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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Spett.
BIBLIOTECA VALDESE
torre PELLICB
(Torino)
Settima n ate
della Chiesa Taldese
Anno xeni - Num. di' 1 Lire- 8 f > ' ABBONAMENTI / Eco: L. 1.500 per Tinlerno « Eco B e « Presenza Evangelica » | Spediz. abb. postale - I Gruppo 1 TORRE PELLICE. 22 Febbraio 1963
ÍJ n a copia \ L. 2.200 per Tester« in-lemo L. 2.500 - Sfaterò L* 3.700 | Cambio d'indirizzo Lire 50 1 Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
esn
Un pubblico dibatlito a Torre Pollice
su “valore odierno del 17 Febbraio,,
11 14 febbraio «lavanti ad un numeroso
ed allento nubblico ha avuto luogo un di*
battilo <*uJ tema « Valore odierno del 17
febbraio^). Presiedeva TAw. E. Serafino.
Il Pasi. Sergio Roslagno apriva il dibattito [Kuiendo la celebrazione del 17 sotto
la prospettiva della Parola di Dio. Il suo
intervento fondamentale per il resto della
serata è riportato qui sotto.
Ha preso poi la paro"la il Prof. Augusto
Arniand-Hugon il quale parla del valore
della tradizione nella formazione religiosa
del credente. Dopo una premessa di carattere generale, in cui egli accenna ai vari
fattori esterni (educazione, condizione sociale. benessere, salute, situazione familiare, eec.) (‘thè possono condizionare la vita
religiosa deirindividuo, ed avere affermalo < he i valdesi tradizionali fanno parte di
tali laitorl. egli passa a presentare brevenn'Mti* !c carallcrisiielie deHa tradizione
vabb'ii/'. Derivala, dice egli\, WÉfe'-partioti
lan ii/jnne di popolo-cdiiesa itì'vCU fto
no a trovarsi i valdesi dotile al
Iriurrso 1 secoli, la tradizione valdese a .caralirn/zala (|a aliiini elementi ftindamefeali : la stona, che. noia o ignota, e cdfilflftiii(iic s(*niil:i come realtà contingente
pn-« n/a \ ilde-e ed alla sua fiinzione^di
iiiiMoranza in alleggiainento di dif(^sa, gVilM Ì( IK alisnio j>er il solo fatto che la l^slimoiiianza valdese c sempre stala (‘ortìffitlii
l i dalla cliiesa maggioritaria, la ha
adoilalo i)er seicli il sistema (lePì^ifopfpelle ¡Mirare e sopratlullo, (piella « forma
menli,!. *> prl^^slanle, che è parlirolarc delle
popolazioni lí^quali sono messe a coniano
con la liilibia e con ¡I t)riviiegìo del lilieru
( ssne. con la organizzazione deinocralica
del! (“ comunità, ecc.
(!osi vista, la tradizione valdesi» ha valori sentinienlali, religiosi, sociali, pedagogi( i. Naluralmenle, come tale, non ha molati rapporti con la vita spirituale del eredente e con la sua fede. Ma resta a vedere,
si domanda il relatore, se (juesta tradizione
(e in essa parlicolarmenle il XVII febbraio
nella sua formula celehralìva attuale) non
ab!)ia in sè nulla di buono, e debba essere
condannala.
\Cngono a questo momento messi in rilievo gli aspetti e i valori positivi della Ira*
dizioìu' valdese, per chi la senlt e la ca•
pis«‘e:.ess¡ sono di natura diversa, dall’aliin<‘nio a vocazioni pastorali alla realizza
zione di opere sociali, dalla difesa del patrimonio valdese nelle valli alla conservazione di nu(*lei isolati e lontani dalla Chiesa nel Sud America. Di centro, è ben vero
che un gran rfuniero di Valdesi confonde
Irad izione con vita religiosa, folclore con
la Chiesa e .si accontenta pertanto di quelle manifestazioni esteriori, tipiche delle
chiese multitudiniste, che nulla hanno a
elle vedere con il messaggio delPEvangelo.
Nella sua conclusione, il relatore afferma
pertanto che la tradizione è un « humus »
nel quale si può e si deve lavorare, e che
la Chiesa dei credenti deve circondare della sua sollecitudine e del suo interesse proprio quelli che sono contenti dì a avero
Àbramo per padre », senza sentirne la responsabilità. E perciò uon si distrugga e
non si combatta la tradizione nei suoi aspetti positivi, e si cerclìi dì correggerla e
di cambiarla là dove essa è fine a se stessa.
Troppo facile demolire, e soprattutto demolire senza forse volerlo quel poco che
permeila ancora di stabilire un dialogo.
Il Uuzo intervento è stato del Past, Fran
co Sonimani die sì è posto la domanda se
a moiìo col quale viene celebralo il 17 febbraio risponda all’esigenza espressa dal
Pr »1. Armand-Hugon di essere un mezzo di
annuncio delPEvanigelo. Anche il modo
di celebrare questa data è divenuto tradizionale e si presta ad equivoci. C’è da domandarsi se la Chiesa inveee di approfittare di ipiesla occasione per richiamare lutti
al Messaggio evangelico non collabori a
consolidare in quei valdesi di discendenza
c nciì di fede Tequivoeo in cui si trovano.
Il Past. Sominani fa una disamina piuttosto severa della giornata celebrativa del 17.
Egli ritiene per esempio che spesso le recite dei bambini non danno nessun messaggio (non è certo colpa delle maestre, ma
la cliiesa dovrebbe preoci'uparsi di preparare del materiale adatto); non in tutte le
chiese .si celebra il culto, esso viene assorbiU) dalle recite dei bambini; in certi luoghi pare che II corteo sia il fatto principale
della (“tdebrazione (sfogo anticlericale, rivìncita vsui tempi passali?) in altri sembra
che il (“entro sia il pranzo (particolare comprensione della libertà?). La così detta « serata 1) non è solo un bel completamento di
una bella giornata, ma un elemento essenziale della celebrazione (ma quanti danno
importanza a ({iiaiito si recita e si canta?).
Il Sig. Eilgardo Pa ohetto prende per ultimo la parola: a Il<» spesso udito affermare che il 17 è ama ^data ormai sorpassali! che JUi'rlterebbe un colpo di spugna».
\ Persontthnenle, non è così, poiché mi
pare che negare un valore al 17 febbraio
signifiibi negare la storia dei nostri padri,
negare la loro fede che li obbligava ad inginocchiarsi in preghiera' a Dìo prima di
ir.iziare la difesa delle loro terre, delle loro
case, delle loro famighe e della loro libertà.
« Forse la tradizione e la menialilà valdese avranno abbellito questa data e questa ricorrenza e l’avranno infarcita di senlimentalismi, ma ciò non toglie che il 17
febbraio sia sentilo profondamente da molli valdesi,
« Debbo tuttavia riconoscere, come ha
detto il Pastore Roslagno, che il 17 febbraio rappresenta una frattura nella storia
valdese. Infatti questa data, che ricorda la
nostra emancipazione e che è dono dì Dìo
prima di essere dono degli uomini, è stala
per in nostri padri come un punto di ar
rivo, mentre per noi ^sa è un punto di
[larlenza; essa deve rappresentare un trampolino dal quale i valdesi di oggi debbono
partire per la missiojié ohe e stala affidata
alla nostra Chiesa.
a Oggi, come ieri, e più che mai in
futuro, il 17 febbraio è una data che
ci ricorda la nostra responsabilità.
« Se questa data deve essere soltanto
ima o(5casione di orgOiglio per il fatto
die «iamo discendenti „di un popolo die
ha coinbatiiilo per la fede, se essa è l’occasione di un vano cullarsi su allori che
non ci appariengoiu), allora tiiilo ciò è
negativo.
« Se invece, e lo voglia Iddìo, il 17
febbraio è uiToccasione di risveglio,
un’occasione per ricordare die un
giorno abbiamo proludo di consacrare la
nostra vita al servizìfl^ di Cristo, allora il
lutto è positivo, allora la conclusione del
’’Giuro” non è cantata con le labbra sol
tanto ma con il cuore là dove essa dice
’*Giuro per Te Signor di vìvere e morir”.
« Se così è, si conttinui a scrivere in
roisso la data del 17 febbraio sul nostro
calendario ” Valli Nostre ”».
Dopo alcuni interessanti interventi del
pubblico die riprendono e sviluppano alcuni punti la serata si è chiusa dando a
miti inolivi dì riflessione. F. S.
Il 17 Febbraio sotto la luce della Parola di Dio
Per prendere quedlo che mi sembra
che sia il mio posto in questa serata,
vorrei propormi di portare il XVII
febbraio sotto la luce della Parola, e
da questo punto di vista raggiimgere
uri significato per il XVII febbraio.
I pensieri che seg^iono sono nati da
una osservazione, abbastanza ovvia, e
da uno choc. Leggendo il testo della
« lettera alla chiesa di Efeso » nel capitolo 2 dell’Apocalisse, sono stato colpito dal fatto che questa chiesa, di cui
viene lodata l’opera e la costanza, si
trova in ultimo il suo Signore contro,
che la mette di fronte ad im inesorabile giudizio, se non si ravvede. La
continuità di una storia gloriosa, fini.sce bruscamente interrotta dall’ac
cusa del Signore alla chiesa come essa
è nel presente — questo era lo choc.
L’osservazione che costituisce il mio
secondo punto di partenza è che il
XVII febbraio è sempre una occasione per rievocare la nostra storia valdese. Quando ero un bambino e andavo alla scuola domenicale sapevo
ria. Si può certo interpretarla in modi
diversi, ma questa storia rimane. E’
lontano da noi il pensiero secondo
cui questa storia dovrebbe essere ignorata; la storia è per definizione ciò
che non può venir ignorato. Fino ad
un certo punto ci conforta anche il
testo dell’Apocalisse. Il Signore sa
quel che noi valdesi o, per esser precisi, quel che i nostri Padri hanno
fatto. Il Signore conosce anche lui la
storia valdese, come conosceva la storia della chiesa efesina. Io conosco le
tue opere, la tua fatica, la tua costanza: hai sopportato molte cose per a
mor del mio nome e non tì sei stancato. Mi stupirebbe se queste parole
non fossero mai state applicate da
qualche predicatore alla storia valdese, tanto sembrano adatte.
Ma non possiamo rimaner qui. « Ho
questo contro di té ». Dopo tutto quel
lo che possiamo dire di bello e di giusto sulla storia valdese eccoci a questo punto. Il Signore di fronte, il Signore contro! Sì il Signore contro.
Bisogna rilevare la sottile ma impor
tante frattura che si scava tra la storia, che non è più in questione, e noi,
che siamo messi radicalmente in questione.
Di fronte al Signore che interroga,
che ci interroga appunto sul senso
della nostra esistenza, vediamo come
in realtà la storia valdese si scompone in due storie, la storia del passato
e la storia del futuro. Qui sta il senso
del XVII febbraio, a mio modo di vedere; nel prendere coscienza di questa rottura che si produce nella storia, di questa soluzione della continuità tra i nostri padri e noi.
Da una parte avremo la storia dei
nostri padri. Da questo momento sarà
veramente diventata la loro storia.
Quel che harmo fatto sarà, come si dice, passato alla storia. Non sappiamo
come il Signore lo valuterà, ma sappiamo che la fatica dei padri non è
stata inutile. Ma appunto questa storia è quella dei padri, della loro fede
e del modo con cui hanno risposto alle interrogazioni di Dio, non è la nostra storia. Il Signore riconosce un
certo valore a questa storia, ma nello
stesso tempo ce ne toglie la disjxxnibilità. E’ consacrata come storia di altri, fatta da altri; non ci possiamo
mettere al loro posto nè vivere di rendita sulla loro fede. Abbiamo trovato
un valore che non può venir tramesso. C’è una storia valdese, ma non c’è
tradizione, e infatti il concetto di tradizoine non può uscir fuori dalla nostra analisi, perchè è estraneo alla
Scrittura.
Certamente noi figli siamo ancora
fino aU’ultimo momento nella linea
della storia dei padri. Ma essa dura
fino a noi, non di più. Noi figli ci troviamo sul finire della ventiquattresima ora. Ma al termine di questa continuità storica troviamo che il Signore si erge contro di noi. Cosi si produce una discontinuità, e nello stesse
tempo la possibilità di una storia
<i nostra ». Da una parte Dio ci toglie
la disponibilità del passato, ma dall’altra abbiamo ancora qualcosa davanti a noi. Anzi qui v’è luogo a par
lare della libertà di Dio che ci apre
un nuovo orizzonte, perchè è Signore
e può spezzare quando vuole la conti
nuità della storia in favore di un ravvedimento. Ciò che abbiamo dinnanzi e che in obbedienza al Signore sa
rà la via che percorreremo, con un
impegno rinnovato, proprio questo e
non altro- sarà ancora una volta « storia valdese ».
Per usare le parole dell’Apocalisse,
non abbiamo che a fare le opere che
facevamo prima, ovvero riattaccarci a
quell primo amore, che abbiamo la^
sciato. Il Signore che ci conosce sa
quali fossero quelle opere per cui i
nostri padri han sopportato molte cose per amor del suo nome. Qui la storia può aiutarci a ricordare tutte le
occasioni in cui nella storia valdese
tutto è cominciato di nuovo e quel
primo amore si è manifestato. Da Pietro Valdo, povero per la diffusione
della parola, agli evangelizzatori che
dal secolo scorso hanno condotto nella penisola un’opera missionaria.
Tutto ciò è iniziato una volta « per
amor del mio- nome». C’era una certa
profondità nella frase di Beckwith:
o sarete dei missionari o non sarete
nulla. Era una parola apocalittica.
Era il primo serio tentativo di dare
un senso al XVII febbraio. Il tentati
vo riuscì. La chiesa valdese dal ’48 in
poi non ha altra storia che quella fatta dai suoi evangelizzatori. O questo,
o nulla : la parola detta alla chiesa di
Efeso ripetuto nella storia valdese.
Non si può dire ohe allora non sia
scoccata la ventiquattresima ora, cioè
che non sia cominciato un capitolo
nuovo di storia. In quello che è stato
chiamato il secolo delle missioni, in
cui le più grandi chiese sono state
mosse dalla forza di ima coscienza
missionaria, noi ci siamo occupati d’evangelizzare l’Italia. Di più non potevamo fare, ma neanche di meno.
Ma oggi, quel grandioso amore che
spingeva un mercante di Lione a farsi povero per diffondere Cristo, dov’è?
Che cosa amiamo oggi? Parliamo di
amore, ma amore per che cosa? Qua
Breviario per Vunità
Ricorrendo il 17 Febbraio, s’è riproposto alla riflessione delle nostre comunità il tema della Chiesa sotto la
croce. Tema che, sfrondato di certi
suoi condizionamenti storici e opportuìurmente adattato alla situazione odierna del cristianesimo, conserva intatta
la siut attualità evangelica ed anche
ecumenica. E’ possibile, infatti, che
nella ricerca della sua unità, la Chiesa
si lasci suggestionare da miraggi di
grandezza umana, di efficienza mondami tipo ’’l’unione fa la forza”, di spettacolo. Ma anche la Chiesa ecumenica
non potrà essere altro che una Chiesa
che lotta continuamente sotto la croce.
a cura di Paolo Ricca
come Calvino ci ricorda nel brano pub
blicato qui appresso: una Chiesa cioè
che possa ripetere con FApostolo Pao
lo: ’’molto volentieri nU glorierò pUit
tosto delle mie debolezze, onde la po
lenza di Cristo riposi su me” (2 Co
ràizi 12: 9); una Chiesa che nelle suo
strutture e nel suo sistema di vita non
rassomigli a ’’una specie di regno mondano” ; una Chiesa che non separi quello che Dio ha unito, cioè la gloria e la
croce.
Il testo odierno è preso dal ’’Trattato degli scandali”, pubblicato a Ginevra nel 1550, congiuntamente in edizione latina e francese.
Sotto lai crocè
Qual’è il motivo per cui molti disdegnano di accostarsi all’Evangelo se non questo, che vedono che siamo un piccolo numero di persone, di poca autorità e di nessuna potenza, mentre tra i Papisti vedono tutto l’opposto? Effettivamente, così come oggi stanno le cose,
non ci si deve stupire se la condizione in cui si trova la vera Chiesa,
misera com’è, li fa indietreggiare, mentre la gran pompa sfoggiata
dai nostri avversari abbaglia i loro occhi.
Nessuno però inciampa in questa pietra nè è attardato da questo
scandalo, tranne colui che ignora che il regno di Cristo è spirituale.
Coloro infatti che non sono scandalizzati dalla stalla in cui Gesù Cristo è nato nè dalla croce sulla quale è stato appeso in modo da non
adorarlo come loro re, non disdegnano neppure la bassa condizione e
la piccolezza della sua Chiesa. Tutti confessano a parole —- e certo
bisogna confessarlo — che è ben naturale che la viva immagine di Gesù Cristo appaia nella condizione della Chiesa, come in uno specchio...
Ma se s’avverasse il desiderio di certa gente che vorrebbe che la Chiesa prosperi in tutti i sensi e fiorisca in ricchezze e potenza e goda di
una pace perpetua e nulla le inalidii a una condizione felice e desiderabile sopra ogni altra cosa, non avremmo allora una specie di regno
mondano [invece della Chiesa]? In tal caso bisognerebbe cercare altrove il legno spirituale di Gesù Cristo. La Chiesa sarebbe addirittura separata dal suo capo.
Quanto a noi, ricordiamoci che l’aspetto esteriore della Chiesa
può certo essere spregevole : ma la sua bellezza risplende internamente; e che essa è certo molto instabile sulla terra: ma ferma e stabile
è la sua sede nei cieli; e che essa può ben essere lacerata e dispersa
secondo il mondo: ciò nondimeno si tiene tutta compatta e in piedi
davanti a Dio e ai suoi Angeli; insomma che essa è certo ben miserabile secondo la carne: ma le resta la sua felicità spirituale. Così quando Gesù Cristo è stato deposto nella greppia in grande povertà, gli
Angeli dall’alto cantavano la sua lode, la stella in cielo rendeva testimonianza alla sua gloria, i Saggi, da lontano, sentivano la sua potenza. Quando ebbe fame nel deserto, lottando contro le tentazioni di
Satana, e quando sudò sangue, gli Angeli erano lì, pronti a servirlo.
Quando doveva essere preso e legato, fece cadere alTindietro i suoi
nemici col solo cenno della voce. Nel momento in cui pendeva dalla
croce, il sole, eclissandosi, gli rendeva omaggio, come al re di tutto
il mondo. I sepolcri, aprendosi, lo confessavano Signore e padrone
della vita e della morte.
Ora se vediamo Gesù Cristo tormentato nel suo corpo dall’orgoglio e dagli oltraggi dei malvagi, se lo vediamo oppresso dalla loro tirannia, esposto al loro dileggio, sospinto qua e là dalla loro violenza,
tutto questo non deve in alcun modo stupirci: piuttosto dobbiamo
rammentare che la Chiesa è costituita a questa condizione, di lottare
continuamente sotto la croce, finanto che dovrà camminare in questo
mondo. CALVINO
l’è oggi l’opera essenziale, vitale, di
fronte alla quale saremo finalmente
pronti a lasciare al secondo posto tutte le cose che non sono essa e soltan
tc essa?
Fare quest’opera di prima, non significa cercare una fedeltà ad una tradizione, ma esser fedeli al Signore e
cioè ravvederci e rinnovarci. Che cosi
ii Signore pensi di fare di noi e come
egli intendia proseguire la storia vnidese non sono questioni nostre. Ancora nel 1936 uno dei maggiori lottatori della Chiesa Evangelica Confessante in Germania, D. Bonhoeffer, diceva : « non sappiamo ancora che cosa
Dio pensi di fare della sua Chiesa
confessante» Neanche noi sappiamo
come il Signore continuerà la storia
valdese, ma sappiamo che la continuerà. Però la «promessa» che ci sta
davanti è valida soltanto nel ravvedimento e il ravvedimento é la condizione per partecipare veramente a
.quella storia. L’unica maniera di essere, dice Gesù nell’evangelo giovan
njco, è nascere di nuovo.
Il senso del XVII febbraio, il suo
valore per noi, sta neU’altemativa davanti alla quale siamo posti. Sta nel
richiamo del Signore, di fronte al quale la nostra storia si scompone in due
storie, quella del nostro passato e
quella del nostro futuro.
Non sarebbe necessario qui fare un
accenno alla libertà, se non fosse continuamente ripetuto che la libertà,
senza altra spiegazione, è in fondo il
senso della storia valdese. La libertà
di cui possiamo parlare il XVII febbraio come del senso della storia valdese è in verità la libertà del Signore,
che certo nessimo gli tolse mai e nessuno gli restitui mai; è Lui che la detiene, non la storia, ed è lui che la
dispensa, egli può apirire delle porte
che nessuno chiude (Apocalisse). Cosi
se il senso del XVII febbraio è nella
rottura tra «storia valdese» e noi, la
libertà è Tarma con cui questa rottura è prodotta, la si>ada che cadendo
verticalmente su noi produce questa
rottura. Ma solo da una rottura come
questa può sorgere la storia.
In conclusione U senso odierno del
XVII febbraio mi sembra risiedere ancor più che nella celebrazione della
storia valdese, nella libertà di Dio, la
quale, se da una parte ci toglie la disponibilità del passato, dall’altra vuol
costringerci a farci una consapevolezza per la storia delTawenire. In
altre parole, parlando come pastore,
il senso del XVII febbraio sta nel ricordare alla chiesa valdese che il Signore è contro di noi, per porre a noi
la questione critica se vogliamo tornare al primo amore o non essere più
nulla. Questo è il momento in cui il
Signore chiede al popolo valdese in
maniera diretta e senza che possiamo
sfuggire alla questione, se intendiamo
esser chiesa o non essere. A noi tocca
rispondere : non come se avessimo
molto tempo davanti, ma come persone che sono già .sotto il giudizio del
Signore Sergio Rostagno
2
IM«. 3
N. 8 — 22 felibraio 1963
Blaise Pascal (sanguigiiii di Domat). — L’au'tenlicilà di qiiealo ritratto, por isocoli considerato 'Come Ja sola riprodiuzione fedele del volto di Pascal, esegnita quando egli era
ancora in vita, è stala recentemente conteslata : si tratterebbe di una copia da un preteso
riilratto eseguito dal pit'lore Quesnel, due anni dopo la morte del P. (Parigi, Bibl. Naz.).
Modernità di Pascal?
Un curioso destino: questa, la formula riassuntiva che suggerisce la rimeditazione del fenomeno, per tanti
aspetti, unico che ci offre lo scrittore,
il pensatore, l'uomo Pascal. Ancora
un autodidatta, per cominciare: ma,
mentre con Rousseau, che abbiamo
evocato qualche settimana fa, siamo
di fronte ad un solitario che vuol riformare il mondo, ci imbattiamo qui
in un genio isolato divorato dal desiderio di primeggiare. ”Une des chases sur lesquelles il s’examinait le
plus, c’était cette fantcùsie de vouloir
exceder en tout”, ha lasciato scritto
sua sorella, Gilberte Périer; e la frase
va ricordata, per accostarla utilmente
all’altra, sfuggita al confessore che lo
assistette negli ultimi momenti, e che
tanto ha contribuito a creare la leggenda di Pascal: "C’est un enfant, il
est humble et 'soumis comme un enfant”. Non per dubitare della sottomissione di Pascal neH’ultima ora:
ma bisogna dire che essa viene tardi,
a coronare agiografìcamente una vita
che appare invece spesa sotto il segno
dell’impazienza, a percorrere sentieri
divergenti, e sotto la spinta sempre
deirinvincibile desiderio di trionfare
di un impedimento, di una difficoltà.
Così la vocazione scientifica, nata
nel fanciullo per caso — se non per
dispetto — anche per vincere un limite (in questo caso, imposto dal padre, che vuole che impari il latino,
prima di consacrarsi alla matematica): così le più straordinarie esperienze o invenzioni (l’esperienza di
Torricelli sul vuoto: perseguita e realizzata finché essa può sbalordire il
mondo dei dotti, e subito abbandonata, non appena ha notizia che altri, in
questa stessa direzione, gli si affianca
o lo supera; la macchina calcolatrice,
salutata con consapevole sentimento
di trionfo, con il compiacimento che
merita l’impresa di aver ’’réduit en
machine une Science qui réside toute
entière dcms l'esprit”; ma per la quale
si affretta a prendere un privilegio,
che non solo salvaguardi la .sua scoperta, ma vieti ad altri, in futuro, di
cimentarsi in siffatte investigazioni).
Nè più meditato appare l’impegno
di scrivere le Provinciali: vi è qualcosa di supremamente assurdo nell’impresa di uno scienziato che, dall'oggi all’indomani, si trasforma in
professore di teologia e si lancia a capofitto in un dibattito nel quale si è
logorata per secoli la speculazione
teologica dei più grandi padri della
chiesa; che scaturisce, questa volta,
dalla generosa indignazione provocata dall’ingiustizia di cui sono vittime
gli amici di Port-Royal. Ancora una
reazione ad un limite; ancora il lanciarsi in un’impresa in cui nessuno si
era cimentato; questa volta lo slancio
è tede, che la reazione va molto al di
là del primo obbiettivo (il problema
della grazia) per coinvolgere nel dibattito una seconda questione (la morale lassista), perfettamente estranea
all’assunto (è il sublime errore del genio, che assicura la salvezza delle
Provinciali, sul piano letterario e su
quello spirituale, occorre appena ricordarlo).
E quanto di provocatorio vi è mai
nell’ultima fatica, l’ambizioso progetto di ««’Apologia del Cristianesimo'?
Che deve riuscire là dove ha fatto fallimento la dottrina ufficiale, l’esperienza secolare della chiesa docente, e
portare finalmente a Cristo gli orgogliosi ’’libertini”, gli eleganti e raffinati uomini di mondo, suoi amici, la
cui tranquilla indifferenza, più che
scarulalizzarlo, lo irrita: ’’Cette négligence en une affaire où il s’agit d’euxmêmes, de leur éternité, de leur tout,
m’irrite plus quelle ne m’attendrit...”.
Onde la disinvoltura di questa dimostrazione: che comincerà bensì con
l’escludere che l’esistenza di Dio si
possa provare (la fede lo ’’sente”, la
ragione non lo dimostra: ”le Dieu des
Chrétiens ne consiste pas en un Dieu
simplement auteur des vérités géométriques et de l’ordre des éléments:
c’est la part des payens et des épicuriens”), ma non esiterà di fronte allo
scabroso argomento della ’’scommessa”... Pascal, l’uomo che ”ne pouvait
demeurer dans les bornes”.
Su quale metro giudicarlo, del resto? L’opera scientifica, traversata da
lampi e da divinazioni, non sembra
vada molto al di là deU’impresa meritoria di un geniale dilettante. Il polemista è temibile, ma quale teologia,
o semplicemente quale antropologia.
O e pure con ritardo, non
^ vogliamo trascurare di ricordare un anniversario degno
di nota: il terzo centenario deila morte di Biagio Pascal. Come
già per J. J. Rousseau, il Prof.
Enea Balmas, con alcuni colla
boratori altrettanto qualiflcati,
ha curato questa doppia pagina
dedicata alla figura composita
e vivissima dello scrittore, pensatore e scienziato " che sentiamo particolarmente vicino perchè in lui il problema della fede — e della fede nell’Iddio vivente delle Scritture, nell’Iddio
di Gesù Cristo — fu problema
essenziale, sicché la rievocazione presenta, più che mai nel
suo caso, un senso di profonda
attualità.
.wrregge la sua critica dell’umanesimo
gesuita? E come estrarre un pensiero
compiuto dall’informe ammasso delle
Pensées, di cui non si conosce il vero
piano, di cui non si possiede la ’’chiave”, e che sembrano, a volte, portare
al parossismo un genio naturale della
contraddizione e dell esasperazione
dialettica? Pensava forse a se stesso.
Pascal, quando ha vergato questa folgorante definizione dell’uomo, di cui
gli si fa un titolo di gloria, e che discende invece, in linea diretta, dal suo
"nemico” Montaigne: ’’Quelle chimère est-ce donc que l’homme? Quelle
nouveauté, quel monstre, quel chcKis,
quel sujet de contradiction, quel prodige! Juge de toutes choses, imbécile
ver de terre; dépositaire du vrai, cloaque d incertitude et d’erreur; gloire et
rebut de l’univers. Qui démêlera cet
embrouillement?”
Riaccostarsi a Pascal sembra dunque significare oggi, in primo luogo,
prendere coscienza di quanto ce lo
rende lontano, e lo trattiene ai margini delta coscienza moderna. Significativo, in questa hice, il suo destino
storico: Pascal, l’uomo del partito
preso, è sempre stato amato o odiato
per partito preso. Da Voltaire, che vede in lui riddino difensore del mondo tradizionale e perciò l’avversario
d’elezione, il primo da abbattere; dai
romantici, che ne fanno un lontano
antertato di René, fino a trasformarlo
in un ’’loro” eroe, luogo delle più esaltanti contraddizioni, dell’entusiasmo e
del dubbio, della disperazione e dello
slancio. E se tutta una generazione di
scrittori cattolici contemporanei lo saluta come insostituibile maestro (Bourget, Berrès, Mauriac), resta da meditare l’esitazione di Gide, e la franca
insofferenza di un Valéry. Nessuno
gli ha mai perdonato, inoltre, anche
tra i suoi migliori amici, la grandiosq
ingiustizia delle Provinciali: dove tutto è ineccepibile, a cominciare dalle
citazioni (contrariamente a quanto in
un primo tempo si insinuò), ma tutto
è inaccettabile, a cominciare dalla antropologia così rigorosamente pessimista, tanto che si pensa, oggi, ad un
quasi involontario incupirsi della sua
speculazione a causa della malattia
(ma i medici sostengono che Pascal
non era malato, solo nevrotico; e le
sue idee derivano piuttosto da un mal
inteso spirito di sistema, da un’esasperazione polemica, ancora una volta,
da un partito preso).
In realtà, attraverso esitazioni e paradossi, la posizione di Pascal finisce
col chiarirsi, e la sua situazione rispetto alle odierne latitudini spirituali. E’
l'irrazionalismo dello scienziato Pascal (altra circostanza curiosa) che lo
riaccosta al nostro tempo: l’energia
con la quale egli fa giustizia delle pretese del ragionamento nel delicato
compito di condurre l’uomo verso la
fede. Non la ragione, nè l’armonia del
creato (che appare invece a Pascal
sterminato e muto) ci conducono verso il ’’Dieu caché”: ma la voce del
cuore, rilluminazione del sentimento
o, con parole più precisa, il mistero
della grazia. Il laico Pascal ha insegnato al suo secolo e ripete ai teologi
di tutti i tempi che la fede non si dimostra, non si spiega, non si giustifica: che essa è indifferente alla scienza
ed alle sue conquiste, come è svincolata da un sistema di conoscenze umane ed attendibili, entro le quali ad
ogni costo si cerca di ricondurla e di
rinchiuderla (onde la sua appassionata fneditazione del miracolo, tappa
essenziale della sua evoluzione spirituale). In un certo senso, il Dio di Pascal è già, ”in nuce”, il ’’Totalmente
Altro” di certa recentissima teologia:
e il suo tentativo di ancorare la fede
nell’esperienza sentimentale e morale
di Gesù Cristo risponde con anticipo
di secoli alla crisi del razionalismo filosofico ottocentesco, di cui il cristianesimo contemporaneo ha così duramente sofferto.
Ed anche l’uomo di Pascal — quale ci appare soprattutto attraverso le
Pensées — non manca di una sua patina di modernità. Senza dubbio, egli
ha largamente attinto a Montaigne e
la sua originalità, su questo punto, è
necessariamente minore: ma tipica e
solo sua, l’idea di integrare l’infinito
di miseria retaggio della creatura (e
che l’autore degli Essais aveva così
ben denunciato) con un infinito di
grandezza, che pure compete al credente, che si sa fatto ad immagine di
Dio: sì da creare, attorno all’uomo,
una zona ambigua, determinata dalrintersezione di questi due cerchi,
grandezza e miseria, santità e perdizione. Situazione dialettica, crisi potenziale, che tutte le epoche hanno conosciuto; ma che sembra imporsi con
particolare insistenza alla nostra, e
concernere in maniera puntuale l’uomo di questo tempo, la sua angoscia
esistenziale, la sua acuta coscienza
dell’assurdo.
Senza dubbio, torna utile, per concludere, riaccostarsi alla definizione
di Voltaire: Pascal misantropo di genio. Uomo grandissimo, che ha osato
darsi come dottrina quella di non
amare l’uomo (”le moi est hdissable”:
rigorosamente inteso, come lo intendeva lui, è una bestemmia contro lo
spirito); ma uomo cui il genio ha sorriso, riscattandolo dalle sue miserie
fisiche, in utta dimensione superiore
di felicità e di grazia.
Enea Balmas
/ giorni
19 giuigiio 1623 — Blaise Pascal nasce a Cleumont-Ferrand, iieMl’Alveraida, da uma
fainiiglia di riechi borghesi. Orfano di madre a tre aonà, sarà educalo dal padre, Etleime Paiscal, alto funzionario neilit’amiinliDisIrazione dèdle finanze, ma
ambe scaenziato, uomo di temperamento ardente, di formalistiica ma rigorosa
pietà. J'I' (giovane Blaise, ambe a causa d’olla salute delicata, non frequenterà
mai una scuola.
1631-1638 — E'Ueame Pascal si stabilisce a Parigi, dedicandosi in primo luo<go all’educazione dei suoi figli (oilltre a Blaise, Gilberte e .lacqueline), ana senza
'trascurare di coltivare i suoi studi, nè le relazioni mondane (il 'Paidre Mersenne, Ga'ssendl, gli Amauld, Pallore Moutdory, M.nve Sainlot, una delle ispiratriei di Volture). In questo ambiente eccezionale cresce il giovane Blaise,
che non tarda a dare prova del suo « effrayant genie », cimentandosi in ri.
cerche di carattere scientìfico e maitematico a pena concepibili data 'la sua
giovane età ('trattato sulla ipropagazione del suoni, trattato sulle coniche,
H reimvenzione » delle prime proposizioni della geometria euclidea).
1639-1648 — Etienne Pascal, nominato Commissario straordinario per la riscossione delle imposte in Normandia, si stabilisce a Rouen. La voicazione scientifica di Blaiise ei' precisa: al periodo normanno apparienigono alcune delle
realizzazioni più soiprend'enti, l'invemiona di una (C maiohirae arithmétìque »
(un 'primo tentativo di' ma>ocbina oalooliatiiioe: 1645), la ripetizione deU’espeliiuen'to di Torricelli (1647-1648). Nel fraittemipo lia fatto la conoscenza di
Descartes, oltre .che di Comeilie, che frequentava la casa di suo padre. Ma
nel 1646 Etienne Pascal aceoiglie in casa sua per alcuni mesi due genliluoniiini ohe si ded'i'cano ad oipere di pietà, e che lo assistono durante una sua
infermità (si è rotta una igamba): i due gentìliuomlni, nieOHConvertiti alle idee
di Saint-Cyran, trascinano in breve il giovane Blaise, e, al suo seguiito, tutta
la famiglia, in un dima di pietà più intensa e severa e ne fanno degli ardenl'i
giansenisti.
1651-1654 — La 'morte idei pa'dre (1651), seguita dal ritiro in convento, a Port
R'oyal, della sorella Jacqueline (1652) scuotono profondamente Pascal, che
proprio in questi anni, di ritomo a Parigi, sembra sul punto di essere riassorbi'to dalla vita m'ondana (amicizia coin il duca di Roannez, il cavaliere di
Mère, Damien Miilton, Des Barreaux; frequentazione dei .salotti, tra cui quello
della Marciheisa idi Sablé, legato al nome di La Roicliefoucauld). Intanto, il
suo stato di salute si aggrava; l’influeniza della sorellà Jacqueline si isonmia
al proigressivo sfinimento, per ispirargli idee di rin'uncia. Un incidente (la
sua carrozza è sul punto di rovesiciarsi sul ponte di Neuilly), al quale pensa
di esisere sfuggito per un intervento miracoloso, e, infine, l’esperienza mistica della notte del 23 n'Ovembre 1654, nei coreo della quale si sente toccato
idialla grazia, lo ispiingono a ritirarsi a Port Royal.
1655-1658 — Benché la sua ceiebcilà e il suo passalo di uomo di 'Scienza inibarazzin o uni po co i pii « 'Solitari » di Port Royal, Pascal è presto olii a ma lo a
initerroimpere il suo ritiro dalle polemiidhe che si abbattono sui suoi amici :
per difendere Amaulld, minacciato di censura dalla Soibona, inizia, nel gennaio 1656, la pubbliicazione delle Lettere Pro vinciali ( diioiolto, complessivamente, fino al marzo 1657), con le quali critica violentemente i gesuiti, principali avversari dei giansenisti, rovescianido un torrente 'dii ironia non soltanto isulla loro concezione della grazia (molto più « facile » di quella difesa
dai g'ianiseniistì), ma isoprattutto sulla loro teicnica della direzione di coscienza,
sulla icaisistiica, eioè, e sul lasaismo morale elle ne era la 'conseguenza. Benché
le Provinciali siano anonime. Pascal deve nascondersi: ma Io sorregge, anche
contro la condanna papale, il grande successo delle Lettere e, soprattutto, il
Miracolo della Santa Spina (una sua nipo'le, subitamente guarita da una reliquia, dopo ripetuti insuccesisi della medicina: marzo 1656).
1658-1662 — La pubblicazione delle Provinciali è bruscamente interrotita, forse
per scrupoli 'di coscienza deirautoTie (una diciannovesima lettera é rimasta
iiucompiiuta). Nel 1658, Pastoal toma alia matematica ('Co.nicoriSo della icicloide):
ma continua a raccogliere materiale per la grande opera cui va meditando
dal marzo 1656, un’Apologià del cristianesimo, volta anzitutto a convincere
gli indifferenti e gli uomini di mondo (l’opera resterà incompleta: dopo la
sua morte i suoi aippunti saranu'o pubblicati sotto il tìtolo di Pensées sur la
religion et sur quelques autres sujets). Di fronte alla 'condanna dell’ditgustinus idi Gianisenio (1661) e alla iriipreiBa delle pensecuzioni loontro Port Royal,
Pascal assume un atteggiamento intransigente, fino ad entrare m 'conflitto con
i isuoi amici Amauld e Nicole, più propensi a'Ma sottoimiissione. Ma, se non è
improbabile che la isua evoluzione imorale lo abbia, negli ultimi animi, allontanato da Port Royal, la sua pietà vigorosa non conosce attenuazioni, fino
ad imporgli, a diispetto delle crescenti sofferenze fisiche, 'Contìnue macerazioni. La morte lo coglierà il 19 agosto 1662, a soR 39 anni di età. e. b.
Pascal
scienziato
Il genio di Pascal ha dato contributi di lonaamentate importanza alla
matematica e alla tisica, scienze per
le quali egli dimostrò un talento prodigioso e precocissimo, fei racconta
che al,l’età di dodici anni egli abbia
scritto un trattato d'acustica 1 andato
smarrito, come del resto la maggior
parte dei suoi scritti; e cne, circa alia
sieissa età, abbia ricostruito da solo
gran parte della geometria euclidea,
li cui studio sui libri gli era stato vietato dal padre, li racconto di questo
celebre episodio si deve alia sorella
Gilberte Périer e vale la pena d esser
riportato per intero.
« Mio padre era uomo colto nelle
matematicne e usava scambiare le
proprie idee coi matematici, i quaji
irequentavano spesso la sua casa; ma
polene egli aveva in animo d’iSi-ruire
mio irateiio nelle lingue e sapeva cne
la matematica è una scienza cne
riempie e soddisfa lo spirito, temendo
cne la matematica rendesse mio Iratelio negligente per il latino e per le
altre lingue in cui intendeva periezionarlo, voile che di matematica mio
Irateilo restasse del tutto ignaro, bercio egli aveva requisito tutu i libri che
trattavano di matematica e si asteneva dai panare dì quella scienza con
gli amici in presenza di mio iratelio.
»«¿ueste precauzioni non riuscivano
tuttavia ad impedire che la curiosità
del bambino fosse eccitata e che questi pregasse spesso rmo padre d'insegnargli la matematica. Ma mio paure
gli rispondeva negativamente, promettendo che l’avrebbe fatto per premio, dopo che egh avesse appreso ii
latino ed il greco.
« Mio fratello, vedendo questa resistenza, gli domandò un giorno che cosa fosse quella scienza e di che trattasse; mio padre gli disse, genericamente, ohe essa insegnava il modo di
fare delle figure giuste e di trovare le
proporzioni che queste hanno fra loro, e in pari tempo gli vietò di parlarne ancora, anzi di pensarvi mai più.
Ma quello spirito, che non pòtéVà réstar chiuso entro limiti ristretti, appena ebbe intravisto questa semplice
apertura: che la matematica procura
i mezzi per fare delle figure infallibilmente giuste, si mise da solo, durante
le ore di ricreazione, a inseguire un
tal sogno; e tutto solo nella stanza
in cui aveva preso Tabitudine di divertirsi, disegnava col carbone delle
figure sul pavimento cercando il modo di fare, per esempio, un cerchio
perfettamente tondo, un triangolo i
cui lati e i cui angoli fossero uguali,
e altre cose del genere. Tutto questo
egli trovò da solo; poi si mise a cercare le proporzioni delle figure ira loro. Ma tanta era stata la cura di mio
padre nel nascondergli tutte queste
cose, che egli ne ignorava perfino i
nomi e fu perciò costretto a darsi delle definizioni proprie; un cerchio lo
chiamava « un tondo », un segmento
« un'asta »i, eoe. Dopo queste ideftnizioni si diede dei postulati, infine delle perfette d^ostrazioni. E poiché, in
tali questioni, da una cosa si deduce
l’altra, egli spinse le sue ricerche così avanti, da arrivare fino alla trentaduesima proporzione degli Elementi
d’Euolide.
« Precisamente a questo pimto egli
era, quando mio padre entrò nella
stanza senza che mio fratello se ne
accorgesse; e a lungo anzi continuò a
non accorgersene, tanto profondamente era assorto. Non si può dire chi
restò più sorpreso, se il figlio di vedere il padre, a causa dell’esplicita
proibizione ricevuta, o il padre di vedere il figlio in mezzo a tutte quelle
cose. Ma la sorpresa del padre divenne ben più grande quando, avendo
chiesto al figlio che cosa facesse, questi rispose che cercava la questione
trattata nella trentaduesima propo
sizione degli Elementi d’Euclide... ».
Abbiamo riportato questo racconto,
per dire che lo scetticismo che molti
critici manifestano sulla sua veridi
cita (tra i quali il matematico J. Ber-
3
22 feU)raio 1%3 — N. 8
trand e lo storico della scieiiza A.
KoyréX, non cà sembira giustificato,
iniatti il racconto continua col nierire cfie, più dettagliatajnente interrogato in argomento, il bambino spiegò che la sua dimostrazione si basava
su altre precedenti, e quelle su altre
ancora e cosi via, fino ad arrivare aln definizioni e ai postulati da lui ap
positamente inventati. Se dunque siamo d'accordo sulla precocità e sulla
potenza del gemo matematico di l'ascal, perone dovremmo dubitare delle
sue capacita di ricostruire la geomeiiia euclidea come scienza deduttiva?
comunque sia, il racconto non può
cne nleni'si ad uno straordinano episodio realmente accaduto.
A sedici anni, uopo essersi impadro
Ulto de; meglio cella matematica gre
ca, Pascal scrisse un trattato sulle coniche (. curve dehnite come seziom piane dun cono circolare retto), che stu
pi gli scienziati dell'epoca per la semplicità e 1 eleganza uei risultati. Ancne questo trattato è andato perduto,
ma n'é stato tramandato ai posteri n
teorema iondamentale iche i contemporanei chiamarono: dell’esagramma
mistico), vera pietra angolare su cui
e possiDile edincare gran parte della
cosideita geometria proiettiva. Di
questo tipo di geometria, fiorito nei
sec. XIX sotto rimpulso di Poncelet
U788-1867) e di Charles (.1793-188U),
Pascal divide con Desargues U5931691) la gloria d’esser stato precursore. Più precisamente, secondo il giudizio di Leibniz (1646-1716), può dirsi
ohe Pascal fu il discepolo e il continuatore di Desargues , del quale
studiò l’oscuro, difficilissimo libro
« Brouillon project d’une atteinte aux
événements des rencontres du cône
avec un plan » ( libro soprannominato, dai matematici del sec. XVII, « Leçon des ténèbres » ! ), impadronendosene rapidamente tanto da poter presentare aU’Accademia delle Scienze,
all’età di soli 17 anni, una nuova opera sulla teoria delle coniche (« Essay
pour les coniques ») d’evidente ispira
alone desarguiana: Pascal porta ordine, precisione, chiarezza alle idee dei
Maestro e ne trae geniali conseguenze.
Pascal non si occupò di matematica con continuità. A parte la costruzione della prima macchina calcolatrice (1647), che egli fece per aiutare
Il padre come amministratoire della
provincia di Rouen, macchina di cui
non si deve esagerare nè la difficoltà
ne rimportanza, un secondo periodo
produttivo cade fra gli anni 1652-1654,
e concerne i principi del calcolo com
Dinatono e del calcolo delle probabilità di CUI Pascal, insieme con Fermât
(i6i.il-l665) e indipendentemente da
Galileo (1564-1642) che li ha preceduti
entrambi in alcune idee importanti,
deve considerarsi fondatore. Questi
nuovi lavori di Pascal contengono anche risultati interessanti di teoria dei
numeri ( « Potestatum numericarum
Summa » e «Traité du triangle arithmétique », nel quale si trovano molte
nuoive proprietà del cosiddetto «Triangolo Tartaglia». Tale « Triangolo »
non è che una speciale tabella nella
quale sono riportati i coefficienti dello sviluppo delle successive potenze
del binomio).
Il genio matematico di Pascal brillò, e in tutto il suo fulgore, una terza
etì ultima volta fra il 1657 e il 1658. La
stona di quest’ultimo ritorno di Pascal alla scienza è d’un grande, profondo interesse umano, per le circostanze ed il modo in cui si realizzò,
ben tre anni dopo la « notte di fuoco » (23-11-1654, la famosa notte in
cui scrisse il «Mémorial»), cioè dopo
la sua decisione d’abbandonare per
sempre il mondo e la scienza. RaocontFi la nipote Marguerite Périer che
Pascal, soffrendo d’un violento mal
di denti, « pensò, per alleviarsi la sofferenza, d’applicarsi a qualcosa di cofi., fortemente impegnativo, di così faticoso per il cervello, da distrarlo dai
pensiero del proprio male. A tale scopo egli si mise a studiare il problema
della cicloide, già proposto altra volta dal padre Mersenne, problema che
nessuno era mai riuscito a risolvere
ed. al quale egli stesso non aveva ancor mali riflettuto. Egli studiò quel
problema così bene, che ne trovò la
soluzione e tutte le dimostrazioni, e
in pari tempo lo studio così intenso
10 distolse dal pensiero del suo mal
di denti. A studio ultimato, il male
era guarito ». Tuttavia « egli non
scrisse nulla e non fece alcim caso
della propria scoperta, considerando
questa come vana ed inutile e non
volendo affatto interrompere il lavoro che poteva dare per scrivere la sua
opera sulla religione ». Fu soltanto
per le insistenze del Duca di Roannez.
11 quale gli fece osservare che, per
combattere gli atei e i libertini, era
opportuno « dimostrare di saperne più
di loro tutti nel campo della geometria», ...e che, se si accettava la rivelazione per fede, non era già per ignoranza, ma al contrario perchè si conoscevano meglio d’ogni altro i limiti
della ragione e il valore delle dimostrazioni scientifiche, che Pascal si
decise infine a redigere la nuova scoperta e a fame oggetto d’un concorso.
La storia di questo concorso è troppo lunga per trovar poeto in quest’articolo, nè possiamo qui neppur citare
qualche scritto minore: ci limitiamo
a dire che Wallis, Huygens, Sluse,
Wren ed altri presero parte al concorso, ma che Pascal li superò tutti
con l’eleganza e l’abilità delle soluzioni che diede ai problemi relativi alla
Tullio Viola
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L’an de grâce 1654,
Lundi 23 uuveinbre jour de saint Clément
Pape et Jnarljr, et autres au martyrologe romain
Veille de saint Clu-ysogO'Ue martyr et autres,
Depuis environ dix heures et demie du soir
Jusques environ minuit et demi.
Feu.
Dieu d’Abrahani, Dieu d’Isaae, Dieu de Jatoh,
iNon des pliilosophes et des savants.
Certitude. Joie. Certitude. Sentiment. Veue. joie.
Dieu de jésus-Clu-ist.
üeum meum et Deuni veatrum Joli. 20.17
Ton Dieu sera mon Dieu Ruth
Oubli du monde et de tout, iiormis Dieu.
M ne se trouve que par les voies enseignées
Dans l’Evangile. Grandeur de l’âme humaine.
Père juste, le monde ne t’a point
Connu, mais je t'ai connu Joli. 17
Joie, joie, joie, et pleurs de joie.
Je m’en suis séparé:
Dereliquerunt me fontem aquae lieue.
Mon Dieu, me quitterez-vous?
Que je n’en sois pas séparé éternellement.
Cette est la vie éternelle, qu’ils te connaissent
Seul vrai Dieu, et celui que tu as envoyé,
Jésus iClirist.
Jésus-Christ.
Je m’en suis séparé; je l’ai fui, renoncé, exueifié.
Que je n’en sois jamais séparé.
l'I ne se conserve que par les voies enseignées
Dans l’Evangile.
Renonciation totale et douce.
Soumission totale à Jésus-Ghrist et à mon directeur.
Eternellement en joie pour un jour d’exercice sur la terre.
Non obhviscar sermoiies tuos. Amen.
Il « memoriale » di Pascal. — Riproduciamo una copia del « nvemoriale » ohe Pascal portava sempre su di sè cucito nella fodera
dell’abito, a ricordo della notte del 23 novembre 1654, in cui
ricevette l’illiUininazione della Grazia, e la sua trascrizione in
caratteri moderni. L’originale è andato distrutto (ma ne esiste
un brogliaccio autografo tra gli appunti lasciati da Pascal); la
presente copia è stata eseguita da un nipote dello scrittore,
Etienne Périer. (Parigi, Bibl. Naz.).
libri
Come già abbiamo fatto per la presentazione di JJ. Rousseau, indichiamo qui
non già una bibliografia (ci vorrebbero
pagine!), ma qualche opera più facilmente alla portata di coloro che volessero prolungare e approfondire l’analisi accennata
in queste pagine:
— Anzitutto, fra le opere di Pascal,
quella forse più importante : i a Pensieri » ;
fra le molte edizioni, ricordiamo le più
economiche: in francese fra i ’Livree de
poclie’ (L. 550), e in italiano nella B.U.R.
ìL. 280), purtroppo l’una e l’altra momentaneamente in ristampa.
— Fra i numerosiasimi saggi su Pascal
ricordiamo :
P. Sekini: Pascal. Einaudi, Torino 1942,
pagg. 346.
V. E. Au-'tERi: Il problema Pascal. Nuova
Accademia, Milano 1959, pagg. 200,
L. 1.200.
A. Béguin : Pascal par lui-même. Editions
du Seuil, Paris 1961, pagg. 192, L. 850.
L. JerI’HAGon: Le caractère de Pascal.
Presses Universitaires de France, Paris 1962, pagg. 320, L. 2.400.
Infine un saggio di P. Maujrv in: 2rois
histoires spirituelles: Saint Augustin Luther - Pascal. Labor et Fides, Genève
1962, L. 1.600.
Le riproduzioni sono state fomite
dal Laboratorio Fotografico Ruggero
Marini, di Milano, che ringraziamo
vivamente.
Da! Pasca! preromantico
Pasca! esistenziaie
Pascal sembra, a [irima vista, lontano dal nostro travaglio di oggi, dai
nostri problemi, dal nostro umano
alFaiino; con la .sua solitudine, con
li. sua angoscia permeata di uii’insi( nrezza cite solo mia sicurezza paladossale riesce a vincere, con il suo
ripiegaiueiito quasi morboso su una
interiorità troppo « scavata », pare
jioco adatto a un mondo in cui tutto ciò (die non si traduce in impegno
sociale o in concreta incidenza comtinilaria ha l’aspetto delFenasio/U'
o dell’o/ieuazioiie. Per quanta simjiatia come protestanti possiamo avere per quest’uomo che, condannando il protestantesimo, è stato tuttavia, fra i grandi cattolici, il più vicino agli sconvolgenti temi della Riforma, rimaniamo perplessi dinanzi
alla direzione intimistica, preromantica, per molti aspetti individualistica e « aristocratica », che egli ha
impresso al suo cristianesimo. La
stessa testimonianza inflessibile e appassionata da lui resa alla sovranità
della grazia mostra di chiudersi e
(onceutrarsi in un’esperienza più
emotiva che attiva: proprio la lettura del Meniorinle del 1654, che ci
porta con tanto incisiva potenza dinanzi all’Iddio biblico, all’Iddio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe,
contra)>posto al Dio « dei filosofi e
degli scienziati », lascia nel contempo un’impressione contrastante per
ciuell’eccessiva insistenza .sui temi
psicologici della certezza, della gioia, della jiace, e per quell"« oblio del
iiiondo e di tutto » che, benché possa ricevere un innegabile senso evangelico (se bene inteso), rischia di
suggerire un isolamento ascetitm inconciliabile con l’impegno cristiano
verso la realtà che ci circonda. Si
direbbe che in Pascal, accanto ai temi autentici e vigorosi della grazia
e della lede, abbian finito per confluire da un lato il tradizionale filone deirascetismo mistico-peniteiiziab; cattolieo (in una forma raffinata,
intima, scevra da legalismi), dall’altro il preannunzio di quella « religione del sentimento » che doveva
dare i suoi frutti con il pietismo e
con il risteglio ma anche (al di fuori di un riferimento alla Parola o
con un riferimento solo secondario o
problematico ad essa) con Rousseau
e con il romanticismo. La lezione teologica di Barili e l’appello che dalr umanità sofferente ci viene a un
cristianesimo impegnato nel mondo
paiono, dunque, convergere nel suggerire una riserva di fronte al grande pensatore francese.
Un’analoga riserva sembra imporsi dinanzi a un aspetto più direttamente « speculativo », o dottrinale.
fi
(ieiratteggiamento pascaliano: aspetto ( Ite, per altro, può finire con l’inctdere sulla direzione stessa esistenziale della fede. Nel frammento 60
dei Pensieri, che fornisce il piano
(Iella grande Apologia del Cristianesimo )joi non compiuta (ma in cui
li materiale dei Pensieri avrebbe doMito confluire), l’esistenza di un Redentore è detta dimostrabile « per
mezzo della Scrittura », mentre fa
corruzione della natura è affermata
provabile « per mezzo della stessa
natura ». Tutti i Pensieri, del resto,
come la celebre Conversazione con
Monsieiir de Saci (ove le opposte filosofie dello scettico Montaigne e
dello stoico Epitteto si integrano a
lo) deve opporre che in Cristo e nelhi Parola che lo indica e lo testimonia noi conosciamo, non per ragione ma per lo Spirilo Santo, sia il nostro peccalo, la nostra debolezza, la
nostra miseria, sia la nostra salvezza. La negatività stessa dell’uomo,
quandi, non guardiamo alla croce, è
estremamente equivoca, e può rovesciarsi in scettica noncuranza o (come neU’esistenziaJisnio ateo) neU’orgoglio del jiropirio limite.
Giunti a questo punto, però, ci si
può domandare se, in queste seconde riserve, non si sia guardato troppo al Pascal sistematico, al Pascal
che, juir non negando l’intervento
finale e decisivo della grazia, sogna
l/fva meditazione
di Ras Gai in chiave più moderna
può insegnarci a rispettare
in modo
cristianamente autentico
ia scienza,
ma anche ad annunciarie
gueiR Evangeio
che abbatte tutti gii Idoii
dare un’immagine, pessimistica e ottimistica a un tempo, dell’uomo),
sono attraversati dalla fiducia che la
contradittorietà umana, il peccato, il
bisogno profondo e radicale di un
Redentore possano essere afferrati e
mostrati dalla ragione: non certo da
una ragione astratta, di tipo aristotelico o scolastico (quale la ragione
tomistica, dimostrante Dio attraversi. le (c cinque vie »), ma da una ragione concreta, sostanziata di vissuta e sofferta esperienza. Anche così,
la fiducia pascaliana sa troppo di
pretesa umana, di londazione di una
¡.arte dell’Lvangelo (quella che animtizia e dichiara il peccato degli nomini) stdia base della ragione anziebò della Rivelazione. L’assunto apologetico è, d’altronde, talmente scoperto i-he finisce col toccare anche il
tema di Cristo, cioè quel tema che
il frammento 60 riserva alla prova
scritturale. Ma la Scrittura, che pure
nei momenti decisivi Pascal sa sentire come la Parola che opera per la
potenza dello Spirito Santo, diventa
appunto; in alcuni dei Pensieri, strumento di apologia, oggetto aggredito dalla ragione che vi cerca, con
c;ticolo umano, miracoli e profezie
( ome prove di Cristo (fr. 547 e 564).
Alla quale ultima pretesa, come alia |>riina. il protestante (pur con la
consapevolezza che rispetto a questa
radicalità di posizione le Chiese della Riforma sono state talora in difet
va (li condurre con la ragione (con
una ragione storica, concreta, antiscolaslica e anticartesiana, tutta intessula di « esprit de finesse ») il «libertinti » alle soglie della fede. In
effetti, un Pascal di questo genere
non è (per dir così) riuscito a « realizzare » se stesso: VApologia è restata un progetto, e ci sono rimasti
i Pensieri nel loro disordine, nella
loro frammentarietà. Pretendere di
costruire un quadro, pur tenendo
conto delle intenzioni pascaliane
(quali appaiono, ad esempio, nel
frammento 60) quando il quadro è
rimasto incompleto e informe, non
è arbitrario? Vi è forse un significato profondo nel fatto che respeiieiiza esistenziale stessa del nostro pensatore, e alla fine la sua morte, hanno lasciato la sua opera più importante (a parte le Provinciali) allo
stato di abbozzo, in un’irregolarità
compositiva die esprime non il suo
sistema di pensiero (provvidenzialmente fallito) ma il fondo della sua
esistenza, il suo dialogo irregolare
ma vivo con se stesso e con Dio. A
questa luce, persino le prime rioer\e, quelle sul carattere et aristocratico » e « individualistico » di Pascal,
possono attenuarsi : siamo di fronte
a un uomo vivo, con molti difetti,
alcuni dei quali legati al suo « condizionamento » religioso, con pretese e con idee che possono essere giuste o sbagliate, ma in cui gli errori
e i fallimenti stessi ricevono senso
tlall incontro Iondamentale con Cristo. 11 Uisordme dei Pensieri è quasi
Il smiholo di quella rottura che la
Farola vivente ha prodotto irrompeiiùo negli sctieini Ui vita e Ui pensiero del nostro autore: negli schemi stessi in cui egli cercava Ui inquaarare la fede, che invece viveva e voleva incommensurabilmente al di là
ui essi. Solo su questo piano più proloutlo, U’altra parte, è possibile, sulle orme di (.lestov (ma indebolendo
un po le tinte), collegare Pascal e
Lutero, entrambi, pur nella diversità del carattere e nella differenza
delle vicende, testimoni ed assertori
a un tempo di una frattura deR’ordine, del « generale », del « logico »,
operata da una Fetenza che salva
sconvolgendo e invita non alla quiete del « sonno » ma alla tensione del
paradosso. Da questo lato, la tematica pascaliana si presenta come precorritrice, parallelamente alla Riiorma, ilei grandi motivi esistenzialistici e di quel cristianesimo esistenzialistico, sia protestante che cattolico, che tanta importanza lia avuto,
c ancora ha, nel dialogo religioso
odierno. L’urto, in Pascal, non e
d’altronde solo tra fede e ragione
ma, come in Lutero, tra fede e ordine costituito persino ecclesiastico:
pur in un contesto storico meno mosso, e pur nella disperata fedeltà alle strutture cattoliche, il nostro pensatore si collega idealmente al monaco di Wittenberg quando, di fronte
alle condanne romane, scrive: «ad
Imiui, Domine Jesu, tribunal appello ».
Infine, dal solitario Pascal può venire un insegnamento, o un monito,
relativo allo stesso impegno cristiano di dialogo volto al mondo. Con
tutta la nostra tensione esistenziale,
da un lato, e politico-sociale, dall’altro, siamo spesso afferrati proprio
nella proclamazione della Parola e
nella testimonianza dell’Evangelo,
da una sorta di curioso (ma in fonde ben spiegabile) « complesso di inleriorità » di fronte alla scienza, ai
suo mondo, alle sue strutture, alle
sue scoperte. Siamo addestrati, magari, a mettere in crisi la ragione
hegeliana e quella storicistica nelle
sue varie modulazioni; ma finiamo,
spesso, con l’arrestarci pieni di timore reverenziale di fronte alla ragione
scientifica. Una meditazione di Pascal in chiave più moderna può insegnarci a rispettare in modo cristianamente autentico la scienza, ma
anclie ad annunciarle quell’Evangelo
che abbatte tutti gli idoli.
Ernesto Maggioni
4
pftg. 4
22
E l uomo dal quale erano usciti i demoni lo pregava di poter stare con
lui; ma Gesù lo licenziò dicendo: Torna a casa tua, e racconta le grandi
cose che Iddio ha fatte per te. Ed egli se ne andò per tutta la città, proclamando quanto grandi cose Gesù aveva fatte per lui”.
Il difficile
(Luca 8: 38-39).
C’è un meraviglioso contrasto fra
la prima e la seconda parte di questo
episodio, un contrasto non tanto di
natura narrativa, quanto piuttosto suggerito dal significato stesso del rac
servizio
conto. La prima parte (w. 26-33) ci
mette di fronte al quadro sempre
drammatico della guarigione di un indemoniato; quest’uomo non ci è descritto che ifi funzione del demoniaco
che lo possiede; come uomo ci è sconosciuto, assente; anche il « gran grido » che getta non è che il grido delle forze demoniache da cui è lacerato; e il dialogo breve, impressionante
che ne segue si svolge tra protagonisti
dei quali egli sembra essere soltanto
un cieco terreno d’azione.
Ma dopo la liberazione operata da
Cristo, ecco che d’improvviso sboccia
sotto i nostri occhi la figura di quest’uomo: noi lo troviamo, così come
lo trova la gente uscita fuori a veder
l’accaduto, che « sedeva ai piedi di
Gesù » (v. 35) e più tardi « lo pregava
di poter stare con lui » (v. 38). Con
rapidi e scarni tocchi, che ci fanno
pensare veramente a una creatura
nuova, nata nell’istante della liberazione, Luca ci disegna questa figura
di credente in atteggiamento di umile
ascolto e di amore devoto. Allora veramente la relazione vitale fra Gesù e
l’uomo si rivela improvvisa e acquista tutto il suo risalto, mentre lo spavento dei Geraseni e il loro affollarsi
sul luogo del miracolo non sono che
un elemento di sfondo, quasi un’eco
umana alla confusione demoniaca di
poco prima.
Ora l’uomo è di fronte a Cristo, in
un « tête-à-tête » decisivo, di importanza suprema: lo comprendiamo via
via che procediamo nella lettura del
testo. Eppure il dialogo è di una semplicità e di una sobrietà estreme. Vediamo quest’uomo liberato, e consapevole delle « grandi cose » che Gesù
ha fatto per lui, tutto preso dalla felicità di questo incontro col Cristo, mettersi ai suoi piedi, farsi spontaneamente suo discepolo, nella sete di rimanere con Colui che gli si è rivelato
fonte di vita e di salvezza. E quando
Gesù sale di nuovo sulla barca, quest’uomo non chiede al suo salvatore
che di « poter stare con lui », nel desiderio, che ci sembra così umano e
toccante, di arrestare l’attimo fuggente in cui si è stabilito quel rapporto
che ha trasformato la sua vita, che lo
ha fatto rinascere al mondo dell’uomo.
Eppure Gesù se ne va; non solo se
ne va, ma « lo licenziò », dice il testo. Le parole però che Egli lascia
al suo nuovo discepolo sono un preciso, meraviglioso mandato e insieme
la garanzia che l’attimo del rapporto
personale fra Cristo e l’uomo si trasformerà in durata : « Torna a casa
tua, e racconta le grandi cose che Iddio ha fatte per te ». Slono veramente
parole da Maestro, che conservano anche per noi, credenti di oggi, tutto il
loro senso primitivo.
Torna a casa tua: rincontro con
Cristo deve necessariamente tradursi
nel concreto impegno personale, in un
immediato ritorno al proprio mondo
con un rinnovato senso di responsabilità. L’incontro con Cristo non può
mai tradursi in un’evasione: non è
possibile isolarsi nel rapporto con
Cristo, cioè farsi padroni di questo
rapporto che appartiene a Dio. Per
l’uomo c’è un solo modo di « stare con
lui», e Gesù lo indica chiaramente:
Racconta le grandi cose che Iddio
ha fatte per te: la testimonianza in
mezzo ai fratelli. Il ritorno nel mondo
delle responsabilità personali è in funzione della testimonianza; e l’unico
modo di stare con Cristo è quello di
essere testimoni della Sua potenza liberatrice, testimoni del Suo Regno in
un mondo ricco di forze demoniache.
L’uomo liberato diventa compiuta
mente tale, solo quando si fa testimone della propria liberazione, cioè
quando risponde, con un servizio che
è sempre servizio di riconoscenza, alla Parola liberatrice del Signore
E l’uomo del nostro racconto sembra aver compreso pienamente ciò che
Cristo voleva da lui, poiché Luca ci
dice : « Ed egli se ne andò per tutta la
città, proclamando quanto grandi cose Gesù aveva fatte per lui ». Quell’espressione per tutta la città, cioè
quell’andare oltre l’obbedienza lette
rale al comandamento di Cristo
(« Torna a casa tua »), ci fa pensare
che quest’uomo, illuminato dallo Spirito di Dio, ha ben compreso che il
luogo del suo nuovo benessere, la sua
casa, doveva diventare un centro di
irradiazione della buona novella, e
non trasformarsi in un fortilizio autosufficiente o in una torre d’avorio.
Sotto questa luce, l’episodio della
guarigione dell’indemoniato di Cerasa mi sembra configurarsi come la
storia di una vocazione, avvicinabile
nel suo intimo sviluppo ai racconti di
vocazione dei grandi profeti: un incontro sconvolgente, poi la chiamata,
infine la risposta. Ma questa, abbiamo visto, è la vocazione che Cristo
rivolge a ciascuno di noi, anche oggi,
nell’istante in cui ci chiama : a Torna
a casa tua, e racconta... » E’ un comandamento di estrema semplicità,
eppure noi molte volte abbiamo la
tentazione di eluderlo, e di risolvere
in altro modo il problema della nostra esistenza di credenti. E’ difficile,
infatti, « tornare a casa » e « raccontare » : sarebbe più facile non tornare
a casa affatto, cercando una strada
che abbia un aspetto meno domestico
e più tipicamente missionario; o sarebbe più facile, all’opposto, tornare
a casa e starsene lì tranquilli. Ma Cristo ci comanda questo difficile servi
zio di riconoscenza: tornare a casa, e
al tempo stesso raccontare. Egli chiede aH’uomo liberato di compiere la
propria vocazione di testimone del
Regno, pur restando, secondo la parola dell’apostolo Paolo, « nella condizione assegnatagli dal Signore e nella quale si trovava quando Iddio lo
chiamò » (1 Cor. 7: 17). Pretendere
che questa contraddizione sia eliminata dal nostro cammino vocazionale significherebbe misconoscere il carattere specifico della chiamata di
Cristo, che è chiamata per un tempo
di attesa, e non può tradursi se non
in un servizio reso nel segno della
contraddizione, nel segno della croce
di Cristo.
Io credo che una coscienza vocazionale cristiana non possa percorrere una carriera di sicurezza, ma solo
una carriera di crisi; anzi che essa
debba accettare di esser posta continuamente in crisi, di perdere continuamente la confortevole persuasione
di aver trovato il suo campo d’azione definitivo; e di essere sempre ri-,
condotta ad una disponibilità totale di
fronte alla Parola di Dio, che ci impone di rendere il nostro servizio di riconoscenza in tutta umiltà, sorretti
non dalla nostra debole e discontinua
fedeltà, ma dalla fedeltà di Colui che
ci ha amati per il primo. Rita Gay
ALLA PERIFERIA DI TORINO
Una comunità vivente
La giovanissima Comunilà Valdese di
Via iVomaglio (Torino) Ila vissuto la sua
più bella giornata, in quest’ultimo periodo di teniipo, Domeoiea lO febbraio, in
occasione del ricorreinite 5° anniversario
della sua oostituzione.
Ed è stata ima giornata di letizia cristiana per tuititi: per i memibri della Comumrità, per i suoi Pastori e per i suoi
nuimerosi amici. Abbiamo l’imipreasione
elle rOipera di Via Noinaglio posta com’è
in uno dei Quartieri più popolati e popolotsi della granide Torino abbia davanti
a sè forti possibilità di sviluppo se sarà
setiipre vivo in essa il dono della testimonianza.
In breve ecco la cronaca della giornata;
al mattino il Tempio è grerniito di fratelli
delle diverse Gbiese Evangeliche della
Ci ttà ; è presente la Corale di Corso
Vittorio col suo valente direttore sig.
Coescli. Presiede il Culto il Pastore Sig
G. Baldi; l’aasemiblea canta con slancio
l’inno Ì7 e, dopo la confessione di peccato, la Corale esegue con notevole perizia
il cantico « Alta Trinità beata... ».
Il Past. Baldi sviluppando il testo conlenuito in Alti cap. 2 vers. 42-45 centra il
suo cliiaro e viigoroso messaggio sulle
« quattro perseveranze » evanigeliehe e come noi dobbiamo riguardare ad esse come
ad uno spewliio per cogliervi il senso del.
la nostra vita di credenti, tutti i giorni,
vita fatta non di parole ma di comcrela
realtà a dimostrare coi fatti elle noi siamo
Figliuoli di Dio, epperciò fratelli gli uni
gli altri, tutti un sol cuore ed un’anima
sola per amore di Cristo. Dopo il Sermone la Corale canta in modo impeccabile;
« O Dieu la gioire qui t’est due... »; e
poi, in um’atmosfera di letizia cristiana si
snodano le altre parti liturgiche del Culto
che suscita in tutti sentimenti di riconoscenza al Signore.
Nel pomeriiggio, ancora prima dell’ora
fissata, numerosi fratelli e sorelle si ritrovano nell’ampia Sala. Alle 18,30 si apre
l’inconlro; notiamo mèmbri delle tre Comunità torinesi (C.Bo Vittorio, C.so Oddone e Via Noinaglio) e osserviamo che
i iiresenti provenigono da varie regioni
d'Italia; vi è il gruppo originario delle
Valli Valdesi ; altro gruppo originario del.
le Puglie; altro della Sicilia (particolarmente Riesi), ed altri ancora della regione piemontese, la più parte gente uanile,
operai ed artigiani; e fra tulli notiamo il
simpatico gruppo di evangelici di Bertolla, che più volte si è fatto conoscere, per
la sua bella testimonianza, sulle colonne
dei nostri giornali evangelici.
Il Past. Baldi apre la riunione con un
messaggio breve e pieno di calore; ringrazia gli intervenuti, accenna all’Opera di
Via Nomatilo, indica la necessità di proseguire il cammino uniti e zelanti sotto la
guida del Signore.
Il fratello Collino con semplici ed efficaci espressioni ricorda le origini di questa giovanissima Comunità. La sua è la.
serena testimonianza di un laico impegnalo neH’Opcra del Signore per rvanzamenilo del .Suo Regno.
11 Past. Ernesto Ayassot tratteggia come
nacque la terza Comunità Valde.se torinese, voluta da un (gruppetto di evangelici
che circa .sette anni fa andò a trovarlo per
chiedergli colhiborazione ed assistenza.
E quel gruippetto non si s.lancò nelle sue
richieste e le visite furono numeroise, e la
presa, di contatto fra lui e quegli evangelici si fece intenisa. Il (gruppetto -si rafforzò e venne fuotui l’appello a costituirsi in
Congregazione. A quell’appello il Conicistoro della Chiesa di C.so Vittorio, unanime, volle dare una risiposta pronta e de.
t'iisiva e, anche se con grave sacrifiicio economico, deliberò l’acquisto di un locale
da adibire al Culto. E così nel 1958 veniva solennemente inaugurato questo nuovo
Tempio Evan(gelico Valdese. Da allora la
piccola congregazione di Via Noimaglio si
è rinisaldata e irrobustita. E’ stato un lavoro difficile, con alti e bassi e con alterne vicende, fra elementi (provenienti
da esperienze religiose diverse, da condizioni e ceti sociali i più disparati. Eppure con la bemevolenza del Padre Celeste
il (gruppo si è rinsaWalo ; i diversi nuclei
provenienti dalle Valli come dalle Comunità della Sicilia o delle Puglie si sono
amalgaimati in modo da creare e stabilire
una notevole coesione ed una forte comunione fraterna. Per cui la Comunità rafforzandosi si è accresciuta ed ha ora le
migliori premesse per sviluppare un’opera
che sarà bella se ciascuno persevererà nelle vie de] Signore.
InJìn« il Past. P. .Jalla porta il saluto
più cordiale e pieno di affetto della sua
Comunità di Cjso Oddone. Dopo i messag(gi il (Solerte Comitato di A(ssistenza ha
offerto un ricco thè.
Un vivo ringraziamento alla Corale per
il .suo intervento; un (grazie di cuore ai
Pastori che in questi anni isono stali al
servizio di questa giovane Comunilà ed
un plauso alle ®i(gnore e<l alle signorine
del Comitato di Assistenza per la gentile
accoglienza falla ai numeroisi intervenuti.
Ancora una volta è stata rinnovala la
meravigliosa esperienza del « quanto è
bollo < he i tralelli dimorino inisietne ».
aedo
PASCAL
SCIENZIATO
Associazione
“Pro Frali,,
Il giorno 21 febbraio 1963, alle ore
14,30, in Frali, nella Sala Consiliare del
Municipio, si riunirà l’Assemblea dei -Soci
con il seguente ordine del giorno;
1) Elezione Consiglio Direllivo.
2) Approvazione Conto Consuntivo 1962.
3) Approvazione Bilancio Preventivo ’63.
■Il Dimissioni Segretario e nomina sostituto.
,5) Relazione Presidente circa incontro
con l’EPT.
6) Quote associative.
7} Diverse.
[Segue da pag. 4)
cicloide (curva descritta da un punto
d’una circonferenza che rotoli su una
retta, senza strisciare).
Nel campo della fisica, Pascal lasciò
due celebri trattati: «Les expériences
nouvelles touebant le vide» e «La
grande expérience de l’équUibre des
iiqueurs» iEsi)enenza del iriiy de L)ome, 1647), nei quali egli riprende le
famose esperienze di Torricelli (ds
quattro anni prima) e, confermandole, ne trae nuove geniali conseguenze.
Sono trattati magnificamente redatti
e di facile, affascinante lettura.
Quali sono i tratti caratteristici di
Pascal scienziato? E’ noto che l’Uomo
fu paragonato al nostro Leopardi, ma
il paragone non regge a una riflessione meno che superficiale. Anche come scienziati, ia somiglianza non si
spinge al dilà della forma, in entrambi ugualmente lucida e precisa. Ma
mentre l’opterà delliuno, nel campo
della fllcsofla, della critica letteraria
e della storia, s’impone per l’ampiezza e la profondità dell’erudizione, che
spesso supiera i limiti propri delle
questioni studiate e ne apipesantisce
le soluzioni preposte, giungendo talvolta persino a guastarne la spontaneità e l’originalità, l’opera dell'altro,
nelle scienze matematiche e fisiche,
appare sempre viva ed agile, immeQiata e spontanea, e libera da erudizione. Come nella musica (si pensi a
Mozart), cosi, anche nella matematica, che con la musica, piU che con altre arti, sembra presentare punti di
contatto, le capacità creative arrivano spesso ad espiiicarsi senza l'ausilio
d'una grande cultura : tale fu certamente il caso di pascal, per quanto
precoce e per quanto studioso delle
opere di altri matematici egli sia stato. Del resto egli non considerò mai
la matematica o la tìsica come sue
principali occupazioni, simile, in que
sto, a Leonardo, a Descartes, a Leibniz
e a molti altri geni dal Rinascimento
airiUuminismo. Anzi, pur condividendo pregi e difetti del secolo', si spinse
su questa via oltre a tutti e, senza tema d’esagerare, può dirsi cne giunse
a disistimare la scienza: certo il suo
cuore era altrove ! « Per parlarle francamente della gieomeitria — scrisse in
una lettera, due anni prima di morire, al grande Fermat — io la trovo il
più alto esercizio dello spinto; ma in
pari tempo la stimo tanto inutile da
veder poca differenza fra un uomo
che non è che un geometra, e un ahi
le artigiano. Arrivo- a considerare la
geometria il più bei mestiere dei mondo; ma infine null’altro che un metiere. E ho detto s-pesso ch’essa è buona per far la pro-va, non già l’uso della nostra forza». (Dove alla parola
<( geo-raetria », nel francese dell'epoca,
è lecito sostituire la parola « matematica »).
La spontaneità, l’originalità, oselemmo dire il dilettantismo (ma a
che livello!) di Pascal si rivelano nella mancanza, nella sua opera scientifica, d’un vero e proprio metodo (o
piu'(.toi3to nella presenza di molti metodi), ben diverso, in questo, da
Leibniz e da Descartes. Soprattutto
di Descartes, cui si deve la geometria
analitica, una delle più grandi scoperte della matematica di tutti i tempi,
di Descartes Fuo-mo del metodo nellra
filosofia come nella scienza, che traduce ogni que.stione geometrica in
equazioni e queste risolve con le regole dell’algebra. Pascal è agli antipodi: da Descartes infatti (.profondamente diverso anche nella sensibilità
umana) Pascal non riscosse mai che
pochi c freddi riconoscimenti.
Anche nella scienza, Pascal rivelò
il suo carattere profondamente passionale e tormentato, nè seppe mantenere, lui il « misantropo sublime che
trattava la propria sorella con durez
za e ne respingeva i servizi, temendo
di divenire l’adoratore d’una creatura » (Voltaire), non seppe certo mantenere sempre una condetta equa e
giusta coi colleghi. Per es. nei suoi due
trattati di fisica, sopra menzionati,
egli non cita Torricelli, pur sapendo
Che a questi spettava la paternità delle esperienze fatte. (Non si può pensare a aimenticanze, ma piuttosto a
un’influenza di amici, forse particolarmente del Roberval, scienziato vanitoso e nemico di Torricelli). Anche
nell’affare del concorso sulla cicloide, Pascal si comportò con acrimonia, in particolare infierendo contro
il Lalouère, professore al Collegio di
Tolcsa, quasi non volesse ammettere
che un padre gesuita prendesse parte
al concorso !
Ma queste non son che cmbre, assai circoscritte, che valgono a metter
maggiormente in risalto la grandezza, non solo dell’uomo, ma anche dello scienziato. E come scienziato. Pascal fu certo grandissimo, forse più
che per le scoperte fatte, per la considerazione di relatività in cui tenne
la scienza, anzi tutta l’attività razionale deirintelligenza umana. Tale
considerazione non fu un’impressione
fugace di vanità entro l’economia superiore delle verità religiose, nè un
abbandono di sè alTapprossimarsi del
kv morte ( come potrebbe sembrare dalle righe sopra riportate), ma una teoria chiaramente e fortemente esposta
nelle pagine dedicate all’Espril géométrique e a L’art de persuader. Nel
le quali pagine Pascal acutamente
precorse, scavalcando secoli d’illuminismo e di romanticismo (se in queste
denominazioni è lecito riassumere anche i risultati d’ogni filosofia positiva,
o tmterialista, o idealista), i tempi ¡í
noi più vicini. Nessuno infatti, più
chiaramente di Pascal, vide nella ragione imo strumento atto a guidare
l’uomo non già alla conoscenza, ma
da un abisso d’ignoranza ad un altro
abisso d’ignoranza, poiché «i principi
nascono, secondo Pascal, o dal cuore
e dal sentimento, o dall’esperienza, o
dalla testimonianza, mai dalla ragione. I principi traducono la diversità
del reale e come la geografia naturale della cono.scenza. I principi sono i
fondamenti del discorso razionale; il
solo ragionamento valido, in ogni dominio, è il ragionamento matematico
perchè, al difuori della geometria e
di ciò che l’imita, non esistono vere
dimostrazioni. La ragione non è giudice dei principi : essa assicura soltan
to che certi coneatenamenti di proposizioni sono rigorosi. Per sè sola non
ha l’autorità di garantire il punto dt
partenza : tutt’al più essa è in grado
di dame indiretta conferma » ( J. Prigent. Pascal pyrrhonien, géomètre,
chrétien).
« La nostra anima è ge'Tata nel corpo ov’essa trova numero, tempo, dimensioni — si legge (quasi un’anticipazione kantiana) nei Pensieri —. Essa vi ragiona so'pra e chiama ciò "natura’', ’’necessità’’ e non può credere
altro », L’uomo, com’è sospeso materialmente fra l’abisso deH’infinitarnen
te piccolo (il mondo subatomico) e
quello deH’infinitamente grande (il
cielo stellato), così egli è sospeso spiritualmente fra due abissi nei quali la
ragione, non vale a condurlo: i principi, i postulati delle .scienze, le cause
prima da un lato; le grandi conclu
sioni, le sintesi riassuntive, i fini ultimi dall’altro. Nell’uno e neH’altro sen
so. la voce di Pascal giunge, a noi del
XX secolo, mirabilme-nte vicina. Essa
ci dice che la scienza e la fede sono
attività ri.spcndenti ad esigenze .spirituali, a sensibilità del tutto diverse. Il
Icro conflitto è solo- appiarente, perchè
chi volesse considerare come « convincente » solo ciò che può dimo',strarsi
con la ragione, dovrebbe pur riconoscere che « le profezie, i miracoli stessi e le prove della nostra religiortc- non
scmo di tale natura da potersi dire
che essi sono assolutamente convincenti. Ma essi lo sono almeno tanto
dal non potersi dire che sia irragionevole credervi. Così v’è sia evidenza, sia
oscurità, sufficienti ad illuminare gli
uni e ad oscurire gli altri. Ma l’eviden
za è tale da superare, o alme.no da
uguagliare, l’evidenza del conirario
Co'S'. non è la ragione che posso indurre a respingere queU’evidenz-.i ».
Tullio Viola
luovfi norme sull’assicuratone
e mutua malattia coloni mezzadri
La legge istiitutiva della Pensione Inva.
Mdilà e Venehiaia ((Legge 26-10-57 ]\. 1047}
prevedeva elle i collivatori avessero accreditaci i cointrlbuili ricliiesli in base alla
suiperfiefe di terreno eondotta dalle famiglie dirette coltivatrici.
Questo criterio è stato ora cambiaito con
la nuova legge in niodo die ogni menil)ro
ilella Limiiglia viene ad (avere <]iritio alla
atSisiciuraz-ione invalidilà e vecobiaiia a pre«cindere dalla suinerfÌL'ie del terreno condolilo c dailie colMire praticale.
Questo è Uin notevcle passo in avanti
percliè viene lad agevolare in pariicolar
modo i picicoli icollivalori e con la legge
istlitmiva N. 1047 potevano ainidie essere
esdujsi dal beneficio u'SiS'icurativo.
Ora invece lutili i coltivatori e membri
(Ielle faiuiiglie L'ollivaliricii, coloni e mezzadri, liauno In eguaj imis-ura il diritto alla
pensione, siano uomini, donne o ragazzi
(lai 14 anni in su.
La Messa legge però, die pure raddoppia il minimo di .penisione ai coltivatori
(la 5.000 a 10.000 menisili, prevede anche
i obbligo di presentare una nuova dichiarazione ai fini delFAissicur azione Invalidità e Vecnliiaia e dell'Assicurazione Maial'lie (Muit'ua Coliti va tori), die dovrà essere coimjpilaia da lutili i L-oltivatori italiani
e versata agli Uffici dei Conitribulì Unificali.
Aoienzione die il tempo utile si'ade a
marzo a i>ena di perdere il diriilto alFaissisienza (mutiiaìislica (igeneriea - specialistica - os'pedaliera) nonché a-ll’assicurazione della pemsiione Invalidità e Vecdiiaia.
Il Segretario di Zona Coltiiv. Direi!i
iEnot. Per. Agr. Casalis Ernesto)
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— Il 27 sera alle 20,30 avrà ìuoso nella
sala del teatro una riunione in oreasione
della visita degli .studenti della nostra Fac<dtà di Teologia. Caldo invilo ad una lar
ga parlei-ipa/ione, specie giovanile.
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feòbraio 1963 — N. 8
PM- 5
I GRUPPI DI SERVIZIO
Quando i cristiani prendono
sul serio la loro vocazione
Ormai da tre mesi un gruppo di servizio lavora fra gli immigrati stranieri in Germania. Sono quattro, due
italiani, una svizzera, un tedesco ; hanno lasciato il loro impiego e la loro faniiglia per vivere come operai fra gli
operai immigrati, dividendo il peso
delle ore di lavoro e le difficoltà della
lingua e deirambiente diverso. I quattro vivono comunitariamente e formano, neirambiente operaio una comuunità cristiana, una chiesa. Non hanno per il momento altro programma
che quello di essere semplicemente
una manifelstazione della chiesa di
Cristo accanto alla fabbrica; non si
propongono comunque nè l’assistenza
sociale, nè alcuna forma di proseliti
smo, tanto che anche la loro esistenza
come comunità cristiana è praticamente sconosciuta a tutti.
Qualcuno si domanderà allora : che cosa stanno a lare là, se non sono neppure conosciuti da tutti come \m gruppo di cristiani? La risposta è semplice :
quando saranno conosciuti come cristiani, daranno testimonianza della lo
ro fede, non prima. E sarà una testimonianza ohe viene dalPintetmo del
mondo stesso degli operai di cui i
quattro fanno parte. Ma per spiegare
bene il senso di questa missione bisognerebbe richiamarsi al corso che ha
avuto luogo ad Agape sulla missione
della chiesa nel mondo degli emigrati
(1); bisognerebbe esaminare la situazione missionaria della Chiesa, circoscritta oggi ad un ambiente ben delimitato ed incapace a parlare a '< quei
di fuori », agli operai, agli emigrati.
Se parliamo di queste cose non è per
aprire un discorso su questo argomento e tanto meno per lodare i nostri
amici del gruppo di servizio in Germania. Anzi non avremmo parlato,
perchè i nostri amici hanno bisogno
di lavorare in silenzio, se non fosse
ora necessario rivolgere un appello estremamento serio a tutte le chiese, a
tutte le unioni giovanili, perchè si preseiiitino dei giovani, per rafforzare
quel gruppo e permettergli di continuare Topera cominciata. Uno dei
quattro, e precisamente il solo uomo
italiano, deve partire fra tre mesi ed
è assolutamente necessario sostituirlo
al più presto. E’ necessario che una
Chiesa o un’Unione Giovanile riconosca la sua vocazione in uno o più dei
suoi membri e mandi dei volontari.
Sono necessari soprattutto dei ragazzi; le ragazze non sono escluse, ma
potranno essere accettate solo se vi
saranno anche i ragazzi, perchè per
un lavoro fra gli emigranti sono soprattutto degli uomini che occorrono.
Le Unioni e le Chiese considerino
seriamente la loro vocazione e la posizione di ciascuno dei loro membri e
sappiano scegliere e delegare perchè
ne hanno Tautorità. Esse devono saper riconoscere la vocazione e inviare
perciò le persone adatte, animate da
spirito di servizio-, equilibrate e naturalmente in buona salute. E devono
anche saper prendere la loro resp<msabilità sostituendo colui che esse inviano; sostituendolo nelle varie attività di Chiesa che forse ora svolge, e
se necessario anche nel sostegno materiale di cui lui o i suoi possono aver
bisogno. I volontari per questo servizio devono essere completamente disponibili per il periodo per il quale si
impegnano (un anno o anche menO;
comunque non meno di otto - sei mesi
consecutivi) e devono essere pronti a
vivere in comunità con gli altri mem
bri del gruppo — sottostando alle decisioni prese in comune dal gruppo
stesso. Sarà provveduto al necessarie
vitto e alloggio, ma non riceveranno
alcun salario nel periodo del loro servizio, versando alla cassa comune del
La testimonianza a Cristo non è un gioco di società - Un servizio coraggioso - Oggi, non domani
gruppo i proventi del loro lavoro in
fabbrica. Quello che soprattutto si richiede è la disponibilità e lo spirito
di servizio, che trasforma il lavoro in
fabbrica in una testimonianza resa a
Cristo.
I gruppi di servizio sono sotto la
responsabilità di Agape che avrà cura di preparare i volontari e li sosterrà spiritualmente e materialmente
durante il loro tempo di servizio. Per
ogni informazione, scrivete direttamente alla Comunità di Agape - Frali (Torino).
L’appello per il servizio in Germania
è urgente ed è necessario che entro poche settimane qualche Chiesa o
qualche Unione abbia scoperta e riconosciuta la sua vocazione. Ma oltre ai
gruppo in Germania, altri gruppi ed
altri servizi sono in preparazione. Dobbiamo dire anzi che le richieste di
aiuto, le vocazioni a servire sono molto più numerose delle nostre capacità
a rispondervi. Da più parti ci chiedono collaboratoiri, e se il Centro di preparazione per Laici avesse ora dieci
persane a disposizione non sarebbero
neppure sufficienti per far fronte a
tutto. E non vi sono. L’invito si estende dunque a molti altri, anche per
più tardi, ragazzi e ragEizze che comprendono quanto sia essenziale, dare
come servizio a Cristo la primizia della propria vita, i primi mesi, il primo
della professione. Agape raccoglie questi volontari e li prepara; prepara per
loro anche il quadro di lavoro, d’accordo con le chiese locali e li segue
durante tutto Tanno.
E’ un servizio necessario. La testimonianza a Cristo non è un gioco di
società che possiamo fare o non fare
secondo che ne abbiamo voglia. La
predicazione della sua parola è necessaria, perchè è la sola speranza per il
mondo e di questo noi siamo profondamente convinti. Ma la predicazione
della Parola non può avvenire se non
vivendo nel mondo e parlando il
suo linguaggio, condividendone pene
e speranza.
Quello che qui chiediamo è un atto
coraggioso di rottura con il clima borghese deUe nostre comimità e con le
tradizioni di un cristianesimo poco
impegnativo. E’ un atto coraggioso che
senza dubbio molti sono in grado di
fare; e faranno, come i quattro che
sono già al lavoro fra gli emigrati.
Oggi e non domani. Perchè anche
oggi il Signore della Chiesa chiama
gli uomini al suo servizio.
Giorgio M. Girardet
armo dopo term
I»«*
nati gli studi, l’inizio
(1) Esce in qiiesli giorni come quaderno
di Diakonia n. 1 un fascicolo ciclostilato
di cento pagine « La missione della Chiesa
nel mondo degli inunigrati » che contiene
le lezioni del corso tenuto ad Agape in
sellenihre. Prezzo L. 600. Ordinazioni presso Vgape.
In occasione di una visita fatta ad
una Catecumena di 60 anni fa, tra
l’altro, si parlava anche della presuma celebrazione del XVII febbraio.
La nostra interlocutrice, tutta illuminata in volto e con gli occhi raggianti in cui brillava una luce strana ma
intensa, ricordando il tempo della sua
giovane età, diceva: «Ai miei tempi
si celebrava questo avvenimento con
conoscenza di ciò che si faceva molto
più di quanto lo sia oggi » e continuava chiamando alla sua memoria
antica i compagni della Scuola della Domenica, del Catechismo e del
gran giorno della Comunione, molti
dei quali non sono più tra noi.
« Quali che fossero le condizioni
atmosferiche — continuava la nostra
antica Catecumena — si andava dappertutto per chiedere e raccogliere legna per U falò. Tutti noi ragazze e
ragazzi di allora, con tanta gioia nel
cuore, infreddoliti ma felici, accrescevamo sempre più la catasta di legna
che, a sera, avrebbe illuminato e riscaldato il volto di tutti. Ma il momento più bello era quando il Pastore
dava fuoco a quel gran mucchio di
fascine e di tronchi...». E qui il ricor
do viene interrotto: la voce le rimane
in gola...
Sulla strada del ritorno non potevo
dimenticare quel volto acceso e le ultime parole « ...il Pastore dava fuoco
a quel gran mucchio di fascine e di
tronchi...». Evidentemente questa nostra Catecumena di 60 anni fa ricorda più vivamente il significato del gesto del Pastore: i falò accesi che portavano la grande notizia dell’Emancipazione! E quel piccolo fuoco che
pian piano avvolgeva la legna fino a
renderla una massa infuocata, ci ricorda la piccola luce di Gesù Cristo
nella notte di Natale, che poi è diven
Quel sorriso romantico...
«L'Amico dei fanciulli», irrequieto novantenne
Per la sesta volta nei suoi 91 anni,
L’AMICO DEI FANCIULLI cambia
formato: segno di irrequietezza? Alti
e bassi della nostra bilancia amministrativa? Comunque quest’ultima volta il cambiamento è un progresso sulla veste precedente e ce ne rallegriamo insieme ai bambini ohe si esprimono così: « Sono stata molto contenta del libro che hai ingrossato e
anche delle cose che hai aggiunto ».
« Sono contento del nuovo giornalino ». « Ho subito notato che ora il
suo formato è più grande, cosa che
mi ha fatto piacere ». « Veramente
sono rimasta molto contenta nel vederlo un po’ ingrandito ». Seguono le
impressioni sul contenuto : « Gli argomenti sono abbastanza interessanti ».
« Una delle cose più belle per me è
la pagina dedicata alla storia Valdese. Peccato che sia così corta » (la pagina). I ragazzi non si prodigano in
elogi, sono sempre tanto realisti, è
bello lavorare con loro!
Più lavoro con loro e più vedo che
vale la pena di farlo e non nascondo
una ce'rta mia insofferenza neH’accorgermi che non diamo abbastanza peso
al lavoro da fare per loro. Penso alla
nostra Chiesa e anzi alla nostra Chiesa che è in Italia. Do colpa airitalia
di amare molto i bambini, ma in un
UN NUOVO QUADERNO F. U. V.
Il Sermone sul monte
La nuova serie dei Quaderni P.U.V.
dedicata agli Evangeli, si apre con il
Sermone sul Monte, ad opera de! Pastore Giorgio Toum.
Scorrendo le prime pagine del fa
Scdcolo si presenta subito alla nostra
attenzione il piano delTopera, inteso
per essere veramente di guida per la
comprensione della materia e per lo
svolgimento più ampio della stessa.
Vediamo anche il motivo dominante
di questa nuova serie dei Quaderni.
Essi invece di trattare gli Evangeli
nella loro totalità, si fermeranno sull’aspetto più caratteristico di ciascu
no, trattando così quello ohe l’Autore
chiama « centro di interesse ».
Quindi, a ragione, questo primo inizia la serie col Sermone sul Monte,
che è la parte più caratteristica delTEvangelo di Matteo.
Il piano generale dell’opera è il seguente : Studio introduttivo — La promessa del Regno — Il Regno e la morale — Il Regno e la religione — Il
Regno ed i cristiani nel mondo —
Studio conclusivo.
Utili sono poi l’introduzione generale e le introduzioni particolari ai
singoli studi, anche se possano sem
brare un po' zeppe nel contenuto, cosa comprensibile se pensiamo all’ampiezza delTargomento da trattare. Un
punto decisamente a favore dello scritto è la semplicità, tanto più gradita
oggi, sommersi come siamo da una re
torica di paroioni.
Non ci vogliamo soffermare sul contenuto, sui pregi o sui difetti di questo quaderno, perchè sta ad ognuno
di noi di scoprirne il valore e anche
le lacune leggendolo ed ampliandolo in una ricerca personale. Voglia^
mo solo consigliarne la lettura e lo
studio, non solo ai giovani della FUV,
ma a tutti quanti: sia per un approfondimento personale delle Sacre
Scritture, sia per l’insegnamento delle medesime nei vari corsi di istruzione religiosa. m. g.
G. Tourn: Il Sermone sul monte. Pagg. 46,
L. 200. Presso la Segreteria F.U.V.,
Agape, e presso la Clatidiana.
SUO tipico modo, troppo romantico,
che impedisce a noi italiani di impegnarci per loro. Il grande, geloso affetto familiare di cuj si circondano i
bambini non ha da'noi, mi pare, il
suo giusto equilibrio nella sede formativa. Siamo tutti amici dei bambini, ma nemici di tutto quello che potrebbe essere loro veramente utile.
Un po’ perchè li subissiamo con un
certo tipo di affetto, un po’ per ignoranza in questo campo, un po’ per pigrizia. La Chiesa risente dell’atmosfera. Il bambino non ha solo diritto
di essere amato e vezzeggiato, ma anche, per esempio, di essere evangelizzato. Solo che questo costa impegno.
Ma ora le posizioni romantiche non
dicono più molto, si anela a posizioni
realistiche e a chiari piani.
L’anno scorso, alla nostra Facoltà
di Teologia, per una esercitazione del
corso di storia della evangelizzazione
in Italia, uno studente aveva dovuto
preparare un lavoro sulla letteratura
evangelica per l’infanzia, dall’inizio
della evangelizzazione a oggi. Ho potuto vedere questo lavoro interessante per me, la cui ricerca sulla origine
dell'AMICO DEI FANCIULLI dice;
« Il primo numero è uscito nel maggio 1870. Il giornale era a 16 pagine
in quarto. L’abbonamento annuo, da
pagarsi anticipatamente (saggia disposizione!) era di un franco. Aveva un
precedente nel giornale La Scuola
della Domenica uscito tra il 1862 e
il 1868. Tra coloro che promisero di
appoggiare il giornale e di collaborare vi furono: TOn. Dep. Mazzarella, il conte Tasca di Bergamo, e tutta
una serie di pastori ; G. P. Meille,
B. Tron, P. Geymonat, M. Prochet,
G. B. Pons, ecc. Per pagarsi le spese
il giornale sperava di arrivare ad avere 5.000 abbonati, in questo caso
avrebbe potuto fare a meno di dover
ricorrere agli aiuti dei benefattori:
”Sì, abbiamo per la nostra cara Italia
questa nobile ambizione e speriamo
che molti l’avranno con noi”. Nel
1872 il giornale si pubblicava in 7000
copie ».
E’ stato un giornale di evangelizzazione.
11 programma, esposto nella prima
pagina del primo numero, si condensa in questa frase : « Noi vogliamo
insegnarvi ad esser buoni o, a dir meglio, a diventar buoni. Questo è l’insegnamento più utile che vi si possa
dare. Ora per diventar buoni noi tutti,
i grandi e i piccini, dobbiamo andare
alla scuola di Colui che solo è buono
cioè Dio e della Sua Parola... E’ a Lui
che vogliamo condurvi ».
il nostro studente notava come in
questo programma di insegnamento a
« diventar buoni » è implicita l’idea
che il bambino non lo è per sua natura, per sua innocenza, e contiene
quanto ai più evangelico ci possa essere nella pedagogia cristiana, perchè
il suo line e l’annuncio di Cristo come
Salvatore.
Un foglio dunque per l’evangelizzazione dei bambini, la prima evangelizzazione che abbiamo nella vita, insieme a quella deila Scuola Domemcale e della famiglia. Oserei dire che
il programma, dopo 9U anni, non è
cambiato. E’ cambiato lo stile, perone sono cambiati i tempi, ma il programma è rimasto quello.
Però delle volte si ha l’impressione
che sia presa benevolmente alla leggera 1 utilità di una evangelizzazione
stampata per i piccoli. Incontro tante
volte quei sorriso « romantico », vorrei dire quel sorriso alTitaliana, su
lutto questo caro mondo infantile! Ma
sono quei sorrisi benevoli che si fanno per abitudine e che, se ci si pensasse solo un momento, potrebbero
essere convertiti in un sorriso molto
più impegnato.
Invece siamo tutti coscienti che valga la pena di pensare seriamente ai
ragazzi. E allora vale forse ancora la
pena di appoggiare il loro giornale
nella Chiesa come avevano fatto Mazzarella, Meille, Geymonat e gh altri.
Vale la pena di collaborare, perchè
Tevangelizzazione dei bambini è nelle mani di tutti noi adulti. Vale anche
la pena di aiutare finanziariamente,
i nostri predecessori del 1870 avevano calcolato che con 5000 « associati » avrebbero pagato le spese. Noi
abbiamo calcolato che 1700 abbonati
paganti coprirebbero le nostre spese.
Ora 1600 abbonati ci sono, ma non
tutti paganti e non tutti per trascuratezza. Ci scrive un pastore dal sud:
« Labbonamento, in una zona sottosviluppata come la nostra, è piuttosto
rilevante ». Un altro ci parla di una
cassetta istituita apposta per raccogliere gli abbonamenti, ma sempre
vuota e, ci assicura, non per indifferenza : (( Lo leggono, lo leggono volentieri, ma non hanno i soldi per pagarlo ». Queste dichiarazioni fanno
tristezza. Allora il sorriso romantico
non ci sta più.
Ho voluto dirlo sul giornale dei
« grandi » per il giornale dei nostri
« piccoli ». Berta Subilia
tata la luce del mondo, e la piccola
fiaccola dei pochi Valdesi diventati
oggi un popolo.
La vita dei « miei tempi » si svolgeva tutta nella nostra valle, come del
resto in tutte le Valli valdesi. Il
padre era sicuro che il frutto della
lunga fatica della sue mani: la casa,
il terreno, le bestie, i prati sarebbero
stati ereditati dai suoi figliuoli che
avrebbero permesso di non far scinnparire il nome del loro padre fra la
nostra gente.
Oggi invece tutto è cambiato e si
ba paura. Temiamo che la famiglia
non abbia più U suo caratere di unità intima e profonda e spiritualmente forte. Dov’è oggi la famiglia così
com’era un tempo? Quanti sono coloro che la pensano cosi? Ben pochi
purtroppo. Ma qualcuno potrebbe
obiettare dicendo che i tempi sono
cambiati e con essi il pensiero ed anche i sentimenti dell’uomo moderno
per cui sarebbe un controsenso voler
mantenere delle posizioni e delle situazioni ormai superate. Con gli orari di lavoro nelle fabbriche e nelle officine la famiglia viene smembrata
necessariamente ed i figli sono costretti a vivere lontani dai genitori.
E quando i figliuoli sono ancora in
tenera età la situazione diventa veramente tragica.
Ma questa non è una novità: tutti
sanno quanto sia cambiata oggà la vita. Ma fino a che punto possiamo noi
affermare tutto questo con tranquilla
coscienza senza sentire che non tutto
è nè giusto nè vero? Guai a coloro
che si lasciano determinare dallo stato generale che la società impone con
freddezza raccapricciante. « Al tempi
di oggi» i figliuoli sfuggono alla guida e persino alTamore dei genitori e
tendono tutti verso un’insana e pericolosa autonomia subendo cosi Tinfluenza negativa dell’ambiente in cui
vivono. Ed in tutta questa caotica c
quanto mai preoccupante situazione
ciò che disorienta e rende perplessi è
la incredibile arrendevolezza di molti
genitori verso le cosiddette « esigenze » dei giovani moderni. Il genitore
non è più, per molti, la guida, ma colui che segue i suoi figliuoli! La situazione pertanto non è mutata soltanto, ma capovolta. E la fede che non
cambia — perchè l’Iddio nostro è
l’Eterno — è stata sepolta.
A quella Catecumena di 60 anni fa
cosa possiamo rispondere noi dei « nostri tempi » oggi? Abbiamo cambiato
il volto del nostro paese e della nostra valle, ci siamo evoluti ed emancipati, abbiamo quasi rinnegato il nostro passato, ma per quale scopo, con
quale risultato? Un progressivo allontanamento dal Signore della vita: ecco il risultato quanto mai poco desiderabile! Oggi le nostre giornate non
si iniziano più « Nel nome di Dio... ».
E’ diventato anche « fuori moda » raccogliersi in preghiera prima dei pasti
per ringraziare il Signore che ci dona «il nostro pane cotidiano ». Senza
dire che sono pochi ,per davvero, quelli che chiudono la loro giornata con
un pensiero almeno di lode e di ringraziamento al Signore. Ed è molto
triste dover constatare da ogni parte
« Tesigenza » di andar fuori, in gita,
la Domenica per svagarsi, invece di
sentire la vera esigenza di adorare il
Signore nella comunione dei fratelli.
Non bisogna dimenticare che se Tuomo « lavora sei giorni » e fa in essi
ogni opera sua non permette al Signore di operare nell’animo suo, e perciò
è necessario che l’uomo si fermi un
giorno alla settimana appunto perchè
il Signore possa operare in lui evitando così che l’uomo, troppo preso dalle sue preoccupazioni cotidiane, non
divenga come le bestie.
Non ci lasciamo prendere dallo spirito di questo mondo, non facciamo
posto al Maligno per ubbidirgli e diventare suoi schiavi. Rinvigoriamo la
nostra lede per non essere fatti preda delTindiflerenza e della freddezza
spirituali. E ricordiamoci che « il Signore non vuole la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva ».
Ed il profeta Geremia esclamava:
« Esaminiamo le nostre vìe, scrutiamole, e torniamo alTEterno! Eleviamo insieme con le mani i nostri cuori a Dio nei cieli... ».
RutigUano
Scuola Latina
di Pomaretlo
Doni riicevuiti fino al 31-1-1963 dalla direzione die, riconoscente, ringrazia.
Gina e Ida Bertalot (Pdnerolo) L. l.Oòò;
Giaiero MarceUa (Perosa Argentina) 1.000;
Fam. Romano Amileare (S. Secondo), in
niemoria sig. Giacomo Bernard 5.000; Ribel Walter (Perosa) 2.000; Alice e Conrad Poter (Perosa Argenilina) in mem.
maestro E. Raima 2.000; N. N. (PraR)
2.000; Fam. geom. Emilio Roslagno (Torino) in mem. Margherita Rostagno-Jahier
5.000; Costantino Ezio (Chiotti) 2.000;
Peyronel Odelta (Chiotti) 1.000; «Pro
Camipana », Sig. Paolo Gay (Chiavari)
5.000; Iole Scarano (Cerignola) 1.000;
Bronza Arturo (Fontane) 5.000; Clelia-Vigliano Bandielti (Bari) 1.000.
6
pag. 6
N. 8 — 22 febbraio I943
TORRE PEUÍCE
— Nel Concistoro. Il Sig. Domenico
i^ate, anziano a S. Marglierita e Segreta
rio del Concistoro, ha dovuto, con rani
manco, rassegnare le sue dimissioni es
sendosi stabiUto a Torino. Lo ringrazia
mo molto per tuUo quello che egli ha fat
io per la nostra Comunità nei molti ann
ohe e stato nel Concistoro e ci fa piacere
rivederlo spesso fra noi la domenica. Per
una migliore disposizione del lavoro del
Con^storo è stato stóbilito e comunicato
in Assemblea che l’Anziano Aldo Varese
Si ot^perà d’ora innanzi del quartiere di
S. Ma^rgherita mentre l’Anziano Enrico
Lynard assumerà la piena responsabilità
del quartine dei Coppieri. U Sig. Umberto PeUegnn e stato nominato, in seno al
Concistoro, Segretario.
L’Aese^lea di Gliiesa del 13 Gennaio
ha nominato Anziano per riiwerso Rolaudi il Sig. VaMo Rivoir. Vogliamo augurargli un lavoro benedetto nel suo Quartiere e in seno al Concistoro.
-- NeUe riunioni di quartiere. Abbiamo
dedicato le riunioni di Gennaio e parte
di queUe di Febbraio al tema: La testimonianza cristiana, proposto dalla Conferenza Ecumeni,ca di Nuova Delhi. Speriamo
che da queste riunioni nasca una meditazione personale e comune sui vivi problemi che circondano la nostra chiesa in
questo tempo.
-- La Giornata delle Missioni si è svolta
nel corso dell’ultima domenica di Gennaio. Rin,graziamo molto la Sig.na Graziella Jalla elle al mattino ha parlato ai
hambim delle Scuole Domenicali e nel
pomeriggio ha tenuto una interessantissima conferenza con proiezioni.
Ringraziamo anche il Past. J. Tron che
ha prraieduto il enlto in francese dedicalo alle Misisioni.
"^Ua riunione del pomeriggio qualcuno
SI e domandaito se il problema delle Missioni sia un problema... femminile! Infatti
V era im pubblico quasi esclusivamente
iemminile. La cosa desta stupore e provoca un certo numero di interrogativi.
La nebbia ha nascosto i Falò. — Annata
poco favorevole ai falò, questa! Prima è
venuta la neve ad ostacolare la preparazione dei falò di quelli tìlie non erano
stati previdenti e non li avevano già preparati, poi aU’ultimo momento ci si è
messa anche la neibhia cosi rara a Torre
PeUice e specialmente la sera. Certo ognuno ha goduto del suo falò, ma il bello
spettacolo dei fuochi sparsi sulle colline
e sui monti non l’abbiamo potulo ammirare.
La Giornata del 17 Febbraio. — Inaspet.
talanienle invece il 17 Febbraio è stato
rallegrato da mi bel sole ohe certamente
ha facilitato non poco lo svolgimento delle varie manifestazioni. I bambini hanno
potuto fare il loro corteo a bandiere spiegate, le persone, anche di una certa età,
hanno potuto uscire di casa per il culto e
per la serata.
La celebrazione dei bambini si è svolta
con un nutrito programma e con una magnifica preparazione dei piccoli, tanto più
encomiabile in quanto la passata d’influenza aveva reso necessarie molte sostituzioni all’ultimo momento. Vogliamo
ringraziare mollo gli insegnanti delle
scuole elomenitari che hanno preparato
con amore e con cura questo programma
e appro'fittiamo di questa occasione per
ringraziarli anclie per l’inBegnamento della religione e del francese che danno durante tutto l’anno ai nostri baimbini compiendo un lavoro delicato ed importante
I>er la Chiesa.
Abbiamo notato ,ehe i « grandi » erano
più numerosi del solito a questa manifestazione e ,eosì pure al culto, presieduto
dai Past. Sommani, c’era una bella assemblea. Questo ,ci ha molto ralle,grati
perchè rimane il fatto che al centro di
tutta la giornata del 17 Febbraio deve rimanere il culto di riconoscenza e di consacrazione al Signore che è datore di ogni
grazia.
Il tradizionale pranzo con 160 commensali si è svolto anche quest’anno al Convitto Valdese. Siamo particolamiente riconoscenti alla Direzione del Convitto e
comprendiamo la discreta confusione che
portiamo in una comunità di oltre 70 ragazzi con la nostra invasione.
Ottimo il pranzo e tutta l’organizzazione. Abbiamo sentito vivamente l’assenza
del Prof. Attilio Jalla ohe per tanti anni
aveva dir^^tto con gioia ed entnsiaanio la
organizzazione e lo svolgimento del pranzo commemorativo. Un pensiero di riconoscenza e di ricordo è stato espresso dal
sig. Italo Hugon che quest’anno ha pre-so
la direzione dell’organizzazione. Molto inleressanite il messaggio storico del Pirof.
Armand-Hugoii, brevi ed incisivi gli altri
discorsi, tranne uno.
La serata preparata dairUnionc Giovanile del centro ha avuto un pieno successo. Il lavoro presentato: « ...e Giove ride »
di Cronin era piutloslo diffirile ed un
Inion numero di allori erano alle prime
armi, ma le difficolà sono state superate
in modo encotniabile con la buona volontà e col prezioso aiuto del Prof. Casini
che ha diretto i giovani nella preparazione ed ha curato la regia.
Nel corso di tutta la giornata la Corale
è stata presente ed attiva: due cori in
cliiesa, diversi canti al pranzo, nel pomeriggio alla Casa delle Diaconesse per rallegrare le persone anziane die sono là accolte ed infine una ,partecipazione ricca e
ottima anche aiUa serata ove la corale con
i suoi due primi cori ha ricordato ai presenti il significalo del nostro essere convenuti -insieme.
GERMANO CHISOKE
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
/ nostri lutti. — 11 2S Gmoiaio si è spenta, alPAi&ilo dei Vecchi, Bounous Giusep'
pina, di anni 78. Originaria di Riclaretlo;
lascia un buon ricordo di se.
11 26 Gennaio è stato sepoJ'to a BarairierEmbrtMi (Franria) con Findervento del pastore Sabatier di Gap, Martinat Alessio, di
anni 62, del Chiotasso. Era stabilito, da
molti anni, in quella cittadina francese.
Il 1® Febbraio è stato sepolto, nel cinnitero di Villa, Balmas Giovanni Bartolomeo, di anni 73. Originario di Pomeano,
abitava presso il figlio ai Blamc.
Il 9 Febbraio si è spenta, presso l’Ospedale Valdese di Poniaretlo, Vitale Virginia red. Jahier, di anni 84. Insegnante
presso Je Scuole di S. Giacomo degli Schiavoni era andata sposa al maestro Jabier e
lo aveva s-eguilo prima a Prarostino e poi
a S. Gemrano. Era inferma da molli mesi
e non gli è isoprawissuta che poche seittiinane.
Al calar della notte del 9 Febbraio si è
spento, improvvisameme, Giacone Giulio,
di anni 63. Assiduo nella frequentazione
ilei enlto finché le forze glielo permisero.
Ila conosoiuto, per lunghi mesi, raniarezza dell’infermità e della soffereniza, sostenuto dalla fede.
Il 10 Febbraio, ai Garossini, dopo una
lunga giornata terrena, si è spento Farneron Lorenzo, di anni 91. Le sue spoglie
mortali sono state deposte nel cimitero di
Prar ostino.
Alle numerose famiiglie colpite dal lutto, rinnoviamo l’espressione della nostra
s ianpa tia cristi ana.
TRIESTE
L’Unione giovanile tergesiina pare in
piena efficienza, specie da quando è Unione « metovaldoelvelica »; ha persino fondalo un suo giornale, con tanto di « pupoli » (liiHuslrazioni), pieno di idee:
« Noi giovani ». Vi »i discutono problemi
generali come la testimonianza, la presenza della riiiesa nel mondo odierno,
e problemi più Jo-calì come le possibilità dello sviluppo di un centro giovanile
per il Triveneto (a Tramonti o a Forni?). Pareeolii sono desiderosi di impegnarsi ancJie aU’inilemo della Chiesa, e
si sono lanciati con ardore in una campagna di diff'usione del libro evangelico,
nonché della nostra slamipa periodica.
La Luce e Presenza Evangelica (e c’è,
invero, un ampio margine di possibilità).
La Metà “Enrico Arnaud
Le serate deirUmune si lengoiuo a mesi alternati nella -sala melodista e in quella valdese ; il ipro gramina per il mese
di febbraio comprende una couversazione di Ada Gavazzarli su « La coscienza
al baodo » (il careggio fra il pilota di
Hirosliiima, Eallierly, e G. Anders), uno
'Studio del BÌ,g. Piero Genitilli su « Riflessioui ,sul carattere della predicazione attuale » (suggerite dal questionario della
Commissione ecclesioloigica), e due studi a più voci. Su « Il culto daiUa chiesa
primitiva ai nostri giorni » e su « La
testimonianza ».
MASSEl
Lunedi 11 è stato celebrato a Salza
il servizio funebre di Tron Maria; alla
numerosa sua famiglia, cui ha saputo dare
un esempio ed una educazione profondamente cristiana rinnoviamo la nostra fraterna simpatia.
— La bella giornata del XVII è stata
come di consueto salutata dalla gioiosa
collana di falò sulle nostre alture e dai
fuoichi d artifi'cio. Quest’anno non è rimasto delPantica tradizione olle il corteo
verso il tempio, la cerimonia è stata sostituita dal cullo cui i bantbini della Seno,
la Domenicale hanno partecipato con due
inni; apprezzati conte sempre i dolcinmi.
Il signifiicato del XVII è stato ricordalo
nel corso del culto e la gioia dei rico-rdi
e della libertà presente non deve mancare, forse sarebbe iirova di buon gusto
non lare di questa occasione un giorno
di boinbardam-ento a snon di pelardi.
— Ringraziamo il past. L. Rivoira ed
il eig. Claudio Tron che hanno gentilmente soiSlituilo il pastore per il funerale di
Troll Maria e per il cullo del XVII.
Anche fra i giovani dell’Unione si fa
sentire la pressione migratoria : alcuni
sono lontani, liavorano, e scrivono che
hanno un pò di nostalgia...
Siamo lieti di dare, finalmente, buone
notizie della Soc. Enr. Arnaiid di Torre
Pellice, che domenica sera, 10 corr., ha
ripreso le sue attività, da qualelie tempo
sospese, non sempre di sua volontà.
Dei 55 inviti inviali a Soci e non Soci,
solo 25 hanno risposto aU’appeRo. Ma gli
assenti erano sousabili data l’inipraticahilità delle strade a causa del ghiaccio e
della neve. Speriamo nel loro intervento
alla prossima seduta stabilita per il 19
Marzo.
AlPaperlura della seduta, si è proceduto alla modifica dello Statuto sociale
che stabilisce che il numero dei componenti il Comitato Direttivo deve essere
compo'Sto di 7 Membri e lo si è ridotto
a soli 4 coanponenti. E qui è il caso di
dire: pochi ina buoni. Difatti alla votazione che è stala fatta subito ,dopo, sono
risultali eletti al primo scrutinio i Sig.ri
Prof. Angusto Armand-Hugon, Italo Hugon, Carlo Pa'Sebetto e Plug. Giovanni
Pontet. A questi va aggiunto, di diritto,
il PaiSlore titolare della nostra Chiesa SigPranico Soimniani.
Ha latto seguilo una lunga discussione
sul proigramnia delle attività che si dovrebbero svolgere ,nel corso del ,cO'iTenle
anno c,he ria,ssumiamo brevemente-,co,si :
1°) ■ Fare una intensa propaganda per
l’adesio'Ue alla nostra associazio,ne, di
nuovi membri, specialmente fra i giovani,
per interessarli maggiormente alla vita
della nostra comunità e per stringere sempre più numero,si vincoli di affratellamento
ira i membri della nostra Chiesa.
2°) . Di promuovere un ciclo di studi per
far Juiiig g I o rmen i e co n oi&cer e le diver,genz e
esislenti ira Li Chiesa catloliea e quelbi
protestante epecialmeiite ora, in periodo
di Concilio Eciumenico Vaticano.
3°) - Di fare quanto possibile per ay.
menta re il numero degli abbonati all’« Eco "
delle Valli Valdesi ». Questo giornale, però, è stalo detto, dovrebbe avere articoli
più alla portata della media cocitura della
popolazione valdese e un maggior numero
rii no,lizie locali. (Dato che lo stesso gior.
naie, coin nome diveiso, va in tutto il resto deU’Italia, come sarà possibile rag.
giungere questo ®co,po? Ai palermitani, ad
e,seinpio, interesseranno fino ad un certo
punto, 0 magari niente, le notizie valdesi
e viceversa).
Altri lenii sono stati anche toccati conte
Porganizzazione di gite in giorni festivi
rii tliscussione su iproblenii sociali (e percliè non « politiche » — escluso il « partilismo » — in vista delle prorssime elezio
TESTIMONIANZA
fi rapporto della Prima Sezione de].
Assemblea di Nuova Delhi
pp. 24 - L. 100
EDITRICE CLAUDIANA 1963
iiiiiiiiiiiiimiMiiiii
u
na nuova atmosfera a Pradeltorno
COMO
La sera del 16 si è tenuta l’agape jraterna, a cui è seguita una serata centrata
sul problema del centenario della comunità, che cadrà Panno prossimo; è stata illnslrata la situazione atluale deUa comunità
nella sua storia ,ce,nten,aria e nella testimonianza presente.
Il 12 gennaio una simpatica serata aveva riunito nella sala di Via Rusconi
parte della comunità per l’agape fraterna
e per ascoltare Pinleressamte racconto che
il Past. T. Vinay ci ha fallo del lavoro
che si svolge a Riesi.
E’ iniziata la serie di riunioni quartierali nelle famiglie.
Alle riunioni mensili della Lega feminiU'ile, a cominciare da gennaio, il Pastore tiene una serie di conversazioni sul
movimento ecuménico, illustrate da diapo'sitive.
Giovedì 28 febbraio, alle ore 21, il Prof.
J. A. Sogigin, della nostra Facoltà d,i Teologia, terrà una conferenza sul Concilio
Valicano U
E’ stata una grurule gioia, risalire a Prodeltorno, domenica 17 febbraio. Non soltanto perchè era una stupenda giornata di
sole e di neve, senza una nuvola; nè soliamo perchè fa piacere ritrovarsi fra volli
amici, fra vigorose strette di mano, con
fratelli e sorelle con cui si è condiviso,
anche se solo per un breve tratto, il cammino della vita e della fede.
C era più di tutto questo, nel mio cuore, perchè ricordavo Pradeltorno soltanto
alcuni anni fa, quand’ero pastore nell’al.la valle d'Angrogna: un piccolo centro
sperduto e in via d’abbandono; malgrado
il coraggio e la perseveranza di molli,
c'era un senso di stanchezza, quasi di disarmo; girando per le case e i villaggi
quasi silenziosi, sempre il discorso tornava sullo spopolamento, sullo scendere
a volle di tanti, specie fra i pili giovani,
sull’inesorabilità dell’abbandono, in un
senso sfiduciato di solitudine e d’isolamento.
Ora l’atmosfera è cambiata: l’ho sentito
mollo nettamente, e lo si leggeva in faccia a tutti. La strada che sale a Pradeltorno
è di nuovo una strada che porta in qualche posto — per così dire — anche in salita; non è più la strada che... allargano
solo per renderla più ampia a chi scende.
E questa nuova atmosfera è dovuta al sorgere, rapido quanto accurato, della nuova Foresteria ”La RocciagUa”. Non avevo ancora avuto l’occasione e la fortuna
di vederla: e come non rimanerne incantati? Solida e graziosa, saluta con la sua
gaia e calda struttura in legno chi si affaccia, dopo la salita, al piano di Pradeltorno, equidistante fra il campanile cattolico e la nostra chiesa piantata lassù
sulla roccia.
Non prenderò il posto dell’accurato cronista locale, che dirà di com’è stata bella,
riuscita e familiare, la giornata del 17
febbraio, il festoso ritrovarsi sul sagrato.
l’annuncio vigoroso della Parola del Cristi) che ci fa, essa sola, veramente liberi,
e la risposta di un canto robusto come di
rado risuona nel tempio disadorno; il
lieto ritrovarsi a tavola insieme, nell’allegra e... sovraccarica stanza da pranza
della Foresteria, così luminosa nella smagliante giornata di sole e così accogliente.
adorna con tanta cura amorevole; l’ottimo
e abbondantissimo menù, consumato in
sana allegria ', e i discorsi, pochi e concisi
ma sentili; i canti...
Gente che ha ritrovalo più fiducia e più
serenità; e l’ha ritrovata perchè dei fratelli, venuti dal piano, dal fomloralle e
dalla città, sono riusciti a far loro sentire
che può non essere solo retorica di borghesi cittadini, l’attaccamento alle twstre
montagne, ai luoghi ” prestigieux” nei
qiuili il braccio dell’Eterno ha mostrato
la sua forza. Non hanno offerto solo parole di teorica fraternità: hanno recato,
collaborando con il ¡mstore e con il concistoro, la Parola che dura in eterno, roccia dei secoli; hanno costruito una casa,
che sia centro di raccolta e di testimonianza; hanno portato, in un loro modo
schietto e familiare, affetto e fiducia. E
ora, anche se altri ancora scenderanno,
molti — lo speriamo — 'dall’Italia e dall’estero saliranno a Pradeltorno; e soprattutto, coloro che rimarranno lassù .si sentiranno meno soli e isolati; e in tutti loro
c’è una gioia, nuova nella comunione fraterna, e una nuova volontà di collaborazione.
Ad un certo punto, pensavo con una
punta di umiliazione che la ’’chiesa” non
era riuscita a dar loro questo, il vecchio
quadro ecclesiaslico non aveva saputo dare
e suscitare reazione; ma era un pensiero
falso; la chiesa sono proprio questi fratelli e queste sorelle che hanno offerto il
loro aiuto di fede e di servizio, questi
’laici’ che hanno avuto quel quid di fan
tasia che sempre si auspica nel servizio
cristiano.
Il mio augurio è che l’esempio di (illesio servizio e di ipiesta volenterosa fantasia sia contagioso, e che dello slriimenlo che così può sorgere si faccia un efficace mezzo di testimonianza. E la mia
speranza è che i fratelli e le sorelle di
Pradeltorno, così privilegiali - - malgrado
la loro rude vita — rispondano con shindo al dono che il Signore ha fallo loro
nell’impegno di questi fratelli e di queste sorelle, che non terigono a sentir proelamare il loro nome, poiché è nell'amore di Cristo che operano.
Gino Conte
La famiglia del impianto
Giovanni Bartolomeo
Balmas
commossa e riconoscente ringrazia
quanti di presenza, con fiori o con
scritti hanno voluto es-serle vicino nei
glande dolore. Particolarmente ringrazia il Dott. De Clementi, il pastore
Bert e tutte le persone che furono di
conforto durante la malattia.
S. Germano Chisone 1-2-1963
I familiari di
Giulio Giacone
NOTIZIARIO FIORENTINO
che il Signca'e ha richiamato a Sè
i; 9 c. m. a S. Germano Chisone, sinceramente ringraziano tutti coloro che
nel duro momento della separazione
dal loro Caro sono stati vicini con il
Consìglio di Chiesa. — Durante la recente Assemljiea sono stali eletti (o rielelli) quattro membri: Salvatore Caponetlo, anziano; Aldo Gay, Franco Massa, Piera Tesio, diaconi, insediati durante il 'Cullo di dotneniea 17 febbraio.
Mentre ,oi rallegriamo per questa elezione, desideriamo ringraziare la sorella
Fernanda Sbolci, la quale per tanti anni
ha servito con abnegazione e capacità come cassiera della Chiesa, ed il fratello
Aldo Lonig, trasferitosi a Roma dopo un
troppo breve, tanto app,rezzato servizio
fra noi.
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Tot
Stampa evangelica. — L’Editrice Claudiana ha stabilito un deposito anche a Firenze: la sobria mo,9tra dei libri, il banco
neU’atrio di via Midieli, meritano la vostra attenzione. Ogni casa dovrebbe avere
la sua bibliolC'Ohina evangelica! II sig.
Carimi cura con scrupolo e dedizione questo importante settore della no-slra lestiinonianza.
La Luce ha ancora scarsa diffusione nella nostra comunità: essa dovrebbe giungere agevolmente a cento abbonati (e non
alla metà, come ora accade). Irene Caponetto e Giovanni Zanetti sono incaricali
della raccolta degli abbo,nainenti vecchi e
nuovi.
Per Presenza Evangelica ha parlato il
6 gennaio il past. S. Carile, die qui ringraziamo, raUegrandoci per i nuovi abbonamenti ra cenili.
I nostri ammalati. —• Sono tanti, in una
comunità nella quale adulti e anziani sono la ma,ggior parte. Molti han,no superato bene periodi critici, alcuni sono tuttora degenti in ospedali e dinidie. E non
dimeiiilichiainio coloro die da mesi e mesi,
bloceati in ,casa, a volte soli, sopportano
le loro infermità con dignità e ipazienza.
Siamo (grati a ohi .prende a cuore le visite
— e lo fanno dei diaconi, delle sorelle ed
altri — ricordando che la comunità vive
anidie di questi piccoli sensibili segni di
una isolidarietà che s’afferma nell’ora della prova. Il Pastore avrà sempre un nome da dare, un saluto da portare nel nome del comune Signore.
Unione Giovanile. — Abbiamo intrapreso lo studio dei documenti di Nuova Delili
concernenti: testimonianza, servizio, unità. Aderendo all’iniziativa delle Sorelle,
si parteciperà alla cosliluzione d,i una biblioteca, cercando di fornirci di quei commentari biblici die sono elrumento essenziale ,per ogni studio. E’ prevista una serata a favore d’una iniziativa giovanile
della Chiesa.
Corso di cultura. — Ha luogo non più il
mereo'ledi, ma il giovedì alle 19. In un
lunigo excursus abbiamo esaminalo la posizione dei maggiori teologi protestanti di
fronte al Cristo da A. Harnack fino ai contemporanei. Riprendendo quin,di l’esame
della « vita di Crieto », siamo pervenuti ad
esaminare: il progra-miina messianieo, il
disco,rso della montagna, le parabole. Seguiranno; il discepolato, i miracoli, processo e supplizio, resurrezione e ascensione. Quindi passeremo all’esame della
comunità apostolica.
Riunione delle sorelle. — Il pomeriggio
del mercoledì, dalle 15,30 alle 18 circa, è
sempre dedicato a queste riunioni. Le sorelle si sono accordate per ricostituire nna
liiblioteca, secondo quest; criteri: ognimo
porta un libro nuovo (o qua,si) ; la scelta
deve e.9sere determinata dal carattere del
testo, 'possiibilmenle protestante; quando
vi sarà un buon numero di libri, sarà redatta una lista e sarà mandata alle persone inferme perchè poissano usufruire
aneli’esse di questa iniziativa.
fin giornata mondiale di preghiera delle
donine evangeliiohe quest’anno avrà luogo
nella 'nostra sala di via Manzoni, venerdì
1 marzo a.le ore 16. Il tema, proposto
ilalle donne evangeUclie corcane, sarà;
« Noi siamo più che vincitori in Colui che
ei Ila anialii » (Romani 8: 37).
Asilo Italia. — Fra pochi mesi 1’« Asilo »
laiscerà la sua sede di via Vanini. La palazzina della « Missione Medica » sarà distrutta per dare luo,go a una grande costruzione: è nella logica dei tempi e del
bisogno. Sarà cosi cancellata ogni traccia
di quella « Missione Medica » — un'opera
lipicamenite anglo,fiorentina — die tanto
bene ha fatto, ed a tante persone, siano
esse nelle chiese o fuori, ha portato la conoscenza deU’Evangelo. La ,nuova Casa di
Ripoiso che sorgerà, sarà ancora un frullo
di quel devoto affetto per la diffusione del
Vangelo e per Firenze che animava quegli stranieri. Non dimenlichiamoH !
Ma rattesa per la nuova Casa è lunga,
non mancano più che motivate impazienze. L’A'mministrazione della Chiesa, che
conduce le cose, ha quanto noi a cuore
una rapida realizzazione, pur operando
con quelle icautde ohe sono necessarie. Il
CoJnilato dell’Asilo si preoccupa ora di
trovare una buona soluzione perchè il periodo intermediio trascorra serenanienle
per le sorelle affidateci.
loro affetto e la loro simpatia.
Un grazie particolare al medico Dott.
Bertolinc, al pastcre Sig. Beri, all’Associazione Combattenti, egli insegnan
ti delle Scuole di S. Germano e Fra
m.olo ed alle famiglie Chialvo e Come! li.
« La mia grazia ti basta »
(II Corinzi 12: 9)
« Io so in chi ho creduto »
( II Timoteo 1: 121
S. Germano Chisone, 10 febbraio 1963
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Terminando, ci sia permesso un augurio veramente ksentito: che la «Enr. Arnaud », grazie al muovo Comitato Direttivo, riesca ad avere quella attiva e fattiva
vitalità che è nel desiderio di tutti i suoi
Componenti. E’ solo da questa « vitalità »
che si ‘potrà sperare in un auimento e in
uii magigior intere.ssa.mento dei suoi Soci.