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ECO
BIBI.I OTECA V ALDESE
1Ü06G TORRE PEIL ICE
DELLE VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Num. 9 ABBONAMENTI | L. 3.500 per I’interno Sped. in abb. postale - I. Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE 2 Marzo 1973
Una copia Lire 100 L. 4.ÒUU per 1 estero Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
VERSO L’8° CENTENARIO VALDESE
Prima e dopo il Sinodo di Chanforan
Quale llbartà 7
Le varie forme che la chiesa si può dare non sono che strumenti di fedeltà
all’Evangelo - Una lezione di libertà ci viene dalla storia valdese
A partire dalla fine del secolo scorso, cioè dopo gli studi attenti ed acuti
di Emilio Comba, tutti gli studiosi di
valdismo sono concordi nel ritenere
che la storia valdese debba necessariamente essere divisa in due periodi
nettamente distinti l’uno dall’altro:
prima della adesione alla Riforma decisa dal Sinodo di Chanforan (11741532) e dopo tale Sinodo.
Si è anche soliti chiamare il valdismo prima di Chanforan « movimento valdese », per sottolineare la sua
spontaneità e mancanza di strutture,
il valdismo successivo « chiesa valdese ».
Non è però sempre molto chiaro, a
chi non si occupi espressamente e approfonditamente della materia, che cosa realmente abbia significato il Sinodo di Chanforan. Quali mutamenti si
sono prodotti nella fede e nella vita
dei valdesi? Sono i valdesi stati capaci di inserire la loro plurisecolare protesta nell’ambito delle nuove idee propugnate dalla Riforma, oppure hanno
semplicemente accettato ciò che i Riformatori hanno loro insegnato?
Normalmente si dice che i Riformatori non abbiano compreso ciò che era
stata la protesta valdese e che i vaidesi non siano stati sufficientemente
forti nelle loro posizioni per farsi comprendere. Certo è che, come gli studi
recenti hanno dimostrato, molto del
messaggio originale del valdismo medievale è andato perduto. Rimane da
chiarire se ciò sia avvenuto perché i
valdesi veramente non erano più in
grado di farsi capire o di lottare per
le loro idee, oppure se ciò sia stato da
loro accettato come la soluzione migliore per il loro tempo. Personalmenie credo che uomini come Morel e
Masson (i due barbi che avevano ricer'Lito l’incarico di prendere contatti diletti con i riformatori per informarli
del pensiero valdese e conoscere direttamente e approfonditamente il
pensiero dei riformatori stessi), che
dimostrano una sensibilità ed una cultura non trascurabile, avrebbero potufo senza difficoltà rendersi conto che
la Riforma significava veramente una
rottura con il loro passato e che di
conseguenza avrebbero potuto opporvisi. Se essi non lo fecero è perché
furono convinti dai Riformatori che
la via aperta dalla Riforma poteva essere anch’essa una via di fedeltà a
Cristo. Vorrei qui accennare ad un solo aspetto di questa profonda trasformazione: il ministero del predicatore.
Tutti sanno che nel medioevo i predicatori non risiedevano in un luogo
stabilito, ma solevano spostarsi continuamente da un luogo all’altro, incontrando nelle varie cittadine e nei villaggi, attraverso cui si trovavano a
passare, gli « amici » che si riunivano
appositamente in segreto per ascoltare la predicazione e per confessarsi al
« barba ». Il Sinodo di Chanforan stabilisce invece che non è necessario
che i ministri si spostino di luogo in
luogo, a meno che questo torni a maggior bene della chiesa.
In concreto questa decisione significa, tra le altre cose, che tutti (o quasi)
gli abitanti del borgo in cui viene a
trovarsi uno di questi predicatori sono
immediatamente sospettabili di essere
favorevoli all’eresia e quindi perseguibili dal tribunale dell’inquisizione. Se
pensiamo per un momento al fatto
che i valdesi durante tutto il periodo
che precede Chanforan hanno fatto fi
possibile per mascherarsi, per nascondersi, per mantenersi nella clandestinità, c’è veramente da meravigliarsi
di una simile decisione.
Da Chanforan in poi i valdesi non
vanno più a messa né a confessarsi dal
curato romano allo scopo di nascondere la loro identità e sfuggire all’inquisizione! Qualcuno potrebbe forse
pensare che è inevitabile, che viene comunque il momento in cui necessariamente si esce dalla clandestinità e si
viene alla luce del sole. Non è forse
così di tutti i movimenti di dissenso,
religioso e politico? Però occorre precisare che i valdesi non escono dalla
clandestinità nel momento in cui ritengono di essere sufficientemente forti per poter sostenere ed affrontare
l’avversario, nel momento in cui sono
sufficientemente ben organizzati da
poter reggere l’assalto. Non dirnentichiamo che la decisione della resistenza verrà molto più tardi e che sostanzialmente essi a Chanforan non rinnegano del tutto le loro idee di non vio
Essi decidono di uscire alla luce del
sole perché sono convinti dalle argomentazioni dei riformatori che quello
sia, nelle condizioni sociali e politiche
del momento, il modo migliore di essere fedeli a quella Parola per la quale sono morti tanti loro confratelli
nei roghi di mezza Europa. Non possiamo pensare che essi non comprendessero la reale portata di una decisione del genere, che essi sperassero o
si illudessero in un trionfo delle idee
riformate in tempo relativamente breve o nella conversione, per quel che
concerne le Valli, del duca di Savoia
Carlo III.
Essi compresero che le varie forme
che la chiesa si può dare non sono assolute ed eterne, ma solo strumenti di
fedeltà all’Evangelo. In questo io credo che essi ci siano maestri e che ad
essi noi dobbiamo guardare non con
puro interesse di storico curioso del
passato, ma per riscoprire la loro volontà di testimonianza, anche quando
fosse chiaro che questa fedeltà al Signore può costare, può scottare direttamente sulla nostra pelle.
Credo che tra il valdismo medievale
e quello post-Chanforan almeno questo punto rimanga costante e dovremmo esaminare se da allora, in nome di
una pretesa fedeltà alla Riforma, non
abbiamo per caso, come chiesa, elevato le nostre strutture ecclesiastiche
a rango di tabù intoccabili e ridotto
la nostra volontà di fedeltà alTEvangelo a un puro nome, senza alcuna
aderenza concreta alla realtà dei fatti. Un ripensamento di tal genere è
forse utile in vista delle celebrazioni
del centenario della conversione di
Valdo. Il solo modo di celebrare degnamente tale conversione è che noi stessi a nostra volta ci convertiamo al Signore e cerchiamo i modi migliori e
più idonei per servirlo oggi.
Entro il 31 marzo 1973, secondo quanto deliberato dalla Sessione congiunta
del Sinodo Valdese e della Conferenza
Metodista, le nostre Chiese dovranno
far pervenire ai rispettivi organi esecutivi le loro conclusioni circa il contenuto delle intese tra lo Stato e le confessioni religiose di minoranza, previste
dall’art. 8, comma 3 della Costituzione.
Il presupposto per queste intese è l’abrogazione, ripetutamente richiesta,
della legislazione sui « culti ammessi »,
imposta unilateralmente dal governo
fascista.
Una volta dichiarata abrogata quella
legislazione tuttora vigente, quali dovranno essere le materie che saranno
oggetto delle intese con lo stato e quale
contenuto vogliamo dare ad esse? Cioè,
come vogliamo che siano regolati, per
quelle materie per le quali si ritenga
necessario, i nostri rapporti con lo
stato?
Parecchie delle nostre Chiese avevano già avviato questo studio, e tuttavia,
là dove esso è stato recentemente ripreso a livello di riunioni quartierali e di
conversazioni con membri di chiesa, ci
si è resi conto che, ad eccezione di coloro che, per particolare competenza e
interesse, avevano seguito le varie fasi
Bruno Bellion
!lllIlllllllllllllllllllllimiUUIIIIIIIllllllllllilll|llllllllllllllllllllJI||||llllllllllllllllillllllll1llllllllllllllllll
In vista della « Domenica della Gioventù », l’il marzo
Il problema no
i problema è la chiesa
La Federazione Giovanile Evangelica
Italiana (EGEI) si è costituita nel 1969.
Ha dunque soltanto quattro anni di
vita; ma il cammino che ha portato alla fusione dei tre movimenti, battista
(MGB), metodista (GEM) e valdese
(FUV), è stato lungo: lo si può far cominciare dalla costruzione di Agape, o
dal congresso di Milano del 1951, quando sembrava che l’unità dei tre movimenti fosse cosa fatta. Invece occorse
circa un ventennio perché quella prima spinta giungesse a maturazione. Ma
nel frattempo la situazione giovanile e,
più in generale, la situazione ecclesiastica, è mutata profondamente.
Allora, nel 1951, il lavoro giovanile
era nel suo splendore: unioni numerose, convegni di centinaia di giovani,
entusiasmo, grandi speranze per il rinnovamento della chiesa. Il detto non
precisamente biblico — « i giovani sono il futuro della chiesa » — sembrava giustificato da quella realtà. Qggi
molte unioni sono scomparse, quelle
che esistono vivacchiano racimolando
a mala pena qualche giovane volonteroso. Resistono, è vero, alcuni gruppi
filodrammatici nelle valli valdesi, ma
a patto di nulla innovare, né come tematica, né come tipo di rapporto con
il pubblico.
Non mi interessa qui andare alla ricerca delle cause di questa situazione.
La ricerca delle cause, o meglio dei responsabili, è uno sport molto esercitato da noi, e nasconde abbastanza male
la mancanza di idee per il futuro. Si
può comunque constatare che il lavoro
giovanile è in crisi in tutta Europa e
in tutte le chiese, tranne in quelle che
evangelizzano. Si assiste piuttosto al
tentativo di rimettere in piedi le vecchie organizzazioni, magari con altro
nome: nella Chiesa Cattolica questo accade per l’Azione Cattolica, per esempio. Ma questi tentativi per ricuperare
il terreno perduto sono fatti nel segno
della Controriforma: l’operazione potrà riuscire, il potere della chiesa sarà
forse assicurato ancora per un po’ di
tempo, ma il momento in cui la chiesa
dovrà riconoscere la cruda realtà del
proprio fallimento storico e ricominciare umilmente la via della sottomissione alTEvangelo, nella debolezza, non
può tardare. Se il compito degli evangelici non è di ricordare questo, di incarnare questa coscienza del peccato
della chiesa e lo stile di vita che ne
consegue, non si sa quale sia il compito degli evangelici.
Sembra che ci siamo allontanati dal
tema, ma in realtà credo che siamo
giunti al nocciolo, perché il problema
non sono i giovani, il problema è la
chiesa. Intendiamoci, è un problema
che concerne i giovani, perché anch’essi devono capire TEvangelo, e viverlo.
Ma non è un problema soltanto dei
giovani, è un problema di tutti.
In sostanza la EGEI, nella sua azione
quanto mai precaria, ma da cui può
scaturire un autentico rinnovamento
per la chiesa, procede sulla base di alcuni punti, sui quali si è fatta, nel corso degli ultimi anni, una certa chiarezza.
1. Il compito di rm movimento giovanile evangelico non è quello di inquadrare i giovani della chiesa, con una
tecnica da vivaio: così si assicura, ma
non sempre, il futuro di un’organizzazione, non il futuro della chiesa del Signore. Il compito è quello di stimolare
i giovani, affinché prendano coscienza
della propria vocazione. Lo « stimolo »
non può essere altro che la predicazione deH’Evangelo, e le indicazioni concrete che ne scaturiscono.
2. Quindi le attività giovanili devono avere il senso di un servizio o di
una testimonianza: una recita può essere una testimonianza evangelica; ma
avrà meno successo e susciterà più critiche, e bisogna essere pronti a pagare
questo prezzo, invece di badare soltanto al prezzo del biglietto.
3. I giovani hanno bisogno di divertirsi; giusto, ma nei movimenti giovanili si è speso troppo tempo e troppa energia per cercare di intrattenere
i giovani, e la cosa era ancora sostenibile finché non sono giunti i divertimenti di massa: dovremo metterci a
organizzare dei clubs cristiani della
motoretta?
In realtà l’organizzazione cristiana
del divertimento rivela una sfiducia
nella capacità di autonomia dei giovani: se uno crede in Cristo e accetta che
la propria vita sia un servizio, saprà
anche come divertirsi, senza bisogno
che glielo insegnamo noi. Quindi il tempo e le energie non devono essere dedicati a intrattenere, ma a far pensare.
Invitare a leggere i libri della Claudiana, a dibattere i problemi, a ricercare
insieme il senso di ciò che sta accadendo nel mondo, non è un vezzo da intellettuali, ma è un avvio a vivere come
uomini fatti, nella libertà cristiana.
4. I giovani criticano la chiesa. Molte volte hanno ragione, ma non è questo il punto; la critica può ancora nascondere un atteggiamento di inferiorità: si aspetta che la chiesa, cioè gli
altri, gli adulti, cambino, e si rimane in
un atteggiamento passivo. Il movimento giovanile deve tentare di realizzare
delle iniziative che dimostrino nei fatti
la possibilità di un nuovo tipo di comunità. I gruppi giovanili possono e devono, in certi casi, indicare la via alla
chiesa.
5. Questo deve avvenire anche sul
terreno politico. Abbiamo compreso
che la predicazione non si fa in astratto, ma nel concreto delle situazioni
umane, e quindi anche prendendo posizione nelle lotte politiche. Ma se le
chiese tardano a prendersi questa responsabilità, dei gruppi possono aprire
la strada, tentare di dare una testimonianza all’Evangelo di Gesù Cristo nel
contesto di un lavoro politico.
Da queste riflessioni è nata la EGEI.
E’ senz’altro interessante sapere quali
sono state le esperienze di questi primi anni, a quali reazioni si è andati incontro, in che direzione si dovrà procedere. Speriamo di riprendere questo
discorso la prossima settimana.
Bruno Rostagno
Scuola, cultura, deiaacrazia
Il problema della legge delega per lo stato giuridico
del personale nel quadro della riforma della scuola
Da martedì 20 febbraio sono iniziati
gli scioperi regionali del personale insegnante e non insegnante della scuola di ogni ordine e grado. È questa
una delle poche occasioni in cui i lavoratori della scuola sono riusciti ad
impegnarsi in un’azione comune, anche se con finalità diverse: le decine
di sindacati tra loro in perenne polemica, le differenziazioni di trattamento
economico e normativo, la suddivisione stessa dei compiti, le scarse possibilità concrete per il confronto e la
collaborazione diretta, tendono ad isolarli ed a chiuderli in una visione
quanto mai settoriale dei problemi propri e della scuola in generale.
L’occasione per questa lotta, eccezionalmente in comune, è fornita dalla preparazione di una legge delega per
lo stato giuridico. Lo stato giuridico è
pressappoco il contratto di lavoro del
personale della scuola; in esso devono
essere specificati i suoi doveri e diritti, ed è la prima volta che si decide
di fissarli con una apposita legge. Poiché una legge che si esprimesse dettagliatamente in proposito richiederebbe un lavoro troppo lungo da parte
del Parlamento, si è ricorsi al sistema
della legge delega: entro un anno dalla sua promulgazione il governo è
chiamato a stilare i decreti delegati
nell’ambito di una preordinata falsariga. In questa legge delega dovranno
essere indicati, sia pure sommariamente, i compiti e le responsabilità di ciascuno, l’orario di lavoro, i criteri con
i quali verrà retribuito, i diritti sinda{continua a pag. 6)
delia lotta per la libertà religiosa dal
1848 ad oggi, ci sono ancora sempre
nelle nostre comunità non pochi membri ai quali l’informazione data attraverso i resoconti sinodali e gli articoli
apparsi sulla nostra stampa evangelica,
perviene in modo frammentario e staccato.
È necessario aiutare questi membri
di chiesa ad avere presente il quadro
d’insieme delle situazioni storiche nelle quali si sono inserite, di volta in volta, le decisioni e le azioni della chiesa.
Allora potranno più agevolmente rendersi conto delle motivazioni delle scelte che sono state fatte nella ricerca di
una linea di fedeltà alTevangelo, ed è
probabile che della continuità di questa linea si sentiranno anch’essi più
responsabili.
A rispondere a questa necessità esce
opportunamente in questi giorni per
la collana di « Attualità protestante » ^
un testo destinato appunto ai membri
delle singole chiese evangeliche.
È un testo a carattere divulgativo,
redatto in forma vivace e di facile lettura, che ci fa rivivere in 5 agili capitoli più di 40 anni di storia della lotta
per la libertà religiosa in Italia, prendendo le mosse dal periodo fascista
fino ai nostri giorni.
Questo testo non soltanto ci rinfresca la memoria, ma inquadrando le decisioni dei Sinodi e delle Assemblee nel
loro contesto storico, ci dà, in una rapida panoramica, il senso del loro sviluppo progressivo fra le inevitabili tensioni e difficoltà, fino alla maturazione
delle decisioni ultime, in vista delle
quali si richiede ora il pronunciamento
delle chiese.
Il testo, come abbiamo detto, prende le mosse dal periodo fascista e, marcando le quattro date degli avvenimenti che hanno avuto un peso determinante sulla situazione della libertà religiosa (11 febbraio 1929: Patti Lateranensi; 24 giugno 1929: Legge sui culti
ammessi; 28 febbraio 1930: R. Decreto
per l’applicazione della Legge sui culti
ammessi; 1931: Nuovo testo di pubbUca
sicurezza), ci fa vedere come, nel giro
di soli 3 anni, sotto l’apparenza di iniziali concessioni e riconoscimenti e facoltà che nessuno aveva in precedenza
negato agli evangelici, in realtà il giro
di vite inteso a paralizzare la vita delle
chiese è andato facendosi sempre più
stretto e pesante, aggravandosi poi ancora di più negli anni della guerra, per
il sospetto di « profonda ostilità al fascismo, derivante negli evangelici dai
loro stessi fondamentali princìpi religiosi», come era detto in una circolare
ministeriale.
È in questa prospettiva che si devono rileggere gli articoli della Legge sui
culti ammessi e tutte le altre norme di
cui è stata richiesta l’abrogazione.
Il seguito della esposizione ci consente di notare la linea di continuità di
azione seguita dalla Chiesa Valdese
che nel Sinodo del drammatico settembre 1943 rivendica la più ampia libertà
di coscienza, di culto e di testimonianza per tutti ed afferma di non volere
né privilegi, né restrizioni o ingerenze
da parte dello stato. Su questa linea di
azione si muoverà, in vista della Costituente, il Consiglio Federale delle Chiese, nel frattempo costituitosi, e di cui
si rende atto che ha operato con tempestività e ferma determinazione, per
ottenere dalla Costituente una soluzione moderna alla questione della libertà
religiosa. Quando il 25 marzo 1947 la
Costituente approverà Tart. 7 col suo
richiamo ai Patti Lateranensi, al Consiglio Federale non rimane altra linea
che strappare il riconoscimento dì
qualche diritto e adattarsi a considerare se, per via deH’istkuto delle intese, sancito dall’art. 8 della Costituzione, si potrà giungere a non lasciarsi imporre né privilegi, né restrizioni o interferenze.
Ma alle intese non si viene, il governo della Democrazia Cristiana non solo
dimostra di non volerne sapere, ma si
serve del testo unico di Pubblica sicurezza del 1931 sempre in vigore, per applicare la legislazione sui culti ammessi in maniera più restrittiva ancora dì
quanto non avesse fatto il governo fascista, in dispregio totale della Costituzione. L’azione poliziesca del governo
si concentra contro ogni iniziativa
evangelica. Sono chiusi locali di culto,
si commettono violazioni di domicilio,
denuncie, fermi ed arresti. Gli evangelici non hanno altra arma per difendersi che appellarsi alla Costituzione, e
Achille Deodato
(continua a pag. 5)
' Franco Giampiccoli : Liberi ma disuguali. Gli evangelici fra la Costituzione repubblicana e le leggi fasciste. « Attualità protestante » 52/53, Claudiana, pp. 60, L. 300.
i
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pag. 2
N. 9 — 2 marzo 1973
COMMENTO BIBLICO di Giorgio Bouchard
LA LEGGE E LA VITA
Marc Oraison, testa dura
MATTEO 5: 17-20
Questo è uno dei testi del Sermone
sul monte in cui il pensiero di Gesù
mostra il suo carattere più profondo:
basterebbe leggere questi soli versetti
di tutto l’Evangelo per rendersi conto
che l'insegnamento di Gesù non può
essere ridotto a qualche formula semplicistica, o a qualche idea generica:
il pensiero di Gesù è profondo e complesso, e ben radicato nella storia.
Un primo segno di questo fatto è
dato dal rapporto che Gesù stabilisce
tra il suo insegnamento e la Legge dell’Antico Testamento: con tutto il suo
atteggiamento, con tutta la sua azione, Gesù appariva agli occhi dei suoi
contemporanei più che come un riformatore, come un rivoluzionario della
tradizione religiosa giudaica: perciò
sia i suoi seguaci più superficiali (e...
ne ha avuti molti in quegli anni e nei
19 secoli seguenti) sia i suoi avversari
più accaniti potevano pensare che egli
negasse puramente e semplicemente
la tradizione religiosa giudaica: egli
poteva sembrare uno che pensa prima a distruggere e poi a costruire.
Nulla di tutto questo: Gesù dichiara esplicitamente di essere venuto per
compire « la legge e i profeti ». Che
cosa vuol dire questa parola « compire »?
« Compire » significa anzitutto adempiere: l’essenziale dell’Antico Testamento è l’attesa profetica del Regno
di Dio: questa tensione di attesa fa
dell’Antico Testamento un libro ineguagliabile nella storia dèi rapporti
deU’uomo con Dio: ma proprio questa
stessa tensione fa anche dell’Antico Testamento un libro incompleto, o incompiuto: esso è come una piramide
che poggia sul suo vertice, sempre in
equilibrio instabile. Solo se si pone
Gesù a fronte dell’Antico Testamento
questo libro assume il suo vero significato, e nulla della sua incomparabile
ricchezza va perduto.
Il motivo è questo: nella vita, insegnamento, morte e resurrezione di Gesù le promesse del Vecchio Testamento hanno trovato il loro adempimento
nella storia: non è un adempimento
totale, perché è nella storia e non ancora nel Regno di Dio; d’altra parte
è adempimento vero, e tale da rappresentare una svolta di 180 gradi nei rapporti tra Dio e gli uomini.
Prima di Cristo si viveva di attesa
e di speranza: ora si vive dei doni presenti dello Spirito Santo: questo sarebbe stato impossibile senza Gesù e
la sua azione storica.
Proprio per questo però, l’Antico
Patto va trattato col massimo rispetto: è adempiuto, non semplicemente
superato: come quando i vari pezzi di
un « puzzle » si compongono di un disegno unitario non sono superati, rna
raggiungono il loro significato d’insieme, così le varie componenti dell’Antico Testamento (la fede di Abramo,
la legge di Mosé, la speranza di Isaia,
il canto dei Salmi, la critica di Geremia, le visioni di Daniele) vengono finalmente a comporre un disegno unitario, in cui si capisce che cosa c’era
di importante e che cosa c’era di secondario: ma tutte le cose, importanti e secondarie, tutte hanno un certo
valore, sia pure a gradi diversi, perché tutte sono state una preparazione
e una promessa della venuta del Messia: alcune parti della piramide saranno anche molto esili, ma ne fanno parte, e ormai tutta la piramide ha trovalo il suo equilibrio..............
Perciò agli occhi dei cristiani l'Antico Testamento è nello stesso tempo
estremamente prezioso e insufficiente:
prezioso perché è tutto un insieme di
segni convergenti verso il Cristo; insufficiente, perché senza l’adempimen
to in Cristo non può essere compreso
nel suo vero valore.
Naturalmente questa comprensione
dell’Antico Testamento non può in alcun modo aver luogo a livello teorico:
sarebbe pura ideologia religiosa. Questa comprensione deve avvenire a livello pratico: « se la vostra giustizia
non supera quella degli scribi e dei farisei... » (v. 20). Cioè: quello che Gesù
ci dà nei confronti dell’antico patto è
una possibilità operativa non comparabile con quella degli uomini della
Legge mosaica. Scribi e farisei erano
uomini che si erano concentrati in modo totalitario sul tentativo di comprendere, di succhiare a fondo l’Antico Testamento, persuasi che da questo studio sarebbe nata una vera obbedienza
alla volontà di Dio. In pratica, il risultato di questo loro sforzo titanico
era contradittorio: era « ipocrisia ».
Avevano cercato di costruire una casa
sulla piramide instabile, e non c’erano
riusciti: perché era impossibile costruire qualcosa su una semplice promessa. Ma ora che la promessa ha trovato il suo adempimento, ora è popibile passare a una pratica dotata d’un
senso e d’una coerenza: si può avere
una «giustizia» superiore a quella degli scribi e dei farisei, non perché si
sia migliori di loro, ma perché si opp
ra in una dimensione diversa; la dimensione dello Spirito Santo donato
da Gesù Cristo.
* * *
A questo punto la parola « compire »
può anche assumere un altro significato, e cioè: mettere in pratica: Gesù
effettivamente ha messo in pratica,
cioè ha tradotto in realtà ciò che nel
vecchio testamento era pura promessa.
Il vecchio testamento parlava di un
Regno di amore e di pace, in cui gli
uomini sarebbero stati riconcilipi con
gli altri uomini e con Dio. in cui i ciechi avrebbero ricuperato la vista e gli
zoppi avrebbero camminato: un Regno
in cui le storture della storia avrebbp
ro avuto una modifica radicale. Gesù
ha operato questa modifica, positivamente e negativamente: positivamente,
perché ha incarnato rapporti di amore e di perdono, di guarigione e di ri
Nella Collana storica
sull’evangelismo italiano
curata da Giorgio Spini
per la Claudiana
Pietro Taglialatela
Giovanni Iurato, Pietro Taglialatela, dalla
filosofia del Gioberti alVevangelismo antipapale. Collana diretta da Giorgio Spini,
pp. 190 + 42 ill-ni f.t., lire 3.400 (bross.),
lire 4.400 (rii.).
L’autore Giovanni Iurato, nato a Brancaleone (RC) nel 1936, insegna attualmente a
Firenze. Si è laureato a pieni voti discutendo
una tesi su P. Taglialatela.
Garibaldino, filosofo giobertiano, teologo
cattolico progressista e studioso di Giordano
Bruno, Pietro Taglialatela si converte al protestantesimo a Napoli e diventa pastore della
chiesa metodista, prima wesleyana poi episcopale.
Personalità tra le più vive, partecipa in
prima linea alle battaglie politico-religiose e
sociali del suo tempo. Entra in polemica con
i cattolici liberali (C. M. Curci, G. Toscanelli), con un teologo evangelico di provenienza
vecchio-cattolica (U. Janni) ecc.
Nei suoi scritti, nella sua attività pubblicistica rivivono i temi più vivi dell evangelismo ottocentesco.
Con assiduo studio e cura appassionata di
ricercatore, Iurato ricostruisce il mondo di uno
dei maggiori pensatori dell ambiente evangelico dell’epoca, con occhio attento alle grandi correnti politico-religiose del tempo.
Il volume è arricchito da 42 foto, in buona
parte inedite.
E’ FISSATO
A proposito delle visioni di cose lontane, cui ci riesce difficile credere, il profeta Habakuk ci dà una buona regola: « Io starò
alla mia vedetta, mi porrò sopra una torre, e starò attento a quello che l’Eterno mi dirà » (Hab. 2; 1). Ecco la regola: stare alla
vedetta, cioè in un luogo elevato, su di una torre dalla quale si
può scorgere un paese molto esteso. Invece noi ce ne stiamo in
basso, « immobili sulle nostre fecce » come dice il profeta Sofonia (1: 12), sempre intenti solo ai nostri più o meno sudici affari,
e non c’importa di vedere lontano; anzi, cerchiamo di vedere
sempre meglio quello che ci è vicino, quello su cui possiamo
più facilmente stendere le mani per impossessarcene, cose o persone che siano.
Allora non possiamo certo stare attenti a quello che il Signore ci dice, nella sua Parola o nelle ispirazioni che di quando in
quando, o spesso, ci sussurra; e così perdiamo la possibilità di
sapere quello che più ci deve interessare, quello che è essenziale
per noi: dove andiamo, e dove va il mondo. Quello che ci vien
detto si riferisce, è vero, di solito ad un tempo futuro, che non è
sempre lontano; ma nell’aspettare la soluzione dei nostri problemi non dobbiamo essere impazienti. Che cosa è il tempo? L’importante è che la cosa avvenga: avviene quando può, quando deve, ma « non tarderà », perché il suo tempo, il tempo in cui deve
avvenire, « è fissato »; e « se tarda, aspettala »(Hab. 2: 3); aspettiamola con la certezza che quel che non vediamo ancora avverrà; aspettiamola senza dubitare, senza fuggire verso cose che ci
sembrano più concrete, perché « il giusto vivrà per la sua fedeltà » (Hab. 2: 4). Lino de Nicola
surrezione, perché ha preso degli uomini e li ha cambiati da capo a piedi;
perché ha rotto le false barriere dell’odio e del pregiudizio. Tutto ciò che
nei fogli ingialliti del Vecchio Testamento era pura utopia, nei giorni vissuti da Gesù sulle colline di Galilea e
diventato realtà effettuale: i mutamenti intervenuti nella vita di Pietro il
pescatore, di Giovanni il collerico, delia donna peccatrice e del pubblicano
traditore stanno a dimostrarlo. Negativamente, poi, Gesù ha accettato di
pagare il prezzo che questa coerenza
comportava, e si è lasciato crocifiggere; ma proprio il momento più negativo della sua vita (quando i rappresentanti della Legge lo hanno eliminato), proprio quello è stato il momento
in cui Gesù adempiva pienamente la
Legge: non solo perché ne realizzava
le promesse più essenziali, ma perché
ne attuava le esigenze più profonde.
Per questo motivo, tutti quelli che
credono nella sua croce, hanno il compito di mettere in pratica queste stesse esigenze.
Gesù ci dà subito qui un esempio di
questa attuazione: uno dei comandamenti più importanti dell’Antica Legge
era « non uccidere »: è certo un comandamento fondamentale, che chiede una rigorosa astensione dalla violenza nei confronti degli altri membri
della comunità (il comandamento non
aveva allora alcuna rilevanza sul piano militare, piano sul quale l’Antico
Testamento non solo permetteva ma
comandava l’uso della forza contro i
nemici d’Israele). Ora Gesù dice: non
basta astenersi dalla violenza fisica nei
confronti del nostro prossimo: occorre anche rinunciare alla violenza morale: insultare una persona, squalificarla, è cosa altrettanto grave che tentare un omicidio: risponde infatti al
desiderio (inconscio) di sopprimere
questa persona. Ma può un cristiano
desiderare che qualcuno sia soppresso, anche solo moralmente? I fatti della vita ci. portano già da soli in contrasto con gli altri: ma noi non possiamo giustificare questo contrasto, ritenere che solo l’altra ne è colpevole: :1
prossimo non si può sopprimere, neppure idealmente.
Anzi, dice Gesù, noi dobbiamo farci
portatori di una iniziativa positiva nei
confronti del nostro prossimo: che importa se nel contrasto che ci oppone
a lui il torto è un po’ più dalla sua
parte che dalla nostra? L’importante
è che noi adoperiamo tutte le nostre
energie — la nostra,.,preghiera, poiché
qui si parla di « ariuare all’altare », che
era la forma di culto del tempo — per
sciogliere tutti i possibili nodi di contrasto che sussistono tra noi e il nostro prossimo. Questo non è un pesante ed umiliante compito che Gesù ci
imponga: è una possibilità creativa che
solo i credenti hanno: è nostro dovere accogliere con apertura questa possibilità.
Certo, non è facile: chiunque di noi
ha già la sua vita « fatta », porta con
sé una somma di contrasti, di inimicizie, di squalifiche: ognuno di noi ha
ormai contato i suoi amici e i suoi nemici. E in un certo senso è più facile
andare avanti nella vita quando si ha
ben chiara in testa la lista dei nostri
amici e dei nostri nemici: soprattutto
di questi ultimi: « sappiamo come regolarci »; Gesù invece ci chiede di rivedere questa lista di amici e di nemici, e di considerarla come una prova delle nostre colpe, dei nostri errori, piuttosto che degli errori altrui:
non può essere una lista chiusa e definitiva, in cui caso mai ogni tanto si
aggiunge qualche nuovo nemico o si
dimentica qualche amico; la lista deve essere fatta in modo da poter ricevere il maggior numero possibile di
cancellature: le occasioni non mancheranno, soprattutto in una comunità
di persone legate da uno stesso patto
con Dio; l’essenziale è di saper cogliere queste occasioni, senza tintore né
esitazione: e allora la nostra vita avrà
una qualità che nessun’altra vita può
avere; la qualità di rinnoversi .sempre,
di ringiovanirsi continuamente: e anche la qualità di essere una vita moralmente contagiosa: cioè una vita che
emana un potere di riconciliazione, di
speranza, di creatività: una vita, una
parola, un’azione che aiuta il prossimo a riconoscersi figlio di Dio mentre
si riscopre nostro fratello.
È quello che Gesù ha fatto sulla croce: non per nulla in quel giorno ha
pregato per i suoi nemici dicendo:
« Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno ». Questa preghiera era la manifestazione dell’opera di
perdono che Gesù stava davvero realizzando in quel momento.
Quello che Gesù ha fatto per tutti
gli uomini (adempiendo in questo la
Legge), noi nossiamo farlo per alcuni
uomini, proprio quegli uomini coi quali siamo in contatto e in contrasto:
forse che non ne vale la pena? Accettiamo questo invito del Signore come
una rivelazione delle possibilità creative che egli ci ha donato; una verifica nei fatti ci sarà certamente data, e
il nostro essere « cristiani » si qualificherà come un partecipare a una vita
più ampia, più creativa, e perché no,
più gioiosa di quella che avremmo avuto se fossimo rimati chiusi nelle nostre pastoie: fossero anche le pastoie
di una tradizione religiosa considerata
come Legge, non come Cristo, come
lettera e non come Spirito.
Vi sono due vie per incontrare Dio:
la via della ricerca e la via deH’attesa.
Cercare Iddio può sembrare la via
migliore per trovarlo, perché è la via
attiva, mentre l’attesa può apparire
passiva. Ma anche l’attesa, la vera attesa, è attiva. Pensiamo a una mamma che attenda il proprio figliuolo
lontano.
Nella ricerca di Dio possiamo cadere in errore: spesso crediamo di
aver trovato Dio e troviamo falsi idoli, quando non addirittura il maligno.
Non accadde più volte nel Medio Evo?
Il compimento dell’attesa, invece, non è
mai un inganno: perché sarà Iddio a
trovarci. A volte, anzi, non lo cerchiamo neppure. L’incontro con Dio è sempre opera della Grazia, mai della nostra
volontà soltanto. Paolo di Tarso non
cercava Iddio, perché credeva addirittura di conoscerlo già, e fu fulminato
sulla via di Damasco.
Marc Oraison era un giovane che cercava Dio. Credè dapprima di poterlo
trovare nel silenzio e nella solitudine
monastica, lo cercò poi nel sacerdozio
secolare. Ma lo trovò, forse, nel prossimo.
Non si può negare che Oraison sia
un uomo di fede. Possiamo dire ch’egli
è un credente, uno scienziato, un poeta.
Tutte queste cose insieme, nessuna separata.
Uomo maturo oggi, discusso e apprezzato, forse ancora poco noto in Italia (di lui ha pubblicato un volumetto
« La Locusta » di Vicenza), nel suo libro « Testa dura », edito in Francia ed
ora tradotto in italiano, ritraccia la
sua vita, nella forma classica di una
lunga epistola a un amico, frammezzato da liriche nelle quali si rivela un autentico, sensibile poeta.
La sua autobiografia, che parte dall’infanzia nell’ambiente familiare, non
è l’autobiografia di un mistico, anche
se espone la sua ricerca di Dio, le sue
esperienze religiose.
Marc Oraison è un chirurgo, figlio di
un ufficiale medico, facilmente e brillantemente avviato alla professione paterna. Ma la sola pratica medica non
lo soddisfa. Lo attireranno anche il teatro (forse per quel che ha di contatto
con l’umanità) e il canto. Tuttavia, sarebbe troppo superficiale dire semplicemente di Marc Oraison che è un irrequieto.
Le sue rivelazioni sono Claudel ( « ti
confesso sinceramente che a ventisei
anni non avevo ancora letto una riga
di Claudel »), dirà nella sua autobiografia) e Daniel-Rops. Quest’ultimo gli farà scoprire la Bibbia.
A ventinove anni (vocazione quasi
tardiva) decide di rinchiudersi in un
convento. Ma la sua esperienza monastica dura molto poco. Sente subito di
non esser fatto per il chiostro, per la
vita contemplativa, ed opta (se così si
può dire) per il sacerdozio secolare.
Entra allora in seminario. Ma non sa
accettare la teologia ufficiale e, più ancora, le strutture ecclesiastiche e quella ch’egli ben chiaramente definisce la
struttura mentale. Marc Oraison, potrebbe dirsi oggi, è un prete post-conciliare. Ma mancano ancora vent’anni al
Concilio, e non può non trovare opposizioni e contrasti.
Seminarista, prete, e tuttavia medico e chirurgo sempre (con una esperienza indocinese, ove si reca volontario con il grado di tenente medico), anche il ramo scientifico che egli presceglie, la psicoanalisi, non è ben accetto
alla Chiesa del tempo.
Ricordiamo che la psicoanalisi, altre
che essere una scienza nuova e ancora
discussa, almeno quando l’Oraison incominciò ad occuparsene, prese piede
in Francia appena nel 1926. Seguace
forse un pò troppo unilateralmente delle teorie freudiane, l’Oraison si dedica
in particolare ai problemi sessuali, problemi per certo scabrosi nel 1953, allorché pubblica la sua tesi universitaria
sul tema: « Vita cristiana e problemi
della sessualità », che gli vale una convocazione da parte del Sant’Uffizio e la
messa all’indice del libro poi, mentre la
Facoltà di Teologia riceverà una nota
di biasimo per aver accettato questa
sua tesi. Un influente membro del
Sant’Uffizio si prenderà la briga di scrivergli per avvertirlo che seguendo
Freud stava andando dritto dritto all’inferno. Le pagine in cui descrive il
suo colloquio presso il Sant’Uffizio con
i cardinali Pizzardo e Ottaviani sono
interessanti e vivacissime. Qui Oraison
raggiunge toni quasi umoristici.
Interessanti anche le pagine in cui
parla dei suoi incontri con i « blouspns
noirs ». Di quest’altra sua esperienza
si è avuta notizia in Italia per una pubblicazione della editrice « La Nuova
Italia ».
Insomma, un libro vario, scorrevole
come la narrazione fatta a un amico,
così come vuol essere nella sua forma
epistolare. E in cui non mancano riflessioni come questa: « La ’’legge” tende a
fissare; il profetismo tende a ricordare
che nulla è fisso ». E che Marc Oraison
propenda più per il profetismo che
per la ’’legge” appare chiaro da tutto
il suo libro, che è una testimonianza di
come nulla sia fisso, neppure nella
Chiesa Cattolica.
Eros Vicari
Marc Oraison, Testa dura. Coinés Edizioni, Roma, 1972.
«fui malato...»
Rimetti la tua sorte
nelle mani dell’Eterno
(Meditazione
di un’ottantenne malata)
Un bimbo riceve dai genitori cibo, cure e protezione come una cosa naturale: è così e non può essere diversamente. La fiducia che egli
ripone nei suoi protettori non è
frutto di ragionamento o di scelta.
Sa, o meglio sente, che non ha nulla da temere, perché essi sono vicini, vigilanti, sicuri.
Molti cristiani considerano nello
stesso modo i doni del Signore, non
provano né ansietà né sollecitudine:
c’è al loro fianco colui che veglia,
protegge e difende. Di che temere
dunque?
Una tale accettazione, seppure
spontanea, completa e fiduciosa, è
però passiva e quindi soggetta a delusioni amare, al momento della
prova, quando si rivela fallace la
promessa di sicurezza in cui si cullavano generalmente; non sono
pronti ad affrontare e sopportare i
dolori da cui sono colpiti e di fronte a questo “tradimento” sentono
scossa la loro fiducia in Dio, si ribellano ed imprecano, triste risveglio di una coscienza delusa e vuota.
Dolorosa lotta per non sprofondare
nel baratro della negazione, per ritrovare un posto sereno tra i figliuoli del Padre, per rendersi conto che
una mano è sempre tesa verso chi
soffre, pronta a sorreggere, a giddare, a dare una forza nuova e cosciente a chi, dopo un “Perché!"
angoscioso, sa ancora dire: « Sia fatta la tua volontà ».
Questa però non è la sola via per
raggiungere una serenità che nulla
può turbare, una pace interiore così
forte da non rimanere scossa in
nessuna occasione per quanto grave.
E quella pace, quella serenità cosciente di chi al momento dell’incontro con Dio non è rimasto passivo, tranquillo, ingenuamente sicuro,
ma ha saputo accogliere l’offerta divina con tutte le sue conseguenze,
ha sentito che l’affidare la propria
vita al Signore non significa trovarsi al difuori o al disopra dei dolori
e dei pericoli, bensì aver trovato
una forza superiore alle avversità,
una guida presente iti ogni istante.
Nel rimettere la propria sorte
nelle mani dell’Eterno, nell’affidargli la propria vita, perché Egli sovvenga alla debolezza umana, il credente sa che questo atto di fede
non gli garantisce una vita beata e
tranquilla, da cui saranno scartati
dolori e delusioni, ma sa anche che
non gli verrà mai meno la forza per
affrontarli e superarli; nell’afferrare la mano che gli è tesa, egli strinse un patto di fiducia completa, dì
dcdiz.ione illimitata verso il Padre
Celeste.
Potrà allora infuriare la tempesta,
i dolori più grandi si abbatteranno
sulla nostra via, ma la fiducia non
verrei meno, la forza per attraversare le avversità e superarle con
animo sereno verrà largita con tanta doviz.ia da illuminare la notte
niù cuna e farci esclamare con fede gioiosa: « Io so in chi ho creduto ». E. G. B.
1 ciau
NOVITÀ’ 1 dia
T na
['antimilitarismo oooi
a cura di GIORGIO ROCHAT
dall’obiezione di coscienza alla lotta nelle caserme
pp. 308, L. 2.900 («Nostro tempo» 11)
Ampio panorama antologico delle varie tendenze deH’antimilitansmo odierno e del suo sviluppo storico, curato da uno dei massimi specialisti e aggiornato fino alle prime reazioni alla nuova legge
sull’obiezione di coscienza. Uno strumento indispensabile per comprendere le motivazioni dell’attuale battaglia antimilitarista.
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino - c.c.p. 2/21641
3
pag. 4
CRONACA DELLE VALU
2 marzo 1973 — N. 9
S. GERMANO CEIISONE vniar penosa PERRERO : CONSIGLIO COMUNALE
ÌJuesto mese dì febbraio è stato caratterizzato dalla gradita visita del Moderatore Aldo
Sbaffi e dalla preparazione e dallo svolgimento
della festa del XVII febbraio.
Il pastore Sbaffi ha trascorso in mezzo a noi
la giornata del 13 febbraio, proveniente da
Ferrerò. In mattinata ha visitato la sala dì
Porte, dichiarandosi interessato dalla pratica
sistemazione dei locali che la nostra comunità
ha in quel quartiere. Subito dopo è stata la
volta di un contatto con Tinsegnante e con i
bimbi della Scuola Materna.
I bimbi, per nulla intimiditi dallo storico
avvenimento, hanno cantato con tutta la potenza delle loro voci ed erano soddisfattissimi
di offrire un oggettino da loro confezionato per
i nipotini presenti e futuri del Moderatore.
Nel pomeriggio, il pastore Sbaffi ha visitato
gli ospiti della Casa di Riposo, tenendo il culto
e salutando alcuni dei ricoverati nelle loro camere. Era presente, con la Direttfice, anche :U
presidente della CIOV, pastore Aime.
Dopo una « cena di lavoro » col Concistoro,
il nostro ospite si è recato ai Gianassoni, dove
era stata preparata la riunione quartierale nell’ampia stalla del fratello Oreste Beux,
Una settantina di persone, venute anche da
altri quartieri, hanno così avuto la possibilità
di seguire il culto e di avere un contatto diretto col nostro Moderatore. A detta anche del
h'agape fraterna, preparata con cura da un
apposito comitato e da molti volonterosi, ha
visto 140 presenti ed è stata quello che speravamo : non un « pranzo di gala » ma un'occasione di incontro gioioso, in cui ci è stato
dato di sentirci veraraenti tutti in famiglia.
Al levar delle mense è stata lanciata l’idea
di devolvere a favore dei nostri fratelli Uruguayan! una parte dell’incasso delle due serate
teatrali organizzate dalla nostra filodrammatica. L’idea è stata accettata dai presenti e
dai membri della filodrammatica.
Sempre in occasione dell’agape fraterna e
secondo quanto hanno fatto anche altre comunità delle Valli e non, sono state raccolte numerose firme per la petizione da inviare ai presidenti della Camera e del Senato, tendente
ad ottenere che il disegno di legge approvato
dal consiglio dei ministri il 14 novembre
1972: «disposizioni sulla tutela preventiva
della sicurezza pubblica », non divenga legge
dello stato italiano proprio per quella libertà
che ci è (costata) cosi cara e che « noi consente ».
Esprimiamo la nostra riconoscenza a quanti
hanno lavorato con spirito di servizio, permettendo il pieno successo di questo incontro.
Siamo stali lieti di avere con noi anche i
membri della banda diretta dal maestro Richiardone.
La riunione quartierale
dei Gianassoni,
nella stalla del fratello
Oreste Beux
nostro ospite è stata una gran bella serata,
trascorsa in letizia sotto lo sguardo meravigliato di bovini piccoli e grandi, che avevano raramente visto tanta gente nella « loro » stalla,
serata terminata al canto del giuro di Sibaud.
Siamo riconoscenti al pastore Sbaffi per la sua
visita e siamo certi che i suoi contatti con le
comunità delle Valli saranno utili a lui ed a
noi per un sempre migliore coordinamento
del lavoro ed una sempre più chiara comprensione dei problemi che siamo chiamati ad affrontare tutti insieme nel nostro paese.
La festa del XVII e in realtà cominciata )a
domenica 11 febbraio per la Scuola Domenicale. I monitori hanno infatti dedicato quella
mattinata alla spiegazione del significato dei
fatti del ’48, alla luce di quanto li aveva preceduti. Si è chiesto ai ragazzi più grandi di
preparare uno scritto su Valdo, sul 17 o su di
un altro argomento di storia valdese per la domenica dopo.
Il pastore si era soffermato sulla questione
dell‘emancipazione coi catecumeni di III e IV
anno.
11 giorno diciassette tutti erano puntuali per
recarsi in corteo alla Casa di Riposo, dove banda. corale e scuola domenicale hanno suonalo
e cantalo per gli ospiti, onde farli partecipare
alla gioia di quella giornata ed alla riconoscenza por quanto il Signore ci dà. liberandoci
ogni giorno dinuovo.
Il culto e stato seguito da una folla assai
numerosa ma non per questo meno raccolta.
La firedicazione basala sul testo di Matteo 10 :
5-10. è stata volta ad esortare i presenti a fare
proprio l’appello alla missione che è loro rivolto oggi come è stato rivolto tanto tempo
fa. c non inutilmente, a Valdo ed ai suoi seguaci.
La corale e la scuola domenicale hanno
cantato anche in questa occasione. Un pensiero affettuoso per la sig.na Tùrck, che non ha
potuto essere in mezzo a noi ed un ringraziamento per il sig. Elio Rostan che ha seguito
la preparazione della corale.
AU'uscita del culto e secondo un suggerimento fatto in sede di pastorale dal pastore
Renalo Coisson, abbiamo distribuito ai bambini una cartolina-ricordo di questa giornata.
I nostri filodrammatici hanno presentato per
due volte « Gli alberi muoiono in piedi », di
Alessandro Casona, un’opera che ci è parsa
degna del lavoro che ha richiesto agli attori.
Un foltissimo pubblico plaudente ha premiato
la loro fatica.
Siamo certi che il successo riportato incoraggerà gli attori a proseguire il loro lavoro,
mettendo in cantiere tra qualche tempo un
altro lavoro teatrale dello stesso livello. Sarebbe bello di prevedere sin d’ora un’attività di
questo genere con i nostri fratelli che verranno a San Germano durante l’estate.
Secondo le decisioni prese abbiamo potuto
versare a un fondo speciale pro-Uruguay lire
100,000.
Grazie anche alla collaborazione dei catecumeni abbiamo potuto diffondere un buon numero di opuscoli del XVII febbraio. Ne rimangono alcune copie ed invitiamo le famiglie
che ne fossero ancora sprovviste a non tardare a procurarselo.
La nostra Scuola Materna ha visto affluire
numerosi doni anche in occasione del XVII
febbraio. Da notare che un gruppo di famiglie ha tenuto a versare per questo scopo la
somma che in altri anni era stata dedicata
aH’acquisto di razzi etc. Inoltre una somma
considerevole è anche stata versata grazie alle
serate del « XVII ». Possiamo cosi dire che il
deficit della Scuola Materna è, per ora, colmato. Un grazie sincero a tutti i generosi donatori.
Giovanni Conte
Luserna San Giovanni
In un clima di comunione fraterna e con
sentimenti di lode e di riconoscenza al Signore, la nostra comunità ha celebralo anche quest’anno la Festa del 17 febbraio.
La serata dei « falò » alla Banchina ed al
Sarei, alla quale la nostra infaticabile Corale
ha dato il suo prezione contributo con il canto
di alcuni inni, è stala particolarmente interessante per la presenza del Moderatore Aldo
Sbaffi e per i messaggi mollo apprezzali ohe
egli ha portato ai numerosi presenti.
Il Culto del mattino, preparato dal Concistoro in collaborazione con le scolaresche e
con la Corale, è stato ben frequentalo e, attraverso i vari messaggi, gli inni, il Giuro di Sihaud cantato in piedi da tutta 1 Assemblea, ha
voluto essere una espressione della rinnovala
riconoscenza per la libertà avuta ed un impegno da parte di tulli a vivere sempre meglio
al servizio del Signore e dei fratelli per concretizzare una giustizia vera nella reciproca
comprensione e carità.
L’agape, preparata coi solilo impegno dai
coniugi Gabello e dalla loro équipe ai quali
va il nostro caldo ringraziamento, ha registrato un grande successo con la presenza di
oltre 150 commensali, riuniti nella Sala Albarin in un’atmosfera veramente simpatica e
fraterna.
Particolarmente applauditi i discorsi del
Sindaco Maestro Martina, ospite con il Maresciallo della locale Stazione dei Carabinieri,
del doti. Peyrot, del Pastore Taccia. Gradi. ta la presenza del Pastore Jahier che abbiamo
rivisto con gioia in buona salute dopo 1 ìn
cidenle del mese scorso e del Pastore Rivoira, sempre ben accolto in mezzo a noi.
La lotteria di beneficenza, preparala col
solito impegno dalla Società di Cucito « Le
Prìntemps », ha avuto un esito lusinghiero
ed il provento di lire 200.000, ricavato dai biglietti venduti, è stato interamente devoluto
a favore della nuova costruzione dell'Asilo dei
Vecchi.
La sera, nella Sala completamente trasformata e gremita di pubblico attento, ha riscosso un grande successo la commedia preparata dalla locale filodrammatica: «Nero
come un canarino »: un lavoro strano, che
può anche prestarsi a crìtiche, ma che merita
di essere applaudito sia per la difficoltà di una
recitazione che passa daH’umorismo al sarcasmo, dal tragico al grottesco, sia per il continuo gioco dì luci che solo un esperto è iìi
grado di manovrare. Molto buona la recitazione del ben affiatato gruppo di attori, ottima come sempre la regìa di Alberto Revel
che, ancora una volta, ha dimostrato di essere aH'altezza della situazione.
Nell’intervallo la Corale ha dato il suo valido appoggio con l’Inno dell’Emancipazione
di F. Rivoir e con il canto di una melodia di
autore anonimo intitolata « Le trois cloches ».
E’ stata una giornata nel complesso positiva ; il ricordo della fede e della costanza dei
nostri padri ha riproposto alla nostra meditazione l’impegno dì ognuno di noi alla grande
responsabilità di saper usare degnamente la
libertà che ci è stata concessa.
Dino Gardiot
Quest’anno la nostra festa valdese è stata
abbellita dalla presenza di 42 fratelli di Rohrbach venuti per trascorrere il 17 fra noi.
Giunti il 16, la sera hanno partecipato al
nostro grande falò, vicino al tempio, da cui si
godeva lo spettacolo di lutti i falò circostanti.
La notte era stupenda, la temperatura mite e
il cielo cosi chiaro e limpido che sembrava
partecipasse alla nostra gioia. Le nostre campane hanno diffuso a lungo il loro concerto
nel silenzio della notte mentre le luci dei falò
si facevano più vive e numerose che mai. I
nostri ospiti ci hanno cantato alcuni inni tra
cui il « Lux lucet » antico canto valdese da
loro conservato. Il Doli. Lawton direttore del
Seminario Battista dì Rivoli, che per la prima
volta assisteva a questa manifestazione, ci ha
espresso tutta la sua commozione.
Il 17, nel tempio gremito, i Trombettieri,
diretti da Renato Ribet, presiedono la parte
musicale, la Corale canta : « Salve o monti »
e il Pastore parla sul testo « Ricordati! ». Seguono recite e canti dei nostri bimbi, poi è
la volta dei nostri ospiti.
Il loro Pastore e il Sindaco ci rivolgono
fraterni messaggi e un gruppo di signore col
costume valdese, ci canta un inno accompagnandosi con le chitarre. Alle 12,30 ha luogo
l’agape nel salone. I comménsali sono 186 e
le nostre volontarie hanno avuto un gran lavoro a preparare rottimo pranzo a cui tutti
fanno onore.
Sono fra noi i nostri tre Sindaci, il notaio
Poet, il Doti. Eynard e il Doti. Varalda che
ci rivolgono messaggi fraterni molto belli.
La sera ci ritroviamo ancora, oltre 60, per
la cena e poi ha luogo la serata con tale concorso dip ubblico che non tutti possono entrare. I nostri giovani ci danno una recita
brillante nella quale d fanno onore e la Banda dì Inverso Pinasca, nella sua smagliante
divisa, diretta dal Maestro Coucourde, suona
vari pezzi applaudilissima.
Il 18 i nostri fratelli di Rohrbach sono invitati a Pragelalo, loro antica patria, ove il
Sindacò li accoglie coii una splendida manifestazione, presente luna la popolazione in costume.
Noi abbiamo il nostro culto abbellito dalla
Corale e seguito dallc: S. Cena. La predicazione., è data dal Doti. Guido Ribet che il Pastore ringrazia sentidamente.
La sera ci ritroviamo ancora con i nostri
ospiti nella Foresteria e essi ammirano una
bella serie di diapositive su Villar e le Valli.
Seguono alcuni messaggi, poi i nostri amici
ci fanno udire un canto composto da uno dei
partecipanti con questo ritornello: «Son stati solo tre giorni ma belli, belli e non li dimenticheremo mai! , Una signora ha scritto
una poesia suiresila dei suoi antenati e ce
la declama.
La bella riunioni termina con il canto:
« Lode all’Altissimo e la preghiera dei due
Pastori. Il giorno dt ; o i nostri amici prendono la via del ritos o, lasciando nei nostri
cuori, il nostalgico incordo dei bei momenti
trascorsi insieme.
Domenica 11 febbraio il consiglio comunale di Ferrerò è stato convocato
in seduta straordinaria per discutere
alcuni problemi di particolare importanza ed urgenza.
In apertura di seduta i 12 consiglieri presenti hanno deliberato all’unanimità l’adesione del comune di Ferrera
al nuovo Consorzio Ostetrico di Ferosa
Argentina ed il relativo statuto. Dato
che gli altri comuni hanno già deliberata la loro adesione, si ritiene che
fra breve i) nuovo Consorzio possa iniziare a funzionare regolarmente sulla
nuova unità territoriale. Questo provvedimento è stato reso possibile dal
fatto che lo scorso mese di agosto la
ostetrica consorziale dei comuni della
valle Germanasca è andata in pensione
e gli Amministratori dei quattro comuni non hanno ritenuto opportuno
sostituirla, sia per la continua diminuzione della popolazione ormai più
che dimezzata, sia per il fatto che ormai tutte le partorienti si recano ne-r
il lieto evento presso gli ospedali di
Finerolo non richiedendo più l’intervento della ostetrica condotta. È stato
poi approvato il nuovo regolamento e
le tariffe relative alla pubblicità.
Il Consiglio ha poi dovuto riprendere la deliberazione riguardante l’asfalt?+ura della strada di Faetto. Infatti
l’Amministrazione Frovinciale non ha
accettato la precedente delibera, che
prevedeva il pagamento della quota a
carico del comune in tre rate annuali,
ma ha preteso il pagamento dei sei milioni della quota-parte in unica soluzione ed anticipatamente all’inizio dei
lavori. Inutile dire che questo ha messo in grave difficoltà l’Amministrazione
di Ferrerò mettendo in forse la stessa
esecuzione dei lavori in quanto questa
cifra è veramente eccessiva per il misero bilancio del comune. Malgrado
questo gli amministratori dopo consapevole dibattito hanno deciso di aderire alle richieste della Frovincia anche a costo di dover sacrificare altre
iniziative o rimandare alcuni lavori
meno urgenti, in quanto la sistemazione della strada di Faetto non si può
ulteriormente rimandare.
In seguito alla comunicazione della
Regione che ha concesso al comune di
Ferrerò la somma di 11 milioni per il
completamento dell’acquedotto di Riclaretto il consiglio ha poi deliberato
di affidare al geom. Costoli l’incarico
di predisporre i progetti e tutta la documentazione necessaria per procedere all’appalto e alla esecuzione dei lavori. Si spera in questo modo di poter
portare a termine in breve tempo onesta notevole opera pubblica, iniziata
da parecchi anni e solo parzialmente
in esercizio, che servirà tutta la popolazione di Riclaretto da Rivoira sup.
alla nuova scuola di Chiotti.
Infine è stata data una soddisfacente soluzione ad un problema che si
trascina ormai da armi a causa di difficoltà tecniche e burocratiche. Si tratta della ricostruzione dei ponti del Gà
e del Fontetto ambedue sul rio di Faetto. I due ponti, ormai cadenti e pericolosi, saranno ricostruiti in legno su
putrelloni in ferro che garantiscono
una maggiore durata rispetto alle tradizionali travi in legno. Spesa deliberata per le due opere: lire 1.375.000 interamente a carico del comune.
R. G.
Il XVII Febbraio a Torre Pollice
Il 21 l’Unione femminile ha avuto il privilegio di ricevere la visita della nostra Moderatrice. La sua semplicità e la sua gentilezza hanno guadagnato i cuori delle nostre
mamme e si è trascor. o insieme fraternamente il pomeriggio. Ringraziamo ancora di
cuore la nostra Ospite per il suo messaggio o
per la sua visita tanto benefica.
La sera della vigilia, i falò si sono accesi
ovunque nella nostra valle, fedeli all’appuntamento che si rinnova di anno in anno. Il 17
febbraio, festa civile e religiosa, ha riunito
buona parte della nostra Comunità : bambini,
giovani, adulti intorno alla Parola di Dio. Ringraziamo vivamente il Moderatore Aldo Sbaffi
per il suo vibrante appello alla conversione, sottolineandone l’urgenzà : oggi, non domani, né
lin altro giorno! « Vedi, io pongo davanti a
te la vita e il bene, la morte e il male, poiché
io ti comando oggi d’amare l’Eterno il tuo
Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare
i suoi comandamenti, le sue leggi, i suoi precetti... ti ho posto davanti la vita e la morte,
la benedizione e la maledizione, scegli dunque
la vita onde tu viva, tu e la tua progenie »
(Deut. 30: 15-19).
Gli alunni delle scuole elementari diretti
dalla sig.ra Aime hanno cantato un inno particolarmente intonato alla predicazione : Lottiam, lottiam col Cristo, soldati della fé. Erano presenti al culto alcuni giovani di Reggio
Calabria e di Milano ed un folto gruppo dì
evangelici di Cuneo. La loro presenza ha manifestato la validità della comunione in Cristo e li ringraziamo di essere venuti con noi.
La Corale ha vissuto intensamente queste
ore di ripensamento e di commemorazione. La
presenza di molti giovani che la frequentano
con entusiasmo è motivo di grande incorag
Valdesi di Germania a Pragelato
Dal 16 al 18 febbraio un gruppo dì 43 persone delle tre colonie Valdesi di Rohrbach,
Wembach e Hahn in Assia, ha soggiornato a
Villar Perosa per festeggiare il 17 febbraio
nelle Valli Valdesi dalle quali sono oriundi,
insieme con le comunità delle Valli. Alla vigilia parteciparono al falò del centro con il
loro canto ed ammirando gli altri falò nella
vallata. Se i loro antenati avessero potuto vedere una cosa simile, forse non avrebbero creduto ai loro occhi! Ma ora, i loro pronipoti,
l’hanno veduto.
Ed hanno visto qualcosa di più : Hanno anche veduto come un falò simbolico, non di
legna bruciata, ma di amor fraterno ardente,
proprio nel nido di origine dei loro Padri, a
Pragelato! Un falò che non dovrebbe esaurirsi in un mucchio di cenere, ma in qualcosa che duri anche in avvenire!
Ma, procediamo con ordine.
Il Comune di Pragelato. informato da Villar Perosa, della presenza dei figli dei loro antenati, li invitò ad un ricevimento e questi lo
accettarono per domenica 18 febbraio, senza
tuttavia minimamente dubitare dì quanto lì
aspettava lassù. Dopo una rapida corsa attraverso alle antiche borgate della Val Chisone c
fino al Sestriere, trovarono ad attenderli, una
vera folla dì persone vestite con i costumi locali dai vivaci colori. In piazza, dinanzi al
municipio, un primo, cordiale benvenuto, venne loro detto dal Sindaco stesso.
Ma il vero e proprio benvenuto attendeva
nel Municipio : anzitutto la distribuzione di
un omaggio ad ogni ospite con prodotti del
paese: bottiglie di Genepin. di Albergian, caramelle del paese, dolci ed amare, come vengono prodotte a Pragelato. E non ci è facile
qui, ripetere le parole commoventi del Sindaco con le quali egli salutò coloro che dovrebbero oggi ancora essere cittadini del suo
comune se disposizioni che oggi non possiamo più comprendere, non lì avessero costretti
ad abbandonare il loro paese.
Siccome la capienza del Municìpio non bastava per accogliere tutti i Pragelalesi venuti
a questo ricevimento, ci sì recò nella palestra
del luogo adornata come per ì giorni di festa. Sul tavolo attorno al quale erano invitate
le autorità, v’erano bandiere italiane e tedesche: non si trattò di un avvenimento di carattere locale, ma di qualcosa che conteneva
pure un significato politico ed ecclesiastico in
cui si voleva, almeno simbolicamente, rimarginare una ferita del passato.
Seduti al medesimo tavolo, si notavano i
sindaci di Pragelato e quelli di WembachHahn con il rappresentante di Rohrbach. Vi
erano accanto gli uni agli altri, due pastori
evangelici e tre preti cattolici. Fianco n fianco
erano le donne di Pragelato con i loro costu
mi variopinti e quelle valdesi-germaniche con
il costume valdese, alquanto più modesto. Eppoi v’era tutta una folla che si pigiava nella
grande sala e sembrava dire : anche se la sorte
ci ha separati, noi possiamo ancora essere
insieme.
Questo spirito animò i discorsi dei sindaci
e dei pastori come anche il saluto del Vescovo
recato dal Prof. Don Trombotto. Lo stesso
appariva chiaramente essere nel cuore dì tutti
ì presenti.
Sorprendente l’impegno dei preti cattolici
nel ricercare la storia e le vicissitudini di tutti i Valdesi di Rohrbach, Wembach e Han.
Restammo letteralmente meravigliati quando
il Sindaco di Pragelato ci comunicò di conoscere ormai, aU’eccezìone di due sole, la storia di tutte le famiglie partite a suo tempo >^a
Pragelato.
Dopo la cerimonia ufficiale in Palestra seguì un momento di fraterna comunione in
un albergo. Vi parteciparono tutti insieme,
seduti od in piedi, fianco a fianco gli uni agli
altri senza più distinzione di nazonaltà o di
lingua... Certo l’unico inconveniente era quello della lingua che non è più la stessa per
tutti. Ma tutti sì studiavano di superarlo in
qualche modo ed appena qualcuno mostrava
dì sapere qualche parola di tedesco e viceversa. tutti si riunivano in crocchio per potersi
scambiare qualche pensiero. Nessuna meraviglia se alcuni pragelalesi germanici hanno
preso la decisione di studiarsi l’italiano in vista della prossima visita di quei d’Italia a
quelli di Germania.
Purtroppo il tempo non bastò per fare tutto
quanto si sarebbe voluto: le famiglie aventi
lo stesso nome riuscirono tuttavia a presentarsi le une alle altre e solo un signore anziano dì Wembach restò molto deluso perché non
trovò nessun omonimo suo.
Non potè più aver luogo invece, la visita
del paese dove gli Ospiti potessero vedere quel
che ancora restava del tempo dei loro antenati.
Speriamo che quanto è stato iniziato a Pragelato. possa portare i suoi frutti in avvenire
e in modo permanente. Per ora è già in progetto la restituzione della visita alle tre Comunità germaniche per questo stesso anno. E'
desiderio bello e buono quello di ripristinare
dei rapporti di cordiale amicizia, tra famiglie
separate da 274 anni per le antiche tragiche
vicissitudini.
Questo è intensamente desiderato dalle due
parli, naturalmente non per omaggio ad un
semplice desiderio falcloristico, ma sulla base di un ecumenismo sano e leale nel quale
nessuno debba sacrificare le esigenze della sua
fede. Herbert Stollreiter. pastore da Berlino. in missione a Torre Pellice.
giamento. La vigilia: cena fraterna a cui ha
preso parte anche quest’anno il preside dell’Istituto Tecnico Buniva di Pinerolo, Prof.
Degregori. Il 17 febbraio i coristi hanno cantato durante il culto, alla Foresteria, alla Casa delle Diaconesse e la sera all’Aula Magna
degli inni di testimonianza cristiana, delle
canzoni spirituali, uno spiritual negro e inni
popolari.
All’agape fraterna erano presenti 220 persone, numerosi i giovani. Abbiamo realizzato
quanto sia bello che fratelli in fede dimorino
insieme! Un plauso al sig. Italo Hugon per
l’impeccabile organizzazione. Ringraziamo vivamente il Moderatore, il past. Sonelli, il
prof. A. Armand-Hugon e il Sindaco sig. Stefanetto per i Ioto graditi messaggi. Il prof.
A. Armand-Hugon ha recato il tradizionale
messaggio storico, ricollegandosi alle prossime
celebrazioni del Centenario Valdese ed alle
caratteristiche del movimento valdese nel
Medio Evo; egli ha sottolineato il carattere
che ha avuto, sia nella conversione di Valdo,
sia nell’attività dei suoi seguaci, l’impegnodella predicazione e la fedeltà alla Parola.
Per l’iniziatore del movimento valdese, la
povertà fu un mezzo per poter predicare liberamente e la predicazione dei Barba Valdesi
riempiva un vuoto che la Chiesa ufficiale non
riusciva a colmare. Così anche più tardi, al
tempo della Riforma (e l’oratore narra il caso
della conversione di Pramollo al valdismo nel
1573), e nell’opera di evangelizzazione del secolo scorso, la predicazione, la diffusione della
Bibbia furono la forza del valdismo.
Ed oggi? si è domandato l’oratore invitando
ciascuno ad un esame di coscienza per vedere
se la Bibbia e la sua conoscenza sono ancora al
primo posto nelle testimonianze dei Valdesi
di oggi.
Esprimiamo la nostra riconoscenza al sig.
Poét presidente dell’Unione Valdese di Marsiglia che ci ha mandato un caldo augurio per
la 125” celebrazione deH’Emancipazione del
nostro popolo « accanto a noi col cuore, col
pensiero, colla preghiera ». Il sig. Italo Hugon
ha infine ricordato due belle figure di Valdesi
che ogni anno partecipavano alla nostra agape fraterna: l’Avv. Stefano Peyrot che il Signore ha richiamato a sé ed il sig. Mario Sereno al quale esprimiamo l’augurio di rivedere
in mezzo a noi completamente ristabilito.
La Filodrammatica del Collegio Valdese ha
egregiamente rappresentato l’atto unico di
Vittorio Calvino : « Così ce ne andremo » ed
il Coretto guidato da Carlo Arnoulet ha cantato a lungo con accompagnamento di chitarre e flauto; accomunati nella recita e nel canto professori e studenti! La scelta delle canzoni
denota una viva apertura e sensibilità a tutti
i problemi del nostro tempo.
Lina Varese
RORA’
Il Moderatore, Fastore A. Staffi, è
venuto a Rorà come era stato annunziato, ha fatto un sopraluogo agli stabili della Chiesa, ha desiderato essere
informato dei problemi e della vita
spirituale della Comunità. Egli ha presieduto una Riunione nel tempio dove dopo avere recato il messaggio biblico ha dato ai presenti interessanti
notizie dell’evangelismo italiano con riferimenti particolari alla Chiesa Valdese e al protestantesimo nel mondo. Ringraziamo cordialmente il Moderatore della sua visita e benedica
Iddio la sua persona e l’opera sua.
Fer la ricorrenza del "11 febbraio"
il tempo ci è stato favorevole: grandi
falò la vigilia, il 17 Culto, pranzo in
comune alla Pensione Paschetto-Charbonnier a Piamprà con discorso del
nostro fratello in fede Arch. Dott. P. C.
Congo, Sindaco di Rorà, serata preparata dai giovani nella Sala delle attivr
tà gremita di pubblico. L’indomani
mattina ancora Festa nella Sala delle
attività con il concorso della Corale di
Prarostino diretta dal sig. G. Albarin
e della scolaresca guidata dalla sua insegnante sig.na W. Peyrot. Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato
alla riuscita di quei festeggiamenti.
L. C.
4
n arzc "373 — 'I. 7
ag. 3
Confronto tra valdismo medioevale
e dissenso cattolico
UN RADICALISMO EVANGELICO PIU’ CHE SOCIOLOGICO
Non~violBnz8 b riVBlBziBBB ^ psupcrisino di Vsldoi v6ro problBins?
W I ■ ■ VIHLIWIIU Mg] numero snorso di nuestn cririr- un mnmnntn nnlla mictira r?nl i-ionncr-;. enalto ^o11o ”,óto — ’’ „
« I valdesi del IJ» e 14“ secolo furono dei ribelli, non dei rivoluzionari »:
così il prof. Molnàr delinea la posizione politica e spirituale dei valdesi medioevali nella società del loro tempo.
L’obbedienza scrupolosa del Sermone
sul Monte e il proposito di vivere come Gesù, di seguire la sua via, indussero i primi valdesi ad assumere un
atteggiamento che è ad un tempo di
resistenza e di non-violenza, quindi di
rivolta ma non di rivoluzione armata.
La via di Gesù è stata in effetti più
quella di un ribelle che quella di un
rivoluzionario: Gesù resiste apertamente a Caiafa e Pilato ma non fa intervenire le 12 legioni d’angeli; polemizza con scribi e Farisei affermando
la sua sovrana libertà di fronte alla
Tradizione e all’Ordine ma non cancella neppure una virgola della Legge
e dei Profeti; dichiara di essere venuto non a portare pace ma spada, ma
non è la spada che Pietro impugna.
Così anche i valdesi furono ribelli ma
non rivoluzionari.
E vero che nel corso del 14® secolo
vi furono alcune insurrezioni di ispirazione valdese, ma nessuna fu di tipo
rivoluzionario, nessuna cioè si propose un rovesciamento dell’ordine politico-sociale esistente. Si trattò più che
altro di reazioni alle violenze dell’Inquisizione. Nell’insieme i valdesi furono e rimasero dei non-violenti durante
tutto il Medioevo, convinti com’erano
che i veri cristiani hanno da portare
la croce, non da imporla agli altri, e
che la vera chiesa è quella che, come
il Signore, sa soffrire e se necessario
subire il martirio ma, come il Signore, riffuta la coercizione e la violenza.
La « Nobile Lezione », documento del
15® secolo che riassume le dottrine
valdesi dei primi secoli, osserva che
nella Bibbia i credenti non mettono in
prigione e non perseguitano nessuno;
coloro che perseguitano sono dunque
falsi credenti e, quando si tratta di pastori, falsi pastori, di quelli che « amano le pecore solo per tosarle ». Il valdese sa che combattere i nemici anziché amarli e rendere male per male
anziché bene per male è restare nella
vecchia legge e non seguire « la via di
Gesù Cristo »: seguire questa via costa caro, come è costato caro a Gesù
che « solamente per fare del bene fu
perseguitato ». Lo stesso accade ai suoi
seguaci. La vera chiesa è perseguitata,
la falsa chiesa perséguita. La vera chiesa soffre, la falsa chiesa domina. La
vera chiesa è non-violenta la falsa
chiesa è violenta. La vera chiesa porta
la croce, la falsa chiesa bandisce crociate.
Ma non-violenza non vuol dire passività. La resistenza dei valdesi è passiva solo per il rifiuto di usare la forza ma è attiva per tutto il resto: finisce lo spirito di supina sottomissione
al potere civile ed ecclesiastico, nasce
una coscienza nuova di ubbidienza a
Dio ma di indipendenza dagli uomini,
che comporta una nuova misura di libertà e responsabilità davanti a Dio e
nella storia. Nasce un nuovo tipo di
cristiano, figlio di Dio prima che della
chiesa, servo di Dio prima che suddito dei prìncipi. Si comprende perciò
come, senza aver mai predicato e neppure caldeggiato la rivoluzione armata, « la teologia della prima Riforma
ha contribuito possentemente a creare
una mentalità desiderosa di un rinnovamento e anche di un rovesciamento
dell’ordine costituito » (A. Molnàr). C’è
dunque un fermento rivoluzionario nella prima protesta valdese (e poi, in
maniera più esplicita, in quella hussita) ma non c’è un progetto e neppure
un proposito rivoluzionario: l’unico
proposito resta di seguire fedelmente
la via di Gesù, vivere secondo la « nuova legge » evangelica, essere insomma
veri cristiani. I valdesi sono nella società e nella chiesa del loro tempo in
una posizione analoga a quella dei primi cristiani nell’impero romano: non
promuovono la rivoluzione, non lottano per il potere, ma la loro presenza
e la loro azione quanto più si attengono all’Evangelo tanto più diventano
una contestazione radicale dell’« ordine » esistente in nome di un Regno
che non è di questo mondo ma è per
questo mondo e i cui segni la chiesa
ha da portare seguendo fino in fondo
e in tutti i suoi aspetti la via di Gesù.
Nel dissenso cattolico odierno le posizioni sul tema della rivoluzione e della non-violenza sono diverse da quelle
dei primi valdesi, nel senso che sono
molto più qualificate in senso politico.
La non-violenza occupa poco posto
nella riflessione del dissenso appunto
perché i suoi esiti politici sono dubbi
o almeno discutibili, fermo restando il
valore evangelico di un comportamento coerentemente non-violento. Nel dissènso i temi della violenza e dell’uso
della forza non sono trattati in sé, genericamente, ma in rapporto ai firn
cui sono subordinate: occorre distinguere tra violenza che opprime e violenza che libera e occorre chiedersi, in
una data situazione, se la forza è al
servizio del diritto o se il diritto è al
servizio della forza. Di conseguenza la
prospettiva rivoluzionaria e la questione del potere non vengono scartate,
anzi « la vita delle comunità di credenti è spartita nello stesso tempo tra le
istanze del Vangelo e le istanze delle
lotte per il potere» (P. Orlando).
Qui il dialogo tra valdismo medioevale e dissenso cattolico non è facile ma
tanto più può risultare fecondo: si
tratta di vedere se le due prospettive
su questo punto convergono o divergono, se sono complementari o antitetiche. In particolare si tratta di vedere
Se il radicalismo morale dei primi vaidesi è una lezione di autenticità cristiana vissuta fino in fondo rispetto a cui
le posizioni del dissenso cattolico paiono evangelicamente meno plausibili
(anche se politicamente più realiste)
o se invece queste posizioni sono un’altra forma (diversa da quella dei primi valdesi rna anch’essa cristianamente proponibile) di realismo non solo
politico ma evangelico.
Paolo Ricca
Nel numero scorso di questo giornale è apparso un articolo di Paolo
Ricca che sottolinea, le analogie e le differenze tra l’atteggiamento di Valdo di
Lione e quello dei gruppi cattolici del
dissenso davanti al problema della povertà: articolo ricco di osservazioni
acute ed interessanti, che non sapremmo non condividere.
Partendo dalle premesse indicate da
Paolo Ricca, vorrei qui continuare il discorso, per rilevare un elemento che,
almeno a mio parere, è da tenere molto
ben presente nella visione del valdismo
primitivo: e cioè quello della occasionalità o temporaneità del pauperismo
di Valdo, la quale non permette al nostro movimento di inserirsi se non per
un momento nella mistica del pauperismo medievale, tanto fortemente caratterizzato da Francesco d’Assisi.
Vediamo i fatti nel loro svolgimento,
anche secondo l’interpretazione che ne
ha dato un illustre studioso, il tedesco
prof. K. V. Selge.
La ricostruzione cronologica degli
avvenimenti evidenzia che il primo interesse del mercante Valdo è stato per
la Parola di Dio: infatti, prima del gesto "plateale”, o meglio sinceramente
evangelico e radicale di privarsi delle
sue ricchezze, egli aveva fatto tradurre
nel dialetto provenzale dei brani della
Bibbia e delle sentenze dei padri della
chiesa. La lettura e la meditazione dei
testi lo condusse successivamente alla
Notiziario Evangelico Italiano
Due righe d’introduzione ai documenti che pubblichiamo qui appresso. Com’è noto, anche l’organizzazione giovanile battista, il Movimento Giovanile Battista, è confluito nella Federazione Giovanile Evangelica Italiana. La cosa
ha forse incontrato maggiore resistenza in ambiente battista di quella incontrata dalle analoghe decisioni in ambiente metodista e valdese; una proposta volta a riconsiderare quella decisione è stata ancora portata, all'ultima
Assemblea generale dell’Unione battista italiana, ma vi è
stata nettamente respinta. Tuttavia, malgrado un certo
riorientamento rappresentato dai documenti dell’ultimo
Congresso della EGEI, che rivalutano alcuni elementi più
dichiaratamente evangelici, le linee di fondo della EGEI e
il suo impegno politico continuano a non raccogliere l’unanimità dei consensi, nemmeno giovanili; soltanto fra i battisti, tuttavia, il dissenso continua a cercare la ricostituzione di una qualche struttura giovanile, parallela alla
EGEI e diversa, e comunque a riproporre il compito della
testimonianza 'predicata' — quel che chiamiamo la esigenza evangelistica — come nettamente primario, anche per
i giovani; una testimonianza esplicita e non necessariamen
te vincolata all’impegno sociópolitico. Il primo tentativo
di appello, in favore del MGB ricostituendo, è stato guidato da uomini che, almeno in parte, giovani non erano e che
potevano essere qualificati 'conservatori'. Una rilevanza diversa sembra avere il nuovo tentativo, in cui pare avere
parte decisiva l’elemento giovanile, e la cui leadership è
stata affidata a Luigi D'Isanto, un uomo che alcuni anni fa
aveva lasciato il pastorato a pieno tempo nell’ambito delle chiese battiste e si era impegnato nella vita politica del
suo paese, S. Vito Sardo, presso Cagliari, divenendone sindaco. La cosa aveva suscitato una certa sensazione, ed era
stata ampiamente presentata sulla stampa evangelica; ne
avevamo anche noi dato notizia, sia pur brevemente. Ora
c. sono stati inviati i seguenti documenti, preparati da un
Comitato presieduto da Luigi D'Isanto e diffusi nelle chiese battiste. Ci sembrano di interesse generale e li proponiamo alla lettura e alla meditazione di tutti; anche nel
quadro della riflessione sull'esigenza evangelistica che, nell'ambito dell’So centenario del movimento valdese, il Sinodo ha proposto e chiesto alle nostre comunità.
G. C.
L'evangelizzazione, espressione prioritaria
della testimonianza cristiana
Il 14 gennaio 1973, nei locali della
Chiesa Battista di Roma Centocelle, si
sono ritrovati alcuni credenti provenienti dalle Comunità Battiste di: Roma, Genova, Milano, Trieste e San Vito Sardo.
Detti credenti considerano l’evangelizzazione espressione prioritaria delia
testimonianza cristiana, nella convinzione che il Cristo è l’unico Salvatore,
e l’Evangelo la sola risposta alle angosce ed alle contraddizioni del mondo.
Pertanto ritengono necessario proseguire il lavoro del Movimento Giovanile Battista, al di sopra di qualsiasi
ideologia di partito, riconoscendolo ancora valido ed attuale nella realtà del
nostro paese.
E stato scelto un Comitato Provvisorio composto da 6 giovani battisti
presenti, con l’incarico di ridare nuovo slancio ai giovani delle Chiese Cristiane Evangeliche Battiste d’Italia, e
di ricevere adesioni, da gruppi e singoli, svolgendo un’intensa e chiara attività per giungere ad un Congresso
Nazionale.
Il Comitato Provvisorio è così composto:
Luigi D’Isanto - San Vito Sardo (Cagliari); Raoul Matta - Trieste; Elio Palmieri - Genova; Angelo Gianoli - Milano; Sandro Vergali - Roma-Trastevere; Elia Tartaglia - Roma-Centocelle.
Per il Comitato Provvisorio
Il presidente
Luigi D’Isanto
San Vito, li 16 gennaio 1973.
A TUTTI I PASTORI BATTISTI
Cari Colleghi,
il 14 c. m. un gruppo di giovani credenti si è impegnato a portare avanti
un lavoro che integri e valorizzi qualsiasi attività svolta dai nostri giovani
riavvicinandola alla dinamica della
espansione del Regno di Dio.
Il nostro stesso ministerio, che fu
risposta sofferta ad una chiamata interiore, testimonia la potenza d’un Dio
che ci conduce per strade imprevedibili.
Ci siamo seduti intorno ad un tavolo raccontandoci le nostre reciproche
esperienze, considerando le questioni
politiche che travagliano il mondo, ì
problemi che non riusciamo a risolvere, le guerre, l’apatia e la mancanza di
un potente messaggio cristiano.
Ci è sembrato che tutte le creature
umane, di cui siamo chiamati ad essere « Il prossimo », aspettino maggior
attenzione da una società piuttosto faccendiera, rna spesso terribilmente sorda alle vicissitudini di molti dei suoi
membri. Perciò lottiamo per riportare
i nostri giovani all’angosciosa ricerca
di quella potenza di Cristo che, s’è capace di spostare i monti, sarà pur capace di determinare i problemi della
terra, dopo aver trasformato noi.
Così siamo giunti alla conclusione
che il messaggio predicato oggi deve
essere integrato dalla potenza che animò i nostri padri: Gente che camminava giorno e notte per portare una
parola, solo una parola, ma capace di
sconvolgere un’anima.
Oggi si parla tanto di attivismo, di
impegno nella giustizia e libertà, ma
raramente si spingono i giovani alla
preghiera sofferta, che ha sempre una
risposta nella trasformazione di chi
prega, alla riflessione silenziosa, alFinsoddisfatta ricerca della potenza di
Gesù nella propria vita. E si finisce per
giudicare coloro per i quali, invece, dovremmo pregare!
Parlo così a voi, perché ci comprendiamo, essendo tutti mancanti di qualcosa.
Nell’attesa che Iddio ricrei in noi
una potente comunione, lascio alla vostra sensibilità le lettere aperte per i
giovani ed i membri di Chiesa.
In Cristo,
Per il Comitato Provvisorio
Luigi D'Isanto
A TUTTI I MEMBRI DI CHIESA
Cari Fratelli,
per svolgere un buon lavoro fra i
giovani delle nostre Comunità abbiamo bisogno di ritrovarci tutti uniti in
preghiera.
Vogliamo formare una catena di preghiera che non si spezzi mai di notte,
né di giorno, dedicando dieci minuti
la settimana ciascuno per questo
scopo?
CREDO CON TUTTO IL CUORE
CHE AVREMO FRUTTI INAUDITI.
Se lo volete, mandatemi a dire subito in quale ora ed in quale giorno potete pregare.
Vi comunicherò l’elenco intero deli
aderenti alla catena e la frazione di
ora in cui dovrete pregare.
Si può pregare chiudendosi in un
qualsiasi luogo per passare i nostri
dieci minuti in raccoglimento, parlando a Dio e raccontandoGli tutti i problemi dei nostri giovani, senza chiedere e senza giudicare. Raccontando
soltanto e terminando col dire: Signore, Tu sai ogni cosa e ci ami, perciò
confidiamo in Te.
Lo Spirito Santo ci guiderà com’Egli
vorrà, ma l’essere uniti in un certo
modo di pregare vivifica la nostra comunione, che sarà poi rafforzata dalla
certezza che noi iniziamo a pregare
quando un altro termina, ed appena
terminato, un altro inizia.
Sono cose vecchie, ma un tempo
cambiarono il mondo, in molti luoghi
cambiarono la società, anni orsono
cambiarono noi, oggi cambieranno i
nostri figli. E per loro che bisogna piegare i ginocchi, per questi nostri figli
che sono oggi troppo soli, affinché diventino il buon seme in un mondo che
soffre ed attende.
In Cristo.
Per il Comitato Provvisorio
Luigi D’Isanto
AI GIOVANI
Amici miei,
nessuno può vivere a lungo per sé
stesso: Cristo morì per noi, e noi non
possiamo dare agli altri le nostre conferenze, le dimostrazioni, i giudizi, il
rancore, la lotta, le parole, ma la nostra vita; sempre e soltanto la nostra
vita. E questo è possibile diventando
« prossimo » di tutti. Ce lo insegnò
Gesù Cristo quando lo accettammo come nostro personale salvatore.
Allora ci fu detto che Iddio aveva
tanto amato questo mondo travagliato, ed in esso sta edificando la Sua
Chiesa con noi, che diventiamo man
rnano pietre trasformate e rese capaci
eli sostenere un peso, una responsabilità. Ecco la gioia di essere giovani, di
fare una scelta coraggiosa, riuscendo
a comunicare gli uni con gli altri.
Ci fu detto che questa comunione sarebbe stata una testimonianza, perché
Gesù sarebbe stato vivente ovunque
due, o tre, si sarebbero riuniti nel Suo
nome. E così i credenti avrebbero sperimentato l’influenza di Dio nella loro
vita comunicandosi travagli ed incertezze, peccati e sofferenze.
Un’azione umile, silenziosa, dinamica, potente ed efficace. Ce la insegnarono i nostri vecchi, ed è ancora una
scelta di coraggio in un mondo che trova il suo fine nell’agitarsi e nel fare
agitare.
Spesso assomigliamo a persone che,
vivendo in una stanza buia, non conoscendosi e perciò non comprendendosi, si combattano, si uccidano, si sfruttino, s’ingannino, e tentino di cacciare
le tenebre soffiando nella stanza, anziché premere l’interruttore.
Oggi io, nella stanza buia al par di
voi, vi chiedo di rendere un tributo dì
riconoscenza a quei credenti che in
passato ci condussero alla fede, dando
un nuovo slancio alle nostre Unioni
Giovanili, lanciando una sfida giovane,
coraggiosa, potente, ad un attivismo
dolorosamente irrequieto nella stanza
buia, creando le premesse per far maturare in noi una fede semplice, ma
sconvolgente.
Abbiamo troppo errato per non sentire la desolazione di una vita con Cristo. ma senza la Sua potenza trasformatrice.
Se volete tentare questa meravigliosa avventura di fede confermate la vostra adesione e mandate i vostri suggerimenti, affinché il Movimento Giovanile Battista sia un mezzo per operare
una straordinaria rivoluzione in tutte
le espressioni del nostro vivere coraggiosamente per gli altri sfidando l’inconsulto agitarsi al di sopra degli alberi.
Un caro saluto in Cristo.
Per il Comitato Provvisorio
Luigi D’Isanto
I II Consiglio della EGEI si è riunito a
Roma e si sono prese decisioni sui campi
estivi. Il Campo studi si svolgerà ad Adelfia
(Sicilia) nei primi 11 giorni di agosto. Dal 29
aprile al primo maggio ci sarà un incontro a
Santa Severa, dedicato ai responsabili di scuole domenicali e catechismo. Si è inoltre pensato di dedicare la domenica 4 marzo alla
FGEI: ciò significa organizzare nelle varie
comunità il culto domenicale, dedicando il
provento della colletta alle varie attività di
cui si occupano i giovani.
H II Pastore avventista D. Visigalli ha
scritto un libro che esce Ediz. ADV. (Firenze,), nella collana « Biblioteca storica religiosa ». E’ intitolato Cristo, la risposta. L’autore ripropone la soluzione cristiana per i molti
interrogativi che assillano l’uomo moderno.
m II Centro biblico di Napoli (V. Carriera
Grande 37) lancia un nuovo e interessante cantautore evangelico: Filippo Lamia, con
due dischi:
1) « Sai perchè? »
2) « Il vero amore »
nei quali è eantata la gioia di confidarsi nel
Signore e la pace conseguita nel rapporto con
Gesù.
Inda Ade
scelta della "vita apostolica”, e cioè
alla esatta interpretazione della parole
di Cristo al giovane ricco, che non si
esauriscono nel « vai, vendi ciò che hai
e dallo ai poveri », ma devono essere
completate col « vieni e seguimi ».
In altri termini, Valdo, vide (e non
fu il solo dei suoi tempi!) il condizionamento del « libere praedicari » nel
possesso dei beni mondani: per lui seguire Cristo non si esauriva in una
scelta volontaria della povertà, ma nella libertà della predicazione che tale
scelta poteva consentirgli.
Ovviamente, su questo passo di Valdo, le interpretazioni storiche non sono tutte concordi, e ricorderemo in
particolare le sottolineature di scuola
marxista, che vedono nel passo di Valdo una scelta di classe.
A parte la difficoltà o Finsuffìcienza
del trasferimento di un concetto attuale alla sociologia medievale, sussiste
un altro aspetto della scelta di Valdo,
di cui si è tenuto finora scarso o nessun conto: e cioè il fatto che egli, accanto alla scelta della povertà volontaria, si separò e si disfece praticamente
anche della propria famiglia, sistemando moglie e figlia in modo tale che anche il legame d’affetto non fosse per
lui un intralcio nella sua opera.
Il che sottolinea il radicalismo evangelico, e non sociologico, del nostro
eresiarca.
Infatti per Valdo la « sequela Christi », il seguire Cristo nella vita apostolica metteva sullo stesso piano la liberazione dai condizionamenti del mondo e l’esigenza della predicazione: sono i due elementi che colpiscono i primi cronisti ed osservatori del movimento valdese, e sono le istanze presentate al Concilio lateranense del 1179.
A quel momento, come è noto, nessuna
obbiezione fu fatta ai Valdesi per quanto riguardava la povertà, proprio perché questa non comprometteva in nulla l’apparato della chiesa; quanto alla
predicazione, invece, occorreva sottostare al placet ecclesiastico. Siccome
questo era un condizionamento al « libere praedicari », è chiaro che Valdo
scelse la via della disobbedienza: e il
suo « meglio obbedire a Dio che agli
uomini » evidentemente non si riferiva
tanto al voto di povertà, per cui la chiesa era d’accordo, quanto piuttosto all’istanza della predicazione, che la chiesa gli negava.
C’è di più: quando nel 1184 fu pronunciata la prima scomunica contro i
Valdesi essa era determinata dalla proclamazione del sacerdozio universale e
dal concetto del libero esame, che ormai i Valdesi stavano applicando ovunque, minando alla base l’apparato e la
gerarchia della chiesa romana.
Ma a quel momento, l'istanza della
povertà era, non dico passata in secondo piano, ma collocata nel suo giusto
posto: e cioè considerata un mezzo,
uno strumento, come altri, per non essere condizionati nella libertà della
predicazione della Parola.
Del resto, qualche anno dopo, nella
famosa conferenza di Bergamo del
1218, in cui si incontrarono Poveri
Lombardi e Poveri di Lione, le discussioni tra i due gruppi del Valdismo
non furono rivolte al problema del pauperismo, ma ad altri argomenti di natura teologica o pratica.
Né ci risulta che il messaggio del valdismo medievale, diffusosi per forza
propria o per testimonianza dei barba,
sottolineasse in modo particolare la necessaria povertà dei veri credenti:
quello che importava era il radicalismo
biblico e l’opposizione alla chiesa corrotta perché ricca e potente. Merita anche di ricordare come la cosidetta confessione di Valdo del 1180 chiarisse
esplicitamente che sia lui che i suoi
credevano che quelli che rimanevano
in possesso dei loro beni, purché osservassero i divini precetti, potevano essere salvati.
Se tutto quanto detto fin qui è vero,
e tale ci appare, rimane allora da sottolineare che la scoperta rivoluzionaria
e fondamentale della protesta di Valdo
fu la Parola di Dio e la sua forza sempre rinnovatrice: in un mondo in
cui Essa non era predicata, o era compromessa o era tradita, i Valdesi ebbero il merito di soddisfare ad inappagate esigenze spirituali della gente presentando e predicando loro la Bibbia,
nella sua genuinità e nella sua sovranità.
11 pauperismo poteva essere forse un
atteggiamento monastico (consacrato
del resto dai Francescani); ma l’itinerantismo dei Valdesi era legato alla
predicazione della Parola « che non è
incatenata ».
Tali furono senza dubbio il segreto
e la forza che permisero al Valdismo
di arrivare alla soglia della Riforma,
attraverso tre secoli di vicende burrascose e difficili.
L’autore del monumento della Riforma a Worms, in cui Valdo è presentato
con la Bibbia aperta sulle ginocchia, ha
sintetizzato in tal modo esattamente la
caratteristica fondamentale del Valdismo dell’età di mezzo, quello della libera predicazione.
Augusto Armano Hugon
5
f
.2 marzo 1973 — N. 9
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 5
NOTIZIARIO RIOPLATENSE
Siamo lieti di poter riprendere il nostro notiziario dopo un intervallo di varie settimane. La ragione di questo prolungato silenzio è in parte la temporanea sospensione della pubblicazione di
« Mensajero Vaidense ». Nel numero
del 30-9-72 il direttore avvertiva che la
tipografia, che da vari anni stampava il
periodico, avrebbe cessato la sua attività, e che poteva passare un certo tempo prima che si fosse trovata una nuo^ra tipografia. A metà del mese di no"vembre il « Mensajero Vaidense » ha
ripreso ad uscire e noi possiamo di
nuovo trasmettere ai lettori di « EcoLuce » le ultime notizie che giungono
però sempre con molto ritardo dal SudAmerica.
Campo di studi
Da vari anni la Chiesa Valdese organizza in settembre (primavera) campi
■di studio teologico per laici e pastori.
Nel 1972 ne ha tenuto uno nel « Parque » 17 de febrero », vicino a Colonia
Vaidense. Il tema: « La riconciliazione » era di grande attualità, dato che la
Chiesa Valdese rioplatense soffre nel
suo seno delle tensioni e scissioni che
sono sorte nel campo ideologico tra i
cittadini dell’Uruguay e deH’Argentina.
Tra i risultati elaborati nelle discussioni figura il desiderio di essere come i
primi cristiani perseveranti nella dottrina degli Apostoli, nella comunione
fraterna, nel rompere il pane e nella
preghiera; di avere uno spirito di umiltà e autocritica verso noi stessi in ogni
occasione di incontro e la certezza che
molti aspetti fondamentali dell’insegnamento dei Vangeli ci uniscono, mentre
■circostanze esterne, non elementi centrali della fede, ci separano talvolta. Le
nostre comunità devono dare l’esempio della nuova situazione creata da
Dio in Gesù Cristo e annunziare la riconciliazione. Nel primo secolo d.C. i
pagani romani dicevano dei cristiani:
« Guardate come si amano ». Questo
era allora come lo è oggi la testimonianza di una vera riconciliazione.
ISEDET
L’antica Facoltà di teologia di Buenos Aires conosciuta ormai sotto questa nuova sigla (Instituto superior
evangélico de estudios teológicos) ha
organizzato, come fa da decenni, un incontro di studio per pastori. Nel convegno del settembre 1972 fu invitato
(fatto nuovo) un conferenziere latinoamericano cattolico, il gesuita uruguayano Dr. Juan Luis Segundo. Il suo tema era: « La realizzazione del cristianesimo prevista dalla rivelazione è di
una chiesa di massa o minoritaria?
Conseguenze di questa impostazione
del problema per il processo di secolarizzazione e per l’impegno politico dei
cristiani ». Oltre a questo ciclo di conferenze di quattro giorni, la Facoltà
offrì ad alcuni pastori un corso di aggiornamento, nello stesso mese. Anche
quest’anno un pastore valdese ne ha
potuto approfittare.
Nel numero del 15 settembre « Mensajero Vaidense » riproduce una fotografia degli studenti regolari valdesi di
Isedet. Sono otto, la metà dei quali maschi e teologi, l’altra metà regazze che
si specializzano in musica sacra, come
assistenti sociali o per la istruzione religiosa.
Situazione generale
A nessun lettore saranno sfuggite le
notizie sugli avvenimenti politici in
Uruguay nel mese di febbraio. Dalla nostra propria esperienza sappiamo che
spesso i fatti non sono gravi come ci
vengono presentati dai giornali. Tuttavia è chiaro che le condizioni economiche e politiche nei due paesi latinoamericani, dove si trovano comunità
valdesi, sono peggiorate ulteriormente,
con ripercussioni sulla vita delle chiese
in forme varie: divisioni nelle comunità, membri di chiesa imprigionati, difficoltà organizzative e finanziarie. Ne
risente anche « Mensajero Vaidense »,
l’organo ufficiale della chiesa: il numero di dicembre contiene molte notizie sportive di campionati tra le va
I lettori ci scrivono
EMIGRAZIONE VALDESE
NEL SUDAMERICA
Vn lellore. da Torre Pellice:
Caro direttore,
ho letto Tarticolo : « L'esperienza di due famiglie valdesi d, pubblicato sul n. 6 del 16
feliliraio.
Un lungo soggiorno in Sud America mi permette di conoscere un poco TUruguay e la
Rejj. Argentina. Indubbiamente la situazione
ecoiioniica era allora florida, anche se dopo la
seconda guerra mondiale si potevano cogliere
i sintomi promotori della grave crisi socioeconomica che ha investito così gravemente )e
stri! Un re del Sud America. E' naturale e
spontanea la mia simpatia verso « chi c'è stato ieri ». come pure verso coloro che sono
duraiiicnle provati per 1 attuale situazione di
quelle repubbliche, un tempo assai prospere.
Ritengo doveroso rilevare l’affermazione:
<( Non fummo molto bene accolti dal Comitato
locale, che sapeva del nostro arrivo e non
riuscendo a capire una parola di spagnolo abbiamo avuto dilTicollà alla dogana: Tutte le
nostre casse furono aperte e rovistate ». Da
Montevìdeo — continua Tarticolista — proseguono diritti verso Colonia Vaidense dove
li aspetta una casa presa in affìtto.
« Non fummo molto bene accolti dal Comitato locale che sapeva del nostro arrivo... ». è
affermazione inesatta e gratuita! Il Comitato
locale, pili esattamente la « Comisión Vaidense de Colonización », era nominata dalla Commissione Distrettuale, per incarico della Conferenza annuale di cjuel Distretto della nostra
Chiesa, per ovviare alla disseminazione dei coloni valdesi in cerca di terreni da coltivare,
favorire la formazione di nuove colonie e comunità valdesi. Dal 1946 fu pure incaricata
di venire incontro alle famiglie che volontariamente emigravano dalle Valli verso 1 Uruguay. Per questo secondo compito formavano
parte della « Comisión », Valdesi che potevano
esprimersi in francese e mollo bene in patois.
Posso affermare che amici e collaboratori dì
Commissione non lesinarono né tempo, né fatiche per i fratelli che lasciavano le Valli per
stabilirsi fra i Valdesi delTUruguay. Nessun
gruppo di famiglie nostre, a noi segnalate, è
sbarcato a Montevìdeo, senza che almeno uno
o due membri della Commissione fossero al
porto ad aspettarli, e facilitare le operazioni
doganali.
Per di più. le Autorità nazionali, fondandosi
sull'esempio dato dai Valdesi immigrati oltre
cento anni fa, considerarono che « l’entrata
nel paese di quelle famiglie Valdesi sarebbe
un valido apporto alla vita nazionale...., esempio di elevatezza spirituale e di progresso economico... » (vedi Decreto del Presidente della
Rep. del 24 febbraio 1947). Pertanto concessero per il futuro a immigrati Valdesi, 1 esenzione, dalle tasse consolari, assai elevate, e dai
diritti doganali per i loro effetti personali,
macchine agrìcole e animali. La visita doganale si riduceva a pura formalità e spesso passavano armoniche e paioli di rame nuovi, assai ricercati in Uruguay. I doganieri si fidavano della parola dei Valdesi! Per di più, una
tempestiva comunicazione della nostra Commissione, in cui si ricordavano le esenzioni
concesse, ne facilitava il controllo.
Purtroppo un increscioso inganno fece esclamare ai doganieri: « I Los Valdenses también
saben mentir? ». Da allora la benevola tolleranza si mutò in controllo più accurato.
Inoltre alcune famiglie valdesi svolsero le
pratiche, s’imbarcarono e giunsero a Montevideo a nostra insaputa, ed ebbero difficoltà alla dogana... Ciò nonostante la Commissione,
casualmente informata cercò di adoprarsi a
pro di immigrati non segnalati; non sempre
dimostrarono di apprezzare la nostra Ijuona
volontà e possibilità di intervento.
Per di più, la famiglia citata dall’articolista « proseguì diritto verso Colonia Vaidense
dove li aspettava una casa presa in affitto ».
La nostra Commissione non ha mai avuto bisogno di prendere case in affitto per gli immigrati. Ciò stà a dimostrare che nessun rapporto esisteva tra quella famiglia e la nostra
Commissione! Sono quindi grato aU’artieolista per quel dettaglio!
Mi sia concesso aggiungere che le famiglie
Valdesi che arrivavano in Uruguay segnalate
alla nostra Commissione, non avevano bisogno
di contratto di lavoro (altra agevolazione concessa dal Governo a favore dei Valdesi!), bastava che la nostra Commissione comunicasse
alla Polizia di Immigrazione che un Valdese
uruguaiano si impegnava a dare loro alloggio,
lavoro e retribuzione adeguata! Se poi trovavano altra occupazione erano liberi di andare
dove loro conveniva.
Rinnovo la mia simpatia ai fratelli Valdesi
provati nelle loro fatiche in cerca di pane
i< in terre assai lontane... », e rivolgo loro l’augurio di un avvenire migliore nella loro cara
Patria. D’altra parte non potevo esimermi dal
deplorare una inesattezza e chiarire i fatti.
E’ pure mio dovere rivolgere ai compagni
della K Comisión Vaidense de Colonización »,
alla memoria di quelli che hanno risposto al
Supremo appello, come agli altri, ottantenni
ormai, il mio pensiero di stima, di riconoscenza e di affetto.
Emilio Ganz
ex-Presidente della « Comisión
Vaidense de Colonización »
UNITA'
E RINNOVAMENTO
Un lettore, da Roma:
Caro direttore.
il riferimento a A. W. Visser l Hooft. apparso nella cronaca di Villar Perosa del 9 febbraio 1973, va riformulato in una prospettiva
diversa da quella presentata dall’articolista.
L'unità e il rinnovamento sono due doni
dello Spirito alla comunità cristiana, perciò
non possono essere posti in contrasto o in alternativa. Per secoli, purtroppo, chi difendevo
l’unità (cattolici romani e non romani) era
incline a temere i rischi del rinnovamento come nuove occasioni di scisma o di rottura; chi,
invece, difendeva il rinnovamento (riformali
e movimenti evangelici) non esitava a spendere l’unità a favore della dinamica del rinnovamento.
Il movimento ecumenico ci ha ricordato ■—
questa è la novità del nostro secolo — che i
due doni dello Spirito agiscono insieme nella
comunità.
Per noi questo è tutto un discorso da riscoprire non solo a livello interconfessionale, ma
anche interdenominazionale, intercomunitario,
interfamiliare e politico. Occorre una fedeltà
nuova, capace di ricevere la vitalità del rinnovamento nella prospettiva dell’unità e di concepire l’unità nella dinamica del rinnovamento continuo.
Renzo Bertalot
rie unioni giovanili valdesi. Ma sorge la
domanda: non c’era altro da pubblicare?! La direzione fa appello ai lettori
di rinnovare presto gli abbonamenti.
La crisi economica mette evidentemente in pericolo la pubblicazione del giornale. Per un dono pervenuto da un expastore valdese in Uruguay il direttore
ringrazia caldamente.
Sinodo valdese
rioplatense
La sessione sudamericana del Sinodo Valdese avrà luogo a Jacinto Aráuz,
Provincia La Pampa, Argentina, dal 4
al 7 marzo 1973.
Qualche punto sulle i
« Eco-Luce » n. 48, 1/12/72 pubblica
a pagina 6 una lettera scritta dal signor
Humberto Perrachón, residrate nella
città di Colonia (non Colonia Vaidense). Per capire le critiche espresse nel
suo scritto, bisogna torse sapere che il
sig. Perrochòn, padre del pastore Daly
R. Perrachón e di altri figli, tra i quali
un detenuto politico, è stato per lunghi
anni membro della « Mesa Vaidense »
(Tavola) e del Consiglio di chiesa di
Colonia. E' inoltre ano dei fondatori
del « Banco Vaidense » e dell’Istituto
Nimmo, un orfanotrofio interdenominazionale nei pressi di Colonia. Le sue
frecce sono dirette contro un gruppo
di tre persone mandate dal Consiglio
ecumenico delle Chiese di Ginevra per
studiare la situazione politica dell’Uruguay e per incontrai si'con i responsabili delle chiese. Questa missione è nata dalla preoccupazione per la sorte dei
prigionieri politici e per là mancanza
di libertà di espressione dei dissenzienti con il regime alktra vigente in Uruguay. L’avvocato Williams Thompson,
ospite a Vaidense, non ci è personalmente noto; lo sono invece i suoi due
compagni di viaggio, il professor T. J.
Liggett, segretario .generale delle missioni della Chiesa « Discepoli ^ di Cristo » negli USA, i^rofessore di storia
della Chiesa nella Facoltà di teologia
di Buenos Aires negli anni- 50, e il pastore Eugene Stockwell, crésciuto in
Argentina e più tardi pastore metodista in Uruguay priìoa di assumere l’incarico di segreta! io della missione
mondiale metodisia a New York. Siamo convinti che eniiambi, conoscendo
bene la lingua e Tambiente ecclesiastico dei paesi rioplaG iisi, abbiano adempiuto il loro compì ic nel miglior modo
possibile. D’altrond-g è comprensibile la
reazione negativa ^verso questa commissione d’inchiesta USA da parte di
un membro di chiesa attivo quanto lo
è tutt’ora « don Huarberto » (Perrachón), come lo si chiaìna tra amici e
pastori.
Commossi abbiamo letto « la poesia
di un indio argentino » su « Eco-Luce »
del 2/2/73 a pagina 3. Rispecchia senz’altro in parole impressionanti la mancanza di fede e di speranza di vasti
strati delle popolazioni latino-americane. Il suo autore, conosciutissimo sotto
il nome d’arte Atahualpa Yupanqui
(nome del penultimo Inca, bruciato vivo dagli spagnoli nel 1533), è un cantante folkloristioo argentino di gran
fama da almeno vent’anni, non è però
in nessun caso un indio (ce ne sono m
Argentina pochi superstiti, come abbiamo detto in un’altra occasione). Appartiene probabilmente alla popolazione
più o meno meticcia dell’Argentina centrale e settentrionale, che si offende a
morte se la si chiama « indios ». Con
ogni probabilità è miliardario come
possiamo supporre di molti cantanti.
Se per esempio Domenico Modugno
lancias.se un canto dell’operaio all’estero non sarebbe per quello un emigrante nei paesi dell’Europa centrale!
Una piccola rettifica menta l’articolo di E. Genre su « Eco-Luce » del 9 febbraio ’73 « Alla ricerca del pane in Sudamerica » (pag. 4). Il primo gruppo
valdese stabilitosi a Floi ida (Uruguay)
dovette lasciare la regione in seguito
alla ostilità dei cattolici locali e si trasferì nel 1858 nella zona della futura
Colonia Vaidense, dove fu poi raggiunto da altri valdesi provenienti dalle
Valli.
Siamo comunque grati alla direzione
di «Eco-Luce» per avere pubblicato
più volte notizie sulFAmerica latina e
di tenere vivo in questo modo, l’interesse per i nostri fratelli in senso stretto e lato, abitanti del Nuovo Mondo.
A,ta Soggin
,I,,I,I,III||||||||||||||||||||IIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
ERRATA CORRIGE
Nell’articolo di Gustavo Malan, Cultura
araba e cultura dell’Europa mediterranea.
pubblicato nel n. 6, siamo incorsi in un errore tipografico, di cui ci scusiamo; una frase, .a
metà articolo, andava letta come segue : « La
parola, si sa, è un dono mediterraneo, e un
arricchimento veniva anche dalle divergenze,
talvolta aspre, specialmente tra marxisti e non
marxisti. Tra questi spiccava Anouar Abdel
Malek... ».
............................................
CINEFORUM VAL PELLICE
Riprende il ciclo a passo normale al
Cinema Allemandi di Luserna S. Giovanni. Essendo stato « ritirato » il film
« I fucili », verrà proiettato « L’uomo
della p-orta accanto », sul problema della droga.
LE CHIESE EVANGELICHE DAVANTI ALLE LEGGI SUI «CULTI AMMESSI»
Liberi ma disuguali
La recente sessione congiunta del
Sinodo valdese e della Conferenza metodista ha rilevato ancora una volta il
carattere discriminatorio ‘delle leggi
del 1929-30 sui « culti amrrìéssi », ed
ha affermato il principio che i rapporti tra le nostre chiese e lo stato debbono essere chiariti in termini rispettosi di quella piena libertà garantita
dalla Costituzione della Repubblica
Italiana.
Su questa base e per mandato della Sessione congiunta il Comitato Permanente e la Tavola hanno nominato
una commissione di studio, incaricandola di fornire alle chiese il necessario materiale informativo e preparatorio affinché le chiese locali possano
pronunciarsi su questi problemi con
piena conoscenza di causa.
La commissione si è sforzata anzitutto di chiarire le motivazioni teologiche che stanno alla base del particolare atteggiamento delle nostre chiese
di fronte allo stato, quindi di ripercorrere le tappe della lunga battaglia per
la libertà religiosa conibattuta in questo dopoguerra in Italia, ed infine di
analizzare l’attuale situazione legislativa e le prospettive per il futuro.
Il risultato di questo lavoro viene
ora presentato all’attenzione delle chiese, in due parti;
— un opuscolo storico-informativo,
comprendente anche i testi delle Leggi del '29-30, edito dalla Claudiana nella collana di « attualità protestante »,
col titolo: « Liberi ma disuguali - Gli
evangelici tra Costituzione repubblicana e leggi fasciste ». (N.d.r.: se ne veda
la presentazione, a pag. 1, da parte del
pastore Achille Deodato).
— una relazione (con annesso questionario), che viene inviata a tutte le
chiese locali ed ai membri dei consigli di chiesa: in essa si analizza punto per punto la legislazione sui « culti
ammessi », indicando le conseguenze
d’una sua eventuale abrogazione; quin
di si presentano le materie che potrebbero essere oggetto di una intesa, onde eventualmente stabilire i rapporti
tra le nostre chiese e lo stato secondo
le procedure indicate dalla Costituzio^
ne ed in conformità alle garanzie di
libertà che essa chiaramente esprime.
E della massima importanza che
chiese, consigli di circuito e conferenze distrettuali si pronuncino su questa
relazione ed esprimano in merito ai
vari problemi in essa considerati il
loro parere.
Le risposte delle chiese debbono essere inviate entro il 30 aprile alla Tavola Valdese ed al Comitato Permanente Metodista.
per la Commissione:
Sergio Aquilante
Giorgio Bouchard
Nella collana « Attuabtà protestante » è uscito:
FRANCO GIAMPICCOLI
Liberi ma disuguali
Gli evangelici fra Costituzione repubblicana e leggi fasciste - pp.
60, L. 300.
Documento a cura della Commissione Valdo-Metodista sui
rapporti chiesa-stato. Materiale
preparatorio indispensabile per
lo studio dell’argomento da parte delle chiese secondo la raccomandazione del Sinodo.
Claudiana, via Principe Tommaso, 1
10125 Torino, tei. 68.24.58
c.c.p. 2/21641
Quale libertà?
(Segue da pag. 1)
questo fanno, con un certo successo,
sostenuti e guidati daH’Ulficio legale
del Consiglio Federale delle Chiese.
Giustamente questo capitolo si conclude mettendo in rilievo il fatto che, con
il loro continuo appellarsi alla Costituzione, gli evangelici hanno dato in quegli anni alla nazione un contributo non
indifferente nel suo faticoso risalire la
china dei primi anni della Repubblica.
Ma ecco finalmente la nomina della
Corte Costituzionale. Essa, tra il 1956
e il 1958 dichiara illegittime talune norme di pubblica sicurezza e articoli di
decreti adoperati anche contro gli evangelici, e la situazione finalmente può
mutare. Le Chiese ricominciano a discutere della opportunità o meno delle
intese con lo stato. Le comunità locali
in maggioranza, per motivazioni diverse, si pronunciano in modo contrario
alla via delle intese. Tuttavia al Congresso del 1965 prevale la tesi che considera l’istituto delle intese come « una
garanzia costituzionale per la libertà
delle confessioni di minoranza », e importanti precisazioni vengono fatte che
consentono un passo avanti nel chiarimento del modo in cui l’istituto delle
intese debba essere applicato. Ma solo
la Chiesa Valdese e la Chiesa Metodista rimangono ferme sulla linea di non
prendere in considerazione leggi che le
concernono, finché la loro applicazione
non sia subordinata alle intese. I concetti di privilegio, integrazione, diritto
comune, si precisano via via in incontri
di studio (Agape 1969), nella Assemblea della FCEI (1970), e consentono
di riprendere l’azione con idee più chiare. Come è detto nella conclusione: si
tratta ora di « dare alle intese bilaterali un contenuto coerente con i principi che abbiamo via via elaborato: garanzia sul piano giuridico per la libertà della chiesa da ogni interferenza statale; rifiuto di ogni privilegio; ripulsa
di qualsiasi forma di integrazione nel
sistema ideologico e di potere dello
stato ».
Riassunto molto schematicamente,
questo è il contenuto dell’opuscolo il
cui pregio maggiore è di rendere comprensibile a qualsiasi lettore, attraverso lo svolgimento degli avvenimenti, il
problema dei rapporti tra chiesa e stato, considerato, a torto, come materia
riservata esclusivamente alla competenza degli specialisti.
Per questo abbiamo fiducia che esso
sarà letto e meditato da ogni membro
delle nostre chiese, certi che porterà
alle discussioni assemblear! che andremo a fare, un notevole contributo di
chiarezza e di orientamento.
A. Deodato
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll<lll■ll■lll■ll>■»
AVVISI ECONOMICI
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off resi dietro coltivazione orto irriguo e piccolo vigneto. Tel. (0121) 3084.
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(02) 79.65.23.
Dopo lunghe sofferenze ha terminato la sua giornata terrena
Gardiol Margherita
In Mlcol
all’età di anni 75.
Lo annunziano il marito Micci
Edoardo, la sorella, ì familiari e parenti tutti.
« Io sono la risurrezione e la vita »
(Qiov. 11: 25)
Valdese (U.S.A.), 3-2-1973.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Barai, Bertetto e Coucourde, ringraziano quariti hanno condiviso il loro dolore per la dipartenza di
Alice Gardiol In Barai
Mamma affettuosa e cara sorella,
lascia di sé un buon ricordo destinato
a mantenersi vivo nel tempo per quanti seppero apprezzare le buone virtù
che la rendevano diversa dagli altri.
Un ringraziamento particolare lo rivolgono ai vicini di casa per il loro
utilissimo premuroso aiuto e al dott.
G. Momigliano per la lunga assistenza prestata alla nostra cara mamma.
Inverso Pinasca, l’il febbraio 1973.
RINGRAZIAMENTO
« Io rimetto il mio spirito nelle
tue mani ; tu mi hai riscattato,
o Eterno, Dio di verità ».
(Salmo 31, v. 5'*
Le famiglie Bounous e Rovara iiell’impossibilità di farlo singolarmente
ringraziano quanti hanno preso parte
al loro dolore per la dipartenza della
cara mamma
Alice Long ved. Bounous
Un grazie particolare ai medici e al
personale dell’Ospedale Mauriziano di
Luserna ; ai Pastori sigg. Taccia e Bertinat; alle signore Falcombello e Durand Canton; ai vicini di casa, ai parenti e amici tutti.
Luserna S. Giovanni, 19 febbraio 1973.
RINGRAZIAMENTO
I familiari, profondamente commossi per la grande dimostrazione di affetto ricevuta in occasione, della dipartenza della loro Cara
Irene BersandI nata RInesI
deceduta all’età di anni 63 dopo lunghe sofferenze, ringraziano quanti, con
presenza o con scritti, hanno testimoniato la loro simpatia nel dolore.
Un particolare ringraziamento ai
dott. Pelliazaro e Rostan, al Pastore
Rivoira per le consolanti parole di fede cristiana, al Pastore Bertinat per
il suo affettuoso interessamento, al
personale dell’Ospedale Valdese ui
Torre Pellice per la fraterna assistenza.
Luserna S. Giovanni, 24 febbraio 1973.
6
P^ig- 6
I NOSTRI GIORNI
OBIEZIONE DI COSCIENZA
Primi effetti neyativi deiia iepoe
Arresti, processi, domande respinte - Che cosa facciamo come chiese e come singoli?
Chiunque abbia un po' di conoscenza dei problemi posti e agitati dagli
obiettori di coscienza e dagli antimilitaristi in genere si stupisce oggi assai
poco delle prime conseguenze del tutto negative della legge attuale sul1 o.d.g.
Roberto Cicciomessere, già obiettore, si è visto respingere la sua doman^3 assieme ad altre otto su ventinove — perché « politica ». Per di più è
anche stato arrestato: è rimasto in
carcere 48 ore e poi rilasciato, dato
che — secondo il ministero della difeS3 — si è trattato di un equivoco ».
Non e però un « equivoco » il fatto
che ad altri obiettori (Carrara, Bernardi, Filippini), cui è stata rifiutata la
domanda, si siano visti già recapitare
— come precisa in un comunicato la
Lue (Lega degli o.d.c.) — la cartolina
precetto per cui avrebbero già dovuto
raggiungere i rispettivi corpi già alcuni giorni or sono. Risulta quindi priva
di fondamento — come precisa ancora
la LOC — la precisazione fatta dal ministero della difesa del rinvio di un
quadrimestre per gli obiettori ai quali
è stata rifiutata la domanda, per dar
loro modo di presentare ricorso.
La LOC, in chiusura del suo comunicato, precisa che « non rimarrà inerte di fronte a tale palese provocazione
e ha già convocato il proprio consiglio
nazionale per una serie di iniziative da
prendere e rispondere così, in modo
deciso, a chi ha voluto discriminare fra
obiettori 'buoni' e 'cattivi', vedendo in
questi ultimi proprio coloro i quali avevano già scontato lunghi periodi di
carcere » e che — aggiungiamo noi —
sono proprio fra quelli che hanno contribnito in modo determinante a che
l'obiezione di coscienza in Italia trovi
il suo spazio e l'attenzione cosciente
della pubblica opinione.
* * *
Un altro obiettore che si è visto respingere la propria domanda è Cipriano Tommaselli^ assistente sociale presso il convitto valdese di Pomaretto.
Nella sua domanda aveva detto che
l'esercito, oltre che violenza fisica è
anche violenza psichica. In una letteraconfessione al ministro della difesa
egli descrive la sua vita. I suoi precedenti sono piuttosto drammatici. Si
tratta di un giovane che ha avuto un
passato violento e « asociale »: è stato
rinchiuso in vari riformatori che, anziché « redimerlo », lo orientarono
sempre di più; coi loro sistemi diseducativi e punitivi, verso la violenza e
l'illegalità. Fu così che, di furto in furto, scontò oltre sei anni di prigione. In
carcere, dopo la crisi iniziale, si mise
a studiare, con votazioni lusinghiere,
fino ad ottenere il diploma dell'Istituto professionale statale. Infine, nel
1969, la libertà. Ma ecco ora la cartolina precetto, anche se al distretto militare gli avevano detto che « non aveva più nessun dovere ». Dopo aver fatto i primi sei mesi la sua coscienza
antimilitarista, intesa come opposizione reattiva ad ogni forma di coercizione e di violenza, gli impose di disertare. Presentatosi successivamente per
motivare il suo rifiuto, venne rinchiuso prima a Peschiera e poi a Gaeta. Ai
primi di quest'anno viene accolto a
Pomaretto dove intende appunto svolgere il suo lavoro come servizio civile
gratuito in alternativa a quello militare (come attesta la dichiarazione della
direzione del convitto stesso). Ecco la
conclusione della sua « lettera aperta
al ministro della difesa: « ...Qui siamo
considerati sovversivi perché agiamo
secondo nuovi metodi, lavorando 12-14
ore al giorno, percependo uno stipendio di... niente, perché non esiste. Certamente lei, che fra l'altro è un « compagno » (attuale ministro della difesa
è il socialdemocratico Tanassi) non potrà permettere che si svolga un servizio civile alternativo in posti come
questo istituto. Non pensa mai a tutti
i compagni, quelli veri, morti per salvare la libertà? O crede che loro intendevano una libertà diversa da quella
che sottintende una completa e libera
coscienza esente da ogni tipo di violenza? ».
futuro di essere nuovamente processati e condannati, mentre colla nuova
legge avrebbero avuto una condanna
pm pesante che, una volta scontata, li
metteva in condizione di essere posti
in congedo illimitato.
■* * *
Anche il nostro ultimo sinodo — come abbiamo più volte ricordato — ha
affrontato con una certa determinazione l'argomento ed ha avuto un notevole appoggio sia da parte dell'assemblea congiunta valdo-metodista che del
pubblico: ci pare però che questo « entusiasmo » si sia alquanto spento e che
dopo la « fiammata » sinodale le cose
si siano alquanto raffreddate. Ricordiamo a tutte le comunità l’impegno
sinodale di alimentare «colle loro sottoscrizioni il fondo di solidarietà (presso la Tavola valdese, c.c.p. n. 1/27855,
via 4 novembre 107 Roma) ed esprimendo con azioni concrete il loro appoggio a quelle forme di impegno idonee a realizzare una società che rifiuti
la violenza ». Da quanto risulta al comitato di solidarietà a favore degli
o.d.c. il fondo presso la Tavola è di poco superiore alle L. 300.000 (somma i
cui due terzi provengono dalla colletta sinodale!) e non rispecchia quindi
per nulla le votazioni e gli impegni di
allora. Riflettano le comunità ed i singoli su questa responsabilità di noi
tutti nei confronti di un problema che
ci deve investire totalmente, se siamo
convinti che non è colle armi che si
risolvono le questioni intemazionali (o
nazionali) ma colla giustizia e coll'amore. Se così è, dobbiamo di conseguenza affiancare, appoggiare e sostenere il tenace impegno di coloro che,
pagando di persona e rifiutando facili
compromessi, lottano per la pace non
ner un astratto e personale idealismo,
ma nell’intento di eliminare le cause
della guerra e della violenza, quali le
ingiustizie, i privilegi, le discriminazioni. Roberto Peyrot
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
H II Centro di sociologia della guerra presso rUniversità libera di Bruxelles ha organizzato da febbraio a marzo un ciclo di conferenze destinate a fare il punto sulle ricerche condotte in questo campo.
H L’Iran sta rapidamente rafforzando le sue
forze armate con aerei, elicotteri e altri
armamenti acquistati dagli USA, diventando
uno dei maggiori acquirenti di armi americane. L’ultimo ordinativo è pervenuto nel dicembre scorso per un miliardo e 200 milioni
di dollari (quasi 750 miliardi di lire).
Scuola, cultura, democrazia
L opposizione fra sincJacati autonomi e confederali si polarizza sul tema della
democrazia e sul concetto di scuola: campo neutrale di formazione o luogo di
confronto e scontro politico?-Una cultura effettiva, critica in tutte le direzioni e
realmente democratica - Per una gestione sociale della scuola.
(segue da pag. 1)
cali. Il problema è ampio ed investe
in parte quello della riforma della
scuola, condizionandolo notevolmente,
e si comprende quindi quanto vivo sia"
in proposito l'interesse generale.
Un primo punto, sul quale bisogna
prestare attenzione, è stato il comportamento del Governo che, nel settembre scorso, eludeva la contrattazione
diretta con i rappresentanti sindacali
della scuola, riguardo agli emendamenti proposti al testo che, apnrovato ai
Senato nella passata legislatura, era
decaduto. Il Ministro della P.I. infatti,
senza averlo discusso preventivamente con i sindacati, presentava un nuovo testo direttamente alla Camera, tii
primi di ottobre, spostando sul piano
politico un problema che era innanzitutto sindacale. Ma il Ministro aveva
una sua giustificazione: la varietà e la
contrapposizione dei sindacati della
scuola non gli consentivano di riconoscere in alcuno di essi il reale rappresentante della categoria, a rischio di
essere accusato di favoritismo.
La divisione tra i sindacati è un fatto reale, ma la si può individuare soprattutto nell’opposizione di due blocchi: quello dei sindacati autonomi e
quello dei sindacati confederali, aderenti cioè alle grandi Confederazioni
dei lavoratori CGIL, CISL, UIL. Questa divisione corrisponde ad una diversa prospettiva su quella che deve
essere la funzione della scuola e sui
suoi rapporti con la società.
Non a caso, nelle varie assemblee
unitarie tenute nelle scuole, lo scontro
tra autonomi e confederali è avvenuto
soprattutto intorno al tema della democrazia. È ben vero che gli autonomi
hanno recentemente fatto notevoli passi avanti, facendo proprie talune richiestè, prima avanzate dai soli confederali. Per esempio hanno accolto la
critica all’articolo 4/1 del disegno di
legge sullo stato giuridico (che attualmente circoscrive la libertà d’insegnamento « nel rispetto degli ordinamenti
della scuola stabiliti dallo Stato») in
quanto tendente ad avvalorare una
normativa scolastica, tutt’altro che garante della libertà, emanata negli anni del fascismo: si preferisce invece
riferire la libertà d’insegnamento al
dettato costituzionale.
Così oggi gli autonomi non temono
piu che l’abolizione delle note di qualifica porti l’anarchia nella scuola ed
avanzano la richiesta che, conformemente allo statuto dei lavoratori, i di
ritti sindacali possano essere esercitati durante l’oràrio di servizio (art4/15).
Ma è già significativo che non sia
da essi richiesta analoga libertà per
gli studenti, che ancora oggi si vedono
frequentemente limitare il diritto di
assemblèa e del tutto proibire quello
di poter indire assemblee aperte.. li
motivo è, come si è detto, nel concetto
di scuola, inteso dagli autonomi ancora come un campo neutrale di formazione scientifica, asettica, priva di qualunque condizionamento politico, oltre
che partitico. Per questi insegnanti (ne
incontriamo ancora tanti e, talvolta,
persino in buona fede!) la scuola deve
essere concepita come separata dalla
società, lo studente come distinto dal
cittadino e l’apprendimento scolastico
come fase preparatoria alla piena assunzione dei diritti civili e politici; !a
cultura come una serie di contenuti da
accogliere, più o meno passivamente,
da chi ne sa di più e la disciplina scolastica (con la sua normativa fascista)
come necessario strumento, per assegnare a ciascuno la sua dignità nella
scala gerarchica.
Ma lo stesso sviluppo della scienza
dell'educazione tende a sottolineare la
necessità di un’attiva partecipazione al
processo di apprendimento, che può
avvenire solo se la distanza tra docente e discente è attenuata ed il rapporto tra i due è piuttosto di reciproca
collaborazione che di subordinazione.
Una cultura imposta, o anche solo offerta, dall’alto rischia sempre di degradarsi in nozionismo ed essere, (quella sì veramente!) una forzatura sulla
coscienza del giovane, una strumentalizzazione che tende a presentare taluni rnodi di essere, agire e pensare
(nati in realtà da particolari forme
storiche) come valori assoluti ed immutabili. Solo un rapporto diverso tra
insegnanti e studenti, di tipo veramente democratico, può garantire lo sviluppo della cultura vera, quella che,
alla ricerca continua della verità non
si spinge nei campi rarefatti degli
astratti valori eterni, ma, indagando
nella realtà della vita quotidiana, non
si ritiene mai soddisfatta di alcuna
sua particolare concretizzazione, ma
si spinge sempre oltre.
Una cultura così intesa non si limita a tramandare alle nuove generazioni vecchie nozioni, ma riorganizza i
rapporti tra le persone (innanzitutto
tra docenti e discenti), agisce attivamente dalTinterno fermentando in
SOLIDARIETÀ’
POLITICA E
FRATELLANZA
UMANA
della settimana
Un’altra notizia, sempre collegata al
nroblema dell’obiezione di coscienza —
e che merita di esser segnalata — si
può addirittura definire paradossale,
grottesca. Mercoledì scorso sono stati
giudicati presso il tribunale militare
di Torino cinque Testimoni di Geova,
di cui alcuni già « renitenti », che sono
stati nuovamente condannati e che
successivamente, secondo la nuova legge, verranno scarcerati e posti in congedo illimitato. Per gli altri due, incensurati, è stata applicata la vecchia legge (più favorevole, dato che contempla
pene minori, ma reiterate. L’avvocato
difensore si è così trovato nella situa-’one paradossale di chiedere una condanna superiore a quella proposta dal
P.M. (richiesta che è stata respinta).
Essendo i due stati giudicati colla vecchia legge, essi correranno il rischio in
Direttore responsabile; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina ■ Torre Pellice (Torino)
Nel n. preced.
di questo settimanale (v. Tart. « I
guastafeste ») abbiamo riportato la prima parte d’un articolo di Alberto Moravia (v. « L’Espresso » del 4.2.’73), nel
quale l’illustre scrittore osserva « che
per molti la guerra del Vietnam non è
stata che un argomento politico degli
avversari, da rifiutare con stizza, con fastidio, con odio ». E si chiede: « A chi
risale la colpa di tutto questo? E ancora una volta difficile, se non impossibile, dirlo ».
Ma la sensibilità e l’esigenza critica
del Moravia sono troppo complesse e
profonde, per accontentarsi di poche
considerazioni superficiali sul difficile
problema. Perciò vogliamo qui riportare anche il seguito del suo articolo, nel
quale egli tenta di rispondere alla propria domanda partendo da sé stesso,
cioè autoanalizzandosi per inferirne poi
una verosimile congettura su quanto è
avvenuto negli altri.
« Lo confesso con rimorso, io ho sentito la guerra del Vietnam come qualche cosa che mi riguardava personalmente e direttamente, soprattutto e
forse soltanto perché ho partecipato
alla seconda guerra mondiale, cioè ad
una ormai antica fase della guerra di
religione che continua a divampare nel
mondo, in qualità di sfollato, di profugo politico, di pezzente. Per un anno,
come ho raccontato in un mio romanzo, ho vissuto tra i contadini italiani
del sud vivendo la loro vita, partecipando alla loro angoscia, alla loro ignoranza, ai loro terrori e alle loro speranze. Quest’esperienza non l’ho fatta con
la mente ma coi sentimenti che ho via
via provati, mentre la mente mi aiutava (quando mi aiutava) a mettere un
ordine nei sentimenti. Così, quando la
notizia della guerra nel Vietnam è arrivata non già fino al mio orecchio o
ai miei sguardi (i sensi, in queste cose,
non servono a nulla) ma alla mia coscienza cioè al mio sentimento, non mi
è stato troppo difficile vedere dietro i
volti dei contadini vietnamiti le facce
dei contadini dell’Italia meridionale.
Ho sentito insomma che la guerra era
la stessa, la gente la stessa, i motivi
gli stessi; e U senso di fratellanza di
cui ho parlato piu sopra, m’è sembrato
ad un tratto qualcosa di reale e di concreto e di autentico. Ora, però, non posso fare a meno di pensare che, se non
avessi vissuto la seconda guerra mon
a cura di Tullio Viola
diale nel modo che ho detto, forse non
avrei sentito nulla. Avrei tutt’al più,
come si dice, ’’solidarizzato”, comportandomi ’’come se” avessi sentito qualche cosa. Il che è dannoso oltre che insignificante, perché qualsiasi causa si
nutre di sincerità e di autenticità e non
sa che farsene, in fondo, delle ’’adesioni”.
Ma che vuol dire questo? Vuol dire,
secondo me, che, a meno di non avere,
in qualche modo, non importa se nel
passato o nel presente, partecipato personalmente e attivamente ossia aver
’’vissuto” le cose che si prova il dovere
di sentire, oggi troppo spesso non si sa
e non si può andare al di là della solidarietà politica certamente utile ma
intirnamente indifferente. Questa è una
novità dell’umanità di oggi rispetto all’umanità di ieri. Non posso credere infatti che le religioni a suo tempo abbiano ’’inventato” la fratellanza umana. Mi
sembra più probabile che essa esisteva
già da tempo e che le religioni non
hanno fatto che esprimerla, manifestarla, codificarla. Questo sentimento di
fratellanza rendeva in qualche modo
superflua la partecipazione fisica; o per
lo meno, la rendeva inutile come dimostrazione^ della sua esistenza. Qualcuno
osserverà a questo punto che ho sinora. parlato di guerra di religione e che,
di conseguenza, le religioni ci sono e
dunque dovrebbero anche oggi esprimere, manifestare, codificare un loro
senso di fratellanza nuovo e adeguato
ai tempi. Sì, è vero; ma non tanto vero. La fratellanza umana oggi ha tutta
l’aria di essere sentita e vissuta da
gruppi, società, masse nei confronti di
altri gruppi, altre società, altre masse.
Ma dentro questi gruppi, queste società, queste masse, si direbbe che l'individuo, ben protetto e difeso, prenda
scarsamente coscienza, in quanto individuo, delle sofferenze degli altri individui. La fratellanza umana in passato
era invece prima di tutto sentimento
individuale, presa di coscienza individuale. E così si torna al punto di partenza. A meno di una partecipazione
fisica o quanto meno attiva e "analoga”,
non a tutti consentita, parrebbe che oggi l’esistenza altrui e dunque la sofferenza altrui, in senso individuale e particolare, sia molto difficile da ’’realizzare cioè da sentire come propria.
Tutt’al più si può
convogliarne il rosso ruscello nel gran
fiume torbido e pla! cato della storia.
I Ma la storia, a sua
i volta, dove finisce
se non nell’oceano
di un’eternità forse più naturale che
propriamente umana?
Questo è quanto posso dire in senso
strettamente personale e individuale. Il
resto è politica ».
Naturalmente non ci sentiamo di condividere, se non parzialmente, queste
osservazioni del Moravia. Ad es. occorrerebbe fare un discorso abbastanza
ampio sul significato della parola « religione », che per il Moravia sembra esser diverso che per noi. Quanto alla singolare interpretazione, su cui il Moravia insiste, delle guerre di questo secolo come « fasi della guerra di religione
che continua a divampare nel mondo »,
si veda quanto abbiamo scritto a commento del precedente articolo, sopra
citato.
IL SUCCESSORE DI MALCOM X.
È il Dr. Louis Farrakhan, un predicatore che attira nella moschea n. 7
di Harlem, moltitudini compatte della
comunità nera di New York.
« Alcuni delitti accaduti recentemen
te nelle sette mussulmane della comunità, hanno risvegliato l’attenzione delle
autorità cittadine sull’evoluzione che
quella travagliata minoranza ha subita ».
Tale evoluzione ci sembra grandissima. « Il commissario Benjamin Ward,
incaricato degli affari comunitari, sottolinea il fenomeno in corso: "Qgm
giorno noi vediamo un numero crescente di neri abbandonare la religione cristiana, nella ricerca d’inserirsi in una
fede meno lontana dal passato della
loro razza”. (...)
A Chicago, i Mussulmani neri hanno
ottenuto una propria banca. A New
York hanno le proprie scuole, fabbricano i propri prodotti alimentari, possiedono delle fattorie, dei negozi, una catena di ristoranti. Il signor Ward dice:
’’forse la loro filosofia è razzista, ma io
ritengo che i Mussulmani neri costituiscano oggi una forza benefica” ».
Queste notizie, pubblicate sull’« Express » del 19-25.2.’73 e della cui obiettività non abbiamo motivo di dubitare
ci rattristano perché confermano l’impressione (formatasi gradualmente in
noi già da molto tempo) che la contestazione negra divampata in USA anni
fa, si sia spenta senza aver raggiunto
risultati veramente rilevanti.
nuove idee, trasforma i tessuti sociali
non accettando passivamente i ruoli
assegnati a ciascuna classe sociale, riconoscendo anzi la sostanziale uguaglianza dei diritti di ciascuno sul piano concreto della vita e non su quello teorico delle leggi.
Questo ci porta ad affermare, da un
Iato, che senza una impostazione democratica non c’è cultura, anzi ciò che
era cultura si trasforma in non-cultura; dall’altro, che la cultura (e quindi
la scuola) per non venir meno alla sua
esigenza di democrazia non può eludere una cosciente scelta politica. Diciamo cosciente scelta perché chi parla di neutralità fa inconsciamente una
scelta: dividendo la scuola dal resto
del tessuto sociale, le impedisce di
avere una gestione sociale e la pone
come corpo separato, al servizio di chi
voglia gestire lo Stato con metodi non
democratici.
La gestione sociale invece colloca la
scuola nella sua realtà ed organizza la
educazione (attraverso programmi, ninni di studio, indirizzi) secondo le necessità delTambiente socio-economico.
Tende cioè a porre il problema del
rapporto scuola-società, scuola-territorio, scuola-quartiere. Si baderà di più
allora ai bisogni sociali che alle esigenze dello sviluppo capitalistico, ed i
bisogni sociali stessi saranno rivalutati e riorganizzati, per quella libertà dai
condizionamenti che può garantire una
reale maturazione culturale. Verranno
demistificati i ruoli stessi del produttore e del consumatore (oggi si deve consumare perché si è prodotto, e si è prodotto quello che consente più profitfo
all’imprenditore) e ci si orienterà verso
scelte di sviluppo reale della società.
Sul piano concreto la gestione sociale è realizzabile ricercando la collaborazione dei lavoratori e dei loro
sindacati nell’organizzazione della scuola ai vari livelli. Potrebbero utilmente
collaborare aH’interno del Consiglio
d’istituto o di Circolo Didattico, con;e
del resto era nrevisto nel primo testo
del disegno di legge dello stato giuridico, alTart. 6/1, poi emendato in pe-'gio dall’attuale Ministro. I compiti dei
Consiglio d’istituto sono così indicati:
« avrà potere deliberante in ordine alla organizzazione della vita scolastica,
alle dotazioni, alla assistenza, alle aUr
vita parascolastiche, interscolastichc,
extrascolastiche e in ordine all’impiego dei mezzi finanziari »; e inoltre « nu
trà esprimere il proprio parere suH’andamento didattico e amministrativo c
su ogni argomento di competenza degli organi collegiali funzionanti nella
scuola ». Ovvero potrebbero essere i;'seriti nel distretto scolastico, la cui
istituzione (proposta da alcuni emendamenti all’art. 1, avanzati dalla sinistra e tutti respinti), consentirebbe Trdeguamento dei piani di studio e dei
programmi alle reali esigenze della zona. l’istituzione di scuole del tipo più
utile e nel luogo più adatto.
Comunque l’impegno dei sindacati
dei lavoratori per una gestione sociale della scuola si inquadra in quelTampio movimento di democratizzazione
della società, che si sta svolgendo, sia
pure con pause e difficoltà, in questi
ultimi anni. È anche il terreno più valido per la verifica della giustezza e
delTutilità delle richieste degli insegnanti democratici che, anziché l’isolamento (e la strumentalizzazione) ricercano il punto di saldatura tra le
proprie lotte e quelle degli altri lavoratori e degli studenti.
È chiaro tuttavia che questa avanzata della democrazia non è esente da
tentativi di reazione, che colpisce il
rnovimento nei suoi punti più deboli,
là dove manca cioè la completa collaborazione tra le forze popolari. E il
caso dei recenti fatti di Milano e dì
Napoli, in cui la repressione, provocata da non ben identificati provocatori,
ha colpito con assurda violenza gli studenti in lotta, procurando la morte c
il ferimento di alcuni, e « giustificando » l’arresto di altri.
Emilio Nitti
Nell’Antartico il primo
parco naturale mondiale?
Si vedrà sorgere nell'Antartico il primo parco naturale mondiale, gestito dalfONU? Oltre
400 delegati provenienti da 75 nazioni hanno
raccomandato airunanimità la creazione di
tale parco, nel corso della 2^ Conferenza mondiale sui parchi nazionali, organizzata recentemente a Grand Telón (Wyoming, USA) dalli Unione internazionale per la conservazione
della natura e delle sue risorse.
B In febbraio si è tenuta a Tema, nel Ghana la IS** conferenza degli organizzatori
del servizio volontario internazionale. Riunita
su invito delTAssociazione ghanese dei campi
di lavoro, la conferenza aveva come tema il
servizio volontario per lo sviluppo e il progresso sociale.
^ Brejnev, in visita a Praga in occasione
del 25” anniversario della vittoria del
comunismo in Cecoslovacchia, è stato insignito dell « Ordine del leone bianco » di prima
classe. L’ospite sovietico aveva portato, per Ì
dirigenti cecoslovacchi, l’ordine dì Lenin.