanno giudicati
non in base a ciò che, malgrado
tutto, finirà per avvenire, ma in
base alle loro intenzioni. E, sotto questo aspetto, il quadro si
presenta perfettamente chiaro ».
No, su questo non siamo d’accordo: non ci è affatto chiaro
quali siano le vere intenzioni dei
tre protagonisti, né degli uomini che stanno loro alle spalle. E,
in mancanza di chiarezza,, prefe
riamo affidarci alla fiducia e alla speranza. Scrive in proposito
Jacques Madaule (su «Le Monde » del 27.3.’79):
« La pace che con tanta difficoltà è stata conclusa fra Israele ed Egitto, vivrà soltanto se gli
interessati le credono. Se essa
non è un atto di fede, di fiducia
dell’uno nell’altro, essa appassirà come un albero cui manca
l’acqua. Lo stesso presidente
Carter, cui va il merito di questa pace, ha detto molto giustamente: “Scegliendo questa pace,
Begin e Sadat scelgono l’incognito’’. Ecco un’affermazione tanto
semplice quanto profonda, di
una profondità che ben raramente gli uomini di Stato responsabili raggiungono nei loro discprsi. (...) Sere fa alla televisione, un deputato israeliano, tale Uri Avnery (d’altra parte
molto isolato nel suo stesso paese), esprimeva lo stesso concetto
dicendo: “Noi eravamo abituati
alla guerra; ora dovete lasciarci
il tempo di abituarci alla pace",
cioè di crederci ».
La storia si ripete, per gl’israeliani come per i Vietnamiti...
“Ho sempre
davanti
quel Galileo...”
(segue da pag. 1)
il sole si è oscurato. Lo sai, le
crocifissioni sono spettacoli di
una violenza atroce, quei corpi
appesi che soffocano e si dibattono lacerati dai chiodi, col passare del tempo sopravvengono i
tormenti dell’infezione tetanica,
a tratti la rivolta furente e dispeiata contro la tortura interminabile e feroce, non si riesce
a vivere e non si riesce a morire. Ma se lo strazio era terribile,
Gesù lo ha affrontato con dignità profonda; aveva perfino rifiutato la bevanda drogata che si
concede a volte ai condannati, ha
voluto soffrire fino alla fine in
piena lucidità. Fino alla fine è
stato attento a chi gli stava attorno, partecipe, non si è rinchiuso in sé sprofondando nell’abisso della sua sofferenza. Non
ha insultato né maledetto; persino a noi, ci ha fatto capire che
non ce ne vòleva. Chi avrebbe
immaginato in questo corpo modesto tanta forza d’animo? In
quest’uomo modesto tanta nobile dignità?
QueU’uomo
era giusto
Fallito com’era, nel modo più
vergognoso e doloroso, non sembrava un vinto. A un certo punto l’ho visto, appeso lassù, come
un soldato al suo posto di combattimento, esposto ma saldo.
Noi sappiamo che cosa è un ordine, ti sostiene, ti porta. È questo che ho sentito in lui: un uomo in servizio, che esegue un ordine, che adempie a un dovere,
tremendo, ma che dà senso alla
sofferenza più dura, più assurda,
come quella che gli veniva dal
sanguinoso imbroglio di oggi.
Mai visto morire così un crocifisso. Ed è sembrato quasi naturale che al decesso — saranno
state le tre — con l’ultimo grido
inarticolato, la terra abbia tremato. E stato il primo dei tre a
finire, gli è stata risparmiata
un’agonia troppo lunga. Eppure
sei ore, in quelle condizioni, devono essere già un’eternità. Un
po’ più tardi è venuto l’ordine
di tirar giù i giustiziati: al tramonto comincia la festa e non
dev’essere contaminata dall’impurità dell’esecuzione, che ipocrisia. Gli altri due condannati
erano ancora vivi e si è dovuto
spezzar loro le gambe. Per controllo, un soldato ha dato un
colpo di lancia al cadavere di
Gesù, all’altezza del cuore. Ho
ancora dovuto andare a riferire
al procuratore; poi finalmente
sono smontato di servizio. Ma
ho sempre davanti quel galileo,
non me lo toglierò più di dentro.
Quell’uomo era giusto, Publio. I
criminali siamo stati noi, oggi,
chi ha fatto e chi ha lasciato fare, ecco dove porta la nostra
ipocrita religione del tempio e
la nostra ingiusta legalità politica. Ci sarà per tutto questo un
senso, un riscatto nella legge,
nel dio che il nazareno sembrava lucidamente ubbidire? Spero
tu stia bene. Augurando a te e
a me di non dover mai più partecipare a una crocifissione, ti
saluto con affetto:
Marco
Luci e ombre da Wojtyla
(segue da pag. 5)
perciò una « indispensabile trasformazione delle strutture della
vita economica » e invoca l’applicazione del «principio di solidarietà » fra i popoli se si vuol
giungere a una « economia veramente umana » e conclude
richiamandosi alla scena del
giudizio finale descritta da Matteo 25 affermando che essa deve
essere « applicata alla storia dell’uomo » (n. 16). Tutto questo
discorso non è, in sé, « astratto », come il papa stesso teme
che venga giudicato (n. 16). È
il pulpito da cui proviene che
è, se così si può dire, « astratto » o meglio collocato in una
posizione di centro che gli toglie concretezza e autorità.
Conclusione
In conclusione diremo che per
quanto concerne la dottrina della chiesa come comunità locale, l’enciclica contiene dei punti
di vista nuovi, ben orientati e
molto promettenti, mentre su
varie questioni, e in particolare
sul rapporto chiesa-eucaristia,
la posizione del pontefice può
essere definita pre-ecumenica.
Per quanto concerne poi la posizione della chiesa nell’economia della salvezza e nella società, non ci sono purtroppo novità di rilievo da segnalare, per
cui essa resta, a nostro giudizio,
tutta da rivedere.
Paolo Ricca