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LABUON ANO VELIA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE
—'VVXT^^XJVW^
Andate per tutto ¡1 móndo e predicate l’Evangelo
(la Buona Novella) ad ogni creatura.
Mattko XVI, lo.
PKEZZO DI ASSOCIAZIONE ^ LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
l»er 51 Regno [franco a destinazione]____£. 3 00 ^ In Firenze, da Leopoldo Findli, via Tomabuoni
r. . « . ^ al Deposito di libri religiosi.
Pw laSv>.zera e Franca, «1............. 4 25 Fmncasco, idem.
Per l'Inghilterra, id..........................................5 50 i in Toeiso, via Principe Tommaso dietro ilTem
Pi;r la Germania Id.................. „ 5 50 i pio Valdese.
Nonsiricevono a.oeia.i„ni per meno di :
unanno. renose, via Tomabuoni al Deposito libri religiosi.
All'estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, me Rivoli ;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra, dal signor G. F. Muller,
General Mercliant, 26, Leadenhall Street. E. C.
SOMMABIO
Paolo n^lla tempesta. — La Vfra Buona yordla non dice ìl vero. — Biografia : Il generale Beckwith
Un crocifi.sso di un predicatore e la croce di un gesuita — Bibliografia
PAOLO NELLA TEMPESTA
“ Leggete. ” Atti, xxvii, 23, 24.
Un cristiano, può incoraggiare, in alcune circostanze, mentre tutti
clisiierano. Nel corso ordinario della vita, nessuno si cura di lui,
tutti lo burlano, e mettono in ridicolo i suoi principi, la sua fede,
ma quando la disgrazia sorprende, il bisogno incalza, la riflessione
sopraggiunge, e porta a conoscere che egli è il migliore amico, il
vero consolatore nei bisogni, nelle afflizioni. Paolo era in mano dei
suoi nemici, che lo conducevano a Roma per esser giudicato dal tribunale dell'imperatore. Viaggio facendo, sul mare, sono sorpresi da
una fiera tempesta, la quale non lascia speranza di salvezza : tutti
sono scoraggiati, aspettano essere inghiottiti <felle influiate onde. In
questo momento il pifi critico, il Signoie, volendo esaltare e gloriticare il suo Apostolo, ingiustamente perseguitato, gli manda un an-
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gelo per assicurarlo e annunziargli da pnrte ili Dio, che per salvar
lui, .salvava la vita a lutti coloi’o che eran seco sulla nave. Allegro
per questa inaspettata nuova, Paolo si affretta ad annunziarla ai desolati suoi coai[)agni di viaggio, e la partecipa loro con un discorso,
dal quale possiamo trarre utilissime lezioni.
Prima di tutto vediamo come Paolo parla di se ; dice poche parole, ma importanti : umili, che ogni cristiano si può appropriare,
onorevoli che il fedele più fermo nella fede, il piii avanzato nella
santificazione, non può proferir piiì sublimi; un Angiolo non può
usa,rle diversamente: “ Dìo di cui sono ed al quale servo. ”
È vero che tutte le creature sono di Dio, ma Paolo gli appartiene
iu modo particolare, e se indaghiamo, come l’Apostolo ha ottenuto
tanto onore, egli stesso ci risponde; “ È per grazia che io sono quel
che .sono ” (1 Cor. xv, 10). Paolo era stato persecutore, bestemmiatore, schiavo del peccato, e così proprietà del demonio. Ottenne misericordia, fu dato a Gesù Cristo per esser riscattato e salvato col
suo prezioso sangue. Da quel momento può dire; “ Xon son più io
cbe vivo, ma Cristo vive in me ” (Galati it, 20).
Così era Paolo, così deve es.sere ogni vero cristiano. Dopo avere
ottenuto la medesima grazia, sente che non è “ più alla carne, per
vivere secondo la carne ” (Kom. vni, 12), e che è “ fatto servo a
Dio” (Rom. vi, 22). Vogliamo sapere di chi siamo? Domandiamoci
chi serviamo. Ove è il nostro cuore? È con Cristo nei cieli? È dal
cielo che viene lo Spirito che domina la nostra vita ?
Sebbene l’Apostolo potesse con verità dire che era di Dio, e lo
serviva, non si trovava in quel momento nella situazione iu cui deve
essere un sì fedele discepolo. Appartiene a Gesù, ed eccolo fra le
mani di pagani che lo perseguitano. Serve a Dio, e le onde e le tempeste che obbediscono alla voce del suo Maestro, minaciano d’inghiottirlo, E vero, Giona, fu sorpreso da una orribile tempesta, ma
fuggiva dal cospetto del Signore (Gion. i, 3). Vediamo pertanto, che
la subiezione a Cristo, sia pur grandissima, non ci mette al coperto
della tribolazione. Vi sono tentazioni che i difetti della nostra pietà
rendono necessarie. Ma ve ne ha pure che siamo esposti ad incontrare nella vita, anche quando siamo i più fedeli, e pronti ad abbandonar tutto, e a softVir tutto per l’amore di Gesù.
Quest’amore rende ogni privazione facile. Sopportiamo senza pena
i sacrifizi che esige da uoi il servizio del nostro Maestro, sostenuti
dalla speranza che ricompenserà la nostra fedeltà e ci risarcii’à con
benedizioni esterne quello che abbiamo perduto. Ben spesso è così
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senza dubbio, ma noi e’ ingatineremino se credessimo che tion può
essere diversamente. Dio non si è impegnato di dure ai suoi tìgli, che
giorni di «alma e serenità. E temendo che non si tacessero un merito
ai suo occhi, quello che non è per loro che un semplice dovere, nasconderà forse la sua taccia per qualche tempo, e manderà ai suoi
tribolazioni, dovessero anche, Satana e il peccato trionfare.
Ma il racconto che ci occupa somministra un’altra istruzione.
Vi si vede che alcuna delle prove per le quali il Signore visita
i suoi, sembrano, qualche volta, pon-e ostacoli, piuttosto che facilitare l’adempimento della sua volontà c delle sue promesse. Che
Paolo predicasse a Roma, era la volontà di Dio, glie lo aveva chiaramente rivelato. Nondimeno molti ostacoli si frappongono alla
di lui partenza. Sono alla perfine tolti, e Paolo mette piede sul vascello che deve condurvelo. Chi impedirà adesso che la volontà del
Signore si adempia? Il Signore stesso: una tempesta allontana la nave
dalla via, ed è vicina a perdersi. Ben spesso è così. Alcune delle no
stre afflizioni venute dal cielo, sembrano avere per scopo distoglierci,
gettandoci nello scuoramento. Alcune opere prosperano nelle nostre
mani e ci rendono utili: sopraggiunge un ostacolo che ce le rende impossibili. Un padre, e nel letto malato, appena ha la forza di parlare
ai suoi figli che Dio gli ha confidati perchè a Lui li consacri. Il missionario, che ha tutto abbandonato per annunziare la salvazione ai
pagani, si ammala, e muore nel principio della sua opera.
Dobbiam dunque aspettarci calamità nella via della fede. Ij’esperienza di Paolo ci dice che, se noi un giorno giungiamo ai cieli, non
sarà che a traverso un oceano, sul quale nessuno ha navigato in
calma, un oceano che il Signore stesso ha molte volt« agitato. Come
potremmo noi dimenticare che, se appartenghiamo al Signore, siamo
i servitori di un Padrone che è stato esso pure “ l’uomo de’ dolori ”
(Isaia un, 3), che ha detto di Paolo chiamandolo al suo servigio ;
“ gli mostrerò quante cose gli convien patire per lo mio nome ” (Atti
i.K, 16), e che ha dichiarato ai suoi, che “ avranno tribolazione nel
mondo ” (Giov. xvi, 33). Sì, piiì il Signore ama i suoi, piii sono
esposti alle tribolazioni. E se vogliamo cercare chi sono i servitori
nei quali pone tutto il suo piacere, li troveremo ove noi troviamo
oggi S. Paolo, in mezzo ai tumulti, ove David è stato tanto, ove Cristo pure si è trovato, nella povertà, nelle persecuzioni, nei dolori. Ma
ne.ssuno vi è stato abbandonato.
“ Un Angelo dell'iddio, dice l’Apostolo, di cui sono, ed al qual
servo, mi è apparito questa notte, dicendo: Paolo non temm (Atti
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XXVII, 23). Il messaggio mandato aU’Apostolo nella tempesta ci presenta molte circostanze degne di attenzione. E da primo qual fu la
])ersona che ne fu onoi ata. Il messaggiero celeste non fu' mandato
ad alcuno dell’equipaggio, che eran tutti pagani, ma vi erano pure
sul vascello altre persone che non lo erano, Luca fra gli altri, il
compagno di viaggio deirApostolo, perchè non fu messo a parte
del messaggio? Perchè questo favore non fu annunziato che a
Paolo? Non è egli forse, perchè il Signore ha voluto insegnarci
con questo fatto, che dà, le sue più ricche consolazioni ai suoi servitori i più devoti ? Le consolazioni, come il perdono, sono grazie che
üio dispensa da sovrano, sono doni della sua libera volontà. Ma se
tratta da sovrano, non è meno fedele e giusto per rendere più felici
quelli dei suoi servitori che sono i più fedeli. Nelle angoscie fa vedere che coloro che lo servono meglio sono quelli che lo amano di
più.
Ma consideriamo pure il messaggero mandato a Paolo. Il Signore
ordinariamente consola i suoi per mezzo dei compagni di afflizione :
ma in quella terribile notte, manda all’Apostolo un consolatore dal
cielo. Impariamo da qxiesto, coloro che soffrono per Cristo, generalmente ricevono segni tanto più potenti del suo favore, quanto più
grande è la prova loro. La ragione ne è semplice; è allora che hanno
maggior bisogno dei preziosi soccorsi, è allora pure che li domandano con maggior insistenza. Non mai quanto allora le umane consolazioni non sembrano impotenti ed in questa convinzione si ricerca
con maggiore ardore l’appoggio di Cristo, che risponde sempre all’anima angosciata secondo la sua fede. È così, che l’afflizione diviene, nelle intenzioni di Dio, il precursore di alcune nuove grazie
che ci prepara la suà infinita misericordia. Non crediate adunque,
che tutto sia perduto, quando le nubi si accumulano sulla vostra
testa, i venti strepitano, e la tempesta imperversa. Abbiate fiducia, e nella vostra distretta una voce dal cielo vi dirà come a Paolo
“ mon temere. ”
Consideriamo finalmente la natura del messaggio dell’Angelo.
Non conteneva nulla che Paolo non sapesse già. Dio, non gli aveva
già detto che giungerebbe a Eoma e comparirebbe innanzi a Cesare?
Così il Signore consola i suoi, rinnovandogli le già fatte promesse.
Non abbiamo bisogno di una nuova rivelazione per godere delle divine consolazioni, ci basta ricorrere umilmente alla Parola, “ scritta
per nostro ammaestramento, acciocché per hi pazienza e per la contiolazione delle Scritture, noi ritegniamo la speranza ” (Rom. xv, 4).
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Se il Signore non ci manda un Angelo, cl manda il suo Spirito Santo,
che illumina la nostra mente, riscalda il nostro cuore, e ci fa scuoprire nella Bibbia le consolanti verità che ci sono necessarie.
LA
VEliA BUONA NOVELLA, NON DICE IL VEliO
La Vera Buona Novella, gioruale clericale, in testa del suo numero^S,
13 agosto, ha un articolo intitolato: Guerra contro i Pisani, e cotUro b. E.
l'arcivescovo di Pisa; quel giornale ha voluto rispondere al nostro articolo
nuui. 15, «; un cardinale chc inganna il pompalo ». La Vei'a Buona Novella,
non ostante l’epiteto di vera, di verità non si picca, anzi, non dice il vero,
quando giudica il no.stro articolo, una guerra ai Pisani, e al Cardinal Corsi:
noi non facciam guerra nè alli uni nè all'altro, ma deploriamo quelli, come
ingannati, dichiariamo questo, ingannatore: noi facciam guerra alla men
zogna, alla superstizione, e mettiamo alla luce l’errore.
La Vera buona Novella, non dice il vero, asserendo che li E\angelici
hanno una fede nuova, nata di fresco, che essendo falsa fu decrepita appena
nata, ed è di sua natura •polisensa e proteifornie, poiché, la Vera Buoria Novella, sa che li Evangelici hanno la loro fede, nella Bibbia, in Gesiì Cristo
vivendo sempre per iutercedere per noi, Ebr. vii, 23 ; e non sulle Decretali,
sulli Atti de’ Concili, sulle Bolle papali, nè su Pietro morto : Non dice il
vero, quando accusa li Evangelici d’insulti alla pietà dei Pisani, e di atrocissime e criminose invettive, poichò nè insulti, nè invettive contiene il
nostro articolo, a meno che per tali non voglia prendersi, la denunzia di
una superstizione, e di un inganno: non dice il vero quando attribni.sce ai
Protestanti i pellegrinaggi jier l'acquisto dei calcinacci di Socino, poiché
Socino, negando come i papi, Liberio e Onorio, la divinità di Cristo, nè
lui, nè loro sono cristiani; non dice il vero sulle pantofole di Lutero, poiché
non sono in venerazione, come queUe di Gesiì a Koma, e quelle di Giovan
Battista alla Certosa di Parigi, non dice il vero quando nega, l’origine pagana di porre le città sotto la protezione di un santo, poiché è la Storia che
ci attesta che Roma era sotto la protezione di Minerva, Efeso di Diana.
E non è questa la sola pratica religiosa che la Chiesa di Roma ha preso
dal paganesimo: è noto a tutti che Vaiqna benedetta, con la quale ogni anno
si sprozzano le case, é succeduta all’acqua lustrale de’pagani, \(ì processioni, i pagani le facevano in onore di Cerere, Diana, ecc. le llogazioni,
sono un che di simile a quelle descritte da Ovidio, e la canonizzazione dei
santi, ha una cercmonia uguale, o molto uguale, a quella della Apoteosi
degli Imperatori eco. ecc.
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I Eedattori della Fera Buona Novella, si 'sdegnano perchè li Evangelici
abusano della loro pazienza. Sì, lo sappiamo, Redattori della Vera Buona
Novella, come la discordia, chc
Attossicato tcnea sempre il coltello,
così voi tenete appiattata la face por dar fuoco al rogo che dovrebbe bruciarci, se il papa-re riprendesse il suo dominio, nel cuore dei principi spodestati ; ma badate, che quella face non dia fuoco alle vostre lunghe e nere
vestì; del cho saremmo dolenti, poiché il nostro Maestro, Gesù Cristo, non
voile che scendesse il fuoco su i Samaritani chc, recusarono ricevere i di
Jf ’
lui messi (Jjuca ix, 5-t).
La Vera Buona Novella fa in succinto un quadro della sua fede, tì rimprovera li Evangelici chc l'hanno diversa, ‘perchè nata dopo il medio evo. Seguiamo questo quadro, e vediamo se le differenze sorgono dopo il medio evo,
o se esistano fino dalla creazione del mondo.
La Vera Buona Novella, abomina la idolatria. Li evangelici pure, e non
hanno nei loro templi immagini, reliquie, perchè Iddio non lo vuole, lo
proibisce. « Non farti scultura alcuna, 'nè immagine alcuna di cosa che sia
in cielo di &opra, nè di cosa che sia in terra di sotto, nè di cosa che sia nelle
arque di sotto alla terra » (Esod. xx, 4).
La Vera, Buona Novella crede a tutta la rivelazione scritta dalla prima
parola della Genesi fino all'ultima sillaba deirApoca]is.se. Li Evangelici
pure, ma ne escludono li apocrifi, perchè li Ebrei depositari delli oracoli di
Dio, Rom. ni, 2, i Santi Padri, dei Concili, dei papi, li rigettano a dispetto
dei 53 prelati riuniti a Trento nell’8 aprile 1546.
La Vera Bnoiui Novella crede al verbo di Dio tradito: li Evangelici pure.
La Vera Buona Novella crede ai Sette Sacramenti; li Evangelici a due
soli. Battesimo, e Cena del Signore, (Eucaristia) perchè la Bibbia dà questi
due soli, e questi due soli conobbe la, Chiesa primitiva Apostolica.
La Vera Buona Novella crede che tutti debbano esser battezzati, li
Evangelici pure, perchè cosi è scritto nella Bibbia.
La Vera buona Novella- crede nella preghiera — nella intercessione dei
santi. Li Evangelici credono alla efficacia della preghiera, sapendo, che
« molto può l'orazion del giusto » (Giac. v, 16), non credono alla interces.«¡ione dei Santi, perchè la Bibbia ci dice che vi è t(n solo Dio, ed anche un
sol mediatore di Dio e degli nomini Cristo Gesù uomo (1 Tim. ii, 5).
La Vera Buona Novella crede alla necessità di far, potendo, opere btionc:
Li Evangelici credono essere obbligo fare opere buone, per mostrare la fede
(Giac. XI, 17, 18; ma erodono esser salvati per grazia, no'n per opere acciocché ninno si glori (Efes, il, 9).
La Vera Bumia Novella erede a Pietro cd alla Chiesa c.ifiiianata da
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.successori di lui. Li Evaugelici credono ohe colui che come Pietro confe-ssa « Tu sei il Cristo il Figliuol dcH'Iddio » è salvo, e non pos.son credere
ai papi, capitani della Chiesa di Cristo, perchè la Bibbia dice: « Cristo è
capo deU’uomo » (1 LW. xi, 3): « che Cristo è per capo sopra ogni cosa,
alla Chiesa » (Efes, i, 22): « Cristo è capo della Chiesa » (v, 23); (i il capo
del corpo della Chiesa » {Coloss. i, 19).
La Vera Baona Novella dice avere la rivelazione intiera, c non dimezzata
e falsata dalle religioni nuove eterodosse, c gli Evangelici hanno la rivelazione intiera, e non accolgono altri dogmi che quelli della Bibbia e rigettano
quelli inventati dai Concili, dai papi.
La Vera Buona Novella ha il magistero dell'episcopato, (uomini mortali
fallibili), e li Evangelici hanno per Maestro Cristo, Dio vivente, infallibile
{Matt. XXIII, 8).
La Vera Buona Novella ammette il libero arbitrio, e li Evangelici ere ■
dono al libero arbitrio, cioè, alla facoltà che ha l'uomo signore delle propr:e
azioni, di eleggere il bene e il male.
La Vera Buona Novella non concede all uomo che uu esame confermativo della parola, e li Evangelici il libero CL'ame, perchè sanno, e sono convinti che: et Tutta la Scrittura è divinamente inspirata, ed utile ad inse
gnare, ad arguire, a correggere, ad ammaestrare in giustizia » (2 Tim. in,
16); e perchè i dogmi della Trinità, Incarnazione del Verbo, Salvazione per
Cristo ecc., neUa Bibbia sono ciliari manifesti, e facili a comprendersi
du chicchessia.
Li Evangelici basati sulla Bibbia, innestati su Cristo, come debbono
staccarsi dall’una e dall’altro, e venire a voi o Redattori della Vera Buona
Novella per imparare che cosa? Che il culto dei Santi, Immagini e Reliquie,
è fatto domma nel 788? Che i Sacramenti sono determinati a 7 nel 1160?
Che la tran.iustanziazione è decretata nel 1216? Che il Purgatorio è creato
nel 1439? Che la Tradizione è dichiarata uguale alla Parola di Dio nel 1564
e nel medesimo anno che li apocrifi sono ritenuti per inspirati? Che Mai-ia
è concetta senza peccato nel 1854? I nostri dogmi non hanno Storia, perchè
son tutti nati con la creazione dell'uomo.
E li Evangelici hanno la lor fede in Cristo, e come lasciar la fede di
Cristo per piender quella dei Papi, Liberio e Onorio Ariani, di Simmaco
convinto dal Concilio di Roma di vergognosi delitti,, di Giovanni XII depo.sto
dal papato per i commessi omicidi, incesti, sortilegi di Gregorio V, ohe fa
cavare li occhi, mozzare il naso, la lingua, le mani, le orecchie a Giovanni XVI, di Bonifazio VIII,che nega l'immortalità dell’anima, di l'.aolo li,
che stava quasi sempre abbigliato da donna, di Sisto IV, che mette a prezzo
i Lupanari, di Gregorio VII, che il Concilio di Bre.scia, chiama fornicatore,
iinpo.store, assassino, saciilego, sortilego, scismatico, spergiuro di AlesKandro VI, morto in braccio ai tìgli, del veleno chc aveva preparato al caidinal
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di Corneto? infine, di molti altri papi che per non attristare i lettori dei loro
delitti, si tralasciano?
Non ostante il bamboleggiare della Vera Buona Novella per ia vergogna
senza 'pudore, non abbiam nulla da ricacciarci in gola, ma rimprovereremo
sempre al cardinal Corsi, l’inganno commesso verso del popolo pisano per
fargli credere, un giorno dell’anno, miracolosa un’acqua che per 364 giorni
5 ore 49 minuti è servita per li usi di cucina : lo direm sempre finché il
Buon Dio ci tiene in vita, non è lecito, non è cristiano ingannare così. Noi
non attacchiamo personalmente il cardinal Corsi, non curandoci punto di
lui; sarà il più grande benefattore di Pisa, ma ovunque nella città si volga
lo sguardo, non vediamo traccia dei suoi benefici, e se domandiam delle sue
elemosine, tutti rispondono, « ne fa meno di monsignore Alliata e Parretti, e dicono che la elemosina per il reclusorio dei poveri era accordata
a condizioni da Torquemada, e però fu recusata ». Noi' non abbiamo da
domandare perdono a monsignor Corsi, non lo abbiamo offeso, e ci guarderemmo bene dall’offenderlo, come Cristiani, abbiam creduto protestare
contro un inganno coperto del manto di religione, Dio nella sua clemenza
giudicherà dell’ingannato e deH’ingannatore.
BIOGRAFIA
IL GENERALE BECKWITH
Torino, Agosto 1862
Carissimo sig. Direttore '
Ella non sarà a quest’ora senza conoscere la disgrazia chc tccco ultimamente alle chiese delle Valli-Valdesi, di aver cioò perduto il loro insigne
benefattore, il maggiore-generale Carlo Beckwith, mancato ai vivi in TorrePellice, addì 19 p. p. luglio nell’anno 73 di sua età. Ella saprà eziandio,
come pure alcuni fra i suoi lettori quanto bene abbia operato quest'uomo
nella nostra Chiesa, e come, aiutante Iddio, egli abbia potentemente cooperato al risorgimento spirituale della medesima. Pur nondimeno siccome, i
particolari dell’opera sua a tutti non sono noti, credo non sarà discaro ai
Cristiani evangelici d'Italia, anzi a molti sarà utile Tesserne fatti, anche
per breve sunto, consapevoli.
Le relazioni del maggiore-generale, in allora tenente-colonnello Beckwith,
colla Chiosa Valdese, ebbero principio nell’auno 1827, ed ecco quale ne fu
la provvidenziale occasione. Il nostro venerando amico, dopo fatto in qualità d'ufficiale nello stato-maggiore del duca di Wellington tutte le campagne di Spagna, dopo perduta una gamba a Waterloo, e dopo compiuti
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parecchi e lunghi viaggi allo scopo di perfezionare la sua istruaione precocemente interrotta dalla militare carriera, trovavasi in quel tempo a Londra
iieU'anno 38 di sua vita.
Nel visitare un giorno il suo antico capo di stato-maggiore, mentre stava
aspettando per qualche minuto nella sala della biblioteca, la sua mano cadde
sopra un libro cui egli scorse le prime pagine. Quel libro era la relazione
della prima visita fatta alle Valli Valdesi da un suo compatriotta, altro benefattore illustre della nostra Chiesa il rev. dottore Gilly, e quanto vi potè
leggere tanto il commosso che non appena uscito dal palazzo, sua prima
cura fu di procurarsi il dotto volume, letto il quale per iutiero, egli decise
in petto di visitare un giorno, se mai lo avessero conce.sso lo circostanze,
quel picciol popolo, intorno al quale gli venivano accertate cose di tanto
interessamento ed a lui per l'innanzi sconosciute affatto.
Un viaggio in Italia gli offrì in quello stesso anno la bramata occasione.
Quella prima visita nelle Valli non durò pertanto chc tre giorni, e non poteva far presentire quali ne sarebbero state le conseguenze. Ma l’anno seguente il Colonnello dalla gamia di legno (chè in tal modo venne chiamato
sulle prime) ricomparve in Torre e questa volta la sua visita durò tre mesi,
dei quali approfittò por minutamente informarsi delle circostanze in cui
versava la Chiesa al risorgimento della quale egli con tanta efficacia doveva
poi consacrarsi.
I tempi erano tristissimi: all'antico fervore, padre di tanti prodigi, era
succeduto in seno alle nostre popolazioni un religioso languore, sintomo c
foriere di non lontana morte. La predicazione senza essere proprio infedele
(quella di alcuni pastori lo era pur troppo) aveva smarrita quella segreta
od intima possanza chc sola può convertire i cuori; e poneva in dimenticanza quelle verità cristiane, le quali in un pulpito evangelico sempre devono «cupare il primo rango, c prima delle altre farsi risuonare. Le scuole
stavano iu pessime condizioni fisiche e morali, e la pereecuzione latente, le
continue cotidiane molestie che avevano succeduto alle sanguinose persecuzioni, coll’irritare gli spiriti e snervare i cuori, producevano effetti morali,
più funesti di quelli cagionati nei tempi anteriori dalle spedizioni armate, e
dalle guerre.
II colonnello Beckwith con quella precisione nel colpo d’occhio, che sempre fu un distintivo del suo carattere, presto s’accorse che gli era impossibile rimediare a tutti quei mali in una volta, che per riuscire conveniva
cominciare per un lato, e scelse qual còmpito più conforme alla sua qualità
di laico, nonché ai suoi gusti, il Einorgimenlo della primaria istruzione. La
natura alpestre delle Valli, e la gran quantità di neve che ncH’invemo interrompe le comunicazioni, da lungo tempo ci aveva imposta la necessità
di creare numerose piccolo scuole, dette di quaTtiere, aperte solo per 3 o 4
mesi aU’anno, dove un maestruccio di corta minerva e di più corto risorse,
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insegnava gli elementi del leggere e dello scrivere. A codeste scuole noi
cui rivelamento egli con ragione scorgeva il risorgimento della primaria
istruzione, rivolse il Colonnello le prime sue cure; e siccome pressoché
tutte difettavano di locali propizi, a procurar questi egli in prima s’ingegnò.
Difficile impresa ! Esigere da montanini che soggiacessero a sagrifizi per
soddisfare a certi bisogni poco o punto sentiti, sarebbe stato fiato sprecato ;
dispensarli da ogni incombenza, come taluno per far più presto proponeva,
peggio che mai ! — Il Colonnello schivò quel duplice male e fin dai primi
tempi adottò questa linea di condotta che il diresse in tutta l’opera sua.
« Far nascere i hisogni, e, risvegliali questi, aiutarne il sodilinfacimento ». —
a Non pensate voi, diceva egli ai poveri abitanti di un villaggio, che avreste
bi.sogno per la vostra scuola d'una buona sala, spaziosa e chiaiu ». — « 0
si, signor Colonnello, rispondevano, ma i mezzi per fabbricarla, non li abbiamo » — 4 Ma avete i materiali, rispondeva egli, avete le pietre, la cal
cina; forniteli ed io pagherò la mano d’opera ». — E in tal guisa, poco alla
volta, e fino no' più remoti paeselli delle Valli, onorati tutti della visita di
un tant’uomo, .sono state innalzate oltre a 120 di quelle scuole, che il viaggiatore da lungi può discernere sulle falde dei nostri monti, e riconoscere
dall*, loro costruzione quasi sempre identica, la loro pittoresca giacitura.
Ma questo primo passo, come sempre accade, condusse ad altri, col far
sorgere altri bisogni. II niigliorarsi delle scuole di quartiere fece risaltare
la tristissima condizione delle scuole grandi o parrocchiali, e queste ebbero
la sorte di cattivarsi le cure del Colonnello il quale dopo la sua prima visita
tornava tutti gli anni nelle Valli a passarvi la stagione invernale, t La vostra scuola principale è in triste condiaione ! » diceì'a ai Concistori ed ai
Concili comunali: — « Tristissima infatti signor Colonnello, » rispondevano
questi. — « Ebbene, ripigliava, fate una deliberazione, datemi cinque mila
lire ed io ve ne fabbrico una ». — La deliberazione si faceva, l'imposta
volontaria di 5,000 lire decretavasi, e tosto una magnifica sala da scuola
con eccellente alloggio per il maestro, veniva eretta nel comune, mediante
la spesa di 10 o 12 mila lire. — L’eccedente dei 5,000 franchi usciva dalla
borsa del Colonnello o da quella dei numerosi suoi amici ch’egli sapeva
associarsi in quell'opera. — Ottenuti che furono i locali, un altro bisogno
altrettanto e più urgente si fe’ sentire: il bisogno di huoni maestri. Or come
averli mai, senza uno stipendio che guarentisse a chi si fosse sentito vocazione per quella bella carriera, una discreta esistenza. Ma se era difficile
fabbricare scuole, (juanto più l’accrcscere lo stipendio dei maestri! Pur
nondimeno non si lasciò scoraggire il Colonnello, ma sebbene, valendosi
della fiducia di che godeva presso la popolazione, egli diresse a tutte le parrocchie una circolare, pregandole di eleggere nel loro seno ma deputazione
che Venisse da lui a discutere un importantissimo argomento. Eiuniti i dc
putati egli tanto li convince ed a sua causa li guadagna, che pochi mcii
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dopo tutte le parrocchie delle Valli s'erano imposti gravii^sinii «icrifici per
garantire ai loro istitutori il pane cotidiano. Immenso progresso ! il quale
doveva provocarne uu altro non minore.
Provvisti che furono gl'istitutóri di onesto stipendio ed ecccllentc allog
gio, era cosa giusta che da loro più che per lo passato si esigesse. Wa come
porli iu grado di corrispondere a codeste esigenze? Fioriva a quel tempo
in Losanna una scuola normale, celebre per l'impulso datole dal suo abile
direttore il signor Gauthey. « Partite per Losanna, amici miei, disse un
bel giorno il Colonnello agl’istitutori delle precipue scuole, andate a seguirvi i corsi della scuola normale, e specialment« un corso di metodica
che vi faccia capaci di dirigere per bene le vostre scuole, e io m’incarico
delle spese ». — E mentre i nostri bravi istitutori, rispondendo alla chiamata, lavoravano a perfezionare le loro conoscenze in Ijosanna, il Colon
nello provocava nella Tavola Valdese una deliberazione per virtù della
quale niuno sarebbe ormai ammesso ad insegnare nelle scuole parrocchiali
delle Valli senza avere ottenuto da chi spetta, un brevetto, costatante la
sua capacità.
Ecco la gran rivoluzione compiuta, e l'avvenire della primaria istruzione
in seno alla Chiesa Valdese definitivamente assicurato!
Dopo la primaria istruzione, l’insegnamento secondario o cla.si!Ìco! Le
condizioni in cui versava questo ramo deH’istruzione, provvisto solo di una
scuola detta Sritola Latina, senza locale apposito, con un solo professore,
e 1.5 o 20 alunni spartiti in 5 classi, era stato l'oggetto delle sollecitudini
del rev. dottor Gilly, il quale aveva destinato alla fondazione di nn vero
Collegio un legato di 100,000 lire posto a disposizione sua da un suo amico
moribondo, colla condizione che le Valli assumerebbero il carico delle spese
di fabbrica; laonde le parrocchie s’erano imposta una contribuzione che
ascendeva a 40,000 franchi. Ma difficoltà d'ogni sorta ritardavano l'esecuzione di tanto progetto: Il Colonnello benché preocctipato ancora dalla riforma delle scuole, diresse anche da questo lato il suo sguardo penetrante
nonché la sua ferma volontà, ed in poco tempo sorgeva alle porte di Torre
Pcllice quel nobile edifizio, che al giorno d’oggi non novera meno di un
cento di studenti, compresi quelli della scuola normale, sotto la direzione
d'ima diecina di professori. Quindici anni appresso egli compirà l’opera
sna col fabbricare vicino al Collegio una lunga casa spartita in altrettante
casette assai gentili per servire di abitazione ai professori di quello stabili
mento.
TTna tanta opera, dopo il compimento della quale altri si sarebbe dato al
riposo; non fu altro per il Colonnello che un punto di partenza per un'opera
maggiore. L’istruzione primaria e secondaria aveva ricevuto dalla sua mano
un possente ed efficace impulso; ciò era molto, ma ciò non bastava a col
mare un vuoto, che presto apparve all’occbio indagatore del Colonnello. I
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dcstiui d’una chiesa, come quelli d’una società qualsiasi dipendono umanamente dal gentil sesso o daH’educazione ricevutane. Or che s’era fatto fin
<iui per il perfezionamento della donna? Che s’era fatto in ispecial modo
per l’istruzione o Tcducazione di quelle che poi quali spose di ministri o
quali istitutrici, dovevano più delle altre influire sul mótale delle popolazioni? Nulla o quasi nulla! — Ad ogni costo quel vuoto si voleva colmato.
Il Colonnello mirabilmente assecondato in quell’opera come in tutte le altre, dal venerando Moderatore della chiesa, signor Botijour Pastore di San
Giovanni, vi si applicò con la solita prontezza ed energia. Convinto, dopo
serio esame, che il mezzo migliore rimediare al male, era la fondazione in
Torre-Pellice di un Pemimaio diretto da una istitutrice di merito e nel
quale le figliuole dei pastori ed altre giovane bramose dì accurata educazione potessero a modici prezzi essere ricevute, egli affitta una casa, la
provvede della necessaria mobilia poi quando tutto è all'ordine, ei prende
la posta, parto per la Svìzzera in compagnia del Moderatore, cerca dovun
que la Direttrice necessaria, e non si dà riposo se non quando la vede in
mezzo alle sue allieve, e così fonda quella preziosa istituzione, la quale
mentre darà alle Valli una legione di buone madri e dì capaci istitutrici, a
molte giovane povere fornirà il mezzo di farsi aH’estero, quali aje o gova nanti, una onorevole e lucrosa carriera.
In una prossima lettera procurerò di compiere questo quadro deH’opera
del signor Beckwith nelle A’'alli, ma soprattutto di quanto imprese e fece
allo scopo di preparare la nostra Chiesa a qucU’opera di Evangelizzazione
che ora si fa dalla medesima in Italia e cui fra i primi seppe scorgere l’alta
importanza.
Gradisca, signor Direttore i cristiani saluti.
UN CROCIFISSO DI UN PREDICATORE E LA CROCE
DI UN GESUITA
In una piccola chiesa deH’Auvergne (Francia) è stato trovato un prezioso
monumento del medio evo; egli è un Crocifisso di legno e colorito. Il Cristo è su d’una croce pure di legno, posta sa di uno zoccolo destinato a fissarsi
sulla sponda del pulpito. La testa del Salvatore è mobile; mobili del pari
sono gli occhi e la lingua, messi in movimento per mezzo di una molle che
il predicatore faceva agire con il piede. Si può facilmente immaginare qual
effetto doveva produrre l’uno o l’altro di quei movimenti, suU’uditorio eccitato dalle parole del predicatore.
Questo Crocifisso è attualmente a Parigi nel Museo di Cluny.
Nel 1859, quando i Gesuiti fuggivano da Massa e Carrara, uno dì costoro
lasciò nella carrozza una piccola croce d’ebano. Trovata, fu messa da parte
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credendo che verrebbe reclamata dal fuggitivo. Alcuno maneggiando quella
croce si accor.se, che la parte superiore si muoveva, la tira, e con sua gran
.sorpresa, si vede in mano uno stile.
Reco la Chiesa di lloma, dell'immagine di Cristo, tie fa un oggetto di
fantasmagoria, e della croce uno strumento di morte!
BIBLIOGRAFIA
La Vera Buona Novella ha fatto dono ai suoi associati di un libro intitolato; Bivelazioni prodigiose di Assunta Orsini, nata il 28 maggio 1843,
morta il 17 dicembre 1860, considerate rispetto alle arti del magnetismo e
della magia, per Giovanni l’ierini. — Firenze, tipografia Bencini 1862.
pag. 128. — Il titolo, le raccomandazioni della Vera Btuma Novella, mi
fecero sospettare che quel libro contenesse ridicole stranezze, e non mi
venne voglia di leggerlo : ma vedendolo insistentemente raccomandato dal
suo autore, sacerdote Giovanni Pierini, supposi die il mio giudizio fosse
azzardato, e die veramente qualche cosa di buono vi fosse ; risolvei leggerlo.
Misericordia!!! Dopo quella lettura, mi pareva di essere in un congresso
di streghe, mi pareva avere innanzi la maga Melissa,
Il profetico spirto di Merlino
Israen, che trar di sotto a chiusi marmi
Può corpo estinto, c far che spiri e senta.
e appena credendo a me stesso, domandai. Ma è il sacerdote Pierini che
ha scritto questo libro? rilessi il frontespizio, e me ne accertai: allora de
plorai il misero sacerdote, mi maravigliai di tanta ingemiifà, dubitai .se un
cristiano poteva asserire sul serio la verità di tali fatti, mi rimproverai il
tempo perduto nel leggerlo; deplorai il danaro sprecato per la stampa: mi
venne voglia getterlo sul fuoco, mi arrestai perchè il libro non era mio:
voleva dimenticarlo, non voleva fiirne parola, ma preso animo dissi: se
nel 1862 si pubblicano tali frottole, sorga una voce che protesti a nome
del buon senso, a nome della dignità dell’uomo.
E se il vero io mi dica, ne giudichino i nostri lettori: leggano alcuni fatti
narrati dal Pierini: non abbisognano di commenti: la mano intorpidita sta
immobile, la penna non scrive, la mente non trova parole sufficientemente
severe per condannare e deplorare tanta ingenuità. Io sono fra li onesti
lettori del libro del Pierini, non mi curo di tirare con gli argani qvcdche
di Ini espressione di un senso non men che ortodosso, pag. 121, 122; ma
lascio ch’egli stesso parli: il giudizio ai lettori.
Pag. 32. Ed io sono in grazia di Dio? le diceva un tale, per farle maggior ludibrio e strazio: <t Va sciagtirato ! ripiglia e brucia la Bibbia del
Diodati, che hai riposta or ora in quella macfhia. Ti basti sa2>ere che due
mesi addietro gettasti in un bottino la creatura che facesti partorire a quella
tua disgraziata... Bai inoltre aU’anima i tali e tali peccati... Sono tanti
anni che più non ti confessi... Nella jMsqua passata, dasti dieci paoli ad vn
tale, che fcr te riportasse il poUzzino... Se non fi ravvedi, sei dannato.
Pag. 43 e segg. In un dato giorno Serafina Cinelli, del popolo di S. Quirico
a Legnaia, conduceva alla casa del nostro falegname il suo marito Luigi, che
da sei anni dicevasi indemoniato, ed aveva veduto spegnersi come candela,
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Ili vite Je’ line suoi lìgliuoletti, l’uiio di 13, l'altro di 17 mesi. La Serafini
spaventata da queste o da altri straui^isiuii fatti, introdusse il suo infelice
marito nella caineruccia dov'era l’AsiSuiita Orsini: e si maravigliò assai
sentendosi chiamai-e per nome da quella fanciulla cbe non avealo mai ve
duto, nò conosciuto. Entrò, dunque, ancor essa, ed appena entrata, chiuso
la porta. Ella ed il marito si posero ambedue a sedere, e la fanciulla ascoltava la lunga e paurosa istoria di quell'infelice. Appena inteso il tutto, li
fa mettere in ginocchio, prende una ciocchetta di olivo benedetto, la tuffa
nella piletta dell'acqua santa, e ne asperge il marito e la moglie. Quindi,
inginocchiata essa pure, prorompe presso a poco in queste parole: « Spirito maledetto, te lo comando in nome di Dio, vattene da questo corpo, che
non è tuo: è di Gcmi, di Maria, del suo Angelo custode. Lascia quest’anima,
non è tua... partiti e ritorna al luogo di disperazione, al quale Dio ti ha
condannato. No, non voglio partire, rispondeva l’infelice paziente... non
voglio andarmene... vo’star qui a tuo dispetto... ingorda, ingordaccia...
No, tu non hai ad avere quest’anima, che è mia.
A siffatte antifone, la fanciulla si alza in piedi, accende le candele tutte
dell’aUarino lì appresso, ov’era l'immagine del Crocifisso, di Maria e di
vari sauti: prende alcune reliquie: con esse benedice il paziente, e, continuando ad aspergerlo con acqua benedetta, rinnuova le parole dello scougiuro. Ma lo sventurato ripete le cose dette prima. E protraendosi il fiero
contrasto per oltre un’ora, egli rompe in queste minacce: « Brutta scimiu,
bada, se non smetti, vengo addosso a te^. Ed essa imperterrita: « Non sarai capace,..... non ho paura..... Dio, Maria, VAngelo custode mi difen
doìio... » c frattanto rinnuova scongiuri, preghiere a Dio, invoca la inter
cessione di Maria Vergine e de’ Santi, ripete benedizioni. All’improvviso il
paziente comincia a contorcersi e divincolarsi in modo orribile. La fan
ciulla insiste. Ed oh! spettacolo tremendo 1 II capo di quel misero diviene
in apparenza o in realtà, enfiato e deforme... la sua gola s’ingrossa orribilmente; ed ei, <iuasi abbia un mantice in petto, comincia ad ansare fitto
fitto, a bocca spalancata. La fanciulla accorre subito, e preso uu bicchiere
d'acqua benedetta, glie la infonde nelle aperte fauci... Inghiottita quel
l’acqua, il paziente si sconvolge, e divincola il corpo, quasi come se fosse
un gomitolo: il volume della sua gola aumenta, egli straluna con ferocia
gli occhi, sembra che da uu momento all’altro debba scoppiare, come se
dovesse soccombere ad un peso ignoto, opprimente. Dà un mugghio orrendo,
e resta quasi come esanime. Ma dopo poco si rianima, e dice placidamente
Mi sono sentito riavere quasi da morte a vita.
Compiuta la tremenda funzione, la nostra fanciulla indossa al mesuhi
nello alcuni abitini ed una medaglia, pregandolo a non toglierseli mai dal
collo. Gli raccomanda premurosamente di ricorrere a Dio colla confessione
generale dei suoi peccati: gl’iuculca la confessione ordinaria: lo ammonisce
di recitar giornalmante varie preci, di asperger d'acqua benedetta la camera, il letto, di beverne ancora qualche sor.so di tratto in tratto.
Compiuto tutto questo, essa apre l’uscio di camera, e nella sua angelica
innocenza, tutta sfavillante di gioia, ripete per due o tre volte queste parole: Demoniaccio l... Dunque te ne sei andato da quell’anima che tu volevi? Dunque m’è riuscito discacciartif
La faijciulla interrogata su ciò, ri.sponde: Gli spiriti che sono usciti da
queU’uomo, mi beffano e mi minacciimo, dicendo: Bruita scimiotta, ora sei
contenta che mi hai fatto perder quell’anima? Mai, mai partirò da te.
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l segui per i quali Luigi Cinelli era creJnlfi osses.sa, sono molti. Eccone
alcuni, l medici fiscali, deputati dal Governo per visitarlo, presero it par
tito di fare su di esso le loro csperiente, ina uuo di loro essendone stato nf
ferrato, fu liberato a steuto, ed ebbe paura grandissima. Sei persone erano
iueapaci a rattenerlo quando agli andava nelle furie. Ne’ suoi momenti di
assopimento, provaronsi a gettargli addo.s.so acqua comune, ed egli rimaneva immobile: lo aspersero di acqua santa, ed allora egli appariva veramente energumeno. Notiamo die si adoprava tutta la maggiore possibile
diligenza, perchè egli non conoscesse la qualità dell'acqua che venivagli
gettata addosso. Se lo aspergevano mille volte dell’acqua comune, egli rimaneva insensibile, pareva morto. Se poi aU'improvviso facevano cadérgli
addosso una soia stilìa d'acqua .santa, egli dava nelle smanie, e gli uomini
stentevano a ritenerlo nel letto. Mandarono a chiamare il parroco D. Zauobi Pucci, il quale era appena sulla soglia di sua casa; ed il Cinelli, senza
averlo veduto nè sentito, mentre era nel letto, al secondo piano della prò
pria abitazione, ne parlava di già, e diceva: Ecco/o quegli che si chioma
viinistro (li Gesù Cristo ecc. Va il cappellano del luogo, .sig. D. Antonio
Nannucci, colla so/a stola in taèca; ed il Cinelli che nulla sapeva, gl'intima
di cavarsela, prima di parlare.con lui. Lo sfida a combattere con seco. Egli,
il cappellano, parlavagli anco tu ialino, ed il Cinelli rispondeva a proposito
con qualche parola latina, sebbene illetterato.
Pag. 47, 48. Le .signore Giovanna Zagri, vedova Vantini, c la sua figlia
Clementina di Firenze, avuta nella propria casa l'Assunta, le richiesero
notizie de’ loro trapassati. L’Orsini corrispose ai loro desideri, narrando ad
esse come l'anima del fu dott. Giovanni Vantini .si trovava in luogo di
salvazione, ma aveva d'uopo di certi determinati suff'rar/i, per esser libero
dal Purgatorio, ed andare a godere Dio in Paradiso. La prescrizione della
fanciulla fu puntualmente eseguita. Pochi giorni dopo, le prefate signore,
avuta a sè l'Orsini, intesero apostrofarsi in nome dello stes.so fu Giovanni
Vantini, per bocca della fanciulla, in modo cosi .semplice, affettuoso e com
movente, con un discorso tanto ordinato, regolare e ben fatto, ch'esse ue
serbano tuttora buona memoria, ed affermano che la fanciulla Orsini era
assolutamente incapace a parlar di suo nel modo con cui soddisfece albi
loro aspettativa.
Pag. 50. Federigo Arrighi di Lucca fece domanda alla Orsini sullo stato
oltremondano della sorella e ue ebbe rispo.sta categorica, di carattere so
prannaturale. Tn quanto poi al padre, l'Arrighi teneva chiuso in cuore il
pensiero di farne domanda, ma non fu in tempo a parlarne, che la fanciulla
lo prevenne, gli manifestò prima di tutto come essa conosceva per ispira
zione che egli era morto: e ciò e.ssa non poteva averlo saputo naturalmente
da nessuno: gli manifestò in secoudo luogo che egli era nel Purgatorio, e
gli presoris.se i suffragi opportuni per liberamelo, a tenore precisamente
della domanda che l’Arrighi le avrebbe fatto, se essa gli ave.sse dato tempo
di parlare.
Pag f)G. Bartolomnieo Pezzatiui, religioso dell Ordine di San Giovauni
di Dio di anni 41, nativo di Pratolino domiciliato a Firenze, domandò alla
Orsini: Vorrei sapere come sto con Dio. Essa replicò: L'Angelo Custode mi
dice che voi Mate bene con Dio. Vero è che da /anciuUo faceste varie confessioni sema dolabre e sema proposito: alle quali2>erò rimediaste in seguito con.
una confessione generale. Qui la fanciulla si e.stese cou uu discorso assai
bello, uel quale fra le dltre cose, esortò il Pezzatiui a pregare per le anime
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del Purgatorio, e di fare le sue orazioni cou più fervore di prima. 11 Pezza
tini per provarla maggiormente le disse: Voi vii avete rayionato d’una confessione (jeneraJe, che dicesie da me fatta per rimediare alle altre confessioni
alle quali soddisfeci senza proposito e senza dolore. Bramo sapere che età
avevo quando eseguii qitella confessione'? La fanciulla abbassò gli occhi, e
prontamente rispose, come se si trattasse d’una cosa da nulla. Eravate nel
16° anno di vostra età. Ma il Pezzatini curiosissirao sebbene rimanesse assai
stupito, pure non si contentò e le disse; Voi parlate molto lene. Ciò che
diceste a mio riguardo è vero. Ma scusate la mia curiosità, per poter credere
meglio alle altre cose rilevanti, a me dette, io vorrei ottener da voi la rivela~,ione di zin fatto noto solamente.a me. Ditemi quello che penso in questo momento ! La fanciulla abbassò gli occhi, e dopo due minuti incirca, rispose :
L’Angelo Custode non intende appagare questa vostra curiosità, nè tampoco
vuole che io sia tenuta per indovina. Allora il Pezzatini domandò: Noi, religiosi, abbiamo fatto vari voti. Gradirei sapere, su quale di questi voti ho
mancato ])ià che negli altri. La fanciulla domandò subito: Quali sono questi
voti? Quattro, soggiunse il Pezzatini, cioè,povertó, castità, obbedienza ed
ospitalità. Essa rispose; L’Angelo Custode ini dice., (he voi avete mancato,
più che negli altri nel 4° voto della ospiialità. A voi non parrà, ma il volo
d’ospitalità non richiede soltanto l’assistenza agli infermi: che anzi abbraccia
l’amore verso il prossimo, verso Dio ecc. Il Pezzatini le domandò: Mi dite
.'¡e i miei genitori sono vivi o morti? La fanciulla rispose con un lungo di ■
scorso, esortandolo a pregare e far pregare pe’ suoi defunti. Gli domandò,
se la rivoluzione attuale sarebbe stata dannosa alla Religione, e se avrebbe
ottenuto il suo intento, contro la Chiesa, e contro il clero regolare e secolare. L’Orsini, a questa domanda fu ritrosa, e sulle prime non voleva rispondere, mostrando qualmente su questo proposito, la sua libertà fosse
impedita, alla fine ebbe bramata risposta presso a poco in questi termini.
I peccati degli uomini sono molti. I religiosi e le religiose soffriranno assaissimo. Ma i loro persecutoì'i non giungeranno allo scopm che si sono prefisso.
Nò; Iddio non lo vuole perchè ama molto la sua Chiesa. Dopo tante e tante
traversie., tutte le cose torneranno al loro sesto come prima. La Chiesa alla
fine de' conti, non perderà nulla.
Pag. 61, 62. E vero che sei andata dall’arcivescovo di Firenze? le domandò
il P. Priore Biondi: Che cosa ti ha detto? M’ha detto che andassi a filare e
fare la calza ; soggiunse la fanciulla. Che forse, riprese il monaco, nmi ha
detto beile? Anche Lucrezia romana filava la lana. — Sì, ha parlato benissimo, replicò l'Orsini : Ma quello che mi dispiace si è che alcuni vanno affermando che io gli ho detto parole villane. Guardi lei P. Biondi, se una pec
catora come sono io, poteva dir tali cose a lui cho è un Angiolo!!'? —
Dimmi bambina, egli le domandò,/fa tanti trambusti di rivoluzioni, che
rosa sarà del Santo Padre? Che sarà mai de’ (1)........ Il Santo Padre,
rispose le fanciulla non sarà toccato, i.................. A voi, o P. Priore,
rivelo che Maria Santissima vi otterrà la grazia non solo di es.sere utile a
voi stesso, ma ancora agli altri. ^
(1) I no.strl lettori non si sdegnino vedere questi puntolini. Essi sono indispon-sabili per liberare il gerente della Vera Buona Novella da qualunque briga col Fisco.
(Nota del Pierini)
Leopoltvo PisEin gerente
FIRE>iZR — Tiposrrafia CTi\UDTANA, diretta tla FafTiele Trombetta,