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ECO
g. FEYROT Arturo
a C. Caballa 22/5
6122 GENOVA
DELLE WH VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Num. 22 ABBONAMENTI | L. 3.000 per Tinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 TORRE PELLICE — 28 Maggio 1971
Una copia Lire 80 L. 4.000 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 Amm. : Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/'33ö94
TEMPO DI PENTECOSTE
Lo Spirito sconosciuto
A parlare oggi di Spirito, anche
con la esse maiuscola, non si accendono gli animi né si risponde a
una qualche richiesta o attesa da
parte dell’uomo della nostra generazione. Non è di Spirito, si direbbe,. che egli sente di più il bisogno. Così impalpabile, indefinibile, sfuggente, senza volto né storia, irriducibile e incontrollabile
come il vento che soffia dove vuole e non sai donde viene e dove
va, lo Spirito può apparire una
realtà troppo problematica per
non dire fantomatica, che comunque non sembra, a prima vista,
possedere quel requisito fondamentale per la sensibilità moderna: la concretezza.
Un altro ostacolo al discorso
cristiano sullo Spirito è la facilità con cui si scambiano, sia da
parte di chi parla sia da parte di
chi ascolta, discorsi spirituali per
discorsi sullo Spirito. E molti uomini del nostro tempo sono divenuti allergici ai « discorsi spirituali »: li ascoltano con insofferenza, si pongono nei loro confronti
in posizione non ricettiva ma critica, talvolta temono l’imbroglio
o lo sospettano, tal altra li sentono retorici o evasivi, intrecci di
parole arcane che non esprimono
una realtà ma coprono un vuoto.
Per chiarire il grosso equivoco ed
eliminare la confusione tra « discorso spirituale » e « discorso sullo Spirito », sono sorti nel nostro
tempo uomini dello Spirito che,
a stupore di molti, non parlavano
in maniera « spirituale ». Alla signora milanese che interrogava
don Lorenzo Milani chiedendogli
perché non facesse mai discorsi
spirituali, questi rispondeva: « Se
non faccio mai discorsi spirituali
e elevati è perché non li penso e
non ci credo. La religione per me
consiste solo nell’osservare i 10
Comandamenti... ». Torna alla memoria la risposta di Gesù al giovane ricco che gli aveva chiesto
che doveva fare per aver la vita
eterna: « Se vuoi entrare nella vita
— gli disse Gesù — osserva i comandamenti ». Risposta, anche
questa, poco « spirituale ».
In realtà, il Nuovo Testamento
non fa grandi discorsi sullo Spirito, piuttosto ne documenta l’azione, la potenza, ne indica i frutti.
L’Evangelo è una « dimostrazione
di Spirito » (I Corinzi 2: 4), non
un discorso sullo Spirito. Mentre
Gesù Cristo è il contenuto della
predicazione apostolica al mondo,
lo Spirito Santo non è oggetto di
predicazione al mondo, è la potenza che accompagna, suggella, conferma e rende efficace la predicazione.
Non è dunque facile parlare dello Spirito Santo, sia per i rischi
reali del discorso (astrattezza, evasività, retorica) sia per la diffidenza si direbbe istintiva con cui
esso viene oggi accolto dai più.
Eppure, in questo tempo conclusivo della storia umana — dopo
la venuta di Gesù e dopo Pentecoste siamo « negli ultimi tempi »
(I Pietro 1: 20) — lo Spirito è tutto, è la realtà fondamentale senza la quale nulla di cristiano può
nascere e vivere. Quel che è l’ossigeno per la vita umana, lo Spirito
Santo è per tutto ciò che nel mondo è cristiano. Come senza ossigeno non c’è vita, così senza Spirito non c’è cristianesimo. Come
un organismo prende vita se e in
quanto riceve ossigeno, così c’è
qualcosa di cristiano nel mondo
se e in quanto lo Spirito soffia.
L’annuncio di Pentecoste è appunto che lo Spirito soffia.
L’Evangelo di Giovanni più chiaramente che gli altri scritti del
Nuovo Testamento illustra il ruolo unico e decisivo dello Spirito
dopo il ritorno di Gesù al Padre e
traccia col massimo rigore la linea di demarcazione tra Spirito e
carne (cioè tra le possibilità di
Dio e le possibilità dell’uomo: Giovanni 3: 6) e tra Spirito e mondo (cioè tra la realtà di Dio che si
propone all’uomo e l’uomo che la
contraddice e rifiuta: Giovanni 14: 17).
Il mondo è la negazione dello
Spirito.
Il mondo « non può ricevere »
lo Spirito, perché « non lo vede e
non lo conosce ». L’atteggiamento
del mondo verso lo Spirito è tutto
negativo. Al contrario, l'azione dello Spirito sul mondo è positiva:
esso « convincerà il mondo » (Giovanni 16: 8), cioè gli aprirà gli occhi. Spirito e mondo costituiscono
dunque un’antitesi irriducibile ma
non statica. Il mondo non può ricevere lo Spirito se non si lascia
convincere dallo Spirito, se non
si lascia aprire gli occhi, se si irrigidisce nel suo No.
Il mondo non vede e non conosce lo Spirito, è come cieco e sordo nei suoi confronti. Perciò dirà
che lo Spirito non esiste, che non
è nulla.
Ci può però anche essere una
cecità e sordità della Chiesa, che
vede ma non discerne, ode ma
non intende (Marco 4: 12). Ci può
essere una Chiesa che vede le lingue del fuoco di Pentecoste ma
non ne è infiammata, che ode il
suono del vento che soffia ma non
ne riceve la forza. Certo, una
Chiesa che non vede né conosce lo
Spirito dirà sempre, a differenza
del mondo, che lo Spirito c’è lo
stesso, anche se non ne conosce
più la potenza. Ma questa dichiarazione non serve: una Chiesa che
non conosce lo Spirito non è più
una Chiesa ma solo un pezzo di
mondo.
« Voi lo conoscete... » dichiara
Gesù. Di chi parla? Di noi? Noi conosciamo lo Spirito?
Paolo Ricca
Don Luce, corrispondente in Vietnam del Soepi, il servizio ecumenico
di stampa e di informazione, ha dovuto lasciare quel paese il 9 maggio
scorso, dopo avervi svolto per circa
tredici anni delle attività sociali e
giornalistiche. Poiché il governo sudvietnamita si è rifiutato di rinnovare
il suo permesso di soggiorno, Don Luce è partito diretto a Washington.
Nel luglio dell’anno scorso egli aveva fatto visitare a due membri del
Congresso americano l'isola di Con
Son dove i prigionieri politici erano
ammucchiati in miserabili « gabbie di
tigre » senza alcuna possibilità di
uscirne. Subito dopo, il governo sudvietnamita aveva annunciato che i detenuti erano stati trasferiti.
L’espulsione dal Vietnam di Don
Luce è stata condannata durante una
riunione, tenutasi a fine aprile, della
Conferenza degli Stati Uniti del Consiglio ecumenico delle Chiese. È stato
dichiarato, in modo particolare, che
le aspirazioni del popolo vietnamita
sarebbero meglio servite se la censura, imposta sia alla stampa locale che
a quella straniera, venisse liberalizzata.
Nel rendere omaggio a Don Luce
per la sua opera umanitaria, svolta in
favore della popolazione vietnamita, i
rappresentanti delle 27 Chiese protestanti e ortodosse degli Stati Uniti,
facenti parte del Cec, hanno fra l’altro dichiarato: « È indispensabile che
le Convenzioni di Ginevra sui prigionieri di guerra in Sudvietnam venga
llllllllllllllllllllllllllll|||||M|||||||||||||||||||||||||||lll,l,llllllllll|ll|||||||||||| iiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiii
La lotta al colonialismo
L’aiuto della F. L. M. al movimento
di liberazione del Mozambico
Ginevra. — La Commissione del Servizio mondiale della Federazione luterana mondiale ha approvato all’unanimità un programma di 92.900 dollari
(ca. 60 milioni di lire) destinato ad
aiutare le persone che vivono nelle regioni liberate dal giogo coloniale, in
modo particolare in Mozambico.
Questa decisione, che allarga in modo significativo l’azione perseguita da
parecchi anni in diversi paesi dal Servizio mondiale della F.L.M., è la conseguenza delle risoluzioni adottate dalla quinta as.semblea della Federazione,
riunitasi ad Evian nel luglio 1970.
Si sa che la Federazione, grazie al
suo Dipartimento del Servizio mondiale, ha già aiutalo migliaia di profughi in Tanzania e in Zambia. Ma,
dopo questo nuovo progetto, sarà la
prima volta che il Dipartimento invierà merci e fondi verso le regioni liberate, dove i movimenti di liberazione,
che controllano quei territori, avranno la responsabilità dei relativi problemi amministrativi e distributivi.
In un primo tempo, la collaborazione si svolgerà essenzialmente col FRELIMO (Fronte di Liberazione del Mozambico) e l’Istituto del Mozambico,
suo associato. Ma altre trattative sono in corso con altre organizzazioni,
in Zambia, circa l’aiuto che potrebbe
essere portato alle regioni liberate in
alcuni paesi vicini.
Verranno inviati soprattutto delle
^continua a pag. 3)
|ji Chiesa compromessa
Ragioni e limiti del pluralismo di posizioni e di scelte: una questione che il recente disimpegno dell episcopato italiano nei confronti delle AGLI ripropone, in termini diversi, anche a noi
iiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiniMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiminimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Aveva «scoperto» le «gabbie di tigre»
Doii Luce espulse da! Sad llieinaui
no rigorosamente osservate se si vuole che giungano a buon -fine gli sforzi
americani tendenti alla liberazione
dei loro prigionieri nel Nordvietnam ».
« Il coraggioso reportage di Don Luce
— essi hanno proseguito — ha servito
nel migliore dei modi ai più alti interessi dei governi sudvietnamita e americano, responsabili ambedue delle intollerabili condizioni riservate ai prigionieri ».
Le risoluzioni della suddetta Conferenza sono state lette in una relazione al Congresso fatta da un membro
di detto organo. Copie sono state inviate ai Dipartimento di stato e ai capi delle quattro delegazioni ai negoziati di pace a Parigi.
Frattanto Don Luce, in una conferenza stampa tenuta a Ginevra il 20
maggio, ha dichiarato che nel Vietnam
del Sud vi sono almeno centomila prigionieri politici, detenuti in condizioni inumane. Secondo certe fonti, però, questi prigionieri potrebbero essere duecentomila e addirittura quattrocentomila. Egli ha inoltre precisato
che gli Stati Uniti hanno firmato un
contratto da 400 mila dollari con l’impresa americana RMK-RBJ per la costruzione di nuove celle, ancora più
piccole delle vecchie « gabbie » e precisamente di mt. 2,25 per 3,15. Don
Luce ha concluso: « Penso che nessun
Paese dovrebbe avere il diritto di costruire celle né alcuna specie di prigione per dei prigionieri politici in un
alt ro Paese ».
R. P.
Come scrivevo la scorsa settimana,
la decisione della Conferenzà Episcopale Italiana di distanziarsi dalle posizioni che le AGLI (Associazioni Cattoliche Lavoratori Italiani) sono andate
sempre più assumendo, con una decisa scelta di sinistra, ci offre lo spunto
e lo stimolo per una serie di riflessioni sulla complessa, ardua questione
dell’impegno politico dei cristiani: per
ciò che riguarda in particolare i problemi interni della Chiesa romana, anzitutto, ma anche per ciò che riguarda
tutti noi.
A prima vista ci si potrebbe rallegrare perché - come risulta pure, con
molta moderazione, dalla recente « lettera apostolica » di Paolo VI sul problema sociale contemporaneo - pare
accettata, o per maturata convinzione
o, più probabilmente, per forza maggiore, una diversificazione politica in
seno al cattolicesimo; si prende atto
del fatto e si riconosce ufficialmente,
pur con molte cautele, che si può essere buoni cattolici anche se non si
vota d.c. E abbiamo visto che la direzione delle AGLI, a livello di dichiarazioni ufficiali, ha voluto interpretare in questo senso il documento di disimpegno della CEI.
In realtà abbiamo pure visto che nei
fatti la situazione è ben diversa da
questa idillica e armoniosa (e fasulla)
« festa di famiglia », come l’ha definita
Raniero La Valle attaccandola con la
sua consueta, edificante schiettezza.
In primo luogo sul piano politico. I a
gerarchia italiana afferma che, in seguito alla scelta di classe operata dalla forte maggioranza delle AGLI, non
può né vuole apparire « compromessa
da opinabili scelte temporali». Ora,
questo principio in sé ineccepibile (anche se difficile o impossibile ad attuar
si in modo assoluto nella trama della
storia umana alla quale la storia della
chiesa è inestricabilmente connessa!,
diventa una menzognera mezza verità
quando non è accompagnata dall’altrettanto aperta e recisa sconfessione delle più che opinabili scelte politiche
con le quali la Chiesa di Roma si è pesantemente compromessa nel corso
della sua storia, e in particolare nel
corso di quella recentissima del nostro
dopoguerra. È difficile essere presi sul
serio, politicamente e tanto più spiritualmente, a livello delle preoccupazioni di fede, quando si sconfessano
— di fatto — le AGLI e invece non solo non si sconfessa l’azione dei Comitati civici vecchi e nuovi, ma l’episcopato italiano ha appena dato il suo
appoggio alla campagna per il referendum antidivorzista, con tutto ciò
che questo gesto significa politicamente e ' teologicamente. Ed è scorretto, a
dir poco, negare la cauzione del nome
« cattolico » (con il “consenso" della
gerarchia) alle AGLI qualificate a sinistra, mentre non risulta che si sia,
tuttora, turbati che il nome cattolico
fregi sale cinematografiche parrocchiali, banche, testate di giornali non certo privi, specie questi ultimi, di ben
precise qualificazioni politiche, semplicemente diverse da quella suddetta,
o ad essa opposte. La Chiesa di Roma
(non essa soltanto, certo, ma essa in
una misura tutta particolare) è « compromessa da opinabili scelte temporali »; lo è ufficialmente, con l'avallo dato e conservato alla de, la quale sotto
il suo velo di apparente interclassismo è una mistificazione classista tanto più inaccettabile in quanto pretende fregiarsi, come di una confessione
di fede e di una garanzia spirituale,
del nome cristiano. Sia chiaro che
sosterrei la stessa posizione anche nell’ipotesi (non poi così assurda, a lunga scadenza) di un netto spostamento a sinistra da parte della de, così
come ritengo che costituisca una colpa, per il protestantesimo tedesco,
l’apporto che una parte non indifferente di esso ha dato, dalla fine della
guerra fino a oggi, alla CDU, l’Unione
democristiana.
Veniamo al piano ecclesiastico. Il
contrasto CELAGLI, solo formalmente appianato, ha messo in luce una
volta di più le contraddizioni insite
nel sistema gerarchico cattolico, il
quale esclude ogni vero pluralismo
che può scaturire soltanto dal confronto di uomini e di orientamenti,
tutti alla pari, con Tunica norma, da
tutti riconosciuta; la Parola che Dio
ci dice in Cristo, attraverso la testimonianza delle Scritture. La realtà
perdurante del Magistero nega alla
radice, malgrado tutti gli aggiustamenti tattici suggeriti o imposti dalle
situazioni concrete, questo pluralismo'
esso può risultare anche accesamente
controverso, ma pur restare fraterno
soltanto quando tutti (sottolineo: tutti) accettano il confronto critico con
TEvangelo, un confronto quanto più
possibile libero da presupposti ideologici assoluti di vario genere e orientamento.
A me pare inutile, anzi un controsenso, finché si è cattolici, lamentare
il fatto che sia il Magistero a stabilire ciò che è cattolico, ciò che lo è meno e ciò che non lo è- affatto. Non importa che, di fatto, attraverso i secoli
le pressioni della base (e delTesterno)
abbiano fortemente influito sullo sviluppo del dogma cattolico, il quale ha
per caratteristica un’impressionante
capacità di sintesi, assimilando (ma
digerendo debitamente) verità e realtà che le varie epoche nel loro succedersi via via impongono: proprio questa bimillenaria evoluzione mostra
con ogni chiarezza che, se non viene
attaccato e abbattuto il principio, il
sistema risulta alla fin fine il più forte. Alla pretesa del Magistero non ci
può essere altra risposta che il rifiuto: è la via, sofferta, della Riforma. E
illusorio, invece, ritenere di poter ridurre l’episcopato cattolico-romano a
una monarchia costituzionale, tanto
meno a un soviet rappresentativo.
* * •*
Infine, nelle preoccupazioni pastorali espresse dalla CEI nel suo documento come pure nella « lettera apostolica » pontificia vi è una riaffermazione della realtà interclassista della
Chiesa. È un'affermazione, Tabbiamo
detto, che trova palesi e gravi contraddizioni nella realtà di ieri e di oggi. Tuttavia, segnata questa nota critica, che va giustamente applicata a
quasi tutte le Chiese' (la scorsa settimana Paolo Ricca ricordava che i loro rappresentanti hanno riconosciuto,
a Uppsala, i condizionamenti di classe ai quali esse sono state e sono tuttora soggette, spesso inconsciamente,
e che oggi fanno di loro Chiese marcatamente borghesi), quell’affermazione mi pare radicata nel Nuovo Testamento e tale da costituire un richiama anche per le nostre comunità divise da urti e da tensioni. È facile, tuttavia, prestarsi ad ambiguità e a
fraintendimenti, facendo quest’affermazione. Occorre quindi sviluppare il
discorso con un certo respiro ed è
perciò che mi propongo di proseguire
questa riflessione la settimana ventura, sperando che essa sia di qualche
utilità nel sollecitare una volta ancora la riflessione di tutti nella ricerca
del riferimento biblico che dev’essere
la nostra norma. I lettori ricorderanno, del resto, che proprio un anno fa
si avviava sulle nostre colonne, protraendosi a lungo, un dibattito suscitato da un articolo di Paolo Ricca, Le
classi e la fede. Si tratta, semplicemente, di riprendere le linee essenziali di quel dibattito e di cercare di evidenziarle: poiché, invero, non pare
che nel frattempo abbiamo fatto molta strada sulla via della chiarificazione reciproca; forse perché siamo pigri o recalcitranti a ricercare — semper reformanda — quella nostra personale. Eppure appena ci si mette a
riflettere, ci si rende conto di trovarsi
in una selva di problemi aperti, ai
quali è arduo dare risposta, ma ai
quali la nostra coscienza cristiana non
può sottrarsi.
Gino Conte
iMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiii
La tv italiana presenta
l'opera edita dalla Claudiana
Racconta la Bibbia
ai tuoi ragazzi
Lunedì 31 maggio, alle ore 18.45, sul
I canale, la televisione italiana presenterà, nella rubrica « Telelibri », il
volume Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzf, edito dalla Claudiana e che ha
già riscosso un vasto successo di pubblico e di critica, sia alTinterno delle
comunità evangeliche che alTesterno.
Ri.cordiamo che il volume che sarà
così presentato è il primo di una serie che costituirà una piccola biblioteca. fi suo titolo è: Dai Patriarchi a
Gesù (pp. 392, 500 ili., rileg., L. 10.000).
2
pag. ¿
N. 22 — 28 maggio 1971
Una traduzione del Nuovo Testamento in francese moderno
ââ
Buone notÎÆÎe, oggi
99
E appena uscita, fresca di stampa,
la traduzione che il pastore J. C. Margot ha dato del Nuovo Testamento in
francese moderno. Tra le tantissime
traduzioni che vengon fuori ai giorni
nostri, quest’ultima si riallaccia allo
sforzo delle Società Bibliche Americane, che hanno pubblicato e venduto
con notevole successo (oltre 20 milioni di copie) un Nuovo Testamento in
inglese moderno. Caratteristico il vocabolario semplice, limitato a cinquemila parole di uso corrente, e lo stile
scorrevole, le frasi corte e facilmente
comprensibili.
Dopo la rivoluzionaria opera dei Riformatori, che misero la Bibbia nelle
mani di chiunque sapesse leggere, non
si era più fatto un lavoro simile. Intendiamoci: la Bibbia è stata tradotta
ancora, in mille modi. Ma quasi sempre lo stile, il vocabolario, la fraseologia ne hanno reso difficile l’accesso
alle persone non preparate, cioè che
non avessero frequentato con fedeltà
la scuola domenicale e il catechismo
né praticato con zelo la lettura del testo sacro. Per leggere la Bibbia oggi,
bisogna conoscere il linguaggio biblico; il fatto stesso di poter parlare di
linguaggio biblico è sintomatico, senza voler alludere al ben noto « patois
de Canaan ».
Questa versione nuova del Nuovo
Testamento sarà accessibile a chiunque abbia frequentato la scuola elementare, in tutti i paesi di espressione francese. Lo scopo del traduttore
è stato principalmente di offrire a tutti, colti o meno, la possibilità di capire il messaggio dell’Evangelo, anche
se lo leggono per la prima volta e non
ne hanno mai sentito parlare prima.
Si sono mosse obiezioni, dicendo per
esempio che un testo reso facile non
può più essere esatto o fedele. L’autore non contesta il fatto che ci possano essere traduzioni migliori, o più
elaborate, più scientifiche. Nondimeno il suo lavoro è stato esegeticamente e scientificamente serio. Perché se
si vuole non solo tradurre un testo ad
uso degli scienziati che se ne interessano, ma trasmettere il messaggio a
tutti gli uomini, bisogna fare uno sforzo doppio.
Tradurre un libro sacro
0 trasmettere un messaggio ?
L’intento fondamentale di quasi tutti i traduttori seri è sempre stato di
essere fedeli al massimo al testo antico, magari conservando modi di dire
e espressioni ebraiche o greche senza
significato per noi. Con l’enorme evoluzione della lingua parlata — a causa
dello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa — non si può più pretendere di restare al livello di questo
tipo di linguaggio biblico. Non è più
ricevuto. Non è più possibile adoperare certe frasi, come del resto risulta
anche negli inni di chiesa. Certi termini sono fuori uso.
Ciò che interessa il lettore digiuno
non è probabilmente il carattere letterario della Bibbia, ma il messaggio
che essa contiene. Il compito del traduttore è chiaro; deve trasmettere al
lettore un messaggio destinato a nutrire la sua fede. Ma non si tratta per
lui di volgarizzare il testo sacro fino
al punto di renderlo inesatto o addirittura falso. Lo sforzo di stabilire un
testo semplice e chiaro richiede una
grande precisione e intelligenza in
profondità del testo antico. Guardate
1 lunghi periodi di certe epistole paoliniche; chi le capisce ancora alla prima lettura? Invece, la stessa cosa detta in più frasi brevi appare subito
chiaramente.
duzione letterale che fa violenza al testo poiché non comunica il messaggio ».
Se fosse spinto troppo, questo metodo sarebbe disastroso, perché non
produrrebbe altro che una parafrasi
o una dubbia reinterpretazione del testo. Il messaggio sarebbe sacrificato
anche in questo caso. Non si tratta,
ancora una volta, di dare un testo al
lettore, ma di trasmettergli il messaggio di Gesù Cristo.
Il Nuovo Testamento
«secondo Margot»
Per la prima volta le società bibliche di lingua francese pubblicano un
testo che sia loro proprio. Finora avevano stampato testi già esistenti. La
prefazione del nuovo libro spiega il
desiderio dei promotori dell’opera:
« La presente traduzione è stata preparata dalla Alleanza Biblica Universale pensando a coloro per i quali il
francese è la lingua materna o una
lingua acquisita. Si tratta di una traduzione interamente nuova; non si
conforma al vocabolario né allo stile
tradizionale, ma si sforza di rendere
il testo greco con mezzi e modi di dire che siano correntemente impiegati
da coloro i quali, in un qualsiasi luogo, adoperano il francese per comunicare... Alla fine del volumetto, un lessico dà la spiegazione di termini tecnici e di parole il cui impiego è raro;
precisa inoltre un certo numero di
persone e di luoghi menzionati nel
N. T., affin di permettere al lettore di
capire meglio il testo nel contesto storico e geografico ».
Il testo è alleggerito dai disegni di
Annie Vallotton. Con un semplice tratto di penna suggerisce personaggi, luoghi, atteggiamenti e sentimenti, e nutre così l’immaginazione visiva del lettore. Non ci sono note in fondo alle
pagine.
Diamo qui sotto un breve saggio
delle Beatitudini:
«Heureux ceux qui se savent pauvres en eux-mêmes, car le Royaume
des deux est à eux...
Heureux ceux qui ont un vif désir
de vivre selon ce que Dieu demande,
car Dieu le leur accordera pleinement...
Heureux ceux qui créent la paix autour d'eux, car Dieu les appellera ses
fils » (*).
* * *
Vien voglia di leggere. Forse è una
conclusione breve, ma essenziale. Gli
esegeti non saranno sempre soddisfatti, rna non è possibile che siano mai
soddisfatti. E i responsabili di questa
versione nuova sanno bene che il loro
lavoro non è definitivo. La cosa più
importante è che con questo testo si
può sperare che la gente abbia di nuovo voglia di leggere la Bibbia, perché
capirà subito ciò che legge.
J. F. Rebeaud
(*) « Beati coloro che sanno di esser poveri
in sé, perché il Regno dei cieli è loro...
Beati coloro che hanno un vivo desiderio di
vivere secondo ciò che Dio domanda, perché
Dio lo accorderà loro pienamente...
Beati coloro che creano attorno a sé la pace,
perché Dio li chiamerà suoi figli ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimim’iiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiii
Irlanda inquieta :
una guerra di religione ?
Il rapporto obiettivo e pacato di due quaccheri illustra su quale sfondo storico, culturale, sociale e politico si situa il conflitto odierno
Metodi di lavoro
Il compito del traduttore non è stato facile, perché bisogna sempre conservare un equilibrio tra ciò che si
deve dire e le capacità intellettive del
pubblico. Si possono adottare vari metodi per agevolare la lettura. Per esempio, nella versione (pure francese) di
Pierre de Beaumont, praticamente tutti i verbi del racconto sono al presente. Non più tempi strani e complicati,
né coniugazioni strambe. Tutto appare molto limpido, però anche schiacciato, senza rilievo. Ma il messaggio
passa egregiamente, soprattutto se viene letto al culto o quando ci sono dei
bambini ad ascoltare.
Il metodo adottato dai past. Margot
è stato quello della equivalenza dinamica. Cioè: una parola qualunque, in
greco, può ricoprire diversi significati, senza che il termine francese corrispondente li ricopra tutti; la stessa
cosa va osservata per quanto riguarda i modi di pensare o di costruire le
frasi. Pertanto, se si vuole essere fedeli al testo originale, non si deve tradurre letteralmente, bensì esprimere
l’idea contenuta nel testo anche con
termini diversi. Per esempio, la parola che significa « carne » in greco verrà tradotta a seconda dei passi « uomo », « natura umana », « razza »,
« umano ».
Tale metodo va applicato alla grammatica e alla sintassi. Potrà darsi che
una forma verbale o una frase intera
vengano cambiate per rendere meglio
il senso vero all’uomo di oggi. Dice il
quaderno 10 deH’Alleanza Biblica Universale; « la fedeltà della traduzione
biblica implica il rifiuto di ogni tra
II libro che D. P. Barriti e A. Booth hanno
scritto sul problema e sulla crisi dellTrlanda
è un raro esempio di obiettività, di precisione
e un buon documento sulla vera situazione irlandese di cui molto poco o quasi nulla sappiamo.
Per poter comprendere le ragioni di questa crisi, come dicono gli autori stessi, occorre risalire indietro nella storia e tener molto conto del passato, poiché infatti le divisioni
attuali derivano dalla stessa storia dellTrlanda.
Bisogna pensare che per lunghi secoli essa è stata un dominio della Gran Bretagna,
che su molti piani è stata oppressa e vessata,
invasa da gente diversa dagli indigeni e come
religione e come modo di vedere e di reagire.
La discrepanze, la diffidenza, il timore, la sospettosità di tutto prendono le mosse proprio
o almeno in massima parte da questo motivo.
Bisogna anche precisare che in Irlanda due
sono le religioni base: la cattolica e la protestante. ma gli irlandesi non danno ai due
aggettivi « protestante » e « cattolico » il significato propriamente religioso, ma anche un
.senso sociale, economico, culturale ed .educativo. Va ancora sottolineato che per protestanti
in Irlanda si intendono tutte le fedi diverse
da quella cattolica.
Dal punto di vista politico i cattolici sono
nazionalisti cioè desiderano essere indipendenti dalla Gran Bretagna, i protestanti invece
sono unionisti e cioè propendono per mantenere 1 attuale legame unitario.
Anche questo è quindi profondo motivo di
disaccordo.
Gli autori, dopo un capitolo in cui pre.sentano per sommi capi la storia irlandese, toccano uno per uno, cito le loro parole, i diversi
pomi della discordia, tutti ugualmente fondamentali. I primi citati sono lo sviluppo costituzionale, i due parlamenti e le amministrazioni locali.
Gli autori si soffermano a illustrare convenientemente la situazione sociale, molto ingarbugliata e confusa, per spiegare il sistema
dei voti, e quali sono le ragioni, anche in questo campo, della rottura tra i due partiti.
Questa parte, un poco faticosa da .seguire, è
però esposta brillantemente ed è utile al fine
di riuscire a comprendere tutto il difficile ed
elaborato sistema elettivo irlandese.
Secondo punto di contrasto è rappresentato
dsgli impieghi e dalle scuole, che d’altra parte costituiscono la base della vita e della educazione.
.<^0006 qui. Ira i cattolici ed i protestanti
(uso i due termini con il significato non solo
religio.so che gli irlandesi attribuiscono loro)
c'è una fortissima discriminazione.
Le ditte e le imprese protestanti non potrebbero mai assumere un operaio cattolico,
per due ragioni : la prima perché un operaio
cattolico, oltre a non fare domanda pre.sso una
ditta protestante, si verrebbe a trovare in una
situazione molto diffìcile, o resa difficile dal
suo diretto superiore, proprio e soltanto perché fa parte dell’« altro gruppo »; la seconda
ragione è abbastanza ovvia : gli stessi operai
protestanti non troverebbero giusto che un
posto destinato a « loro » e di « loro » diritto
venis.se dato ad uno dell altra « parte ».
Lo stesso sistema <li assunzione vige por le
imprese cattoliche, quindi di fronte a questo
stalo di cose, i due gruppi restano molto divisi e ristretti, anche i rapporti nel dopo lavoro. e nelLimpiego delle ore libre subiscono
una certa limitazione e una notevole circoscrizione. Adesso si è inizialo in misura maggiore. con la radio, la televisione, i giornali, il
cinema a cercare di abbattere queste barriere
e questa chiusura quasi settaria fatta di diffidenza e di sospetto secolare; nei giovani, effettivamente, dicono gli autori, qualcosa si va
muovendo, ma nella generazione anziana tutto questo sussiste tenacemente e non è raro
sentire dei giudizi J[' protestanti sui cattolici
costruiti in questo modo : « è un cattolico, ma
è proprio una brava persona ».
Cose che da noi fanno stupore e pena; tuttavia non dovremmo meravigliarci troppo, se
pensiamo un momento, anche se la situazione
è molto diversa, ai rapporti che vengono tenuti. in Italia, dai settentrionali nei confronti
dei meridionali: esiste in questo dialogo la
stessa diffidenza e lo ste.sso sospetto che regna
tra i cattolici e i protestanti irlandesi.
Ancora un altro punto toccato dagli autori
è quello che tratta dei matrimoni misti : prima molto ostacolati ed avversati, ora sopportati. è tuttavia un piccolo passo in avanti per
una comprensione reciproca, ed è utile per poter sviluppare un dialogo più proficuo tra le
parti in causa e per rompere le barriere esistenti.
Nella densa e lunga appendice, gli autori
descrivono ciò che le chiese hanno fatto e
fanno per facilitare questo compito di comprensione ed è proprio con la speranza di una
apertura maggiore che il libro si chiude.
L esposizione degli autori di questo interessante documento, eccezion fatta per certe
pagine un poco fatieo.se. è ottima, svolta con
serità, competenza e buona volontà. L’obiettività che traspare da ogni riga fa sì che il testo sia un documento buono e veritiero di
quanto sta succedendo c di quanto è successo in Irlanda.
È oltretutto molto indovinata e spiritosa la
copertina che l'Editore ha desiderato dare al
volume, già da sola rende l’idea del contenuto
del libro e delle speranze in esso racchiuse.
Mimma Pecoraro
Deini.s P. Barritt e Arthur Booth, Irlanda
inquieta: una guerra di religione? Prefaz. di
T. Vinay. Coll. «Nostro tempo», Claudiana. Torino 1971. p. 128, 1 cartina. L. 1.400.
iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiii
Libri - segnalazioni
George.s Crespy. Croire aiijourd'hui, p. J34,
L. 2.500.
« Teoloj^i o no, oggi siamo lutti interpellali
da ciò che chiamiamo la nostra fede; ma ci
troviamo poi tulli sprovveduti quando si tratta
di rendere conto di ciò che costituisce il centro e il senso della nostra vita ». Un libro )>er
rispondere alla domanda : « Insomma, in chi
e in che cosa credi tu oggi? ».
Giov.amvi Barra. Le più belle preghiere della Bibbia, p. 144. L. 700.
Giustamente rinlroduzione avverte che la
Bibbia non c un libro « di preghiere ». infatti que.sta raccolta non è un devotional. ma un
elenco di circa 150 invocazioni tratte dai libri deirAntico e de! Nuovo Testamento e ripartite per argomenti: la malattia, la morte,
la speranza. la nostra fedeltà e quella di Dio,
la sua volontà, potenza e gloria. Solo 6 preghiere sono « sospette » : 5 perche ricavale da
libri deuterocanonici. e 1 perché in forma litanica.
{da “Claudiana/libri")
Messaggio di Pentecoste
La promessa di rinnovamento
Come ogni anno, la Chiesa celebra la festività della Pentecoste. Epa costituisce per tutti i cristiani un’occasione di ricorarsi del rinnovamento che questo fatto ci annuncia e di pregare
per li suo compimento, perché la fede nello Spirito Santo è la
negazione della sterilità, della sclerosi, della routine e del torpore, sempre m agguato. Questi pericoli sono ancora più grandi di
quell altro male che ci minaccia, e vale a dire l’incapacità degli
uomini della nostra generazione di capire qual’è la natura della
Lniesa cristiana e qual’è la sua missione nel mondo. Eppure la
Chiesa ha ricevuto da Dio la missione di conservare ben vivo in
questo mondo lo spirito di apertura, di giovinezza, di dinamismo,
come pure il coraggio di impegnarsi su nuove strade.
Forse la nostra comune celebrazione della Pentecoste sarà per
Ulte le Chiese la sorgente di una nuova vita, un’occasione per
orientarsi su nuove vie. « Credo in spiritum sanctum et vivificantem », diciamo nel nostro Credo; « Credo nello Spirito Santo
che regna e dona la vita ». Se i termini qui impiegati sono così
torti, la cosa non e certamente senza motivo. Non possiamo pronunciare questa confessione di fede senza prendere nello stesso
tempo coscienza eh essa esclude qualunque rassegnazione. E’
c cristiana viene posta in dubbio.
en lamo a sfiducia che regna attorno alla Chiesa-istituzio
TMI n’u'T® parecchie persone sono profondamente deluse
della debolezza con la quale la Chiesa annuncia il messaggio cnstiano. Ma e proprio quando ci troviamo di fronte a tutte queste
clitticolta che dobbiamo ripetere queste parole con più fervore
che mai:« credo nello Spirito Santo che dona la vita »
A meno di aver perso ogni spirito critico, noi siamo in grado
di valutare la gravità delle difficoltà che affrontiamo. Credere
nello Spinto Santo e rifiutare la resa di fronte alle mancanze
he quando si tratti delle nostre. Al di là di tutte ques e ifficolta di ogni giorno,al di là dell'imprecisione del nostro
pensiero teologico, al di là anche dell’insufficienza dei rapporti
COI nostri fratelli si leva una grande speranza, una speranza che
deve dar prova di sé, specie di fronte ai nuovi compiti che attendono la nostra generazione. Se abbiamo compreso che la fede cristiana tendente verso la sola salvezza personale non basta,
ma che dobbiamo sempre aver presente nel nostro spirito il
mondo con le sue sofferenze, dovremo anche comprendere che
essuna azione cristiana, né alcun programma sociologico o socio-politico ha un avvenire se non è ispirato dalla certezza che
1-/10
Quando, in questo giorno di Pentecoste noi confessiamo la nostra tede nello Spinto Santo, noi diciamo « no » alla capitolazione. « We shall overcome », noi vinceremo. Noi rifiutiamo di lasciarci fermare dalle difficoltà che pensiamo di non poter risolvere e dalle costanti infedeltà della cristianità perché sappiamo
che esiste una promessa di rinnovamento. E’ l’opera dello Spirito Santo. Coloro che possiedono questa fede conoscono lo sìancio prodigioso che anima ogni vita spirituale, rinnovata senza so
del rinnovamento soffierà sul vasto campo della Chiesa e anche su ognuna delle sue comunità, perché esse non sono delle semplici unità amministrative, ma tutte assieme tanno parte della unica e grande Chiesa cristiana.
I Presidenti del C.E.C.:
past. W. A. Visser't Hooft, pres. onorario, Ginevra
signora Kiyoka Takedo Cho, Tokio
patriarca German di Serbia, Belgrado
vescovo Hans Lilje, Hannover
pastore A. Payne, Pitsford
pastore J. C. Smith, New York
vescovo A. H. Zulù, Sudafrica
Interrogativi dopo una omelia
¡Sel n. 224 de « Il Regno - attualità cattolica » (1-5-1971), SOÍÍO la riproduzione del
noto particolare del bacio di Giuda. dalVafJresco di Giotto, e con il titolo Interrogativi dopo
un'omelia, abbiamo letto quanto segue:
« Poi fra i personaggi deU'uItima cena
non possiamo dimenticare un altro protagonista. Giuda. Stringe il cuore vederlo assiso al1 agape pasquale. E non possiamo soffocare la
commozione rileggendo la narrazione evangelica, e vedendo come la presenza del traditore
pesi sul cuore del maestro, che “turbato nello
spirito” (Giov. 13: 21) non volle più contenere
Topprimente segreto: “In verità, in verità vi
dico: uno di voi mi tradirà” (ivi). Sapete il
resto; come avvenne discretamente la identificazione del traditore, e com’egli, scoperto,
furtivamente lasciò il cenacolo. “Era notte”
conclude l’evangelista (Giov. 13 : 30)! “E colui stesso che usciva era notte”, commenta
sant'Agostino. Chi non sente un brivido nel
cuore ascoltando il commento ancor ])iù grave e terribile di Gesù: “Sarebbe stato meglio
che queiruomo non fosse mai nato!” (Marco 14 : 21).
« Fratelli! io non posso pensare a questo
tragico dramma pasquale, senza che anche nel
mio spirito di vescovo e di pastore si associ
la memoria delTabbandono. della fuga di tanti
confratelli nel sacerdozio dal nostro cenacolo
di “dispensatori dei misteri di Dio” (1 Corinzi 4: 1). Lo so. lo so; bisogna distinguere
caso da caso, bisogna comprendere, Insogna
compatire, bisogna perdonare, e forse Insogna
riattendere e sempre liisogna amare. E ricordare nelLamore angoscioso che anche questi
confratelli, infelici o disertori che siano, sono
segnati dairindeleJiile impronta dello Spirilo,
che li qualifica sacerdoti in eterno, qualunque
sia la metamorfosi che essi esteriormente c
socialmente suliiscoiio e molti da sé, per vili
motivi terreni reclamano. Ma come non avvertire. in quest'ora di comunione, i posti vacanti di questi un giorno nostri commensali?
Come non jiiangere per la defezione cosciente
di alcuni, come non deplorare la mediocrità
morale che vorrebbe trovare naturale c logico
infrangere una propria promessa, lungamente
premeditata, solennemente professata davanti
a Cristo e alla Chiesa? Come, questa sera, non
pregare per questi fratelli fuggiaschi e per le
comunità da loro lasciate e scandalizzale? Come non intensificare la nostra affettuosa invocazione per la nuova generazione di ministri,
che nella nostra chiesa latina, accettando il
sacerdozio, compiono liberamente e coscientemente la propria generosa opzione per Túnico
amore a Cristo, per Túnico servizio alla Chiesa, per l'unico e totale ministero ai fratelli,
consumando così nella propria carne “ciò che
ancora manca alle passioni di Cristo” (cfr.
Col. 1: 24), affinché Ìl loro sacrificio d'amore,
valga come segno, come esempio, come merito all efficacia della Redenzione nella nostra
moderna età secolarizzata ed edonistica? »
(«L’Osservatore Romano», 10-4-1971).
TI brano che con dolore e turbamento riportiamo costituisce il nucleo centrale delTomeìia
tenuta da Paolo VI durante la solenne celelirazione della messa « in coena Domini » nella
basilica lateranense. Anche nel 1969 in identico contesto il papa tenne un allarmato discorso
sulla situazione della chiesa. Se stupisce il
fatto che il giovedì santo da celebrazione della salvezza per l'amore di Cristo si trasformi
in angosciala e pessimista denuncia dì alcuni
fenomeni ecclesiali, ancor più addolora Tidentifìcazione degli ex-preti con la figura di Giuda ¡I traditore.
Sono righe di penna cattolica, su un periodico cattolico (anche se pubblicato senza imprimatur). Passiamo soltanto aggiungere che
il pontefice romano — e non solo quello ora
regnante — istituisce non di rado e non a
caso, nei suoi discorsi, paralleli fra circostanze della vita di Gesù Cristo e circostanze del
proprio ministero di “vicario di Cristo", e
non di rado estende riferimenti, che nel Nuovo
Testamento concernono Gesù Cristo, alla propria situazione, e funzione papale. Un procedimento che fa balzare chiunque sa. dal mes.saggio apostolico, che il Cristo non ha lasciato
altri vicari se non lo Spirito Santo, attraverso
la Scrittura.
3
28 maggio 1971 — N. 22
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
I delegati gievaniii parteciperanno nuovamente Confronto e dialogo tra il Gristianesimo 0 le religioni
al Comitato centrale del CEC
sità della eliminazione di idee e di pratiche razziste, largamente espanse nelle Chiese e nella società ». « Volete comunicarmi quello che voi fate per informare i vostri membri e per dirigerli
verso una forza che si opponga ai mali
del pensiero e delle pratiche razziste? »
egli domanda alle Chiese.
La crisi finanziaria alla quale il CEC
deve costantemente pensare è stata
rargomento di una lettera speciale
mandata il 14 aprile. Poiché il deficit
del bilancio generale del 1972 è stimato
di 200.000 dollari, le Chiese membro
sono pregate di accrescere i loro contributi di almeno il 25%.
« Se si paragona l’insieme del nostro
bilancio generale di 1.500.000 dollari
alle risorse disponibili ed alle spese
delle nostre Chiese membro che raggiungono centinaia di migliaia di dollari » scrive il pastore Blake, « si può appena credere che l'impiego di risorse
relativamente modeste necessarie per
il proseguimento delle attività su cui
le Chiese membro hanno deciso, in Assemblea od al Comitato centrale, che
dovranno essere compiute in comune,
con l'intervento del CEC, sia una buona
strategia ecumenica ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii 1111 imi 111 II 11 iiMiiiii iiiiiiiiiiii Ululili IMI iiniiiiii UHI iiiiiiii II Ululi II imi III 111 limi UHI iiiiiiiiiiiiiii 1111
L’opera del Convitto Valdese fra i ragazzi palermitani
Un segno tangibile deiramore di Cristo
Ginevra (soepi). - Poiché il contributo che i delegati consultivi giovanili
hanno portato alla riunione dell’ultimo
Comitato centrale del CEC ad Addis
Abcba si è rivelato molto importante,
si è cercato di assicurare la loro presenza e partecipazione alla sessione del
Comitato centrale del 1972 nei Paesi
Bassi.
Questa notizia è stata data dal segretario generale past. Blake in una sua
lettera spedita il 15 aprile alle Chiese
membro del CEC.
Un gruppo fra 7 e 14 giovani di ambo i sessi sarà scelto dalle Chiese membro perché le rappresentino, tenendo
conto di un equilibrio professionale,
geografico e culturale, un gruppo « capace di esprimere vigorosamente le
convinzioni é le aspirazioni della giovane generazione odierna », ha detto il
pastore Blake.
La prossima riunione del Comitato
centrale avrà luogo nei Paesi Bassi,
probabilmente a Utrecht, dal 13 al 23
agosto 1972.
Trattando del programma di lotta
contro il razzismo, il pastore Blake
scrive che « i membri della maggior
parte delle nostre Chiese non hanno
ancora compreso ed ammesso la neces
Col passare degli anni ci accorgiamo sempre di più quanto sia necessario il Convitto Valdese di Palermo, e
quale deve essere la sua funzione specifica. Si tratta di portare in un ambiente sociale ancora legato a vecchi
schemi ed incapace, sin’ora, per varie
ragioni, di rinnovarsi, un segno tangibile delTamore di Dio e del Suo regno
che viene. Certo è facile a dirsi, ma
difficile è la realizzazione. Noi stiamo
tentando di farlo, in un modo semplice, spontaneo, quando cerchiamo di fare del Convitto una vera famiglia, un
ambiente umano, caldo, accogliente, in
cui il ragazzo non si senta un recluso
ma provi anzi un gradevole desiderio
di vivere in mezzo a noi.
Una signora che accolse per una fine
settimana due dei nostri ragazzi, rimase stupita nel constatare come essi
erano contenti di tornare al Convitto.
Per noi ciò fu una prova che stavamo
raggiungendo buoni risultati. Si tratta
di porre i ragazzi al centro della nostra attenzione e del nostro affetto sincero, di anteporre ad ogni nostro interesse e bisogno gli interessi e i bisogni dei ragazzi. Abbiamo cercato di incontrarli e di vivere con loro così come sono, senza preconcetti e senza affibbiare etichette, per scoprire il loro
mondo e la loro personalità. Sono ragazzi che hanno molto sofferto, una
sofferenza che non dovrebbe esserci in
questa società che dice di correre verso il benessere. Hanno conosciuto la
fame, la nudità, la sporcizia, alcuni il
vizio, sono diventati adulti prima del
tempo, sanno già che cosa vuol dire
lottare per sopravvivere. Per questo
hanno bisogno di affetto e di tanta
comprensione; hanno bisogno che
qualcuno testimoni loro che il mondo,
la società vera, quella di Dio non è
quella che hanno conosciuto; devono
sapere che c’è un modo migliore di vivere, quello dcH’agape cristiana.
Ed allora abbiamo scoperto che il
motivo per cui Cosimo voleva marinare la scuola era perché un’attrazione
irresistibile, un affetto istintivo lo spingeva a vedere sua madre passare mentre andava a lavorare al mercato. Abbiamo anche capito che se talvolta
Francesco reagiva violentemente a dei
rimproveri, lo faceva perché il rimprovero era ingiusto. Un pomeiiggio,
mentre stavo leggendo c illustrando
una storia, chiedo a Francesco di sedersi; si rifiuta; « non ho voglia di sedermi, non mi va di stare seduto! » mi
dice; lo mando in camera, si mette ad
urlare e a piangere; « Me ne vado m
casa! » — Un atto di disobbedienza ingiustificato! Ma poi scopro che quella
reazione era stata motivata da una offesa ricevuta da un suo compagno, c
non potendo picchiarlo (da noi i ragazzi hanno imparato a non farsi giustizia da soli!) si è sfogato disobbedendo.
Quante volte abbiamo constatato come dei sentimenti buoni, generosi, delicati vivono nell’animo di questi ragazzi che molti chiamerebbero « di
strada ».
Spesso li vediamo tornare da scuola
con delle belle letterine, piene di fiori
disegnati con gusto e indirizzate alle
signorine o a mia moglie con parole di
affetto e di riconoscenza.
Altre volte ci vengono vicino e ci
guardano con occhi affettuosi e aspettano una carezza, una parola buona,
insomma un’espressione di quell’affetto di cui hanno tanto bisogno e che è
loro mancato!
Un giorno, Panino rientra dopo che
tutti gli altri avevano mangiato. Era
andato dal medico. Si siede al suo posto, che era rimasto apparecchiato, nel
grande salone, tutto solo e prima di
mangiare piega il capo e prega. Non
sapeva che lo stavo osservando.
Un altro giorno Mimmo torna da
scuola nervoso. La maestra lo aveva
punito. Gli chiedo; «Di chi è la colpa? » — « Sono stati gli altri » risponde. « Lo sai che le bugie non si dicono! » gli ricordo. Un attimo di esitazione, poi mi dice; « Non è vero, sono
stato io, la colpa è mia ». « Allora la
maestra ha fatto bene a punirti » gli
dico. « Si » mi risponde.
Ragazzi per cui la bugia è una grande difesa e un’abitudine diventata quasi naturale, imparano a dire la verità,
a non avere paura.
Giorgio Resini
IIIIIIIIIIUIIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIUUIIUIIUUUIIIIIIIUIIIIIIIIIIIU
La lotta al colonialismo
(segue da pag. 1 )
coperte, sale, sapone, alimenti ricchi
di proteine, attrezzature agricole e mediche. Quanto ai fondi, saranno essenzialmente devoluti ai servizi educativi e medici.
Benché il suddetto impegno non sia
stato approvato che per l'anno in corso, parecchi membri della Commissione hanno sottolineato che le regioni
liberate continueranno ad aver bisogno d’aiuti per i prossimi anni. Perciò la Commissione ha deciso di impostare il programma per tre anni, e
di valutarne i risultati prima della fine di tale periodo, per sapere se dovrà essere proseguito o meno.
Per quanto riguarda il « controllo »
delle merci e dei fondi, un delegato
ha posto l’accento sul fatto che le sue
discussioni coi dirigenti dei Movimenti di liberazione furono caralterizzat ;
da una profonda sincerità e da un vivo interesse verso i bisogni umani esistenti nelle regioni liberate. Soltanto
una fiducia reciproca — egli ha precisato — può essere alla base di un simile programma. Egli ha anche precisato che i rappresentanti dei FRELIMO gli avevano dato l’assicurazione
che, se lo si desiderava, sarebbe sempre possibile di visitare i territori liberati, onde esaminare lo sviluppo
pratico dell’azione intrapresa.
(Bip)
IIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIIIIIIIIIIIUIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Unione di Chiese
in Gran Bretagna
Londra (soepi). - Nei giorni scorsi è stala
volala, dalle rispettive assemblee, Tunione
delle Chiese presbiteriana e congregazionalista.
Si tratta dell’unione più importante fra due
Chiese britanniche registrata dopo la Riforma.
È. dai tempi di Cromwell che queste due
Chiese percorrevano vie separale.
In conformità ai termini deH’unione, ogni
congregazione della Chiesa congregazionalista
in Inghilterra e nel Galles dovrà ratificare la
decisione dell’Assemblea entro il 16 dicembre.
La costituzione delle congregazioni presbiteriane in nuova Chiesa è automatica, a meno
che alcune di esse non decidano di starne
fuori. Un’assemblea speciale prevista per Tanno prossimo sanzionerà la costituzione ufliìciale
della nuova Chiesa che sì chiamerà « Chiesa
riformala unita ».
Per un spiacevole equivoco^ le bozze delParticolo di G. A. Comba, pubblicalo a pag. 2
nel numero scorso, non erano state corrette:
l'articolo è così risultato zeppo di errori, con
alcune righe saltate. Scusandoci vivamente per
rincideute con Vautore e con i lettori, lo ripubblichiamo integralmente: quanto alla nota
redazionale, forse maldestra, non voleva soffocare un dibattito: ben venga! G. C.
Circa venticinque anni fa, trovandomi a
New York, incontrai il pastore Robert Anthony, che certo molti ricordano per la sua attività in favore della Chiesa Valdese. Egli mi
parlò e mi documentò, in quella occasione,
fra Taltro, circa l’attività di un comitato che
lavorava per un'intesa fra Musulmani e Cristiani. Quale sia stato il seguito e il risultato
di tale lavoro, non ne ho più avuto conoscenza : lo menziono solo per rilevare che il problema del dialogo fra cristiani e non cristiani non
è di oggi.
Recentemente ho letto un articolo sul problema del dialogo fra cristiani e indù (v. "La
Vie Protestante", n. 3 - 22-1-1971), dialogo
che appare desiderato da ambe le parti e ripetutamente tentato, e che tuttavia mette in
rilievo alcune dilficoltà di fondo. Dopo aver
illustrato come, attraverso il dialogo, il cristiano tende a convertire T indù al proprio
"dharma" (cioè alla propria via, alla propria
legge), l’interlocutore indù dice : « I principali
ostacoli a un dialogo autentico sono un sentimento di superiorità e d'altra parte la paura
di perdere la propria identità ».
In modo conciso ma chiaro, queste parole
descrivono il problema, il quale peraltro appare simile, sotto certi aspetti, a quello che
emerge dalTesame dell’eventuale ingresso della
Chiesa Cattolica nel C.E.C. La possibile soluzione di quest’ultimo problema è stata esposta
e discussa estesamente in questi ultimi tempi,
e non è pertanto il caso di ritornare su quanto è stato detto da persone competenti.
Si vorrebbe t)iuttosto fare qualche osservazione su quanto sta a monte del problema
stesso, sul suo perché, con Tintento di vedere
se non lo si possa superare.
Se si pensa che il primo peccato che l’uomo
si trascina dietro è quello di aver voluto conoscere il bene e il male, e che trascinandosi
dietro questo peccato egli continua a pen.sare
d’avere tale conoscenza, per cui <iuello ch'egli
pensa è bene, si può facilmente concludere che
il problema è dovuto semplicemente alTorgoglio. Ma ciò non aiuta, di per sé, a superarlo.
Si può, per contro, ripercorrere il cammino
delle religioni e rilevare possibilmente le ragioni del comune orgoglio. Non è cosa né
facile né breve, per cui si possono indicare
solo alcuni spunti di meditazione e d’indagine.
Fermiamoci ad esempio un momento sulla
nascita virgínea, che nel cattolicesimo ha dato
luogo a un vero e proprio culto, essendo alla
base della mariolatria. e che il protestantesimo
ha conservato fino ai nostri giorni nel cosiddetto Simbolo degli Apostoli, sebbene ci siano
state e ci siano correnti di opinioni che sono
contrarie all’accettazione della nascita virgínea
come verità concreta e vedono in essa una
espressione simbolica. C’è stalo chi ha affermato che sulla narrazione di questo evento
hanno influito tradizioni e leggende che si trovano in varie religioni orientali, come ad es.
nel buddismo o nel parsismo. Ma oggi sappiamo che la stessa ideologia si trova anche, ad
es., nella religione degli Aztechi che non può
certo avere avuto alcuna influenza sul cristianesimo. La conclusione che da ciò si deve
trarre è che la nascita virgínea è un prodotto
dello spirito umano. Questo, il cui sentimento
religioso postula Dio, comunque inteso, gli attribuisce manifestazioni sovraiialurali. quali,
fra le altre, la nascita virgínea.
Se questo è riconosciuto, Tevenlo non dovrebbe più apparire nel contesto delle affermazioni e delle parole in genere con cui si
parla di religione, e ciò per due motivi principali.
Il primo è che, mantenendo espressioni
oggettivamente ritenute non vere, al massimo
simboliche, accanto ad altre a cui si attribuisce
valore di verità oggettiva e concreta, sì sminuisce di fatto la credibilità di queste ultime,
o quanto meno si attribuisce un valore non
univoco alla parola credo. E cioè, credo in
Dio Padre, ha un significalo, e credo che Gesù
nacque da Maria Vergine e discese agli inferi,
ha un significato del tutto diverso perché queste ultime due affermazioni si riferiscono a
leggende o sono simboli.
Il secondo motivo è ancora più importante,
Braccio di ferro|a Genova’ tra vescovo e comunità di Oregina
Evangelici di fronte alla nascita
di un nuovo gruppo del dissenso
« Pascete il gregge di Dio che è fra voi,
non forzatamente, ma volenterosamente secondo Dio;
non per un vii guadagno ma di buon animo;
e non come signoreggiando quelli che vi son toccati in sorte,
ma essendo gli esempi del gregge». ^
(1 Pietro 5; 2, 3).
La scorsa settimana è apparso su
« L’Osservatore Romano » un secco articolo di condanna nei confronti dei
tanto pubblicizzati « premi-sexy » del
mondo del calcio, per quanto l'Italia
non sia minimamente coinvolta in questo ridicolo costume. È un peccato,
tuttavia, che gli organi ufficiali del Vaticano non dimostrino eguale zelo nei
confronti di problemi un po’ più gravi ed importanti, che meriterebbero
certamente una presa di posizione
chiara, dettata non tanto da interessi
temporali quanto da un serio impegno cristiano.
Tutto ciò è però cosa di poco conto
se raffrontato all’atteggiamento dell’arcivescovo di Genova, card. Giuseppe Siri, il quale nella sua funzione di
« Vicario di Cristo » (secondo un’infelice dehnizione confermata dal Concilio Vaticano II) ha ricordato ai fedeli
cattolici, ed in particolare a quelli sotto la sua diretta giurisdizione, che
« ...la disciplina canonica condiziona i
nostri rapporti con Dio ». L’occasione
per arrivare ad una tale assurdità è
stata offerta dalla richiesta che Don
Zerbinati, parroco di Oregina, aveva
fatto al porporato di amministrare la
cresima ai bimbi delTIsolotto ai quali
essa era stata negata in precedenza
dal vescovo di Firenze, card. FloritL
La risposta tanto attesa, non è stata
ovviamente affermativa, dal momento
che le autorità ecclesiastiche, siano esse di Firenze oppure di Genova, misurando con lo stesso metro, giungono
necessariamente alle medesime conclusioni. La reazione della comunità
genovese in questione è stata pertanto
di viva delusione (forse si illudevano
che la Chiesa Romana fosse fondata
sulla fratellanza piuttosto che su un
rapporto signori-sudditi?). Di conseguenza è stata presa la coraggiosa determinazione di rifiutare che i loio 4piccoli ricevano la cresima il gmrno
30 maggio, motivando tale decisicine
come « atto di solidarietà verso i bimbi delTIsolotto».
Ma ciò che più colpisce noi evangelici è Tafl'ermazione del card. Siri, la
quale per la sua gravità rmde_ superlluo ogni commento; essa è un ennesima dimostrazione di quelTindebito
abuso di potere che si protrae dalla
« Donazione di Costantino », attraverso gli anni oscuri del Medioevo, fino
ai giorni nostri; essa è un ulteriore
conferma, chiara ed inequivocabile
che, da parte di chi detiene il potere
nella Chiesa Romana, nulla è sostanzialmente cambiato, e tanto meno
vuol cambiare. È certamente vero che
non siamo più soggetti a spietate persecuzioni ovvero al « Tribunale della
Santa Inquisizione » (al quale è suben
trata l’attuale Congregazione per la
Dottrina), ma ciò non deriva da un
presunto rinnovamento evangelico da
parte della chiesa di cui sopra, bensì
da necessità storiche contingenti; tutte queste cose non vengono più perpetrate in quanto impossibili a realizzarsi in un mondo che sta per varcare la soglia del duemila. La dimostrazione di ciò sta nel fatto che « Santa
Romana Chiesa » mai ha rinnegato o
condannato queste pratiche barbare
che, non solo non trovano riscontro
neU’insegnamento di Cristo, ma sono
piuttosto in netta antitesi con questo;
solamente quando essa troverà il coraggio di farlo — cosa per altro molto improbabile — offrirà concretamente quella convincente dimostrazione
di lealtà, sincerità e fedeltà al Signore che da essa ci si attende.
Tutta la nostra solidarietà e comprensione va dunque alle vittime di
questa dolorosa i-ealtà, ovverossia a
quelle comunità povere e già oggetto
di altri tipi di oppressione. Come evangelici riconosciamo in esse i vincoli di
fratellanza cristiana, che non possiamo scorgere in una gerarchia autoritaria che signoreggia sulle coscienze
dei fedeli, con la pretesa di disporre
addirittura della Volontà di Dio. Comunque di fronte alle sempre crescenti contraddizioni, che si foimano in
seno al cattolicesimo romano non dobbiamo più porci, come in passato, la
tipica e superficiale domanda; « Perché questi gruppi dissidenti non escono dalla loro organizzazione ecclesiastica, per la quale non vi è altra alternativa che essere con lei oppure
contro di lei?». Il problema è infatti
assai più vasto ed esige una soluzione senz’altro più profonda, che tenga
conto di quella mentalità cattolica che
accompagna evidentemente anche queste comunità ribelli, e che non può
certo mutare radicalmente dall'oggi al
domani.
Noi evangelici dobbiamo dunque abbandonare senza indugio il ruolo di
spettatori perplessi ed indifferenti, per
assumere coraggiosamente quello di
comprimari, nel senso di andare incontro a questi giuppi del dissenso e
mettere a loro disposizione tutto il nostro aiuto cristiano, unitamente a
quel patrimonio scritturale che è senza dubbio il solo che possa rischiarare un cammino che, almeno per il momento, appare poco luminoso.
Alessandro Foriero
ed è che conservare tali airermazioiii e molte
altre parole e atteggiamenti religio.si sigiiiiiea
agire nello spirito della Controriforma. Se la
Chiesa è « semper reformanda », conservazione e Controriforma che equivalgono ^ e non
è la Controriforma che condurrà ma! a un
dialogo.
Prendendo questi concetti in un senso più
o meno assoluto si giunge alla conclusione che
la paura di perdere la propria identità equivale a sotterrare il proprio talento; perciò si
dovrebbe agire in senso contrario e gettare la
propria identità allo sbaraglio.
Questo vale per il secondo ostacolo al dialogo menzionato dalJ'interloeutore indù. Ma
che cosa dire del primo, della superiorità che
ognuno attribuisce al proprio "dharma”'? Sembra indubbio che questa attribuzione di superiorità derivi dal fatto che si ritiene che la
propria credenza sia quella vera, e vera in
quanto rivelata. Ora qui pure troviamo in altre religioni, ad es. nellTslam, l'affermazione
che le verità affermate da Maometto gli furono rivelate; e più vicino nel tempo si può dire lo stesso dei Mormoni. E si tratta per loro
di una certezza che assume forme concrete :
in molti alberghi dell’Utah, anziché la Bibbia,
com’è il caso in diversi paesi protestanti, ho
trovato sul tavolino da notte il Libro dei Mormoni.
Dobbiamo dunque giungere a dubitare di
quanto riteniamo ci sia stato rivelato'? Questa
domanda sembra sgorgare da quanto fin qin
esposto. Ma si tratta di una domanda mal )>osta, che dovrebb’essere formulata in questi termini : dobbiamo forse dubitare di non aver
compreso bene e tutto quanto concerne la verità? In questo caso penso che la risposta debba esser affermativa: poiché Dio è totalmente
diverso e incommensurabile rispetto alTuomo,
è chiaro che della Sua verità l’uomo può afférrare solo Una parte infinitesima e deformata, quella parte che lo spirito umano può j>ercepire.
Perciò il Budda era alieno dal parlare del
trascendente perché di esso Tuomo può forse
percepire qualche cosa che sarà però sempre
parziale e diverso da uomo a uomo e su cui
Tuomo, per la stessa sua condizione umana,
non può evitare di proiettare il suo antropomorfismo. Un vaso non può contenere tutta
l’acqua del mare e l'acqua che potrà contenere avrà sempre la forma del vaso.
Con ciò non si vuole certo affermare che
tutto quello che le religioni hanno insegnato
in passato sia da buttar via, anche se questo
stesso pensiero è espresso in qualche religione,
come nel Taoismo, per il quale ha valore solo
quanto può essere percepito da ora in avanti.
Fra il conservare e il buttar via c’è, per la religione come per la scienza, la via che consiste nel valersi di quanto ha conosciuto ed esperimentato il passato per riuscire a conoscere di
più, conoscere meglio. Partendo dalle parole
di Gesù: «Chi ha visto me ha visto il Padre » c’è chi ha dedotto il concetto della consustanziazione del Padre e del Figlio. Ernst
Bloch in un libro recentemente commentato
d:i diverse parti e anche dai nostri giornali,
vi vede la fine del discorso sulla trascendenza,
in sostanza Taffermazioiie dell’ateismo. Ma si
possono, anche riallacciare quelle parole all’affermazione che Dio « è tutto in tutti » per
cui quello di Dio che si può vedere, riconoscere è quello che si può vedere, conoscere nel
prossimo, nei fratello. E ciò non è la fine, ma
un limite al discorso sulla trascendenza. In
altri termini il prossimo non è soltanto Valtro
rispetto all’io, ma può trascendere sé stesso c
diventare fratello. Quel fratello col quale ci si
deve riconciliare prima di ritornare all’altare.
Un padre che ama i suoi figli non antepone
il rispetto per sé all’accordo fra i figli perché
sa che dalla pace fra i figli egli sarà onorato,
mentre il disaccordo non sarà per lui motivo
di onore.
Il dialogo fra gli uomini di tutte le religioni sarà dunque possibile quando sapranno
avvicinarsi come fratelli che sentano il fondamento della loro fede in questa fratellanza
più che non nelle idee, nelle leggi, nei pensieri con cui ognuno ritiene di poter definire Dio
e la verità. Accettare che questa verità, nel
divenire, possa mutare, anche perché Dio è
vita e quindi lui stesso di^'enire, c perciò lasciare da parte il discor.so sulla trascendenza
(pur senza negarlo) appare la via da seguire
per giungere al dialogo al quale il tendenziale
riformarsi di tutte le religioni verso una maggione spiritualità sembra aspirare. Su questa
via il lìroblema della propria superiorità c
della propria identità non dovrcl)bcro ]>rescntarsi. Se mai sarebl)e da riprendere dopo la
riconciliazione, ma allora forse non sussiste
più.
Questi appunti non sono, è chiaro, riflessioni teologiche. Sono note raccolte lungo la
via da chi ha avuto occasione di meditare attraverso incontri' umani con cattolici, protestanti e mormoni, con buddisti, musulmani ed
ebrei, con credenti, atei od agnostici, c in
ognuno ha pensalo di pt>ler riconoscere un
fratello.
G. A. CoMit.i
' Vedi principali quotidiani italiani in data
Alla redazione di questa pagina ha collaborato Ruberto Peyrol.
' V. J. B. Metz - Riforma e Controriforma
oggi - Queriniana, Brescia IOTI.
“ V. Ernst Bloch - Ateismo nel Cristianesimo - Feltrinelli, Milano IOTI.
UUIUUIIUIIUUIUUIUIIUUIIUIUUIIUIUUIIIUUIIIIIUIIIIIU
Per un culto più «ardito»
Slorkow. Germania Est (soepi). - Una predicazione profetica, una preghiera profetica,
un'atteggiamento dì critica costruttiva nei confronti ilelTatto cultuale; ecco ciò che occorre
alla Chiesa d'oggi, affermano trenladiie giovani delTEuropa occidentale e orientale riuniti
ili una conferenza su a II cullo, impegno politico », organizzalo dal Consiglio ccumonìco
della Gioventù Europea.
ColTaffermarc che il culto cclehrato nella
chiesa la domenica mattina è « necessarimejìte
luiattività politica » questi giovani si chiedono
se i fedeli si rendono conto fino a qual punto
il cullo tradizionale .sostiene lo status quo nella
società.
4
pag. 4
N. 22 — 28 maggio 1971
Cronaca delle Valli
ProUBmi della scuela aella Val Gemasca
L La scuola elementare
Mentre si avvicina rapidamente, tra
incertezze e polemiche varie, il termine
di un nuovo anno scolastico, forse non
è superfluo presentare ai nostri lettori
la situazione scolastica della vai Germanasca nel suo complesso. E quello
che ci proponiamo di fare in una breve
serie di articoli in cui cercheremo di
presentare i problemi della scuola dell’obbligo, mentre ci ripromettiamo di
presentare, all’inizio del prossimo anno scolastico, la situazione ed i problemi della scuola secondaria.
Iniziamo subito dalla scuola elementare che è, almeno per ora, la meno
contestata anche se le ultime tecniche
didattiche che, timidamente, si afl'acciano anche nella nostra valle non mancano di suscitare nei vari ambienti interesse, curiosità, diffidenza, allarmismo, quando non incontrano addirittura aperta ostilità.
Ma procediamo con ordine...
Attualmente nella valle esistono ancora 13 scuole elementari con 16 insegnanti (9 valdesi). Nella quasi totalità
questi insegnanti sono originari della
valle o vi risiedono da molto tempo.
Siccome questi insegnanti sono tutti di
ruolo (meno uno), da molti anni da noi
è risolto il problema delle nomine e si
verificano pochissimi spostamenti ed
avvicendamenti, e quasi sempre all’interno della valle, per -cui, da tempo fin
dal primo ottobre tutte le scuole funzionano regolarmente. E questo un da
decisamente positivo in quanto sono
evitati gli incomprensibili ritardi nell’inizio delle lezioni e le nomine fatte
in ritardo che spesso comportano parecchi cambiamenti di insegnante in
pochi mesi, come spesso succede in
molte altre valli. Inoltre questa situazione garantisce una certa continuità
nell’insegnamento, cosa che non avviene laddove si cambia di insegnante ogni
anno o anche più volte all’anno.
La popolazione scolastica è di 143 alcuni così suddivisi: Perrero 90, Frali 37,
Salza 10, Massello 6. (Mancano dati
riguardanti la percentuale di alunni
valdesi). Le aule scolastiche si trovano
attualmente tutte in locali costruiti appositamente, che rispondono quindi
sufficientemente ai requisiti di abitabilità, igiene e funzionalità. Le sole scuole di Villa e di Troussan sono ospitate
in locali di proprietà del Concistoro
valdese. Tutte le altre hanno trovato sistemazione in edifici di proprietà dei
comuni e nella maggior parte sono di
costruzione molto recente. Infatti in
questo campo, in questi ultimi anni, i
comuni della valle hanno compiuto uno
sforzo veramente notevole. Esistono
scuole di nuova costruzione a Ghigo,
Fontane, Salza, Perrero Capoluogo, .Maniglia e Chiotti. Le scuole di Massello,
San Martino e Bovile sono state di recente completamente ammodernate.
Per Ghigo, Villa e Faetto esistono progetti di nuove scuole e si aspetta solo
che le pratiche abbiano compiuto il
loro lungo iter per passare alla loro
realizzazione. Dalle cifre precedenti si
può facilmente dedurre come molte
scuole abbiano una popolazione scolastica molto bassa, cosa che non manca
di preoccupare sia gli amministratori,
sia gli insegnanti. Infatti questo può
significare la chiusura di qualche altra
scuola a breve scadenzai nel dopoguerra ne sono già state chiuse 10) con conseguente grave disagio per la popolazione locale e la necessità per i comuni di
aflTontare onerose spese per provvedere al trasporto degli alunni alla scuola
più vicina, per assicurare loro un piatto di cibo caldo ed assistenza durante
la refezione.
Senza contare che il trasporto è spesso materialmente impossibile data la
distanza, il forte innevamento, le strade dissestate e pericolose. Per gli insegnanti la chiusura di altre scuole significa dover abbandonare la valle per
cercare una nuova sistemazione in città o nella pianura pinerolese. D’altra
parte né la classe con pochi elementi,
né la pluriclasse super affollata sono
l’ideale per una azione educativa veramente incisiva e proficua. Nella prima
manca la possibilità di compiere un lavoro di gruppo, manca l’emulazione,
l’esperienza, cui spesso si aggiunge
rdletto negativo dell’isolamento. Nella
seconda la presenza di tutte le classi in
una stessa aula priva gli alunni di una
parte della cura dell’insegnante di cui
avrebbero bisogno e diritto. A parte
queste considerazioni, non si può affermare che il rendimento degli alunni
della nostra valle, come di quelli di tutte le valli alpine, sia inferiore a quello
degli alunni che hanno la fortuna di
frequentare delle classi uniche. Caso
mai si potrebbe dire che qui gli alunni
che frequentano la pluriclasse, almeno
nei primi anni di scuola, raggiungano
gli stessi livelli dei loro compagni più
fortunati delle classi uniche in un tempo leggermente più lungo, arrivando
però alla quinta spesso in netto vantaggio sui loro coetanei. Per ovviare a
questi inconvenienti della pluriclasse
negli ultimi anni anche da noi sono state introdotte nuove tecniche didattiche
come il lavoro di gruppo, l’individualizzazione, ecc.
Naturalmente questi metodi non si
improvvisano dall’oggi al domani, ma
richiedono una perfetta conoscenza di
quanto è già stato fatto, quindi lettura
e studio delle esperienze altrui, controlla della validità e possibilità di attuazione del metodo anche nel nostro ambiente. Per questo, e per abbreviare un
po’ i tempi, da anni, ma soprattutto negli ultimi mesi, gli insegnanti della valle si riuniscono regolarmente anche piùj
volte alla settimana, sotto la guida del-'
la loro nuova direttrice, per scambiarsi
esperienze, per riferire su nuove letture o studi fatti e per preparare il materiale da adoperare a scuola. (Sono
già state preparate più di diecimila
schede). Infatti in questi ultimi tempi
si è iniziato qualche esperimento nel
campo dell’insegnamento individualizzato basato su schede preparate dall’insegnante della classe sulla misura dei
suoi alunni, tenendo conto del grado
di preparazione raggiunto, dell’ambiente in cui vivono, delle loro esperienze,
ecc. L’adozione di questo metodo di
lavoro, largamente sperimentato all’estero ed anche in Italia, permette
all’insegnante della pluriclasse di eliminare i « tempi morti » della giornata,
cioè quei periodi di tempo, più o meno lunghi, in cui gli alunni più bravi
devono aspettare, magari facendo disegno o disturbando, i compagni meno
dotati, più lenti o svogliati. Ma le nuove tecniche didattiche non si limitano
certo solo a questo, bensì potranno nei
prossimi anni far compiere ai nostri
ragazzi un buon passo avanti sulla via
dell’apprendimento, permettendo loro
di assimilare le varie materie in modo
più cosciente e meno meccanico, in
quanto corrispondono in modo più
completo ed aderente alla struttura
mentale del fanciullo. Si pensi ad esempio all’insiemistica, questa nuova concezione della matematica che rivoluziona completamente quanto si è fatto
finora in questo campo della scienza
esatta che poteva sembrare immutabile. Certo ci sarebbe molto da dire, o
da ridire, su questi nuovi metodi, ma
preferiamo declinare questo compito
a persone più qualificate di noi che parliamo per sentito dire.
Vorremmo invece terminare questo
primo articolo, né completo né esauriente, con un rapido sguardo alla situazione sanitaria. Da alcuni anni tut
ti^ i comuni della Valle si sono dotati
di attrezzati ambulatori scolastici e si
sono consorziati con la Provincia di Torino al fine di assicurare a tutti gli
alunni della scuola elementare una assistenza medico-scolastica che ha già
^ dato buoni risultati. Infatti è stato posI sibile diagnosticare per tempo alcuni
casi di malattia grave mentre era ancora allo stato latente. Inoltre si sono individuati subito i numerosi casi di anomalie proprie dei bambini. Da citare in
primo luogo, oltre alla carie dentaria, le
malformazioni del palato e dell’arco
dentario, i difetti della vista e le malformazioni congenite. Difetti tutti che
quasi sempre hanno richiesto l’applicazione immediata di protesi correttive
0 di cure specifiche. Purtroppo sono
stati segnalati anche alcuni casi di etilisnio precoce dovuti al fatto che molti
genitori non si sono ancora convinti
che, per un bambino, può essere estremamente nocivo bere una « goccia »
di vino.
Per fortuna sono abbastanza rari i
casi di bambini anormali o sub-dotati.
In questi casi, subito segnalati alla Direzione, interviene la « equipe » di specialisti della Provincia, di recente completamente rinnovata, .che esamina caso per caso, lo segue e decide, sentiti
1 genitori, sulla azione da intraprendere. La tendenza attuale è quella di lasciare questi soggetti nel loro ambiente, presso la famiglia, cercando di inserirli il più possibile nelle classi normali
facendoli oggetto di una cura particolare sia da parte degli insegnanti, sia da
parte delle assistenti specializzate. Solo nei casi più gravi, o nel caso di famiglie che non siano in grado di dare
una sufficiente garanzia di assistenza
morale e materiale, si ricorre al ricovero negli istituti specializzati.
Concludiamo così questa panoramica
sulla scuola elementare nella vai Germanasca, sui suoi problemi e le sue
prospettive. Non pretendiamo certo di
aver esaurito l’argomento e ci ripromettiamo di ritornarvi in futuro. Speriamo che altri facciano sentire la loro
voce e conoscere il loro parere su questi ed altri problemi della scuola nelle
nostre valli.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Deserto anche il terzo appalto
Non sarà ultimata la scuoia di Ferrerò
Da circa cinque anni 1‘edificio scolastico di Ferrerò capoluogo aspetta di
essere finalmente portato a termine.
Non tanto per quanto concerne la scuola vera e propria, dato che i bambini
ci sono dentro da parecchio tempo, ma
per quel che riguarda la strada di accesso, il cortile, lo scalone esterno ed
infine la recinzione. Infatti quando si
costruì l’edificio scolastico i fondi stanziati risultarono insufficienti per completare l’intera opera, per cui il comune
di Ferrerò si vide costretto a richiedere un ulteriore finanziamento di dieci
milioni da destinare alle opere di completamento e di recinzione del cortile
della scuola. Terminato il suo lungo
iter burocratico, la domanda venne accolta ed il finanzamento concesso. Si
passò quindi alla progettazione ed alle
pratiche relative all’appalto dei lavori,
progettati, come già la scuola, dall’ing.
Tessere. Intanto si provvide all’acquisto, con fondi stanziati dal comune, di
un ulteriore appezzamento di terreno
adiacente alla scuola da destinare a
cortile, sia in considerazione del notevole numero di scolari e di studenti
che attualmente frequentano la scuola
(circa 120), sia per evitare che qualcuno, comperando il terreno, potesse costruire tropo a ridosso della scuola. Finalmente giunse il momento di appaltare i lavori ed un primo tentativo fu
fatto l’8 settembre 1970 ed andò deserto. Poi se ne tentò il secondo il 29 dicembre ed anche a questo nessuna ditta si presentò. Allora il sindaco, preoccupato della situazione, si recò immediatamente a Torino presso gli uffici
competenti onde studiare la situazione
per veder di trovare una possibile soluzione a questo problema che minacciava di diventare cronico. Il Genio Civile allora, considerando i forti aumenti verificatisi nel campo dell’edilizia,
autorizzò il comune a tentare un nuovo
appalto in aumento, invece che in ribasso, rispetto alla cifra a base d’asta.
Tale nuovo esperimento d’asta ha
avuto luogo nel municipio di Ferrerò
giovedì 13 maggio alle ore 10, ma, purtroppo, neanche questa volta l’iniziativa
ha avuto successo dato che nessuna
delle 40 e più ditte invitate ha presentato un’offerta onde aggiudicarsi i lavori per cui ci si ritrova ancora con nulla
di fatto.
Nello stesso giorno ed alla stessa
ora, ma con asta distinta, il sindaco
Geme aveva fissato l’appalto dei lavori
della nuova scuola di Faetto. Infatti
anche per questa frazione il comune di
Ferrerò ha avuto da alcuni annui la
promessa di un finanziamento statale
di 13 milioni per la costruzione della
nuova scuola che dovrà sorgere a Pian
Faetto su un appezzamento di terreno
già acquistato dal comune per questo
scopo. Questa nuova scuola, progettata
dal geom. Viglielmo, corrisponde ai più
moderni dettami dell’edilizia scolastica in montagna. Sono infatti previsti,
oltre all’aula situata a pian terreno,
l’entrata e l'atrio per i bambini, nonché i servizi igienici separati per maschi e femmine. Al primo piano è progettato un piccolo alloggio per l’insegnante, mentre nel seminterrato troveranno posto la rimessa ed il locale delle caldaie per il riscaldamento che è
previsto ad aria calda.
Dalla sommaria descrizione dei lavori da eseguire, si può facilmente capire
come la somma di tredici milioni a disposizione del comune sia parecchio
esigua, infatti già al momento della domanda ne erano stati richiesti 17. Si
tenga presente che in questa cifra dovranno rientrare le spese di progettazione, di allacciamento alla strada, alla
fognatura, all’acquedotto, alla rete elettrica, nonché i lavori di sistemazione
del terreno compreso il muraglione a
valle e la completa recinzione del cortile. A questo punto è superfluo dire, ormai ognuno l’ha capito, che anche per
l’appalto della scuola di Faetto nessuno si è presentato e non è stata fatta
alcuna offerta. La cosa non stupisce
nessuno se si considera che non si è
potuto appaltare neanche il lavoro della scuola di Ferrerò che era in aumento, mentre a Faetto, siccome si era al
primo esperimento, si potevano fare
solo offerte in ribasso rispetto alla cifra indicata come base d’asta.
Comunque la cosa non manca di
preoccupare gli Amministratori di Ferrerò soprattutto se si pensa che, oltre
a questi delle due scuole di Ferrerò e
Faetto, il comune non riesce nepure ad
appaltare i lavori di sistemazione del
municipio e quelli di costruzione del
nuovo ponte del Cà sul Rio Faetto che
sono a totale carico del comune stesso
per una cifra aggirantesi sui 7-8 milioni,
tenendo conto dei presenti aumenti verificatisi dal momento della progettazione ad ora.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: ma esiste davvero questa crisi
edilizia di cui tanto si parla? ...
Elezioni comunali
a Massello
Domenica 13 giugno gli abitanti del
piccolo comune di Massello, in 'Val Germanasca, saranno chiamati alle urne
per procedere al rinnovo della loro Amministrazione comunale. La cosa non è
per nulla eccezionale e forse non ne
parleremmo se non fosse che Massello
è uno dei tre soli comuni della provincia di Torino interessati a questo
turno di elezioni (gli altri due sono
Sqttimo Rotaro e Lemie). Infatti la
stragrande maggioranza dei comuni ha
rinnovato le Amministrazioni nel giugno 1970 ed ora tocca solo a pochi comuni che, per una ragione o per l’altra,
risultano « sfasati ».
Per quel che riguarda Massello, le
ragioni e l’inizio di questo sfasamento
vanno cercati parecchi anni addietro.
Il fatto che ha portato, direttamente o
indirettamente, alla attuale situazione
si è verificato nelle elezioni del 1960
quando una notevole parte della popolazione, per contestare l’unica lista di
candidati che era stata presentata, e
che non era di suo gradimento, invece
di presentare democraticamente una
seconda lista, si astenne dalle votazioni e non si presentò alle urne. Solo dopo infinite tergiversioni e ripensamenti alcuni contestatori andarono a votare, anche per la forte pressione esercitata dagli organi superiori, e, in extremis, si raggiunse il quorum necessario
ad evitare l’annullamento della elezione e la nomina di un Commissario prefettizio. Comunque dalla elezione, essendo stata presentata una sola lista,
uscirono solo 12 consiglieri invece dei
15 previsti dalla Legge anche per i comuni più piccoli. Questa prassi di una
sola lista venne adottata anche nelle
varie altre elezioni e la ragione va ricercata anche nella continua diminuzione della popolazione
Questa situazione portò, nell’estate
del 1965, ad una crisi consigliare ed allo scioglimento della Amministrazione
comunale. Infatti per alcune divergenze (bilancio, trasferimento degli uffici
comunali da Ferrerò a Massello, ecc.)
cinque consiglieri presentarono le loro
dimissioni facendo cadere l’Amministrazione cui venne a mancare la prescritta maggioranza. Si dovette quindi
procedere a nuove elezioni che ebbero
luogo nel giugno 1966 e che diedero inizio allo sfasamento. In queste elezioni
venne rinnovata la fiducia al sindaco
uscente ed ai consiglieri che lo avevano sostenuto, mentre i consiglieri dimissionari furono sostituiti da altri cinque di nuova nomina. Questi 12 consiglieri hanno potuto portare a termine
regolarmente la loro legislatura e questo fa pensare che le vecchie divergenze siano scomparse, o per lo meno si
siano sopite, e si sia imboccata una
nuova via, più responsabile, che non
mancherà di produrre i suoi frutti. C’è
da sperare che questo nuovo clima
porti in primo luogo alla presentazione di due liste, non necessariamente in
disaccordo, di modo che anche il comune di Massello possa avere i 15 consiglieri che gli spettano di diritto. Si
potranno affrontare così, con la collaborazione e l’impegno di tutti e di
ognuno, i numerosi problemi grandi e
piccoli che affliggono questo piccolo
comune montano.
' Popolazione: 1861: abilanti 813; 1961:
abitanti 262: 1970 (gennaio) 198. Elettori:
maschi 84: Femmine 74.
iiiiiiiiiiiiiiMiMiiiiimitiiMiiiiiiiiimiiiiiimiiiiiimiiiiiiiK
Replicalo ad Angrogna
"Un nemico del popolo,,
La sera del 15 maggio, su richiesta
del Circolo dei genitori della Scuola
Media Statale di Torre Pellice, è stato
ripresentato ad Angrogna il dramma
di Ibsen: « Un nemico del popolo ».
L’affluenza di genitori, insegnanti,
studenti ed altre persone è stata rilevante. Regia e recitazione sono state
vivamente apprezzate e il testo ha riconfermato la validità della sua problematica che è apparsa di sconcertante attualità: infatti le decisioni di vertice, troppo spesso motivate da interessi di gruppi di potere, e l’incapacità
della « base » di distinguere e valutare
le situazioni e le persone (in quanto da
sempre praticamente privata di ogn;
effettiva possibilità di scelta) sono
problemi tuttora purtroppo reali e presenti.
Un aspetto rallegrante dell’iniziativa
è da ravvisarsi anche nel fatto che
per una volta il centro si è mosso per
andare verso la periferia: sarebbe infatti giusto che chi risiede in località
lontane e disagiate non tosse fatalmente escluso dai contatti umani e da ogn<
fecondo scambio di idee e di esperienze. M. B. A.
Domenica 30 maggio alle ore 15 nella sala della Chiesa Valdese di Pinerolo, via dei Mille 1, incontro sul tema:
LO SPIRITO SANTO E LA RIFORMA
DELLE NOSTRE COMUNITÀ’
PROCiR.tMMA:
ore 15 Culto in una sala con riflessione comune sui seguenti testi: Ezechiele 36: 23-28; Romani 8: 9-17; Gal. 5:13-15; 6: 2.
Dopo il culto ci si propone di proseguire rincontro con una discussione in gruppi .su alcuni dei problemi che in questo momento si pongono nella nostra società,
ore 17.30 E prevista la chiusura dell’incontro.
Sono invitati tutti i membri delle comunità cattoliche c valdesi del
Pinerolese e delle Valli.
Ad Angrogna, 1-2 giugno
Conferenza del I Disiretio
La Conferenza distrettuale del I Distretto avrà luogo ad Angrogna Capoluogo nei giorni 1 e 2 giugno p. v.
L’inizio della Conferenza è fissato
per le ore 17 del giorno 1 giugno (con
seduta serale).
I pastori sono pregati di comun’care tempestivamente al past. Taccia il
numero dei delegati delle rispettive
comunità che intendono eventualmente pernottare ad Angrogna e partecipare alla cena di martedì 1 giugno.
La Commissione distrettuale
La chiesa di Prarostino
ricooferma il pastore
Marco Ayassot
quale suo conduttore
II Culto di domenica 23 maggio è stalo presieduto dal past. Franco Davite,
presidente della Commissione Distrettuale, che davanti ad una numerosissima assemblea ha parlato su Matteo
28: 19-20.
Subito dopo il Culto, sotto la presidenza del past. Davite coadiuvato dal
vice presidente della Commissione Distrettuale, ha avuto luogo l’Assemblea
di Chiesa convocata per la rielezione o
meno del proprio pastore.
Il numero dei membri elettori presenti superava l’81% degli iscritti i quali con voto quasi plebiscitario hanno
riconfermato il past. Marco Ayassot
quale conduttore della comunità.
Ci rallegriamo vivamente col past.
Ayassot al quale auguriamo un lavoro
fecondo e benedetto per un altro settennio e rivolgiamo alla comunità di
Prarostino un vivo elogio per il senso
di responsabilità di cui ha dato prova
in questa occasione, esortandola a perseverare con tale spirito nella collaborazione col proprio conduttore.
Pinerolo
Domenica 9 maggio ha jmriecipato al nostro culto un gruppo di fralellì in fede provenienti dalla Scozia e dall'Inghilterra; il Sig.
J. Banks, che ha organizzato la visita alle
valli, ha rivolto un messaggio alla comunità.
Alcuni di questi fratelli presero contatto con
la nostra chiesa di Napoli negli anni diiFicili
tra il 1943 ed il 1945 e li ringraziamo ancora
per il loro aiuto fraterno di allora.
Sabato 15 i catecumeni si sono incontrati
col concistoro in vista della loro confermazione
che avrà luogo la domenica di Pentecoste: inoltre, giovedì 20, si sono recati a Pomeano di
Praraollo ed hanno trascorso una giornata insieme, con discussione e ricerca degli impegni
personali e di gruppo da prendere nelPambito
della comunità.
Il culto di domenica 16 è stato presieduto
dal Pastore emerito Gustavo Bertin; lo ringraziamo per la sua visita e per il suo messaggio.
Nel pomeriggio si è tenuta Vassemblea di
chiesa durante la quale è stato trattato il tema
dei matrimoni misti: rargomento è stalo introdotto dalla commissione, nominala dal concistoro. che ha presentato una relazione discussa dalTassemblea. Sarà ancora necessaria
un'altra riunione per proseguire la discussione e lo studio dei problemi di fondo e delle
scelte da operare che sono alla base dì questa
grossa realtà che ha investito da tempo la vita
di gran parte delle nostre comunità.
BaUesimi: Maria Rosa di Silvio Ciarriero e
Angela Negro; Paola di Oscar Pons e Donatella Benech.
Funerali: Michele Rihet.
Pomaretto
Sabato 29, ore 20,30: riunione di studio
biblico presieduto da Giorgio Tonni al presbiterio di Perrero, per quanti si interessano alla
Bibbia: seguirà un altro incontro il 6 giugno,
ore 14.30, a Manìglia, sempre nella .stessa
linea.
Domenica 30. Pentecoste: confessione di
fede dei catecumeni e Santa Cena alle ore 10.
Domenica 13 ; visita del gruppo salutista di
Torre guidato dal maggiore Longo; cullo al
mattino e riunione al Clot Inverso, con serena
fiducia che la comunità dell’Tnverso accorra
numerosa.
II saggio della Scuola Materna, fìssalo per
il 30 maggio, non avrà luogo.
iiiiiiiiiiiMiiiMniiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiniiiiiiiiititi
Lettera al Direttore
Un lettore, da Torre Pellice:
Signor direttore,
la sera del 15 u. s. nel corso dell'Assemblea
di chie.sa per la elezione di un deputato al Sinodo e di tre membri alla Conferenza distrettuale, l'Assemblea non seml»ra aver tenuto
conto della pre.senza dei giovani, jioiclié nessuno è figuralo tra gli eletti.
Eppure non era trascurai)ile la rappresentanza dei giovani, (juelli stessi che sono incaricati delle Scuole domenicali, dei Cadetti, di
fare opera di inserimento di altri giovani in
seno alle Unioni giovanili...
Perché i voli deirAssemlilea di chiesa non
sono andati anche a qualcuno di loro.''
Mi pare che un atto di fiducia nei riguardi
delle giovani leve dovrebbe rientrare nei precisi doveri di una Assemblea di eìiiesa ohe
operi per il solo bene della Comunilà.
(.segue la firma)
Nel n. prossimo daremo una risposta a questa lettera, che. malgrado il suo carattere locale (va comunque precisato che il deputato al
Sinodo della Chiesa di Torre Peìlice è un giovane). tocca il problema, oggi discusso in tutta la Chiesa, della composizione delle 7io.s/re
Conferenze e del Sinodo. red.
5
28 maggio 1971 — N. 22
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
A Messina, il 19 e 20 giugno
In preparazione la Conferenza
del VI Distretto (calabro - siculo]
Feste di canto nelle Valli
Il 7 aprile abbiamo avuto a Catania una
seduta della Commissione Distrettuale. Il principale argomento è stato quello della Conferenza del Distretto. Il V Distretto ci aveva rivolto un invito a fare una conferenza unita dei
due Distretti. La proposta è molto buona e le
difficoltà giuridiche non sono insormontabili.
L'entusiasmo poi dei fratelli del vicino Distretto ci ha spinto a considerare la cosa con
molla attenzione. Tuttavia, si è pensato che
una conferenza unita sarebbe molto meglio
utilizzata e più proficua alFinizio dell’anno
ecclesiastico quando si programma il lavoro
futuro e non ora quando siamo di fronte al
consuntivo delle nostre attività e quando gli
argomenti amministrativi, spesso da trattarsi
a parte per ciascun Distretto, son più numerosi.
Si è concluso nel proporre alla Commissione
del V Distretto una Conferenza unita per
Tautunno. Essendo questa « straordinaria »,
ha una struttura più leggera. Vi si potrebbe
invitare qualche relatore specializzato anche
da lontano. Si intravvede la possibilità di trattare ancora la nostra posizione di fronte al
Terzo Mondo, ma di questo si potrà parlare
alla conferenza di giugno e poi prendere i dovuti contatti col Distretto vicino per stabilire
nei dettagli la preparazione.
Il vero problema per un fatto così desiderabile è quello delie distanze, poiché sia il nostro che Taltro Distretto sono geograficamente
molto vasti e con comunicazioni infelici. Anche per questa ragione occorre utilizzare in
pieno il tempo a disposizione mentre la conferenza ordinaria, con le varie elezioni ed i
problemi specifici di ciascun settore, non ce
lo concederebbe.
Infine, considerati i tragici avvenimenti avvenuti in Calabria la C.D. ha deciso, contrariamente a quanto proposto alla Conferenza
di Palermo, di spostare la sede della Conferenza ordinaria da Pachino a Messina, ciò che
permetterà a più fratelli calabresi di intervenire. La Tavola non ha fatto obiezione a questa modifica.
La Conferenza avrà inizio alle ore 15 del
giorno 19 giugno. I lavori, fra i quali la lettura della relazione della Commissione Distrettuale e relativa discussione, proseguiranno
per tutta la giornata. Riprenderanno domenica 20 giugno fino a sera. Il culto della
Conferenza avrà luogo insieme alla comunità
di Messina, all’ora ordinaria del culto domenicale. Predicherà il past. Archimede Bertolino. Si ripartirà lunedì mattina.
Oltre ai lavori normali, vi è in programma
una Tavola Rotonda sul tema: La società dei
consumi e i contributi delle chiese. La discussione sarà introdotta e presieduta dal pastore
Georges Paschoud. Il dibattito avverrà prima
fra i membri della Tavola Rotonda (Past.
Paschoud. Dr. Aloisi. Past. Giambarresi) e
poi si estenderà a lutti i membri della Conferenza.
Altri due temi essenziali della Conferenza
saranno :
1) L’eventuale entrata della Chiesa Cattolico-Romana nel Consiglio Ecumenico delle
Chiese. Argomento introdotto dal past. Mario
Berutti.
2) La questione dei matrimoni misti. Introdotta dal past. Archimede Bertolino.
Prof. Antonio Piva, rivelandosi presto una
vera « ancella del Signore » per la sua sensibilità ai problemi delTOpera di Dio, appassionata testimone della fede cristiana nel puro
senso evangelico.
È con un sentimento di simpatia e di stima
verso di essa che io ora mi accingo a rievocare il valido suo apporto dato nel campo della
testimonianza. Posso affermare che qui a Perugia essa è stata sempre di valido aiuto poiché coglieva tutte le occasioni pur di potersi
con impegno adoperare al fine dì essere utile
al servizio della testimonianza. Infatti cominciò a darne prova con suo zio, piuttosto tentennante e dubbioso.. In casa dì lui indisse
periodiche radunanze appunto per avere agio
di scuoterlo, in maniera da fargli a aprir gli
occhi alla celeste luce, che sola adduce aH’immortal gioir ».
Quando nel 1955 fui collocato a riposo, in
svariate circostanze essa ebbe ad aiutarmi nella difficile opera del colportaggìo volontario;
con le sue buone e persuasive parole riusciva
sempre a convincere coloro i quali albergavano
nella sua casa favorendo la diffusione e la vendita dei libri e delle Sacre Scritture.
Analoga cosa faceva presso il locale Centro
di Orientamento Religioso, costituito dal Prof.
Capitini nel 1952, allorquando ci sì incontrava
alle riunioni in Via dei Filosofi. Quivi quasi
sempre riusciva fruttifera la vendita di tali
libri appunto per il suo sempre opportuno intervento talvolta anche presso qualche elemento piuttosto indifferente al problema religioso.
Un’altra circostanza degna di nota è il fatto che essa, pur essendo di modeste condizioni
economiche, spesso mi telefonava per comprare più copie di libri, che poi prestava per la
lettura, oppure per regalarli a coloro ai quali
testimoniava di Cristo e. della sua opera di
redenzione e di salvezza. Ogni anno comprava svariate copie del calendario « Il Buon
Seme » : ci teneva a regalarlo a persone amiche o di sua conoscenza perché sapeva per
esperienza che detto calendario è assai utile
per edificare ed annunziare la Parola della
vita agli uomini.
Per far fronte al grande imperativo del
« guai a me se non evangelizzo » da tempo
aveva mensilmente indette delle apposite riunioni nel suo studio al fine di fare annunziare
TEvangelo dal Pastore Sommani, che veniva ,
da Firenze, ad amici e simpatizzanti che quivi convenivano dietro suo invito. Già in passato aveva tale consuetudine, servendosi anche della mia collaborazione, poiché non soltanto essa stessa desiderava di essere confeV
mata nei suoi sentimenti di fede evangelica,
ma anche teneva a che altri venissero alh
conoscenza di Colui nel quale essa aveva créduto; allo stesso scopo spesso prendeva pure
parte alle settimanali riunioni presso il locale
Centro Ecumenico Cattolico, dove non solo
si riusciva spesso a dialogare per contraddire
le teorie della dottrina cattolica romana, ma
anche non mancava di affiancarsi a me per appoggiare la vendita della stampa evangelica
presso certi sacerdoti che di buon grado più
volte ne hanno fatto acquisto.
Per la sua vita vissuta in fedeltà di spirito
e hi coerenza alla dottrina delTEvangelo, dirò
che essa è stata un luminoso esempio a tutti
coloro che Thanno conosciuta.
A Bobbio, le Corali
della Val Pellice e di Torino
« Alleluia! Lodate Iddio nel suo santuario,
lodatelo nella distesa ove risplende la sua potenza n (Salmo 150: 1).
È sempre bello ritrovare la piena espressione del contributo originale delle Chiese evangeliche alla liturgia della Chiesa universale :
il canto comunitario. È bello ed edificante,
in un’epoca sempre più pervasa di materialismo ed indifferenza, quando nella migliore delle ipotesi tante persone sfogano la loro « religiosità » in una posizione a politicamente impegnata », che spesso è espressione di puro
snobismo intellettuale. L’essenza stessa del canto corale, la coralità, pone questa attività al
riparo dalle diatribe personali e dalle polemiche ideologiche, e quando questa a coralità »
non ha per molla principale un pur elevato
senso estetico, ma Tespressìone della fede cristiana, essa diviene parte fondamentale del
culto comunitario, vera predicazione.
In questo spirito ci siamo ritrovati domenica 16 a Bobbio, per la festa di canto delle Corali della valle. Erano presenti le Corali di
Rorà. Angrogna, Villar Pellice (integrata da
diversi elementi di Bobbio), Luserna S. Giovanni, Torre Pellice e, ospite graditissima di
quell'anno, la Corale di Torino. La prima parte. dedicata tradizionalmente agTinni da innari
di chiesa, ha visto il prodursi di dette Corali
in ^ecuzionì singole e d’insieme, queste ultime
sotto la direzione del past. Aime o del prof.
Coisani. Per precisare, abbiamo udito i' nn.
2ìÌ (Angrogna), 87 (Luserna S. G.), 262 (Torirto) dal nuovo Innario e i nn. 180 (Villar) e
23F (Rorà) da « Psaumes et Cantiques ».
irVella seconda parte la Corale di Villar ha
cablato 1’« Inno alla Carità » dal Gesangbuch
Vfürttenberg del 1784, indi si sono susseguite
lei Corali di Angrogna (n. 27 da « Psaumes et
(intiques »), Torino (elaborazione polifonica
4 Westbrook sul corale u In dulcí jubilo »),
lji»rà (n. 228 dal nuovo Innario), Torre Pellice
(k La gloria di Natale », elaborazione di F.
Corsani su inni luterani natalizi), Luserna S.
(^iovanni (corale n. 12 dall’« Oratorio di Nata
nn. 84, 219, 246 (che avremmo gradito
Gravemente lesionalo
il Centro «Q. L. Pascale»
di Falerna Marina
Un movimento del terreno per una lunga
fascia di oltre un chilometro ha lesionalo fortemente il nuovissimo Centro Evangelico Valdese « Glovan Luigi Pascale » di Falerna Marina. A quel che ci riferisce il past. Enrico
Trohla i danni sono molto forti e, per il momento, il Centro non è utilizzabile. Occorre
ora attendere per vedere se il movimento si
arresta o prosegue, poi si ))otrà pensare a
eventuali riparazioni, se queste saranno possìliili.
Noi pensiamo non solo al danno subito <la
questionerà che aveva belle e reali ])rospettive di lavoro, ma anche al dolore del nostro
fratello Trobia che con tanto impegno, capacità ed amore aveva realizzato il Centro. Vogliamo solo dirgli che siamo con lui.
La Commissione del VI Distretto
tlIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIIIimilllllllMimilllllllllllllllllllllMI
Ricordo di Wera Luigia Piva
È moncata a Perugia
una testimone dell’Evangelo
Dopo un lungo periodo di .sofferenze fisiche,
sopportate con santa rassegnazione. neH’ospedale di Perugia si è serenamente addormentata nel Signore la cara sorella in fede Sig.na
Wera Luigia Piva, di anni 75. per andare ad
abitare nella Casa delle molte dimoro nei
Cieli.
Ai suoi funerali, che ebbero luogo il giorno
successivo, il servizio religioso fu tenuto, alla
presenza di un considerevole numero di persone. dal Pastore Sommani. di Firenze, e fu anche intonato il commovente inno 158: «Più
pre.sso a te. Signor, venir vogTio... ». secondo
ciò che ella aveva lascialo scritto.
La conolibi alTincirca nel 1948 o 49 quando, dalla città di Firenze, ove era militante
presso la Chiesa Valdese, si trasferì a Perugia
nel quartiere di Montelucc presso suo zìo. il
ii
fn po’ più veloce!), 263 dal nuovo Innario
nn. 102 e 237 da « Psaumes et Cantiques ».
'Questi inni d’insieme esprimono pienamente
la coralità comunitaria, suscitando una profonda emozione spirituale neH‘uditorio. Ci rendiamo conto della difficoltà pratica della cosa, ma
se si potesse realizzare almeno una volta la
preparazione e l’esecuzione d’insieme di un
bel coro scelto d’accordo fra i direttori, si aumenterebbe ancora questa emozione spirituale.
NelTintervallo il past. Aime ha intrattenuto
efficacemente i presenti parlando delle feste
di canto delle Scuole Domenicali (dettagli organizzativi e proposte), della possibilità di testimonianza corale aH’esterno (come lo scorso
anno ad Aosta), e, in qualità di presidente della C.I.O.V. ha attratto energicamente l’attenzione sulla situazione veramente preoccupante
dei nostri Istituii per quanto riguarda la carenza di personale; in particolare la crisi si fa
sentire vivissima negli Istituti per persone anziane, ove, per le speciali difficoltà dell’assistenza, il servizio richiede « qualcosa di più »
che una generica voglia di lavorare : richiede
quell’amore, quella Carità senza la quale tutti
i doni e i tesori della vita sono vane illusioni.
E (sia permesso aggiungere da parte dell’estensore di questa breve cronaca) questa carenza
di senso di servizio del nostro prossimo, del
nostro vicino che ha bisogno di noi, conferma
quanto già detto aU'inizio : essa stride forte
mente se confrontata con tante belle frasi di
« impegno sociale », di preoccupazione per il
« terzo mondo » e via dicendo, frasi che riempiono troppo spesso la bocca di chi le trova
« alla moda » e le usa per mascherare un vero egoismo e un concreto « disimpegno ».
A. D.
A Villar Perosa,
le Corali della Val Chisone
Il 9 maggio II. s. in una giornata serena e
propizia, si sono riunite a Villar Perosa sei
Corali della Val Chisone per la loro tradizionale ma sempre più cara « festa annuale ».
Risposero aU’appello le Corali di : Pinerolo,
San Secondo, Prarostino, San Germano, Villar
Perosa e Pomaretto.
Dopo l’invocazione della presenza divina, la
lettura della Sacra Scrittura e la preghiera,
ebbe inizio lo svolgimento del programma composto da 16 brani musicali: sei canti d’insieme
e dieci delle singole corali. Abbiamo ascoltato :
Auprès de toi (Bach) di Pomaretto; Inno 246
it., di Prarostino; Gloria (di Silcher), di San
Germano; Inno 269 fr., di Villa Perosa; Il
canto del Cielo (di Amerà), di Prarostino;
Avec Jésus (di Biffin), di Villar Perosa; Alleluia (di Helder), di S. Secondo; Salmo 84 (di
Rossberg), di S. Germano.
Gli inni d’insieme sono stati: 84, 219, 102,
246, 237 e 263 dell’innario italiano.
Questo, lo schema del programma svolto,
ma ben altra cosa lo spìrito, il clima ed il
modo della attuazione. Fin dal primo incontro,
mentre suonavano a distesa le campane del
tempio e le macchine raggiungevano i loro
posteggi in mezzo alla pineta, era dappertutto
uno scambio di saluti cordiali, di strette di
mano e spesso di baci frammisti ad esclamazioni di gioia. Erano dei fratelli in Cristo che
si incontravano e più lieti di tutti erano i Villaresi che per la prima v^lta accoglievano una
festa di canto nel loro tempio.
Lo svolgimento del programma segui in
questo spirito.
Splendido, come sempre, l’effetto dei canti
d’insieme diretti dal past. Aime e talvolta
dalla sig.na Türk. Armoniosi e belli anche
tutti i canti singoli eseguiti sia dalle corali addestrate al canto da molti anni, sia da quelle
dì più recente costituzione. L’uditore attento
potè certo avvertire dove appariva una maggiore oppure una minore preparazione, ma
non rilevò neppur uno dì quei canti dal sapore
di bravura esibizionistica che talvolta, in passato, stonavano un po’ in talune feste di canto. Eran qui, veramente, dei fratelli e delle
sorelle che cantavano insieme ed era bello anche di osservare come sedessero a fianco vecchi e giovani in numero considerevole e in
perfetta collaborazione.
Questi giovani — ci disse un uditore straniero — saranno evidentemente i figli delle
'ersone mature qui presenti... No, fu la norisposta, posso invece citarvi parecchi casi ii giovani assidui frequentatori del culto e
della Corale i cui genitori sono invece completamente apatici verso la chiesa.
A metà del programma un felice intervento
del past. Aime richiamò l’attenzione dei presentì sulla urgente necessità di servizio diaconale e infermieristico nei nostri istituti ed
Ospedali. Lanciò un appello ansioso ai presenti. Forse qualcuno lo avrà udito.
Qualcuno notò pure ad un certo punto,
la presenza della sig.na Speranza Grill di Pomaretto direttrice valente di quella Corale per
lunghi anni, fino al momento in cui un lutto
crudele le tolse la forza di continuare a reggere la bacchetta. L’assemblea commossa la
salutò con un lungo applauso dal significato
eloquente.
Un altro applauso cordiale pure salutò una
ventina di pastori scozzesi amici del tempo di
guerra del pastore Deodato ed ora in visita
alle Valli per la prima volta.
E giunse troppo presto Torà della conclusione quando l’Assemblea sorse in piedi per la
preghiera conclusiva.
Conclusione per modo di dire perché la
Chiesa di Villar Perosa invitava tutti i presenti
a scendere nel salone sottostante al tempio
per inaugurarlo attorno ad una frugale merenda. L’ambiente spazioso, ancora odorante di
calce, capace dì oltre trecento posti, fu presto
affollato da una gioiosa assemblea come meglio non si sarebbe potuto sperare per una
inaugurazione ufficiale. Dopo il tipico brusio
dei mille conversari, s’ode ad un tratto intonare un canto da un gruppo salito su un palco improvvisato, poi un altro e un altro ancora. Fu come una esplosione di gioia nell’amore fraterno come si usava negli anni d’oro delle attività corali. L’orologio continuò la sua
marcia senza disturbare nessuno, eran circa le
19,30, le signore nella prospicente cucina finivano di rigovernare tazze e stoviglie quando
un gruppo valoroso cantava ancora.
Gli ospiti non furono parchi di ringraziamenti ai Villaresi per la loro ospitalità e di
apprezzamenti per le loro attrezzature, ma ancor più vorrebbero dir loro, i Villaresi, quanta gioia viva e profonda ha loro recato questa
festa delle Corali della Val Chisone.
E. Geymet
Un parere sulle feste di canto
Anche nel 1971 si possono cantare con gioia gli inni
della Riforma e del Risveglio
Nel 11. scorso è stato pubblicato un articolo
piuttosto critico nei confronti della forma e
del contenuto delle feste di canto; una nostra
corrispondente ci invia queste riflessioni, che
pubblichiamo volentieri venendo da persona
da anni attiva nelle scuole domenicali e nelle corali. red.
Desidero anch’io proporre alcune riflessioni
sulle feste di canto, sperando che molti segua
Filippo Marozzelli
Dopo aver partecipato a un battesimo, a Roma (Piazza Cavour]
Ragazzi della SGuala domenicale riflenono sulla
famiglia
In chiesa c’era stato il battesimo
del piccolo Simone: quattro mesi, abitino giallo, buono durante tutto il
culto. I bambini della scuola domenicale avevano assistito al battesimo
(una bambina aveva offerto un mazzo
di fiori ai genitori) e dopo erano tornati nella sala per la scuola domenicale.
In vista della festa della famiglia —
i pastori sono fieri di aver cambiato
così il vecchio nome di festa della madi-e _ avevamo deciso di parlare ai
bambini della famiglia, cioè di prendere questo argomento per le prossime lezioni.
Decido di farlo subito, saltando le
lezioni su Atti, del programma nazionale, pur pensando con un certo disagio che i miei ragazzi non sapranno
niente della comunità primitiva, mai
sapranno chi era Stefano né i viaggi
di Paolo: devo sempre lottare contro
il mio amore per le nozioni c per la
storia.
La famiglia; argomento avvincente
per noi degeneri discepoli di Gesù,
che ha liquidato la medesima con poche parole.
È appunto a queste parole che si rifa la bimba Cristina. Ma procediamo
con ordine.
Chiedo ai ragazzi (sei rappresentanti degli 11-12 anni) che cosa ne pensano della festa della madre che — a
quanto pare —• le nostre Comunità
reclamano ancora a gran voce, fino al
punto che qualcuno andrebbe a « Quattro Novembre » se « Piazza Cavour »
non la facesse.
I ragazzi sono dei « dritti » e sono
tutti contrari. Facciamo un po’ il punto sul perché; infatti i piccoli intui
scono le cose più che capirle. Si parla così dell’origine della festa (l’hanno inventata i presbiteriani di Scozia),
dell’interpretazione dei cattolici, a base di Madonne, che i ragazzi riprovano aspramente.
Racconto loro che, adesso no, ma
quando io ero ragazzetta, si giunse a
far cantare alla scuola domenicale,
nel nostro tempio, un « inno alla madre » composto da un pastore valdese.
« Invece — dico — di cantare "Sommo Iddio noi t’invochiamo” si celebravano quel giorno le lodi delle madri ».
Capiscono, credo, la gravità della cosa, comunque adesso non è più così.
Magari, penso, adesso grandeggiano
nella chiesa altri nomi con la stessa
radice, e si potrebbe estendere il discorso sull’idolatria, ma non lo dico.
« E Gesù cosa ne pensava della famiglia? Ricordate qualche allusione di
Gesù?... ».
È qui che Cristina, bambina seria
e riflessiva, si sforza di ricordare quelle parole che poi risultano essere, secondo Marco 3: 33, « Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?... Chiunque avrà fatto la volontà di Dio mi è
fratello, sorella e madre ».
Chiedo di spiegare e Giuseppe, che
sa sempre tutto ed è come un grande
ma ha gli occhi di un « piccolo fanciullo », dice che significa che Dio è il
più importante.
Sono contenta che questo sia venuto da loro e ripenso fugacemente ai
miei affannosi tentativi di portare il
loro pensiero su qualche cosa, ma per
carità senza influenzarli, senza essere
dogmatica, senza violentare le loro
anime.
Parliamo anche del discepolo a cui
Gesù ha detto: « Lascia i morti sep
pellire i loro morti », anche questo conoscono. Taccio di proposito Luca 14
V. 26, inorridita al pensiero di dire certe parole di Gesù ai bambini; loro non
sono dialettici: pane al pane.
Poi perdiamo il filo, per così dire,
evangelico e la conversazione dilaga
in una esposizione di esperienze personali riguardanti i loro rapporti con i
genitori.
Marco si lamenta di non poter parlare col padre delle ingiustizie commesse a suo danno dal bagnino della
piscina: « Se io potessi dirgli come
stanno veramente le cose, se lui credesse a me invece che al bagnino!...»
Prendo dentro di me le parti del bagnino, però certo, bisogna che i padri
ascoltino, e credano.
Cristina non parla molto con i genitori. Ma sarà poi vero? Risulta evidente alla scuola domenicale che Cristina
risente molto la influenza di un noto
settimanale evangelico, che lei certo
non legge. Giovanni sorride beato; è
un puro di cuore e sta nella sua famiglia come in un nido. Lui è figlio adottivo e gli dico piano: « Tu sei fortunato perché i tuoi hanno scelto te,
hanno voluto proprio te ».
Mi viene in mente Abramo, lo ricordano tutti quell’Àbramo che non Gli
ha negato il suo figliolo. E con questo
ci ricolleghiamo a Gesù. Sarò riuscita
a far loro intravvedere la possibilità
del « soli Deo gloria »? Non credo, ma
ci sono davanti a noi ancora parecchie domeniche...
Adesso andiamo a salutare Simone
che esce dal culto del suo battesimo,
il più piccolo della nostra scuola domenicale.
Inda Ade
no il mio esempio e per giungere poi, insieme,
ad una conclusione serena e valida, tenendo
conto di tutte le opinioni. A mio avviso ritengo che anche nel 1971 si possano cantare con
entusiasmo e con gioia gli inni della Riforma
e del Risveglio. Per quello che concerne Torre Pellice, questi inni sono molto apprezzati
non solo dai membri della Corale, ma anche
dai giovani operai pendolari, studenti e catecumeni di ogni quartiere che frequentano l’Unione dei Coppieri e che hanno dedicato allo studio di questi inni una sera per settimana, dal
mese di ottobre a Pasqua e non hanno mai
mancato e sono intervenuti numerosi. Mi è
sembrata particolarmente felice la scelta degli
inni per le Corali. Il 219 (Neander), il 263
(Sibelius), l'84 (Schein) della Raccolta italiana; il 102 (Mozart) e il 237 (Alet) di quella
francese sono fra i più belli sia per le parole
che per la musica.
Per gli alunni della mia Scuola Domenicale
che vanno dai 4 agli 8 anni la festa di canto
è una vera festa, intervengono tutti con gioia,
non si annoiano, cantano volentieri. Naturalmente non possiamo pretendere che stiano
fermi come statue per due ore consecutive. Si
muovono, si voltano, sono vivaci come tutti
i bimbi di questo mondo, ma tocca a noi infondere in loro l’amore per il canto e non
essere noi stessi dei disfattisti: iniziare fin dal
mese di gennaio, lo studio degli inni scelti,
spiegarne varie volle le parole ed i concetti
(per loro non sempre comprensibili è vero!)
tradurre quelli francesi e non stancarsi mai
di ripeterne la spiegazione. In 5 mesi, possiamo farlo senza pregiudicare la parte più importante : lo svolgimento del programma biblico. E perché non cantare anche alcuni inni
della Raccolta dei Cadetti di Agape? Due delle nostre Scuole Domenicali lo hanno fatto
(Alleluia e Noi trionferemo) e perché non con
Paccompagnamento di chitarre?
La proposta di portare gli alunni in qualche Chiesa dell’evangelizzazione è ottima.
Svolgere la festa nei nostri Istituti comporta
degli inconvenienti ; dovremmo lasciarli in piedi troppo a lungo, lo spazio è limitato. Già
alcune scuole fanno quest’opera di testimonianza presso i nostri ricoverati, ma ad una
festa di canto devono esserci tutti. La festa
all'aperto non è mai sicura perché non sappiamo in precedenza le condizioni del tempo.
La soluzione migliore sarel)he quella di dedicare una giornata intera alla festa, come si
faceva un tempo, cantare la mattina in Chiesa,
limitare il numero degli inni d insieme, limitare ad nn solo inno quelli di ogni singola
scuola, pranzare al sacco e trascorrere insieme
alTapcrto il pomeriggio. Che ne dicono gli interessati?
LtNA Vahe.se
6
pag. 6
N. 22 — 28 maggio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Verso un (giudizioso)
disarmo?
L’iniziativa del senatore Mansfield e
di altri uomini democratici americani
per abolire o per lo meno ridurre le
forze Americane del Patto Atlantico di
stanza in Europa è andato fallito. Personalmente, abbiamo registrato la cosa con vivo rammarico in quanto ci
paiono sempre positive tutte quelle iniziative, anche e specie quelle a carattere unilaterale, che stiano a rapresentare un gesto di buona volontà, anche
se, in questo caso, uno dei motivi ispiratori dell'iniziativa era costituito da
fattori economici. Ma putroppo la ferrea e deleteria politica dei blocchi militari non contempla simili atteggiamenti, tesa com’è alla ,■ salvaguardia
della pace ».
La cosa che più ci contraria nel rifiuto americano di alleggerire il fronte
europeo (a parte il fatto che siano gli
Stati Uniti a decidere se ritirare o meno le truppe da un altrui continente) è
il fatto che una delle motivazioni per
respingere la suddetta proposta costituisca la contropartita all’offerta del
sovietico Breznev di una riduzione bilaterale delle truppe dei due blocchi in
Europa. E’ stato detto che un anticipato ritiro unilaterale americano avrebbe potuto pregiudicare gli eventuali
successivi negoziati: ora, non si è mai
visto che, di fronte a un atteggiamento di volontà di «alleggerimento» la
controparte a sua volta non si senta
incoraggiata da analoghe misure. Anzi
c’è da essere convinti che Breznev si
sia sentito incoraggiato a rinnovare la
sua offerta (già accennata in occasione del 24» congresso del suo partito)
anche a seguito dei fermenti americani
al riguardo.
Si annuncia già fin d’ora un grave
intoppo alle prossime trattative e cioè
la questione della « dissimmetria geografica » cui si appigliano i paesi della
Nato per chiedere una più forte riduzione delle truppe del Patto di Varsavia che non delle proprie, col pretesto
che, mentre le forze sovietiche, in caso
di ritiro, non avrebbero che a compiere un breve tragitto facilmente ripercorribile in senso opposto, le forze americane dovrebbero a,traversare l’Atlantico.
Quest’argomentazione ci persuade
poco o punto: è troppo chiaro infatti
che gli Stati Uniti, all’occorrenza, non
mancano di parecchi altri mezzi di dìs.
suasione da una ventilata quanto poco
credibile marcia di Mosca a occidente.
Frattanto, proprio sulla scia delle riduzioni delle forze in Europa, è stato
anche annunciato dalle due superpotenze un « accordo di principio » sull’impegno di discutere la limitazione
delle armi strategiche, rilanciando così i negoziati denominati SALT, attualmente arenati a Vienna.
Sarà la volta che assisteremo a un
Personalità vaticane
nel Banco di Roma
Roma (Relazioni Religiose). - Il bilancio del Banco di Roma per Pultimo
anno si è chiuso con un utile netto di
4.503.586.077 lire (contro 3 miliardi
76.944.858 lire dell’anno precedente).
L'incremento è pari al 50%. Alla presidenza del Banco è stato confermato l’avvocato Vittorino Veronese, consultore
del Segretariato Vaticano per i non
credenti, membro della Pontificia Commissione lustitia et Pax e della fondazione Pio XII per l’Apostolato dei laici,
alla vicepresidenza del Banco di Roma
è stato confermato il barone Massimo
Spada, consulente amministrativo della
Pontificia Opera per la preservazione
della Fede e per la provvista di nuove
chiese di Roma.
fatto Storico che costituisca l’inizio di
una reale politica di disarmo e di abbandono di un mondo diviso in blocchi e quindi in sfere di influenza, parallelamente al nascere di una Europa,
ma di uria vera Europa e non mezza
(occidentale) come quella odierna?
Certamente si tratta di eventi non facilmente realizzabili, perché cozzano
contro troppi interessi di vario genere.
C’è da augurarsi che le attuali giovani
generazioni, che si dimostrano ostili alla politica dei blocchi, agli armamenti e alla guerra, non si lascino corrompere quando giungeranno loro al potere, e che infine possa giungere il momento della vera solidarietà e della
vera cooperazione internazionale.
Il “colpo,, di Sadat
Da quanto i giornali delle varie tendenze hanno riferito in merito alla recente crisi egiziana, che ha visto Sadat prevalere, si può arguire che i motivi di base siano due: innanzi tutto,
si è certamente trattato di questioni dj
potere personale e, secondariamente,
di divergenze sul come condurre e portare avanti la lotta per la liberazione
dei territori occupati e tutt’ora saldamente in mano agli israeliani. Mentre
la fazione sconfitta sarebbe stata favorevole ad una ripresa dell’uso delle armi, tramite un più massiccio aiuto
russo, Sadat pare più favorevole a
strumenti essenzialmente politici e diplomatici. Che si tratti comunque di
una vittoria della « destra » sulla « si
nistra » pare cosa innegabile, non fosse che per la soddisfazione degli Stati
Uniti e per la malcelata irritazione
dell’Unione Sovietica.
Comunque sia, per quanto è dato di
saperne fin d’ora, Sadat ha provveduto
a energiche « purghe » che delineano
giorno per giorno sempre più chiaramente le caratteristiche di un vero e
proprio colpo di Stato, giustificato da
un presunto complotto. Altro che
« tempesta in un bicchier d’acqua »
(così è stata definita la cosa dallo stesso Sadat). È in corso un radicale avvicendamento forzoso (con arresti, esili e rnesse a riposo) a partire dagli alti uffici statali, all’esercito, ai gruppi
politici, ai mezzi di diffusione. I principali ministri e responsabili dell’Unione socialista araba epurati sono stati
assegnati ai bagni penali di Abu Zaabal, riservati ai criminali recidivi e un
certo numero di esponenti del movimento socialista giovanile è stato posto a residenza coatta. Radicali epurazioni sono avvenute alla radiotelevisione e nella stampa ove sono state formulate accuse che comportano incriminazioni di reati comuni (furto, appropriazione indebita, ecc.)
Per quanto particolarmente riguarda la politica relativa alla crisi del Medio Oriente, Sadat è certamente con
scio che l'esercito che lo ha appoggiato
nel suo colpo e tutta l’opinione pubbliapplaude - gli si rivolterebbero qualora egli non riuscisse, in
un ragionevole limite di tempo, a giungere ad un regolamento pacifico. Di
questo si ha una prova allorché egli ha
dichiarato che se non fosse possibile
giungere ad una soluzione politica, Sara senz’altro pronto « se necessario » a
liberare i territori occupati colla guerra.
Frattanto, mentre vengono man mano rivelati particolari sul complotto e
mentre la stampa sottolinea l’amicizia
coll’Unione Sovietica e il ruolo che essa svolge di fedele alleata in difesa
della RAU, Sadat ha trasmesso a Washington un messaggio che chiede agli
Stati Uniti di esprimere in modo
« chiaro e netto » il loro atteggiamento e di esercitare una « forte pressione su Israele »: segno evidente — comrnenta il New York Times — del suo
disperato bisogno di trovare a breve
scadenza un’alternativa all’impasse
della situazione.
Sapranno Washington e soprattutto
Israele cogliere questo momento? Fino
ad ora l’atteggiamento di Tel Aviv non
pare molto ammorbidito e incoraggiante.
Roberto Peyrot
Se Ignazio di Loyola vedesse...
Contestazione anche alla "Greyoriana
Come alla Cattolica di Milano, gli studenti dell’ateneo gesuita rifiutano
«una università clericale classista,, mentre la maggioranza dei docenti resistono alla « tentazione della facilità »
II
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
L’ARTE DELLA REPRESSIONE
-A- Da un articolo del prof. Giovanni
Conso, illustre giurista, su « La Stampa » del 23 c., apprendiamo che un contadino sardo, di nome Vargin, ingiustamente accusato di rapine, è stato rirnesso in libertà dopo 21 anni di detenzione quasi interamente trascorsi in un
manicomio criminale. Chi credesse essersi trattato d’un comune errore giudiziario e lo volesse perciò minimizzare
(tutti possiamo sbagliare, purché... non
troppo frequentemente!), sarebbe fuori
strada. Si tratta invece di lentezza burocratica (I), dovuta principalmente a
norme di legge difettose (in sostanza
all’art. 88 del codice di procedura penale), tanto più difettose in quanto il Vargin non solo era assolutamente estraneo al fatto addebitatogli, ma addirittura non era stato sottoposto ad alcuna condanna di ciò è che il Vargin non
avrà neppure alcun diritto a risarcimenti da parte dello Stato!
« Ma, in un certo senso, anche questo può chiamarsi un “errore” », obietterà qualcuno. Ebbene sono frequenti
casi analoghi, anche se meno gravi (ma
come se ne misura la «gravità»?!), in
cui proprio di « errori » non si può parlare. Sono i casi in cui gli arresti e le
detenzioni son fatti ad arte, con pretesti più o meno futili, ma allo scopo recondito di togliere dalla circolazione individui ritenuti politicamente (naturalmente si preferisce dire: « socialmente ») pericolosi. Da un articolo di Angiolo Bandinelli su « L’Astrolabio » del
9 c., togliamo il seguente racconto con
relativo commento.
« “Sono stato dentro otto mesi; mi
son fatto un paio di carceri, sballottato
qua e là senza sapere perché. La mia
ragazza fu rilasciata immediatamente,
riconosciuta innocente. Anch’io mi sono
protestato innocente, ma a me non hanno voluto credere. Poi, dopo otto mesi,
mi hanno messo fuori, rilasciato, prosciolto in istruttoria, dunque anch’io
innocente. Ma gli otto mesi me li ero
fatti". Il racconto è di un capellone,
giovane, un po’ curvo, ironico. La sua
avventura è banale: essa è cioè fin
troppo, forse, usuale. Il ragazzo viene
fermato in una città del nord, in compagnia della ragazza, e di alcuni amici,
anch’essi non propriamente regolari
nella professione e nel comportamento.
Gli frugano nelle carabattole e negli
stracci, suo corredo di nomade: trovano (pare) alcune réclames di prodotti
più o meno allucinogeni. Ma è sufficiente per spedirlo dentro, in attesa di giudizio; un giudizio che, dopo otto mesi,
neppure è necessario, perché le prove
non sono sufficienti. “Ma, vedi (continua il racconto), in carcere vengo a sapere che sono SOCIALMENTE PERICOLOSO, in contatto con centri e ambienti sovversivi”.
« “Quanta gente hai incontrato, come
te, dentro?” “Difficile fare i conti. A
Udine, mi sembra, ce n’erano una diecina, a Venezia pare una cinquantina.
Ma li trasferiscono, non stai mai fermo
troppo tempo. Come fare qualche calcolo?" Stando al ragazzo il blocco è
più rigido nelle città e cittadine più o
meno vicine alla frontiera: lì il capellone è improbabile che la scampi. Secondo voci, a Roma si parla di duecento in carcere per detenzione, uso o
commercio di droga. Come fare ad ottenere dati precisi, per valutare l’esatta rilevanza sociale del fenomeno? In
im’intervista, Marcello De Bellis, ispettore generale al ministero di grazia e
giustizia, ha affermato che solo “con
approssimazione" si può venire a sapere quanti siano i detenuti nelle carceri italiane. Si sono avanzate 'ipotesi.
Si parla di cinquecento detenuti complessivamente, tra imputati e condannati, per questi reati. Ma quanti sono
in attesa di processo, quanti i colpe
voli accertati? Quanti, tra condannati
e in attesa, sono i consumatori di pochi
grarnmi, che hanno giocato ai giochi
proibiti della sigaretta, e quanti gli
spacciatori, i gangster autentici, spacciatori di droghe “pesanti”, la cocaina,
l’eroina, e simili? E come viene utilizzato, anche in questi casi, il meccanisrno del carcere preventivo? Si tratta
di questioni e di differenze essenziali,
ma su cui è impossibile gettare un po’
di luce.
« Se il racconto del ragazzo è suscettibile di generalizzazione) appare chiaro che la “disfunzione” della giustizia è
ancora una volta l’artifìcio, falsamente
tecnico, in realtà “funzionale” a mantenere un clima d’intimidazione e di ricatto sociale. I 500 in carcere sono, tra
l’altro, d’ordinario persone indifese,
praticamente sole, abbandonate ad
ogni arbitrio, ad ogni violenza. Difficilmente, e solo per caso, l’avvocato “democratico” assume la loro difesa, accetta un onere quasi sempre gratuito e
sempre seccante. Sulle spalle d’una simile corte dei miracoli di disadattati
sociali, però, è facile imbastire campagne di stampa, orchestrare il potenziarnento all’apparato poliziesco e giudiziario, da dirigere poi ad altri fini: non
si combatte, così facendo, una “velenosa insidia” (come si è espresso Saviotti
all’apertura dell’anno giudiziario a Roma) dilagante oltre ogni limite, in tutti
gli strati della società?
« Come opporsi a tanto buon senso,
a tanta preoccupazione umana e sociale? ».
IDILLIO DANESE
« Il comune di Lyngby (65.000 abitanti), il cui nome significa “città delle
nebbie”, è certamente ricco. Esso
s’inorgoglisce d’un imponente insieme
di scuole, di stadi e di piscine, d’ospedali, di case di riposo, d’istituzioni sociali d’ogni tipo (...) “In Danimarca,
nessuno è disoccupato, nessuno ha fame, nessuno è senza tetto né focolare,
tutti hanno le stesse possibilità d’accesso al sapere e alla bellezza”, assicura
il borgomastro (il sig. Fenneberg che
conta, nella sua carica, soltanto quattro predecessori in poco meno d’un secolo e mezzo), pur lagnandosi, come
tutti i sindaci del mondo, della tirchieria e dell’autorità pignola dello Stato.
Il paradiso, dunque? Il paese della vita
felice? Ma conoscono i danesi la loro
felicità? (...)
« Qui la democrazia, l’uguaglianza, la
libertà sono parole-chiave, anzi sono
delle realtà. E intanto non si finisce di
meravigliarci che un ministro della giustizia, cristiano praticante, padre di famiglia, ex-magistrato, buono ed austero, sia l’autore della legge che abolisce
ogni censura e che dà via libera al dilagare della pornografia. La parola d’ordine è "sdrammatizzare la sessualità”,
subito dopo viene l’altra: “liberalizzare
l’aborto” (...) Dieci altri provvedimenti
o decisioni dello stesso tipo si delincano all’orizzonte con la massima naturalezza.
« Certo non tutto è ancora perfetto
in Danimarca: l’accanimento delle organizzazioni femminili militanti, e le
sfide lanciate alla società da coloro che
si preferisce chiamare “attivisti" piuttosto che “contestatori di sinistra”, dicono che molti problemi restano ancora aperti ».
(Da un articolo di P. Viansson-Ponté
su « Le Monde » del 19-5-1971).
Direttore responsabile: Gino Conte
Roma (aclista). - « ... assoluto rifiuto di una
soluzione del problema finanziario dell’università che gravi sugli studenti nel modo delle
proposte avanzate. Questo nostro rifiuto è motivato dal fatto che dalle decisioni su questo
problema dipende la configurazione futura della nostra università. Si rischia di escludere da
essa i laici e di operare discriminazioni economiche, fra studenti e fra Paesi, col risultato di
dar vita a una università clericale classista,
l er questo chiediamo che ogni decisione sia
rimandata di almeno un anno, in cui si cercherà effettivamente, sotto il controllo di una
commissione mista professori-studenti, uno
sbocco in altre direzioni, tenendo conto delle
scelte di fondo implicate ». Questo appello, che
porta la firma di 500 studenti e di alcuni professori e che trae le mosse dal notevole aumento delle tasse universitarie, è stata la
scintilla che ha provocato anche nell’università cattolica <c Gregoriana ». la prestigiosa uni^rsità di Ignazio di Loyola considerata la
Harvard della Chiesa cattolica, l’inizio della
contestazione di massa: sit-in nel cortile interno, agitazione nelle varie aule, comitati di
attivisti, il più importante dei qnali si fa chiamare « 18 marzo », forse per allacciarsi alla
tradizione di lotta che coinvolse tempo addietro l’università cattolica di Milano.
La (c Gregoriana » non è, però, una qualsiasi università; anche se Roma annovera una
decina di queste università — la Lateranense,
la Urhaniana « de propaganda fide », la S.
Tommaso d’Aquino (dei domenicani), Fate-^
?f°. f (dei benedettini), l’Antoniana
(dei irati minori francescani), l’ateneo salesiano (di cui sono ancor vivi i recenti moti studenteschi e i « casi » di don Tutte e don Girardi) la facoltà teologica di S. Bonaventura
(dei frati minori conventuali), la facoltà teologica dei santi Teresa di Gesù e Giovanni
della Croce (dei carmelitani scalzi) e « Marianum » (dei servi di Maria) — la «Gregoriana » è la più prestigiosa università poiché ¡juò
vantare fra i suoi laureati 600 vescovi, 35
cardinali e l’attuale papa e i licenziati dell’università rappresentano oltre un quarto degli
alti gradi della gerarchia ecclesiastica.
La reazione delle autorità alle agitazioni degli studenti è stata improntata alla massima
durerà (« Se cedessimo alla tentazione della
facilità comprometteremmo gravemente l'avvenire della chiesa » avrebbe detto un decano gesuita), ma finora i risultati sono stati
piuttosto scarsi : i duemila e passa studenti
della « Gregoriana » (tra religiosi e laici, uomini e donne che provengono da circa 80 nazioni, e che solo in piccola parte sono gesuiti) vogliono la riduzione delle tasse e una
maggiore vita democratica all’interno dell’ateneo (il « Consiglio generale studentesco » esistente viene ritenuto un organo che svolge
mansioni pompieristiche per conto delle autorità accademiche) e avere maggiore responsabilità nella preparazione dei programmi per
la « loro » formazione.
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IN ITALIA
Ancora processi agli obienori di coscienza
Il 7 maggio dopo cinque ore di processo è
stato condannato per la seconda volta dal Tribunale Militare di Verona Tobiettore di coscienza cattolico Enzo Melegari. La pena inflitta è di cinque mesi di carcere senza la
condizionale. Il collegio di difesa era composto
dall avvocato Squassabia di Verona e dai parlamentari democristiani Fracanzani di Padova e De Poli di Treviso. Il Tribunale ha respinto le due eccezioni di incostituzionalità.
Le sere precedenti il processo hanno avuto
luogo importanti manifestazioni locali in favore di Enzo Melegari davanti alle carceri militari di Peschiera e al Tribunale Militare di
\erona. A Roma in piazza S. Pietro è stata
sciolta dalla polizia una tentata manifestazione
di solidarietà con Enzo Melegari. Due partecipanti sono stati fermati.
jÌl Consiglio comunale di Verona ha fatto
la'raccomandazione seguente al Sindaco, presentata dai democristiani Stirelli e Tarcisio e
^Ìpogglata dai socialproletari Danella e De
Gjtandis: all Consiglio Comunale in relazio
alVavvenuta carcerazione preventiva del
(giovane Enzo Melegari,, obiettore di coscienordinata per la seconda volta dalla procura
tiilitare secondo un interpretazione rigida e
restrittiva di norme che già appaiono nella vicina prospettiva suscettibili di modificazione
nell atteso intervento del Parlamento impegnato sulVapprovazione del Servizio Civile,
chiedono al Sindaco di raccomandare alle autorità competenti Vapprovazione della legge
, sulla obiezione di coscienza ».
Questa raccomandazione è stata votata all’unanimità da tutto il consiglio comunale e
dai rappresentanti di tutti i partiti incluse le
destre (il consigliere liberale e il missino hanno aderito a titolo personale).
Dalla Dichiarazione
di Enzo Melegari
Tra poco dovrei ritornare in prigione. Alcuni pensano che non dovrei ritornare o cercare in qualche modo di evitare la chiamata
alle armi. Io invece voglio andare in prigione
subito perché:
1) Il problema è politico e morale.
2) Il numero degli obiettori è determinante per quello che riguarda la sollecitudine
da parte del Parlamento nella soluzione del
problema.
3) Bisogna demitizzare il tradizionale terrore che la gente ha del carcere, terrore che
non deve avere se vuol portare avanti la lotta
nonviolenta.
4) Bisogna far pesare chiaramente sul tribunale militare e sulTautorità militare in genere. oltre che sul Parlamento, tutta la responsabilità politica e morale di una interpretazione sostanzialmente reazionaria della costituzione.
5) Finché ci sono obiettori in carcere
(circa 150 adesso) da un punto di vista morale,
non mi sento di starmene fuori.
6) Mi sembra che tutte le difficoltà siano
non solo previste, ma scontate fin da quando
abbiamo incominciato la nostra azione.
valore morale e civile, che però sono state respinte. Il tribunale si è rifiutato di ascoltare
come (unico) testimone il parroco di Macerone, Don Pino Zoffoli.
La decisione del giovane Massimo si è venuta maturando attraverso una attiva partecipazione ai problemi della vita quotidiana e
1 approfondimento del Vangelo e dei principi
cristiani.
I motivi religiosi che sono alla base della
sua obiezione sono stati chiariti alla popolazione di Macerone (il paese di Massimo) in una
conferenza, tenuta il 3 aprile, a cui ha partecipato anche il prof. Fabrizio Fabbrini.
(ÌSotizie M.LR.)
Elezioni
nella Corea del Sud
Si sono recentemente svolte le elezioni presidenziali nella Corea del Sud,
che, come si sa, è protetta da 50 mila
soldati americani.
Ha vinto ancora il generale Park
Chung, contro una debole opposizione.
Ad ogni buon conto, a scanso di sorprese, il giorno dello scrutinio duecento mila soldati erano in stato di allarme, col pretesto di uno schieramento
di forze comuniste al 38° parallelo. In
effetti i militari erano pronti ad intervenire qualora il responso delle urne
avesse condannato il regime (come informa uno degli ultimi servizi di A. Di
Nola, giornalista de « La Stampa »,
morto pochi giorni fa improvvisamente).
Frattanto si ha notizia che trentuno
soldati americani sono stati arrestati il
17 maggio (« Le Monde » del 19/5) a
Seul dalla polizia sudcoreana durante
una manifestazione contro la guerra nel
Vietnam. Essi sono stati poi consegnati
alla polizia americana. Si tratta della
prima manifestazione pacifista organizzata dai soldati degli Stati Uniti nella
Corea del Sud.
I manifestanti erano in borghese e
portavano dei bracciali di lutto. Erano
accompagnati da giovani donne americane e coreane. L’intervento della polizia di Seul è stato giustificato dal divieto fatto agli americani di raggiungere il centro della capitale.
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. • Torre Pellice (Torino)
Il Tribunale Militare di Roma il 10 maggio II. s. ha condannato a sei mesi di carcere
senza i benefici della condizionale e al pagamento delle spese processuali Massimo Scarpellini di 22 anni, per aver rifiutato di indossare la divisa militare per motivi di coscienza.
La condanna emessa dal Tribunale di Roma (presieduto dal generale Carmine) è una
delle più dure che si sono avute negli ultimi
tempi per casi analoghi. Il processo è durato
due ore: il P. M., colonnello Scandurra, ha
chiesto la pena di dieci mesi, mentre il difensore, avv. Roscioni, ha domandato alla Corte
il minimo della pena prevista dalla legge e le
attenuanti generiche e quelle per particolare
Diviso in due il Consiglio
cecoslovacco delle Chiese
Il decentramento amministrativo che si sta
realizzando in Cecoslovacchia fin dal tempo di
Dubeek ha portato una conseguenza anche nella vita delle chiese: il Consiglio ecumenico
delle Chiese della Cecoslovacchia è stato sciolto e al suo po.sto sono subentrati due organismi consimili, uno per la Slovacchia e Taltro
per la Boemia e Moravia. Non si tratta, secondo le informazioni ufficiali, di un ostacolo
alla collaborazione fra le chiese delle due parti del pae.se. Non si può tuttavia non rilevare
il fatto che il Consiglio ecumenico delle Chiese della Cecoslovacchia era stato costituito nel
1954 per impulso del prof. Hromadka e che
anch’esso, come molte altre cose dovute al
teologo ceco, è ora caduto in disgrazia.
(da n Nuovi tempi x>)