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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
rulìzxo u'amnociaxio.\e:
(i dumieilio)
Torino, per un anno L. 0,00 L.7,00
— per sei mesi » 4,00 « 4,50
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai conlini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
AiiSsiovTÌÌ t?i iv Ì'jÌKA
SojjuoDtIo la verità nella cartlii
lÌPKS. IV. Vò.
La Direzione della liUOiNA NOVELLA è
in Torino. casa Bellora, a capo del Viale
del Ue, N ’12, piano 3”.
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERRA,
contrada Nuova in Torino.
Gli Associali delle Proviìicie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alta Direziom.
1 Confessori dì G. C. in Italia, GoleììZZO Ciir£ICCÌolo L —11 cattolicisiuo ed il CtlMo*
lico. ^Lettere intorno allo Spirito religioso in Italia. ~ Un* mcora^na del Cai'
tolfco.-' Notizie ReligioHS. Gronaoheita,
I COM-ESSORI DI G. C. l\ ITALIA NEL SECOLO XVI
——<>aleazzo tlaracciolo.
I.
Gli ostacoli che Galeazzo Caracciolo seppe affroDlare e vincere per
abbracciare il Vangelo; il coraggio
ch’egli ebbe di confessarlo malgrado
le persecuzioni e le sciagure che attirava sul suo capo; la fermezza nel
resistere agli assalti d’ogni genere che
furon mossi contro di lui per farlo
ricadere nel fango della superstizione
u dcH’erroro da cui la grazia di Dio
lo aveva sollevato; le belle opere infine che illustrarono i suoi giorni,
empiono 1’ animo di meraviglia a
chiunque legga la storia di tanto uomo. La sua vita può dirsi una catena
non interrotla di travagli sostenuti,
con mirabile eroismo, per la divina
idea di cui fu seguace ed apostolo,
un esempio di virtù straordinaria, una
prova di quanto possa negli umani
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petLl la religione. — Tutta Europa fu
piena del suo nome, e conimossa dal
gran sacrificio ch’egli fece de’ suoi affetti, de’ suoi piaceri, di tutto se stesso
per la fede nel Vangelo e per la gloria di Cristo.
Di lui a lungo parla, e con lode,
nelle sue storie, l’insigne e sfortunato
Giannone; altri ne scrissero più diffusamente; e noi, volendo proporlo
a’ nostri leltori qual modello di evangelica pietà, scriveremo anche noi di
Uuleazzo Caracciolo, proponendoci di
farlo brevemente, senza fiori di locuzione e senza sfoggio di riflessioni e
dottrine, bastando i soli fatti ad ispirare in chi legge attenzione, interesse
ed utili ammaestramenti.
Galeazzo Caracciolo nacque in Napoli, nel 1517, da illustre famiglia.
Suo padre Colantonio, marchese di
Vico, esercitava un allo ufficio in
quella vasta metropoli, ed era assai
noto e accetto all’imperatore Carlo V.
Ne meno cospicuo era il casato di sua
madre, discendente da' nobili Caraffa
e nipote di quel Giovan Pietro,'che poi
ciuse la tiara sotto il nome di Paolo IV.
Unico figlio, unica speranza di così
insigne famiglia, giunto appena a 20
anni, Galeazzo fu accoppialo a donna
Vittoria figlia del duca di Nocera, che
gli portò ricca dote, e poi lo fece padre di quattro figliuoli, de’ quali uno
gli premorì.
Ancora giovinetto fu presentato all’imperatore che gli fu largo di amorevolezza e di favori, e in qualità di
gentiluomo della chiave d'oro lo tenne
seco nella Corte, di cui Galeazzo divenne in breve tempo il migliore ornamento.
Dopo alcuni anni rivedea la sua
patria, dove fra’ principali gentiluomini godea di molta stima ed onore.
Così nel fiore degli anni, non ancora
tocco dallepungenti spine delle umane
sciagure, fra gli agi e gli onori, con
un brillante avvenire d’innanzi, il suo
stato era degno di appagare gli animi
più ambiziosi e superbi. — Ma ben
altro avvenire e, ben altre glorie gli
preparava il Signore.
Galeazzo nou s’era sino allora occupato seriamente di religione; nato
cattolico, cresciuto, educato cattolicamente, alla foggia romana, come
succede con tanti altri, giunto a una
certa età, la religione non avendo attrattive per lui, occupava l’ultimo dei
suoi pensieri, e non si manifestava
che per gli atti pratici che erano il
frutto dell’abitudiné e delia educaiione.
Il primo a fargli balenare nella
mente qualche serio pensiero sulla religione fu il nobile Giovan Francesco
Caserta, suo consanguineo e discepolo
del celebre Valdes. E siccome bisognava distruggere in lui l’opera di
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una falsa educazione, la quale sarebbe
stala sempre d’inciampo alla edifteazione della nuova fede; quindi il Caserta stimò opportuno di scuotere l’anirno di Galeazzo, facendogli rimarcare
gli abusi e la corruzione della Corte
romana, sottoponendo ad esame tutte
le superstizioni del papismo, l’ipocrisia che vi tenea luogo di devozione
e di fede, la volontà degli uomini, sedicenti sacerdoti, anteposta alla legge
di Dio, gl’interessi del mondo mescolati con gl’interessi del cielo, e questi
servire di strumento e di ombra a
quelli, profanando ogni cosa sacra, ed
ogni cosa vile e profana sanliQcando.
Nel tempo stesso il Caserta spargea
nel cuore di Caracciolo i primi germi
della rigenerazione, avviandolo nelle
principali dollrine del Vangelo, e specialmente iu quella della giustificazione, confermandole ad ora ad ora
con massime, esempi e confronti tolti
dalle sacre Scritture. Quando gli parve
in cerio modo preparato il terreno,
volle tentare il maggior colpo, invitandolo ad assistere seco lui a’ sermoni evangelici ili Pietro Martire Vermigli, uomo per la sua dottrina, eloquenza e vila privata celebratissimo.
Pietro Martire in quella tornala
spiegava una delle epistole di s. Paolo
a’ Corinti; e per dimostrare la vanità
dell’inlel letto umano nel giudicar le
cose spirituali, e parimenti l’efflcacia
della divina grazia in coloro ne’ quali
10 spirito del Signore si fa sentire, usò
la seguente similitudine:
— Se alcuno, dicea Pietro Mai'tire,
camminando in campagna, vede du
lungi una moltitudine di uomiui e di
donne saltare intorno come fanno
quelli che danzano, non udendo alcun suono, li avrà per pazzi; ma avvicinandosi e cominciando a sentire
11 suono col quale il ballo è regolato,
non più giudicherà pazzi coloro, mu
egli stesso vi prenderà diletto, e sentirà accendere in se stesso il desiderio
di far parie di quella leggiadra compagnia; del modo stesso gli uomini
che vedono in molti mulazion di vila,
di costumi, di conversazione, a bella
prima reputano quesle cose siccome
tante pazzie, ma quando conversano
più strettamente con quelli, penetra
nel loro cuore il suono dello Spirito
di Dio e della sua parola, comprendono tulli quei cangiamenti, cui avean
credute pazzie, procedere ed essere
regolati da quella divina armonia,
sentono anch’essi commuoversi dal
desiderio d’imitarli, laiche, lasciando
il mondo e le sue vanità, flniscono
per cangiare, al pari degli altri, vita e
costumi. — Quesla bella similitudine,
siccome lo stesso Galeazzo raccontava
sovente a’ suoi più intimi amici, lo
scosse e gli fe’ nascere il desiderio di
ascoltare e leggere e meditare la di-
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vina parola, e conversare con chi
aveva in quei tempi maggior fama di
pietà e di dottrina evangelica ; e ciò
per fare accurato e retto giudicio di
essa'. Egli andava in traccia della verilà, non per mero capriccio, nè per
averne sterile conoscenza, ma bensì
perchè ne avea sete. E questa sete di
verilà, queslo ardente desiderio di trovar Dio dov’egli è realmente, che può
dirsi il principio della conversione,
cominciò a manifestarsi in Galeazzo;
infatti le sue abitudini, le azioni, lo
stesso linguaggio d’allora in poi subirono tal cangiamento che taluni,
attribuendolo ad umore malinconico,
credevano aver lui perduta la ragione,
e ia generale quanti lo conoscevano
ne furono in più sensi maravigliali.
Ma ben altra maraviglia provavano
i veri credenti, maraviglia mista ad
ineffabile gioia, come quelli che discernevano in. quel cangiamento un
nuovo trionfo del Vangelo.
Uno degli illustri uomini cui ricorse
il Caracciolo per avere, pria di abhracciare la riforma, convenienti lumi
e consigli, fu Marco Antonio Flaminio,
celebre per letteratura e pietà, e per
la famosa traduzione del Salterio. Costui, lieto del fausto annunzio, gli
scrisse una lunga e dotta lettera ove
congratulavasi prima con lui del gran
favore di cui Dio lo aveva colmato;
indi esortavalo a guardarsi che i pia
ceri e (jl’inganni delle ricchezze e
dell'ambizione non soffocassero il
seme del Vangelo ch’era stato seminato net di lui cuore^ lo consigliava
a porre ogni diligenza in conservare
il decoro di discepolo di Cristo, siccome per lo addietro avea posto tutto
il suo studio in conservare il decoro
de' cavalieri del mondo ; lo animava
a non curare le calunnie e le derisioni de’ ciechi uomini, e armarsi
coniro di esse di una santa superbia-,
e poi lo arricchiva di consigli pieni di
dottrina e pietà, di cui, per edificazione de’ nostri leggitori, riportiamo
alcuni brani.
« Signor mio colendissimo, preghiamo giorno e notte il nostro Padre
eterno che ci accresca la fede, e la
faccia produrre neU’anima nostra quei
dolcissimi e felicissimi frutti che ella
suol produrre nella buona terra di
tutti i predestinati a vita eterna, acciocché essendo la nostra fede feconda
di buone opere, siamo certi che ella
non è Onta, ma vera; non morta, ma
viva; non umana, ma divina; e per
conseguenza pegno preziosissimo della
nostra felicità.
« Mostriamo che noi siamo legittimi
figliuoli di Dio desiderando sempre
che il suo sanlissimo nome sia glorificato, ed imitando la sua ineffabile
benignila, la quale fa nascere il sole
sopra i buoni e sopra i rei. Adoriamo
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Sua Divina Maestà in ispirilo e verità,
consecrándole il tempio del noslro
cuore, ed oiTerendo in esso le vitiime
spiriluali per Gesù Cristo noslro Signore; anzi, come veri membri di
questo pontefice celeste, facciamo uu
sacrificio della nosira carne, mortificandola e crocifiggendola colle sue
concupiscenze acciocché , morendo
noi, viva lo spirilo di Crislo in noi.
0 Moriamo, signor mio, volentieri
a noi medesimi ed al mondo, acciocché viviamo felicemente a Di(j ed a
Gesù Crislo. Anzi, se siamo vere membra di Cristo, conosciamoci già morti
con Cristo, e risuscitali ed ascesi in
cielo con esso, acciocché la nostra
conversazione sia tulla celeste e si
vegga in noi un eccellentissimo ritrailo
di Cristo, il qual ritratto sarà lanlo
più bello e meraviglioso in noi, quanto
voi siete un signor nobilissimo, ricco
e potente.
« Oh! che giocondo ed insaziabile
spettacolo agli occhi dei veri cristiani,
anzi agli occhi di Dio e di tulti gli
angeli, vedere un pari vostro il quale,
considerando la fragilità della natura
umana e la vanità di tutte le cose
temporali, dica con Cristo: Ego sum
vermis et non homo; e con David
gridi : respicc me cl miserere mei quia
vhìcus et pauper sum ego. Oh veramenle ricco e beato colui che per favor
di Dio perviene a questa povertà spiri
iuale, rinunciando coll’alTello tulle le
cose che egli possiede, cioè la prudenza mondana, le scienze secolari,
le ricchezze, le signorie, i piaceri della
carne, la gloria degli uomini, i favori
delle creature ed ogni confidenza in
se stesso ! Costui diventando, per Cristo, stolto nel mondo ed in mezzo
alle ricchezze, dicendo di cunn!: Panem nostrum qvotidianvm da nobis
hodie, e preponendo l’improperio di
Cristo e le tribolazioni ai piaceri ed
ai favori del mondo, e non volendo
nè altra santità, nè altra giuslizia che
quella che si acquista per Crislo, entra
nel regno di Dio, e tulto ripieno di
gaudio santo, canta co! profeta; <■ il
Signore è mio pastore; nissuna cosa
mi mancherà; egli in luoghi ameni ed
erbosi mi fa riposare, e lungo le acque
del refrigerio mi conduce ».
<1 0 signor mio, pregale diconlinuo
il Signore Iddio che vi dia lanla cognizione della nosira bassezza temporale, e della incomprensibile potenza
di Dio, che insieme con queslo gran
He vi umiliate daddovero sollo la potente mano di sua divina Maestà, lasciando a Dio tutta la gloria, tutta la
potenza per ricevere da Dio i beati
doni della grazia sua, la quale egli
comunica solamenle agli umili, lasciandone vacui I superbi. Queste parole dice il Signore presso Geremia:
« Non si glorii il savio nella sapienza
6
sua, nè si glorii il forte nella sua fortezza; ma chi si gloria, si glorii nel
Signore, il quale esercita la misericordia e la giustizia in terra, perciocché queste cose a me piacciono, dice
il Signore-».
0 Se dunque vi volete gloriare, non
vi gloriate , come fanno coloro che
hanno gli animi vili e plebei, nelle
ricchezze e nella nobiltà carnale. Si
glorii in queste cose vilissime e vanissime colui che vive nel regno della
carne e del peccato; ma voi che siele
entrato nel regno di Dio, gloriatevi
che il vostro Dio abbia usato con voi
la sua misericordia, illuminando le
vostre tenebre, facendovi conoscere la
sua bontà, facendovi di figliuolo d’ira,
figliuolo suo; di vilissimo servo del
peccato , nobilissimo cittadino del
cielo; donandovi finalmente il suo
Unigenito Figliuolo GesCi Crislo, ed
ogni cosa con lui ; di maniera che,
come dice s. Paolo: « Il mondo, la
vita, la morte, le cose presenti e le
future, ed ogni cosa, è vosira in Cristo
e per Crislo, unica felicità dell’anima
vostra ».
H Questa sorte di gloriazione si conviene ai cristiani, perlaquale si esalta
la misericordia di Dio e si annichila
la superbia umana, la quale s’innalza
coniro lacognizionediDio, volendo gloriarsi e confidare in se medesima. Queta gloriazione ci fa umili nelle gran
dezze,modesti nelle prosperità,pazienti
nelle avversità, forti nei pericoli, benefici verso ognuno, slabi li nella speranza,,
ferventi nell’orazione, pieni dell’amor
di Dio, vacui dell’amore immoderalo di
noi medesimi e delle cose del mondo:
e finalmente veri imitatori di Cristo,
nella quale imitazione dobbiamo mettere lutto il nostro studio, riputando
ogni altro studio rispetto a questo superfluo e vano ».
Ma non tardarono a tormentarlo
le. derisioni e le calunnie di quanti lo
conoscevano, nè l’indegnazione e l’ira
del vecchio genitore, il quale da una
parte vedea delusa l’ambizione di accrescere, per mezzo di Galeazzo, il lustro e la potenza della sua famiglia;
e d’altra parte, attaccato com’era alle
romane superstizioni, cui chiamava
religion de’ padri suoi, considerava la
fede evangelica del figlio siccome una
colpevole apostasia; dovette resisterò
alle continue querele della tenera moglie che non sapeva accomodarsi a
questo cangiamento di fede, dal quale,
nella sua ignoranza, si aspettava infamia pel marito, per sè, pe’ figli
suoi; dovette soffocare nel suo giovane
cuore la voce delle umane cupidigie,
l’ambizione di quel brillante avvenire
tanto vagheggiato dalla sua fervida
fantasia; gli fu d’uopo resistere al dolore di dispiacere al padre, alia moglie,
alla famiglia, di allontanarsi dagli
7
amici e congiunti, di rinunziare alle
antiche aderenze e alla carica onorevole che occupava in Corte; nè tardarono in fine a schierarglisi innanzi
i rigori e le punizioni di Roma, i roghi accesi, i patiboli innalzali dal
sant’Ulfizio coniro coloro che la fede
evangelica abbracciavano ; fu grande
e crudele la lolla sorta nel suo cuore
fra lanli e cosi diversi affetti; ma egli
con rara fermezza seppe comprimere
quelli che miravano a stornare il suo
pietoso divisamenlo; e la voce del
Vangelo in lui prevalse alja voce del
mondo. {Continua).
llj CATTOlilClì^lUO
ED IL CATTOLICO.
III.
Il Callolico continuando a tradurre la
risposta del sig. Leo ch’egli chiama « il
più celebre scrittore d’Alemagna fra i protestanti », lo fa parlare così : — « Egli
.< (ravversario), si occupa di una chiesa
n cattolica che non fa uso che di esteriori
« penitenze per la remissione dei peccati;
« quella che io conosco domanda, egli è
" vero, una penitenza esteriore, ma' sola« mente in quanto deve essere l’espresII sione delio spirito di penitenza, e di
Il niun valore dichiara ogni penitenza pu« ramente esteriore mancante della caritù,
n e senza ta fede ». —La chiesa cattolica
che dice di conoscere il sig. Leo non è
sicuramente la chiesa romana, la quale insegna che le penitenze esteriori, anche
senza ìa-carilà, sono valevoli per la rimessione dei peccali. Per non dilungarci so
verchiameole non addurremo le testimonianze dei sommi teologi romani, raa
solo ci contenteremo di addurre alcuni
documenti tratti dai libri ofTiciali, e dalla
dottrinadominatica della chiesa di Roma.
Ci fornirebbe ampia materia al nostro
dire il Breviario romano, il quale nelle
sue leggende dichiarale centinaia di volte
che I santi con le loro penitenze hanno
placata la divina giustizia, e soddisfatto
per i loro peccati, e per gli altrui ancora:
ma in quanto ai libri oflìciali ci limitiamo
al Rituale romano nella formula dell’assoluzionc sacramentale, uella quale il prete
dice al penitente che assolve, così: —
« La passione del Signor nostro Gesù
!• Cristo, 1 meriti della B. V. Maria, e di
II tulti i santi, tutto quello che farai di
«bene, e sopporterai di male, ti sieno in
K remissiom dei peccali, in aumento di
« grazia, cd in premio di vita eterna».—
Potremmo addurre la dottrina del cajio
IX, sess. XIV del Concilio di Trento, ed
i canoni XII, Xlll, XIV, XV della stessa
sessione per dimostrare cbe la dottrina
della chiesa romana insegna che le penitenze esteriori servono per la remissione
dei peccati, ma per brevità ce ne asteniamo contenti di averla indicata acciò il
leltore che volesse convincersene possa
riscontrarla.
Ci si potrà dire che quesla penitenza
non esclude, ma anzi inchiude la carità.
Ebbene, venga iu nostro aiuto la dottrina
dommalica della chiesa romana espressa
nella celebre bolla Unigenitus, che forse
il sig. Leo non ha mai letta, altrimenti
non avrebbe potuto dire quello che ha
detto. Citeremo dunque alcune delle proposizioni condannate in codesta celebre
bolla, iv condannata la .seguente proposi-
8
- m —
«ione che è la tó. — n Non règnaodo più
« nel cuore del peccatore l’amore di Dio,
ri è necessario che vi regni la carnale cu« pidigia, che ne corrompa tulle le azioII ni ». — Condannando la chiesa romana
una tale dottrina sostiene che le azioni
fatte senza l’amor di Dio sono buone. La
proposizione 47 dice che: — « Quando la
<1 caritii è il principio delle azioni allora
« sono buone, altrimenti non sono che
« ipocrisia e falsa giustizia «. — Essendo
questa proposizione condannata, ne viene
per conseguenza che la chiesa romana insegni cbe le opere che non procedono
dalla carità sono buone, e sono vera giustizia. — « Cosa altro noi possiamo es« sere, dice la proposizione 48, senza
« il lume della fede, senza Cristo, e seoza
« la carilà, se nonché tenebre, abberra« zione e peccato? » — La chiesa dunque
che condanna una lale proposizione insegna che senza fede, senza Cristo, senza
caritii possiamo essere luce, dirittura, ed
operare il bene. — « Siccome, dice la
« proposizione 49, non vi è peccalo senza
« amor proprio, così non vi è opera buona
<1 senza amor di Dio ». — Condannala
dommaticamente questa proposizione, la
dottrina |contraria diviene vera, che vi
SODO opere buone senza amor di Dio. —
« La fede, dice la proposizione SI,
« giustifica allorché opera, ma essa non
« opera se non per la carilà » — Ewj
dunque nella chiesa romana una fede cbe
giustifica senza operare, ed opera senza
la carilà. — « La sola carità, dice la
« proposizione 53, fa le azioni cristiane
« in modo cristiano per relazione a Dio,
<t ed a Gesù Cristo ». — Ma questa dottrina essendo condannala, ne siegue cbe
vi sono azioni cristiane senza caritfl.*—
« Dio non corona che In carila, dice la
n proposizione 35; chiunque corre per
« altro Impulso, o per allro motivo corre
«invano». — Eia chiesa romana condannando una tale dottrina insegna che
si può correre elTicaceniente senza la carilà. —> Dove non ècarità », dice la proli posizione 58, non è nè Dio nè reli« gione ». — E Clemente Xl condannando infallibilmenle quesla dollrina ha
stabilito che nella sua chiesa vi deve essere e Dio e religione senza la carità. —
Il Chiunque vuole avvicinarsi a Dio, non
« deve andare a lui con brutali passioni,
« nè esservi condoUo daH’islinlo naturale,
« o per timóre siccome le bestie, ma per
« la fede e per l’amore siccome un figlio».
— .\nche quesla proposizione è dall’ infallibile Clemente condannata, ed in conseguenza approvata la dottrina‘oppo-Kta.
Dopo tulto ciò venga il sig. Leo a dichiarare che la chiesa cattolica eh’ egli conosce « dichiara di niun valore ogni penili (enza puramente esteriore mancante
Il della carilà e della fede ».
Noi dunque abbiam provato che esìste
uua chiesa caltolica quale la dipinge l’avversario del sig. Leo, e lo abbiamo provato con documenti ufficiali, ai quali i
panegiristi del sig. Leo, i rev. del Cat/olico bisogna che facciano di berretta: è
giocoforza dunque che il sig. Leo venga
alla sua conclusione, che egli pone in
questi termini:— « Se adunque esili stesse una chiesa caltolica quale il mio
» avversario la dipinge, io mi unirei a lui
II per dire che essa è veramente I’ Ami
li crislo ». — Si unisca o non si ufiisca
al suo avversario il sig. Leo, a noi poco
importa, ma prima di parlare della dottrina di una chiesa consulti la sua lento-
9
— m
gin, studii i suoi lihi'l uflìciali, e non si
creda di conoscere la chiesa romana per
aver lello la esposizione della fede di
Bossuet, capo d'opera di gesuitica malafede.
Noi non sappiamo poi qualificare l’audacia del sig. Leo, e la sfrontatezza del
Catloìico nel pubblicare quanto segue :
« Prelenéereche la Chiesa cattolica proi'« bisca ai suoi aderenti la lettura della
« Bibbia è un calunniarla ». Ma dunque,
0 il dottissimo sig. Leo non conosce le
leggi della Chiesa romana, o egli mentisce come i suoi panegiristi, i reverendi
del Cattolico. Se per poco diffatti il sig.
Leo conoscesse le leggi canoniche, saprebbe che l'imperioso Gregorio IX fece
perii primo vietare la lettura della Bibbia nel concilio di Tolosa nel 1229. Sapreblie che il concilio di Trento nella sessione 18 tenuta il 26 febbraio 1562 ordinò
ad una commissione di fare ua indice dei
libri la cui lettura fosse proibita ai fedeli,
il quale indice non uscì che il 24 marzo
15Gicon una solenne bolla di papa Pio IV.
Se avesse letto questo indice lo avrebbe
veduto preceduto da dieci regole date dal
papa infallibile, ed accettate da tutti i vescovi della chiesa cattolica romana, le
quali formano regola di diritto e cosa giudicata, La quarta di queste regole dice
così : Avendo dimostralo I’ esperienza
« che la lettura dei libri santi accordala
« indistintamente a tutti produce più male
a che bene ecc. » ; passa quindi a dire che
chi ardirà leggere la Bibbia, sebbene tradotta da autori caKolici, senza il permesso « non potrà avere l’assoluzione dei
suoi peccati ».
Trenta anni dopo il santissimo Clemente Vili in im’osservazione da lui ag
giUDla alla suddetta regola IV dichiara
che nè i vescovi, nè gl’inquisitori, nè chi
che sia possa dare licenza di leggere o
di ritenere la Bibbia. Se il sig. Leo avesse
consultato l’indice dei libri proibiti, vi
avrebbe trovala la Bibbia scritta in qualunque idioma volgare, vulgari quocumque idiomate conscripta : vi avrebbe veduto proibilo con decreto del 17 gennaio
1820 il Nuovo Testamento tradotto dall’arcivescovo Antonio Martini.
Il sig. Leo non conosce per nulla la bolla
L^nigenitus: se la conoscesse non oserebbe
dire che è una calunnia lo asserire che la
Chiesa romana vieti la lettura della Bibbia. Papa Clemente XI in quella bolla
dommatica condannò infallibilmente le
seguenti proposizioni :—Proposizione 79:
È cosa utile e necessaria in qualunque
tempo, in qualunque luogo, ed a qualunque sorta di persone il meditare la S.Scrittura, conoscerne lo spirilo, la pietà, imisteri. — Proposizione 80; La lettura della
S. Scrittura è per tutti. — Proposizione
81: L'oscurità santa della parola di Dio
non è una ragione che esima « laici dal
dovere di leggerla. — Proposizione 82; l
cristiani debbono santificare la domenica
con letture pie, e specialmente colla lettura
della Bibbia; è dannoso privare i crisliani
di questa lettura. — Proposizione 81: Togliere dalle mani dei cristiani il Nuovo
Testamento, ovvero tenerlo chiuso per loro,
togliendo loro il mezzo d^intenderlo, è lo
stesso che chiudere la bocca di Gesù Cristo.
— Proposizione 83: Vietare la lettura della
Bibbia, e specialmente quella del Vangelo,
ai crisliani, è un vietar l’uso della luce ai
figli della luce, ed assoggettarli ad una
specie di scomumica. — Queste proposizioni tendenti a provare il diritto e l’oh-
10
bligo dei cristiani di leggere la Bibbia
SODO dalla Cliiesa cattolica dommaticamente condannate: dunque taoto è vero
che essa proibisce la lettura delia Bibbia,
che giunge perfino a condaDoare chi dica
il coDtrario.
I3u altro papa infallibile, Pio VI, nella
sua bolla dommatica ^iucioreni fidei contro
il sinodo di Pistoia condanna la seguente
proposizione che è la 67 : — Non vi è che
l’impotenza che possa scusare dal leggere
la Bibbia. È papa Pio VII che il 29 giugno 1816 ìd un breve indirizzato al vescovo di Gnesen in Polonia, dice che la
lettura della Bibbia è la piti maligna invenzione, una peste, la distruzione della
fede, il maggior penco/o delle anime. E
pochi mesi dopo, cioè il 23 settembre, lo
stesso Pio VII in un breve all’arcivescovo
di Mohilew in Russia rimprovera l’arcivescovo e lo dice divenuto una pietra di
inciampo per il suo popolo, perchè eli
permetteva di leggere la Bibbia. Il papa
Leon^XII nel 1824 in una leltera enciclica , dopo aver richiamato in vigore i
brevi sopracitati, ordina a tulti i vescovi
di allontanare i loro diocesani dalla lettura della Bibbia, ch’egli chiama un pascolo mortale.
Sono troppo note a tutti le bolle di Gregorio XVI e di Pio IX contro la lettura
della Bibbia per non essere conosciute
dal sig. Leo; sono noti in lutti i paesi
cattolici i mandamenti e le pastorali che
ogni giorno escono per parte dei vescovi
onde proibire la -lettura della Bibbia; e
il Cattolico dovrebbe rammentare quanto
egli ha scritto contro la lettura della Bibbia, per non azzardare a venirci a dire
oggi col sig. Leo che la sua Chiesa è calunniala quando le si dice ch’essa proibisce la Bibbia.
Che il sig. Leo dunque esamini profondamente la chiesa cattolica; ma la
s amini nei suoi libri ufficiali, nei concilii, nelle bolle dei papi, e non già nella
esposizione del Bossuet, o nelle conferenze del Cardinal Wiseman, o nei trattali di Newman e di altri puseisti, ed allora vedrà se il torto è dalla sua parte o
da quella del suo avversario. <0
LETTERE
intorno ¡ilio Spirilo Religioso
IN ITALIA.
LETTERA II.
Della natura intima del Cattolicismo
romano.
Qualora si esamini ben addentro l’assetto del Callolicismo non si può in esso
rilevare allro scopo reale che quello di
rendere incontestata l’azione assoluta del
Pontefice e della gerarchia romana. Se
questa verilà la si ricercasse nella Sloria
se ne riscontrerebbe il processo generatore, il quale finirebbe per porla nella più
compiuta e\ idenza. Di ciò mi avverrà forse
di toccarne a rapidi tratti in qualcuiia
delle Leltere che seguiranno. Per ora
come non è un esame storico che io miro
ad istituire, mi basta constatare un dato
esteriore e posto in rilievo dalla serie incontestabile degli avvenimenli, per poter
coll’appoggio dei fatti appurare e cogliere
l’indole vera della dottrina romana, ossia
di quelle cause remote che portarono
come finale risultato una speciale informazione dello spirilo religioso in Italia.
Una volta ammesso quello scopo esterno
e quale appare manifestissimo, s'intende
anche agevolmente la ragione segreta che
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rauove l’organismo di Roma, e comunica
uno speciale carattere alle sue dottrine.
Perchè alla ragione universa della comunione dei credenti si fosse sostituito, io
una stabile maniera, il dominio dell’autorità infallibile di un Capo, conveniva che
esso e la gerarchia, di cui esso è la chiave
che ne chiude la volta, si recassero in
mano la facoltà di spiegare, interpretare
e stabilire la dottrina, e trovassero inoltre
tale un temperamento materiale ed attivo
con cui signoreggiare la coscienza dei
soggetti. Unica interprete giuridica ed
autorevole della fede, arbitra delle coscienze, la Roma pontificale poteva aspirare allu continuazione sull’orbe cattolico
di quel dominio, che la Roma imperiale
avea esercitato sull’orbe pagano. In questa
successione nou avveniva che un trasmutamento di forma per cui il paganesimo
si spiritualizzava.
Di tal guisa per uno strano intervertimento degli eterni principii e delle verità
rivelate l’uomo si usurpava il po'sto della
divinità, dichiarava, per cosi dire, nuovamente decaduta la creatura rigenerata,
proclamava impossibile ed illegittimo il
commercio diretto con Dio, stabiliva la
necessità di un intermediario, condannava
alla servitù di una necessaria ignoranza
l’umana ragione, a cui si contendeva il
diritto di bere al fonte divino, si ravvolgeva nelle nuvole di una strana mistificazione la parola del Verbo, da lui parlala
ai poveri di spirito, ai deboli, alle infime
classi del popolo soffrente. Egli è su queslo intervcrtimento che trova tutto il suo
appoggio raulorità della dottrina romana.
A riEullati si gravi si giungeva specialmente per due mezzi, i quali esercitano
wna vnsta influenza sugli animi di quanli
sono i seguaci del Caltolicismo. Il primo
riposa in una venerazione indiscutibile e
ferma nelle decisioni di Roma, il secondo
in una tendenza alla contemplazione che
dovea trovar luogo naturalmente dove la
ragione veniva di pieno dirilto eliminala.
L’obbedienza cieca e la conlemplazione
sono le due caratterislifhe che distinguono il Caltolicismo da tutte le altre comunioni cristiane le quali più o meno puramente bevono al fonte della verità divina. La fede illuminala e che non dove,
asenso di Paolo rinnegare la ragione, è
ivi compiutamente morta. Alla meditazione sulla parola viva che cerca il vero
schietto e spontaneo (|uale usciva dalle
labbra deH’eterno Maestro, si é sostituita
la tendenza ad ua irragionevole misticismo, che è fomite di superstizione dannosa e di fanatismo crudele. Anziché la
liberazione della coscienza, su cui sta
fondato il principio della responsabilità e
quindi del merito, l’anima nella dottrina
romana trova nuovi e più gravi vincoli
che snaturano la elevazione religiosa e
travisano la morale.
.Su questo generale asservimenlo degli I
animi alienati all’altrui potere Roma stabiliva il principio e firndava il privilegio
giuridico della interpretazione dei libri
sacri con tutte le conseguenze che discendono da così fatta premessa. Secondo essa
il depositario della scienza del cielo è il
solo sacerdote, il quale è destinato per
l'opera sua, e per il possesso esclusivo
della Bibbia a mantenere imperscrutato
il dominio d’un uomo, il quale elevato
alla dignità di semidio regna dai penetrali
inaccessi del Vaticano sul mondo inchinato ad inqualificabile ossc(|uio. Nelle sue
mani la dottrina deH’eterna verilà divtnia
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stromento di signoria terréna ; essa non è
più una luce benefica cbe illumina e eI
irraggia sulla ragione del credente, ma è
impero che s’impone col terrore dell’anatema. Si converte ìd oscurezza d’intelletto, poiché il solo sacerdote può possedere la scienza, la quale non solo più
noD occorre al fedele, ma gli torna perigliosa, non essendogli coDcesso di dicifraroe i sensi e scioglierne i dubhii. A lui
non rimane che la muta venerazione, la
quale si curva e non discute, si esalta,
non pensa, e finisce perdendosi nel fantasma indeterminato d’un’idea alla quale
non può cercare I limiti di ragionevole
fede.
Si percorra l'Italia e si vedrà nel futto
sino a qual punto codesto principio vi
abbia degradati e fatti schiavi gli spiriti,
il invano che si tenterebbe persuadere un
uomo del popolo di una verità, sia pure
convalidata dalla aulorilà della parola di
Cristo 0 de^li Apostoli; egli vi riguarderà
come un impostore od un eretico se egli
per credere alla vostra asserzione ed al
Cristo non potrà riferirsi alla interpretazione comunicatagli dal sacerdote, oracolo vivente a cui per sua maniera d’inlendere la stessa volontà divina è poco
meno che obbediente e soggetta. Nell’individuo per lo contrario in cui non si rinviene questa fede cieca e superstiziosa,
sì trova l'incredulità e la derisione, quasi
atto di liberlà e di forza che egli ostenta
in ' faccia alla temuta autorità del santuario.
Ma questa autorità superiore che il sacerdote si arroga sui fedeli gii potea venire contestala nel segreto; egli dovea
temere il nascosto lavoro della ragione;
|a sua aiilorità si poleva trovare minata
a di lui insaputa, conveniva quindi che
egli avesse una via sempre aperta per discendere negli animi, spiarvi le dubbiezze
della mente ed i nuovi moli del cuore.
Senza queslo interiore dominio il privilegio della dottrina rimaneva compromesso, e l’obbedienza di ragione non era
nè completa nè sicura. Occorreva la confessione, la quale è la vera salvaguardia
deH’aulorità pontificia, il tahsmano del
dominio gerarchico. La confessione per
gli interessi a cui serve è fatta scopo a
se stessa ; tanto è ciò vero che si pose
ogni studio nel renderla meno grave possibile, e nel toglierle tutte le asprezzeche
domanderebbe il fine a cui è in apparenza diretta. Quando il prete ha ottenuto
che un uomo si pieghi a lui genuflesso il
suo scopo è raggiunto; quando per la ri<
velazione egli è disceso nelle più segrete
parti dell’animo egli sente d’aver ottenuto
un pegno che vieppiù l’assicura sul suo
seggio. La confessione si circonda dj
modi blandi e mansueti ; essa è pieghevole ed insinuante ; non s’erge a giudice
severo, masi piega alla facile compassione;
non s’impadronisce degli animi combattendo, ma li vuol suoi lusingando.
Essa può essere considerala come uno
dei molti atti esteriori in cui il sentimento
religioso si pietrifica o trasmoda in una
stermÌData coofideoza in quella che diCODO misericordia divina, e che discioglie
l’uomo dalla necessità d’essere onesto potendo egli ad ogni ora del viver suo purgarsi da una serie indefinita di colpe. Fra
gli Italiani è ragguardalo come un soggetto di basso conto il frequentatore del
prete e del confessionale ; su ciò corrono
dei frequenti molleggi i quali meglio die
ogni altra cosa rivelano la vera condi-
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zione religiosa del paese. Nè ciò dee recar
meraviglia quando una specialità di credenza libera l’individuo dal debito di
istruirsi in più larga sfera cbe al prete
non aggradi, o scema il timore della
colpa e delle sue morali conseguenze davanti a Dio. Nelle classi destinate a vivere del lavoro s’inconira quindi ia Italia
come effetto certo non ultimo delle credenze una più larga ignoranza che non
converrebbe a popolo civile, ed una facilità di trascorrere a certi reati, fra cui
devesi annoverare il furto. Le cifre statistiche non fanno che confermare invincibilmente una tale asserzione.
Tale in breve è la natura intima delle
dottrine propugnate dal romanesimo. Esse
per loro indole non vengono in soccorso
dell’uomo per sollevarlo, ma ne domandano il servaggio perpetuo ; non diffondono lina luce di confidenza nell’animo,
ma lo vogliano soggetto, pauroso ed intollerante ; non santificano la sobria virtù
del lavoro, ma affascinano colle lusinghe
di oziosa contemplazione.
Credereste però chc dalla temuta sua
altezza l'oracolo di Homa si senta perciò
sicuro, si veda circondato di quello spon-,
taneo rispetto che parte dalla interiore
persuasione nella virtù? No: Roma legala al mondo ne raccoglie i danni e Io
sprezzo.
L’Italia per lo spirito religioso presenta
un duplice aspetto che è affatto singolare,
e che mi proverò spiegarvi nella seguente
lettera ; non essendo senza interesse il
conoscere perchè le più contrarie passioni i più opposti moli del cuore concorrano a mantenere in piedi la fede in principii, che dagli stessi uomini si amano e
detestano, si veDcrano e spregiano po
nendo in risalto il più perfetlo antagonismo dell’umana natura.
l^A J!E.\ZOG.\.\ mi CATTOLICO.
Codesto giornale pubblicava nei suo
n“ llO-i un articolo in data di Genova
intitolato; Nuova conquista del protestantismo. È una storiella di non
sappiamo quale giovanella che fu così
scaltra da simulare una santità straordinaria nella età di 6 anni, ma che
poscia si è fatta proleslante perchó
quei pietosi che si affaccendano a protestantìzzare il Piemonte, comprando
le anime a danari contanti, han comperata la conversione al protestantismo
di codesta fanciulla, pagando al padre
di essa tre franchi al giorno. Noi
avremmo polulo, e volevamo traltare
subilo da menlilore il Cattolico per
l’asserzione del danaro; ma non sapendo nulla di una tale conversione
non potevamo uè asserirla, nè smentirla ; ne scrivemmo dunque al noslro
corrispondenle in Genova; che ci rispose in proposito così :
Genova 19 maggio 1855.
Non uso di leggere il Cattolico, e quindi
nulla sapeva deH’arlicolo su cui mi domandi; Nuova conquista del protestantismo nel foglio del 9 correnle. Sappiamo
tutli cbe da più tempo questo giornale
s’udopra a vilipendere e calunniare coloro
che non sono con lui ; e oramai la fazione
clericale ha lanlu bisogna d’ingiuriare e
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calunniare, e se ne serve in tanta copia
che il pubblico dotto e indotto non ci bada
più che lanto. In quanto a noi abbiamo
un altro motivo per non curarcene. Seguaci di Gesù Cristo e degli Apostoli dobbiamo essere vituperati dai Sacerdoti, e
guai a noi se non lo fossimo ! I>a loro lode
ed anche il loro silenzio ci mostrerebbe
poco degni di soffrire per Gesù Cristo, e
divenuti cosi indifl’erenti nel lavoro pel
suo regno da non essere curati dai suoi
nemici. Che Gesù Cristo cresca e che noi
diminuiamo! Ecco la nostra di\isa. La
nostra piccola chiesa qui è tuttodì coperta di calunnie dalla fazione : ci chiamano mascalzoni, protestanti, repubblicanirossi, venditori dell’anima nostra per
danaro, e quindi quella filastrocca di eretici, scomunicati, empi. Or li assicuro
che tutta questa pioggia d’improperii non
fa alcun efletto su noi; ce ne rallegriamo
anzi, e cordialiiieDle preghiamo per coloro che ce li regalano : e v’ ha dei fratelli che ora in un modo ora in un altro
dicono: povera gente! Non sanno quello
che si fanno. Probabilmente saranno in
buona fede, e se nou lo sono, tanto più
bisogna compatirli. Cbe Iddio gl’illumioi,
preghiamo per essi. Chi sa se alcuni di
quegli illusi clericali sapendo come tulte
le famiglie appartenenti alla nostra chiesa
pregano per essi non si porrebbero a studiare con amore, con indulgenza almeno
sesia possibile che il torlo sia loro; chi
sa che non direbbero almeno : come è
possibile che vendano per danaro l’anima
costoro cbe amano così invincibilmente
Gesù Cristo e per lui soffrirebbero, come
han sofferto, e prigione, ed esilio, ed ingiurie !
Ua tutto ciò comprendi che io non bo
nulla a dirti sull’articolo Nuova conquista
del protestantismo. È una delle solite calunnie del giornale, o almeno una delle
solite facilità ad ammettere i più assurdi
racconti. L’introduzioue dell’articolo mi
dà l’aria di un romanzo burlesco, e il
tenore di tulto lo scritto è allo stesso
modo. Si parla di una ragazza che a sei
anni è stata cosi abile da'ìngannare, come
ingenuamente confessa il Cattolico, e frali
e monache, il che non è piccola industria:
e a sette poi essa sarebbe diventata cosi
ingenua da confessare che suo padre riceve un pagamento per essersi fatto protestante. Da ciò si vede bene come ii Cattolico sia avvezzo a’ voli pindarici. Povero lui che ha bisogno di crear lali falli,
0 di ritener per veri simili racconti!
Dallo stesso articolo poi si vede che
sua cura è d’indicare la nostra chiesa :
d“ come seduttrice per danaro; 2“ come
protestante; 5“ come composta dì canaglia. Nou so come un uomo onesto possa
rispondere alla prima accusa. La nostra
chiesa è aperta al pubblico : coloro che
interveugono sanno qual fede prestare a
simili ingiurie. Noi riceviamo dei nuovi
fratelli secondo che Dio ce li manda, e ci
basla che la coscienza di quesli, e la fama
di onestà che godono rispondano condegnamente al Cattolico. Non vi è nessuno
dei nostri che viva di elemosina, e tutti
lavorano. Questa calunnia cade di giorno
in giorno, ma resti pure non ei atìanna.
Ci vuol molto coraggio però a credere che
degli individui si riuniscano e predichino
Gesù Crislo, e si espongano a persecuzioni
per avere il piacere di comprare anime
con danaro. Se cosi fosse il torto sarebbe
più d;iila parte dei clericali ; perchè mostrerebbe che uella loro fazione non man-
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cano uomiui che vendono la propria
anima.
Ci traltano da protestanti. Ignoranti
della storia, o simulandone ignoranza per
ingannare, non pensano che tra l’epoca
de’Valdesi e il protestantismo ci corre
un Lei tratto. Del resto se protestantismo
si chiama predicar Gesù Cristo unico e
perfetto Sitivatore, perchè Dio nianifeslato iu carne: se protestantismo si chiama il cullo in ispirito e verità senza immagini, senza statue nei tempii : se protestantismo è predicare la niuna necessità
di ima casta di Scribi e Farisei anatemalizzata dal Vangelo, la fallibilità di un
uomo che si vuol chiamare infallibile
come Dio, la necessità della lettura e meditazione della Parola di Dio: se questo
e quanto altro è nella Bibbia è protestantismo noi non ci lamenteremo di essere
chiamali proteslanli.
In quanto poi alla chiesa nostra essere
composta di canaglia, che dirti ? Vieni a
vederla come ognuno può vederla qui. I
nostri fratelli sono onesti e laboriosi : la
maggior parte sono popolani. Kran forse
diversi i primi crisliani ? \ giudicare dallo
stile dei clericali parrebbe che G. Cristo
fosse stalo re di Roma, che S. Pietro fosse
stato alla testa dei sovrani, che gli Apostoli sieno andati in carrozza, e che il
cristianesimo sia stato un regalo che l’arisiocrazia abbia fatto al volgo. Poveri
illusi ! che Dio gli perdoni.
Ui che sia capace l’ira sacerdotale lo
mostra la Sinagoga che si alzò contro
Crislo. Quel carattere, come essi lo chiamano, imprime in coloro che in buona o
mala fede lo hanno un’audacia irrefrenabile, che li rende capaci di tutlo. Qual
uomo onesto, sia anclw incredulo, vor
relibe ora vilipendere così, con la stampa
specialmente, i suoi nemici ? Se uon altro
avrebbe il senlimenlo che parlando cosi
di essi si renderebbe ridicolo e vile.
Ma credo che la mia leltera non debba
più prolungarsi. Attacchiamoci sempre
più al nostro Signor Gesù Crislo, e gli
uomiui non ci faranno nulla. Noi che non
crediamo necessari i preti per salvarci,
dobbiamo addolorarci forse uel vedere chc
sono nostri nemici ? 11 loro padrone non
permette che agiscano diversamente, ma
il nostro ci ordina di amare e perdonare.
Addio. B.
nroTiziE HEiiieiosE
Toniso. Domenica scorsa in lulte le
chiese della capitale si leggeva una pastorale deirarcivescovo Fransoni. La pastorale è diretta ad eccitare la devozione
dei Torinesi per il centinaio che si celebrerà il 6 giugno nella chiesa del Corpus
Domini in memoria dì uno strepitoso miracolo che si dice accaduto da qualche
secolo. In questa occasione il zelante arcivescovo si scaglia contro i Valdesi, e la
liuona Novella: e intima la scomunica da
incorrersi issofatto a tulli coloro che
anche per semplice curiosità intervengano,
ai sermoni ed alle religiose eeremonie dei
proteslanli. Ecco un’ altra scomunica
sulla povera Buona Novella! speriamo
che anche quesla volla essa produca il
suo effello, cioè che il numero degli abbonali aumenti.
S.vvotA. Il nuovo Patriote Savoisien
applaudisce ai travagli della società biblica
di cui fan tanto lamento i clericali, e dice;
« Noi facciamo plauso ai travagli giganteschi della Socielà Biblica di Londra.
che sia da se slessa, sia per mezzo di
allre socielà chc hanno lo stesso scopo
porta la Bibbia a lulti i popoli della Ierra,
e li mette in grado di ricercare diligenlemenle nelle Scritture e di rimpiaMare
ter mezzo di una religione di libera voontà, il doniiuio dei preti sulle coscienzeu.
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iNGiiiLTEnitA. Annunciamo con vivo dig|iiacere la nnorte del dnUore Camillo
Mapei. Nallvo del regno di Napoli: era
stalo educalo nel ponlificio semioario
romano, ove era slato decorato del grado
di dottore in teologia, ed era slato fallo
prete. Chiamalo dal suo vescovo fu fatto
cbdodìco e professore di teologia. Conosciuto chc ehhe il Vangelo, abbandonò
tulio per seguirlo. In età ancora giovane
questo caro fratello si addormeniò nel
Signore il 13 delio scorso mese nell’Ospedale di Dublino. « Roma va gridando,
dice r Eco di Savonarola, che que’ suoi
preti ohe l'abbandonano, luenan vita l eata
fra le ricchezze dei prclestanli. Se ciò
fosse, non sarebbe il Mapei, una delle
più dotte menti italiane, morto in uo
pubblico ospedale ».
CROXACllETTA POLITICA
PiEMOMTE," Camera dei deputati. La
quistione del esenzione di chierici dal servizio militare, sorta a cagione della legge
sai reclutamento dell'esercito, venne, dopo
più giorni di vivissima discussione, sciolta
in questi termini :
« Art. 98. Sono dispensali dal coneor« rerc alla formazione del contingente,
« nel numero proporzionato ai bisogni del
« cullo, da limitarsi e stabilirsi ogni anno
« ed in ciascuna diocesi, per decreto
« reale, da emanare sulla proposta del
« ministro di grazia e giuslizia gl’iscritti
« che siano :
« 1“ Alunni e caltolici in carriera ec<■ clesiastica del clero secolare ; richiamali
' « anteriormente aH’eslrazioD« dal vescovi
" di loro diocesi.
« Aspiranti al ministero di altro
« cullo in comunioni religiose tollerate
« nello Stalo richiamali nel precedente
« numero dai superiori della loro confes« sione.
« Gl’inscrilti indicati nei precedenti due
•> numeri saranno calcolali numericamente
« in deduzione del contingente del rispet<1 livo mandamento semprechè per loro
« numero d’estrazione siano compresi Ira
Il i designati ».
«Art. 99. Gli individui di cui al precedente art. 98 qualora fossero designati e
uou uoDseguìscauo uno degli urdini
giori se alunni di cui al num. 1, e la
necessaria abilitazione all’esercizio del
loro ministero se aspiranti di cui al num.
2. gli uni e gli altri prima di aver compiuto l’età di 26 anni, debbono ulteriormente soddisfare aH’obbligo della leva.
•i Fra un mese dal giorno in cui desistono dall’impresa carriera, essi debbono
farne espressa dichiarazione al sindaco
del comune, cui per ragione di leva appartengono , e trasmetlere la stessa dichiarazione nel termine di altri quindici
giorni all’inlendente della provincia.
Il Non uniformandosi a tale precetto
sono considerati come sotlrattisi al|a
leva, c soggiaccono al disposto degli art.
60 e 61.
Cosi trovansi esclusi dal benefizio dell’esenzione tutti i regolari, non esclusi
gl’lgoranlelli dei quali la petizione per venire anch’essi esentali, Tenne respinta
dalla Camera.
iNGiitLTEBR*. Nella Camera dei Comuni
ebbe luogo una discussione molto interessante, intorno al bilancio, in seguito
alla quale il parlilo anti-cattolico ottenoe
una vittoria sul ministero, in occasione
di un voto relativo alle riparazioni del
collegio di Maynooth. 11 signor Spronei
ottenne la reiezione di un credilo di lire
1200 sterline con una maggioranza di
20 voli.
Costantinopoli. Il tele^irafo cleltrico
ci porta da Parigi in dala di ieri la seguenlc notizia:
Il rifiuto di accettare I’ ultimatum
russo, la partenza di MenckikofT per
Odessa, sopra la fregata Bessarabia dopo
essere slato ricevulo in udienza particolare del Sultano, paiono falli positivi.
La slampa inglese attacca vivamente
la politica russa. A Costantinopoli sono
unanimi nel supporre che la pace del
mondo non sarà compromessa per una
quistione nella quale Francia ed Inghilterra sono d’accordo.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Baccbetta gerente.
IIP. SOC. B1 A. rOKS K COMP.