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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
^0060 AN^OGM ,
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Nom. 38 ARRON A iMF.NTl f Eco: L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale . I Gruppo bis 1 TORRE PELLICE - 26 Settembre 1969
Una copia Lire 60 — 1 L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire SO 1 Ammin. Qaadìana Torre PeUioe • C.CP. 2-17557
AMA IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO, MA,
Agli altri,
neppure il
ili questa pagina dobbiamo pubblieare, anche quest’anno, un appello del Moderatore, a nome della
Tiuola Valdese — la quale ne ha rice'nto mandato dall’ultimo Sinodo
— |»er una sottoscrizione che copra
il deficit con il quale si è chiuso il
bil incio dello scorso anno ecclesiastico. Possiamo immaginare con quale cuore pesante questo appello viene stilato, anno dopo anno. L’entità
delia cifra non è per nulla indiffereuie, ma è il fatto stesso di avere
un ileficit — per le spese del culto,
eh' dovrebbero essere le spese norlui,li e senza discussione di una chiesa I — a costituire un segno negativo di una gravità che non può essere ^ottovalutata. Già ne abbiamo
pa ìato molte volte, e anche recenten ente riferendo sulle discussioni e
sui e decisioni sinodali a questo riguardo. Qui non possiamo che augu arci che tale deficit sia coperto
CO! grande rapidità. I debiti si pagano. L’insegnamento del Signore
Gesù Cristo, cui faceiamo esplicito
riferimento nella penultima richiesta del « Padre nostro », ci invita a
rimettere e cancellare i debiti di cui
siamo creditori, non quelli di cui
siamo debitori! E se la correttezza
noli è l’ideale supremo cui la comunità cristiana —- e in essa ogni suo
singolo membro — è chiamata a rifarsi (qui, anzi, dovrebbe valere la
norma della « misura sovrabbondante », che Dio ci ha applicata!), non
dovremmo almeno permettere che il
bilancio della nostra Chiesa — la
Cdesa del Signore Gesù Cristo —
su'dsca una sorte che non tollererei mio per il nostro bilancio familia “. Questo sarebbe proprio il minii; o dei minimi.
* H:
nostri bilanci
e venga quel
Mi! quand’anche
ec< b siastici fossero —
gionio —. in pareggio, quand’anche
potessimo con cuore più leggero, e
senza tanto appoggiarci agli aiuti di
chiese sorelle, potenziare certe linee
di azione e di testimonianza che si
presentano particolarmente prometterli!, anche in questo caso avremmo
dalo prova di aver compreso appieno il messaggio della « misura traboccante » che Dio ci ha applicata
nella sua grazia? La Chiesa siamo
noi; ilare alla Chiesa è dare a noi
stessi, così come si spende nell’ambito di una famiglia la cui vita è intes>uia di rapporti di amore, di solidarietà. di eorresponsabilità.
Non ci è chiesto qualcosa di più?
Che. lo facciamo come singoli o —
meglio — come eointinità di uomini
e di donne, di giovani e di adulti
che prendono coscienza insieme delle proprie responsabilità, non bisognerebbe che diventasse regola per
tutti noi un’offerta anche più gratuita di quella che possiamo fare per
la Chie.sa? L’Evangelo insegna a dare, in tutti i sensi, senza riserve e
senza limiti, perché e come in tutti
i sensi, senza riserve e senza limiti
Dio ci ha dato, al Suo livello eccelso: tf Vedete di quale amore ci è
stato largo il Padre...! » (1 Giovanni 3: 1).
Questa riflessione a poco a poco
si fa strada nelle coscienze cristiane:
non che si tratti di una novità, ma
certo sta acquistando dimensioni che
finora non ha mai avuto, dimensioni che qua e là si vanno facendo coniunitarie. Allora la passione dell’agàpe per il prossimo nel bisogno
non è più passione di singoli più o
meno originali, che la comunità civile o ecclesiastica porta tutta fiera
come fiori aH’occhiello, ben decisa
però a non imitarli; allora la chiesa
A ino’ d’esempio i
Londra (spr) — La Chiesa di
Inghilterra e del Galles, che nella sua ultima Assemblea aveva
deciso di lanciare un appello a
tutti i propri membri affinché
riservino l’l% dei loro introiti
per addolcire le sofferenze dovute alla miseria nel mondo, ha
raccomandato che tale dono delri% sia raccolto durante la
« giornata del ricordo » (9 novembre). Per questa giornata è
prevista una speciale liturgia.
Un rappresentante di questa
denominazione ha detto: « Il Comitato ha deciso di riprendere,
per questa giornata commemorativa, le parole del papa contenute nella sua recente enciclica:
'Lo sviluppo è il nome nuovo
della pace’. Non abbiamo dimenticato gli orrori di due guerre e
pretendiamo di operare affinché
la pace regni sulla terra — per
tutti gli uomini —, perciò il fatto di dare una percentuale supplementare, in più delle nostre
offerte, acquista un significato
profondo che in questo contesto
ha grande importanza ».
La dichiarazione ricorda ai
membri di questa Chiesa che
l’aspetto politico di questa campagna è altrettanto importante,
se non più ancora, che questo
gesto volontario; ma « sarà questo gesto spontaneo — se è compiuto correttamente — a dare
alla nostra Chiesa il diritto di
parlare e di agire in questo campo. È possibile che siamo condotti a molte altre azioni che ci
impegnino. La miseria del mondo non sarà eliminata da chi sta
in una poltrona, e nemmeno da
chi sta su di un pulpito, per
quanto poco confortevole sia ».
intera acquista coscienza della responsabilità che porta dinanzi a Dio
e a Cristo, per il proprio prossimo.
È noto lo sforzo compiuto in campo assistenziale e sociale dalle orga
n'zzazioni ecclesiastiche, confessionali ed ecumeniche., Anche noi, piccola Chiesa minoritaria, ne abbiamo
goduto in passato e ne godiamo oggi ancora, con una' gratitudine non
priva di una certa pigrizia. È tempo
che impariamo a dare — lo possiamo fare! — ad altri, senza naturalmente che questo significhi, come
talvolta avviene, utìo storno dalle
già avare offerte perla vita della nostra Chiesa. In fondo, in modo estremamente modesto è non ufficiale,
questo era il senso del nostro appello « contro la fame degli altri », lanciato un poco più di un anno fa. La
risposta è stata da un lato rallegrante, per l’impegno regolare di un
gruppo di persone (in misura notevole ’piccola gente’, pensionati...),
daH’altro profondamente deludente,
perché il gruppo è rimasto limitato
a una cinquantina di persone, anche
meno. Ve ne sono sicuramente altri
che offrono altrimenti, e forse si può
discutere gli obiettivi che perseguiamo o il modo di questa azione. Resta pur sempre il fatto che i nostri
bilanci individuali q'così pure i nostri bilanci ecclesiasfici sono spaventosamente introverà^ egoisti.
Questa convinzione si va facendo
strada, nelle Chiese. Un esempio recente : la notizia che riportiamo qui
accanto, secondo cui la Chiesa congregazionalista d’Inghilterra e del
Galles ha deciso di chiedere a tutti
i propri membri di riservare l’l%
delle proprie entrate per attenuare
le sofferenze causate dalla miseria
nel mondo. L’1%!, si dirà. Meglio,
come primo passo che lo 0%. Bisogna che anche la nostra Chiesa giunga a compiere qualcuno di questi
passi: piccoli passi, forse, ma passi
avanti. Si potranno e dovranno discutere i modi e gli obiettivi, ma la
offerta deve nascere. Fino a quel
momento non abbiamo neppure il
diritto di cianciare di « economia del
dono ». In realtà la nostra vita religiosa è impostata come una pura e
semplice economia del profitto. Ma
Dio non è un dio del profitto, è il
Dio che si dona. Non affinché ne approfittiamo, ma affinché lo amiamo.
Un appello a tutti i Valdesi
Dopo l’esame della situazione finanziaria il Sinodo ha votato
il seguente o.d.g. (art. 12):
« Il Sinodo delibera che il disavanzo dell'esercizio finanziario 1968-69 venga coperto mediante una sottoscrizione straordinaria da indirsi in tutte le chiese, segnalando a ciascun distretto
la propria responsabilità in proposito ».
Purtroppo anche l’anno ecclesiastico decorso ha presentato
un deficit di esercizio assai pesante, anche se non raggiunge che
il 5% circa del bilancio generale della Chiesa.
Ta Tavola Valdese, in ottemperanza all’ordine del giorno sinodale, rivolge un pressante appello a tutti i valdesi perché vogliano contribuire a colmare detto deficit.. Apriamo quindi ima
sottoscrizione straordinaria per reperire l'importo di:
L. 14.681.317
Come è noto uno degli impegni che abbiamo assunto con i
nostri amici all’estero, che ci aiutano a risolvere il problema dei
deficit accumulatisi nel passato, consiste per l’appunto nel non
accumulare più dei deficit di esercizio, che in breve tempo diventano un peso insostenibile. Siamo giunti al terzo anno, conclusivo, del nostro programma di risanamento della situazione
finanziaria e non bisogna comprometterne il risultato.
Vogliamo segnalare che anche quest’anno due pastori hanno
rinunciato ad una mensilità di stipendio per contribuire a risolvere questo problema.
È un esempio che va meditato, affinché il nostro dono sia un
atto d'amore e di fede. Non dobbiamo permettere che la libertà
della nostra chiesa nella sua fede e nella sua testimonianza sia
limitata dal peso di un problema finanziario. « Cercate prima il
Regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte » (Matteo 6: 33).
per la Tavola Valdese
Neri Giampiccoli, Moderatore
La Federazione Evangelien,
due anni dopo
Due anni fa, circa a questa stagione,
l’imponente e vivace assemblea dell’evangelismo italiano proclamava e
costituiva solennemente la Federazione Evangelica Italiana. Alcuni si entusiasmarono molto e attesero dalla Federazione quei miracoli di rinnovamento e risveglio che le singole Chiese non erano riuscite a compiere; altri rimasero scettici e considerarono
la Federazione una inutile e dispendiosa sovrastruttura. A due anni soli
di distanza è difficile fare un bilancio
ed esprimere una valutazione definitiva: possiamo però dire che entrambi
gli atteggiamenti si sono dimostrati
erronei. La Federazione non ha fatto
miracoli, ma non è neppure rimasta
inattiva. Se è vero che sul piano delle
Comunità, alla base, non si è manifestata una forte sensibilità federativa
tale da incidere sulla vita della Cl^sa,
denunciando e superando le rigide
iiHiiiinmiiiiMiiimii
SI SVOLGE A BOLOGNA
Assenililiia nazionale del "dissenso eetloico"
Si sta svolgendo in questi giorni (27
e 28 settembre), a Bologna, l’assemblea nazionale dei gruppi del « dissenso cattolico », sparsi ormai in tutta la
penisola. Fra i promotori di questa
« assemblea ecclesiale » — come viene
chiamata nei documenti preparatori —
vi è la Comunità torinese di Via Vandalino, curata da don Vittorino Merinas.
Questa nuova consultazione nazionale dei cattolici del dissenso — di cui
attendiamo con vivo interesse i risultati — mette in evidenza alcuni fatti
che meritano di essere segnalati.
Anzitutto, il diffuso e profondo disagio di molti cattolici nei confronti
dell’attuale situazione ecclesiastica non
accenna a diminuire. Non si notano,
almeno dal di fuori, sintomi di stanchezza o atteggiamenti rinunciatari.
Eppure il confronto con la gerarchia e
con lo stesso popolo dei fedeli può, alla lunga, risultare estenuante. Ma finora il dissenso cattolico italiano ha
dimostrato di reggere assai bene alla
prova e di possedere una notevole riserva dì energie spirituali e morali.
Non si tratta, insomma, di un fuoco
di paglia.
In secondo luogo, l’assemblea di Bo
logna si è convocata da sé, in totale indipendenza dalla gerarchia cattolica.
Questo non è soltanto un’ulteriore riprova dell’autonomia spirituale del
« dissenso cattolico » nei confronti della gerarchia; è anche un atto di sfiducia — a nostro avviso più che giustificato — verso la gerarchia come strumento di riforma della Chiesa. I grupgi del dissenso vogliono una riforma
della Chiesa cattolica ma sanno ormai
di non poter contare sulla gerarchia,
neppure su quella più illuminata, per
attuarla. I vescovi e il papa potranno
aggiornare la Chiesa, non riformarla.
Comunque, non riformarla nel senso
auspicato dal dissenso cattolico. La
nostra impressione è dunque questa:
che, agli occhi del dissenso, la gerarchia cattolica nel suo insieme (salvo
poche eccezioni) è largamente screditata e non è più considerata né come
forza riformatrice né come struttura
vitale per la Chiesa.
Infine, un’assemblea come quella di
Bologna fa supporre che il dissenso
cattolico italiano sia in fase di assestamento sia sul piano organizzativo che
su quello teologico. Entrambi sono importanti: sotto il profilo organizzativo,
il rischio maggiore che il dissenso cat
tolico corre è quello dell’isolamento e
della dispersione. Il dissenso è già di
per sé una grande diaspora nell’ambito o ai margini del cattolicesimo. E
indispensabile che i gruppi che lo compongono si incontrino il più sovente
possibile, si scambino esperienze e
speranze, si sentano solidali gli tmi degli altri. Sotto il profilo teologico, poi,
c’è molto da fare: Qual’è, secondo il
dissenso cattolico, il centro dell’Evangelo? Se, come sembra, il centro dell'Evangelo è individuato neiraimimcio
della Buona Novella ai poveri per cui
il primo compito della Chiesa è l’evangelizzazione dei poveri, in che cosa
consiste la « Buona Novella » da annunciare ai poveri? In che misura il
programma della « Chiesa povera » o
« dei poveri » non implica una completa ristrutturazione della Chiesa stessa? Ecco alcuni degli interrogativi tuttora aperti cui si deve cercare di rispondere. Speriamo che da Bologna
possa giungere qualche indicazione.
Così la fisionomia spirituale e teologica del dissenso cattolico si preciserà
e la sua azione in seno al cattolicesimo e alla cristianità nel suo insieme
si farà più incisiva e forse anche più
creativa. Paolo Ricca
strutture parrocchiali e indicando
nuove direttive, è anche vero che a livello dei « servizi », si sono fatti alcuni importanti passi avanti e stabilite alcune premesse di azione comune
di indiscutibile validità. L’Assemblea
costituente aveva indicato alcune direzioni di marcia: su queste direttive,
non senza fatica, il Consiglio della Federazione ha posato delle rotaie, su
queste rotaie si tratta di far procedere
dei convogli. Alcuni di questi sono par
di Alberto Taccia
tifi e procedono verso tappe ben definite, altri non sono ancora partiti e
procedono un po’ a tastoni : si avverte
la scarsezza di combustibile e soprattutto di personale viaggiante che possa dedicare a questi servizi tutto il
tempo e le energie necessarie. Ma nessuno ha fatto retromarcia: e questo è
anche importante da segnalare.
Ma lasciamo la parabola... ferroviaria, e vediamo brevemente gli argomenti, oggetto di discussione e decisione del Consiglio della Federazione
riunitosi, per la sesta volta dalla sua
costituzione, a Ecumene il 10 e l’il Settembre.
SERVIZIO
DI AZIONE SOCIALE
I temi che si raccolgono sotto questo paragrafo sono vari e soltanto per
alcuni la Federazione assume una responsabilità diretta. La colletta a favore del Biafra è stata dichiarata chiusa: la risposta delle Chiese è stata
soddisfacente; non essendo ancora
alla fase di chiusura dei bilanci non è
possibile comunicare la cifra esatta,
sarà fatto appena possibile. Prosegue
invece l’appoggio dato all’opera di Villaseta (Agrigento). Vi è qui un piccolo gruppo, di cui fa parte il Past. Berutti, che conduce un lavoro di sensibilizzazione di base, in questa zona
terremotata, al fine di sviluppare, da
parte della popolazione locale, una più
responsabile presa di coscienza in vi
sta della soluzione dei propri proble
mi. Lavoro non facile, poco appari
scente, ma ritenuto pienamente vali
do. Il Presidente Sbaffi e il Moderato
re Giampiccoli si recheranno sul po
sto per una diretta presa di contatto
con questo lavoro. ’ Continua inoltre,
da parte della Federazione l’interesse
e l’appoggio iMr l’opera del villaggio
« Speranza » di Vita, che sta per com( Continua a pag. 6)
2
pag.
N. 38 — 26 settembre 196g
La vita della cemunità cristiana
Che cos’è una cumuiiità cristiana? - Su cosa è fondata? - Come possono, quanti ne fanno parte, conoscere una forma di vita autenticamente comunitaria?
Dobbiamo esser grati a Fernand Ryser di aver tradotto in francese alcuni
studi di Dietrich Bonhoeffer sul problema della vita comunitaria, studi
che le edizioni Delachaux et Niestlé
avevano pubblicato anni or sono e che
ora appaiono in edizione economica
nella collana « Foi vivante » \
È il traduttore che, in una breve
premessa e dopo aver dato alcuni cenni biografici sull’autore, così presenta
questi studi al lettore: « Gli studi che
seguono sul problema della vita comunitaria, se non ci danno un’immagine
completa dell’uomo, ci rivelano tuttavia tutto un lato importante delle sue
preoccupazioni: rendere ai cristiani il
senso della vera comunità posta sotto
l’autorità della Scrittura. Con una conoscenza viva delle esigenze della Parola di Dio e della situazione reale delle nostre comunità », Bonhoffer ci dà
« una vera lezione di cura d’anime, per
aiutarci a trionfare di tutti gli ostacoli
interni ed esterni che impediscono così spesso alle nostre Chiese, alle nostre famiglie ed ai nostri raggmppamenti comunitari di essere dei veri
centri di vita comunitaria » (p. 9-10).
* * *
L’opera è divisa in cinque parti: Comunità - La giornata della comunità La giornata del fedele - Il servizio Confessione e Santa Cena.
L’Autore ricorda con forza che non è
affatto detto, contrariamente a quanto
NOVITÀ CLAUDIANA
Donatella Gay Rochat
La Resistenza
nelle Valli Valdesi
Prefazione di Leo Valiani
pp. 204, 20 tavole f. t. e una cartina.
Prezzo fino al 31 ottobre: L. 1.500.
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
si potrebbe pensare, che un credente
sia sempre ed automaticamente chiamato a vivere fra altri cristiani (si
tratta qui di una tentazione che può
condurci a bestemmiare e tradire il
Cristo, che non avrebbe salvato nessuno se fosse rimasto « tra i suoi » [Lutero]). E volontà di Dio che i cristiani
siano un popolo disperso, disseminato
come una semenza gettata « fra le nazioni » (Deut. 4: 27). Se dunque vi è
comunione tra i credenti essa è e non
può essere che in Cristo e « in vista »
di Cristo. In tal senso ogni comunità
cristiana ha lo scopo di permetterci di
incontrarci per portarci a vicenda la
buona notizia della salvezza che non
si trova in noi ma nel Signore. Ciò
che è decisivo, ciò che fonda veramente la nostra comunità, non è ciò che
possiamo essere in noi stessi ma ciò
che siamo per la potenza di Cristo. E
qui il discorso si fa assai interessante.
‘ Dietrich Bonhoeffer - De la vie
communautaire - Collezione « Foi Vivante » Delachaux et Niestlé, 1968,
p. 142.
anche di fronte ad alcune tendenze attuali del cristianesimo di ogni latitudine. « Da questo momento, dice il Bonhoeffer, dobbiamo rinunciare (...) all’oscuro sentimento che, a questo proposito, ci fa sempre desiderare qualcosa di più. Voler più di ciò che il Cristo ha stabilito tra di noi, non è desiderare una fraternità cristiana, ma e
andare in cerca di non so quali esperienze comunitarie inedite che si pensa trovare nella Chiesa perché non le si
è trovate altrove (...). È qui che la comunità cristiana corre i rischi piu
gravi (...): l’intossicazione dall’interno,
provocata dalla confusione tra fraternità cristiana e sogno di una comunità pia, dal miscuglio della nostalgia
comunitaria che ogni uomo religioso
porta in se con la realtà di ordine spirituale che implica la fraternità in Cristo. Ora, è estremamente importante
di prendere coscienza sin dal principio
innanzitutto, che la fraternità cristiana non è un ideale umano, ma una
realtà data da Dio; e in seguito, che
questa realtà è d’ordine spirituale e
non psichico. (...) Certo, è inevitabile
che un cristiano serio porti con se, la
prima volta che è introdotto nella vita della comunità, un ideale molto preciso di ciò che essa dev’essere e che
cerchi di realizzarlo. Ma è una grazia
di Dio che sogni di questo genere
debbano senza tregua venir frantumati. (...) Dio detesta la pia fantasticheria, perché essa fa di noi degli esseri
duri e pretenziosi. Ci fa esigere 1 impossibile da Dio, dagli altri e da noi
stessi. In nome del nostro, sogno, poniamo delle condizioni alla Chiesa e
ci erigiamo a giudici dei nostri frEitelli
e di Dio » (p. 21-22). Insomma, il Bonhoeffer squalifica qualsiasi comunità che, pur dicendosi « cristiana »
mane legata « al torbido insieme
passioni e di desideri che agita 1 animo umano » (p. 27) per richiamarci
sobriamente al fatto che « tra me cd il
■ mio prossimo c’è Cristo. Ecco perche
non mi è permesso di desiderare una
forma di comunità diretta con il mio
prossimo », ecco perché sono chiamato, in tutto ciò che dico e faccio « a
porre il prossimo dinanzi al Cristo sovrano » (p. 31), senza cercare di agire
sull’emotività o sul sentimentalismo
del prossimo, appunto.
* * *
Se l’autore dedica molto spazio alla
vita cultuale (in senso lato) della comunità, egli non dimentica di ricordare che, se la preghiera non dev essere
impedita dal lavoro, è anche vero l’inverso. «Il lavoro pone l’uomo nel mondo che attende la sua opera. Il cristiano lascia i suoi fratelli per entrare
nell’universo degli oggetti impersonali, neutri, che esigono da lui 1 obiettività (...). Il contatto delle cose uccide
le esigenze della nostra carne » (p. 68).
ci libera da noi stessi per porci di
fronte a Dio che ridà un’unità alla nostra giornata e ci rivela la sua presenza attraverso il mondo impersonale
del lavoro.
* * *
Se il credente è chiamato a vivere
tutto ciò nel quadro della comunità,
è evidente, però, che lo può fare solo
se « sa esser solo ». Colui che non sa
esser solo si guardi dal partecipare alla vita comunitaria. Non potrà che
nuocerle e nuocere a se stesso (...). Rifiutando di essere solo, rigetti l’appello che Cristo ti ha rivolto personalmente, e ti è impossibile di aver parte alla comunità di coloro che Dio ha chia
n
di
mato come te. « Siamo tutti condannati a morte, e nessuno morrà al posto di un altro, ma ognuno deve misurarsi in persona con la morte... mi sarebbe impossibile di assisterti in quel
momento, così come ti sarebbe impossibile di farlo per me (Lutero) » (p.
75-76). Tuttavia questa « solitudine » è
fatta unicamente per poter veramente
ritrovare la comunione di quanti, come noi, sono passati dalla morte alla
vita. Una comunità così intesa è chiamata al servizio. Si tratta, ben inteso,
« dell’atteggiameno che aveva Cristo »
prima che di servizi precisi.
Questo atteggiamento di servizio significa anche parlare. « Si tratta qui
della parola libera, detta da uomo a
uomo, e che non è legata ad alcuna
funzione particolare, ad alcun luogo o
tempo. Si tratta di quella situazione
unica al mondo in cui un uomo, con
delle parole d’uomo, attesta al suo simile la realtà di Dio, della sua consolazione e delle sue direttive, della sua
bontà e della sua severità » (p. 105). Ci
sarebbe qui molto da dire sulle innumerevoli occasioni che perdiamo di
parlare così.
L’ultimo capitolo « Confessione e
Santa Cena » ci ha trovato meno consenzienti. Questo non certo perché la
confessione, anche la confessione al
fratello, sia contraria al messaggio biblico, ma perché, nella tradizione luterana essa diviene un po’ un masso
erratico, un mezzo di terapia spirituale non sempre chiaramente libero da
ogni pericolo di psicologismo. Non
possiamo infine che consigliare vivamente ai lettori di leggere i « Cinque
noemi scritti in prigione » che si tro
vano in appendice a quest’opera. Purtroppo si tratta di uno scritto in francese. E auspicabile che la Claudiana
lo includa nel suo programma editoriale, a meno che qualche altro editore
italiano ci abbia già pensato.
Giovanni Conte
Libertà
e necessità
SulVultimo nume- fronti del testo biro di « Riforme » blico: Vattualizzazio
abbiamo letto questa ne della clrconcisio
med'.taz One b blica,
che ci è parsa vivacemente attuale e
orignale^ stimolante
la riflessione. L’autore si prende qualche libertà nei can
ne - ine rconcision-i
pare giustificata o
meno? Saremmo lieti di avere reazioni
di lettori in proposito. red.
« Fratelli, siete stati chiamati a libertà »
(Calati 5/1. 6, 13. 14)
« In Gesù Cristo quel che vale... » non è né essere di destra
né essere di sinistra.
^ In Gesù Cristo la destra non ha valore: la circoncisione. Che
cos e la circoqcisione? È la libertà di amare castrata dalla religione. È l'amore rinchiuso nella Legge, e quindi non è più l'amore. È la libertà rinchiusa in una morale, e quindi non è più la
libertà.
In Gesù Cristo la sinistra non ha valore: l'incirconcisione.
(3he cos è 1 incirconcisione? È la libertà di amare scatenata dal1 a-religiosità. È 1 amore liberato dalla preoccupazione, e quindi
non è più 1 amore. È la libertà che ignora ogni costrizione, e quindi non è più la libertà.
A destra, 1 ortodossia; a sinistra, il liberalismo. A destra, la
libertà muore perché si rinchiude nella tradizione. A sinistra, la
libertà muore perché evade da ogni quadro, da un contesto
preciso.
Di questi tempi sentiamo spesso dire che la Chiesa è attraversata da queste due correnti. È vero, ma non è certo un fatto
nuovo: Paolo ai Calati! Ma si sente pure dire — il che è assai
peggio, perché Paolo non lo dice — che la verità si troverebbe
al centro: Gesù Cristo in mezzo a quei due ladroni. Un tantino
dell uno e un tantino dell'altro. (Del resto, sono soprattutto i responsabili di chiesa che lo dicono, preoccupati in primo luogo,
per riflesso della loro funzione, di conservare. È quel che si chiama « l'esigenza dell'unità »: cose da matti!).
Paolo, lui pure responsabile di chiesa, non vuol saperne dì
questa pappetta. Egli afferma: non è né una cosa né l'altra, è
tutt'altra cosa. Circonciso? incirconciso? Non c'entra. « Ciò che
vale, in Gesù Cristo, è la fede che prova con l'amore la propria
efficacia » (leggere i vv. 13 e 14).
Gesù Cristo, e la fede in Gesù Cristo non sono un prodotto
di sintesi. E la Chiesa non può continuare a essere la fabbrica
chimica di un simile prodotto. Deve anch'essa divenire tutt'altra
La « totalmente altra », quella la cui fede prova con l'amore ecc.
Alcuni, che l'hanno capito, stanno qua e là cercando di es
sere questa « totalmente altra ». Bisogna augurare loro buona
marpia, sul loro cammino.
Jean-Claude Riebel
iniMimuiiiiitiniiiiNmiii
.......................................mimmi m
Quasi duecento persone hanno già
risposto all’appello rivolto dalla nostra Associazione impegnandosi a versare una somma, proporzionale alle
loro possibilità economiche, in favore
del Collegio Valdese per un periodo di
cinque anni.
Vogliamo credere che molti altri lo
faranno realizzando forse una decisione già presa ma trascurata a favore di
altre incombenze.
Non vogliamo credere invece che i
tantissimi beneficiati dal Collegio dimentichino, in questo difficile momento, di rendere una piccola testimonianza di gratitudine ad una istituzione che un giorno è stata loro di insostituibile aiuto. Si sa che è proprio
della natura umana scordare il bene
ricevuto e rammentare invece anche il
più piccolo sgarbo subito. I benefici si
buttano nella bisaccia posteriore, quella che già contiene i difetti, mentre i
crediti si collocano in quella anteriore, bene in vista, con le buone qualità.
Sono molti coloro che augurano lunga vita al Collegio onde tanti giovani
possano ancora affluire nelle sue aule
e riceverne una adeguata istruzione.
In che cosa consiste il ventilato
« impegno » per il Collegio? E la facile compilazione di una cartolina prestampata che tutti potranno avere facendone richiesta al dottor Enrico
Gardiol di Torre Pellice. Non è una
operazione complicata e comunque
non viene a costituire un obbligo per
gli eventuali successori. E una procedura atta a facilitare il compito di coloro cui è stata affidata la difficile quadratura del bilancio.
Pertanto se una persona decide (e
noi troviamo la decisione molto saggia!) di offrire una somma al Collegio
può seguire due strade:
U) versare tutta la somma in una
volta sola e cioè « una tantum » servendosi del conto corrente postale
n. 2/22861 oppure del conto corrente
bancario n. 39.720 dell’Istituto Bancario Italiano, agenzia di Torre Pellice,
intestato « Perché il Collegio viva! »;
2") compilare l’apposita cartolinaimpegno specificando la somma offerta e impegnandosi di ripetere il ver
samento ’ per un periodo di cinque
anni.
La seconda forma è particolarmente
raccomandata. Saranno naturalmente
accettati e ritenuti validi anche gli :mpegni sottoscritti su normali lettere
purché chiaramente firmati e con ^ indirizzo degli oblatori.
Molti ex-studenti, oggi residenti in
varie città dalle Alpi alla Sicilia, si ricorderanno della loro vecchia scir la
che oggi vuol rinascere a nuova v ca,
ed invieranno il loro contributo atteso
e desiderato.
Indirizzo da tener presente:
Dottor Enrico Gardiol
Viale Trento, 12
10066 Torre Pellice (To)
Associazione Amici del Collegio
P S. - Gli amici che hanno a suo tempo sottoscritto l’impegno sono invitati a versare la prima rata servendosi dei conti correnti sopra citati.
Le somme saranno messe a disposizione del Comitato nominato dall'ultimo Sinodo.
I LETTORI CI CE Sl> SCRIVONO
DairUlster
alla predestinazione
Un lettore, da Pisa:
Fa piacere leggere nell'« Eco-Luce »
del 5 settembre 1969 d’ehiarazioni
della direzione con le quali ci si dichiara « umiliati spettatori » di fronte al comportamento dei protestanti
nordirlandesi verso i cattolici. E ciò
specie se si pensa all instancalule campagna ant cattolica che conduce da
sempre il direttore nelle colonne di
questo settimanale. Resipiscenza oppure rivelazione di cosa di veramente
nobile sta dietro tanto suo rigido anlicatlolicesimo e antiecumenismo? Chissà? Comunque uno scritto, questo introduttivo della pagina 4 del n. 35,
positivo.
Rimango però ]ierplesso laddove,
dalla stessa penna direj^onale, leggo,
a pag. 2, in quell articolo sulle « scelte », queste seguenti parole: « Télectìon éternelle de Dieu. diceva Calvino. di cui siamo non soggetto ma oggetto ». Ha inteso parlare, il direttore, con queste parole della dottrina
cristiana della predestinazione alla
salvezza oppure di quella ant'eristiana della « doppia predestinazione » alla salvezza dei pochi e alla dannazione dei molti? Tale seconda dottrina,
che è propria almeno di una parte del
pensiero dello stesso Calvino e, soprat
tutto, di tanti sciagurati (e dico poco) calvinisti, è proprio Is dottrina
che domina in quei gruppi soc’ali nei
quali si appi cane svariate forme di
segregazione e di conseguente persecuzione, come, appunto, nell Ulster.
E* noto, fra Taltro, che il segregazionismo deirUnione Sud-Africana fu, a
suo tempo, teorizzato e ^ppl cato da
un valdese di origine, il Malan, su
basi dottrinalmente calvlniste. Tale è
la posizione ufficiale della cosiddetta
« Chiesa Riformata » di quel paese.
Rinunzio, facendo molta violenza
al mio desiderio, a trattenermi ancora a lungo su tale appassionante questione, e chiedo al direttore di questo
settimanale, nel pubblicare questa mia
lettera, di esprìmere la sua pos zione
in merito, molto chiaramente e con
quella recisione che gli è propr a.
Con i migliori saluti.
Antonio Ardito
Non si tratta di nobiltà'’ o meno:
ropposizione al dogma cattolico (e
ad ogni ’ecumenismo' — che abusa
del significato orignaro di questo
termine — tendente a minimizzare o
dimenticare d sussistere e Vapprofondirsi di questo dogma) rimane rgda: ma questo non significa né ha mai
significato il benché minimo appoggio a situazioni equivoche e ad atteggiamenti violenti quali quelli oggi impersonati. ad esempio, da un fan
Paisley, che abusa senz’altro della quaVfica di ’protestante’. Resta il fatto,
che ci sforziamo di documentare, che
al solito il mondo non si divide in
bianco e nero: e se fa sempre un certo piacere lanciarsi nella* cacc a
streghe (protestanti), non si possono
neppure dimenticare le responsab iità
sussistenti da parte cattolica.
Si rassicuri, poi: io credo alla divina elez'one a salvezza, come ne parla Paolo in Romani 8. e come Calvino ha meravìgliosimenle esplicitato;
la dottrina della ’doppia predestinazione' è una deduzione ’logici, in
realtà forzata e non secondo i pensieri di Dio a noi rivelati nelVEvangelo.
una deduzione che anche Calvino si
e in qualche modo lasciata strappare
dai suoi contradditori raz'onaìisti.
scendendo troppo sul loro p ano pur
nella sua passione di proclamare la
assoluta sovranità di Dio, il quale con
il suo volere crea il bene e il male.
Mi pare, tullav'a. che non si possa
trascurare il messaggio dell'intero
Nuovo Testamento, nella pred cazione
di Gesù come in quella apostolica,
che annuncia la perdizione dell uomo
naturale, solo con sé stesso: « Se non
v{ ravvedete — e credete all Evangelo — perirete tutti », sono parole d'
Gesù. E' su questo sfondo di perdizione universale che si staglia ¡annuncio della élection éternelle de
Dleu » (Romani 8) ed è questo sfon
do che dovrebbe ’scatenare' da parte
di ogni eletto l’annuncio appass onato,
il richiamo al ravvedimento, cond'tiò
sine qua non per l’accesso al Regno.
Fraternamente
Gino Conte
A proposito
di pastori dei giovani
Un lettore, da Cerignola:
Caro direttore,
alle tue due ragioni esposte .sulr<( Eco-Luce » del .5 c. m., che ti fanno essere per]>les.so circa la nuova
struttura, e c oè la carenza di una
base teologica neH’Antico e nel Nuovo Testamento e rinopportunità di
avvalorare per e.ssa la .svalutazione in
atto degli anziani, io ne aggiungerei
una terza; ¡1 pericolo di clericaJizzaroi ancora dj più andando alla ricerca
della .specializzazione. Il Protestante■siino riformato soffre anch'esso della
piaga del clericalismo. In certe nostre
Comunità se un g'ovane laico, anche
se qual ficato, .sale sul pulpito è ascoltato si ma Con condiscendenza come
un sub Pastore. Ora lo sarà ancora di
più se la piramide sale a tutto vantaggio dello specializzato giovane teologo, aggiornato di sociologia e di psicoterapia. dal fascino irresistibile. E
dove andiamo a finire? Per me il carisma di Pastore è oggettivamente vaI do sempre come dono ricevuto e vis
suto indipendentemente dall'età, a
vent anni come a ottant'anni. Comprendo benissimo che c’è un problema d; agganciamento dei giovani; infatti il giovane evangelico parla meglio al suo coetaneo in quanto adopera un linguaggio più aderente. Ma
l’espediente psicologico non ha rilevanza in questo campo e non è pertinente al nostro d'seorso: la trasmissione del messaggio. E’ determinante
invece l'azione sovrana dello .Spirito
per cui uno annunzia le cose grandi
di Dio e l’altro ascolta.
Ha rilevanza l’essere stati mandat
perché è D:o che a un dato momento
li fa suoi « prigioni » ed essi nel timore e nel tremore vanno avanti con
la misura di ifue] dono ricevuto. La
statura di Cr'slo non l’avremo mai
raggiunta, la cercheremo .sempre e
non saremo cosi ingenui da sentirci
da per noi stes.si qualcuno. Tutto questo se abbiamo ben meditato su Efesi 4 vv. 8-16 che ci prospetta appunto la collegialità dei doni senza prevalenza di alcuno. Come mai in quel
consesso dell alta cultura teologica
che è il nostro S nodo, nessuno si è
levato per avvertire il pericolo delraecentramenlo che. guarda caso,
coincide spesso con una perd'ta di
una più chiara co.scienza vocazionale
(leggi sacerdozio universale), me Io
ch’edo ancora.
G. E. C'istiglione
Musica elettronica
per gli evangelici
Una lettrice di Bari ci invia, a titolo di curiosità giornalist'cn. un ritaglio de ”La Gazzetta del Mezzogiorno (26.8. 69), anche se « è ovvio che
le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare ben altri problemi, decisamente più importanti della musici
elettron'ca ». Si tratta d: una lettera
a quel quotidiano: e a titolo di ’curiosità la riproduciamo, avendo ormai
perduto quasi ogni speranza che in
alto loco ci s: ascolti su questo punto.
La musica elettronica u.sala da qualche tempo per la trasmissione del Culto Evangelico radio diffuso dalla Rai
la domenica mattina alle 7,.8.') sul programma Nazionale, suona quasi come
una beffa alla tra.sinissione stessa.
Que.slo suono cosi forte c cosi stridulo per indicare l’inizio della trasmissione e lo stacco tra una notizia e
l’altra è inadatto. Può essere sostituito con un altro suono più adatto alla
serietà della trasmissione?
Le lamentele sono molto, fin troppo. ma la musica è sempre la stessa.
dolt. Leone Terranovn
Groltagl'e (Taranto)
3
26 settembre 1969 — N. 38
pag
UN'lNTERyiSTA DEL PROF, J, ALBERTO SOGGIN
La realtà israeliana odierna
in quella più vasta del Vicino Oriente
Il prof. J. Alberto Soggin, docente di Antico Testamento
presso la Facoltà Valdese di Teologia di Roma, dopo esserlo
stato per alcuni anni alla Facultad Evangélica de Teologìa di
Buenos Aires, è stato in Israele, lo scorso agosto, quale relatore
al V Congresso mondiale di Studi Giudaici (è attualmente membro del Consiglio direttivo deH'Unione mondiale di Studi Giudaici). Gli abbiamo posto una serie di domande e le sue risposte
hanno un rilievo particolare in quanto non era al suo primo soggiorno in Israele. Egli aveva infatti trascorso nove mesi a Gerusalemme (Israele) nel 1961-62, per studi all’Università Ebraica;
quindi aveva soggiornato per due mesi in Giordania, nell’estate
1962, per scavi archeologici, percorrendo pure il Libano sulla via
del ritorno. Le risposte che egli ci dà sono dunque il frutto di
una conoscenza non superficiale, ma lunga e ragionata della vita
israeliana e dei suoi problemi, nel contesto aggrovigliato di quelli vicino-orientali. La posizione nettamente pro-israeliana che egli
sostiene troverà probabilmente dei dissenzienti, i quali prenderanno però atto della pacatezza riflessiva e non certo acritica
con la quale egli si accosta a questi problemi; per parte nostra,
lo ringraziamo vivamente di questo interessante e robusto contributo.
red.
Mei corso dei suoi soggiorni in Israele
ha avuto certamente contatti con
vari ambienti della realtà israeliana,
cerio assai diversificata. Quali sentimenti ha potuto riscontrare nei confronti del mondo arabo in generale
ed arabo-palestinese in particolare?
Quello che stupisce chi visita Israele
è la mancanza quasi assoluta di ogni
ostili là preconcetta nella maggior parte della popolazione ebraica nei confronii degli Arabi, a parte forse il risent -nento dei profughi ebrei dai paesi a’ ibi. Ho notato reazioni emozionali di ironie a determinate persone ed a
ceri (atti, ma mai nei confronti degli
« Al ei » in quanto tali. Il nemico non
seni r a essere l’Arabo, ma s’identifica
seni; re con nazioni e persone concrete. (r i confronti dei Palestinesi profughi 'iù esatta sarebbe la denominazione inglese di displaced persons, lettera nente « persone fuori posto », ma
usiamo profughi o rifugiati come termiti convenzionale), vi è stata sempre ma forte coscienza in Israele della j èvità del problema e della necessità li risolverlo in una maniera o nell’alt .. In Israele il continuo rifiuto
arai > d’intavolare trattative di pace
(eh' a\'rebbero per tema anche la soluzi ne di questo problema), viene considt ato, per ora, un ostacolo insormo' abile. Un fatto nuovo è certamente i sorgere, in questi ultimi anni, ma
spe ialmente dopo il giugno 1967, dei
vat movimenti palestinesi di liberazione. La loro composizione non è
ch'ira: non sappiamo ad esempio
quale percentuale dei rifugiati dia loro un’adesione di massima, quale una
Ma se un giorno gli Arabi si decidessero ad accedere a negoziati previo
riconoscimento dello Stato d’Israele, come reagirebbe l’opinione pubblica? Non vi sarebbe il pericolo che
l'ottenimento di un bene tanto sospirato producesse perplessità o persino diffidenza?
È naturalmente difficile cancellare
gli effetti di oltre 20 anni di belligeranza, interrotti da alcune campagne militari sempre vittoriose per Israele. La
gioventù, ad esempio, non riesce neanche ad immaginarsi come sarebbe vivere in pace, con un esercito, e quindi
un servizio militare, ridotti al minimo,
con la possibilità di viaggiare regolarmente, con un passaporto israeliano, a
Beyrùt, al Cairo, a Damasco, senza
dover vedere in ogni Arabo per la strada un possibile sabotatore. Personalmente ho trovato in alcuni Israeliani
una notevole diffidenza nei confronti
dei leaders arabi: prigionieri come sono ormai di una macchina messa in
moto da loro stessi, sarebbero sinceri
nel trattare la pace (come spesso affermano in interviste all’occidente), o
si servirebbero delle trattative semplicemente per guadagnare tempo in vista del quarto round (come dicono e
scrivono per il pubblico arabo)? Ed
ove fossero veramente sinceri, sarebbero in grado di controllare gli elementi estremisti di destra e di sinistra
(uniti quando si tratta della lotta contro Israele) all’interno dei loro confini? La situazione del Libano e della
Giordania, sulle cui più o meno buone
intenzioni in questo senso vi sono pochi dubbi, insegna.
adesione effettiva; né sappiamo quale
percentuale i veri Palestinesi rappresentino aH’intcrno di queste organizzazioni; ma non vi è dubbio che col
sorgere di questi m vimcnu la questione dei rifugiati abbia assunto dimensioni politiche che prima non aveva. In questo senso si pronuncia anche
l’intervista data dalla signora Meir,
primo ministro d'Israele, al Sunday
Times del 15 giugno 1969: prima non
esistevano dei Palestinesi nel senso
nazionale e politico del termine, ma
solo profughi; oggi abbiamo a che fare con un elemento politico rilevante.
In altre parole, accanto agli stati arabi tradizionali è sorto un altro fattore del quale va tenuto conto sul piano
politico. Che nel paese esista una notevole sensibilità nei riguardi del problema, appare chiaramente anche dalle interviste concesse a Student World,
organo internazionale del Movimento
Cristiano Studenti, da alcuni studenti
israeliani e pubblicate sul primo numero del 1969. A guardar bene però,
la vera difficoltà non consiste nel rifiuto attuale degli Arabi di trattare,
ma nella loro non accettazione delle
risoluzioni delle Nazioni Unite del 1947
e 1948, con le quali venivano decisi la
spartizione della Palestina ed il riconoscimento dello Stato ebraico. Ogni
appello degli Arabi all’ONU è viziato
quindi aH’inizio, anche se gli organi
deirONU non sembrano sempre rendersene conto.
secondariamente contro gli Arabi; veniva praticato da due gruppi che costituivano un’esigua minoranza (e non
dall’i/aganà, organo ufficiale per la difesa delle colonie agricole prima dalle
incursioni dei Beduini, poi da quelle
dei terroristi arabi); è stato più volte
sconfessato dagli stessi dirigenti israeliani (il documento più noto è il telegramma inviato da David Ben Guriòn
all’emiro Abdalla nel 1948, poco dopo
il massacro di Dir Jassin, nel quale distanziava i responsabili ebrei dall’orrendo fatto; vi fu del resto una rappresaglia araba immediata nei confronti di un convoglio medico ebraico,
nella quale oltre una settantina di medici ed infermiere vennero uccisi);
Israele, non appena ne ebbe la possibilità materiale, non esitò a far disarmare i propri terroristi, alcune volte
facendo persino uso delle armi. Se i
colpevoli non vennero puniti ed ( uno
d’essi, anzi, siede oggi nel governo
israeliano di coalizione, ciò rientra
nella prassi seguita da tutti i paesi che
hanno avuto movimenti di resistenza e
di lotta clandestina, di considerare
non imputabile chi nel corso di azioni
di guerra avesse commesso reati. Non
è stato possibile quindi procedere
neanche nei confronti degli assassini
del conte Bernadotte. Troviamo dunque anche in Israele alcune persone
del tipo dell’on. Moranino. Il terrorismo arabo è stato invece organizzato
sotto l’occhio compiacente delle autorità arabe, quando non appoggiato da
esse apertamente; uno dei suoi iniziatori, il Muftì di Gerusalemme negli anni ’20 e ’30 dovette addirittura fuggire
all’estero per evitare l’arresto da parte
degl’inglesi che lo Desideravano un
agente nazista; sta dibatto che riparò
in Germania, operò qtìrante la guerra
al seguito delle SS ed è ricercato per
crimini di guerra commessi nella Bosnia, in Crimea e nel Kuban. Oggi, ormai molto anziano, vive circondato
dall’affetto e dall’ammirazione del
mondo arabo. Al Mufli di Gerusalemme riuscì di eliminare tutti quelli, e
non erano pochi, che osteggiavano la
sua politica.
Un ebreo teologo potrebbe certo vedere nel terrorismo arabo una specie
Resti delle fortificazioni siriane sovrastanti il lago di Tiberiade; a pochi metri sulla destra inizia uno strapiombo di un
centinaio di metri; non essendo possibile attendersi un attacco da questo lato a causa dello strapiombo, le fortificazioni rivelano il loro vero scopo: sparare al sicuro sul traffico e sui kibbutzim israeliani. (foto Soggin)
di « contrappasso » per quello ebraico,
ma per lo storico ed il politico i due
movimenti sono sostanzialmente diversi.
E come vengono considerate le rqppresaglie israeliane oltre frontiera?
L’opinione pubblica è naturalmente
imbarazzata dalla nozione stessa di
rappresaglia, così lontana dal concetto
israeliano di potere; non vede però,
davanti a governi arabi complici dei
guerriglieri o impotenti a frenarli, altra alternativa che quella di contrattaccare direttamente chi attacca e cercare di neutralizzarlo.
Si sente spesso dire che gl’israeliani
hanno costituito colonie agricole nei
territori occupati e si teme, non senza ragione, che un tale procedimento possa rendere ancora più difficile
il già complesso problema di una soluzione politica del conflitto. Ci sa
dire qualcosa in proposito?
L'intenzione di costituire colonie
agricole nelle zone occupate, specialmente nella Cisgiordania, dove del resto gli Ebrei avevano comperato terreni prima del 1948 (a Etzion, tra Betlemme e Hebron, ed a Kalla, sulla
sponda settentrionale del Mar Morto),
si è manifestata in alcuni gruppi che
potremmo classificare « di destra ». Il
loro scopo ultimo non è chiaro, ma
sembra che vogliano mettere gli eventuali negoziatori del futuro di fronte
ad alcuni fatti compiuti. In questo
senso vi sono dunque stati dei tentativi di colonizzazione. La reazione dell'autorità militare di occupazione è
stata finora quasi immediata: appog
iiiimiiiniiiiiiiiiimiiii
11
Inter arma sHent Musan
aia non in Israele
II
Il recinto del Tempio visto da sud; in primo piano il serbatoio per le abluzioni rituali, in
secondo piano la « Cupola della Roccia »; alle spalle di chi fotografa si trova la moschea
di el-Aqsa che recentemente subì lievi danni ad opera di un piromane aderente a una .setta
cristiana millenarislica. (foto Soggin)
Il terrorismo
arabo
Quali reazioni ha potuto riscontrare
nei confronti del terrorismo arabopalestinese? Vi è coscienza del tragico e paradossale ripetersi della
storia, ove però i “commandos” non
sono più quelli dell’"Haganà”, ma di
"al-Fàtah"?
Le reazioni nei confronti di azioni
che abbiano per fine obbiettivi esclusivamente civili (mercati, mense, spettacoli, trasporti pubblici ecc.) sono sempre dure: in questo campo non ci si
può attendere alcuna forma di comprensione da parte del pubblico israeliano; quando l’obbiettivo è militare
(per es. le raffinerie di Haifa), i più
sono propensi a considerare l’azione
come parte inevitabile del più ampio
contesto della guerra, anche se essa
viola apertamente l’armistizio stipulato. Tra il terrorismo israeliano fino
al 1948 e quello arabo vi sono molte
analogie formali, ma notevoli differenze di fondo. Il primo è nato come reazione a quella che molti consideravano, e non a torto, l’inadempienza britannica nei confronti dello statuto del
mandato, che aveva incluso la dichiarazione di Balfour; si dirigeva quindi
essenzialmente contro gl’inglesi e solo
Da quando esiste, lo Stato d’Israele
ha dovuto affrontare già tre guerre e,
oltre a queste, numerosi piccoli conflitti lungo le sue frontiere. Ma vivendo nel paese e partecipando alla vita
quotidiana dei cittadini, non si ha per
niente l’impressione di essere tra gente armata Ano ai denti. Anzi, ci si trova in un paese in pieno sviluppo con
una popolazione che guarda serenamente verso il futuro, che vive in una
piena libertà di esprimere la propria
opinione e che porta con equanimità
tutti i pesi che il continuo stato di
guerra coi paesi vicini le impone.
Dunque tra le armi non tacciono le
Muse in Israele, di questo abbiamo potuto renderci conto durante un soggiorno nell’agosto passato prendendo
parte al N Congresso internazionale
di studi sul giudaesimo. Mancavamo
da ormai un po’ più di sette anni da
Israele; così ci è stato più facile constatare l’enorme progresso che il paese ha fatto nel frattempo. Non vorrei
soffermarmi soltanto sul progresso
tecnico che è il più appariscente, come
per esempio il miglioramento della rete stradale (anche nei territori cis-giordani occupati); l’aumento del numero di telefoni e automobili in possesso
privato ; l’introduzione della televisione ; la modernizzazione dei mezzi pubblici ; la relativa pulizia e la abbondanza d’acqua nella città vecchia di Gerusalemme, dove una volta l’acqua
corrente era poca e, vuote le cisterne,
durante l’estate si comprava l’acqua in
secchi da venditori ambulanti ; il sorgere di nuovi quartieri con edifìci meglio costruiti (e meglio arredati dagli
abitanti) di otto anni fa. Qui le «Muse » non c’entrano che in parte, ma
trovano il loro campo d’azione nella
vita culturale della nazione.
Ci hanno impressionato molte e belle costruzioni a Gerusalemme, il Parlamento, il Museo d’arte e d’archeologia, i nuovi ministeri e gli edifìci del
l’Università. Quest’ultima, che conoscevamo bene dal nostro soggiorno nel
1961-62, è stata arricchita di molti nuovi istituti; inoltre si sta riattivando
quella « vecchia », fondata nel 1925 sul
Monte Scopus e caduta in disuso in
seguito alla spartizione del 1948. Ma
l’afflusso di studenti, israeliani e stranieri, e tra essi non pochi provenienti
da paesi africani ed asiatici, è tale, che
gli istituti universitari « tradizionali »,
appunto l’Università di Gerusalemme,
l’università religiosa « Bar-Ilan » di
Tel Aviv e il « Technion » di Haifa
non bastano più. Altre due università
statali sono state aperte negli ultimi
anni a Tel Aviv ed a Haifa.
È sorprendente, se consideriamo la
situazione politica incerta, la quantità
di congressi internazionali di ogni specie celebrati in Israele, che si svolgono bene organizzati e completamente
indisturbati da fattori esterni.
A Gerusalemme è stato aperto di recente un teatro nel vecchio « Khan »,
il caravanserraglio dei secoli passati.
Durante la stagione c’è abbondanza di
concerti e spettacoli nelle città più importanti, ma anche in un buon numero di centri agricoli.
Questo progresso cosi palese e rallegrante non rende però ciechi né gli
israeliani né i loro amici davanti ai
problemi di cui in parte si parla nell’intervista qui sopra, e ad altri ancora, come per esempio quello della
sorte di milioni di ebrei nell’Unione
Sovietica trattenuti a forza nel loro
paese e sottoposti a leggi restrittive.
Ma le Muse sono nove, e una di loro
è quella della tragedia e neanche quella purtroppo è ridotta al silenzio accanto alle sue compagne più fortunate e allegre.
Aja Soggin
(*) Letteralmente tradotto: «In mezzo alle armi le Muse tacciono », cioè in tempo di
guerra non c’è posto per la cultura.
giata dal governo, ha allontanato i
gruppi in questione. Diversa è invece
la posizione dell’organizzazione paramilitare Nahal. Invece di lasciare abbrutire i soldati nella vita di caserma,
l’esercito israeliano ha un’organizzazione, alla quale aderiscono volontari,
i quali coltivano, in forma provvisoria
(vivono in baracche e hanno generatori per la corrente) terreni incolti o abbandonati. Ho visitato io stesso due di
questi gruppi, uno situato nella 'Valle
del Giordano immediatamente al sud
dell’antica linea di demarcazione, in
una zona completamente incolta, l’altro situato nelle alture occupate della
Siria, vicino al villaggio arabo abbandonato di El-Al. Questi gruppi custodiscono la zona, e la fanno provvisoriamente produrre; mentre allo stesso
tempo il soldato viene impiegato in un
lavoro degno e produttivo.
Il problema drammatico
dei rifugiati palestinesi
Viene avvertito in profondità — ed in
qual modo — il problema drammatico dei profughi o degli internati
arabi-palestinesi?
Il problema dei profughi è stato
sempre profondamente sentito dalla
opinione pubblica più responsabile, e
questo non solo per il pericoloso focolaio di disordini che costituisce lungo le già precarie frontiere ed all’interno dei territori occupati e per l’uso
che ne fa la propaganda araba, ma
anche per il problema umano e morale che pone. E ben vero anche che un
numero di poco minore di Ebrei ha
dovuto abbandonare i paesi arabi dove vivevano da secoli; è anche vero
che gli Arabi stessi, scatenando nel
1948 una guerra sconsiderata ed in alcuni casi obbligando le popolazioni '
arabe ad andarsene, ed infine chiudendo le frontiere e rifiutando ogni trattativa, sono i maggiori responsabili dell'esistenza prima, e della mancata soluzione poi, di un problema che ha acquistato dimensioni così drammatiche. È anche vero però che il problema dei profughi non esiste solo in Palestina; dal 1945 al 1949 si è presentato per i Tedeschi abitanti nei territori
orientali, per quelli abitanti in Cecoslovacchia e nei Balcani, per le centinaia di migliaia di Cinesi rifugiati a
Bong-Kong e specialmente durante e
dopo la costituzione dell’India e del
PaKistan in Stati indipendenti, operazione che produsse un movimento di
popolazione di oltre 10 milioni di persone con un'alta percentuale di vittime. Ma è anche vero che Israele non
si serve mai di questi argomenti eome
facile alibi e che si è sempre mostrato
estremamente favorevole a collaborare attivamente, con uomini e con mezzi, alla soluzione del problema, purché
questo non significhi un suicidio politico o economico. Naturalmente Israele aspira, come del resto i profughi,
ad una soluzione globale del problema,
che non si limiti cioè a venire in aiuto
di singoli casi più o meno pietosi. Il
terrorismo ha certamente riproposto
il problema in tutta la sua drammaticità ed intensità, ma lo sta anche radicalizzando; così rende una soluzione
politica sempre più difficile; ha inoltre
il difetto di fondo di voler addossare
tutta la responsabilità dei rifugiati in
modo unilaterale a Israele, il che è storicamente insostenibile; non considera
inoltre il già citato fatto delle varie
centinaia di migliaia di Ebrei eostretti
a fuggire dai paesi arabi nel 1948-49
abbandonando ogni cosa, mentre i pochi superstiti nel Maroeco, nella Tunisia, nella Libia e specialmente nell’Egitto e nell’Iraq, fuggirebbero immediatamente ove ne avessero la possibilità. Anche in questo caso ha dunque avuto luogo uno scambio di popolazioni più o meno involontario.
Immaginiamoci adesso ad es. che
un ministro bavarese organizzasse in
(continua a pag. 4)
4
1
pag. 4
N. 38 — 26 settembre 1969
La realtà israeliana odierna
nel contesto del Vicino Oriente
(Segue da pag. 3)
Germania dei commandos di revanchisti sudeti sul confine della Cecoslovacchia e ne favorisse con tutti i mezzi
o solo ne tollerasse le azioni; ci troveremmo in una situazione sotto molti
aspetti simile a quella palestinese.
Perché il titolo revanchista dovrebbe
essere dato soltanto a gruppi di tedeschi « cattivi » e non a quelli palestinesi « buoni »? Nell’ultima guerra tutto il mondo arabo ha parteggiato, a
volte apertamente, per i nazisti.
Paradossalmente, la presa di coscienza politica da parte di certi settori dei rifugiati palestinesi (in contrasto con le manifestazioni del sottoproletariato di certe grandi città arabe,
ottenuta mediante l’impiego di mezzi
di comunicazione di massa), è il prodotto di due fattori connessi fra loro:
la migliore istruzione ricevuta dai profughi nei campi gestiti dall’ONU, a
volte con l’aiuto di organizzazioni ecclesiastiche, ed il passaggio dalla prima alla seconda generazione. Il primo
elemento ha messo i Palestinesi in una
situazione di notevole vantaggio sia
rispetto alla loro situazione anteriore,
sia per quello che ritarda gli altri
abitanti dei paesi-ospiti ed ha creato i
presupposti per la formazione di una
coscienza politica; il secondo ha affievolito sempre più il ricordo di quello
che è effettivamente accaduto, in favore dell’accettazione acritica delle tesi
ufficiali arabe (la prima generazione
ricorda molto bene che gl’israeliani
sono solo in minima parte i veri responsabili delle sue sofferenze). Si
spiega così come mai la seconda generazione piuttosto che la prima sia politicamente attiva ed in parte abbia
aderito ai commandos. Ciò non toglie
che buona parte dei suoi argomenti
derivi non già da ricordi effettivi o da
imo studio obiettivo delle cause che
hanno portato alla sua situazione presente, ma dall’indottrinamento nazionale arabo. Le Neizioni Unite e gli enti
ecclesiastici che si sono occupati dei
rifugiati, hanno, forse involontariamente, contribuito al formarsi di quest’abito mentale, addottando nelle loro
scuole in forma acritica i libri di testo
fortemente anti-israeliani dei paesi
ospiti.
Gli Arabi cristiani
fra ebrei e musulmani
Ha appena accennato all’opera di
Chiese Cristiane fra i rifugiati. Come reagisce l'opinione pubblica
israeliana di fronte all’atteggiamento spesso assunto dalle Chiese cristiane, se non di biasimo, certo di
Riserve di fronte alla politica israeliana (cfr. le recenti dichiarazioni
di responsabili cristiani libanesi o
del Consiglio Ecumenico)? E che si
pensa, là, di uno statuto dei cosidetti luoghi santi?
Il problema dei Cristiani arabi, sull’atteggiamento dei quali sia il Consiglio Ecumenico che la Chiesa Romana
fondano in gran parte il proprio, (in
genere ortodossi o cattolici, con alcuni
pochi anglicani, presbiteriani e battisti), è molto complesso a causa del
suo sfondo storico. Tradizionalmente
il Cristiano arabo in Oriente è stato
sempre, insieme all’Ebreo, l’ilota del
mondo mussulmano, oggetto ancora
in epoca recente di vessazioni quali il
divieto d’accesso a cariche pubbliche
o militari d’una certa importanza, divieto d’effettuare ogni opera missionaria nei confronti dei mussulmani ecc.
La sua apertura verso gli accidentali,
ai quali l’univano legami specialmente
di fede, ma anche di cultura, lo rendeva sospetto ai propri connazionali in
un’epoca prima di colonialismo trionfante e più tardi, durante la liquidazione degli aspetti politici del colonialismo. Un mio conoscente paragonava, in forma pertinente, credo, la situazione dell’Arabo cristiano nel mondo mussulmano a quella dell’Ebreo
nell’Europa medievale. Questa situazione ha sovente agito come stimolante nei confronti del’Arabo cristiano, le
cui prestazioni nel campo artigianale,
professionale ed intellettuale sono state spesso notevolmente superiori a
quelle della media della popolazione.
Nell’ultimo decennio poi l’Arabo cristiano, meglio qualificato dei suoi compatrioti dalla frequenza di scuole europee ed americane, ha avuto nuove
possibilità nel campo della tecnica e
dell’agricoltura. Orbene, in una forma
che ricorda quella dei Valdesi dopo
l’emancipazione fino alla seconda guerra mondiale (essi tenevano a dimostrare quanto fossero patrioti, « veri Italiani », al fine di dissipare ogni accusa di
essere elementi stranieri), anche l’Arabo cristiano tende a strafare, pur di
dimostrare, in certo qual modo, di essere più arabo dei mussulmani. Di' lì
un’approvazione di massima della politica araba ed un rigetto di quella
israeliana; sarebbe interessante studiare fino a che punto a tale atteggiamento non contribuiscano anche la
massiccia propaganda e l’impossibilità di manifestare validamente il proprio dissenso, questo sia nei paesi ara
bi tradizionali, sia in quelli cosidetti
« socialisti ».
Per quello che riguarda il problema
dei luoghi santi, da quello che leggo c
odo mi sembra di poter dedurre che
gl’israeliani sono propensi a lasciare
che le varie comunità religiose interessate se li amministrino come meglio
credano. Una possibilità di extraterritorialità mi sembra da non doversi
prendere in considerazione, perché urta contro il concetto di Stato sovrano.
Mi sembra che, come Evangelici, a
parte la scarsa importanza che il tema
riveste per noi, tale posizione può trovarci solo consenzienti. A titolo di cronaca devo riferire che sotto i Giordani il tradizionale cimitero ebraico sul
Monte degli Ulivi era in rovina a causa del suo completo abbandono, processo a volte affrettato da coscienti atti di vandalismo, mentre l’accesso al
Muro del Pianto (il muro occidentale
della recintazione del Tempio di Erode) era vietato agli Ebrei. Il luogo si
trovava in condizioni igieniche deplorevoli e la strada che lo costeggiava
si chiamava al-Buraq, dal nome del cavallo preferito di Maometto. Presentemente le opere di restauro del S. Sepolcro e del complesso del Tempio
(Haram es-Sherìf, contenente la già
restaurata cupola della Roccia e la
moschea el-Aqsa, in via di restauro),
iniziate circa un decennio fa, procedono come prima.
Il sionismo,
una "forma
di colonialis?
Poco fa è caduto il terihine “colonialismo". Che cosa pensa dell’accusa di
“colonialismo” rivolta recentemente
al Sionismo, e dell’appunto che tale
sarebbe stato il suo atteggiamento
fin dalle sue origini?
Si tratta di un’accusa che compare
in forma sistematica in un’interessante opera, scritta da un autore di origine ebraica, ma antisionista: M. Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino (Einaudi) 1969. Secondo il Rodinson, i progetti sionisti originari non
avrebbero tenuto alcun conto della popolazione araba, secondo lo schema
dell’inizio del secolo che prescindeva
assolutamente dalle popolazioni residenti nei territori da colonizzare. Da
notare anzitutto che il Rodinson gioca
sul doppio senso del termine « colonizzare »: 1) stabilire colonie agricole
in qualche luogo (come hanno fatto,
ad es., i Valdesi ed altri emigranti nella regione rioplatense), 2) occupare un
paese e farne una colonia. Fino al
1948 gli Ebrei hanno sempre acquistato dai proprietari (privati e villaggi)
dei terreni quasi sempre incolti (perché secchi o paludosi), sicché non vi
fu il benché minimo tentativo di sottomettere od espellere gli Arabi; avvennero alcuni sfratti di singole famiglie residenti nelle zone acquistate. Il
libro utopico e programmatico di T.
Herzl, Altneuland del 1902 mostra Arabi ed Ebrei viventi, forse un po’ troppo idillicamente, fianco a fianco. In
ogni caso alla fine del secolo scorso
la Palestina era effettivamente un paese sottopopolato e vi era posto sufficiente per i nuovi coloni senza toccare
i diritti di un solo arabo. Quello che
non viene detto è che, durante il boom
economico degli anni ’30, conseguenza
in buona parte anche della colonizzazione sionistica, una notevole quantità
di Arabi immigrò nella Palestina dalle
regioni vicine, un movimento che dagl’inglesi non venne mai contrastato.
All’inizio del secolo la Palestina aveva
poco più del 10% degli abitanti d’oggi,
sicché parlare di un torto fatto alle
popolazioni locali non è pertinente.
Uno Stato laico
o confessionale?
Sarebbe interessante sapere quali sono, in Israele, le relazioni fra ebrei
e cristiani; lo Stato pare lacerato
fra una tendenza nettamente e pesantemente confessionale ed una
nettamente laicista: qual’è la situazione della libertà religiosa?
I Cristiani in Israele e nei territori
occupati sono in gran maggioranza
Arabi; i pochi convertiti dal Giudaesimo appartengono quasi tutti a movimenti millenaristici fortemente settari, che evitano ogni contatto con altre
confessioni religiose. Alla « Chiesa di
Dio » (Church of God) che attende il
ritorno di Cristo sull’attuale Monte
Sion non appena restaurato Israele,
appartiene, per es., l’australiano accusato di avere incendiato la moschea di
el-Aqsa. Incontri tra Ebrei e Cristiani
avvengono a cura dell’Istituto Teologico Svedese di Gerusalemme a livello
universitario, ed a cura della Maison
Isaie dei PP. Domenicani, tra Ebrei,
Mussulmani e Cristiani. Personalmente non ho notizia di altre organizzazioni del genere.
La situazione religiosa del paese è
complessa: troppo spesso l’Europeo
occidentale si dimentica di trovarsi in
Oriente, confrontato com’è con la real
tà dinamica d’Israele. Ora neH’Oriente mussulmano religione e nazionalità
tendono a confondersi, così conversione e naturalizzazione. Ciò spiega l’ostilità del Mussulmano nei confronti dell’Arabo cristiano, la sua qualifica del
cristiano o come Farangi ( = francese)
se Europeo, o come Armeno, Circasso
etc. se d’origine asiatica. Assumendo
il mandato sulla Palestina, l’Inghilterra lasciò in vigore la legge turca, che
conferiva la massima autonomia interna alle comunità religiose, ivi comprese tutte le tradizionali leggi matrirnoniali, e questo criterio venne recepito dal giovane Stato d’Israele, che
aveva ed ha ben altri problemi che andare a rimuovere questo vespaio. Ne
consegue una situazione evidentemente anacronistica: non esiste ad es. un
matrimonio civile nel senso occidentale del termine, anche se i matrimoni civili, contratti altrove, vengono regolarmente trascritti. Anche il matrirnonio misto viene reso estremamente
difficile dalla situazione esistente. Ciò
appare tanto più paradossale quando
si pensi che la popolazione ebraica di
Israele si trova, di fatto, coinvolta in
un processo di secolarizzazione molto
avanzato. In ogni caso la libertà religiosa è molto superiore a quella esistente nei paesi arabi: il proselitismo,
anche se scoraggiato, non è vietato e
viene del resto praticato dalle sette
cristiane in questione su scala abbastanza vasta, anche se non sempre con
la purezza delle intenzioni che vorremmo.
Vi sono
studio
rapporti seguiti, a livello di
e di collaborazione pratica,
tra Ebrei e Cristiani? Quale entità
hanno e quale eco i gruppi di servizio cristiano — svizzeri soprattutto,
se non andiamo errati — operanti
in Israele?
I contatti e quindi i rapporti non
sono sempre facili^ in seguito alla situazione descritta nella risposta precedente: gli Ebrei ortodossi, l’elemento ebreo secolarizzato, il Cristiano a
sfondo settario, l’Arabo nazionalista,
non hanno evidentemente interesse a
che avvengano. Gruppi di servizio cristiani ve ne sono parecchi, specialmente tra la popolazione araba, ma
non ho qui sottomano i dati necessari.
Con Talìargamento dell’istruzione e
dell’assistenza pubbliche e la loro
estensione anche alla popolazione araba— un’operazione ritardata dalle decisioni politiche che prima devono essere prese — penso che l’opera di tali
gruppi si rendèrà sempre meno necessaria.
Ci può ancora dire qualcosa, concludendo, sulla situazione politica (vari
gruppi ed orientamenti), sociale ed
economica (disoccupazione etc.) in
Israele?
La popolazione ebraica d’Israele si
avvia rapidamente verso il pieno impiego, anche se il livello salariale è relativamente basso se confrontato a
quello europeo. Ciò vale specialmente
per i professionisti ed i dirigenti e dipende da una cosciente scelta politica
del Sionismo tradizionale, che tendeva
a formare operai, contadini ed artigiani ebraici, scoraggiando le tradizionali professioni liberali e commerciali
degli Ebrei europei.
• Per quello che riguarda gli Arabi di
Gerusalemme, incorporata nello Stato
d’Israele, e dei territori occupati della Cisgiordania, la situazione è grosso
modo la seguente: operai e manovali
addetti all’edilizia sono costantemente
occupati nella costruzione di edifici e
di strade con un salario minimo di
$ 1 l’ora (ca. L. it. 620); si tratta di
una somma molto alta nella regione,
specialmente considerando che viene
percepita in continuazione, senza interruzioni di sorta. Accettabile è il livello dei commercianti, anche se in
molti campi la concorrenza israeliana,
meglio organizzata, si fa sentire. Nelle
campagne la situazione è ancora più o
meno quella di prima, anche se si spera che l’apertura del mercato israeliano possa stimolare la produzione ed
aumentare in modo considerevole il livello di vita del contadino. Meno favo
riti dalla situazione presente sono invece i professionisti (medici, avvocati
etc.), i quali, oltre a maggiori sofferenze morali per la presente situazione
politica, dovranno adattarsi ai salari
molto più bassi vigenti per le loro professioni in Israele ed associarsi alle
varie casse mutue. Precaria sembra
invece per ora la situazione delle agenzie di turismo e degli esercizi alberghieri: gl’israeliani sono meglio organizzati, le loro guide meglio preparate; i turisti ebrei, che costituiscono
la maggior parte del giro d’affari, evitano gli alberghi arabi per ragioni di
leggi alimentari, se religiosi, ma anche
a causa del terrorismo; la mano d’opera alberghiera esige d’altra parte l’applicazione delle leggi salariali vigenti
nella zona ebraica ed ha persino organizzato uno sciopero in questo senso nel mese d’agosto, cosa inaudita in
un paese arabo. Ciò mentre la clientela araba non palestinese tradizionale
non può naturalmente più venire. Per
la zona di Gaza mi mancano notizie
dirette, ma risulta che l’attività dei
guerriglieri rende difficile l’inserimento degli Arabi nel lavoro.
Per quello che riguarda la politica
d'Israele dopo il giugno 1967, è stata
spesso notata una certa mancanza di
chiarezza nelle dichiarazioni intorno ai
fini politici da raggiungere (per es. sui
temi « territori occupati » o « nuove
frontiere »); sulla base delle dichiarazioni di alcuni uomini politici israeliani, si è parlato a volte delle pretese
mire espansionistiche del « Sionismo
mondiale» (sic!). Va osservato a tale
proposito che la realtà politica d’Israele non è meno complessa di quella di
altri paesi: vi sono più di 10 partiti
politici che vanno dall’estrema sinistra a gruppi che possiamo chiamare
di destra, quasi tutti rappresentati nella coalizione governativa. E non do
vrebbe stupire che gli scopi della politica d’Israele siano diversi a seconda del partito di cui l’oratore è il portavoce. Due elementi mi sembrano in
ogni caso ormai fuori discussione: la
annessione della città vecchia di Gerusalemme, ed il mantenimento dei
territori occupati finché non sia stato
raggiunto un trattato di pace.
Per tornare agli Arabi dei territori
occupati, due sono le lamentele che il
visitatore ode con maggiore frequenza: l’aumento dei prezzi dal giugno
1967 ed il carattere esoso della fiscalità israeliana. Ambedue gli elementi
sono purtroppo inevitabili nella fase
del passaggio da un’economia essenzialmente artigianale ed agropecuaria
a quella d’uno Stato industriale moderno; il primo viene in parte neutralizzato dai salari maggiori e dai più
efficienti servizi pubblici, il secondo è
inevitabile in uno Stato che si trova
in un continuo stato di guerra, che è
però espressione dei sindacati, e che
quindi allo stesso tempo continua ad
offrire ai cittadini un’impressionante
gamma di servizi pubblici e sociali;
molti Arabi del resto riconoscono lealmente che si tratta di somme che eccedono solo di poco le « bustarelle »
di prima (il bakscisc). Altri rimproveri rivolti ad Israele sono praticamente identici a quelli che sette anni orsono sentivo rivolgere all’amministrazione giordana e fanno quindi parte
delle lamentele che ogni buon abitante della regione mediterranea suole
emettere contro il proprio governo.
prima l’ebreo veniva perseguitato perché era stato emancipato in Francia
dalla Rivoluzione Francese (!), poi perché accusato di essere antizarista (senza pensare se eventualmente tale atteggiamento non fosse conseguenza
delle persecuzioni), poi perché considerato un elemento estraneo nella cuitura russa (lo zarismo cercava di russificare con la forza i numerosi popoli
non russi dell’impero); vi fu una parentesi durante i primi decenni della
Rivoluzione, poi, dopo la guerra, la cosa ricominciò: prima gli Ebrei vennero accusati di ordire complotti contro
Stalin ed adesso sono Sionisti. L’accusa di Sionismo appare dunque semplicemente una delle giustificazioni di
comodo, prese dalla situazione del momento, per un antisemitismo al quale
manca un fondamento ideologico. Esiste anche un antisemitismo puramente verbale, che non si traduce né in
teorie né in violenze ai danni delle
persone e delle cose. L’antisemitismo
è una di quelle forme di pregiudizio
etnico e religioso, che squalificano un
gruppo in partenza e senza appello, richiamandosi a motivazioni contingenti, criticamente non fondate.
Nel nostro caso l’antisemitismo (che
intendo nell’accezione corrente dei termine, cioè come antiebraismo) non
consiste naturalmente nel criticare
aspetti d’Israele quali la sua politica
estera o interna, il suo sistema economico etc., ci mancherebbe altro! Quando però la critica è, aprioristicamente
squalificante, sulla ba.se di dati di fatto o insufficienti o tendenziosamente
riferiti o addirittura falsi; quando ciò
che Israele fa è sempre male (■ nza
curare di sapere se l’ha fatto e, i i caso affermativo, perché l’ha fatto c quali erano le alternative), mentre ì azione dei suoi nemici è quasi se ipre
bene (con poche, rare riserve); qi ndo
Israele dovrebbe, al fine di rapf .¡cificare gli altri, prendere delle deca ioni
politiche equivalenti al suicidio;
do si prende partito per i terrori
cui fine dichiarato è la distruzio,
Israele, allora ci confrontiamo c;
atteggiamento che non tocca più \ ■
le come entità politica soltanto,
grandissima maggioranza degli
lan:i, il
■ di
un
! -.rae! a la
orei.
>no
pri
ci
ul
po-,
L’antisemitismo
ha molti volti
Ancora un’ultima domanda: Durante
l'ultimo Sinodo Ella ha rivolto ad
un noto periodico evangelico l’accusa di antisemitismo, che alcuni dei
presenti hanno trovato pesante. Può
dirci che cosa intendeva dire?
Non intendo parlare, come dovrebbe essere evidente, di quelle forme
dottrinarie di antisemitismo che sono
la caratteristica della maggior parte
dei movimenti di estrema destra di
ispirazione nazista. Esiste un antisemitismo pratico, che non s’ispira ad
una teoria, ma che cerca di motivare
via via la propria posizione. L’antisemitismo russo e, in forma minore,
quello di molti paesi delTEuropa orientale, ne costituisce un tipico esempio:
in quanto tali, i quali s’identiii uno,
anche se a volte con riserve, con i ráele; ed è allora che entriamo pii nrio
nel campo deH’antisemitismo. Ci vale anche se gli accusati non si ri
scono nell’accusa: non sarebbe h
ma volta che, in buona fede, nc
rendiamo conto delle implicazioi
time di quanto diciamo. Ma in ui
ca nella quale tutto tende alla ra ucalizzazione delle posizioni invece c! • alla loro composizione, è doveroso ■ igilare su quanto pensiamo e dici mo,
sapendo che le nostre tesi verranno indubbiamente radicalizzate, se noi da
noi stessi, da altri. Tale atteggiamento
anti-israeliano, assunto anche da una
parte del nostro Protestantesimo, ed
al quale fanno riscontro posizioni : naloghe all’estero, contrasta strana: sente con quelle correnti di ancora j; ochi
anni orsono di entusiastica ades one,
quando lo Stato d’Israele veniva dditato a modello e le sue organizza. :oni,
specialmente il kibbùtz, a paradigma
di vita comunitaria. Dall’entusi: >mo
forse un po’ irrazionale il pendi o è
balzato verso una condanna che,
i fondamenti addotti, è certamenK
cora più irrazionale. A meno che
voglia essere una cosciente ideni
zione, anch’essa irrazionale nella
motivazione, con la linea politic;
dati
an
iion
iica
sua
di
turno di determinati gruppi poi itici.
Nel qual caso però attenzione: qui i
mutamenti di rotta sono frequenti, ed
improvvisamente potrebbe far comodo
a quegli stessi gruppi una « riabilitazione » d’Israele. Non sappiamo però
in che condizioni si troverebbe allora
il vicino Oriente.
Una dichiarazione della Comunità di lavoro cristiano-giudaica nella Svizzera
Sulla situazione attuale nel lllcine oriente
Zurigo (epd) - Mentre dal 30 agosto al 6
settembre si è tenuta nella casa di riposo
« Viktoria della Chiesa metodista, una settimana di studio organizzata dalla Missione
evangelica svizzera fra gli ebrei, sul confronto fra cristiani ed ebrei nel corso di due millenni, la Comunità di lavoro cristiano-giudaica
nella Svizzera ha pubblicato questa dichiarazione:
1. Soltanto nel corso del mese di luglio
1969 sono stati compiuti 22 attacchi nel territorio israeliano, partendo da quello libanese.
Sono state ferite 8 persone. Quando Israele si
è difeso contro questa minaccia alle vite dei
suoi cittadini e questa costante infrazione agli
accordi d’armistizio, il Consiglio di sicurezza
delle N. U. ha condannato lo Stato d’Israele.
Di fronte a un simile opportunismo delle
grandi potenze, una garanzia per i confini
d’Israele non significa un bel nulla! Quale
Stato del mondo potrebbe tollerare che da altri Stati fossero gettate, giorno dopo giorno,
bombe e granate sul proprio territorio? Lo
Stalo d’Israele è tenuto a proteggere i pròpri
cittadini e a tener lontani da loro gli atti dì
violenza.
eccezione di una sola; che presso lo storico
Muro occidentale, luogo santo dell’ebraismo, i
Giordani avevano costruito delle latrine e disposto luoghi in cui far riposare gli asini; che
un cimitero ebraico è stalo profanato e le pietre tombali usate per la pavimentazione' di
una strada; che ripetutamente, proprio negli
ultimi tempi, terroristi arabi hanno turbato
con attentali dinamitardi la pace di Gerusalemme, città che ha un valore particolare per
ebrei, cristiani e musulmani; che in cinema,
in supermarket e neiruniversità son state deposte delle bombe che hanno fatto vittime;
che nei pressi del Muro occidentale terroristi
arabi hanno fatto esplodere tre bombe nell’intento di uccidere coloro che s’incamminavano
al culto del shabbat; che, infine, il 26 agosto
1969 terroristi arabi hanno tentalo di uccidere con 16 razzi dei civili, a Gerusalemme.
2. Un individuo sconsiderato, membro di
una chiesa cristiana “libera”, ha incendiato la
moschea E1 Aksa, affidata alle cure islamiche.
Egli ha pienamente confessato. Ma la propaganda ufficiale degli Stati arabi proclama, in
mala fede, che Israele si sarebbe reso intenzionalmente colpevole di questa « profanazione nefanda ». Una simile, voluta deformazione della verità ci rivolta, È invece certo che
nella Gerusalemme sotto governo giordano,
negli anni 1948-1967, tutte le sinagoghe
ebraiche sono state volutamente distrutte, ad
3. La disumanità aralia e Timpolenza delrONU viene tragicamente documentata, dopo
quanto si è detto sopra, dalla sorte degli ebrei
nell’Iraq. Degli ebrei vengono assassinati, altri sono torturati nelle prigioni iraqene e
usati quali ostaggi. II destino degli ebrei iraqeni non può costituire un problema politico
per il mondo : si tratta semplicemente di una
questione umanitaria, anzi del problema della
nostra umanità. Chiediamo quindi che alle
poche migliaia di ebrei iraqeni sìa permesso di
lasciare il paese. Perché l’ONU tace, a questo
proposito, quando avrebbe il dovere di esigere dall’Iraq la libertà per questi uomini?
Se si deve parlare di « profanazione nefanda »,
è proprio a proposito dei metodi barbari con
cui l’Iraq maltratta i suoi cittadini ebrei. Ci
appelliamo all’opinione pubblica mondiale e
richiamiamo la sua attenzione su ques’ingiustizia che grida al cielo, ingiustizia commessa dai
governanti iraqeni contro uomini innocenti.
5
26 settembre 1969 — N. 38
pag. 5
Discussa in un convegno
promosso a Torre Pellice dai Consiglio di Valle
L'ADOZIONE SPECIALE
FRALI
Chiesa e turismo estivo
La legge sull’adozione speciale è
stata oggetto di presentazione e di ampio dibattito in occasione di un convegno promosso daH’uiììcio di assistenza
sociale del Consiglio di Valle della Val
Pellice.
Questa legge approvata nel luglio del
1967 è stata giustamente definita come
il primo passo verso una concezione
totalmente rinnovata del diritto di famiglia. Essa costituisce, di fatto, un
capitolo soltanto del progetto di riforma generale del diritto familiare. Come è stato ripetutapaepte sottolineato,
l’elemento rivoluzionario che soggiace
alla formulazione della legge, è costituito da una visione totalmente nuova
del vincolo familiare in cui ha priorità
non tanto il mero vincolo del sangue
ma il reale legame affettivo, e l’effettivo impegno dei genitori a dare al
fanciullo un’ educazione adeguata,
creando e mantenendo nel limite del
possibile, i presupposti per uno sviluppo psico fìsico normale del bambino.
Infatti, pur sussistendo il vincolo del
sangue, se viene comprovato che un
bimbo si trova in stato di abbandono,
con sentenza del tribunale egli viene
dichiarato in stato di adottabilità. E
O'e l’adozione abbia corso, i legami
c(;n la famiglia di origine vengono
definitivamente e inappellabilmente
tr meati, dando da un lato al bimbo la
giiranzia di un vincolo ormai stabile
n ll’ambito nella nuova famiglia e dal!’■ itro garantendo la famiglia adottante da qualsiasi ricatto, ritorsione o rec-.mo da parte della famiglia d’orig’ne.
a fatto di essere genitori non è più
c> ¡siderato dunque un semplice fatto
fi lologico, ma diventa una vocazione,
ei e può sussistere anche là dove non
vi è possibilità fìsica di aver figlioli e
c'c può non sussistere là dove invece
i gli sono numerosi e nascono con irrf; . pensabile facilità.
C \SI CONCRETI
..utti i dettagli e i vari aspetti di
questa importante legge sono stati
ampiamente illustrati nel corso del
c.-avegno da parte di vari oratori spec ' ricamente qualificati. Ha preso la pare la innanzitutto la Signora Gaietti,
d esistente sociale della Val Pellice. Il
s o intervento è stato un crudo e semp ice elenco di casi, anonimamente
presentati, ma realmente avvenuti nella nostra Valle del Pellice. Casi, dolorosi di bambini che si son trovati e si
trovano in deplorevole e tristissima
situazione di abbandono da parte della madre (trattandosi per lo più di ille àttimi) o della famiglia.
Casi impressionanti di bambini che
avrebbero potuto o possono ancora essere salvati laddove fossero affidati a
una nuova famiglia, che dia loro un
affetto che mai hanno conosciuto e
quel minimo di educazione di cui hanno bisogno per diventare degli esseri
iiormali e non dei deficienti, dei rivoli ,ti o comunque dei disadattati.
Il discorso sull’adozione non è dunque una disquisizione accademica, ma
s> innesta in una situazione precisa,
cuè assume a volte connotazioni di
t.'Hgicità e a cui la legge in esame ceree di porre un rimedio.
LA RILEVANZA
MORALE E GIURIDICA
La legge è stata innanzitutto illustrata dal Senatore Poét che in Senato fu uno dei sostenitori convinti
del progetto. Ha parlato in terzo luogo
il Dott. Romano, Presidente del Tribunale dei minorenni di Torino, che,
sulla base della dottrina e della sua
esperienza e quindi del suo interesse
primario per la materia, ha illustrato
tutti gli aspètti morali, umani e giuridici del provvedimento, mettendone in
luce gli elementi fortemente positivi e
innovatori nei confronti della legge
sull’adozione normale, senza peraltro
tacere alcune lacune e imperfezioni
marginali presenti nella legge attuale,
che potranno tuttavia in seguito, dopo alcuni anni di verifica nella prassi,
trovare un chiarimento e opportune
precisazioni.
Per ultimo ha parlato il Dott. Buronzo. Direttore amministrativo dell’Istituto Provinciale per l’Infanzia e
la Maternità di Torino, che ha illustrato gli aspetti pratici della legge
partendo dalle situazioni concrete che
l’IPIM deve ogni giorno affrontare e
risolvere.
IGNORANZA DELLA LEGGE
Dopo la presentazione delle relazioni è seguito un lungo dibattito diretto
dall’avv. Ettore Bert, Presidente del
Consiglio di Valle. Non sono emersi
molti elementi nuovi, ma la discussione è stata occasione per una maggior
chiarificazione di parecchi dettagli e
soprattutto per una maggiore sensibilizzazione al problema da parte dei numerosi intervenuti, che rappresentavano gli organismi maggiormente responsabili della Valle (Scuole, Chiese
Valdesi e Cattoliche, Comuni, Istituti
Assistenziali, ecc.). Molte di queste
persone erano poco e male informate
sul significato e la portata della nuova
legge. Sotto questo aspetto rincontro
si è rivelato quanto mai necessario e
opportuno.
GLI ISTITUTI NON BASTANO
Un elemento importante che è
emerso dalla trattazione dell’argomento è costituito dalla considerazione
che l’affidamento del minore ad un
Istituto (Orfanotrofio, Convitto, ecc.)
non è più considerato risolutivo, ma
unicamente transitorio. Infatti trimestralmente gli Istituti devono presentare al Giudice Tutelare (nella fattispecie il Pretore di Pinerolo) un elenco completo dei propri ospiti segnalando i bambini che non sono più visitati
o comunque seguiti dai propri genitori. Sulla base di queste segnalazioni
seguiranno i dovuti accertamenti per
comprovare o meno lo stato di abbandono, quindi di adottabilità. Dal dibattito è emerso che la maggior parte degli Istituti non adempie a questa disposizione, per reticenza o per ignoranza della legge. Dato il danno gravissimo che con un simile procedimento può essere arrecato a un minore è
auspicabile che i direttori vorranno per
l’avvenire collaborare maggiormente
con chi di queste cose si occupa ed è
responsabile.
LA SEGNALAZIONE
Un’altra indicazione che è stata sottolineata e che qui vai la pena di riportare è che lo stato di presunto abbandono può essere segnalato da
chiunque ne abbia il sospetto all’Ufficio di Assistenza Sociale. Questa segnalazione non ha il carattere di denuncia giudiziaria e non conduce automaticamente alla sentenza che dichiara lo stato di abbandono, né coinvolge il segnalante in qualsiasi responsabilità giuridica. Essa serve semplicemente a mettere in moto quel processo di accertamento che viene fatto
d’ufBcio con tutto il tatto e la discrezione che la delicatezza della materia
impone, e soltanto dopo attento vaglio
di tutti gli elementi dell’indagine può
giungersi alla dichiarazione di abbandono e quindi allo stato di adottabilità.
Una semplice parola può dunque salvare la vita a uri bambino, cambiando
radicalmente il suo avvenire.
LE famiglie
Vi sono centinaia di famiglie con
o senza bambini che, offrendo tutte le
garanzie che il tribunale accerterà e
che il periodo di affidamento preadottivo potrà confermare o meno, desiderano vivamente adottare un bambino. Il bimbo che si vuole adottare non
arriva per caso o per sbaglio, ma è voluto, cercato, desiderato: la nuova famiglia è pronta ad aprirgli non solo la
propria casa, ma quel che è più importante, il proprio cuore.
Si è dato il caso di famiglie (specie
in America) che hanno richiesto di
adottare non la bella bambina dagli
occhi neri e capelli biondi, ma il bambino minorato o addirittura focomelico, offrendo cosi un raro esempio di
profonda sensibilità umana e di effettiva volontà di dare un avvenire
degno di questo nome a un minore altrimenti tristemente disgraziato.
IL BAMBINO
A questo riguardo una delle preoccupazioni fondamentale che ha ispirato la legge sull’adozione speciale è stata quella di concentrare tutta l’attenzione sull'interesse del bambino, dando ad esso assoluta priorità su ogni altra considerazione. Non si tratta cioè,
come nell’adozione tradizionale, di dare un bambino a una famiglia (o a un
singolo) che non ne possiede, ma bens': di dare una famiglia vera (sono
quindi esclusi i singoli e sono ammesse famiglie con figli) a un bimbo che
è stato abbandonato dalla famiglia
naturale. È dunque la famiglia adottante che è in funzione del bambino,
del suo vero interesse e del suo avvenire e non mai viceversa.
LA RELIGIONE
Nel passato, in casi di adozione normale, il fattore religioso poteva costituire un elemento di discriminazione.
Non è stato raro il caso di famiglie
evangeliche che si sono viste respingere una richiesta di adozione col pretesto, dichiarato o supposto, della differenza di confessione religiosa. Sembra che d’ora innanzi, per esplicita dichiarazione delle autorità tutorie presenti al convegno, questo elemento
non entrerà più nei motivi di valutazione e di discriminazione nella fase
di accertamento delle attitudini morali della famiglia richiedente. Tuttavia è comprensibile che, ove esista disparità di confessione religiosa, un
bimbo cattolico venga affidato a famiglia cattolica e viceversa un bimbo
evangelico a famiglia evangelica.
UN APPELLO
Mi permetto di cogliere qui l’occasione per rivolgere un appello. La legge sull’adozione speciale che così, positivamente corregge quella sull’adozione normale, è destinata ad avere un
notevole sviluppo nella sua applicabilità, cioè un maggior numero di famiglie sarà incoraggiata a offrire una
adozione. Come è stato detto il problema riguarda anche la nostra Valle e
la nostra popolazione valdese. È auspicabile che le famiglie evanpliche in
Italia o all’estero che chiedono di
adottare un minore, si qualifichino in
quanto tali. È presumibile ed è logico
supporre che se si presenterà il caso di
un bambino evangelico dichiarato in
stato di adottabilità, questo sarà affidato ad una famiglia evangelica.
Con queste brevi note sul tema dell’adozione speciale, ci proponiamo un
triplice scopo:
a) innanzitutto dare una segnalazione di questo convegno che ha costituito una iniziativa fortemente positiva del Consiglio di Valle della Val
Pellice e che documenta il serio impegno del Consiglio stesso per affrontare
e risolvere i problemi più scottanti
della nostra zona. Ci auguriamo che
questo tipo di incontro a livello degli
elementi più responsabili possa essere
ripetuto anche su altri temi per suscitare interesse e sensibilità, sviluppare il colloquio e sollecitare la collaborazione.
b) in secondo luogo abbiamo voluto allargare l’eco di questo convegno, contribuendo sia pur sommariamente a diffondere la conoscenza di
questa importante legge che costituisce indubbiamente un notevole passo
avanti sulla linea di una concezione
più moderna e aggiornata dei diritti
della persona umana.
c) ed infine desideriamo invitare
tutti quanti alla più attiva collaborazione, sia segnalando casi di bambini
in presunto stato di abbandono che ricercando famiglie disiaste ad accogliere bambini in adozione secondo i
termini della nuova legge.
Alberto Taccia
Anche quest'estate ha portato a Frali un
pienone di villeggianti e di turisti con un
crescendo regolare rispetto agli anni passati.
In questo periodo in cui la popolazione residente diventa minoranza si pone per tutti noi
il problema della testimonianza evangelica da
rendere in vari modi sia alle masse dei turisti
domenicali, sia a quelli che hanno eletto nelle
nostre borgate la loro residenza di tempo libero.
In vista di questo servizio anche quest’anno il Concistoro ha organizzato durante
il culto l’accoglienza degli « estranei » al fondo del tempio, con distribuzione dei sunti della predicazione ecc. Il gruppo dei k colportori » della Comunità di Pomaretto ci ha dato
una preziosa collaborazione salendo tre volte
per curare la vendita di libri evangelici sulla
piazza di Ghigo; speriamo che questo lavoro
possa essere ulteriormente sviluppato nel futuro perché rappresenta un utilissimo strumento di testimonianza evangelica nel settore della conoscenza del nostro pensiero.
Anche il Museo di Frali e della Val Germanasca è stato intensamente visitato durante i due mesi di apertura estiva ed il numero delle presenze si è aggirato anche quest’anno sui 2.000. Paola Monnet di Prarostino
e Sergio Borgarello hanno curato in Luglio ed
Agosto il servizio visitatori al Museo. Siamo
loro molto riconoscenti perché senza questo aiuto volontario non sarebbe possibile tenere aperto il Museo.
La sala delle attività ha offerto la possibilità di incontri di vario genere : dal recital
del campo cadetti di Agape a quello organizzato da Borgarello-Serafino, dalle proiezioni di
diapositive dell’arch. Cavaliere alla mostra di
pittura organizzata dalla Pro Loco.
Tutte queste attività rappresentano un utile
quadro di testimonianza, ma certamente non
bastano. Solo il modo con cui famiglie e membri della comunità realizzano la loro fede,
cioè solo il modo con cui i valdesi vivono quo
iiniiniiiuiiiittiiiiiiMiiiiiiiiimiimimiiiiiiiiiiiiiiiiMiiu
iiiiiiiMiiiiiiiiimimitiiiiimiiiiiiiiMiiiiiiiiimmniit«
ROMA
Facolfà Valdese di Teologia
Sono aperte le clon^ande di ammissione alla Facoltà di Teologia per l’anno accademico 1969-70. Per ri.-crizìone come Studente
regolare occorre farr>.‘ domanda per iscritto
al Consiglio, presentando entro il 10 ottobre :
1) il certificato di nascita;
2) il diploma di maturità classica o altro titolo giudicato etiuipoUente dal Consiglio;
3) un attestato fornito dal Consiglio di
. Chiesa della Comunità di cui lo Studente fa
parte, dal quale risultino i caratteri morali
e spirituali del medesimo e la sua iscrizione
da almeno due anni ad una Comunità evangelica;
4) un certificato medico comprovante
la sua sana costituzione fisica;
5) l’importo della tassa di immatricolazione.
Presentando gli stessi documenti, è possibile iscriversi alla Facoltà anche come Studente esterno : la categoria degli esterni non
dà diritto allcsercizio del ministero pastorale, ma è aperta a coloro che intendono seguire gli studi teologici onde avere la preparazione necessaria ad esercitare un ministero laico nella chiesa o per fini culturali,
scientifici o esigenze spirituali di ordine personale.
La sessione autunnale di esami decorrerà
dal 27 al 31 ottobre.
La prolusione, affidata al Prof. B. Corsani,
è fissata per sabato 1° novembre nell'Aula
Magna alle ore 17.30. Il culto di inaugurazione avrà luogo la domenica 2 novembre
nella chiesa di Piazza Cavour alle ore 18,
con predicaz One del Prof. V. Vinay. L’in zio dei corsi è stabilito per il 3 novembre.
Gli Studenti sono pregati dj essere in sede
al massimo entro la mattina del 1® novembre. preavvisando del loro arrivo la Direzione del Convitto.
Il Consiglio
Via Pietro Cossa 42 - 00193 Roma
TORRE FELL1C2
La prolusione sarà tenuta dal Prof.
Augusto Armand Hugon.
Il pubblico è cordialmente invitato
ed in particolare sono invitati i genitori degli allievi della Scuola Media e
del Ginnasio-Liceo. Gli studenti devono trovarsi a scuola alle ore 14,45.
La Presidenza
Il Comitato
POMARETTO
Scuola Latina
L’inaugurazione dell’anno scolastico avrà
luogo il 1° ottobre, alle ore 15, nel Teatrino
del Convitto.
* * *
Offerte ricevute dalla direzione che^ sentitemente^ ringrazia:
Tron Edda (Massello) L. 5.000; Coucourde
Paola (Inverso Pinasca) 5.000; Eline Quattrini (Perrero) 10.000; fam. Gustavo Bouchard (Pomaretto) 10.000; Amici della Germania 21.500; Elvira e Paolo Gay (Chiavari)
10.000; Bouchard Lucetta (S. Germano Chisone) 5.000; Prof. Giovanni Gönnet 10.000;
Benech Eddy (Chiotti) 3.000; Gardiol-Grill
Marianna e Carla (Perosa Argentina) 4.000;
Gay Marcella (Pinerolo) 30.000; Peyronel IIva (Chiotti) 5.000; Peyronel Elvio (Chiotti)
10.000; Costabel Danilo (Villar P.) in memoria fratello Ezio 5.000; Lucilla e Laura
Mathieu (Roma) 10.000.
A Torino, 1-2 novembre
Si coiminica che Tanno scolastico
1969-70 sarà ufficialmente inaugurato il
1” ottobre p. v. alle ore 15.
L’inaugurazione si svolgerà nell’Aula
Sinodale e sarà presieduta dal ViceModeratore Past. Achille Deodato.
Un appello rivolto ai giovani
per la creazione di una comunità aperta al servizio degli altri.
Centro Diaconale
Sono aperte le iscrizioni al
Centro Diaconale che, a Dio piacendo, si aprirà nel novembre di
quest'anno. A richiesta viene inviato gratuitamente il fascicolo
con la descrizione dettagliata
del progetto. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, iscrizioni, richiesta di documentazione,
rivolgersi a: Past. Alberto Taccia, 10060 Angrogna (Torino).
tìdianamente a Prali, fra di loro e nei confronti degli altri, costituisce la base autentica
di ogni testimonianza e rende credibile ed
interessante ogni attività « ufficiale » fatta a
questo scopo.
Con Testate ritornano a Prali Fratelli di
molte chiese italiane e straniere, vecchi amici
e nuove conoscenze. Segnaliamo in modo particolare la visita di due gruppi svizzeri dji
Coira e da Bussigny. Queste visite hanno
avuto un seguito e particolarmente la comunità di Bussigny ha offerto alla chiesa di Prali
una artistica brocca di peltro per il vino della
Santa Cena.
Nel quadro delle presepze estive segnaliamo 9ache il battesimo amministrato ai due
bimbi della famìglia Ciallié della chiesa di Torino, Paola e Giorgio, circondali non solo dai
familiari, ma da un numeroso gruppo di conoscenti ed amici che con la loro presenza al
culto hanno sottolineato Timportanza delTimpegno assunto dai genitori e dai padrini verso i due bimbi.
Il lutto ha visitato in questo periodo la famìglia di Manuele Garrou di Villa, morto
improvvisamente il 10 Agosto nella sua abitazione. Rinnoviamo la nostra simpatia alla
famiglia colpita da questo lutto.
PRAMOLLO
Il 14 settembre è stalo celebrato il matrimonio di Long Ugo (S. Germano Chìsone) e
di Long Aldina (Torre Pellice). II Signore
accompagni con. le Sue benedizioni questi
sposi che si stabiliranno a Torre Pellice.
Sono stati presentati al S. Battes.mo : Baimas Hedy di Arnaldo e di Natalina Zanutelli (Svizzera), Balmas Orietta di Renzo e
.di Bounous Vanda (Pomeano), Plavan Susy
di Franco e di "Revel Nella (Pomeano), Beux
Giuliana di Aldo e d| Clot Ermida (Bosi).
La grazia del Signore dimori con questi bambini e coi loi'o familiari ed aiuti questi ad
essere fedeli alle promesse fatte in quell’occasione.
Nel corso dei mesi estivi alcuni fratelli
ci hanno rivolto l’annunzio della Parola di
Dìo durante i culti da loro presieduti; Past
Ermanno Rostan, Sig. Eraldo Bosco e Past
Silvio Long. Giunga loro la nostra sentita
gratitudine per i messaggi che ci hanno por
tato e per la loro apprezzata collaborazione
Un grazie anche alle Signore El'^a Rostan
Ines Alabiso e Damaris Bisi per aver accora
pagnato all’armonium gli inni nel corso dei
culti.
Non pochi fratelli e sorelle di altre comunità sono venuti a trascorrere le loro vacanze nel nostro vallone : mentre esprimiamo
loro un ringraziamento per Taffetto dimostrato alla nostra chiesa, inviamo loro un
fraterno saluto insieme all’augurio di ogni
benedizione del Signore nel loro lavoro durante i mesi che verranno e diciamo a tutti
« arrivederci » al prossimo anno, ss p:ace al
Signore.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Giovanni Dante Gay
commossi ringraziano tutte le persone
che sono state loro vicine nel loro
grande dolore. In particolare: il Dott.
Enrico Gardiol per le sue amorevoli
cure, il Prof. Lo Bue ed il personale
dell’Ospedale Valdese di Torino ed i
Pastori Paolo Ricca e Bruno Rostagno.
|]onferenza straordioaria
del II Distretto
La Conferenza del 2” Distretto è convocata a Torino sabato 1 e domenica 2
novembre con il seguente ordine del
giorno :
— Sabato ore 10 : Culto ed elezione del
Seggio - Presentazione e discussione dell’ argomento : Il messaggio
biblico e la visione moderna su peccato e redenzione.
Pomeriggio : Presenza evangelica
nella città (a cura delle varie comunità).
Sera: Responsabilità delle Unioni
giovanili — motivazioni e programmi.
— Domenica ore 10,30: Culti nelle
quattro zone della città, con brevi
messaggi su « Presenza della Chiesa nella città (a cura delle varie
comunità del Distretto).
Pomeriggio : Predicatori laici, finanze, ordini del giorno conclusivi.
Avvertenze: I Pastori sono pregati
di segnalare al Pastore Carlo Gay Via Madama Cristina, 11 - 10125 Torino — non oltre il 18 Ottobre — i
nominativi e l’età dei delegati.
Il pernottamento è assicurato per la
notte dal sabato alla domenica a chi
si sarà prenotato entro la data stabilita.
La Commissione Distrettuale
Torino, 19 settembre 1969
RINGRAZIAMENTO
La famiglia profondamente commossa per la dimostrazione di affetto
ricevuta in occasione della tragica
scomparsa del suo caro
Remo Ribet
di anni 32
esprime la sua viva gratitudine a
quanti con scritti e con la loro presenza hanno partecipato al suo improvviso grande dolore.
In particolar modo ringrazia la Direzione RIV-SKF, il Dott. Gallo, il Pastore Jalla, i compagni di lavoro ed i
coscritti del suo caro.
« Il suo sole è tramontato
mentre era ancora giorno »
San Germano Chisone, 24 agosto 1969
CONTINUA L’OFFERTA SPECIALE del vero OLIO D’OLIVA di ONEGLIA a famiglie evangeliche con sconto di L. 50 a litro.
Le spedizioni sono fatte direttamente ai consumatori dai luoghi dì produzione (trasporto e recipienti compresi
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da un condimento nella forma più sana, naturale e più adatta al corpo umano, essendo un alimento eccellente che
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Per informazioni con listino completo scrivere a: PAOLO SCEVOLA - Casella Postale 426 - 18100 IMPERIA
ONEGLIA.
6
pag
N. 38 — 26 settembre 1969
]/ALDìSMO ÌTAUANO E RIOPLATENSE
Notiziario
ecumen ico Vocazione e problemi comuni in ambienti diversi
_____________a cura di Roberto Peyrot
NUOVE CHIESE MEMBRI
DELL’ALLEANZA
RIFORMATA MONDIALE
Beirut (spr) -— Il Comitato esecutivo delJ’ARM, nel corso della sua sess one tenuta a
Beirut nell’agosto scorso, ha approvato la
candidatura di queste due Chiese :
La Chiesa presb teriana di Birmania, fondata nel 1956, ha 10.000 membri ripartiti in
70 comunità, con 12 pastori consacrati e 4
evangelisti. Il Moderatore di questa, il past.
R. L. Bawla, fa notare in una lettera che
circa la metà dei membri sono credenti di
fresca conversione. Dal 1965 la Chiesa è stata membro associato del Consiglio cristiano
di Birmania.
La Chiesa protestante di Raro Batak in
Indonesia risale al 1890 e fu fondata dalla
Società missionaria olandese. Il numero dei
membri è di 85.000 (la popolazione totale dei
Raro è di circa 450.000 persone) con circa
5.000 persone che compiono attualmente la
loro istruzione religiosa per diventare membri di questa Chiesa; essa ha 21 pastori consacrati e 54 insegnanti non consacrati; è
membro della Conferenza cristiana dell’Asia
orientale.
Queste domande d’amm’ssione portano il
numero delle Chiese membri dell’ARM a
112, ripartite in 70 nazioni.
TRE CENTRI COMUNITARI
RIUNITI IN OLANDA
Swifterbant (spr) - Tre denominazioni —
Chiesa cattolica romana. Chiesa riformata
d’Olanda, Chiese riformate d’Olanda ■— fra
un anno potranno avere im luogo di culto
comune.
NeU’agosto scorso si sono iniziati i lavori di
costruzione di un centro comunitario che non
ospiterà soltanto le tre denominazioni sopra
citate, ma che servirà pura da centro comunitario (civile) per gli abitanti della città di
Swifterbant, nuova dì zecca.
Meno di dodici anni fa non vi era altro che
il mare, là dove ora si stendono ricche terre
arabdi. Swifterbant si trova al cuore del Flevoland orientale, una delle regioni che sono
state prosciugate recentemente, ricavandole
daUo Zuiderzee.
La stretta coUaborazione esistente fra protestanti e cattolici romani si manifesta in altre
occasioni che nel semplice fatto di avere un
luogo di culto in comune. I sacerdoti e i pastori coordinano i loro sforzi riunendosi quindicinalmente; già ora vengono celebrati con
frequenza servizi religiosi in comune. Una
delle ragioni per cui ci si trova di fronte a
uno spirito ecumenico cosi sviluppato è, secondo gli osservatori, l’alta percentuale di
matrimoni misti (50%). Le relazioni fra le
due comunità protestanti (Hervormd e Gereformeerd) si sono sviluppate al punto che
ogni settimana i loro membri si riuniscono per
un culto comune, i consigli hanno sedute comuni e l’istruzione religiosa non è più data
separatamente.
Notiziario
Evangelico
Italiano
Dn messaggio del pastore Delmo Rostan, Moderatore della Mesa Ualdense Rioplatense,
sul punto di ripartire per l’America Latina dopo un soggiorno di due mesi in Italia
a cura di Renato Balma
Il pastore Delmo Rostan, Moderador
de la Mesa (Tavola) Vaidense sudamericana, ha trascorso due mesi in Italia, ed è ora al termine del suo soggiorno. Dopo avere attivamente partecipato al Sinodo della zona europea,
hd compiuto tutta una serie di visite
alle comunità e opere della Chiesa
Valdese che l’hanno portato da un capo all'altro d’Italia, seguendo queste
tappe: Milano, Como (con puntata a
S. Fedele Intelvi), Venezia, Firenze,
Roma, Napoli, Palermo (con visite a
Vita, S. Margherita Belice, Villaseta),
Vittoria, Pachino, Catania, Messina,
Reggio Calabria, Taranto, Bari, Torino,
Ginevra. Gli abbiamo posto alcune domande, alle quali ha fraternamente accettato di rispondere, non appena rientrato in patria; e come commiato, ci
Giungendo al termine della missione affidatami dalla sessione rioplatense del Sinodo Valdese, che ha consistito nel partecipare alia sessione sinodale di agosto e nel visitare la Chiesa
all’opera in tutte le regioni d’Italia,
mi è gradito porgere un saluto affettuoso prima di ripartire alla volta dell’America.
Sinteticamente tengo a menzionare
tre cose che ho presenti in questo momento.
In primo luogo, una parola di sincera riconoscenza al Moderatore Giampiccoli come ai membri della Tavola,
che hanno programmato e promosso
in modo così efficace la mia visita alle
varie opere di servizio e di testimonianza della Chiesa Valdese in Italia;
e tale riconoscenza estendo a tutti i
colleghi e alle comunità che mi hanno
accolto con temta cordiaUtà. Ho ricevuto e interpretato tutte queste dimostrazioni di affetto non solo come riferite alla mia persona, ma in primo
luogo a tutta la zona rioplatense della
fliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMimiiiiniiiiMiMiimiiiiaiiimimmiimiiiJinjiiiHMMiiiuii;
iiiiiiiiiiiiiiiimiimii'ii
(Segue da pag. 1 )
pletare le sue strutture, e il contatto
con il Centro Diaconale di Palermo,
specie per il settore riguardante i problemi delTemigrazione. A proposito di
emigrazione è stato registrato il completo fallimento della «Domenica dell’emigrante» indetta dalla Federazione. La coincidenza con gli scioperi
postali che hanno intralciato il normale recapito del materiale di propaganda all’uopo predisposto, è stata
indubbiamente ima delle cause, che
tuttavia da sola non giustifica il fatto
che solo tre Comunità hanno inviato
la colletta, dimostrando le altri una
notevole insensibilità di base a questo
.iiiimiuiiiMiiliDimiiiinmiiiMimiii.
A Ecumene il IV Congresso delle atrivirà femminili merodisle
la cantiisiaziiiae nella Claasa
Il Congres-o ha avuto luogo a Ecumene
nei giorni 13 e 14 settembre. Le delegate
presenti non erano molto numerose ed e
stato un peccato che forse a causa del
tempo anche le valdesi e batt.ste da Rema e
local'.tà vie ne non siano intervenute, come
sperato, almeno neUa giornata di Domenica.
La FFV era rappresentata dalla sottoscritta e da Lenuecia Costabsl. Le Unioni femminili battiste da Elena Girolami.
La prima giornata è stata ded'cata alle
varie relazioni del Segretariato, mentre nel
pomeriggio si è d.scusso sul Consiglio di Collegamento dei Gruppi Femminili Evangelici,
di cui è stato approvato lo statuto, e sugl!
incontri interdenominazionali.
Domenica mattina, prima del culto, fu
presentato il tema « La contestazione nella
Chiesa » a cura di Let zia Sbaffi, che ha illustrato le motivazioni e gli argomenti della
attuale contestazione richiamandosi ai testi
di Mario M legge ed altri scritti apparsi nel
volume « L’etica protestante » dei quaderni
GEI, inv iando le sorelle a riflettere su come deve configurarsi la test monianza della
Chiesa in riferimento all’un'ca signoria di
Cristo in opposiz'one a tutte le altre signorie,
e come riconoscere i segni del Regno fuori
dell'ordine naturale del mondo e dei valori
normali, compresi quelli cosidetti cristiani.
Al culto il pastore Ross, cappellano del team
ecumenico pure presente a Ecumene, ha predicato suH'autorità nella Chiesa che deve
essere una autorità di servizio. Il risultato
della discussione a gruppi tenutasi nel pomeriggio è contenuto nella seguente dichiarazione :
« La Chiesa non deve restare indifferente
ai problemi del nostro tempo, ma partecipare agli avvenimenti del mondo portando in
e.<Ì30 il suo messaggio di amore e di solidarietà per gli oppressi.
Pertanto è necessaria prima di tutto una
riflessione comunitaria sul significato evangelico di liberazione e salvezza, poiché riteniamo la Chiesa attualmente inserita nel sistema di vita consumistico ed egoistico, senza che se ne renda conto.
La comunità deve inoltre ricercare gli strumenti ed i metodi necessari per attuare questa liberazione e salvezza, là dove si soffre
per lo sfruttamento, l’ingiustizia e l’incuria.
Il Congresso invita le attività femminili a
porsi su questa nuova linea e a verificare se
gli attuali strumenti di lavoro sono ancora
adatti.
Il Congresso ritiene validi gli stimoli suscitati dall’attuale contestazione, impegna il
Segretariato ed esorta i gruppi ad incoraggiare il dialogo tra una parte della comunità
e coloro che contestano le strutture tradizionali, con la speranza che esso possa sfociare
nel rinnovamento della vita della comunità,
anche se ciò dovesse comportare un capovolg'mento ed una lotta.
Il Congresso confida che i vari gruppi vorranno segu’re questa linea allo scopo di promuovere, secondo le necessità dell ambiente
in cui vivono, una adone concreta ».
Ci siamo lasciate con rammarico dopo
aver sperimentato ancora una volta la gioia
della comunione fraterna e aver riscoperto
ohe tutti i problemi riguardanti l’impegno
femminile nella Chiesa rispecchiano la crisi
delle comunità.
I nostri Incontri interdenominazionali^ avranno appunto per tema « La Comunità ».
Gabriella Titta
Novità per i ragazzi
È uscito il primo numero di « Leggiamo
insieme... la bibbio », una raccolta di letture
bibliche con brevi spiegazioni in linguaggio
semplice, accessibile ai bambini.
Questo libretto, seguendo i testi presentati
di volta in volta alla scuola domenicale, dà la
possibilità al bambino di approfondire e ripensare personalmente quanto gli viene spiegato
la domenica.
Il libretto può essere utilizzato in modo
proficuo per la lettura giornaliera della Bibbia
nella famiglia.
Abbonamento ai 4 fascicoli trimestrali :
L. 500.
Per ordinazioni: Unione Biblica Italiana Casa Rossetti - 15047 Spinetta-M. (Al), oppure
presso le librerie evangeliche.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellicc (To)
ha dato questo scritto che, in attesa
dell’intervista, siamo lieti di pubblicare, con l’augurio più vivo per la ripresa del suo ministero quale moderatore
e quale pastore a Colonia Vaidense
(Uruguay) e con un saluto fraterno
per i Valdesi sudamericani, con i quali in questi ultimi anni si stanno riallacciando rapporti più intensi.
red.
quale ho cercato di essere un rappresentante fedele.
In secondo luogo noto quanto è stata importante, per me, questa missione in Italia. L’occasione di conoscere
le chiese delle Valli e alcuni aspetti
della vita dei loro membri mi ha offerto alcuni elementi nuovi per situare e
comprendere le óaratteristiche della
nostra esistenza nell’America Latina.
Un’altra tappa della missione è consistita nella partecipazione alla sessione
sinodale di agosto. Ho cercato e letto
con vivo interesse le valutazioni sui lavori sinodali, sui quali dovrò riferire
le mie valutazioni alla nostra zona rioplatense.
È chiaro che il quadro attualmente
presentato dalla Chiesa Valdese in Italia è complesso, con un’attività di dimensioni notevoli che rende difficile il
governo e l’amministrazione della
struttura ecclesiastica. La radice di
questa complessità non sta unicamente nella diversificazione dell’attività,
ma più ancora nelle diverse situazioni
u oiiHiiimiiiimMiiiMmiimimimiiiiimiiimiMiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimamiiimiiiiiiiiitiiltiiiiniiiiiiiimiiiiiiiiiimmmiiimiiiimHmiiimiiiii
La Federazione Fvan|elica, due anni dopo
problema. Il discorso però non deve
essere lasciato cadere e sarà ripreso.
SERVIZIO STUDENTI
L’attività di questo gruppo di lavoro
era stata concentrata nella preparazione di due incontri. Il primo a Forio
d’Ischia, sul tema biblico dell’ecclesiologia nell’epistola agli Efesini; come è
noto, non ha avuto luogo per mancanza di iscritti. Anche qui, scioperi postali a parte, la causa principale è stata la poca sensibilità delle Comunità
che non hanno avvertito Timportanza
dell’incontro come effettiva possibilità
di confronto e di colloquio su base
molto allargata e non a livello di specialisti, su un tema di scottante attualità. Ma nulla è perduto: il Convegno sarà ripetuto la prossima primavera, con lo stesso tema, ma nella
sede di Ecumene. Meglio riuscito (e
ci voleva poco) è stato l’incontro di
Agape sul problema Chiesa e Stato.
Anche se la partecipazione è stata
molto esigua, il documento prodotto è
risultato di notevole valore sia per la
chiarezza dell’impostazione teologica,
che nella concretezza delle indicazioni
pratiche.
Non ne faccio qui il commento, perchè il giornale lo ha già a suo tempo
pubblicato. Il Cons. Fed. ha deciso di
pubblicare in un libro, oltre al documento conclusivo, gli studi preparatori e le relazioni presentate, alfine di
offrire alle Comunità un testo di indubbia validità per la riflessione intorno a questo importante problema. Il
gruppo del Servizio Studi esaminerà
intanto un possibile programma per
rincontro della prossima estate (il problema di Dio, il problema dell’uomo,
il cattolicesimo del dissenso: ecco alcuni temi che saranno oggetto di valutazione). Il Servizio Studi è stato
inoltre incaricato di esaminare la possibilità di assumere e ristrutturare il
lavoro delle Note Omiletiche. Condotto da quasi quindici anni dalla Commissione biblica della Chiesa Valdese,
questo strumento di lavoro è già diventato di fatto un servizio interdenominazionale. È dunque nell’ambito della Federazione che esso può trovare la
sua naturale localizzazione.
SERVIZIO ISTRUZIONE
Ecco un convoglio che non è partito.
Il responsabile Prof. Pantaleo, pur
avendo tracciato le linee programmatiche del servizio, ha dovuto ritirarsi
per motivi di impegni di lavoro. Il
Consiglio lo ha sostituito con il Pastore Aurelio Sbaffl, il quale, tra l’altro,
è uno dei macchinisti di un treno che
fila a tutto vapore: il Comitato delle
Scuole Domenicali, che ha chiesto appunto di viaggiare all’insegna della
Federazione. La domanda è stata accolta con gioia, lasciando intatta l’autonomia e la struttura del Comitato
stesso, secondo la saggia decisione di
non interferire nelle cose che vanno
bene, pur seguendole da vicino e offrendo appoggio e collaborazione
quando è necessario.
* * *
In una prossima corrispondenza riferirò sul lavoro: progetti e speranze
del servizio stampa-radio-TV e sull’operato della Commissione giuridicoconsultiva.
Alberto Taccia
sociali e psicologiche che si presentano nella vita delle comunità. Ciò fa sì
che problemi e inquietudini, i quali
sono simili in Europa e in America,
acquistino dimensioni diverse, così come diverso è il modo di affrontarli.
Malgrado lo sforzo che esige questa
costante situazione in un quadro diverso, è appunto in questa diversità
di reazioni e di procedimenti — spesso difficile da comprendere e da accettare — che ci si trova in condizione di
comprendere e affrontare i propri problemi. In tal senso non soltanto la possibilità di partecipare alla sessione sinodale di agosto, ma anche il giro successivo, durante un mese, per le varie
regioni d’Italia acquistano un valore
altamente significativo.
E infine, la presente esperienza mi
ha confermato nella convinzione che
un futuro intensificarsi dei contatti fra
l’Italia e il Rio de la Piata saranno un
beneficio reciproco. Non penso soltanto ai contatti di rappresentanze ufficiali alle sessioni del Sinodo, ma anche all’incremento di tutti quei mezzi
che favoriscano la comunicazione di inquietudini, di esperienze e lo scambio
di documenti d’informazione e di studio a livello di comunità. Ripeto qui
con quale interesse «Eco-Luce» e
« Nuovi Tempi » sono letti, nella misura in cui trasmettono la problematica relativa a nuove forme di testimonianza e di servizio al mondo. Per parte nostra ci proponiamo di sperimentare un piano di diffusione di letteratura nella nostra zona, in rapporto con
la Claudiana.
Rinnovo il saluto cordiale della Iglesia Vaidense Rioplatense a ciascuna
delle comunità d’Italia, raccomandandole alla grazia del nostro Signore Gesù Cristo. Delmo Rostan
DALLE CHIESE APOSTOLICHE
Il numero di settembre de « L’Araldo Apostolico » è dedicato al Pastore
Luther Phillips che, dopo quattro anni di ministerio in Italia, torna in Inghilterra. Lo ricordano I. Howells, G.
Racioppi, R. Frediani, D. Matteini e A.
Arrigucci rispettivamente per i disi retti di Grosseto, Torino, Livorno, Pistoia
e della Sicilia.
« ...lo scopo della sua venuta era
quello di sviluppare, nel nostro paese,
l’elevato, importante ministerio di profezia che caratterizza, in modo particolare, la Chiesa Apostolica... La Chiesa di Cristo, infatti, fu fondata sopra
Apostoli e Profeti, essendo Gesù Cristo stesso la pietra angolare, il ‘'mallevadore" o garante. Cristo è la nostra
garanzia; Egli rimane obbligato per
noi nella continuità dei ministeri organici del Suo Corpo, la Chiesa. Tra i
vari ministeri organici vi è anche
quello di profeta, di cui il Pastore
Phillips è detentore non per proprio
volere, né per particolari capacità personali, ma perché Cristo, Capo Supremo e infallibile della Chiesa gliene
ha fatto dono... Purtroppo, ora il suo
ministerio profetico ci ha lasciati, ma
in un certo senso, però, è anche t: inasto in mezzo a noi, grazie agli altri
ministeri profetici che si sono sviluppati in Italia nei recenti anni ».
DALL’ESERCITO
DELLA SALVEZZA
Terminata felicemente la mis‘ ine
di Bobbio Pellice avranno tra b eve
inizio altre due settimane di evan ' li/zazione rispettivamente a Firenzi dal
28 settembre al 5 ottobre e a N; loli
dal 12 al 19 ottobre. Queste mts 'oni
saranno presiedute dal Colonne! j e
dalla Sig.ra Tzaut.
«Il Grido di Guerra» del 1® seti.mbre dà anche notizia della promozione
al grado di Colonnello del Sig. J ian
Bordas, responsabile dell’Opera dell’Esercito della Salvezza in Italia.
AVVISI EC 0 N 0 M ! GI
CERCASI tuttofare fissa referenziata. T í Li)fonare : Torino 8.90.294.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
VITALITÀ
DEL RADICALISMO ITALIANO
Quando il Partito Radicale Italiano, molti
anni fa, entrò in crisi, provocando tristemente
il distacco di Ferruccio Ferri e di altri illustri uomini politici, e la fine del periodico « Il
Mondo », parve a molti che il radicalismo
italiano fosse ormai in punto di morte. Ma
non è così : ci fa grande piacere di leggere
proprio su « L’Astrolabio » (del 21-9-1969), il
settimanale di Farri (!), un esplicito riconoscimento della nuova vita ch’è tornata a pulsare nel piccolo e nobile partito. G. Flesca
scrive infatti :
« I radicali si sono trovati improvvisamente^ e forse senza rendersene conto^ impegnati
in una battaglia di massa: in questi quattro
anni anch’essi sono cambiati, hanno acquistato metodi, tecniche d’azione affatto nuovi per
il partito che fu di Ernesto Rossi.
Non più la rivendicazione astratta e, al limite, anacronistica della “laicità dello Stato”,
non più le polemiche acide con i comunisti
per il famigerato articolo 7, non più Vanticlericalismo sanguigno e drammatico delle prime
battaglie, ma un impegno diverso, più meditato e più politico, sul filo conduttore della
“battaglia per i diritti civili”.
Le lotte del movimento studentesco contro l’autoritarismo accademico, il potenziale
libertario introdotto con prepotenza dai giovani
hanno permesso di attribuire alla battaglia
per i “diritti civili” significati e dimensioni
sconosciute, di legarli a una tematica classista e. in certa misura, “rivoluzionaria” (...).
Collocati in questa nuova prospettiva, i radicali hanno conquistato una forza e una
“possibilità dialogica” fino a ieri incredibili.
E adesso si preparano a puntare al raddoppio,
lanciando una nuova e più impegnativa battaglia per l’abrogazione del Concordato. “Con
la LID ( = Lega Italiana per il Divorzio), per
il divorzio, contro il Concordato”: questa sarà
(Il lettore è pregato di sostituire il passato
prossimo al futuro di questi verbi, essendo la
detta domenica già passata) la parola d’ordine
della manifestazione di domenica. Sabato sera
andranno in Trastevere, nel cuore della Roma
popolare e “papalina”, a spiegare alla gente
perché è necessario abrogare il trattato lateranense. Non sarà un compito facile, anche
perché l’argomento, per la sua relativa impalpabilità. sarà recepito con difficoltà e con diffidenza. E tuttavia — dicono i dirigenti del parlilo — “siamo sicuri che anche il problema
del concordato diventerà un problema di massa”. La gente insomma capirà, attraverso i
risvolti della vita quotidiana (i guai dell assistenza, l’asilo dei bimbi, le tante trappole della burocrazia clericale che l’italiano incontra
ormai da quarantanni senza neppure avvedersene), quale tragico “doppio potere” controlli
la sua esistenza, e deciderà (almeno si spera)
di farla finita anche con questa oppressione.
D’altra parte, proprio mentre il mondo po
litico ufficiale era alle prese con la “revi: ione
del concordato”, i radicali avvertivano • he,
posta in quei termini la questione, tutto .-sarebbe risolto in una mezza truffa. AdcN-o i
partiti laici se ne sono resi conto: e un urto
numero di parlamentari, fra cui alcune nersonalità di primo piano, hanno aderito .--t-nza
reticenze alla campagna per Vabrogazione del
Concordato.
Naturalmente sarà necessario un referendum popolare, la stessa arma minacciato dai
comitati civici per bloccare “in extremù- ' il
divorzio. Sta di fatto però, che da quando gli
“anti-concordatari” hanno fatto propria la richiesta della legge sul referendum, è
scomparsa dagl’impegni programmatici del
monocolore di Rumor. Il “raddoppio” dei radicali, se non altro, è servito a questo: a paralizzare un’iniziativa che, per il mondo caltolico, si sarebbe alla lunga dimostrata un'arma
a doppio taglio.
E nello stesso tempo la prospettiva di una
abrogazione dei trattati lateranensi {non di
una semplice revisione) trova concordi i .Eiettori cattolici più avanzati, dalla FU CI alla rivista “Questitalia” di Dorigo. Ancora una riprova che i tempi sono cambiati, che di-avolo
e acqua santa possono andar d’accordo, sia pure per lo spazio d’un mattino, il tempo di mettere un po’ d’ordine in una società sospesa da
secoli fra temporale e spirituale, “con grave
danno per l’uno e l’altro reame” ».
UN GIUDIZIO DI GEORG LUKACS
SU SOLGENITZIN
Il giornale « Le Monde » del 20-9-69 pubblica un saggio tolto dal libro “Entreiiens”
deirillustre critico letterario ungherese, liliro
di prossima pubblicazione nella traduzione
francese curata daH’editore Maspero di Parigi.
Da tale saggio stralciamo quanto segue.
»Quando voi paragonate il romanzo “Una
giornata della vita di Ivan Denissovitch” di
Solgenitzin, con le altre opere che trattano della vita nei campi di concentramento, voi notate una grande differenza: da una parte una
descrizione realistica di atti di crudeltà. dalVnltra parte il problema consistente nel sapere in
che modo, con l’astuzia o non so come, un
uomo può, in un campo, conservare la propria
dignità d’uomo. In questo, il romanzo di Solgenitzin è qualcosa di nuovo e di sconvolgente. (...) La letteratura potrebbe contribuire
enormemente alla lotta contro la manipolazione, se principalmente essa non si arrendesse
letterariamente davanti a questa, e se non la
considerasse una specie di destino. Ho citato
degli esempi, per mostrare che è possibile, sul
piano letterario, sviluppare questa rivolta, reale
come quella che voi constatate nelle ultime
lettere degli antifascisti condannati a morte.
Ciò è possibile coi mezzi attuali e nelle circostanza attuali, oppure richiamandosi ad avvenimenti del passato, che comportino talune lezioni agli uomini del giorno d’oggi, per lo
lotta contro la manipolazione ».