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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA sogu^d«u
Si dislribuisce oyni Venerdì. — Per cadmi Numero centesimi IO. — Per caduna linea d’inserzione cenlesimi 20.
Coiiclixi«»iai d’Asiioriazioiiei
Per Torino — Un Anno L. *. •—A domicilio L. U •
Sei mesi - 3. — ■ 3 50
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per un anno, o lire ft per »oi.jnesi.
Le AtsAciazionS fti ricevono: in Toni'io, aH'lIiTlKlo dpi Giornale« via Valentino^ csm
Ik'llora^N” >2,3** piano; c dai Fralclll 1*1 anca librai, via H. V. degli Angeli, ì-akiì Pomha.
— A Genova, alla i'appolln l'iildoffc*. mura di S. Chiara.
Nello provincie, presso luUi gli Vlficii postali per mezzo di Vaglia, che dovranno ewere iiiTiaii
franco al Direttore della Hiu.na Novella e non altrìntenU.
AUcatero, ai Regnenii indirizzi: Londha, dai }»ig«. Nisahetl e 0. librai, 21 Bornera-Mreet ;
ParkìI; dalla libreria G. Meyrucis, rne Tronchet, 2; iS’imea, dal wg. Peyroi-Tinel libraio; Lioì^e,
(lai si^. Denis et Pelit Pierre librai, me Neuve, I8; Gitievra, dal sig. K. Rerond libraio;
Losan.^a, dal sig. i)elafoniain<» libraio.
DELLA INUTILITÀ’
DEI FRATI E DELLE MONACHE
AI TEMPI NOSTRI
Una magnifica discussione, tale da onorare
qualunque nazione, ancho più della nostra
provelta nella vita parlamentare, è quella che
dura da circa quindici giorni nella Camera
dei deputati, sul progetto di legge per la soppressioiìf di alcune comunità religione. E ben
puossi asseverare fin da ora, che qualunque
sia per essere la sorte riserbata a questo progetto nell’altra Camera (poiché in quella dei
deputati il suo trionfo none dubbio), la sola presentazione di esso sarà stato un guadagno immenso, avuto riguardo alla quantità ed all’importanza delle idee, nuove per i più, che per
mezzo di questo progetto e della discussione
cui ha dato luogo, sono state poste in circolazione infra tutte le classi del nostro popolo. 1
vari discorsi pronunciati, ma segnatamente
quelli del sig. ministro di grazia e giustizia,
del Presidente del Consiglio, del deputato Melegari, e più specialmente ancora quello del
relatore della Commissione signor Cadorna,
hanno posto in tal luce la quistione contemplata
sotto gli aspetti, giuridico, politico, economico,
religioso, che poco rimaneva a desiderare.
Una dimostrazione però mancava ancora a
questo fascio di prove, quella cioè dell’inutilità,
e più che della inutilità, della pessima influenza,
APPENDICE
I nostri lettori couoscono quanto sia esagerato il quadro cho il partito clericale e suoi
aderenti soglion fare del caltolicismo papale,
segnatamente per ciò che riguarda l’estensione,
la durata ed i progressi di questo sistema religioso. — A dir vero , noi saremmo forse disposti a lasciarli deliziare in codeste immaginarie consolazioni, semprechù si contentassero
di rimanersene entro il campo puramente cattolico; ma essi ne escono qurisi sempre per
invadere quello delle Chiese evangeliche, di cui
parlano talora con malafede, e talora a sproposito, terminando spesso col vituperarle in
mille guise, e preconizzarne come imminente,
nè sappiamo con quanta ragione, il discredilo
e la caduta. Per la qual cosa, ci crediamo in
diritto di esaminare anche noi, sebbene con
maggior imparzialità e giustizia, a cho si riducano in fin de’ conti tutte queste cattoliche maraviglie, per cui gli apologisti della Chiesa di
non solo degli Ordini di cui il progetto richiede
la soppressione, ma ancho di quelli che vuole
conservati; e di tal dimostrazione si lolse l'incarico l’onorevole Robecchi in un discorso applauditissimo, e di cui non riescirà per fermo
discaro ai nostri lettori ritrovare quivi alcuni
brani.
L’onorevole prete — dopo aver accennato
alla genesi degli ordini monastici, e stabilito i
motivi che, secondo lui, ne avevano determinato
la fondazione, motivi ora affatto spariti, per
cui la conservazione dei frati ai dì nostri non ò
che (unanacronismo ambulante contro di cui si
solleva da gran tempo la pubblica opinione » —
così prosieguo:
Ma, ci si dice, conserviamo alcuni conventi,
alcune comunità, perchè a qualche cosa servono
ancora; servono a predicare, servono ad assistere infermi e moribondi , servono ad istruire,
ad educare.
Predicare.....! portare ia buona novella alle
genti ancora selvaggie e bartwre , può essere
bello e santo e glorioso. Ma noi, possiamo noi
avere la pretesa di stabilire nel nostro paese un
collegio in cui dare l’educazione necessaria per
le missioni straniere ?
Le nostre case non saranno altro mai che piccole case sussidiarie al gran collegio della Propaganda, stabilito in Roma, dove possono trovare opportuna scuola quelli dei nostri concittadini, i quali si sentissero chiamati al difficile e
pericoloso ministero.
Predicare e cambiare il fwlpito in cattedra di
polemica, e ridestare le gare religiose, e risve
Roma se ne vanno in visibilio, ed osservare se
in tutti i paesi dove domina il catlolicismo,
esista vero spirilo religioso e vera fede cattolica.
Secondo noi, la vantata estensione del culto
cattolico, nel secolo in cui viviamo, può paragonarsi a un vasto campo che nulla produce,
ad un vascello che non è più allo a solcare le
onde, a un gran palazzo che minaccia rovina.
E ciò dimostreremo mano mano con una serio
di aiipendici, nelle quali sarà svolto questo
gravo argomento.
Ecco intanto, per esordire, alcune lettere
sul caltolicismo in Sicilia, — lettere indirizzateci da uno scrittore che nacque, crebbe e fu
educato cattolicamente in quell’isola.
IL CATTOLICISMO IN SICILI.V
*
LETTER.\ 1.
Ornatimmo Signore,
•\ssumo di buon grado l’incarico di cui la
S. V. si è degnata onorarmi, e farò tutto il pos
gliare gli odii contro i dissidenti e riaccendere i
furori della intolleranza, questo il secolo non
comporta.
Predicare e frangerei! pane della verità e della
vita al popolo, e invogliare le anime delle bellezze della virtù, e inspirare orrore al vizio, e
cercare di moltiplicare il numero dei buoni cittadini e dei buoni cristiani; questo «' quello di che
la società e la religione hanno bisogno.
A questo ministero i meno adatti sono quei
predicatori ambulanti e di mestiere che, tolto
un quaresimale dagli scaifali del convento (Ilaritìi), lo imparano a memoria e lo spacciano indifferentemente, indistintamente allo città come
alle borgate, come ai villagi, e fulminano Rousseau, e combattono Voltaire , e mostrano son/.a
logica l'indifferente, senza scusa l'incredulo, e
combattono la mollezza, il lusso, l'avarizia nelle
adunanze di semplici e poveri contadini, e non
ispargonò che parole al vento, se pur non lanciano cadere qua e colà qualche germe di discordia tra 1 parrocchiani e i loro pastori. A questo ministero i meglio adatti sono coloro i quali
predicano a un popolo ohe conoscono, e dal quale
son conosciuti, a un popolo il quale ha imparato
ad amarli e stimarli per una lunga convivenza,
per la reciprocanza di benefizi e di servigi.
A questo ministerio, che è tutto loro proprio,
è d’uopo ritornino i vescovi, i più dei quali o che
non vogliano, ò che non sappiano, o che non
degnino, rifiutano al loro popolo il ministero
della parola.
A questo ministerio è d'uopo attendano ince«santemente, zelantemente i parroci, i quali mal
credono giustificato il loro silenzio da certe con
sibile acciocché lo notizie che le verrò mano
mano trasmettendo sullo spirito religioso cho
domina in Sicilia, siano esattissimo, e tali
da poterne dedurre il vero carattere sotto cui
il cattolicismo si presenta in questa provincia
estrema dell’Italia.
E innanzi tutto bisogna avvertire che, sia
per talune speciali prerogative di cui è ricco il
diritto pubblico siciliano, e sia per l’indole particolare di questo popolo oltre modo vivace, il
cattolicismo é in quest’isola d’tiu tipo affatto
particolare, di cui si cercherebbe invano una
tal quale somiglianza a Roma , in Ispagna, in
Irlanda ed in altri paesi (Mninentemente cattolici. Imperciocché qui la religione cattolica romana ha un ordinamento ed una disciplina tutla
sua propria, che diminuisconodi molto l’autorità
pontificia , e dànno al sentimento religioso
un’impronta speciale.
Non so se la S. V. conosca gli eminenti privilegi della monarchia siciliana in materie ecclesiastiche; nel dubbio, ne farò un breve
cenno in questa prima lettera, perchè possa
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suetudini invalse nelle nostre provincie, le quali
li dispensano nella maggior parte deU’anno dall’adempiere a questo primissimo dovere.
Per la predicazione adunque noi non abbiamo
bisogno di frati, abbiamo bisogno solamente che
il prete secolare ricordi ed adempia i suoi doveri.
In riguardo ai religiosi specialmente addetti
aU’assistcuz.a dei moribondi, ecco quello cho
no pensa l’oratore:
Io non dirò che costoro non abbiano fatto, e
non facciano alcun bene, dirò soltanto che è da
compiaagere un parroco it quale ceda questa
parte del suo ministerio ad altri. Egli fa un gran
male. L’infermo che si vede ridotto in fin di
morte, desidera di avere al suo letto colui che
ha avuto pastore e maestro e padre ed amico
tutta la vita ; poco fa gli rivelava i segreti della
sua coscienza, e ne riceveva parole di speranza
e di perdono; forse egli ha bisogno di sentire
ancora la sua voce, e lo cerca degli occhi moribondi, e il non vederlo, e l’incontrarsi in una
faccia sconosciuta, è uno strazio di più in quell’ultimo momento per quella povSra anima. Ohi
egli fa uu gran male!
Quanto a quegli istituti cho si consacrano
alla cura degli infermi, l’oratore, senza cho li
creda assolutamente indispensabili, — « poiché
sarebbe, egli dice, fare un insulto alla religione il supporre che in mancanza di frati essa
non sia più potente ad operare i miracoli dell’amore » — è d’avviso che si possano conservare
con due condizioni però; la prima che non
dipendano da chicchesia fuori dello Stato ; la
seconda, che quei soli istituti siano conservati,
che non esigono voti perpetui :
Io non conosco cosa al mondo che voglia essere più libera, più spontanea della carità. Io
ammiro quelle anime elette che ogni anno rinnovano il proposito di dedicarsi a sollievo dei mali
che affliggono l’umanità. Ma un uomo, il quale
appena o non ancora uscito di pupillo, dica a se
stesso : io sarò infermiere tutta la vita , io assisterò ai poveri carcerati tutta la vita ; quest’uomo
mi fa pietà e, quasi direi, mi mette paura. Chi
sa dirvi quante volte avrà a rimproverarsi l’imprudente roto? Chi sa dirvi se non gli verranno
in uggia quelle sante opere, alle quali si è consacrato per sempre? Chi sa dirvi se il disgusto
meglio intendere e darsi ragione di ciò che in
seguito sarò per dire.
Dopo cho Ruggiero il Normanno tolse la Sicilia di mano a’ Saraceni, e sottopose alla Santa
Sede la Chiesa di quell’isola che prima era
soggetta a’ ^latriarchi di Costantinopoli, il papa
Urbano II, per rimeritare cosi importanti servigi, con Bolla del 1099 fece a lui e a’ suoi
successori lo seguenti concessioni :
Che senza il loro consenso la curia pontificia
non potesse mandare in Sicilia alcun Legato
della Chiesa romana ;
Cho i regnanti della Sicilia tenessero luogo
di legati a latere nati, colla facoltà di fare per
loro stessi o po’ loro ministri, tutto quello che
i papi farebbero per mezzo d’un legato ;
Cho quando i papi convocassero un Concilio,
fosso in potestà di Ruggiero e suoi discendenti
di mandarvi quei prelati ed in quel numero che
loro piacesse, e ritenere gli altri per servigio ed
in difesa della Chiesa.
In virtù di delta Bolla i re di Sicilia crearono
il così detto Tribunale della monarchia per
di se stesso, se il dispetto, se la bile non soverchieranno di tanto da renderlo impaziente , intollerante, intrattabile, villano, ingrato verso
que’ poveretti che erano in diritto di non aspettarsi da lui che conforti e consolazioni? Chi sa
dirvi se, per aver voluto far di sè un olocausto,
non perderà tutto il merito di una vita di sagrifizii?
No, no; da quegli uomini di senno che siete,
non farete grazia nemmeno alla carità, quando
voglia jporre a prezzo i suoi benefizii, imponendo
per copdizione che le sia conservata una forma
privilegiata di associazione, quando presuma talmente di se stessa, da pretendere di voler legarsi
a perpetua disciplina.
Restano gli Ordini dediti all’istruzione ed
alla educazione ; e questi anziché trovar grazia
agli occhi dell’oratore, vengono più degli altri
ancora, fatti sogno agli strali della sua mordace eloquenza.
Educare ed islruire vuol dire prendere in mano
l’anima tenerissima di un fanciullo, pieghevolissima di un giovinetto, ed ispirarle i principii, ed
imprimerle le tendenze, e darle la forma, e farla
sua per tutta la vita; vuol dire recarsi in mano
un tesoro il più prezioso di tutti i tesori e, o centuplicarlo in frutti, o seppellirlo e perderlo ; vuol
dire realizzare le speranze della patria, oppure
ammannirle i più amari disinganni ; vuol dire dal
presente dominare il futuro ; vuol dire preparare
la generosità o la grettezza, il coraggio o la vUtà,
la dignità personale o 11 servilismo, l’unione o
la discordia, la libertà o la servitù.
Ora, 0 signori, andate, se vi dà l’animo, e consegnate i vostri figli ai frati che ve li educhino e
ve li istruiscano.
Fu un tempo, là intorno al tredicesimo secolo,
tempo di legittimo predominio della civiltà cattolica, nel quale la coscienza della propria forza,
l’incontestata superiorità, ed una serie non interrotta di trionfi e di conquiste, avevano inspirato alla Chiesa una illimitata fiducia in se stessa,
che non le permetteva di pur sospettare che
avesse a venire giorno in cui avesse a cessare di
essere sola ad illuminare il mondo. Allora di
tutto si giovava la fede, della letteratura come
della filosofia, come dei monumenti dell'età pagana.....
Perchè sarebbe stata la Chiesa gelosa degli
studii? Perchè avrebbe astiato le scienze e i loro
cultori? I lumi che ne derivavano non erano altrettanti raggi che venivano ad aggiungere splendore al suo sole? Così fu un tempo. Ma quando
i campioni del cattolicismo si avvidero che al di
là del loro orizzonte cominciava a disegnarsi e
ad illuminarsi un altro orizzonte , quando si avvidero che i nuovi lumi poteano fare impallidire
l’antico, allora cominciarono le gelosie e i sospetti, che crebbero tosto in persecuzioni ed in
aperte guerre ; allora fu un muoversi, un affaccendarsi , un affannarsi di tutti a preparare un
velo, a condensare una tenebra dovunque si
apriva uno spiraglio per cui potesse penetrare la
nuova luce.
Inutili sforzi ! alla verità non si resiste : e gli
oscurantisti confusi hanno dovuto rassegnarsi a
subire la legge del progresso.
Sì, ma un potere che si dice incommutabile
domina nelle case religiose educatrici, e insegna
come si possa pur, cedendo, resistere : si, ma in
mano di costoro le scienze, e le scienze naturali
specialmente, non avranno mai quella piena libertà , che è condizione indispensabile al loro
perfetto sviluppo; sì, ma nel cercare la spiegazione dei fenomeni naturali, si ammetteranno di
preferenza quelle ipotesi che lasciano a certi
fatti il carattere di soprannaturali; si, mala critica storica, non accosterà la sua face a certe
tradizioni che vorranno essere conservate, anche
a costo di far violenza alla logica dei fatti ; sì, ma
nella letteratura, come nella filosofia tutta, la
corrente delle aspirazioni moderne, tutte le idee
più nuove, più feconde, più ardite, saranno presentate come deviazioni e traviamenti dello spirito umano; si, ma come potrà attecchire, e qual
frutto produrre, l’innesto del nuovo sul vecchio?
si, ma sarà sempre vero che voi commetterete
l’errore, per non dire il delitto, di far istruire il
secolo XX dal xv : si, ma sarà sempre vero che o
recisamente negativo, o astutamènte sofistico, il
passato si intrometterà come un’ombra di morte
tra l’intelligenza delle nuove generazioni, e l’avvenire (Bravo).
Le nostre libere istituzioni ! Oh se ci sono care!
Sono il portato del secolo, sono la ricompensa
dovuta al senno di un popolo , sono la nostra
gloria, sono la nostra speranza. I nostri figli
hanno da imparare a conoscerle, ad apprezzarle^
ad amarle ; hanno ad imparare a fare di tutto
esercitare la giurisdizione ecclesiastica rappresentando il re nella sua qualità di legato
della Santa Sede; e questo tribunale conosceva
e conosce tuttora tutte le cause ecclesiasltche
sì civili che criminali in prima istanza, trattandosi di persone esenti dalla giurisdizione degli
ordinarli, cioè de’vescovi, e dipendenti immedialamenle dalla Santa Sede; e in seconda
istanza, essendovi appello o querela sopra le
sentenze dei vescovi e sopra quelle degli arcivescovi. Se lo sentenze pronunciate dagli ordinarii fossero di scomunica, allora competeva
0 compote tuttora al giudice della monarchia
di assolvere cnm reincidentia, aiRncliè i condannati potessero comparire a dir ragione in
giudizio d’appello. Se il giudice della monarchia pronunzia la nullità della sentenza, questa
rimane irrita e senza eiTetto; seia conferma,
manda il reo davanti all’ordinario por dare le
soddisfazioni richieste dalla Chiesa e ricevere
l’assoluzione. Circa alle cause delle persone
soggette iminediatanionle alla giurisdizione
della Santa Sede, e cui il tribunale della mo
narchia giudica in prima istanza, vi è un altro
modo di appello; il capo dello Stato, o chi per
esso, commette altri giudici che conoscano in
appello della sentenza data, sino atre sentenze
conformi, secondo le regole del dirilto. Siccome
poi vi sono certe cause che i legali stessi non
hanno facoltà di decidere, e che spettano alla
cognizione specifica del papa, per queste sole
le parti possono ricorrere a Roma, ottenuta
però la previa licenza del re, o di chi Io rappresenta.
Il capo dello Stato, in forza di quella Bolla,
stabilisce diocesi, nomina vescovi, esercita potere giurisdizionale sulle persone e sui beni dei
chierici. In una parola il papa non ha in Sicilia
cho la semplice potestà dell’ordine; circa al
rimanente il capo del governo siciliano, senza
essere scismatico, è autocrata nè più nè mono
dello Czar di Russia; ed è perciò che alcuni
pontefici, decidendo qualche cosa riguardante
la Sicilia, hanno dotto; mandiamo Bolle dote
non siamo papi.
Non credo necessario di rammentare tutti i
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sacrificio piuttosto che perderle. Hanno ad impararlo da chi?... Da coloro i quali hanno tutto da
temere e nulla da sperare da queste istituzioni;
da coloro dei quali, in forza di queste istituzioni
istesse, voi oggi decretate la decimazione. Da
coloro i quali riconoscono l’esistenza, e ricevono
tuttodì le ispirazioni e i comandi da un potere
eminentemente avverso a queste libere istituzioni. Non è questo, o signori, un fare un po
troppo a fidanza?
Ma voi vi proponete di sorvegliare, d’invigilare
quest'istruzione. A questo proposito, siguori, vi
basterà il riflettere un momento ai principali caratteri delle corporazioni religiose, alla loro dipendenza dall’estero , alla loro immodificabilità,
allo spirito di corpo, alla solidarietà di tutti e
singoli i loro membri ; basterà, dico , pensare a
questi caratteri, per persuadervi che l’impresa a
cui vi accingete è difficile, troppo difficile, e che
non potete, senza presunzione , sperare di riescirvi, per persuadervi che, come per lo addietro, cosi d’ora innanzi tutte le vostre cautele,
tutte le vostre antiveggenze, tutte le vostre vigilanze andranno a rompere come ad uno scoglio
davanti alla porta dei conventi , sui quali tutti
può scriversi il celebre motto del generale dei
Gesuiti : tint ut mnt. aut non sint.
Signori, v’ha di più. Duplice è il ministero del
sacerdozio : educativo l’uno e pubblico , e, dirò
cosi, ufficiale, l’altro privato ed intimo; e voi
potrete bene assicurarvi che il religioso maestro
abbia tutte le condizioni richieste per adempiere
al primo, ma non potrete mai acquistare la morale certezza, che non abusi del secondo.
Il maestro religioso è un uomo che, educato
nel convento , istruito nel convento, cresciuto
nel convento, non è da altri ben conosciuto che
dal suo superiore ; è un uomo che può essere un
eccellente grammatico, ed un pessimo cittadino;
che può far fiorire sulle labbra dei vostri figli la
frase, e intanto guastar loro il cuore, e voi non
avrete modo di seguirne le orme , di studiarlo,
di conoscerlo appieno ; perchè il maestro religioso, uscito dalla scuola, rientra nel suo chiostro e sfugge a qualsiasi vostra vigilanza.
Vengono, o signori, le occasioni solenni, e voi
sentite con piacere cantati gli inni alla patria ed
allo Statuto dagli allievi delle corporazioni religiose, e spargete lagrime di consolazione , sentendo le lodi della libertà sulla bocca de’ fanciulli. Dio non voglia, o signori, che quegli allievi
tentativi fatti dai successori di Urbano II per
abolire codesto famoso privilegio della legazia
apostolica di Sicilia. Da Innocenzo II ad Innocenzo XIII una guerra piìi o meno aperta fu
mossa contro di essa. Guerra d’intrighi e di
raggiri avvalorati ben spesso da monitorii ed
interdetti. Mai principi di quell’isola sono stati
tutti gelosissimi di cosiffatte prerogative; talché
Ruggiero, Federico lo Svevo, la Casad’Aragona,
la Casa d’Austria, la Casa di Savoia e fin l’attuale Borbone, con tutta la sua bacchettoneria,
hanno sempre resistito alle lusinghe ed alle
minaccie usate dai romani pontefici por isbarazzarsi di quel privilegio che in Sicilia rendo
quasi nulla Id loro autorità. Sono appena quattro anni che un giovine prete, P. Crisafulli, pubblicò un suo elaborato scritto intitolato: Studii
xtorici sulla legazia apostolica del rerino di
Sicilia. Pio IX scomunicò subito questo libro,
ed il re Frdinando, non ostante la sua filiale
devozione verso il papa, protestò col fatto condro la papale scomunica, premiando l’autore
non sappiano già che così si canta, perchè così
si vuole, e che qui cominci la loro ipocrisia politica! [Bravo, bene!).
Le considerazioni che io sono venuto facendovi, o signori, voi le potete applicare indifferentemente a tutte le corporazioni religiose dell’uno e dell’ahro sesso : che se potessi, senza
abusare della vostra tolleranza, parlarvi delle
maestre religiose, vi direi che qui sono maggiori
i pericoli, e maggiori le difficolta di evitarli.
Maggiori i pericoli, perchè l’influenza educativa
si esercita ed agisce più facilmente, più potentemente sugli animi delle fanciulle, e vi lascia una
traccia, che, per le condizioni stesse che la società fa alla donna, difficilmente si può cancellare in tutta la vita. Maggiori le difficoltà, perché
i riguardi stessi dovuti al sesso, ai quali nessuno
mai si permetterà di mancare, vi impediranno di
esercitare la dovuta vigilanza ; maggiori altresì,
perchè, essendo queste maestre religiose consigliate , dirette, padroneggiate da una autorità
impreteribile peresse e indiscutibile, tutte le volte
che i vostri non collimeranno coi fini di questa
autorità, esse metteranno nell’eluderli e nel resistervi tutta latenacità della propria e della altrui
volontà.
Ora, 0 signori, ve lo ripeto, andate e consegnate i vostri figli ai frati ed alle monache perchè li educhino e li istruiscano.
A predicare adunque, ad assistere agli infermi,
ad educare, ad istruire lo corporazioni religiose
non servono più,
&RÍÜ1M
DELLA CHIESA CRISTIANA l.\ ROMA.
I.
Il romanismo, per avere un appoggio delle sue
credenze e delle sue pratiche presso dei popoli,
ha conservato e conserva molte parole della Bibbia e deil’antichità, le quali esaminate nei loro
fonti hanno un senso ben diverso da quello che
oggigiorno viene inteso. Come fu travolta l’idea
che conteneva il termine vescovo, prete, sacramento, confermazione, penitenza ed altri, cosi
fu pur quella che viene indicata nel nome di
Chiesa. Ed in vero se si interroga un cattolico
che s’intenda per S. Chiesa, egli risponderà essere il luogo ben architettato e adorno d’imagini
e statue più o meno miracolose, ove la gente si
raccoglie alla predica, alla messa e che so io ;
del libro sconmnicato col chiamarlo ad im’alta
carica.
Lo stesso avvenne sotto il regno di Ferdinando I, quando il canonico Dichiara, professore di diritto ecclesiastico all’ università di
Palermo, scrisse un libro sul Diritto pubblico
ecclesiastico del regno di Sicilia, in cui sosteneva fortemente il privilegio della legazia apostolica. La Sanla Sede scomunicò l’autore, e
mise all’indice il suo libro; ma Ferdinando I,
al contrario, lodò molto il canonico Dichiara,
e, comechè scomunicato, lasciò che continuasse
a (iettar lezioni di diritto ecclesiastico in quella
regia università.
Verso il 1715, quando regnava in Sicilia Vittorio .\medeo II di Savoia, il governo proibì,
sotto gravissime pene, il libro fatto stampare
dal pa[)a Clemente XI, col titolo: Della pretesa
monarchia di Sicilia, in cui negavasi all’isola
il diritto autichissiino della legazia apostolica;
e decretò multe, galere ed esilii contro i detentori o venditori del voi. XI degli Annoti di Ba
ovvero risponderà essere la S. Sede, di modo
che chi non crede a tutto ciò ch'essa ha definito
0 approvato, non crede la S. Chiesa.
Ma nè l'uno nè l'altro di questi due sensi si
ammetfe da noi che cerchiamo l'origine della
Chiesa cristiana in Roma.
Perciocché passarono alcuni secoli prima cho
in quella Metropoli del mondo sorgesse un tempio consacrato al culto del vero Dio: e come
ncH’oriente si radunavano i fedeli nel solaio,
cosi in occidente si adorava in ispirito e verità
nel segreto delle stanze, ed in Roma specialcialmente nelle catacombe Nè in quei tempi,
sebben da Paolo predetto, esisteva ancora « l'uo« mo del peccato, il figliuolo della perdizione;
€ quell’avversario e quel|Che!s’inalza sopra chiun« que è chiamato dio o divinità; tal che siede
« nel tempio di Dio come Dio, mostrando se
€ stesso, e dicendo ch’egli è Dio ». (2 Tes., ii, li).
Noi per Chiesa intendiamo i fedeli uniti colla
medesima fede e carità che è il vincolo della
perfezione, sotto lo stes.io capo che è Gesù
Cristo [Efesi, iv, 1.5). Quindi s'intende che volea
dirci il Signore : Se il fratello cho ha peccato
contro il fratello non vuol rorrpgersi alle ammonizioni dell’ofl'eso o dei testimonii « dillo alla
Chiesa» (Matt., ivin, 17); che voglionsi gli Apostoli scrivendo: t Ed essendo giunti (l'aolo e
Barnaba) in Antiochia, raunarono la Chieia »
[Alti, nv, 27). « Essi adunque, accompagnati dalla
Chiesa fuori della città, traversarono la Fenici«
e la Samaria... giunti in Gerusalemme furono
accolti dalla Chiesa, dagli Apostoli e dagli anziani [Atti, IV, 3, 4) »•, « Paolo alla Chiem che è in
Corinto, grazia e pace (1 Cor. 1, 2). Le Chiese
dell’Asia vi salutano » (Ih. ivi, 19). In questi e
mille altri passi della Scrittura non altro ci vieu
significato per Chiesa se non se i fedeli, i quali
si chiamavano Santi|(I. Cor., ivi, I — 2. Cor., I,
13, mi, 12.— Efesi, 1, 1, etc.). Perciò l’apostolo
scrivendo ai Romani dopo di aver detto: « A voi
« tutti che siete in Roma amati da Dio, .santi
« chiamati, grazia e pace da Dio nostro Padre e
« dal Signor Gesù Cristo ^ conchiude « Salutale
• Priscilla ed Aquila... Salutate ancora la Chiesa
t ch’è nella loro casa » [Hom., i, 7, e ivi, 5).
Sebbene i primordi di questa Chiesa cristiana
non possano determinarsi con tutta precisione,
alcuni cenni però del Nuovo Testamento possono servirci di luce per conoscerne l’origine. I
fatti e la dottrina di Cristo come aveano gettato
ronio, che reputa apocrifa la Bolla di Urbano II, 0, so autentica, non contenente tutti
i privilegi che i principi siciliani si arrogano,
e se li contiene, essersi di già estinti [colla
morte di Ruggiero e di suo figlio Simone; in
guisa che gli altri successosi della sicula monarchia, usandoli, non sono che tanti usurpatori.
Non occorre osservare che le ragioni del libello di Clemente, e del volume del Baronie
furono vittoriosamente confutate, cd il tribunale della sicula monarchia pienamente riconosciuto con Bolla di Benedetto XIII del 30
agosto 1738.
Quali siano le conseguenze di queste importanti prerogative, rispetto alla disciplina dell’allo c basso clero siciliano, e qualo influenza
esercitino quesl’ullime sullo spirito religioso di
quel popolo, lo vedremo in un’altra lettera.
4
l'allarme nel sacerdozio ebreo, così aveano richiamata l’attenzione del governo, tanto piii
quando nella morte di lui videsi lo straordinario
sconvolgimento della natura ; per cui il Centurione e gli stessi crocifissori scendevano dai Calvario dicendo: « Veramente Costui era il File gliuolo di Dio » (Matt., xxvii, 54). Nel giorno
seguente i principali sacerdoti ed i farisei chiesero a Pilato delle guardie per custodire il sepolcro del crocifisso, e quei soldati romani così testimoniarono altro prodigio della divina potenza
cioè la gloriosa resurrezione di lui.
Questi avvenimenti incontrastabili mossero le
autorità che governavano la Giudea di riferirne
alla corte dell’imperatore Tiberio, il quale fece
istanza presso dei Senato perchè fra gli Dei fosse
pur annoverato il Cristo. Ma que’ Padri Coscritti
rilevando che le dottrine del Nazareno combattevano il politeismo, religione dello Stato ; ovvero, come vogliono altri scrittori, non spettando
all’imperatore simile proposta, rigettarono la domanda imperiale, disponendo così il Signore,
che la luce non si confondesse colle tenebre, nè
il vero Dio colle divinità bugiarde. Dal che risulta, che trascorsi appena pochi giorni dalla sua
morte il Salvatore era conosciuto in Roma presso
la corte e presso il Senato.
Con egual rapidità il nome di Cristo fu divulgato nel popolo romano, di cui alcuni erausi
fatti seguaci del Vangelo. Ed in vero nel giorno
della Pentecoste i discepoli pieni di Spirito
Santo predicarono in Gerusalemme quel Gesù
che pochi giorni prima era stato crocifisso. Una
gran moltitudine di diversi gaesi ascoltava la
predicazione del Vangelo, e fra quelli stranieri
eranvi degli avreniticci romani, i quali stupivano pure di ascoltare le meraviglie di Dio nel
proprio linguaggio [Aiti, u, 10). Oltre ai Romani
venuti in Gerusalemme per i loro negozii, era di
presidio nella Giudea milizia italiana ; laonde ci
racconta la divina istoria che in Cesarea eravi
un certo uomo chiamato per nome Cornelio,
centurione della schiera detta italica, il quale si
convertì al Cristianesimo assieme ad alcuni di
lui parenti ed amici [Atti x).
Gli avventiicci romani compiuti i loro affari,
e la guarnigione terminato il tempo della sua
stazione ritornarono in Italia ed in Roma perseverando anche in patria nella cristiana professione. Anzi essendo dovere di ciascun fedele
predicare le virtù di Colui, che dalle tenebre
lo hachiamato allameravigliosasualuce, avranno
senza dubbio partecipato la buona novella ai loro
concittadini e alle loro famiglie.
Oltre a ciò sappiamo dagli Atti, che tremila
nel dì della Pentecoste si convertirono a Cristo,
che il Vangelo progrediva di giorno in giorno
di modo, che in Gerusalemme in pochi mesi si
contavano intorno a cinquemila che dall’ebraismo
erano passati al Cristianesimo [Atti ii, 41, 47;
IV, 4). Costoro avevano relazioni con Roma giacché molti ebrei, fin da qualche anno prima dell’èra
cristiana, abitavano in quella capitale del mondo
per ragione dei loro commerci, e molti vi erano
liberti discendenti da coloro che Pompeo, di Gerusalemme, vi avea trasportati assieme ad Aristobolo, prigionieri di guerra. Perciò leggiamo nella
storia degli Apostoli, che nell’anno nono di Claudio, Paolo trovò in Corinto « un giudeo chiamato
per nome Acquila, di nazione Pontico, nuovamente venuto d'Italia assieme con Priscilla sua
moglie ; perciocché Claudio avea comandato che
tutti i giudei si partissero da Roma» [Atti, xviii,
2). I primi cristiani di Gerusalemme e della Giudea poterono quindi arrecare in Roma la dottrina della salute, come ve la recarono di fatto,
perciocché san Paolo della tribù di Beniamin ci
fa conoscere che i suoi cugini Andronico e Giunia, convertili a Cristo prima di lui, erano in
Roma già segnalati fra gli Apostoli ¡Rom., xvi,7).
[Continua)
alla proposta, vi si è mostrato energicamente avverso.
BOLLETmO POLITICO.
NOTIZIE BELIGIOSE.
Valli Valdesi. — La rigida stagione ne richiama al doloroso argomento, a quella penuria
che tanto ci funestava ncU’auno addietro, e lungi
dallo saemare, pare voglia andar crescendo, e
porre a grave cimento il nostro avvenire.
Le cause generali di carestia, la mancanza di
vino, lo scarso raccolto di patate, la nullità di
qualche pubblico lavoro a favore della povera
gente, ecc. ci travagliano pur troppo, e maggiormente aggravano un popolo anzitutto dedito alla
agricoltura, e per le dolci memorie affezionato
alle sue rupi, come il Giudeo alle pietre di Gerusalemme.
Egli è tale lo stato nostro, che se Iddio negli
imperscrutabili suoi disegni giudicherà di prolungar la dura prova, fra poco non sarà più per
noi l’emigrazione, dilettevole tema di trattenimento , ma legge inesorabile della necessità.
Senza lungo e minuto ragguaglio, un fatto basterà a far chiara la presente nostra condizione.
Prarostino, rinomato pei suoi bei vigneti, e che
in tempi ordinarii realizzava col vino non meno
di franchi 300,000, appena ne ricavò in questo
anno 300 franchi. Molti quindi si vedono costretti
a staccarsi da un suolo caro ai loro cuori, e domandare a più benigna terra pane e lavoro. Ma
non sempre all’aspettativa corrisponde l’esito :
parecchi fra essi, partiti per lavorare alle strade
nella contea di Nizza, dovettero retrocedere,
quando sul Tenda incontrarono altri compatriotti
già di ritorno che dissero loro : c non si può colle
condizioni fatteci nè vivere nè morire ». Più di
dugento si recarono in Marsiglia.
Ancorché non siano del pari colpiti tutti i comuni è grave la situazione generale, e reclama
l’attenzione e le serie meditazioni del Cristiano
per qualche efficace rimedio.
L’umiliati sotto la mano del Signore, convien
intanto, per quanto sia possibile, riparare al presento.
Soccorsi più abbondanti che non si sarebbero
potuti sperare, ci sono giunti da varie parti, e
specialmente da Ginevra, la quale, come negli
antichi tempi, così al presente ci ha dato prove
cospicue della sua carità.
Coll’aiuto di alcuni fratelli provvide la V. Tavola alle prime urgenze, e saviamente ripartì gli
avuti soccorsi nelle basi seguenti:
Un terzo distribuito in limosine, un terzo Jer
compra di canapa e di lana da filarsi, un terzo
alle donne per la mano d’opera (filato e tessuto).
Fidiamo nel Signore ch’ei moverà il cuore dei
nostri amici onde possiamo proseguire nella intrapresa via, e non solo sopportiamo la prova,
ma n« approfittiamo per la sua gloria, il bene
delle anime nostre, ed efficacemente ci adopriamo
al miglioramento durevole delle presenti luttuose
condizioni. [Nostra corrisp.)
Ginevra.— Il Gran Consiglio ha respinto, alla
maggioranza di 40 voti contro 21, la proposta del
signoreDuckosalportante separazione della Chiesa
dallo Stato. Una grande agitazione avea destato
in tutto il cantone questa proposta, e dato luogo
a molti scritti prò e contro, fra i quali merita un
posto distinto la relazione , che a nome della
maggioranza della commissione, presentò in proposito il sig. TV. Tnrrettini, e che concludeva per
l’accettazione. Il partito cattolico che dai suoi
antecedenti si avea motivo di credere favorevole
Una nuova crisi ministeriale è avvenuta in Inghilterra ; il signor Gladstone, cancelliere dello
scacchiere, signor James Graham, primo lord
deH'ammiragliato, e M. Sidney Herbet segretario
di Stato deirinterno, hanno àato la loro dimissione per essersi lord Palmerston messo d’accordo circa all’inchiesta, col deputato Raebuck.
In loro vece lord Russell va al ministero delle
colonie,Cornwall-Levfis alle finanze; Carlo Wood
airammiragliato, e Giorgio Grey terrà l’t>ìierm
delle colonie durante l'assenza di lord Russell.
L'Austria e la Prussia si sono finalmente ravvicinate, e tutto concorre a far credere che la
Prussia sia alla vigilia di stipulare colle potenze
occidentali un trattato simi e a quello del 2 dicembre, purché le potenze occidentali promettano di non volere togliere alla Russia nessuna
parte di territorio, di tener lontani dalla guerra
tutti gli elementi rivoluzionarii, di non doihandare alla Russia altre guarentigie oltre a quelle
comprese ne’ quattro punti — e permettere che
la Prussia prenda parte alle conferenze di Vienna.
Il governo russo per mezzo d’una circolare
firmata dal ministro Nesselrode notifica la dichiarazione di guerra della Russia alla Sardegna a cagione della spedizione ostile 4^1 Piemonte contro lo Czar. Nella stessa nota però
sono rispettate le proprietà sarde in Russia —
la nostra bandiera perde le prerogative della
neutralità. — È fissato un termine alla partenza
dei bastimenti piemontesi e tolto Vexequatur ai
consoli.
Una corrispondenza di Costantinopoli pubblicata dal Daily-News annunzia una convenzione
militare essere stata cocchiusa da' rappresentanti
dell'Inghilterra e della Porta, in forza della quale
le truppe ottomane che sono in Crimea passano
sotto il comando di lord Raglan ed al soldo della
Gran-Brettagna.
Qualche giornale annunzia, non si sa con qual
fondamento, che lord Raglan avrebbe dato o sarebbe disposto a dare la sua dimissione di comandante in capo dell'esercito inglese il quale
non conterebbe attualmente che soli 14,000 uomini atti alle armi.
Il giorno 18 febbraio 40,000 Russi capitanati
dal generale Liprandi, o'come altri dicono dal
generale Osten-Sacken attaccarono Eupatoria e
furono valorosamente respinti dalle truppe di
Omer-pascià, che cagionarono loro la perdita,
di 500 uomini. — Gli Ottomani ebbero a deplorare pochi morti e fra questi il generale egiziano
Soliman-pascià.
A Roma il cardinale Antonelli fu posto in
riposo.
Da persona onoratisstima ci tiene Iramtesso,
con preghiera di stamparlo, il seguente
AVMSO
SULLA
MALATTIA DELIE IVE
Una povera famiglia ligure, dopo tre anni di
esperienza, ha ritrovato il segreto per guarire
certamente la malattia delle uve. II ritrovato è
semplicissimo, senza costo di spesa e con poca
fatica nel curarla. Chi volesse fame acquisto si
diriga prima della fine di marzo venturo,
franco di posta, in S. Pier d’arena (Genova) al
sig. Andrea Ravina, indicando chiaramente il
nome e casato, la quantità prossimativa degli
ettolitri di vino che soglionsi raccogliere, il
paese, il comune e la provincia del richiedente,
obbligandosi altresì a L. 1 per ogni ettolitro da
pagarsi dopo la raccolta del vino, la qual somma
.servir devo a sollevare la miseria di quella rustica famiglia.
Il segreto si spedirà a tutti i richiedenti simultaneamente tosto che sarà per manifestarsi
la criptogama nella vite.