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Nulla sla più forte della vostra fede !
(Glanavello)
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Italia e Impero '' X'-y ■ W ' -«townBSCÌf •®. IO
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Ogni cambiamento d’indirizzo costa una*llra— La popla Cent. 40
CHIESA VAL
Riguardate alla roccia onde foste tagliati
asala LI; 1)
Miseria ^ speranza
« Se noi abbiamo sperata per
questa vita, soltanto, noi siamo
i più miserabili degli uomini ».
1 Cor. l-B:'19.
La visione precisa di questo mondo
offre allo sguardo attento dell’osservatore uno spettacolo di miseaia, nei tre
aspetti conosciuti; miseria materiale,
morale e spirituale.
Miseria materiale, cioè quella che ci
parla di case distrutte, sinistraite, di
beni perduti, di tesori ìrrimediiabilmente
scomparsi nelle macerie di situazioni
penose nelle famiglie, in ansia per il
cibo quotidiano; miseria* che ci paorla di
tutto ciò che un tempo costituiva l’oggetto della nostra speranza radiosa e che
ora è crollato per sempre.
■ V’è inoltre la miseria morale, che ci
parla di azioni umane che, in questi,
tempi calamitosi, invece d’essere improntate ad uno spirito di altruismo,
sono dettate da sentimenti di smisurato
egoismo; miseria che c parla di una disoneistà che si afferma soipratutto nei
confronti dei misero di colui che oigtìi
cosa ha perduto e che non può fare a
meno di subire il disonesti; miseria morale, cioè la mancanza di una reale sim
speranze sono venute meno per la maggior parte degli uomini, perchè è venuta meno la possibilità di reisdizzarle.
Sì, tutto è crollato, tutto è pèrduto perchè l’uomo aveva voluto dimenticare il
véro oggetto della sua vita. Tutte quelle
aspirazioni potevano avere un certo valore, quando quelle speranze fossero
posposte alla vera speranza cristiana.
L’uomo invece aveva considerato quelle
speranze come quelle vere, reali, durature. Quando • poi la distretta è venuta
ed i pericoli si sono affacciati, tutto è
inesorabilmente crollato.
■ E allora un sentimento si è venuto
formando come conseguenza logica di
quello stato d’animo; la disperazione.
Si,‘è questo il sentimento che prevale nel cuore di molti uomini, i quali
lanciano il grido angoscioso di Giobbe;
« Dov’è la mia speranza? » Più nessuna
speranza umana sussiste, perchè ancora
la voce dì Giobbe arnmonisce: « Tu, o
Signore, distruggi .la speranza dell’uomo » e la speranza, dell’empio perirà.
Questa constatazione non la facciamo
soltanto nella storia di oggi, la facciamo ancora nella storia di ieri, tanto
dei popoli, quanto delFindividuo in par
Sa favola Valdese, , per evidenti ragioni di necessità, ha
raccomandato che la QoHeifa Jinnua venga faìia entro il corrente
queste ragioni e che la loro offerta sarà generosa.
* J/on già ch'io ricerchi i presenti, an^i ricerco il frutto cì\e
abbondi d vostra ragione ». (/ Ep. ai Colos. IV: 17).
patia di chi è momentaneamente fuori
pericolo per cui si limita ad -esclamazioni di superficiale compatimento, ma
che poi riprende il suo cammino, incurante di chi soffre al suo fianco e dice
nel linguaggio di Don ■ Abbondio: purché non capiti a me, purché io sia fuori
pericolo e poi succeda quello che deve
succedere.
V'è infine la miseria spirituale, che
si manifesta in chi ha perduto ogni senso di fiducia nel Signore, e la religione
invece di rappresentare il legame della
creatura col Signore virane ancora oggi
considerata segno di debolezza, oppure
momentaneo rifugio di chi corre pericolo di morte. Miseria spirituale che si
legge sul volto ‘deiruomo che va errando su questa terra, avendo perso
ogni speranza nell’aiuto e nell’mtervento di pio. Quanto affermiamo rifonde
ad una dura realtà della nostra vita
quotidiana, poiché ci rendiamo perfettamente conto della presenza di questa
miseria dal triplice volto.
ticolare. Ma la disperazione più angospioea non è soltanto quella di aver perduto tutti i tesori umani, ma di sentirci
abbandonati Dio, di comprendere che
può avverarsi la Sua parola: « Se voi'
mi abbamìonate, io vi abbandonerò »
(2 Cron, 14: 1).
Sicuro, « se noi abbiamo sperato per
questa vita soltanto, noi siamo i più miserabili degli uomini », dice l’apostolo,
perch’egli intravede chiaramente la profonda miseria di colui che ha realmente
sperato per questa vita e che si sente
perduto.
Nasce cosi spontanea nel cuore una
domanda: Perchè i Cristiani di oggi sperimentano in modo così forte lo spettro
della miseria? La vera ragione non va
ricercata nelle cause incidentali della
situazione presente, bensì nel fatto che
gli uomini hanno posto la loro vera, unica speranza nei h^ di questa terra. Gli
uni avevano posto la loro unica speranza nella loro casa, nel miraggio di un
avvenire che si delineava ricco di belle
prospettive, di affari ben riusciti anche
se combinati con non troppa coscienza
e onestà... Altri avevano concepito il
vero valore deila vita, soltanto in funzione d^li affetti famigliali, deH’avvenire diei propri figli, del prestigio della
famìglia. Altri ancora avevano considerato il lavoro come l’unico scopo della
loro esistenza, facendo di casso il mezzo
unico per il raggiungimen/te della vera
felicità. Altri ancora ritenevano'che la
gloria, l’onore, il prestigio fossero l’oasi
sicura che bisognaya raggiungere per
essere veramente beati. Mia tutte quelle
Dlr«llpr«i Prof. QINO C<VTABBL
AMMINISTRAZIONE e REDAZIONE:
Via Carlo Alberto, 1 bis — TORRE PELUCE
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' di rinnegare il nostro passato come
fmtto di speranze vane, per guard:are
' con tutta la nostra anima alla speranza
in Cristo che tutto ci ridona: pace, amore, ricchezze infinite, gioia e calma nel
cuore. G. BouchardU
in ossequio alle vigenti disposizioni
, L’Eco delle Valli Valdesi, a partire dal
1° dicembre, esce con due pagine.
La predicazione
Anche noi riconosciamo di aver avuto
una eccessiva sollecitudine per i nostri
beni, una continua preoccupazione per
i nostri interessi materiali, un attaccamento troppo accentuato per la nostra
famiglia, tanto da considerare spesso la
religione come una semplice panacea
dei nastri mali, avendo posposto alle
speranze visibili, la speranza invisibile;
così quando l’ora del lutto, della malattia, della prova in genere è scoccata
ablàamo provato lo stesso sentimento
della miassa umana: la disperazione.
Ricordiamoci che al disopra di queste misèrie infinite, frutto dell’egoismo
umano, intravediamo la speranza, quella che soia può essere chiamata con
questo nome. Questa speranza Tintravidero gli antichi patriarchi, quale preludio della speranza in Cristo e per
essa gioirono e si rallegrarono. Oggi
questa speranza, per noi fatta certezza,
ci è chiaramente specificata dall’apostolo quando dice: Cristo è la nostra speranza. Ecco l’oggetto preciso delle nostre più belle aspirazioni, la mèta alla
quale dobbiamo tendere continuamente.
In Cristo possiamo essere liberati da
questo stato di angoscia e di sofferenza interiore, in Lui possiamo credere
finalmente che tutto è ritrovato, in Lui
tutto è 'salvato, in Lui tutto è conquistato.
E’ questo il momento di non rendere
sterili i nostri sentimenti col rievocare
Qualche anno fa, im distìnto ed eloquente pastore francese entrava nel
ruolo dei ministri emeriti. Egli aveva
esercitato un ministerio di trenta anni
consecutivi in una grande parrocchia e
prendeva congedo dai suoi affezionati
parrocchiani con alcune « lettere aperte » che contenevano profonde riflessiom dettate da una lunga esperienza.
I suoi parrocchiani io avevano interjogato, in modo speciale, per sapere da
quali criteri essi avrebbero dovuto lasciarsi guidare per una nuova, nomina.
Un giornale di lingua francese riportò,
a suo tempo, le testuali parole della rispos'ta; « Nominate un pastore che faccia delle visite e sappia predicare »,
Questa semplice frase riassume i più
importanti doveri del ministerio cristiano.
Alcune settimane fa, su questo stesso periodico, abbiamo insistito sull’assoluta necessità delle «visite pastorali»,
“cHè'abbiamo definite: «il lato più interessante, urgente ed importante del
ministerio pastorale ». Desideriamo, ora,
esprimere qualche pensiero sulla predicazione.
Se è dovere del pasteare andare alia
ricerca delle anime, per curarle individualmente, egli deve, in pari tempo,
sentirsi chiamato a proclamare la Parola idall’alto del pulpito all’assemblea
dei fedeli raccolti per ador^ Dio e per
ricevere, al culto domenicale, una pa
le miserie sofferte e che soffriamo, ma
rola d’ordine di cui si ricorderanno nel
corso della settimana.
Saper predicare: ecco* un compito quasi sovrumano che costituisce il tormento
di ogni pastore, tormento che non lo
abbandonerà mai finché egli avrà la
forza di salire sul pulpito e parlare ai
fedeli da parte del Signore.
Molti hanno affermato, in questi ultimi anni, ohe la predicazione è fortemente in ribasso. Se questo è vero ci sono
però delle attenuanti: le grandi trasformazioni sociali, resistenza straordinariamente complicata, la mancanza di libertà, di maestri, di libri, di grandi uditori... Fagitazione stessa dei tempi che
viviamo non ha certo favorito la tranquillità della meditazione con serenità
di spirito...
E’ doveroso rilevare, parimenti, che
il pastore non è soltanto un predicatore
ma altresì Forganizzatore di una quantità infinita di attività che gli portano
via una buona parte del suo teimpo e
10 distolgono dallo studio e dalla meditazione.
Pure il valore e l’importanza della
predicazione non possono, in alcun
modo, essere trascurati.
Anche se noi ci limitassimo ad esaminare la storia delFeloquenza, noi vedremmo subito quanto grande sia sempre stata la potenza della parola al servizio di un ideale. In Grecia ed a Roma
ì maestri di eloquenza infiammavano i
cuori e preparavano le vittorie...
Nel camipo religioso la predicazione è
11 mezzo stabilito da Gesù per salvare
i’ùomo dall’errore e dal peccato, insegnandogli la via della vita e dell’immortalità.
C’era stato, è vero, tutta la predicarzione giudaica, ma la caratteristica del
Giudaismo rimane pur sempre la cerimonia ed il sacrificio. I profeti sono
messaggeri occasionali di speciali avvertimenti di Dio in certi tempi parti
colail, mentre il ministerio di Gesù Cristo è caratterizzato da una continua
opera dì predicazione.
« ...Le turbe lo cercavano e giunsero
fino a Lui; e lo trattenevano perchè non
si partisse da loro. Ma Egli disse loro:
Anche alle altre città bisogna che Io
evangelizzi il regno di Dio; poiché per
questo sono stato mandato. E andava
predicando per le sinagoghe della Galilea » (Luca IV, 42-44).
Gesù stesso ha lasciato ai suoi discepbli l’ordine di predicare: « ...andate per
tutto ü mondo e predicate l’Evangelo
ad ogni creatura » (Marco XVI, 15). E
la vera e propria predicazione cristiana
nacque alla Pentecoste; « ...tutti furono
ripieni dello Spirito Santo... e cominciarono a parlare... secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi » (Atti 11,4).
Il tema ideila predicazione apostolica
era il Cristo crocifisso e risorto, il Cristo sedente alla destra del Padre, Colui
nel quale v’è la remissione dei .peccati,
il Giudice ed il Signore di tutti gli uomini.
Per mezzo della predicazione furono
chiamati alla conversione i Giu)dei ed i
Gentili, si fondarono le Chiese e la Parola ideUia vita conquistò i popoli. *
Purtroppo la storia della chiesa registra periodi, di infìacchimeinto della
predicazione: il sacerdote prende il posto del predicatore e si giùnge perfino»
all’abolizione di ogni forma di premiazione. Non furono certo quelli i pSi^di
più luminosi della Chieda Cristiana.
La Riforma costituisci un potente richiamo all’opera della pretìicazione che,
nelle nostre chiese, occupa sempre, con
la-Iattura- della Parola di'Dio, un posto di primaria importanza.
La stessa Chiesa Romana sembra ora
ricredersi dielFoblio nel quale, per molto tempo, aveva lasciàto la predicazione.
L’iannunziO del Vangelo è ora universale come non lo fu mai nel passato. Lo
è nelle chiese secolari ed la terra di missione.
Ma dobbiamo sempre più vegliare sul la purezza della predicazione affinchè
porti, chiaro e preciso, Fannunzio della
Buona Novella e sia così realmente
. un’ambasciata da parte di Dio. Il predicatore deve essere un profeta: uno cioè
che parla in luogo idi un altro; egli è
colui che ascolta Iddio-, medita la Parola, ricerca la luce dello Spirito e quindi proclama agli uomini quello che ha
« visto ed udito » affinchè si avverino
le parole di Isaia: « la terra sarà ripiena della conoscenza dell’Eterno, come il '
fondo del mare daH’acque che lo co
prono ».
u:h.
CASTIGO 0 PROVA?
Al direttore di un giornale evangelico
è pervenuta la seguente lettera che vo^
lentieri pubblichiamo.
Molti dicono che questi tempi tristissimi sono là conseguenza naturale di
tutti i nostri peccati che si possono riassumere in un generale allontanamraato
degli uomini da Dio. Secondo me non
è così, perchè le calamità che stiamo atr
traversando ora sono state preaniumziate ai tempi di Gesù, perciò qualunque sia la condizione spirituale in cui
si trova il genere umano queste tremende prove si sarebbero dovute avverare.
Io penso piuttosto che questo sia il
tempo del vaglio in cui Dio saprà riconoscere veramente i suoi figliuoli dalla
condotta che essi terranno di fronte alla
prova. Se partiamo da quésto principio
il problema potrà essere risolto dai cristiani con ma^ior profitto ed un raggio di fede e di speranza squarcerà
sempre le tenebre quanto mai impenetrabili. Infatti se io dico: — E’ anche
per colpa mia che avviene questa oatastrofe ed ora il castigo mi piomba addosso inesorabilmente, — io attendo
questi avvenimenti con un fatalismo
passivo. Non potrò fare nulla per scongiurare il male per quanto chieda per
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L’ECO DELLE VALLI jVALDÉSI
dono e mi vantUì di frante a Dìo e dì
fronte agli uomini. ■
Quando invece penso che le;difficoltà che avvolgono me e tutto il mondo
sono una iH!q[v;a misurare la nostra
fedeltà ed il hos^ amore, tutta la mia
volontà è tesa per quest’unico scopo ;
con l’aiuto di Dio resìsterò fino alla fine.
Apriamo l’Eyangelo alle pagine pinofetiche: vi è forse scritto che se gli uomini sono buoni potranno impedire che
sopravvengano guerre e terremoti, carestìe © odio, stragi, tentazioni e morte?
Tutt’altro. GÌesù dice esplicitamente che
queste cose devono awerairsi, ma insieme all’annunzio di tante sciagure Egli
indica pure la fonte da cui si potrà trarre forza ed incoraggiamento.
Dio é amore, e non posso credere ohe
Egli voglia castigarci in maniera così tremenda dopo averci riscattati donando il
suo proprio Figliuolo come prezzo per
la nostra colpa.
Tutto quello che ci eolpisoe più direttamente o intorno a noi o in noi dovrebbe servire a staccarci gradatamente,
seppure dolorosamente, da tutto ciò che
è terreno per insegnarci a volgere gli
sguardi verso quella vita che dovremo
vivere eternamente nel Regno dei Cieli. In tal modo aumenta il puro amor
patrio’ che ci dà la nostalgia della nostra Patria celeste della quale noi vogliamo fin d’ora essere cittadini.
Naturalmente sono convinta che il
peccato e l’odio che dilaga sarà punito,
ma credo che la punizione non consista
nel fatto stesso degli avvenimenti che
si susseguono, bensì nello stato di abbandono nel quale i peccatori impenitenti sono lasciati da Dio, abbandono
che genera disperazione, angoscia, soHtudine, morte. Se dovrà abbattersi su
di me qualche sciagura, mi sentirò punita qualora non sia trovata fedele al
momento della prova. Infatti ü mio
cuore dirà: dov’è Dio? Non lo vorrò cercare, non lo troverò, e Dio non si chinerà per porgermi la sua mano.
Quanto è diversa la sorte se sarò fedele e vigilainte! La medesima sciagura
si abbatterà su di me, ma io griderò alrÈterno ed Egli mi prenderà per la
mano e renderà M mia vita che credevo
in j>ericolo,- ricca di benedizioni e vivente di vera vita. Allora comprenderò
e canterò col Salmista: « Quand’anche
camminassi nella valle dell’ombra della
morte, io non temerei male alcuno, perchè tu sei meco: il tuo bastone e la tua
verga son quelli che mi consolano ». In
questo caso non posso parlare di castigo, ma di grazia. Chi avrà sostenuto
sino alla fine acquisterà una forza sempre più grarde per agire come figliuolo
di Dio, una pace ed una sicurezza sempre più profonda che si comunicherà a
coloro che lo ciircondano, una fiducia illimitata nella grazia, nell’amore e nella
potenza del suo Signore. L. T.
Rispondo;
I pensieri contenuti in questo scritto
sono troppo vivi ed attuali per essere
lasciati senza un cenno di risposta. Molto di vero, essi contengono, ed ogni persona che abbia qualche sensibilità spirittuLle consentirà con essi.
Ma possiamo noi veramente contrapporre così le idee del castigo e della prova, quando si tratta di avvenimenti che
sono evidentemente una formidabile manifestazione del male? La nostra corrispondente dice: « Qualunque sia la condizione spirituale del genere umano queste prove si sarebbero dovute avverare », perchè cosi sta scritto nelle pagine profetiche dell’Evangelo. Veramente quelle pcugine significano piuttosto,
che quélle cose devono avverarsi, appunto perchè la situazione spirituale del
mondo è disperatamente peccaminosa, e
sono Vespressioiie suprema, concentrata del peccato che si contrappone alla
venuta del Cristo glorioso; e questa manifestazione di peccato è tale, che il cielo e la terra, gli astri e il suolo prendono parte a quell’enorme turbamento,
il suolo trema, gli astri si velano la faccia. E infatti quell’ultima mcmifestazione del male prelude al giudizio finale.
Non dohiamo dunque intendere ‘le parole: « Queste cose devono avvenire »,
come se dovessero avvenire indipendentemente dalla bontà o malvagità degli
uomini, ma nel senso che devono avvenire appunto a cagione di quella malvagità.
Ora, comprendo bene, che in preso\za di queste enormi manifestazioni del
male i fedeli credenti si sentano un poco
irresponsabili. Ma anzitutto, abbiamo veramente il diritto di separare la nostra
responsabilità? Non sarebbe piuttcrsito il
casto di confessare la nostra solidarietà
'Vocabolario delta lingua Valdese
(Vedi numero 46)
AFFANNONE, s. m., chi si piglia soverchia briga di quel che non gli
, appartiene. ^
Buoni Valdesi che hanno tanto da
fare, che ciò nonostante trovano ancora
sempre il tempo di occuparsi degli affari altrui. Portano un particolare inte
resse a quel che fa e non fa il pastore,
a quello che dice e non dice il Concistoro, a quello che decide e non decide
la Tavola. Sanno tutto e per tutto hanno un acconcio suggerimento ed un opportuno disegno. Si affannano ed affannano e fan venir l’affanno.
Nelle Valli Valdesi è più comunemente usata la forma femminile: aiìannona^
AFFARISMO, s. m;. è un neologismo,
cioè una voce nuova, giustamente
biasimata dai puristi, nxa che è di
uso comune; indica: morboso desiderio di far affari in qualunque
modo e spesso disonesto.
L’affarismo è quindi una manifestazione morbosa della spirito che dimentica le regole fondaméntali della onestà, ^
della giustizia, della coscienza. (
Nel campo grammaticale i puristi condannavano in modo particolare il sostantivo maschile: affarista, che è altrettanto comune quanto affarismo, ma assai meno giustificato, perchè numerose
sono le voci equivalenti di puro conio:
faccendiere, intrigante, raggirone, legu- "
leio, mozzorecchi, ecc.
Negli ambienti ^nostrani si preferisce
per altro usare il termine affarista per
un tradizionale riguardo alle persone ed ?
alle cose per cui anche le più vergognose forme di peccato e le più evidenti ma,mfesta:^ioni del male vengono conside- Î
rate con una certa indulgenza che si
suole moito impropriamente chiamare
carità, mentre invece è propriamente
consapevolezza di essere conniventi per
debolezza di reazione morale.
Inóltre, nella più benigna delle ipotesi, sapere che qualcuno è un intrigante, un raggirone, ecc., metterebbe
nell’imbarazzo; non si oserebbe più par - ^
lare e trafficare ostentatamente con una -‘■
tale persona, se non altro per non compromettere la propria dignità. Con un
affarista la cosa è diversa; in fondo un
affarista non è forse qualcuno che fa degli affari... in qualunque modo?!
AFFETTAZIONE, s. f., soverchio artifizio nel parlare o neU’operare.
Alcune persone la confondono con
l’ipocrisia, ma è un errore. Affettare può
talora riferirsi a persone che si studia no di mostrare sentimenti che non hanno; generalmente però l’affettazione di
sentimenti religiosi è una nuance della
ostentazione; si dice cioè di chi vuoi far
pompa di certi suoi sentimenti, a scopo
ambizioso, per far meglio risaltare la
propria superiorità morale o spirituale.
L’affettazione è molto nociva ad una
vera vita spirituàle perchè esclude
l’umiliazione e la contrizione del cuore,
la semplicità della conversazione. Con
l’espressione alquanto impropria della
lingua dialettale: patois de Canaan si
vuole appunto indicare e colpire questa
tenden(za ad infiorare il discorso con
immagini ed espressioni ricercate di un
determinato tipo che danno l’impressione che sempre si voglia giudicare il
prossimo.
con tutto il genere umano, e assumerne
le conseguenze?
D’altra parte è anche giusto, che se
consideriamo queste cose dal lato che
ci tocca personalmente, nella misura in
cui incidano nella nostra vita, noi le consideriamo come « prove » più che come
« castighi ». Ma mi pare' che queste
« prove » rivestono tutto il loro significato se le consideriamo di tempo stesso
come la nastra partecipazione alla espiazione di uno stato generale di peccato,
del quale non siamo direttamente responsabili, ma dal quale non possiamo
neppure separare la nostra responsabilità. G. M.
AFFRATELLARE, v. a.; stringere in
vincolo di fraternità. (V. fratello}.
L’esempio classico di tutti i vocabolari è: la sventura affratella gli uomini. Negli ambienti nostrani però l’esempio non sembra sempre calzare, per una
certa tendenza ad approfittare non proprio delle sventure altrui, ma della di
Voglio morir ricco
Questo racconto è forse già noto a
molti lettori; ci si permetta di ripeterlo
ancora per un suo strano sapore di attualità.
Un piroscafo, molti decenni or sono,
spinto dalla tempesta, naufragò sulle
coste del Brasile. Esso trasportava anche un prezioiso carico di lingotti d’oro.
Il capitano fece il possibile e l’impossibile per salvare, dopo i passeggeri,
almeno una parte del carico prezioso;
ma la catastrofe diveniva immirnente
ed anche l’equipaggio dovette decidersi, a malincuore, a lasciare la nave.
Un ufficiale volle però compiere ancora un ultimo giro d’ispezione per -assicurarsi che nessuno fosse rimasto a
bordo. Con suo profondo stupore trovò, sul ponte, un uomo intento ad ammucchiare lingotti d’oro, ad ordinarli,
incurante della furia deU’uragano, della
morte che minacciava.
« Che fate? Siete pazzo? — gridò l’ufficìale. — Non vedete che la nave va
a fondo? ». — « Può darsi che la nave
vada a fondo e che io sia pazzo; ma,
vedete, io sono stato un povero diavolo,
senza un soldo, durante tutta la mia
vita; ora voglio morire ricco», e,continuò imperterrito ad accumulare i suoi
lingotti, senza degnare d’uno sguardo
Tuffici^e che invano lo supplicava e
cercava di costringerlo a lasciare il ponte per tentare sulla scialuppa la via
della salvezza. E l’uomo fu lasciato vivo
nella tomba ch’egli s’era scelta. Pochi
istanti dopo la nave sprofondava negli
abissi col suo carico prezioso.
Era un pazzo; era diventato pazzo! E
sia. Ma sono pazzi e come tali riconosciuti quegli uomini che hanno tutto
sacrificato: salute, onore, coscienza, anima al solo scopovdi diventar ricchi?
E cosa significa: diventar ricchi ad
ogni costo, se non: voler morire ricchi?
« Che cosa darebbe l’uomo in camibio
della sua anima? ». ,
Che cosa può dare l’uomo per un tale
cambio, che non significhi la sua morte?
Eppure oggi gli uomini corrono ferocemente verso la loro morte. La via della salvezza c’è, attraverso le onde; ma
gli uomini preferiscono anche oggi morire ricchi.
Cronaca Valdese
PRAROSTINO
Battesimi. Elvina Marisa Fomeron
di Attilio e di Leonia Martinat (Roccapiatta); Piero Romano di Alfredo e di
Ivonne Tron (Veirulera).
Chiediamo al Signore di benedire queste tenere creature e di farle crescere
sotto il suo sguardo.
— Matrimonio. Sabato 20 novembre
è stato celebrato nella nostra Chiesa
il matrimonio di Enrico Daniele Avondetto (Allamanda) con Pierina Amalia
Avondet.
Rinnoviamo agli sposi i migliori auguri di felicità cristiana.
— Vivamente addolorati per rimprovvisa dipartenza della signora Alessandrina Avondetto nata Gardiol, rinnoviamo alla famiglia l’espresisiSne della
nostra simpatìa.
RORA’
sgrazia comune. Si è generalmente
pronti a venire m amto dm singoli individui colpiti da un incendio o da un
incidente sài lavoro. Ma quando tutta
la comunità soffre delle conseguenze per
esempio dèlta guerra, allora si trova perfettamente naturale di Reculare sopirà
l’anormalità .delle ccnvdizioni; il vincolo"f
di fraternità diventa un’espressione generica, di proprieità dell’oratoria sacra,
riservata alla domenica mattina, per uso*
e consumo strettamente ecclesiastico.
Si cita però il caso di barba ***, il quale,
durante Vanne ’ 194... conservò il senso
del vincolo di fraternità valdese.
Un giorno un altro Valdese si recò
da lui per chiedergli per favore e pagqnéo naturalmente due uova. Barba ***
gli rispose che non ne aveva, e l’altro
se ne andò. Più tardi passò tm signore
della città di *** il quale chiese una
dozzina d’uova. Barba ’*’** le trovò e le
vendette. Alla moglie fece notare, filosoficamente: « Vedi, alVailtro (al Valdese), non avrei avuto il coraggio di chiederà questo prezzo! ». Oh!, potenza della
fraAellanza Valdese! Filologo.
1 Due fratelli ci hanno recentemente
lasciati per rispondere alla chiamata
del Padre.
Enrico Tourn, di anni 65, di Fontanette, deceduto il 14 ottobre. Non aveva famiglia propria e viveva Col fratello ed i nipoti che lo ciroondavsmo del
loro affetto. Con un ^tro fratello erano
,;, ,i soli superstiti degli' antichi specialisti
^ nella cottura della calce. Questo* dettaglio servi d’ñiitirodúzione per Tannunzio
¡ deirEvangèlo fatto sulla sua tomba.
I Rosa Piavan ved. Makm, di anni 84,
I delle Fucine, deceduta il 28 ottobre. Era
i la decanía della parrocchia e soffriva da
lunghi anni dì una sordità grave che
le amareggiava resistenza e le toglieva
il conforto di udire la spiegazione della
Parola di Dio quandoi riceveva la visita
di un Pastore. Confortarono gli anni
della sua vecchiaia, le amorevoli cure
idela figliuola.
Le estreme onoranze- rese. a-qu©sti
due fratelli, riescirono efficaci dimostrazioni di simpatia e di affetto.
TORRE P ELLICE
Dopo qualche settimana 'di malattia
ha lasciato questa terra il signor Carlo
Armand Pilon, dei Giraud (Ravadera),
all’età di 48 anni.
In modo repentino Iddio ha richiamato a Sè il signor Fortunato Amprimo
all’età di 69 anni.
Lunedì sera ha terminato la sua carriera terrena la signorina Nancy Charhonnier, di Servere, all’età di 70 anni.
Rinnoviamo alle famiglie afflitte
respressione della nostra viva simpatia
cristiana.
Ilio lei loDiilto di Torre Pelo
TASSE
DI CONCESSIONE GOVERNATIVA
Si avvertono i singoli interessati che
le tasse di concessione governativa di
esercizio per l’anno 1944 do-vranno essere versate, facendo uso deirapposito bollettino di versamento, sul conto corrente postale di questo Ufficio, distinto col
N. 2|26512, presso l’UfficLo- Postale del
Cbiiiune, di residenza. A retro del, «Certificato di allibramento» (1® parte del
bollettino) dovrà essere specificata la
casuale del versamento (esempio: « tassa di concessione governativa licenza panificatori » oppure « rivendita vini »,
ecc.).
Per disposizioni superiori i panificatori dovranno corrispondere detta tassa
entro il 20 dicembre p. v., gli altri esercenti entro detto mese.
IMPOSTA GENERALE ENTRATA
Si invitano gli interessati a voler corrispondere sollecitamente i ratei già scaduti di imposta generale entrata per il
1943.
Il Procuratore:
Dott. Alfonso Zenone
La famiglia del compianto
Fortunato Amprimo
riconoscente e commossa per le manifestazioni di cordoglio e simpatia rice‘
vute, in occasione della perdita del suo
carq, ringrazia quanti presero pa/rte al
sito dolore, quanti prestarono la loro
opera ed assistenza.
Particolarmente ringrazia il pastore
G. Tron, il dott. Gardiol, la sig.ra Clara
Frache ved. Gardiol, la sig.na Gervis, il
sig. E. Costanti/n.
Torre Peliice, 29 novembre 1943.
STUDIO TICNICO
Qaomelra
ERNESTO QARDIOI.
Piazza Giosuè Oianavello
TORRI pRiLICI
Prof. Omo Costabel, Direttore responsabile
ARTI QRAFICHp “ L'ALPINA Torre PellIce
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