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I
Anno 124 - n. 5
5 febbraio 1988
L. 800
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a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TITUSVILLE - FLORIDA
Un sogno da realizzare
In alcuni stati USA non viene riconosciuta la festa nazionale - La disincantata evoluzione del pensiero del teologo
King; nonostante i riconoscimenti e il premio Nobel, per i neri d’America non cessano le varie discriminazioni
■i
Pv
L'appuntamento è per le 18.30
di fronte al quartiere nero della cittadina di Titusville situata
a poche miglia da Orlando. Il
corteo di una cinquantina di persone di colore, con in mano* una
candela accesa, si avvia lentamente nella umida sera tropicale, preceduto e seguito dalle macchine della polizia. Cantiamo
« We shall overcome ». Nel corteo siamo solo in cinque o sei
di pelle bianca. Dop>o mezz’ora di
marcia entriamo nella Bethlehm
Baptist Church per un emozionante culto il cui sermone è interrotto da continui alleluia. E’
lunedì 18 gennaio, il « Martin
I.uther King day ». Una legge,
iinnata da Reagan, dopo migliaia di dimostrazioni a Washington, stabilisce che il terzo lunedì di gennaio sia festa nazionale per onorare la memoria del
pastore battista King, nato il 15
gennaio 1929.
La composizione di quel corteo
— mi fa notare il pastore presbiteriano Baie Heatol di Titusville — ' 'a fotografia della situcizion' ordamericana. Titusville Lid estremo degli Stati U : una cittadina di 52.000
e'.ria ■ solo 50 persone, di cui
il ‘ . di colore, partecipano
a lo momento di ricordo e
di innovato impegno. Ma se in
Fioiida. la riviera d’oro degli
Siati Uniti, il «sogno» di King
di un’umanità riconciliata e non
liolcnta è rimasto sulle nuvole,
in sette altri stati (Arizona, New
Hampshire, Montana, Sud Da,kota, Idaho, Hawaii e Wyoming)
è addirittura respinto. Niente vacanza, niente riconoscimenti:
King è una faccenda esclusivamente dei neri.
Nella biografia di Martin Luther King, che ha scritto Stefen
Oatef, si racconta che subito dopo che il leader nero fu colpito
a morte con un colpo di pistola
da un criminale bianco, sulla terrazza di un motel di un quartiere nero di Memphis, ci fu una
corsa folle all’ospedale. Ma King
giunse a quell’ospedale nel tardo pomeriggio del 4 aprile 1968
già cadavere. E qui, intorno al
suo corpo inerte, i collaboratori
più vicini a King come Andrew
Young, Ralph Abernathy, Chancey Eskridee ebbero una breve
quanto intensa discussione su
chi dovesse prendere le redini
del movimento nella battaglia
dei diritti civili. Si pensò ad Abernathy, ma in realtà nessuno in
questi venti anni ha mai potuto sostituire Martin Luther King.
La sua lucidità teologica e politica è riassunta per sempre nel
famoso discorso di Washington
durante una delle più grandi manifestazioni della storia per i diritti civili — era il 23 agosto del
1963 —: « I have a dream... », io
sogno che un giorno nello stato
delVAlabama un ragazzo nero e
una ragazza bianca potranno
camminare fianco a fianco, mano nella mano come fratello e
.sorella... Sogno un giorno in cui
tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti
e cattolici saranno in grado di
cantare insieme, tenendosi per
mano, l'antico negro-spiritual
« Finalmente liberi, finalmente liberi, grazie Dio onnipotente, siamo finalmente liberi! ». Questa
lucidità profetica se ne è andata
con King.
Oggi c’è chi tenta di proporre il nero Jessie Jackson, candidato alle presidenziali (anche lui
pastore protesttmte e collaboratore del grande leader nero assassinato) come nuovo Martin
Luther King; in realtà è un paragone che tende solo a strumentalizzare la figura di King
che — al contrario di Jackson
— seppe parlare a tutta la nazione.
Ma quale King? Recenti studi
della sua opera di teologo e di
leader politico hanno analizzato
a fondo l’evoluzione del suo pensiero fino al giorno del suo assassinio, avvenuto all’età di 39
anni. Di King esistono infatti centinaia di registrazioni, film, pubblicazioni, interviste. Oggi è possibile ricostruire la sua vita, per
còsi dire, giorno per giorno. Dal
« giovane » King ottimista, entusiasta e intuitivo, fino all’ultimo
King pessimista, riflessivo, schiacciato dai problemi. Un King spesso triste, quasi si rendesse conto che malgrado le vittorie spettacolari ottenute sia sul tema dei
diritti civili, sia con lo stesso
riconoscimento internazionale del
Nobel per la pace e malgrado
l’immensa popolarità di cui godeva non solo fra i neri ma anche fra i bianchi, tutto questo
però non aveva cancellato la quotidiana discriminazione e Tesclu"
sione reciproca dei gruppi etnici. Non è quindi un caso che
l’ultimo King parlasse di « scoraggiamento »: « la gente mi chiede delle risposte, ma io non ho
nessuna risposta in tasca da offrire ». King aveva ormai imboccato' la via della croce.
Un mese prima di essere assassinato, nella Ebenezer Baptist Church di Atlanta, la città
in cui era nato, durante il culto
disse: « Di tanto in tanto penso
alla mia morte e al mio funerale, non vorrei che fosse lungo.
E a chi farà il sermone in quella circostanza dite di non
spendere troppe parole... non è
necessario che menzioni il fatto
che abbia ricevuto il Nobel per
la pace o che menzioni gli altri
tre o quattrocento pubblici riconoscimenti che mi sono stati
conferiti in questi anni... Piuttosto vorrei che chi parlerà in
quella occasione si limiti a dire
che .Martin Luther King cercò
di dare la sua vita per servire
il prossimo e che cercò di amarlo... Dica che diedi tutto me stesso per la giustizia, la pace, la
verità ». La storia di questi ultimi 20 anni ha dato più ragione aH’ottimismo del primo King
o al suo finale pessimismo?
La disoccupazione tra i neri
in America è passata dal 6,2%
del 1968 al 13%, la povertà sotto
la soglia del minimo vitale è
scesa dal 34% al 31% in questi
ultimi venti anni e la gravidanza delle madri nere teen-agers
(il primo parto tra i 15 e i 19
anni) è sceso dal 13% al 9%. I
problemi del blaok people (nel
1968 Tll% della popolazione, oggi il 12%) sono un intreccio di
Martin Luther
King, politico e
teologo,
leader dei neri
d’America
negli anni '60.
vittorie e di sconfitte. E si potrebbe continuare con altre cifre che dimostrano la complessità di una situazione in cui la
battaglia di King per i diritti
civili ha modificato in meglio sul
piano legislativo la realtà del
razzismo ma resta ancora molto da fare contro quel razzismo
quotidiano che alimenta odii ed
VERSO IL XVII FEBBRAIO
Guidati^ non garantiti
« Fratelli, non voglio che ignoriate che i nostri Padri... tutti
mangiarono lo stesso oiho spirituale, e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale che li seguiva; e la roccia era Cristo.
Ma della maggior parte di loro
Iddio non si compiacque »
(I Corinzi 10; 1-5).
E’ antica tradizione valdese rispecchiare la propria storia nella « storia sacra » d'Israele: uno
dei nostri storici più avvincenti
(1) ha addirittura intitolato così la sua grande « Storia dei vaidesi »; « L’Israele delle Alpi ». Si
tratta di un procedimento legittimo, a patto che sia attentamente meditato e riflesso.
Anzitutto: ogni storia d’un
gruppo di credenti è radicata
e fondata nell'Antico Testamento, nei suoi momenti decisivi di
grazia e di liberazione: ogni st(>
ria è storia dell’Esodo (e non è
mai storia d’un trionfo nella terra promessa: quello è il tempo
di Salomone, preludio di decadenza). Questo, Paolo lo mette
bene in chiaro per i suoi lettori
di Corinto: alla base della vostra fede c’è la storia dei Padri
d’Israele, che è stata una storia
della scoperta della grazia: poterono scampare dall’Egitto perché attraversarono il Mar Rosso; poterono sopravvivere nel deserto perché Iddio concesse loro
il « cibo donato dallo Spirito
Santo» (la manna) e bevvero
« l’acqua donata dallo Spirito
Santo » (l’acqua che scaturì dalla roccia di Horeb).
Ma per Paolo questi « miracoli nel deserto » sono ben più che
dei segni della bontà di Dio che
non abbandona il suo popolo:
.sono dei segni profetici: l’acqua
del Mar Rosso è segno del battesimo, la manna è segno della
Santa Cena. E non erano segni
che rimandassero a qualche futura realtà « religiosa »: erano
segni di una presenza: la presenza anticipata del Cristo che doveva venire. Certo, questa presenza poteva essere percepita so
lo nella fede: si trattava di capire che Israele non era una torma di schiavi fuggiaschi in cerca d’un pezzo di terra (o d'un
pezzo di pane), ma un anticipo
del futuro popolo di Dio: la maggior parte degli Israeliti non lo
capirono e, dice Paolo, .« di loro
Iddio non si compiacque »: perirono dunque nel deserto.
Credo non sia mancanza di riconoscenza verso i nostri padri
valdesi dire che anche « della
maggior parte di loro Iddio non
si compiacque »; ed è comunque
doveroso ammettere che « della
maggior parte di noi Iddio non
si compiacerà ». Proprio perché
credenti, sappiamo di non essere dei garantiti: sappiamo però
che il nostro cammino nella storia è guidato dal Signore: e questo ci può bastare. Anzi: ci può
aiutare ad essere attivi e vigilanti, e così non correre il rischio di perire in quel deserto
pieno di serpenti che è il mondo contemporaneo.
Giorgio Bouchard
(1) Alexis Muston, L’Israël des Alpes, 4 volumi, Paris 1880 (2“ edizione).
erige barriere tra i diversi gruppi etnici spesso portatori di interessi contrastanti.
Mentre invio queste note si è
appena concluso a New York il
processo contro John Lester, un
adolescente bianco che con altri
due compagni ha ucciso — dopo averlo inseguito nel quartiere del Queen — un uomo dì colore. Lester non è pentito di quello che ha fatto e mentre rispOTdeva con disprezzo al giudice
che lo condannava a 31 anni i
bianchi che riempivano metà
delTaula giudiziaria lo hanno
lungamente applaudito. Questo
episodio è il simbolo delTintolleranza razziale, sconfitta a livello giuridico ma presente nella
vita quotidiana. Preoccupante
inoltre è il riemergere dell’organizzazione razzista Ku Klux Klan
non solo negli stati come la
Georgia o l’Alabama ma anche
nel Connecticut, nello stato di
New York, dove la criminale organizzazione non ha mai avuto
gran seguito. Il sogno di King
di un’umanità riconciliata, a 20
anni dal suo assassinio, non si
è ancora realizzato. La battaglia
continua. In questa battaglia i
credenti — diceva King — non
devono lasciarsi vincere dalle
difficoltà. Essi devono « sostenere il meglio in un tempo perverso ». Il Vangelo scomodo di King
chiamava a « convertirsi da una
esistenza privata ad una responsabilità pubblica in solidarietà
con la volontà di Dio per la giustizia e per la pace ». Insomma,
la rassegnazione, il pessimismo
non devono prevalere, la fede in
Cristo permette di sperare. « Free
at last, free at last... libero finalmente ». Sono le parole, dell’antico schiavo nero che sono
state scolpite sulla sua tomba
ad Atlanta. Sì, dopo la croce c’è
la resurrezione.
Giuseppe Platone
2
commenti e dibattiti
5 febbraio 1988
UNA GUERRA DIMENTICATA
L'Afghanistan
e la nostra coscienza
Occorre riscoprire l’impegno che animò la battaglia per la liberazione del Vietnam - La voce delle chiese e la denuncia delle oppressioni
E’ scoccato il 1988 e naturalmente stimoli e occasioni per ripensare a vent’anni fa non mancheranno nei prossimi mesi. Che
cosa faranno il nostro giornale
e le nostre chiese? Mi auguro
che resisteremo alle manie rievocative o ai "bilanci”, ma che
coglieremo l’occasione per guardare all’oggi più che al passato. In questa prospettiva sarei
molto favorevole a che l’informazione che il nostro modesto
stnimento può svolgere aU’mterno del mondo evangelico dedicasse più spazio alla drammatica situazione dell’Afghanistan: è possibile contribuire ad
ima mobilitazione delle coscienze che sostenga con forza il
ritiro delle truppe sovietiche
daU’Afghanistan?
Il riferimento al 1968 non è casuale: in quegli anni infatti ciò
che maggiormente ci coinvolse
come evai^elici, singoli e chiese,
fu la causa della liberazione del
popolo vietnamita. Ricordate i
volantini a Natale (Torino, 1967),
la raccolta di firme, gli articoli.
le manifestazioni cui partecipammo come "componente” di un
largo fronte democratico di cittadini (anche se allora la "componente” non era ancora di moda)? Anche allora le accuse di
possibile strumentalizzazione
non mancarono, come non mancarono quelli che si domandarono perché le chiese si immischiavano nella politica internazionale. Però, forse, la mobilitazione dell’opinione pubblica
mondiale e, al suo interno, la voce delle chiese, ebbero qualche
peso nel sostenere l’altra America, quella che dal Vietnam
voleva andarsene, quella inorridita dal napalm e dalle preghiere che invocavano Dio a bordo
dei B52 carichi di bombe da
scaricare sui villaggi vietnamiti.
Nel 1968 fummo anche tutti
contro l’invasione dei carri armati a Praga (ricordate il volantino del MCS distribuito nell’agosto, in occasione di un incontro
al Ciabas?). Condannammo l’invasione, anche se fummo un po’
troppo timidi nel sostenere Dub
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
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n. 4/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 27 gennaio 88
ed agli Uffici postali decentrati delle valli valdesi ii28 germaio 88.
Hanno collaborato a questo numero: Angelo Arca, Pietro Granerò, Luigi
Marchetti, Lucilla Peyrot, Liliana Viglielmo.
cek. Oggi, molti di quei dubbi si
sono rivelati paraocchi ideologici e siamo pieni di speranza per
quello che Gorbaciov ha dichiarato e in parte dimostrato di voler fare. Alcuni o.d.g. sinodali
che qualche anno fa sembravano
utopici, possono diventare realtà. Bisogna pure dirlo. La decisione di ritirare le truppe sovietiche dall’Afghanistan è già stata presa e la Pravda ha confermato che il ritiro potrebbe avvenire dal maggio di quest’anno.
Ma la lotta politica in atto in
URSS è dura e sarà durissima.
Pensiamo che sostenere Gorbaciov, da parte dell’opinione pubblica di un paese come il nostro,
legato all’Occidente, sia controproducente, oppure che l’impegno per la giustizia e per la pace, quello stesso che ci ha mobilitati per Comiso e per la manifestazione di Roma, sia più forte
dei calcoli politici?
In questi anni — l’Afghanistan
è stato invaso il 26 dicembre
1979, è veramente tanto! — ho
l’impressione che abbiamo rimosso dalla coscienza questa
"zona” del mondo, a, parte qualcuno che ha continuato a ricordarcelo, a noi "di sinistra”. Si è
nominato l’Afghanistan soltanto
come contrappunto al Salvador,
al Nicaragua : e verso questi ultimi non è mancata maggiore informazione, maggiore solidarietà. Perché? Porse perché si teme
di accodarsi a Comunione e Liberazione o ai partiti che non
godono delle nostre simpatie?
Perché, forse che nel ’68 non
c’erano altri schieramenti all’interno dei quali abbiamo saputo
mantenere chiarezza e indipendenza di giudizio?
Oppure è passato il tempo
della "politica” nelle chiese e
siamo soltanto più interessati a
discutere di religione a scuola o
dell’otto per mille?
So bene che l’Afghanistan non
è il Vietnam, forse non c’è una
lotta di popolo per la liberazione
e certamente la CIA ha i suoi
uomini fra i partigiani afghani,
i quali utilizzano i missili antiaerei Stinger forniti dal Pentagono.
E allora? Forse che la coscienza cristiana ha bisogno, per
denunciare l’oppressione, che i
dati dell’analisi politica siano
soddisfacenti e che il quadro generale corrisponda ad un perfetto bianco e nero (tutto il male
da una parte, tutto il bene dell’altra)?
CRITICA AGLI ABUSI,
NON AL METODO
Uno studio, credo attendibile,
pubblicato a Ginevra documenta
che l'invasione sovietica in Afghanistan ha già provocato la
morte di un milione e 200.000 persone (pari al 9% dell’intera popolazione) e la fuga all’estero di
altre 3.500.000 costrette a vivere
in drammatiche situazioni in Pakistan e in Iran.
Nel rapporto si legge che le
vittime dei bombardamenti appartengono per r80% a categorie
non combattenti della popolazione, cioè donne, ragazzi sotto i
15 anni e uomini al di sopra dei
55 (notizia ricavata dal Corriere
della Sera del 29.12.87).
C’è bisogno di altro? Certo, nel
’68, questi dati ci avrebbero
smosso: speriamo che vent’anni
dopo la nostra sensibilità non sia
del tutto spenta. Anche se, sull’Afghanistan, arriviamo tardi.
dal bisogno — seppur pieno di debolezze e di errori — che spinge
alla ricerca di una fede incarnata e...
storica.
Marco Rostan
Qualche eco negativa ha suscitato
l'espressione « chiesa ufficiale » che
ho usato nell’articolo sulla confessione di fede apparso il 23 ottobre.
Ohi mi conosce sa come io insista
molto sul sacerdozio universale e
quindi come io non condivida la teologia da accademia, ma una teologia che è vita e teoria di una prassi.
Per « chiesa ufficiale » non intendo
cioè la chiesa che scaturisce dai banchi della facoltà. Vi sono certamente
anche inseriti gii studi compiuti dai
moderni teologi, i quali hanno influenzato e influenzano — nolenti o volenti — tutti coloro iche partecipano
agli studi biblici odierni e soprattutto
tutti i pastori, inclusi i così detti conservatori; ma per « chiesa ufficiale »
intendo pure e soprattutto il Sinodo,
intendo i giovani della federazione,
le nostre iniziative di ogni tipo, eco.
Tutto ciò quindi che ha interessato
e interessa la nostra chiesa da un
ventennio a questa parte.
Il nostro stesso giornale (espressione delle chiese valdesi e metodiste) non è più il giornale di venticinque anni fa: ha cambiato non solo
impostazione tipografica, ma anche impostazione teologica.
Certo, alcuni nostri fratelli possono
dissentire, ma sta di fatto che la
chiesa non si conosce attraverso i
numeri, ma attraverso coloro che operano e che riflettono alla luce della
Scrittura.
Se c'è una maggioranza silenziosa
e una minoranza che parla e che
agisce (anche se non ''dovrebbe” essere cosi), è quest’ultima che in
pratica dà il taglio teologico alia chiesa, così come succede per ogni cosa
e in ogni campo. E la maggioranza di
questa minoranza — secondo me —
non può più ritenere la confessione
del 1655 come propria!
Ribadisco la mia critica, in quanto
la ritengo astorica e forse testimonia — oggi — una fede statica, che
non vuole il confronto costruttivo con
l’oggi e con i problemi che quest’oggi
ci mette davanti.
La teologia storico-critica ha I suoi
limiti e parecchi sono ormai coloro
che incominciano ad avere delle perplessità, ma io non criticherei il metodo in sé (utiiissimo per una seria
conoscenza biblica), ma gli abusi che
a volte si fanno con esso.
Anche i nostri antenati avevano
teologie diversificate: basta pensare
all'acceso dibattito quando — a Chanforan — si decise di aderire alla Riforma. Anche nella Bibbia incontriamo molteplici impostazioni teologiche
(dalla teologia deile opere a quella
della sola grazia, e così vìa).
Per cui, mi sembra fuori luogo II
pericolo paventato da Marcello Cicohese e da Daniele Macris (n. 43/
1987): né Tuna teologia né l'altra può
dire: la mia è verità e nessuna relativizza Il messaggio cristiano o automaticamente può essere definita » una
grave e rovinosa deviazione della
retta dottrina.
Gli abusi e le deviazioni possono
avvenire sia adottando l'un metodo
che l'aitro. Non è però il metodo dì
lettura biblica che dà la fede!
Ciò che invece questi fratelli non
hanno rilevato del mio articolo è l'ultima parte, dove propongo un tipo
di confessione sui punti fondamentali
della fede cristiana, al di là della riflessione prettamente teologica. E' lì
che avrei voluto un confronto, non
sul fatto che il metodo che uso io è
migliore o peggiore di un altro...
'I punti che propongo come fondamenti possono essere condivisi veramente da tutti? Com’è possibile non
poterne accettare qualcuno?
Il resto fa parte della storia, delTattualizzazlone della chiesa, della riflessione umana, pur sempre sotto la
spinta della fede e del confronto biblico.
Al di là di quei punti base (dove al
centro c’è Cristo e la sua opera per
noi), le altre argomentazioni sono secondarie e non possono mettere in
forse la fede dell'uno o dell'altro, in
quanto rappresentano il prodotto delle riflessioni sincere di un credente
che si interroga. Le risposte che darà
non saranno certo dettate dall'interesse egoistico (significherebbe prendere in giro Dio e se stesso), ma
Nino Gullotta, Pachino
PER UN INSIEME
DI CONTRIBUTI
Non capisco perché la TEV continua ad insistere per essere riconosciuta come Movimento all'Interno della Chiesa valdese. Non bastano i diversi orientamenti? E poi perché drammatizzare sulla situazione della vita
ecclesiastica con tanto pessimismo?
Penso che siamo tutti d’accordo che
bisogna continuare a ravvedersi, che
le cose non sempre funzionano come si vorrebbe, che lo slancio e l'entusiasmo spesso mancano, come pure
la partecipazione, ma dai numerosi
convegni, seminari, dibattiti, incontri,
l’aumentata partecipazione dei giovani,
dalle relazioni delle chiese che appaiono sul giornale, mi sembra di rilevare ohe esiste un contìnuo fermento,
un desiderio di approfondire la Scrittura, di vivere momenti comunitari
nella gioia, un desiderio di riforma,
di riflessione sulla fede ed il modo
di manifestarla e spesso, tanta autocritica.
Certo i metodi di approccio sono
cambiati e chi può assolutamente asserire che certe prese di posizione,
sia del singolo credente che della
chiesa, nel mondo di oggi, siano tutte
negative? Esse non nascono forse da
un'esigenza del nostro vivere nel tempo presente, nella nostra storia e dal
nostro modo di dare testimonianza? Il
risveglio non avviene secondo nostri
schemi ma per l'opera delio Spirito.
Dio manda avanti il suo piano nonostante noi, ma con noi, come lo faceva con Israele, nonostante Israele,
perché Dio è fedele.
Certo non potremo mai essere tutti d’accordo sulle scelte e molto spesso sbagliamo e non abbiamo ragione,
ma l'importante è la nostra partecipazione sia con l’assenso che con il
dissenso.
Ferruccio Giovannini ci propone una
vita ecclesiastica ideale e utopica,
anche se la tensione di ogni membro (non dì un movimento) deve essere volta a questo obiettivo, ma io
penso che l'unico momento di « vera
armonia » In una comunità è quando ci
presentiamo al Signore insieme nella
confessione dei peccati e quando
confessiamo la nostra fede in Cristo
morto e risuscitato, nella partecipazione alla Santa Cena.
Noi siamo tutti d'accordo che bisogna evangelizzare, che bisogna testimoniare, che il nostro riferimento
per fare ciò deve essere biblico, ma
per I metodi ci saranno sempre e
ìnevitaibilmente dei contrasti, perché
la nostra età, la nostra preparazione,
il nostro vissuto, la nostra mentalità,
il nostro modo di porci di fronte alle
cose ed agli eventi. Il nostro modo
di interpretare l’espressione dì fede
e testimonianza sono diversi (meno
male!) e tutto questo noi lo portiamo
nella chiesa, sperando sempre umanamente che le nostre idee prendano
spazio e corpo.
Ma nella chiesa non ci possono essere due frontiere, l'una contro l'altra, solo un insieme di contributi, personali, affinché si possa tentare di
creare quelle condizioni di vita ecclesiastica che il fratello Giovannini
propone.
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]
3
5 febbraio 1988
prospettive bìbliche 3
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Distinti, ma presenti
per un Dio
distinto, ma presente
« Io ho manifestato il tuo nome
agli uomini che tu mi hai dato dal
mondo; erano tuoi e tu me li hai
dati; ed essi hanno osservato la
tua parola.
Ora hanno conosciuto che tutte
le cose che tu mi hai date, vengono da te; poiché le parole che tu
mi hai date, le ho date a loro; ed
essi le hanno ricevute e hanno veramente conosciuto che io sono
proceduto da te, e hanno creduto
che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego
per il mondo, ma per quelli che
tu mi hai dato, perché sono tuoi;
e tutte le cose mie sono tue, e le
cose tue sono mie; e io sono glorificato in loro.
Io , ,on sono più nel mondo, ma
es' i .'■..■¡no nel mondo, e io vengo a
Ir !; Jre santo, conservali nel tuo
ìii TnC, quelli che tu mi hai dato,
rii nché siano uno, come noi.
Mentre io ero con loro, io li conservavo nel tuo nome; quelli che
tu mi hai dato, li ho anche custoditi, e nessuno di loro è perito,
tranne il figlio di perdizione, affinché la Scrittura fosse adempiuta.
Ma ora io vengo a te; e dico queste cose nel mondo, affinché abbiano compiuta in se stessi la mia
gioia.
Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché
non sono del mondo, come io non
sono del mondo.
Io non ti prego che tu li tolga
dal mondo, ma che tu li preservi
dal maligno.
Essi non sono del mondo, come
io non sono del mondo.
Santificali nella verità: la tua
parola è verità.
Come tu hai mandato me nel
mondo, anch’io ho mandato loro
nel mondo.
Per loro io santifico me stesso,
affinché anch’essi siano santificati
nella verità ».
(Giovanni 17: 6-19)
In questo periodo, a proposito di « preghiera per l’unità », i riferimenti d’obbligo e di routine al testo di Giovanni 17 saranno abbondanti. Abbiamo letto sul settimanale riformato francese « Le Christianisme au
XX® siede » questo commento ad alcuni versetti del capitolo; interesserà
forse anche ai nostri lettori: lo ofFriamo loro in nostra versione.
a cura di GINO CONTE
A partire dal v. 9, fino al v. 11, si
torna alla preghiera vera e propria;
essa chiede al Padre di custodire i
discepoli credenti.
Poi (v. 12-14) Gesù ricorda la sua
opera sulla terra; finora, è lui che
ha custodito i discepoli.
I V. 15-17 reintroducono la preghiera e chiedono la santificazione
dei discepoli credenti. Infine i v. 18
e 19 evocano l'opera del Figlio che,
santificandosi, ha procurato ai suoi
la santificazione.
La santità
La preghiera è rivolta al « Padre
santo ». La presenza dell’aggettivo
« santo » non è casuale, né è un effetto di stile. Qui Giovanni sottolinea volutamente la santità di Dio.
La santità è descritta in modo figurato nell’episodio del rovo ardente (Esodo 3). Vedendolo, Mosé ne è
irresistibilmente attratto; vuole avvicinarsi e vedere. Ma la voce gli
vieta di avvicinarsi e gli ordina di
togliersi i calzari, perché quel luogo è terra « santa ». Anche a distanza, Mosé si nasconde il volto ed evita di guardare. Ode, però.
In modo meno figurato, mi pare
che la santità ci dica due cose essenziali sul Dio biblico, due cose che
fan sì che il Dio biblico sia Dio, diverso, altro dagli altri dèi antichi e
moderni.
Dio è diverso dagli dèi della religione popolare greca, che legano i
destini degli uomini ai destini delle
stelle, come fanno l’astrologia e gli
oroscopi. Dio non può essere rinchiuso in cielo né asservito al corso
degli astri.
Tutt’altro è, Dio: in un certo senso, a immagine dell’uomo, cioè personalizzato,' separato, come "qualcuno al quale possiamo parlare perché lo percepiamo di fronte a noi
e non confuso in noi, né confuso in
un fenomeno naturale, né confuso
in una forza impersonale o in una
realtà astratta.
Proprio perché è distinto, proprio
perché è « l’altro », si può stabilire
con lui un rapporto. E’ 1’« alterità »
che permette la relazione e il dialogo, che permette anche a me di esistere di fronte all’altro come un essere distinto.
Ad esempio, il rovo ardente non
è un fenomeno naturale: c’è una voce che chiama e che aspetta risposta; c’è qualcuno al quale ci si può
avvicinare, ma che conserva le distanze. Si può, se mai, dire che il
fuoco del rovo ispira Mosé ed entra
in lui; ma esso rimane anche esterno a lui, distinto. Dio resta Dio; e
Mosé resta Mosé. Non c’è fusione
né confusione.
Dio è presente
fra noi
Dio è distinto
da noi
I versetti 6-8 della « preghiera »
descrivono la fede-adesione dei credenti che formano la prima chipa
giovannica, quale Gesù l'ha suscitata. L’opera del Figlio si articola qui
in una sottile dialettica fra una elezione-predestinazione (« erano tuoi,
e tu me li hai dati », v. 6) e l’iniziativa di una risposta umana derivante da un’intima convinzione (« hanno ricevuto e hanno veramente conosciuto che sono venuto da te e
hanno creduto che tu mi hai mandato », V. 8).
Dio è distinto. Il Dio biblico è diverso dal Dio del panteismo, del tutto, che è dappertutto e in tutto, che
s’identifica con il mondo e con tutto
ciò che è. Dio è localizzato in un dato luogo, e lo si può incontrare.
Ma Dio è diverso dalle divinità
animiste, che abitano in una data
sorgente, o nel vento o nella folgore, o in un certo albero sacro. Lo
s’incontra unicamente là dove lui si
fa incontrare, in luoghi sempre mutevoli che quindi non possono diventare meta di pellegrinaggi. Al limite,
Dio non può essere localizzato se
non in cielo, cioè in un luogo inaccessibile all’uomo.
Un Dio vicino, ma mescolato a
noi, sarebbe una parte di noi, acclimatato in ciò che siamo, nelle nostre passioni e nelle nostre incostanze, negli avvenimenti e nelle circostanze. Avvicinandosi, ci brucia perché è distinto da noi, altro.
Santificali!
Padre santo,
essi rimangono nel mondo;
custodiscili nel tuo nome.
Non sono del mondo.
Non toglierli dal mondo,
ma proteggili dal male.
Non sono del mondo
come io non sono del mondo.
Santificali;
io li mando nel mondo...
Tutta questa preghiera al Padre
santo culmina in questa domanda:
« santificali », rendili santi. Dire che
il Padre santo custodisce i discepoli
nel suo nome vuol dire che li fa partecipare alla propria santità; li rende distinti dal mondo (« non sono
del mondo »); li rende presenti nel
mondo (« non toglierli dal mondo;
io li mando nel mondo »).
Custodiscili nel tuo nome
santificali nella verità.
La verità di Dio, il nome di Dio
è ciò che hanno imparato sul Padre
dal Figlio: cioè che il Padre è santo, distinto e presente. Come il Padre e come il Figlio, solidali col Padre mediante la Fede nel Figlio, i
discepoli credenti sono distinti dal
mondo e presenti nel mondo. Questo, almeno, il Figlio chiede in preghiera che essi siano.
La preghiera
per la chiesa
Dio è presente. Il secondo aspetto della santità è la presenza. Dio è
distinto e presente. E’ un aspetto
del Patto: « Sono Dio e non uomo;
sono il santo in mezzo a te » (Osea
11: 9).
Il Dio biblico non è un Dio lontano, chiuso in un cielo inaccessibile o in un santuario impenetrabile.
E’ presente, si manifesta, si rivela;
è all’opera nella storia; interviene,
non in modo diffuso e continuo, ma
in modo puntuale, specifico, sorprendente. Dio è presente, per esempio,
nel tabernacolo, nella tenda di Dio
che accompagna il popolo nel suo
peregrinare attraverso il deserto.
Un Dio distinto ma lontano non
ci farebbe caldo né freddo: brucia
perché si avvicina.
Questa è pure la nostra preghiera
per la chiesa, per noi stessi in quanto chiesa.
La chiesa — costantemente tentata di conformarsi al mondo, di mescolarvisi, di identificarsi con esso,
di adottarne i metodi, le preoccupazioni, le ideologie — ha bisogno
di essere conservata distinta, nel nome del Padre santo.
La chiesa — costantemente tentata di appartarsi, di rinchiudersi, di
isolarsi nelle sue cappelle, nella sua
salvezza, nella sua buona coscienza
o nelle sue abitudini mentali — deve lasciarsi mandare nel mondo per
esservi presente nel nome del solo
vero Dio e del suo inviato Gesù Cristo.
Francis Grob
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4 obiettivo aperto
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TESTIMONIANZA
Cos’è la vita?
I problemi di tutti i giorni,
il lavoro, la famiglia, lo studio
e il tempo libero, sono problemi che la maggior parte di noi
riesce a risolvere. Ma cosa accade a chi non ci riesce?
Soprattutto nella fascia dei
ragazzi che parte dai 15 anni in
su, questo problema si impone
maggiormente. Ci sono ragazzi
che passano tutto il loro tempo
a pensare di far qualcosa, ma
che non riescono a trovare,
niente di tutto quello che hanno intorno gli interessa, o non
è sufficientemente interessante
da stimolarli, questi vivono
tanto per vivere senza obbiettivi e né ideali quasi come fossero vegetali, si lasciano vivere inutilmente e vegetano in
una dimensione dove niente è
degno di essere vissuto.
Arrivano così a drogarsi,
perché effettivamente vivere in
queste condizioni è triste, angosciante, e dato che non riescono a trovare in loro lo stimolo di vivere, lo cercano nella droga, pur sapendo che questa sensazione di pace interiore e di benessere dura poco, si
gettano in essa come in un miraggio.
Tu ragazzo che ti droghi,
quando ti guardi allo specchio
cosa vedi? E io che ti guardo
dal di fuori, cosa credi che possa vedere? Non quello che sei
ma quello che tu hai voluto diventare.
Perché hai buttato la tua vita senza cercare, senza lottare,
perché non hai pensato che anche tu avresti potuto dare il
tuo contributo al mondo.
Personalmente non giustifico
questi ragazzi che trovano rifugio nella droga, però mi
sforzo di capirli, anche perché
anch’io ho vissuto un’esperienza simile non riguardante la
droga, ma per quanto riguarda
la crisi di astinenza.
Circa due o tre anni fa vivevo un periodo di crisi totale,
mi chiedevo chi fossi, se ci fosse qualcuno che mi volesse bene, e se fossi morta se qualcuno avrebbe sofferto per me:
cosa faccio per gli altri, credevo di non essere nessuno e che
non contassi agli occhi della
gente.
Avevo deciso di andare da
uno psicologo quando un giorno mi son guardata allo specchio, ho pensato che tutti prima o poi devono affrontare la
vita e che per farlo occorre un
po’ di sicurezza in se stessi, e
ho incominciato così a chiedermi cosa stessi facendo, se
mi stessi rendendo conto di
star buttando la mia vita, le
domande che mi hanno scrollata sono state: voglio diventare una nullità? Sono già una
perdente ancora prima di avere
iniziato la mia partita con la
vita? Cos’è la vita?
Sono dovuta andare fino al
più profondo della mia anima,
ho dovuto tirare tutto fuori,
scavare giù fino nell’inconscio,
e dato che avevo deciso di vivere, dovevo farlo bene, mi imposi di essere sempre e comunque obbiettiva, imparai ad avere rispetto di me e più fiducia
nelle mie capacità.
Non è stato facile riuscirci
da sola, ho sofferto ho pianto e
ho lottato con me stessa, nuotando contro la corrente, che
ormai mi trascinava fino in
fondo, non mi lasciava vedere
tutte le cose belle che la vita
mi offriva, cercavo solo il meglio e credevo che fosse fatto
di grandi cose.
Sono arrivata a capire che
la vita invece è composta da
piccole cose; da un vecchio seduto su una panchina di un
giardinetto pubblico che dà del
pane secco ai colombi, questa
visione è stata la svolta decisiva, dato che mi ha fatto pensare che anche se ormai vecchio e che tutta la vita aveva
vissuto, era ancora utile al
mondo, dava la vita ad altri
piccoli esseri che dipendevano
da lui.
Un consiglio che vorrei dare
ai ragazzi che come me vivranno questo momento, non è importante cosa fare o come organizzarsi, ma quanto e come
Io si fa. Non pensare di arrenderti alla noia, e non cercare di
trovare delle banali scuse o lasciare che il non sapere cosa
fare ti ostacoli, ma cerca con
tutto te stesso di trovare, quel
qualcosa per il quale un domani potrai essere fiero di dire a
fronte alta: « C’ero anch’io ».
Giusy, 17 anni, Torino
QUANDO, NEL TUNNEL,^0
Una lettura che sembra collocarsi nella quotidianità - Il dramma di un esducido
brismo tra aspirazioni e realtà delle cose - Una vita fatta di sogni ma anchefesssio
dare un senso alla vita buttandosi nella politica degli ultimi anni 70 - Il traiper la r
In un giorno di fine febbraio deU'83 poche righe di
cronaca torinese riportano
la morte per droga di un ragazzo di 23 anni, Daniele
Leandri, di Rivoli. « Non era
riuscito a trovare lavoro, e
negli ultimi tempi neppure
più lo cercava. Si era chiuso
in un assoluto mutismo, dal
quale usciva molto raramente e quasi esclusivamente con
la sorella Paola e gli anziani
genitori, entrambi malati ».
Dopo alcuni mesi, la madre
porta al centro di assistenza
per tossicodipendenti di Rivoli, dove proprio negli ultimi giorni di vita, come in
un estremo tentativo di salvarsi Daniele si era rivolto,
alcimi quaderni, i diari scritti dal 76 fino a qualche
giorno prima della fine. Sono semplici quaderni o diari scolastici con annotazioni,
disegni, ritagli, poesie e canzoni trascritte, che segnano
il tragico itinerario di un adolescente nella lotta tra il
desiderio di vivere e quello
di morire, tra costruzione e
autodistruzione, tra vuoto e
disperata ricerca di un perché.
« Tra di esse — annota la
postfazione — c'è quella
cooperativa di lavoro della
quale si sognava con Daniele, e che dall’86, con fatica,
è stata cùperta a Rivoli ».
Ed ecco « Scusa i mancati giorni » — un titolo che
trascrive una frase del diario, ma che assume una disperata valenza simbolica.
Un libretto smilzo di un centinaio di pagine, maneggevole, dall’apparenza innocente.
Un libro fragile e terribile,
come quell’adolescenza che
progressivamente si spezza.
’’Scusa i mancati
giorni”
La storia
di un libro
Un libro che si legge con
dolore, con orrore e con rabbia. Che fa riecheggiare in
ogni parte di noi lo strazio
della nostra impotenza. Che
pure diviene per noi l’umiltà del gesto quotidiano, lo
sforzo dell’attenzione, la nostra piccola e povera operosità, la testimonianza ora
cocciuta ora smarrita di
qualcosa che a noi stessi si
nasconde, e che sembra affermarsi solo nel nostro stesso affermarlo.
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L’équipe del consultorio
— l’educatrice Franca Coppiano, i medici Germana Lizzani e Paolo Jarre, lo psicologo Leopoldo Grosso — insieme ad Adriana, una ragazza amica di Daniele, li
trascrivono, e poi li affidano
alla scrittrice Marina Jarre
perché ne curi la pubblicazione. La metà dei diritti
d’autore andrà a iniziative
per riabilitare ragazzi in difficoltà.
Per qualche tempo non ho
potuto iniziare a leggere questo libro. L’ho letto poi a brevi stralci, a brani, sempre in
mezzo alla gente, sui tram
nella città, in mezzo al fluire delle cose, tra la banalità
del quotidiano. E solo dopo
molto tempo riesco ora a
scriverne.
Nell’ottobre del ’76, quando incomincia il suo diario,
Daniele si trova ad Arese, in
un centro di rieducazione salesiano: « Quando si inco
mincia un diario — sono le
sue prime parole — ci si prefigge di cambiare vita, non
la penso cosi, io più che altro sono un hippie e un ladro drogato ». E significativamente, subito dopo, racconta una storia che, come quei
giochi che talora inventano
i bambini, sembra essere
presagio di quello che sarà
poi lo svolgersi della sua vita: « Forse perché lui aveva
una chitarra un po' pazza,
forse perché lui aveva i capelli lunghi, forse perché lui
era un po' pazzo o forse perché lui era pazzo di lei », forse allora un amore è possibile; ma, proprio quando
questo amore è possibile « in
quel momento doveva decidere se andare con lei o scegliere la droga, e lui scelse
la droga ». All’inizio della
sua storia Daniele si dice anarchico: « Le mie idee sono
la libertà, che tutti sono u
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Il mio è un quartiere molto squallido
soprattutto perché ci sono molte fabbriche e quindi è anche molto inquinato.
Proprio sotto il balcone di casa mia c’è
uno stradone che porta all’aeroporto e
per questo motivo è una strada sempre
movimentata con macchine che vanno
e vengono.
scopi e non per una vera amicizia, in
un certo senso queste persone mentono
a se stesse, da quanto ho potuto capire la
gente che mi circonda fa una vita monotona e anche un po’ insoddisf^ente,
eppure tutti fìngono di essere soddisfatti.
Ma visto che io non sono ipocrita devo
affrontare purtroppo questa realtà di rimanere sola.
Le giornate scorrono nel no
Ma oltre a questa strada in questo
quartiere non c’è più niente di movimentato, infatti io vedo la mia zona quasi
come un paese, sia perché è desolato,
e in giro non c’è mai tanta gente e soprattutto perché qui la maggior parte
della gente passa volentieri molto tempo a spiarti da dietro le tendine per
spettegolare, e giudicarti. Molte volte
ho avuto la conferma che questa gente
giudica solo il tuo aspetto esteriore senza interessarsi di come sei dentro, sono tutti con la puzza sotto il naso nel
senso che se sei vestita un po’ trasandata magari fanno finta di non conoscerti. Questo è una cosa che mi fa molto arrabbiare e che mi deprime anche, ma comunque visto che lo ritengo un atteggiamento sbagliato non lo accetto e non
mi adeguo, e questo molte volte mi porta
a rimanere da sola, perché sono poche le
persone che sanno apprezzare la ricchezza interiore, mentre sono molti gli
ipocriti che spesso stanno insieme a me
solo per non restare da soli o per altri
E se c’è una cosa che mi uccide è
proprio la solitudine.
Io la mattina vado a scuola, e finita la
lezione ho tutto il tempo libero che desidero, e faccio tutto quello che mi
viene in mente di fare: stare con i pochi
e validi amici che mi sono rimasti, ascoltare la musica, guardare la televisione,
andare in giro, tutto insomma però
dopo un po’ tutte le cose cominciano ad
annoiarti allora ecco che la giornata incomincia a diventare vuota, priva di significato, e non ti diverti più.
Un quartiere di transito dove, solo, passano veloci le auto -^dizio
- La necessità di riempire con qualcosa l’insoddisfazione inte - Il
giungere, non sai dove andare a sbattere la testa, ti giri e ti volti continuando a dire: « Cosa faccio? Cosa faccio? ».
E le ore passano e di solito in questi
casi finisco sempre con l’addormentarmi
come un sasso, forse per non pensare
più.
Ci sono dei giorni in cui mi sveglio e
dico: « cosa farò oggi? ». E arrivo alla
sera prima di andare a letto dicendo:
« Che schifo di giornata! Domani sarà
ancora peggio ».
Questo non succede solo a me e vi
assicuro che non è affatto piacevole,
quando non hai impegni non hai niente
a cui pensare, non hai una meta da rag
Naturalmente agli occhi dei miei genitori quest’atteggiamento è sbagliato allora incominciano a darti le nomine tipo
« parassita », « mantenuta », « buona a
nulla », « sfaticata », senza magari capirne le vere cause, cioè, magari tu provi
pure a dirglielo che non trovi più niente da fare, ma questo suscita in loro ancora più rabbia, infatti mi rispondono
che basta guardarmi un po’ intorno.
E su questo non posso dargli torto, infatti c’è sempre qualcosa da fare, pulire
la casa per esempio, ma anche le cose
più elementari, quando ti capitano questi momenti, diventano difficili e poi continui a ripeterti: « E dopo? ». E intanto
neanche incominci a darti una mossa.
Solo in estate le cose vanno più o meno
bene finché non parto con i miei genitori perché quel mese con i miei è sempre per forza cosi senza senso; io in
estate con loro, non mi diverto mai perché loro amano i posti isolati nel vero
senso della parola e mi trascinano con
loro in questi mostruosi ritiri spirituali,
comunque tornando al discorso di prima
in primavera, quando le giornate sono
più calde e incomincia ad arrivare Testate, si possono ancora fare un mucchio
di cose dal picnic al giro in bici, dalla
piscina, alla passeggiata nel bosco e poi
già l’aria calda e il sole ti mettono in
allegria, vedere i fiori sbocciare, gli alberi tornare verdi, gli uccellini che cin
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GIOVANI E DROGA
UON SI VEDE L'USCITA
n ess^ucido e consapevole, in mezzo alle difficoltà - Un tragico e continuo equiliicheCessioni - Il passaggio dalle droghe leggere a quelle pesanti - Il tentativo di
I trailer la morte del nonno e l’affermazione che la speranza non deve mai morire
guati e non ci siano le classi
sociali e la violenza ». AU'inizio del '77 scrive: « La droga ti fa dimenticare, ma ti
uccide. Perché? Perché tutto questo? Non si saprà
mai ». E più in là annota^
« Sai qual è il mio più bruito male? E’ pensare, sì proprio pensare e solamente
pensare ».
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Il suo dramma si svolge
tra una continua tensione e
ricerca, nello squilibrio tra
'desideri, ideali, sentimenti e
valori troppo totali, e il vuoto rispondere delle miserie
quotidiane. Ci sono furti progettati e furti eseguiti, processi, difficili relazioni col
mondo degli adulti, contrastati rapporti familiari, ribellioni, violenze, affetti (il
nonno, la cagnetta Diana),
amori insoddisfacenti, solidarietà coi simili, il sesso,
la noia. C'è la ripetuta ricerca di un lavoro che mai lo
soddisfa. C’è il tentativo di
trovare un ordine nelle piccole cose quotidiane per dare un senso alla vita; tentativi sporadici, sforzi che subito si svuotano e aggravano il senso di impotenza:
« Oggi ho pr lato di politica
con i mw ori, è da mezzo
secolo rhe non avevo una
giornat. r. sì calma »; « Oggi 7T,i SO-- - messo a studiare
storin r ¡l’arte, pittura, scultura. >.
della mamma\ ». E c’è la droga che, in una progressione
sempre più scombinata e tetra lega, rovesciandone il segno di vita, sogni e desideri:
« Nei miei disegni ci sono
sempre tre cose: la morte,
un viso di donna, uno spinello ». E poi c’è sempre un
« ma », la paralisi acuta di
una impossibilità di volere:
« Quando sono depresso, sogno migliaia di cose che nella vita forse non si avvereranno mai, ma questo è il
destino che riserva il domani »; « Sai che mi piacerebbe fare molte cose, come il
cantautore, il pittore; ecc.
Ma so che sono tutte illusio
ve: « E’ morta la parte mi
gliore di me ».
All’inizio dell’83 Daniele
sembra intuire la propria fine: non compera un altro
diario, ma annota qua e là
nelle pagine bianche del diario precedente. L’alternanza
di speranza e disperazione
diventa più convulsa: « La
speranza non deve mai morire! » scrive all'inizio, firmandosi per esteso come a
riaffermare un preciso compito d’identità.
m ».
Senso o nonsenso
del vivere?
E infine, c’è l’approdo suicida alla droga pesante, di
cui Daniele avverte acutamente il significato: dopo il
primo buco di eroina, scrive: « Ho una voglia tremenda di autodistruggermi, non
voglio vivere in un mondo
che io detesto che mi butta
all’ultimo orlo, che mi annienta, che mi lascia un sapore amaro in bocca; no,
non ce la faccio più a credere a me stesso ».
Il ricordo del nonno, il
« grande vecchio » come lui
lo chiama, è tra i suoi ultimi pensieri, quasi alter-ego
stupito di vitalità: « Che strano, quando penso a lui, mi
ricordo che lui non voleva
mai morire. E l’ho visto così poco negli ultimi tempi ».
Tra le ultime parole lascia
scritto: « Domain l’alba ucciderà la mia anima e io mi
alzerò in volo solo alla ricerca disperata di me ».
Le necessità
del l’evasione
C’è la chitarra, il disegno,
la ricerca dell’amore, c’è il
bisogno di evadere col sogno: « Ho bisogno di sognare, come un bimbo che ha
bisogno di succhiare il latte
Siamo nel '78. Iniziano anni contraddittori e angoscianti, in un’alternanza di tentativi di voglia e di impossibilità di vivere, di impegno e
di depressione. Negli ultimi
tempi Daniele sembra aggrapparsi alla politica, il suo
linguaggio diviene talora più
astratto, più ideologico. Alla fine dell’81 lucidamente
sintetizza così il suo percorso: « Stanotte a mezzanotte
inizierà un nuovo diario, un
altro anno di speranza e di
lenta agonia ».
Se la ricerca di un senso
nell’itinerario oscuro del
nonsenso di vivere è una domanda religiosa, io credo che
Daniele Leandri, come tanti
giovani come lui, Labbia percorsa tutta. La testimonianza di vita a questi perché
è un grande impegno e una
grande responsabilità di chi
ha cercato e trovato — a cui
è stato dato di trovare — nel
nostro tempo.
Piera Egidi
Alla fine deH’82 la morte
del nonno lo sconvolge. Scri
Daniele Leandri, Scusa i mancati
giorni, Einaudi, pp. 127, L. 7.500
obiettivo aperto ^
NOI, GLI ALTRI.
E Dio?
« Non abbiamo che cinque pani e due
pesci! » (Matteo 14: 17).
Povera gente!...
Ma non ho soldi.
Poveri affamati!
Ma non ho che una sola bistecca.
Per mangiarmela Io.
Anche se non la mangio
è troppo poco
è ridicola
è assurda.
Non posso farci niente.
Non si può fare niente.
Si arrangino.
Si arrangino possibilmente lontano dai miei occhi
lontano col loro morire.
Non posso farci niente.
Non capisco perché devo soffrire anch'io.
Non vedo a che cosa serve.
Almeno uno felice:
Io.
Povera gente davvero.
Ma lontano, per piacere, da Me.
Voglio contemplarmi in pace
le nuvole al tramonto
le foglioline che crescono.
Sono tanto poeta
so adorare anch’io.
Ma lasciatemi nel mio Io.
E Dio?
18 novembre 1987
Vera Ruggeri
LA CONDIZIONE GIOVANILE NELLA METROPOLI
riel noia e senza significato
uto '^dizio della gente, pronta a spiarti ma chiusa in se stessa
le iute - Il rischio della ricerca di consolazione nella droga
guettano, insomma io in primavera mi
sente rinascere, e anche se a volte sono
sola mi basta guardarmi intorno per
sentire la vita che mi circonda.
Invece in inverno le cose cambiano,
cambia il paesaggio gli alberi sono spogli, c’è la nebbia, l’aria è fredda, tutti
stanno rintanati nelle loro case al caldo,
d’inverno tutto assume un aspetto più
tetro tutto è come morto come addormentato, comunque oltre all’ambiente
che mi mette tristezza ci sono altri problemi. D’Inverno fa freddo e visto che non
puoi stare a casa con gli amici in compagnia perché magari la mamma non
vuole e non si può andare in nessun locale perché soldi non ce ne sono (tranne alcuni casi in cui si fa una bella colletta, con la scusa di un bicchiere di
succo di frutta rimaniamo 2-3 anche 4
ore nel bar), praticamente non mi diver
to quasi mai, perché tutto è monotono
ma non mi lamento perché non c’è niente di meglio da fare.
Finiamo sempre col ritrovarci tutti
stretti in una cabina telefonica facendo
Anta di telefonare pur di stare al caldo, oppure ci rifugiamo nei portoni aperti che troviamo per le strade sempre pensando a cosa fare.
Piuttosto aspetto che il tempo passi
in fretta sempre con l’assurda speranza
che qualcosa cambi, vivendo di sogni e
di illusioni. In ima vita come questa
può nascere il problema « droga »; non
nel mio caso, ma per questi motivi, per
queste situazioni nasce la droga, per il
desiderio di ricerca in se stessi, per la
insoddisfazione, per qualcosa che non
riusciamo a trovare a volte solo per
riempire la giornata, per provare nuove
emozioni, per tanti motivi che non rie
sco nemmeno a spiegare, ma che capisco.
Non si può pretendere che i giovani e
anche gli altri che hanno una certa età
siano maturi e capaci di affrontare certe cose, certi momenti, certe decisioni,
non si può pretendere troppo, e non
dovrebbero assolutamente crearsi situazioni come questa in cui le giornate
non hanno significato in cui non hai
più lo stimolo di fare niente, bisognerebbe trovare un lavoro a tutti i giovani
che hanno smesso di studiare e a chi non
ha un diploma; certo ognuno ai propri
livelli ma un posto ci dovrebbe essere
per tutti, per me nessuno dovrebbe avere una vita così come ho spiegato
prima, perché arrivi per riempire la
giornata, ti droghi così, senza pensarci,
dicendo: « Bè, in fondo non perdo niente ». E all’inizio può essere anche una
bella esperienza perché la droga all’inizio è piacevole, ti fa vedere tutto diversamente, tutto assume un’altra dimensione,
come se ti staccassi dal corpo e viaggiassi dove più ti piace, per vedere solo
quello che ti piace; certo nessuno sa
quando inizia questo cammino che o
smette subito, o non ti svegli più, da
questo sogno, che poi diventa un incubo.
Comunque parlando così non è che io
mi metto dalla parte del drogato però
ci sono diversi motivi che ti portano
verso la droga e alcuni non credo che
siano proprio del tutto errati, certo non
è mai una giustificazione, ma in questi
casi io penso a loro come chi vuole suicidarsi, non come chi fa il cretino e
poi vuole uscirne fuori, penso proprio a
chi desidera morire senza fare danno a
nessuno, e per suicidarsi sceglie questa
via che magari è più lenta e più dolorosa, ma può dargli l’ultima emozione
della sua vita.
A volte io desidero una vita piena dì
impegni, piuttosto che una vita come
questa, così non avrei il tempo di disperarmi perché non so cosa fare, e il tempo libero che avrei al posto di sprecarlo
come faccio saprei gustarmelo fino in
fondo, infatti chi ha una vita piena, chi
svolge un lavoro impegnativo a cui dedica molto tempo chi insomma vive
senza un minuto di tregua nel senso che
finito il lavoro ha la casa da mettere a
posto, e i figli da accudire, penso che
l’idea di una vacanza per queste persone sarebbe il massimo, quasi un miraggio, non ci sarebbe il problema di dire;
« E adesso che faccio? ». Anzi anche solo dormire o bere una tazza di caffè
senza la fretta di andare a lavorare può
essere distensivo e penso che sia per
questo che i miei genitori tendono ad
isolarsi, perché dopo aver lavorato un
anno intero vogliono uscire dal clima
caotico della città, e devo dire che i 30
giorni di ferie al contrario di me, sanno
goderseli pienamente.
Paola, 16 anni - Torino
6
vita delle chiese
5 febbraio 1988
!
SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
L’amore scaccia la paura ■ ‘enipi' delie vaili
Una buona partecipazione giovanile agli incontri organizzati ormai da
80 anni - Iniziative positive e qualche atteggiamento da denunciare
Una settimana, tutto sommato,
abbastanza normale, né meglio
né peggio di quelle degli anni
passati. La cosa non va da sé,
perché l’anno mariano e la questione deU’insegnamento religioso potevano creare (come di fatto è successo in alcuni posti)
un certo irrigidimento; sul versante opposto il fatto che la
« settimana » fosse stata pensata da un gruppo misto di vaidesi e cattolici del Pinerolese
poteva spingere le nostre chiese ad un coinvolgimento maggiore che nel passato.
Ma a qualche iniziativa in più
alle Valli bisogna sommare algebricamente qualche iniziativa in
meno altrove, per cui il conto
sostanzialmente rimane uguale.
L’origine della « settimana »
(ma si dovrebbe dire, con più
precisione, dell’« ottavario ») risale al 19()8. Allora un sacerdote
anglicano, Paul Wattson, propose 1’« ottavario » per l’unità della Chiesa che, secondo lui, doveva raccogliersi intorno a Roma.
Negli anni ’30 un illuminato precursore dell’ecumenismo cattolico, l’abate Paul Couturier di
Lione, cambiò la base della preghiera, rendendola più conforme
al messaggio di Giov. 17 (l’unità
con Cristo); ed è proprio questa
preghiera che è stata recitata a
Torino, nel tempio di C.so Vittorio, la sera del 24 nel corso
di un incontro in cui si sono alternati preghiere, canti, letture
bibliche, testimonianze e in cui
si è riflettuto insieme sul testo
proposto per quel giorno; «l’amore scaccia la paura» (I Gv.
4: 18). Il tempio era pieno, occupati anche molti dei banchi laterali, buoni l’attenzione e il
raccoglimento. Tra le presenze
notata quella di molti giovani, il
che costituisce ima costante di
vari incontri simili. E’ possibile
che questo indichi uno svecchiamento del problema dell’unità.
Rimane tuttavia da capire in
Chiesa e fanno politica di sinistra, invitando 1 presenti perentoriamente ad evitare contatti
con loro ».
Un’anziana signora di Narzole (Cn), membro da più di 40 anni della chiesa battista, deceduta, viene seppellita secondo il rito cattolico. Il parroco convince
1 familiari che è meglio fare un
fimerale « cristiano ».
Sono solo due episodi; non si
può generalizzare. Accanto a gesti di apertura, permangono episodi di chiusura.
Impossibile rendere conto in
poche righe di tutte le iniziative
che ci sono state. Si possono
delineare genericamente alcune
linee di tendenza. L’anno scorso
il Papa aveva esortato i cattolici a promuovere incontri comuni di preghiera ed azioni di
fraternità e solidarietà cristiana.
E’ stato un incoraggiamento per
molti seminari ad aprire le proprie porte a pastori evangelici.
Per es. il pastore battista Morlacchetti ha tenuto una lezione
al Seminario arcivescovile di Milano; a Udine il Centro culturale
« Guido Gandolfo » e il Centro
ricerche e attività ecumeniche
conducono insieme una riflessione biblica, teologica e su temi di
impegno sociale che si prolunga
anche oltre la « settimana di preghiera ». Qualcosa di analogo
avviene anche a Catania, dove
proseguirà un’attività di studio
biblico nei prossimi mesi.
Molti gli scambi di pulpito o
le predicazioni tenute a due voci.
Nella parrocchia di S. Raffaele,
a Milano, predicazione in comune: da parte cattolica predica il
teologo Gianfranco Ravasi, autore fra l’altro di un monumentale
commentario sui Salmi. A Roma
mons. Clemente Riva divide il
pulpito con Sergio Rostagno.
Radio e televisioni private ad
ispirazione cattolica chiedono
agli evangelici contributi a tavole rotonde su tematiche diverse.
In alcune zone vi sono tagli
particolari: a Bari, che s’interpreta come un ponte verso l’O^
riente (le ossa di S. Nicola furono rubate a Mira da marinai
baresi), si privilegia il rapporto
con gli ortodossi; a Milano si
aprono le porte anche agli ebrei.
Le collette raccolte sono per lo
più destinate all’Alleanza Biblica
Universale (ABU).
Così, tra aperture e chiusure,
iniziative nuove e formule collaudate, è trascorsa questa « settimana ». E’ rimasta un po’ di
amarezza in molti del gruppo
che aveva preparato la liturgia. Inspiegabilmente l’edizione
italiana (stampata a cura del Segretariato per l’unità dei cristiani
di Roma) ha cambiato lo schema
pensato a Pinerolo ed apportato
correzioni formali ingiustificate.
Ma al di là delle impressioni,
delle valutazioni, della maggiore
o minore riuscita di varie iniziative, rimane chiara la sensazione
che la questione dell’unità va affrontata (e in parte anche vissuta) meno sul piano liturgico e
molto di più su quello dei collettivi di studio e ricerca biblica.
Se la « settimana » è servita a
sgombrare il campo da pregiudizi e ad orientare l’azione in questo senso, forse, non sarà stato
inutile celebrarla.
FERRERÒ —La riunione quartierale del 27 gennaio è stata particolarmente interessante per i
partecipanti. Infatti, il tema illustrato da Raimondo Genre riguardava aneddoti, curiosità e
notizie storiche sui templi delle
Valli, da quelli di cui si è ormai
persa ogni traccia a quelli ancora aperti oggi.
Curato dallo stesso Raimondo
Genre, uscirà tra breve un libro,
edito dalla Claudiana, che riporterà in veste aggiornata tutto
quanto si è potuto scoprire a
proposito deo'li storici edifici.
Purtroppo nel corso dei secoli
molta documentazione è andata
smarrita o distrutta, ma ciò che
è giunto fino a noi può farci osservare con occhi nuovi i tradizionali luoghi di culto che sono costati innumerevoli sacrifici alle generazioni che ci hanno preceduto.
XVII Febbraio
POMARE'TTO — I bigUetti
per l’agape del 17 febbraio (prezzo invariato, e cioè 12.000 lire
per adulti e 8.000 lire per bambini fino a 12 anni) saranno posti in vendita, a partire da lunedì 8 febbraio, a cura dei sig.
Ugo Beux, Daniela Bert, Ida
Bleynat, Elio Giaiero (Perosa
Argentina), Marina Ribet (Inverso Clot). Si invita a prenotare entro lunedì 15 febbraio;
ulteriori notizie sui festeggiamenti del 17 verranno rese note
attraverso la lettera circolare.
• Il comitato per il 17 febbraio è convocato per giovedì 4
febbraio, alle ore 17.30, presso
la casa pastorale.
Incontro sull’Africa
Luciano Deodato
TORRE PELLICE — Il pran
zo comunitario del 17 febbraio
si effettuerà come di consueto
CORRISPONDENZE
quale prospettiva i giovani intendono collocarsi.
Anche a Pinerolo è stata notata la presenza giovanile. Nel
Duomo di S. Donato hanno predicato mons. Abiondi, vescovo
di Livorno, responsabile della
GEI per le relazioni ecumeniche,
e il past. M. Berutti. Qui un piccolo incidente all’inizio ha rischiato di compromettere rincontro : il parroco del Duomo,
dando il benvenuto ai numerosi
convenuti, ha detto che l’incontro era posto « sotto il manto e
lo sguardo di Maria »! Una gaffe
che ha fatto fremere molti, sia
da una parte che dall’altra, ma
alla quale anche non si è voluto
dare un peso maggiore del dovuto. Sarebbe comunque opportuno, in futuro, evitare simili
uscite.
Sempre a Pinerolo, la domenica 24, nel tempio valdese la predicazione è stata tenuta dalla Comunità di Base, è stata celebrata insieme la Cena del Signore e,
nel pomeriggio, le Comunità di
Base del Piemonte hanno tenuto
un loro convegno aperto a tutti.
Ma pochi chilometri più in là,
nella città di Cuneo, gli evangelici che si raccolgono nella chiesa battista di via Q. Sella 14 rilevano in un comunicato stampa
« l’innegabile difficoltà di condurre un dialogo con il cattolicesimo » di fronte ad alcuni recenti episodi d’intolleranaa: « A
Cimeo, presso una delle caserme
della zona, il cappellano militare
(che fra l’altro è delegato dell’ecumenismo nella diocesi di Mondovì) ha radunato gli allievi ufficiali appena giunti, e ha inveito
contro i protestanti, accusandoli
di sviare i giovani dalla retta
via, perché non rispettano la
Scoprire la comunità
PONTICELLI — Nella Chie
sa metodista (nel nuovo locale
inaugurato lo scorso mese di
maggio), si è riunita, sabato 19
dicembre, la comunità formata
da giovani provenienti da anni
di lavoro volontario nel centro
sociale « Casa Mia ».
pianola per accompagnare i canti durante il culto.
L’incontro è stato da tempo
preparato con cura e vuole essere un momento di « agape fraterna » per ima comunità ancora in formazione. Alle ore 17
arrivano i bambini del centro
sociale « Casa Mìa » con alcuni
genitori. Il pastore Giovanni
Anziani li accoglie con un saluto e con un breve messaggio
per spiegare il significato del
Natale. I bambini, accompagnati alla pianola dal fratello Filippo Lops, presentano canti, alcuni dei quali con parole e musiche dei fratelli Salvatore Cortini e Filippo Lops. Dopo i canti un rinfresco.
Fra tanti momenti di allegria
non manca una riflessione sul
Natale e lo scambio di auguri.
Diversi ritorneranno per il culto di Natale, presieduto dai giovani che in precedenza avevano discusso i testi biblici.
Quando la festa finisce, lasciamo il locale con un ricordo: come il salmista, anche noi diciamo che è tanto bello che i fratelli dimorino insieme.
Bazar e coro
IVREA — Ire momenti di incontro hanno particolarmente
ravvivato la vita della comunità.
La festa non finisce. Alle 19 arrivano altri giovani della comunità, alcimi dipendenti dell’ospedale evangelico « Villa Betania », accompagnati dalla direttrice, e diversi giovani del quartiere che da mesi frequentano il
culto domenicale.
Il 29 novembre, per la domenica della solidarietà, una ottantina di fratelli e sorelle hanno
dato vita ad una giornata particolarmente riuscita.
Durante il culto ha debuttato
il grupno di canto che, grazie alla disponibilità del fratello Giorgio Crespi di Torino, sembra davvero ben avviato.
E’ una serata molto allegra e
fraterna. Dopo il saluto del pastore, si mangia condividendo
le buone cose che ognuno ha
cucinato a casa propria; poi si
canta e si sta in allegria. Tutti
però attendono con ansia il
momento dell’estrazione dei premi della lotteria, i cui proventi
andranno per acquistare una
L’agape fraterna e il bazar
hanno fruttato una somma che
supera il milione di lire, che è
stata devoluta al Centro Evangelico di Bethel in Calabria.
Nel pomeriggio il pastore Gianni Genre, con l’aiuto di diapositive, ha illustrato le tracce storiche e la realtà odierna della
presenza evangelica in Calabria.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 7 FEBBRAIO
RAI 2 - ore 23 ca.
Cristiani ortodossi: la più
antica chiesa del mondo.
Un itinerario spirituale nel
mondo e nella liturgia della
più antica chiesa cristiana.
presso la Foresteria alle ore
12.30; i biglietti per la prenotazione, a lire 15.000, sono in
vendita presso il negozio elettrodomestici Pellegrin a partire
da venerdì 5 febbraio.
• Domenica 7 febbraio l’Unione femminile avrà la sua seduta mensile con la partecipazione del pastore S. Labsch;
inizio ore 15.
• Il gruppo Oei Coppieri della
Società Missiorraria si riunirà
martedì 9 febbraio, alle ore 15,
presso il presbiterio per incontrare il pastore C. Pasquet che
parlerà del suo recente viaggio
in centro Africa.
Incontro ecumenico
PEROSA ARGENTINA — Un
buon gruppo di cattolici e di
valdesi si è riunito il 23 gennaio
nella sala Lombardini per un incontro comunitario di riflessione e di preghiera. Il testo scelto per la meditazione: « L’amore di Dìo scaccia la paura » è
stato illustrato da don Silvio
Tron, parroco di Perosa Argentina, mentre il direttore di Agape, Sergio Ribet, ha introdotto
una breve discussione sul tema
proposto dal CEC; « Giustizia,
pace e integrità della creazione ». Il punto centrale della riflessione è stato l’invito a realizzare un’unità non fine a se
stessa ma indirizzata verso una
azione comune perché in tutta
la società umana la pace, la giustizia e il rispetto verso la creazione si diffondano sempre di
piu.
Il canto di inni conosciuti da
tutti e le preghiere comuni, anche spontanee, hanno ricordato
ai presenti la fede in un unico
Signore e la speranza del suo
Regno.
Calendario
Giovedì 4 febbraio
Domenica 10 gennaio il culto
della comunità si è svolto alTinterno del programma del convegno giovanile organizzato dal
gruppo di riferimento; oltre 50
giovani provenienti da diverse
comunità del Piemonte si sono
uniti a noi nell’ascolto della Parola, nel canto e nella preghiera.
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Il Collettivo bi
blico ecumenico prosegue lo studio
del libro della Genesi nella riunione
che si svolge presso II centro d’incontro, a partire dalle ore 20.45.
Sabato 6 febbraio
Domenica 17 gennaio la nostra
comunità ha avuto la gioia di
ospitare il Coretto evangelico di
Torre Pellice diretto da Franco
Taglierò.
□ CONVEGNO MONITORI
PRIMO CIRCUITO
TORRE PELLICE — Presso la casa
unionista, a partire dalle ore 16.30,
si riuniscono i monitori del 1° Circuito per il loro convegno invernale sul
tema del canto.
Domenica 7 febbraio
Nel pomeriggio, in una sala
affollata, con una numerosa partecipazione di fratelli della Chiesa dei Fratelli, di cattolici e di
componenti di gruppi corali, i
ragazzi del coretto, applauditissimi, ci hanno presentato il loro
programma di canti nella proposta di un rinnovamento del
canto spirituale.
n CONVEGNO MONITORI
2» E 3" CIRCUITO
VILLAR PEROSA — Domenica 7 febbraio, ore 14,30, Convegno monitori
Il e 111 Circuito.
Giovedì 11 febbraio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — La riunione del Collettivo è fissata alle ore 20.45, presso la comunità di San Domenico (V.le
Savorgnan d'Osoppo,1). Dopo lo studio biblico curato dal can. Gabriele
Mercol, il past. Sergio Ribet presenta il tema: <■ Le paure del domani.
Giustizia, pace e conservazione della
creazione ”.
Sabato 20 febbraio
n CONVEGNO FCEI
VILLAR PEROSA — Presso il convitto valdese, con Inizio alle ore 16, si
svolge un convegno sulla questione
palestinese: l’incontro prosegue domenica 21.
7
5 febbraio 1988
valli valdesi
VETERINARI A CONVEGNO
LUSERNA SAN GIOVANNI
Al servizio della salute “Solo” un segno
Importante incontro nazionale nell’ambito del progetto "Far salute” In Italia sono pochi i veterinari per settori crescenti di intervento
croce
Oltre 250 sono state le persone che hanno partecipato ai lavori del covegno svoltosi a Torre Pellice gli scorsi 29 e 30 gennaio sul tema « La sanità pubblica veterinaria in Italia: ieri,
oggi e domani ». Questo incontro si è svolto neH’ambito del
progetto « Far salute », promosso dalla Segreteria generale permanente istituita con delibera
deirUSSL 43 nell’agosto ’87 ed
avente fra i suoi compiti « la
promozione di tutte le iniziative
utili e necessarie alla promozione e tutela della salute della
persona nella sua globalità, libertà e responsabilità, e nel miglioramento degli stili di vita ».
« Hanno concorso all’istituzione di questo strumento — ci ha
detto il presidente del Comitato
di gestione dell’USSL 43 arch.
Longo — tutte quelle persone
che ci diedero il loro supporto
al momento di organizzare, nel
1986, il convegno su "Servizi e
Comunità a confronto"; per esempìo don Ciotti, l’Università
di Torino e tutti quelli che compaiono nella segreteria permanente ».
Venendo più direttamente al
convegno il coordinatore sanitario, dott. Rissone, ha anzitutto
voluto precisare che « la veterinaria è sempre stata considerata più vicina all’agricoltura che
non alla sanità, mentre invece è
estremamente importante collegarla proprio a questa seconda
branca: si pensi alla prevenzione di malattie infettive che si
trasmettono dall’animale all’uomo, ma anche alla prevenzione
di altre forme di malattia lega
CANDELLERO
NON C’ENTRA
Sul n. 3 del 22 gennaio 1988 del
settimanale da Lei ottimamente diretto, leggo a pag. 10, nell'articolo intitolato « Crisi sempre più ingarbugliata », la seguente frase: « Il consigliere
Giorgio Rivolo, eletto nel 1985 nelle
liste liberali e che aveva lasciato quel
gruppo consiliare alcuni mesi fa (subito dopo l'esplodere del "caso Candellero") per costituire un gruppo indipendente, ha Jeciso di aderire ai
gruppo del Psd: ».
A parte la manovra trasformista del
Rivolo, della quale non intendo parlare, vorrei fare presente ai Suoi lettori, affinché la notizia non appaia
distorta, che il "caso Candellero"
scoppiò nella prima quindicina del
mese di maggio 1987, mentre il consigliere Rivolo, non per motivi politici, ma personali, usci dal gruppo
consiliare liberale del Consiglio di Pinerolo nella seconda quindicina del
mese di settembre 1987.
E questo non certo per colpa di Candellero, del quale era amico e pure
professionista.
La ringrazio e Le porgo cordiali saluti.
Il Segr. della Sez. PLl di Pinerolo
Avv. Andrea Gaspari
Ali £ N D A
A.C.E.A.
CONSORZIALE ENERGIA AMBIENTE
PINEROLO
Corso per progettisti, amministratori di
condominio e installatori, sulle tecniche
di utilizzazione del gas naturale
Il corso organizzato dall’A.C.E.A. è rivolto ai progettisti, amministratori di condominio e installatori di
impianti esistenti nei Comuni appartenenti al Consorzio Pinerolese Energia Ambiente.
— Data di svolgimento: dall’8 al 12 febbraio 1988 tra
le ore 18,30 e le ore 20,30.
— Luogo dello svolgimento: aula magna dell’Istituto
Tecnico Commerciale e per Geometri « M. Buniva »,
Via Dei Rochis, 25 - Pinerolo.
Tra gli altri verranno affrontati i seguenti argomenti:
— Enti di controllo e rispettive competenze sugli impianti alimentati a gas di rete.
— Norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile.
— Problematiche sulla conversione di impianti alimentati da combustibili diversi a gas naturale, domestici, di riscaldamento e utilizzi industriali.
— Tecniche costruttive e di collaudo degli impianti.
AI termine del corso verrà consegnata ai partecipanti una raccolta della documentazione tecnica sugli
argomenti trattati.
La quota di partecipazione è fissata in L. 100.000
e comprende inoltre:
— la documentazione con allegati vari;
— la cena di fine corso.
Le iscrizioni si possono effettuare:
— presso la Segreteria Tecnica dell'Azienda dalle ore
14.30 alle ore 17 del lunedì e del venerdì, dalle ore
8.30 alle ore 12 del mercoledì;
— presso l'Istituto « M. Buniva » a partire dal giorno 8
febbraio dalle ore 17,30 alle ore 18,30.
IL DIRETTORE
Vergnano geom. Massimo
te all’alimentazione essendo la
maggior parte degli alimenti di
origine animale. Troppo a lungo
in Italia, prevalendo una logica
di profitto, si sono alimentati animali con sostanze che restano
nella carne, i famosi residui, che
producono gravi danni alla salute dell’uomo. Ecco perché —
conclude Rissone — è importantissimo che il servizio veterinario si integri con gli altri settori
della medicina e dell’assistenza ».
Di fronte a questi obiettivi i
3.000 veterinari, oggi alle dipendenze in Italia del servizio pubblico, sono totalmente insufficienti. Nel corso' delle due giornate
di lavoro gli interventi e le relazioni hanno cercato di affrontare i complessi problemi legati
alla tumultuosa trasformazione
del settore zootecnico ed al necessario adeguamento delle attività veterinarie di controllo. Mentre circa il 45% degli animali destinati al mercato delle carni è
allevato con criteri intensivi risulta sempre più difficile controllare la somministrazione di antibiotici od altri farmaci ammessi, mercato che si traduce in circa 400 miliardi di lire come giro
d’affari annuo; oscure invece le
reali dimensioni del mercato
clandestino legato agli estrogeni. Questi sono alcuni dei temi
affrontati, su cui ritorneremo
prossimamente con più ampi servizi.
Piervaldo Rostan
Dopo un paio di « appostamenti » siamo riusciti a raggiimgere,
nel suo ufficio, il preside dell’Istituto per geometri e ragionieri di Lusema, prof. Ernesto
Ugazio, per verificare, per quanto possibile, la vicenda delle preghiere in classe.
« Verso le 12.20 di lunedi 18
gennaio sentivo — racconta il
preside — un baccano enorme
proveniente dalla E A, ragionieri; quando sono entrato nell’aula, mi sono accorto che mancava l’insegnante titolare ed anche
il suo sostituto, il cosiddetto insegnante "a disposizione", non
c’era. Ho parlato agli studenti
dei loro doveri e, alla fine, ho
fatto loro un discorso di tono
morale, una esortazione andando al perno centrale, e cioè la
coscienza del dovere ».
La sensazione è di un lento
divagare intorno alla questione,
passando fra i problemi di una
scuola e quelli di un preside
che « tante volte deve prendere
anche il treno da Torino alle
6.47 » ed infine un’ammissione:
« Ho detto ai ragazzi che i doveri bisogna farli, anche tenendo
conto che c’è qualcuno di soprannaturale che ci vede e, alla fine,
lo ammetto, mi sono fatto il segno di croce, per me, da uomo
di fede qual sono ».
Dunque uomo di fede al punto
da recitare davanti a chi lo intervistava un’orazione in latino,
« una lingua che parla alla fede »,
e che non ha percepito di compiere, per lo meno, una grave
scorrettezza perché « scoraggia
ANGROGNA - COOP. MOUNT SERVIN
Ampliare l’attività
Lo scorso 22 gennaio l’assemblea dei soci della Cooperativa
« Mount Servin » si è riunita
per fare il punto sulla valorizzazione della Vaccera.
«Al quarto anno di esercizio,
ed al seconde, come entrate commerciali, la situazione si sta
consolidando » — dice il presidente Valdo Benech — « la stagione ’87, abbastanza buona dal
punto di vista dell’innevamento,
ha permesso il funzionamento
sia dell’impianto di risalita sia
della pista di fondo e naturalmente il bar e il punto di ristoro.
In questo settore è stata attrezzata la nuova cucina per
far fronte alle richieste di pasti caldi e stiamo pensando all’ampiamento della sala, per acquisire nuovi posti ormai necessari, portando all’esterno la zona servizi.
Nel settore discesa, la cooperativa si è dotata di un piccolo
impianto di risalita a fune bassa, vi è però il problema che
l’area delle piste è disseminata
di massi per cui è necessario
un buon innevamento affinché
il battipista non rovini i suoi
pattini ».
Essendo l’andamento buono,
la cooperativa prevede entro il
prossimo anno di azzerare le
perdite di esercizio sopravvenute negli anni precedenti, in cui
non vi erano ancora le attività
commerciali, ma nei quali si
erano fatti grossi investimenti
(lo sbancamento per la pista di
fondo, l’acquedotto che serve
anche le abitazioni vicine, la realizzazione dello chalet, l’acquisto dei mezzi semoventi e le
relative rimesse, il materiale
sciistico per l’affitto).
Sul versante di S. Germano
un buon gruppo di lavoro degli « Amici della Róstanla » dopo aver recintato tutta l’area
to di fronte all’indisciplina di
una classe »?
P.V.R.
Cinema
attorno al rifugio, ha messo a
dimora 3.000 piantine di erbe
perenni che hanno superato bene l’inverno scorso, ma che necessitano per la loro sopravvivenza di operazioni di mondatura dalle piante infestanti e di
innaffìatura ad intervalli regolari durante la stagione estiva.
L’impegno della cooperativa è
stato appoggiato anche dal Comune di Angrogna, che ha fatto
eseguire notevoli lavori di migliorie sulla strada di accesso
e ha realizzato un adeguato parcheggio prima del colle.
Nel dibattito seguito alla relazione del Presidente, si sono
presi in considerazione i due
settori in cui vi sono attualmente delle richieste di ampliamento
dell’attività. La prima è relativa agli spazi coperti per una
attività ricettiva, con l’acquisto
di un secondo chalet, sullo stesso stile del precedente che permetterebbe anche la sosta notturna di quanti amano la Vaccera proprio per la sua quiete e
tranquillità; in secondo luogo,
per l’acquisto di un secondo
impianto di risalita, sempre a
fune bassa, che inserito a valle
dell’attuale, permetterebbe di
sfruttare appieno una zona particolarmente privilegiata sia
per innevamento, sia per la natura stessa del terreno, non
necessitando di opere di spietramento ma solo di ripulitura da
arbusti infestanti. Su questa
proposta il Consiglio di amministrazione ha il mandato di
esplorare la possibilità di toanziamento, sia tramite nuove sottoscrizioni da parte dei soci, sia
facendo ricorso alla Legge Regionale 27 che prevede contributi per l’incremento dell’offerta turistica, benché con tempi
più lunghi.
Adriano Longo
TORRE PELLICE — Il ciinetna Trento ha in programmazione I seguenti
film: venerdì 5 febbraio « Giardini di
pietra» di E. Coppola; sabato 6 (ore
20-22) e domenica 7 (ore 16-18) « Fievel sbarca in America »; domenica 7
(ore 20-22) « Teresa ».
Lo spettacolo di venerdì ha inizio
alle ore 21.15 e si inserisce in una
nuova rassegna d’essai.
Programmi di Radio Beckwith
_____________91.200 FM_______________
TORRE PELLICE — Giovedì 4 febbraio, alle ore 15.30, Radio Beckwith
trasmette uno speciaie con una intervista realizzata col preside dell’istituto
tecnico di Luserna, sul tema della
preghiere im classe; il programma viene replicato venerdì 5, alle ore 14;
sempre venerdì, alle ore 15, viene replicato il programma di Amnesty International.
AVVISI ECONOMICI
AGAPE cerca con urgenza persone disponibili a collaborare come residenti, per i settori della contabilità,
della cucina, e della conduzione della casa. Telefonare al numero 0121/
807514.
RAGAZZA 21 anni cerca lavoro come
baby-sitter, o per assistenza per
handicap leggeri nella Valpellice e
Pinerolo. Telefonare ore serali al
598274.
RINGRAZIAMENTO
« E fattosi sera, Gesù disse: Passiamo alValtra riva »
(Marco 4: 35)
I familiari della cara
Ida Paschetto ved. Gay
commossi per la partecipazione al loro
dolore, ringraziano tutti coloro che con
presenza o scritti hanno voluto ricordarla. Un grazie particolare ai vicini di
casa e amici ohe Thanno sempre circondata con affetto.
Pinerolo, 23 gennaio 1988.
USSL 42 • VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 7 IFEBBRAIO 1988
Porosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Porosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tei. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 7 iFEBBRAIO 1988
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza ;
Croce Rossa Torre Pollice; Telefono 91.996.
8
8 fatti e problemi
5 febbraio 1988
SEMINARIO A TORRE PELLICE - 2
STRANIERI A TORINO
La pena di morte
L’esecuzione capitale è un atto di violenza che coinvolge chi la dà
e chi la riceve e tende a provocare altra violenza - « Non uccidere »
Nel corso del secondo incontro del seminario svoltosi nei
giorni 14 e 15 dicembre a Torre Pellice, siilla pena di morte
(organizzato da Amnesty International - Gruppo Italia 90 Val
Pellice), Carlo Ottino, docente
di storia e filose^ al liceo classico, ha trattato l’argomento « Il
diritto alla vita e la pena di
morte. La posizione di Amnesty
Internatiorml ».
Egli ha fatto subito notare
che sarebbe auspicabile che non
ci fosse più bisogno di ima associazione come Amnesty International, ma purtroppo ci vorrà
molto tempo ancora e molta
buona volontà e l’impegno di
molte persone, prima che i diritti umani siano pienamente
rispettati. Basta sfogliare il
Rapporto 87 di Amnesty per accorgersi che in tutto il mondo
e nei più svariati regimi politici,
sociali ed economici, i diritti
umani sono più o meno violati.
Il filosofo Bobbio, tempo fa, ha
sostenuto che nonostante esista
la Dichiarazione imiversale, i
diritti dell’uomo sono proprio
’’universalmente” violati. Abbiamo la ’legazione” anziché l’affermazione dei diritti lunani.
Quindi il prof. Ottino, conscio di parlare ad un uditorio
composto in gran parte da insegnanti, li informa della prossima edizione di un «percorso
didattico » sulla pena di morte.
Un fascicolo preparato da Daniela Molino e da lui stesso, che
vuole essere una traccia e una
guida non solo per le scuole,
ma anche per l’esterno, per gruppi non scolastici. Uscirà in primavera e sarà suddiviso in 6
imità didattiche: la pena di morte nelle realtà storiche del passato, la pena di morte oggi:
abolizionisti e sostenitori, il fascino della deterrenza, diritti
lunani e pena di morte, la legislazione intemazionale contro
la pena di morte e cosa si può
fare contro la pena di morte.
Dopo questa segnalazione, l’oratore passa ad esaminare la
prima parte dell’argomento: di
ritto alla vita e pena di morte
Questa contrapposizione è fon
damentale, perché se non ci ren
diamo conto di alcune questioni
di fondo o di principio, può anche darsi che la pena di morte
diventi o rimanga soltanto im
fatto opinabile.
Dopo una parte dedicata ad
un’analisi storico-filosofica, Carlo Ottino ha inserito il proble
ma del diritto alla vita nel discorso più generale dei diritti
umani.
Un punto
di riferimento
Amnesty International ha come
suo principale punto di riferimento la Dichiarazione Universale dei Diritti deU’uomo proclamata dalle Nazioni Unite il
10 dicembre 1948 « all’indomani
della fine della 2“ guerra mondiale, cioè all’indomani di un
evento in cui l’intolleranza e la
violenza umana avevano raggiimto vette inaudite e «assolute ».
Altro riferimento d’obbligo è
11 Patto Internazionale sui diritti civili e politici. Si tratta di
imo dei tre patti internazionali
sui diritti umani approvati dall’Assemblea Generale dell’ONU
il 16 dicembre 1966, ed in vigore dal 1976, quando è stato ratificato da un certo numero di
paesi, tra cui l’Italia. AH’art. 6
si legge: « Il diritto alla vita è
inerente alla persona umana,
questo diritto deve essere difeso dalla legge, nessuno può
essere privato arbitrariamente
della vita ». Però al comma 2
la pena di morte è ancora contemplata come possibile, ristretta ai delitti più gravi e in ogni
caso con le massime garanzie
offerte dalla legge.
L’oratore ha quindi accennato
al tema delle sparizioni extra
giudiziali e dei desaparecidos.
C’è una netta ed irriducibile opposizione tra pena di morte e
diritto alla vita, perché si escludono a vicenda. Questo è tanto
più grave quando la pena capitale è comminata in sede giuridica dallo stato che si arroga
questo diritto. Non contestiamo
il diritto di punire dello stato,
ma il limite estremo della punizione.
La posizione
di A. I.
La posizione di ‘Amnesty a
questo proposito è affermata
esplicitamente nello Statuto internazionale dove all’art. 1/c è
dichiarato che A.I. si oppone
con ogni mezzo adeguato e in
ogni caso alla condaima e alla
esecuzione capitale, alla tortura e ad ogni altro trattamento
o punizione crudele, inumana e
degradante. Dopo aver fatto riferimento allo Statuto intemazionale ed anche alla Conferenza di Stoccolma sulla pena di
morte, il prof. Ottino ha aggiunto: « Vorrei precisare che A.I.
si oppone alla pena capitale
perché costituisce ima punizione cmdele, disumana e degradante, è una violazione del diritto alla vita ed è irrevoceibile.
L’esecuzione capitale è un atto di violenza che coinvolge chi
la dà e chi la riceve, tende a
provocare altra violenza e, per
quanto comminata legalmente,
si pone in una spirale di violenza da cui non si esce se non
troncando le radici della violenza ».
Il relatore ha poi affrontato
le varie teorie sul concetto di
pena: la retributiva, l’utilitaristica e l’emendatrice.
Geografia
della pena di morte
Nel luglio ’87 vi sono nel mondo: 31 paesi abolizionisti per
tutti i reati; 19 paesi, tra cui
l’Italia, abolizionisti salvo per
reati militari; un paese, gli USA,
con una legislazione diversificata a seconda degli stati.
Terminando, l’oratore ha sottolineato che le motivazioni fondamentali in base alle quali A.I.
sostiene che in nessun caso la
pena capitale è buona o valida
e neppure utile, sono motivazioni essenzialmente etiche prima
ancora di essere politiche. In
A.I. ci sono credenti delle più
svariate religioni e non credenti, persone che hanno alle spalle culture e tradizioni molto diverse. « Noi crediamo che il precetto ’’non uccidere” sia universalmente valido al di là e al di
sopra delle culture, lo si può
intendere emanato da Dio o
semplicemente legato al valore
e alla dignità dell’uomo. Amnesty va d’accordo con questo
precetto: Non uccidere. Quando ci troviamo nella condizione
di lavorare in questa direzione
crediamo di fare un lavoro non
solo eticamente apprezzabile,
ma anche universalmente utile ».
p. g
Città amica: anche
per gli stranieri
Anche le chiese mobilitate per venire incontro all’inserimento ciei cittadini immigrati
« Il fenomeno dello spostamento di masse tra paesi del mondo fa parte della storia della salvezza, che data il suo inizio proprio con l'emigrazione di Àbramo dalla terra dei suoi padri
verso un paese che Dio gli avrebbe indicato ». E’ questa una delle premesse introduttive al documento Città amica, progetto di
collaborazione, accoglienza e valorizzazione degli stranieri a Torino, elaborato dai cristiani to>rinesi. Cattolici, valdesi e metodisti, in considerazione del numero sempre crescente di stranieri che per motivi politici o
economici arrivano in Italia e
più specificamente in questa città intendono, con questo progetto, porre le basi di una fattiva collaborazione con gli enti locali e
organizzazioni di assistenza per
venire incontro ai bisogni di una
parte rilevante della società, esposta più di altre alTintolleranza e alla marginalizzazione.
« Gesù stesso ci obbliga a camminare per strade nuove di evangeUzzazione — si dice nelle
’’riflessioni generali” — non solo inviando noi alle genti, ma
mandando le genti a noi (...)■ E'
un momento di portata storica:
d'altronde il mondo diventa sempre più un villaggio, e anche parole come "andare" o "ricevere"
perdono parte del loro significato, perché in effetti tutti "siamo"
nello stesso villaggio che è la
terra di Dio ». In questo senso
tutti, stranieri compresi, sono
« collaboratori per la costruzione della società mondiale ». Il
documento precisa inoltre che
« molte persone sono fuori dal
loro paese per le conseguenze di
una politica internazionale, coloniale e neocoloniale, le cui colpe
ricadono in gran parte sulle nazioni europee » e industrializzate.
Gli obiettivi di questi cristiani torinesi, che hanno formato
il gruppo « Dovere d'asilo », sono enunciati in tre ordini: risposte ai diritti primari; rispetto
delle culture e rapporti con il
paese d’origine; garanzia di libertà religiosa. Ancora una volta, dunque, e anche a Torino,
si pone la necessità di far partecipare profughi e immigrati ad
una realtà sociale a loro lontana, ma senza costringerli ad una
integrazione che potrebbe rive
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larsi lesiva delle tradizioni e del
le culture che ognuno porta con
sé. « Gli stranieri devono poter
coltivare i valori culturali del
loro paese d'origine e ad essi cducare i propri figli — prosegu ;
il documento — devono quindi
potersi aggregare secondo le no
zionalità, la religione e le vari.;
categorie sociali, per ricordar;.
festeggiare, discutere, organizzare. A questo proposito è bene appoggiare il formarsi di associczioni fra cittadini di uno stesso
paese, non come forme rinnovate di ghettizzazione, ma come
luoghi e strumenti di libertà di
espressione, di vita e di cultur, .
Con tali associazioni poi siar o
tutti chiamati a rapportarci e :i
collaborare ».
Alcune di queste associazioi.i,
tra l’altro, (Associazione di amicizia italo-marocchina. Associ izione egiziani) hanno firmato !•
na serie di richieste rivolte 1
Comune (per ottenere un cent o
di aggregazione e di prima ccoglienza), alla Regione Piemr ite e anche al governo e al p. rlamento per il rinnovo della h gge 943/86 sulla regolarizzazic le
della posizione dei cittadini , ctracomunitari.
Una delle richieste da pa-e
delle associazioni, e sostenuta n
«Città amica» è che «gli snvnieri di altre religioni devo. o
(...) poter conservare il loro patrimonio di fede, di preghie.a
e di culto anche pubblico». In
osni caso massima è la richiesta
di collaborazione con le stnit lire pubbliche (a Torino un gì in
lavoro è svolto daH’Ufficio s' anieri e nomadi) e, non in ultimo, viene evidenziata la nece sità di provvedere alla formazi« ne
degli operatori e di integrare l attività di tutte le associazioni con
le realtà operanti sul territorio
(circoscrizioni, comprensori, ere.)
ai fini di un intervento « di nase », vicino alle esigenze più immediate.
Un impegno
per le chiese
Il problema degli stranieri e
le possibili forme di risposta da
parte delle chiese sono state discusse in una riunione del concistoro, a cui erano presenti anche rappresentanti delle chiese
battiste torinesi. Sono state presentate una relazione sul convegno FCEI dello scorso novembre
e le iniziative del gruppo Dovere
d'asilo. Battisti e valdesi si sono trovati concordi sull’idea di
informare maggiormente le varie comunità per organizzare queste forme d’intervento: « Sarebbe importante individuare delle
persone che lavorino in stretto
contatto con le strutture sociop
assistenziali delle varie circoscrizioni — dice Elena Vigliano, che
con Dovere d'asilo mantiene i
rapporti per la Chiesa valdese —
occorrerebbe offrire agli stranieri un punto di riferimento, ed
eventualmente di smistamento
verso i vari servizi sociali presenti sul territorio. Su tutto questo il Concistoro si è impegnato a sensibilizzare la comunità ».
I rappresentanti delle varie
chiese si sono anche incontrati
il 18 gennaio per avviare l’organizzazione di una « giornata pubblica », che si svolgerà presumibilmente in febbraio, a cui saj
ranno chiamati a partecipare i
rappresentanti delle varie amministrazioni locali e tutti gli operatori del settore.
Alberto Corsani