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ECO
DELLE YAUl VALDESI
Pastora
TACCIA ALEEHTO
ANGROaNA
(Torino)
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N. 19-20 j ABBONAMENTI ( Eco: L. 2.500 per l’interno Spedizione ili abbonamento postale . I Gruppo bis i TORRE PELLICE - 17 Maggio 1968
Una copia lire 50 1 L. 3.500 per l’e?tero Gambin di indirizzo Lire 50 Ammin. Qaudiana Torre PeUiee - C.CP. 2-17557
I Si e No di Paolo VI
IN CECOSLOVACCHIÄ
ff
Parlando ad alcune migliaia di fedeli raccolti, il 25 aprile scorso, nel
Cortile di S. Damaso in Vaticano per
la consueta udienza settimanale, il
pontefice Paolo VI ha fatto alcune
significative precisazioni, riguardo
al rinnovamento della Chiesa cattolica e alla portata del programma di
aggiornamento promosso dal suo
precedessore.
Paolo VI, dopo aver ricordato ai
pellegrini che essi si trovavano in
qpiel momento « al centro non solo
geografico della Chiesa, ma al punto canonico, storico e visibile, spirituale e mistico della sua prodigiosa
e commovente unità », ha proseguito esprimendo la sua « viva apprensione >t e « gramle amarezza », dovute al fatto che « Fora storica e
spirituale, che la Chiesa sta attraversando, non è serena ». Non lo è
non solo perchè il mondo moderno
va staccandosi dal senso di Dio ma
anche « e specialmente per Vinquietiidine che turba alcuni settori dello
stesso mondo cattolico ». Alla base
di questa inquietudine che preoccupa Paolo VI c’è cc un’idea a doppio
effetto...: l’idea del cambiamento
che per alcuni ha preso il posto dell’idea di aggiornamento, presagito
da Papa Giovanni », al quale vengono ingiustamente attribuiti criteri non più « innovatori » ma talvolta perfino « eversivi »' dell’insegnamento e della disciplina della Chiesa cattolica.
A questo punto Paolo .VI ha pre- ,
cisato con molta fermezza che due
cose specialmente « non possono essere messe in discussione : le verità
della fede, autorevolmente sancite
dalla trculizione e dal magistero ecclesiastico, e le leggi costituzionali
della Chiesa, con la conseguente obbedienza al ministero di governo
pastorale [ cioè al papa e ai vescovi] )), Ed ha proseguito con una serie di ailennazioni e negazioni di
notevole efficacia oratoria: <ì Perciò;
rinnovamento,- sì; cambiamento arbitrario, no. Storia .sempre viva e
nuova della Chiesa, sì; storicismo
dissolvitore dell’impegno dogmatico
tradizionale, no; integrazione teologica secondo gli insegnamenti del
Concilio, sì; teologìa conforme a libere teorie soggettive, spes.so mutuate a fonti avversarie, no; Chiesa
aperta, alla carità ecumenica, al diaio.a;o responsabile, e al riconoscimento elei valori cristiani presso i fratelli SI parati, sì; irenismo rinunciatario alle verità della fede, ovvero
proclive (ul uniformarsi a certi princìpi negativi che hanno favorito il
distacco di tanti fratelli cristiani dal
centro dell’unità della comunione
cattolica, no; libertà religiosa per
tutti nell’ambito della società civile,
sì, come pure libertà di adesione
personale alla religione secondo la
scelta meditata della propria coscienza, si: libertà di coscienza, come criterio di verità religiosa, non
suffragata dalla autenticità d’un insegnamento serio e autorizzato, no;
e così via. Perciò, carissimi figli... »
Questi pensieri e queste parole di
Paolo VI, che ci è parso utile riferire per esteso, confermano in mormtorevole quello che non tutti,
ali/ (IOTI molti fra quanti seguono
le vKiiidc del cattolicesimo postconciliare sembrano aver compreso,
e cioè che, secondo « il primo cattolico del mondo» - il pontefice
romano — nè il pontificato di Giovanni XXIII e l’aggiornamento da
lui avviato nè il Concilio Vaticano II
possono essere intesi come una rottura con il cattolicesimo del passato, remoto o recente, per cui essi
non possono essere invocati per introdurre cambiamenti sostanziali nè
nel patrimonio dogmatico nè nell’organizzazione gerarchica della Chiesa cattolica.
Si dirà — e l’osservazione è pertinente —' che ormai molti cattolici,
a diversi livelli, non si sentono più
vincolati dall’interpretazione che
Paolo VI ritiene di dover dare del
Concilio e dell’aggiornamento, e
pensano invece che il Vaticano II
rappresenti proprio una rottura,
una svolta talmente decisiva nella
storia della Chiesa cattolica da autorizzare, anzi esigere cambiamenti
profondi anche sul piano delle dottrine e delle istituzioni, modifiche
non solo di metodo ma di struttura,
innovazioni radicali (cc eversive » direbbe il papa) non solo di tipo tecnico-organizzativo ma anche di tipo
dogmatico: insomma, una vera e
propria riforma, nel senso pieno e
genuino del termine.
Chi la spunterà? Che peso avranno, nella coscienza dei cattolici, i
(c no » perentori di Paolo VI? L’avvenire lo dirà. Il nostro è un tempo
di grandi rivolgimenti, ed è saggio
non azzardare profezie a lunga scadenza che potrebbero poi essere
smentite dai fatti.
Per parte nostra, comunque, riteniamo che, fino a prova contraria,
il ruolo del pontefice romano nel
determinare il cammino della Chiesa cattolica resta preponderante : è
da lui che in ultima analisi dipende quel che sarà o non sarà la Chiesa cattolica di domani.
Ciò non significa che quanto, nel
cattolicesimo, accade altrove che nel
suo centro «.jcanonico, storico^ visibile, spirituale e mistico » sia senza
in ¡ portanza e destinato prima o poi
a iUssolversi nel nulla; al contrario
è fuor di dubbio che quel che succede oggi in tanti gruppi di cc cattolici del dissenso » (non solo politi
co, sovente anche teologico) non potrà facilmente essere:’’riassorbito e
integrato nel sistem»*iiè, tanto meno, potrà essere steccato con un
semplice diktat pontificio. E’ anzi
lecito supporre che l’attuale dissenso cattolico, in misilià maggiore o
minore, in modo dil^o o riflesso,
troverà eco anche a ||pma, nel centro cc canonico, stori#, etc. » della
Chiesa cattolica. Re^ però il fatto
che l’ultima parola, |pella decisiva,
spetta al papa.
E qual’è la parolafcdel papa? E’
quella che abbiamo^ott’occhio : sì
aH’aggiornamento, fip al cambiamento cc eversivo », cioè alla riforma. Molti pensano (éi alcuni dicono): cc Se ci fosse aneora papa Gio
Chiesa libera
in UDO Siate Ubero«
vanni, le cose
mente. Con lui.
sarebbe forse ri b
che ostacola la •
ce pensiamo I
pontefice roman
peso nello svol.
da cattolica atì
è però un fatto:
che la personal S i
zione papale in
cisiva nella vit;
cattolicesimo. I
consiste in que.tinuità storica, i
del cattolicesim
quel che molti
udrebbero diversa11 cattolicesimo si
tnator. E Paolo VI
¡orma ». Noi invela personalità del
pqt'.avendo il suo
iiento della vicen. erso 1 secoli, non
determinante. Più
dei; papa e la funi.unto tale che e de’ nel divenire del
Su finzione papale
I garantire la con• logica e spirituale
evìàando appunto
attorci oggi recla
mano, e cioè la rotila, il cambiamento profondo, la »forma.
Sembra strano Hub^erlo ripetere,
ma forse non è s’apèrfluo: papato e
riforma sono ancóra c fino a nuovo
avviso, termini ' anti ; itici. Non si
possono avere tutti t due. Bisogna
scegliere: o il papat< o la riforma.
' i*AOLo Ricca
Nel corso di un’intervista concessa a Ginevra poco dopo il suo ritorno da Praga,
dove aveva preso parte aH’assemblea generale della Conferenza cristiana per la pace, il
pastore Marcel Pradervand, segretario generale dell’Alleanza Riformata mondiale, ha
dichiarato che i cris'tiani di Cecoslovacchia
nutrono « serie speranze » riguardo al fatto
che gli affari del paese sono stati presi in
mano dail’ala « democratica » del partito
comunista.
La Chiesa evangelica dei Fratelli cèchi è
« estremamente soddisfaita » di constatare
l’evoluzione politica che si manifesta attualmente in Cecoslovacchia e cerca i mezzi
per portare un contributo positivo al processo di democratizzazione del paese.
A Praga, il segretario generale dell’Alleanza Riformaia ha assistito a una seduta
straordinaria della commissione sinodale
della Chiesa evangelica dei Fratelli cèchi,
convocata per fissare la linea di condotta
della Chiesa in presenza dei cambiamenti
sopravvenuti.
La commissione sinodale ha formulato la
speranza che il processo di democratizzazione continuerà ed ha chiamato i suoi membri a partecipare attivamente alla vita pubblica, esercitandovi una influenza positiva.
La commissione ha anche deciso di avviare dei negoziati allo scopo .di stabilire tra
Chiesa e Stato dei rapporti fondati sul principio : « una Chiesa libera in uno Stato libero ».
La commissione ha deciso che, da ora in
poi, i salari dei pastori non sarebbero più
pagati dallo Stato, ma dalla Chiesa. Quest’ultima, a sua volta, accetterebbe dei sussidi dello Stato per i salari pastorali, e i pastori sarebbero pagati dalla cassa centrale
della Chiesa.
Il pastore Pradervand ha anche avuto, a
Praga, un colloquio con la Signora Erika
Kadlecova, nuovo presidente dell’Ufficio di
Stato per gli Affari Ecclesiastici. Il segretario generale osserva che la Sig.ra Kadlecova
è « in primo luogo una marxista, ma non
una professionista di politica. Essa desidera realmente trovare una equa soluzione ai
numerosi e difficili problemi che si pongono
oggi in Cecoslovacchia a proposito dei rapporti tra Chiesa e Stato ».
(Dal Service de Presse réformé,
aprile 1968)
imiiiiiiimiiiiiiiDim
iiiiiiiiiiiiiKiiMiimiii
iimiiiiHMiMimiiiiii
RUDI DUTSCHKE
ED IL CRISTIANESIMO
Berlino (hip) — Il cristiano non può man.
tenere un atteggiamento di neutralità, ma
deve prendere partito per i diseredati gli
stanchi, gli oppressi. Questa, la sostanza di
quanto affermato da Rudi Dutschke, rappresentante degli studenti ribelli della Germania Occidentale
Nel suo esposto, Ihitschke si è dichiarato
socialista, ma fortemente influenzato dal cristianesimo, perché un giorno ebbe ad incontrare un pastore che gli presentò la fede
cristiana come un servizio verso il prossimo
ed il mondo.
Il leader studentesco ha vivamente criticato « lo spirito di sottomissione alPautorità
che viene tradizionalmente inculcato nella
gioventù » e che si rscontra in tutte le istituzioni tedesche, ivi compresa la chiesa!
Dutschke ha proseguito dicendo che aveva abbandonato la repubblica democratica te.
desea (comunista), dove è nato, <c per motivi
politici ed umani e per altre ragioni ». Ha
soggiunto che, benché si sia schierato col socialismo contro il capitalismo ,era giunto alla conclusione che i socalisti al potere nella
Germania orientale avevano completamente
«: perduto il contatto cotte masse ». Ne deriva che non c’é più una « dittatura del prò.
letariato » ma una « dittatura sul proletariato ».
Egli ha ugualmente attaccato gli uomini
politici della Germania federale; a suo avviso, i partiti politici non sono più in grado
di far presa sulla popolazione.
L’ideale della società, secondo Dutschke,
sarebbe « uha grande università sperimentale ». Essa supererebbe il socialismo autoritario ed il capitalismo e permetterebbe ad
ognuno di esercitare il proprio « diritto di
controllo sugli affari detta città ».
‘iiiiiiiiiiiiimiMimiiiiiiimiiimiiiiiiiiiMiiiiimiiin
lllllll■lMMl■MMlllmlllllllllIlllllllmmllllll
Partigiani di Cristo noi mondo
Guerra di liberazione!
Dal dominio democristiano. Non è
libero il democristiano. Per lui la religione è una politica. Si serve, anzi,
della religione per fare una politica
(ed a questa punto non mi interessa
più quale : se di difesa dei ceti privilegiati o di blandizie dei ceti proletari, se di centro-destra o di centrosinistra). Mi interessa una cosa sola:
il cattolicesimo snatura profondamente sia la religione che la politica. Il
cattolicesimo è un grosso centro di
potere politico che si è venuto costituendo nella storia per varie vicende
e che, trovatosi costituito, non vuole
perdere il suo dominio sulle masie. Ne
risulta una politica che, per essere celeste, non è realistica ed una religione
che per essere mondanizzata, non è alla gloria di Dio. Per non perdere questo potere sulle masse il cattolicesimo
si serve, come si è sempre servito, delle classi volta per volta salite alla guida politica. La barca borghese fa acqua? Ed allora il cattolicesimo passa
sulla barca proletaria. Coi fascisti ieri,
coi marxisti oggi. Stendardi neri o rossi, purché sulla barca sia sempre innalzato il gran pavese di San Pietro!
Al cattolicesimo l’Evangelo deve annunziare che la sua è una mi.stiflcar
zione (sia pure in buona fede: ma la
buona fede non salva!) e l'Evangelo
deve essere predicato come fatto « privato », dell’intimo, come personale rapporto fra il credente ed il suo Salvatore. Qui sì che bisogna privatizzare la
religione ! Bisogna dire chiaramente
che la salvezza è fuori della Chiesa
cattolica: è in quello che io credo, per
personale ripensamento della Bibbia
e della croce.
Dal dominio liberale. Non è libero il
liberale (e per liberale intendo tutti i
cosiddetti indipendenti, i non impegnati, i benpensanti, i moralisti, gli
atei di fatto ed i credenti che credono
di credere nel Cielo, nel Dio che non
si sporca le mani, nemmeno del Suo
sangue, per lavare le mani sporche degli uomini) perchè è schiavo delle sue
idee, del suo benessere e delle sue buone ragioni per lasciare le cose come
sono. Il liberale è schiavo di una grossa illusione : che il diritto di proprietà,
l’ordine costituito, la libertà... di pen
C’è un limite cha distingue e divide il credente impegnato dagli
impegnati non cn denti: la credenza nel peccato di tutti gli uomini. Non solo al peccato d’egoismo dei conservatori che non
vogliono impegnarsi, ma anche al peccato d’orgoglio dei rivoluzionari che credono di potersi sostituire a Dio
sare (soprattutto quando non si traduce in pensieri suscitatori di rivolgimenti che in qualche modo turbino
l’equilibrio privato, economico e sociale) siano il codice di Dio e che in questi « valori » Dio consista. No': Dio non
deve turbare; tutt’al più può commuovere... se la predica è stata particolarmente bella... se la musica dell’organo
era particolarmente adatta. È in genere la religiosità tipica di coloro che sì
commuovono più facilmente alle torture inflitte alle bestie che ai maltrattamenti bestiali inflitti agli uomini.
Per non aver voluto mai dare una dimensione politica alla loro religiosità,
questi uomini hanno lasciato che si
compissero delitti orrendi, come le camere a gas naziste o le forche fasciste.
Sì credevano assolti « in privato » da
quei « fatti pubblici » dei quali però i
loro fratelli erano vittime. A questi liberali rEvangelò deve annunziare la
implicita rilevanza politica del loro atteggiamento assenteista. La loro innocenza politica è il vero peccato del
. loro egoistico intimismo che è solo
narcisismo della fede.
Dal dominio marxista. Non è libero
il marxista. Per lui la politica è una
religione. I marxisti fanno della politica la loro monoteistica religione e
della religione la loro monopolistica
politica. C’è un solo Iddio (Marx) ed
essi ne sono i profeti. A battesimo li
tiene la Scienza. Se obbiettate qualche
cosa siete dei qualunquisti.
I marxisti credono in un popolo di
eletti : eletto è solo colui al quale è stato dato — meglio se per nascita — di
avere lo spirito per comprendere e giudicare in modo sicuro delle contraddizioni della storia. Questi eletti sono 1
proletari. Si dà il caso che, a volte,
anche gli intellettuali borghesi possano intendere la verità perché il loro
«vuoto di spirito», nel quale muore
d’inedia il loro vuoto cristianesimo, è
sensibilizzato dal « nuovo », dal bisogno d’un mito... Per esempio dal mito
del progresso. Il mito del progresso è
quell’eterno bisogno di illudersi nel
senso che allo sviluppo tecnologico
s’accompagni uno sviluppo morale, come se l’evoluzione dalla scimmia all’uomo non rendesse oggi evidente che
le scimmie sono ancora capaci di volersi bene e gli uomini no!
La religione della politica del marxismo soggiace allo stesso mito che animò una volta la borghesia nascente:
fare il regno di Dio su questa terra ad
opera dell’uomo. La forza operativa
del mito trasforma tutto : la verità in
propaganda ed il successo in verità.
Il partigiano di Cristo sa che il suo
Signore ha moltiplicato il pane agli affamati ed ha guarito le malattie ed alleviato le sofferenze ai miseri. È quindi con coloro che hanno in politica
questo programma, senza chiedere ai
compagni di strada un certiflcato di
battesimo. Cristo ha dato senza che
gli uomini ai quali Egli diede avessero
nulla che meritasse la Sua attenzione,
salvo la loro infinita sofferenza. Questi
uomini hanno creduto perché hanno
visto cose grandi di Dio ; come protremmo noi pretendere che i derelitti e gli
oppressi di oggi credano senza vederci
al loro fianco?
I politici danno per ricevere, il partigiano di Cristo dà senza nulla volere
perchè ha già avuto dal suo Signore.
Ma il credente sarà sempre un resistente e come tale resisterà anche alla
tentazione di credere più nell’uomo
che in Cristo. C’è un limite che distingue e divide il credente impegnato dagli impegnati non credenti : la credenza nel peccato di tutti gli uomini. Non
solo al peccato d’egoismo dei conservatori che non vogliono impegnarsi, ma
anche al peccato d’orgoglio dei rivolu
zionari che credono di potersi sostituire a Dio.
* * *
Ai democristiani imputiamo l’ipocrisia e la mistificazione dell’Evangelo, ai
conservatori l’egoismo, ai marxisti l’orgoglio. Con chi saremo noi? Il mondo
si polarizza sempre più tra due violenze estreme in mezzo alle quali non c’è
posto per la libertà operante. Sembra,
da un lato, che ci sia solo la libertà di
non operare e, dall’altro lato, che si
sia costretti ad operare anche se non
SI vuole. È già stato cos’i altre volte
nella storia. Al tempo della Riforma,
ad esempio.
Oggi in Italia siamo presi tra due
fuochi: siamo reputati sociniani (cioè
cultori della libertà interiore, aristocratici, privatistici, borghesi) da quegli anabattisti di oggi che sono i marxisti e siamo reputati anabattisti (cioè
uomini d’azione, esaltati, impegnati
per la giustizia sociale) da quei sociniani di oggi che sono i liberali. La verità è che, nella nostra libertà di figliuoli di Dio, di quel Dio che si è impegnato nel mondo e la cui giustizia
sociale è opera non della violenza ma
della carità, noi rivendichiamo il diritto di richiamare oggi gli anabattisti
comunisti al socinianesimo rispettoso
della libertà del singolo ed i sociniani
liberali all’anabattismo egualiatore. E
tutto ciò senza che ci sia permesso di
servirci delle manchevolezze degli uni
{continua a pag. 6)
Roberto Jouvenal
Al LETTORI
La scorsa settimana, come ì lettori
avranno notato, il nostro settimanale
non ha potuto uscire; le maestranze
della Tipografia Subalpina hanno infatti scioperato, per ragioni salariali,
che riteniamo giustificate. Ci scusiamo
con i lettori e con vari collaboratori e
corrispondenti; questo numero è a 6
pagine e se sarà necessario lo sarà
anche il numero prossimo; confidiamo nella comprensione e nella pazienza di tutti, se il materiale accumulatosi in questi giorni verrà smaltito (!) a
poco a poco. red.
2
pag. 2
N. 19-20 — 17 maggio 1968
Movimenti ^iov^nili
e testimiiiiiaiizn cristiana
nelFEuropa ileirEst
Una conferenza di Milán üpocenski
Sabato 4 maggio a Torino, organizzata dal
locale gruppo del Movimento Cristiano Studenti, abbia mo avuto la visita del pastore
dr. Milán Opocensky di Praga, segretario
europeo della Federazione Associazioni Cristiane Studenti, ed attualmente residente a
Ginevra per ragioni del suo ufficio. « Movimenti giovanili e testimonianza cristiana nei
mutamenti economici e politici dell’Europa
dell’Est », con particolare riguardo, naturalmente, alla Cecoslovacchia, è stato il tema
della conversazione.
Partendo da una constatazione di fatto che
i due maggiori sistemi di governo, socialista
e capitalista o neo-capitalista, cercano di risolvere i numerosi e complessi problemi che
affliggono Tumanità, Opocensky vede nella
società socialista le premesse più valide per
affrontare questi problemi, malgrado i gravi errori, inevitabili del resto, che accadono
in questa sfera.
Certo il problema più grosso ed inquietante oggi è quello dell’alienazione dell’uomo che sia TOccidente, sia l’Oriente cercano di risolvere. A ciò il marxismo ha dato
un grosso contributo, se non altro come premessa, ma ha anche mostrato i suoi limiti :
limiti filosofici innanzitutto ma anche storici. Il pluridecennale ristagnamento del pro.
cesso creativo marxista e la sua conseguente
debolezza filosofica spiegano gli errori ed i
crimini avvenuti nei paesi socialisti.
Per risolvere il problema dell uomo, per
creare una nuova società, è inevitabile avere
il potere politico. Ma quel potere che doveva
essere solo uno strumento per il bene dell'uomo è diventato un fine! Il demone del
potere aveva afferrato i governanti. Sono sta.
te cambiate le strutture, ma gli uomini non
sono cambiati al seguito di esse automaticamente. Questa insoddisfazione è stata notata
in Cecoslovacchia innanzitutto dagli economisti e dalla classe intellettuale che hanno
dato vita ad una nuova svolta nel paese (della quale sentiamo parlare) che può avere benefica influenza anche in altri paesi dell’Est europeo. La censura è stata eliminata,
le associazioni tornano a riunirsi, la classe
operaia è reinserita nella sfera politica dalla
quale era stata esclusa. In questo rinnovamento i pericoli sono diversi e cioè innanzitutto che uomini cc vecchi » divengano, o addirittura siano, i fautori del nuovo corso!
Ma il pericolo più grande è quello della
mentalità <c dei consumi », fenomeno (a quanto pare comune all’Occidente) ardentemente desiderato da molti, anche membri più
semplici del partito. Non è facile estirpare
questa tendenza naturale dell’uomo verso il
benessere (inteso alla occidentale) per non
diventare vittime di questo dio.
Come sono inseriti i giovani in questa
società? In verità è solo da poco che essi
possono prendere parte attiva alle varie manifestazioni e possono esprìmere il loro parere e le loro richieste. Ed oggi come oggi
è arduo distinguere i giovani in orientali o
occidentali riguardo ai problemi che li investono. C’è solo un problema giovanile raon.
diale che manifesta la sua insofferenza verso
il paternalismo, rautorìtarismo. la burocrazia: lutti segni di un generale desiderio verso una nuova società.
Come si situa la Chiesa in questo clima
di trasformazione e rinnovamentp? I Cristiani in Cecoslovacchia, passata Fondata
atea, sono circa dieci milioni. La Chiesa ha
dimostralo fin dall'inizio una resistenza ver
So il nuovo corso politico dal 1948 in poi
e solo molto lentamente si è decisa ad espri
mere la sua solidarietà con la nuova società
Le comunità si sono trasformate in « ghet
ti » senza partecipare alla vita del popolo
mentre fin dall inizio avrebbero potuto aiu
tare il partito affinchè il potere fosse messo
al servizio dell'uomo e non fosse invece fine
a se stesso. Certo la Chiesa può agire politicamente solo in maniera indiretta, ma tuttavia efficace creando l'atmosfera nella quale
i (f politici » hanno da lavorare. La Chiesa
in Cecoslovacchia non ha reso questo .servizio al paese! C'è stato un dialogo tra marxisti e cristiani, ma... troppo tardi, mentre
era necessario che avvenisse fin dall'inìzio.
I problemi che ci travagliano possono e
debbono essere risolti lenendo conto del cosiddetto « terzo mondo ». in quanto viviamo
nel mondo e non isolati da esso. L economia
odierna, così com'è impostata specie sui consumi. ci rende egoisti e gli economisti di
tutti i paesi senza dubbio affermeranno che
prima bisogna risolvere i propri problemi e
poi pensare agli altri! Noi invece crediamo
che questi problemi debbano essere affrontali contemporaneamente in quanto i veri
problemi che travagliano rumanità hanno
una radice innanzitutto morale più che economica. e la Chie.'ia universale ha una grande responsabilità a questo riguardo e deve
agire per svegliare la coscienza degli uomin verso il problema del terzo mondo. Il futuro della Chiesa c riposto nel come essa
saprà affrontare questi problemi.
^ « 4:
Questo in sostanza quanto ha detto Milán
Opocensky. Il previsto dibattito, data anche
l'ora tarda, non c'è stalo e gli inlenenti del
pubblico sono stati per lo più. richieste di
chiarimenti su alcuni punti non approfonditi nella conversazione. P. Santoro
VILLAII mUCE
Ricordiamo che il nostro « bazar » annuale si svolgerà nei giorni 19 e 20 maggio.
Fin d'ora grazie a lutti i donatori ed a
quanti interverranno a questa manifesta
La coscienza infelice e la coda di paglia
Appunti in margine alla recente edizione italiana di un libro di H. Gollwilzer
L’apparizione in italiano dell’ormai
internazionalmente famoso volume del
noto teologo tedesco è uno di quegli
avvenimenti che fa fare un sospiro di
sollievo: in mezzo alle molte opere e
notizie spesso contraddittorie, a volte
tendenziose, ecco un lavoro che può
costituire la base per uno studio serio
dell’argomento, per un’indagine quanto più obiettiva possibile dei fatti e
quindi di quello che dev’essere il nostro
impegno come comunità e come persone. Perchè è inutile che giriamo intorno all’argomento: impegnati o disimpegnati che vorremmo essere, i due
temi del Viet Nam e del Medio Oriente ci toccano da vicino e ci costringono
ad una presa di posizione, che lo vogliamo o no.
La prefazione aH’edizione italiana
del libro è stata riportata dal primo
numero di quest’ anno di Gioventù
Evangelica (periodico che tra l’altro
raccomanda caldamente la lettura del
volume), ma con alcuni mutamenti nel
testo che mi sento in dovere di segnalare e che mi serviranno da pretesto
per una serie di osservazioni sul conflitto medio-orientale, osservazioni che
hanno per tema alcuni elementi che
molti dànno ormai per scontati, ma
che in realtà, come spero di poter mostrare, non lo sono. Cominciamo dunque dalla duplice « recensione » dell’introduzione alla edizione italiana, quella autentica è quella di Giov. Evang.
Mentre nel testo (p. 9 sg.) viene affermato che la seconda parte del libro,
aggiornata « nel momento ’’caldo” »
del giugno 1967 da un’appendice « può
forse essere meno utile per dare una
valutazione spassionata della situazione palestinese », in Gioventù Evangelica leggiamo che tale seconda parte è
« assai più debole » ; con ciò la formula dubitativa dell’originale viene sostituita da un’affermazione massiccia
squalificante. Mentre il testo parla (p.
10) della «coscienza tormentata» dei
tedeschi davanti al problema delle relazioni tra lo Stato d’Israele ed i suoi
vicini. Gioventù Evangelica ha « coscienza infelice », nuovamente uno spostamento di accenti tutt’altro che irrilevante. Ambedue concordano poi nel
definire utopica la conclusione del libro, che auspica un accordo araboisraeliano per lo sviluppo della regione, il che la sottrarrebbe una volta per
tutte aH’influenza ed alle manovre delle grandi potenze.
Le modifiche testuali nei confronti
deH’originale, così come vengono riportate da Gioventù Evangelica, sono
il prodotto di tesi non nuove nel nostro ambiente: sono state ampiamente
sostenute anche da Nuovi Tempi; solo Eco-Luce ha sempre mantenuto una
posizione d’obbiettivltà nella materia.
Sono state presentate anche nel campo invernale di Agàpe del dicembre
1967 nella « documentazione » ad uso
dei partecipanti e da interventi di note
personalità del mondo della politica e
del giornalismo. Purtroppo, in assenza
di una documentazione diretta, posso
fare riferimento soltanto al resoconto
di Eco-Luce ed ai testi pubblicati su
Gioventù Evangelica.
Se è possibile accettare il motivo del
la « coscienza tormentata » dei Tedeschi nella complessa materia (e chi
fra noi non ha una reazione analoga,
sia che accetti o respinga il fenomeno
sionista), ingeneroso mi sembra qualificare con l’espressione « coscienza infelice » l’atteggiamento di Tedeschi di
avanguardia come il Gollwitzer, Per
di più tale qualifica non prova nulla:
Svizzeri, Olandesi e Danesi, che hanno
poco o nulla da rimproverarsi al riguardo, hanno assunto nel maggiogiugno scorsi un atteggiamento chiaramente pro-israel'i; Polacchi e Russi,
che avrebbero ragioni altrettanto valide per una « coscienza infelice » che i
Tedeschi, stanno da anni conducendo
una campagna che solo di nome non
è antisemitica (ricordo le disavventure
di Jev. Jevtushenko per la poesia Babij Jar).
Mentre mi sentirei di discutere la
formula dubitativa sull’utilità di quella parte del libro del Gollwitzer, scrlt
di Alberto Soggin
ta, come si dice « a caldo », per formulare un giudizio spassionato sulla situazione palestinese, chi ha rifatto per
Gioventù Evangelica l’introduzione al
libro non si prende la briga di dimostrare perchè questa seconda parte sarebbe « assai più debole ». È strano,
perchè si dà il t aso che, nonostante le
critiche che le si possono rivolgere, la
maggior parte dei materiali presentati
è di una qualità tale, che non esiterei
a giudicare una buona parte di essi
come quanto di meglio sia stato scritto in proposito : lo sforzo del Gollwitzer vi appare particolarmente teso verso il raggiungimento di un’obbiettività
che altri non è riuscito a raggiungere.
Che il risultato possa dar luogo a discussioni è ovvio, ma ovvio è anche a
chi legge che finalmente uno ha avuto
il coraggio di dire pane al pane e vino
al vino, cercando di comprendere gli
argomenti di ciascuno dei contendenti
e di criticarli, ove appaiano insostenibili. D’altra parte, come dicevo, le tesi del « rifacitore » dell’introduzione
per Gioventù E-s angelica ha avuto notevoli precedenii in Nuovi Tempi ed
in alcuni orator del campo invernale,
i quali non din ostrano neanche loro
la validità dei tropri asserti. Ma qui
affermare, con: ossare evidentemente
non basta, si ti atta di produrre argomenti che reggono ad un’indagine critica, il che per ora non è stato fatto.
ISRAELE, GLI ARABI
E LA KESPONSXB'ÌLITA’
DELLA guerra
Ad Israele viene rimproverato di avere iniziato materialmente le ostilità
nel giugno scorso e di aver vinto rapidamente la guerra. Che la guerra si sia
iniziata in seguito alla denuncia unilaterale delle condizioni dell’armistizio
del 1957 non viene però detto, nè che
questa denuncia unilaterale è avvenuta
per iniziativa deH’Egitto e nonostante
i tentativi delle Nazioni Unite di mantenere lo status quo. Si potrà obbiettare che tali condizioni d’armistizio era
no. la conseguenza di una guerra iniqua ; ma anche ammettendolo, l’armistizio non perdeva di validità e non
SI vede perchè chi ne denunciava unila^ralmente le condizioni non dovesse
subirne le conseguenze.
Una situazione analoga si ripresenta del resto adesso: non dubito minimamente dell’eroismo e del patriottismo delle varie organizzazioni di guerriglieri arabi, e può anche darsi che
far saltare per aria ogni tanto un
autobus, un trattore o i cassoni dell’acqua d’una fattoria collettiva e più
raramente qualche poliziotto o qualche
jeep militare in Israele e nei territori
occupati, costituisca un contributo determinante alla « liberazione » degli
oppressi dall’oppressore. Mi domando
però, e giro la domanda anche a chi
s’interessa di diritto internazionale, se
e fino a che punto sia giuridicamente
sostenibile la posizione, secondo la quale paesi, che hanno nuovamente firmato un accordo bilaterale per la cessazione delle ostilità, possano accettare
che il proprio territorio serva da base
per questi guerriglieri, e come potranno poi denunciare il preteso imperialismo e la pretesa aggressività di chi
ricorre ad azioni di ritorsione o addirittura voglia considerare annullato
l’armistizio e riprendere le ostilità!
Come forse non tutti sanno, la rottura delle condizioni d’armistizio nel
maggio passato da parte dell’Egitto
avvenne in seguito ad una segnalazione da parte dei servizi segreti sovietici di pretese concentrazioni di truppe
Israeli, nella Galilea, il che faceva prevedere un attacco imminente contro
la Siria. C’era stata in effetti una minaccia in questo senso da parte del
capo di stato maggiore dell’esercito
israelí, gen. Rab'n, dopo uno dei tanti
attacchi contro fattorie israelí, situate
nella regione e la tesi pareva ulteriormente corroborata da alcuni attacchi
israel'i di ritorsione contro la Siria e
la Giordania tra la fine del 1966 e l’inizio del 1967. La notizia trasmessa dai
servizi segreti sovietici si rivelò infondata, perchè prodotto d’informazioni
inesatte; paradossalmente poi, sembra
che i Russi non fossero neanche in
mala fede (sono interessati come
chiunque altro al mantenimento della
pace nella regicne), ma semplicemente male informati.. Potrà studiare lo
storico, non appena gli archivi dei vari
paesi verranno aperti, cos’è successo
in realtà. Anche dagli Arabi vennero
del resto diffuse notizie false un poco
più tardi; secondo queste. Americani
ed Inglesi avrebbero aiutato gli aerei
israeliani nelle loro imprese.
Duplice sarebbe dunque la colpa
d’Israele : l’avere iniziato le ostilità in
condizioni che non lasciavano che un
margine minimo (se è che ne lasciavano) per una scelta diversa, colpa di
aver vinto, e rapidamente, la parte militare della guerra e di non averla persa. Quest’ultima possibilità non era
poi così remota come potrebbe sembrare all’occidentale convinto della propria superiorità tecnica: bastava un
errore da nulla, un piccolo inceppo nel
famoso, ma altrettanto complesso piano aereo perchè la situazione avesse
Verso «una chiara impronta protestante» deU'Istituto
Il Collegio Valdese è davvero superato ?
Da un momento che potremmo definire inconscio e che si delineava come
generico senso di stanchezza del sistema avvertito da studenti e professori si è passati ad un momento razionale in cui le esigenze di cambiamento
sia del basso che dell’alto si sono felicemente incontrate, creando così le
condizioni che rendono possibile un
tentativo di riforma se non delle strutture almeno dei contenuti culturali
del Liceo Valdese.
Si è cominciato con una positiva
presa di contatto con elementi preparati e dotati di esperienza universitaria (poiché proprio dall’Università ha
preso le sue mosse il movimento di
protesta).
Il 16 aprile Giorgio Peyronel (membro della Tavola Valdese e preside della facoltà di scienze di Modena) è venuto a Torre Pellice ed ha avuto due
incontri : il primo, con gli allievi, è consistito in una presa di contatto, con
proiezioni di diapositive riflettenti
un’esperienza personale. (Purtroppo,
questioni spazio-temporali hanno impedito l’auspicata discussione). Il secondo, con i professori, è stato caratterizzato da un vivace scambio di idee
da cui sono affiorate alcune interessanti proposte:
1) La necessità che il Liceo Valdese, se vuqle avere una giustificazione della stia esistenza come scuola
non statale, abbia una chiara ed evidente impronta protestante e divenga un centro di irradiazione di vita
protestante.
2) L’esistenza quindi di uno studio
approfondito della pedagogia protestante condotto sia dai professori che
dagli studenti con conseguente formazione di gruppi di studio.
Effettivamente se si vuole restare fedeli allo spirito protestante bisognerà
che l’iniziativa sia presa dagli studenti,
i quali decideranno se e quando invitare i professori, ferma restando la
fiducia nella fecondità della collaborazione.
Questa fiducia si è già concretizzata
nella richiesta avanzata da parte di
un gruppo di studenti al Preside di
poter usufruire dell’Aula Magna per
discutervi i loro problemi; richiesta
che ha avuto una;risposta positiva.
Gli studenti si sono subito serviti
dell’Aula a loro disposizione per invitare il Prof. Giacobini dell’Università
di Stoccolma ad un pubblico dibattito
sul tema : « Teenagers svedesi », dibattito in realtà svoltosi nel prato adiacente all’Istituto, al sole, in un’atmo
Culto radio
domenica 19 maggio
giovedi 23 maggio
domenica 26 maggio
Past. GIORGIO BOUCHARD
Milano •
uno sciopero studentesco mondiale la
cui iniziativa partiva dagli U.S.A. ma
i cui motivi non risultavano chiari a
buona parte degli studenti. Si è cos',
pensato di astenersi si dalle lezioni ma
in modo proficuo : si è riunita un’assemblea di tutti gli studenti del LiceoGinnasio, con invito esteso ai professori al fine di « chiarire i gravi problemi che la scuola di oggi attraversa » (1).
La discussione in assemblea è stata
vivace ed ha fatto affiorare immediatamente due tendenze: una mirante a
restringere il problema aU’ambito della scuola sollecitando riforme dall’alto; l’altra mirante ad estenderlo all’ambito della fabbrica auspicando
« un’azione di lotta e di contestazione
contro un sistema che si esprime in
modo determinante nelle scuole da un
lato e nelle fabbriche dall’altro» (1).
La diversità delle tendenze ha reso
evidente la necessità della formazione di gruppi di studio il cui scopo immediato è il raggiungimento di una
presa di coscienza, dopo la quale soltanto si potrà parlare di programmi
precisi di azione: di fatti, non si vogliono dare delle conclusioni definitive, ma proporre delle soluzioni che
rimangono aperte a successive evoluzioni.
Giovanna Pons - Erica Scroppo
- Daniele Rostan - Guido Pons
sfera di familiarità priva di inibizioni
e di distanze.
L’oratore ha in seguito dichiarato
che il gruppo di studenti incontrato al
Liceo Valdese si era dimostrato ben
lontano dal timoroso ossequio all’autorità notato in altri gruppi studenteschi italiani e dotato al contrario di
una chiara ed onesta profondità di osservazioni.
Per il 26 aprile, poi, era stato indetto
(1) Le frasi citate tra virgolette fanno
parte del volantino distribuito dagli studenti per indire l'assemblea de! 26 aprile, dal
quale risulta chiaro che gli studenti non
lottano « contro la scuola e contro i professori in quanto vali, ma contro un sistema che spesso opprime » tanto gli uni che
gli altri.
pctuto divenire estremamente precana se non disperata per Israele o addirittura capovolgersi. In questo caso
Il numero degli Arabi, popoli in buona
p&rt6 non cos?, sottosviluppati come l3
compiacente propaganda occidentale
di destra e di sinistra ama orgogliosamente definirli, avrebbe potuto avere
facilmente ragione della superiorità
tonica e della maggiore compattezza
dell’esercito israeli.
la drammatica
alternativa
Con questa constatazione per altro,
problema vengono for" un’alternativa di notevole
chiarezza, per Israele è in eioco la
propria sopravvivenza come na7ÌoTiP
per gli Arabi si tratta, nel peggiore dei
casi, di accettare un’ingiustizia com
messa ormai quasi vent’anni òrsono
e nei confronti di una parte della sola
popolazione palestinese, i profughi;
ingiustizia della quale Israele è certo
in parte responsabile, ma appunto solo
in parte. Ingiustizie di questo genere
ne sono state commesse parecchie verso la fine ed immediatamente dopo la
seconda guerra mondiale: si pensi ai
'Tedeschi dei territori orientali (Prussia, Pomerania, Slesia, eec.), a quello
che accadde all’atto della spartizione
dèll’Impero indiano in India e Pakistan. In nessun caso si è creduto necessario rimediare all’ingiustizia, ristabilendo lo status quo esistente prima
della sua commissione.
Nell’ipotesi nient’affatto remota come dicevo, che Israele avesse perso la
guerra, lo Stato avrebbe cessato d’esistere. È Tunica cosa sulla quale gli
Arabi sono stati sempre d’accordo, salvo alcune poche eccezioni. In tal caso
è probabile che i propositi truculenti,
manifestati da alcuni dirigenti arabi,
non sarebbero stati eseguiti alla lettera, anche se la guerra del 1948 presenta alcuni esempi notevoli di combattenti ebrei arresisi e trucidati : i
tempi cambiano e lo sterminio di una
popolazione può mettere in una situazione precaria anche l’economia del
conquistatore, cosa che probabilmente
neanche gli Arabi avrebbero voluto.
Ma in ogni caso parecchi abitanti
ebrei della Palestina sarebbero stati
espulsi 0 evacuati, altri avrebbero
scelto l’esilio prima della catastrofe. In
tal caso l’ostilità antisionista che adesso in molti nostri ambienti si manifesta (immemori forse dell’esaltazione
del sistema comunitario dei Kibbutsim
nel congresso del MCS del 1949, dopo,
cioè, la fondazione dello Stato d’Israele), si sarebbe certamente trasformata
nell’antica simpatia e mi pare già di
vedere il « commovente » slancio col
quale i nostri gruppi impegnati, le nostre Chiese, Agàpi ecc. si sarebbero
messi per ricevere questi infelici, raccogliere viveri e vestiario, offrire posti
gratuiti ad Agàpe per alcune diecine
di loro, aprire i saloni delle Chiese per
accogliere quelli di passaggio, diretti a
strani paesi inesistenti sulla carta
geografica. Oggi poi avremmo potuto
farlo apertamente, senza la clandestinità che regnava all’epoca della Resistenza e delle persecuzioni razziali.
Naturalmente ad alcuni può sembrare un imperdonabile segno di allineamento sulle posizioni delTimperialismo il fatto che Israele abbia vinto la
guerra e che quest’idilliaco quadro non
sia mai stato dipinto. E pertanto il
pìccolo Stato, scampato ancora una
volta alla distruzione, sia pure a mezzo di pesanti sacrifìci, è divenuto per
alcuni nostri scrittori, glossatori e
giornalisti qualcosa di simile agli Stati Uniti nel 'Viet Nam: strumento di
soffocamento (sia pure con armi convenzionali) delle aspirazioni e delle
lotte dei popoli del Terzo Mondo, un
popolo le cui scelte passate sarebbero
state sempre errate : prima per gl’interessi dei signorotti turchi o dei latifondisti arabi, poi per le mire espan:‘
sionistiche delTimperialismo britannico. Che la Gran Bretagna sia stata dagli anni ’20 in avanti il peggior nemico
del Sionismo dopo la Germania hitleriana, non sembra preoccupare molto
chi sostiene queste tesi. Dietro il mondo arabo starebbe poi, in blocco compatto, il Terzo Mondo, contro il quale
si rivolgerebbero le mire d’Israele; purtroppo nuovamente una notizia inesatta : una serie di paesi africani s’è recentemente distanziata dalla risoluzione del novembre 1967, che richiedeva
il ritiro incondizionato d’Israele dai
territori occupati nel giugrio e non ha
voluto condannare le posizioni d Israele ! Recitare a soggetto può andare bene in un’opera di Pirandello, ma non
serve per scrivere della storia, nè per
provocare un impegno valido.
C’è almeno una cosa che consola: la
sincerità con la quale i censori nostrani dell’« imperialismo » d’Israele ani;mettono implicitamente una cosa : tra
gli zelanti consigli ad Israele, i fervorini di vario genere, non appare un
solo riferimento bibliografico; sarà illegittima l’illazione che la loro conoscenza del problema si basa esclusivamente, non so di quale mano, sui
bollettini diramati da agenzie di stampa“^ Vi sono certamente tutte le condizioni per crederlo. Conosco per altro
l’obiezione che mi può a questo punto
essere rivolta : rifiuto il dialogo e squalifico dal difuori. Può darsi, ma non
mi risulta certamente che gli autori in
questione abbiano giudicato il conflitto arabo-israelì dal didentro, studiandone le origini remote e le cause re-
3
pag. 3
centi. Tutto mostra invece che si è
trattato di una operazione avvenuta
tipicamente dall’esterno, nella quale
una parte è stata squalificata senza appello, l’altra elevata al rango di simbolo per le masse. Darò pertanto una
brevissima bibliografia alla fine di questo studio (**), bibliografia naturalmente incompleta, ma nella quale è
possibile trovare tutti i materiali per
10 studio ulteriore della complessa materia.
Il libro del Gollwitzer presenta, come diceva l’autore della introduzione
(p. 10) «una visione quasi utopistica»
del possibile superamento del conflitto. Più che utopistica, la proposta mi
sembra l’unica possibile per comporre
in forma permanente le ostilità ; il fatto che presentemente non sembri realizzabile, non significa che non lo sia
in futuro. Il termine « utopistico » mi
sembra quindi inesatto. In fatto di politica estera si sono viste, anche recentemente, ben altre riconciliazioni, dopo che le due parti si erano vicendevolmente convinte dell’inutilità di continuare il conflitto. Ma parlando di
utopie, mi domando se non è molto
più utopica (ed in questo caso per davvero), raflermazione che i popoli del
Terzo Mondo sono decisi nei confronti
dell’Occidente (p. 11) «a rovesciare
questi rapporti di forza con la forza »,
intendendo quei rapporti che ron la
forza sono stati loro imposti. Queste
forme di contrappasso storico-etico,
per quanto giuste possano essere moralmente, hanno scarsi fondamenti
nella realtà ed è bene che ci confrontiamo con questo fatto. Utopia per
utopia, allo stato attuale dei rapporti
di forza tale discorso è certo molto più
utopico di quello del Gollwitzer, per
una semplice ragione di divario tecnologico e quindi di disparità di forze.
Un confronto sul piano della lotta violenta sembra dunque assurdo politica
mente. L’esempio del Viet Minh non
conta: si tratta di una disperata difesa, non del tentativo di strappare il
potere ad altri ; e comunque anche qui
la forza delle armi non ha condotto
ad una soluzione del problema. È strano comun/rae che chi ammette la validità della violenza nelle mani dei popoli del Terzo Mondo, non l’ammetta
poi da parte d’Israele: una delle più
sottili forme d’antisemitismo è quella
di condannare in un ebreo (o in un
negro, ecc.) difetti presunti o reali,
che ad ogni modo si riscontrano nella
medesima misura anche presso altri
popoli. Prescindendo un momento da
Israele, anche per i popoli del Terzo
Mondo l’unica alternativa possibile
oggi sembra essere invece quella della
lotta non violenta, una lotta nella
quale ia liberazione dell’India ha dato
un notevole esempio. Lo stesso vale
per le minoranze etniche nei paesi
dell’Occidente: solo la lotta non violenta è capace di bloccare l’apparato
repressivo altamente sviluppato delle
nostre società, ed il ricorso alla violenza si giustifica solamente (come
ha detto giustamente Rudi Dutschke),
in casi ove ci confrontiamo con la
pura e semplice dittatura.
Ritorniamo ad Israele. La nascita
d’uno Stato d’Israele nel 1947-48 ha
prodotto una serie infinita di studi anche sul piano teologico, dove la presenza di un Israele come popolo costituisce ovviamente un fenomeno d’alto
rilievo. Si tratta d’un fenomeno però
anche altamente dialettico, come del
resto avveniva all’epoca dei profeti
biblici; un popolo di Dio e un popolo come tutti gli altri si contendono il passo con una tensione che
chiunque ha soggiornato in Israele
conosce bene. Ciò anche perchè la realtà israeliana è estremamente complessa: teologicamente il popolo è diviso
in correnti che vanno da una posizione messianico-escatologica che respinge addirittura lo Stato, a posizioni nettamente ateo-marxiste; politicamente
11 paese presenta una realtà che va da
un’estrema destra, molto ridotta ed a
forti tendenze imperialistiche, che passa per una destra moderata impersonata tra gli altri dal gen. Dayàn, famoso per le sue trattative con gli Arabi nel 1948 più che le sue campagne
militari, fino ad un’estrema sinistra, il
partito comunista israelí,. Al governo è
una coalizione socialdemocratica. In
questo complesso gioco di forze politico-teologiche è difficile pronunciare
giudizi validi sulla situazione interna
dello Stato d’Israele ed anche sulle
sue mire future verso l’esterno. Per
era, salvo l’annessione di Gerusalemme, resta inteso che i territori occupati verranno abbandonati non appena
si raggiunga un compromesso soddisfacente. Cerchiamo di respingere
dunque ogni reazione puramente emozionale, sia essa pro-Israele, sia essa
pro-araba, e di tacere, piuttosto che ripetere frasi fatte, siano esse di maggioranza, siano esse di minoranza.
Alberto Soggin
Per chi intende dare un più chiaro riferimento vocazionale al proprio lavoro
Verso la costituzione
del Centro Diaconale
Il Sinodo dello scorso anno ha esaminato (sia
piir un po’ brevemente, come spesso accade) ed approvato nelle sue linee generali una relazione sul costituendo « centro diaconale » presentata da una
commissione creata in seno al comitato della Casa
delle Diaconesse. Dato il grande interesse e lo sviluppo che questo progetto può assumere nel futuro,
riteniamo utile farlo conoscere, almeno nelle sue linee principali ad una più vasta cerchia sia a titolo di
informazione su quanto va maturandosi nel settore
del servizio diaconale, sia per suscitare reazioni, critiche suggerimenti che aiutino la commissione nel
suo lavoro di ricerca. La relazione che riportiamo
non vuole, dunque essere un programma già definito, ma soltanto un progetto offerto all’attenzione
di tutti e suscettibile di eventuali modifiche, correzioni, precisazioni; e presentare quelle possibilità
effettive che già sono offerte.
Il progetto di un « centro diaconale »
è sorto per iniziativa del Comitato delle diaconesse che ha iniziato lo studio
di un rinnovamento della Casa delle
diaconesse. Questo studio è stato sottoposto alla Commissione permanente per i ministeri proponendo che il
progetto fosse allargato ad attività
diaconali anche maschili nel quadro
di un « centro diaconale ». Lo studio è
stato proseguito da una sottocommissione del Comitato delle diaconesse.
L’esigenza di un centro diaconale è
stata sentita sulla base di diversi fattori concomitanti.
1 ) Anzitutto la necessità di ristrutturare l’unico organismo diaconale
permanente esistente nella nostra
chiesa: il diaconato femminile. Alla
base deH’istituzione della Casa delle
diaconesse stanno dei principi pienamente validi per il nostro tempo (la
vocazione al servizio su base comunitaria vissuta sotto il profilo di una fede ubbidiente e riconoscente) strutturati tuttavia in forme che furono' pienamente valide nel passato ma che
non lo sono più nel tempo presente,
come dimostra il fatto che da diversi
anni non si sono presentate nuove
adesioni alla casa delle diaconesse (ci
tiamo par esempio la consacrazione a
vita accompagnata dal celibato, l’ubbidienza nel quadro di una rigida gerarchia, la povertà che ha assunto
aspetti più negativi che positivi, il vestito, ecc.).
2) In secondo luogo si è manifestata in questi ultimi tempi nella nostra chiesa, in diversi settori, l’esigenza di una vita comunitaria strutturata
e funzionale come mezzo necessario
per rendere i più diversi servizi che la
vocazione evangelica richiede oggi ai
credenti. L’esperienza e la ricerca di
gruppi comunitari va in questa direzione, ed è per questo che la creazione di
un centro diaconale, che tenga conto
del fattore comunitario oltre che di
quello diaconale (servizio), può essere
significativa, non per costituire il monopolio del servizio comunitario ma
per portare un contributo e una realizzazione in questo campo. ■ . , .
3) Infine la situazione di crisi in
diversi settori degli istituiti assistenziali ospedalieri ed educativi della nostra chiesa per mancanza di persone
disposte a dedicarsi ad un servizio di
questo tipo, pone con urgenza la necessità di trovare forme nuove ed adeguate che possano esprimere quelle vocazioni latenti che attualmente, nelle
ferme esistenti, in gran parte non si
concretizzano.
Lo scopo e la struttura del centro
diaconale sarebbero in sintesi i seguenti: raccogliere persone che abbiano già una qualifica professionale e
che intendano impostare il loro lavoro
in senso vocazionale di servizio, offrire loro una preparazione che permetta
loro questa impostazione in modo chiaro e consapevole, organizzare il servi
ziO' sulla base di piccoli gruppi comunitari al lavoro negli istituti, nelle opere
della chiesa, nelle comunità e all’esterno di esse, strutturare l’organizzazione
su base presbiteriana per mezzo di una
assemblea comunitaria che elegga il
proprio esecutivo e diriga e coordini il
lavoro del centro in tutte le sue attività. Vediamo in dettaglio gli elementi
di questo progetto.
L’IMPEGNO
Per la partecipazione al centro diar
conale verrebbero richiesti questi requisiti e impegni : essere membro (uomo o donna) di una chiesa evangelica,
come minimo avere 18 anni compiuti,
accettare pienamente la struttura e
rimpostazione del Centro diaconale,
possedere una qualifica professionale,
impegnarsi per tre anni di servizio
dopo il periodo d) oreparazione. Questo impegno pomiùDe essere preso al
termine della pren a azione nel quadro
di una presentazi'- le simile a quella
che si attua neii e‘e per gli anzia
ni e diaconi. L iu negno sarebbe rinnovato in segu i ni due anni. Per
ciò che riguarda e riuaiifiche si è predisposto un eienc! ' a titolo indicativo.
Personale o~pe ro medici, infermieri, geneiici t naie di servizio;
Pedagogia e in lamento: diretto
ri di istituti, a,; -tefiti. insegnanti,
maestre giardiniei ecc.
Assistenza a~~ iti ociali.
Amministrazion ragionieri, segre
tari.
Il Centro non uo .rebbe limitarsi a
prendere in considerazione aspiranti
già qualificati, ma dovrebbe interessare la gioventù, seguire-^ giovani che si
orientano verso il s€>eptro durante la
loro preparazione professionale, cercare opportuni aiuti per coloro che
hanno particolarmente bisogno. D’altra parte per essere ammessi al Centro sarebbe necessaria una precisa qualifica per evitare l’afflusso di sbandati
e per l’impossibilità pei' il Centro di
fornire una formazione professionale
nei vari settori.
LA PREPARAZIONE
La preparazione, che potrebbe durare un anno, avrebbe lo scopo di dare
ai partecipanti una fo.rmazione non
professionale ma vocazio:nale e dovrebbe comprendere anche una preparazione pratica (lavoro in istituti, scuole,
asili, uffici, lavoro tra contadini, operai, nelle attività della chiesa, ecc.).
La preparazione dovrebbe avere un
carattere biblico e dare una conoscenza ampia e diretta del testo biblico (introduzione e lettura biblica). Dovrebbe
dare la capacità di servirsi di strumenti di lavoro (commentari, dizionari, chiave biblica), fornire elementi di
omiletica in vista di preparare medita
zioni e studi biblici. Dovrebbe inoltre
dare una visione della dimensione comunitaria e missionaria della chiesa
ed una preparazione sociale nel senso
di una ricerca sulla responsabilità dei
credenti nei confronti della società in
cui vivono. Dovrebbe infine dare una
impostazione etica specifica riguardante i proiblemi inerenti i singoli campi
di lavoro. Alcuni corsi sarebbero generali e cioè per tutti i partecipanti, altri sarebbero impostati in vista delle
varie attività di servizio previste. Non
è stato ancora risolto il problema finanziario connesso al Centro come
scuola. Per il mantenimento dei partecipanti nella fase di preparazione non
è pensabile basarsi solo su rette corrisposte dai partecipanti. Andrà studiata la possibilità di un finanziamento sia da parte di quegli enti presso
cui i partecipanti svolgeranno un lavoro di stage nella fase di preparazione, sia da parte della Tavola e della
C.I.O.V.
RESIDENZA AL CENTRO
La residenza del Centro dovrebbe
essere a Torre Pellice. La sede, anche
se questo non è per ora attuabile, dovrebbe essere la Casa delle diaconesse.
Oltre alla ragione della sede, Torre
Pellice offre diverse possibilità sia per
ciò che riguarda il lavoro di stage, sia
per l’organizzazione dei corsi a cui
potrebbero dare la loro collaborazione
pastori, professori e medici della zona
Valli-Torino. Il Centro dovrebbe avere
un direttore a pieno tempo per la direzione della casa, dei corsi, dell’attività dei partecipanti.
IL SERVIZIO
Il servizio successivo alla preparazione dovrebbe avere base comunitaria. I
gruppi dovrebbero essere composti da
due 0 più persone impegnate in una
organizzazione o in diverse forme di
servizio. La convivenza del gruppo dovrebbe poter avere forme diverse a seconda delle varie situazioni sia interne del gruppo e sia esterne. Un vincolo comunitario sarebbe comunque indispensabile (riunioni per Tedificazione comunitaria, discussione dei problemi e aiuto reciproco, ecc.). Là dove
è possibile sarebbe auspicabile una vita comunitaria completa. I membri
del gruppo dovrebbero di regola ricevere un normale stipendio a norma
sindacale dall’ente che li impiega. Essi si impegnerebbero a versare al Centro una percentuale del loro stipendio
che servirebbe a finanziare gruppi che
servono in situazioni che non permettono l’assunzione da parte di enti o
chiese locali. L’entità di questa percentuale potrebbe essere fissata dall’Assemblea Comunitaria o essere una quota stabilita caso per caso dai singoli
membri in accordo con l’esecutivo.
iiim'limiiiiMiimiKiiiiliiliiimiimiiiiiii
iiiiiiininiiiiiiiniiiiiiiiiiii
iiiiimiiiiiiiiKitiimiiiiiiiiiiiimiimiuiKiHiiliiiMM'
ti
no „ della coscienza
(*) H. Got.lwitzer, Vietnam. Israele e In
. M miza cristiana (Collana <c Nostra tem- i;I. Torino 1968, Claudiana ^'itrica. lire
¡..VKI.
C. Sykes, Crossroads to Israel. London 196a. Collins ed., L. st. 2/2/—. Opera
storiografica di notevole obiettività, con una
ampia bibliografia, sulla scorta della quale
è possibile condurre ulteriori studi. Per una
storia del Sionismo nella figura di uno dei
suoi più degni rappresentanti (e per studiare le differenti correnti in seno al movimenlo) cfr. C. Weizmann, Trial and error 1949
( rislampa New York 1966, Schocken Books,
■S 2,9.1). Interessante è il recente articolo di
N. S. Booth ,Ir., Middle Ground in the
Middle East, in « Christian Century » 84
(1967), p. 1188-1192, perchè cerca di portare la posizione sionista e quella nazionalista araba alle loro estreme conseguenze; il
suo maggiore difetto è che nella realtà quotidiana posizioni del genere non si pongono
mai in forma cosi estrema.
Grossomodo dalla Riforma ad oggi
il protestantesimo si è distinto dal
cattolicesimo, oltre che per la sua teologia, per la sua etica che anche un osservatore esterno non può non giudicare di gran lunga preferibile, anche
senza voler scorgere il rilievo assunto
in essa dalla nuova fede evangelica.
Nel tempo della confusione teologica,
anzi, forse prima che l’andazzo ecumenico abbia portato ad una generalizzazione di una tale confusione, anche il primato etico risulta scosso.
L’obiezione di coscienza che si agita in
seno al cattolicesimo è almeno altrettanto viva quanto quella protestante.
Ne abbiamo letto ultimamente un saggio, interessante non tanto per le cose
che dice, quanto per le firme e per i
nomi che, anche senza aver firmato,
sono presenti nel volume C*), Balducci,
Fabbrini, Milani, Mazzolari hanno una
carica etica che ci confonde e ci umilia.
Certo, il libro presta il fianco alle
critiche più semplici, da un punto di
vista teologico evangelico : che significa che la coscienza dice di no? La coscienza è accomodante. Dire con Fabbrini che « non siamo cattivi come
pensiamo » (pag. 49) e che, quindi, siamo tutti naturalmente obiettori di coscienza, ci indigna. Non v’è neppure
un giusto, non v’è neppure un obiettore di coscienza naturale. Il rifiuto della violenza è una rottura con noi
stessi, non l’uso della bontà naturale
che non esiste.
E urta anche questa accozzaglia di
« No », che va da quello della coscienza a quello della chiesa ( « L’obiezione
di coscienza nei documenti conciliari », di Clemente Riva), a quello, buon
ultimo, della Parola di Dio (« Obiezione di coscienza e non violenza», di
Luigi Rosadoni). Perchè non considerare determinante quest’ultimo? A che
servono gli altri « No » in sua presenza? E perchè far passare per « No »
un « Si » della chiesa, proprio nel momento in cui il confronto fra due progetti di legge: quello del divo,rzio e
quello dell’obiezione di coscienza, appunto, stanno a testimoniare crudamente qual è l’interesse giuridico della
chiesa, a parte qualche figura di credente piuttosto isolata? È peccato che
la legge sugli obiettori rischi di essere
approvata proprio quando rischia di
esserlo quella sul divorzio, cioè
proprio mentre cessa la decennale
ipoteca ecclesiastica sull’ordinamento
giuridico italiano. Ma purtroppo è
così. E ormai è un po’ tardi per far
macchina indietro in modo efficace.
Tuttavia il volume contiene anche
utili ragguagli sull’aspetto giuridico
del problema. Interessante soprattutto il contributo di Ermanno Dossetti,
che mette in luce alcuni aspetti ignoti ai profani degli intricati problemi
giuridici che di solito mascherano la
cattiva volontà politica delle classi
al potere, rivelando, sulla base di testi
fondamentali, la loro essenziale incon
Conclusione logica è la visione dell’obiezione di coscienza come segno del
tempo del progresso dei popoli, di
Giorgio La Pira. («Obiezione di coscienza.: un passo verso la pace»). È
possibile che anche dal punto di vista
dell’efficacia pratica, ma soprattutto
dal punto di vista dell’annunzio, resti
nettamente preferibile un’ obiezione
che si presenta pazzamente come un
segno del Regno che viene. Silenziosa
come le opere nella prospettiva della
giustificazione per fede. Eppur tale
che anche da un punto di vista etico
ci si accorga di «qualcosa» o di
« Qualcuno ». M. C. Tron
(*) AA.VY. - La coscienza dice di ito - Gribaudi, Torino 1968, pp. 152, L. 900.
Per le vittime vietnamite
Abbiamo ancora ricevuto le seguenti offerte: Ernesto e Mirella Bein (Torre Pellice) L. 4.000; Margherita Pascal (S. Germano Chisone) L. 500; Nelly Rostan (S. Germano Chisone) L. 1.000. Totale L. 5.500.
Totale precedente L. 450.260. Totale generale L. 455.760. Ringraziamo e trasmettiamo al Comitato Aiuti Medici al Vietnam,
a Londra.
IL MATRIMONIO
Nel caso di matrimonio con una persona estranea al Centro diaconale, il
membro del Centro sarebbe sciolto dal
proprio impegno non essendo pensabile che un coniuge imponga alTaltro
la completa disponibilità e il versamento al Centro di una parte del proprio stipendio. Nel caso di un matrimonio fra due membri del Centro, se
i due lo. desiderano, l’impegno col Centro diaconale potrebbe continuare. Per
le coppie l’impegno potrebbe essere
rinnovabile di anno in anno. Dovrebbe comunque essere mantenuta la partecipazione finanziaria al Centro.
ORGANIZZAZIONE DEL CENTRO
I membri del Centro si riunirebbero
ogni anno in Assemblea Comunitaria.
Compiti di questa assemblea sarebbero: l’esame dell’attività del Centro di
preparazione; esame e decisioni relative ai gruppi di servizio; ammissione
di nuoivi membri; decisioni sulla vita
spirituale e materiale del Centro; elezione di un Comitato Esecutivo. Del
Comitato Esecutivo farebbero parte
ex-officio il direttore del Centro e un
rappresentante della Tavola per il necessario collegamento e coordinazione
con le varie attività della chiesa. Compiti del Comitato Esecutivo sarebbero ;
la destinazione dei posti di lavoro,
coordinamento delle varie attività, preparazione di nuovi membri, preparazione di materiale di studio e formazione per il rinnovamento della vita
spirituale dei gruppi, organizzazione di
di incontri, visite ai gruppi, amministrazione dei beni.
le possibililà che ^ià si offrono
In attesa che il « Centro » trovi la sua
struttura più definita sulle linee generali su
indicate, pare urgente venire incontro a tutti coloro che già lavorano in settori assistenziali o pedagogici e che sentono la necessità di dare un più chiaro riferimento vocazionale al loro lavoro.
Il Centro dovrebbe dunque aprirsi il più
presto possibile in forma provvisoria come organizzazione che trovi i mezzi ed i
modi di rispondere a questa esigenza. Vi
sono non poche difficoltà da superare ; quesiiioni di orari di lavoro, di distanze, di irripostazione diversa nel lavoro stesso (assistenza, pedagogica), questioni di preparazione culturale diversa ecc. Almeno per un
primo tempo l’istituendo Centro dovrà operare con grande elasticità e capacità di adattamento a siiuazioni varie ; si tratterà di fare dei corsi non standardizzati, ma mobili
nel tempo, nella dislocazione ed anche nel
programma.
Soltanto con una buona collaborazione
di tutte le forze disponibili alle Valli e a
Torino si potrà superare questi ostacoli.
Cosi il Centro dovrebbe iniziare la sua
vita come sirumento di servizio aperto a
tutti coloro che da tempo asjwttano che la
Chiesa nel suo insieme li aiuti a mantenere
la propria attività professionale nella luce
particolare di una vocazione cristiana.
In secondo luogo il Centro dovrà esitendere il suo servizio nel tempo. Dopo aver
frequentato ì corsi del Centro, coloro che
si sono interessati e che hanno ricevuto da
tali corsi un aiuto ed una preparazione particolare, non dovrebbero essere dinuovo abbandonati a se stessi, ma il Centro dovrebbe
rimanere in un certo legame con loro: con
annuali convegni o con un foglio di collegamento o con visite ecc.
In terzo luogo il Centro dovrebbe funzionare come servizio verso la gioventù delle
nostre chiese aiutandola ad orientare la propria vita non in funzione dei guadagni e
del benessere, ma in funzione di una concreta risposta al Signore che ci chiania. Anche questo sarà un lavoro non facile che
potrà essere effettuato con successo nella
misura nella quale Pastori e Concistori saranno efficaci collaboratori: questo servizio
va compiuto non solo nelle Unioni Giovanili ma anche nelle classi di catechismo.
Quale primo passo verrà organizMto nel
mese' di giugno un incóntro di tutti coloro
che già lavorano nelle istituzioni assistenziali e pedagogiche della nostra Chiesa (limitatamente alle Valli e a Torino, senza tuttavia escludere chiunque voglia parteciparvi)
allo scopo di stabilire un dialogo fraterno
tra persone che nella Chiesa hanno di fatto
interessi e vocazioni comuni. Da questo in--contro dovrebbero emergere delle indicazioni
di massima per il proseguimento della nostra riflessione e ove possibile l’inizio di alcune realizzazioni pratiche.
Pubblicheremo prossimamente il programma dettagliato dell’incontro a cui invitiamo
fin d'ora tutti coloro che nella Chiesa hanno interesse e sensibilità per questo importante problema. A. Taccia
4
pag. 4
N. 19-20 — 17 maggio 1968
E* tempo di feste di canto
Priniav6ra 1968 a Torino qermanasca
Gli inni
della Riforma
Lietamente riuniti i bimbi canori di tutte
le Chiese evangeliche della città e dintorni
Domenica 28 aprile nella Chiesa Battista
di via Viterbo ha avuto luogo l’annuale festa
di canto delle Scuole Domenicali delle Ghie,
se evangeliche della nostra città. Questo incontro era alla sua terza edizione e, come i
precedenti, è stato una piacevole occasione
per moltissimi evangelici delia città di conoscere, sia pure sommariamente e rapidamente, un’altra comunità di fratelli in Cristo.
Quest’anno i bambini sono stati molto numerosi (più che negli anni passati) circa 250
e 13 il numero delle Scuole Domenicali partecipanti, Awentista, Battista, Pentecostale,
Esercito della Salvezza e Chiesa Valdese. Ha
presieduto la festa il pastore Enrico Paschetto U quale poneva in risalto lo scopo per cui
ci si riunisce : lodare e magnificare il Signore oltre che occasione per i bimbi di incontrarsi e conoscersi in questa vasta città.
Prima delle singole esecuzioni un certo orgasmo serpeggiava tra alcuni gruppi, cosa
comprensibile se si pensa alle difficoltà varie che alcune Scuole Domenicali incontrano
durante l’intero anno scolastico per l’insegnamento del canto. A parte queste difficoltà,
ognuno ha messo tutto il suo impegno ed i
canti dei singoli gruppi sono stati eseguiti
da tutti con slancio ed entusiasmo notevoli.
Abbiamo ascoltato canti semplicissimi con
parole particolarmente adatte a bambini piccoli e cori più impegnativi per Scuole Domenicali veterane come Corso Vittorio e
Corso Principe Oddone, quest’ultima la più
numerosa con ben 48 partecipanti!
Anche i piccoli gruppi si sono impegnati
per il meglio, dallo spiritual con accompagnamento di chitarra della Scuola Domenicale di Pianezza al canto dell’inno a due
voci della Scuola Domenicale del Lingotto,
Certo partecipando a questa festa ci siamo trovati a nostro agio ed abbiamo respirato un po’ d’aria pura e genuina non inquinata dai pensieri e preoccupazioni e divisioni dei grandi!
Dei giochi sotto forma di quiz biblici han.
no destato un grande entusiasmo tra i presenti sia perchè le soluzioni non presentavano particolari difficoltà, sia per i bei premi
(libri e caramelle) messi in palio.
A tutti gli organizzatori di questa festa
di canto ed a tutti i monitori un incoraggiamento a continuare con perseveranza il
loro lavoro tra i fanciulli ed a tutti i genitori una particolare esortazione affinchè non
trascurino, oltre all’insegnamento della Parola, l’insegnamento degli inni ai loro figliuoli.
Dopo la preghiera ed il canto dell’inno
n. 18, i ragazzi hanno preso la via del giardino per ritirare l’ormai tradizionale e tanto
atteso gelatino che, pur non essendo il primo delia stagione per molti, poteva esser
considerato una primizia per il solo fatto di
venir consumato in compagnia di tanti altri
fratelli. Piero Santoro
IN VAL PELLICE
Ud programma ampio ed accurato
La Festa di Canto per le Corali della Val
Pellice ha avuto luogo domenica 5 maggio
alle ore 15 nel tempio del Capoluogo, ad
Angrogna. Il vetusto tempio, il più antico
delle nostre Valli, è letteralmente gremito
allorquando le Corali vi fanno il loro in*
gresso e vi si dispongono per la esecuzione
degli inni d’insieme. Il Pastore A. Taccia,
dopo Tinvocazione a Dio, la lettura della Sacra Scrittura e la preghiera porge il fraterno
benvenuto delle Comunità di Angrogna alle
Corali; risponde al saluto a nome delle Corali il Pastore E. Aime che presiede la Festa di Canto e dirige gli inni d’insieme. Il
programma ha così inizio con l’esecuzione,
da parte del gruppo dei trombettieri, diretti
dal Maestro sig. Ferruccio Rivoir, delle
« Intrade a 5 » N. 5 e N. 9 di J. Pezelius;
successivamente i trombettieri eseguiranno
ancora « Lobe den Herren^ o melne Seele »
di J.HJI. Koch e « Sarabanda a 5 » N. 34,
N. 14, N. 15,
Le Corali partecipanti alla Festa di Canto
sono 5: Bobbio Pellice^ VilUcr Pellice, Torre
Pellice, Luserna San Giovanni, "Angrogna.
Assente, speriamo soltanto temporaneamente. la Corale di Rorà. Le Corali riunite eseguono successivamente i seguenti inni :
« J’aime mon Dieu, car son divìn secours
mentre qu’il a ma olameur entendue»: sal^
mo 116, parole di Teodoro di Beza, musica
di Dagues-Goudimel; successivamente l’inno
natalizio «In dulci j ubilo » del secolo XIV.
indi l’inno della Passione del S'gnore « Al
Santo Agnel di Dio » appartenente alla Raccolta di Brunswick del 1542, poi Tinno
« Tel que je suis, je viens à toi ». inno di
confessione di peccato con parole del Pastore Eugenio Revel e musica di Bamby, poi
l’inno « Quanto è lieve, o Re del cielo, il
tuo giogo a questo cuor » con parole di
C. Reta e musica di H. Smart ed infine l’inno 338, il noto salmo 42, musicato da Loys
Bourgeois nel 1551. Ottima sotto ogni aspetto l’esecuzione degli inni d’insieme; le Corali li hanno ben preparati, lo si sente subito, tanto che anche Tespressione ed i piani
ed i forte vengono eseguiti facilmente. Poi,
le singole Corali eseguono gli inni ed i cori
preparati durante l’anno: Bobbio i Inno dPasqua « Gloria al Signor », musica di Melchior Vulpius (1560-1615) e l’antico inno
natalizio « Les anges dans nos campagnes... »
musicato da un anonimo nel XV secolo cd
armonizzato da C. Boiler; Vdlar Pellice:
Inno 173 dell’Innario Cristiano e « Les anges dans nos campagnes » armonizzato ^ in
modo diverso; Angrogna: Inno 368 deinnnario, musica di Johann Criiger (1649) e
Coro di Pasqua con musica elaborata dal
Maestro F. Corsani su una antica melodia
italiana; Lusema San Giovanni: /rmo 332
dell’Innario con musica di Johann Cruger
(1653) la cui prima strofa viene cantata in
tedesco: « Jesu, mein3 Freude... » e gli inni
N. 55 e 65 dell’Innario, il primo, inno di
Passione, il secondo inno di resurrezione, musicati rispettivamente da A. Baci e da F. J.
Haydn; infine. Torre Pellice esegue « I dieci comandamenti », antica « complainte »
valdese, e « Seigneur, accorde ton secours
au beau pays que mon coeur aime » di
J. Dalcroze. Anche in queste esecuzioni., tutte le Corali, senza alcuna eccezione, dimostrano rimpegno della loro preparazione e
la vivezza della lord interpretazione. Le corali erano dirette : Bobbio Pellice (Pastore
E. Aime); Angrogna (Fasi. A. Taccia); Villar Pellice (Sig.ra Ciesch); Torre Pellice
(Maestro Ferruccio Corsani); Luserna San
Giovanni (Maestro Ferruccio Rivoir).
Il numeroso pubblico ha vivamente apprezzato sia le esecuzioni d’insieme che quelle effettuate dalle singole Corali. E noi ci
auguriamo che esse possano continuare ancora e sempre a svolgere questa :oro utilissima attività nelle Chiese, testimoniando con
zelo e con gioia deU’Evangelo di Cristo, là
dove il Signore le ha chiamate.
La comimità di Angrogna ha in seguito
invitato le Corali ad un ricco ricevimento
ne! corso del quale vari canti ed inni sono
stati ancora eseguiti.
Alle Corali, ai loro Direttori, alla Chiesa
di Angrogna il nostro vivo ringraziamento
per l’ottima giornata trascorsa insieme sotto
Io sguardo di Dio. rep.
.......
Canto sacro
La festa di canto per tutte le Scuole Domenicali avrà luogo, come è già
stato a suo tempo annunziato, domenica 26 maggio, alle ore 15 alla Ruata
di PramoUo, nelle immediate adiacenze del tempio.
Le Scuole Domenicali potrarino, sin
dal mattino, accedere alla località suddetta, alle ore 9,30. Per i ragazzi e le
ragazze più grandi sarà organizzata
una gita; per i bambini più piccoli,
vi saranno monitori e monitrici che li
intratterranno con giochi vari. Portare
quindi il pranzo al sacco. Alle ore 15
avra inizio la festa di canto.
In caso di cattivo tempo o di tempo
incerto, le feste di canto avranno invece luogo: per la Val Pellice, nel
tempio di Villar Pellice alle ore 15 ; per
la Val Chisone, nel tempio di San Germano Chisone, pure alle ore 15. Comunque, in caso di incertezza sul da
farsi, telefonare al Presidente; telefono 91731! Si tenga inoltre presente
che, a quanto pare, proprio dal giorno
26 maggio andrà in vigore l’ora l’egale :
l’orario su esposto tiene conto anche
di questo fatto!
La Comm. del Canto Sacro
La caratteristica di questo incontro del
28 Aprile a cui hanno partecipato sia le corali che le scuole domenicali della Valle è
stata quella di presentare ai membri delle
Comunità ed agli amici convenuti nel tempio soprattutto una selezione di musiche
classiche della Riforma : corali di origine
luterana e salmi ugonotti. Oltre ai canti che
saranno pubblicati nel nuovo innario — speriamo di prossima pubblicazione — proposti dalla Commissione o scelti dalle varie
Comunità, la Corale di Frali ha presentato
una interessante melodìa natalizia del XIV
sec. pubblicata su Louanges et Prières della
Chiesa Riformata di Francia ed il salmo 100
del salterio ugonotto; le scuole domenicali
di Ferrerò e Massello hanno cantato due inni nuovi di Corali e cantici.
I salmi ugonotti — cantati integralmente
anche nella Chiesa Valdese fino alla metà
del 1800 — hanno costituito il centro di in.
teresse di questo incontro essendo durante
l’intervallo stati presentati dal Fast. Davite,
che ha messo in luce alcuni momenti della
loro storia: la moda dei salotti parigini al
loro sorgere; l’uso liturgico nelle comunità
segrete di riformati; la testimonianza resa
per loro mezzo nelle prigioni e sui roghi di
tutta Europa; l’incoraggiamento nelle lotte
del «Désert Cévenol» e delle Valli Vaidesi nel ’600 della Controriforma; la validità
della maggior parte di essi nella Chiesa dei
nostri giorni.
L’introduzione di studio biblico è stata
presentata dal Fast. Toum di Villasecca sul
testo di Atti 16: 25.
La Sig.ra Rivoira, membro della Commissione del Canto Sacro, impossibilitata a partecipare all’incontro e stata sostituita nella
direzione dalla Sig.ra Davite di Frali.
Da un punto di vista « tecnico » non possiamo non sottolineare il progresso che ogni
anno è registrato da questa « più giovane »
delle feste di canto e che permette di attenderci risultati ancora migliori gli anni
prossimi, sia da parte delle corali .che delle
scuole domenicali. ^ ^
Ed ecco, prima di concludere, l’elenco dei
canti eseguiti.
Corali: Innario Cristiano 184, 338; Psaumes et cantiques: 20, 101; Corali e Cantici:
Con vivo e santo giubilo. Del santo Agnel di
Dio. Frali: Boi des êtres et des choses; Ferrerò: Fino alla morte; Villasecca: Innario
Cristiano 70.
Scuole domenicali: Innario Cristiano 31,
197 341; Psaumes et cantiques: 115, 278.
Villasecca: Innario Cristiano 204; Massello:
Gran Dio noi ti lodiamo (Corali e cantici);
Ferrerò : Voglio servirti sempre (Corali e
cantici); Frali : Vous qui sur la terre habitez
(Cantate Domino).
Un partecipante
Paolo
Giovedì 23 maggio, giorno dell’Ascensione, avrà luogo il tradizionale
Convegno a Viering
in Valle di Aosta, organizzato dalle Chiese Valdesi di Aosta e Ivrea.
PROGRAMMA DEL CONVEGNO
ore 10,30 - Culto, presieduto dal Past. Ermanno Rostan
ore 12 - Pranzo al sacco
ore 14 - Studio e dibattito sul tema : « La forza di amare ».
L’argoménto sarà introdotto da una conversazione del Past
Ricca sulla figura e l’opera di Martin Luther King.
La discussione, prima in gruppi e poi collettivamente, si articolerà
sulle seguenti tre domande:
1) Sulla base del Nuovo Testamento, che cosa si può dire riguardo
alla « non violenza »?
2) In che misura il cristiano può e deve essere « rivoluzionario »?
3) Perchè, come cristiani, dobbiamo avere «la forza d’amare»?
Viering si trova sulla sponda destra della Dora Baltea, dopo Verrès
per chi viene da Torino e Ivrea. Il convegno avrà luogo all’aperto nel
pomeriggio, tempo permettendo. In caso di cattivo tempo, nel locale
di culto.
Un caldo invito a partecipare è rivolto a tutte le Comunità Evangeliche sul piano interdenominazionale.
Viering vuole essere un luogo di incontro fraterno e di studio alla
luce della PAROLA DI DIO.
Comunicato della “Pro Palli),
Si invitano i tesorieri dei concistori, che
ancora non hanno provveduto, a versare il
loro contributo annuo a questa « Pro
Valli ».
Si rende noto, a chi possa interessare,
che sono in vendita terreni .e un fondo rustico in Torre Pellice e ad Angrogna. Ultepossono chiedere a
riori informazioni si
questa Commissione.
Visita Missionaria. — La nostra Unione
Femminile ha riceviuto due gradite visite :
il 17 gennaio quella deBa miss-onaria Jalla
che ringraziamo sentitamente psr il suo fraterno messaggio. Il 1® marzo, giorno dedicato alla preghiera dalle donne di tutto il
mondo, abbiamo 'avuto una riunione in comune nella nòstra cappella con le sorelle di
S. (Armano e di Pramollo.
La sig.na Jalla ci ha dato un’ottima meditazione sul passo : « Portate i pesi gli uni
degli altri ». Molto beili i canti d’insieme.
Dopo la riunione si è fraternizzato intorno
ad una tazza di tè.
Il 10 marzo le nostre Sorelle hanno visitato il Rifugio e l’Uliveto ricevendone una
forte impressione.
Ospiti del pulpito. — I Pastori Enrico
Tron e Gustavo Bertin ci hanno dato alcune
vigorose predicazioni. Li ringraziamo per la
loro preziosa collaborazions e li aspettiamo
Un vivo grazie pure alla sig.ra Bertin che
ogni volta accompagna gli inni alTarmonium.
Assemblea di chiesa. — Il 24 marzo 1 assemblea di chiesa ha eletto quattro nuovi
diaconi : Serre Samuele, Grill Roberto, Bleynat Fiorina, Venturi Edi.
Ci rallegriamo coi nuovi eletti e particolarmente con le nostre sorelle, già preziose
collaboratrici come insegnanti di religione,
che porteranno una nota gentile nel nostro
Concistoro. L’insediamento ha avuto luogo
domenica 31 marzo.
Studenti Valdesi. — Gli studenti valdesi
delle Scuole Medie Statali di Villar Perosa
godono il privilegio, quando le scolaresche
sono invitate a qualche servizio religioso in
occasione delle varie solennità, di potersi
riunire nella cappella valdese locale.
Li vediamo qui — non al completo — in
una riunione che ha avyto luogo pochi gior.
ni prima di Pasqua e per la quale abbiamo
avuto la gioia di avere come nostro ospite
il Pastore P. L. Jalla. Dopo i canti accompagnati da alcuni alunni trombettieri il Pastore Jalla tratteggiò con molta efficacia un
argomento di grande attualità : 1 opera e il
sacrificio del pastore Martin Luther King.
Prima di concludere la prima parte dell’incontro venne ancora citata all’ordine del
giorno una giovane studentessa di Pramollo,
Costabel Ivana, alla quale pochi giorni prima
era stato consegnato dinanzi alle Autorità
La « Pro Valli » scolastiche provinciali e a quelle locali un
premio Motta — unico nella provincia —
per il suo profitto e per il suo lodevole com.
portamento. Anche qui, còn una parola di
cordiale compiacimento, le venne assegnato
un modesto premio-ricordo.
Un gruppo di signore della comunità attendeva quindi nelle Catacombe sottostanti,
con un rinfresco e con delle paste a cui la
briosa gioventù studentesca seppe fare il dovuto onore.
Riunioni quartierali. — Durante la settimana santa ne abbiamo avuta una a Dubbione nella olitale casa Charrier. Essa è stata allietata dalle trombe dei nostri Cadetti
e due confermandi hanno parlato su argomenti da loro studiati al catechismo.
Il venerdì santo alle Chenevières riunione nella nostra saia con larga partecipazione
di Inversini. Anche qui hanno suonato le
trombe e parlato alcuni confermandi e ci
auguriamo che in avvenire questi cari giovani continuino a prendere parte attiva alla
vita della chiesa.
Confermazioni. — La domenica delle Palme Loredana Bouchard, Vanda Rochon. Gra.
ziella Rostagno, Silvano Long, Dino Tron.
Franco Costantino e Remo Dolino hanno
fatto la loro solenne professione di fede dinanzi ad una folta assemblea e a Pasqua si
sono avvicinati al tavolo della Santa Cena.
Nei giorni seguenti sono stati festeggiati
dairUnione Femminile e dall’Unione giovanile. Hanno poi celebrato insieme una simpatica agape fraterna. Infine, hanno preso
parte alla giornata dei confermandi a Rorà.
A seguito di un articolo di ai;<iriiie Milla
eventuale chiusura d&l Collega ' ;ui!v;-u di
Torre Pellice, apparso sul nostro
riceviamo dal dott. Manganalo, di
personale della Società Buloii Ila
nerolo la somma di L. 200.000 eh
tiamo a Torre con viva riooncMJi;
randoci che molti altri seguano
esempio affinchè Tavvenire del Collegio non
sia più chiamato in causa.
il
del
1 Pi
'insl
iugu
lile
Domenica 19 c. m., dalle 15 alle 17,
la comunità sarà molto riconoscente a
tutti i fratelli in Cristo ed amici vicini
e lontani che vorranno partecipare al
suo BAZAR, per aiutarla nelle sue urgenti e molteplici necessità.
iiiiiimimi'iiiiim
llllllllll>IIIIIHIII'
inMHtmmwMHiHiiHviiiiixMliKtiimiiiKiiiiiiHiimiiiiiiniii.iiiiKim.iiiiHMMiitiMiiiiiiiiim
.................................................................Il......................................................................................................
Il Prof. Ginseope Casini ci è stato tolto
, ! _____I 10 avrà luoco l’assemblea di
Viva commozione ha colto tutta la
nostra Comunità quando si è sparsa
improvvisa e agghiacciante la notizia
della morte del Prof. Giuseppe Casini.
Un sentimento di profonda tristezza
riempiva gli animi scossi non soltanto
dalla giovane età del fratello che era
stato tolto, dalla rapidità fulminea del
decesso, ma soprattutto dalla gravità
della perdita. Giuseppe Casini aveva
cominciato a Torre Pellipe la sua testimonianza di credente nel settore dell’insegnamento, presso il Collegio Valdese, era passato poi alla Scuola Statale, ricevendo tre anni fa la nomina a
Preside della Scuola Media Statale
:< Leonardo da Vinci ». Nei vari ambienti nei quali svolse la sua opera è
ricordato per l’acutezza del suo ingegno, per la vastità e profondità della
sua preparazione culturale, ma soprattutto per la sincerità del suo impegno,
per l’apertura del suo animo ai problemi attuali sia della scuola, sia della
società e della testimonianza cristiana
nel mondo. I suoi colleghi lo ricordano come l’amico e il fratello che con
estrema delicatezza ed umiltà è al loro
fianco nella ricerca delle soluzioni più
vere dei molteplici problemi della
scuola. Ci riserviamo di presentare più
esaurientemente nel prossimo numero
la sua attività di uomo della scuola.
Credente fortemente impegnato neli’ambito scolastico e sociale, Giuseppe
Casini dava la sua opera con grande
spontaneità anche nelle attività interne della Chiesa. Da anni si dedicava
alla preparazione dei catecumeni ed era regista amato e apprezzato della nostra filodrammatica. Recentemente, assieme ad altri colleghi, si era messo a
disposizione di un gruppo di giovani
che sì riuniscono per discutere i problemi del nostro tempo.
Giovedì 2 maggio il tempio valdese
era affollato durante il Culto della sepoltura : più di 3(X) studenti delle varie
scuole di Torre, di Luserna e di Pinerolo, molti colleghi dei vari Istituti e
una folla di fratelli di chiesa e di amici ad ascoltare il messaggio di Cristo
« resurrezione e vita » sul quale egli
aveva fondato la sua esistenza.
Alla famiglia nel lutto la più viva
simpatia dei fratelli nella fede, dei colleghi rfel lavoro, degli amici : quel messaggio di grazia sia conforto e speran
Domenica 19 avrà luogo l’assemblea di
Chiesa con lettura della relazione annua.
— Giovedì 23 maggio (giorno dell’Ascensione) verrà effettuata la gita delle Scuole
Domenicali; prenotarsi al più presto.
___ Domenica 26, culto alla Cappella del
Clot Inverso alle ore 10 anziché alle 10.30.
TRAPANI
za.
A. S.
POMARETT
— Mercoledì 15 maggio alle ore 20,30
avrà luogo la riunione del Concistoro e dei
Responsabili, nella Sala delle attività.
— Sabato 18 avranno luogo gli esami dei
catecumeni, con il seguente orano: ore 16,30
il primo anno; ore 17,30 il secondo anno e
alle 18,30 il terzo anno.
Le nostre comunità del Trapanese furono
colpite in questi ultimi tempi da diversi
lutti. Ultimo è quello della sorella Jovina
Cusumano venuta a mancare alla comunità
di Trapani nel mese di gennaio. Da molto
tempo inferma, sopportò con spirito di sacrificio tutte le sofferenze del male dando
edificazione cristiana in mezzo ai suoi e a
quanti le furono accanto. La comunità ha
voluto esprimere la sua cristiana solidarietà
alle care famiglie Cusumano e Marceca raccogliendo le seguenti offerte a favore delle
Missioni Evangeliche quali fiori e in memoria della scomparsa : F. Palermo L. 500;
F Giunco 500; A. Virgilio 200; F. Gallò
500; M. Pace 500; E. Cardillo 200; A. Pace
500; A. Sala 300; P. D’Angelo 300; G. Caliò 300. I figliuoli: Angela 1.000; Aiitonino 1.000; Angelo 500; le nipotine Jovina e
Maria Cusumano 500.
P. Giunco
ConfereDze pubbliche
Del 450” annivercHrìo liella Riforma
A fine aprile è stato diffuso nella città un
volantino per invitare la cittadinanza a una
serie di conferenze sul tema « L’autorità del.
la Sacra Scrittura»: « In occasione del 450‘
anniversario della Riforma della Chiesa, la
Chiesa Evangelica Comesea inv.ta a riflettere sulTaulorità della Sacra Scrittura. La
Democrazia parlamentare, di cui anche noi
usufruiamo, trae la sua origine dalla Società
sorta in seguito alla Riforma Protestante,
profondamente rinnovrta dalla riflessione
sulla Sacra Scrittura. E’ importante oggi riprendere questa riflessione per comprendere
l'origine delle strutture che cl governano ».
Si tratU, come si vede, di una riflessione
che ha un nesso diretto, anche se ampio, con
rimpegno politico alla vigilia di questa consultazione elettorale. Infatti le conferenze si
sono tenute il 2, il 9 e il 16 maggio, su quetemi: ((L'autorità della Sacra Scritt^a
Cattolicesimo romano » (Aldo ^ Sbaffi),
« Che cosa significa per noi, oggi, l’autorità
della Sacra Scrittura? » (Aldo Cotnba), « La
autorità della Parola di Dio fecondo insegnamento de: Riformatore Giovanni i vino » (Thomas Soggin).
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5
17 maggio 19GG — N. 19-20
pag. 5
PELLICE
ln questi ultimi quindici giorni per ben
cinque volte abbiamo accompagnato alla
loro ultima dimora terrena le spoglie mortali di membri della nostra comunità.
11 16 aprile decedeva alla sua abitazione
.l'ila borgata del Pautasset il nostro fratello
Gönnet Paolo fu G. P.etro. Era nel suo 89*>
anno; se ne è andato così, come un lume
che si spegne per esaurimento; lascia tra noi
il ricordo di un uomo cordiale, che ha affrontato CO!? -in<(i di ottimismo e serenità le diff'(' . » (la sua lunga esistenza.
ì'. l.'i aprile è deceduto alla sua abitazioÌÌ2 alla borgata de: Pidone il nostro fratello
ÌSavache G.useppe fu Paolo, alla età di anni .58. Da tempo le condizioni di salute del
nostro fratello erano assai precarie; pensavamo che gli sarebbe stato concesso di superare questo difficile periodo; ma una crisi più
acuta del previsto ne ha segnalo la fine. An.
che lui lascia ira noi il ricordo di un uomo
diale.
1. aorile e deceduta alla sua abitazion • ;i » \:-i Molino la nostra sorella Charboniì:c; .iiiaa. nata Baridon, fu Giovanni Pietro. alla e?a di anni 55. Da alcuni anni la
«alu'r uelin nosira sorella era minata dalla
maialìia; a periodi di miglioramento succedevano lunghi periodi di prostrazione che la
indebolivano sempre di più; eppure ella ha
sostenuto la sua prova lunga e penosa con
spìrito di pazienza e di fede, sempre preoccupandosi più degli altri che di se stessa.
Perdiamo con lei una persona profondamente timorata di Dio. fedele alla e nella sua
Chiesa, sempre pronta ad aiutare il suo pros.
simo c(l a diffondere intorno a se uno spirito
di e di amore.
•• '.i' aprile è deceduto all’Ospedale Val*
di Torre Pellice il nostro fratello Ber.
...(li Davide fu Stefano, nel suo 90« anno
dì età. Pochi giorni prima, mentre si trovava in campagna, era stato colpito da una
Irioiiltos' cerebrale dalla quale la sua pur rol’ìwìa libra non riuscì più a riprendersi, malgrado le pronte ed assidue cure con le quali
fu circondato. Egli era originario della borgata dei Rostagnì dove avvea trascorso la
sua vita, trasferendosi a Bobbio per i mesi
invernali solo in questi ultimi anni.
Il 29 aprile è deceduto alla sua abitazione
alla Costa (Orlas) il nostro fratello Melli
Giovanni Giuseppe fu Stefano alla età di anni 74. Da molti anni menomato nella sua
saliJì? e nella sua forza, aveva avuto il dolore di perdere, tre anni or sono, suo figlio,
deceduto in un incidente sul lavoro, e due
anni or sono la sua compagna. In questa situazione egli declinava lentamente senza pòpiù riprendere.
' -Ulti i familiari e parenti, provati da
•rii-' -ìL [ulti, la Chiesa tutta esprime la sua
, ' a c /ralcrna simpatia cristiana invocando
su loro tutti le consolazioni dì Colui che
non ci lascia mai soli nella distretta, ma ci
dà la sua pace, la sua . forza, la certezza
gioiosa che chi crede e vive in Cristo non
morrà mai in eterno.
Sabato 20 aprile i giovani della nostra
linone hanno recital la commedia drammatica « L’Oslacoio d- da sig.ra Quattrlnià/ourn. Il pubblici) f-ra abbastanza numeroso
ed i nostri attor; e it iOrtre attrici, dì cui
molli alle loro prlnu- nriui. hanno recitato
con impegno e finezza di interpretazione,
nierilandosi ampiamente i luitriti applausi
con cui sono stati accolti. A loro tutti un
vivo ringraziamento.
Domenica sera 28 aprile è sfato nostro
ospil ' il Coro /{Ip'no « Val Pellice ». Pubbli,
ce numeroso, ricco e vario reperlorio eseguilo con la ormai ben nota bravura; molto
apprc/./ale pure le significative poesie di
Nino Costa lolle con espressione da! nostro
Minor. Molti e nutriti gli applausi; un vivo
ringraziamento ed un arrivederci ai nostri
ospiti diretti dal Maestro sig. Edgardo Pa*
schetto.
Nel corso dei nostri culti del 28 aprile e
del 5 maggio nel tempio sono stati presentati al Baltesimo i bambini: Barus Ivo di
Fugi’iiio e Mondon Anna (Ciampas) e Ponlel
Guido Paolo di Aldo o Roslagnol Susanna
(Via Boschetti). Il Signore eireondi ed accompagni sempre con la sua benedizione
qiiesli bambini e tulti i loro cari.
\ i\ i rallegramenti alla famiglia di Luigi
e Franca Fenoglio (\ia Maestra) per la na-idia della loro piccola Micaela avvenuta il
l'.ì aprile presso l'Ospedale Civile di Piiierolo. Auguri alla bambina ed a lutti i suoi
cari.
Il nostro ormai tradizionale Bazar lia avu.
to luogo domenica 28 aprile con esito lusinghiero. Ringraz.amo ancora vivamente
tutte le persone che hanno contribuito a Bobbio ed a Torre Pellice e tutte quelle ehe
'■ nno in vario modo collaborato alla buona
liu'-c.lj ili questa manifestazione.
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
Distacco tra lavoratori e studenti alle Valli
Nella s-eds della sezione barese della Camera Economica Italiana ha avuto luogo il
9 aprile scorso un dibattito su « Il divorzio
in Italia ». cui hanno preso parte il domenicano padre Leonardo Leonardi, il vicesindiK'ii di Bari Rino Formica, il pastore della localo Chiesa valdese Enrico Corsani e il
deputato democristiano Renato Dell'Andro.
Mentre quest'ultimo si è espresso in senso
nettamente antidivorzista, il Leonardi e il
Formica sono stati cautamente possibilisti,
pur con molte riserve e reticenze. Più franco e chiaro il discorso del Pastore Corsani:
« Il fondamento indissolubile del matrimonio non sussiste al di fuori della fede, non
c di evidenza naturale. Il divorzio è infrazione della legge divina e quindi non è ammissibile dal punto di vista cristiano. Ma
(fuesta disciplina matrimoniale impegna solo
i credenti e non può essere imposta ad altri.
Pertanto, noi siamo favorevoli all'introduzione del divorzio nella legislazione civile
per coerenza con la nostra posizione di fede ». La stampa locale ha dato notevole risalto a questa manifestazione.
Il problema del progressivo distacco tra
lavoratori e studenti in seno alle Unioni
Giovanili delle Valli, è s'.ato affrontato in
un Contegno che si è tenuto il 27 e 28 u. s.
al « Castagneto » di Villar Pellice.
L'attenzione su questo tema era stata sollecitata da parecchie unioni nel convegno
responsabili di novembre a Pramollo. Si
era osservato, in quell'occasione, che nelle
nostre unioni si era formato un muro tra
lavoratori da-una parte e studenti daH’altra.
e che questa frattura minacciava di diventare definitiva. Il Comitato di Gruppo, per
valutare esattamente l'entità del fenomeno,
conduceva un’inchiesta tra le Unioni i cui
risultati venivano discussi in una serie di
convegni zonali a Frali, Pinerolo e Luserna
San Giovanni.
L’inchiesta rilevava che il problema esiste ed è sentito come fondamentale da parecchie unioni. Si manifesta però in maniera diversa da luogo a luogo. Ad esempio
nelle comunità, che presentano caratteristiche sociologiche delle comunità rurali in via
di rapida trasformazione, il problema non
sembra sussistere nella vita sociale. Gli intervistati hanno detto di avere frequenti
scambi di idee ed essere in amicizia — al
di fuori dell’unione — con lavoratori, se
sono studenti e viceversa. 11 contrasto in
queste unioni si manifesta, in modo violento qualche volta, solo all’interno dell’Unione. Nelle comunità di città, invece, il problema esiste tanto nelle relazioni di tipo sociale che ail’interno dell’unione; ma è in
un certo senso risolto con l’esclusione di
uno dei due gruppi sociali.
Per valutare questa situazione, una trentina di giovani si è riunita a discutere al
Castagneto. Tra i presenti vi erano giovani
provenienti da Ferrerò. Pomaretto, Pinerolo,
Luserna. Torre Pellice e Torino, e numerosi pastori, Tourn. Rostagno, Sonelli, Bouchard e il Segretario F.U.V. Claudio Tron.
Giorgio Cardio! ha introdotto il problema rilevando che è l’organizzazione stessa
della società che favorisce questo distacco.
Infatti la società industriale nella quale viviamo. è una società classista nel senso che
separa gli individui in oppressi ed oppressori, e che attribuisce a una classe la proprietà dei mezzi di produzione e il potere di
decidere sulla pelle dell’altra classe.
Airinterno della nostra società il conflitto (inevitabile) tra le classi non sembra
esplcdere. Ciò forse è dovuto al fatto che
il sistema è riuscito a spostare i termini del
conflitto dalle classi agli strati di una classe; ad es. tra contadini e operai, tra operai
e studenti, ecc. È il vecchio princ'p’o del
divide et impera! Questo è possibi'.e appunto per il carattere « oppressivo » della
società industriale, che impedisce ¡’esercizio della libertà e offre all’individuo standards di comportamento, diversi a secondo gli strati nei quali è inserito, e creando
in lui « falsi bisogni » che sembrano individuali. ma in realtà sono sociali, che servono cioè a mantenere in piedi il sistema.
Contro chi non accetta !e regole imposte, il
sistema manifesta il suo carahere violento:
il prezzo di questa violenza, è l’esclusione,
l’annientamento fisico, come sta avvenendo
nei riguardi degli studenti e dei vietnamiti.
La società industriale ha inoltre un caratiere « alienante ». nel senso che l’individuo
che vi\e in essa conosce se stesso com.e un
estraneo. Egli reagisce a questa situazione
con particolari meccanismi psichici, che in
parte possono spiegarci il nostro problema,
e che sono :
— « masochismo morale » cioè il bisogno
di dipendenza, di una autorità che ci
garantisca;
— « sadismo » cioè bisogno di dipendenza
degli altri, che gli altri soffrano;
— « aggressività distruttiva » cioè il desiderio di eliminare ogni termine di confronto;
— « conformismo » cioè il tentativo di cancellare le differenze tra sè e gli altri e
di sfuggire così al sentimento di impotenza.
Un altro importante fattore per comprendere il distacco tra lavoratori e studenti
— secondo GardioI — è «1a condizione giovanile ». I giovani che frequentano l’unione
alle Valli, sono in generale in una età che
va dai 16 ai 2l anni, cioè in quell’età che
gli psicologi chiamano « adolescenza ». Sociologicamente noi possiamo classificare
questi giovani in tre grandi categorie:
— coloro che seguono un lungo corso di
preparazione educativa prima di potersi
mantenere da soli: sono i futuri laureati;
— coloro che completano le scuole e si
mantengono da soli tra i 18 e 20 anni:
sono i diplomati -tecnici, maestri, ecc.;
— coloro che cominciano a mantenersi lavorando ai 16-18 anni: sono quelli che
sono andati a scuola fino a 14-15 anni e
che cercano di sposarsi -presto per assumere il ruolo adulto quanto prima possibile.
Questa classificaziv ■ è rilevante ai nostri fini in quanto ¡novahi sentono profondamer.ie che qu o o prima si entra in
una occupazione reo ulta, tanto minore è
proporzionalmente ■ :3rospettiva di carriera economico-sociaìi,. viceversa. In altre
parole un giovane i eraio che comincia a
16 anni a lavorar: fabbrica sente che
il suo destino sarà . dio di fare l’operaio
per tutta ia vita .. o poche speranze di
carriera e invidierii d coetaneo che srudia
che ha di fronte pd.i . ossibilità di carriera.
D’altra parte lo sUr -, -ite invidierà le maggiori disponibilità ■ denaro del coetaneo
operaio, simbolegg ■ ■ nel motorino, nel
bere, ecc., e si vienv ■ sì a formare il muro
tra di essi.
L’ultimo fattore messo in luce dalla
relazione introdutti'. - è il ruolo particolare che esercita ' U iione Giovanile nel
fare esplodere que .o distacco. L’Unione,
alle Valli, ha anc< ia un’importante funzione nel processo Ji socializzazione dell’individuo. In essa vengono a coesistere
due gruppi sociali, i lavoratori e gli studenii. e in essa quest; prendono coscienza
della « necessità » di qu^ta stratificazione
sociale. Analogamente a quanto avviene
nella vita sociale, i lavoratori baderanno
all'aspetto pratico della -ita dell’unione,
faranno cioè quei piccoli lavori di manutenzione indispensabili, gli studenti invece
baderanno alla parte di studio. In genere
si ha la « coesistenza pacdica » in quanto
l’Unione marcia secondo la solita routine.
Ma a volte i contrasti esplodono e in modo violento. Vediamone il rneccanismo. Di
solito all’Unione, dato il carattere chiuso
del valdese, i membri non si scambiano informazioni personali e sentono indifferenza
l’uno per l’altro per cui l'Unione si trova
già in una condizione di instabilità. Se a
questo si aggiunge per esempio l’esecuzione di un compito sgradeviilc, o una situazione sgradevole entro cui il compito va ese
La Corale Giovanile di Essen
alle Valli, a Torino, a Bordighera
Nella settimana dopo Pasqua la Jugindkantorei della Anferstehungskirche di Essen
ha tenuto dei concerti in alcune nostre comunità. •
Si tratta di una corale composta da giovanissimi. in gran parte studenti, che continua degnamente la grande tradizione del
canto corale tedesco, una tradizione intimamente legata alia vita della comunità
evangelica, alla sua fede. In effetti non si
può dire che in questi giovani il canto abb.a cessato di essere espressione della fede,
per diventare una pura attività artistica; e
questo non tanto perche i testi delle musiche eseguite sono tutti tratti dalla Bibbia
(in quanta arte cosidetta cristiana l’argomento biblico è un semplice pretesto!), e
neanche perchè gli autori (dal seicentesco
schein a Brahms ai contemporanei Reda,
Hufschmidt e Kern) hanno tutti cercato di
servire il testo biblico con la loro musica,
ma pere gli esecutori stessi partecipano
cosc:entemente - col canto, ma non soltanto con esso alla testimonianza della
fede nel nostro mondo.
La musica non è in questo caso un’attività fine a se stessa, ma è, come per Lutero,
parte integrante del servizio del cristiano.'
Così con questi giovani si parla con interesse della tendenze della musica protestante contemporanea, ma ci si trova poi
senza sforzo a parlare di Rudi Dutschke.
del movimento « Nessun altro evangelo »,
dei teologi tedeschi più avanzati, della situazione della Chiesa nei nostro tempo. E
si è chiamati a risponaere a domande sulla
nos'Ta storia, sulla composizione sociologica delle nostre attuali comunità, sui loro
problemi, sulla loro attività evangelistica.
II coro affronta con questa sensibilità anche gli autori più antichi, o quelli, come
Brahms, che più si presterebbero a un’interpretazione nos>ialgica; invece l’esecuzione
mette in luce soprattutto rintelligenza storica di questo autore, che studia a fondo
Schütz e gli altri antichi maestri della mu
sica corale tedesca, scoprendone la ricca vitalità e traendone una lezione per la propria arte compositiva.
Ma dopo Brahms, la lezione degli antichi maestri ha continuato a dare i suoi
frutti nel nostro secolo, con Distìer. Pepping. Reda e i discepoli di quest’ultimo, i
giovanissimi Hufschmidt e Kern. Con quetti. l’antica eredità si fa meno vincolante.
Quando si ascolta Distler. si prova la stessa impressione un po’ raggelante che si ha
entrando in qualche chiesa moderna, in cui
l’architetto ha cercato di risuscitare antichi
stili; si esce, e si cerca quasi per necessità
il calore di una vecchia chiesa romanica.
Così dopo Distler si torna a Schütz, e il
vecchio non ci delude: il suo discorso robus'o ci afferra come una predicazione nutrita di esegesi biblica nella bocca di un uomo che vive intensamente c con gioia la
sua fede.
Ma con Reda, Hufschmidl e Kern il gusto della riesumazione è definitivamente
tramontato: la fedeltà alla forma del mottetto non impedisce una grande libettà di
espressione, in cui tutti i mezzi della tecnica musicale più recente, se non recentissima. sono messi a profitto.
Ursula von den Busch, direttrice sensibile e vigorosa, musicalissima, anch’essa allieva di Reda, ha .saputo infondere al suo
coro un autentico amore per questa musica. tanto che essa gli è ormai familiare
come quella di Bach. Forse per questo il
pubblico, una volta tanto, non si è mostrato
ostile alle composizioni contemporanee, ma
le ha accomunate, nello stesso apprezzamento, a quelle dei secoli anteriori, che il coro
ha eseguito con partecipazione e perfetto
equilibrio.
I concerti sono stati tenuti a Torre Pellice, Torino, Frali, Pinerolo e Bordighera;
ad essi ha pure preso parte, con interpretazioni di Bach e di autori contemporanei,
l’organista Siegfried Scheytt.
Bruno Rostac.no
güito, ahora i sentimenti dei membri tenderanno verso la reciproca ostilità. L’antipatia che sorge v:ene proiettata su qualcosa che permetta l’espressione; sull’oggetto
finale del lavoro e sui membri che lo hanno proposto.
Facciamo un esempio concreto. A Pomaretto alcuni membri dell’Unione ritengono
che la testimonianza dell’unione il 17 febbraio, si esplichi nel partecipare al corteo
recando del cartelli sul tema della libertà
cristiana. Questo compito viene ritenuto
sgradevole da altri membri dell’Unione. Si
forma così un antipatia verso 1 cartelli e
chi li ha proposti da una parte, verso chi
critica dall’altra.
Quest’analisi introduttiva, che spiega il
meccanismo di formazione del distacco viene, nelle sue linee generali, accettata da tutti
i partecipanti.
La seconda parte del convegno ha visto
una puntualizzazione teologica sul problema del contrasto, del distacco tra gruppi
della comunità cristiana.
Il testo, che i partecipanti hanno meditato. sotto la guida del past. Giorgio Tourn,
è stato : « Poiché voi tutti che siete stati
battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è qui nè Giudeo nè Greco; non
c’è nè schiavo nè libero; nè maschio nè
femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù » (Gal. 3 : 27-28).
Si è rilevato che questo passo non parla
dell’« eguaglianza » dei credenti, nel senso
che comunemente si da a questa parola. Si
tratta qui del nuovo rapporto che si viene a
stabilire tra gli uomini in Cristo, la comunione fraterna. Questo nuovo rapporto non
crea individui identici, uniformi, ma si realizza compiutamente proprio nella diversità
dei credenti. Questo nuovo rapporto non si
manifesta soltanto airinterno della comunità cristiana, ma è qualcosa di più che investe i rapporti sociali. « Essere rivestiti di
Cristo » significa guardare gli altri, credenti
o no. attraverso l’ottica dell’amore. Così
facendo si rivoluzionano i tradizionali comportamenti umani, si entra in una economia nuova in cui le differenze di origine,
di sesso, di posizione sociale, vengono abolite nella partecipazione del credente ai problemi. alla vita deil’altro.
Nella terza parte del convegno, si è tentato di trarre alcune conclusioni sul problema e di dare alcune indicazioni pratiche.
Alla tavola rotonda, presieduta dal pastore Tourn, sedevano Gianfranco Mathieu.
Bruno Jourdan. Giorgio GardioI.
Gianfranco Mathieu, ha sostenuto che il
problema del distacco tra studenti ed operai, è innanzitutto un problema della società italiana e che spetta alla classe dirigente tentare di risolverlo. Infatti in questa
nostra società, non sono tutelati in maniera
adeguata i principi di libertà e di uguaglianza. Occorre che venga combattuto una battaglia contro i monopoli, della cultura, dell’informazione, che vengano salvaguardati i
diritti delle minoranze, che venga eliminata
ogni forma di discriminazione, che venga
salvaguardato il diritto alla vita privata dell’individuo.
La scuoia deve essere profondamente modificata, vista l’inefficienza delle sue strutture. A questo proposito. Mathieu. ha fatto
una digressione sull’Università osservando
come le riforme proposte siano già superate, ha sostenuto che bisogna riformare il
sistema dei concorsi, il tipo di assistenza
scolastica. Per quanto riguarda il mondo
del lavoro ha sostenuto il principio della
cogestione, degli operai e degli imprenditori, sull’azienda.
Bruno Jourdan ha visto nell’organizzazione della società la causa del progressivo
distacco tra lavoratori e studenti. Ha osservato che l’operaio si sente nessuno nella
fabbrica, quando poi va all’unione questo
sentimento trova una conferma nel senso
che non riesce a partecipare agli studi. Così
l’operaio si allontana e si sfoga nel conformismo. Occorre quindi che gli studenti
capiscano la condizione umana dell’operaio:
per far questo potrebbero andare per qualche tempo a lavorare. Ma il problema può
venire risolto solamente abbattendo questa
nostra società di tipo capitalista.
Giorgio GardioI, ha osservato che il tipo
di Chiesa cui è chiamato a partecipare
l’operaio sembra fatta a bella posta per
respingerlo. In questa Chiesa si opera secondo uno schema mentale « teoria-prassiteoria » che è proprio della mentahtà borghese, In altre parole si parte da dei concetti per arrivare ad altri concetti, incidendo minimamente sulla vita dell’individuo. L’operaio invece ha uno schema mentale « prassi-teoria-prassi » che lo isola in
questo tipo di chiesa. A questo bisogna aggiungere che in alcune parrocchie si è giunti a sanzionare coll’ordinamento delle attività le differenze di strato esistenti nella società. Così ad es. a Torre Pellice si fa un
catechismo per gli studenti e uno per gli
operai tra la soddisfazione generale. Occorre pertanto rivedere alla luce dell’evangelo
la nostra organizzazione ecclesiastica e cominciare una nuova attività, lasciando perdere quelle vecchie, che non sia più classista. Per questo. GardioI ha proposto la
costituzione di un gruppo di intervento alle
Valli, che si accosti alla realtà umana e
sociale delle Valli, con un atteggiamento
diverso da quello che si è usato finora, cioè
quello della descrizione dei fatti, ma che
operi per cambiare questi fatti una volta
conosciuti. Ad es. gli studenti possono operare per il progresso del livello di istruzione.
La discussione che è seguita, è stata vivace e ha portato alla costituzione di un
gruppo di giovani per analizzare e studiare
la vita economico-sociale delle Valli. La
prima riunione di questo gruppo avrà luogo
il 9 giugno a Roccapiatta. gì.
MAMTOVA
Una commemorazione di Martin L. King
hd avuto luogo a Mantova il 10 aprile scorso nella chiesa cattolica di Sant'Andrea, al
termine di una marcia silenziosa per le vie
della città, organizzata e fatta soprattutto
da studenti. In chiesa, il Vescovo mons. Car.
lo Ferrari ha cel^rato la messa (ma come
SI fa a commemorare un pastore con una
messa?! Che pasticci sono questi?), al termine della quale il Pastore Guido Colucci,
della Chiesa valdese di Verona, ha rievocato. con un messaggio vigoroso e ben centrato. la figura di King, presentandolo come
(( testimone di Gesù Cristo ».
« Martin Luther King non è stato un
uomo tranquillo, perchè ha avuto il difetto
di non accettare come normale la condizione riconosciuta ingiusta di un sistema di
vita in cui alcuni valgono di più e altri vai.
gono di meno. NelFEvangelo aveva letto che
in Cristo sono cadute le separazioni fra giudeo e greco, fra uomo e donna, perchè in
Cristo si è tutti una cosa sola : nè negro nè
bianco, nè ricco nè povero ».
« Di fronte alFoggi di Dio, che nella risurrezione annuncia il nuovo mondo, qualunque invito ’cristiano’ alla rassegnazione
diventa colpevolezza e inganno. In Cristo
Fuomo diventa uomo. I negri che in questi
giorni giravano col cartello Io sono un uomo
significano proprio questo ».
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Cesarina Stallè
nata Malan
riconoscente ringrazia tutte le gentili
persone che hanno preso parte al suo
improvviso lutto.
■Un ringraziamento particolare al
Dott. GardioI, alla direzione e personale dell’Ospedale Valdese ed ai Pastori Sigg. Sonelli e Rostagno.
Torre Pellice, 3 maggio 1968
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Arturo Albarin
vivamente commossa della prova di
affetto tributatale nella triste circostanza, neil’impossibilità di farlo singolarmente, ringrazia tutti coloro che,
di presenza, con fiori o scritti, hanno
preso parte al suo grande dolore.
Un ringraziamento del tutto particolare al Pastore Sonelli, ai Dottori
De Bettini e GardioI, ai vicini di casa,
al Gruppo Corale Valdese, al Coro Alpino e ai signor Egidio Bruera.
Torre Pellice, 10 maggio 1968
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SCRIVETECI !
dir. pastore Giulio Vicentini
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57100 LIVORNO
6
pag. 6
N. 19-20 — 17 maggio 1968
ISotiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
I PROTESTANTI
DELLA GERMANIA ORIENTALE
E LA LIBERTA' DI RELIGIONE
Berlino-est (soej>i) — I vescovi protestanti della Gemwtiia orientale hanno inviato
una lettera ad Ulbricht chiedendogli di
« precisare e completare » l’articolo della
nuova costituzione concernente la libertà di
culto.
« Noi temiamo che la formulazione dell’articolo 38 comporti delle inutili complica,
zioni nei rapporti fra Chiesa e Stato — seri,
vono i vescovi —. Per questo chiediamo che
ai cittadini cristiani che collahorano alla costruzione dello Stato socialista vengano date
delle garanzie formali per tutto quanto riguarda gli aspetti della loro vita religiosa ».
« Benché una costituzione non possa rego.
lare tutte le questioni... essa deve tuttavia
riconoscere un certo numero di diritti inalienabili. Pertanto noi proponiamo la seguente nuova formulazione delVart. 38 : ’’Ogni
cittadino della repubblica democratica tedesca ha il diritto di professare una fede religiosa e di praticare dei riti religiosi. Le
attività delle chiese e di altre associazioni
religiose, in particolare la cura d’ankne,
l’istruzione religiosa ed il lavoro diaconale
saranno garantiti. Le chiese e le altre associazioni religiose regoleranno i loro affari
esse stesse, in accordo con le leggi che le riguardano. Verranno loro garantiti la capacità legale, i propri beni ed il diritto di
chiedere ai loro membri di versare delle regolari contribuzioni e- fare doni occasionali” ».
NUOVO TEMPIO EVANGELICO
IN SPAGNA
Granada (hip) — Il 21 aprile scorso è sta.
to aperto il nuovo tempio della chiesa evangelica spagnola di Granada. Non è stato autorizzato alcun segno esteriore di carattere
religioso, ma recentemente le autorità hanno concesso il permesso di applicare una
croce di stile lineare e moderno.
Alla vigilia dell’apertura, era comparso un
articolo sulla stampa col quale si avvisavano i cattolici che sarrf)bero stati .passibili di
eresia qualora avessero partecipato alla cerimonia d’apertura.
Ma nello stesso giorno dell’inaugurazione
un altro articolo — adeguandosi alla nuova
situazione creata a questo riguardo dal Concilio Vaticano II — diceva che era concesso ai cattolici di unirsi ai protestanti in determinati casi.
Erano presenti due preti ed tmo studente
del seminario cattolico, in mezzo ad una
folla di partecipanti che hanno vissuto quel
giorno di festa nella gioia.
Il vecchio luogo di culto evangelico di
Granada è vecchio di cent’anni. Venne
inaugurato da M. Matamoros ed era situato
in una costruzione stretta e scura che minacciava di crollare.
PROSSIMO LANCIO DI UN PROGETTO
PER GLI EMIGRANTI
Ginevra (bip) — Il primo progetto regionaie europeo-occidentale nel campo dell’emigrazione, programmato congiuntamente dalle chiese protestanti, ortodosse ed anglicana
si inizia in questi giorni nelle zone fortemente industrializzale della Mosella e della
Sarre. Si sa che questa zona è caratterizzata
da un crescente movimento di integrazione
economica e da un forte traffico di lavoratori emigranti, sollevando in tal modo delle
gravi difficoltà di ordine sociale e culturale.
La zona in questione comprende precisamente il granducato di Lussemburgo, il dipartimento della Mosella, quello della Meuthe-et-Moselle, limitatamente alla parte a
nord deU’Orne (Francia) e la Sarre.
Il progetto è stato fatto sotto la responsabilità del comitato delle chiese presso i
lavoratori emigranti dell’Europa occidentale,
che comprende i delegati delle chiese protestanti, ortodosse ed anglicana della Germania, del Belgio, della Spagna, della Frància,
della Gran Bretagna, della Grecia, dell’Italia, dei Paesi Bassi, del Portogallo, della
Svezia, della Svizzera e della Jugoslavia.
Comprende pure rappresentanti del CEC e del
patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Il progetto è basato su uno studio dei fattori economici, sociologici ed ecclesiastici
che influenzano la vita degli emigranti. Limitato a 18 mesi, lo studio verrà condotto
da due istituti di ricerca in Francia ed in
Germania.
Nel proporre questo studio, il comitato
delle chiese cerca di sensibilizzare le chiese
della zona in questione ai problemi dei lavoratori emigranti ed a incitarli ad una eoo.
perazione interecclesiastica. Il comitato ha
infatti denunciato a varie riprese ogni politica mirante a regolare unilateralmente i
problemi deH'emigrazione.
Scopo dello studio è quello di suscitare
un’azione comune di chiese diverse al di sopra delle frontiere nel campo del ministero
pastorale e dell’assistenza sociale verso i lavoratori emigranti.
novità CLAUDIANA
ROLAND DE PUBY
Alle origini deila libertà
Tentazione di Gesù
e condizione umana
pp. 134 - L. 650
« Gesù ha vinto la tentazione ma la Chiesa, sua
sposa, vi ha ceduto ».
L grandi PROBLEMI APERTI NELLA VITA NAZIONALE
Le disastrose condizioni presenti
dell dj scuold pubbiinfiL itsilidiifi
Non esito ad affermare che i problemi più gravi, più diffìcili che la prossima legislatura avrà il compito d’affrontare e risolvere, sono due cioè:
quello degli ospedali e quello della
scuola. Se essa non saprà risolvere il
primo, coprirà la nazione di vergogna.
Se non saprà risolvere il secondo, la
crisi degli studenti si aggraverà e getterà l’Italia nel marasma, oppure in
preda a convulsioni inimmaginabili.
Che cosa vuol dire : « risolvere il problema della scuola »? Non certo « mettere pezzi di stoffa nuova sopra un vestito vecchio», ma costruire veramente tutta ùna nuova impalcatura, cioè
la struttura portante dell’ediflcio completamente nuovo, per la cui elaborazione ed ultima rifinitura occorreranno poi naturalmente ben più di cinque anni.
* * *
La crisi della scuola è nota da decenni. Già durante il fascismo si era
avvertito il fallimento della « Riforma
Gentile» e si erano tentate delle correzioni a quella riforma (modifiche del
ministro Bottai). Dopo il 1945 si fecero progetti vari, si discusse a non finire (chi non ricorda l’inchiesta del
ministro Gonella?), ma non si concluse nulla, o quasi nulla. Dico cosi, perchè in realtà una cosa buona (una
sola) s’è fatta, cioè la Scuola Media
Unica. Ma questa, cosi isolata e straziata, è appunto il famoso «pezzo di
stoffa nuova sopra il vestito vecchio;...
e la toppa porta via qualcosa del vestito, e lo strappo si fa peggiore».
L’accusa maggiore che l’opposizione
di sinistra fa alla scuola italiana, quelquella d’esser « classista », coglie a mio
parere pienamente nel segno. Nulla lo
dimostra più eloquemente delle stati
stiche sulla cosiddetta «piramide scolastica», cioè sulla simultanea composizione numerica delle successive classi, dalle elementari alla laurea.
Ecco l’ultima di tali statistiche (credo relativa aH’anno scolastico 1966-67):
iscritti alla 1^ elementare 932.312 (chia^
miamo N questo numero), alla 2® elementare 929.197 = 0,9966 N, alla 3^
898.042 = N, alla 4“ 858.984 = 0,9212 N,
alla 5“ 808.573 = 0,8672 N ; promossi alla
licenza elèmentare 705.739 = 0,7569 N;
iscritti alla 1“ media 683.283 = 0,7328 N,
alla 2^ media 589.538 = 0,6323 N, alla
3® media 458.993 = 0,4923 N; promossi
alla licenza media (fine della scuola
delTobbligo) 440.451 = 0,4724 N; iscritti alle scuole secondarie superiori
355.900 = 0,3817 N. Quanto’ alle università, non possiedo statistica altrettanto aggiornata, ma ritengo che il numero degl’ iscritti si aggiri intorno a
0,25 N ( = 233.000 ca.), e quello dei laureati intorno a 0,07 N (= 65.000 ca.).
Fra questi dal i, quelli che impressionano maggiormente sono : dei promossi alla licenza elementare, e dei promossi alla licenza media. In entrambi i casi, l’emorragia della scuola è
enorme: 24,31" (complemento a 100
del 75,69%) ne! primo, 52,76% (complemento del 4'; 24%) nel secondo! Ciò
significa che tu; to il ciclo della scuola,
dalla 1® elemeidare all’ultima classe
delle secondarie superiori, è ancor oggi fortemente obiettivo.
La scuola devo compiere equilibratamente la doppi: funzione: orientativa
e selettiva. È assurdo «obbligare» tutti i ragazzi a f equentare una scuola
impedendo al 5 76% di essi di uscirne
diplomati! L’oi imum sarebbe di di-_
plomarli tutti. Questo però non accade nè in SvizL ;ra, nè in Svezia, nè in
iimiiimiimimiiniiil
Echi della settimana
PER IL PARTITO COMUNISTA FRANCESE I FILOCINESI SONO «FALSI
RIVOLUZIONARI ».
Per anni il PCF aveva ripetutaniente giudicato i filocinesi tanto con disistima (ancóra
il 5-1-1968 .sull’« Humanité » : « / lavoratori
manuali e intellettuali si rifiutano risolutamente di seguire degli avventurieri che non
propongono loro altro che d’ispirarsi ai pensiero di Mao Tse-toung »), quanto con affettata indifferenza (Georges Marchais nel rapporto al 28.mo congresso, gennaio ’67 ; « La
stampa ed altri mezzi di propaganda parlano di questi gruppetti sforzandosi di dar
loro importanza, mentre invece essi non rappresentano nulla »). Ora sembra che il P(5F
sia passato ad una forma di « disprezzo
preoccupato ». Infatti il nominato G. Marchais. che è uno dei dirigenti più autorevoli
del PCF. scrive sull’« Humanité » del 3 c. :
« Come sempre, quando progredisce l’unione delle forze operaie e democratiche, i
gruppetti di sinistra si agitano in tutti gli
ambienti. Essi sono particolarmente aitivi
fra gli studenti. Per es. nell’università di
Nanterre si trovano: ’’maoisti”; le ’’gioventù comuniste rivoluzionarie” che comprendono una parte dei troskisti; il ’’Comitato
federativo degli studenti rivoluzionari”, anch'esso di maggioranza troskista; gli anarchici e diversi altri gruppi più o meno folcloristici.
A dispetto delle loro contraddizioni, questi gruppetti (alcune centinaia di studenti)
si sono unificati in quello ch’essi chiamano
a ’’Movimento del 22 marzo Nanterre”, diretto dall’anarchico tedesco Cohn-Bendit.
Non soddisfatti dell’agitazione che essi
provocano negli ambienti studenteschi (agitazione che nuoce agl’interessi della massa
degli studenti e favorisce le provocazioni fasciste), ecco che questi pseudo-rivoluzionari
avanzano ora la pretesa di dar delle lezioni
al movimento operaio. Sempre più frequentemente li si trovano alle porte delle fabbriche o nei centri dei lavoratori immigrati, a
distribuire volantini ed altro materiale di
propaganda.
Questi falsi rivoluzionari devono essere
energicamente smascherati, perchè obbiettivamente essi servono gl’interessi del potere
di de Gaulle e dei grandi monopoli capitalisti.
Uno dei pensatori maestri di questi giovani di sinistra è il filosofo tedesco Herbert
Marcuse, che vive negli U.S.A. Le tesi di
questo filosofo sono note, e possono riassumersi come segue: i partiti comunisti ’’hanno fatto fallimento”, la borghesia ha ’’integrato la classe operaia che non è più rivoluzionaria”, la gioventù (soprattutto nelle università) ”è una forza nuova, piena di
possibilità rivoluzionarie e che deve organizzarsi per la lotta violenta”.
Le tesi e l'attività di questi "rivoluzionari” potrebbero essere una cosa da ridere,
tanto più quando si riflettesse che si tratta,
in generale, di figli di grossi borghesi (sprezzanti all’indirizzo degli studenti d'origine
operaia), figli che ben presto metteranno in
soffitta la loro ’’fiamma rivoluzionaria” per
andare a dirigere l’impresa di papà, ed ivi
sfruttare i lavoratori secondo le migliori
tradizioni del capitalismo. Tuttavia sarebbe
un errore sottovalutare la loro perniciosa
influenza, che lenta di disorientare, di gettare il dubbio e lo scetticismo fra i lavoratori, soprattutto fra i giovani. Tanto più poi
che la loro attività s'inserisce nel quadro
a cura di Tullio Viola
della campagna nticomunista del potere
Gollista e delle a. tre forze reazionarie. Per
di più, giornali, riviste a settimanali (alcuni dei quali si dicÈara IO di sinistra) li considerano importanti e / / opagandano le loro
elucubrazioni intermin (ili. Si tenga conto,
infine (e soprattutto), io l’avventurismo di
sinistra porta pregiud iio grandissimo al
movimento rivoluzionw i )... ».
Come risulta da quanto abbiamo già avuto occasione di scrivere su « L’Eco-Luce »,
noi non siamo certo d’accordo con simili
giudizi sommari. Ma ci sembra importante
informare i nostri lettori sulle opinioni che
circolano in ambienti indubbiamente dotati,
oggi come oggi, di peso politico.
JEAN-PAUL SARTRE
E IL « POTERE NEGRO »
II noto filosofo ha preso parte ad un incontro in favore del « Potere Negro » organizzato lunedì 29 aprile alla Mutualité (Parigi) del Comitato francese di aiuti al Comitato di coordinamento degli studenti nonviolenti. Sartre ha dichiarato, davanti a un
pubblico di circa due mila persone, che
« la lotta armata è il solo metodo per risolvere il conflitto razziale negli U.S.A. Per
Sartre "lo stesso aggressore opprime trenta
milioni di Vietnamiti e venti milioni di
Negri negli U.S.A.”. Ha affermato che la
situazione dei Negri è semplice: ’’L’integrazione è impossibile. Anche se fosse possibile, essa non sarebbe accettabile, perchè
gli Americani hanno introdotta, in casa
loro, una frazione del terzo mondo. Mi
chiedo se quel tal’altro Vietnam che il
Che-Gnevata reclamava, non stia per nascere negli U.S.A.” ».
Noi non sappiamo se Sartre si senta di
rispondere a questa sua domanda. Per parte
nostra, ci sentiamo francamente di condividere le speranze di M. Luther King assai
più che le previsioni pessimistiche di Sartre.
DIECI COMANDAMENTI
SUL VIETNAM "
Sono stati trovati scritti in un foglio sul
corpo di M. Luther King assassinato. La
vedova, signora Coretta. li ha' letti a un
pubblico di circa cento mila persone, in una
manifestazione pacifista che ha avuto luogo
nel Cernirai Park di New York sabato 27
aprile. Ecco i dieci comandamenti:
« Tu non crederai:
1) in una vittoria militare;
2) nè in una vittoria politica;
3) nè che il popolo vietnamita ci ami;
4) nè che il governo di Saigon abbia
l’appoggio della popolazione;
5) nè che agli occhi dei Vietnamiti i
Vietcong siano dei terroristi;
6) nè nella verità delle statistiche pubbliche, concernenti il numero di nemici o
di Americani uccisi;
7) nè che i generali sappiano, meglio
di altri, ciò che si deve fare;
8) nè che la vittoria del nemico equivarrebbe all’instaurazione del comuniSmo,
9) nè che il mondo ci appoggi.
Il decimo ed ultimo comandamento si
limita a dichiarare semplicemente: Tu non
ucciderai ».
(Da « Le Monde »
del 30-4, del 3-5 e del 4-5-1968)
alcun’altra nazione del mondo, nè oggi, nè mai. Tuttavia è impossibile ritenere che, con orientamenti opportuni, magari anche con opportune scuole differenziali, sia necessario bocciare
più del 10% degli allievi.
La nostra scuola delTobbligo è ancora lontanissima da un tale traguardo, ed è cosa molto grave !
* ¡a tèf
Nessuna istituzione italiana ha conservato le stigmate del fascismo, quanto la scuola preuniversitaria. Dico
« preuniversitaria » perchè l’università
non è fascista, nè lo è mai stata: essa
è stata, ed è feudale, cioè d’una struttura sociale non meno deficiente, ma
molto più arcaica. Nella scuola preuniversitaria, il fascismo si riconosce a
prima vista, e soprattutto dalla disciplina imposta autoritariamente e gerarchicamente: il sistema è quello dei
ras. I provveditori e presidi sono nominati dal Ministero, i primi con poteri esorbitanti. I professori vengono
sistematicamente umiliati ed avviliti.
Tutte le iniziative democratiche vengono frustrate, soprattutto quelle di
carattere culturale.
Affinchè quest’ultima accusa non
sembri campata per aria, mi limiterò
a citare in proposito due esempi. Il
primo è quello delTA.D.E.S.S.P.I. (Associazione per la Difesa e lo Sviluppo
della Scuola Pubblica Italiana), le cui
iniziative culturali, talune delle quali
di alto livello, vengono sempre ignorate ed ostacolate. È pur vero che
TA.D.E.S.S.P.I. svolge anche una certa
funzione di critica di tipo politico (nel
senso della politica scolastica): ebbene
profirió fier queàta'funzione iT boicottaggio è fiiù nascosto ma anche fiiù
radicale.
Il secondo esempio è assai meno noto, ma anche più significativo. È quello della Società MATHESIS, che ha
più di 60 anni di vita e un lontano,
glorioso passato. Ha per fine gli scambi culturali fra professori di matematica, d’università e di scuola secondaria. Essa vivacchia nell’ indifferenza
quasi generale, e ciò poiché la grande
maggioranza dei professori secondari
sa benissimo (e lo ha constatato da
decenni) che ogni loro proposta atta
a migliorare l’organizzazione e la metodologia degli studi (a meno che non
sia una finta proposta, cioè una proposta manovrata dalle forze politiche
dominanti), conta zero.
# * *
Precisamente: conta zero! Con questo vengo a dire che i due esempi citati, e molti altri analoghi che potrei citare, in fondo non sono che dei sintomi d’una situazione di dominazione
pesante, asfissiante, che grava su tutta
la scuola media. La società dei consumi tende a valutare tutte le cose come
beni di consumo, e a ridurle tali: e i
nostri studenti hanno ormai percepito
chiarissimamente questa verità, secondo la quale la società dei consumi tende a trasformare la scuola stessa in
un bene di consumo, ivi compresi tutti
coloro che la frequentano, discenti e
docenti. La protesta degli studenti
(negli elementi più intelligenti, più
originali, più sensibili, più volitivi che
la guidano) è l’espressione di persone
che, per la loro giovinezza e per fortunate circostanze di vita, hanno la
gioia di non esser già assimilati dalla
società dei consumi,^ la gioia di non
esser già essi stessi dei semplici beni
di consumo, ed è anche il grido d’angoscia di coloro che non vogliono a
nessun costo diventare beni di consumo.
Tutto Ciò è esagerato solo nella misura in cui, in via di paradosso, vuol
esprimere uno degli aspetti profondi
della protesta degli studenti.
Ma torniamo alle manifestazioni effettive, concrete, del fascismo scolastico. Il dialogo fra base e vertice, che
in tempi lontani (prima della prima
guerra mondiale) era così, vitale e fruttuoso, oggi è quasi morto. Il vertice è
nascosto in una nube impenetrabile, o
meglio in un palazzo (il Ministero) in
cui non si sa mai che cosa succede. Si
sa che vi sono misteriose camere di
bottoni. Direzioni rivali Tuna dell’altra,
uffici che mettono anpi a tirar le
cuoia ammalati di elefantiasi burocratica, omertà, intrallazzi. Il Ministero è
onnipotente, e nulla lo prova meglio
delTinamovibilità dell’attuale Ministro
(Si ricordi che, nella passata legislatura, il governo cadde più volte per
incaglio scolastico, ma non per questo
cadde il Ministro della P.I.). Quando il
Ministero distacca un ispettore, questo è atteso nelle sedi come una specie di legato pontificio che può veramente fare il bel tempo come il cattivo, a piacer suo.
♦ * *
La scuola italiana riesce ancora a
salvarsi, solo perchè vi sono tuttora
buone risorse naturali. Direi semplicemente : « perchè l’albero buono non
può dare frutti cattivi». In altre parole: perchè Thumus in cui la cultura
italiana affonda le sue radici, è ricco
di contenuto nutritivo (sembra inesauribilmente), è un humus fertilizzato
da secoli gloriosi, da una tradizione
millenaria. La scuola non si salva cer
to perchè le persone che detengono il
potere, siano esse autorità accademiche o autorità politiche, si preoccupino veramente di salvarla!
Accade per la scuola un po’ quello
che accade per le bellezze naturali dell’Italia: sono forse serie la cura e la^
tutela, da parte delle autorità, di tali
bellezze? Se dunque la scuola non si
guasta del tutto, ringraziamone, ancora e sempre, lo Stellone.
Se vi sono ancora molti maestri elementari esemplari, entusiasti della
loro professione, appassionati di cultura, pronti ad ogni sacrificio, amanti,
dei bambini, essi lo sono semplicemente per forza di natura, direi atavica, non certo perchè i nostri istituti
magistrali diano loro una preparazione sufficiente. Se vi sono ancora professori di scuola secondaria che studiano, che hanno autentici e solidi interessi culturali, che fanno buone ricerche, che pubblicano qualche buona
nota scientifica, ciò è soltanto loro proprio merito personale, non è certo merito delle autorità scolastiche, che anzi fanno di tutto per impedire loro
queste attività. Lo prova il fatto che,,
negli esami di abilitazione o di concorso, le pubblicazioni scientifiche sono
titoli da valutarsi in misura irrisoria.
E qui mi fermo, tralasciando al:
argomenti importantissimi, come ia
questione economica, quella edilizia,
quella della forrnazione degli insegnanti, ecc. Potrei scrivere un libro,,
ma non lo voglio fare perchè ne esistono di magistrali che io non riuscirei certo ad eguagliare. Ne consigliouno per tutti: La Scuola di Barbiana
(Lettera a una professoressa), edito
dalla Libreria Editrice Fiorentina.
Ma una volta o l’altra ritornerò sulTargomento, almeno per dimostrare
quali e quante stupidaggini si sono
fatte nelTistituire la nuova scuola media, e quanto pernicioso e stolto sia il
progetto Gui dei cinque licei.
T. Viola
miiiliiiliiiiiniiiiiiiiiliiimiiiiiMiiiiiiiiiiiiitliiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiJiiii ■
Partì|ìaDÌ di Cristo nel mondo
(segue dee pag, 1)
o degli altri come alibi morale per non
impegnarci. Perciò rivendichiamo anche il diritto di richiamare i cattolici
a non tradire TEvangelo in un immobilismo giustificato da quegli alibi di
cui dicevamo, ma a servire TEvangelo
invece di servirsi di esso.
Il cattolicesimo, infatti, è il vero responsabile del grosso equivoco di oggi
in Italia : è la Controriforma conformista ed intollerante che ha creato da
un lato i « sociniani » e dall’altro gli
« anabattisti ». E li ha dissociati perché è nella natura di ogni totalitarismo di dividere ciò che Dio ha unito.
La vera libertà c’è solo nella giustizia sociale e la vera giustizia sociale
c’è solo nella libertà. Noi non abbiamo
un partito. Dobbiamo essere lievito di
giustizia e lievito di libertà là dove Dio
ci ha messo.
I bisogni sono a sinistra e la ragione
è a destra. In assoluto la vera giustizia e la vera libertà sono il Regno di
Dio che viene. In esso non ci saranno
più classi, né liberali conservatori, né
comunisti rivoluzionari, né cattolici
equivoci, né protestanti impossibili. Il
nostro impegno politico, oggi, è di essere, concretamente, annunzio di quel
Regno.
R. J.
EDITRICE CLAUDIANA
10125 Torino
NOVITÀ’
Helmut Gollwitzer
Vietnam, Israele e la
coscienza cristiana
8“, pp. 144, sovracc. plast.
L. 1.300
Possiamo dichiararci cristiani ed approfittare di un benessere che ci è garantito opprimendo gli affamati? Una
ricerca appassionata della verità condotta da uno dei più
vivi teologi protestanti contemporanei.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
______________n. 175. 8-7-1960_____________
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)