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ECO
DELLE VALU VALDESI
Prof. ARK'AÌÌD HUGON ¿u^Uoto
Via Eackwith 10
10066 TORRE PELLI CE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Num. 42 _ ABBQNAMENTl | L. 3.500 per rinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE — 22 Ottobre 1971
Una copia Lire 80 L. 4.500 per l’estero i Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm. : Via Cavour 1 - 10066 Torre l^ellice - c.c.p. ^/33üy4
Ritrovando in Genesi 3 il dramma della nostra civiltà
Un documento del Sinodo della Chiesa riformata d Olanda
la libertà trailla e ridonata Israele : n popolo, ii paese, io stato
Il racconto della caduta è uno dei
più celebri esempi di arte drammatica
di tutti i tempi; la semplicità lineare
della trama, la grandezza tragica dei
problemi, perfino una certa diffusa ironia ne fanno qualcosa di indimenticabile, di raramente eguagliato dalle letterature di ogni Paese. Ma un'opera
teatrale non è un racconto biografico;
è l’annuncio di una verità, la trasfigurazione di un conflitto, il tratteggio essenziale di un tipo di uomo, ma non la
cronaca delle sue azioni; tutto è sottoposto al messaggio, tutto è visto in
funzione di questa verità da trasmettere in modo che essa incida profondamente neU'animo di chi la ascolta.
Adamo è l’Uomo con la U maiuscola,
ogni uomo, ed Èva è la madre, il tipo
della donna garante del futuro, e il serpente, l’animale velenoso e traditore
che gli Ebrei avevan ben conosciuto
ne! deserto, è il Male, tutto il male nel1,1 sua espressione più essenziale.
E il dramma è quello antico e moderno della libertà sprecata, tradita, di
una libertà che non ha saputo essere
responsabile. È il dramma della nostra
civiltà.
L’essere umano era dunque stato
creato libero; ma affinché questa liberti non diventasse anarchia, gli era stato fatto conoscere l’Altro, l’assoluto, il
riferimento costante che portava il nome di Dio.
E gli era stato posto accanto il suo
prossimo e la natura e il mondo; cosi
li libertà poteva essere non limitata,
ma responsabile, una libertà nell’amore.
Ma ogni libertà è una alternativa e
l’alternativa dell’amore è la volontà di
dominio. L’umanità poteva scegliere;
d.i una parte la società di un Dio obbedito e di un mondo rispettato perché
amati, dall’altra la solitudine di ogni
uomo di fronte a un Dio diventato
espressione dei suoi desideri e ad un
mondo asservito e sfruttato.
Amore e potere, solidarietà ed orgoglio, responsabilità ed egoismo, ecco i
termini di quella scelta, della nostra
scelta.
E la scelta sbagliata è chiamata peccato.
Oggi non si sa più bene che cosa sia
il peccato; a forza di sentire che era
solo quello sessuale per poi scoprire
che questo era invece un tabù da superare, si è finito col non prendere più
sul serio la nozione di peccato.
Ma il peccato non è, o non è in primo luogo, quello della carne; il peccato è il cattivo uso della propria lioertà; Luomo che dimentica che la sua
libertà è responsabilità verso Dio e
verso il mondo, perde ogni libertà;
l’uomo che vuole tutto avere per sé diventa nemico di tutto e tutto gli diventa nemico; l’uomo che vuol essere
il solo padrone diventa uno schiavo. E
ciò che vale per il singolo uomo, vale
per le nazioni e le civiltà.
Questa è la conclusione del nostro
racconto.
Ma, se la conclusione è tragica, lo
sviluppo del dramma è, come in certe
tragedie di Shakespeare, pieno di sferzante ironia.
Quel serpente così inoffensivo, cosi
rispettoso, così gentile è la descrizione del processo di intossicazione, di
« noyautage », che ben conoscono e
praticano quegli uomini e quelle idee
che vogliono privarci di ogni liberta.
E quella Èva, così stupidella, così golosetta sembrerebbe uscita dalla penna
di uno scrittore antifemminista, se, subito dopo, Adamo non fosse il tipo del
marito che parla ad ogni momento della sua autorità e poi fa tutto quel che
gli dice la moglie; e quei cari antenati
che, fatto il guaio, si nascondono come ragazzini e, scoperti, si affrettano a
palleggiarsi le responsabilità, sarebbero pietosi e ridicoli, se non fosse di
noi che si parla.
Se la libertà non fosse quotidianamente distrutta da coloro che vogliono
tutto avere e niente dare, da coloro
che parlano di Conservazione e di Rivoluzione e voglion solo conservare
quel che hanno e prendere quello che
non hanno, da quei politici che hanno
come solo ideale il loro successo anche se ciò debba distruggere il paese,
da quegli ecclesiastici che agiscono e
pensano in termini di potenza anche
s ciò debba distruggere la Chiesa.
La ridicola volontà di potenza dei
progenitori (per una mela!) è l’egoismo
miserabile delle nostre folle, la cecità
dei capi, l’abbandono di Dio da parte
di ciascuno di noi.
E il risultato è noto; la terra che era
amica diviene ricettacolo di spine, teatro di diluvi; gli uomini, che erano fratelli, diventano lupi pronti a divorarsi
l’un l’altro; il Signore, che era un Padre, diventa un Giudice.
Non per sempre.
11 peccato, per quanto stupido, non
è il destino dell’uomo, la condanna,
per quanto giusta, non è definitiva. La
libertà è restituita, la possibilità di
scegliere è rinnovata. Qggi essa si chiama Cristo, il Suo modo di vivere, il
Suo modo di pensare. Cristo il Dio
che ci parla come l’Eterno parlava ad
Adamo, Cristo la scelta della nostra
civiltà.
Il peccato dei padri può esser cancellato, la libertà è ancora davanti a
noi; amore o potere, responsabilità o
egoismo, Dio o l’idolo. Cristo o noi
stessi?
« Ecco io ho messo davanti a te la
vita e la morte. Scegli la vita ».
Pierluigi Jalla
Suggerimenti per una riflessione secondo un’ottica cristiana
Specialmente negli ultimi mesi abbiamo, ripetutamente, dato molto spazio al problema israelo-palestinese, accesamente dibattuto. In tutta questa discussione, però, si è largamente trascurato - forse
anche volutamente? - di accostarsi alla questione da
un punto di vista biblico-teologico. A forza di temere
che la teologia scada a ideologia mistificatrice della
realtà, ad avallo conservatore della realtà (meno sospetta sarebbe se offrisse un avallo rivoluzionario...),
non si rischia però di porsi fuori da una prospettiva
di fede? Se il primo rischio è reale, lo è forse meno
il secondo? E’ quindi con interesse e piacere assai
vivi che abbiamo letto sull’ultimo numero, giunto in
questi giorni, del « Bulletin » del Dipartimento teologico deU’AlÌeanza Riformata Mondiale (3/1971), un
articolo dedicato a questa questione; Israël: le peuple, le pays et l’Etat. In esso il pastore Johan M.
Snoek, segretario del Comitato del CEC su la Chiesa e il popolo ebraico (CCPE), analizza e riassume un
rapporto che il Sinodo 1970 della Chiesa riformata
d’olanda ha votato a forte maggioranza, sia pure con
una consistente opposizione che si era fatta sentire
anche durante la fase preparatoria del documento,
preparato da una commissione sinodale di sei membri presieduta dal prof. Hendrikus Berkhof. La Claudiana, che ha già dedicato alla questione la pubblicazione di uno scritto di H. Gollwitzer e più recentemente dell’opera a più voci Israele - Palestina: una
scelta diversa, e che ha già valutato in altri casi il valore dei documenti votati e diffusi dal Sinodo della
Chiesa riformata d’Olanda, potrebbe forse prendere
considerazione anche questo documento, esami
in
nando l’opportunità di diffonderlo fra noi. Pubblichiamo intanto questo scritto introduttivo: tutto discutibile, e come tale si presenta; ma ci pare che, del
problema d’Israele, la chiesa debba parlare secondo
quest’ottica, se non necessariamente in questi termini: anche nei giornali e nei libri che pubblica.
Il rapporto su Israele, intitolato « Il
popolo, il paese, lo Stato », è stato presentato al Sinodo della Chiesa riformata d’Qlanda nel febbraio 1970, incontrando vive critiche sia fra i membri del Sinodo che aH’estemo. Qggetto
di critiche particolari è stato il paragrafo 36 del documento, nel quale si
affermava che « il cristiano, il quale
respinge 'attualmente il diritto all’esistenza dello Stato d'Israele e vi si oppone, si oppone indirettamente a Dio
stesso ».
Un gruppo di undici teologi cattolici romani di Nimega hanno espresso
il loro parere in pi iposito in una lettera aperta al Sin lo; « ...Tutto ciò
che la Bibbia dice riguardo a Dio e ai
suoi interventi è stato detto da uomini che, riflettendo sul senso della propria esistenza e sulla storia del loro
paese, interpretano la realtà (...). La
comprensione che il popolo ebraico ha
(della terra promessa) non può forni
iiiiiiimmiiiiii)iiMiiiiiiiiiiimiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiioiiiio'io'Oio"''i'""'"""""''''' iiiiii'iiiioiiiiioi'iii
NELLE FILIPPINE
Guerra di religione fra cristiani e musulmani?
Manila (epd) - Le Filippine sono il
solo paese asiatico a maggioranza cattolica; oltre 22 dei 29 milioni di abitanti sono cattolici.
Attualmente la parte meridionale
dell’arcipelago è scossa da scontri fra
cristiani e mussulmani che assomigliano assai a una guerra civile. Finora i
morti sono stati oltre mille e almeno
centomila Filippini delle due confessioni religiose sono rimasti senza tetto. Interi vil'aggi sono stati rasi al
suolo.
I musulmani, abitanti originari della principale isola meridionale delle Filippine, chiedono la cacciata dei cristiani e l’indipendenza dell’isola dal governo centrale di Manila. Né l’armata
né la polizia sono riuscite a domare
i disordini, sebbene il presidente Marcos abbia inviato ulteriori distaccamenti di truppe a sud.
Anche nelle restanti parti delle Filippine regna un’atmosfera tesa, dopo
che il presidente Marcos ha abrogato
gli « Atti dell’Habeas Corpus », cioè i
diritti civili fondamentali. Gli uffici di
sicurezza hanno ora il diritto di arrestare persone anche senza il mandato
iiiiiiiiiiiimiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiMiii'iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiMiiiiii"i"iii"""i""""’""'""""""'"'""""|
1 Dedicare la « Domenica della Riforma » =
I alla diffusione delle Scritture |
! 31 ollobre; domenica della Società Biblica |
Il Prof Bruno Corsani, presidente del Comitato Consultivo italiano HeU’Àlleanza Biblica Universale, mi comunica che e prevista
S'IL rSmp. della Bibbia del
nontnnà nn notevole aggravio finanziano alla Società Biniica.
nel sostenere i fratelli cecoslo
Quest’ultima è inoltre impegnata nel sostenere i
vacchi nel loro bisogno attuale di Sacre Scritture.
Si usava un tempo dedicare la domenica della Riformale relabi usava un lempo .---Bibbia. Sarebbe
tiva colletta, al ministero della diffusione
quanto mai
tudine e pe
tudine c 3; ottobre al ministero della diffusione della
riiTUtCi Cll CE/lloclV.-i Ci ^ , /^irrarìfTialir'Cl
damentale nella nostra testimonianza evangelica.
Neri Giampiccoli
Moderatore
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„„„i,ii,,,,,i,,i,,iiiiimihiiiiiiiiiiiiiii"Iiiiiii'iiiiii'iii'iii'ii'''iiii''ii'Iii''ii'"^^^^
di cattura spiccato dalla magistratura,
e di tenerle in carcere a tempo indeterminato. Queste misure drastiche, sospensive deH’ordinamento giuridico, sono state motivate dal presidente Marcos adducendo che « comunisti e altri
elementi sovversivi » avrebbero intenzione di « incendiare Manila e massacrare il governo politico del paese ».
La causa delle tensioni perduranti
nelle Filippine va ricercata, in massima parte, nei problemi sociali insoluti
del paese. Le strutture sociali filippine
sono spesso definite le più arretrate
del mondo. Il 90% del reddito è nelle
mani di poche famiglie, mentre il livello di vita del resto della popolazione è bassissimo. Le riforme sociali fondamentali costantemente richieste_ sono sinora fallite a causa dell’opposizione della classe dirigente e del letargo
del governo.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMiiiiiillllllllllMIMIIMIIIII»llllfillll
Abbonamenti 1972
Ne siamo veramente spiacenti, ma
ci vediamo costretti a chiedere ai lettori l’aumento del canone di abbonamento annuo ; L. 3.500 per l’interno e
L. 4.500 per l’estero. Desideriamo, infatti, continuare a pubblicare numeri
a 6 pagine, e ci auguriamo che la cosa
sia gradita ai lettori ; ma con l’aumento dei costi, non ci è possibile farlo
alle vecchie condizioni. Confidiamo
che questa misura non scoraggi nessuno. E saremo, come per il passato
estremamente riconoscenti a coloro
che, con le loro offerte, ci permetteranno di non cessare l’invio a chi si
trovasse effettivamente in difficoltà,
e ci faranno così sentire la loro solidarietà, non necessariamente scevra
da qualche dissenso, che sarà sempre
nostro vivo interesse udire. Grazie a
chi nella chiesa già sta raccogliendo
o raccoglierà i rinnovi per il 1972. Preghiamo di segnalare il proprio codice
di avviamento postale. Grazie.
L’Eco-Luce
re la base a diritti dei quali altri sono
stati privati (...). La Bibbia non ci fornisce alcun modello concreto di comportamento, applicabile alla nostra situazione attuale ».
Sedici protestanti, che si preparavano a partire in servizio per il Terzo
mondo o si trovavano in periodo di
riposo, hanno dichiarato che, sebbene
convinti che « l'elezione d’Israele da
parte di Dio non è abolita dopo la ve^
nula di Cristo », ritenevano legittimo
« mettere in dubbio il fatto che il ritorno degli ebrei in Palestina nel nostro secolo, sia veramente la prova
della fedeltà di Dio, malgrado_ l’infedeltà del popolo ebraico ». Essi hanno
pure messo in discussione il fatto che
il rapporto « senza mostrare spirito
critico passi indifferentemente dal popolo d’Israele allo Stato d’Israele ». Si
sarebbero dovuti consultare gli specialisti dell’Islam, ma tutto il problema dell’Islam è stato lasciato da parte.
Ventun pastori della Chiesa riformata olandese di Amsterdam si sono
espressi anch’essi in una lettera aperta dichiarando di considerare l’eventuale adozione di questo rapporto « un
grave errore professionale », ma non
hanno spiegato quasi per nulla le loro
obiezioni di ordine teologico. Uno di
loro, però, il past. Kroon, ha espresso
un parere dopo l’adozione del rapporto (riveduto); « ...Non dovremmo riconoscere un posto a parte a Israele.
Non troviamo alcuna traccia che l’apostolo Paolo abbia contestato il carattere unico d’Israele, ma egli rifiutava di metterlo a parte. Secondo
l’apostolo Paolo il sangue della riconciliazione ha creato un’unità tra il suo
popolo e le altre nazioni (...). La relazione sacra fra il popolo e il paese è
scomparsa nella comunità messianica
del Cristo risorto ».
Il Sinodo ha deciso di chiedere alla
Commissione di riscrivere il rapporto
tenendo conto delle critiche e^resse,
senza però mutarne le dimensioni. Il
nuovo rapporto è stato presentato il
16 luglio 1970 al Sinodo e adottato con
una maggioranza di 38 voti contro 11.
Il sottotitolo, « Guida a una valutazione teologica » è stato mutato in « Suggerimenti per una valutazione teologica ». In una prefazione è detto che così
il Sinodo voleva dire che; « Sebbene
il rapporto rappresenti l’opinione generale del Sinodo, dovrebbe servire da
punto di partenza per una riflessione
teologica, piuttosto che essere l’ultima
parola sul problema (...). Il Sinodo
spera di aprire ampi dibattiti, di cui
si era fatta gravemente sentire la mancanza nella nostra Chiesa, nelle Chiese
sorelle all’estero e nel Consiglio ecumenico delle Chiese ».
La prefazione avverte pure il lettore che il rapporto non affronta tutti
gli aspetti della relazione fra la Chiesa e Israele; è limitato al tema « L’importanza del paese e dello Stato per il
popolo d’Israele ». Il rapporto è stato
pubblicato in olandese (Boekencentrum, ’s Gravenhage 1970) e si può richiedere una traduzione ciclostilata in
inglese. Ne diamo qui di seguito un
riassunto.
Nell’introduzione è detto che il rapporto non tenta di servire di guida in
vista di una soluzione politica. Tratta
del problema concreto di sapere se lo
Stato d’Israele significa qualcosa di
particolare per la fede cristiana. Perciò il rapporto si rivolge in primo luogo alle Chiese.
IL POPOLO EBRAICO
NELL’ANTICO TESTAMENTO
È, come realtà storica, il popolo
eletto.
« Dobbiamo quindi considerarlo da
due angolature diverse: 1 ) Storicamente, è un popolo sottoposto alle debolezze umane e alle vicissitudini storiche. 2) Poiché è il popolo con il quale
Dio ha stretto un patto particolare,
nella storia d’Israele abbiamo in qualche modo a che fare con Dio ».
Secondo tutti i libri dell’Antico Testamento il popolo eletto e la terra
promessa non sono mai separati, secondo la promessa di Dio. Quando il
popolo non era all’altezza della sua vocazione di popolo eletto, i profeti Io
minacciavano di espulsione. Quando
parlavano del ritorno nel paese, avevano in mente la situazione storica. Si
esprimevano però in termini che andavano molto al di là del momento
storico contemporaneo; la realizzazione di Israele quale popolo del Patto
di Dio nella terra di Palestina era
strettamente legata alla salvezza del
mondo.
Il territorio costituisce un aspetto
vitale dell’elezione d’Israele. Non lo si
può dire della città di Gerusalemme,
né del periodo del regno, né dello Stato indipendente; il fatto che il popolo
non abbia avuto uno Stato che gli appartenesse in proprio, non aveva una
importanza decisiva, finché i capi stranieri non impedivano loro di vivere
secondo l’ordine voluto da Dio.
La vera identità di Israele è caratterizzata da tre elementi fra loro collegati; la ricezione della rivelazione
di Dio; il fatto di dimorare nella ’terra promessa’ per fondare una società
santa; e il suo significato universale.
Preso nel suo insieme il popolo non è
stato fedele alla sua identità, ma non
ha perso la sua vocazione di popolo
del Patto; Israele continua a mostrare dei segni della sua vocazione, anche nella sua alienazione. L’esistenza
stessa dell’Antico Testamento è un segno della vocazione di Israele a essere una fonte di benedizione per tutte
le nazioni.
GESÙ’, IL POPOLO EBRAICO
E LE NAZIONI
Vi è continuità fra l’Israele dell’Antico Testamento e il popolo ebraico
attuale? In altri tempi i cristiani hanno insistito soprattutto sull’aspetto
della discontinuità risultante dalla venuta di Cristo. Tuttavia la differenza
fra il popolo ebraico e gli altri popoli
è implicita nella maggior parte dei testi neotestamentaii. Dobbiamo tener
ben presente il fatto che il posto occupato da Cristo nella storia d’Israele
differisce da quello che egli ha nella
storia degli altri popoli.
Come Dio si esprimeva, verso il suo
popolo, per bocca dei profeti, lo fa
ora per mezzo di Gesù Cristo. Il popolo ebraico nel suo insieme non ha
prestato attenzione a questo appello.
1 testimoni del Nuovo 'Testamento vedevano il rigetto di Gesù da parte del
popolo nella linea di quello dei profeti, ma Gesù è più che i profeti.
Ci si può domandare, allora, se la
alienazione d’Israele è andata così lontano che questi ha perduto compietamente la sua vera identità. A questa
domanda l’apostolo Paolo ha risposto
negativamente. « Siccome l’elezione di
Dio si fonda unicamente sulla sua fedeltà, questo popolo resta oggi ancora
il popolo eletto; la figliolanza e le profcontinua a pag. 6)
2
pag. ¿
N. 42 — 22 ottobre 1971
Quest’estate a Courmayeur
Chi è Cristo per noi oggi ?
Riuscirà ii nostro amico a togiiere daiia circoiazione
i iibri pericoiosi per ia sana dottrina?
Nell'intento di recare il messaggio
cristiano ed offrire un segno della presenza evangelica a Courmayeur, nota
località turistica, situata ai piedi della
catena del Monte Bianco, la Comunità
Valdese di Aosta col suo Pastore ha
organizzato una serie, di incontri serali pubblici nella nostra cappella sul tema: CHI È CRISTO PER NOI OGGI?
Le riunioni hanno avuto luogo, con
il concorso di un discreto pubblico, le
domeniche 25 luglio, 1, 8 e 15 agosto.
Ma chi è Cristo?
A qualcuno questa domanda può
sembrare non attuale perché, dopo
duemila anni di cristianesimo, chi non
sa chi è Gesù? Indubbiamente, nelle
chiese e fuori, molti sanno chi è Gesù, come molti del Suo tempo terreno
sapevano che Egli era « il figlio del falegname » di Nazaret, che sua madre
si chiamava Maria, che i suoi fratelli
erano Giacomo, Giuseppe, Simone e
Giuda... e che aveva anche delle sorelle (Matteo 13; 53-58).
A differenza dei suoi compaesani di
Nazaret, oggi molti sono anche disposti, in una certa misura, a credere in
Lui... che Egli sia il Figlio di Dio, il
Salvatore. Ma sappiamo anche dal
Vangelo che ai suoi tempi c'erano molti che si domandavano « chi » Egli fosse in realtà. I discepoli, dopo che Gesù ebbe acquetata la tempesta sul lago di Galilea, dicevano: « Che uomo è
mai questo che anche i venti e il mare gli ubbidiscono? » (Matt. 8: 27). Giovanni Battista, dalla prigione, manda
a dire a Gesù, per mezzo dei suoi discepoli: « Sei tu colui che ha da venire (il Messia) o ne aspetteremo noi un
altro?» (Matt. 11; 2). Il giorno delle
Palme, al suo ingresso a Gerusalemme, tutta la città si chiedeva; « Chi è
costui?» (Matt. 21: 10).
* * *
Non meraviglia, quindi, che data
questa incertezza fra il popolo, Gesù
stesso si rivolga un giorno ai discepoli e domandi loro: « Chi dice la gente che sia il Figliuol deH’Uomo? » e
che si senta rispondere: « Gli uni dicono Giovanni Battista; altri, Elia; altri Geremia o uno dei profeti »; ma
poi, rivolgendosi ai discepoli stessi, dica loro; « E voi chi dite ch’io sia? » Al
che Pietro, a nome di tutti, risponde:
« Tu sei il Cristo, il Figliuol dell’Iddio
Vivente » (Matt. 16: 13-17).
Ma anche nel nostro tempo gli uomini si domandano: chi è Gesù? E Gesù
stesso non ha cessato di interrogare:
« Chi dice la gente che sia il Figliuol
delTUomo? ». NeìVincontro con Gesù,
qualsiasi cosa imparino da questo incontro e comunque vi si comportino,
gli uomini, oggi come ieri, partecipano
a questo straordinario evento che ha
cambiato la storia del mondo per la
presenza di Cristo in essa. Gesù appartiene a questa storia, a quella personale di ciascuno di noi come a quella generale di tutti insieme.
E tuttavia, in mezzo alla storia. Egli
è senza dubbio « un altro », « totalmente un altro » come diceva Carlo
Barth. Chiunque fissi il suo sguardo
su Gesù, sul suo modo di parlare e di
agire, si imbatte in questa domanda,
che sembra insolubile: chi è?
Ci rendiamo conto di questo fatto
quando cerchiamo di sistemare la figura di Gesù alTinterno di una delle
descrizioni prevalenti nel giudaismo
palestinese ai tempi della Sua vita terrena. - Per gli uni, Gesù è un profeta
deH’imminente giudizio di Dio... e tuttavia, Egli non è compreso interamente in questa categoria perché si differenzia dall'abituale comportamento
profetico. - Per altri, Gesù è il rabbi, il
maestro che proclama la volontà di
Dio espressa nella Legge, che insegna
nelle sinagoghe, che raccoglie discepoli
e discute con gli scribi nei modi propri della loro professione... e tuttavia,
l’immagine di questo maestro si distingue nettamente da quella degli altri
membri della sua classe. - Per altri ancora, Gesù è un uomo straordinario,
capace di affrontare le più disparate
situazioni in cui viene a trovarsi sia
nel suo incontro con le persone che
con la natura: Egli vede a fondo nell’intimo dei suoi avversari, disarma le
loro obiezioni, risponde con sicurezza
alle loro domande o li costringe a dare essi stessi la risposta. Ciò è vero anche quando Egli incontra persone che
cercano aiuto: da Lui promanano forze meravigliose... i venti sono acquetati, i pani moltiplicati, i malati guariti,
i morti risuscitati... e tuttavia, questa
« signoria », questa autorità di Gesù
non è mai imposta ciecamente e rigorosamente... tanto che alla fine Egli si
lascia arrestare e uccidere.
Chi è Gesù per gli uomini
del nostro tempo?
Recentemente un noto canzonettista
americano ha lanciato una canzone intitolala « Gesù Cristo » che diceva:
« Se Gesù esiste ancora oggi, egli deve vivere negli Stati Uniti, deve suonare la chitarra e dormire sulle panchine delle stazioni... Gesù è un hippie ». - Qualche tempo fa « le Monde »,
noto giornale francese ritenuto serio,
intitolava un suo articolo: « Cristo è
un guerrigliero ».
Un hippie? Un guerrigliero? Un pacifista o un rivoluzionario? O un perenne « Gesù Bambino » del presepe...
Chi è Gesù? Non si sa! non si sa ancora, non si sa più! - Ciascuno elabora,
a modo suo, la cristologia di cui ha
bisogno... ognuno mette Gesù dove meglio crede. - Maria Maddalena, a Pasqua, disse a Pietro: « Han tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’abbiano messo » (Giov. 20: 2). Oggi
si sa fin troppo bene dove si mette
Gesù: Lo si mette dappertutto! - Per
gli uni, Gesù è il garante dell’ordine e
della stabilità sociale, il predicatore
della sottomissione e della rassegna,
zione ai mali che soffre l’umanità. Per altri, Gesù è l’ispiratore della contestazione radicale di tutte le strutture e le forme della società.
Insomma Gesù è « un nez de ciré »
un naso di cera che ognuno torce a
suo piacere!
Questa cristologia, stranamente « polifonica » non è nuova. Nel secolo
scorso si è fabbricato un Gesù sui fondamenti del liberalismo; oggi Lo si
fabbrica sui fondamenti del socialismo. - Ai tempi della sua vita terrena, gli uni dicevano che Gesù era il
profeta del severo giudizio (Giovanni
Battista); altri, un mito; altri, il cuore,
la coscienza, il dovere; altri, «Gesù
Bambino » che si ricorda a Natale e
si prega perché ci faccia essere buoni.
Da questa varietà di apprezzamenti,
possiamo trarre qualche ammaestramento.
Il primo; ■ cristiani, noi stessi, non
ci impegneremo mai abbastanza per
conoscere, attraverso le pagine del
Vangelo, Gesù, colui al quale ci richiamiamo. Lo studio biblico non è un
passatempo per vecchi pensionati... è
una necessità vitale per chiunque non
vuole essere « sbalottato qua e là
da ogni vento di dottrina » (Efesini
4: 14).
Il secondo; per non essere vittime
di noi stessi, faremmo bene - senza
eccesso ma anche senza paura - a ricorrere ai lumi della psicologia, della
sociologia e delle altre scienze umane
non per inventare chi sa quale nuova
mirabolante nozione su Gesù (secondo
i gusti del giorno) ma per purificare,
chiarire, rettificare le nostre personali
(fin troppo personali) interpretazioni
e valutazioni di Gesù.
Non dobbiamo voler fare di Cristo,
consciamente o inconsciamente, il protettore dei nostri privilegi personali,
sociali, ecclesiastici... il promotore dei
nostri successi o l’istigazione delle nostre divisioni e ostilità umane (già fin
troppo evidenti e numerose).
Infine dovremmo dar prova di immaginazione e di generosità per percepire, attraverso la « cristologia polifonica », di cui siamo spesso uditori
stupiti, l’eco della voce autentica di Gesù Figliuolo dell’Iddio Vivente. Perché
dietro le eccentricità degli hippies, potremmo forse discernere l’appello alla
semplicità evangelica (Gesù non ha
forse anche detto, ma lo si è troppe
volte dimenticato: « Non siate con ansietà solleciti per la vita vostra, dicendo; che mangeremo? Che berremo? Q di che ci vestiremo? Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste
cose » Matt. 6: 25 e 31: 9)?
Dietro le violenze dei guerriglieri potremo forse udire l’appello alla esigenza della giustizia, troppo poco sentita da molti cristiani... Dietro i difensori dell’ordine potremo forse riconoscere i segni di un « regno » (quello
di Dio) in cui regnerà l’armonia e la
pace.
11 Cristo, oggi è ovunque... può essere ovunque; salvo là dove noi pretendiamo di metterlo!
Chi è Gesù? Ma chi mai potrà dirlo? La vera conoscenza di Gesù Cristo
esige ben più di uno studio biblico intellettuale ben più di una analisi psicologica o sociale... sia ben chiaro; bisogna partire dalla consapevolezza
che, prima di tutto, Gesù sa chi siamo
noi. Egli ci conosce tutti perfettamente.
Se abbiamo questa convinzione, allora Gesù non è più soltanto l’oggetto
di uno studio ma diventa (/ soggetto
vivente dinanzi a noi, in noi, per mezzo del suo Spirito (l’apostolo Paolo dice: « Non sono più io che vivo ma è
Cristo che vive in me » - Galati 2: 20).
Sapersi « conosciuti » da Cristo è riconoscere che, prima di essere oggetto del nostro studio e delle nostre
stesse meditazioni. Egli è nostro Maestro che ci rivela chi siamo... e nostro
Amico che ci ama così come siamo,
con le nostre passioni e avidità... e
perciò è anche nostro Liberatore... ma
è anche riconoscere che Egli è nostro
Signore, che ha dei diritti su di noi
perché è morto sulla croce per noi.
Giovanni Pbyrot
iiiiiiiiiiiiiiiiiiitiimiMiiimiiiimiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Valdesio
Il prof. Giovanni Gönnet ci invia questa rettifica a una nota scherzosa da
noi apposta ad un suo articolo, pubblicato alcune settimane fa, facciamo
ammenda. red.
« II nome Valdesio non è l’ultima variante filologica da me scoperta, ma è
la traduzione fedele del latino Valdesius che troviamo nei primi autentici
documenti della nostra storia ».
M’è capitato sott’occhio un ciclostilato, come ci accade di leggerne tanti
su argomenti vari. Quando - se sono
circolari ecclesiastiche come questa si mettono a circolare (appunto) negli
ambienti di chiesa, finché restano dei
mezzi di collegamento e d’informazione non c’è nulla da eccepire. Talvolta però sembrano (con o contro l’intenzione degli autori) accostarsi in
qualche modo alle lettere pastorali del
Nuovo Testamento, spesso senza averne purtroppo i medesimi contenuti e
mancando, ahimè, della stessa capacità di penetrazione spirituale. Se poi
per sovrappeso intendono fissare dei
dogmi o delle dottrine di valore universale, credo che allora dobbiamo stare attenti come i fratelli di Berea; che
ricevettero con ogni premura la paroIt annunciata da Paolo, però esaminavano le Scritture per vedere se le cose
stavano così (Atti 17:11). Tanto per fare il più veloce degli esempi, è il caso delle moderne lettere pastorali cattoliche, le encicliche.
Anche la circolare cui mi riferivo
dà l’impressione di assumere questo
carattere ecumenico, cioè di norma,
d regola valida per tutti. Infatti, a distanza di qualche settimana, ecco che
mi trovo davanti un secondo foglio, dove si dice tra l’altro:
Mi piacerebbe cono.scere le Vostre idee personali su quella lettera, della quale accludo
qui un'altra copia per Vostra conoscenza.
La prima volta non pensavo a rispondere, anche per ragioni di tempo.
L tempo, dicevo va usato, non perduto. Ma forse era l’impazienza a farmi
giudicare perduto anziché usato il tempo necessario alla risposta. Infatti siamo tutti più o meno sazi di cronache,
specie quelle in difesa della sanità di
qualche causa o fede, nelle quali annusiamo piuttosto odor di zolfo. Per dirla con II Timoteo 3: 5, subito avvertiamo che, sotto le forme della pietà,
esse non ne posseggano la potenza. Ma
il silenzio può essere varie cose: indifferenza, disprezzo, prudenza, distacco
aristocratico, impossibilità effettiva di
intervento. Può anche essere complicità. In quel caso niente verrà a giustificarlo, né la pigrizia né alcuna buona ragione. Ecco ho deciso, senza animosità e con spirito fraterno, di esprimere il mio disaccordo con i due ciclostilati.
Non è neppure necessario precisara che non spaccherò in quattro nessun
capello teologico, per la semplice ragione che non sono capace di simili imprese.
Evangelo, verità?
L’autore delle due circolari è, imma
gino, un missionario anglosassone in
Italia. Nella prima si firma, oltre al cognome, James David; nella seconda
(chi sa se per farsi italiano con gli italiani sull’esempio di Paolo lo dico
senza ironia) si indigenizza in un più
casalingo Davide. Scrive da un centro
culturale evangelico che si chiama « La
Verità », ma per la verità io non sono
sicuro se il tono e il contenuto di quello che poi si legge si accordino con il
termine culturale (questo conterebbe
ancora poco) e con i termini evangelico e verità (questo invece è importante). Il carattere dei due fogli è denunciato senza ambagi e ne costituisce il
sommario;
...il l)isogno di prendere po.sizioni per formare il propagarsi e la distribuzione di letteratura (libri, opuscoli e trattati) che vengono stampati da gruppi « evangelici », in cui
però troviamo degli insegnamenti che contrastano con la stessa Bibbia.
È vero, ci sono insegnamenti che contrastano con la Bibbia, e ciascuno è libero (e responsabile) di prendere posizione («Pronti sempre a rispondere a
vostra difesa a chiunque yi donianda
ragione della speranza che è in voi, con
dolcezza e rispetto » - I Pietro 3; 15).
Dolcezza e rispetto: timidità umana?
No; coraggio e franchezza evangelici
nel testimoniare la propria fede; rna
con uno spirito che mi sembra ben diverso da quello con cui il centro La.
Verità ha indetto la campagna. Infatti
il libello prosegue;
...tutta la chie.sa in Italia deve mettersi in
moto compatta... Noi pensiamo che Voi potete dare un grande aiuto a noi c al Signore...
Quest’Ualia che si mette in moto
compatta è certo una bella figura retorica che può piacere a più d’uno. Tuttavia è da respingere perché evoca gli
spettri belluini di mille patrie dalle
mille guerre, naturalmente tutte gloriose, giuste e sacre. In ogni caso non
ha nulla di biblico. Il Salmo 6: 4 (« Tu
hai dato a quelli che ti ternono una
bandiera per-ché si levino in favore
della verità ») è forse un appello da
tanta inquisizione? Soltanto un bieco
letteralismo potrebbe distorcerlo a un
uso di questo genere.
Aiutare il Signore?
Soprattutto poi credo sia senza fondamento scritturale preoccuparsi di
« dare un grande aiuto al Signore ».
Questa sì che è un’eresia da combattere. Tutta la Parola ci attesta che sempre lui è stato l’aiuto del suo popolo, e
mai il contrario. La tentazione più dia
bolica non è farci cadere in peccati
bruti e grossolani, ma nel farci credere che siamo co-artefici con Dio della
nostra salvezza, che in qualche modo
vi abbiamo collaborato. La vera sconfitta dell’uomo sul piano della fede è
Li sua presunzione di « rendere qualcosa all’Eterno» (Salmo 116: 12). L’uomo non può esser l’aiuto di Dio in nessun caso; né l’aiuto di se stesso nell’opera della salvezza (Efesini 2; 8); né
pretendere di schierare Dio al proprio
fianco nei modi e nei tempi che gli aggradano. Gott mit uns è blasfemo: in
I Samuele 4: 1-11 Israele è sconfitto
dai Filistei ma non accetta il responso
di Dio. Allora mette l’arca del patto in
mezzo alle sue file, pensando così di appropriarsi il favore dell’Eterno, di
« comprare » Dio, di piegarlo dalla propria parte anziché piegarsi a lui. Questo è paganesimo, dove si portano a
passeggio idoli, feticci, immagini o statue, come nelle processioni cattoliche.
II Signore è Dio. E lui che dispone di
noi, non noi di lui. Israele sta facendo
un’empia strumentalizzazione dell’Eterno e l’Eterno Io giudica una seconda
volta con una seconda sconfitta ad opera degli stessi nemici. Quindi niente
« grande aiuto da dare al Signore ». Se
mai solo « a noi », cioè al promotore
della novella crociata. Il quale scrive:
Non abbiamo alcun piano fisso, o lista di
libri, di autori o editori, né di case editrici
che vorremmo pregarVi di non usare. È nostro desiderio di porre il problema davanti a
ciascuno di voi e chiedervi di intraprendere
qualunque passo al quale vi guidi il Signore.
Qualunque passo?
Si sa come vanno queste faccende.
Avviene come per le baruffe in famiglia o tra amici o colleghi (o tra fratelli in fede). Si parte da una questione
circoscritta o marginale e presto si arriva a dire e fare cose di cui poi ci pentiamo e comunque sproporzionate alla
discussione iniziale. In più, nelle dispute religiose oltre al lume della ragione
si smarrisce quello della fede. Quindi
secondo me dovremmo rifiutare recisamente l’istanza di « intraprendere qualunque passo al quale vi guidi il Signore », perché l’accento non cadrà più sul
Signore ma sul qualunque passo: il
passo è breve, come illustra il caricaturista argentino Qino (« Signore, lascio
nelle TUE mani le mie pedine affinché
TU vinca la partita. Amen. P.S.: Hai
sentito, vero? Dunque niente scherzi »).
Così nasce l’intolleranza, la sopraffazione ideologica, il terrorismo pseudospirituale la caccia alle streghe in ogni
nazione e in ogni tempo. È vero che ci
vien detto:
...noi non vogliamo esporre la nostra interpretazione quale Tunica, ecc. ...Nello stesso
tempo siamo d’accordo sul fatto che certi insegnamenti sono assolutamente falsi, contorcono le Scritture a dire delle cose che esse
non dicono ecc.. ed è contro queste ultime che
il Signore — come io credo — vuole che
prendiamo posizione...
ma cosa si propone, insomma?;
...non soltanto non usare della letteratura
che propaga queste idee, ma pure chiedere
alle nostre librerie evangeliche ili toglierla
dai propri depositi e di non venderla. Io sono
sicuro che tutti noi saremmo d’accordo per
non usare mai alcunché scritto o pubblicato
dai Testimoni di Geova... dagli Avventisti del
Settimo Giorno o dalla Chiesa di Cristo... Devo ammettere che alcuni dei loro libri ecc.
sé lo Spirito di Dio per guidarla ed insegnarle
sono buoni, ma che cosa ne sa la persona
che non conosce la Parola di Dio. né ha in
tutta la verità?...
Conosco queste parole. « Ma tu, perché giudichi il tuo fratello » (Romani
14: 9) se ha o no lo spirito di Dio? Anni fa udii un pastore dire alla comunità che fintanto lui fosse stato in quella
chiesa, non avrebbe permesso a nessuno di salire sul pulpito se non avesse
lo spirito di Dio. La frase, in apparenza
così ortodossa, da difensore della fede,
in realtà mi pare profondamente antievangelica, perché l’uomo non viene
più giudicato da Dio, ma da un altro
uomo. Mi turbò udirla allora, come oggi mi turba su questa circolare ritrovare in fondo il medesimo spirito. In
un’altra recente occasione avevo già citato un teologo tedesco: « Coloro che
più parlano dello spirito di Dio, sono
quelli che meno si lasciano condurre
da lui ». Questo spirito di Dio Tabbiamo fatto diventare la primula rossa eppure lo mettiamo dappertutto come il
prezzemolo. .
Ecco infine l’ultimo blocco del ciclostilato:
In risposta alla prima lettera ho ricevuto
alcune repliche in cui è stato indicalo che
possibilmente ci sono nei circoli evangelici
delle librerie che non hanno ceduto alle pre.ssioni di vendere dei libri quali avevo menzionato. In effetti, alcuni nelle loro ri.sposle
hanno espres.so la propria opinione che le nostre librerie evangeliche non vendono neanche i libri (o qualche libro) editi dagli « Avventisli » o « Chiem di Cristo n (incidentalmente, questa ultima si serve della casa editrice (Í ÌMiìterna » per molte delle proprie
pubblicazioni, c qualche libro loro è stato
stampato anche a cura di « Risveglio »). Se
dunque siete una di queste librerie che non
hanno venduto tali libri con falsi insegnamenti. prego di non sentirVi ilisturbati o offesi dalla mia precedente affermazione generale che ho visto tali libri in vari cataloghi
librari.
Comunque vorrei allo stesso tempo chiedervi di farci il favore di inviarci un catalogo o
elenco di tutti i libri che avete in vendita e
tenete in deposito per la Vostra libreria. Se
Vi è noto qualche libro che contenga dei falsi insegnamenti alla luce delle dottrine fondamentali della fede evangelica, vi prego di fare un elenco di esso (o di essi) dando il titolo,
autore, casa editrice ed alla parte annotate
se vendete ancora tale libro. Vi chiedo questo
perché ammetto che alcuni di Voi possono
darci una lista di libri (editati dalle case editrici evangeliche od altre case) che danno
falsi insegnamenti, visto che Voi potete conoscere i libri disponibili nella lingua italiana
meglio di noi, e in tal modo questa informazione ci sarà di grande aiuto.
Eccoci arrivati all’« Indice » protestante. Domani, chissà, approderemo
a' Sifar dei predicatori, con i microfoni occultati sotto i pulpiti.
Un programma televisivo inglese di
parecchi anni fa si chiamava Candid
camera. Anni dopo, una trasmissione
analoga è stata ideata in Italia da un
regista-attore e proprio in queste settimane compare sui nostri teleschermi
casalinghi la stessa cosa importata dall’America. Una telecamera nascosta cogli atteggiamenti, tic e reazioni di gente presa alla sprovvista in situazioni
create artificialmente, con effetti che
vanno dal comico all’insulso. Dopo le
prospettive aperte da queste due circolari su chi scrive e chi pubblica. Tipotesi non è più troppo futuribile neppure per chi parla.
Cosa si vuole? Una Legge fondamentale anche per gli evangelici? I precedenti, nella storia della chiesa e del
mondo, non mancano, per la « purezza » della fede o della razza. Ma questo
non è più Tevangelo. È fanatismo cieco e ottuso, e perciò esso sì veramente
pericoloso.
Non ha nulla dello zelo di Gesù per
la casa del Padre (Giovanni 2: 17). È
piuttosto lo zelo senza conoscenza di
Romani 10: 2.
Difensori o testimoni?
Dio non ha bisogno di difensori, ma
di testimoni. Non di crociate come il
movimento tedesco Nessun altro evangelo ma di servitori fedeli (I Corinzi 4: 2). Non dei discepoli tipo Marco 9: 38-40 (chi non rientra nei ranghi
è anatema), ma di evangelizzatori tipo
Filippesi 1; 18 (« Per pretesto o in sincerità, Cristo è annunziato; e io di questo mi rallegro »). Pare invece di tornare alla situazione di Efeso descritta
in Atti 19: 19-20, quando si bruciavano
i libri di magìa e « così la parola di
Dio cresceva potentemente e si rafforzava ». Qagi si tratta di strumenti di
documentazione, non di libri di magia,
a meno che il nostro fratello James David e i suoi amici non li considerino
alla stregua di tali. Nel qual caso si applica anche al centro « La Verità » la
vignetta del corrosivo cartoonist americano Feiffer sui mezzi d’informazione, che hanno il torto di documentare
i crimini di guerra. Cosa si deve fare
allora? Punire i colpevoli? No, distruggere i mezzi d’informazione.
Stiamo attenti. « Quando si comincia
col bruciare libri, si finisce col bruciare uomini », e non esiste nessuna differenza tra bruciare e squalificare, bandire eccetera. Per restare nel caso specifico, forse è inutile chiedere a questa
gente che vede / Diavoli in ogni angolo, di guardare altresì dentro i libri
« editati » dalle « buone » case editrici
e affini (spesso l’opinione che abbiamo
degli altri è esattamente la stessa che
gli altri hanno di noi). E’ invece assai
utile diffidare delle nuove li.ste di libri sacri: a guidarci nella verità basterà quello spirito di Dio (Giovanni 16: 13) da costoro sempre invocato.
Atrimenti non siamo più un movimento, ma una setta. Con la differenza (ha
detto qualcuno) che il movimento richiama il Tempio alle sue responsabilità, mentre la setta giudaica il Tempio
per le sua infedeltà. Ma le sentenze
deve pronunciarle ed eseguirle il Signore. Lasciamo a Dio il giudizio (Deuteronomio 1: 17). Egli non ha bisogno
della nostra testimonianza sulTuomo
perché conosce tutti. Sa quello che c’è
nell’uomo, conosce i suoi (Giovanni
2; 14-15; II Timoteo 2; 19). I salvati
quindi non sono quelli che leggono i libri delle liste proibite.
Concludendo, non c necessario mandare al rogo i libri « pericolosi », alla
ricerca di un’illusoria uniformità. In
fondo, in quest’atteggiamento c è anche della pigrizia mentale e spirituale;
non bisogna aspettare che qualcuno et
passi i libri « buoni », perché quello che
è buono per me può non esserlo per te
e così via. Basta mandare al maceio
quelli che, dopo averli esaminati, non
c' fanno ritenere alcun bene (1 Tessaloniccsi 5; 21).
Mi dispiace di aver mitraglialo una
serie di brani biblici, perche non credo nclTassurda guerra dei versetti. Per
cui finendo alla stessa maniera del titolo, si potrebbe chiudere con le parole
d’un articolo scritto su questo giornale
alcuni anni fa da altra persona, e dire
a. fratello James David Bormann del
centro culturale evangelico «La Venti » di Trieste: « Certo sarebbe bello
che ognuno cantasse sempre chiaro la
propria canzone, senza la pretesa pero
di farla diventare l’inno nazionale ».
Renzo Turinetto
3
22 ottobre 1971 — N. 42
pag. 3
ALLA LUCE DI 2500 CANDELE
Dopo il ritiro dei Padri Bianchi dal Mozambico
le Chiese eell'lran della storia e di oggi di“
Si sono concluse le sfarzose celebrazioni che
hanno raccolto con esteriore imparzialità personalità dell’Ovest e dell’Est intorno al preteso « re dei
re » a Persepoli, a Shiraz e a Teheran, in occasione
del 2500" anniversario dell’impero persiano, fondato da Ciro il Grande. La stampa d’informazione, in
quel suo modo ambiguo che critica ma pur dice e
accarezza, ha rilevato non solo il carattere spesso
pacchiano di quello sfarzo, ma soprattutto l’offesa
che esso rappresenta per un paese le cui condizioni
sociali non sono certo all’altezza della gloria millenaria. Mentre sottolineiamo, come abbiamo già fatto, quest’ultimo aspetto, riteniamo interessante offrire ai nostri lettori una corrispondenza da Teheran
nella quale un collaboratore del soepi, il servizio informazioni del CEC, delinea la storia e l’attualità
della presenza cristiana nel paese mediorientale che
è stato sotto gli obiettivi del mondo in queste settimane.
Teheran (soepi). - In ottobre l’Iran
inaugurerà le cerimonie che devono ricordare il 2500" anniversario della fondazione del vasto impero persiano, di
cui è la perpetuazione schematica. È
naturale che le comunità cristiane
prendano parte attiva a questa commemorazione.
Benché costituiscano meno dell’l%
della popolazione, in questo paese in
cui la religione ufficiale è VIslam, i
204.000 cristiani dell’Iran si sentono
solidali coi suoi venticinque secoli di
storia. Il fondatore dell’Impero fu Ciro
che Isaia (45) ha salutato come l’unto
del Signore e a chi Esdra (6) ha reso
omaggio per l’ampiezza delle sue concezioni religiose. Ester è stata incoronata regina, e Daniele ha avuto le sue
visioni nel palazzo d’inverno di Shushan (Susa).
Il vescovo Hassan-Deqani-Taftì, presidente del Comitato interecclesiastico
del centenario, ha lasciato capire che
questi ha pure in mente di sottolineare la relazione dell’impero persiano col
Nuovo Testamento. Dopo tutto, i magi
che si son recati alla mangiatoia ov’era
coricato Gesù venivano probabilmente
dalla Persia. E i Parti, i Medi, gli Elamiti che sentiron parlare gli Apostoli
alla Pentecoste si chiamerebbero essi
stessi, oggi. Iraniani.
Paul Seto, direttore dell’Istituto Armaghan, a Teheran, ha fatto notare
che il Comitato (di cui è segretario)
comporta almeno due gruppi le cui tradizioni risalgono aU’epoca del Nuovo
Testamento: l’antica Chiesa di Oriente
e la Chiesa apostolica armena.
L’ANTICA CHIESA DI ORIENTE
Essa rivendica l’onore di avere avuto
fra i suoi membri, al IV, V, e VI secolo, dei re di Persia e, già dal 2° secolo,
contava 25 vescovi. Certi esperti stimano che la Chiesa Matmarian, di cui
sussistono le rovine a Regaye, risale all’epoca degli Apostoli. Eusebio, il « padre della storia religiosa », presenta i
santi Taddeo e Tommaso come i primi
evangelizzatori dei Parti.
L’Antica Chiesa di Oriente, che prese
il posto della prima di questa denominazione, sorse su di un territorio alternativamente posto sotto la dominazione assira e persiana, ed è pure chiamata Chiesa Assira. Dato che si estese
sotto l’invasione dei successori di Nestorio (che accentuò l’umanità di Gesù), le si dà pure comunemente il nome di « Chiesa nestoriana ». Al suo
apogeo, essa ha istituito solide missioni in Arabia, in India, in Cina, in Siberia, in Mongolia, in Corea e nel Giappone.
Dei 160.000 membri che essa conta
attualmente, più di 140.000 vivono fuori
dell’Iran. La potenza di cui godono negli Stati Uniti occidentali ha spinto il
loro patriarca. Mar Ishai Shimum
XXIII, a .fissare la sua sede a San
Francisco.
Il servizio divino, nella Chiesa nestoriana, non ricorre né a quadri né a
sculture, né ad alcun accessorio di culto. L’unico simbolo della fede è una
croce posta al di sopra di un semplice
altare. I laici partecipano all’ufficio divino, che si svolge in aramaico, la lingua di Gesù.
LA CHIESA APOSTOLICA ARMENA
La Chiesa ortodossa armena, che comprende più di tre quarti dei cristiani
dell’Iran, deve la sua origine agli sforzi
missionari degli apostoli Taddeo e Bartolomeo; così si spiega il suo nome di
« apostolica ».
Le comunità più antiche sono nella
provincia di Azerbaidjan che un tempo faceva parte del regno di Armenia
(le cui altre terre sono attualmente in
territorio turco e russo). Le 45 congregazioni di questo settore contano 15.000
membri, di cui 6.000 vivono nei dintorni di Tabriz, sede dell’arcidiocesi.'come
pure del museo di storia armena. Il
monastero di San Taddeo, vicino alla
frontiera turca, vanta la tomba delPapostolo e costituisce un’importante
meta di un pellegrinaggio annuale.
Quello di S. Stefano, fondato nel 64, è
più vicino alla frontiera russa.
La recente divisione degli studi armeni all’universilà di Ispahan, dove il
reverendo padre Manjikian e il professore Davidian danno dei corsi, contribuisce senza dubbio a far apprezzare
le tradizioni armene; lo stesso dicasi
del bel museo presso la cattedrale.
La maggior parte degli Armeni dell’Iran si sono uniti alla migrazione verso Teheran, la capitale, in pieno incremento. L’arcidiocesi di Teheran, sotto
la responsabilità dell’arcivescovo Ardale Manoukian, annovera 110.000 membri e 24 scuole. La Chiesa di S. Maria,
piccola, ma bellissima, sul viale Qavamol-Soltane, funge da cattedrale, mentre
si costruisce un edificio più grande e
più imponente che sarà probabilmente
terminato in tempo per servire ad
un’ importante manifestazione ecumenica in occasione del 25° centenario dell’Impero.
I CATTOLICI
DalTarcidiocesi di Ispahan, fondata
nel 1632, dipendono i 5.000 cattolici di
rito latino abitanti nell’Iran. La maggior parte è straniera. Per ora non han
preso parte ai lavori del Comitato interecclesiastico del centenario. D’altro
canto, i 18.000 cattolici caldei e i 3.000
armeni si sono associati. I cattolici armeni., come i caldei, sono degli uniati:
praticano la liturgia ortodossa armena,
pur dipendendo dal Papa.
GLI ORTODOSSI DI ORIENTE
Gli ortodossi greci e russi sono circa
1.200 nell’Iran. Dei 450 ortodossi russi
stabiliti a Teheran, a Pahiavi e a Oazvin
la maggior parte son rifugiati apolidi
sfuggiti alla rivoluzione bolscevica. Il
Consiglio ecumenico delle Chiese e l’Alto Commissariato dell’O.N.U. per i rifugiati vengono loro in aiuto. L’archimandrita Victoria, uomo energico ed
aperto all’ecumenismo, trae maggiore
ispirazione, nell’orientare la sua attitudine, dalla Chiesa russa in esilio (la
cui sede è a New York) che da Mosca.
GLI ANGLICANI
Circa 2.000 anglicani, di cui la metà
stranieri, fan capo alle Chiese di Abadan, Bonchir, Ispahan, Kerman, Chiraz, Teheran e Yazd. Una forte proporzione degli anglicani dell’Iran (fra cui
lo stesso vescovo) sono seguaci dell’Islam, convertiti. Alcuni sono di origine ebraica.
L’ottima opera degli anglicani nel
campo dell’istruzione, della medicina e
dell’evangelizzazione è cominciata agli
albori del XVIII secolo.
La diocesi iraniana dipende dalla
Chiesa episcopale del Medio - Oriente,
che ha la sua sede a Gerusalemme.
I PROTESTANTI
In seguito ad un accordo, gli episcopali si son concentrati a sud e i presbiteriani (protestanti) a nord: a Hamadhan, Kermanchah, Mechhed, Rechi,
Rezaye, Tabriz e Teheran. ColTappoggio del Consiglio americano dei commissari per le missioni straniere (congregazione indipendente), hanno aperto nel 1832 una « missione presso i nestoriani », coll’intento di suscitare un
risveglio nella Chiesa assira, ma il risultato è stata la creazione di una nuova Chiesa: la Chiesa evangelica iraniana (3.000 membri).
Dopo l’introduzione del suffragio
femminile nel 1963, la scuola per giovanette Iran Bethel è stata sistematicamente trasformata e si chiama ora
Collegio Domavend. Lo scià si è impegnato a fornire il terreno per la sistemazione di un più vasto recinto, non
appena i capitali saran stati svincolati.
L’imperatrice approva decisamente i
programmi dei corsi, diretti dalla Signora Francés Grey, presidente, e Mary Thompson, decana, in collaborazione con un consiglio amministrativo
interconfessionale, che associa le culture iraniana ed inglese ad una cultura universale, pur tenendo conto ad
un tempo della Bibbia e del Corano.
Seguendo la consuetudine presbiteriana, la Chiesa evangelica dell’Iran
aveva dapprima dei concistori formati
secondo divisioni geografiche. Considerazioni di ordine pratico hanno portato in seguito ad una ripartizione più
naturale secondo le diverse lingue: assira, persiana ed armena.
La Chiesa evangelica assira è molto
prospera a Teheran per via delle migrazioni provenienti da Rezaye e Tabriz.
La Chiesa evangelica persiana ha delle
congregazioni a Hamadhan, Meckhed
e Rechi. Il prete alla testa della comunità di 600 persone a Teheran si chiama Medhi Abhari: si è laureato nel seminario di Bangalore e si guadagna da
vivere quale funzionario del Piano governativo di sviluppo.
In quanto alla comunità iraniana della Chiesa evangelica tedesca, che conta
400 membri e possiede una nuova chiesa a Teheran, dà prova di uno spirito
di collaborazione, pur rimanendo indipendente.
LA COOPERAZIONE ECUMENICA
Il Comitato interecclesiastico del
centenario non è altro che la manifestazione di un sano spirito di cooperazione cristiana. C’è pure un Consiglio
delle Chiese dell’Iran, essenzialmente
anglicano e presbiteriano, ma ai cui lavori i cattolici partecipano non ufficialmente. I suoi principali progetti sono
lo sviluppo delle pubblicazioni, i programmi per la gioventù, un corso per
corrispondenza e « Radio voce del Vangelo ». Un’altra organizzazione che può
contare ad un tempo sul sostegno sia
dei cattolici sia dei protestanti è la Società biblica.
Le manifestazioni locali spontanee
dello spirito ecumenico sono particolarmente incoraggianti. A Abadan e a
Chiraz i servizi religiosi cattolici e protestanti caldei e nestoriani sono in ottime relazioni. AH’istituto Armaghan,
un membro del personale dipendente
dalla Chiesa battista degli S.U. meridionali. Quest’istituto si distingue pure
per le buone relazioni colla facoltà di
teologia musulmana dell’Università di
Teheran. Possiede una biblioteca che
annovera opere di teologia cristana e
musulmana e si sforza « di essere, negli ambienti universitari, per mezzo
delle sue relazioni coi seguaci di altre
religioni, uno strumento dell’opera divina di riconciliazione e di redenzione ».
Humpiirey Walz
iiiiiiiiiiiiiimiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiiiiiiiiiii
Le relazioni giudeo
in una
Zurigo (soepi - E’ possibile una teologia
delle relazioni giudeo-cristiane? In che cosa
il concetto biblico di “terra promessa’’ interessa ancora, oggi? Interrogativi a lungo discussi dal Comitato per la Chiesa e il Popolo
ebraico (CCPE)' nel corso della sua recente
sessione biennale, tenutasi a fine settembre
alla Paulus-Akademie di Zurigo - Witikon.
Il CCPE, che è uno degli organi del CEC,
h i riunito partecipanti provenienti da undici
nazioni, oltre a un osservatore cattolico romano. Il Comitato era presieduto per la prima volta da George Appleton, arcivescovo anglicano di Gerusalemme, ed era la prima riunione cui partecipava Antony, arcivescovo ortodosso russo di Min.sk. Il presidente uscente,
il pastore olandese Koelof Bakker, ha dato il
benvenuto al suo successore, mettendo in evidenza l’esperienza acquisita dall’arcivescovo
Appleton prima a Londra poi a Gerusalemme.
I rapporti dei vari paesi rappresentati a
Zurigo sono serviti da punto di partenza per
una discussione animata sulla teologia delle
relazioni giudeo-cristiane. Sono state presentate delle relazioni da R. L. Lindsey di Gerusalemme e dal prof. Roy Eckardt dell’Università di Leigh, a Bcthlehem, Pennsylvania
(USA).
II prof. II. R. Weber, del personale del
CEC responsabile degli studi biblici, ha apert ■ la discussione sul Vicino Oriente. Basandosi su recenti ricerche esegetiche sulla nozion di terra promes.sa neU’Antico Testamento,
h cercato « quale filo conduttore potrebbe essere offerto daU'interpretazione biblica alla
comprensione della situazione attuale in questa parte del mondo ». Una delle riviste trimestrali del CEC pubblicherà questo studio
entro la fine deH’anno.
Vari aspetti della situazione furono poi
presentati dal vescovo Kenneth Gragg, un’autorità nel campo del pensiero musulmano, e da
Montreux (soepi) - La recente decisione dei Padri Bianchi, l’ordine missionario cattolico, di ritirarsi dal Mozambico, è stata portata all’attenzione
delle missioni protestanti dalla Commissione per la missione e l’evangelizzazione del Consiglio ecumenico delle
Chiese.
Una risoluzione votata a Montreux il
2 ottobre scorso precisa che « Il com’tato ha preso conoscenza della decisione del Consiglio dei Padri Bianchi,
nello scorso maggio, di ritirare tutti i
missionari dal Mozambico, ritenendo
che si era raggiunto il punto oltre cui
la loro presenza sarebbe parsa come
una tacita collusione con un regime
ingiusto e come un tradimento della
loro solidarietà cogli Africani delle altre parti del continente. Il Comitato
chiede ai membri della Commissione
per la missione e l’evangelizzazione che,
siccome, prima o poi, in Mozambico o
altrove, si potranno trovare in un’analoga situazione, di considerare con molta attenzione la decisione dei Padri
Bianchi». (N.d.r.: com'è noto, il Mozambico è una colonia portoghese africana).
La risoluzione in oggetto è stata inviata ai 44 consigli affiliati, fra cui la
suddetta Commissione.
Il pastore Ph. Potter ,direttore della
Commissione per la missione e l’evangelizzazione (CME) ha spiegato al
soepi, il servizio stampa del CEC, che
questa risoluzione si fonda sulla preoccupazione di sostenere le Chiese e gli
organismi missionari che vengono a
trovarsi in situazioni in cui i diritti dell’uomo e la libertà religiosa sono minacciati. Nel corso degli ultimi 18 mesi
come ha precisato — hanno avuto
luogo diversi colloqui fra società missionarie e consigli di Chiesa per prendere in considerazione le questioni sollevate in seno alle Chiese per via delle
condizioni che regnano in Sudafrica, in
Rhodesia e in Mozambico.
A seguito del ritiro dei Padri Bianchi dal Mozambico, la Conferenza dei
vescovi cattolici di quel paese ha reso
nota una dichiarazione in cui viene
detto: « Per fortuna, l’atteggiamento
di questa congregazione (i Padri Bianchi) non è stato imitato dagli altri ordini che lavorano in Mozambico dove
svolgono un’opera missionaria e sociale degna dei massimi elogi. Allo stesso
modo, anche i missionari delle Chiese
cristiane non cattoliche, malgrado le
difficoltà eguali alle nostre, perseverano nella lo.ro testimonianza di fede e
d’amore verso le popolazioni ch’essi
servono ».
Al riguardo, il pastore Potter fa rilevare che, mentre le missioni cattoliche occupano un posto di privilegio
nei riguardi dello Stato portoghese, e
sono tenute a conformarsi alla sua politica, i protestanti sono autorizzati a
lavorare, ma senza privilegi. Questo
rende la loro posizione assai delicata e
costringe a pesare con gran cura qualsiasi decisione, tenendo presenti le conseguenze che essi potrebbero avere sulle popolazioni del Mozambico.
Tuttavia, il comitato della CME desidera incoraggiare le Chiese e le missioni a riconsiderare la loro presenza ed
il ruolo sia in Mozambico come altrove, alla luce dell’esempio dei Padri
Bianchi.
- cristiane
prospettiva biblica
Yoria Malacbi, del Ministerio delle religioni
i l Israele. Elfan Rees, del personale del CEC,
ricordò l’apporto della Commissione delle Chies; per gli affari internazionali a queste ricerche. I membri del CCPE hanno chiesto che si
proseguisse lo studio dell’interpretazione biblica e della sua portata sulla situazione del
Vicino Oriente.
Il Comitato si preoccupa pure di inserire
nella discussione dei rappre.sentanti dell’Islam,
nonché del problema delle minoranze e di come le Chiese possono assolvere al loro ministero di riconciliazione. Si è pure considerato con attenzione il posto che il CCPE deve
avere nella nuova organizzazione del CEC. I
membri del Comitato sono stati d’accordo che
esso dovrà inserirsi nel programma « Fede e
Testimonianza », nel sottocomitato per il dialogo con gli adepti di altre religioni.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiMiiiiiiiMiiii
Alla radio magiara
Si parlairBÌlihia
Budapest (epd) - Una serie di dieci
trasmissioni è stata trasmessa di recente dalla radio ungherese, sotto il
titolo: « Che cos’è la Bibbia? » Lo ha
comunicato l’agenzia stampa magiara
mti, secondo la quale gli uditori, nell’intento dei programmatori delle trasmissioni, dovevano essere portati, liberi da qualsiasi genere di mistica, a
conoscere la Bibbia, « questo pregevole documento scritto dell’antichità »,
che « presenta il quadro della società e
delle condizioni geografiche ed economiche di allora ». Accanto a un gruppo di storici pure dei teologi hanno collaborato a queste trasmissioni.
iiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiMiiiiiiiii
Un corso di addestramento in Grecia
Perchè, come, deve distribuire la Bibbia
Dal 26 al 30 Settembre il past. Russel Self della Chiesa presbiteriana del
Canada, come Consulente per la distribuzione delle Sacre Scritture in Asia,
ha tenuto a Kifissia (Atene) un corso
d’addestramento per la distribuzione
della Bibbia, a cui hanno partecipato
Greci, Italiani, Tedeschi e Turchi. Quasi tutti i partecipanti greci erano dei
colportori della Società biblica impiegati a pieno tempo.
Il Self ha voluto mettere in risalto
tre punti:
Perché, dove, come distribuire le
S Scritture.
1) Perché - È soltanto quando si è
convinti di una causa che si può realmente lavorare; è soltanto quando ci
si sente presi dal bisogno di trasmettere quello che abbiamo ricevuto che
ci si sente completamente afferrati e si
capisce la necessità di fare. Quando si
riceve una lettera con delle buone notizie, quel foglio di carta ci apre il
cuore alla gioia e ci porta la notizia
che la persona che ci scrive ci pensa,
si occupa di noi, ci ama. La BIBBIA è
la lettera che Dio ci manda e ci porta
questa bella notizia che ci riempie di
gioia: DIO CI AMA.
2) Dove - Quando riceviamo una
lettera personale noi teniamo quelle
notizie per noi. Il nostro è un amore
egoista e non vogliamo che sia noto ad
altri; non così della « lettera » che Dio
ci manda e ci parla del SUO AMORE,
che non è per noi esclusivamente ma
per tutti. Questa « lettera di Dio » deve
essere resa nota a tutti gli uomini. E
S'.' consideriamo Tincremento demografico della popolazione mondiale e come statisticamente i credenti in Cristo
diminuiscono (le statistiche dicono che
i' 75% della popolazione mondiale non
conosce ancora la luce dell’Evangelo)
si capisce benissimo dove si deve diffondere e la necessità assoluta di diffondere questo annunzio di salvezza in
Cristo.
3) Come - Il simbolo della Società
biblica è « Il seminatore ».
Scopo della Società biblica è quello
d seminare la Parola di Dio senza nessun commento, da per tutto finché verrà il giorno in cui « ... non insegneranno più ciascuno il proprio compagno
dicendo: Conoscete l’Eterno!, poiché
tutti mi conosceranno» (Ger. 31: 34).
Pensiamo al valore della carta stampata:
I ragazzi vanno a scuola ed hanno bisogno di questa carta stampata per imparare (i libri), e imparano usando questi libri.
Le Scritture servono a conoscere Cristo. «L’ignoranza delle Scritture è
ignoranza di Cristo » e dell’opera che
Egli ha compiuto; ora, queste Scrittura acquistano valore se circolano. Ma
come interessare questo 75% di persone che non conoscono Cristo? E chiaro
che il metodo cambia a seconda della
mentalità, della preparazione delle persone, ma quello che deve restare è il
messaggio.
a) Anzitutto occorre una traduzioni molto comprensibile (cosa che non
abbiamo in Italia). Ultimamente è stata fatta una moderna traduzione in
lingua inglese (Good news for modern
man) del Nuovo Testamento, in cui
sono usate soltanto 3.000 parole di teso
corrente. E ciò perché la gente che legge la Bibbia non abbia dinanzi a sé il
tipico linguaggio « ecclesiastico », ma
possa leggere e capire. (Analoga traduzione ò apparsa in francese; Borníes
nouvelles aujourd’hid).
b) Ma ciò nonostante la gente spes
so è indifferente alla Parola di Dio,
pensa di non averne bisogno. Come
vincere questa indifferenza? Come far
capire che tutti ne abbiamo bisogno?
Es. Presentare la Bibbia come « Una
assicurazione per la vita » per cui non
occorre pagare delle rate. Al patito
dello sport chiedere: quanto spendi
per una partita? Puoi spendere meno
ad avere la Parola della vita.
Spesso nelle nostre chiese si pensa
che basti predicare la Parola dal pulpito. Ma dal pulpito si parla al popolo,
invece diffondendo la Parola di Dio si
parla col popolo, cioè si è in continuo
dialogo con il popolo. C’è ancora da
aggiungere che questo lavoro non può
essere svolto soltanto da pochissimi
colportori, ma deve essere impegnata
la chiesa tutta. La chiesa non può essere come il « Mar Morto » che riceve
soltanto e non dà, deve essere come un
lago che riceve e dà.
Questi ed altri suggerimenti sono
sorti. Ma a che vale suggerire se poi
non c’è chi agisce? O le comunità, ogni
singolo credente, diventano « colportori » della Parola o le nostre chiese
non si distingueranno dai tanti circoli
di rispettabilissime persone che si uniscono avendo qualcosa in comune e
parlano e parlano e parlano ancora,
ma non dicono, non danno nulla.
Archimede Bertolino
iiiiiiiimiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
A Istambul
Il seminario dei
patriarcato ortodosso
sarà chioso?
Instanbul (epd) - Il governo turco
progetta la chiusura del seminario superiore del patriarcato di Costantinopoli, che da due secoli sorge sull’isola
di Chalki. La notizia è stata diffusa a
Waschington, dopo che è stato reso noto che tutti i centri d’istruz'one stranieri in Instambul vengono nazionalizzati. L’America College è già chiuso,
« temporaneamente », si dice. La ragione adottata per queste misure è che
tutte le scuole straniere devono essere
poste « sotto la diretta protezione dello Stato ».
Il patrircato ecumenico ortodosso fa
notare che il seminario di Chalki non
è affatto un istituto straniero, bensì
turco e statale, fonkdato dal Patriarcato c radicato nel diritto indigeno.
Studenti e docenti sono di nazionalità
turca.
Il seminario è l’unico istituto, in Turchia, nel quale s’insegni la teologia ortodossa. I diritti garantiti al Patriarcato di Costantinopoli del Trattalo di
Losanna del 1923 prevedono una piena
libertà nella formazione del clero ortodosso del Patriarcato.
lllllinillllllllllllllllllllUlllliiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
A CIPRO
Makarios faccia il vescovo
e non il presidente
Nella più recente sessione del Sinodo della Chiesa Ortodossa di Cipro due
metropoliti hanno espresso l’esigenza
che Makarios abbandoni finalmente« il
gioco del presidente » e si dedichi soltanto più alle sue funzioni ecclesiastiche.
4
N. 42 — 22 ottobre 1971
Un convegno 'della Lega internazionale dell'Insegnamento, dell'Educazione e della Cultura Popolare Q0gf|*g 0 SÌnÌStrfl' (|U3l6 ¡1 lOPO SÌQIlifÌCdtO?
(hiotidiani e perioiliGj nella pratica seolastlGa
Per iniziativa della Lingue internazionale de l'Enseignement, de l’Education et de la culture populaire, Sezione italiana, si è tenuto dal 24 al 26
settembre scorso a Pescara l’annuale
Convegno di studi sul tema: Quotidiani e periodici nella pratica scolastica.
Delle Lingue e dei suoi scopi s’è parlato nel nostro settimanale un anno fa,
in occasione del Congresso internazionale svoltosi nel Senegai.
In relazione a quanto è stato pubblicato dall’« Eco-Luce » degli ultimi numeri sui problemi della scuola all'inizio del nuovo anno scolastico, pensiamo utile comunicare ai lettori le impressioni tratte da questo ultimo Convegno, ricordando anzitutto la cordiale accoglienza di Pescara, città nuova
che si snoda lungo l’Atlantico.
I relatori erano tre. Secondo la relazione introduttiva del prof. Raffaele
Laporta si debbono « affidare alla
scuola compiti più complessi che prima se si vuole ottenere un rinnovamento scolastico » ed ancora: « ....tutcanali di comunicazione del mondo
di fuori sono a disposizione dei nostri
alunni: è logico, inevitabile utilizzarli anche dentro la scuola... La stampa,
quella delle lotte quotidiane, quella dei
riflessi e delle riflessioni periodiche
che esse generano può essere forse lo
strumento più diretto per un innesto
vitale delle persone dei nostri alunni
nella tradizione del nostro paese... Inutile invocare immaturità e disinteressi in questi alunni. Esistono problemi
umani che toccano anche le età più
giovani: già la scuola elementare può
affrontarli e li affronta documentatamente quando si impegna in una didattica rinnovata ».
La seconda relazione a cura della
prof. Maria Pia Roggero, insegnante di
lettere in una 2 media di Milano, ha
permesso di conoscere le sue esperien.
ze « sull’uso della stampa nella scuola media di 1® grado » ed i « problemi » che sono ad esse collegati. Per
stampa s’intende il quotidiano, anzi il
confronto fra vari quotidiani. Accettata la premessa dell’utilità di « introdurre al giornale ragazzi di scuola me.
dia, non ancora dotati di una solida
preparazione culturale né di una formata personalità e quindi incapaci
di collocare notizie ed opinioni nella
loro esatta prospettiva né di sottopor1? a un adeguato vaglio critico », la relatrice si chiede se « il quotidiano debba essere considerato, nella scuola media, in funzione solo informativa od
anche formativa e quindi se debba sostituire il testo o soltanto integrarlo».
Nella scuola così com’è la sostituzione
è impensabile, lo sarebbe se la scuola
cambiasse totalmente.
Delle finalità a cui preordina la lettura del giornale, indicate nella relazione suddetta, ne ricorderò alcune:
« fornire un mezzo di contatto vivo e
costante con la società e il mondo di
cui il giornale è specchio, stimolare
gli interessi, arricchire le idee, allargare gli orizzonti culturali con un mezzo che, per la sua freschezza ed il suo
quotidiano rinnovarsi, il suo presentarsi all’attenzione non solo attraverso la
parola scritta, ma anche per imma
gini, vignette, accorgimenti grafici e
modi propri di quel linguaggio iconico
che caratterizza la nostra civiltà, risulta essere accessibile e molto accetto ai ragazazi in età di scuola media;
favorire, attraverso la discussione in
classe degli articoli letti e il confronto
tra le versioni proposte da giornali
diversi, la graduale formazione di un
giudizio critico autonomo il più possibile libero da condizionamenti di parte o di interesse.... da cui dovrebbe
scaturire nel ragazzo un atteggiamento di rispetto dell’opinione altrui,
quando questa sia onesta e sincera ».
La relazione del prof. Giuseppe Tramarono SU'. « Tecnica e storia del giornalismo nell’insegnamento secondario
di 2» grado », ha offerto anzitutto dati statistici recenti e precisi circa la
tiratura e la diffusione di quotidiani e
periodici in Italia e all’estero. Ne cito
alcuni:
quotidiani
per 1000 ab. id. periodici
Italia 103 326
Svezia 462 48
Francia 277 27
Svizzera 296 322
Il relatore, premettendo che la scuola dell’obbligo deve dare ai suoi licenziati un’iniziazione generale alla lettura del quotidiano e del periodico, ha
indicato poi quale dovrebbe essere il
compito della scuola secondaria superiore in questo campo: « informazione
sul fenomeno giornalistico nella genesi storica, nelle sue caratteristiche tecniche, nella sua struttura economica,
nella sua importanza sociale perché è
un aspetto non solo importante ma
spesso fondamentale della civiltà moderna ». Egli ha ricordato inoltre, mediante validi esempi, che il giornale
è stato un « fatto essenziale e spesso
dominante nello svolgimento della civiltà moderna e soprattutto contemporanea ».
Vivaci, numerosi, battaglieri gli interventi; vari pericoli sono stati segnalati; « cronicizzare » tutti i fatti della
vita con la lettura costante del giornale, abbandonando il mondo di ieri e
quello di domani; escludere ed eliminare il libro di testo al quale viceversa, secondo altri, si torna volentieri
negli anni post-scolastici; determinare nuove e non indifferenti spese da
parte dello Stato per l’acquisto di quo
tidiani per le varie scuole; trasformare la funzione docente in tribuna propagandistica.
Nonostante queste riserve, la mozione finale è stata votata all’unanimità.
Liliana Ribet
Necessità di un chiarimento al livello delle nostre comunità
la mozione conclusiva dei Convegno di Pescara
« Il VII Convegno di studio della sezione
italiana Lingue International de Venseignemeni, de Véducation et de la culture popu^
laire. riunito in Pescara nei giorni 24-26 settembre 1971 sul tema: “Quotidiani e periodici nella pratica scolastica", riconosce in linea
di principio e di fatto l'opportunità e Futilità
delFimpiego didattico della stampa giornalistica, afferma che tale impiego è particolarmente proficuo quando nasce da una organica
concezione pedagogica intesa a stabilire un
continuo collegamento tra Finsegnamento scolastico e la realtà della contemporanea vita nazionale e internazionale : in tal senso tutti i
mezzi grafici e audiovisivi di informazione e
in primo luogo la stampa giornalistica assumono funzione integrante e, in prospettiva, determinante delFinsegnamento e operano positivamente per il rinnovamento metodologico e
didattico dell’intera scuola italiana. In particolare il Convegno augura che il modesto accenno della circolare programmatica testé emanata dal Ministero della P.I. relativo all’introduzione della stampa giornalistica nella scuola
trovi ampio sviluppo, e sia confermato e ampliato — dandone quanto prima preciso rendiconto critico — l’esperimento attuato di
concerto tra la Direzione Generale della Scuola Media Statale e la Federazione Italiana
Editori Giornali. Il Convegno sottolinea l’importanza formativa dell’uso del quotidiano nella scuola media dell’obbligo come parte essenziale della educazione generale e in particolare di quella civica e come avvio alla lettura
critica dei giornali in età adulta e rileva la
necessità di secondo grado (oltre allo sviluppo
di tale impiego per la formazione della coscienza politica) il fenomeno giornalistico,
aspetto essenziale della vita moderna, sia ampiamente studiato nello svolgimento delle discipline di particolare attinenza (lettere, sto
ria, filosofia, psicologia, diritto, economia,
ecc.). Il Convegno, mentre augura che la preparazione tecnica in argomento (metodologica
e didattica) degli insegnanti venga effettuata
mediante corsi di aggiornamento da istituirsi
di concerto tra il Ministero della P. I. e l’Istituto Nazione di Storia del Giornalismo, dichiara che la responsabilità professionale degli insegnanti è in grado di garantire alle famiglie e alla società l’impiego didattico della
stampa giornalistica in modo adeguato ai vari gradi e ordini di scuole, alle esigenze della
imparzialità e della libertà di opinioni nonché del libero sviluppo della personalità degli
alunni. In tal modo l’introduzione della stampa giornalistica nella scuola anziché fatto episodico sarà un fondamentale incentivo alla
formazione della coscienza civile e al progress.) democratico della società. Infine il Convegno propone alle associazioni aderenti alla
“Lingue Internationale” l’iniziativa di una
indagine campione al fine di rilevare, nei
modi opportuni, dati statistici atti a illuminare il mondo della scuola quantitativamente e
qualitativamente sulla lettura dei quotidiani
da parte degli alunni ».
....................................................imi......................
La polemica Girardet - Vinay - Tron
non ci convince troppo per i molli silenzi e sottintesi che si trascina dietro, ma ha avuto almeno il merito di
far maturare e scoppiare un « bubbone » che da tempo infesta il nostro
« piccolo mondo » valdese! Com’è facile vedere dall’intervento di Valdo
Vinay, anche presso le nostre comunità i termini di destra e di sinistra —
che presuppongono naturalmente quello di centro — assumono contenuti e
valori diversi secondo i tempi, gli ambienti ed anche le persone, esattamente come nel più vasto mondo sociopolitico in cui la chiesa è immersa ed
insieme con essa noi che ci chiamiamo fratelli in fede, cittadini, « amici »,
« compagni » ecc. che siamo!
Se destra vuol dire conservazione di
« valori umani e di strumenti di lavoro » ritenuti necessari per la missione della chiesa — come da molti viene considerato il Collegio di Torre Pellice — niente da eccepire; ma destra
potrebbe anche significare, e nella realtà significa generalmente, mantenimento di tradizioni teologiche, ecclesiologiche e liturgiche ormai sorpassate, e allora ben venga la contestazione, che però non per ciò stesso dovrà qualificarsi come sinistra. Se invece con quest’ultimo termine si vuol
intendere il tentativo solo in parte e
timidamente attuato, di togliere dai
nostri ordinamenti tutte le incrostazioni del passato che non si riscontrano più in linea con la Parola di Dio —
quanto dobbiamo riformare ancora
circa i ministeri! —, ben vengano le
spinte in questo senso, purché non si
arrivi alla giustamente deprecata « cattività babilonese ». L’ipotesi settaria
non mi fa paura, purché non diventi
tesi, e ciò potrebbe avvenire solo se
gli « ostracismi » di cui parla Claudio
Tron diventassero davvero ufficiali!
Ma grazie a Dio la libertà di critica
in mezzo a noi ce la siamo sempre gelosamente rivendicata e difesa, e non
mi consta che si sia mai abbassata al
livello delle purghe di fascistica memoria!
Son d’accordo con Giorgio Girardet
quando scrive che il nocciolo della
questione sta nel « fatto che le chiese
evangeliche hanno perduto la loro incisività e la loro capacità di essere un
punto di riferimento per quanti vogliono vivere secondo l’Evangelo », ma
aggiungo che questa autocritica non
dovrebbe essere disgiunta da una aperta confessione di peccato, tipo quella
Cane e gatto
Una raccolta di racconti, risultato di inchieste condotte da periodici cattolici polacchi
IIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIII
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii'iiiiiii""i"'"'"'"’'"’"'*
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii"""""'"""
Ricordando no benefico
ministero aiia radio
Domenica 2 maggio 1971 è terminata la
serie di a Conversazioni evangeliche » alla radio della Svizzera Italiana tenute con ispirato
sentimento dal Pastore Guido Rivoir.
Nel 1951 il Pastore Guido Rivoir iniziò il
ciclo di conversazioni evangeliche che doveva
vederlo impegnato sino al 1971. Quelle « conversazioni » dovevano renderlo noto se non
celebre in tutta la Svizzera, anche se egli con
innata modestia si schermiva dicendo di essere solo nolo nel Ticino. Invece le sue « conversazioni )> erano udite con molto interesse
anche in Italia dove il Culto è irradiato
dalla Radio Italiana molto presto il mattino
della domenica impedendo a molti dì ascoltarlo.
Il culto del Pastore Rivoir andava in onda
dallo studio di Lugano alle ore 9.15. ora molto comoda per lutti. Cosicché molti, evangelisti e non. potevano ascoltarlo con commozione
nel suo incontro con la Bibbia. Molte volte
ci si rammaricava che la sua « conversazione »
finisse così presto, un quarto d'ora solamente;
ma in quel quarto d*ora vi era impegnato tutto il suo afflato spirituale e il sentirlo dava
grandi consolazioni al nostro cuore perché
toccava mirabilmente le corde più recondite
del nostro animo.
Ora non lo sentiamo più parlare con quel
suo tono appassionato e accorato la domenica
mattina. Al suo posto sì alternano i Pastori:
Franco Scopacasa c Otto Rauch con ottime
disposizioni d’animo e di mente ma con diversi accenti e sfumature.
Auguriamo ogni bene e succcs.so a questi
colleghi del Pastore Rivoir formulando i migliori auguri per un fecondo e vilirato appello al sentire di tante persone mai come oggi
lontane spiritualmente alla luce del Vangelo.
Speriamo che il Pastore (ruido Rivoir rimanga ancora con noi almeno alla televisione, anche se per soli dieci minuti. Auspichiamo per lui un meritalo riposo da questa non
piccola fatica ringraziandolo per lutto quello che ha fatto o che ha inte.so operare in
vent'anni di dedizione evangelica per il bene
delle nostre anime: il Signore benedica le sue
conversazioni e quelle dei suoi continuatori.
Lino Rizzo
I LETTORI
ci scrivono
Dialogo interconfessionale
Una lettrice, da S. Germano Chisone:
Signor direttore,
partecipai all’incontro fra valdesi e
cattolici, la domenica di Pentecoste
del corrente anno, a Pinerolo. Se non
erro, eravamo oltre cento : pastori, sacerdoti, suore, membri delle comunità
valdesi e cattoliche.
Della mia Comunità eravamo in due.
Mi permetto di porre alcuni interrogativi :
Per avviare un dialogo interconfe.ssionale e sopprimere le divisioni, quali elementi sono richiesti?
Quale deve essere il « común denominatore » per avviare il dialogo interconfessionale?
Il riunirsi insieme, fratelli e sorelle delle due confes.sioni, per operare
in manifestazioni civili anche a scopi
umanitari, per cercare di raggiungere
un vivere insieme più armonioso e un
maggior rispetto reciproco, rimanendo
rispettosamente neutrali per quanto
concerne le convinzioni religiose delPnna e delPaltra parte salvo la presenza di pastori c .sacerdoti in determinate manifestazioni, può rappre.sentare un dialogo interconfe.ssionale?
L'incontro di Pinerolo era ha.sato sulla meditazione di alcuni versetti dell'Antico e del Nuovo Testamento. Le
preghiere spontanee scaturite c da vaidesi e da cattolici, nonché le preghiere in comune e il canto hanno dato il
senso della comunione. E’ questo il
dialogo interconfessionale?
Quale è la risposta a questi interrogativi. .sul piano delPEvangelo?
Ringrazio.
Nelly Ro.stan
Ci giungono dalla Polonia, nella traduzione uella casa editrice Boria di
Torino, alcuni racconti che sono il risultato di inchieste promosse da giornali e riviste cattoliche polacche sui
seguenti temi: matrimonio, rapporti
tra genitori e figli, esperienze di giovani. Questi racconti sono in realtà
veri e propri squarci di vita vissuta,
nella maggior parte drammatici, riflettenti le lotte quotidiane di un popolo che soffre ancora duramente, dopo la tragedia dell’ultima guerra, sotto un regime dittatoriale « il quale rifiuta il dialogo con il popolo e non
tiene conto delle previsioni di qualificati economisti ». Il popolo polacco,
dotato di molte qualità, intelligenza,
grande volontà di lavorare, pazienza
nella distretta, ha compiuto sotto il
regime comunista notevoli sforzi per
la ricostruzione del paese, ciò non toglie che la popolazione, nella maggioranza dei casi, vive ancora assai modestamente; vi è sempre la scarsità di
generi alimentari, il carovita e la carenza degli alloggi, per cui gli sposi,
in genere, sono costretti a coabitare
con i genitori; lo stipendio del marito
non è sufficiente e la donna è obbligata a lavorare; tanto è vero che essa,
oberata di compiti e sempre stanca,
chiede energicamente l’uguaglianza dei
sessi anche nelle faccende domestiche.
In questo quadro s’inseriscono i racconti del libro Cane e gatto che presentiamo oggi, e che raccomandiamo
vivamente all’attenzione dei nostri lettori. È un libro ricco di umanità, a
volte amaro, a volte fiducioso, sempre
molto coraggioso. L’editrice Boria lo
presenta al pubblico italiano sottolineando che « le esperienze dei cattolici
polacchi possono rappresentare lo
specchio nel quale i[i lettori italiani]
vedranno la propria vita, e una spinta
a riflettere sulla propria avventura
terrena ».
Di religiosità cattolica non ne vediamo troppa in questo libro: vi sono, è
vero, sentimenti fervidi verso la Madre di Dio, alcuni scrupoli sul divorzio e sul problema del numero dei fi
gli (l’uso dei mezzi anticoncezionali
per contro è largamente diffuso in Polonia anche fra credenti cattolici, a
differenza dell’Italia); ma in realtà
quello che più potrà accomunare il
lettore italiano allo scrivente polacco
è una certa affinità di indole, di vivacità, di passionalità di fronte alle vi
cende umane e alle persone a cui siamo legati da vincoli affettivi. Ci sarebbe inoltre da dire che la fede non
è sentimento, non è cambiamento di
alcune nostre idee, ma è una forza che
trasforma tutto l’essere nostro dall’interno, una nuova dimensione, una nuova vita. Il libro che stiamo considerando, tuttavia, non si propone sirnili
quesiti, bensì mète più modeste: dice
la prefazione che esso « avrà raggiunto il suo scopo se sarà riuscito ad accrescere anche solo un po’ nel lettore
il sentimento di solidarietà fra gli uomini ». Questo scopo lo raggiunge pienamente: infatti è impossibile non
sentirsi solidali e partecipi delle soft’crenze di quelle madri che lottano fino
all’estremo delle loro forze per il benessere dei familiari; di quelle spose
che fanno di tutto per una migliore
riuscita del loro matrimonio; della
madre straziata dal dolore che chiude
gli occhi alla sua « unica figlia, la sua
amica, il suo tutto sulla terra »; o de’la giovane, figlia di nessuno, che lancia un disperato appello alla società
ed esclama; « odio la gente, perché in
ogni uomo vedo mio padre e in ogni
donna mia madre, due esseri ignobili »; oppure della vedova nella miseria
che fa rimpossibile per sfamare i figli
e mandarli a scuola, c mentre si affanna a lavorare, a raccogliere funghi e
bacche nei boschi, o a cucinare un
pezzo di focaccia, ripete continuarnente, come un’invocazione d’aiuto, « figli
miei! figli miei! »; e come non sentii si
commossi dalla testimonianza che uno
studente dà alla propria eroica madre?, e di quella permeata di tenerezza che una moglie dà a1 vecchio compagno della sua tribolala esistenza?.
« entrambi abbiamo sempre sentilo,
abbiamo sempre saputo di non essere
noi due, ma uno ».
La maggior parte delle risposte alla
inchiesta è stata fatta da donne, come si è visto; alcune però provengono anche da parte dei mariti, figli e
padri, come per esempio quella curiosa di un marito intorno alla vita coniugalo, dopo 25 anni di matrimonio:
egli dichiara di avere litigato durante
tutta resistenza con sua moglie come
cane c gatto — di qui il titolo del libro — c ciò nonostante di volerle un
bene dell’anima!
EniNA Rtbp.t
Autori vari. Cane c gatto. Editore Boria, Torino 1971, L. 1.800.
di Heinemann che vedo molto opportunamente ricordata dal pastore Massimo Tara come premessa ad una sua
conversazione su « la comunità evangelica a Gorizia » (in Iniziativa Isontina, luglio-agosto 1971, pp. 47-52). Come si sa, Heinemann è l’attuale presidente della Repubblica federale tedesca e, quale esponente della Chiesa
evangelica del suo paese, ha voluto
inaugurare le recenti celebrazioni luterane del 450» anniversario della Dieta di Worms con una coraggiosa critica del protestantesimo germanico
nei rapporti con la società: se le nostre celebrazioni risveglieranno in noi
solo gioia ed entusiasmo, saranno del
tutto vane poiché — riassumo il discorso di Heinemann con le parole
stesse di Tara — la tendenza sempre
risorgente nel protestantesimo tedesco ad « abbandonare le decisioni delle cose di questo mondo ai principi,
agli uomini di stato, persino al Fùhl'er... », a « rinunciare alla libertà del
cristiano nel dominio politico e ad asserire la dottrina dei due regni; chiesa e stato... » ci porta inevitabilmente
a « falsare la visione dei compiti della
chiesa nel campo sociale impedendole
di porsi dalla parte degli oppressi e
degli sfruttati », con la conseguenza
che « se nei diciannovesimo secolo numerosi lavoratori hanno aderito al
marxismo e se oggi ancora numerosi
intellettuali sono convinti che ateismo
e progresso vanno di pari passo, la
colpa in gran parte cade sul nostro
protestantesimo che ha esitato, come
chiesa, ad interessarsi delle cose di
questo mondo ».
Son parole da meditare seriamente,
perché riguardano tutti noi, ieri come
oggi, pur nelle diverse contingenze di
tempi e di ambienti: il nostro attuale
impegno di uditori e di facitori dei
precetti evangelici, come ha da manifestarsi nel mondo fuori dal chiuso
delle nostre comunità? dove saremo,
in determinate situazioni politiche, sociali, sindacali, elettorali? In altre parole, come agiremo concretamente, per
chi voteremo, a favore di chi lotteremo? Potremo trovare, come fratelli in
fede, un común denominatore di azio
ne? È inutile, oltreché ipocrita, chiudere gli occhi di fronte alla realtà e
continuare a fingere d’ignorare che
nelle nostre comunità esistono delle
divisioni ben più gravi di quelle semplicemente teologiche, eccleiiologiche
e liturgiche! Fin dove può spingerci la
tanto decantata « libertà ael cristiano »? Forse a giustificare la spaccatura esistente ancora tra di noi tra fascisti e antifascisti, tra capitalisti e
comunisti, tra i fautori del sistema vigente e i contestatori, e così via?
In altre parole, i termini di destra,
centro e sinistra — già validi per i vaidesi medievali — non ci sgomentano,
perché qualsiasi nostro atteggiamento di coscienza, riveste comunque un
significato politico, anche quando, putacaso, vogliamo dargli un contenuto
volutamente antipolitico come il non
votare ecc. Si parla spesso di coerenza tra fede e azione. Bisognerà riprendere ed approfondire il discorso, anche al livello delle nostre assemblee
di chiesa, con umiltà. Dal pulpito preghiamo ancora per le autorità costituite, in base al noto consiglio paolino, ma non si osa affrontare il discorso del nostro comportamento politico.
A mo’ di meditazione storica, vorrei terminare citando ancora il contributo già ricordato del pastore Tara: esso va segnalato non solo perché
è raro trovare in una rivista non religiosa un discorso che proceda da chiari e precisi orientamenti teologici, ma
anche perché da esso risulta con ogni
evidenza il fatto che la fortuna civile
di Gorizia dipese in gran parte, fin dagli inizi dell’800, dall’attività econornica di immigrati protestanti, per lo più
svizzeri, caffettieri, drognieri, alberga
tori, floricoltori, librai, commercianti,
industriali ecc. Tutti costoro erano
convinti calvinisticamente — weberia
mente parlando? — che ia riuscita negli affari c con essa la conquista della
ricchezza c del benessere fossero un
segno certo della grazia divina: « lavorare, risparmiare, condurre vita parsimoniosa, accumulare per poi donare ». Ma donare a chi? forse alla chiesa? No, di certo, ma alle autorità civili, per l’erezione di edifici pubblici,
perché la chiesa deve rimanere povera. Così sorsero a Gorizia mulini, filande, tessiture, cartiere, tintorie,
aziende di floricoltura, olii ine per la
produzione del gas, case per operai,
orfanotrofi, scuole e anc!ie l’aUuale
municipio! I nomi degli Zavaritt e dei
Ritter sono ricordati tra le famiglie
più operose.
Qra tutta questa rievocazione ci dà
da pensare, per i suoi evidenti richiami ad una nota e oggi contestata interpretazione calviniana della grazia, e
lo stesso Tara non può far a meno ad
un certo punto di « sbottare » esclamando che non gli « si venga a parlare di paternalismo — riferito in particolare all’uso di quei ricchi goriziani
protestanti di concedere premi « a chi
si distingueva nell’abbcllire il proprio
giardincUo e a chi manteneva pulita
la propria abitazione »! — perché si
tratterebbe semplicemente di un discorso antistorico e perciò non valido
né accettabile: erano tempi nei quali
né Kibbuz, né Kolcoz, né comuni cinesi erano stati inventati ».
Giovanni Gonne?
5
22 ottobre 1971
N. 42
pag
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
L’attmtà del Centro Diaconale di Palermo L’appello India - Pakistan
In attesa di dati relativi all’inizio
del nuovo anno scolastico, riportiamo
dall'ultimo bollettino del Centro Diaconale di Palermo notizie consuntive
sullo scorso anno di lavoro nelle varie
branche di servizio dell'attivo Centro
palermitano. red.
La Casa del Fanciullo
de “La Noce”
In seguito alla demolizione degli immobili della « Casa del Fanciullo » alla
Noce, le scuole sono state trasferite
nei seminterrati della Chiesa Valdese,
in Via Spezio, ove continua ad avere
sede l’Istituto Valdese. La soluzione
piuttosto precaria è stata giustificata
dal fatto che è provvisoria e che nel
quartiere della Noce non è stato possibile reperire dei locali per uso scolastico.
Circa 100 alunni devono essere giornalmente autotrasportati dalla Noce in
Via Spezio, nel cuore della città, ove
il traffico è più intenso. Abbiamo tuttavia potuto evitare perdite e dispersione di alunni. Solo la Scuola Materna è
rimasta alla Noce, in locali per ora
non soggetti a demolizione, ma pure in
una situazione precaria.
Le scuole elementari hanno avuto 8
classi con gli insegnanti: Anna Arnone,
Adriana Bellissimo Aceste, Luana Mariorana, Erminia Mariorana, Giuseppina Panascia Pintaldi, G. B. Scuderi,
Paolo Valvo, Rosetta Valvo Caltagirone.
Nell’anno trascorso abbiamo avuto
in programma una sempre migliore
qualificazione e un costante aggiornamento dei nostri insegnanti. Pertanto
abbiamo organizzato incontri di studio
e ringraziamo quanti ci hanno dato la
loro preziosa collaborazione fra cui il
Prof. E. Ponzo, i Pastori R. Bertalot, G.
Paschoud. Alcune nostre insegnanti
hanno frequentato dei seminari del
Centro Studi di Trappeto. Dal 10 al 15
settembre si tiene un seminario di studio per tutto il personale impegnato
nel Centro Diaconale.
Il numero degli alunni complessivo
(scuola elementare e scuola materna)
è stato lo scorso anno, a causa della
ristrettezza dei locali, limitato a circa
250. Il risultato degli scrutini e degli
esami è stato soddisfacente.
Abbiamo cercato di mantenere il più
possibile il contatto con le famiglie degli alunni. Gli alunni delle_ classi 3, 4 e
5 sono stati informati dei più irnportanti avvenimenti e spesso gli insegnanti hanno preso lo spunto delle lezioni dal giornale. Quest'anno sono stati particolarmente interessati al problema della mafia.
Le spese di ordinaria amministrazione di tutte le attività sono state coperte in gran parte dagli aiuti dello
H.E.K.S.-E.P.E.R., da sussidi della Regione Siciliana, da doni di Enti, Comunità Evangeliche e privati, dalle
rette di alunni le cui famiglie che possono dare un contributo anche modesto, da borse di studio.
L’intero costo di costruzione del Centro Diaconale della Noce, i cui lavori
procedono normalmente, è a carico del
Diakonische Werk in Hessen und
Nassau.
Non sempre i risultati della nostra
opera sono visibili, ma non dobbiamo
dimenticare che il nostro lavoro è soprattutto in vista del futuro e che il
seme che deponiamo nel cuore dei fanciulli porterà domani il suo frutto. Anche nei confronti delle famiglie esercitiamo un’azione che non va sottovalutata.
Il Convitto Valdese
di Via Angiò
Il Convitto ha ospitato, lo scorso anno, fino a 40 bambini di ambo i sessi:
orfani, figli di carcerati, di famiglie
di disagiale condizioni o provenienti
dalle zone terremotate. 11 reparto femminile della Noce è stato trasferito
i r Via Angiò, in un alloggio achácente
al Convitto maschile, in seguito alla
demolizione, per la nuova costruzione
del Centro Diaconale.
I convittori frequentano le classi
elementari presso il nostro Istituto
Valdese « Casa del Fanciullo » c le medie presso le pubbliche scuole.
La direzione è stata affidata al Sig.
Giorgio Resini, che però a fine maggio, dopo circa due anni, in risposta
ad una vocazione pastorale, è entrato
in servizio presso la Chiesa Metodista,
come Evangelista.
Durante l’anno le dillicoltà non .sono
mancate: la ristrettezza dei locali; la
totale mancanza di erogazione idrica di
cui, ad un certo momento, per varie
settimane, ha sofferto l’intero quartiere; la convivenza del personale e dei
fanciulli in ambienti angusti e poco
adatti per un convitto; una non sernprc facile comprensione tra mentalità
diverse hanno crealo tensioni e disagi.
Per l’avvenire ci troviamo di fronte
alla difficoltà di reperire personale direttivo c di vigilanza qualificato e disposto a servire con spirito di abnegazione c con dedizione totale.
II 17 e 19 giugno a Burgdorf abbiamo avuto una riunione coi Pastori E.
Blaser e F. Gschwend (segretario deh
l'E.P.E.R.) per esaminare i problemi
riguardanti la vita del Convitto e la
formazione del personale in vista anche dello sviluppo dell’opera inerente
alla costruzione del nuovo Centro Diaconale della Noce. Alla riunione hanno partecipato anche alcuni nostri excollaboratori fra cui Agata Graf, Margrit Bùhler, Alfred Blaser e Hermann
Flùkiger.
Oltre ai coniugi G. ed E. Resini,
hanno lavorato nel Convitto durante
l’anno scolastico Alfred Blaser, Ruth
Kammermann, Katharin Kleiner, Anna Luisa Matossi, Brigitt Streckeisen
(di nazionalità svizzera), Gudrun Rave
(nazionalità tedesca), Anna Filingeri e
Salvatore Peri.
Durante i mesi di luglio e di agosto
ha avuto luogo una colonia estiva balneare diurna per gli alunni della scuola e del convitto che ne avevano maggiormente bisogno. La colonia ha come base di partenza il convitto.
Durante il mese di agosto un certo
numero di bambini siciliani sono stati
anche quest’anno ospiti di famiglie a
Poschiavo. Promotore ed animatore di
questa provvida iniziativa è, già da tre
anni, il nostro caro amico Andrea Compagnoni. Siamo naturalmente molto
grati anche alle famiglie che ospitano
con tanto amore i nostri fanciulli.
Durante l’anno abbiamo avuto varie
ispezioni da parte degli organi preposti alla vigilanza e al controllo degli
istituti che ricoverano dei minori. Ab
biamo dovuto migliorare alcuni servizi, ma abbiamo avuto, anche da parte
dell’O.N.M.I. (Opera Nazionale Maternità Infanzia), i più lusinghieri apprezzamenti per l’opera che il nostro Convitto svolge nella città.
I minori ricoverati sono stati sott(>
posti a cure mediche ed odontoiatriche. Alcuni bambini difficili o ritardati
sono stati sottoposti a controlli e a
cure particolari da parte del Centro
psico-medico dell’O.N.M.I.
li Villaggio “Speranza”
a Vita
II contatto con le famiglie del Villaggio è mantenuto con visite settimanali. Il Consiglio del Villaggio, le assemblee delle famiglie e le riunioni dei
fanciulli hanno avuto le loro normali
attività. I problemi dell’acqua, della
pacifica convivenza, del lavoro delle
donne, dell’educazione dei fanciulli, sono stati i temi che ci occupano maggiormente. La installazione di uri motore di maggiore potenza ha assicurato
una maggiore erogazione di acqua alle
famiglie, il buon funzionamento del
serbatoio, una più equa ripartizione alle case.
Alla confezione di tappeti con il telaio, si aggiunge ora la confezione di
grembiuli e prendisole per gli alunni
delle nostre scuole. I tappeti al telaio
sono confezionati secondo una antica
tradizione artigianale trapanese e sono
particolarmente pregiati e saremmo
lieti di potere trovare uno smercio in
Italia e all’estero. Le donne sono felici
di potere aiutare la famiglia, guadagnando qualche cosa.
Il Comitato Esecutivo del Centro
Diaconale ha affidato la responsabilità del Villaggio al Dr. Lelio Sammarco.
Le strade del Villaggio sono state
asfaltate per evitare che le acque piovane producessero col tempo una erosione del fondo stradale.
Anche il campo dei giochi per i fanciulli del Villaggio è stato sistemato
Giornata della
Scuola Latina
L’associazione Aitiici della Scuola Latina organizza per domenica 14 Novembre a Pomaretto un incontro fraterno cui sono invitati amici e simpatizzanti, con il seguente
PROGRAMMA
ore 10,30 - Culto nel Tempio di Pomaretto;
ore 12,30 - Agape fraterna presso la
Trattoria dei Fiori a Fleccia di Inverso Pinasca.
Prenotarsi entro il 7 novembre presso il Comitato Amici Scuola Latina,
Pomaretto; telefoni : 81.188 - 8326 8277 di Pomaretto.
Nel pomeriggio alle ore 15, nel Teatro del Convitto di Pomaretto, si terrà la seduta sociale che sarà seguita
da un programma vario di canti e recite, preparato da alunni ed ex-alunni
della Scuola.
La Presidente
Itala B e u x
meglio. Alcuni alberi sono stati piantati per abbellire il Villaggio e ripararlo dai venti.
Abbiamo ancora in programma la
costruzione del forno e della lavanderia per cui abbiamo assicurato il finanziamento da parte di un industriale tedesco amico, Sig. Günter Sahm.
Ma purtroppo non abbiamo ancora
avuto l’autorizzazione.
Per la costruzione di un pozzo (sembra che ci sia dell’acqua a 9 m. di profondità) stiamo facendo gli opportuni
sondaggi.
Attorno al Villaggio c’è un cantiere
di costruzioni in piena attività: si costruiscono finalmente le case per i terremotati di Vita. Il Villaggio « Speranza » rimane al centro come speranza di una vita nuova.
„„„„I,1.111,1111,11111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111118111111111111111111111111111111111
Incouii'i b evanlelid durante le vacanze
Già nell’estate del '70 ebbero luogo
degli incontri fraterni in una casa Marina per ferie. Tra gli altri, un gruppo
delle « Valli » stabilì dei rapporti con
un gruppo della Comunità di Bologna. Di più nacquero scambi di gradite visite alle « Valli » da parte di alcuni di quei fratelli Metodisti che presero parte al culto ed alla Festa del
raccolto a Luserna San Giovanni. In
quell’occasione chiesero alla Corale di
San Giovanni di venire a far visita alla
loro Chiesa, portando il suo messaggio canoro. Questo, avvenne la scorsa
primavera e fu un’esperienza benedetta dal Signore.
Fu seguito, appena ebbero inizio le
vacanze estive, la Comunità Metodista
di Bologna inviò i giovani della sua
scuola domenicale per un soggiorno
alle Valli, ospiti della Casa Pons di
Angrogna. Poterono così visitare i luoghf che permisero loro di apprendere
da vicino la storia della nostra Chiesa
Valdese. Un gruppo della Corale di S.
Giovanni trasportò con le proprie auto tutto il gruppo nel Vallone di Rorà,
fino alla Cima di Rocca Berrà, offrendo loro un ristoro, consumato all’aria
fresca del monte.
In questi gioiosi incontri abbiamo
conversioni all’Evangelo, da parte di
giovani che si sono impegnati dando
una direzione radicalmente diversa alla loro vita, pur nell’avversità e nella
rinuncia. Ed altre esperienze ancora
sono venute a confortarci e ad imprimere nel nostro cuore una profonda
.solidarietà.
Un importante srono di questi incontri è la collaborazione «alla base»
fra le due chie.se sorelle, col vantaggio
di poter cominciare dalle giovani leve.
La Corale di San Giovanni attende
fra breve la visita di un gruppo di
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillM
Cambi d’indirizzo
Il past. Aldo Comba, (rasferito.si a Roma
per il suo nuovo lavoro pre.sso la Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, comunica
i suoi nuovi recapiti :
__ufficio, presso la FCEl, Via Firenze 38.
00184 Roma. tei. 47.55.120.
__ abitazione, Via Pietro della Valle 13.
00193 Roma. tei. 56.04.78.
Il past. Ernesto Naso comunica il suo nuovo indirizzo: Via Mali Tabaiani 4. 24100
Bergamo.
Continuano a giungerci nuove sottoscrizioni a favore dell’appello lanciato
dal Consiglio ecumenico delle Chiese
per venire in soccorso ai profughi che
hanno dovuto lasciare il Pakistan
orientale a seguito dei noti eventi bellici e che si sono rifugiati in India,
creando a questa nazione dei problemi assai gravi e delicati.
Come abbiamo già precisato più volte, il numero dei profughi è in costante
aumento e ora si aggira sui 9 milioni
di persone. Questa massa di diseredati
vive in condizioni disumane ed è falciata dalla fame, dalle malattie, dalle
avverse condizioni atmosferiche.
Ci stiamo avvicinando alla somma
prevista di 2 milioni di lire, somma
che, non appena raggiunta, verrà inviata alla Tavola affinché a sua volta
provveda subito a reinoltrarla alla
Commissione aiuti del Cec.
Mentre invitiamo ancora una volta i
lettori a contribuire con urgenza e ge
nerosità a quest’iniziativa, li preghiamo di inviare le loro sottoscrizioni al
conto corr. postale n. 2/39878 intestato
a: Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70,
Torino.
Ecco intanto l’elenco delle ultime offerte:
Da Ferrerò: D. Clot. 10.000.
Da Missaglia (Como): W. Fumagalli 2.000
Da Roma: M. Lamberti 10.000; N. N.
20.000.
Da Torino: M. L. Vay 30.000; G. Gaydou
2.000.
Da Udine: A. Grillo 5.000.
Da Borrello (Ch): I. Palmieri 5.000.
Da Saranno (Lo): B. Negri 5.000.
Da Venezia: Sor. Zecchili 3.000; fam. Viti 1.000; C. Bocus 500; T. Vaini 2.000; P.
Garufi 1.000.
Da Torre Pellice: M. e E. Bein 15.000.
Da Bergamo: Un lettore 100.000.
Da Sanremo: D. A. 10.000.
Totale L. 221.500; prec. L. 1. 674.785; in
cassa L. 1.896.285.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiinimiiiiiMiiiiiiMMi miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiii
Nel VI Distretto
membri di quella Comunità bolognese, alla quale invia da queste righe un
affettuoso saluto ed un gioioso arrivederci presto.
Giunga pure la nostra riconoscenza
al Comitato della Casa per Ferie di
Rio Marina, nella quale sono nate queste belle esperienze ed al suo conduttore e animatore. Pastore Giulio Vicentini.
Come i preludi sono composti da
tante note, desideriamo che questi incontri siano per il preludio dell’integrazione con la Chiesa Metodista una
nota che collabori alla composizione
di un accordo risolvente.
Umberto Rovara
Rorà
Un gruppo di studenti universitari di Pinerolo con amici, tutti cortesi, retti, di.sciplinati, ha passato una settimana di lavoro-studio intenso a « La Baita del Camoscio » lasciandoci un grato ricordo anche di generosità verso questa chiesa. Rinnoviamo a quegli
studenti e ai loro amici ringraziamenti ed auguri.
DalFamico signor Vittorio Laurora impossibilitato di ritornare in villeggiatura a Rorà,
abbiamo ricevuto, a .suo tempo, una bella lettera. entusiasmo, fede, gioia con accenni al
passato, agli amici rorenghi, al Prof. Gönnet
con la Signora fedele villeggiante a Rorà da
parecchi anni, al Pastore G. Bouchard. Infatti questi durante il suo ministerio quassù,
coadiuvato dalla Signora, (piante attività ha
svolto, quanto lavoro ha fatto, quanta cura
h.a preso di tutta la Chiesa che ne serba un
grato ricordo.
Ultimamente al Culto domenicale è stato
presentato al santo battesimo Eros Roman di
Sergio e di Edda Tourn : rjuesti hanno promes.so davanti alla Chiesa di allevare il loro
figliuolo nelFamore e nel timore di Dio con
il suo aiuto.
Ha avuto luogo, giorni fa, con grande concorso di parenti ed amici, la sejioltura del nostro Fratello Reynaiid di anni 83 di Fucine.
A tutti i congiunti, ma d'una maniera particolare alla vedova rinnoviamo Fespressionc
della nostra simpatia cristiana c le ricordiamo che Dio « è il difensore delle vedove »
(Salmo 68 : 5).
A Dio piacendo per la domenica 31
corr., nel pomeriggio alle Fucine di
Rorà, sarà allestito un BAZAR a favore delle opere assistenziali della
Chiesa. Grazie a quanti vorranno collaborare al suo buon esito.
Dal « Bollettino di informazioni fra
le chiese della Sicilia e della Calabria »
diffuso dalla Commissione del IV Distretto stralciamo alcune notizie.
In primo luogo, caduta per ora l’ipotesi di una Conferenza distrettuale
straordinaria d’autunno - in comune
fra il V e il VI Distretto - che doveva
concentrare il proprio lavoro sul problema: « Il terzo mondo, le società di
consumo, la responsabilità e il ruolo
della chiesa riguardo alle nostre comunità ». La realizzazione del progetto dipendeva in buona parte dall’uomo
incaricato di trattare questo tema. Ci
si era rivolti al prof. André Biéler, docente alle Facoltà teologiche delle Università di Losanna e di Ginevra, promotore della ben nota « Dichiarazione
di Berna » e autore di varie pubblicazioni nelle quali mette a frutto le sue
conoscenze teologiche ed economiche
(n.d.r.: l’ultima. Une poltique de la
esperance, è stata, di recente presentata sulle nostre colonne). Purtroppo egli
non ha potuto liberarsi dei suoi impegni d’insegnamento, in questo periodo
dell’anno. Si spera che si tratti soltanto di occasione rimandata.
A Caltanissetta il past. T. Magri, provato dalla malattia, va migliorando;
anche nel periodo di riposo che dovrà
ancora osservare, potrà contare sullo
affetto e la preghiera, come la comunità locale continuerà a esprimere il suo
impegno e ad avvertire la solidarietà
delle altre chiese. A Riesi ci si prepara
a ricordare, a fine ottobre, il centenario della predicazione evangelica nella città. A Reggio Calabria è andata
per ora delusa l’attesa e la richiesta di
un pastore in loco: la scarsità di forze pastorali all’opera nelle chiese si
fa sentire in misura crescente; ma,
scrive la Commissione distrettuale,
« noi ci domandiamo se non sarebbe
l’occasione, per la comunità di Reggio
che al momento attuale ha un certo
numero di forze giovanili e certamente anche meno giovanili, di tentare la
esperienza di una ripartizione delle responsabilità della vita della comunità
secondo l’invito sinodale; e nota con
dispiacere che il progetto di « teologo
itinerante » non ha potuto essere accolto dalla Tavola (e non è stato neppure
preso abbastanza sul serio dalle chiese,
che si sono espresse debolmente al
riguardo).
Le commemorazioni
del 31 ottobre
a Villar Perosa
Dopo la commemorazione della Riforma che avrà luogo come di consueto con un culto alle ore 10, presieduto
dal Pastore Marco Ayassot, segretario della Commissione Distrettuale,
la comunità di Villar Perosa si considera tenuta a ricordare in modo particolare il 25(P anniversario della morte di Enrico Arnaud avvenuta in Germania dove aveva accompagnato i Vaidesi della Val Chisone cacciati dal monarca Luigi XIV nel 1698.
Questa seconda parte avrà luogo nel
pomeriggio alle ore 15, c consisterà
soprattutto nella presentazione di due
relazioni:
1. Prof. Augusto Armand-Hugon,
Preside Liceo Ginnasio di Torre Pellice: La partenza dei Valdesi dal Val
Chisone.
2. Prof. Don Franco Trombetto del
Seminario cattolico di Pinerolo e codirettore dell’Eco del Chisone: La Val
Chisone dopo la partenza dei Valdesi.
Con particolare riferimento agli Archivi di Mentoulles.
La cerimonia verrà arricchita da
canti della Corale Valde.se di S. Germano Chisone.
Mollo grati agli Qratori che vorranno render;^ possibile questa manifestazione, rivolgiamo un cordiale invito
a parteciparvi a tutti i nostri fratelli
che lo gradiranno.
A mezzogiorno, per coloro che si sa
ranno prenotati entro il 28 ottobre,
funzionerà un’agape fraterna.
Per coloro che desiderano portarsi il
pranzo al sacco, saranno a disposizione il salone e la cucina della Foresteria.
Pramollo
Ultimamente è stato amministrato il Battesimo a : Beux Cinzia di Amato e di Long
Adele; Bouchard Valentino di Giorgio e di
Beux; Clelia; Plavan Marina e Luciana di Vittorio e di Costabel Rina. Il Signore benedica
ed accompagni questi bambini ed aiuti i loro
genitori a mantenere le promesse a Lui fatte.
Verso la metà di settembre abbiamo ricevuto la gradita visita di un gruppo di fratelli
e sorelle del Gustav Adolf Werk del Württemberg accompagnati dai Pastori sigg. Eiss,
Schofer e Geymet. Nel ricordare il loro passaggio, mandiamo a tutti un fraterno saluto
insieme al nostro arrivederci.
Un cordiale benvenuto a Gino di Peyrot Pierino e di Long Maria, attualmente in Svizzera per ragione di lavoro, ed a Milena di Jahier Mario e di Sappé Ivetta (Allieri). Il Signore benedica questi bambini ed i loro genitori.
Il 14 ottobre abbiamo invocato la benedizione del Signore sul matrimonio di; Ugo Gallian e di Giorgina Bounous a cui rinnoviamo
l’augurio di una vita in comune sotto lo
sguardo del Signore.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIItllllllllllllllllllllllllllMII
A TORRE PELLICE
Una conferenza
sn na viaggia ecnmenica
in Palestina
Domenica 24 ottobre, alle ore 16,30,
presso la Foresteria Valdese di Torre
Pellice, il prof. Alberto Soggin, della
Facoltà Valdese di Teologia, concluderà la sua operosa settimana nella’ Valli Valdesi, su invito del Comitato del
Collegio Valdese, con una conferenza:
Relazione su un recente viaggio ecumenico in Palestina.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Beux e Odin desiderano esprimere la più viva riconoscenza a tutti coloro che in vari modi
hanno dimostrato la loro simpatia
per la dipartita della Cara Mamma
Dina Beux
In modo particolare ringraziano i
Pastori Sigg. .Tahier e Taccia, i Sigg.
Medici, le Reverende Suore ed il personale tutto dell’Ospedale Mauriziano
di Luserna.
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6
pag. 6
N. 42 — 22 ottobre 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
ISRAELE: il popolo, il paese, io Stato
Verso la strada giusta?
La notizia che - dopo il viaggio a Pechino - Nixon si recherà anche a Mosca verso la fine del prossimo maggio
per negoziati bilaterali coll’Unione sovietica a seguito dell’invito di Breznev,
ha fatto dire da varie parti, da sinistra
e da destra: « siamo sulla strada giusta per la distensione e la pace ».
Ovviamente qualunque persona appen ' dotata di senso comune non può
che rallegrarsi di queste notizie, nella
speranza appunto che i nuovi futuri
contatti fra i massimi esponenti delle
più grandi potenze di questa terra costituiscono la premessa di stabili, pacifiche relazioni per loro e per i loro
« protetti ».
Per ora, si tratta di una vittoria della diplomazia sovietica e in particolare di Breznev che, coll’invito rivolto al
presidente degli S. U. ha dato prova al suo popolo di voler realmente sottrarsi al temuto « accerchiamento » dopo eventuali intese cino-americane.
Un’altra osservazione che si può fare è che la Ostpolitik del cancelliere tedesco Brandt - che ha avuto ancora recentemente una importante ratifica colle elezioni politiche di Brema - ha costituito un vero e proprio stimolo per
l’America verso la ricerca di intese coll’Est.
E’ altrettanto vero però che Nixon si
reca a questi appuntamenti (se non interverranno prima fatti nuovi) con dei
gravi handicaps, quali la difficoltà (veri o presunta) di ridurre a più miti
consigli i dirigenti israeliani, che si dimostrano sempre più intransigenti e
non nascondono le loro mire annessionistiche colla richiesta di « confini sicuri »; la questione vietnamita; la politica americana di armamento del Giappone, per non citare che i più urgenti
da risolvere.
Saranno insomma i fatti a dimostrare se vi è una volontà di trovare veramente dei punti di reale accordo oppure se si tratta di astuti giochi - così
consueti in diplomazia e in politica per sfruttare e alimentare i disaccordi
fra Cina e URSS, disaccordi (non bisogna dimenticarlo) nati proprio dopo il
viaggio di Krusciov negli USA, o, ancora, se si tratterà solo di un sia pur
eccezionale « viap"TÌo elettorale » in occasioÀe appunto delle elezioni presidenziali americane del 1972.
Scuole o cannoni?
Come i lettori avranno appreso nei
giorni scorsi, la marina militare italiana ha speso 30 miliardi per dotarsi di
un moderno cacciatorpediniere. La cosa ha suscitato vari interrogativi: anche La Stampa di Torino ha dato ospitalità, in una sua rubrica destinata ai
lettori, a una lettera in cui veniva chiesto se questi 30 miliardi non si sarebbero potuti impiegare assai più utilmente - ad esempio - per la costruzione di aule scolastiche: meglio tremila
aule nuove che una nave da guerra. (A
proposito di scuole, si apprende quotidianamente che in numerose città italiane la situazione è addirittura tragica. Due soli esempi presi a caso. A Napoli e provincia, per eliminare i doppi
e tripli turni occorrerebbero 4 mila
aule. A S. Erasmo ai Granili i 14 mila abitanti non hanno una scuola).
Il dubbio del lettore ci trova naturalmente consenzienti dato che, a titolo personale, non abbiamo mai mancato di esprimere il nostro spirito profondamente antimilitarista per cui, secondo noi l’esercito non andrebbe solo
profondamente modificato, sia dal punto di vista della sua struttura che del
suo ordinamento e questa sarebbe già
una cosa buona), ma addirittura andrebbe abolito. Supponiamo che in un
domani dovessimo essere « aggrediti »
(ma da chi?): con tutta probabilità il
nostro esercito in poco tempo si dissolverebbe, sia per l’inadeguatezza dei
suoi mezzi, che per la forte'opposizione politica interna. Ma questo è un altro discorso che potremo fare in altra
occasione.
Il succitato giornale ha ritenuto opportuno pubblicare un articolo di un
suo collaboratore fisso, che ha ripreso l’argomento, naturalmente giungendo a conclusioni opposte. L’articolista
precisa intanto che l’Italia spende assai meno per la « difesa » di quanto
non faccia l’Olanda o la Norvegia, e addirittura la metà della Gran Bretagna,
della Germania federale o della Francia. Sotto questo profilo egli tende a
rassicurare l’opinione pubblica che la
Italia è più che a posto colle spese militari (e non si avvede che in questo
modo convalida l’inconsistenza della
sua forza militare), però non sta a ricordare che si spende attualmente una
cifra giornaliera di 4 miliardi e mezzo
per avere un’attrezzatura generalmente
vecchia e obsoleta.
Il giornalista esamina poi la possibn
lità - adombrata da parecchie correnti
e forze politiche - che l’Italia pratichi
una politica di neutralità disarmata.
Impossibile, egli dice, perché la nostra
posizione geografica e strategica ce lo
impedisce sia per quanto riguarda il
Mediterraneo, sia nei confronti della
regione danubiano-balcanica e infine
sia nei riguardi del... mondo arabo
(sic.). Queste sono frasi di chi è a corto
di argomenti: basta infatti guardare
alla nazione geograficamente parallela alla nostra e cioè alla Jugoslavia che,
pur appartenendo all’area socialista e
sia pure armata, pratica un’attiva politica di non allineamento e non fa parti di blocchi militari.
Ma il discorso più « esilarante » (si
fa per dire) viene fatto esaminando la
ipotesi che l’Italia abbandoni l’alleanza americana. Ne deriverebbero illimitate servitù militari (verso chi?), una
stretta dipendenza politica (da chi?), ci
si ridurrebbe cioè (sono parole del giornalista) a una « condizione coloniale »;
inoltre ne deriverebbe il distacco dalla
Europa e la rinuncia ad una parte attiva nei progetti di unità continentale.
Una jattura, insomma, che - dice l’articolista - ci costerebbe assai più delle
spese militari « e certo non la vuole
nemmeno chi chiede meno cannoni e
più scuole ». Come si vede, viva la politica dei blocchi mentre, proprio per
Li sua posizione geografica, l’Italia potrebbe esercitare un’attiva politica neutralista disarmata, una politica di mediazione che le conferirebbe quel prestigio e quel rispetto internazionale di
cui oggi non gode.
Ma purtroppo queste cose sono considerate utopie: intanto la gente vive
nelle baracche, muore nei corridoi degli ospedali (quando arriva ad essere
ricoverata), la scuola privata ha un
boom incredibile.
In Italia non si lavora?
Da qualche tempo - ed in concomitanza con il revanscismo della destra si è imbastita e potenziata una campagna, sia da parte delle forze padronali che da certi esponenti governativi
e politici, rivolta g addossare alla classe operaia ed alla sua scarsa volontà di
lavorare le responsabilità per i malanni e le difficoltà in corso nell’economia.
Un recentissimo accertamento delriSRIL - e cioè l’Istituto di Ricerche
sull’Industria - smentisce clamorosamente la cosa. Questo studio, che l’Isril
svolge in collaborazione con analoghi
Echi della
organismi internazionali, mette in evidenza che nel quadriennio 1967/70 il
prodotto lordo per ogni singolo lavoratore occupato neH’industria si accresce annualmente del 6,5% in Italia, a
fronte del 5,8% in Francia, del 5,4% in
Germania federale e del 3,5% in Inghilterra.
La cosa è tanto più significativa in
quanto l’Italia ha un notevole ritardo
tecnologico nei confronti delle altre
succitate nazioni.
Anche volendo restringere l’esame ai
due soli anni 1969-70 e cioè quelli dei
grandi scioperi e dell’« autunno caldo »,
l’aumento della produttività in Italia
(5,05%) rimane superiore a quello tedesco (4,65), a quello inglese (2,2) e solo di poco inferiore a quello francese
(5,85).
Ma il dato più sorprendente si ricava dal fatto che nello stesso tempo precisa l’Isril - l’industria italiana ha
investito in misura minore delle altre
nazioni il suo prodotto lordo. E’ chiaro
quindi che questa stessa industria, per
ottenere nel contempo un incremento
della produzione per ciascun lavoratore investendo di meno, ha puntato ad
un aumento non relativo, ma assoluto
dello sfruttamento.
Questo - a nostro avviso - spiega
molte cose e specialmente l’asprezza
delle lotte sindacali, innanzi tutto; poi,
come l’attuale situazione stagnante deve essere imputata sia alla diminuita
richiesta del mercato estero (crisi del
dollaro) e sia al persistente attuale divario - anche se diminuito - fra i salari
dei lavoratori italiani e quelli dei lavoratori degli altri paesi europei.
Roberto Peyrot
P.S. - Nello scorso numero, a proposito dello scritto « patria e lavoro » relativo al problema dei libri di testo nel1Í scuole, la parola « razzismo » è diventata « rarissimo » levando ogni senso alla frase che pertanto andava così
letta: « Razzismo: tutti uguali, ma... »
a cura di Tullio Viola
NON È MAI TROPPO TARDI
Le forze repressive della polizia
che, con la connivenza della parte più
reazionaria delle autorità poUtiche italiane e della magistratura e con il sostegno delle correnti economiche imperanti, hanno condotto alle gravissime imputazioni dei processi che si celebrano in questi giorni a Torino, hanno altresì suscitato una vivacissima
reazione da parte della sinistra extraparlamentare. Questa ha organizzato
un’imponente manifestazione di popolo nel centro di Torino, sabato 16 c.
pomeriggio, manifestazione di cui sia
« La Stampa » che « L’Unità » hanno
riferito in modo estremamente scarno
(come dovevasi dimostrare).
« Torino è stata scelta (si legge in
un appello degli organizzatori della
manifestazione) come principale banco di prova del disegno repressivo:
processo dopo la manifestazione del
29 maggio (13 operai in galera per 2
anni); 3 attivisti sindacali della Lingotto in carcere da sei mesi (e che saranno processati il 20 ottobre); condanna a un anno e mezzo di Viale e
Baldelli per un reato di stampa; repressione quotidiana di ogni attività
di massa nei quartieri. Il processo del
18 ottobre contro 42 compagni imputati di aver fatto propaganda contro
le forme più reazionarie della dittatura borghese, è un momento chiave di
questa scalata repressiva. Il processo
d’appello del 21 ottobre contro i 48
operai della Rhodiatoce rappresenta
un altro passo nella repressione contro le avanguardie di fabbrica... ».
Per parte sua, il Comitato Direttivo
del « Circolo della Resistenza » (cioè
della sezione torinese dell’ANPI), riunitosi rii c. in seduta straordinaria,
dopo discussione appassionata ed elevata ha approvato all’unanimità un
documento di protesta estremamente
severo nel quale:
« Si denuncia l’offensiva delle forze
conservatrici e reazionarie in atto nel
Paese con evidenti connivenze internazionali per bloccare la strada aperta dalla lotta di liberazione verso un
profondo rinnovamento della società e
dello Stato, e per spostare a destra
Tasse politico con tutta una serie di
iniziative che vanno dalle azioni squadristiche fasciste sino all’uso delle elezioni del presidente della repubblica
in vista d’un blocco d’ordine;
s’individua il segno più evidente
di quest’offensiva nello sforzo di render vane le conquiste ottenute dai lavoratori negli ultimi due anni, sìa con
lo sfruttamento della crisi economica
nella fabbrica attraverso i vasti licenziamenti, le sospensioni, i collocamenti in cassa integrazione, gli spionaggi
aziendali, e fuori della fabbrica con
l’artificioso aumento dei prezzi, sia
con la più larga azione intimidatrice
esercitata attraverso pesanti operazioni di polizia, rastrellamenti d’interi
quartieri cittadini, blocchi stradali, divieti di distribuire volantini ecc.;
si ricorda come in questo quadro
sia di grande importanza l’atteggiamento della magistratura che, nonostante le ferme ed aperte prese di posizione di singoli, contribuisce tanto
più ad aggravare la tensione repressiva quanto meno mostra di sentire, nel
suo complesso, la grave responsabilità
che le deriva dall’esercitare il solo fra
i poteri dello Stato rappresentativo
che non emani direttamente dalla volontà popolare.
Il Circolo della Resistenza di Torino
pertanto
fa appello ai magistrati affinché
superino i ristretti criteri di classe e
di parte che sono stati presenti in
troppi processi (ad esempio, da quello per i fatti del 29 maggio ad altri riguardanti reati d’opinione ed episodi
di lotta politica e sindacale) e affinché diano pronto avvio ai procedimenti tenuti da troppo tempo in sospeso
(come ad esempio quello concernente
i tre sindacalisti della Fiat Lingotto
tuttora in carcere) e affrontino questi
e gli altri processi coinvolgenti direttamente le libertà politiche e sindacali
(quali quello che avrà inizio il 18 ottobre e quello riguardante la Rhodiatoce) con la coscienza della necessità
di giudicare con lo spirito di una repubblica che la Costituzione proclama
"fondata sul lavoro" e non col ricorso
alle norme fasciste del codice Rocco;
esprime il suo appoggio a tutte
quelle forme di manifestazione e di
protesta che possano, nel modo più
efficace e responsabile, render consapevoli sempre più larghe masse di cittadini del dovere d’impegnarsi a
fondo per portare avanti la battaglia
per una società nella quale l’esercizio
del potere tragga dal costante e vigile
controllo della classe lavoratrice la
propria reale capacità di rispondere
alla volontà di essa e di assolvere alle sue autentiche esigenze ».
Questo documento getta una luce
sinistra di giudizio sull’attuale situazione italiana, tale da far temere non
lontane grandi sofferenze per tutto il
nostro popolo. Ma noi personalmente
speriamo che le grandi sofferenze possano ancora esser risparmiate: non è
mai troppo tardi per chi crede. Questo significa anche, a nostro parere,
che i credenti hanno il dovere di collaborare (fra loro e coi non credenti)
perche le dette sofferenze vengano risparmiate. E implica che la collaborazione si eserciti anche nel campo politico.
UN FOSSILE
È uscito recentemente il « Quaderno n. 4» dell’ALRI (Associazione
per la Libertà Religiosa in Italia, della quale è presidente l’avv. Mario Berutti). Il suo titolo è «La .scuola del
Concordato ». Si tratta d’una raccolta
di 23 scritti di tendenze molto varie,
alcuni dei quali di alto interesse. NelV« Appendice », il posto d’onore è dato al .seguente appello del poeta Eugenio Montale (che porta la data del
10.2.’71).
« Il concordato, e i suoi annessi, mi
fa ricordare quei fossili che si tengono sotto vetro per paura che vadano
in pezzi. Bisogna prenderlo com'è o lasciarlo (andare a pezzi). Ogni modifica non farebbe che peggiorarlo. Lasciamo dunque morire questo anacro
(segue da pag, I)
messe che ha ricevuto valgono tuttora ».
Ne segue che il legame fra il popolo
e il paese sussiste anch’esso per la
grazia di Dio. Questo fatto non si trova esplicitamente nel Nuovo Testamento — gli ebrei vivevano ancora nel
paese — ma non vi è neppure mai contestato. «Il Nuovo Testamento esprime in modo esplicito soltanto i mutamenti sopravvenuti attraverso la venuta di Cristo e in seguito ad essa.
Perciò si menziona la regalità messianica e il posto e il ruolo del tempio
con il culto che vi è celebrato ».
Degli ebrei hanno accettato individualmente Gesù Cristo, acquistando
vicariamente, per tutto il loro popolo,
la vera natura del popolo di Dio. La
Chiesa, unendo in Cristo ebrei e pagani, deve prefigurare l’avvento universale del Regno di Dio. Tuttavia la
Chiesa ha sempre dato — come Israele — segni di alienazione e segni della
sua identità.
IL POPOLO EBRAICO OGGI
Gli ebrei hanno proseguito sulla linea di alienazione che già avevano cominciato ad adottare prima della venuta di Cristo, ma la loro elezione resta valida. A questo popolo Dio ha deciso di unirsi in modo tale che tutto
ciò che esso fa o subisce, tocca anche
lui. Nel popolo ebraico, abbiamo sempre a che fare con Dio.
È un segno della fedeltà, in primo
luogo per il fatto che continua ad esistere. I rami sono spezzati, ma restano rami: sussistono segni della loro
vera identità, ma, trattandosi di una
identità alienata, tali segni sono ambivalenti.
L’osservanza della legge da parte
degli ebrei ortodossi è uno di questi
segni; ma diviene facilmente il mezzo per affermare la loro importanza.
La nostalgia della patria si è concretata nel ritorno di numerosi ebrei in
Palestina. Persino l’antisemitismo può
indicare l’identità di Israele: gli ebrei
che vivono in mezzo alle nazioni restano un elemento caratteristico; essi
costituiscono incessantemènte una pietra d’inciampo e, come tale, una pietra di paragone per misurare il grado
di umanità e di giustizia degli altri
uomini, obbligandoli così ad adempiere alla loro vocazione universalistica.
La Chiesa, in quanto riflesso di
Israele non è stata fedele al proprio
destino più di quanto non lo sia stato
Israele. Corre anch’essa il pericolo di
cadere in un orgoglio nazionalista, nel
moralismo e nel legalismo. La Chiesa
resta però la Chiesa di Gesù Cristo
grazie alla fedeltà di Dio — la stessa
fedeltà di cui il popolo ebraico, nel
modo che gli è proprio, ci presenta in
segno visibile.
LO STATO D’ISRAELE
Il significato del ritorno degli ebrei
ci mostra il significato particolare del
popolo ebraico in seno alle nazioni e
la fedeltà salvatrice di Dio: un segno,
per noi, che la volontà di Dio è di essere sulla terra a fianco dell’uomo.
« Non abbiamo però l’intenzione di
dedurre da questo che il ritorno degli
ebrei in Palestina costituisca lo stadio
finale della storia, né che il popolo non
potrà mai più essere cacciato dal
paese ».
LA NECESSITA’ RELATIVA
DELLO STATO D’ISRAELE
La fedeltà di Dio si applica ai legami costanti fra il popolo e il paese,
ma non nello stesso modo ai legami
fra il popolo e lo Stato. « Allo stato attuale delle cose, però, vediamo in uno
Stato libero la sola possibilità che permetta di salvaguardare l’esistenza di
questo popolo e di offrirgli la chance
di essere veramente se stesso (...). Siamo quindi convinti che tutti coloro
che accettano la riunione del popolo
ebraico e del paese per ragioni di fede, devono pure accettare che nella
situazione attuale questo popolo abbia uno Stato che gli appartenga ».
LO STATO D’ISRAELE
E IL POSTO PARTICOLARE
OCCUPATO DAL POPOLO EBRAICO
Questo Stato è nato in modo umano, troppo umano. Il posto particolare occupato da Israele non è stato però mai fondato sulle sue qualità morali, ma unicamente sulla giustizia di
Dio, cioè sul suo patto di amore costante e immeritato. Perciò non dovremmo addurre ragioni di ordine morale per contestare allo Stato d’Israele il diritto all’esistenza.
« Siccome l’accettazione (del diritto
del popolo ebraico ad avere un pro
llililiiiiiiiliilliilllliiiiiiiiii>»iiliili<i"i>iiMilllllllliilllMll
nistico istituto nato in tempi in cui lo
Stato, o meglio il potere, rinunziò a
sé stesso per poter sopravvivere. E
apriamo la via a un nuovo e civile
modus vivendi che restituisca autonomia allo Stato e autonomia alla chiesa di Roma e ad ogni altra fede o culto. Facciamo che l’Italia sia un paese
di piena libertà religiosa.
Aderisco di tutto cuore ad ogni azione che sia per svolgersi secondo queste direttive; e sono certo che molti
sinceri cattolici si uniranno a noi per
dire addio a una collusione ormai intollerabile ».
prio Stato) è (...) basata in definitiva
su ragioni di fede, la comunità cristiana non può parlarne in modo disimpegnato. Altrimenti si assumerebbe il
rischio di separare il Nuovo Testamento dall’Antico, il Dio della storia
e i suoi comandamenti dalla sua promessa; sarebbe una moralizzazione e
una spiritualizzazione della fede cristiana ».
LA VOCAZIONE
E IL CARATTERE AMBIGUO
DELLO STATO D’ISRAELE
L’elezione di questo popolo implica
la vocazione di realizzare la sua natura di popolo in modo esemplare, ma
coloro che in Israele chiedono questo
sono pochi, attualmente.
Le frontiere dello Stato non possono essere delimitate in base alla Bibbia. Non coincidono mai con quelle
delle promesse profetiche.
« È proprio della vocazione d’Israele sapersi responsabile delle centinaia
di migliaia di rifugiati palestinesi e di
fare tutto ciò che è in suo potere per
riparare l’ingiustizia fatta loro ». Dio
ha promesso il paese al suo popolo,
rna Israele non ha mai avuto l’autorizzazione di considerarlo come proprio possesso. Doveva trattare lo straniero che viveva in mezzo a lui, come
se fosse stato un ebreo. Ora, malgrado i diritti che sono stati ufficialmente concessi loro, i non-ebrei sono, in
realtà, trattati come cittadini di secondo ordine.
Gerusalemme dovrebbe essere una
specie di giardino sperimentale in cui
sia possibile a persone di nazionalità
diverse di vivere insieme in pace. Ma
appena detto questo, ecco sorgere problemi e interrogativi cui è impossibile rispondere in modo unanime.
L’ELEZIONE COME VOCAZIONE
E COME OFFESA
Non abbiamo la pretesa di essere
migliori degli ebrei. Ci siamo resi colpevoli, noi pure, come cristiani. Chiese e Stati cosidetti cristiani, di disumanità e di forme imperdonabili di
nazionalismo; ma siamo convinti che
Israele è unico. Perciò aspettiamo da
Israele ’’iù che da qualunque altro
popolo.
« Tuttavia, anche quando il popolo
ebraico non risponde effettivamente,
nella sua vita pubblica, alle esigenze
Eiustizia militare
(Da L’Espresso) - ...Un soldato perde la testa, sputa in faccia a un graduato e viene condannato per insubordinazione mediante violenza. Che vi sia
stata violenza, punibile con tre anni di
carcere, viene precisato nella sentenza,
che spiega « ... lo sputo lanciato in faccia al superiore costituisce maltrattamento giacché viene lanciato un oggetto che, pur non producendo dolore
fisico produce tale disgusto più grave
ancora del dolore fisico ».
Qualche tempo dopo, sempre in una
caserma, parte un altro sputo, ma questa volta a « lanciare l’oggetto » è un
graduato e a. riceverlo in faccia è un
soldato. Ebbene, chiariscono i giudici
in divisa, c’è sputo e sputo e questo
non è di tipo violento, per cui l’ufficiale ha solo commesso un « abuso di
autorità » mediante ingiuria. Insomma,
si tratta di una sciocchezza, che si risolve col regolamento di disciplina,
senza scomodare il tribunale.
del suo destino, non è una ragione
sufficiente per contestare il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele. Questo diritto è infatti fondato sull’azione di Dio che preserva l’identità del
suo popolo persino nella sua aliena^zione, trattandolo in un modo particolare ».
* * *
Ci fermeremo qui nel riassumere il
rapporto. Sarebbe interessante confrontarne il contenuto con il documento pubblicato da un gruppo di lavoro creato dalla Commissione consultiva del Consiglio britannico delle
Chiese sul Medio Oriente (novembre
1970), Il conflitto mediorientale e la
fede religiosa. Una posizione totalmente differente è stata espressa da un
altro teologo di tradizione riformata,
il prof. Hugh Harcourt di Beirut e da
altri («Al Montada, Christian News'
Bulletin », p. 9-23, P. O. Box 13 75, Beirut, Libano).
Il Consiglio ecumenico delle Chiese
ha intenzione di studiare il problema
a livello ecumenico. Si può sperare
che il dibattito proseguirà pure all’interno delle Chiese riformate e fra loro,
poiché esso ha un’importanza vitale
per permetterci di capire la nostra relazione con il popolo ebraico come pure la nostra identità cristiana.
JonAN M. Snof.k
Segretario
del Comitato del C.E.C.
su Chiesa e popolo ebraico
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice {Torino}