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Anno 128 - n. 3
17 gennaio 1992
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
AREE URBANE
ALGERIA; INTERVISTA A MUSTAFA' SHERIF
L’autoimmobile
Targhe alterne, inquinamento, consumi energetici: urgono nuove strategie di produzione
Le grandi città italiane sono
ormai delle camere a gas. Tale
è il responso dei sensori che sono stati, finalmente, installati
per il controllo dell’inquinamento atmosferico. Molti sono i responsabili del cocktail velenoso
che siamo costretti a respirare:
le fabbriche, il riscaldamento, le
emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli. Per cercare di Umitare i danni i sindaci delle
grandi città sono stati autorizzati a Umitare il traffico veicolare con ordinanze. Così tutti
noi, abitanti o utenti delle metropoli, abbiamo giocato al gioco del pari e del dispari; un
grande gioco quotidiano che secondo le stime ha coinvolto 5
milioni di persone.
C’è stato subito qualcuno a
cui U gioco non è piaciuto. A
dichiarare guerra al governo per
la questione delle targhe alterne
è stata subito la rivista Quattroruote, che in difesa degli automobilisti vessati ha chiesto ai
suoi lettori (tiratura dichiarata
del numero, 925.000 copie) di
cambiare i politici responsabili
in occasione delle prossime elezioni. C’è poi stato chi ha dichiarato che le targhe alterne
sono « contro i poveri », e chi
— e sono stati i più — ha sottolineato che queste misure non
risolvono il problema.
Il coro di critiche e, soprattutto, le preoccupazioni elettoraii hanno indotto il governo a
modificare il decreto e passare
la patata bollente dai sindaci alle Regioni.
I sindaci hanno tirato un sospiro di sollievo. Candidati o meno alle prossime elezioni avranno meno ostilità tra gli automobilisti incalliti.
Qualcuno, più zelante degli altri, come il sindaco di Roma,
non ha neppure atteso che il
nuovo decreto fosse pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale ed ha subito revocato l’ordinanza delle
targhe pari e dispari.
Al di là delle considerazioni
ABBONAMENTI
1992
L’abbonamento ’91 è scaduto, molti hanno già provveduto a rinnovarlo e ciò ci è di
incoraggiamento nel nostro
lavoro.
Invitiamo chi ancora non
l’avesse fatto a rinnovarlo entro il 31 gennaio, scegliendo
tra le seguenti possibilità:
Italia
Ordinario annuale L. 52.000
Semestrale L. 27.000
Costo reale L. 75.000
Sostenitore annuale L. 90.000
Estero
Ordinario annuale L. 85.000
Ordinario (via aerea) L. 150.000
Sostenitore L. 170.000
Semestrale L. 45.000
Invitiamo inoltre chi inten
de disdire l’abhonamento
a comunicarci la decisione
per iscritto (basta l’invio della cartolina ricevuta come
programma di abbonamento)
o per telefono (011/655278).
che ciascuno potrà trarre dalla
vicenda, mi pare necessario che
si cominci seriamente a riflettere sull’automobile, sul suo uso,
sulla sua produzione. Siamo infatti sommersi dalle auto. La
produzione delia « macchina che
ha cambiato il mondo » è arrivata al suo top e l’industria dell’automobile sta attraversando
un periodo di trasformazioni rivoluzionarie, le più radicali da
quando Ford ha applicato su larga scala la catena di montaggio.
La « lean production » (produzione snella) è ormai il nuovo
sistema produttivo che dovrà essere adottato dappertutto. Con
quali costi in termini di occupazione? .
Ma i problemi dell’auto sono
anche altri. Innanzitutto lo spazio: nella CEE ci sono 49 auto
ogni chilometro di strada, cioè
almeno 150 metri ogni 1.000 sono già coperti dall’auto. Per
mantenere lo stesso rapporto
auto-abitanti e lo stesso spazio
occupato entro il 2010 dovremo
costruire 1.252 chilometri di strade nuove. Ma dove prendiamo
lo spazio? Senza contare poi i
problemi energetici. Mi sembra
dunque che sia necessario cambiare il nostro modo di affrontare il problema del traffico, della mobilità e dell’auto. Dobbiamo rivedere il nostro modo di
vita. Altrimenti rimarremo « autoimmobili » e inquinati nel traffico. Ma l’auto non è anche uno
status ssmibol?
Giorgio Gardiol
Né integrismo,
né iaicità estremistica
La (decolonizzazione, l’autoritarismo dello stato e i valori spirituali Uno sforzo di discernimento per sostenere le ragioni della libertà
Mustafà Sherif, islamologo e ex ministro dell’Istruzione superiore, candidato del FLN alle ultime elezioni, ha partecipato al
colloquio deU’Associazione per U dialogo islamo-cristiano, riunito
a Rouen (Francia) il 10 e 11 gennaio.
— Come spiega che l’Islam sia
diventato una tale sfida politica
nel suo paese?
— Occorre tener presente che
l’Islam ha assicurato la permanenza dell’identità algerina durante tutto il periodo della colonizzazione. Ma, da trent’anni a
questa parte, per rilanciare la nostra storia, abbiamo posto l’accento sullo stato, e ciò in modo
così autoritario che abbiamo
emarginato ciò che chiamo i valori dello spirito.
La reazione, oggi, è brutale.
L’Islam politico è cresciuto, grazie alla crisi economica, tra la
gente più povera, in particolare
tra i giovani disoccupati. E man
mano che la modernità occidentale ci appariva più straniera, più
aggressiva, questo Islam politico
è diventato più arcaico.
— Rimpiangete oggi di aver lasciato libero corso al gioco democratico?
— Assolutamente no. Al contrario, era un passaggio obbligato,
un cammino che nessuno poteva
ignorare. Non è con la repressio
ne che riusciremo a contenere
questo spostamento massiccio
verso l’Islam. Come con le riforme economiche, abbiamo preferito pagare il prezzo subito, lasciare i movimenti religiosi esprimersi nella trasparenza piuttosto
che nella clandestinità. Ancora oggi continuo a pensare che la democrazia, cioè la responsabilità
di tutti i cittadini, sia l’unico
mezzo per uscire dal nostro sot tosviluppo.
— Però avete perso le elezioni...
— Un’elezione è, prima di tutto,
una tecnica, e questa è stata utilizzata male. Tre milioni di elettori su tredici hanno votato per
il principale partito religioso, ed
ecco il risultato. Ma la responsabilità delTattuale confusione in
Algeria è collettiva. Vi sono democratici che si comportano ancora secondo gli schemi mentali
del partito unico e vi sono religiosi che vogliono monopolizzare
l’Islam. Nessuno ha il monopolio
della democrazia, né dell’Islam.
— In quanto islamologo, qua- S
LIBERTA’ - 1
Liberi da noi stessi
« Se l’Eterno non edifica la casa, invano vi si
affaticano gli edificatori; se l’Eterno non guarda
la città, invano vegliano le guardie» (Salmo 127: 1).
Co.sa è la nostra vita se non una costruzione,
un insieme di cose che realizziamo, mettiamo in
sterne, sovente con fatica? Non siamo spesso cornee i muratori del salmo intenti a costruire quell’edificio che è la nostra esistenza per il quale ci
impegniamo con solerzia e fatica? Sì, la nostra vita è un edificio che non finisce mai di essere ricostruito, rifatto, ampliato e ne siamo gli unici, responsabili, artefici. Come la nostra casa, la nostra
vita cresce con noi, si riempie delle cose che ci
piacciono: un mobile, un fiore, un affetto, una speranza. E questa casa, questa vita, sono nostra
e'tc'.iisiva responsabilità e impegno, non possiamo
pretendere che siano altri a realizzarcela.
Ma il salmo ci dice: « Attento, se Dio non dà
un senso alle cose che fai, è come se tu non facessi nulla! ». In questa vita, in questa casa che
CL stiamo costruendo possiamo mettere i mobili
più preziosi, gli addobbi più ricchi, ma se non
ci preoccupiamo di farvi entrare la luce del sole,
costruendovi finestre e lasciandole aperte, nulla
di quanto abbiamo realizzato potrà mai essere goduto. La Parola del Signore è quella luce che può
illuminare le nostre vite; senza di essa possiamo
realizzare cose immense con la nostra fatica, con
la nostra intelligenza, ma non saranno nulla perché non le potremo vedere, apprezzare, gustare;
questa è la grande sfida che ci viene rivolta dal
salmo.
L’illusione che molti coltivano in questo nostro
tempo è che noi si possa fare a meno del sole,
della Parola di Dio, costruendoci da soli la nostra
luce artificiale, col nostro lavoro, col nostro su
dore, con i nostri soldi. Siamo liberi di comportarci così ma ci accorgeremo, prima o poi, e sempre troppo tardi, che la nostra luce ha due difetti,
proprio come la luce elettrica; teme le interruzioni di corrente e costa cara. Come pastori incontriamo sempre più spesso nelle nostre visite pastorali persone stroncate psicologicamente dai
grandi « black-out » dell’esistenza; la malattia, la
morte, i problemi con i figli; in questi casi hai
bisogno di una luce che non venga da te, hai bisogno di sapere di avere una speranza che va al
di là delle tue deboli speranze umane, e cosa succede se hai sempre pensato di non aver bisogno
di nulla e di nessuno, di trovar speranza nelle
rose che ti puoi creare da solo? Oppure incontriamo persone minate fisicamente da anni di lavoro durissimo, di fatica, di stress, persone che
realizzano quanto cara costi l’illusione di bastare
a se stessi, di costruirsi da soli il proprio senso
di vita. Ecco perché non potremo mai fare a mene della presenza del Signore nelle nostre vite,
per essere veramente liberi, liberi innanzitutto da
noi stessi, dalla paura che ciò che stiamo ora realizzando pzossa improvvisamente interrompersi lasciandoci così nell’angoscia.
Allora costruiamo pure le nostre vite, i nostri
edifici, ma ricordiamo di lasciar entrare la luce
della Parola.dalle nostre finestre, non illudiamoci
di essere i soli artefici di noi stessi e delle nostre
costruzioni. Permettiamo a questa luce di illuminare e dare un senso a ciò che facciamo perché
c una luce che non si interromperà mai, che ci
è data gratuitamente e che, proprio come la luce
del sòie, è calda, è il calore dell’amore.
Claudio Pasquet
(prima di una serie di quattro meditazioni)
le insegnamento trae dalla situazione attuale per il futuro?
— L’Islam è l'appello del cuore
e della ragione. Esso è religione
ma anche mondo. Vogliamo edificare una società ohe integri i valori dello spirito, che ponga come
principio centrale l’etica ma che,
nello stesso tempo, rispetti le libertà pubbliche e individuali. E'
questa « comunità del giusto mezzo » di cui parla il Corano che
noi auspichiamo. Non vogliamo
né queU’integrismo che confonde
lo spirituale e il temporale, né
una laicità estremistica che li oppone brutalmente. Qualunque siano le peripezie politiche future, è
proprio questo giusto mezzo che
bisognerà trovare.
— E’ possibile fare un paragone tra l’Islam algerino e l’Islam
iraniano?
— No. Non abbiamo la stessa
tradizione dello sciismo iraniano, che è teocratico. In Algeria
rislam è sunnita, il che vuol dire
che esso include il principio democratico. Prima di morire, il
Profeta non ha designato un suo
successore e ha lasciato questo
compito alla comimità: questo
è, innanzi tutto, il sunnismo. La
tradizione storica deirislam maghrebino è pertanto moderata.
Crocevia aperto sul Mediterraneo, aperto al dialogo delle culture, non ha nulla a che vedere
con l’integrismo mediorientale.
— Avete messo in causa la responsabilità dell’Occidente nella
situazione attuale. Fino a che
punto?
— Sono esattamente cinque secoli che l’Islam è stato cacciato
dall’Andalusia. Da quel momento,
l’essere musulmano è praticamente scomparso dalla coscienza
culturale dell’Occidente. Si è verificata una specie di « desemitizzazione » del pensiero e della
scienza occidentali.
Questo fa sì che, anche se a
volte procediamo nella stessa direzione, i discorsi e le pratiche
dell’Occidente ignorano il mondo
musulmano, lo aggrediscono con
degli stereotipi o dei pregiudizi
senza fondamento. Tutti i problemi sorti fin dal 1979, con l’arrivo
di Khomeini in Iran — caso Rushdie, chador — e il razzismo latente o sempre più flagrante, tutto ciò ci è stato pregiudizievole,
in quanto non facilita né il dialogo delle culture né il riawicinamento dei popoli. In questo senso l’Qccidente ha una pesante responsabilità.
Non nutro né nostalgia né romanticismo. Esigo solo uno sforzo di obiettività. Tra coloro che
fanno l’apologià del fondamentali.smo religioso e coloro che lo
vedono dappertutto e lo denigrano, io voglio l’obiettività. L’obiettività è il lavoro degli intellettuali e degli scienziati.
A cura di Henri Tincq
Trad. Jean-Jacques Peyronel
(da Le Monde, 14 gennaio 1992)
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fede e cultura
17 gennaio 1992
UN NUOVO VOLUME DI ERNESTO PUZZANGHERA
IN LIBRERIA
Un poeta evangelico
Sensibilità e creatività di un autore che nei suoi scritti porta in
superficie il sentimento della fede nei suoi più complessi risvolti
Ernesto Puzzanghera nella propria attività di insegnante.
Nel segnalare questa nuova
pubblicazione poetica di Ernesto
Puzzanghera \ ci viene in mente
il titolo di una nota recensiva
sullo stesso autore, a firma del
pastore Ernesto Ayassot, Uno
scrittore evangelico. Eravamo nel
lontano 1957 e la nota appariva
ne « La Luce » di cui lo stesso
Ayassot era direttore, e si riferiva al voliune Così passano i giorni (ed. Marzocco, Firenze): im volume che tanto successo aveva allora riscosso, di lettori e di critici, vuoi per la freschezza della
ispirazione, vuoi per la modernità del dettato espressivo.
E Ayassot, già sin d’allora, notava (riferendosi anche al precedente volumetto Malinconie dorate, dello stesso autore) la prerogativa di un lievito vibrante dei
più comuni affetti'umani e casalinghi espressi con una rinnovata
vena di canto. Dopo avere sottolineato la lirica particolarmente significativa Pietà, Signore, chiudeva il suo scritto sollecitando i
lettori ad avvicinarsi alla poesia
di questo autore, e quindi di compiere un più attento esame della
stessa, al fine di affrontare il tema ed il senso d’una poetica protestante.
Questo riferimento mi sembra
opportuno e confacente per collocare il poeta Puzzanghera in quel
filone d’arte e di letteratura protestante, e specificamente nell'area del piccolo mondo valdese.
Il nome di Ernesto Pozzanghera, già molto noto nel mondo laico come collaboratore di giornali e riviste, come condirettore
de « La Procellaria » nonché detentore di svariati premi e riconoscimenti, meriterebbe una maggiore sottolineatura di questa sua
specifica impronta religiosa, e la
sua opera poetica una maggiore
divulgazione appunto nell’ambito
dei lettori protestanti, dove sin
dai tempi della Riforma la poesia e la musica, come è risaputo,
hanno sempre costituito due
componenti di fascino e di attrazione. Estetica ed etica: paradigma inscindibile di formazione
umana, ma soprattutto di coscienza religiosa oltreché artistica e culturale, e fortunato appannaggio di ogni tradizione ecclesiale cristiana.
Da molti anni Ernesto Puzzanghera, accanto agli impegni di responsabilità di varia natura, svolti in seno alle comunità valdesi,
ha tenuto viva la sua congenita
vocazione di poeta e di scrittore;
una vocazione estrinsecata attraverso una ricca messe di opere
dai temi più .svariati, ma sempre
lievitati di fede e di etica cristiana. Di ciò hanno reso viva testimonianza, di volta in volta, alcune illustri personalità del mondo
evangelico, che delle opere del
Puzzanghera hanno sempre sottolineato la robusta ispirazione artistica ed etica, appunto di spi
rito protestante; ricordiamo tra
gli altri i pastori Luigi Santini,
Mariano Moreschini, Giovanni
Miegge, Ernesto Ayassot, Amedeo Molnàr, Ernesto Naso.
Ne sono evidente conferma alcuni suoi lavori significativi, come Perennità dell’etica sociale e
politica in Giuseppe Mazzini,
L’uomo come sintesi di due opposte filosofie. Il problema della
libertà in tavelle, Manzoni controluce, Il problema pedagogico
in Gramsci, Il cristianesimo di
Benedetto Croce, e ancora tesi su
Pietro Valdo, su Rosmini, su
Rousseau, su Filangieri, sul poeta
Rinuccini ecc. Tra i volumi di
critica letteraria e di filosofia segnaliamo Pagine controluce e La
concezione filosofica e pedagogica
in John Dewey.
La sua produzione poetica inizia nel 1941 con Liriche (ed. Centauro), a cui seguono Malinconie
dorate (Marzocco, 1951). Così passano i giorni (La Procellaria,
1963). Parole a Diotima (Pellegrini, 1979), E’ tempo...
Quest’ultima silloge viene fuori dopo dodici anni da Parole a
Diotima: una lunga pausa di silenzio e di meditazione, una buona fetta di vita che ingrigia i capelli del poeta e ne allunga l’età;
ma sono anni sempre fertili di
nuove ispirazioni, di nuove tematiche e tensioni, anche se nel clima pacato ed assorto del momento autunnale un velo di rimpianto pervade i versi del poeta per
i fantasmi del passato che si ravvisano sempre più lontani, e che
solo l’onda lunga delle affettive
rievocazioni riesce a raggiungere
e a sfiorare. Anche le poesie dedicate a persone amiche o care
(Ferraù, Argiroffi, Pirrera, Maria
Corsaro, nonché alla moglie) o a
figure di letterati e scrittori famosi (Rimbaud, Alvaro) mostrano il solco del tempo scavato nella memoria: figure, ambienti e situazioni che « ora fremono al
vento dei ricordi / e che oblìo o
morte mai potranno ferire ».
Non è la tristezza o il rimpianto di chi ricorda « il tempo felice nella miseria », ma l’eco pietosa e incalzante di quella dolce
musica di cui allora parlavano le
cose: « Io ormai — dice il poeta — ho dato il mio saluto / alle
primavere infrante / come fossero calici di fine cristallo / in cui
bevvi dolci amari liquori. / Mi
restano i frantumi luccicanti / dei
ricordi / il sacrificale respiro
d’un tempo / fermo nella clessidra / ad ogni trapasso ».
Ma la nuda realtà del transermte, che lascia nel cuore del poeta
la scia d’una « mutevole storia »
fatta di gioie e di dolori non induce il poeta stesso ad ingigantire il disagio deH’estenuarsi delle
cose come nel baratro esistenziale della vanità del tutto. La poesia non è tomba di valori, né
trastullo di ciechi o di inetti e rinunciatari piagnoni. La poesia è
vivaio di fede e di speranza che
spiana la via al trascendente,
apre ai supremi colloqui con Dio,
schiarisce di fatto il mistero del1’« Eternità » nei confronti dell’attimo fuggente.
Per il credente la risposta è
facile all’interrogativo dell’uomo quando si domanda cos’è la
vita. Decisa è la risposta del credente poeta: « Dal tempio della
città straniera / s’alza un inrio
solenne profondo / che dà sollievo-al cuore / che spezza il grigiore dei muri / che dà bagliori
di luce al crepuscolo / della cadente sera ».
Diciamo, a chiusura di questa
nota sull’attività poetica di Ernesto Puzzanghera, che quest’ultimo suo libro ci giunge come
gradito messaggio che arreca sollievo e conforto in ciascuno di
noi, che viviamo dei suoi stessi
aneliti di fede e di speranza cristiana.
Francesco Fiumara
Mario Alberto Rollier,
valdese federalista
Un’opera accurata, che ha fatto tesoro delle
ricerche condotte direttamente dall’autrice
' E. Puzzanghera, E’ tempo..., Re&
zato (Bs), ed. Magalini Due, 1991, pp.
88, L. 15.000.
Cinzia Rognoni 'Vercelli è una
saggista di storia contemporanea e collabora a varie riviste,
in modo particolare sui temi del
federalismo e dell’unificazione
europea. Una delle sue ultime
fatiche si è concretizzata nel libro qui presentato ‘, che dà molti motivi di riflessione perché
tratta di un periodo storico in
cui traspaiono le più profonde
motivazioni, sia politiche sia morali e spirituali, che hanno ispirato l’azione di uomini e donne
contro la dittatura e per una
riconciliazione fra i popoli.
S’è detto: fatica dell’autrice.
E veramente fatica deve essere
stata. Come dice Giorgio Spini
nella prefazione, ella non aveva
« gran che altro su cui basarsi
all’infuori delle sue indagini personali ». La Rognoni ha, da un
lato, intervistato numerosi testimoni e, dall’altro, ha avuto accesso all’archivio familiare tenuto dalla moglie di Mario Alberto Rollier, Rita Isenburg, che
ha vissuto accanto al marito
tanti momenti drammatici ed
esaltanti. Si pensi che l’indice
in calce al libro contiene più di
500 nomi.
Un’altra cosa va subito detta
su questo libro, assieme a Spini: l’autrice (non dimentichiamo
che si tratta di un libro di storia e quindi — speriamo — destinato a un vasto pubblico) oltre a fornire una vasta documentazione sul Movimento federalista europeo, illustra la presenza valdese ed evangelica in
Italia (dai «poveri di Lione»
alle valli valdesi, dal Sinodo alle Giornate del Ciabas, dai Gruppi giovanili valdesi alla PUV) in
modo accessibile ed efficace, citando nomi e situazioni per una
miglior conoscenza da parte dei
lettori. Anche la varia pubblicistica evangelica è fedelmente
presentata, a partire da « Gioventù valdese », nata nel 1928,
a cui è dedicato il secondo capitolo del libro. 'Viene a tal proposito ricordato il primo articolo di Rollier, che trattava un tema non molto consueto a quei
tempi: il femminismo. Da lì la
Rognoni passa a « Gioventù cristiana », del 1931, e alle tematiche dell’ecumenismo, poi a
« L’appello », soppresso nel 1944,
e infine a « Protestantesimo »,
del 1946.
Appuntamenti
]
Mercoledì 15 gennaio — IVREA: Inizia un corso di animazione biblica sulla figura di Gesù. Il corso, che si
svolge presso la chiesa (v. Torino, 217)
ed è condotto da Franco Taglierò, si
protrarrà tutti i mercoledì fino al 26
febbraio.
Giovedì 16 gennaio — BIELLA: Inizia una serie di incontri biblico-teologici sul tema dell’etica protestante,
che si terranno ogni giovedì fino al
27 febbraio, a cura del past. Gianni
Genre. Per informazioni: 015/351819.
Sede degli incontri è la chiesa valdese (v. Feda di Cessato, 9/c).
Sabato 18 - domenica 19 gennaio —
SAVONA: Presso la Chiesa evangelica (p.za Diaz, 6) si tiene un collettivo teologico sul tema Perfetti come
il Padre vostro. Per una lettura del
Sermone sul monte. L'inizio è previsto per le ore 16 di sabato, le relazioni introduttive sono a cura dei
past. Fulvio Ferrarlo e Valdo Benecchi. Informazioni presso Giorgio Castelli (tei. 019/824223).
Mercoledì 22 gennaio — GENOVA:
Alle 17,45 viene presentato il libro di
Juan de Valdés, Il dialogo della dottrina cristiana. Con il curatore, past.
Fanlo y Cortés, ne discuterà mons.
Marino Poggi, delegato per la cultura
della diocesi di Genova.
Mercoledì 22 gennaio — AOSTA:
Alle 20,45, presso il salone delle manifestazioni (palazzo della Regione), si
tiene una conferenza-dibattito organizzata daila Chiesa valdese e dal SAE
sul tema: Passioni, spiritualità, teologie. A Canberra mille voci invocano
l'unico Spirito. Relatori il past. Luciano Deodato e la dott.ssa Elena Covini del SAE di Milano.
Giovedì 23 gennaio — TORINO: Alle ore 17, presso il Museo del Risorgimento (p.za Carlo Alberto), prosegue il ciclo di lezioni sulle identità
nazionali. Teodoro Sala, dell Università
di Trieste, parla sul tema: L’Europa
balcanica: la Jugoslavia.
Giovedì 23 gennaio — ALESSANDRIA: Presso l'università (v. Cavour),
si tiene alle 21 il terzo incontro della serie « Invito alle teologie del '900 ».
Il past. Fulvio Ferrario parla sul tema;
L’evangelo e il mito. Introduzione alla teologia di Rudolf Bultmann. Il ciclo è organizzato dal Centro culturale
protestante, dall'LIfficio relazioni ecumeniche della diocesi e dal CRDS.
Per una chiesa
universale
Sarà in un numero di « Gioventù cristiana » del 1938, quando già vi erano nell’aria le prime avvisaglie della seconda guerra mondiale, che Rollier, pensando ad una « chiesa universale » e cioè ecumenica, « che lega gli uomini assieme nella loro comune dipendenza da Dio »,
afferma anche che essa « deve
pronunciare una condanna inqualificata e senza restrizione
contro la guerra... ».
In campo laico, il « Manifesto » di Ventotene del 1941 (il
cui titolo originale è Per un’Europa libera e unita), redatto da
un gruppo di confinati politici,
darà una svolta decisiva e un
nuovo significato all’azione politica di Rollier che nel 1942 aderisce al Manifesto, definendolo
un programma « postmarxista »,
al di là dei « democratici-liberali, deboli, nebulosi, nazionalistici ». A fine agosto del ’43 v’è
l’atto formale di costituzione del
Movimento federalista europeo
proprio nell’abitazione milanese
di Rollier. Pochi giorni dopo
egli sarà in prima fila, a Torre
Penice, nell’organizzazione della
lotta armata al nazifascismo:
era l’8 settembre. Due mesi do
po parteciperà alla nascita della « Carta di Chivasso », contro
la sopraffazione dello stato nazionale e per la rivendicazione
dell’autonomismo nella prospettiva di una federazione europea.
Continuerà poi nella lotta partigiana, fino all’ingresso nel CLN
(Comitato di liberazione nazionale) della città di Milano.
La delusione di Yalta, con la
spartizione dell’Europa in zone
di influenza, concorre al suo
progressivo distacco dal Movimento federalista. Anche la sua
continua ricerca e probabile insoddisfazione nei confronti dei
partiti politici lo porta, dopo lo
scioglimento del Partito d’Azione, prima nel Partito socialista
democratico e poi in quello repubblicano, dove ricopre posti
di responsabilità.
Ma il suo lavoro lo impegna
sempre di più fino a ricoprire
la cattedra di chimica generale
ed inorganica dell’Uniyersità di
Pavia, dove promuove la costituzione del laboratorio di energia nucleare trasferendovi il
reattore che aveva posto in funzione (il primo in Italia) durante la sua docenza all’Università
di Cagliari.
Una commissione
sinodale
Concludo queste note con un
ricordo personale: proprio nella sua qualifica di esperto nucleare, Mario Alberto Rollier fu
chiamato a far parte di una commissione sinodale (1978) che riferisse sulla questione energetica. Il sottoscritto faceva parte
di questa commissione, quale relatore, e firmò una serie di quattro articoli preliminari su questo settimanale per una maggior
conoscenza da parte delle chiese e dei lettori. Pur nella opposizione delle rispettive opinioni
sull’energia nucleare, di cui egli
era un convinto assertore, Rollier mi diede la sua collaborazione nella parte più « tecnica »
della stesura, dalla quale Risultavano tutti i rischi di tale energia. Nell’ordine del giorno finale presentato dalla nostra commissione e votato dal Sinodo,
veniva auspicata la necessità di
un confronto approfondito sull’opportunità di ricorrere all’energia dell’atomo. Un ulteriore
segno — qualora ve ne fosse ancora bisogno — della sua grande onestà intellettuale e del rispetto delle altrui opinioni.
Roberto Peyrot
' CINZIA ROGNONI VERCELLI. Mario Alberto Rollier, un valdese federalista, Milano, Jaca Book, pp. 205,
L. 24.000.
3
17 gennaio 1992
fede e cultura
DIBATTITO A NAPOLI
UN FILM PER DISCUTERE
Il cristiano fa ii nodo
}
in fondo al filo
La questione dell’etica va affrontata partendo dal presupposto che
essa si configuri come una continua ricerca - Alcuni interrogativi
Organizzato dal circolo ’’Galeazzo Caracciolo” si è tenuto a
Napoli, nel dicembre scorso, un
dibattito sul tema ’’Etica laica
ed etica cristiana”. Sergio Rostagno, professore di teologia sistematica alla Facoltà valdese, e
Aldo Masullo, professore di filosofia morale aH’Università di Napoli (introdotti da Nicola Pagano, presidente del circolo), si
sono confrontati con due approcci al tema che, apparentemente
distanti nel taglio disciplinare,
teologico il primo, filosofico il
secondo, mostravano' una singolare consonanza di vedute ed
impostazione.
Intanto, e innanzitutto, nel
metodo: non esiste, si è detto,
un’etica ’’laica” o ’’cristiana”;
c'è piuttosto una ’’ricerca”, cristiana o laica, deU’etica. Di qui
una prima importante acquisiz’One, comune alle due relazioni'
il rifiuto di principi assoluti.
« L’etica cristiana non è assoluta — ha detto Sergio Rostagno —; non si può trasformare
l’Evangelo in una legge ». Secondo Masullo « l'etica non risponde
più al comando di Dio o al potere costituito, ma al criterio della responsabilità ». C’è, anzi, di
più: una vera e propria messa
in crisi del dato conoscitivo come fondamento dell’opzione etica. La sola, possibile conoscenza di Dio non è una rivelazione
di principi assoluti, ma è la croce, cioè la mia stessa crisi, il
mio ’’essere in questione” davanti a Dio. « Di fronte a Dio crollo come soggetto » ha detto Sergio Rostagno, ma da questa singolarissima conoscenza di Dio, da
questa radicale disfatta esistenziale, nasce un’etica di accoglienza reciproca e accettazione dell’altro che, come me, è sotto il
segno dello stesso giudizio: « Accoglietevi gli uni gli altri » (Rom.
15: 7) è la raccomandazione di
Paolo. In Cristo la riconciliazione è possibile, al di là delle differenze. Da una parte, dunque,
crisi e ’’disperazione” di sé; dall’altra, e insieme, costruzione di
rapporti che superino le divisioni, un mondo umanamente vivilsile, un atteggiamento etico
costruttivo e fattivo, come quello di colui che « ha fatto un
nodo in fondo al filo, perché la
cucitura tenga », come ha detto
Rostagno, riprendendo un’efficace immagine di Kierkegaard.
Anche per Masullo si è oggi
di fronte ad una radicale crisi
della ragione che si manifesta
come il venir meno di un sistema generale di significati (qual
è il senso del sapere?), come perdita o "rottura” del limite del
possibile per lo scatenarsi senza
’’nómos” della potenza tecnologica; infine con una sorta di
accelerazione del tempo, di "contrazione” della durata che rende ’’istantaneo” il cambiamento.
Ed è proprio da una riflessione
sul tempo come coscienza dolorosa del cambiamento, come passaggio, come « il vissuto della
perdita » che nasce e si fonda
un’etica della responsabilità, che
emerge quello che Masullo ha
chiamato il carattere "escatologico” dell’esistere. Ad ogni istante
io « esco dal mio stare », sono
strappato al mio esistere, sono
« mutilato di me stesso di fronte ad un futuro che è già cominciato » e del quale porto intera la responsabilità. Dinanzi
ad un futuro denso di spaventose minacce, e che tuttavia ad
ogni istante mi viene sottratto
inesorabilmente, la responsabilità coincide con ”l’inter-esse” verso se stessi, cioè con « l’aver a
cuore » il futuro e il destino delle esistenze individuali e collettive.
Qual è allora il fondamento
di un’etica così ’’escatologicamente” orientata? Essa non obbedisce né alla prescrizione, né
alla razionalità come tale, né ad
una qualche verità astrattamente intesa: il vero bene è la ricerca di ciò che ’’unicamente”
è bene, il criterio di sperimentazione (non presunzione di assoluto), che entra in rapporto con
altre verità e con esse si confronta.
Questo è, in estrema sintesi
e con qualche necessaria semplificazione, il senso delle due relazioni. Se c’è un’osservazione
conclusiva, o meglio una domanda che si può rivolgere ai due
relatori e che in qualche modo
affiorava anche nel dibattito, riguarda quello che chiamerei il
fondamento negativo di questa
etica: il nesso molto stretto che
in entrambi i casi si poneva tra
etica e tempo della crisi, etica
come ricerca che nasce in presenza di una situazione di emergenza, di un bisogno, di una radicale destrutturazione del soggetto o di una perdita generale
del senso.
La domanda è, invece, se l’etica non possa avere un fondamento positivo, non possa radicarsi in un’opzione libera dalla
costrizione o dall’emergenza, non
possa costituire la gioiosa risposta affermativa ad un’esperienza
di liberazione: le tavole della Legge (Esodo 20) non sono forse dettate nella totale disponibilità del
deserto, dopo l’esperienza della liberazione dall’Egitto? E la risposta etica del cristiano, quel
suo « fare un nodo in fondo al
filo », non si fonda nella tranquilla certezza di una salvezza
già data per grazia e ricevuta
per fede nella libertà?
Rosanna Ciappa Nitti
A SIENA NEL LUGLIO PROSSIMO
Il Consiglio della Federazione
protestante dell’insegnamento,
la cui segreteria ha sede a Parigi (rue de Clichy, 47), ha convocato dal 27 al 31 luglio 1993
il « Congresso latino », che ha
luogo ogni due anni. Ad esso
partecipano rappresentanti dei
vari paesi latini europei ma recentemente è stato allargato anche a paesi come il Belgio, la
Cecoslovacchia, la Svizzera e la
Polonia. Il Congresso 1992 avrà
luogo in Italia, ospite della città di Siena, sotto il patrocinio
della Chiesa valdese, del Comune, del circolo « Rosselli » di Siena e del Centro culturale valdese di Torre Pellice.
L’organizzazione del Congresso si svolge in stretta collaborazione con la segreteria della Federazione europea ed in Italia
è affidata a un comitato d’iniziativa nelle persone di Marco
Baglioni (circolo « Rosselli » di
Siena), Elio Canale (Liceo valdese di Torre Pellice), Roberto
Eynard (ex AICE), Bruna Peyrot (Centro culturale valdese di
Torre Pellice), Giovanna Pons
(pastore valdese a Siena).
Il comitato ha pianificato un
programma provvisorio delle varie giornate in accordo col tema generale del Congresso, Protestantesimo e cultura moderna,
che verrà presentato dai partecipanti alla tavola rotonda pubblica che concluderà la prima
giornata di lavori.
I congressisti avranno l’opportunità di udire relazioni e partecipare a lavori di gruppo su
« Cultura religiosa e cultura scolastica nelle scuole » dei vari
paesi rappresentati, « Identità
protestante » e « Educazione all’interculturalità ».
Una giornata sarà dedicata al
turismo, con visita a San Gimignano.
II Congresso si concluderà la
mattina di venerdì 31 con le relazioni dei vari gruppi di lavoro e il culto nella Chiesa valdese di Siena.
Il comitato si è inoltre adoperato, con il sostegno del Comune di Siena, a trovare le strutture necessarie per accogliere i
congressisti e ospitarne i lavori.
Per noi, insegnanti evangelici
Iperbole cibernetica
e uomo degli anni ’90
E’ possibile capire il rapporto tra le immagini e i mutamenti (del nostro vivere sociale?
Gii insegnanti protestanti
verso il c<Congresso latino»
"Protestantesimo e cultura moderna" l’argomento che sarà discusso
dai partecipanti - Occorre ricostruire uno spazio per il confronto
italiani e per tutti gli interessati si tratta di far rivivere, accanto al Congresso-Campo latino, l’AICE (Associazione insegnanti cristiani evangelici), che
aveva cessato la sua attività associativa nel 1973, dopo la crisi
della scuola tradizionale (cfr.
Roberto Eynard, L’AICE: storia,
attività e funzioni, « La beidana », n. 14, dicembre 1990, pp.
23-29).
Troppo ampie e di forte testimonianza sono state le prese
di posizione protestanti sull’insegnamento della religione a
scuola, sulla laicità della scuola
e sulla libertà di coscienza per
non adoperarsi a ristrutturare
un’area di confronto, di scambio
di opinioni, di linee operative
come già era stata l’AICE, un’associazione culturale che ha le
sue radici nella fatica evangelica di molti nostri predecessori.
per il comitato
Giovanna Pons
(Per informazioni; Bruna Peyrot, Centro cuiturale valdese, Torre Pellice, tei.
0121/932566).
TERMINATOR 2 — Il giorno
del giudizio, di James Cameron — Alla vigilia di una guerra
nucleare un robot a, forma di uomo (il «Terminator» di ultima
generazione ) cerca di uccidere un
ragazzo la cui madre, ex guerrigliera e sabotatrice di reti informatiche e banche-dati, ora rinchiusa in manicomio, avrebbe
portato im antenato dell’automa
Ü1 protagonista del primo Terminator) alla distruzione. Quest’ultimo però è « vivo », ora protegge il ragazzo. Insieme alla madre, fuggita, essi scovano il progettista di tanta esplosività, che
detiene anche im microprocessore che, in mano ad una delle potenze belligeranti, sfuggirebbe al
controllo umano, annichilendo la
■cerra.
Naturalmente il film finisce bene. Vuole essere un film sul Bene e sul Male, ma è un film sull’esagerazione, sull’eccesso. E in
questo è un film sull’oggi, più
che sul futuro.
La vicenda è banale, soprattutto a proposito dello scienziato
’’pentito” della propria scoperta
distruttrice. Ma i precedenti, letterari e cinematografici, sono illustri. Il robot (o più modernamente il cyborg, da « cybernetic organism »), macchina che sostituisce
l’uomo e in alcuni casi ne assume le fattezze, ha antenati celebri: da Frankenstein (1816-17) al
Golem delle antiche leggende
ebraiche, reso romanzo da Gustav Meyrink nel 1915; dal pupazzo del turco che gioca a scacchi
(Il giocatore di scacchi di Maelzel
di Edgar A. Poe, 1830 circa) ai
« replicanti » di Biade Runner,
film del 1982 i cui protagonisti sono macchine irresistibili, invincibili, ma privi di sentimenti, di ricordi, e destinati a vivere troppo
intensamente e troppo poco, ciò
a cui si ribellano.
Più interessante ancora, in Terminator 2, è un altro motivo
classico, quello del doppio. Ricorderemo solo II sosia di Dostoevskii (184546) e poi il celebre
Straordinario caso del Dr. Jekyll
e Mr. Hyde (1885) di Robert L.
Stevenson. Un uomo che assume,
al ritmo delle proprie metamorfosi originate da un esperimento
scientifico, una natura buona e
una demoniaca: personaggi che
anticipano la schizofrenia del nostro secolo, le personalità sdoppiate, le angosce di uomini che
non trovano un posto nella società, vivono travolti dai conflitti
interiori, hanno paura di se stessi, non riconoscendosi.
Un essere
camaleontico
Uomo invincibile, cattivo tra i
cattivi, il Terminator ultimo modello può essere preso a fucilate
ma resiste: i fori di proiettile si
richiudono, le ferite si risanano,
e quello se ne riparte a dar la
caccia al ragazzino. Non solo, il
robot ha pure la facoltà di assumere le sembianze degli altri, uomini o donne, e di trafiggerli con
dita meccaniche che si trasformano in artigli e spade.
Per realizzare le sequenze relative è stato dapprima filmato
l’attore in carne e ossa; l'immagine è stata successivamente elaborata dal computer in modo da
poter tradurre visivamente (frazie a sofisticatissimi moduli grafici) le perforazioni, gli spappolamenti e le ricomposizioni di Quel
corpo indistruttibile... Il gioco dura finché il suo « alter ego », il
Terminator buono, scopre che lo
può annientare, precipitandolo in
una vasca di acciaio liquido. Qui la
scomposizione deH’immagine filmata e computerizzata raggiunge
il parossismo: il cattivo, di cui
distinguiamo sempre i lineamenti
« umani », diventa una massa di
acciaio fuso che... vomita se stessa. Il buono, per evitare minacce
future, si fa calare anch’egli nel
medesimo calderone, a condividere la sorte del suo « doppio »:
come dire che uno da solo non
ha motivo di esistere.
L’uomo ricostruito
dal computer
Ciò che fa riflettere è proprio
nei modi della realizzazione. E’
vero che siamo nella fantascienza, e che in un certo senso tutto
è concesso. Però qui il trucco,
l’elettronica sono utilizzati non
per creare marziani, oppure disegni animati, personaggi di fantasia alla Walt Disney, o ancora
E.T. alla Spielberg... No, qui il
computer ricostruisce l’attore per
dargli la forza di estendere le
proprie possibilità al di là dell’umanamente realizzabile. C’è bisogno deH’uomo per farne una copia dotata di poteri sovrumani.
Superomismo? Non credo, direi
piuttosto gusto per l’eccesso, ansia del limite, voglia di spettacolo ridondante e baroccheggiante.
Le sequenze migliori sono non
per caso gli inseguimenti, in moto, in auto, su Tir che perdono il
tetto e sfasciano i cavalcavia.
Una narrazione gonfiata come
un’iperbole: onesta figura retorica viene definita da Ducrot e
Todorov nel Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio
(Parigi, 1972) come «aumento
quantitativo delle proprietà di
un oggetto ». Altri parlano di amplificazione che rasenta il paradossale.
Un’epoca che si
alimenta di eccessi
Qggi questo modo di esprimersi è più che mai in voga, e non
tanto nel film di effetti speciali,
ma nel carattere ’’drogato” dei
dibattiti televisivi, nel linguaggio da rissa di molti politici,
nelTesasperazione dell’agonismo
negli stadi (in campo e di conseguenza sugli spalti), nel bombardamento di informazioni non sorrette da un filo logico, nel consumo delle risorse.
Siamo, dice il massmediologo
Qmar Calabrese, in una fase di
vera e propria « valorizzazione
estetica del meraviglioso, dell'eccessivo, dell’eccezionale, oppure
dell’astratto e dello scientificotecnologico ». Di conseguenza
« quando un principio formale
(vicino per molti versi a quello
dell’estetica barocca, ndr) diventa una poetica, i contenuti possono anche diventare marginali »
Tutto sta, allora, a verificare se
questa esperienza estetica, se questo universo creativo, questo mondo di immaginazione in cui le forme diventano contenuti, ci parlano, bene o male, dell’oggi, di noi,
dei problemi sociali o di Quelli
del soggetto. Se sì, ben venga,
anche attraverso la storia non
molto originale di Terminator 2.
Ma, appunto, ciò che conta sarebbe soprattutto fare questo lavoro di verifica. Ci vogliamo provarg?
Alberto Corsani
' O. C/U.ABHE.SK, Mille di questi anni, Bari, Laterza, 1991.
4
4 vita delle chiese
17 gennaio 1992
LA TAVOLA INFORMA
LA RICONOSCENZA DELLA CHIESA
Fede e impegno
nella chiesa
La centralità della formazione permanente - Verso una nuova commissione amministrativa per la diaconia - Il punto sulle contribuzioni
Gustavo Bertin
Lo spazio disteso di tre giornate a Ecumene e una a Roma
(dal 3 al 6 gennaio) ha consentito alla Tavola di aggiungere alcune essenziali discussioni su temi di fondo al lavoro di normale amministrazione.
Temi di fondo
Insieme ai professori della Facoltà la Tavola ha condotto una
riflessione sulla fede e l’impegno nella chiesa, sul raccordo
necessario tra ricerca culturale
ed accademica e vita delle chiese. Tema centrale è parso quello della formazione permanente,
dei pastori e dei predicatori in
primo luogo, ma in generale di
quanti hanno a cuore il messaggio evangelico e la sua trasmissione. Si è discusso quindi su
come la Facoltà opera concretamente per la preparazione del
ministero pastorale, per la riflessione teologica nella chiesa
e nel dialogo con la cultura. E
come può la Facoltà raccordare
esigenze teologiche ed accademiche con la vita delle chiese,
tener conto della specifica spiritualità degli studenti di oggi, e
allo stesso tempo non ignorare
il dibattito degli ultimi decenni,
fare i conti con « Antiche certezze, nuovi problemi » (titolo di
un documento preparato dal
prof. S. Rostagno distribuito nel
corso dell’incontro). Si è trattato quindi di un dibattito che volutamente ha lasciato da parte
10 specifico del quotidiano per
affrontare questioni fondamentali del nostro essere chiesa oggi.
Già in precedenza la Tavola
aveva affrontato il tema delle linee portanti della nostra identità di chiese protestanti e delle linee di tendenza emergenti
dalle decisioni degli ultimi Sinodi. Discutendo in particolare
11 voto sull’8 per mille e quello
di riconferma della Tavola da
parte dell’ultimo Sinodo, la Tavola ha riscontrato valutazioni
e motivazioni diverse al proprio
interno. Ma ha anche espresso
collegialmente, al termine della
discussione, l’opportunità che il
moderatore e gli altri membri
della Tavola contrari all’8 per
mille accettino l’eventuale riconferma dell’incarico da parte del
prossimo Sinodo.
In tema di organizzazione della diaconia la Tavola ha proseguito la riflessione sulla proposta nota col nome di « nuova
CIOV », che si va via via precisando nel senso di una « Commissione sinodale per la diaconia ». Non si parla più dell’attuale CIOV che, rinnovandosi,
congloberebbe in sé anche il
coordinamento di altre opere assistenziali, ma di una nuova
Commissione sinodale amministrativa (per la diaconia) che
coordinerebbe le opere sanitarie
e assistenziali, mentre la CIOV,
identificata con gli ospedali, sa
Domenlca 19 gennaio
□ SETTIMANA
PER L’UNITA’
DEI CRISTIANI
S. VALERIANO-CUMIANA — Alle ore
14,30, presso la Fraternità monastica
di Monteoroce, si tiene un’iniziativa
di preghiera ecumenica a cui partecipano mons. Pietro Giachetti e il past.
Archimede Bertolino.
rebbe uno dei Comitati/Commissioni facenti capo alla nuova
CSA. Prossime tappe di questo
cammino — che si avvantaggia
di una ricerca non affrettata per
precisare la propria direzione tenendo conto di critiche e obiezioni — saranno un incontro tra
Tavola e CIOV in febbraio e il
convegno delle opere che si terrà a Firenze il 7-8 marzo.
Anche un argomento piuttosto
burocratico — la riorganizzazione degli uffici — ha permesso
alla Tavola di dibattere a fondo la propria struttura e il proprio modo di operare in connessione con i propri uffici di Roma e di Torre Pellice e delle
Commissioni consultive di cui
si avvale. Sulla base di una relazione di esperti che sono stati
consultati in proposito, la Tavola sta elaborando un documento che sarà varato nelle
prossime sedute, distribuito ai
membri del personale e discusso in una riunione in primavera. Ne dovrebbe derivare — negli auspici della Tavola — un
potenziamento degli uffici, un ulteriore coinvolgimento di quanti lavorano nell’ambito della Tavola e un’accresciuta funzionalità del maggiore organo esecutivo del Sinodo.
Finanze
La Tavola ha registrato la
convinzione di diversi che le
chiese non fossero tenute al pagamento dell’INVIM. La ridda di
notizie contrastanti degli ultimi
2 mesi può aver dato quest’impressione, ma purtroppo essa è
errata. La Tavola ha dovuto pagare per quest’imposta più di
500 milioni, di cui 446 a suo carico e il resto per conto di alcune chiese autonome e opere.
Il tentativo (messo in atto da
Tavola, OPCEMI, luterani, pentecostali e avventisti) di ottenere l’esenzione per gli enti non
commerciali che non hanno Ani
di lucro e che non svolgono attività commerciali prosegue nello scorcio della legislatura abbreviata, nel quadro della conversione in legge di un decreto
relativo all’IN'VIM, con qualche
probabilità di successo.
L’anticipo di due anni rispetto alla scadenza decennale delriNVIM e il fortissimo aumento delle rendite catastali attribuite agli immobili « di reddito » hanno colto di sorpresa la
Tavola, che negli anni ’84-’91 aveva accantonato per questa imposta 120 milioni. Il maggior costo di questa imposta va a gravare così per circa 220 milioni
sull’esercizio ’91 (tale era il saldo attivo che si prevedeva desse il conto stabili per quest’anno) e il resto, sempre contabilmente, viene imputato all’esercizio del ’92. Questo non vuol
dire che il peso dell’INVIM potrà essere assorbito dal bilancio ordinario dell’esercizio che
stiamo chiudendo e del prossimo: per coprire quella spesa
straordinaria andranno reperiti
fondi straordinari. Ma vuol dire
che contabilmente ci troveremo
con un « buco » di circa 220 milioni per il ’91. Speriamo non
di più. Se chiudessimo infatti
« solo » con questo deficit vorrebbe dire che — a parte l’INVIM — l’esercizio 1991 raggiunge il pareggio.
E’ quanto la Tavola — esaminando con l’amministratrice Rosella Panzironi i conti non ancora Anali e le proiezioni — spera vivamente. Determinanti saranno le ultime contribuzioni
per il ’91 che arriveranno in gennaio e i contributi al fondo di
riconoscenza che è ancora ben
lontano dalla sua meta. La Tavola raccomanda alle chiese, particolarmente a quelle che non
hanno ancora raggiunto il loro
obiettivo, una generosità consapevole dei pesanti carichi che
gravano sulla chiesa nel suo insieme. E ricorda alle chiese che
il fondo riconoscenza rappresenta per tutte la possibilità di
esprimere, al di là della meta
contributiva, un concreto segno
di riconoscenza per quanti hanno servito nella chiesa nel passato e hanno contribuito con il
loro ministero al proseguimento
della sua vita e della sua opera.
Guardiamo intanto con fiducia
al nuovo anno testé iniziato: il
preventivo ’92 della Tavola dovrà essere confrontato con gli
impegni che le chiese dovranno
assumere entro il 15 febbraio
(comunicandoli telefonicamente
alle rispettive CED). Speriamo
vivamente che da questo confronto il preventivo della Tavola sia confermato e non vi sia
la necessità di contrarlo, riducendo in qualche modo l’opera
della nostra chiesa.
Campo di lavoro
Come in tutte le sedute, molto tempo è stato dedicato alla
sistemazione del campo di lavoro che riguarda le assegnaziopi pastorali del prossimo autunno e di quello successivo, mentre già alcune scadenze del 1994
devono essere prese in considerazione. Per il momento la Tavola si è limitata a ufficializzare un trasferimento maturato
negli ultimi mesi, quello del pastore Guido Colucci che dal 1°
ottobre servirà nella chiesa di
Pisa.
Incontri
Nel corso delle sedute la Tavola ha incontrato, oltre ai professori della Facoltà, la CED del
IV distretto, con cui ha esaminato la vita delle chiese e delle
opere del sud; l’OPCEMI, con
cui ha discusso del campo di
lavoro, dei preventivi per il ’93
e particolarmente del giornale
comune BMV in vista di un importante appuntamento operativo (18.1: incontro della giunta
BMV con i gruppi che a diverso titolo stanno portando avanti la realizzazione di questo importante progetto); il pastore
Sergio Aquilante con cui ha discusso le modalità del suo trasferimento nel circuito campano per un potenziamento del lavoro particolarmente a Napoli
Ponticelli.
■ • :
H-' ><v
Nelle sue ultime sedute la Tavola ha ricordato con riconoscenza il ministero del pastore
Gustavo Bertin, deceduto il 26
dicembre 1991 all’età di 87 anni.
Gustavo Bertin svolse il suo
ministero pastorale a Pachino,
ad Orsara di Puglia, a Brindisi
e Taranto, a San Germano Chisone, a Torino, a Pisa e Lucca.
Come pastore emerito non fece mancare la sua collaborazione alla chiesa e al corpo pastorale, in colloquio costante con
le generazioni più giovani, capace di critica ma soprattutto
di consiglio fraterno, di volontà
di comprensione, preoccupato
della fedeltà al messaggio evangelico nel mutamento dei tempi
e delle situazioni.
Il pastore Giorgio Bouchard
ha ricordato la personalità di
Gustavo Bertin, ’’apostolo” e te
stimone negli anni della guerra
e della ricostruzione. Lo scrupolo, il ritegno calvinista che
Bouchard ricorda e che non gli
fece ostentare né l’aiuto dato
per salvare la vita ad un ebreo,
né la cronistoria dei fatti di guerra che non volle mai pubbUcare lo ha accompagnato anche nel
desiderio di avere un servizio funebre il più sobrio possibile; abbiamo rispettato e compreso questa sua volontà.
Con fraterna simpatia siamo
accanto alla compagna di vita e
di ministero. Laura Trinchera.
La chiesa è grata al Signore
per quanto ha ricevuto dal pastore Gustavo Bertin, e stimolata da una memoria riconoscente
si apre alla speranza e alla luce
dell’Evangelo.
Sergio Ribet
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Scambi tra Unioni
EVANGELICI
Riunioni
di preghiera
TORRE PELLICE — Le chiese evangeliche locali intendono riunirsi in cinque occasioni per ascoltare la Parola
di Dio e invocarlo. Il programma prevede gli incontri lunedì 27 (ore 20,30
nella sala della Chiesa avventista, via
Giolitti 6), martedì 28 (ore 16, presso
l'Esercito della Salvezza, via Cavour,
9), mercoledì 29 (ore 20,15, presso la
Chiesa pentecostale, via Ciaperassa 3,
Luserna S. Giovanni), giovedì 30 (ore
16, presso la Chiesa dei fratelli, c.so
Gramsci), venerdì 3i (ore 20,30, presso la Casa unionista valdese).
VILLASECCA — L’Unione
femminile, una delle attività della chiesa che meglio camminano sulle proprie gambe (senza
apporto « pastorale ») con la solerte presidenza di Nella Tron
Menusan, ha effettuato negli ultimi mesi due riuscite visite a
Unioni sorelle: a quella di Bobbio, che ha fornito la gradita
occasione di rivedere il pastore
e la signora Rutigliano, e a San
Germano. Questi scambi sono
sempre occasione di grande arricchimento.
• Uguale gioia ha vissuto la
corale nel partecipare al concerto natalizio a Perrero, la sera
del 20 dicembre. Vorremmo, per
entrambe queste attività, che
questi momenti di gioia funzionassero anche da « calamita »
per il reclutamento di nuovi
membri. Siamo certi che non se
• Le celebrazioni natalizie
hanno seguito lo schema classico: culti, oltre che nel tempio
dei Chiotti, nei quartieri di Trussan e di Bovile; festa dei bambini a Villasecca il 26 mattina.
Gli alunni della scuola domenicale e del catechismo hanno
presentato recite di argomento
natalizio e letture, con apprezzamento generale dei presenti
alla festa. La lotteria indetta a
favore del restauro del campanile dei Chiotti ha avuto successo ed ha dato buoni frutti.
• Per quanto riguarda il campanile, la raccolta delle offerte
procede bene. Sono iniziati i lavori per il rifacimento del tetto
e ci auguriamo che, a lavori ultimati, anche le offerte abbiano
la possibilità di coprire la spesa
relativa. Ringraziamo, fin da ora,
tutti coloro che hanno generosamente contribuito e quelli che,
non abbiamo dubbi, stanno per
farlo.
Assemblea di chiesa
POMARETTO — L’assemblea
di chiesa è convocata per do
menica 19, nei locali del teatro
dopo il culto, con il seguente
odn: riconferma anziani; nomina
nuovo anziano; informazioni
esercizio finanziario 1991; previsione spese anno 1992; varie
eventuali.
La comunità è pregata di intervenire data l’importanza degli argomenti.
Il "vivere insieme”
ANGROGNA — Il 3 gennaio
è stato annunziato l’evangelo della risurrezione in occasione del
funerale di Oscar Malan, improvvisamente deceduto all’età di 56
anni la notte del 1° gennaio, a
pochissime ore dall’inizio del
1992.
Oscar, che da bambino era stato mutilato di una mano e dì
un occhio dall’esplosione di una
bomba da lui trovata nel campo nel quale stava sorvegliando
delle pecore, ha vissuto una vita solitaria e povera ed è morto solo, mentre intorno in tanti
erano ancora impegnati a festeggiare il nuovo anno.
Una vita e una morte, la sua,
che ci invitano a riflettere sul
valore del « vivere insieme » e
sulla solidarietà, in questi nostri tempi in cui è così forte la
tentazione di chiudersi nella
tranquillità pigra e indolente del
proprio tran tran quotidiano e
del proprio cantuccio nel quale
starsene in pace senza essere assillati dai problemi degli altri,
che vivono magari accanto a
noi ma che sentiamo e vogliamo
da noi infinitamente lontani.
• Domenica 19 gennaio terremo, alle ore 10,30 nella Scuola
grande del capoluogo, un culto
« con discussione ». Dopo un breve sermone, rifletteremo insieme
proprio sul culto e cercheremo
di approfondire il perché della
scarsa partecipazione che — quasi ogni domenica — siamo costretti a registrare ai culti.
5
17 gennaio 1992
vita delle chiese 5
FORESTERIA VALDESE DI VENEZIA
CORRISPONDENZE
In 5.000 da tutto il mondo Accoglienza
Dalle parole del direttore uscente traspare una storia quotidiana
di incontri - Una struttura particolare in una città tutta speciale
« E’ strano, non ti accorgi di
quanto sia variegato il lavoro in
questa casa fino a che non ti appresti a dare le consegne! ». Con
queste parole pronunciate così,
semplicemente. Riccardo Bensi si
prepara a lasciare la Foresteria
di Venezia per andare in pensione. Gli rivolgiamo alcune domande.
— Per 11 anni hai diretto un’opera della chiesa. Quali sono le
tue considerazioni e quale valutazione dai di questo periodo della
tua vita?
« In questo lungo periodo ci sono stati momenti difficili e pesanti, come quando si funzionava dì
fatto come albergo e l’unica soddisfazione poteva essere il verificare l’aumento del conto in banca; poi, fortunatamente, la situazione è gradualmente cambiata
ed il rapporto con gli ospiti è mutato. Chi entrava nella casa ha cominciato a capire la realtà di questo spazio ed a comportarsi di
conseguenza. Momenti molto belli
e gratificanti, invece, li ho vissuti
durante i soggiorni di gruppi delle chiese evangeliche europee ed
italiane, ma la soddisfazione più
grande l’ho provata quando la comunità di Venezia si è riunita
qui, nei locali della Foresteria. In
quel momento tutti noi siamo stati ripagati del nostro lavoro a volte così difficile. Posso dire che l’aver lavorato tutti questi anni per
la chiesa è stato per me un vrivilegio. Lavorare in piena autonomia, in piena libertà, sapendo che
il proprio lavoro ha un significato e non è svolto soltanto per lucro, mi ha pienamente gratificato ».
— Mi è parso di capire che anche a Venezia, come talvolta avviene nelle realtà dove funzionano le nostre opere, non sempre i
rapporti con la comunità locale
sono stati facili. Puoi precisare,
anche in relazione alla chiesa in
generale?
« Sottolineo che con la chiesa
di Venezia ci sono sempre stati
buoni rapporti, ma Foresteria e
comunità vivevano distanti: non
esisteva alcuna comunicazione. Al
mio arrivo, la Foresteria usciva
da un periodo di gestione diretta
del pastore; forse, e a ragione, la
comunità si sentiva come defraudata di quella parte del tempo
che il pastore dedicava a questa
opera, per cui la viveva in modo
antagonistico. All’inizio non abbiamo lavorato insieme, ma non
mi hanno neppure ostacolato. Col
tempo la comunità ha capito ed
è stata disponibile a far parte
del Comitato, alcune persone mi
hanno aiutato in modo sensibile, ma soprattutto mi hanno
fatto sentire a mio agio, nonostante io non abbia mai avuto un
aiuto materiale, anche quando
l'ho chiesto: ecco, spesso nel lavoro mi sono sentito solo. Bisogna però considerare che la comunità è formata prevalentemente da persone anziane ed i pochissimi giovani sono impegnati nel
loro lavoro. Direi che in un primo
tempo la comunità considerava la
Foresteria un’opera della Tavola
e non una realtà nella quale poteva esprimersi proprio come istanza locale. Poi, in virtù della partecipazione al Comitato, le informazioni sono passate più facilmente e con più frequenza. Certo
sarebbe auspicabile che le opere
fossero sempre di più espressione
della comunità locale, proprio per
esprimere collaborazione.
La Foresteria di Venezia è
particolare: riceve ospiti da tutto
il mondo, circa 5.000 ogni anno,
che rappresentano praticamente
tutte le nazionalità e tutte le religioni. Tutti hanno bisogno di avere informazioni sul valdismo e
sul protestantesimo in Italia. Non
dico che sia necessario dare una
vera e propria testimonianza, ma
è doveroso fornire un’esauriente
informazione. Sarebbe simpatico
se la comunità si esprimesse a
questo livello perché Venezia è
veramente una finestra sul mondo, sede di mostre e di congressi.
Palazzo Cavagnis potrebbe diventare allora occasione di testimonianza non solo per gli ospiti della Foresteria ma per tutti i turisti
che transitano davanti alla nostra
chiesa ».
— Il tuo sogno quindi è di vedere Palazzo Cavagnis più integrato nella città, con i portoni
sempre aperti?
« Certamente, questo è sempre
stato il mio sogno: creare qui un
centro aperto come spazio culturale con mostra permanente e solette con audiovisivi in varie lingue. In questi anni ho pensato
molto a questo progetto ed ho elaborato una piccola ipotesi di ristrutturazione del palazzo e di
riutilizzo funzionale dello stesso,
al di là di quello che potrà essere
il restauro completo della struttura. E’ semplicemente un’ipotesi
ma forse già un buon canovaccio
di partenza.
Questo è il mio rammarico: non
poter partecipare alla realizzazione anche di un solo tassello. E’ però grande il bagaglio di rapporti
di amicizia creati con gruppi di
persone che tornano ogni anno
accompagnati da pastori come
Martin Auri, Erik Mayer e tanti
altri, tutti fraternamente legati
alla nostra chiesa ».
— Parafrasando un intervistatore televisivo, cosa c’è adesso
dietro il tuo angolo?
« Una pensione vissuta non certo in pantofole! Un periodo di riposo ma soprattutto un periodo
per fare attività che avevo accantonato, qualche viaggio e finalmente la soddisfazione di poter
vivere con mia moglie in Sardegna dove lei lavora: fino ad oggi
ci potevamo incontrare soltanto
durante le vacanze scolastiche.
Sarò padrone del mio tempo per
ritornare anche nella casetta di
Frali nelle Valli, per ascoltare i
dibattiti sinodali e della buona
musica. Mi rimane tutto il piacere di aver lavorato per la chiesa,
di aver fatto un lavoro che ho
scelto, insieme a comitati dove
scopri dei fratelli che non giudicano, supportato da una Tavola
che non ha mai funzione di censore, e questi non sono luoghi comuni. Sono le condizioni che ti
permettono di lavorare serenamente. Io ho provato tutto questo non solo a Venezia, ma anche
durante i 7 anni trascorsi ad Agape. Posso affermare che la mia
vita è stata sicuramente ricca ed
io mi sento completamente appagato ».
Intervista a cura di
Sandra Rizzi
ROMA
Preghiera ecumenica
Le perplessità suscitate dalla celebrazione
in San Pietro all’ultimo Sinodo dei vescovi
ROMA — Il decano della Chiesa evangelica luterana in Italia
(CELI), Hans Gerch Philippi, e
il prof. Ermanno Genre, a nome del decano della Facoltà valdese di teologia, sono stati presenti alla celebrazione della preghiera ecumenica che si è svolta nella basilica di San Pietro
il 7 dicembre, nel quadro del Sinodo dei vescovi cattolici europei.
Hanno invece declinato l’invito a partecipare a questa celebrazione il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Giorgio
Bouchard, il moderatore della
Tavola valdese, pastore Franco
Giampiccoli, e il presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, pastore Saverio
Guarna.
Nella lettera al cardinale Edward Idris Cassidy, presidente
del Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani, che aveva trasmesso l’invito, Bouchard ha espresso l’opinione che la preghiera ecumenica in San Pietro (originariamente avrebbe dovuto svolgersi nella basilica di San Paolo) si sarebbe svolta in un contesto ecumenico non abbastanza chiaro,
dicendosi convinto che le chiese troveranno altre vie per concretizzare il dialogo ecumenico.
Giampiccoli ha fatto riferimento
al mancato invito al Sinodo del
pastore riformato polacco segnalato dall’Alleanza riformata mondiale, dicendo che non si sarebbe perciò sentito di avallare con
la sua partecipazione, in quanto rappresentante di una minoranza riformata, un ecumenismo
selettivo che ha discriminato
un’altra minoranza riformata.
Guarna ha osservato che questa
celebrazione non avrebbe avuto
riscontro in alcuna realtà o con
senso ecumenico tra le chiese
da lui rappresentate e quella cattolica, sottolineando la necessità
di uno spirito di sincero ravvedimento, di perdono reciproco e
di accoglienza su un piano di parità.
(nev)
SIENA — L’anno si è concluso, ma vogliamo ancora gettare
uno sguardo riconoscente a tutto ciò che il Signore ci ha dato
di vivere e testimoniare nella
prima fase dell’anno ecclesiastico.
Nel corso del mese di settembre abbiamo avuto la gioia di
ricevere la visita delle comunità di Carrara e La Spezia accompagnate dai loro pastori. La
pastore Carmen Trobia ha predicato sulla parabola dei talenti
alle tre comunità riunite nell’ascolto, nella preghiera e nel
canto. Dopo il pranzo comunitario abbiamo visitato la città, allietati da una bella giornata di
sole.
Nel corso del mese di ottobre
le visite alla nostra comunità sono state due. La prima di un
gruppo di giovani provenienti
dal circuito ecclesiastico di Wetzlar (D), accompagnati dal loro
diacono e dal loro pastore. Hanno condiviso con noi il culto di
Santa Cena, allietandolo con
canti accompagnati dal suono
della chitarra. Molti ricordi ci
legano alla città di Wetzlar, gemellata con la città di Siena.
Ricordi di aiuto e sostegno fraterni alla nostra chiesa, per cui
siamo lieti di poter mantenere
questo legame di amicizia.
Il secondo incontro è avvenuto con un gruppo di giovani del
SAE, che avevano seguito a La
Mandola il gruppo di studio su
« Gesù e le donne ». Interessati
dal tema e guidati dal desiderio
di procedere in questa riflessione, questi nostri fratelli e sorelle hanno voluto condividere con
noi un culto ecumenico che
esprimesse la memoria e l’attesa di quanto avevamo vissuto e
ancora speriamo di vivere alla
luce dell’insegnamento dell’Evangelo di Gesù Cristo.
La pastore è stata invitata dalla comunità pentecostale di Montepulciano ricevendo una calda
accoglienza e ampio spazio per
la predicazione.
Il 20 ottobre abbiamo avuto
la nostra assemblea di chiesa,
nella quale sono stati fissati i
calendari delle attività di culto,
studio biblico, catechismo e
scuola domenicale. Anche la nostra comunità è uscita una volta di casa per partecipare al culto interconfessionale della Riforma con le comunità fiorentine,
che Thanno integrata attivamente sia per la predicazione che
per il servizio di Santa Cena.
Vogliamo ancora raccontare di
alcune classi elementari del Co
RICORDO
Stefano Ammenti
Una granide varietà di doni che questo fratello aveva messo al servizio della sua chiesa
BOLOGNA — E’ venuto improvvisamente a mancare un caro fratello, un evangelico che
aveva fatto della battaglia per
la « laicità » delle istituzioni una
delle espressioni pubbliche della sua fede evangelica.
Figlio del pastore metodista
Anseimo Ammenti, qualche tempo dopo essersi laureato in medicina Stefano era approdato a
Verbania (No) ed aveva espresso i suoi vari « doni » non solo
come medico stimato e amato
per la sua umanità e disponibilità, ma anche come predicatore laico nella Chiesa metodista
di Intra con la sua vasta diaspora. Per molti anni era stato
membro del Consiglio di chiesa,
che aveva anche presieduto, e
organizzatore di attività specialmente verso la testimonianza
nella città e nel sociale. Sindaco
di Verbania nella seconda metà degli anni ’60, eletto nelle liste del PSI, aveva mostrato chia
ramente la sua visione « laica »
deH’amministrazione pubblica
tanto da essere benvoluto dalla popolazione ma osteggiato dai
partiti e dalle istituzioni.
Trasferitosi a Massa Lombarda (Ra) alla fine degli anni ’70,
aveva continuato ad affiancare alla sua attività di medico l’impegno politico e sociale, sia nel suo
partito sia nella lotta contro i
tumori e in quella contro la
droga.
Al suo funerale, svoltosi il 4
gennaio a Massa Lombarda, davanti alla folla presente spiccava il gonfalone del Comune di
Verbania, a testimonianza del riconoscimento e della gratitudine di questa città. Il Comune di
Massa Lombarda era rappresentato dal sindaco, mentre tutte le
offerte in memoria sono state
devolute alle associazioni umanitarie di cui era stato fautore.
P. S.
mune di Siena, che sono venute in visita alla nostra chiesa
con le loro maestre, interessandosi vivacemente alla storia dei
valdesi e a quella dell’evangelismo toscano. Altre ancora ne
aspettiamo perché pare che questa attività scolastica sia stata
interessante.
Giovanna Pons
11 pensiero
della Riforma
TORINO — Un corso storicoteologico sul tema « Il pensiero
della Riforma in una prospettiva ecumenica » (sulla base del
testo di Alister E. McGrath II
pensiero delia Riforma, ed. Claudiana) si terrà in otto lezioni
ogni giovedì, dal 23 gennaio al
12 marzo, in due sessioni parallele (ore 16 e ore 20,30, in via
Pio V 15). Conduce il past. Alberto Taccia. Il programma dettagliato e ulteriori informazioni
si possono avere presso la segreteria, tei. 669.28.38.
Un battesimo
gioioso
PALERMO — « Questa è la
quarta domenica dell’ Avvento,
l’ultima. Il ’’cenacolo” nelle chiese metodiste negli Stati Uniti viene illuminato dalla ’’corona dell’Avvento”, che ha quattro candele ( tre rosse ed una rosa) attorno ad una bianca, più lunga, che
simboleggia Cristo... Qggi noi dovremmo accendere le quattro candele ed esse ci ricorderebbero la
speranza, la pace, l’amore e la
gioia che sono le caratteristiche
del tempo dell’Avvento ».
Con questa gioiosa immagine
ripresa dalla tradizione protestante americana ha avuto inizio il culto presieduto dal pastore Sergio Aquilante, che domenica 22 dicemlsre ha amministrato
il battesimo al figlio dei membri
di chiesa nigeriani Vivian e Veronica Wiwoloku. nei locali della
chiesa della Noce.
Una sala piena di gente di colore nei variopinti costumi nazionali, inni italiani e inglesi, gioiosi
canti africani han fatto da cornice a questo lieto evento.
« Il battesimo di Giovanni il
Battista indica che una nuova vita è data alla persona battezzata,
indica che il vecchio essere è morto ed una nuova vita inizia... Ma
un nuovo battesimo deve arrivare: il battesimo con lo Spirito
Santo ».
Questa idea, mutuata da uno
scritto del teologo J. Schniewind,
è stato il messaggio centrale del
sermone del pastore Aquilante.
Il battesimo, è stato ribadito, non
ha un valore magico o misterico,
è unicamente un atto antico attraverso cui la persona battezzata
riceve la promessa possibilità di
essere inclusa nel nuovo ordine
di Dio, « di assaporare nel presente la libertà dei figli di Dio,
libertà dalla schiavitù, da un’esistenza piena di drammatiche contraddizioni, di paure e nonsensi... ».
A conclusione del sermone i genitori di Felix, il padrino Alfonso Manocchio e la madrina Maria
Salerno hanno presentato il bambino al pastore e alla comunità.
In onore del battezzato i fratelli di colore hanno intonato un
inno in lingua youruba, uno dei
principali dialetti nigeriani, mentre Solomon (predicatore laico
della Chiesa metodista del Ghana
e leader del gruppo di colore residente a Parma), in visita agli
amici palermitani, ha rivolto una
preghiera in inglese invocando la
benedizione di Dio sul neobattezzato e sulla comunità tutta.
Musiche, balli e pietanze tipicamente africane hanno allietato i
festeggiamenti proseguiti fino a
tardo pomeriggio.
6
6 prospettive bibliche
17 gennaio 1992
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
IL DONO DELLA LIBERTA'
« Che cosa ti rende diverso dagli
altri? Che cosa possiedi che tu non
abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto,
perché ti vanti come se non lo avessi
ricevuto?» (I Corinzi 4; 7).
Con questa affermazione l’apostolo Paolo
fornisce una risposta chiara ed esauriente
ad uno dei problemi che si stanno ponendo
alla chiesa di Corinto. Lo menzioniamo
brevemente; i credenti di quella chiesa,
estremamente attivi, pieni di Spirito e di
vita, vivono la loro vita comunitaria in perenne conflittualità; sono entusiasti ma polemici, ferventi ma litigiosi, formano gruppi e « partiti » minacciando l’unità della loro testimonianza.
I motivi che determinano questa situazione sono molteplici; ne percepiamo almeno
due. Vi sono anzitutto ragioni teologiche; i
credenti si riconoscono e identificano nella
predicazione di questo o quello dei loro
apostoli: Paolo, Pietro, Apollo. Vi è poi il
gruppo di coloro che non volendo essere la
comunità di Tizio o Caio pretendono di essere la vera comunità di Cristo, col risultato di formare un ulteriore partito. A questo motivo di frazionamento se ne aggiunge
un altro: la volontà e la speranza di essere al servizio del Signore e del suo Spirito.
Se la fede è un vivere per qualcun altro,
per Dio, i credenti di Corinto hanno coscienza di aver ricevuto dal Signore dei doni, delle capacità, alcune connesse col loro
carattere, altre del tutto inattese: chi la capacità di predicare, chi di recare una guarigione morale e a volte anche fisica alle malattie dei fratelli, chi di guida e di direzione nella vita comune, manifestazioni di vita che dal punto di vista della fede, cioè del
servizio a Dio, appaiono come « doni » della grazia.
Tutto bello e chiaro; qual è dunque il
problema? Vi sono fratelli che rivendicano
per il proprio dono, la propria manifestazione di fede una sorta di priorità, e stabiliscono una gerarchia fra i doni dello Spirito, che ha come conseguenza di stabilire
una gerarchia fra i credenti stessi. Il dono
fondamentale, quello di prima categoria,
potrebbe essere il dono di predicare o di
dirigere la comunità; a Corinto la preferenza va al dono del parlare in lingue.
Chi lo possiede vive la vita di Cristo; chi
non lo possiede, pur essendo da considerare fratello in fede, è in realtà di seconda categoria.
I doni dello Spirito,
frutto della grazia
A questa situazione l’apostolo risponde
in termini categorici: i doni dello Spirito
sono frutto della grazia di Dio e non meriti delle persone, le capacità della fede
sono ’’doni”, non opera nostra, e perciò
non costituiscono motivo di vanto. Se una
cosa ti è data, che merito hai a possederla? Come potresti vantartene se non
è frutto della tua attività?
Questi problemi non sembrano avere
oggi, nella vita quotidiana delle comunità
cristiane, un peso rilevante, o per lo meno
nelle nostre comunità; il problema a cui
Paolo dedicava tanta attenzione non sembra più sussistere. Contrasti teologici, preferenze personali continuano ad esistere,
ma non paiono giungere alla tensione lacerante.
Quanto ai doni dello Spirito, alTorgoglio spirituale, al vantarsi di essere dappiù
dei fratelli non c’è la minima traccia di
un atteggiamento del genere.
« lo sono più credente di te, più spirituale, e merito perciò di essere valorizzato maggiormente » è una frase che non
si potrebbe mai udire da noi! Lo sanno
tutti i fratelli, nelle assemblee, alla ricerca affannosa di qualcuno che accetti un
incarico, una responsabilità! Di credenti
che si facciano avanti rivendicando qualità e doni non se ne vedono spesso, anzi
mai.
L’esortazione di Paolo avrebbe dunque
perso la sua validità perdendo la sua attualità? No di certo, l’ha pienamente man
Ogni credente, ogni chiesa vive di doni. E il dono, per definizione, è
qualcosa che ci è stato dato, non qualcosa che abbiamo creato con le nostre mani e di cui possiamo vantarci, disprezzando gli altri. Ma non c’è
solo il problema dell’orgoglio spirituale, c’è anche il problema opposto:
quello di sottovalutare il dono che abbiamo ricevuto. A noi è stato dato
il dono di vivere la fede nella libertà responsabilmente assunta. E ci è
chiesto di farlo fruttare, comunicandolo agli altri. (Red.)
tenuta ma in un contesto diverso; il conflitto e le gelosie non si situano più a livello individuale ma confessionale; non
sono più i credenti singoli, ma le chiese
che si considerano più autentiche, apostoliche, vicine alla fonte della verità, più
legittimate a parlare nel nome di Dio perché depositarie di verità consolidate, perché garantite, e sono le chiese che rivendicano il possesso di doni dello Spirito
più significativi ed essenziali delle altre.
Il dono delle lingue era per i Corinzi la
massima espressione della presenza del Signore. Quante chiese oggi rivendicano per
sé questo primato!
Ci sono molti modi per affermare questa superiorità, molti modi di vantarsi. C’è
chi non ha nemmeno bisogno di farlo
esplicitamente tanto è sicuro di sé, chiese
che hanno tutto e non abbisognano di nulla; i tesori della tradizione e il rinnovamento dello Spirito, che non hanno nulla
da ricevere, né consigli né insegnamenti,
che anzi ne possono dare perché sanno e
possono interpellare le altre da madri e
maestre.
autentiche
Chiese più.,
delle altre?
Vi sono chiese convinte, come quei credenti di Corinto, di essere gli autentici discepoli di Cristo e di vivere nel modo più
pieno la sua comunione avendo superato
quella peccaminosa divisione interna alla
cristianità che si esprime nelle confessioni, sono di Cristo perché non sono né di
Paolo né di Pietro, né del papa né di Valdo, di Wesley o di Calvino.
Vi sono chiese convinte di essere costituite da veri credenti e credenti veri, salvati, rinnovati nella vita e nel cuore, comunità di uomini nuovi che non accolgono di conseguenza alla mensa del Signore
se non i veri credenti, identificandoli con
gli iscritti nei loro registri.
Vi sono comunità che hanno la ricchezza dei doni dello Spirito, dalle guarigioni
alle lingue, che possono riscontrare nella
vita dei credenti i segni e le manifestazioni dello Spirito stesso.
Ciò che colpisce in questa fine di XX
secolo, in questo crepuscolo di cristianità,
è il clima di Corinto che regna fra le chiese cristiane odierne, clima di particolarismo e di sufficienza, sorta di gara inespressa ma reale per il primo posto, per la medaglia di chiesa vera, santa, perfetta,
evangelica, e per lo sguardo di sufficienza
che viene portato molto spesso sulle comunità sorelle (se ancor possono dichiararsi tali!) handicappate e malate. In questo contesto la denuncia dell’apostolo è
quanto mai attuale e si farebbe bene a
prestarle tutta l’attenzione che merita.
Ma preoccupati dal peccato di orgoglio
spirituale, di superbia, di autoaffermazione, di coloro che si fanno avanti, dimentichiamo che esiste un peccato altrettanto
grave, quello che potremmo definire Tautoemarginazione. In contrasto, solo apparente infatti, con l’orgoglio spirituale, e
collaterale ad esso, sta quest’altro atteggiamento di sottovalutazione, svalutazione
dei propri doni da parte di credenti che
si considerano inadeguati alla propria vocazione, deficitari rispetto aH’adempimento del proprio mandato.
Quanto sono bravi gli altri, quanto poco valgo io, quanto impegno, spirito evangelistico, fraternità, amore per la Scrittura, entusiasmo c’è in questa e quella chiesa sorella, quanto poco nella mia.
Di rado poniamo mente a questo atteggiamento, più diffuso di quanto si creda,
almeno nelle chiese di mia conoscenza,
perché ci sembra meno pericoloso dell’altro, ma Paolo lo conosce molto bene e
nella parabola del corpo e delle membra
(al capitolo 12 della stessa lettera) lo evidenzia quando parla di quelle membra
che dicono: « Siccome io non sono la mano, o l’occhio, non sono del corpo », o
quando afferma che « le membra che
paiono essere più deboli sono invece necessarie », o « quelle che stimiamo meno
onorevoli le circondiamo di maggior onore », E proprio questo atteggiamento mi
pare essere, assai più dell’orgoglio spirituale, quello che caratterizza molti credenti e
molte comunità valdesi e metodiste oggi,
alle quali mi sembra che la parola dell’apostolo si rivolga in modo chiaro: se quello
che hai ricevuto lo hai, perché vivi come
se non lo avessi?
Aver « ricevuto » qualcosa significa certo che non lo hai meritato e non te lo sei
procurato da te, che cioè non è frutto né
della tua intelligenza né della tua iniziativa, ma significa anche in modo non meno evidente che lo hai ricevuto e di conseguenza ti è stato dato, affidato, lo hai
nelle tue mani. Non è l’altro che lo ha,
ma sei tu. E’ questo il senso della parabola dei talenti: nessuno dei servi « possiede » nulla ma tutti « hanno » il loro talento e ne sono responsahili.
Qual è il dono che abbiamo ricevuto
e di cui dobbiamo rendere conto, di
cui dobbiamo prendere coscienza e di
cui dobbiamo rendere altri partecipi? Mi
sembra potersi definire così: poter vivere
la nostra fede cristiana come espressione
di libertà e di responsabilità.
La fede non appartiene
a nessuna chiesa
La fede come riferimento a Gesù Cristo,
e all’amore di Dio rivelatoci in lui, non è
peculiare di nessuna chiesa come non lo
sono i doni dello Spirito, la fede e i doni
sono identici in tutti i credenti e in tutte
le chiese; peculiare è solo il modo di vivere la fede e il particolare dono fatto
ad ognuno. Il dono fatto alle nostre chiese è quello di poter e saper vivere la fede
nella libertà. E’ banale, si dirà, come potrebbe essere altrimenti?
Certo che può essere perché la fede nasce anche e vive anche fuori della libertà:
nell’obbedienza, nella devozione, nel sacrificio, nella rinuncia, nella paura. E pur
essendo vissuta con la massima convinzione personale e il massimo fervore resterà
per sempre segnata da questa sua origine.
La fede nata nella rinuncia e nel sacrificio è quella che ha alimentato tutto il
monacheSimo d’Qriente e d’Qccidente, i
conventi sono stati per secoli scuole della
rinuncia, laboratori del sacrificio; la teologia della rinuncia, dell’opera buona come
estrinsecazione di sacrificio (quasi l’impegno a fare il bene scaturisse dalla mortificazione di se stessi, dall’amputazione
della propria personalità) è tuttora fortemente presente in vari settori della cristianità e ritorna con frequenza nelle omelie di molti « pastori »,
E la fede figlia dell’obbedienza? Nell’anno centenario della nascita di Ignazio
di Loyola quale esempio più probante andremo a cercare di questo « cavaliere »
dell’obbedienza? Il gesuita non solo come
uomo dell’obbedienza ma come creatore,
realizzatore, plasmatore di una cultura
dell’obbedienza è una grande realtà della
cristianità moderna. Ed avremmo torto di
ridurre con una lettura prevenuta e del
tutto superficiale questa obbedienza a pura
sottomissione, abbandono di sé, rinuncia
a pensare, dimissione cioè ad un atteggiamento sostanzialmente negativo, umiliante,
limitativo; l’obbedienza come via della fede è invece piena di sole e di serenità;
non produce un impoverimento ma un po
tenziamento di attività, di creatività; la dimissione nelle mani dell’autorità permette
di godere di spazi e di tempi di libertà personale, di una libertà che definirei volentieri di secondo grado, eccezionale. L’uomo, e anche il credente nella sua intimità
naturale, aspira all’obbedienza e non alla
libertà.
Ignazio e la sua « compagnia » sono il
punto più alto e realizzato dell’obbedienza in vista della fede, ma le comunità cristiane (ed ancor più non cristiane) che vivono oggi l’esperienza di una fede modellata sull’obbedienza sono molte, moltissime: obbedienza all’autorità, ai magisteri,
a ministri ecclesiastici di vario tipo, agli
anziani, capi, apostoli, obbedienza alla legge, e non solo alla grande legge biblica ma
alle leggi ecclesiastiche. In quante aree della cristianità la fede è identificata all’obbedienza di questo tipo, al non fare questo
o quello?
Evangelo e libertà,
realtà inseparabili
Nelle nostre comunità abbiamo ricevuto
insieme alTEvangelo la libertà e per
noi le due realtà si identificano, si fondono, si confondono. Non possiamo immaginare la fede senza la libertà e la libertà è
premessa, fatto, concretizzazione delTEvangelo di Cristo. Il timore di violare, conculcare questa libertà altrui ci rende restii
ad usare ad esempio il termine proselitismo che molti, tutti, usano come sinonimo
di evangelizzazione; ci rende cauti, eccessivamente cauti nelTinvitare altri ad unirsi
a noi, nel timore che in qualche forma possa essere influenzata la loro decisione.
La crisi della nostra evangelizzazione,
lo spegnersi del nostro slancio missionario, non è solo fatto di pigrizia o di disinteresse: è provocato da un malinteso senso
di libertà e rispetto deU’altrui posizione.
Siamo come vasi di coccio in un mondo di
vasi di ferro, dove regna la violenza e il
plagio.
Ma il nostro atteggiamento remissivo e
cauto è anche determinato, ed in questo è
colpevole, da una scarsa coscienza del dono, del carisma della nostra comunità cristiana: la sua dimensione di libertà responsabile.
Sembra a noi scontato, ed invece non lo
è affatto, che si possa e debba vivere così
l’Evangelo di Cristo, in una responsabilità
assunta personalmente senza direttive e
senza ricatti. E soprattutto non sembra essere chiaro a tutti noi che questo è un valore unico, un carisma singolare, un dono
che può essere comunicato, che anzi è la
dimensione fondamentale della fede. Se
Tabbiamo ricevuto perché comportarci come se non lo avessimo da dare anche ad
altri?
Giorgio Toum
NOI NON PARLIAMO
DI ECUMENISMO.
LO FACCIAMO
corditi
il mensile dove si incontrano
cattolici, protestanti, ortodossi,
ebrei, musulmani, credenti
senza chiesa, non credenti.
ABBONAMENTI: un anno (11 numeri) lire 50.000
- sostenitore lire 100.000 - una copia lire 5.000.
Versamenti sul c.c.p. 61288007 intestato alla
coop. Com Nuovi Tempi, via del Banco di S. Spirito 3,00186 Roma - tei. 06/686.47.33 - 689.30.63.
7
17 gennaio 1992
obiettivo aperto
MEZZOGIORNO
Cultura familistica e poteri criminali
Il rapporto del CENSIS, richiesto dalla Provincia di Napoli, ha mostrato una forte presenza
della cultura della famiglia nella realtà sociale
del Mezzogiorno e si è prospettata, in questo ambito,
una correlazione fra la cultura « familistica » e la
presenza sul territorio di organizzazioni criminali.
Occorre valutare, tuttavia, quali sono i processi, culturali e psicologici, che in un tempo di trasformazioni profonde possono favorire l’adescamento di nuo
vi affiliati nella rete dei poteri criminali.
La subcultura tradizionale della famiglia, imperniata nel Mezzogiorno su strutture gerarchiche
e su impulsi autoritari, può favorire effettivamente
il radicarsi nel sociale delle organizzazioni criminali
che ricalcano, in forma abnorme ed esasperata, i
modelli delle famiglie di origine degli affiliati.
Pertanto la proposta acritica « del ritorno alla
famiglia », avanzata in sede cattolica, non appare
idonea a contrastare i poteri criminali e a favorire i
percorsi di sviluppo civile. Soltanto una famiglia che
dialoghi con l’esterno e con le famiglie portatrici
di orientamenti diversi, sorretta dalla forza dell’amore e dall’autorità dell’esempio, che educhi alla responsabilità della libertà e della solidarietà, può svolgere un ruolo positivo. Ma il CENSIS non ha esaminato i valori culturali delle famiglie meridionali,
benché minoritarie, ispirate da valori innovativi.
Nell' indagine pubblicata
dal CENSIS sui valori maggiormente diffusi a Napoli
si mostra prevalente (51%)
« l'attaccamento alla famiglia e ai figli » e, immediatamente dopo (29%), 1'« onore individuale e della famiglia ». Napoli viene definita
« città di famiglie »; la società napoletana è indicata come
« società di famiglie ». A sostegno di tale assunto si
menzionano le dinamiche demografiche (e, segnatamente,
i primati nazionali di nuzialità, natalità e dimensione
media dei nuclei familiari)
nonché la tipologia « familiare » della ricchezza circolante (in termini di produzione del reddito, consumo,
risparmio ed investimento).
Un valore
rilevante
La famiglia viene quindi ritenuta a Napoli un valore socio-culturale di grande rilievo, non solo nelle dinamiche
proprie delle consuete relazioni sociali, ma anche nelle
manifestazioni patologiche
del « sociale », tra le quali
si segnalano prioritariamente le attività criminali. Lo
stesso fenomeno della camorra, fondato su « legami relazionali forti ed insolubili »,
rappresenta, come enuncia
la ricerca, « una estensione
patologica e amorale della
profonda e radicata cultura
familistica le cui radici sono
solidamente piantate nella
realtà locale ». Nella famiglia, in altre parole, come
nelle organizzazioni camorristiche, si cementa una assoluta coesione di tipo orizzontale, che si esprime in saldi
legami di solidarietà ed amicalità che sono presenti fra
i suoi componenti.
Nelle strutture relazionali
integrate — come talora nelle nazioni ed in talune organizzazioni politiche e religiose — i fattori di coesione,
che producono livelli di solidarietà sconfinanti nella connivenza e nell'omertà, devono individuarsi nella sensazione, vissuta con totalizzante partecipazione emotiva, di
appartenere ad una monade
fortemente integrata che si
pone, nella sfera delle relazioni esterne, come un'entità
autosufficiente con forte tendenza alla contrapposizione
e all'antagonismo contro tutto ciò che è diverso, considerato come « alieno ».
Una cultura
’’integralista”
Prevale, in tale ambito,
una cultura dell'« integralismo », dove i valori culturali ed affettivi assunti come
privilegiati dal gruppo che se
ne rende interprete e portatore, spesso con il convincimento di coerenze immaginarie e superiorità acriticamente presupposte, sono imposti in contrapposizione ai
valori che altri gruppi o individui mostrano di perseguire. Anzi, quanto più si accresce e diviene radicale il
contrasto con gli altri estranei al gruppo di appartenenza, tanto più si rendono convincenti ed indiscutibili i valori del proprio gruppo e si
facilita l'osmosi comportamentale, che si riflette anche
nelle sfere dell'ideazione intellettuale e della fantasia affettiva, fra i singoli « adepti », la cui devianza, anche
soltanto nelle forme di dubbi e riserve, viene interpretata come una forma di tradimento ed « intelligenza » con
il nemico.
All'opposto si colloca, vice
Napoli: oltre alla distruzione materiale, il sisma ha anche innescato
e accelerato ulteriori processi criminosi.
versa, la cultura « aperta »,
laica e moderna, del dialogo
e del confronto, che assume
la diversità come un dato
positivo, ed ineliminabile,
deH'umano, tendendo ad intendere ed a comprendere le
ragioni degli « altri ».
In questa ottica vi è la
massima disponibilità a ricevere e valutare messaggi provenienti daU'esterno del proprio gruppo di appartenenza,
nel rifiuto del possesso di
opinioni assolute e definitive.
Gli stessi vincoli di solidarietà esistenti nel gruppo, anche se intensi sul piano affettivo, non assumono mai forme acritiche ed indiscutibili.
Gli uomini soggiogati dalle
culture « integraliste » appaiono decisi e presuntuosi ma spesso sono insicuri,
bisognosi di aggrapparsi all'autorità di superiori gerarchici o a quella della consuetudine, per attutire il proprio
bisogno di certezze. Coloro
che, invece, prediligono le
culture del dialogo e del confronto possono apparire talora dubbiosi ma posseggono
la forza di convincimento che
è propria di chi si è forgiato nella maturazione delle
esperienze e nello scambio
delle opinioni.
Variabili sociali
e storiche
La famiglia napoletana
non può, però, considerarsi
astoricamente ed i modelli
comportamentali di ogni singola e specifica famiglia possono variare di molto, in relazione all'insediamento urbano, alle fasce sociali di appartenenza, ai valori culturali ed etici, alle tendenze religiose che la conformano.
Occorre, cioè, in primo luogo intendere i processi di
trasformazione che hanno
percorso e segnato i livelli di
espressione « sociale » della
famiglia per poi valutare, in
sede di analisi comparativa,
quale tipologia di cultura familistica sia prevalente, quali siano le culture familistiche minoritarie, quali siano
le tendenze emergenti e quali
le loro possibilità di sviluppo. La ricerca del CENSIS
tace sui contenuti della cultura familistica napoletana e
sulle diverse culture familistiche minoritarie e/o emergenti.
Mentre gli appartenenti alle culture del dialogo non trovano particolari difficoltà ad
r'
Ji
r*./
■»->
I
Campania: desolazione dopo il terremoto del 1980.
individuare una propria collocazione ed un proprio status anche nei momenti di più
rapido mutaménto sociale
gli altri, paladini dell'« integralismo », sono pervasi da
crisi profonde di identità nelle fasi di sconvolgimento
dei valori tradizionali. A Napoli la cultura familistica tradizionale avverte la crisi dei
suoi valori dominanti, delle
sue gerarchie consacrate da
antiche prassi, dei suoi riferimenti etici.
Una scelta
drammatica
Agli aderenti a tale cultura
si impone una scelta drammatica: o si inducono a mutare parametri mentali per
aderire a culture innovative,
con la propria personale disponibilità, o si inducono ad
integrarsi in forme sociali
che, per i loro simbolismi rituali, appaiono surrogati delle strutture sociali integrate
alle quali erano legati. I modelli comportamentali delle
organizzazioni criminali ricalcano, nelle forme gerarchiche e nel dominio di valori autoritari di identificazione, gli schemi di condotta sociale delle famiglie di provenienza.
Si afferma, così, una soluzione di rifugio alle proprie
crisi di identità. E si espande, di conseguenza, una condotta che appare ribelle a coloro che ne sono esecutori
ma in realtà è soltanto una
copia caricaturale e tragicamente beffarda dei modelli
già dominanti nelle antiche
strutture familiari nelle quali si collocano i germi della
loro formazione ed evoluzione. In tale ambito l'enfatizzazione acritica del « ritorno alla famiglia» , per contrastare
il radicarsi dei poteri criminali, sostenuta in sede cattolica, appare francamente del
tutto inidonea, sintantoché
non si faccia chiarezza sul
modello di famiglia al quale ci si intende riferire.
Soltanto una famiglia « dialogante con l'esterno, fornita di molta autorità morale e di poca coercizione,
munita della forza dell'esempio edificante e non di quella
della cieca obbedienza, che
educhi alla responsabilità
della libertà e della solidarietà, può svolgere un ruolo
positivo per frenare l'espansione della cultura della violenza e delle organizzazioni
criminali.
Alfredo Guarino
8
8
ecumenismo
17 gennaio 1992
FIRENZE
Tempo di kairós
Lanciata l’idea di un convegno nazionale che dovrà discutere di società multietnica, rapporti di interdipendenza, modelli di sviluppo
Echi dal mondo
cristiano
Si è incontrato a Firenze il 7-8
dicembre il gruppo Kairós Italia, nel quadro delle iniziative e
degli appuntamenti europei che
culmineranno nella «convention»
di Strasburgo nel giugno '92 per
riunire tutti i gruppi che fanno
parte della rete di Kairós Europa. Nel corso dell’incontro di Firenze si è deciso di organizzare
un convegno nazionale a Monteforte Irpino per tracciare una
mappa italiana dei gruppi che lavorano sui temi della conquista
deir America, della società multietnica e nella solidarietà con gli
immigrati.
Il convegno di Monteforte vuole affrontare tre temi fondamentali per il dibattito che si sta
svolgendo ossfi in Europa; la società multietnica, i rapporti di
interdipendenza e infine i modelli di sviluppo. Ci si vuole interrogare su queste questioni che
riguardano l’altra Europa, l’Europa dei popoli finora praticamente assente nell’orizzonte progettuale dei governi. Un incontro
dunque che servirà anche a portare delle proposte nell’ambito
18-25 GENNAIO
della « convention » di Strasburgo, nella quale si tenterà di costituire un Parlamento dei popoli capace di dialogare e litigare
appunto con il Parlamento europeo, che sempre di più si fa portavoce di un messaggio di integrazione dei popoli, sul modello
dei paesi a capitalismo avanzato
e che prepara per l’appuntamento del 1992 una sorta di celebrazione della « scoperta del Mondo
Nuovo » coprendo con un lenzuO‘lo di attività e di progetti quello
che in termini storici ha significato la scoperta: stragi, violenze,
miserie e genocidi di intere popolazioni. Mentre anche le chiese ricominciano a parlare di rievangelizzazione dell’Europa e in
ambiti ecumenici serpeggia nuovamente il termine di missione,
è importante restituire centralità alla nazione indigena, alla sua
cultura e religione. Al di là di
ogni ipocrita pentimento teologico e ecclesiologico è importante
riconoscere che quello che poteva essere un incontro tra diverse civiltà, popoli e culture è stato invece uno scontro lungo e
sanguinoso, una sopraffazione ed
uno sterminio, tutto questo spes
Settimana
per l'unità
TORINO — Sabato 18, alle ore
18, il past. Casanova predica alla
parrocchia di S. Secondo (via S.
Secondo, 8) sul tema: Gesù, risorto dai morti, raduna i suoi discepoli.
Domenica 19 alle 18, in Duomo, predicano Alberto Taccia,
padre Vasilescu (ortodosso) e
l’arcivescovo Saldarini (L’incontro con Gesù risorto).
Lunedì 20, nella chiesa battista
di via Passalacqua, alle 20,45, padre Giuseppe Giordano S.J. predica su Ogni potere mi è dato.
Martedì 21, sempre alle 20,45,
presso la parrocchia SS. nome
di Maria (via Guido Reni, 96/
140), predicano don Stefano Rosso e il past. Emmanuele Paschetto sul tema: Andate dunque e
ammaestrate tutte le nazioni.
La tavola rotonda dedicata a
L’Europa e le chiese si tiene
mercoledì 22, alle 20,45 nella sala
Valdocco (piazza Maria Ausiliatrice, 9), e vede la partecipazione
di don Ermes Segatti, di padre
Giorgio Vasilescu e del pastore
Giorgio Girardet.
Nel quadro di tre trasmissioni sull’ecumenismo. Telesubalpina presenta un’intervista al pastore A. Taccia, con riprese filmate del tempio di c.so Vittorio, venerdì 17, 24 e 31 gennaio,
ore 19, con replica i martedì 21
e 28 gennaio, e martedì 4 febbraio, alle ore 22,30.
SANREMO — Il pastore Giuliana Gandolfo è stata invitata a
partecipare a un culto ecumenico che si terrà, con la partecipazione dei vari rappresentanti
delle chiese in Sanremo, lunedì
20 gennaio 1992, nella chiesa di
San Siro in Sanremo, alle ore 21.
SAVONA — Giovedì 23, alle
ore 21, nella chiesa di S. Andrea,
si tiene uno studio sul tema:
La Bibbia: libro di fede o di
cultura?, a cui partecipano don
C. Doglio e il past. Franco Becchino.
AOSTA — Venerdì 24 gennaio,
alle ore 20,45, presso la Chiesa
valdese, si tiene un incontro ecumenico con canti, preghiere e
messaggi biblici.
ROMA, 1-2 FEBBRAIO
La sfida ecumenica
Qual è la nostra responsabilità, come protestanti italiani, verso il movimento ecumenico, in questa fase che
per molti versi appare di difficoltà e di stasi ? Qual è il
nostro rapporto con l’ebraismo e con le altre religioni antiche e nuove? In che modo partecipiamo, come protestanti italiani, alla sfida ecumenica, sia a livello internazionale che nel nostro paese?
A queste domande, e ad altre che si porranno, per avviare una riflessione più organica in seno alle nostre chiese, intende dare una prima risposta il seminario di studio
organizzato dalla Commissione consultiva per le relazioni
ecumeniche delle Chiese battiste, metodiste e valdesi in
Italia, che si svolgerà a Roma, presso la Casa valdese di via
Farnese 18, sabato 1 e domenica 2 febbraio di quest’anno.
Il programma prevede una prima serie di relazioni,
nella mattinata di sabato 1 (dalle 9 alle 10,30), su tre
temi: cattolicesimo, ebraismo, altre religioni, che sono
state affidate a tre coppie di relatori che saranno anche
gli animatori del lavoro in gruppi: Anna Maffei e Sergio
Ribet, Daniele Garrone e Francesca Spano, Paolo Ricca
e Letizia Tomassone. Dopo il lavoro in gruppi, nella seconda parte del pomeriggio di sabato (dalle 18 alle 20),
vi sarà una tavola rotonda sul tema generale « Dove va
l’ecumenismo», così articolata: «Il CEC, crisi e prospettive» (Aldo Comba) ; «Roma e Ginevra-Roma o Ginevra» (Renzo Rertalot) ; «Giustizia, pace e integrità del
creato, una sfida ecumenica» (Debora Spini); «KEK:
verso l’Assemblea di Praga» (Paolo Spanu). Nella seduta
plenaria della domenica 2 mattina (dalle 9 alle 13) si discuteranno e approveranno i documenti risultanti dal lavoro dei gruppi e dalla tavola rotonda. Le due giornate
saranno aperte da culto, alle ore 8,30.
Le sedute plenarie si svolgeranno presso l’aula magna
della Facoltà valdese di teologia (via Pietro Cossa 40);
il lavoro dei gruppi in luoghi diversi nelle immediate vicinanze. Ai lavori del seminario parteciperanno coloro che
sono stati indicati dalle rispettive chiese (un’ottantina di
persone), ma vi sarà la possibilità per gli eventuali «osservatori » di assistere alle sedute plenarie, dato l’interesse che si è già manifestato attorno a questo seminario,
pur rimanendo chiaro che si tratta di un seminario di
studio e non di un convegno.
E’ un’occasione preziosa che viene offerta alle Chiese
battiste, metodiste e valdesi e ai partecipanti di altre chiese
sorelle che sono stati invitati per riflettere insieme su un
tema che richiede profonda attenzione spirituale, aiutando
a fare chiarezza su che cosa intendiamo oggi per ecumenismo. Il seminario stesso potrà indicare le vie attraverso
le (juali questa riflessione potrà continuare e portare a
eventuali prese di posizione nelle sedi appropriate.
Maria Sbatti Girardet
So anche con la benedizione delle chiese più o meno impegnate
a celebrare la conquista, a « evangelizzare » con la spada e a disquisire se gli indigeni avessero
o no l’anima. Nel corso della
« convention » di Strasburgo si
organizzerà un incontro con quei
parlamentari europei più sensibili a queste tematiche e si cercherà di proporre una nuova legge europea suH’immigrazione, capace di più coerenza e di una
maggiore sensibilità al problema
della giustizia tra i popoli. Un
kairós europeo che, come vuole
indicare la parola stessa, è iim
tempo di rimessa in discussione
delle nostre certezze e delle nostre abitudini, un tempo di « crisi » che può produrre consapevolezza e ravvedimento nell’umiltà del silenzio e della riflessione.
Il convegno si terrà nel centro
di Monteforte Irpino il 28-29 marzo prossimo. Per informazioni telefonare a Francesco Anzalone,
del Centro per la riforma della
politica, tei. 06/6832704, oppure
direttamente al centro di Monteforte Irpino.
Manfredo Pavoni
Nuova Europa:
quale etica sociale?
BOLOGNA — La complessità
della situazione che coinvolge
l’Europa impone la ricerca di
un’etica come categoria dinamica che vada oltre la codificazione sociale della cultura esistente e divenga reinterpretazione
critica dell’essere in relazione. Si
articola intorno a questa convinzione il forum pubblicato sul
n. 92 della « Rivista di teologia
morale », che ha per tema il possibile ruolo delle confessioni cristiane nel costruire la dimensione profetica di un’etica sociale
ecumenica.
Luigi Lorenzetti si interroga
sui valori che guideranno il cammino dell’unità europea e mondiale e sulle sorti dell’etica solidarista. Per Francesco Compagnoni è importante recuperare
la consapevolezza della responsabilità sociale delle scelte individuali, e per Sergio Rostagno
il proprium dell’etica sta nel
conservare la tensione tra principi e realizzazioni. Basilio Petrà
sostiene come sia importante favorire la reciproca conoscenza
tra il pensiero etico ortodosso
e quello cattolico, perché il dialogo ecumenico sui temi etici
può favorire la costruzione della comune casa europea.
Armido Rizzi vede nella modernità la grande promotrice
della scoperta di un « io » libero, e ritiene che l’altro non debba essere inteso soltanto come
limite alla libertà dell’io, ma anche come coprotagonista di una
etica comune di liberazione, in
cui l’io vada oltre se stesso per
andare verso l’altro. Bruno
D’Avanzo sottolinea come la
chiesa che vive nel Sud del mondo abbia compiuto la scelta di
stare dalla parte dei poveri, e
si chiede quale possa essere il
contributo dei cristiani nella società europea dell’opulenza e del
privilegio. Secondo Ernesto Balducci, infine, in Europa convivono due visioni del mondo tra
di loro contrastanti, quella ispirata all’ideologia del dominio e
quella ispirata alla salvaguardia
dei diritti umani. Solo quest’ultima, sostiene sempre Balducci,
può consentire che l’Europa assolva il proprio compito storico
della realizzazione della comunità mondiale.
(ADISTA)
Differenza non è
disuguaglianza
BRESCIA — La differenza sessuale si traduce in una specificità di genere? E come è possibile pensare la differenza senza
tradire le lotte per l’uguaglianza nei diritti di tutte le identità umane? Intorno a questi interrogativi si dipana il n. 6/91
di « Concilium », centrato sul tema: « La donna ha una natura
speciale? ».
Rosemary Radford Ruether,
docente di teologia a Chicago,
affronta la questione a partire
dalla subalternità delle donne
nella società e nelle chiese cristiane. La Ruether individua nella categoria della « complementarità» l’edizione rinnovata della « inferiorità naturale », e imputa all’enciclica papale « Mulieris dignitatem » di essere « invece favorevole ad un’antropologia di complementarità che divide maschi e femmine in due
opposte ontologie psico-simboliche ». Elizabeth Johnson, docente di teologia a Washington, fa
rilevare quanto sia indebita la
identificazione di Cristo con la
sua sessualità maschile, che ha
determinato un’accezione unilaterale della Parola. Elisabeth
Gossmann, docente di filosofia
a Monaco di Baviera, ripercorre le tappe che il concetto di dif
ferenza dei generi ha avuto nella tradizione cristiana. Katherine Zappone, docente di ebraico,
sacra scrittura e teologia a Dublino, investiga « la natura speciale della donna » nella prospettiva di una nuova antropologia
teologica e sostiene che il feinminismo deve superare l’identificazione della differenza con la
disuguaglianza.
Il numero monografico di
« Concilium » sulla donna, inoltre, comprende articoli che delineano gli approcci alla teoria
della differenza di varie discipline, presentate nel loro excursus
storico, quali l’etnologia, l’antropologia, la filosofia, la pedagogia. Tra gli altri, Sarah Coakley,
docente alla Facoltà teologica di
Oxford, interviene sulle idee di
« uomo della ragione » e « altro
femminile », così come sono state configurate dal pensiero illuminista e da quello romantico.
(ADISTA)
I diritti delle
altre chiese
VARSAVIA — « Una legislazione per garantire i diritti della
Chiesa luterana in Polonia è assolutamente necessaria », aveva
dichiarato il vescovo luterano
Jan Szarek in un convegno delle chiese evangeliche disperse
nei paesi dell’Europa dell’est,
svoltosi in ottobre a Bad Herrenhalb, in Germania. Ora i luterani polacchi chiedono una legge d’intesa che garantisca i loro diritti.
In un’intervista rilasciata al
Servizio informazioni luterano il
6 dicembre a Vienna, il direttore del Consiglio ecumenico polacco, Andrzej Wojtowicz, ha
spiegato la situazione attuale:
« Il rapporto stato-chiesa in Polonia è garantito da alcune leggi del 17 maggio 1989, riguardanti i diritti della Chiesa cattolica, la libertà di coscienza e di
religione e la legislazione sociale per il clero. Scopo di queste
leggi era un regolamento globale che garantisse resistenza di
tutte le chiese e confessioni; a
causa del cambiamento molto
rapido della situazione politica,
la norma esecutiva non è stata
però mai elaborata e l’auspicata separazione tra stato e chiesa non è stata praticabile ». Con
il ritorno alla democrazia in Polonia, tutti i terreni confiscati
sono stati restituiti alle chiese.
In questa restituzione, però, alcuni terreni appartenenti storicamente agli ortodossi sono stati attribuiti alla Chiesa cattolica, che con una legge successiva dell’autunno 1991 ha ottenuto dallo stato la proprietà di 5
ettari per ogni parrocchia e di
50 ettari per ogni ordine religioso. « Questa legge è stata duramente disapprovata da parte
delle chiese non cattoliche e da
tutti i gruppi laici — ha detto
ancora Wojtowicz — e soprattutto dalla Chiesa autocefala ortodossa che con la legge del
1989 non ha avuto la restituzione dei suoi terreni ».
L’esperienza di questi anni ha
mosso la Chiesa luterana in Polonia a reclamare fermamente
la separazione tra stato e chiesa. E’ stata formata una commissione paritetica tra luterani
e rappresentanti del governo per
elaborare una legge d’intesa che
garantisca i diritti acquisiti dalla Chiesa cattolica anche per la
Chiesa luterana e per tutte le
altre chiese e comunità religiose in Polonia. Il Consiglio ecumenico della Polonia ha sottolineato la necessità della separazione tra chiesa e stato perché
teme che la Polonia — superato il comuniSmo — possa soccombere a quella che Wojtowicz
ha definito « la tentazione totalitaria della Chiesa cattolica».
(nev)
9
v^alli valdesi
17 gennaio 1992
AHe vaili
AA oggi
LA CRISI DELLA SKF A VILLAR PEROSA
Quale
unità?
La CED del I distretto, che
negli anni passati si accordava
con la Commissione della diocesi cattolica di Pinerolo sul tema
degli incontri da tenere poi a
livello circuitale, ha deciso quest’anno di rimettere tutto il discorso direttamente ai Consigli
di circuito. E questi hanno a
loro volta stabilito che, almeno
per quest'anno, noi valdesi non
avremmo preso parte a questi
incontri.
Perché noi valdesi (la parte
cattolica era favorevole alla prosecuzione degli incontri per la
Settimana dell’unità) abbiamo
ritenuto di dover prendere questa non facile decisione?
Il motivo principale è che, o
le cose si fanno per un reale
interesse, oppure rischiano di
essere solo delle pie abitudini.
E, a parer nostro, manca oggi
un reale interesse per questi incontri "ufficiali” che si fanno
una volta l’anno (diverso è il
discorso che riguarda iniziative
locali come lo studio biblico ecumenico che si tiene mensilmente a Torre Pellice). Coloro che
partecipavano infatti agli incontri della Settimana dell’unità
erano negli ultimi anni un po’
sempre gli stessi, e questo appuntamento era vissuto da molti come una sorta di "rito annuale" da dover portare avanti,
ma vissuto con sempre meno
entusiasmo e con sempre più
stanchezza.
La mancanza di entusiasmo e
la stanchezza di chi, partito con
la convinzione di svolgere un
compito profetico di "battistrada”. si volge poi indietro e si
scopre solo, e si chiede allora
che senso abbia continuare a
percorrere una via che non si
sa se porti realmente da qualche
parte.
4 questo punto una pausa di
riflessione ci è parsa necessaria,
nella speranza che l’interruzione
forse un po’ "traumatica” degli
incontri della Settimana per
l’unità stimoli l’impegno di tutti
verso Un nuovo modo, più coinvolgente anche per la "base” delle nostre chiese, di vivere l’ecumenismo. E varrebbe forse la
pena di chiedersi se tutto il
discorso ecumenico in Italia — compreso il SAE e La Mendola — non sia stato sinora
troppo a livello di "élite”...
Senza dimenticare che — se
è vero che l’ecumenismo non è
solo per pochi singoli credenti
di confessioni diverse, ma deve
coinvolgere direttamente le chiese — noi protestanti abbiamo
oggi molte perplessità a portare
avanti a livello ufficiale il dialogo con la Chiesa cattolica. Troppi e troppo noli per elencarli
anche qui sono stati ultimamente i comportamenti e le prese di
posizione della chiesa di Roma
che ci hanno sconcertati e delusi. E alcune testimonianze delta nostra delusione sono chiaramente emerse nel Convegno sull’ecumenismo nel Pinerolese, organizzato dalla CED nel novembre scorso.
In conclusione, spero che il
nostro sofferto "no” a ritrovarci anche quest’anno in occasione della Settimana per l’unità
accanto ai fratelli e alle sorelle
cattolico-romani del Pinerolese
sia da loro compreso non come
un "no” all’ecumenismo, ma come un invito a pregare e a lavorare lutti insieme per ritrovare
le ragioni della "speranza che è
in noi” nonostante tutto.
Ruggero Marchetti
del Consiglio del I circuito
Giornata di mobilitazione
Settanta per cento di adesioni allo sciopero contro i ’’tagli” che
colpirebbero più di 200 addetti - Ripensare l’economia della valle
Villar Perosa si è fermata lunedì scorso per una manifestazione indetta dai sindacati in merito alla gravissima crisi occupazionale che deriverebbe alla
valle se la decisione della SKF
di considerare eccedenti 216 dipendenti fosse confermata senza altri interventi.
Sono, com'è noto, ben 454 i
dipendenti che la direzione, oggi
in mano alla famiglia svedese
dei Wallenberg, vuole "tagliare”
definendoli eccedenti. Un taglio
che ridurrebbe drasticamente il
numero di addetti nell’industria
in queste valli, area che per altro negli ultimi anni ha già perso gran parte dei suoi posti di
lavoro, specialmente nel settore
metalmeccanico.
E' stata una manifestazione
riuscita, dicono i sindacati (uniti nell’iniziativa, non solo con
le tradizionali CGIL, CISL e UIL,
ma anche nella componente autonoma del PALI), che ha dimostrato una consapevolezza del
problema da parte della cittadinanza; per molto tempo si è
creduto che pna soluzione sarebbe comunque stata trovata e che
la fabbrica prima RIV, poi
RIV-SKF ed ora soltanto SKF,
avrebbe continuato ad essere un
simbolo per la vai Chisone.
Ormai da tempo si parlava di
ristrutturazione, di nuovi orientamenti, si era avviata la cassa
integrazione, il prepensionamento: fino a qualche tempo fa vi
era chi, di fronte a questi segnali, si manteneva comunque ’’tiepido”; oggi il rischio è che il
potere contrattuale sia fortemen
te diminuito. Resta la mobilitazione. Lo sciopero ha raggiunto
il 70% delle adesioni, un dato
che sindacati e amministratori
locali, con in testa il sindaco
Storero, reputano molto buono.
La mobilitazione ha coinvolto
anche persone esterne alla fabbrica: c’erano sindaci della valle, esponenti della Comunità
montana, rappresentanti della
Pastorale del lavoro della diocesi, della Chiesa valdese con il
pastore Noffke. I commercianti
hanno chiuso, almeno lungo il
percorso del corteo, al 100% e
molti di loro hanno partecipato
direttamente alla manifestazione.
Lavoratori e cittadini si sono
ritrovati in un migliaio davanti
allo stabilimento SKF, hanno effettuato un corteo lungo la via
Nazionale con salita al piazzale
antistante il municipio dove vi
sono stati due interventi, uno
del rappresentante del sindacato, Bizzarri della FIOM, ed uno
del sindaco.
« Gli interventi hanno sottolineato due aspetti — dice Storero —; in primo luogo un rifiuto
del diktat della proprietà sul taglio occupazionale senza chiarimenti e spiegazioni e senza altre alternative ed in secondo luogo la sottolineatura della necessità di un piano per questa zona,
un piano che ci metta in condizione di non essere più ’’monoculturali” ».
E questo è un aspetto della vicenda che andrà approfondito;
se valli vicine non ridono, certo
in vai Chisone l’economia è stata fin qui troppo legata alla sola
industria; l’agricoltura ha subito negli anni un calo fortissimo,
sia in addetti che nel patrimonio zootecnico, il terziario tarda
a farsi strada e anche sul piano
turistico per troppi l’unico riferimento sono diventati i cannoni "sparaneve” del Sestriere, regalando alla vai Chisone solo
problemi di viabilità. Sarà questa grave crisi un’occasione per
riprendere una rifessione su questi temi?
Del resto, in queste settimane
difficili, da altri Comuni si sono
levate voci di solidarietà nei confronti di Villar; il Consiglio comunale aveva inviato il primo
documento scaturito da un Consiglio ’’aperto” alle altre amministrazioni locali del Pinerolese:
alcune di esse hanno assunto deliberazioni in cui si riprendono
i temi dello sviluppo di un’area
che non è certo la sola in difficoltà (basti pensare a tutto
l’Eiporediese sotto la minaccia di
2.500 posti di lavoro in meno
alla Olivetti), ma che ha comimque visto salire il numero di
disoccupati a varie migliaia.
La giornata di Villar Perosa
si è chiusa ancora davanti ai
cancelli della SKF dove i sindacati hanno aggiornato i lavoratori, già in cassa integrazione da
marzo, sulla situazione.
« Le trattative tra sindacato
ed azienda proseguono — aggiunge il sindaco. Storero —; non
appena avremo i risultati di questi incontri convocheremo un altro Consiglio comunale aperto
per informare la popolazione ».
Piervaldo Rostan
L’intervento del pastore valdese
Alla direzione SKF Industrie
Ai dipendenti
della fabbrica di Villar Perosa
ed ai sindacalisti
Nella situazione attuale di crisi economica qualsiasi parola rischia di raggiungere
orecchi sordi o di essere di parte. La parola
''solidarietà" non ha un senso se non accompagnata da fatti concreti e perciò l’espressione della nostra solidarietà, come
Chiesa valdese di Villar Perosa, potrebbe
sembrare vuota di significato.
E’ compito primario della chiesa cristiana annunciare l'Evangelo di Gesù Cristo.
Perciò, oltre ad. esprimere la nostra simpatia per chi lotta per mantenere il suo posto
di lavoro, vorrei ricordare le responsabilità
di tutti nei confronti di Dio e del prossimo.
Gesù, con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ci ha insegnato
che diritto dell’uomo è di avere assicurato
anche il pane quotidiano e ci ha detto di
pregare in tal senso il Padre. Non possiamo
rimanere indifferenti quando il nostro prossimo rischia di perdere questo suo diritto.
Il datore di lavoro, per lo stesso motivo,
non può decidere con leggerezza il licenziamento io soluzioni simili) delle persone, ma
deve cercare altre sistemazioni per assicurare il futuro dei suoi dipendenti.
Le necessità reali dell’industria di mantenere il funzionamento efficiente e produttivo non possono essere ignorate. Ricordiamo
soltanto che l’uomo non è schiavo della
produttività per cui l’uomo non può essere
utilizzato a seconda di come tira il vento,
ma è nel lavoro che l’uomo trova la sua
dignità e la sua ragion d’essere.
Credo che le possibilità per il futuro
della fabbrica di Villar Perosa, come per
tutte le imprese industriali, vadano discusse apertamente e programmate insieme affinché decisioni che gravano sulla vita di
donne e uomini non vengano prese frettolosamente e unilateralmente.
Il licenziamento o soluzioni simili non
sono l’unica strada percorribile per risolvere le esigenze della fabbrica nel rapporto
produzione/personale, anche ammettendo
la reale necessità di tagli drastici. Si potrebbe considerare la riduzione di ore settimanali per tutti affinché il peso della crisi non cada soltanto sulla testa di alcuni.
Quando si prevede l’estinzione di un tipo
di lavoro, l’operaio potrebbe iniziare dei
corsi di preparazione per altri lavori quando quello attuale cessa di essere utile per
la fabbrica. La scuola professionale per prima è interessata nella programmazione del
futuro della fabbrica e perciò va coinvolta
anche nelle decisioni prese ora, decisioni
che determinano il domani di chi frequenta la scuola oggi.
Questi accenni sono soltanto per esemplificare i vari aspetti della vita nella fabbrica e fuori, che non sono certo competenza della chiesa ma dei dirigenti e dei sindacalisti che sono chiamati a discutere e trovare delle soluzioni per assicurare una vita
migliore per tutti.
I,’appello che faccio è di non dimenticare in tutte le discussioni, soprattutto nelle
decisioni che prenderete, che state trattando un diritto inalienabile di tutte le donne
e gli uomini.
Questo comporta una grossa responsabilità nei loro confronti, se l’amore che Gesù
Cristo ci ha insegnato ha un senso. Quello
stesso amore chiama anche gli impiegati e
gli operai a rimanere uniti nella ricerca di
soluzioni dove nessuno deve pagare per tutti,
ma dove si può veramente vivere la solidarietà che l’Evangelo esige.
Con la preghiera che le decisioni prese
siano giuste e nello spirito cristiano che siamo chiamati a seguire, mando i più fraterni saluti.
per la Chiesa valdese di Villar Perosa
Thomas Noffke, pastore
L’Alternativa e il
traffico in città
PINEROLO — Di fronte ai livelli di inquinamento atmosferico che in alcune città italiane sono diventati insostenibili occorre
una inversione di tendenza che
vada al di là delle misure tampone come le targhe alterne.
« Qualcosa è possibile fare anche a Pinerolo », dicono quelli
dell’Alternativa, che in particolare propongono alcune linee di
intervento per il nuovo Consiglio
comunale : « un piano razionale
del traffico che preveda la formazione di parcheggi e isole pedonali, la creazione di piste ciclabili, il potenziamento dei trasporti pubblici in città e verso Torino ».
« Per migliorare la vivibilità
della città occorre anche — aggiungono — diffondere la raccolta differenziata dei rifiuti, ridurne comunque la produzione, difendere e valorizzare la collina ».
Appuntamenti
con il teatro
POMARE'TTO — Ancora una
serie di appuntamenti con il teatro a Pomaretto: prenderà il via
sabato 11 gennaio, ore 21, presso il cinema Edelweiss una serie di quattro spettacoli organizzata dall’Assemblea Teatro e
dall’Associazione culturale Alidada. Per il primo appuntamento
il teatro « Modo » di Venezia
porterà in scena « Variazioni sull’anatra »; seguiranno, nei sabati successivi, l’Assemblea Teatro
con « Sì bella luna », « Le uova
giganti dell’isola di Pasqua e altre meraviglie », di Anatoli Balasz e « Polvere di passaggi »
della Compagnia Abelon.
Dopo il successo delle serate
precedenti il periodo natalizio,
si preannuncia un nuovo successo per una iniziativa che da alcuni anni si è consolidata in vai
Germanasca.
Tra gennaio e febbraio l’Edelweiss di Pomaretto assumerà il
ruolo di centro di produzione:
vedrà infatti nascere il nuovo
spettacolo dell’Assemblea Teatro
ispirato a Frankestein. Su prenotazione il pubblico potrà assistere ad alcune « prove aperte »
vedendo così da vicino i momenti che caratterizzano l’allestimento e la creazione di uno spettacolo.
Concorso di musica
SAMPEYRE — L’associazione
Soulestrelh indice un concorso
di composizione su temi di musica da utilizzare nelle sfilate
dell’antica festa della Baio dal
Chuchèis di Sampeyre; il titolo
del concorso è « Na marcho per
la Baio dal Chuchèis ». Le musiche, preferibilmente dovrà trattarsi di marce, dovranno essere
inviate su cassetta musicale registrata con annessa notazione
musicale. Le composizioni dovranno essere eseguibili da un
solo strumento, ma è consentita
l’elaborazione anche per più
strumenti. Le domande dovranno pervenire all’associazione
Soulestrelh entro il 15 marzo
unitamente agli elaborati; si prevede l’esecuzione delle composizioni il giorno di Pasquetta (20
aprile). Al vincitore verrà offerto un oggetto d’oro, simbolo della cultura occitana.
Diritto di vedere
FERRERÒ — Gli abitanti dei
Chiotti hanno rivolto una petizione alla Comunità montana e
alla RAI per ottenere la possibilità di ricezione di tutti i programmi nazionali per i quali si
paga il canone di abbonamento.
Ci auguriamo che la norma per
cui se uno paga una prestazione ha diritto ad ottenerla valga per questa come per tutte
le zone in cui questo diritto non
è ancora rispettato.
10
10 valli valdesi
17 gennaio 1992
NEI COMUNI DELLE VALLI
PINEROLESE
10.000 case vuote
Biblioteche in crisi
Spopolamento della montagna e destinazione ad alloggio per vacanze I! P^^lema principale è quello dei fondi per
fra ie cause di questa siiuazione che si presenta contraddittoria ' ® P'“
Provate a cercar casa in molti centri del Pinerolese; sia che
siate valligiani doc che di fuori, magari anche maghrebini, potrete verificare de facto come si
possa essere costretti a vivete
in auto (accade!) o in due stali
ze senza servizi e magari ne])
pure la luce (accade anche questo...).
Certo se l’aspirazione è quella di comprare un’abitazione, allora tutto, disponendo del denaro sufficiente, è più facile; se
invece la scelta o la necessità
è quella di trovare un alloggio
in affìtto, allora ci sono Comuni veramente tabù.
Non sono queste novità in assoluto. Negli anni passati ci sono stati Comuni, come Torre
Pellice, che hanno visto la costruzione di alloggi (una sessantina) di edilizia « popolare », altri (Angrogna) ancora di recente hanno fatto scelte in questa
linea.
Pur tuttavia non c’è posto
pubblico in cui non compaia un
bigliettino che indica la ricerca di un alloggio nelle valli.
Non sono novità, dicevamo,
ma le cifre che il recente censimento mette in evidenza sono al tempo stesso assurde e
contraddittorie. I dati della tabella che pubblichiamo in basso mancano di alcuni Comuni,
tuttavia la situazione appare di
per sé sufficientemente chiara:
nelle valli, Pinerolo esclusa, ci
sono circa 10.000 abitazioni che
secondo il censimento si definiscono « non occupate », dove
cioè nessuno ha la residenza.
E’ possibile tentare una lettura « fra le righe » di questi
dati? Le situazioni sono certamente diverse a seconda dei
paesi e la valutazione di questo
enorme patrimonio edilizio potrebbe portare a numerose riflessioni.
Si può spiegare, ad esempio,
la situazione di Prali, Comune in
cui soltanto il 10% delle case
risulta essere abitato in modo
stabile, con la scelta compiuta
negli anni di vendere alloggi ai
turisti; per un periodo c’è stato dunque uno sviluppo edilizio
che ha voluto dire anche lavoro, ma oggi si parla di turismo
del fine settimana che troppo poco porta all’economia locale.
Si nota invece che paesi di
fondovalle come Luserna o Bricherasio in vai Pellice, Villar Porosa o la stessa Porosa Argen
1.
Molte case sono state ristrutturate, altre sono state costruite ex novo.
tina in vai Chisone, sono i soli
paesi ad avere una percentuale
di case non occupate inferiore
al 30%: lì si sono stabilite quelle numerose famiglie che negli
anni hanno progressivamente
abbandonato la montagna?
Praticamente tutti i Comuni
delle medie e alte valli hanno
viceversa una percentuale elevatissima di case non occupate;
Pramollo, Rorà, Salza sono intorno al 70%.
Occorre anzitutto considerare
la definizione di abitazione pon
occupata: quante fra le case prive di residenti stabili si possono considerare « seconde case »,
cioè sono utilizzate per la vacanza da persone originarie delle valli o meno e quante invece sono poco più che baite, utilizzate occasionalmente per lavoro (pastorizia, esbosco o altro)? Questo dato il censimento non lo dà, ma conoscendo le
caratteristiche delle nostre cittadine, se è chiaro che per esempio a Torre Pellice di quelle 925
case non abitate la maggior parte sono « seconde case », a Perrero, Pramollo, Angrogna o Rorà queste case vuote sono il simbolo inequivocabile dello spopolamento della montagna, dove
spesso in molte borgate non è
rimasto che un solo vecchio, legato alla sua casa ed al suo
fazzoletto di terreno.
Si potrebbe aggiungere una
considerazione ancora; quante
sono quelle famiglie che anagra
1 DATI DEL CENSIMENTO COMUNE ALLOGGI non occupati % occupati %
ANGROGNA 333 36,7 575 63,3
BIBIANA 1078 76,1 338 23,9
BRICHERASIO 1536 88,7 196 11,3
INVERSO RINASCA .... 266 65,2 142 34,8
LUSERNA SAN GIOVANNI . 3367 78,5 921 21,5
LUSERNETTA 213 70,3 90 29,7
PEROSA ARGENTINA . . . 1636 71,2 663 28,8
PERRERO 426 36,5 740 63,5
RINASCA 1182 63,5 680 36,5
POMARETTO 502 67,1 246 32,9
PRALI 147 10 1323 90
PRAMOLLO 147 29,3 355 70,7
PRAROSTINO 430 64,6 236 35,4
RORA’ no 30,6 250 69,4
SALZA 52 25 156 75
SAN GERMANO 772 60,8 497 39,2
TORRE PELLICE . . 2091 69,3 925 30,7
VILLAR PELLICE 530 58,1 382 41,9
VILLAR PEROSA 1728 84,2 325 15,8
ficamente si dividono per evitare di pagare più care le bollette dell’energia elettrica e che
dunque sottintendono residenze
abbastanza fittizie? E del resto
in un’economia povera come
quella montana forse anche attraverso questi piccoli escamotage passa una certa presenza nelle alte valli.
Resta comunque l’entità del
fenomeno nel suo complesso;
una realtà, come si diceva, contraddittoria; un patrimonio di
case che in buona parte sta
scomparendo, alcune belle e positive esperienze di recupero
edilizio, altri esempi di pessima
attenzione al recupero delle tipologie caratteristiche dell’area
alpina, ma su tutto, molte, troppe ante o persiane perennemente chiuse, metaforicamente
« sbattute in faccia » a chi cer
C3i CdiSS'.
Piervaldo Rostan
C’è preoccupazione, da qualche
tempo, per il futuro delle biblioteche del Piemonte; dalla Regione fanno sapere che si intende ridurre i fondi messi annualmente
a disposizione e non sarà facile
trovare chi abbia la possibilità di
trovare i soldi che potrebbero
mancare.
Le biblioteche sono organizzate
in « sistemi bibliotecari »; quelle
delle valli fanno riferimento al
« sistema » di iPinerolo, il più
grande in provincia dopo quello
torinese sia per popolazione (più
di mezzo milione di persone) ohe
per numero di volumi a disposizione (circa 600.000). Ma le preoccupazioni generali valgono anche
per questa zona: in molti Comuni dell’area l’unico investimento, nel bilancio comunale, riguardava il riscaldamento della sede
o il pagamento del personale addetto, mentre per Lacquisto di
libri non erano previste spese o
queste erano bassissime: quale
disponibilità ci sarà ora?
Finirà che di fronte ai mille
problemi di fognature, acquedotti, servizi vari il settore cultura
verrà trascurato? E’ un rischio.
D’altra parte per qualcuno potrebbe essere meglio puntare su
alcune grosse biblioteche e smantellare quelle dei piccoli centri,
comunque impossibilitate ad avere una dotazione sufficiente alle
esigenze della popolazione, specialmente quella scolastica; d’altra parte è anche vero che è importante mantenere certi spazi,
anche di cultura, distribuiti capillarmente sul territorio; in più di
un Comune, secondo una nostra
indagine, proprio tramite le biblioteche si organizzano incontri,
serate, corsi.
Praticamente ogni Comune delle valli ha una sua biblioteca o
comunque un posto di prestito libri; nel corso deH’anno appena
concluso ci sono stati casi di
TORRE PELLICE: CONSIGLIO COMUNALE
Regione e servizi
La legge 142/90 attribuisce ai
Comuni « tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione del territorio, precipuamente nei settori dei servizi sociali », mentre attribuisce
alla Provincia degli interventi in
collaborazione con i Comuni, sulla base di programmi, sempre
nel settore sociale.
Nel corso del 1991 si è assistito a proroghe nella prosecuzione di quei servizi in cui la Provincia era impegnata, stante la
difficoltà, o meglio l’impossibilità dei Comuni ad assumersi
oneri in assenza dei necessari
fondi, ma alla fine del ’91 si è
arrivati, per co.sì dire, alla resa
dei conti.
Dopo aver avviato i contatti
con la Provincia, pur senz,a avere ancora i necessari chiarimenti che solò la nuova legge finanziaria potrebbe dare, i Comuni
in vai Pellice stanno assumendo
delibere di delega all’USSL 43
dei .servizi già di competenza della Provincia, in attesa che la
Regione comunque decida il
riordino di questa materia che
coinvolge direttamente minori,
portatori di handicap e dunque
farniglie già in difficoltà. Il Consiglio comunale di Torre PelFce
ha assunto questa decisione martedì scorso, 14 gennaio. Durante
lo stesso Consiglio comunale si
è tornati a parlare di ristrutturazione del palazzo adiacente il
municipio, destinato ad ospitare
in futuro la Galleria d'arte con
chiusure temporanee (Bricherasio, Angrogna) legati a lavori agli
edifici che ospitavano le biblioteche, ma anche casi di riaperture
dopo un periodo di sospensione
del servizio (a Torre Pellice hanno ripreso il loro servizio sia la
biblioteca comunale, sia quella
valdese).
Qual è il coinvolgimento della
popolazione?
Prima di vedere i dati raccolti
presso alcuni Comuni occorre però ricordare il tipo di gestione
più diffuso: poche ore di apertura settimanale (si va da un minimo di due ore ad un massimo
di 8) e personale spesso distaccato dal Comune in cui si occupa
di mille altri problemi.
Rispetto aU’utilizzo abbiamo
considerato il mese di ottobre,
mese in cui riprendono le attività
scolastiche e mese in cui meno
la presenza turistica può farsi
sentire sull’utenza.
Si va dalle poche unità di molti
posti prestito ai 123 volumi di
Prali e ai 700 di Villar Perosa,
centro che è diventato per altro
un vero e proprio riferimento per
le valli Chisone e Germanasca.
Si diceva del turismo: in centri come Prali, ma anche Bobbio
Pellice e Rorà, il periodo estivo
diventa facilmente quello di maggior utilizzo di questo servizio.
ìE’ comunque la biblioteca comunale di Pinerolo quella che costituisce l’effettivo riferimento
per le valli, oltre che per la città.
Tra la sede centrale e le sue sedi
distaccate essa ha visto nel 1990
oltre 38.500 lettori nelle varie sedi
ed un numero di prestiti che ha
superato i 37.000 volumi, dati che
anche nel corso del 1991 hanno
visto una tendenza all’aumento.
Del resto gli oltre 210.000 volumi
complessivamente a disposizione,
l’orario (quasi 300 i giorni di
apertura nel ’90 della biblioteca
Alliaudi) spiegano più di ogni altra cifra il dato degli utenti che
è stato registrato.
P. V. R.
temporanea; con il primo lotto
di lavori si darà corso alla ristrutturazione del tetto di un
edificio acquistato dal Comune
oramai da anni.
Il Consiglio ha poi preso in
esame la difficile situazione occupazionale in vai Chisone e le
ripercussioni che potrebbe avere in tutto il Pinerolese. « Occorrerà ripensare alla politica di
investimenti sul territorio delle
valli » ha detto il sindaco,
Armand Hugon, che ha inoltre
amaramente commentato una situazione in cui queste valli paiono non avere più peso politico
né in Regione né in Provincia.
Anche la proposta del Provveditorato agli studi di Torino di
trasformare la scuola media statale di Torre Pellice in sezione
staccata da aggregare alla scuola media di Luserna è stata commentata negativamente dai consiglieri in quanto non tiene conto delle attività didattiche differenziate impostate dalle due
scuole, oltre al fatto che creerebbe maggiori disagi alle famiglie
dell’alta valle. Dubbi sulle stesse motivazioni alla base di questa proposta: da un lato la popolazione scolastica pare destinata ad aumentare nei prossimi
anni, dopo un periodo di contrazione, dall’altro il ’’risparmio”
sul personale sarebbe minimo,
nell’ordine di un paio di persone.
O. N.
Cinema
TORRE PELLICE — Inizia venerdì 17
gennaio la nona rassegna di cinema
d'autore presso II cinema Trento; dodici film fino al 3 aprile. L'ingresso
costerà 6.000 lire per ogni serata; abbonamento globale a 36.000 lire presso la cassa del cinema oppure alla
videoteca Metropolis di Luserna San
Giovanni.
Ancora al cinema Trento, sabato,
ore 20 e 22,10 e domenica, ore 16,
18, 20 e 22,10, è in programma « Terminator 2 ».
Prosegue inoltre, presso i locali di
Spazio giovani in via Angrogna, sabato 18 alle ore 16, la serie di incontri sulla natura del linguaggio cinematografico.
Concerti
TORRE PELLICE — Lunedì 20 gennaio, alle ore 15,30, presso il salone
di via al Forte, l'Università della terza età presenta un concerto di pianoforte; Claudio Voghera eseguirà brani di Chopin, Liszt e Ravel.
Appuntamenti culturali ~
SALUZZO — Venerdì 17 gennaio,
ore 20,30, presso la biblioteca civica
« Sacharov », si svolgerà una serata
sul tema: « Il XLV Dalai Lama, premio Nobel per la pace 1989 » con
proiezione di audiovisivi.
11
lettere
11
17 gennaio 1992
TRA LAICATO
E TESTIMONIANZA
DI FEDE
Caro Direttore,
aprire una poiemica sul nostro giornale? Mè ghénoitol Desidero però
chiarire due punti a proposito della
mia precedente del 13.12.'91 (purtroppo a Lugano le copie dei .giornale arrivano tardi), il Nuovo Zingarelli (meno ■< Devoto » forse ma non meno attendibile) riporta, per la voce « confessionalismo », la seguente definizione: « l'uniformarsi ideologicamente alle dottrine e alle norme di una confessione religiosa ». Il suddetto vocabolario si riferisce, inoltre, per questa definizione, al termine « confessionale » = <1 che è proprio di una confessione religiosa o di una professione di fede ». La mia professione di
fede è che Dio è il Creatore e Gesù
di Nazareth è il suo tramite per la
salvezza dell'uomo. Detto questo, tutto quanto ci è trasmesso dai testimoni evangelici (Antico e Nuovo Testamento) è per me punto di partenza e di riflessione anche per una certa etica, per un certo >■ modus vivendi », che devo esprimere attraverso
una testimonianza. Questo era ciò che
doveva trasparire dalla mia precedente lettera. Non ho confuso « confessionalismo » con « testimonianza ». Se,
d'altra parte, l'apostolo Paolo non avesse creduto al Cristo come alla verità
saremmo ancora tutti ad incensare la
statua » al dio sconosciuto »!
Il secondo punto da sottolineare è
invece di carattere più personale. In
quanto credente, di formazione protestante per giunta, avverto il pericolo del sempre più frequente fraintendimento di certi termini ormai d'uso
corrente e di sempre maggiore attualità nei nostri ambienti, nonché nella
società moderna. Nella riflessione sono stata aiutata proprio dall'approfondito studio delle lingue ebraica e greca, e dall'esercizio continuo, linguisti
co e personale, a cui ci sottopone incessantemente l'Evangelo.
Di » laici », dunque, e di « iniziative laiche » è pieno anche il mondo
cattolico, inquadrato a questo proposito dalia » Ecclesiam suam » di Paolo VI, e proprio qui si manifesta lo
stretto legame che c'è tra laicismo
e un certo confessionalismo. Se dunque laico » è inteso come sinonimo
di » secolare » a tutti gli effetti, ribadisco che il laicato non è sufficiente
e non lo è stato neanche per Agape,
per Riesi e gli aitri, per I quali lo
scopo principale è la testimonianza
della fede evangelica.
Ringrazio e auguro a tutti un sereno 1992.
Milena Beux, Lugano
UN GRADITO
INTERVENTO
DEI BAMBINI
Al culto nella chiesa di Torre di
domenica 22 dicembre 1991 erano presenti anche i bambini della scuola
domenicale. Presenti con le loro voci argentine nel canto gioioso e con le successive risposte alla domanda del pastore, che aveva parlato sul testo,
tratto da Michea, cap. 5 w. 1-4: « E
sarà lui che recherà la pace... ». L'ambita pace del popolo ebraico, espressa fin dal libro del Levitico, passando dalla straordinaria raccolta di preghiere, di canti di lode e gratitudine
aH'Eterno che sono i Salmi.
La pace di cui parlano i profeti
Isaia, Geremia, Ezechiele fino a Zaccaria, prima dall'abbagliante luce deil'Evangelo di Gesù.
Il pastore Rostagno si è rivolto ai
ragazzi della scuola domenicale chiedendo: « Quali doni abbiamo ricevuto
da Dio? ».
Alcuni di essi risposero: « L'intelligenza, la bontà, la salute, I amore,
l'aspirazione alla pace »...
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
Adriano bongo, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli.
Collaboratori: Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione), Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
via Arnaud. 23
10066 Torre
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina
Pellice - telefono 0121/61334
Registrazione: Tribunale di PInerolo n. 175. Respons. Franco Glampiccoll
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino • telefono
011/655278, FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - telefono 0121/932166.
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
EDITORE: A.I.P. • via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Roberto Peyrot (presidente), Silvio Revel
(vicepresidente). Paolo Gay, Marco Malan, Franco Rivoira (membri).
ABBONAIVIENTI 1992
Italia Estero
Ordinario annuale L. 52.000 Ordinario annuale L. 85.000
Semestrale L. 27.000 Ordinario (via aerea) L. 150.000
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Sostenitore annuale L. 90.000 Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. 10125 Torino n. 20936100 Intestato a A.I.P. - via Pio V. 15 INSERZIONI
Pubblicità commerciale: L. 30.000 per modulo mm. 49 x 53
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Finanziari, legali, sentenze: L. 800 ogni parola
Prezzi non comprensivi dell'IVA
FONDO DI SOLIDARIETÀ’: c.c.p. n. 11234101 intestato a La Luce, via
Pio V, 15 - 10125 Torino
Amministrazione del fondo: Maria Luisa BarberIs, Renato CoTsson, Roberto Peyrot
L'intervento dei bambini è stato
commovente soprattutto pensando che
ci stiamo avviando verso un nuovo modo di pregare Dio e leggere i testi
sacri, e nonostante l'ostacolo delle immancabili lacune individuali.
Lucia Gallo Scroppo, Torre Pellice
I ’’PERFETTI”:
UNA GIUSTA
PRECISAZIONE
Desidero ringraziare pubblicamente
l'amico prof. Giovanni Gönnet per le
precisazioni — sul n. 49/1991 del giornale — sui « perfetti » catari di cui
ad una nota nella recensione da me
fatta all'edizione italiana dell'opera di
Anne Brenon. Come Gönnet riconosce,
non ho fatto che riportare quella che
a me è parsa essere la tesi della
Brenon (quanto meno come desumibile dalla versione italiana), indicata nella presentazione come direttrice del
Centro nazionale di studi catari e segretaria di redazione della rivista « Heresis » dedicata allo studio delie eresie medievali e, quindi, studiosa certamente affidabile: ma riconosco volentieri che più convincente è la spiegazione di Gönnet.
Colgo l'occasione per segnalare a
quanti di queste cose si interessano
l'opera di recente pubblicata in italiano, nei ■■ Supersaggi » della B.U.R., di
E. Le Roy Ladurie Storia di un paese: Montaillu, particolarmente interessante anche perché condotta sulla
scorta delle verbalizzazioni dei processi per eresia condotti dall'inquisitore
Jacques Fournier (futuro ¡Benedetto
XII).
Aldo Ribet, Torino
...MA LE BATTAGLIE
PIU’ IMPORTANTI
SONO ALTRE
Nella mia qualità di vecchia insegnante di lettere, condivido pienamente le divertenti disquisizioni linguistiche del sig. Luigi Nicolai di Terni
(che non ho il piacere di conoscere)
apparse in questa rubrica in data 13
dicembre 1991, ma alle note del lettore di Terni vorrei aggiungere un interrogativo che mi sembra abbia qualche peso.
E' davvero possibile arenarsi sul
puerile desiderio di . femminilizzare »
a tutti i costi anche i vocaboli e vedere in queirorrenda « pastora » (che
ricorda tanto una ben nota canzone
di montagna...) il top delie sacrosante rivendicazioni femministe, svilendole e svuotandole di contenuti?
Conosco personalmente più di una
« pastora »: sono tutte donne intelligenti, preparate, ricche di fede. Mi
rifiuto di pensare che si siano lasciate prendere la mano da una così banale contestazione, assolutamente priva di spessore spirituale.
Preferisco saperle impegnate, come
in effetti esse sono, nella battaglia
per la vera uguaglianza fra i sessi,
in difesa dei veri e troppo spesso
calpestati diritti della donna, alla luce dell'Evangelo e nella prospettiva di
quell'unità che il Signore esige da noi
in tutti i percorsi del nostro andare
e del nostro divenire.
Florestana Sfredda Piccoli, Rovereto
ANCHE I RIFORMATI
TRASCINATI
NELLA POLITICA
Caro Direttore,
ho letto, con interesse, il « confronto sulla Centesimus annus » (n.
45) tenutosi a Ponticelli, alla presenza dell'immancabile sindacalista (I).
Premesso che non metto in dubbio
la legittimità per ognuno di avere il
diritto di discutere — non sempre con
competenza — su ogni idea espressa da altri e contemporaneamente di
esprimere le proprie convinzioni, mi
sembra fuori di ogni dubbio che la
Chiesa cattolica, e per essa il suo
pontefice, come sempre hanno fatto
per secoli, continuino a tentare di esercitare la loro azione politica nel mondo. Quello però che non mi sembra
corretto è che, per criticare tale com
portamento, certamente errato da parte di chi si professa cristiano e che
come tale dovrebbe incoraggiare
l'amore universale, anche nei confronti dei reprobi e dei nemici, chi parla
a nome della chiesa riformata cada,
in fondo, negli stessi errori.
Anche la nostra chiesa, o almeno
larghi strati di essa, si è fatta, secondo me, fuorviare e trascinare, particolarmente negli ultimi decenni, da
ideologie « politiche » nate e sviluppatesi completamente al di fuori del
Vangelo. Ancora oggi, quando tali concezioni socio-politiche hanno dimostrato il loro completo fallimento anche
sul piano materiale causando, ove applicate, un drammatico immiserimento
generalizzato, c'è qualcuno tra noi che
tenta di negarne il crollo e se ne
augura un ■■ recupero ».
Parlare poi dell'apporto evangelico
alla vita politica tedesca significa tentare di dimenticare che anche molte
chiese evangeliche accettarono con entusiasmo il nazismo, almeno ai suoi
inizi. Sono purtroppo i grossi rischi
a cui va incontro chi si fa trascinare
dalla politica.
In definitiva mi sembra che la notissima parabola del fuscello nell'occhio del fratello e della trave nell'occhio proprio non abbia condotto ad
una adeguata meditazione molti, troppi, di noi.
Reto Bonifazì, Terni
IL TOURING CLUB
E LA TRADIZIONE
ACONFESSIONALE
Spett.
Touring Club Italiano
Corso Italia, 10
20122 Milano
Sono rimasto veramente sbalordito
ricevendo l'ultimo numero di « Qui
Touring » con allegata la lettera della
Conferenza episcopale italiana della
Chiesa cattolica.
Ritenevo che la lunga tradizione di
apoliticità, aconfessionalità e rispetto
reciproco fosse una conquista che il
Touring aveva fatto da anni e che
non potesse mai accadere di scadere — come è successo — ad un livello così disdicevole.
Me ne rammarico profondamente, e
farò parte i miei amici e quanti potrò raggiungere con la parola e con
lo scritto di questa delusione.
Sono socio dal 1959, e mi spiace
veramente chiudere in questo modo
un sodalizio che durava da molti anni. E' chiaro che non rinnoverò la
mia iscrizione.
Distinti saluti.
Gianni Rostan, Milano
COSI’ POSSIAMO
DIRE CHE ”IL BMV
C’ERA TUTTO”
Caro Direttore,
desidero rettificare alcune affermazioni contenute nella « corrispondenza » da S. Benedetto dei Marsi (numero del 20.12.'91).
« Il BMV c'era tutto » si legge. E'
vero! Ma sembra che la componente M fosse rappresentata dal sottoscritto, il che sarebbe di scarsissimo,
anzi nullo rilievo! La chiesa di Villa
S. Sebastiano era la vera M del BMV;
ed il sovrintendente rappresentava il
« XII circuito delle Chiese valdesi e
metodiste » all'insediamento del past.
Thomas Elser, già pastore della chiesa di Villa S. Sebastiano, alla cura della chiesa B di S. Benedetto dei Marsi.
Con questa precisazione sono d'accordo che » il BMV c era tutto ». Gran
bella esperienza quel giorno, per la
quale dobbiamo dare .« solo a Dio la
gloria! ».
Enos Mannelli, Campobasso
RINGRAZIAMO PER
LA SOLIDARIETÀ’
DIMOSTRATACI
Le famiglie Palermo e Clot intendono ringraziare le gentili persone che
hanno voluto essere loro di sostegno
con la sottoscrizione promossa presso l'Istituto Bancario San Paolo e con
le offerte personali raccolte per il
trapianto di fegato del loro caro Luigi Palermo.
Purtroppo nonostante tutto l'impegno
non si è giunti in tempo all'operazione.
Il Signore ricompensi tanta generosità e solidarietà.
REMERCIEMENT
Les familles Pastre, Bertetto, Mordant et Co'isson, très touchées par les
marques de sympathie qui leur ont été
témoignées lors du décès de
Alice Pastre
prient toutes les personnes, et en particulier le personnel de la maison des
Bougainvillées, de bien vouloir trouver
ici l’expression de leurs sincères remerciements.
Cannes, 13 décembre 1991.
RINGRAZIAMENTO
(( Ij^Eterno è il mio pastore nulla
mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
E’ mancata il 25.12.1991, a Genova,
Amelia Peyronel ved. Bounous
di anni 93
La ricordano la figlia, il genero, i
nipoti, i pronipoti, la cognata, i cugini e la figlioccia. Ringraziano il pastore,
Teodoro Fanlo y Cortes, e tutti coloro
che con parole di conforto, scritti, telefonate e la presenza al funerale presero
parte al loro dolore.
RINGRAZIAMENTO
(t La mia grazia ti basta »
(II Corinzi 12: 9)
I familiari di
Edith Micol ved. ReveI
profondamente commossi, ringraziano
tutti coloro che con simpatia hanno
preso parte al loro dolore.
Sono particolarmente riconoscenti a
tutte le gentili persone ohe hanno messo il loro tempo a disposizione della
mamma.
Un grazie ai pastori Paolo Ribet, Sergio Ribet e Donato Mazzarella e aRe
rispettive consorti.
Un pensiero riconoscente al medico
curante, dott.ssa P. Pascal, al personale medico e infermieristico dell’USSL
42 e deirOspedale valdese di Pomaretto,
al personale tutto dell’Asilo dei vecchi
di S. Germano Ohisone, alla Croce
verde di Perosa Argentina.
Pomaretto, 3 gennaio 1992.
AVVISI ECONOMICI
URGENTE richiesta baby-sitter maggiorenne per neonata a Torino, gennaio-luglio. Possibile pernottamento.
Telefonare, dopo ore 19, (011)
9856086.
ANTICHITÀ’, mobili, oggetti vari,
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USSL 42 - VALLI
CHISONE • GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: prea
so Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 19 GENNAIO 1992
Perosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 19 GENNAIO 1992
Vìilar Pellice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricheraslo: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
12
12 villaggio globale
17 gennaio 1992
LA GUERRA DEL GOLFO UN ANNO DOPO
ROMA
Quale situazione
i9
per i diritti umani
Una serie impressionante di soprusi, repressioni, vessazioni: chi
contesta la linea politica del proprio paese rischia anche la vita
Un anno fa la guerra del Golfo, le dilacerazioni tra interventisti e contrari. Oggi, ad un anno di distanza, la guerra ha lasciato
morti (170.000 secondo un rapporto di Greenpeace), feriti diventati
inabili, disastri ecologici, fame tra i superstiti e distruzioni.
Ma qual è la situazione dei diritti umani nei paesi delia regione attraversati dalla guerra? Ce lo spiega questo rapporto di
Amnesty International che pubblichiamo in due puntate.
Arabia Saudita
Continuano gli arresti di coloro che esprimono critiche al governo. Nel 1991 sono rimasti in
carcere senza imputazione né
processo almeno nove prigionieri di opinione e 11 prigionieri
politici, mentre sono stati incarcerati almeno altri 10 oppositori politici. Un noto scrittore e
giornalista, imprigionato per essere stato uno degli organizzatori di una protesta di donne
contro il divieto di guida nei loro confronti, è rimasto quattro
mesi in carcere senza imputazione né processo fino al rilascio avvenuto nel marzo 1991.
Rimangono in vigore come pene legali le amputazioni, le frustate e la pena di morte. Nel
1990 ad almeno cinque persone
è stata amputata la mano destra. Un insegnante americano
ha ricevuto 90 frustate per diverse imputazioni fra cui il consumo di bevande alcoliche, prima di essere espulso nell’agosto
1990. Un oppositore arrestato
nel 1991 è stato condannato a
quattro anni di carcere e a 300
frustate.
Dal 1990 al settembre 1991 sono state eseguite 34 condanne a
morte.
Bahrein
Nella prima parte del 1991 gli
appartenenti alla comunità sciita, in maggioranza nel paese,
hanno continuato a subire arresti e imprigionamenti arbitrari per motivi politici; successivamente, nel corso dell’anno, la
frequenza di questi provvedimenti è diminuita. Le disposizioni legali in base alle quali
vengono effettuati gli arresti
consentono la detenzione senza imputazione né processo per
periodi fino a tre anni.
Sebbene numerosi prigionieri
politici siano stati rilasciati, rimangono tuttora in carcere circa 100 prigionieri politici, condannati negli anni passati a seguito di processi iniqui. Fra loro ci sono possibili prigionieri
per motivi di opinione. La maggior parte sono legati a gruppi
islamici fuorilegge; fra loro diverse decine di persone furono
condannate nel 1981 per un tentato colpo di stato. Sono tuttora carenti le garanzie legali per
proteggere i detenuti dalla tortura e dai maltrattamenti.
Egitto
Nel corso del 1991 le forze di
sicurezza egiziane hanno continuato ad imprigionare e a torturare gli oppositori politici.
Centinaia di membri e simpatizzanti di gruppi islamici, fra cui
anche « prigionieri per motivi di
opinione », sono rimasti in carcere senza accusa né processo,
in base alla legislazione dello
stato di emergenza, per settimane o mesi. I processi sono stati
celebrati dai tribunali per la sicurezza di stato, i cui verdetti
non sono soggetti all’appello, ma
devono essere confermati dal capo di stato egiziano.
Sono proseguite le denunce di
torture e maltrattamenti nei
confronti dei prigionieri, illegalmente trasferiti nei centri speciali di sicurezza della polizia,
dove non possono avere contat
ti né con gli avvocati né con i
parenti. Le più diffuse forme di
tortura sono le percosse, le sospensioni in posizioni contorte,
le scariche elettriche' e le bruciature di sigarette. Il governo
non ha svolto indagini accurate
sulie denunce di torture.
Giordania
Nel corso del 1990, decine di
presunti o reali oppositori politici sono stati sottoposti alla detenzione amministrativa, senza
imputazione né processo o revisione del caso. Molti sono stati
rilasciati poco dopo l’arresto.
Almeno 26 prigionieri politici
sono stati condannati a pene detentive dopo aver subito processi iniqui dinanzi alla Corte marziale. Rimangono tuttora in carcere circa 20 prigionieri politici
condannati da questo tribunale
negli anni scorsi.
Sono pervenute nuove denunce di torture e maltrattamenti
nei confronti di prigionieri nelle mani delle forze di sicurezza; la maggior parte di essi erano detenuti in incommunicado
(senza poter avere contatti con
l’esterno). Due prigionieri sono
morti in prigione a seguito delle torture subite.
Sono state eseguite almeno
quattro condanne a morte per
omicidio.
Iran
Più di 5.000 persone sono state giustiziate in Iran negli ultimi tre anni e una speciale « Commissione di morte » ne ha mandate la metà alla forca nell’arco di pochi mesi nel 1988. Molte condanne sono state emesse
al termine di processi sbrigativi, nei quali la condanna più frequente è stata per reati connessi al traffico di stupefacenti. Tra
gennaio e settembre 1991, Amnesty International ha registrato quasi 700 esecuzioni.
Alcune persone sono state giustiziate a pochi giorni dal loro
arresto; è stata negata loro la
consulenza legale, il diritto di
chiamare testimoni per la difesa e il diritto di appello.
Sebbene nel 1991 molti prigionieri politici siano stati rilasciati, gli oppositori continuano
ad essere arrestati e torturati.
Nove personalità di rilievo erano state arrestate nel giugno
1990, soltanto per aver firmato
una lettera aperta al presidente
Rafsanjani in cui criticavano la
mancanza di diritti e di libertà in Iran; sono stati condannati nel giugno 1991, dopo un
processo ingiusto, fino a tre anni e a ricevere da 10 a 30 frustate. Alcuni hanno oltre 60 anni. Torture, percosse e intimidazioni nei confronti dei prigionieri sono state ampiamente impiegate sia prima che dopo il processo.
Iraq
Diffuse violazioni dei diritti
umani hanno avuto luogo dopo
la ritirata delle forze irachene
dal Kuwait e le conseguenti
sommosse sia nel Nord, sia nel
Sud dell’Iraq.
Le forze irachene hanno compiuto parecchi arresti, torture e
uccisioni extragiudiziali di mas
sa nei confronti di persone sospettate di aver preso parte alle sommosse, facendo vittime
anche tra civili disarmati, donne e bambini, estranei ai combattimenti. Decine di cristiani
assiri sono stati giustiziati in
modo sommario al loro forzato
rientro dalla Turchia, dove erano fuggiti dopo la repressione
della rivolta curda della primavera del 1991.
In questi ultimi anni migliaia
di prigionieri politici sono
« scomparsi » e della maggior
parte di essi non si ha alcuna
notizia; fra le vittime figurano
8.000 curdi della ’’famiglia” Barzani, « scomparsi » nell’83, circa
350 curdi « scomparsi » dopo essere stati arrestati nel 1988 e 33
cristiani assiri e un gruppo di
curdi « scomparsi » dopo il loro ritorno dai campi profughi
in Turchia e in Iran nel 1988
e 1989 a seguito di amnistie proclamate dalle autorità irachene.
Da anni migliaia di altri prigionieri politici, compresi possibili « prigionieri di opinione »,
rimangono in detenzione senza
imputazione o processo, oppure
stanno scontando sentenze di
prigionia emesse al termine di
processi iniqui; altre migliaia di
oppositori sono stati incarcerati nei 1990 e 1991 per ragioni
politiche; tra di essi figurano appartenenti a partiti politici illegali, membri delle loro famiglie
e cittadini kuwaitiani, alcuni dei
quali sono stati rapiti nel corso
dell’occupazione e di cui non si
è ancora saputo nulla. Le condanne a morte continuano ad essere eseguite; solo nel 1990 sono state centinaia.
Israele e
territori occupati
Dal dicembre 1987, ovvero dall’inizio dell’intifada, sono più di
80.000 i palestinesi arrestati nei
territori occupati; oltre 15.000
palestinesi sono stati sottoposti
a provvedimenti di detenzione
amministrativa, che non prevedono né un’imputazione né un
processo, e decine di migliaia
di altri sono stati processati da
tribunali militari. Alla fine di
settembre 1991 erano più di 8.500
i palestinesi detenuti o imprigionati. Fra i « prigionieri per motivi di opinione » risultano anche decine di israeliani e di arabi che hanno praticato l’obiezione di coscienza al servizio militare.
Durante gli interrogatori dei
palestinesi, le torture e i maltrattamenti hanno assunto carattere sistematico; fra i mezzi impiegati vi sono i manganelli, il
calcio dei fucili, l’incappucciamento con sacchi sporchi, la privazione del sonno, la detenzione in piccole celle buie, lo schiacciamento dei testicoli e le molestie sessuali. Nel maggio 1990
un uomo è morto, sembra per
le percosse subite dai soldati.
Sono almeno 760 i palestinesi,
fra cui anche bambini, uccisi da
colpi di arma da fuoco sparati
dalle forze israeliane durante
l’intifada, spesso in circostanze
che indicano si sia trattato di
uccisioni non giustificate.
I soldati israeliani hanno usato in modo scorretto i gas lacrimogeni; decine di neonati hanno avuto bisogno di cure mediche urgenti dopo il lancio di gas
lacrimogeni nel reparto maternità dell’ospedale di Gaza nel
giugno 1990 e nel reparto pediatrico dell’ospedale Makassed nell’ottobre dello stesso anno.
Appaiono inadeguate le indagini svolte sugli abusi delle forze
governative e sui relativi procedimenti giudiziari.
Solidarietà
con gli oppressi
Un incontro per ricordare i sei gesuiti sterminati nel novembre 1989 da squadracce armate
Mollissimi salvadoregni vivono sotto la soglia di povertà: i gesuiti
uccisi nel 1989 cercavano di aiutarli.
Nell’ambito delle attività ecumeniche, nella comune preghiera
e nella speranza di pace che contraddistinguono l’attività del
Centro interconfessionale per la
pace (CIPAX), venerdì. 22 novembre, nella chiesa di S. Marco in Roma è stato ricordato il
massacro, avvenuto in Centro
America due anni prima, di sei
gesuiti e delle due collaboratrici domestiche (madre e una figlia di quindici anni).
Il sanguinoso episodio era avvenuto nelle prime ore del 16
novembre ’89, nella residenza annessa aU’università « José Simeon Canes » di San Salvador.
Per la Compagnia di Gesù gii
autori del delitto, che non si accontentarono di uccidere ma infierirono anche sui corpi delle
vittime, erano elementi appartenenti o collegati alle forze armate.
Il movente fu senza dubbio
l’impegno dei religiosi, in particolare di quelli di loro che erano responsabili della conduzione dell’università, in favore della
giustizia in Salvador. Tra questi religiosi, fra l’altro, è da ricordare il rettore Ignacio Ellacurà, che dava l’impronta ali’opera dei gesuiti stessi.
Le letture bibliche scelte per
questa occasione di riflessione
sono state i testi di Isaia 41;
10-17 e degli Atti (9; 1-18).
Sul primo testo ha preso la
parola il gesuita salvadoregno
Davide Lopez che ha preso le
distanze dal giudizio, espresso
da molti, che l’accaduto fosse
« giudizio di Dio » per il fatto
che i gesuiti si fossero immischiati in problemi che non dovrebbero coinvolgere i credenti.
Lopez ha tra l’altro affermato:
« La Compagnia di Gesù ci ha
comandato di inserire due cose fondamentali nel nostro lavoro, la promozione della fede
e la proclamazione della giustizia. Quei sei gesuiti incarnano
questo nuovo spirito missionario della chiesa ». Ha poi proseguito dicendo che molti pensano ai poveri, ma non eome a
un soggetto della storia; il capitalismo, per le proprie leggi
interne di mercato, non può garantire nessuna giustizia sociar
le, e le attuali ideologie hanno
abbandonato i poveri al loro destino.
Per Lopez i poveri hanno bisogno della nostra solidarietà
per essere sostenuti nella loro
lotta di liberazione. « I gesuiti
morti — questa è stata la conclusione — sono un dono di Dio
alla chiesa e al popolo ».
Sul secondo testo ha svolto
una riflessione il valdese Sergio
Manna, che ha ricordato come
la storia di Saulo sia la storia
di una conversione, anzi, la conversione più importante della
Bibbia.
Saulo non è un non credente o un agnostico, tutt’altro: è
un uomo religioso, troppo religioso. E’ convinto di possedere
la verità, al punto di imprigionare alcuni credenti che la pensano diversamente... ma, sulla
via di Damasco, avviene qualcosa che modificherà la sua vita:
un incontro, l’incontro con il
Cristo.
Sulla via di Damasco Saulo
comprende che Dio è daila parte del Cristo crocifisso, e che
Gesù si identifica con coloro che
sono perseguitati.
Da questo momento in poi
Saulo si trasforma nell’apostolo
delle genti, colui che meglio di
altri saprà incarnare l’Evangelo nella cultura e nelle tradizioni di popoli diversi.
Manna ha poi collegato il ricordo dei gesuiti alle celebrazioni della « conquista deH’America », rilevando come 500 anni fa
la chiesa avesse sostenuto e giustificato la distruzione di intere
civiltà. Una chiesa di ex perseguitati si era trasformata in persécutrice, da strumento di liberazione era diventata strumento di asservimento.
Eppure, anche in quella situazione di etnocidio, si levarono
le voci profetiche di chi aveva
fatto l’esperienza (come Saulo)
del Cristo che si identifica con
gli ultimi.
Antonio de Montesinos, o Bartolomé de Las Casas, per citare
solo due dei nomi più conosciuti; una linea che arriva fino ai
nostri giorni, e che non riguarda solo la difesa dei diritti delle popolazioni indigene, ma
coinvolge la solidarietà con tutti i poveri e gli oppressi.
Emanuele Casalino
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