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ECO
DELLE VALLI VALDESI
SI?. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GBWOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Num. 50 ABBUrv amenti * L. 3.000 per Tinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 I torre PELLICE — 18 Dicembre 1D70
Una copia Lire 70 L. 4.000 per Testerò Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Il ritardo
del Signore
Il Signore viene — il Signore ritarda: ecco uno dei dilemmi fondamentali della coscienza cristiana del 1“ secolo. Nella certezza di una venuta del
Signore a breve scadenza è cominciato a insinuarsi, col passare della prima
generazione cristiana, il sospetto di una
dilazione che, protraendosi nel tempo,
ha generato il dubbio radicale: « Dov’è
1,1 promessa della sua venuta?» (2 Pietro 3, 4). Già per la Chiesa del 1“ secolo non fu facile essere fino in fondo una
Chiesa che aspetta. Ancora meno lo è
per la Chiesa del 20° secolo, la cui attesa del Signore è tanto più tiepida e
i cui dubbi circa la sua venuta sono
tanto più diffusi che fra i primi cristiani. Neppure essi, comunque, furono
immuni da esitazioni e cedimenti riguardo al ritorno di Gesù, come traspare da vari passi del Nuovo Testamento, dietro i quali si avvertono le
stesse domande che, apertamente o tacitamente, molti cristiani di oggi si
pongono: Perché il Signore non è ancora venuto? Ha già tardato tanto! Val
la pena aspettarlo ancora? Sarà poi
vero che verrà?
« Il mio padrone tarda a venire » osserva il malvagio servitore della parabola (Matteo 24, 48). La radice della
sua malvagità è appunto questa: egli
conta sul ritardo del padrone anziché
sul suo ritorno; egli imposta la sua vita
non sul fatto che il padrone viene ma
sull’impressione che tarda a venire. Comincia perciò a picchiare gli altri servi, a mangiare e bere con gli ubriaconi e a non lavorare: cioè, in pratica,
abbandona la sua posizione di servitore e comincia a comportarsi da padrone. Siccome il mio padrone tarda
a venire, prendo il suo posto; finché
non viene lui (ma verrà?), faccio io da
padrone.
È qui descritta, nei suoi tratti essenziali, quella che senza alcun dubbio è
1 * suprema e più sottile tentazione della Chiesa nel tempo dell’attesa del Signore: vedendo che egli « tarda a venire », pensare di potere o dover esser
qualcosa di più o di diverso che semplici servitori e cominciare a volerlo
sostituire. L’intenzione, forse, è buona,
ma l’opera è malvagia perché compiendola ci trasformiamo da servitori in
l'appresentanti del Signore.
Quando la Chiesa o i cristiani si considerano rappresentanti del Signore
presso gli uomini, disubbidiscono alla
loro vocazione, che è di servire il Signore e non di rappresentarlo, e ingannano gli uomini ai quali fanno credere
che, finché il Signore venga, la loro presenza vale come quella del Signore:
essi lo sostituiscono, ne fanno le veci,
occupano, fino al suo ritorno, il posto
da lui lasciato vacante. Ma il posto del
Signore non è mai vacante! Il fatto o
l’impressione che egli tardi a venire
non autorizza nessuno a prendere il
suo posto. Perciò i servitori restino servitori sino alla fine, e non si considerino mai, in alcun senso, sostituti, vicari, rappresentanti.
La tentazione di considerarsi in qualche modo, finché il Signore veriga, suoi
rappresentanti è latente in ogni Chiesa,
1 I ogni gruppo di credenti e al limite
in ogni cristiano, specialmente se gli è
affidato un ministero. Non solo a Rorna
c’è qualcuno che si chiama e fa chiamare « vicario di Cristo ». Tutti i vescovi cattolici sono, secondo il Concilio,
« vicari di Cristo » (Lumen gentium,
n. 27). Ma anche nelle nostre chiese ci
sono dei pastori che si comportano come dei piccoli papi, e non di rado succede che coloro che esercitano un ministero finiscono, talvolta senza accorgersene e senza volerlo, per sostituirsi
al Signore anziché servirlo. Non ci saprebbe da stupirsi in fin dei conti se il
Signore avesse, nella nostra cristianità,
piti vicari che servitori!
C’è anche, ai nostri giorni, un pensiero teologico tutto imperniato sull idea
che Dio essendo « morto » o assente dev’essere rappresentato: Cristo lo ha
rappresentato in maniera esemplare e
questa « rappresentanza » esemplare
viene oggi proseguita da quanti, come
Cristo, vivono per gli altri nell’amore.
Ogni cristiano, secondo questa teologia, è tale nella misura in cui « rappresenta » l’Iddio assente e perduto,
ne svolge in qualche modo il ruolo come Cristo lo ha svolto, riempie con le
sue opere d’amore il vuoto lasciato da
Dio. Ma la parabola di Gesù ci insegna
che chi pensa di doverlo sostituire _o
rappresentare è il servitore malvagio
che crede al ritardo del Signore più
che al suo ritorno.
Natale attesta che il Signore viene a
tempo, non in ritardo. Tanto meno perciò bisogna cedere, nel ternpo dell’attesa, alla tentazione di sostituirlo o di
rappresentarlo. Il Signore è in ogni
tempo insostituibile.
Paolo Ricca
im —
■p ’ tuo figlio, e ce lo hai dato. Quello che nessun padre farebbe, se è
un buon padre, tu l’hai fatto, per amore. Hai saputo trovare il modo di
amarci in lui, di coinvolgerci nell’amore perfetto che vi unisce, più forte dei
legami del sangue e dell’anima, perché
è la comunione del tuo Spirito santo.
C’è gioia e festa. Padre, nel nostro
Natale. C’è stata anche in quel primo
Natale, l’unico vero. Una gioia pensosa
e grave, quasi incredula, assorta; solo
i tuoi angeli comprendevano fino in
fondo e cantavano a gola spiegata la
gloria del tuo amore. Ma per te cominciava un cammino, che in qualche modo — ma come accostare il cielo e la
terra, te e noi? — avevi chiesto ad
Abramo di percorrere, diciotto secoli
prima, conducendo con sé Isacco, il figlio amato, unico, verso la cima terribile del monte Morija.
Erano chini sul piccolo fasciato, con
l.r speranza trepida con cui ci si curva
su di una culla; con la speranza particolare, anzi, che la tua parola aveva acceso. Ma tu vedevi più lontano. Sapevi.
Sapevi come nessun altro che cosa
sia la violenza, la menzogna, la
viltà, l’orgoglio del mondo, nel quale la
fame e il sangue di una creatura, anche
e soprattutto di un bimbo, hanno ben
poco peso; il mondo nel quale avevi
mandato, inerme, tuo figlio.
Sapevi che sarebbe stato subito un
piccolo profugo, fra i milioni sradicati
dalle violenze della Storia; e che molte
madri di Bethlehem avrebbero pianto,
per la gioia grave di Maria, e ti avrebbero chiesto conto dei loro bimbi sgozzati.
Sapevi che un giorno, venuto fra i
suoi, i suoi lo avrebbero respinto, tuo
figlio. Si era fatto tutto a tutti, ce lo
avevi mandato come un fratello, di cui
comprendere la parola, incrociare lo
sguardo, stringere la mano, cui andar
dietro; ma non bastava, o era troppo.
Troppo laico per gli uni, troppo tuo
per gli altri.
Sapevi che lo avrebbero arrestato e
avrebbero montato contro di lui un
processo-farsa; che lo avrebbero torturato e schernito, in una centrale di polizia, come milioni di uomini lo sono
stati, prima e dopo di lui.
Sapevi che l’orrore della morte, della
rottura inconcepibile della sua comu
Fii subito un piccolo
profugo : « Ecco
mgelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Levali. prendi il janciullino e sua madre
e fuggi in Egitto, perché Erode cercherà il
fanciullino per farlo
morire... »
(Matteo 2, 13)
Natale
Dio
non ha
risparmiato
il suo
Figliolo,
ma
l’ha dato
per noi
mentalo a una profondità che nessuna
creatura ha mai conosciuto; già sentivi il suo grido, non più il vagito di un
neonato, ma il gran grido del morente.
Tutto questo lo sapevi; vedevi le lagrime d’angoscia c il sudor di sangue
del tuo figlio unico e diletto, nel quale
ti compiacevi. PuieJ lo hai dato: per
noi, nemici, indifferenti, tiepidi, vili.
Perché sapevi anche questo: che lo
avremmo festeggiato, un giorno, ma
che avremmo continuato a respingerlo,
a tradirlo, a ignorarlo nel fondo.
Come poteva. Coinè può esserci ancora gioia, in te? Eppure tu irradi gioia, ci avvolgi nella tua luce
gioiosa. I freddi spazi celesti si sono
colmati dell’angelico canto di gloria e
dal cuore più indurito come da quello
più ferito, da quello più solitario può
scaturire il grido d’amore detto in noi
dal tuo Spirito: Padre! Perché un Salvatore ci è nato, ci è stato dato un Figlio tuo che non si è vergognato di
chiamarci fratelli, di aprirci la tua
casa.
Tu sapevi, ma non hai preso il lutto,
a Natale, come avremmo fatto noi per
un figlio condannato. Non posso veramente comprendere la gioia che c’è nella tua sofferenza; i tuoi pensieri non
sono i nostri, né il nostro amore è come il tuo. Ma tu mi hai detto — e ho
creduto — che la tua gloria rifulge nel
sacrificio; che mi dai tutto — te stesso
e la tua vita — nel bimbo che sarà
Gesù di Nazareth. Speranza viva per il
mondo, egli ha strappato la punta disperata di ogni sofferenza, di ogni ingiustizia; e il prezzo che per questo hai
pagato in lui, è terribile. Ma tu stesso.
Padre, ce ne hai parlato come deifi Evangelo, il buon annuncio della
grande allegrezza che è per tutto il
popolo!
Dammi di viverla, con il tuo popolo,
questa grande allegrezza: questa, e non altra; la tua, quella che supera ogni intelligenza e che nessuno
ci potrà mai strappare. Concedimi di
sentirmi guardato anch’io — come sono — nello sguardo d’amore che mai
hai distolto dal tuo figlio; e di saper
sempre scorgere la pienezza della tua
aioria nel volto di quel bimbo, di quelfiuomo, Gesù, rivolto verso di me come
verso ogni creatura e nel quale mi
chiedi: Mi ami tu?
g- c.
iiiiiiiiiiiiiiiiiMiimiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiiiiimmiiiimimiiiiiiiiiimiMiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiifiiifi'
nione con te lo avrebbe, un giorno, torli,,,,,,,„liiiM Ili unii'..........,,,,,,II,iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii""""""""i""""""""""
PER VOI, LETTORI
In questo numero i lettori troveranno una piccola novità (abbiamo cercato di offrirne loro alcune, negli ultimi
mesi) che speriamo non riuscirà loro
s^^radita e anzi susciterà, soprattutto
nelle Valli ma anche fuori, un interesse maggiore per il nostro modesto servizio: si tratta di una pagina — che
sarà quindicinale — di « Cronaca delle
Valli », curata da due nostri redattori,
i pastori Gustavo Bouchard e Bruno
Rostagno, con la generosa pllaborazK>
ne di alcuni pastori e laici delle Valli.
Scopo di questa pagina e arnphare il
notiziario della regione, soprattutto nell’intento di ricercare e documentare
come questa realtà, unica m Italm, di
chiesa riformata di popolo si manifesta, come questa chiesa vive la propria
fede, la propria speranza, la propria
ubbidienza, la propria testimonianza e
il proprio servizio nella totalità della
vita quotidiana; sappiamo bene che registreremo pure dei deficit, oltre all attivo, ma anch’essi, riconosciuti, possono diventare uno stimolo.
I lettori troveranno pure di nuovo,
allegato, un modulo di conto correnti postale per il rinnovo deU’abbonamcnto o per un nuovo abbonamento:
questo numero viene infatti largamente diffuso nelle Valli. Preghiamo quelli
che ancora non l’hanno fatto di voler
versare sollecitamente il loro canone:
11 valendosi del modulo, 2) indirizzando all’amministrazione, a Torre Pelhee,
3) scrivendo chiaramente e indicando
i< proprio codice di avviamento postale. Ogni offerta è graditissima e prezios:i e sarà gradualmente pubblicata; grazie di cuore a chi ce l’ha già inviata.
La redazione
L’AVVENTO
Prosegue la corrispondenza, che riprendiamo da « La Vie protestante »,
fra Jean-Marc Chappuis e Hans-Ruedi Weber. Quale rapporto vi è fra
l’arte prospettica della pianificazione e l’anticipazione cristiana sul Regno
che viene? Che cosa caratterizza l’attesa e l’impegno dei cristiani?
Rendere fin d’ora visibile qualcosa
di quella C<novità» che Cristo compirà
Siamo d’accordo: come dice il messaggio dell’Assemblea di Uppsala, noi dobbiamo « anticipare »
sul Regno di Dio. Lei però mi ha scritto che sua
moglie si rifiuta di « vivere in anticipo » sul nostro
tempo, come sembra suggerire il primo titolo del nostro scambio epistolare. « È già tanto faticoso — essa
dice — vivere nel presente! ».
Sua moglie ha ragione. Dobbiamo
vivere oggi, in questo attimo che
Dio ci dà per assolvere il nostro
compito. Ad ogni giorno il suo affanno! Sua moglie ha ragione. Eppure, per vivere questo oggi come
va vissuto, non dobbiamo forse viverlo in anticipo sul nostro tempo?
Come padri e madri non dobbiamo
forse condurre a maturità i bambini che pure prenderanno le loro
responsabilità di adulti in condizioni molto diverse da quelle in cui
viviamo noi? Non possiamo educare
senza avere una prospettiva intuitiva. Facciamo del nostro meglio
per prevedere a che cosa preparare
i nostri figli, o se per caso non lo
facessimo, s'incaricano essi di ricordarcelo, nati come sono con la
televisione, l’energia atomica, e tutti
i prodotti chimici ancora sconosciuti quando eravamo piccoli.
Si dice che per governare bisogna
prevedere. Si può dire che per educare bisogna prevedere e, anche
più semplicemente, che per vivere
da uomo responsabile bisogna prevedere. Avere una prospettiva — sia
essa intuitiva o scientifica — è una
necessità a cui si sottraggono solo
i dimissionari della vita, quelli che
dicono: « mangiamo e beviamo, perché domani morremo ». Suppongo
e spero che sua moglie potrà avvicinarsi a questo modo di vedere.
Questo per la prospettiva. Ma entrambi ci chiediamo quali legami vi
siano tra questa arte (o scienza?) e
la nostra vocazione di « anticipare
sul Regno di Dio ». La mia idea è
questa: tra la prospettiva e l'anticipazione esiste esattamente lo stesso rapporto che vi è tra le cose che
guardiamo retrospettivamente e il
giudizio di fede che formuliamo su
di loro.
Consideri Natale e consideri la
storia evangelica. Sono fatti del
passato che veniamo a conoscere
dalla storia o quella che si può chiamare una intuizione retrospettiva.
Inoltre, su quei fatti possiamo
dare un giudizio di fede. Possiamo
riconoscere nel bambino di Betleem
l’uomo in cui si è incarnato fra noi
Dio stesso.
Per il futuro è la stessa cosa. Lei
mi ha citato l’interessantissimo
esempio di quegli olandesi che
hanno rifiutato un calo delle tasse
chiedendo allo Stato di devolvere il
di più dei loro versamenti in favore del 3« mondo. Questo significa
avere una buona prospettiva unita a
una coraggiosa anticipazione.
Le scienze sociali ci hanno rivelato lo squilibrio fra le nazioni povere e le nazioni ricche e ognuno
sa che questo squilibrio ingigantirà
nei prossimi decenni. Di più: è facile convincersi che per fermare
questo disastroso processo « bisogna fare qualche cosa ». E una prospettiva elementare.
Ma dove nei cristiani olandesi si è prodotta una anticipazione
del Regno è stato il momento in cui
si sono resi conto che attraverso
queste previsioni umane Dio li chiamava a fare un sacrifìcio significativo, non solo per il presente, ma
per l’avvenire degli uomini. Il loro
atto li ha resi « un segno dell’unità
futura dell’umanità », perché hanno
« reso visibile fin da ora qualche
cosa di quella novità che Cristo
compirà » — per usare altre espressioni dell’assemblea di Uppsala.
Può darsi che il loro atto fallisca.
La sconfìtta fa parte dei nostri tentativi di anticipazione del Regno,
perché non è in nostro potere di
renderlo compiuto. Ma ci è dato di
porne dei segni annunciatori.
Così mi sembra si possa tentare
di chiarire i rapporti tra prospettiva e anticipazione.
Jean Marc Chappuis
Non l’etica delia situazione, ma della prospettiva
Caro amico.
Avvento, anticipazione, prospettiva: ecco i tre temi del nostro dialogo epistolare, di cui abbiamo tentato di puntualizzare le differenze.
La sua ultima lettera mi ha fatto
capire la relazione complessa che
esiste tra la prospettiva e la nostra
vocazione di anticipazione sul Regno. Vorrei ritornare su quei temi
e aggiungerne uno che avevamo dimenticato.
L’Avvento non è soprattutto la
preparazione di Natale, come può
apparire dalla tradizione ecclesiastica. E piuttosto il tempo durante
il quale ci viene ricordato che ogni
esistenza cristiana è volta all’avvenire, è attesa del Regno. È il periodo dell’anno ecclesiastico che meglio di ogni altro sottolinea la nostra profonda solidarietà con gli
ebrei e con tutti quelli che cercano,
che aspettano e che non sono diventati le marionette dello sta tu quo.
Questa interpretazione dell’Avvento ci riporta alla visuale biblica:
gli autori del Nuovo Testamento
non hanno mai usato la parola greca parousia (tradotto poi in latino
adventus - Avvento) parlando della
nascita di Cristo. Nel suo significato teologico questo termine indica
sempre la imminente venuta dei
tempi messianici nella loro pienezza quando tutte le cose saranno fatte nuove. Quindi vivere l’Avvento
significa anticipare sul Regno. Ma
come?
Vedo delincarsi, nelle osservazioni che lei ha fatto, una risposta
molto interessante: anticipare sarebbe adottare uno stile di vita contrassegnato da una capacità di pre
vedere, di avere una prospettiva
sempre sottomessa al giudizio della
fede. Per anticipare bisognerebbe
quindi vivere secondo un’etica della prospettiva. « Come vivere da
cristiani? » L’etica tradizionale risponde a questa domanda proclamando certi principi basati sulla
legge naturale o sul messaggio biblico o su dei presunti « valori cristiani ». Qggi questa etica dei principi è in piena crisi. Lo studio della
storia delle civiltà ha dimostrato
che questi principi sono fortemente
condizionati dalla loro epoca e dal
loro ambiente originario. Non hanno la portata universale ed eterna
che è loro stata attribuita. Mi manca lo spazio per esemplificare. In
reazione a quell'etica, molti teologi
contemporanei hanno proposto una
« etica della situazione ». Partendo
dalla situazione concreta di oggi
cercano di discernere la volontà di
Dio in questa situazione, avendo come unico criterio l’amore vissuto
dal Cristo. Sono sempre meno convinto che questa sia la via buona.
L’etica della situazione rischia di
porre dei limiti e di essere incapace
di dare delle direttive chiare ai
grandi problemi sociali e politici e
ancor meno ai problemi sollevati
dal progresso scientifico.
Esiste una terza via? Mi sembra
di vederla indicata nella sua lettera.
Lei proporrebbe un’etica della prospettiva, che non è una fuga nel futuro, ma una vita vissuta nel presente in vista di ciò che ci aspetta
nell’avvenire.
Mi piace molto questa etica della
(continua a pop. 2)
iniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiii
2
pag. 2
N. 50 — 18 dicembre 1970
L'ATTUALITA' TEOLOGICA
Per una lettura " suffieiente " della Bibbia
In una precedente chiacchierata con
i lettori avevo proposto di considerare « insufficiente » per il credente maturo una lettura della Bibbia che si limiti sempre alle parti più conosciute
(tanto più se si tratta di quelle più
« oleografiche »); che avvenga meccanicamente, cioè senza riflessione; e che
non sia messa costantemente in relazione con la vita del credente.
Forse basterebbero quelle considerazioni per far capire che cosa può essere una lettura «sufficiente» della
Sacra Scrittura. Però è meglio chiarire bene le posizioni, descrivendo anche sotto l’aspetto positivo quali possono essere le sue caratteristiche.
Istruttiva
del termine. Il verbo « edificare » nel
Nuovo Testamento si riferisce molto
spesso alla Comunità del Signore, alla
chiesa, che è costruita (non la chiesa
di muratura, naturalmente, ma la chiesa come comunità, come fratellanza)
da Cristo (Mt. 16: 18) o dalla predicazione apostolica (I Cor. 3: lOb, 12, 14)
sulla base deH'unico fondamento che è
Cristo Gesù (I Cor, 10-11). Il fine della
edificazione è la dimora di Dio in questo simbolico tempio (Ef. 2: 22), la
proclamazione dell'Evangelo nel mondo (I Pietro 2: 4-10), la salvezza nel
giorno del giudizio (I Cor. 3: 13-14).
Una lettura che miri ad istruire,
cioè a nutrire la fede e il pensiero del
lettore, non solo non è in contrasto
con questo, ma sarà una vera e autentica lettura «edificante». Una lettura
che « costruisce » il credente come tale, e che al tempo stesso lo accosta e
lo cementa ad altre pietre viventi
(I Pietro 2: 5) per farne una comunità
compatta e consacrata. Direi che una
lettura che non sia fatta con la volontà di lasciarsi istruire dalla paiola di
Dio, anzi escluda deliberatamente quest’eventualità ritornando sempre sulle
slesse pagine, e su quelle più facili,
non sarà per niente una lettura « edificante ». L'edificazione resterà sempre
allo stesso punto, sarà più somigliante
a quella della terre della parabola di
Le. 14: 29-30, che a quella di Ef. 2: 20-21
ove Ge.sù Cristo stesso è la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero si
va innalzando...
Requisito primario per una lettura
istruttiva è dunque la volontà di innalzamento, di progresso, di edificazione dell’opera di Dio nei suoi. Il credente che vuol progredire in questa
edificazione per mezzo della Parola
non deve esitare davanti alla difficoltà
o all’impegno necessario per trarre
« fuori dal suo tesoro » (che è la Parola di Dio) cose vecchie ma anche cose nuove, come uno scriba ammaestrato per il regno dei cieli (Mt. 13: 52).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimimimmiiiiimiiiiiiiimiiiiiiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiimiiiimimimMiiiiiiiiii
LE PARABOLE DEGLI ULTIMI TEMPI I
Anzitutto, una lettura biblica dovrebbe anche essere istruttiva, dovrebbe cioè servire a nutrire la mente e la
fede del lettore, e non solo il sentimento. È bene osservare subito che
una lettura biblica di questo genere
non è in contrasto con lo spirito della
lettura individuale o familiare tradizionale. Per descriverla si usa di solito l’aggettivo « edificante », e i suoi
equivalenti in francese e in tedesco.
Gli inglesi invece usano l’aggettivo
« devozionale ». Quest’ultimo descrive
10 stato d’animo c l’intenzione con cui
11 singolo o il gruppo familiare leggono la Scrittura: la leggono con animo
pio, con un sentimento di fede e di riverenza, in spirito di preghiera, con
l’intenzione di avvicinarsi per quel
mezzo a Dio e di udire la sua parola,
se egli vorrà incontrarli nella sua grazia e nella sua libertà. L’aggettivo
« edificante » descrive invece l’operazione che la parola letta e meditata
può compiere, per l’intervento libero
e sovrano dello Spirito, nei singoli e
nei gruppi (comunità) che la leggono:
edificare, appunto, la fede, il pensiero,
il carattere cristiano; soprattutto edificare la comunità nel senso concreto
I
talenti
Anche questa parabola, come
quella delle dieci vergini, costituisce un richiamo alla vigilanza in attesa che il Signore ritorni; una vigilanza fedele ed attiva nell’amministrazione dei beni che ognuno di noi ha ricevuto.
Che cosa sono i famosi « talenti » della parabola evangelica? Di che si tratta? Di doni
spirituali (di fede, di conoscenza, di parola, secondo la
terminologia di Paolo o di doni materiali (salute, ricchezza,
tempo)? Oppure si tratta unicamente della Parola di Dio destinata ad ogni creatura umana
oltre che ai credenti? È difficile
rispondere in modo esauriente;
anzi, è meglio non fare alcuna
distinzione fra doni spirituali e
materiali, dal monmento che
ciascuno di noi è chiamato a
servire il Signore in tutta la sua
vita e con tutti i suoi doni. Calvino diceva: « Cristo è come in
viaggio, assente dai suoi; tuttavia essi non debbono essere indifferenti e disoccupati, senza
far niente ».
L’idea centrale della parabola è quella della fedeltà e dell’impegno dei servi, secondo
« la loro capacità ». I due primi
servi di cui parla la parabola
operano effettivamente con fedeltà; prendono sul serio il
comportamento del loro padrone e non approfittano della sua
assenza per fare la loro volontà. Sono diligenti e attivi, più
di molti cristiani i quali non
hanno mai tempo per un confronto con la Parola del Signore, nell’attesa che Egli venga.
Ma perché il servo « malvagio ed infingardo », che ha un
solo talento, lo nasconde, rendendolo infruttuoso? Per motivi di indifferenza o di pigrizia?
Per mancanza di iniziativa? La
parabola risponde: per paura.
Quando si ha soltanto paura del
Signore, non lo si ama più, non
lo si serve più con fedeltà; una
vita cristiana, caratterizzata dal
« Avverrà come di un uomo il quale,
partendo per un viaggio, chiamò i suoi
servitori e affidò loro i suoi beni ».
(Matteo 25: 14-30).
servizio degli uomini oltre che
di Dio, non prospera nella paura, ma nell’amore e nella fiducia.
La parabola dei talenti ci interpella ad uno ad uno, ci costringe a riflettere sul contenuto della nostra breve o lunga
vita terrena, ci domanda come
abbiamo operato durante l’assenza del Signore. Ma qui c’è
anche una parola che riguarda
la comunità locale nel suo insieme. Un talento prezioso ed
inconfondibile le è stato affidato dal Signore: l’Evangelo del
Regno. Quale uso ne ha fatto e
ne fa ancora oggi la chiesa in
mezzo alle nazioni? La chiesa
che intende essere attiva e presente nel mondo, ptiò indubbiamente fare molte cose, ma
quale uso fa del talento che il
Signore le ha sicuramente affidato, affinché le genti conoscessero l’Evangelo come Evangelo della loro salvezza? Theo
Preiss, un teologo francese purtroppo prematuramente scomparso, scriveva: « Il solo modo
di custodire la Parola di Dio è
di non conservarla per sé, ma
di trasmetterla ad altri. Come
insegna la parabola dei talenti,
si tratta di un capitale che ci assicura soltanto nella misura in
cui lo si spende per farlo fruttificare ».
Se veramente la Parola di Dio
è quel talento, perché molte volte lo nascondiamo o ci rifiutiamo di adoperarlo? Perché per
anni ed anni possiamo parlare
di ogni cosa al nostro prossimo, fuorché dell’ Evangelo di
Cristo? I talenti non adoperati
o semplicemente conservati si
consumano inutilmente. Ma il
Signore verrà e domanderà conto alla chiesa di « quel talento ». Egli sa quali e quanti
talenti ci ha affidati. Al servo fedele, il padrone dirà: « Va bene, Intono e fedel servitore ».
Ma lo dirà lui, non noi!
Ermanno Rostan
Critica
In secondo luogo, una lettura biblica non insufficiente dovrà essere critica. Ecco un’altra parola che spaventerà qualche lettore che comincerà a
gridare: Hic siint leones! Ma nella mia
visione della lettura biblica del credente maturo, quest’espressione vuol significare una cosa molto semplice: la
disponibilità e lo sforzo di leggere la
Sacra Scrittura cercando di capirne il
senso alla luce del messaggio totale
della Bilrbia e del suo centro (che è
l’annunzio della salvezza in Gesù Cristo. A questo centro chi ha dato il nome di « evangelo », chi di « giustificazione per fede », chi ha detto che il
centro è « la croce » — nella diversità
dei termini usati c’è una sostanziale
convergenza di intenzioni).
La necessità di leggere la Bibbia
cercando continuamente di vedere
questo rapporto di ogni sua pagina
con il centro, risulterà forse più evidente per mezzo di qualche esempio.
Noi possiamo leggere i capitoli dal
25 in poi del libro dell’Esodo, con le
norme per la costruzione del tempio,
per gli altari, per i sacrifici, per il sacerdozio; quando leggiamo questi passi, che messaggio ci recano? Naturalmente non ci mettiamo a costruire un
altare o a offrire dei sacrifici sanguinosi. Siamo abbastanza « critici » per
renderci conto che queste parti dell’Antico Testamento, come tutta la
Bibbia del resto, vanno messe in relazione con il centro, che è l’annunzio di
Cristo. Ogni corrente religiosa esprimerà questa relazione in modo diverso
(qualcuno dirà: quella era una tappa
inferiore dello sviluppo religioso della
umanità, l'Evangelo di Gesù è una tappa superiore; altri diranno: la legge
cerimoniale dell'Antico Testamento è
una profezia del Cristo, e tutt’e due
annunziano che l’uomo non si salva
da solo ma può solo ricevere da Dio la
grazia del perdono e offrirgli il sacrificio della riconoscenza — e così via).
Oppure noi leggiamo Romani 4:
Abramo credette e la sua fede gli fu
messa in conto di giustizia. Poi un’altra volta leggiamo Giacomo 2: Àbramo nostro padre non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo
figliuolo Isacco sull’altare? Rom. 4: 24
afferma che la via della giustificazione
per fede è anche per noi; Giac. 2: 24
afferma che l’uomo è giustificato per
opere, e non per lede soltanto. Anche
in questo caso noi, non possiamo leggere semplicemente un giorno un passo, e un altro giorno l’altro, e poi chiudere il Libro e pensare il primo giorno
che l’Evangelo è giustificazione per fede, e il secondo giorno che è giustificazione per opere! Noi cercheremo,
forse senza rendercene conto, di vedere quale relazione c’è fra l’opera, la
morte e la risurrezione di Gesù — e il
ragionamento di Rom. 4 e quello di
Giac. 2; cercheremo di capire quel che
dice esattamente l’apostolo Paolo, e
quel che la lettera di Giacomo significa. Questo è fare una lettura « critica ». Non farlo, e non allenarsi a farlo
in ogni occasione, significa esporsi al
pericolo di venire strumentalizzati da
coloro che si richiamano alla Bibbia
non con uno spirito di pietà e di ubbidienza, ma semplicemente perché credono che sia un libro al quale si può
far dire tutto quel che si vuole. Ma
questo non può succedere con il credente abituato a una lettura « critica ».
« Critica » viene dal verbo greco
« krino », che vuol dire « giudico ». Come la Corte Costituzionale esamina e
giudica le leggi esistenti in base alla
norma della Costituzione, per vedere
se collimano con essa, e in che senso
— così il credente esamina e giudica
ogni parola della Scrittura in base alla
norma dell’Evangelo, e ne ritiene l’insegnamento che può dare alla luce di
Cristo e della sua croce. Solo così non
saremo più « .dei bambini sballottati
e portati qua e là da ogni vento di dottrina » (Ef. 4: 14). Questo è il cammino della vera edificazione, come dice il
versetto successivo (v. 15): « ma saremo al servizio della verità nell’agàpe,
e in tal modo cresceremo sotto ogni
aspetto verso quello che è il capo, Cristo » (traduzione di Sergio Rostagno).
In una prossima conversazione, vedremo che la lettura del credente deve
anche essere metodica.
Bruno Corsami
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Leggendo «Nascita di un’eresiat
L’impegno di Valdo alla povertà
Non si può, come vorrebbe il Manteuffel, ridurre il movimento valdese a una semplice variante del movimento dei poveri nel Medioevo
Nel 1180 Valdo, citato dalle superiori autorità ecclesiastiche, si presentò
al « concilio » di Lione, presenti il cardinal-legato Enrico di Albano, l’arcivescovo di Lione ed altre autorevoli personalità; fu « persuaso o convinto » a
rinunziare alla sua esigenza di predicazione. In que’la circostanza egli formò una confessione di fede e impegno
(propositum) in lingua latina che ricalca lo schema di analoghi formulari in
uso nella Chiesa di Roma, interessante per alcune sfumature ed omissioni
significative.
In merito alla povertà Valdo professa: « Poiché la fede senza le opere, secondo l’apostolo Giacomo è morta, abbiamo rinunciato al mondo e, come è
stato consigliato dal Signore, abbiamo
distribuito ai poveri ciò che possedevamo, ed abbiamo deciso di esser poveri, cosicché non ci preoccupiamo di
esser solleciti del domani; e non abbiamo l’intenzione di ricevere né oro
né argento o alcun’altra cosa da chichessia, tranne il cibo e il vestito giorno per giorno. Ci siamo anche proposto di osservare i consigli evangelici
come comandamenti. Confessiamo e
crediamo fermamente che tuttavia sono salvati coloro i quali rimangono nel
mondo e mantengono il possesso dei
loro beni, se fanno elemosine ed altri
benefici con i loro beni, e praticano
gli insegnamenti del Signore ».
Come è stato osservato, questa formulazione della « povertà volontaria »
è strettamente ortodossa, anche se c’è
qualcosa che ci lascia perplessi in questo « impegno » che non è una « regola ».
Kurt Victor Sei.ge ha cercato di chiarire i molteplici equivoci e le sue conclusioni presentano un notevole interesse; le riassumiamo brevemente.
Cosa intende dire Valdo quando afferma di « impegnarsi a considerare i
“consigli” evangelici come' contandamenti? ». Può sembrare una quistione
molto, troppo sottile! Eppure, a pensarci bene, i passi del Vangelo che sono alla base di questo « impegno » costituiscono un comandamento per gli
apostoli che Gesù manda ad annunziare che il Regno di Dio è vicino. Ma
nell’« impegno » non si parla di predicazione!
Qualcuno forse si illude? o pensa di
illudere?
L’interpretazione più probabile è che
le due parti intendono temporeggiare.
Il cardinale Enrico di Albano pensa
che Valdo ed i suoi compagni potrebbero utilmente collaborare nella lotta
contro l’eresia dei Catari; è disposto a
tollerare fino ad un certo punto questo
ministero itinerante dei Poveri di Lione, perché essi affermano esplicitamente « di credere la Chiesa Cattolica, una,
santa, fuori della quale nessuno è salvato, e dalla cui comunione si allontanano le conventicole degli eretici ».
D’altra parte Valdo vuole legittimare
la sua missione, ricollegarsi al comandamento degli apostoli.
E cosi il ministero della predicazione, rivendicato da Valdo, passa sotto
silenzio, non viene autorizzato, ma
neppure esplicitamente condannato. È
un compromesso che durerà finché le
circostanze lo richiederanno o lo permetteranno; comunque fino a quando
non sarà « comandamento » la predicazione di tutto il Sermone sul Monte.
Non si può quindi, come invece vorrebbe il Manteuffel, ricondurre il movimento di Valdo ad una semplice variante del movimento dei poveri nel
Medio Evo.
Rileggiamo, a questo proposito, un
celebre paragrafo del prologo del Libro contro le eresie di Durando di
Huesca, per un tempo fedele discepolo di Valdo: « Ma il Figlio del Sommo
Padre, non del tutto abbandonando il
suo popolo, vedendo le opere dei prelati (...) come all'inizio della sua predicazione aveva scelto pescatori illetterati, così ora ha scelto te, signor (domine) Valdesio nell’apostolica vocazione,
affinché per mezzo di te e dei tuoi compagni (...) Cristo respinga gli errori».
Abbiamo tradotto « vocazione »; un
termine che è però caratteristico di
quel clima di ambiguità che regna in
tutto questo documento. Esso ci richiama indubbiamente ai passi di Romani 1. 1: «...appartato per l'Evangelo di Dio», o di Galati 1: 15: «Ma
quando Dio che mi aveva appartato
fin dal seno seno di mia madre... ». M:i
il Medio Evo conosce anche altre sfumature per questo vocabolo greco che
Durando ha trascritto letteralmente
nel suo latino: « messo da parte », sì,
ma strettamente connesso con la
«chiamata ad un compito specifico»]
« compito » c « vocaz.iotìc ».
Siamo così sempre ricondotti allo
stesso interrogativo; è esatto parlare
soltanto di una vocazione allo stato di
povertà?
E qui occorre citare un’altra aflc'rmazione molto nota — e spesso fraintesa — che si legge in Durando, nel
capitolo consacrato alla situazione della Chiesa. Polemizzando con i Catari,
i quali rimproverar ano ai Valdesi di
rimanere in seno alla Chiesa romana,
pur criticandola, il Nostro scrive:
« Noi [Valdesi] abbiamo deciso di difendere fino alla morte la fede di Dio
ed i sacramenti della Chiesa non solo
contro di voi, ma anche contro i Giudei, i pagani e tutte le sette che se ne
allontanano, e di predicare liberamente secondo la grazia da Dio concessaci... ».
«L'beramente predicare».
Ecco il fatto nuovo, anche se, come
sostiene giustamente il Selge, va collegato con la rinunzia volontaria ai beni
terreni. Sono due fattori che si condizionano in un certo senso. Non si tratta della rivendicazione per i laici della
libertà di predicare la povertà, affermata contro la gerarchia ecclesiastica.
La rivendicazione di Valdo sembra più
limitata, ma, al tempo stesso, — come suole spesso accadere in fatto di
rivendicazioni, — essa va molto oltre
le sue stesse previsioni.
Rinunzia ai beni di questo mondo
per poter liberamente predicare in
conformità alla vocazione apostolica:
questi tre elementi costituiscono per
Valdo un tutto inscindibile. A ben
guardare, però, la povertà volontaria
viene svalutata, poiché non costituisce
più un ideale a sé stante, ma solo una
condizione per poter esercitare liberamente la pienezza della vocazione apostolica, svincolata da ogni impaccio
troppo umano.
Potrà anche diventare uno strumento di polemica contro la Chiesa costantiniana, quando le circostanze spingeranno il movimento contro l’istiluzione.
Per ora Valdo rivendica il suo diritto a rimanere nella Chiesa proprio per
ubbidire alla sua vocazione apostolica,
per « predicare liberamente » accanto
alla gerarchia.
Perciò Valdo non contesta nessun
sacramento; la sua polemica contro
gli abusi e le degenerazioni non è molto diversa da quella comune in seno alla Chiesa romana stessa; ma rivendica
un diritto ed un compito: « Ampliare
i confini della Chiesa pura all’interno
della Chiesa romana mediante la predicazione ».
Scrive Durando: « Perciò imitando
la Chiesa primitiva osiamo impegnar-_
ci nel compito che il Signore affidò ai
settanta », di essere « operai, cioè predicatori, nella messe ».
Operai, cioè predicatori: una formulazione che sul piano ecclesiastico non
doveva tardare a diventare esplosiva;
Durando rimarrà fedele all’ideale della povertà, via unica di perfezione
evangelica, con i suoi Poveri Cattolici,
e ritornerà all’ovile; i Poveri di Lione
saranno i Valdesi che conosceranno la
vocazione della predicazione e la via
della persecuzione.
Ai lettori i quali conoscono il tedesco segnaliamo un limpido e aggiornato saggio di Paolo Ricca: Die
"Armen Christi”, gestern und heute
Sonderdruck aus dem Jahrbuch « Die
evangelische Diaspora» (1969-70), che
presenta in una trentina di pagine gli
aspetti teologici del povero e del povero di Cristo nel Medio Evo, ed i suoi
rapporti con la rivendicazione di
Valdo.
L. A. Vai MAI.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiMiiiiiiiiiiiiiiimiiimi:ii!iiiih
L’Avvento
(segue da pag. 1)
prospettiva. Ma è questa l’anticipazione sul Regno? La sua ultima lettera sembra dire che l’anticipazione
è il giudizio tiella fede sui risultati
della prospettiva. Si, ma è molto di
più! Include il culto di cui abbiamo
già parlato. Non significa solo vivere oggi in vista di domani (non
ha infatti convinto mia moglie! Essa insiste che il presente è segnato
dal passato come daH’avvenirc, che
dobbiamo essere fedeli tanto al passato quanto aH’avvenire e che ogni
generazione deve vivere il suo proprio oggi).
Finora non abbiamo ancora parlato dell’aspetto più difficile dell’anticipazionc, quindi dell'Avvento:
quello della sofferenza. Lo ha sfiorato quando ha scritto che la sconfìtta « fa parte dei nostri tentativi di
anticipazione sui Regno ». Il Nuovo
Testamenlo usa un termine molto
preciso per indicare la sofferenza
deU’Avvenlo, paragonata alle doglie
del parto (Matteo 24: 8; Romani 8:
22; 1 Tessalonicesi 5: 3). La nascita
del Regno non avviene senza travaglio. Vivere rAvvento vuol anche dire partecipale alle sofferenze penose, ma allo stesso tempo cariche di
speranza, della venuta del Regno di
Dio. Forse la prossima volta dovremo parlare di questo argomento.
Hans Rui.ni Webkr
iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiihiiiiiiiiiiimiimmm
3
18 dicembre 1970 — N. 50
pag. 3
/ Concistori delle Ualli, riuniti a San Secondo, parlano del colportaggio
La Bibbia in soffitta?
LA CHIESA NEL MONDO
« Signor Pastore — dice una buona
vecchietta in occasione d’una visita —
la mia Bibbia è molto vecchia, era di
mio bisnonno; guardi quanti ficordi e
lotografie essa racchiude; la lascio
sempre su quel mobile perché i bambini non me la tocchino; è un ricordo
prezioso, sa! Neppure io la sfoglio
troppo, per tema di sciuparla ». Cosi,
nelle nostre case ci sono tante Bibbie
vecchie e giovani, del bisnonno e dei
giovani sposi, e tutte, più o meno, destinate a costituire il museo delle nostre reliquie, che forse metteremo nella bara come amuleto protettivo...
Ma a San Secondo di Pinerolo, in occasione deWincontro di Concistori delle Valli, la Bibbia è stata rispolverata,
discussa con un intervento efficace del
direttore della Società biblica, dr. Bertalot. Ormai si tende — egli ha detto
— a diffondere commentari, studi biblici senza preoccuparsi della lettura
diretta della Bibbia; persino nelle nostre librerie è difficile trovare esposta
iiiiiiiimiiiiiiimiiii iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinu
L
■
I
b
r
per i nostri ragazzi
a cura di Berta Subilia
per 11-15 anni
Pierre Gamarra - L’incendiario di Tolosa - Bompiani - Collana « Pieno
vento» L. 1.200.
Il suo titolo originale è: Sei colonne
in prima pagina, perché si tratta di un
libor, piacevolissimo, scritto da un
giornalista che introduce i ragazzi nel
retro-scena del giornalismo visto dal
punto di vista tipografico della impaginazione, della stampa, del macchinario e dal punto di vista del personale,
dai redattori al proto e ai linotipisti
che lavorano di notte alla fabbricazione di un quotidiano. Ma la cronaca nera ha una grande importanza nel giornalismo e il libro diventa avventuroso
come un giallo, nel mostrare quale responsabilità competa ai redattori che
danno le notizie: in questo caso degli
incendi sviluppatisi nella città. È bello
che i ragazzi possano penetrai'e nel
mondo del lavoro attraverso libri divertenti come questo.
Deda Pini - La regina di Paimira. Val
lecchi. L. 3.000.
Così poco si sa, in genere, della dolce e valorosa regina Zenobia che governava saggiamente la zona carovaniera del deserto siriano, fra l'Eufrate
e il mare Mediterraneo, « l’ultima delle grandi donne d’Oriente » condotta,
vinta e incatenata di catene d'oro, a
Roma nel 272 d. C. da Aureliano. Questo bel libro ne interpreta la storia,
sensibilizzando i ragazzi sul mondo
antico del Vicino Oriente su cui i romani prima e poi i barbari calcarono
duramente il piede, distruggendo per
sempre tutto un tesoro di civiltà e di
tradizioni. La bella figura della regina
ebrea, l’ambiente della sua corte, la vita in Paimira — la fidanzata del deserto — inquadrati in una storia di ricerche archeologiche, lascia una impressione positiva e risponde a una esigenza morale.
« Il giallo dei ragazzi » - Mondadori L. 350 cad.
1 agaz/.i vedono spesso sui tavolini
da notte di mamma c papà dei gialli
che li ingolosiscono. Questi gialli scritti appositamente per loro, dovrebbero
accontentare il loro desiderio di suspense e ovviare certe letture fatte di
straforo. Sono libri che Mondadori
stampa in accordo con la casa americana che li produce e che usciranno
periodicamente. Per ora segnaliamo i
primi 4: Franklin Dixon - Il marchio
di fuoco e II pericolo in mare (per ragazzi); Carolyn Keenf. - Il covo nascosto e II vaso dei Ming (per ragazze).
Sono racconti che piacciono, in cui
vengono sbrogliate matasse intricate:
i « detective » sono sempre dei ragazzi, contenti di rendersi utili col loro
acume c il loro spirito di avventura.
per i piccoli
El.se Holmeluni) Minarik - Maurice
Sendak - Il Piccolo Orsacchiotto - La
visita di Orsacchiotto - L'amica di
Orsacchiotto - Papà Orso torna a casa. Ed. Bompiani - L. 1.000 cad.
Per la prima infanzia, compagni di
ogni giorno e fratelli del fedele orsacchiotto di peluche, questi 4 libri (due
dei quali avevamo già presentato l’anno scorso) formano ora una collana
completa, fatta di illustrazioni e di parole gaie, semplici e buffe, quasi un
fresco canto popolare, una nenia, una
filastrocca... I tedeschi e gl’inglesi hanno una produzione enorme di questi
libri della nursery. Noi italiani dobbiamo ancora imparare a darli in mano
ai nostri piccolissimi, contemporaneamente ai pagliacci e alle oche di gomma, perché imparino ad averne cura
e siano il primo anello di una lunga
catena. Questa iniziativa di Bompiani
ha una grandissima importanza.
la Parola di Dio, mentre i commentari
tendono ad aumentare. La Bibbia è
l’essere, la sostanza della nostra vita,
il messaggio diretto, mentre il commento, la dogmatica è il benessere e
cioè parte importante della conoscenza, ma indiretta e tale che spesso non
ci richiama neppure alla Parola della
Scrittura. Parliamo volentieri, ad
esempio, dell’ultimo commentario sulla lettera ai Romani, come di un autentico « benessere », menti'e raramente si parla della Bibbia come oggetto
di lettura quotidiana, di riflessione personale, di incontro con Cristo nella
Scrittura; ed è proprio in quel colloquio diretto che i Pentecostali ed altri gruppi di credenti hanno scoperto
il Signore e ne testimoniano con gioia
travolgente; per questo rapporto diretto la Bibbia è diffusa dai non-federati in misura del 95%, mentre da parte nostra soltanto per un misero 5%.
1 Samaritani non hanno creduto a
Cristo in seguito al commento della
donna del loro villaggio, bensì quando
hanno parlato direttamente col Salvatore: « ...e dicevano alla donna: non è
più a motivo di ciò che ci hai detto
che crediamo; perché abbiamo udito
da noi e sappiamo veramente che questi è il Salvatore del mondo » (Giovanni 4: 42).
Una bugia al culto.
Ogni domenica il pastore dice: « leggiamo la parola di Dio com’è contenuta... ». Il prete-pastore apre la Bibbia
e legge tutto solo dinnanzi ad una distratta' assemblea che ritualmente e
tristemente segue la lettura. Per questo a San Secondo qualcuno ha proposto che in ogni chiesa ci siano delle
Bibbie nei banchi, affinché ognuno possa seguire ed eventualmente interloquire dopo il messaggio per chiedere
chiarimenti. La Bibbia del centenario,
in edizione pregevole e ad un prezzo
irrisorio dato il \alore del Libro, può
essere acquistata facilmente. Con la,
Bibbia in mano è più facile confrontare per « vedere se le cose dette dal
pastore stanno così come la Bibbia dice » (Atti 17: 11).
Inoltre, come ho scritto nel n.« del
20/11 u. s., si può essere colportori del
Libro mettendolo sulla scrivania dell’ufficio, sul tavolo dove l’operaio consuma il suo pasto, dal barbiere, dalla
pettinatrice, dal medico, dal dentista,
dovunque c’è una possibilità di contatto con l’uomo della strada proprio
nello spirito dei valdese medioevale
che sceglieva un mestiere in vista della diffusione della Parola. Per questo
non occorre la grande cultura, bensì la
conoscenza della Parola, la preghiera
e lo Spirito Santo che come una dinamite ci muove, ci mette in contatto
col disperato, col dubbioso per annunziargli Cristo a mezzo della Parola.
Si dice che i giovani preferiscono
operare, mettersi in azione per chi non
ha casa, per chi non ha impiego, per i
baraccati, proprio come reazione ad
un certo tipo di testimonianza che
ignora il lebbroso, il paralitico, il morto di fame; d’altra parte se manca la
Parola ben presto l’azione si svuoterà,
perché al di là del pane e della casa il
cuore dell’uomo ha fame di qualcos’altro che gli faccia scoprire tutto il Cristo, tutto il messaggio che annunzia
una vita nuova, un cuore nuovo.
Regalo di Natale.
Le vie della diffusione del Libro sono tante e ne abbiamo già fatto cenno.
In clima natalizio si potrebbe dare all'amico, al compagno di fabbrica, a colui che incontro nel mio tempo libei-o
una Bibbia, proprio nello spirito del
vero Natale.
Inoltre per un’azione concreta, efficace, come è stato suggerito a San Secondo, si crei un gruppo di giovani che
svolgano questa missione, mettendosi
in contatto con la Società biblica di
Roma, in modo da formare una rete di
credenti simile a quella medioevale,
che opera per la diffusione della Parola scoprendo così il senso vero della
vita, intesa a dare anziché a ricevere.
Gustavo Bouchard
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIillllllllllll'lllll'l'hlllillllllllllllllllllll
Ramsey
e il razzismo
sudafricano
Pretoria (soepi). - Al termine del suo
viaggio di tre settimane nell’Africa del
Sud, il rev. Ramsey, arcivescovo di Canterbury, ha detto ai giornalisti: « Parto dolorosamente colpito dalla tragedia che mi è stato dato di vedere ».
La sua visita dello scorso 27 novembre al primo ministro Vorster è stata
definita come « un piccolo disastro »
dalla stampa. La speranza dell’arcivescovo di vedere il governo abbandonare la sua pressione sulla Chiesa anglicana e rinunciare alle misure di espulsione decise dopo l’incontro dei preti
contrari ddVapartheid è andata delusa.
Anche per quanto riguarda le prospettive di unità fra le chiese riformate
olandesi e le altre chiese, Vorster non è
affatto parso disposto a sostenere l’arcivescovo.
In un’intervista radiofonica diffusa
dalla BBC, Ramsey ha dichiarato che
l’apartheid in Sudafrica « è vieppiù rafforzato da azioni spietate... Dovunque
sono stato, ho sentito parlare di gente
di colore e di popolazioni africane trasferite per ragioni ideologiche, in applicazione della legge sulle aree di gruppo. Il sistema è sostenuto da un’attivissima rete di polizia segreta, da una milizia speciale e da delatori ufficiali ».
Nel commentare l’atteggiamento degli anglicani, ha proseguito: « Mi sono
urtato con una chiesa profondamente
conservatrice... che consente forse occasionalmente ad una partecipazione
multirazziale nei luoghi di culto, ma
ben decisa a continuare sulle sue posizioni fino alla fine dei tempi ».
Egli ha fatto noi are al clero bianco
che è giunta l’ora di una presa di coscienza sociale e teologica che deve concordare con una rinnovata testimonianza della Chiesa.
Durante un’altra conferenza stampa
tenutasi a Johannesburg, Ramsey ha
dichiarato: « Una rivoluzione violenta
in questo paese potrebbe condurre ad
una situazione fra le più tragiche. Il ■
tempo incalza: la sola alternativa alla
violenza che si possa intravvedere sta
nell’impegno dei bianchi di iniziare subito degli enormi cambiamenti, trasformando certe condi:.ioni di vita inumane
ed ingiuste. So per certo che, nel paese, parecchi cristiani si rendono conto
della necessità di .•cimili cambiamenti ».
Un tempo di crisi
Dichiarazione del Consiglio Canadese delle Chiese Protestanti
Montreal (bipi) — « Il Consiglio Canadese delle Chiese tiene ad esprimere
il suo appoggio ai governi del Canada
e del Quebec in questi tempi di crisi,
e riconosce il bisogno di un’azione rapida e decisiva in vista della gravità
della situazione.
« Stanti i pericoli inerenti alle libertà civili nei provvedimenti dell’Atto
delle Misure di Guerra, noi siamo lieti
di prendere nota della promessa del
Governo Federale di introdurre entro
un mese un'altra legislazione, e raccomandiamo vivamente che ciò sia fatto
il più velocemente possibile.
« Siamo lieti delle assicurazioni date dal governo che le persone arrestate secondo l’Atto saranno trattate con
giustizia ed umanità. Affinché non ci
possa essere nessun malinteso o delle
false voci a questo proposito, suggeriamo che degli osservatori indipendenti siano ammessi vicino ai prigionieri (un comitato di 14 persone è stato formato ed accettato dal ministero
della Giustizia di Quebec).
« Speriamo che la nostra preoccupazione per la crisi immediata non falserà il nostro impegno. Se dobbiamo
resistere alla violenza, noi dobbiamo
anche riconoscere il bisogno urgente
di un’azione positiva in risposta al risentimento nato dall’ingiustizie economiche e culturali.
Illillllllllllllllillllll
Fondo di solidarietà
Come già annunciato ai lettori, abbiamo inviato un milione al Centre Familial del Gabon ed ora il nostro prossimo versamento di un milione a favore del Centro di Sviluppo Comunitario del Congo Kinshasa che, come
abbiamo ripetutamente illustrato, segue, sotto la responsabilità dell’EPER
(svizzero), la situazione dei profughi
che sono fuggiti sotto le persecuzioni raligioso/razziste dell’Angola portoghe.se.
Questo nostro obbiettivo è in piena
armonia colla decisione del sinodo valdese di creare un fondo di solidarietà
per « sovvenire a situazioni di particolare gravità » e con riguardo « al vero
sviluppo dcH’uomo c non all’indiretto
mantenimento di una situazione ingiusta ».
Ecco un nuovo elenco. Attendiamo
nuove e numerose sottoscrizioni, con
preghiera di inviarle al conto corrente
postale n. 2/39878 intestato a: Roberto
Peyrot, corso Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Personalia
.irnahio e Liliana Genre hanno felicemente
celebrato le loro nozze d’argento: Taugurio
piò fraterno a questa coppia pastorale.
Nel presbiterio di Ombues de Lavalle (Uruguay) è giunta Erika Margarita, terzogenita di
Gerald e Neris Nan.sen. Vivi.ssimi rallegramenti e auguri.
Da Felonira Po: B. e L. Costabel L. 3.000.
Da Udine: R. Grillo 1.000.
Da S. Germano Chisone: 14“ vers. con simpatia 5.555; « I predicatori pa.s.sano. la Parola e lo Spirito restano » 10.000: « Solidarietà in Cristo » 5.000.
Da Pinerolo: B. Garro 3.000.
Da Roma: G. Conti 10.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Bergamo: Un lettore 50.000.
Da Torino: Ciku 5.000: E. Ribet 5.000.
Da Riclaretto: 5.000.
Da Frauenfeld fSvizzeraJ: D. Di Toro
5.000.
Da Lucca: R. Cerebini 2.000.
In cassa dopo il vers. per Gabon L. 582.637:
totale di cui sopra 111.000; totale generale
L 693.637.
« Noi tutti dobbiamo comprendere
che tutto il resto del Canada partecipa
all’angoscia del Quebec. Noi preghiamo affinché il dolore e la tragedia che
noi viviamo possano risultare in una
nuova decisione di fare tutto ciò che
è in nostro potere perché ogni canadese possa trovare la sua dignità e la
sua piena realizzazione in una società
libera e giusta ».
Scambi di giovani
Ginevra (soepi). - Dal Giappone alla
Finlandia, passando per il Brasile o
per il Congo, 500 giovani dai 16 ai 19
anni, di varie « razze », confessioni, culture e formazioni, fanno attualmente
l’esperienza di un soggiorno all’estero
allo scopo di osservare un contesto di
vita socio-economico, politico e religi.oso specifico. Vivono per un anno in
seno ad una famiglia, seguono dei corsi
G praticano un mestiere, partecipano
all’attività di una comunità religiosa e
di altri servizi sociali.
Queste esperienze rientrano nel quadro degli « scambi internazionali della
gioventù cristiana » organizzati dalla
Chiesa dei Fratelli negli Stati Uniti.
Una trentina di paesi partecipano
oggi sia all’invito che alla ricezione — o
a tutti e due assieme — di giovani desiderosi di fare un’esperienza positiva
tanto sul piano personale quanto su
quello del ravvicinamento delle comunità umane mondiali.
Pur essendo la suddetta organizzazione un organismo indipendente sovvenzionato dalle famiglie e dalle Chiese, essa si mantiene in stretto contatto
col Dipartimento della gioventù dei
CEC e con altri movimenti ecumenici.
Essa sta attualmente cercando di ottenere che l’America latina e l’Africa
mandino un maggior numero di giovani, rappresentanti di tutti gli ambienti sociali.
l'altro occupato ilei problemi e della sorte della
lingua tahiliana. deirurbanizzazioiie e della
famiglia.
L'avvenire della lingua tabitiana preoccupa
i Polinesiani, le cui scuole adottano solo la
lingua francese, a detrimento della lingua
nazionale che consentirebbe loro di .salvaguardare la loro identità culturale tradizionale. Il
Sinodo ha pertanto nominato una commi.ssione incaricata di studiare la questione riguardante la creazione di un’accademia ili lingua
tabitiana e delTinsegnamento del labitiano
nelle scuole. Oggi, la letteratura in tabitiano
si trova solo nella Bibbia e nella tradizione
orale.
Il Sinodo ha anche deciso di iniziare un'inchiesta suH'urbanesimo per raggiungere le popolazioni che non vengono toccate dall'attività
tradizionale delle parrocchie. Papeete ha, a
partire dal 1962. uno dei maggiori tassi mondiali di aumento di popolazione.
Vi è certamente una convergenza fra il desiderio dei Tahitiani di far rina.scere la loro
lingua nazionale e le aspirazioni autonomiste
di una parte importante degli 850 mila Polinesiani francesi. L’Assemblea territoriale
ilell’isola di Tahiti conta sin dal 1968 di una
maggioranza favorevole ad un cambiamento
statutario del territorio.
Per il bilinguismo
a Tahiti
Papeete. Tahiti (soepi). - 11 Sinodo delln
Chiesa evangelica della Polinesia francese tenutosi nciragoslo scorso a Papeete si è fra
Nuova facoltà di teologia
nel Libano
Beirut (hip). - Una nuova facoltà di teologia è siala aperta il 26 ottobre 1970 a Baiamand. nel Libano.
Diciotlo sono gli allievi iscritti al primo
anno: gii studenti in teologia sono ripartiti in
quattro anni universitari. Il rettore della Facoltà è il Metropolita Ignace (Hazim) di Lattaquié che insegna storia della filosofia. II
Professore J. Ronianidis della Facoltà di Teologia di Salonicco terrà alla Facoltà un corso
d inlroduzione alla Teologia Dogmatica. Altri professori terranno vari corsi: Bibbia, spiritualità. civilizzazione, lingue...
F la prima volta dopo molli secoli, che una
formazione teologica è data localmente nel Patriarcato di Antiochia e che gli studenti che
prima dovevano recarsi all'estero, possono seguire i loro studi in Libano, e viaggiare soltanto per studi e ricerche teologiche specifiche.
A questa pagina
Claudia Pevrot
ha collaborato
LA BIBBIA NEL MBNBB
a cura di Edina Ribet
La Bibbia presa sul serio
A HQNG-KQNG i rappresentanti della Società biblica sono stati invitati a
presentare il lavoro delle società bibliche ad un seminario organizzato nel
mese di settembre scorso dall'« Istituto pontificio per l'evangelizzazione delle Nazioni ». Vi presero parte 75 membri degli ordini religiosi di Hong-Kong
e di Macao. Ecco alcuni temi trattati:
« la Parola di Dio oggi; il mistero della
Parola di Cristo; l’Antico e il Nuovo
Testamento; popolo di Dio e vocazione
nella Bibbia; la Bibbia prima e dopo
il Vaticano II ». L’opera delle Società
bibliche è stata presentata, oltre che
dalle suddette conferenze, anche da una mostra, dalla proiezione di un film
e da un esposto riassuntivo al termine
dei corsi.
In famiglia
Nel VENEZUELA è stato istituito un
corso di formazione per la diffusione
biblica aperto, per la prima volta, a
intere famiglie: 51 famiglie hanno preso parte a questo corso, vale a dire
250 persone, oltre le 150 presenze individuali. I partecipanti erano divisi in
diverse classi, secondo l’età e il genere di lavoro; erano rappresentate undici denominazioni, compresi i cattolici. L’esperienza ha destato grande interesse c ottenuto vivo successo; infatti sono stati venduti più di 1000 Nuovi Testamenti in una settimana.
Ancora i giovani all’opera
In CAMBQGIA il colportaggio biblico è essenzialmente opera di un gruppo di giovani, che sono stati preparati
dal segretario della Società biblica a
presentare la Scrittura di porta in porta. L’équipe biblica giovanile è piena
di entusiasmo, c negli ultimi tempi la
diffusione biblica è passata da trecento a cinquemila copie vendute in un
mese.
Nel GHANA una giovane di 26 anni,
conosciuta come « la signora della Bibbia », compie un ministero benedetto
per la diffusione delle S. Scritture.
« Sono riconoscente a Dio — dice la
giovane Logotsè per avermi dato la
opportunità di far conoscere il solo
Libro che parli dell’amore di Dio per
l’uomo». Essa ha iniziato il suo ministero nel mese di novembre 1969, e in
otto mesi aveva già venduto 1000 Bibbie 2.000 Nuovi Testamenti e 24.000 porzioni bibliche.
Anche nel LIBANO vi è un movimento di evangelizzazione, denominato « Operazione Mobilitazione », che
lavora con la partecipaz.ione dei giovani. Alcuni preti cattolici e maroniti,
aabbandonati i loro pregiudizi contro
la Bibbia, si sono ultimamente molto
interessati a una conferenza del segretario della Società biblica, pastore Accad, sul tema: « Perché diffondiamo la
Scrittura e quali sono i risultati di
questa attività ».
Terre vergini
Nell’arcipelago di cui fa parte l’isola MAURIZIO (Oceano Indiano) i rappresentanti di diverse confessioni (anglicani, cattolici ecc.), si sono messi
d’accordo per fondare un comitato responsabile di fornire la Bibbia alle
isole dove risiedono le loro comunità,
e incaricato anche di mandare colportori per incoraggiarne la diffusione.
Intanto, per incominciare, hanno fatto
un’ordinazione di 30.000 copie della
Scrittura.
In breve
CILE. Le autorità cattoliche hanno
richiesto, per la prima volta, un seminario di diffusione biblica alla Società
biblica del Cile, per i rappresentanti
di una ventina delle loro diocesi.
FILIPPINE. In occasione della visita di papa Paolo 'VI, la società biblica
ha messo in circolazione 70.000 copie
dell’Evangelo di Marco, tradotto nelle
due principali lingue locali.
GUATEMALA. Sono stati organizzati nel paese corsi per adulti analfabeti, c la Società biblica ha fatto dono al
direttore dell’Educazione Nazionale di
250.000 selezioni bibliche da regalare
agli allievi iscritti a questi corsi all’inizio dell’anno 1971.
IRAN. Durante l’estate 1970 si sono
radunati aH’Università di Meshed 45
membri dell’équipe incaricata di tradurre la Bibbia nelle undici lingue in
uso nella Turchia c nel Pakistan.
BOLIVIA. Juan, un giovane boliviano, trova un giorno un pezzo di libro
sfasciato sulla strada polverosa che
sta percorrendo. Lo prende e ne legge
alcuni brani che destano il suo interesse; così mette il libro in tasca, c
più tardi lo legge ad un amico; « semi
qua! questo è assai meglio di quello
che ci insegnano al partito! ». Si trattava del Sermone sulla montagna; l’amico gli dice: « ma questa è la Bibbia! »; « impossibile — risponde il giovane — tu sai clic io c la chiesa non
andiamo d’accordo, c che non voglio
aver niente a che lare con il cristianesimo ». Ma l’amico, convertito da poco,
10 persuade confrontando il testo con
11 suo Nuovo Testamento; dopo poco
tempo anche Juan diventa cristiano:
non più agitatore politico, ma agitatore per il Signore.
Doni Eco-Luce
Da Torre Pellice: Flora Tourn 500; Elena
Geymonat 500; Domenica Abate 500; Gusta*
vo Comba 3.000; Graziella Jalla 1.000.
Da Torino: Bartolomeo Bellìon 500; con.
Quara 1.000: L. C. 10.000.
Liliana Malan. Torre Pellice 500; Anna
BoLijour. Sanremo 500; Adelina PeyroiieL PI*
nerolo 500.
Grazie! ( continua)
4
pag. 4
N. 50 — 18 dicembre 1970
Cronaca delle Valli
Natale in famiglia
A TORRE PELLICE
Assemblee popolari ad Angrogna
Abbiamo fatto una breve inchiesta,
in una comunità delle Valli, per sapere come è celebrato oggi il Natale nelle lamiglie. Secondo un detto popolare, Natale è una festa che si celebra
soprattutto in famiglia — Natale con
i tuoi... — e tutti abbiamo in mente
questo quadro tradizionale; la famiglia raccolta davanti all’albero, si canta, i bambini recitano la poesia. Cosa
rimane oggi di questo quadro? Abbiamo interrogato un gruppo di catecumeni .alcuni commercianti, alcune persone incontrate a caso per la strada.
Ecco le risposte.
L’ALBERO
— L’albero lo faccio per tradizione e
per rendere più Natale.
— Faccio l’albero perché mi ricordo
di quando ero bambina.
— Si fa l’albero perché noi valdesi abbiamo questa abitudine
I catecumeni riconoscono che non c
indispensabile.
E il presepe?
Nessun valdese lo fa, però a farlo
non ci sarebbe niente di male.
— Si potrebbe fare il presepe perché
rappresenta meglio quello che è successo il giorno di Natale.
— Però l’albero è più allegro.
— Si, però non ha molto rapporto
col Natale.
— Il presepe è più significativo perché ci sono i personaggi e si vede concretamente la nascita di Gesù.
Gli adulti sono più pratici:
— Si fa l’albero perché è più comodo del presepe.
— Faccio l’albero e non il presepe
perché non ho posto.
« CHE BARBA, QUESTI REGALI! »
Ormai con i regali si esagera. Questo
è il parere dei catecumeni.
— Una volta il Natale era più significativo, più semplice, perché c’era più
povertà.
— Si dovrebbero fare dei regali, però
più utili e più semplici, come im capo
di vestiario, un libro...
— Però non siamo abituati a un Natale senza regali.
Oggi dal Natale ci si aspetta qualcosa di tangibile e questa abitudine ha
fatto dimenticare il vero significato del
Natale. Questo giudizio dei catecumeni pare confermato dalle seguenti risposte di adulti:
— Dal Natale ci aspettiamo la salute,
unica cosa veramente importante.
Fermiamo un giovane per la strada;
non ha tempo di pensare e ci ri.sponde
frettoloso: È una festa molto importante; per me va bene, perché c’è la
tredicesima.
Perduto di vista il significato centrale, la festa può anche venire a noia. Ci
dice un commerciante: — Natale non si
sente più come una volta. Anche la gente che viene al negozio dice: « Che barba fare di nuovo i regali! Non vorrei
mai che fosse festa ». Poi c’è bel tempo
e non la neve, quindi non .si sente.
NATALE, GIORNO DI TRISTEZZA?
In questa situazione che cosa resta
del significato originario? Qui le risposte si fanno meno precise: qualcuno
riconosce che l’aspetto « religioso » è il
più importante, o ci si limita a dire
che è la festa più importante dell’anno perché è la nascita del Signore,
aggiungendo però subito dopo che è
soprattutto un’occasione che raduna
tutti i familiari.
Ma non si potrebbe cambiare il modo di festeggiarlo? In quante famiglie ci si riunisce per leggere il racconto biblico c per cantare qualche inno? I catecumeni non conoscono più
questo uso. Non potrebbero prenderne
di nuovo l’iniziativa? Risposta: — No,
perché non verrebbe preso sul serio
dagli adulti, tranne forse da qualche
anziano.
La gioia del Natale è dunque confinata nel culto ufficiale: per essa, in
famiglia, non c’è più posto. In molti
casi, la festa c solo più un’occasione
per ricordi dolorosi:
— Una volta .si festeggiava tutti insieme, ma da quando è morto mio marito non è più come prima.
■— Natale non lo festeggio più perché mi ricorda solo tristezze. Naturalmente lo faccio per il bambino che non
deve risentire dei nostri dolori.
— Natale è quasi sempre spiacevole
perché ogni anno capitano disgrazie.
UNA TRADIZIONE
CHE SI ESAURISCE
E UN MESS.AGGIO CHE RIMANE
Naturale che, in questa situazione,
molti, soprattutto giovani, compiano
l’ultimo passo: il rifiuto totale della
festa:
— Escludo a priori che possa essere
valido un avvenimento come il Natale.
È una festa religiosa come tante altre,
e valida solo per i bambini perché ricevono i regali. Adesso poi ha solo più
un aspetto economico; si ha qualche
beneficio che in genere va a coloro che
ne hanno già molti.
— Natale è il periodo in cui la gente
mette a nudo le ipocrisie che non ha
messo a nudo durante l’anno. Per me
non ha valore.
Ma non c’è soltanto il rifiuto. Ci può
essere una critica che metta bene in
luce il vero c unico modo di vivere
l'annuncio della venuta di Cristo. Dice
un maestro cattolico:
— Dovremmo abolire il Natale, come
ha detto Castro, perché non è più una
festa religiosa, ma è una festa del capitale. La questione religiosa è un’altra
cosa. Le feste religiose a data fissa non
hanno senso: il Natale bisogna viverlo
ogni giorno nel .suo più vivo significato.
Da tutte queste risposte si può trarre
almeno una conclusione: non soltanto
il significato profondo del messaggio
evangelico è quasi dimenticato, ma non
si può neanche dire che la festa tradizionale rimanga in vita. Anche i simboli, come l’albero, che, per quanto discutibili, esprimevano qualcosa di autentico, sono conservati stancamente.
Anche i regali, espressione di comunione, della gioia di chi ha ricevuto dal
Signore la salvezza, son fatti ora senza
piacere, senza partecipazione, per dovere. Resta l’aspetto più superficiale e
utilitaristico; quello che passa, senza
lasciar traccia: la vacanza, i divertimenti, i pranzi. Ma questa non è più la
festa di Natale: la tradizione si è ormai esaurita.
« Oggi vi è nato un Salvatore »: questo messaggio non si esaurisce, certo,
esso è indipendente dalla tradizione natalizia. Se questa tradizione muore, cercare di farla rinascere è forse tempo
perso: il Signore risuscita gli uomini,
non le tradizioni.
Nei quartieri si discutono
i probieuii aoimioistrativi
La proposta di istituire i consigli di
quartiere ha già trovato una sua
forma di attuazione: nelle due ultime
settimane, in tutti i quartieri, si sono
tenute le prime assemblee di cittadini
per impostare fin da ora il programma
di attività e il metodo di lavoro.
Tali riunioni hanno registrato la partecipazione degli abitanti della zona che
hanno avuto la possibilità di ritrovarsi
insieme per prendere visione collettivamente dei problemi più urgenti del
loro quartiere e per ricercare in comune le possibili soluzioni: i problemi
immediati (soprattutto per quanto riguarda i quartieri periferici. Inverso
Rolandi, Coppieri, Simound, Ravadera) sono stati quelli delle strade e dell’illuminazione.
Un dato da segnalare: nel corso delle
riunioni è emersa la volontà di continuarle (su convocazione dei cittadini
stessi) per coordinare le varie richieste
e per la scelta dei rappresentanti di
quartiere che altro non sono se non
portavoce, in sede di Giunta comunale,
della volontà espressa dall’assemblea.
In tal modo la Giunta non è più l’organo deliberante, ma esecutivo.
Nel corso dell’estate nel comune di
Angrogna si è verificato un fatto nuovo: nella zona del Serre si sono fatte
delle assemblee per iniziativa della popolazione stessa, che è travagliata da
alcuni gravi problemi, sul tappeto da
anni, ma sempre insoluti per mancanza di mezzi. Strada incompiuta nel
tronco San Lorenzo-Serre, acquedotto
progettato, elettrificazione insufficiente
o mancante sono stati gli argomenti
discussi animatamente dalle persone
intervenute dopo le faticose giornate
trascorse nei campi durante i lavori
estivi. Espressioni finali di tali assemblee sono state delle richieste scritte,
co-nsegnate a mano al Sindaco di Angrogna e ai quattro consiglieri provinciali della zona, saliti appositamente
per rendersi conto di persona della gravità dei problemi sollevati. Contemporaneamente partiva una lettera all’Assessorato alla Viabilità della Provincia per la soluzione del primo e più urgente problema: la bitumatura della
strada San Lorenzo-Serre, lunga neppure due chilometri, da 16 anni sistemata in parte come fondo stradale e
mai portata a termine!
Ultimamente, T8 novembre scorso,
veniva indetta una terza assemblea alla
presenza del vice-presidente della Provincia L. Poèt, dei consiglieri provinciali C. Martina, L. Bein E. Bert, del
Sindaco e di una buona rappresentanza del consiglio comunale. La popola
zione numerosa ed attenta, ha così saputo cl-^ una perizia è già stata fatta,
circa i favori per la bitumatura della
strada, dagli uffici tecnici della Provincia e che tali lavori dovrebbero essere
realizzati nella primavera dei 1971: i
consiglieri provinciali si sono impegnati a tale scopo.
Ogni interessamento è stato promesso anche per la realizzazione dell’acquedotto e per la distribuzione di energia
elettrica in tutta Angrogna, anche se
appare chiaro che questi problemi non
potranno essere risolti in breve tempo.
Ora la popolazione aspetta con ansia
che le promesse diventino realtà, sicura che le sue richieste del minimo indispensabile al giorno d’oggi, non cadranno nel vuoto.
A Luserna San Giovanni
costituite delle Commissioni
di cittadini
La giunta municipale di Luserna San
Giovanni ha deliberato di costituire
delle commissioni facenti capo ad ogni
Assessorato.
Il compito di queste Commissioni,
formate sia da esperti che da comuni
cittadini, è quello di discutere insieme i problemi relativi al trasporto allievi, alla scuola in genere, alla agricoltura e inoltre di sentire qual è l’opinione della popolazione in materia.
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIilllllllllllllimilllllllllllllllllllllllllllllUIIIII
Dibattuti a Penosa i problemi delle Valli
Un incontro riuscito soltanto in parte - Occorre che gli abitanti delle Valli possano esprimersi direttamente
Dispiace criticare un Circolo culturale vivace e attivo come « Il torrente »
di Perosa-Pomaretto, ma il « 1° Incontro di studio sulle prospettive delle
Valli », da questo organizzato domenica 6 dicembre, è riuscito solo in parte.
Per una buona parte della mattinata
sembrava il convegno di chi non abitando nelle Valli viene a dire a quelli
che ci abitano quali sono i loro problemi. Doveva esserci una sola relazione iniziale che era stata chiesta al Sen.
Vittorelli, presidente del Consiglio della Regione piemontese, il quale ha introdotto i principali problemi della
montagna e le prospettive aperte a
questo riguardo dallo Statuto della Regione. Ma a questa hanno fatto seguito almeno altre due relazioni, una
dell’Assessore provinciale allo sviluppo
sociale ed economico E. Bozzello — per
altro ricca di dati estremamente interessanti sul pinerolese — e una dell’Assessore al turismo Moretti, lunga e
piena di trafori e di autostrade. Anche
il Sen. Rotta è intervenuto brevemente,
c si è arrivati così ad una pausa con la
proiezione del cortometraggio « I minatori di Praly » di Giorgio Trentin, pieno di vedute e volti familiari ma così
evidentemente tagliato da far rabbia (i
tagli sono dovuti alle pressioni della
Val Chisone, perché una parte del filmato e del commento ledevano il buon
nome dell’azienda...).
Finalmente la palla è ritornata a chi
gioca in casa e si è avuto un lungo e
appassionato intervento di R. Genre,
sindaco di Perrero, che ha più volte affermato che in condizioni come quelle
attuali è impossibile amministrare un
comune: carenze nella scuola, finanziamenti-elemosina, malattie, viabilità, ecc.
Per il resto della mattinata gli interventi sono stati alterni e su una notevole varietà di problemi. Ricordiamo
l’analisi politica di M. Giovana (PSIUP)
che metteva in luce il criterio delle
scelte di intervento operate finora; le
interessanti proposte di un medico dell’Ospedale di Pinerolo a proposito di
determinate analisi di laboratorio attualmente eseguite solo a Torino (possibili anche a Pinerolo se solo ci si
muovesse) e della cura della balbuzie;
un intervento dell’Ing Piccoli sulla necessità di coordinare i piani di fabbricazione.
Si è giunti così, praticamente, alla
fine dell’incontro. Dopo il pranzo si è
continuato, ma con la banda, le filmine sui fiori e le montagne di Don Bessone e il film del raduno dei cultori del
paiois provenzale a Perrero. Tutte ottime cose, ma non si vede cosa avessero in comune con il convegno della
mattina che aveva evidentemente un
carattere di studio socio- economico.
L’unica cosa del pomeriggio che fosse
in tema è stala un accurato filmetto
del pasl. C. Tourn sulle condizioni di
vita e di lavoro alle Valli, proiettato a
sala ormai pressoché vuota.
Malgrado queste carenze di impostazione, l’Incontro ha certamente avuto
una sua utilità e il numero dei partecipanti testimonia dell’ interesse che
iniziative di questo genere possono suscitare. Sarà tuttavia necessario, per i
prossimi incontri che sono stati preannunciati, chiarire per chi sono fatti
questi incontri. Se vogliono essere pella gente delle Valli sarà necessaria una
struttura diversa che dia molto più
spazio ad una elaborazione organica
dell’analisi della situazione nelle Valli,
condotta in prima persona dagli abitanti delle Valli stesse. Non sarebbe
per esempio possibile una mattinata
di discussione a gruppi, ciascuno dei
quali esamini un particolare settore
(agricoltura, industria, turismo, scuola.
sanità, strade e viabilità, ecc.), con la
partecipazione nei diversi gruppi di
rappresentanti degli organi provinciali
e regionali, e un pomeriggio di rapporti dei diversi gruppi?
Forse per un primo Incontro non si
poteva fare diversamente; ma per il
secondo qualche cambiamento è possibile e necessario perché questa ottima
iniziativa abbia 'm seguito e richiami
ancora una vasta partecipazione.
Terzo mondo
e alati occidentali
Domenica 6 dicembre si è tenuta a
Torre Pellice, per iniziativa dell’UCDG,
una tavola rotonda sui problemi del
Terzo Mondo.
Hanno introdotto il dibattito un
esponente del Movimento Sviluppo e
Pace, un professore nigeriano ed uno
studente dell’India; moderatore il prof.
Alberto Gabella.
I punti principali della relazione introduzione possono essere così indicati:
1) I paesi .lei Terzo Mondo non
hanno un’economia autonoma ma dipendono dai paesi industrialmente
avanzati. Infatti essi costituiscono la
fonte principale di materie prime (petrolio), un campo di investimenti molto redditizio e un mercato di sbocco
dei prodotti industriali. Cioè i paesi
occidentali prelevano le materie prime,
le lavorano trasformandole in manufatti che vengono poi rivenduti nel
Terzo Mondo a prezzo molto elevato
(mentre il prezzo della materia prima
tende a scendere, quello del manufatto aumenta a danno dei paesi del Terzo Mondo).
2) Da ciò deriva che il divario tra
paesi avanzati e quelli sottosviluppati
non tende per nulla a annullarsi perché i paesi capitalistici che hanno in
mano l’economia del Terzo Mondo, non
hanno alcun interesse a far investimenti che permettano al Terzo Mondo uno
sviluppo industriale autonomo che farebbe cessare la loro supremazia economica. Ad esempio, nell’Africa Tropicale le uniche industrie impiantate dal
capitale straniero sono quelle dell’estrazione delle materie prime, mentre manca completamente l’industria
pesante (meccanica, siderurgica).
Un altro motivo in base al quale i
paesi sottosviluppati non possono raggiungere il livello dei paesi altamente
industrializzati è che i profitti ricavati
dalle iniziative economiche nel Terzo
Mondo non vengono reinvestii.’ localmente ma sono esportati nei paesi di
provenienza.
3) Con l’indipendenza politica è sallllllllllllllllllllllllllllllllllliimilllilllMIIIIllllllllllllllllll
Ouestiuuariu prò Istituti
La circolare delle Chie.se di Angrogna, Lu.scrna .San Giovanni e Torre Pellice contiene
que.slo mese un questionario per tutte le famiglie delle quattro comunità. Lo scopo del
questionario è di far conoscere le necessità
davvero grandi degli Istituti valdesi presenti
nella zona (Ospedale. Convitti. Case <li Riposo), e di conoscere quanti membri di chie.sa
.sono di.sposti a dare ogni tanto qualche ora
del loro tempo per alleggerire il lavoro del
personale.
Nella zona di Luserna San Giovanni e Torre Pellice sono presenti nove istituti valdesi.
lita al potere un’élite sociale (burocrati, uomini d’affari, intellettuali) che,
essendo sprovvista per forza di cose
di capitali propri, ha trovato un appoggio sicuro nel capitale straniero
favorendone la penetrazione economica con tutte le conseguenze sopra descritte (ciò che si chiama neocolonialismo).
A questa introduzione è seguita una
serie di domande da parte del pubblico
al professore e allo studente intervenuti (situazione politica, economica dei
paesi di provenienza, Nigeria e India,
prospettive di sviluppo del Terzo Mondo). Lo studente ha puntualizzato le
conseguenze economiche disastrose che
la colonizzazione inglese ha determinato in India e il perdurare della dipendenza economica dopo l’indipendendenza (secondo il meccanismo sopra
descritto).
Piuttosto generiche le parole del Professore nigeriano che non ha affrontato concretamente i gravi problemi delle aree sottosviluppate.
Si è parlato inoltre degli « aiuti » al
Terzo Mondo e si è messo in rilievo
come essi altro non siano che fumo
negli occhi in quanto costituiscono solo una parte minima dei profitti che i
paesi ricchi ricavano dai paesi sotto
sviluppati, servono in gran parte a costruire vie di comunicazione .grazie alle
quali l’accesso alle materie prime e la
loro fuga sono facilitati, assumono la
forma di « prestiti », il che perpetua lo
stato di dipendenza e di vincolo economico di chi riceve verso chi dà.
A Prarostino
la Scuola Domenicale
si rinnova
La Scuola Domenicale di Prarostino
funziona quest’anno in questo modo:
L’attività si svolge per la durata di due
ore, anziché di una sola e copre così
una gran parte della mattinata. Nella
prima ora viene ricapitolato il programma svolto durante le ore di religione nelle scuole nella forma di un
culto a cui partecipano i ragazzi stessi.
La seconda ora è invece dedicata ad
attività espressive (drammatizzazione,
disegni, collage, lavori con la creta, la
plastilina, ecc.). I bambini sono liberi di partecipare a questa seconda
parte e di scegliere le attività che a loro
maggiormente interessano.
Questa esperienza pare positiva in
quanto tutti i bambini vi partecipano
attivamente.
Un problema resta aperto: la difficoltà di avere locali adeguati, essendo la
sala che ospita i bambini troppo piccola e non potendosi usare, per mancanza di riscaldamento, la sala delle
attività.
H ■'
Un’iniziativa dell’Unione
delle Madri di Villar Pellice
L’Unione delle Madri di Villar Pellice ha
preso Tiniziativa di invitare per una giornata
le ospiti del Padiglione delPOspedale di Torre
Pellice. Domenica 6 dicembre il gruppo ha
così potuto fare una breve gita, trascorrendo
alcune ore serene nelPatmosfera familiare della comunità del Villar. Al mattino ha partecipato al culto, e dopo il pranzo ha assistito a
una proiezione di diapositive curata dal Pastore Jahier.
L’ottima iniziativa ha dimostrato che le
nostre comunità possono fare molto per aiutare e circondare le persone che vivono nei
nostri istituti.
tiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
La Biblioteca Vaidese di Torre Peilice
Terminati i lavori di ampliamento e sistemazione dei locali, la biblioteca potrà diventare un luogo di incontro
della popolazione. Intanto essa costituisce un servizio
attuale in grado di soddisfare gli interessi più vari.
La Biblioteca Valdese di Torre Pellice risulta dalla fusione (1889) della
Biblioteca del Collegio e di quella dei
pastori, e dalle successive accessioni
ed arricchimenti. Oggi essa consta di
oltre cinquantamila volumi, concernenti ogni campo del sapere, ma con
fondo particolare riguardante la teologia e la storia del Protestantesimo. Insieme alla Biblioteca della Facoltà di
Teologia ed alla Guicciardiniana di Firenze, essa costituisce quindi una grossa documentazione sul Protestantesimo non esistente altrove in Italia.
Come è noto, uiia Biblioteca è valida
se diventa uno strumento utile di lavoro e non rimane un deposito di libri: in tal .senso, da alcuni anni si sta
lavorando per rimpianto di un catalogo a soggetto (di facile consultazione per chiunque) accanto all’antico catalogo alfabetico degli autori, di utilità relativa.
1 sinodi 1969 c 1970 hanno dedicato
anche qualche momento all’attività
della Biblioteca Valdese, promuovendo l’attività di un centro culturale che
se ne occupasse e l’inserisse accanto
agli altri strumenti culturali esistenti
in Torre Pellice, la Società di Studi
Valdesi, con la sua Biblioteca ed il Museo storico, l’Archivio della Tavola:
questo allo scopo di dare una maggiore efficienza a questi strumenti e predisporne un più completo funzionamento.
La prima fase dell’attività è stata
volta a rendere più utilizzabili i locali,
i libri ed i documenti: ed è così che,
per quanto riguarda la Biblioteca, si
stanno in questo momento effettuando i lavori destinati all’impianto di riscaldamento ed al ricupero nel seminterrato di tutta una serie di locali, che
serviranno da magazzino. Sono previsti inoltre lavori di altro genere ed un
più deciso sviluppo del lavoro di catalogazione.
Intanto la Biblioteca, grazie a doni
di varia natura, ha potuto tenersi in
parte aggiornata, almeno riguardo agli
interessi del pubblico cui è rivolta:
storia valdese e del protestantesimo,
teologia, pedagogia, classici, narrativa
moderna, politica e sociologia.
Mentre ci riserviamo di comunicare
le « novità » principali, se questo sarà
possibile attraverso il giornale, ricordiamo intanto che la Biblioteca è aperta a tutti (attualmente il lunedì e il
giovedì dalle 16 alle 18), che il servizio
è gratuito, e che essa è in grado di
soddisfare le esigenze di un pubblico
vario per cultura ed interessi.
Quello che essa non può dare, è il
desiderio di leggere, ma può certamente aiutare a svilupparlo; ed i bibliotecari sono sempre a disposizione di tutti coloro che 'debbono effettuare ricerche, studi particolari, inchieste, o aggiornarsi sui grossi problemi del nostro tempo.
H.
5
18 dicembre 1970 — N. 50
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Inaugurato a Rimini il nuovo complesso comprendente la cappella e la casa comunitaria Un disco inciso dalla Corale Valdese di Torre Pellice, dinuso dalia Claudiana
Comunione fraterna e testimonianza Canti della Riforma
evangelica sulla Riviera Adriatica
Domenica 15 novembre, con un culto presieduto dal Moderatore, abbiamo inaugurato ufficialmente la nostra
Cappella e casa pastorale annessa. Alle 11 precise la piccola e storica campana, dono del Pastore Heinz Machmar di Biblis, ha annunciato l'inizio
del culto, suonando per la prima volta
a distesa.
Pioveva fin dal mattino, ma questa
giornata doveva essere per tutta la
Comunità Adriatica un’occasione d’incontro attorno alla Parola del Signore, a quella Bibbia già aperta sul tavolo della Santa Cena fin dal 28 apri
rare questa riforma ed è questa Parola di Dio che è aperta qui fra noi...
La Chiesa si conforma al presente secolo quando vive solo per se stessa;
quando, avendo edificato un tempio
(piccolo o grande, non importa la misura), vi si rinchiude. La Chiesa si conforma quando ha perduto la sua dimensione missionaria.
« Siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente » ci ammonisce l’Apostolo. Si tratta di un mutamento radicale di prospettive: vivere come appartenenti al mondo nuovo
di Cristo, al mondo pazzo del sermone
le 1968. Infatti in quella domenica avevamo avuto il primo culto nella nuova
Cappella di cui praticamente esistevano solo i muri: niente porte e il soffitto appena coperto dai soli tavelloni
La stagione estiva era già iniziata e
bisognava sospendere i lavori fino ad
ottobre. Naturalmente c’era anche la
ragione economica che ci imponeva di
procedere per tappe.
Domenica mattina, dunque, la chiesa era piena e certo, in altra stagione,
non sarebbe stata sufficiente a contenere tutti gli ospiti che sarebbero venuti dalle varie città d’Italia e dall'estero: tutti quei numerosissimi amici
che in tanti anni (dal 1962 ad oggi)
hanno dato il loro tangibile contributo affinché ci fosse qui a Rimini, e proprio in pieno centro balneare, un luogo in cui poterci incontrare in tutta
libertà e da cui avviare la nostra testimonianza su tutta la Riviera Adriatica.
Erano certamente tutti presenti col
pensiero e con la preghiera, avevano
ricevuto la cartolina con la foto della
chiesa, e noi li sentivamo vicini come
li abbiamo sentiti in tutti questi lunghi anni di pazienza e di attesa, nell’alternarsi di timori e di speranze, di delusioni e di gioie.
C’erano fra noi, graditissimi, i conduttori delle Chiese Evangeliche di Rimini: il Dr. Negri della Chiesa dei Fratelli ed il Dr. Mazzi e famiglia della
Chiesa Pentecostale, c’era Don Valgimigli in rappresentanza del Seminario
di Rimini e vari amici e simpatizzanti
di questa città che ormai consideriamo nostra. Da Pisa il Dr. Eco Giorgi,
segretario della Commissione Distrettuale, ci ha portato il saluto del Presidente, Past. Colucci, e delle Comunità
toscane.
Il Pastore Zotta ha svolto la parte
liturgica del Culto, iniziando con la
lettura del Sermone sul monte, poi il
Moderatore ci ha rivolto un caldo e
fraterno messaggio ispirato a Romani 12: 2.
È giusto rallegrarci, ha detto il Pastore Giampiccoli, per questa casa che
ci è stata donata dalla grazia di Dio
per rendere un servizio non soltanto a
voi della Comunità di Rimini, ma anche a tutti gli abitanti di questa città
ed a tutti gli ospiti che l’affollano nei
mesi estivi; un servizio che è indicato
chiaramente da questa Bibbia aperta
sul tavolo della Santa Cena: la testimonianza della Parola di Dio fra gli
uomini del nostro tempo. Ma il nostro
festeggiare deve essere accompagnato
anche da un ammonimento per tutti:
non siamo arrivati, ma qui comincia
un cammino, qui comincia una nuova
responsabilità.
L’apostolo Paolo scrive ai Romani:
« Non vi conformate a questo secolo,
ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente... ». Ebbene, questo non è soltanto il fondamento della vita cristiana individuale,
ma il problema investe anche la vita
delle comunità che sono chiamate a
non conformarsi, ma a trasformarsi.
La lotta tra il conformismo e la trasformazione si chiama, in buoni termini teologici. Riforma. Vi è un solo criterio di valutazione e di scelta per ope
AVVISI ECONOMICI
CERCASI doraeslieo o dome.stìca servizio intero per uomo .solo residente in Biella. Alloggio signorile. Stipendio adeguato. Referenziare età e posti occupati. Scrivere al sig.
Bert rag. Edoardo. 1,3051 Biella (Vercelli)
Via G. B. Botalla. 3.
sul monte, al mondo della Croce, al
mondo della Resurrezione che è il fine
ultimo. Perciò noi protestanti parliamo della Chiesa come sempre da riformare. Una chiesa che sappia riconoscere il suo Signore nella realtà contemporanea; una chiesa che viva nel
mondo non per lalvare sé stessa o le
proprie tradizior l, per nobili ed illustri che siano, ma per essere testimone del Regno di Dio che viene e di
quello soltanto ».
* * *
Dopo il culto ci siamo ritrovati nella sala della vicina pensiorie Lillà per
un’agape fraterna e quindi siamo ritornati nel Tempio. Molti, purtroppo,
avevano dovuto ripartire a causa del
maltempo che rendeva più disagevole
il viaggio di ritorno. Il Pastore Zotta
ci ha letto i messaggi di saluto e di
augurio giunti da ogni dove e ci ha
comunicato che al mattino presto aveva ricevuto per telefono, da Torino, il
saluto dal caro pastore Carlo Gay, il
nostro primo Pastore. Si è proceduto
poi all’estrazione della seconda lotteria « pro cappella »: era in palio una
radiolina giapponese a transistors che
è stata vinta dal fratello Van Raay,
membro del nostro Consiglio di Chiesa. Per la cronaca, il premio della prima lotteria, l’orologio svizzero con datario, è stato vinto da una turista svizzera ed è quindi tornato in patria.
Il Moderatore ci ha detto ancora alcune parole di saluto ricordandoci che
il sale per avere, e soprattutto per dare, sapore deve sciogliersi e mescolarsi agli alimenti e non restare nella saliera, per bella che essa sia. E così dicendo faceva un gesto con la mano
che abbracciava tutta la chiesa. L'abbiamo guardata ancora una volta, così
bella e raccolta: la Bibbia antica e
pregevole, dono della cara Comunità
di Firenze, i globi di Boemia sfavillanti di luce, dono della Comunità di
Hersheid, la tabella dei cantici, dono
della Comunità di Villar Perosa ed
ogni pietra, ogni assicella di pedinato
che per noi avevano il nome ed il volto di un caro amico e ci siamo sentiti
veramente tanti e tanti, innumerevoli
proprio come la rena del mare. Allora
l’invito ad uscire c ad andare per il
mondo ci ha riempiti di speranza e di
nuovo entusiasmo ed abbiamo sentito
ancora più forte l’impegno preso nel
lontano 1960 quando avevamo deciso
di fare qualsiasi cosa per poter testimoniare in questa città, dove il Signore ci aveva posti, il Regno di Dio con
le parole e coi fatti.
Era già quasi sera quando ci siamo
separati, dopo il canto dell’inno « Lode all’Altissimo ».
Non vogliamo chiudere questo breve resoconto senza ringraziare di cuore tutti gli amici che ci hanno sostenuto e ci sostengono con l’aiuto e con
la preghiera: dalla Gustav Adolf al
Kirchliches Aussenamt, dalla Tavola
Valdese fino a quel fratello che ci ha
inviato, per vari mesi, 200 lire per un
mattone decurtandole dalla sua modesta pensione. Ma siamo soprattutto
grati al Signore per tutti i suoi doni e
per le benedizioni di Sui ci è stato prodigo finora.
« Benedici, anima mia, l’Eterno,
e non dimenticare alcuno dei suoi
benefici ».
A. D.
I lettori ci scrivono
Il contestatore per eccellenza
Un lettore, da Treviso:
Signor direttore,
evangelico della diaspora, colgo l’impulso a scriverLe le mie impressioni derivate dall’avere assistito alla nuova trasmissione televisiva che seguiterà ad andare in onda il giovedì sera sul II canale.
Rilevo che, a differenza della trasmissione tv dello scorso anno, « Il terzo giorno », che risultò di scarso interesse e incapace di risvegliare le coscienze del pubblico, in un dialogo veramente ecumenico,
concentrando l’attenzione sulla cristologia,
mi è parso che la prima puntata dell’attuale trasmissione sia decisamente superiore, improntata finalmente a un informazione valida offerta al pubblico televisivo. credente e non, centrata sulla figura
del Gesù storico e sulla portata attuale
del Cristo.
Particolarmente interes.sante la larga
partecipazione di esponenti delle chiese
evangeliche italiane ed estere: Paolo Ricca. Oscar Cullmann. Visser ’t Hooft; le
loro presentazioni del tema del Cristo rivoluzionario collimavano, anche con quella di don Germano Pattaro. ed erano tali
da colpire Io spettatore, fosse incredulo, cristiano o di altra concezione religiosa.
L'affermazione se Gesù Cristo sia il rivoluzionario. il Contestatore per eccellenza
nel mondo sociale di allora e di oggi risulta chiara specie a coloro che vedono in
Lui un pericolo per la loro potenza terrena : essi lo considerano un ribelle all’ordine costituito, come i concittadini dell indemoniato di Cerasa sentivano m lui un
disturbatore, mentre per i minimi e gli
oppressi era il Liberatore. Direi, secondo la
visuale evangelica, che Cristo pur avendo
autorità divina non ne abusa per assumere
un pretto carattere rivoluzionario: egli attua bensì la volontà del Padre suo. nelPinvito deciso e senza compromessi alla
riconciliazione del vero ribelle, l’uomo con
il Creatore di tutte le cose. Dio. Allora,
agli occhi dei fratelli di Cristo, egli e il
vaglio nelle mani dell’Eterno, che ripulisce
l’aia sua dal caos delle superbie umane.
La bocca del saggio dirà allora: egli .solo
è il Restauratore del Regno di Dio. al
quale ruonio aveva voltato le spalle.
Suo in Cristo
O.SCAR Zennaro
L’altra dimensione
Un lettore, da Torre Pellice:
Caro direttore.
mi sia consentito entrare nel dibattito
che in più sedi e da più voci, è nato intorno all’intervista richiesta all'avvocato
E. Bert per il tuo giornale e per manifestare il mio pieno consenso all'iniziativa.
A parte il fatto che, neU'intervista, ci fosse ben poco di partitico ma soprattutto
l’espressione di un chiaro impegno politico
nei confronti della popolazione (assistenza,
impegno sociale, programmazione scolastica. sensibilizzazione ai problemi locali, di
pubblica utilità e ricerca di una soluzione
a livello comunitario, ecc.). mi domando
fino a che punto i valdesi di Torre Pellice
siano autorizzati a disinteressarsi della cosa pubblica di cui anch'essi sono responsabili.
L'intervista, soffermandosi in modo speciale suH'iniziativa dei consigli di quartiere (iniziativa che tra 1 altro è già stata
adottata in altri centri italiani e perciò
relativamente rivoluzionaria), rappresenta
da un lato un appello alla comunità locale
di Torre Pellice e. dall'altro, un'informazione per chi non vive alle Valli e non
rifiuta a priori di essere informato. L’intestazione stessa del settimanale non è
quella di « Eco delle Valli Valdesi »?
Ma la massiccia levata di scudi a cui
abbiamo assistito in quest'occasione è forse l'espressione del timore che il cristiano. ed in particolare il valde.se. si impegni « concretamente » nella .società, che
la sua fede si corrompa se si commi.sura
al mondo ed ai problemi che lo travagliano. L'amore del prossimo, il sale della
terra rimangono pure affermazioni teoriche finché manca la volontà del confronto,
dell'impegno, della discussione e. se necessario. del di.ssenso e della rottura con la
situazione di fatto. La fede ci deve guidare. illuminare su questa strada, portandoci ad operare delle scelte qualificanti e
coerenti alla luce della Parola.
Per questo — ripeto —, l'iniziativa di
guardare la vita delle nostre comunità non
solo nella dimensione ecclesiastica ma anche in quella più ampia della testimonianza nel mondo di oggi, dentro e fuori le
strutture che lo caratterizzano, mi sembra
valida .sotto tutti i punti di vista e spero
che abbia un seguito.
Cordialmente,
Roberto Eynard
È questo il titolo di un piccolo ma succoso
disco inciso dalla Corale Valdese di Torre Pellice, in collaborazione con la Claudiana. Questa pubblicazione rientra nel quadro di attività
a vario livello esplicato dalla Corale di Torre
Pellice da circa otto anni, per la diffusione di
inni contenuti nel Nuovo Innario, per una
opportuna iniziazione delle nostre comunità e
dei singoli al godimento di un patrimonio di
vera e grande musica sacra evangelica, per
tanti anni dimenticato o quasi, in Italia.
Gli inni apparsi in questo primo disco (come pure quelli che si spera incidere in successivi dischi) non sono ancora mai stati registrati: essi sono: n. 87 : « O Salvator, in Te
soltanto — voglio riporre la mia fe’. » (Musica di Loys Bourgeois); n. 156 : « Gran Dio,
noi Ti lodiam. noi T'adoriam, Signor ». Questi due inni sono tratti dal repertorio dei Salmi
ugonotti (il secondo è reso nella riduzione musicale del Pictet. normalmente preferita anche
all’estero). Dal vastissimo repertorio dei Corali
luterani sono state scelte due melodie fra le
più valide: il n. 212: «Vieni, Santo Redentor », melodia della chiesa antica, ripresa da
Lutero per il suo innario; e il n. 254 : « Del
giorno al declinare », melodia anteriore alla
Riforma, ben nota attraverso le toccanti elaborazioni di Bach (nella Passione secondo Matteo). È bene rilevare che malgrado il titolo
generale della serie di dischi (Canti della Riforma), e malgrado gli austeri e cogitabondi
messeri che compaiono nella copertina (peraltro impressiva e moderna) non è detto che si
debbano nei prossimi dischi presentare esclusivamente inni del tempo delia Riforma. Le
chiese riformate hanno avuto altre esperienze
e momenti di vita spirituale via via assai diversi, ed hanno avuto mezzi espressivi di va
rio stile a seconda delle epoche e degli am
bienti; perciò gioverà presentare, fra gli inni
tuttora inèditi nella nostra discografia evangelica, anche inni (naturalmente fra quelli
meno noti, e più validi e interessanti) appartenenti ad epoche più vicine a noi e di stile
più agevole. Il che è già stato, salvo errore,
uno dei criteri seguiti dalla Commissione Innario, nella elaborazione della nuova raccolta.
Un grazie alla Claudiana ed alla Corale di
Torre Pellice per questa iniziativa che auguriamo possa incrementarsi felicemente grazie all’appoggio del pubblico. In questi giorni
è inoltre possibile raccomandare questo disco
anche come regalo natalizio simpatico, utile,
economico (infatti offre quattro brani contro
i due consueti dei dischetti a 45 giri, per un
prezzo inferiore al doppio), e infine, se permettete, protestante.
Disco « Canti della Riforma »/I - 45 giri
Ext. Play, L. 1.000.
Luserna
San Giovanni
Riunione alla Sala Airali
Le poche persone che frequentano il culto
pomeridiano nella sala degli Airali sono state
deluse, domenica scorsa, dalla mancanza di
un predicatore, ragion per cui hanno dovuto
abbandonare la sala dopo mezz’ora di attesa.
Comprendiamo la carenza di attività pastorale
attuale nella nostra Comunità, tra la partenza
del Pastore titolare e l’insediamento del nuovo Pastore, ma crediamo sarebbe opera
del Concistoro provvedere affinché un predicatore (anche laico) presiedesse questo culto
regolarmente, oppure abbandonarlo, ri.sparmiando spese di affitto e riscaldamento.
A. B.
Pinerolo
Domenica 29 Novembre è stato nostra gradito ospite il pastore Peter Deyneka che si
occupa di trasmissioni radiofoniche per gli
ascoltatori dell'Est Europeo. Egli, di ritorno
dalla Russia, ci ha dato interessanti notizie
sulla ricezione e sulla diffusione dell’Evangelo
in quella nazione.
Domenica 6 Dicembre ha avuto luogo lo
studio biblico mensile che è stato anticipato
alle ore 9; il culto ha così luogo sempre alle
ore 10. I componenti dei vari gruppi hanno
continuato l’esame della 1“ epistola di Paolo
ai Corinzi; il testo dello studio: cap. 1: 10-16.
Martedì 8 alle ore 15 nella nostra sala, allestito dalle sorelle dell’Unione Femminile, si
è tenuto il tradizionale « bazar ». L’inclemenza del tempo ha impedito una forte partecipazione. Il ricavo delle vendite sarà devoluto come sempre alle diverse opere della
Chiesa.
L'assemblea di Chiesa è convocata per domenica 20 alle ore 14,30. Argomento: «La
cura d'anime ».
Frali
Le attività invernali a Frali sono cominciati regolarmente ed è ben il caso di chiamarle
« invernali » in quanto tutto il territorio giace sotto una coltre dì neve che. seppure non
spessa come molti desidererebbero, permette
tuttavìa dì considerare aperta la stagione sciistica, oltre che quella « ecclesiastica »!
Le varie attività funzionano regolarmente.
Si termina il secondo giro di riunioni e di
visite quartierali nel corso delle quali si è iniziato lo studio del matrimonio civile in chiesa o in municipio.
^JUnione giovanile riunisce un buon gr'i“)po di fratelli e sorelle intorno a problemi vari
in cui è in gioco la nostra testimonianza cristiana. Anche quest'anno non è stato eletto un
seggio, ma vengono di volta in volta affidati
ai vari membri incarichi temporanei o a più
lungo respiro, a seconda delle necessità. Finora nessuna discussione ha dovuto essere introdotta dal pastore. I giovani hanno pure individuato alcuni casi in cui è stato o sarà pos
sibile impegnarsi in modo pratico nella comunità di Frali o fuori di essa. Due domeniche —non si poteva far diversamente perché
molti membri delFUnione studiano o lavorano
fuori Frali — sono state dedicate a cercare e
preparare la provvista di legna per una Sorella che vive sola e non aveva potuto raccogliere la legna per Finverno. Anche la raccolta delle patate per gli istituti ha dato il
solito buon esito e i fratelli Ezio Rostan, Rino
Ricca e Bruno Grill ed Agàpe hanno curato
il trasporto del materiale a destinazione.
Sono stati celebrati ancora due matrimoni :
quello di Franco Pascal (Orgere) con lise Genre (Malzat) e quello di Adriana Garrou (Malzat) con Ugo Pastre di Pomaretto.
È pure stato amministrato il battesimo a
Cristiana Richard di Sergio e di Pierina Grill
(Ghigo). Ci rallegriamo con questi fratelli e
sorelle e chiediamo ancora al Signore di essere quotidianamente con loro.
Vogliamo anche ri’nnovare il nostro augurio ai fratelli Edmondo e Elda Grill che
hanno celebrato le loro nozze d'oro simultaneamente alle nozze d’argento della figlia Liliana
con il pastore Arnaldo Geme.
Salutiamo il piccolo Manuel Costantinidhs,
secondogenito di Michel e di Elisa (comunità
residente di Agape).
Abbiamo avuto ospiti nella predicazione domenicale : Renato Malocchi che ha preso commiato da Frali dopo un periodo di permanenza nella Comunità di Agape, e il prof. Bruno
Corsani della Facoltà di Teologia che ci ha
rivolto il messaggio della Parola domenica
29 novembre davanti ad una folta assemblea.
Ringraziamo questi fratelli per l’annunzio
che ci hanno fatto del’Evangelo ed auguriamo
loro un buon lavoro nel servizio del Signore,
nei loro rispettivi settori.
San Germano
Chisone
Ancora una volta la nostra cronaca inizia
con un funerale ed è quello del nostro fratello Ivo Bouchard di Inverso Porte, che si
trovava all’ospedale di Pomaretto. A tutti i
familiari la nostra fraterna simpatia.
Domenica 13 dicembre il culto è stato presieduto dal Past. Bertinat al quale va il nostro
ringraziamento per il lavoro che sta svolgendo
in S. Germano.
Il 20/12 il culto sarà presieduto dal Past.
Deodato; il 25/12, salvo cambiamenti, dal
Past. Bertin, il 27/12 dal Past. Bertinat.
Sono state tenute le seguenti riunioni :
10/12 Chiabrandi, 11/12 Gianassoni, 17/12
Balmas, 18/12 Costabella, 20/12 Martinat.
La Festa di Natale per i bambini della Scuola domenicale avrà luogo domenica 27 c. m.
alle ore 15 nella sala valdese. Verrà proiettato,
nel corso della festa, un film della Sig.na Sandra Ribet sul problema dei bambini spastici, e
i bambini presenteranno scene bibliche e canti.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllllll
Offerte ricevute dalla CIOV
Per ascensore Ospedale Valdese di
Torre Pellice:
In mem. di Attilio Bellion: La sorella, i
fratelli, i nipoti - Torre Pellice L. 60.000.
In meni, del marito Abele Ghigo: Ida Ghigo Gay - Torre Pellice L. 50.000.
In mem. di Abele Ghigo: Gli inquilini di
casa - Torre Pellice L. 17.000; le cognate Lisetta e Melany Gay, il cognato Aldo Gay, i nipoti Ruggero Gay e Raimonda Zappellini Torre Pellice L. 40.000.
Per Ospedale di Torre Pellice:
In mem. della cara nipote e cugina Prof.
Ada Pasquet. la famiglia di Beniamino e Bruno Peyronel - Torre Pellice L. 50.000.
RINGRAZIAMENTO
La moglie del compianto
Alberto Pons
ringrazia sentitamente coloro che
hanno preso parte al suo dolore in occasione della dipartenza del suo compagno.
Ringrazia in modo particolare il
personale della casa di riposo, la Direttrice, i Pastori sigg. Bertinat e
L. Deodato e il nipote Amedeo Masse!
che tanto si è prodigato durante la
malattia dello zìo.
Casa di Riposo di
S. Germano Chisone, 7 dicembre 1970
I familiari del compianto
Cav. Achille Mourglia
Ufficiale degli Alpini
profondamente commossi per la grande dimostrazione di stima e di affetto
tributata al loro Papà, sentitamente
ringraziano tutti coloro che hanno
preso parte al loro dolore.
Un particolare, sentito ringraziamento: al sig. Past. A. Sonelli; alla
Corale della Chiesa Valdese di Torre
Pellice; al Plotone del 4« regg. Alpini
Battaglione Susa. che ha reso gli onori miiitari alla salma; al sig. Maresciallo dei Carabinieri di Torre Pellice; agli ex-Combattenti ; alla Sezione
ANA di Pinerolo; al Gruppo ANA di
Torre Pellice; al Gruppo ANA di Lusernetta presente con labaro e gagliardetto.
Torre Pellice, 11 dicembre 1970.
6
pag. 6
N. 50
18 dicembre 1970
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
La Jugoslavia alla ribalta
Tito :
appuntamento mancato
Le destre gongolano: il presidente
jugoslavo ha rinviato la sua visita in
Italia.
La cosa, come tutti sanno, è praticamente iniziata colle gazzarre fasciste di Trieste, gazzarre per le quali i
triestini stessi si sentono offesi: essi affermano che gli estremisti locali non
sarebbero riusciti a sfilare, ad assaltare edifici e ad aggredire cittadini senza
aiuti da altre parti d’Italia, aiuti che
non sono stati tempestivamente bloccati dalla polizia.
Anche nell’aula del consiglio comunale di Trieste è avvenuta una grave
aggressione di fascisti al grido di « Tito non viene in Italia! il MSI ha vinto! »
Anche in questo caso le forze dell’ordine erano assenti ed i fascisti si sono
allontanati dopo uno scontro col pubblico presente in consiglio.
Il successivo comportamento del ministro Moro di fronte alle note interpellanze in parlamento, definito anche
dai giornali più moderati « anacronistico », ha provocato una peraltro sproporzionata reazione a Belgrado, e la
visita è stata rinviata.
Ñon possiamo non ravvicinare questo episodio ai recenti avvenimenti politici e diplomatici di cui è stata protagonista la Germania di Bonn coll’URSS
e la Polonia; non possiamo dimenticare
la figura di un Brandt inginocchiato
sulle pietre che ricordano l'eccidio di
Varsavia, in un gesto « religioso » di
riconoscimento di colpa e di richiesta
di perdono per colpe commesse da
altri.
E per questo motivo che, concludendo questa breve nota, citiamo il commento che del mancato viaggio di Tito
in Italia ha dato un giornale tedesco,
la Rheinische ^ost, un giornale cioè
che è partecipe della politica distensiva ed “espiatrice” del suo paese: « Tanto Tito quanto il governo italiano non
si erano stancati di lodare la rinuncia
di Bonn ai legittimi interessi nazionali
nei confronti della Polonia, definendo
questa rinuncia un contributo alla distensione. E ora si prendono per i capelli per un territorio che è solo una
frazione minima delle provincie orientali tedesche... L’Europa è ancora lontana da una soluzione nella quale le
frontiere abbiano perso d’importanza ».
Dopo l’attentato
alla Guinea libera
E noto che nei giorni scorsi il consiglio di sicurezza dell’ONU, dopo le opportune indagini in loco, ha confermato che ai vari tentativi di invasione
della libera Guinea hanno preso parte
anche delle forze portoghesi, provenienti dalla confinante Guinea Bissau, che è
appunto una colonia jwrtoghese.
In questi giorni si è riunita la conferenza interministeriale dell’organizzazione dell’Unità Africana (QUA). Al
termine di questa riunione tenutasi a
Lagos, in Nigeria, è stata adottata una
risoluzione che condanna « l’aggressione traditrice commessa dal Portogallo ». La risoluzione condanna pure tutte le forze « che hanno collaborato, direttamente o indirettamente, col Portogallo » come pure « le potenze della
NATO che hanno permesso ed appoggiato colla loro complicità i diversi attacchi portoghesi perpetrati contro parecchi territori e stati africani ».
L’OUA ha anche chiesto alTONU di
« por fine agli atti criminali del Portogallo » ed « esige che, conformemente
alla risoluzione del consiglio di sicurezza del 5 dicembre scorso, delle adeguate riparazioni vengano offerte dal
Portogallo alla Guinea »•
.Apprendiamo ora che gli Stati Uniti
hanno deciso di accordare alla repubblica della Guinea un « aiuto eccezionale » di 4 milioni e 700 mila dollari (circa 3 miliardi di lire) essenzialmente
sotto forma di prodotti alimentari ed
agricoli, secondo una dichiarazione di
un rappresentante del dipartimento di
stato.
Negli ambienti ufficiali americani
viene precisato che questo aiuto eccezionale — confermato dalla radio della
Guinea — è stato concesso per manifestare a questa nazione la simpatia degli Stati Uniti a seguito dei tentativi
di invasione di cui essa è stata oggetto,
e per contribuire allo sforzo di ricostruzione, che questi hanno reso necessario.
Probabilmente la Guinea sara grata
agli Stati Uniti per il loro aiuto eccezionale forse lo sarà un po’ meno per
quelli precedenti e cioè per le armi
colle quali il Portogallo, membro del
patto atlantico, ha tentato di sopprimere la sua libertà.
“Dogmatici,,
e “politici,.
La legislazione che regola l’obiezione
di coscienza è più liberale nella Repubblica federale tedesca che non negli altri paesi dove vige il servizio militare
obbligatorio. Non parliamo poi dell Italia, dove non esiste, dato che 1 attuale
« legge Pedini » è, a dir poco, assurda
e discriminatoria.
Il diritto all’obiezione di coscienza
nella R.F.T. è sancito nell’art. 4 della
legge relativa: « Nessuno può essere
costretto contro la propria coscienza al
servizio militare armato ».
La legge sulla coscrizione (del 1956)
ha precisato le modalità di applicazione di questo principio. Una sentenza
del tribunale costituzionale del giugno
1968 ne ha fissato le motivazioni: un
giovane chiamato alle armi può essere
condotto a rifiutare il servizio armato,
sia perché è pacifista per principio e la
sua coscienza gli impedisce di prendere le armi in qualsiasi circostanza —
ed allora è un « dogmatico » — oppure
perché vi è indotto da considerazioni
« di natura politica o razziale » valide
per determinate situazioni.
Alla luce degli avvenimenti politici
degli ultimi anni e soprattutto dei movimenti studenteschi il numero degli
obiettori, specie del secondo tipo, è
notevolmente aumentato. Nel 1968, ad
esempio, è raddoppiato in relazione
all’anno precedente. Nello stesso periodo, il numero delle domande presentate da militari è quadruplicato. Infatti
la domanda di esenzione può essere
presentata in qualsiasi momento, anche durante il servizio militare stesso
o dopo la firma di un ingaggio a lungo
termine.
Gli obiettori sono soggetti ad un servizio civile sostitutivo. A questo proposito, è curioso rilevare che, per mancanza di fondi, ben il 70 per cento degli
obiettori non avevano potuto effettuare
questo servizio al 1° marzo 1970.
Se ne può concludere che, quando si
tratta di armi e aggiornamenti militari, i soldi non mancano (ne abbiamo
un esempio anche qui da noi, dove il
bilancio militare è stato aumentato di
oltre il 10 per cento col nuovo anno);
quando si tratta di finanziare organizzazioni in senso opposto, e magari in
nome della cooperazione internazionale, il denaro svanisce come nebbia al
sole.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
UNA NUOVA VIOLENZA
if E esercitata da correnti o gruppi
rivoluzionari in diversi paesi (Palestina, Canadá, Brasile, Uruguay, Spagna),
per combattere un’altra violenza (ben
nota da secoli o da millenni), quella
che può chiamarsi « istituzionalizzata ». Consiste nel rapire alcune persone, più o meno importanti ma quasi
sempre estranee alla lotta, per considerarle come ostaggi politici.
E capitato più d’una volta alla Svizzera, di restar colpita nelle persone di
suoi cittadini rapiti in questa nuova
forma di lotta. E perciò molto interessante conoscere il giudizio, in argomento, d’uno dei più acuti, obiettivi ed
illuminati giornalisti svizzeri (P. Béguin sulla « Gazette de Lausanne » del
10.12.’70). Dal suo lungo articolo riportiamo quanto segue.
« L’opinione pubblica svizzera, in
gran maggioranza, è irritata e persino
indignata (e giustamente) da questi
avvenimenti. Fa un'enorme fatica a
comprendere quanto ci accade: non
abbiamo noi avuto, fino ad oggi, il privilegio di sfuggire, in massima parte,
ai disordini del mondo?
Alcuni dei nostri compatrioti dicono: “Cercando di perfezionare e di conservare il nostro Stato di diritto, noi
non facciamo del male a nessuno. Non
v’è alcuna giustificazione delle offese
che vengono fatte a questo Stato, mediante requisizione dei nostri piloti di
linea e relativi passeggeri, ed ora di
un nostro rappresentante diplomatico". Altri, portando la discussione su
un piano più. generale, ragionano così:
“In una situazione di flagrante e scandalosa ingiustizia, si può capire che le
vittime di tale situazione, in mancanza d’altri mezzi per farsi rispettare e
per conquistare i propri diritti, ricorrano, nella loro disperazione, alta violenza. Vi sono delle rivoluzioni necessarie, e la stessa storia della nostra
paci-fica Svizzera lo insegna. Noi capiremmo (essi dicono) che questi rivoluzionari se la prendessero con coloro
che li fanno soffrire, che giocassero il
tutto per tutto, che si ribellassero, magari anche sanguinosamente, ed affrontassero ogni rischio affinché finalmente giustizia sia fatta. Ma noi non comprenderemo mai (aggiungono) che essi se la prendano con degl’innocenti
del tutto privi di responsabilità”.
Questi ragionamenti, questi atteggiamenti sono degni di grande rispetto.
Con tutto il cuore possiamo sottoscriverli, perché tutti noi, gli uni come gli
altri, siamo avversari dichiarati e decisi di ogni violenza. E tuttavia oso
pensare che noi dovremmo arrenderci
a certe evidenze. Anzitutto gli avvenimenti c’insegnano “esser gran follia il
voler esser saggi da soli". Lo disse La
Rochefoucauld tre secoli fa. André
Siegfried, che amava molto la Svizzera, prese questa verità a tema d’un libro dedicato al nostro paese, e non
senza inquietudine la ripeteva. Ebbene proprio oggi noi improvvisamente
ci accorgiamo che non è più possibile
servire uno Stato di diritto e difenderlo, restando entro il quadro limitato
d’una nazione, grande o piccola che
sia. Noi siamo coinvolti in tutto quel
che accade nel mondo intero, nei paesi
meno evoluti altrettanto quanto in
quelli che lo sono di più. (Questo noi
non sapevamo trenta o quaranta anni
fa, ma oggi lo sappiamo. E quando abbiamo la tendenza a dimenticarlo, ecco che avvenimenti molto sgradevoli e
francamente scandalosi s’incaricano di
ricordarci questa verità, úna verità davanti alla quale abbiamo la tendenza
a fuggire. Il mondo intero è divenuto
solidale: verità nuova, che non per
questo può eludersi.
Abbiamo un bd pensare e dire che
noi viviamo nella stabilità e nell’equilibrio, molto lontani dalle ingiustizie
che gridano vendetta. Ma questa .sodàisfazione di sé stessi (del resto relativa e diffusa in modo disuguale nella
nostra popolaz.ione) non può, o non
può più nasconderci una cosa evidente: cioè che le situazioni ingiuste e le
rotture d’equilibrio sono innumerevoli
nel mondo. Di fronte a tali situazioni.
SiH'ia di un braccio di ferro
ci resta da superare un antico egoismo.
Un’esperienza costante insegna che le
guerre e le rivoluzioni maturano e poi
scoppiano, sia quando uno squilibrio
si manifesta fra due paesi o gruppi di
paesi, sia quando si manifesta fra due
classi sociali. In altri tempi, tali esplosioni avvenivano nel quadro stretto
d’una nazione o d’un continente. Oggi
esse avvengono a ben altro livello, e
cioè su scala mondiale, perché tutti i
problemi si glohalizzano e si mondializzano. Ed è proprio per questo che
noi veniamo raggiunti, in modo inaspettato e brutale, da situazioni che,
ancora ieri, noi credevamo non doverci riguardare, mentre oggi sappiamo
al contrario che esse ci riguardano in
modo molto diretto. (...)
Certo, la violenza sotto tutte le forme è detestabile, scandalosa, condannabile. Non lo si dirà mai abbastanza,
ed oggi lo si ripete. Ma, tra l’altro, si
osa ugualmente ripetere che coloro
che, per primi, hanno scatenato i meccanismi della violenza (in particolare
le torture), o che non hanno saputo resistere alla fatale seduzione di rispondere con le stesse armi, hanno caricato su di sé una responsabilità di gran
peso, la responsabilità della situazione
in cui oggi ci troviamo e che è una situazione generalizzata di violenza.
Orbene, per quanto scandalizzati noi
possiamo essere, penso che occorra
porsi una domanda: “abbiamo fatto,
facciamo, abbiamo l’intenzione di fare
quanto sta in noi nell’opera (che è necessaria e che ci spetta, nell’interesse
della pace e d’un regime di non violenza) diretta a eliminare l’ingiustizia
e gli squilibri generatori di rivoluzioni, quali noi constatiamo, a dir poco,
in almeno una metà del mondo?" ».
Questo discorso è rivolto agli svizzeri, ma i nostri lettori sapranno facilmente generalizzarlo a tutta la società
internazionale in cui viviamo. Esso andrebbe anche approfondito in altra direzione, quella teologica, ma ciò è_ stato fatto più volte, negli ultimi anni, su
queste stesse pagine.
LA LIBERTA’
NEGLI STATI UNITI
« È Stato detto che in USA esiste
una libertà d’esprimere il proprio pensiero, maggiore che in Francia. Ciò
sembra, a prima vista, esatto. (...) In
realtà, in USA vi sono pochissime leggi che ostacolino la libertà d’espressione, perché non ve n’è bisogno: la repressione s’esercita in maniera differente e più sottile.
Alexis de Tocqueville constatò questo fatto già nel 1835: “Attualmente
(scrive ne « La Democrazia in America », libro I, parte II, cap. 7) i sovrani
più assoluti d’Europa non saprebbero
impedire a certe idee, ostili alla loro
autorità, di circolare in sordina nei loro Stati, e perfino nell’interno delle loro corti. Non è la stessa cosa in America: fintanto che la maggioranza è
dubbiosa, si parla; ma appena la maggioranza s’è irrevocabilmente pronunciata, ognuno tace e tanto gli amici
quanto i nemici sembrano allora, di
comune accordo, atlaccarsi al suo carro. (...) In America, la maggioranza
rinchiude il pensiero dentro ad un cerchio formidabile. Chi scrive, è libero
all’interno di quel cerchio, ma guai a
lui... se osa uscirne".
Il migliore esempio di questo stato
di cose è forse il caso del cantante negro Paul Robeson. Questo ha espresso
un giorno la propria simpatia per
l’URSS e per il comuniSmo. A parte il
ritiro del suo passaporto (resogli più
tardi), non fu mai pre.%a contro di lui
alcuna misura repressiva. Ma i suoi dischi e le sue rappresentazioni vennero
boicottati, e ciò semplicemente dai singoli privati. Non v’era alcun bisogno
d’una legge in questo senso... ».
(Da una lettera, pubblicata su « Le
Monde» deiril..12.’70, dell’avvocato
americano George Olshausen, diplomato dell’università di Berkeley).
In questi giorni, nei quali il nome ili Tito
è ili nuovo al centro (leirattcnzione internazionale e semltra di nuovo in gioco l'avvenire
della Jugoslavia, col suo contrasto non sopito
di razze e ideologie e religioni, la segnalazione di questo libro: Il braccio di ferro di Vladimir Dedijer (Ed. Nuova Italia, pp. 397,
L. 2.000) ci sembra non inutile, perché aiuta
a meglio comprendere il travaglio di un paese
che ha osato tentar di tracciare una via nuova
di un .socialismo nuovo, rifiutando il mito della nazione guida del Grande Fratello.
Dedijer è personalità autorevole del giornalismo e della cultura jugoslava. Nato nel 1914
a Belgrado: padre erzegovino, madre bosniaca;
collaboratore di Polilika: dal 1941 al 1945 è
combattente nella guerra di Liberazione; compagno ed amico di Tito, di cui ha scritto
una biografia; dal 1964 membro dellTstituto
d' storia dell’Accademia serba delle scienze.
Amico personale di Tito; «Quando i tedeschi tentarono a Drvar di far prigioniero Tito,
egli [Dedijer) gli si parò davanti col petto e
salvò il comandante in capo [dei partigiani),
ma si prese tre pallottole in quel tentativo ».
Un credente nel più profondo significato
della parola; fino al 1937 non è ancora iscritto al Partito, anche se già opera col Partito e
la sua casa è praticamente una cellula comunista. La conversione è la conclusione di un
lungo travaglio culturale e spirituale che fa
di lui un militante fedele in un impegno totalitario nel P.C.J. (Partito comunista jugoslavo). La sua fede trova un cibo sostanzioso
nel Capitale di Marx, studiato e chiosato con
passione; alle deviazioni mistiche e romantiche è argine saldo Fammirazione per il Grande Fratello, per Stalin.
Poi cominciano i primi dubbi nella casa
jugoslava. E cominciano non dopo, ma durante la guerra stessa di Liberazione, quando
l’amplesso del Grande Fratello diventa cosi
stretto che sembra stritolare; e l’ombra del
Paese Guida cela malamente le ambizioni remote degli Czar.
Tito e Dedijer cominciano a capire gli
sviluppi di una strategia spietata alla quale
bisogna sacrificare tutto ; corpo anima e ideale : per esempio l’ideale della patria nuova
jugoslava per cui muoiono giovani e vecchi,
uomini e donne che versano il loro sangue per
cementare l’unità della patria socialista (comunista) jugoslava.
Il constrasto si manifesta già nel 1943.
« Stalin non sapeva o non voleva rendersi
conto della realtà delle cose, che cioè nella
Jugoslavia multinazionale, dove lo sfruttamento era generale, la lotta non poteva limitarsi soltanto alla resistenza contro gli occupanti; per mobilitare le masse era necessaria
una piattaforma che offrisse un’ampia prospettiva di soluzione degli antagonismi interni ».
Stalin non informato bene, o troppo informato? Il nostro autore è ancora nel periodo
della fede che non discute, anche se, — soprattutto se — non è del tutto sicuro! Ma
gli avvenimenti precipitano. Dedijer è richiamato a meditare sulla dura realtà degli accord’ di Teheran e delle sfere d’influenza.
Tito ed i suoi partigiani combattono anche
per la patria iugoslava, per la via nazionale
nuova e unitaria delle razze contrastanti, ma
l’interesse della Russia può esigere che essi
passino in secondo piano. Per esempio, la forma istituzionale!
« L'esercito di liberazione nazionale riportava continue vittorie in tutte le regioni jugoslave; ...la IV e V offensiva di Hitler erano
fallite; Draza Mihailovic era sconfitto a Jablanica... Era chiaro tanto all’amico che al nemico, che i partigiani erano l'unica forza autentica del paese » (1943).
In questa situazione il Politburo del Comitato centrale del Partito comunista jugoslavo
prende una decisione radicale per n stabilire
una suprema autorità nazionale, per iniziare
lo sviluppo della Jugoslavia secondo le direttive democratiche e federaliste, costituendo
una comunità di popoli uguali. Il governo del
re in esilio doveva venir privato di tutte le
prerogativa del governo legittimo jugoslavo e
bisognava proibire a re Pietro II di ritornare
in patria ».
Era la logica conclusione della guerra di
Liberazione, ma era l'inizio della crisi jugoslava e del nostro Dedijer.
Questa decisione che gettava le basi della
odierna Jugoslavia, era stata presa senza l’autorizzazione preventiva di Stalin, che la considerò una « pugnalata alle spalle ».
a Hazyayn (Stalin era conosciuto a Mosca,
in una ristretta cerchia di persone con questo nomignolo, che significa ospite, padrone di
casa) è estremamente adirato. Considera la
risoluzione suddetta come una coltellata alle
spalle deirU.R.S.S. ed un fiero colpo agli accordi di Teheran ». E Stalin reagì duramente; non autorizzò la pubblicazione di questa
risoluzione che potè esser diffusa dalla radio
jugoslava libera solo con 15 giorni di ritardo,
quando già Radio Londra l'aveva fatta conoscere.
Un noto commentatore jugoslavo (Mosa
Pijade) poteva dire; « I giorni rivoluzionari
di Stalin sono finiti. Egli è diventato un uomo di Stato e come tale non ha più alcuna
sensibilità per le esigenze di una rivoluzione:
ora si preoccupa dei confini delle grandi potenzi: e degli accordi sulle rispettive sfere d'influenza ».
Comincia il « braccio di ferro » che dura
5 anni (1948-1953); 1 azione tenace, spietata»
senza scrupoli condotta da Stalin contro la
Jugoslavia. Dalla calunnia al ricatto, dalla intimidazione polìtica alle manovre economiche:
nulla e nessuno sono risparmiati. Questo libro
è il racconto, che conserva spesso la forma
del diario, di quegli anni in cui era morta
la pietà.
Lo segnaliamo ai lettori delVEco-Luce perché ci sembra di cogliere in queste pagine,
alto e solenne, Fammonimento che il travaglio
di un^animo o di uno spirito sono pur sempre la chiave che permette di leggere nel travaglio di un popolo anche quando questo sembra esprimersi in ferree formule economiche.
« Culto della personalità » e « distruzione
della personalità ».
Il mito del Partito, che crea i suoi Uomini
guida e li stritola senza pietà, quando la
strategia del Partito lo esige, trova in questovolume una rappresentazione quasi plastica
che potrà essere meditata con profitto, anche
oggi! Ed i metodi inquisitori di Stalin ricordano al Dedijer la « tradizione di indottrinamento degli eretici », la polizia zarista. Tlaquisizione; si tratta di « distruggere » la personalità umana, di rieducarla, di fare un
uomo nuovo. La pagina 282 è impressionante
come analisi; e ne diamo la conclusione :
« ... In questo modo le loro anime [le anime
dei sospetti antirussi] venivano distrutte prima dei loro corpi, o. per dirla scientificamente,^ veniva realizzata Videntificazione con
Vaggressore ».
L. A. Vaimal
liiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiimmmiiiiiiiiiiiiiiimtiiiiiiiiirj
II
De Feo, "L'Unità
e la RAI-TV
Abbiamo pubblicato nello scorso numero alcuni brani di un articolo apparso su « L lJnità ». relativamente ad un discorso tenuto a
Madrid dal vice presidente della RAI, De Feo,,
discorso pubblicato da un periodico spagnolo(Teleradio, 8/11/70 e di cui il giornale poi)blica fotocopia). Nel discorso, pronunciato’
presso il ministero delTinformazìone e turismo, De Feo, come testualmente riferisce Teleradio, avrebbe detto che, mentre in Spagna
si può peccare di eccessiva autorità (meno
male che lo riconosce), in Italia si pecca di
troppo poca (citato fra virgolette).
De Feo ha scritto una lettera indignata al
giornale comunista, affermando di non aver
mai detto una cosa simile ed attribuendo la
frase al « pensiero personale del cronista ».
Il quotidiano, nel pubblicare la suddetta
lettera, attende, per credere alla smentita della frase incriminata, la copia di un’altra smentita che De Feo. a rigor di logica, dovrebbe
aver già inviato a Teleradio.
A De Feo era stata rivolta un’altra precisa domanda : perché non viene trasmes.so
alla televisione un ampio, recentissimo ed incisivo documentario sui paesi baschi e sulla
loro lotta contro il regime fascista di Franco?
Ma il funzionario, a questo proposito, ha preferito tacere.
iiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiKiiiiu
Un disco di * canti di prntrìstn» incisn dai Cadetti di Agape
Cantano i cadetti
lo mi domando perché. Canti di protesta. Coro
dei Cadetti di Agape diretto da Anna Maria Michelelli. Disco 33 giri, 33cm. Prince
LPB 2003.5.
Nel corso di due campi cadetti di Agape
sono stati raccolti, selezionati, armonizzati,
studiati, circa 40 canti di diversa provenienza
per formare un canzoniere giovanile adatto ai
campi, ai gruppi giovanili, anche alle scuole domenicali. Frutto di questi due campi sono due volumetti, con parole e musica, Vieni,
canta con noi - Canzonieredue, che raccolgono negro spirituals, canti religiosi moderni e
canti di protesta. Il coro dei cadetti ha organizzato due tournees per presentare i canti in
diverse Chiese evangeliche del Piemonte e
della Lombardia. Una parte di questi canti è
ora a disposizione di un pubblico più vasto
mediante il disco che presentiamo. Ad esso
faranno seguito tra breve alcuni dischi a 43
giri comprendenti i negro spirituals e i canti
religiosi moderni.
— Io mi domando perché é offerto nell’ambilo delle Chiese evangeliche e agli amici
di Agape con uno sconto speciale, a
L. 2.500 anziché 2.980. spedizione inclusa.
— Vieni, canta con noi c Canzonieredue possono essere ordinati insieme al disco, al
prezzo di L. 400 la copia.
— Con ulteriore sconto è offerta, insieme al
disco e ai due canzonieri, una copia di
Venti anni di Agape, la presentazione aggiornata delTopera dì Agape dagli inizi ad
oggi, ricca di un'ampia documentazione
fotografica: L. 4.000 anziché 5.280.
Inviate subito la vostra ordinazione alla Segreteria di Agape. 10060 Pralì - conto corrente postale n. 2/20554. conto bancario
n. 111. Banco di Roma. 10064 Pincrolo; ambedue intestali od Agape, centro ecumenico.
ip.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
.Subalpina s.p.a * Torre Pellice (To)