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Anno 121 - n. 14
5 aprile 1985
L. 500
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
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L’EVANGELO DELLA PASQUA
Mai, prima di giovedì 38 marzo, un monarca olandese aveva
stretto la mano ad un papa. E
dall’epoca di Guglielmo il Taciturno, convertitosi al calvinismo
nel 1573, i rapporti tra Santa Sede e Orange-Nassau erano stati
sempre tesi.
L’Olanda è un paese singolare:
spirito critico, autonomia e tolleranza si intersecano di continuo. Se, ad es., protestanti e
cattolici possiedono quotidiani,
scuole e organizzazioni confessionali quali forse nessun altro
paese europeo, d’altro canto hanno fondato da circa 10 anni un
comune partito cristiano (di tendenza centrista) e organizzano
insieme marce paciñste: tanto
che l’Olanda è l’unico paese della NATO a non aver installato i
mìssili Cruise.
La visita in Vaticano di Beatrice, regina dal 1980, ha avuto
carattere privato, e nulla è trapelato circa il colloquio tra la
sovrana e Giovanni Paolo II:
anche se avranno certo discusso
del prossimo viaggio papale nei
Paesi Bassi (11-13 maggio).
Dai pochi scambi di battute
effettuati dai due capi di stato
al termine di quello che è già
stato definito uno « storico incontro », parrebbe che i vertici
vaticani e olandesi siano riusciti
a superare gli antichi rancori.
Ma è percepibile anche nel popolo olandese questo positivo evolversi dei rapporti? Secondo
la stampa locale si direbbe di
no. E a poco più di un mese dal
viaggio del papa sì delineano le
posizioni.
Gii ebrei, anzitutto, non incontreranno il papa per due motivi: 1) in quanto attendono ancora le scuse ufficiali del Vaticano per la posizione assunta nei
loro confronti durante il secondo conflitto mondiale; 2) perché
il Vaticano si ostina a non riconoscere lo stato d’Israele.
I protestanti proclamano in
graiere contrarietà o nel migliore dei casi indifferenza verso la
visita, in quanto non ritengono
che le fugaci apparizioni papali
possano costituire un concreto
terreno di incontro.
Più complessa è la posizione
dei cattolici olandesi. Ma sostanzialmente critica, se è vero che
solo il 8 per cento è favorevole
alla venuta di Giovanni Paolo II.
L’ala progressista è contraria,
anche se accetterebbe l’instaurarsi di un dialogo, del resto
quanto mai arduo dai tempi del
« catechismo olandese » fino alle
ultime dispute tra il card. Schillebeeckx e l’ex Santo Uffizio.
Un incontro lo vorrebbero anche le donne olandesi: ma 1 vescovi locali, temendo irregolarità e contestazioni, cercano di
impedirlo.
Quali accoglienze e quali risultati otterrà Giovanni Paolo II in
Olanda? Difficile dirlo, date queste premesse.
Tra qualche settimana sapremo comunque se, giovedì 28 marzo, le ragioni della diplomazia
hanno davvero segnato per la
Olanda un punto a favore del
dialogo. E non solo ecumenico.
Roberto Giacone
I nuovi testimoni dei Risorto
La «prova» della realtà della risurrezione non è la famosa tomba vuota; non è neanche I apparizione di Gesù agli undici; ma siamo noi che incontriamo di volta in volta il Signore vivente
« Non sentivamo forse ardere il nostro cuore dentro di noi
mentre Egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture? ».
« Essi raccontarono le cose avvenute loro per la via, e come
era stato da loro riconosciuto nello spezzare il pane ».
(Luca 24 : 32, 35)
A leggere l’episodio della_ risurrezione in Luca 24: 1-12 si rimane sconcertati: da una parte
ci sono le donne che hanno avuto rincontro con il Signore risorto e ne danno l’annuncio agli
undici; dall’altra ci sono gli undici che, forse perché impauriti
per tutte le cose avvenute così
improvvisamente, o timorosi
della propria situazione _ e irnpreparati dinanzi a tali fatti,
non credono all’annuncio delle
donne. Anzi, quando il portavoce del gruppo, Pietro, corre al
sepolcro e lo trova vuoto, « se
ne andò meravigliandosi fra se
stesso di quel che era avvenuto ». Ma questa non è affatto una
dichiarazione di fede nella risurrezione di Gesù, non è il riconoscimento gioioso del fatto che
la vita ha preso il sopravvento
sulla morte; ma è soltanto lo
stupore dinanzi ad un fatto in
comprensibile. Insomma c’è dello scetticismo e nulla di più.
Quale confessione?
La domanda che emerge è
allora questa: come sarà possibile arrivare a confessare la
fede nella risurrezione di Gesù?
Come sarà possibile rincontro
fra i discepoli e il Cristo risorto? E, poiché per parlare di risurrezione e di Risorto occorre
una esperienza di incontro con
il Signore vivente, come è possibile incontrare il Signore vivente per poterlo confessare come
il Signore risorto? Queste sono
anche le domande che agitavano la chiesa a cui Luca indirizza il proprio evangelo.
Si noti l’ordine degli episodi
negli altri evangeli: dopo rincontro con le donne al sepolcro,
il Risorto si presenta ai discepoli; c’è la scena del ricorioscimento e quindi l’incarico missionario. In Luca invece le cose vanno diversamente: fra le due apparizioni (quella al sepolcro e
quella agli imdici) c’è l’episodio
dei discepoli di Emmaus. Perché?
Per tentare di comprendere
l’opera teologica di Luca dobbiamo notare che Paolo (I_ Corinzi
15: 5-7) ricorda una serie di testimoni della risurrezione, molti dei quali ancora viventi, che
possono confermare questo fatto straordinario. Ma, con il passare del tempo, quei testimoni
cominciavano a morire e il fatto della risurrezione di Gesù
perdeva controprove e appoggi
importanti. Come recuperare
questa perdita? Sono sufficienti
i testimoni del passato oppure
occorrono nuovi testimoni in
ogni generazione cristiana? Questo, a ben vedere le cose, è il vero problema di Luca.
Eccoci allora all’episodio dei
due discepoli sulla via di Emmaus. Per poterne penetrare il
significato dobbiamo ancora una
RIUSCITO CONVEGNO A MILANO
Cultura metodista
Con un vigoroso e riuscito
convegno i Metodisti escono dal
« complesso valdese » che per i
primi anni dell’integrazione li ha
un po’ paralizzati sul piano culturale. Secondo la migliore tradizione metodista il convegno si
è aperto con una bella predicazione laica di Giorgio Spini che
ha dato una lettura moderna
dell’attività di Paolo a Corinto
in base a Atti 18 e 20.
E’ proseguito con la relazione
di Sergio Aquilante che ha seguito uno dei fili dell’ordito
metodista in Italia, quello della
connessione tra metodismo e socialismo, dalla partecipazione
alle Fratellanze artigiane in odore di sovversione, alla prospettiva di Pietro Taglialatela di ima
rivoluzione « agraria, religiosa e
sociale », fino agli sviluppi nella
seconda parte del nostro secolo
attraverso una documentata ricostruzione della ricerca e dell’impegno metodista che raggiunge le soglie dell’integrazione.
Si è sviluppato con le « note
sparse » di Franco Becchino che
accanto alla lettura « metodista »
che nel 1983 Giorgio Tourn dava
di Lutero su « Gioventù Evangelica » (spiritualità, coscienza, vocazione, responsabilità), ha posto una lettura luterana di John
Wesley commentando alcune pagine del grande predicatore inglese marcatamente luterane, avanzando inoltre alcune linee
operative per il presente.
Si è confrontato con una voce
valdese, Aldo Sbaflì, in sostituzione del convalescente Salvatore
Ricciardi, che ha tracciato le
grandi linee di una valutazione
del Patto di integrazione imendo alla valorizzazione del passato
l’impegno comune nella testimonianza, nel servizio e nella comunione. E si è concluso con
una comunicazione di Cesare De
Michelis sulla storia dei metodisti in Unione Sovietica.
Certo nelle relazioni di questo convegno su « Il Metodismo
ieri, Oggi e domani » si è parlato
prevalentemente del passato. Ma
da una parte questa ricerca rappresenta una componente della
propria identità che non può
essere trascurata e dall’altra la
discussione che è seguita ad ogni relazione — vivace e appassionata, purtroppo sempre troncata per esigenze di tempo — è
subito saltata a piè pari nel presente interrogandosi sul futuro.
Verso chi deve dirigersi la
passione per l’evangelizzazione
che ha sempre caratterizzato il
metodismo?
Verso l’Italia del futuro rappresentata dallo stabilimento di
Termoli in cui non lavorano più
operai ma tecnici? O verso l’altra Italia, ugualmente pfefigurabile, gravata da sacche di povertà non riassorbibili? Non è
possibile operare una sintesi tra
questi estremi, ma è importante cominciare a porsi il problema di come le linee del passato
— la centralità della predicazione nel contesto sociale, l’analisi
della cultura cattolica — dovranno essere proseguite in un
paese in cui la trasformazione
sociale si accompagna alla frantumazione ormai compiuta della
tradizionale spiritualità cattolica.
Un inizio di rifiessicne, dunque, che potrà essere allargata
con la pubblicazione delle relazioni che l’Eco-Luce si è impegnato a fare. Ma perché a 5 anni dairintegrazione? Perché la
relazione di Sergio Aquilante si
è fermata al 1979? In questi anni, ha osservato Giorgio Spini,
le nostre forze sono state assor
bite dall’integrazione con i vaidesi, poi dall’Intesa con lo stato, dal lavoro per la pace. E dall’impegno nel terremoto, ha aggiunto Franco Becchino. Indiscutibile. Ma resta l’impressione
che la ragione più profonda di
un certo ’blocco" dei metodisti
sia da ricercare nell’incontro
con i valdesi operato dall’integrazione, in un complesso di
inferiorità culturale. Che esso
non abbia alcun motivo di esistere lo ha dimostrato, se pur
c’era bisogno di dimostrarlo,
questo convegno di più di 120
metodisti, e qualche raro valdese sparso, provenienti dalle chiese di tutto il II distretto, che
hanno dato l’impressione di una
partecipazione viva e attenta al
dibattito che è loro e delle loro
comunità.
Ma che il complesso ci sia mi
è apparso lampante da un confronto tra questo convegno e il
dibattito dei temi di fondo del
nostro essere chiesa nei 5 sinodi integrati: là interventi isolati, e rari, dei metodisti; qui un
dibattito vivace e ricco. Là una
posizione monolitica mossa con
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 5)
volta porci delle domande: in
base a quali elementi i due discepoli passano dalla rassegnazione iniziale all'esultanza finale? Come e quando i discepoli
si rendono conto della presenza
del Signore in mezzo a loro? A
questa domanda è interessato il
nostro testo.
La risposta è duplice: i discepoli riconoscono la presenza del
Signore nel momento della Cena (24: 31), nel momento dello
spezzare insieme il pane (24: 35)
e nell’incontro con la Scrittura
(24: 32). E qui notiamo con evidenza il tipo di risposta particolare che caratterizza il terzo
evangelo.
Lo spezzare il pane (con la
relativa comunione fraterna _ e
tutto quel che ne segue) e rincontro con la Scrittura saranno
per sempre i nuovi testimoni
della risurrezione; saranno i due
elementi che permetteranno a
tutti di riscoprire che il Signiy
re è vivente, è in mezzo a noi,
quindi è il Signore risorto. Non
occorre quindi andare alla ricerca di chissà quali altre strade che possano condurci all’incontro con il Signore; non occorre andare alla ricerca di
chissà quali altri mezzi umani,
naturali, mistici o addirittura
sacramentali perché ci sia l’incontro fra il Si^ore risorto e
l’uomo. Luca ci indica che questo è possibile mediante lo spezzare il pane assieme e rincontro
con la Scrittura.
I nuovi testimoni
Cena e Scrittura, abbiamo detto, sono i testimoni autentici della risurrezione. Però, se andiamo a vedere più a fondo, allora
troveremo che i nuovi testimoni
della risurrezione siamo noi;
mentre la Cena e la Scrittura
sono degli ausili che fondano,
sostengono e convalidano la nostra testimonianza.
Su questo avvenimento sempre nuovo per cui un uomo, mediante rincontro con il Signore
vivente è costituito testimone
della risurrezione. Luca basa il
« suo » evangelo. La « prova »
della realtà della risurrezione
non è la famosa tomba vuota;
non è neanche l’apparizione di
Gesù agli undici (è un fatto del
passato e Luca ne ridimensiona
la portata): ma siamo noi che
incontriamo di volta in volta il
Signore vivente.
Noi siamo i nuovi testimoni
della risurrezione: questa è la
nostra responsabilità di credenti e Pasqua viene a ricordarcelo
Duntualmente almeno una volta
l’anno. E Pasqua 1985 non ha
alcun senso, rimarrà soltanto
una data del calendario ecclesiastico e una occasione di festa
civile, se ci trova come semijlici
ascoltatori di una testimonianza altrui e non protagonisti in
prima persona. E la singola voce di ciascun credente non rimane isolata, non rimane una voce
solista, ma, insieme a tante altre. diventa il coro della chiesa
universale che ricorda ancora
una volta: il Signore è vivente,
il Signore è Risorto.
Domenico Tomasetto
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5 aprile 1985
TEOLOGIA PROTESTANTE E MINISTERI - 7
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Quando ci rendiamo conto della ricchezza di doni e dì vita che
è promessa alla chiesa di Gesù
Cristo e confrontiamo questa
promessa con la vita effettiva
delle chiese locali, è difficile non
essere depressi. Ma è bene reagire alla depressione: lo Spirito
può umiliare il nostro orgoglio,
ma mai deprimerci; la depressione è uh demonio che talvolta
paralizza anche la chiesa, ma da
cui dobbiamo chiedere di essere liberati. Non possiamo permetterci di restare prigionieri
di un malessere ecclesiastico vago e oscuro, abbiamo al contrario il dovere di essere lucidi e
precisi neU’identificare il male
che va combattuto. Dovendo essere preciso, mi riferirò alla situazióne della nostra chiesa in
Italia, anche se dal dialogo con
fratelli cattolici o con fratelli
all’estero risulta che molti dei
nostri mali sono caratteristici di
tutte le chiese cosiddette « storiche», cioè di più o meno lunga tradizione. Ma non è il caso
di fermarci al « mal comune
mezzo gaudio ».
Il nostro male si chiama condizionamento; in altre parole, il
mondo è entrato nella chiesa e
la fa da padrone; fa della chiesa un'entità rispettabile ma astratta, accetta la chiesa ma contemporaneamente la svuota, la
sbriciola. La società in cui viviamo ha bisogno di individui che
siano responsabili soltanto in un
piccolo settore, nella mansione
che è loro affidata, ma a cui
sfugga l’insieme: la direzione
del tutto è affidata a pochi super-tecnici. Per sopravvivere,
uno deve accontentarsi della sua
piccola parte, e cercare un compenso nelle piccole soddisfazioni -che la vita quotidiana può
offrire. Il dramma del disoccupato è che gli è negata anche
quella piccola autonomia; è vittima del sistema, senza possibilità di rifarsi nella vita privata.
La sua situazione è, se possibile, ancora più rinchiusa in se
stessa di quella del lavoratore.
Questa struttura sociale distorta agisce pesantemente nella vita della chiesa. Nella chiesa ci si deve preoccupare dei
particolari ma anche dell’insieme, si deve prestare attenzione
ai problemi dei singoli ma anche ai problemi collettivi, da cui
spesso quelli dipendono. Nella
chiesa si discute, giustamente,
di pace, di diritto al lavoro, di
ecologia, di sessualità. Ma i membri di chiesa sono del tutto disabituati a interessarsi all’insieme delle cose, ai problemi di
fondo; sono, come individui di
questa società, costretti a stare
nella loro parte; per discutere i
Ü-'í
Il problema deff'apartheid
e le varie iniziative previste per la settimana 1724 marzo sono stati oggetto
in apertura della trasmissione di lunedì 18. La situazione
in cui vengono tenuti 22 milioni di negri dalla minoranza bianca in Sud Africa è —
a dir poco — incredibile: privazione di ogni diritto civile
e politico.
Accanto alla connivenza
delle grandi banche e delle
multinazionali sta però determinandosi un clima di indignazione a livello mondia
esaminava l’opportunità dell’abbinamento umorismo-religione, attraverso la presentazione di vignette (e dei loro
autori) aventi per bersaglio
atteggiamenti e debolezze degli « uomini di chiesa ». Che
molti cristiani "occidentali"
vedano questo di malocchio
dipende forse dal fatto che
la loro fede ignora la dimensione dell’allegrezza: non è
certo irriverente prendere
noi stessi poco sul serio, l’importante è prendere sul serio
Dio.
La rubrica si è chiusa con
Il contenitore
le (v. fra l'altro l’attribuzione del premio Nobel al vescovo D, Tutu). Facciamo dunque nostre le toccanti parole
di un poeta sudafricano: « Lascia che il popolo sappia che
i sogni possono divenire realtà » (anche inviando molte
cartoline alla FCEI con il nostro NO alla segregazione in
Sud Africa).
Un secondo servizio riferiva di un seminario sulla radiofonia, seguito a Torre Pellice da una quarantina di studenti del locale Liceo Valdese e dell’Istituto tecnico Buniva. Organizzato dalla FCEI,
era tenuto a cura di esperti
operanti nel settore dell’informazione radiotelevisiva evangelica con la collaborazione di Gregorio Donato, coordinatore del G.R. 1. I giovani sono stati, così, sensibilizzati alle problematiche connesse all'influenza dei mass
media.
Di qui si è preso spunto per
la presentazione dell’Istituto
ospitante;, il "Collegio Valdese’’. I
L’argomento del terzo servizio, decisamente originale,
la presentazione di ben sei
opere di recente pubblicazione, quasi tutte edite dalla
Claudiana.
Circa la nuova formula della trasmissione, che possiamo
definire "a contenitore”, occorre valutare bene ^li aspetti positivi e negativi della
stessa. Da un lato infatti la
pluralità dei servizi tiene sul
momento maggiormente desta
l’attenzione (l’aggettivo non
è casuale!) e offre la possibilità di un’informazione piùampia. Mi sembra però op^
portuna una soluzione "mista", in quanto quattro argomenti disparati, nello spazio
di mezz’ora, rischiarlo veramente di sovrapporsi a danno dell'incisività del messaggio.
Per quanto concerne la presentazione di pubblicazioni
(Che siano novità librarie o
meno) ritengo che essa dovrebbe occupare nella trasmissione uno spazio fìsso
(dedicato a non più di due
opere e con indicazione anche del prezzo).
Mirella Argentieri Bein
problemi generali occorre tm
grosso sforzo di volontà; per
questo i gruppi che si riuniscono per discutere sono in genere
piccoli e poco rajppresentativi.
Per lo stesso motivo sono pochi
i partecipanti alle assemblee di
chiesa, cioè quelli che si preòccupano di essere presenti nei
momenti in cui si tratta di decidere insieme delle cose; pare addirittura che molti si astengano
apposta dalle assemblee in cui
si eleggono membri di consigli
di chiesa o di deputazioni, per
non dover accettare degli incarichi: il servizio è visto come un
peso, esposto per di più alla critica degli altri. In questo quadro sarebbe anche da analizzare il fenomeno dell’assenteismo
maschile: alle donne si delega
non più soltanto una gran parte
del lavoro pratico, ma anche la
riflessione biblica, l’informazione, la ricerca di nuove forme di
incontro comunitario. C’è tutto
un rinnovamento della chiesa da
cui gli uomini restano volontariamente esclusi. Gli orari di
lavoro possono spiegare il fenomeno, ma solo in parte; nelle
corali e fra i monitori le donne
sono in schiacciante maggioranza, eppure molte di loro hanno
un lavoro dipendente come gli
uomini. Con questo non si può
dire evidentemente che tutte le
donne siano impegnate e tutti gli
uomini disimpegnati.
Accade poi che chi si impegna
a fondo in un servizio, sia in un
settore della comunità, sia in
im’opera, si senta presto o tardi
un isolato: gli altri lo guardano
non come si guarda un compaio a cui si è legati in un servizio comune, ma come un’eccezione, uno che non è più come
noi ma fa parte di un ’’clero”.
La risposta
Oggi una chiesa che prenda
sul serio il proprio servizio non
può evitare di porsi davanti a
qualche scelta: quale vita voglio
testimoniare, quali sono gli
obiettivi che mi devo proporre?
Ci si dovrebbe dunque adoperare perché queste decisioni non
avvengano in modo affrettato, ma
meditato, serio. I gruppi che lavorano su un progetto determinato hanno appunto la funzione
di realizzare nella pratica un servizio che tutta la comunità possa riconoscere e far suo.
La risposta a im condizionamento che appiattisce la vita comunitaria non sta in qualche ricetta di rinnovamento; può essere data soltanto in una rinnovata confessione di fede: Cristo,
il Signore, è il vincitore delle
potenze die dettano legge nella
società. Nella stessa società si
producono dei movimenti che
hanno una visione dell’insieme
della vita e non si battono soltanto per la difesa di interessi
particolari. Molti credenti sono
attivi in questi movimenti. Bisogna . tenerne conto quando si
parla di ministeri. In questa questione si continua a pensare a
ministeri svolti da singole persone, mentre bisognerebbe dare
sempre più importanza ai ministeri svolti da gruppi, ministeri
collettivi, vissuti comunitariamente.
I ministeri specializzati, svolti
da singoli, sono visti troppo in
funzione della chiesa-istituzione
e troppo poco in collegamento
con il formarsi e lo svilupparsi
di gruppi che si concentrino su
un obiettivo. Si ragiona come se
l’essenziale fosse il legame che i
membri iscritti hanno con le
strutture ecclesiastiche, e come
se la funzione dei ministri fosse
di curare e mantenere questo legame.
Anche se le strutture danno
l’impressione di grande stabilità,
al contrario dei gruppi, che sono
soggetti a continui mutamenti,
ciò a cui bisogna lavorare è la
creazione di una coscienza comunitaria, che veda nei gruppi delle
forme di servizio necessarie per
dare concretezza alla testimonianza della chiesa.
Bruno Rostagno
TORINO: UNA MOSTRA APERTA FINO AL 30 APRILE
Felice Casorati
Il 1983, anno del celebrato
mezzo millennio dalla nascita di
Lutero e di quello di Raffaello,
era anche stato l’anno del primo centenario dalla nascita di
Felice Casorati (Novsffa 4 dicem-iii
bre), di cui, nel sáleme d’onore
deH’Accademia Albertina di B.A.
di Torino, è allestita una ellittica antologica formata da pochi
pezzi trascelti, con rigore filologico, dall’immenso corpus pittorico del maestro.
Eclissato dalle molte ricorrenze, come quelle sunnominate, e per vm’mspiegabile serie
di « ritardi tecnici e burocratici », questo eccezionale avvenimento culturale risulta pertanto
ritardato di un biennio.
Ma i tempi lunghi han favorito i competenti curatori (della
mostra e del catalogo). Maria
Mimita Lamberti e Paolo Fossati, nella ricerca delle opere, dislocate in molti musei italiani
e stranieri, quanto nell’analisi
esaustiva della lunga e complessa vicenda pittorica dell’artista,
scrupolosamente rivisitata attraverso le fasi principali.
Rimandando al volume monografico, edito per l’occasione dai
Fratelli Fabbri, mi limito a qualche nota personale, dato che
ebbi il privilegio di stargli vicino, dal 1948 al 1954, perché suo
assistente alla cattedra di pittura presso l’Accademia suddetta, e, dopo, quale amico e collega, fino alla sua morte, avvenuta a Torino il 1” marzo del
1963.
Casorati: l'attesa (1918-19)
Molte di quelle considerazioni, riportate sul catalogo, che
Casorati ebbe a fare parlando
d’arte, furono spesso argomento di discussione « inter pares »
tra lui, me e gli allievi. Il pittore che, secondo l’ópinione comune, era considerato chiuso
nella sua aristocratica « turris
eburnea » e intransigente nelle
sue sicurezze estetiche, era al
contrario l’essere più disponibile che abbia mai incontrato. Lontano sempre da ogni assolutismo, ascoltava comprensivamente tutti gli interlocutori, fossero
pure agli inizi del loro apprendistato scolastico. Provava gusto
a ricordare agli allievi, che egli
era felice di avere un cervello
funzionante, sempre ripetendo
che tutta l’arte migliore di ogni
tempo e di ogni luogo non poteva che essere cerebrale, certo
alludendo alle accuse di frigido
intellettualismo, che per molti
anni ^li rivolse l’ambiente artistico italiano e, particolarmente, quello torinese, rozzamente
dominato, nei primi decenni del
secolo, da Giacomo Grosso, che
si vantava di essere « mac un
pitur » (solo un pittore). La frustata casoratiana, a favore di
un’arte colta, non 'poteva non
svegliare i molti detrattori misoneisti, che fecero a gara nel
tacciare la pittura del « professore » di decorativismo e di neoclassicismo.
Quest’ultima « etichetta » Casorati non la poteva soffrire, come non sopportava che lo si considerasse indifferente a quanto
avveniva in Italia e fuori, facendogli colna di ignorare, o sottovalutare, le ventate innovatrici
delle avanguardie d’oltralpe e
mitteleuropee. Argomenti che
egli, con acume dialettico, non
si stancava di trattare a scuola
precisando che ogni pittura deve nascere da meditate scelte
personali; mentre trovava abominevole l’imbrancarsi senza
convinzione, tanto per sentirsi
aggiornati, nei gruppi più in vista. Parlava con rispetto di
Klimt, scoperto prima della prima guerra mondiale; nonché delle naturali spinte « metafisiche »,
platoniche, che indussero molti
a pensare ad una sorta di suo
misticismo laico, intravisto nelle sue allegorie, abilmente realizzate mediante luci irreali e
volumi ben conclusi, per cui
egli con.siderava l’uovo simbolo
perfetto.
« Siate sempre voi stessi ».
« Più cercate lo stile meno lo
troverete ». « Sfuggite le soluzioni imparaticce ». « Il mestiere
anzitutto! ». Erano di questa na
Fìlippo Scroppo
(continua a pag. 8)
vi; 7 'r';- ..
3
5 aprile 1985
fede e cultura 3
INTERVISTA A VALDO SPINI
Le chiese
nella società pluralista
Valdo Spini, l’unico deputato
valdese della Camera, mi riceve
al quarto piano del suo ufficio
alla direzione nazionale del PSI
a Roma. E’ di ritorno da un viaggio a Firenze dove è stato scelto quale capolista della lista socialista al comune. Per questo
non è potuto intervenire nel dibattito sul Concordato in corso
alla Camera. Gli chiedo un suo
giudizio sulla conclusione della
ratifica del nuovo Concordato
con la Chiesa cattolica.
« Innanzitutto mi sembra che
non dobbiamo accontentarci della parola conclusione. Si è trattato di un processo che sotto
molti aspetti ha sì una conclusione giuridica, ma non una conclusione dal punto di vista dei
contenuti e della sostanza. Mi
spiego. Per quanto riguarda la
Chiesa cattolica l’aspetto forse
più positivo del nuovo Concordato è che cerca di essere un
Concordato che si asciuga, che
si restringe ad alcune, poche,
norme quadro e rinvia una serie di materie alle intese con la
Conferenza Episcopale Italiana,
che diventa uno dei soggetti del
discorso. E’ un Concordato che
cerca di deferire alle intese buona parte delle materie. Questo
naturalmente è un punto evolutivo da vedere con interesse.
Il secondo aspetto è che, ver
quanto riguarda le Intese, conclusa quella con la Chiesa valdese (è molto importante politicamente che questa venisse
conclusa prima del Concordato)
stanno arrivando le Intese con
le altre confessioni religiose. Sta
UN RICORDO
E. Taranteln
Non era un protestante, ma
certo un evanselico nel senso che
la sua vita, il suo modo di credere, di manifestare apertamente
ciò in cui credeva era tutto improntato al comandamento del
Cristo « ama il tuo prossimo come te stesso ».
E pronrio per questo era considerato nel mondo politico e nel
mondo del lavoro « uomo del patto sociale ».
Compagno di scuola di uno dei
miei figli, per molti anni, ogni
giorno veniva a studiare a casa
nostra e, intelligenza viva e poliedrica, era facile con lui, perché
da lui stesso ricercato, il colloquio basato su ciò che l'uomo deve dare — e non solo ricevere •—
nel mondo in cui vive.
Ed era così riuscito ad affermarsi, dopo la laurea in economia e commercio conseguita nel
'65, nel mondo della cultura e del
lavoro in Italia ed all’estero,
guardando e affermando in modo del tutto autonomo quali vie
potevano essere seguite perché il
rapporto tra gli uomini fosse improntato al dialogo, alla comprensione e non all’egoismo.
Economista dai concetti moderni e non da tutti compresi, mi
esponeva non molti giorni fa le
sue convinzioni perché fosse rilanciata l’occupazione.
Lo consideravo un po’ un figlio
per il suo modo di pensare e di
agire perché in questo povero
mondo risuonasse forte la voce
del Cristo « ama il tuo prossimo
come te stesso ».
Ma a qualcuno onesta voce dà
fastidio ed Ezio ha avuto forse
troppo coraggio a far sì che quella voce venisse sentita. E’ un
messaggio che Ezio ci lascia.
Ugo Zeni
per esempio per iniziare quella
con le Assemblee di Dio ed è in
fase di avanzata elaborazione
quella con le comunità ebraiche.
C’è poi in preparazione un disegno di legge che dovrebbe sostituire per tutti, anche per quelli che non vogliono l’intesa, la
famosa legge fascista sui culti
ammessi del 1929.
Un giorno importante
Direi quindi che il processo
non è finito e dovrebbe andare
avanti. Oggi segna (è il giorno
del voto sulla ratifica) una giornata molto importante: si affrontano due tesi, cioè se sia stato
bene rivedere e migliorare il
Concordato (qualcuno dice che
è peggiorato, ma la maggioranza dice che è migliorato), o se
invece non era meglio lasciarlo
deperire senza affrontare la questione. Se devo dare un giudizio complessivo direi che si è
iniziato ad applicare gli articoli
costituzionali: l’art. 8 con le Intese e l’art. 1 con l’adeguamento
del Concordato alla nuova realtà costituzionale. Il giudizio è
quindi positivo.
E’ vero che il Concordato poteva sembrare qualcosa di fuori
stagione e quindi lasciarlo da
un lato poteva sembrare inoffensivo, però bisogna stare anche attenti, perché le epoche
politiche cambiano e i documenti che magari sono più desueti possono essere sempre richiamati. L’aver introdotto degli adeguamenti importanti nel
Concordato al regime costituzionale è positivo ».
Finanziamento
anche per noi?
— Allora aveva ragione chi ha
votato a favore dell’art. 7 della
Costituzione?
« No affatto. Proprio il fatto
che ci siano voluti tanti decenni per riuscire a modificare il
Concordato dimostra che se noi
non l’avessimo costituzionalizzato, inserito nella Costituzione,
molto probabilmente saremmo
stati in grado di modificarlo
molto prima e non a distanza di
quasi quarant’anni dalla Costituzione democratica».
— A proposito delle modalità
di finanziamento del clero cattolico e della gestione dei fondi pubblici per la Chiesa cattolica (l’attribuzione alla Chiesa
cattolica di una parte dello 0,8%
del gettito IRPEF secondo gli
orientamenti dei contribuenti) è
aperto anche nella nostra chiesa
un dibattito circa l’opportunità
o meno di arrivare anche per
noi ad una ulteriore intesa sul
finanziamento pubblico da attribuire a progetti speciali in favore delle popolazioni. Qual è il
tuo parere sull’argomento?
« Innanzitutto mi preme osservare che era doveroso che il
presidente del Consiglio dicesse
che questa strada era aperta per
tutti. Se no si era ad una violazione della parità tra le confessioni religiose. Io avevo sollevato questo problema già nella
commissione esteri ed ho girato
questo problema al relatore. Esso ha così avuto una risposta
dal Governo in aula. Secondariamente, per quanto riguarda
la nostra opportunità o meno
di utilizzarlo, come deputato dico che questa possibilità deve
essere aperta a tutte le confessioni religiose. Personalmente
come valdese, per quanto riguarda la detassabilità dei contributi alle chiese fino a due milioni
l’anno, credo che sia la prima
applicazione di un principio che
troverà una più vasta applicazione non soltanto in ambito ecclesiastico. Faccio un esempio:
sono il presentatore di una proposta di legge per la riforma del
finanziamento dei partiti, che
prevede una parziale detassazione anche per i soldi che vengono sottoscritti per la campagna
elettorale e per la politica in
genere. Questo rappresenta un
riconoscimento che lo stato dà
su una parte del reddito che il
contribuente devolve ad attività
che possono avere funzione positiva. E’ un qualcosa che è destinato ad aumentare e, tutto
sommato, non avrei dubbi.
Per quanto riguarda lo 0,8%
siamo di fronte a cose di carattere molto sperimentale, ed abbiamo parecchi anni di fronte
prima che vengano ad essere instaurate. Se vale l’esempio tedesco mi sembra che, tutto sommato, anche noi dovremmo avvalercene. Bisogna che noi studiamo a fondo quest'esempio, confrontandolo, analizzando come
funziona. Io sarei portato ad
entrare.
Cerchiamo di fare un discorso
più ampio. Vi sono almeno due
aspetti nuovi nella revisione del
Concordato: la facoltatività dell’insegnamento religioso e il finanziamento. E’ bene rendersi
conto che questo può portare
ad un maggiore attivismo della
Chiesa cattolica che cercherà di
acquisire consenso attraverso
una maggiore propaganda. Sarà
interessante vedere come si comporterà il popolo italiano. Tutto
questo per funzionare bene a
mio parere dovrebbe richiedere
l’instaurazione di una società
più pluralista. Un pluralismo religioso e anche un pluralismo
dei laici. Qual è il pericolo? Che
ci sia indifferenza, e solo la Chiesa cattolica sia all’attacco.
Noi abbiamo portato avanti
l’Intesa perché credevamo in
questo nuovo pluralismo. A mio
parere dovremo giocare la nostra parte perché questo avvenga ».
a cura di
Giorgio Gardiol
FINANZIAMENTO ECCLESIASTICO
Interrogarsi
come credenti
denaro pubblico, raccolto cioè
per 1 fini dello Stato. DI qui il
rifiuto di valersi non solo dì
elargizioni a fondo perduto versate una tantum, ma anche di
quella partecipazione all’S per
mille del gettito globale dell’IRPEP che pure il Governo sarebbe disposto ad offrire.
Pubblichiamo l’ultimo articolo della serie curata da Giorgio _ _
Peyrot. I precedenti articoli sono stati pubblicati sul n. 10/8,3 TfODDO rìgONStS?
{Un’autentica distrazione) e sul n. 12/22.3 {Interrogarsi come cittadini).
Alla base dei criteri seguendo
i quali le nostre chiese, nel corso dei secoli, hanno precisato i
caratteri distintivi della posizione che esse hanno via via assunta nella società civile, troviamo
quel principio che nel precedente articolo ho definito: « doppio
lealismo ».
Tale principio ci riporta alle
origini affermando che la Chiesa
del Signore ha opposto ai potenti
di questo mondo che: « conviene obbedire a Dio piuttosto che
agli uomini». Tale obbedienza a
Dio non esclude però una obbedienza leale verso i poteri costituiti del paese dove i credenti
vivono da cittadini. Tale lealismo cede il passo solo alla lealtà dovuta a Dio ogniqualvolta
i potenti chiedono di obbedire a
loro nelle cose in cui conviene
invece obbedire a Dio. La storia
valdese è piena di esempi in cui
i nostri hanno pagato a duro
prezzo il loro lealismo verso il
Signore.
Anche in tema di finanza pubblica gioca un tale principio, nel
senso che in tali questioni Tobbedienza leale va resa allo Stato,
al quale vanno pagate onestamente le imposte dovutegli, come alla Chiesa versiamo direttamente le contribuzioni per l’opera del Signore. Le due cose
non sono in contrasto, né miscelabili. Nessuno infatti penserebbe che versando la contribuzione alla Chiesa si assolva anche
all’onere delle imposte statali,
parimenti nessuno pensi che pagando le imposte si possa in tm
qualche modo versare la contribuzione alla Chiesa. Ma questo
è il sistema che lo Stato sarebbe in grado di offrirci ove anche
noi seguissimo quanto si sta facendo per la Chiesa romana.
Disciplina valdese
Il principio che i denari raccolti dallo Stato debbono servire
solo allo Stato, e quelli che servono alle Chiese vanno raccolti
tra i credenti e non tra i cittadini, è affermato abbastanza
chiaramente anche nelle nostre
Discipline ecclesiastiche. L’art.
5 della D.V. del 1974 afferma che
« la Chiesa si regge da sé in modo indipendente... senza pretendere alcuna condizione di privilegio nelTordine temporale ». E
nessuno potrebbe contestare che
il ricevere per usi ecclesiastici
anche solo una parte del gettito
delle imposte riscosse dallo Stato, sia uno dei più tipici ed abusati privilegi ecclesiastici.
Inoltre nell’Intesa conclusa lo
scorso anno con la Repubblica
italiana non solo alTart. 3 le nostre Chiese hanno richiesto allo
Stato di cancellare dalla spesa
pubblica quelle 7754,75 L. che
dal 1843 costituivano « l’assegno
perpetuo per il mantenimento
del culto valdese » a copertura dei danni subiti nei secoli
passati: ma in vari articoli (5,
6, 8, 10, 15) là dove occorreva
chiarire la nostra posizione
quanto a denari, l’Intesa ripete
che « gli oneri finanziari sono a
carico degli organi ecclesiastici
competenti» e non dello Stato.
Non solo, ma si precisa ancora
che i nostri enti non sono soggetti ad « ingerenze da parte
dello Stato, regioni, od altri enti territoriali, stante che non ricorrono oneri di mantenimento
a carico dei medesimi » (art. 12).
Appare quindi chiaro perché le
chiese, i loro organi ed enti,
istituti ed opere non possono in
nessun modo essere riforniti con
Forse però circa questo 8 per
mille v’è chi un pensierino l’ha
fatto! L’atteggiamento valdese
può infatti sembrare a taluno
troppo rigorista, eccessivo, formulato in circostanze non più
all’altezza dei tempi. Ancora un
anno fa, quando fu conclusa la
Intesa, una offerta del genere il
Governo non l’aveva ancora fatta a nessuno; neppure quella di
rendere deducibili dalTimponibile deU’IRPEF i doni latti alla
Chiesa romana. Pertanto di fronte a fatti nuovi, a circostanze
così favorevoli per arrotondare i
bilanci ecclesiastici, v’è forse chi
ha pensato di cercar di conciliare i principi con le opportunità
che ci stanno davanti. Ma a tal
proposito ritengo che occorra
chiarire a tutti che nella presente circostanza non v’è nulla
di nuovo, alTinfuori di una grave tentazione a cedere ad uno
dei più grossi e pericolosi privilegi a cui le Chiese sono state
esposte. E’ bene ricordare che
in una situazione analoga il nostro primo deputato ai Parlamento subalpino Giuseppe Malan, che era ad un tempo anche'
il cassiere della Tavola, ebbe a
rispondere alle offerte precisando: « meglio poveri, ma liberi ».
Ed oggi io stimo che per il rispetto che dobbiamo allo Stato
di cui siamo cittadini, non potremmo assumere che la stessa
posizione.
Il gettito delle imposte appar
tiene allo Stato; noi credenti
dobbiamo solo adoperarci come
cittadini perché i pK>teri costituiti spendano bene il denaro
pubblico e solo per attuare i
fini dello Stato. Per annunciare
l’Evangelo ed esercitare l’assistenza e la carità il denaro che
serve alle Chiese ce lo dobbiamo cercare da noi chiedendolo
ai credenti direttamente. Del pa
ri non vedo come si potrebbe
accettare la deducibilità delle
offerte fatte alla Chiesa dalTimponibile delTIRPEF, dato che la
legge italiana prevede che le
spese deducibili devono avere il
sostegno della necessità; e per
certo tale « necessità » non emerge per i doni alle Chiese. Se
qualcuno pensasse di doversi valere di un tale sistema per cercar di incrementare gli introiti,
tutto il sistema delle nostre contribuzioni ecclesiastiche salterebbe per via della centralizzazione necessaria da adottare per
far funzionare il sistema. Da noi,
seguendo i canoni della nostra
ecclesiologia, le contribuzioni si
versano alla Chiesa locale ed è
questa che distribuisce il gettito rispettando le destinazioni
indicate. Non vedo come sarebbe possibile un accentramento
delle contribuzioni ed ima distribuzione dal centro ai singoli
Concistori.
Vi potrebbe esser chi, — ovviamente rifuggendo dall’idea di ottenere finanziamenti anche indiretti dallo Stato per l’esercizio
del culto — inclini alla possibilità di valerci anche noi (come
recita Tart. 48 del disegno di
legge sul finanziamento cattolico) della facoltà di gestire
una parte deU’8 per mille del
gettito IRPEF per « interventi
caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo », come si accingerà a
fare col denaro pubblico il magistero cattolico.
In fondo — si potrebbe pensare — se fossimo capaci di
presentare in modo adeguato finalità ben scelte in tali direzioni
anche altri contribuenti, oltre i
nostri, potrebbero esser indotti a
preferirci per la distribuzione
della pubblica beneficenza, favorendoci con la loro scelta in sede di compilazione del mod. 740,
mettendoci in grado di fare una
bella figura secondo il giudizio
di questo secolo. Ma spero di
non essere il solo a cui tali sistemi di fare la carità col denaro altrui ripugnino.
Non stimo pertanto che le
nostre Chiese possano inclinare
alla tentazione che dai potenti
di questo mondo ci viene offerta.
Giorgio Peyrot
4
4 vita delle chiese
5 aprile 1985
ISTITUTI VALDESI
Il futuro della CIOV
La Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi (così deve leggersi tale sigla) fu costituita nel
1858 come Commissione Sinodale Amministrativa allo scopo
di gestire e amministrare i due
Ospedali di Torre Pedice e Pomaretto.
In seguito il Sinodo le affidò
la conduzione di altri istituti di
natura assistenziale (nel 1890
l’Orfanotrofio di Torre Pedice,
nel 1903 il Rifugio Re Carlo Alberto, nel 1941 l’Asilo dei Vecchi di San Germano Chisone e
l’Orfanotrofio di Pomaretto e nel
1960 la Scuola di Agricoltura e
di Economia Domestica).
Ancorché l’impero di amministrare questi istituti costituisse ima grossa e pesante responsabilità, la conduzione di tipo
« familiare » consentì alla CIOV
di gestirli per mezzo di im apparato amministrativo relativamente semplice. Purtroppo l’accrescersi e d compUcarsi dei
problemi relativi alla gestione
di tutte queste opere indusse d
Sinodo a procedere a un progressivo smembramento della CIOV
fino a giungere alla situazione
attuale in cui alla CIOV rimangono afifldati i due Ospedali delle Valli e il Rifugio Carlo Alberto.
Intanto però aumentava il nu
mero degli istituti affidati dal Sinodo alla Tavola Valdese che li
amministra per mezzo di Comitati di gestione di sua nomina.
Il Sinodo del 1984 costituiva i
Dipartimenti Diaconali Distrettuali, quali strutture di collegamento e di coordinamento tra i
diversi istituti nell’ambito di
ogni Distretto, al fine di promuovere attività comuni di aggiornamento, formazione, collaborazione, scambio, dibattito e confronto.
Le Intese firmate nel febbraio
1984 tra lo Stato Italiano e le
Chiese Valdesi e Metodiste, all’art. 13, prevedono per i tre
istituti gestiti dalla CIOV la loro trasformazione in istituti autonomi nell’ambito dell’ordinamento valdese, facendo cessare
per loro gli effetti della Legge
17 luglio 1890, che li aveva costituiti in Opere Pie e in seguito in
IPAB (Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza). Questa
nuova condizione giuridica, che
svincola i nostri istituti dalla veste pubblica che era stata loro
imposta e restituisce loro la natura originaria di opere della
Chiesa Valdese, consente alla
CIOV di modificare finalmente il
proprio statuto adeguandolo alla nuova forma che si intende
dare a questo Ente.
Ed è su questo tema che il
dibattito è aperto. A seconda del
rilievo, del grado di responsabilità e dei fini che si vogliono
conferire alla Commissione, si
possono dare diverse soluzioni.
Vogliamo indicarne almeno
tre.
Una prima soluzione potrebbe, portando fino in fondo il
processo di smembramento della CIOV, condurre quest’ultima a
diventare uno dei tanti comitati
nominati dalla Tavola, a cui verrebbe affidata la conduzione dei
due (o tre) Ospedali Valdesi.
Essa verrebbe così a perdere
la sua figura di Commissione Sinodale Amministrativa, non più
giustificabile per la sola gestione ospedaliera. Il Rifugio verrebbe intanto affidato a un Comitato apposito.
Una seconda soluzione potrebbe ipotizzare il consolidamento
della situazione attuale con la
variante del distacco del Rifugio
(affidato a un Comitato proprio)
e dell’aggiimta dell’Ospedale
Valdese di Torino. La CIOV mantiene la sua figura di Commissione Sinodale Amministrativa
e il Sinodo la potrebbe affiancare con una seconda CSA per
gli Istituti assistenziali (CIAV?).
Ma una terza soluzione sembra tuttavia imporsi: la CIOV
mantiene la sua figura di CSA
e recupera la sua vocazione ori
ginaria di organo di gestione
della diaconia istituzionalizzata
(socio-sanitaria) della Chiesa
Valdese. Tale funzione però non
sarà più esercitata in forma diretta come nel passato, ma attraverso Comitati direttivi nominati dalla CIOV stessa. Questa soluzione permette alla CIOV di
caratterizzarsi come organo ecclesiastico dipendente dal Sinodo, con bilancio proprio, alimentato da entrate derivanti dalla
liberalità della Chiesa e quindi
non soggetto a pubblici controlli, e nello stesso tempo, attraver
so appositi consigli di gestione,
esercitare la funzione ospedaliera per il pubblico con bilanci
strettamente vincolati al rapporto convenzionale con l’USSL di
territorio.
Questa proposta sembra aver
riscosso il consenso nell’ambito
di una consultazione allargata
promossa dalla CIOV su questo
tema a Torino il 24 marzo. Tale proposta dovrà essere ulteriormente approfondita, partecipata, confrontata e alla fine discussa ed eventualmente approvata
nelle sedi istituzionali di competenza, secondo le indicazioni dell’art. 29/SI/84 sulla formulazione
di un nuovo statuto CIOV.
Nel dibattito dovranno ulteriormente chiarirsi i modi e le
forme di una integrazione dei
tre Ospedali Valdesi (46/SI/84)
e il Sinodo dovrà decidere quali
istituti (in relazione alla loro
natura e alla loro collocazione
territoriale) dovranno essere affidati alla nuova CIOV, alle condizioni e con le modalità che il
nuovo statuto dovrà indicare.
Alberto Taccia
Sabato 13 aprile
□ FEDE E POLITICA
NELL’APOCALISSE
PINEROLO — Presso la sala valdese
di via dei Mille 1 si tiene la conferenza del prof. Bruno Corsani, docente
di Nuovo Testamento alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma sul tema:
« Fede e politica nell'Apocalisse ».
Domenica 14 aprile
□ CORSO PER
PREDICATORI
TORRE PELLICE — Si tiene presso
la Foresteria Valdese con inizio alle
ore 14.30 il corso per predicatori laici del prof. Bruno Corsani sul tema:
» Predicare dalle epistole, dagli evangeli, dall'Antico Testamento ». L'incontro è aperto a tutti gli interessati.
Giovedì 18 aprile
□ RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
PINEROLO — Con inizio alle ore 17
e termine alle ore 22 si tiene presso i
locali della chiesa valdese (via de.
Mille 1) l'incontro mensile dei collaboratori dell'Eco delle Vaili Valdesi.
Cena in comune. Annunciare la partecipazione al past. Giuseppe Platone
tei. 944144.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Tempo di confermazioni
TORRE PELLICE — La dome
nica delle Palme sono stati battezzati, o hanno confermato il loro battesimo: Sabrina ArmandHugon, Loredana Baridon, Samuele Beux, Lorella Bolero, Manuela Berton, Barbara Chauvie,
Barbara Caffaratti, Walter Costantino Comba, Roberto Charbonnier, Patrizia Dematteis, Paolo
Fornerone, Daniele Giordan, Enzo Jallà, Sandro Kovacs, Marinella Lausarot, Daniela Melli, Claire
Monnet, Roby Morel, Elena Paschetto, Bruna Pellegrin, Roberta
Pellegrin, Marinella Pons, Mauro
Pons, Marco Pontet, Marinella
Pretto, Anna Maria Ratsimba,
Bruno Ricca, Enrico Rivoira, Marisa Rivoira, Paola Roland, Oliver Sellari, Elena Sibille, Èva
Tomassini. I trentatre catecumeni hanno voluto devolvere in offerta all’Ospedale la somma che
il Concistoro aveva preventivato
per offrire loro il tradizionale
dono.
• Ecco il programma dei culti
della settimana santa: giovedì 4
ore 21 culto al centro; venerdì
5 ore 10,30 Appiotti, ore 21 Coppieri. Tutti i culti sono con Santa Cena.
• Venerdì 5 alle ore 17,30 da Radio Beckwith sarà trasmessa la
« Passione secondo Matteo » di
J. S. Bach.
PRAMOLLO — Durante il culto
della domenica delle Palme, al
quale hanno partecipato anche i
bambini della Scuola Domenicale
che ci hanno presentato il canto
« Come un tempo », sono stati
confermati: Daniele Long, Paola
Menusan, Eric Noffke e Norma
Peyronel. Chiediamo al Signore
di aiutarli sempre a mantenere
fede alla promessa fattagli.
Ricordiamo ancora l’importanza dell’assemblea di chiesa che si
terrà domenica 21 aprile, per
l’elezione dei deputati alla Conferenza Distrettuale e al Sinodo
e per l’elezione di un nuovo anziano per il quartiere Bosi in
quanto l’attuale anziano Silvio
Costabel, ha terminato i suoi 15
anni di servizio.
PERRERO-MANIGLIA — Ca
lendario culti: venerdì 5 aprile,
culto a Ferrerò, ore 20.30; domenica 7 aprile, di Pasqua; culto
a Maniglia, ore 9 con S. Cena;
Il 1985 ha portato nella libreria
di via Montebello -d-l a Pinerolo i libri della
# ameditricB
dauthana
Annunciandolo ricordiamo le nostre Specializzazioni
^ àScoìuoMj
giochi educativi e libri
per bambini e ragazzi
montagna, natura,
agricoltura
culto a Ferrerò, ere 10.30 con
S. Cena.
• Al termine del catechismo
hanno chiesto di confermare il
proprio battesimo: Alberto Ritaet, Simonetta Montesanto, Valdo Poét, Luisella Massel, Nicoletta Peyrot, e ha chiesto di essere battezzata Monica Tron.
Possa il Signore guidarli in questa scelta di vita.
SAN SECONDO — Durante
il culto della Domenica delle Palme 13 catecumeni hanno chiesto
o di essere battezzati o di confermare il loro battesimo mediante la confessione della loro
fede.
Essi sono : Avondetto Monica, Benech Danilo, Costantino
Bruno, Porneron Marzia, Gay
Claudia, Malan Fabrizio, Monnet Loredana, Pons Monique,
Ribet Ivana, Ricca Silvio, Rivoira Bruno, Rivoira Luisa, Santiano Tiziano.
ANGROGNA — I culti della Settimana santa ; giovedì 4
alle ore 21 Tempio del Capoluogo; venerdì 5 ore 21 Tempio del Serre, partecipa la Corale, proiezione dei dipinti di
Grùnewald; sabato 6 ore 21 culto di Pasqua nella scuoletta di
Pradeltorno. A Pasqua il culto
inizia alle 10 al Capoluogo con
la confermazione di cinque ragazzi: Nadia Bertin (Sterpà),
Elena Bertot (Malan), Malvina
Buffa (Roccia), Bruno Jourdan
(Ciabas), Luca Tra ver s (Ciauviera).
« Proseguono intanto le riunioni quartierali sul tema del lavoro al Martel (9) Prassuit-Verné (10) Odin-Bertot (11) alle
ore 20,30.
Appuntamenti
MASSELLO — Calendario dei
culti: venerdì 5 aprile: culto ore
11; domenica 7 aprile, di Pasqua: culto ore 11 con S. Cena.
• Anita Riceli ed Ugo Tron si
sono presentati alla comunità
il 16 marzo alle 15.30 nel Tempio
di Massello per condividere la
gioia del loro matrimonio e chiediere la benedizione del Signore
sulla loro vita in comune. Facciamo agli sposi i nostri auguri
più fraterni.
Gradite visite
BOBBIO PELLICE — Domenica 17 e domenica 24 marzo
sono state due giornate particolarmente significative per la
nostra Unione femminile. Domenica 17 sono stati nostri ospiti Maria Tamietti e il past. Alberto Taccia, che ringraziamo
sentitamente, i quali ci hanno
illustrato il progetto di ristrutturazione del Rifugio Carlo Alberto e i problemi legati al volontariato nei nostri istituti di
assistenza.
• Domenica 24, organizzata
dall’Unione femminile, vi è stata una iniziativa di tipo nuovo;
« La giornata dell’anziano » che
ha raccolto l’adesione di una
quarantina di anziani della no
stra comunità i quali hanno trascorso insieme un pomeriggio
in allegria e fraternità.
Magno Delino
POMARETTO — Martedì 19
marzo, un gruppo deU'Unionc
Femminile di Pomaretto si è recato a salutare la famiglia delia
nostra sorella Pons Adelina deceduta il 12 marzo, sette giorni
prima del compimento del suo
10O> anniversario.
Magno Delino era nata a San
Germano da una famiglia originaria di Angrogna. Il padre lavorava nel locale cotonificio, ma
dopo che un incendio aveva quasi distrutta la fabbrica, la famiglia si era trasferita a Perosa Argentina. Adelina trovò lavoro in
fabbrica.
Piccola di statura, Magno Delino ha dimostrato di avere una fibra molto robusta raggiungendo
la soglia del secolo, curata con
molta pazienza ed amore dalla
cognata Iolanda Bert ved. Pons.
Alla cognata l’Unione Femminile ha portato una copia del libro « Come vivevano - Valli Chisone e Germanasca »: una documentazione fotografica di quello
che è stato il quadro in cui la
nostra sorella ha vissuto la sua
lunga vita.
• Martedì 26 marzo hanno avuto luogo i funerali della nostra
sorella Ester Barus ved. Baret
del Chianavasso (Inverso Pinasca) deceduta all’età di anni 82.
Ai familiari nel dolore la simpatia cristiana della comunità di
Pomaretto.
Mobilificio Radiovideo
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi ») VILLAR PEROSA
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5 aprile 1985
vita delle chiese 5
INIZIATIVE LOCALI, NAZIONALI, INTERNAZIONALI
25 - 4: una data
berazione che hanno caratterizzato questi ultimi due decenni.
per molti incontri
In questi ultimi anni, dopo la
abolizione di molte feste infrasettimanali, il 25 aprile è diventato una delle rare occasioni
nell’arco dell’anno per organizzare, sfruttando la possibilità di
fare il « ponte », incontri, convegni, seminari della durata di
alcuni giorni.
Ricca parlerà su « La predicazione di tipi diversi di testi biblici: narabole, miracoli, epistole ». La sera sarà dedicata alle
questioni amministrative. Il 28
aprile il prof. Bruno Corsani
parlerà su « Lo Spirito Santo
nel libro degli Atti ».
La discussione sul senso del
rapporto con altri movimenti di
liberazione; rindividuazione dei
principali problemi e difficoltà
di questi anni ; la ricomprensione del rapporto fede ed impegno politico così come si è realizzato sul terreno dell’azione
politica e come ha influenzato
la lettura della bibbia e la vita
in comunità; tutti aspetti che
saranno affrontati in questa
sede.
La prospettiva è ancora la costruzione della chiesa solidale
con i poveri.
Soggettività
Convegno CdB
Ritrovo evangelico
e vocazione
La Fgei organizza, a Santa Severa dal 25 al 28 aprile p.v., un
campo studi su « Soggettività :
identità personale e vocazione
cristiana ». Il campo, riprendendo uno dei temi emersi nel corso dell’ultimo Congresso svoltosi alla fine del 1983, intende
sviluppare la riflessione sul problema della soggettività, cioè il
senso e la qualità delle relazioni interpersonali, l’etica, lo stesso modo di intendere e vivere
la fede in Gesù Cristo.
Il campo si articolerà a tre
livelli: il primo, specificatamente biblico, proporrà spunti di
riflessione da riprendere nel lavoro del campo ; il secondo prevede una serie di relazioni che
A Torino dal 24 al 28 aprile
p.v. si svolgerà il II Convegno
europeo ed il VII Convegno nazionale delle C.d.B. su « Le Comunità di Base europee nelle
lotte di liberazione ».
L’incontro è l’occasione per
verificare il cammino percorso
dalle CdB europee ed italiane
rispetto sia alle contraddizioni
del post-concilio sfociate da una
parte nell’apertura alle realtà
sociali e politiche, dall’altra parte nell’acquisizione di una responsabilità comunitaria ed ecclesiale nuova, sia all’adesione
ed all’impegno nelle lotte di li
A San Marzano Olivete, il 25
aprile, si svolgerà il tradizionale incontro delle chiese del V Circuito e della FCEI ligure. La
manifestazione si articolerà in
due momenti precisi; un momento di evangelizzazione con
un culto in piazza di Gino Conte e Michele Foligno a cui parteciperà anche la Corale interdenominazionale di Genova; una
conferenza di Ugo Tomassone
sull’inizio della predicazione nella zona tra San Marzano, Calosso e Canelli. Il tema della
giornata sarà; la libertà che dà
revangelo.
CORRISPONDENZE
si preoccuperanno di precisare
i termini stessi del dibattito sulla soggettività e storicizzarli; il
terzo prevede un lavoro dei partecipanti che potranno scegliere
tra un laboratorio biblico, uno
ecclesiologico, uno etico.
Giornata dei giovani
Etica ed ecumenismo
Nello stesso periodo il S.A.E.
organizza il suo convegno nazionale a Senigallia su « Etica ed
ecumenismo : impegno dei credenti, oggi ». Ogni mattina i lavori inizieraimo con una riflessione biblica condotta dal prof.
Valdo Vinay.
Il 25 aprile sono previste due
relazioni ; « L’evangelizzazione
del ’morale’ oggi» del prof. Dalmazio Mongillo e « La dottrina
divide : l’azione unisce? Nodi e
prospettive della testimonianza
comune ». Il 26 aprile dopo lo
svolgimento dell’Assemblea dei
soci e dei membri aderenti del
S.A.E. si terrà una tavola rotonda su « La società secolare interpella i credenti in Italia ». Il
27 aprile. Luigi Sartori parlerà
su « Il Concilio ha venti anni :
sviluppi e stasi », a cui seguiranno delle testimonianze su
« Il dialogo ecumenico alla prova ».
Il 28 aprile è prevista una gita
comunitaria.
Predicatori locali
Ad Ecumene invece si svolgerà l’annuale assemblea dell’UPL.
Il 27 aprile, dopo la predicazione di G. Valentini, il prof. Paolo
FIRENZE — Come già da alcuni anni, il Culto della prima
domenica di marzo (giornata
della FGEI) è stato presieduto
dal Gruppo giovanile fiorentino
nelle Chiese Battista, Metodista
e Valdese.
Quest’anno i giovani haimo
superato la fase dell’adeguamento alla tradizione per farci vivere un Culto ricco di quella libertà e spontaneità di espressione
che lo Spirito del Signore suscita nei credenti, attenti ad associare il Culto alla vita della Comunità. Mettiamo in rilievo alcuni aspetti.
La Confessione di peccato introdotta dalla lettura a più voci
della Confessione di Barman,
proprio con l’intento di fare di
essa non il ricordo di un passato, ma un interrogativo sulla nostra fedeltà al Signore nel presente.
La predicazione che rivolgeva
a noi, oggi, le parole di Dio a
Geremia nel momento della sua
vocazione profetica: « tu andrai
da tutti quelli ai quali ti manderò. Non temere, perché lo sono
teco per liberarti, dice l’Eterno.
Poi l’Eterno stese la mano e mi
toccò la bocca; e l’Eterno disse;
Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca... » (Geremia
1: 7-10).
La Santa Cena è stata strettamente legata alla predicazione
per indicare l’unità del Culto:
la Parola di Dio raduna la comunità, la crea e la nutre. Il testo
Cultura
metodista
(segue da pa.g. 1)
CASA VALDESE
BORGIO VEREZZI
La Casa Balneare Valdese ha riaperto a partire dal giorno 1° apriie.
I prezzi per il soggiorno marino In media stagione sono compresi fra
le L. 27.500 e le L. 30.500 mentre in alta stagione si richiedono L. 34.000
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LA SCOMPARSA DI UN FRATELLO
Guido Ribet
Poco prima della sua morte
Guido Ribet mi chiamò al telefono per farmi le sue rimostranze. Aveva letto su La Stampa
l’annunzio mortuario di una nostra conoscente nel quale era
detto fra l’altro: « la benedizione
della salma avrà luogo nel Tempio valdese di...».
Questo lo aveva reso furente
e gli pareva come tm ulteriore
segno della confusione dottrinale nella quale non pochi membri
delle nostre chiese vivono oggi.
« Benedizione della salma »!
Quando mai si è vista una cosa del genere in una chiesa di
tradizione riformata? Cercai di
ridimensionare la cosa dicendo
che probabilmente si era trattato di un fatto non voluto. Avviene infatti di frequente che le
imprese delle pompe fimebri si
fanno esse stesse registe di tutto
il cerimoniale e in questo caso
la famiglia in lutto non aveva
fatto abbastanza attenzione a
come l’annunzio era stato redatto. Ma Guido Ribet non si lasciava persuadere dall’ipotesi che gli
presentavo come probabile. Fu
questo il nostro ultimo colloquio, subito dopo, il male di cui
soffriva ebbe il sopravvento e
di lì a poco sopraggitmse la
morte.
della Cena del Signore è stato
letto quando la comunità era
già riunita in cerchio e ci si è
passati di mano in mano il pane
e il calice.
Una nota di particolare calore
è stata data dai ragazzi della
Scuola Domenicale che hanno
cantato a voce spiegata (e ben
intonata) anche in inglese.
Il Gruppo giovanile ha poi preparato l’agape in via Manzoni
per i giovanissimi. Ha fatto seguito tm pomeriggio di aggregazione molto ben riuscito, al quale hanno partecipato anche alcuni familiari con molta allegria
per tutti.
Ho ricordato questo fatto perché è significativo e ci aiuta a
capire il carattere dell’uomo, la
sua intransigenza, la sua personalità.
guardinga circospeziane; qui posizioni diverse che si confronta^
no con libertà e dialettica.
E’ indubbio che i metodisti
abbiano bisogno anche di spazi
loro come quello rappresentato
dal convegno di Milano (e 1 vaidesi non li hanno forse avuti e
mantenuti? Pensiamo per esempio alla Società di Studi valdesi).
Ed è altrettanto indubbio — come è stato affermato con chiarezza e sobrietà come andava
fatto, dicendolo ma senza perdervi troppo tempo essendo cosa ovvia — che le iniziative metodiste non sono « piccole rivalse denominazionali » bensì un
arricchimento che secondo la logica del Patto di integrazione
non può non arricchire anche
l’altra componente del Patto. Ma
perché questo arricchimento penetri in tutta la realtà dell’integrazicne è necessario che non
avvenga per compartimenti stagni, che si estenda anche nel
dialogo dei momenti, comuni a
tutti i livelli, compreso quello
sinodale. Con questo convegno
i metodisti sono usciti dal complesso di questi primi cinque
anni. L’augurio è che, proseguendo dopo questo buon inizio, non vi rientrino più.
Ho avuto il privilegio di incontrarlo al tempo ormai lontano
della mia adolescenza, quando
da Genova, all’età di dodici anni, ero andato a finire al Convitto di via Oliva in Torre Pellicei
per frequentare il Collegio. Ero
un po’ sperduto: non conoscevo
niente o quasi niente dell’ambiente valdese. La famiglia Ribet
fu la prima ad aprirmi le porte
e ad accogliermi di frequente e
soprattutto nei week-ends. L’ambiente e l’atmosfera che regnava nella casa furono per me una
grande rivelazione di cose sconosciute.
Il culto di famiglia, i cantici
della sera, mai più dimenticati,
gli incontri con altri giovani del
Collegio che mamma Ribet accoglieva, interessandosi a ciascuno di noi, mi compensavano della lontananza dalla mia famiglia. Conclusione: mi legai di
profonda e duratura amicizia
con Guido e mi resi conto più
tardi di come l’ambiente e l’atmosfera della sua famiglia fossero stati determinanti per la
formazione della sua personalità. Prendeva vita in lui una
conoscenza non comune della
Scrittura che egli ha continuato
a leggere e a meditare quotidianamente. Ma quello che più colpiva, già allora, era la sua fermezza di carattere, la sua integrità morale e spirituale.
’Tutto questo si svolgeva davanti a me quando, più tardi,
membri della Società missionaria Fra del Torno, sceglievamo
quasi sempre di andare insieme
in questa o in quella scuoletta di
montagna delle nostre parrocchie per presiedere delle riunioni serali. Si andava a piedi, o
facendo tratti in bicicletta quando era possibile. Uno leggeva im
passo della Scrittura e ne faceva una breve meditazione. L’altro presentava la sua « conferenza » o « chiacchierata » dando
informazioni sul lavoro missio
nano.
Per noi era ima grande benedizione; imparavamo a dare sistematicità al nostro pensiero,
e ad affrontare il pubblico. Ma
penso che la cosa più importan
NUOVO INDIRIZZO
Franco Giampiccoli
Il pastore Gérard Cadier comunica
il suo nuovo indirizzo in Francia;
Gérard Cadier - 291, Rue Montesquieu
- 69400 Villefranche s/ Saône.
te fosse il poter parlare, il poter discutere durante la lunga
camminata. Quanti problemi abbiamo affrontato insieme in
quelle serate! Ricordo ima sera
nella quale da Prarostino, dopo
la riunione abbiamo perso la
strada della Colletta per giungere a S. Giovanni. Andavamo
vagando nel buio, quando vedeni^
mo la luce di un casolare lontano. Pensavamo di poter avere
indicazioni sul cammino. Trovammo degli uomini e delle donne che, a dire il vero, ci parevano alquanto avvinazzati, e quando seppero che cosa eravamo an- ,
dati a fare nella regione, comin-'
ciarono ad inveire contro di noi
e contro la nostra chiesa. Erano testimoni di Geòva! Fui stu- ^
pito nel constatare come Guido ‘
Ribet tenne loro testa con fondati argomenti scritturali. Giungemmo a casa alle due di notte.
Durante la guerra 1 nostri con-''
tatti' si interruppero per f.orza .
di cose, ma ripresero poi in ?
modo singolare. Ero Pastore della chiesa di Napoli e una mattina al culto domenicale, tra gli
altri militari inglesi e americani
trovai un ufficiale che aveva una
perfetta conoscenza della lingua
italiana. Risultò essere uno dei
dirigenti della Chiesa dei Fratelli, operante nella zona di Pesaro: il Sig. Harding. Quando
Guido Ribet, per ragioni del suo
lavoro fu trasferito a Pesaro, era
preoccupato per il fatto di essere tagliato fuori dalla comunio-'ne con altri credenti. Gli diedi
un biglietto di presentazione per
il Sig. Harding. Questi lo accolse
con effusione e giunse anche a
fargli presiedere dei culti e delle
riunioni. Guido Ribet fu quindi
uno dei primi predicatori laici
del dopoguerra. In seguito lo
vediamo impegnato nella Chiesa di Torino, membro del Concistoro, Presidente del Comitato
dell’Ospedale Valdese e della sua
emanazione: l’Istituto Uliveto.
Presidente del Comitato del Collegio, ne difese con energia la
causa quando già il Sinodo stava per decretarne la chiusura
definitiva. Presidente del Comitato per i luoghi storici delle
Valli, costruì e diresse con la
moglie la Foresteria di Pra del
Tomo, La Rocciaglia, e ristrutturò la casa di Gianavello trasformandola pure in piccola Foresteria. Era ancora Presidente
del Comitato di Villa Olanda
quando la morte lo colse. Non
gli furono risparmiate le grandi
• prove della vita con i lutti che
lo hanno colpito negli affetti più
cari e forse questo ha acuito le
angolature del suo carattere. I
suoi commenti erano a volte aspri e carichi di amarezza, poteva a volte anche offendere,
senza volere, ma era per amore
della verità.
Ma al di sopra di queste ed
altre cose, che riteniamo essere
parte delle nostre debolezze umane, emergeva la sua integrità.
Forse questo spiega come abbia potuto sostenere tante dure
prove senza rimanerne distratto. Ha seguito la via dell’Eterno
e come diceva il savio antico:
« La via dell’Eterno offre rifugio
all’uomo integro ».
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Achille Deodato
6
6 obiettivo aperto
5 aprile 1985
LA PASSIONE SECONDO MASTRO
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Maestà, drammaticità, spiritualità, audacia, speranza, fede si
intrecciano nei dipinti di Griinewald dell’altare di Isenheim, oggi
nel Museo di Unterlinden a Colmar in Francia. Griinewald come
Albrecht Diirer dipinge la Passione. E’ una tappa obbligata della
maturità artistica e teologica. Viene un momento in cui bisogna
andare all’essenziale. Così sarà per altri pittori toccati, coinvolti,
sequestrati dalla Riforma luterana: Holbein, Schongauer, Cranach.
Per realizzare questa doppia pagina siamo debitori a Vera Coisson,
al volumetto di M. Madauss « Gesù dipinto vivo davanti a noi »,
Darmstadt 1973, al commento di Gerhard Boos nel suo « ...durch
seine Wunden sind wir geheilt », Eschbach-Verlag 1985, e alle osservazioni di A. Leroy nella sua « Histoire de la Peinture Religieuse », Paris 1954. L’impostazione grafica è stata realizzata da
Dino Ciesch. (g. p.)
Nel lazzaretto dei frati Antoniti ad Isenheim
venivano pietosamente raccolti gli ammalati di peste, di lebbra e altre gravi malattie. Griinewald dipinge in mezzo a loro
il trittico che copre, secondo l’uso del tempo, l'altare della Cappella del Convento. Egli dipinge
scene della Passione. Cos’altro avrebbe dovuto
raffigurare su quei grandi pannelli medioevali?
Al centro del polittico si trova il Cristo crocifisso che sembra riflettere, in una esasperata
manifestazione di dolore e di morte, la situazione degli emarginati e di quei malati che erano
costretti a vivere e a morire fuori dal consorzio
umano. Le linee armoniose, classiche, dell’umanesimo italianizzante di certi pittori rinascimentali vengono, in Griinewald, spezzate da tm crudo
realismo. Il nostro pittore più che la Visione della vita che giunge da Atene o da Roma vede le
misteriose ed affascinanti foreste teutoniche e vede il mondo drammatico e violento dei grandi
scontri ideologici e militari che attraversano la
Germania di Lutero. Quella di Cristo non è una
sofferenza fine a se stessa. Essa trascina con sé
la nostra sofferenza e la nostra stessa morte, anche quando la profondità del dolore e dell’angoscia paiono escludere ogni pur minima speranza.
Quella testa reclinata sulla croce del Golgota con
l’estrema ironia della corona di spine infilata sul
capo al « Re dei Giudei », quel corpo nudo, segnato dalla tortura e privato della tunica giocata ai
dadi dal plotone di esecuzione, è l’espressione più
alta della manifestazione del dolore e del tormento espressa da Griinewald.
Alla destra della croce è raffigurato Giovanni il Battista. Un errore cronologico? Si direbbe, visto che il Battista fu giustiziato tempo prima degli avvenimenti del Golgota.
Ma Griinewald non intende darci un resoconto esatto degli avvenimenti storici. Egli
legge la storia con gli occhi della fede. La sua è una storia della salvezza. Perciò Griinewald considera il Battista un testimone fondamentale della vita e della sofferenza di Gesù.
E pone l’atletica, imponente figura accanto alla croce e sullo sfondo la scritta (qui quasi illeggibile): « Ilium oportet crescere, me autem minui » (« Bisogna che egli cresca, e che io
diminuisca », Giov. 3: 30).
Non è un caso che dall’alto della croce lo sguardo di Gesù incroci quello del Battista
e non quello di Maria. E’ uno sguardo loquace, quasi volesse dire al precursore del Messia le
parole di Emmaus, anch’esse poste fuori dalla storia cronologica: « Non doveva il Cristo
soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria? ». L'agnello raffigurato ai piedi della figura del
Battista ed accanto alla croce è un riferimento al canto del Servo dell’Eterno che incontriamo nel libro del profeta Isaia: « Maltrattato, umiliò se stesso, e non aperse la bocca.
Come l’agnello menato allo scannatoio, come la pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non
aperse la bocca » (Isaia 53: 7). La Bibbia aperta, il simbolo stesso della Riforma protestante, indica il compimento della profezia messianica. Dal Libro all’indice puntato verso la
croce c’è tutto il programma della riscoperta di Dio dell’era luterana. Anche il prologo dell’Evangelo di Giovanni, la lente teologica attraverso cui Griinewald legge ed interpreta gli
avvenimenti della Passione, riceve una piena spiegazione: « E’ venuto in casa sua e i suoi
non l’hanno ricevuto» (Giov. 1: 11).
L’ultimo particolare posto ai piedi della grande scena della crocifissione delle pale dell’altare di Isenheim, un dettaglio quasi secondario che nell’insieme del dipinto difficilmente
balza all’attenzione riguarda quel calice a terra posto tra la croce e colui che: « era vestito di
pel di cammello, con una cintura di cuoio intorno ai fianchi » (Marco 1: 6). Quel calice è il
segno della Santa Cena. Essa si svolgeva di fronte a questo dipinto che veniva ’aperto’ di
fronte alla folla nella settimana della Passione.
Le speranze e i conflitti degli anni cruciali della storia tedesca in cui vive affiorano nei dipinti della Passione di Mastro Griinewald. Di lui
si sa molto poco. Era nato, forse, a Wurzburg nel 1460. Magonza e Francoforte furono tappe importanti della sua vita.
Conquistato dallo spirito della Riforma
dovette abbandonare l’arcivescovado di
Magonza e cercare lavoro altrove. Andò
ad Halle a costruire fontane. Qui morì
nel 1528. Nella sua stanza furono trovati
il Nuovo Testamento di Lutero e la « Dichiarazione dei dodici articoli della fede
cristiana » dei contadini francesi.
7
5 aprile 1985
obiettivo aperto 7
MATTHIAS GRUENEWALD
Maria di Magdala, la prima testimone della risurrezione del
Cristo, la grande figura femminile della Pasqua, è la persona più vicina alla croce. L’« alabastro di olio odorifero » (Luca 7) che Griinewald pone accanto alla donna
tende ad identificare Maria di Magdala con « la peccatrice della città » che ha cosparso di lacrime e olio profumato i piedi di Gesù.
Di questa donna che ha osato compiere un gesto inconsueto Cristo
dice: « I suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato: ma colui a cui poco è perdonato, poco ama » (Luca 7: 47). Quel
vaso di olio profumato è l’attributo di chi si è lasciata trasformare
dalla 'Parola diventata carne’. E quale trasformazione! Di fronte
al Cristo Maria di Magdala ha deciso della propria vita. Ha rotto le
convenzioni che la relegavano nell’ombra. Ha saputo imporsi, e non
solo una volta ma ogni giorno, in una comunità di uomini. Ma la
sua trasformazione, benché tenace e perseverante, deve arrendersi
di fronte alla realtà della croce. Il Maestro è morto e anche la sua
vita verrà ricacciata nel buio di prima. Il dolore che sfigura il volto
della donna dilaga in tutto il corpo proteso in vm gesto di disperazione. Attraverso il velo si scorgono gli occhi fissi su Colui che l’aveva aiutata a vivere e che ora, a sua volta, muore inchiodato al palo
come l’ultimo dei criminali. Il corpo nudo di Cristo sfigurato dalla
tortura, appeso alla croce, è accanto alla donna avvolta in nobili
vesti, su cui cadono lunghi capelli chiari, che sottolineano la bellezza di questa figura femminile. Il contrasto rimane. Non viene
’mediato’. Non c’è venerazione della morte. Non c'è accettazione
della croce. C’è solo un grande gesto d’amore compiuto nel momento più difficile, nell’ora della sconfitta finale di un grande progetto di vita. Ed è una donna che compie questo gesto.
«o
r nel luogo dov’egli fu crocifisso c’era un orto;
e in quell’orto un sepolcro nuovo, dove nessuno era ancora stato posto » (Giov. 19: 41).
Finché il Cristo era sulla croce c’era speranza che succedesse il miracolo. Ora non più. La deposizione ingloba anche le ultime parole dette dalla croce.
E’ veramente la fine. Seguirà il rituale ebraico della sepoltura. Ma prima di questo, ai piedi della croce, leggiamo sui volti di Giovanni e di Maria, madre di Gesù, lo
smarrimento causato dal confronto rawicinato con il
corpo privo di vita di Cristo. Il discepolo solleva il cadavere del Maestro. Il ricordo del messaggio sarà più
forte del culto dei morti? E' possibile sperare oltre la
fine?
E cco l’immagine di Pasqua! Essa è sul retro dei dipinti raffiguranti la Passione. Non c’è solo
la croce. C’è anche e soprattutto la risurfezione. Cristo risorge, appare ai discepoli, ascende al cielo; nell’immagine di Griinewald si riassumono tutti e tre questi eventi. Con la posizione delle sue braccia Cristo forma un grande omega greco: «Io sono l’alfa e l’omega
— dice il Signore Iddio che è, che era e che viene, l’Onnipotente » (Apocalisse 1: 8). La massiccia
pietra che copriva il sepolcro è tolta. Sullo sfondo s’intravede un ’’dolmen”: l’antica pietra dei
culti pagani delle popolazioni nord-europee. Di fronte a questo evento non calcolato i soldati corazzati crollano e le loro armi diventano pericolosi strumenti di morte contro loro stessi. Qui
Griinewald reinterpreta il corpo di Cristo non più martoriato nella carne ma trasfigurato nella risurrezione. Le ferite del costato, delle mani, dei piedi sono segni di un passato che non deve tornare. Nella risurrezione nasce una nuova era. Le tenebre sono squarciate da un’esplosione di
luce e (anche se qui non si vede) da un rincorrersi verso l’alto di nuovi colori: dal bianco del lenzuolo (sul quale nei secoli tanto si è fantasticato e soprattutto speculato nell’idolatria della sindone) all’azzurro, al rosso, al giallo che riempie il cerchio cosmico che tende a racchiudere il
mondo nuovo che inizia con Cristo vittorioso sulla morte.
Questa vittoria sulla sofferenza e sulla morte non assicura i credenti d’essere esentati dalla sofferenza e dalla morte ma li assicura del fatto che malgrado la sofferenza e la morte questa vita
ha un senso. Certo altri uomini sono stati e saranno ancora crocifissi, la violenza e l’odio continueranno a regnare ma non per questo ci stancheremo di credere e di lottare per un mondo senza
croci, senza vittime e carnefici. Su questa realtà di morte in cui tutti noi viviamo Cristo risorge
e trascina con sé coloro che credono in lui. Accanto al sepolcro appare il tronco tagliato d’Isai
(Isaia 11: 1) che indica la fine dell’attesa messianica: « egli vedrà il frutto del tormento delVanima sua, e ne sarà saziato » (Isaia 53: 11).
A partire da qui è possibile un nuovo inizio. Non si tratta dell’aldilà. Questo problema lo
affidiamo al Signore che ha vinto la morte. Ci preoccupiamo deU’al di qua affinché il nuovo ordine
cosmico che emerge attraverso il sacrificio personale, la coerenza, il discepolato possa trasformare questo vecchio mondo che si regge sugli equilibri di forza e di terrore. Il messaggio di
Pasqua è un messaggio di vita. La vita che Dio ci dona in Cristo. Pagina a cura di GiusepjM Platone
8
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8 ' ecumenismo ^
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5 aprile 1985
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UNA SENTENZA CHE INDIRETTAMENTE CONCERNE ANCHE NOI portatrice, ma consiste al con
___________________________________________ trario, nel portare gli altri a
“ partecipare pienamente a questa
La condanna di Leonardo Boff
pienezza
e il dialogo ecumenico
Quale solidarietà da
parte protestante?
¡¿•■PS
‘plfe
Il processo della S. Congregazione per la Dottrina della Fede
(SCDF) nei confronti del teologo brasiliano Leonardo Boff si è
concluso con la Notificazione di
condanna dell’ll marzo, resa nota il giorno 20.
In essa, la SCDF, dopo aver
esaminato il volume Chiesa carisma e potere (Petropolis - Brasile 1981, trad. italiana Roma 1983), « si sente obbligata a dichiareire che le opzióni di L., Boff...
sono tali da mettere in pericolo
la sana dottrina della fede, che
questa stessa Congregazione ha il
compito di promuovere e di tutelare ».
La notificazione è formulata
nella maniera più ufficiale: approvata nella riunione ordinaria
della stessa SCDF, è firmata dal
suo prefetto Joseph Ratzinger e
dal segretario Alberto Bovone, è
1 stata approvata da Giovanni
- Paolo II, il quale « ne ha ordinato la pubblicazione ».
Il senso
della condanna
' I«'-'
La notificazione costituisce un
giudizio negativo da parte delle
più alte autorità vaticane in materia dottrinale nei confronti di
L. Boff, e sul piano giuridico, non
vieta a Boff di proseguire la ricerca teologica e l’insegnamento.
Amì, per la precisione, gli asserti teologici di'Boff non sono
statL dichiarati « eretici », non si l
è condannata la Teologia della
Liberazione (TdL) nel suo insieme, e non si è fatto nemmeno riferimento all’uso del marxismo
— che pure è presente — nel libro incriminato.
da questo punto di vista. Quali
sono?
Sul tema della struttura della
chiesa, Boff afferma che essa è
sorta per « evoluzione posteriore
alla resurrezione » (p. 129), e che
la Chiesa di Cristo, oltre che nella Chiesa cattolica, « di fatto può
pure sussistere in altre chiese cristiane » (p. 131).
La notificazione ribadisce invece che « esiste una sola ’sussistenza’ della vera chiesa, mentre
fuori della sua compagine visibile esistono solo ’elementa ecclesiae’ che — essendo elementi della stessa chiesa — tendono e conducono verso la chiesa cattolica ». A questo punto la notificazione cita la Lumen Gentium
(LG) n. 8, facendo però rma forzatura, in quanto il testo conciliare, facendo riferimento ai
« molti elementi (elementa plura)
di santificazione e di verità che,
quali doni propri della Chiesa di
Cristo, spingono verso l’unità
cattolica» (ad unitatem catholicam impellunt), non afferma la
stessa cosa della notificazione, la
quale vorrebbe che detti elementi di ecclesialità, riscontrabili al
di fuori della Chiesa cattolica
tendano e conducano verso questa.
Tuttavia la SCDF preferisce
un’interpretazione restrittiva della LG, che non tiene conto né
della difesa scritta fatta da Boff
(cfr. « Il Regno documenti » n. 17
[1-10] 1984, p. 549s), né di tutte
le interpretazioni ’’dinamiche”
dei testi conciliari sull’argomento tendenti a fondare la ricerca
della piena comunione fra i cristiani a partire dal riconoscimento reciproco della qualità di
credenti nelTEvangelo di Gesù
Cristo.
Ciò nonostante, la SCDF accusa
Boff di « capovolgimento » del
testo conciliare e di « relativismo
ecclesiologico ».
Per brevità, elenco soltanto le
altre accuse. Contro l’istanza
espressa da Boff, sia nel volume
incriminato che nella difesa scritta, affinché « il medesimo senso
della fede possa... incarnarsi in
altre culture e perfino in altri
strati sociali », la SCDF ribadisce che « il senso delle formule
dogmatiche rimane sempre vero
e coerente, determinato e irreformabile ».
Il concepire il potere nella
chiesa « senza privilegi teologici,
come puro servizio » e rivendicare per la comunità cristiana la
« capacità di decidere, di insegnare, ecc. » equivarrebbe per la
SCDF a « sovvertire la realtà re
ligiosa » e condurrebbe « alla distruzione del senso autentico dei
sacramenti e della parola della
fede ».
Infine la SCDF concepisce i
carismi, e in particolare il profetismo, come sottoposti alla gerarchia: « il criterio supremo »
per giudicare la denuncia profetica nella chiesa e « la sua genuinità, appartiene alla gerarchia », afferma ancora la notificazione. A questo punto viene citata ancora la LG n. 12, trascurando però Timportante affermazione secondo cui spetta all’autorità ecclesiastica « non estinguere lo Spirito, ma esaminare
tutto e ritenere ciò che è buono »
(non Spiritum extinguere, sed
omnia probare et quod bonum
est tenere).
Ora, si può notare come qui si
toccano da vicino posizioni precise della teologia protestante.
E, se le posizioni della gerarchia
cattolica sono queste, tali rimangono anche quando essa intraprende il dialogo ecumenico.
Del resto lo ha già affermato il
teologo domenicano Daniel Ols il
25 febbraio scorso sull’« Osservatore Romano »: l’ecumenismo
cattolico « non consiste nello
svuotamento della Chiesa cattolica della pienezza di cui essa è
Leonardo Boff ha scelto di continuare a lavorare nella sua
chiesa e fra la sua gente, pagando un prezzo che, se noi non
siamo in grado di valutare, non
per questo sarà meno caro. In
questa scelta deve essere rispettato, e deve sentirci solidali nella sua sofferenza.
Ma soprattutto deve poter sapere che le accuse rivolte contro
di lui, quando costituiscono accuse contro acquisizioni proprie
del pensiero protestante, riguardano anche le Chiese protestanti
in quanto impegnate nel dialogo
ecumenico con la Chiesa cattolica. Ciò vale anche quando rimpegno ecumenico comune si verifica solo attraverso il lavoro di
Fede e Costituzione o in altri
organismi ecumenici. Ma, per
procedere con chiarezza in questo campo, è necessario consolidare due acquisizioni teologiche
di grande valore ecumenico; l:.
distinzione fra le gerarchie den,;
chiese e la posizione di coloro
che al loro interno « cercano Di j
con cuore sincero », e la comunione nella fede come realtà che
trascende le versioni umane della stessa, e soprattutto trascende
le dimensioni istituzionali delle
chiese.
Per questa via si può esprimere la doverosa solidarietà a
Leonardo Boff e allo stesso te:ppo impegnarsi per un ecumenismo che rivendichi in primo luogo la fedeltà al messaggio evangelico. Cesare Milaneschi
V ASSEMBLEA DEL GRUPPO ORSAY
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Nella consapevolezza della
possibilità di poter continuare il
proprio lavoro teologico, Boff ha
fatto sapere dal Brasile che, se è
normale che la riflessione su problemi reali induca a formulare
tesi teologiche non gradite alla
gerarchia, tuttavia « la ricerca
della verità è un’esigenza della
ragione teologica ». In ogni caso
però, ha affermato che « preferisce camminare con la chiesa invece che restare solo con la propria teologia ».
Forse è questo il risultato delTinterventó dei due cardinali
Aloisio Lorscheider e Paulo Evaristo Ams, entrambi francescani
e brasiliani come Leonardo Boff,
il 7 settembre scorso al colloquioprocesso da ijuesti sostenuto davanti al cardinale Ratzinger.
in un mondo di violenza
« Femministe, protestanti » così si definisce il, Gruppo Orsay
(Parigi) che si è costituito in
« associazione » l’anno scorso,
dopo 5 anni dalla sua cretizione; fa parte di un settore della
Federazione delle chiese protestanti francesi. Il gruppo Orsay
è gestito da un collettivo di 12
donne elette (senza presidente,
vice...) tra cui una cattolica; si
dichiara in solidarietà con donne di altre confessioni cristiane
e con altri gruppi nel mondo. Ognuna « si propone come portatrice di pratiche nuove nei
luoghi dei suoi impegni », prima
di tutto nelle comunità protestanti.
te) e ciò diminuisce la solidarietà concreta, conduce alla generalizzazione del sospetto e ai
controlli. E’ invece importante
poter disporre dell’informazione
e della solidarietà.
« Opzioni pericoiose »
e protestantesimo
i
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V
Se il rapporto di L. Boff con la
SCDF resta un problema interno
alla Chiesa cattolica, alcuni suoi
asserti posti sotto accusa chiamano in causa espressioni non
secondarie della teologia protestante e la stessa ecclesialità
delle confessioni cristiane non
cattoliche.
Anzitutto, la SCDF espone i
« criteri di. un autentico metodo
teologico », alla cui luce alcune
« opzioni » di Boff « risultano insostenibili ». Premesso che « la
Chiesa universale si realizza e vive nelle chiese particolari e queste sono chiesa », si deduce che
« il vero discorso teologico» non
deve limitarsi all’analisi e all’animazione di una chiesa particolare, ma ha come oggetto preferenziale « il sacro deposito... affidato
alla chiesa e autenticamente interpretato dal magistero ».
Le « opzioni » che « mettono in
pericolo la sana dottrina della fede » sono individuate a partire
Il 16-17 marzo ha avuto luogo
la 5* assemblea di Orsay, sul tema « essere donne in un mondo
di violenza», con una settantina
di partecipanti, tra cui rappresentanti delle Federazioni di
Donne Protestanti d’Italia, Svizzera, Spagna, Olanda; la presenza di 2 uruguayane che hanno
fatto 14 mesi e 9 anni di prigione per la libertà del loro paese,
e di una coppia di Haiti che ha
animato la serata con informazioni, canti e danze, allargava
l’orizzonte.
Si è lavorato sia in gruppi di
riflessione e espressione (musica, espressione corporea, studi
biblici su « parole e gesti rudi di
Gesù »), sia in plenaria con varie relazioni. La riflessione è partita dal nesso esistente tra paura e violenza; psicologicamente
la violenza è spesso il risultato
di frustrazioni. Il senso d’insicurezza è dappertutto nelle nostre
società, quando invece abbiamo
tutti diritto alla sicurezza e all’assenza di rischi; ma davanti
alla carenza degli Stati ognuno diventa il garante della propria sicurezza (es. porte blinda
Una situazione di violenza, per
poter essere eliminata richiede rm’altra violenza? La difficoltà è che il più delle volte si è
posti bruscamente davanti ad
essa; è una sua caratteristica.
Nel fenomeno della violenza
c’è un’energia considerevole da
ricuperare, da sviare dal suo
obiettivo distruttore, ed è possibile farlo se si distingue tra
aggressività che riconosce l’altro,
e la violenza che lo vuole distruggere. Come donne cristiane, di fronte alla violenza, siamo chiamate a trovare soluzioni costruttive.
La resistenza
femminile
Su un aspetto particolare, divisione sessuale e violenza sul
lavoro, sono stati citati sforzi
comuni di donne per opporsi a
soprusi attraverso scioperi...
(per esempio le belghe hanno
fatto una grande lotta perché
venivano esortate a lasciare il
loro posto di lavoro a uomini).
Spesso viene utilizzato il corpo
della donna, ad esempio al momento dell’assunzione o del licenziamento, in modo particolare in periodi di crisi. Sono pratiche ancestrali, ma spesso « aggiornate», come fare spogliare
le venditrici con il pretesto di
vedere se non rubano; oppure
utilizzare scherzi insani o ingiurie verbali. Perché generalmente
vengono taciute queste aggressioni sul lavoro? Per paura di per
dere il proprio posto? Spesso le
donne sono le vittime e in più
ne pagano il prezzo, cadono nella depressione, o sono costrette
a dimettersi. Bisognerebbe costringere i sindacati ad affrontare questi problemi.
Alla fine del suo intervento la
sociologa che presentava questa
relazione ha fatto parlare del
proprio caso una giovane donna che aveva imitata con sé;
questa lavora da 10 anni al Ministero delle finanze, ed è stata
aggredita Tanno scorso da un
superiore arrivato da pochi anni. Ha fatto denuncia ma la cosa si trascina ormai da 14 mesi,
e la si esorta a ritirare la demmeia. Una partecipante all’incontro diceva: « Siamo in una
società che ha un linguaggio
che non è il nostro. Una parola
di donna — considerata oggetto
sessuale — non può essere ascoltata, soprattutto in un sistema
gerarchico. Ci vuole ima parola
collettiva dì donne ». Così si è
costituito un piccolo gruppo di
sostegno per seguire questo caso, posto ina'nettatamente all’attenzione dell’incontro.
protestante » che prepara mezr
z’ora mensile di emissione pe'
una radio parigina.
Inoltre si sono costituiti adesso altri gruppi su «Disordine
economico mondiale », e uno per
appoggiare le donne presenti nei
comitati ERF (Chiesa riformata
di Francia).
L’incontro è terminato con la
Santa Cena presa a tavola, al
momento del pranzo.
E’ stato il primo contatto tra
la FDEI e questo gruppo protestante francese, e speriamo che
sia l’inizio di una più stretta
collaborazione.
Marie-France Maurin Coïsson
Felice
Casorati
(segue da pag. 2)
Il gruppo Orsay lavora a gruppi: « Turismo e prostituzione »
dai paesi ricchi, Europa, Giappone, verso i paesi poveri. C’è inoltre il problema delle donne del
Terzo Mondo che spariscono a
migliaia ogni anno, sequestrate,
esportate in Europa. Come scoprirle nelle nostre grandi città
e informarne l’opinione pubblica? Come esigere dai poteri
pubblici le misure necessarie per
smantellare questo traffico? Altri gruppi: « Pace-disarmo », soprattutto in solidarietà con le
donne dei Pacifico, per un oceano denuclearizzato; gruppo su
«Teologia femminista e ricerca
biblica »; gruppo « Frequenza
tura i consigli, che dava agli allievi, che in lui vedevano anche
un maestro di vita. Le poche
volte che parlava di sé lasciava
capire quanto amasse le forme
statiche, in contrapposizione evidente con le « rotture dinamiche » nate dopo l’impressionismo.
Anche se l’atteggiamento splenetico della sua prima produzione (a cui appartiene l’opera
che riproduciamo) ebbe una giustificazione nella salute malferma del giovane pittore, l’avere
persistito in quell’atteggiamento, di « profonda malinconia »,
anche nell’avanzata maturità,
non poteva che generare malintesi e gratuite accuse di razionalismo progettuale.
Ma fortunatamente la critica
internazionale e quella nostrana hanno scoperto (o riscoperto)
che Felice Casorati, a buon diritto, è uno dei massimi protagonisti dell’arte contemporanea
del nostro secolo.
PUlppo Scroppo
9
r
5 aprile 1985
cronaca delle Valli 9
VERSO LE AMMINISTRATIVE DEL 12 MAGGIO
Si preparano le liste
I partiti e i raggruppamenti politici sono al lavoro per presentare le
liste - Ci sarà un rinnovamento di uomini e di idee nei consigli?
Ripresa del terrorismo, attentato delle BR, dichiarazione di
sciopero dei sindacati con manifestazione a Pinerolo. Alcuni anni fa questo iter avrebbe portato
in piazza almeno alcune centinaia
di persone, oggi invece lo sciopero non riesce, la gente lavora.
Chiediamoci le ragioni di tutto
questo. L’azione terroristica delle Brigate Rosse era a ben guardare diretta contro il movimento operaio nel suo complesso ed
in specifico contro le ipotesi di
ripresa dell’azione rivendicativa.
Il sindacato però si presenta
diviso: da una parte la CISL e la
VIL favorevoli ad una negoziazione del salario che abbia al suo
centro anche la riduzione dell’orario di lavoro, dall’altra la
CGIL che ritiene necessario un
aumento salariale che mantenga
i livelli di vita conquistati dai lavoratori negli anni scorsi. Proposte divergenti ma all’interno di
una stessa dialettica.
Nessuno, almeno è l’esperienza
locale, ha mai pensato di vedere
nell’altro un nemico da sopprimere. I volantini sono diversi ma
indicano una reale dialettica di
posizioni che si esplica in un dibattito democratico. Poi all'improvviso, l'assassinio del prof.
Taranteln blocca questa dialettica e gli operai sono paralizzati
nella loro iniziativa.
E' ben vero che il riflusso ha
attraversato anche gli strati operai e che gli operai più politicizzati sono ormai fuori della fabbrica, messi fuori dalle decisioni
politiche del padronato che hanno utilizzato la cassa integrazione
anche a questo scopo. Ma di lì a
non essere capaci di reazione ad
un delitto così atroce, ne passa.
No. gli operai — quelli che
hanno lavorato — stando ai loro
discorsi non approvano l'azione
delle BR, ma nemmeno hanno fiducia nello sciopero politico, non
serve, dicono. Gli anni scorsi gli
scioperi contro il terrorismo sono serviti sì ad isolare il fenomeno terroristico nelle fabbriche,
ma non si sono visti i risultati
concreti, non si è fatta l'operazione verità.
I processi ci sono stati ma ancora oggi non sappiamo nulla dei
mandanti, non si è riusciti a sapere tutta la verità sulla natura
di importanti atti di terrorismo
quali il rapimento e l'uccisione
dell’on. Moro. Di più, la legge
sui pentiti ha permesso a molti terroristi, colpevoli di gravi fatti di sangue, di essere in
libertà. Non credono dunque né
allo sciopero politico né all'azione della giustizia.
Ed è questo il fatto più inquietante. La rassegnazione di fronte
ad un fenomeno gravissimo di
degenerazione della vita politica.
Viene meno quello che era tradizionalmente un presidio della
vita democratica che aveva permesso al nostro paese di superare indenne molti degli attentati
ai livelli di democrazia.
E' un episodio sul quale non si
può costruire una teoria, ma è
anche un campanello di allarme
per tutti coloro che credono nella democrazia e che, sinceramente, si apprestano a ricordare il
40" anniversario della resistenza.
Un allarme è tale, se si saprà
reagire, trovare forme corrette
' di dibattito senza squalificare chi
non ha le nostre idee, senza integrismi di organizzazione. Ne va
di mezzo non la bontà delle nostre idee, ma la stessa possibilità
■di dirle.
Giorgio Gardiol
Chiusa rattività amministrativa dei consigli comunali il 27
marzo, nei paesi e nelle città del
pinerolese ci si sta dando un
gran da fare per compilare le
liste dei candidati al rinnovo dei
consigli stessi. Si voterà in quasi tutti i comuni tranne che a
Massello e Cumiana. Vediamo
dalle prime indicazioni quale sarà lo scenario in cui gli elettori
saranno chiamati a scegliere i
loro rappresentanti.
Luserna e Pinerolo sono i due
comuni delle valli in cui si voterà col sistema proporzionale.
In questi comuni scendono dunque in lizza praticamente tutti
i partiti nazionali.
A Luserna la DC arriva a queste elezioni dopo una grave crisi (che ha obbligato l’ex .sindaco
Martina a dimettersi dalla carica) e da una conseguente spaccatura interna. Ci saranno dunque probabilmente due liste di
ispirazione democristiana, una
col simbolo e l’altra, civica. Mentre gli altri partiti (PSDI, PLI,
PRI, PSI, PCI) non hanno di
questi problemi ed hanno già
iniziato la loro campagna elettorale. Un interrogativo riguarda
poi Verdi e DP ma sembra che
non presenteranno una lista.
A Pinerolo invece sono già scesi in campo i leaders nazionali
dei partiti a dimostrare Timpor
tanza delle elezioni. Il vice segretario DC Bodrato, ha aperto
la campagna elettorale del suo
partito e così ha anche fatto
l’on. Zanone, segretario del PLI.
Si sta delineando una campagna
elettorale all’americana fatta di
inchieste ed iniziative spettacolari. A cominciare sono stati il
PRI e la DC che hanno organizzato un questionario-inchiesta,
hanno raccolto l’opinione della
gente e su questa base hannO'
formato il proprio programma
elettorale. La DC lo ha poi esposto visivamente in una mostra
cittadina. Il PCI è andato ad
elezioni primarie tra i propri
iscritti e presenta una lista rinnovata per tre quarti. Litigi invece in casa PSI per la formazione della lista e sui nominativi di chi dovrà essere capolista; soluzione: capolista sarà una donna segretario della sezione e poi i consiglieri uscenti in
ordine alfabetico. Il PSDI manifesta qualche difficoltà nella ricerca dei candidati, mentre il
PLI cerca un rilancio alla grande tra i giovani grazie all’azione di alcuni suoi candidati nelle radio locali e ha in previsione persino feste gratis in discoteca con cantanti e complessi alla moda. DP è alle prese con la
formazione della lista e raccoglie
le firme per un referendum con
tro la centrale nucleare a Trino.
I Verdi non presenteranno la
lista.
Nei centri dove si voterà con
il sistema maggioritario poche
sono le novità. Si presentano
quasi ovunque due liste in qualche caso promosse da imo stesso gruppo di persone che si divide in due per consentire l’attribuzione di una maggioranza
e minoranza. E’ la realtà di molti piccoli paesi con poche centinaia di abitanti.
Le liste in questi paesi sono
importanti anche perché saranno poi i consiglieri di questi
paesi ad eleggere i propri rappresentanti nelle comunità montane e nelle USSL. Ecco il motivo per cui sui promotori di
queste liste, i partiti fanno pressioni per inserire tra i candidati questo o quell’esponente di
partito a volte anche non residente nel paese. Là dove non ci
riescono, come è il caso di Rorà, sembra siano decisi a fare
liste col simbolo di partito per
cercare di ottenere la minoranza come tenta la DC.
Un caso a parte è la situazione di Perosa Argentina dove la
lista di sinistra che ha gestito il
comune si è spaccata nelle sue
componenti politiche e si avranno così tre liste.
L. O.
CENTRALE IDROELETTRICA IN VAL GERMANASCA
Quali problemi per l’ambiente?
Sul n. 12 del 22 marzo nella
« cronaca delle Valli » si Darla
della eventualità della costruzione di una centrale idroelettrica in
Val Germanasca. L’autore dell’articolo, Giorgio Gardiol, dopo
aver accennato ad alcune caratteristiche dell’opera ed ai benefici che ne deriverebbero, conclude
sottolineando come ai lati positivi sia opportuno raffrontare anche una valutazione di impatto
ambientale. A questo scopo vorrei precisare quali possano essere le principali variazioni apportate all’ambiente dall’esercizio di
centrali idroelettriche in località
montane.
La conseguenza più ovvia è la
scomparsa del corso d’acqua a
valle della diga costituente l’invaso e di quella delle derivazioni
dei canali di gronda, con tutto
ciò che da tale situazione ne consegue. Vi sarebbe la possibilità
teorica d’inserire nel capitolato
di concessione di derivazione
d’acqua l’obbligo di lasciare un
deflusso minimo costante nel
corso d’acqua (pari al 10-20% della portata media), ma l’osservanza di tale obbligo è stata generalmente ignorata anche dagli enti
privati, per i quali risulta più
vantaggioso il pagamento di una
eventuale ammenda che la rinunzia alla produzione di un
certo quantitativo di energia
elettrica; è perciò inutile farsi
troppe illusioni sull’adempimento di una tale norma da parte
dell’ENEL.
Altre modificazioni di carattere ambientale si manifestano a
valle della centrale idroelettrica:
esse consistono in primo luogo
in una drastica riduzione di ogni
insediamento biologico nel corso
d’acqua (microflora, rtiicrofauna
e conseguente impoverimento
delle popolazioni d’invertebrati e
pesci). Occorre infatti tener presente che l’esercizio di una centrale idroelettrica non è continuo nelle 24 ore ma intermittente, per cui se nel tratto del corso
d’acqua sotteso alle opere di captazione lo sviluppo degli organismi acquatici è ridotto al minimo per la quasi scomparsa dell’acqua stessa, a valle della centrale la portata del corso d’acqua
è sottoposta ad oscillazioni notevolissime, con la conseguenza
che il letto del torrente è lasciato
in gran parte in secca per molte
ore, per passare nel periodo successivo all’inconveniente opposto: un forte aumento di portata
con conseguente corrente vorticosa ed asportazione di gran parte degli organismi inferiori che
potrebbero prosperare nella ristretta zona non soggetta a periodi di secca.
Vi è anche un altro aspetto di
carattere fisico che va tenuto
presente: il normale ruscella
mento delle acque nel letto di
un torrente consente un certo
riscaldamento delle fredde acque provenienti dalle quote
più elevate, in modo che
(per fare un esempio) le acque che a Frali possono avere durante il periodo estivo una temperatura intorno a 1()“-12“ C, giungono alla quota di Po’maretto a
non meno di 17”-18” C. Questo riscaldamento non è più possibile
quando l’acqua viene trasferita
in pochi minuti dal bacino di accumulo alla centrale attraverso
la condotta forzata. Da questo
fatto ne consegue la necessità di
limitare il periodo d’irrigazione
a quelle ore della giornata in cui
la differenza tra temperatura ambiente e acqua proveniente dalla
centrale è minore, allo scopo di
ridurre al minimo eventuali danneggiamenti alle coltivazioni,
ammesso che i periodi di esercizio della centrale idroelettrica
consentano tale accorgimento in
quanto, a centrale ferma, la maggior parte delle prese d’acqua
per irrigazione rimangono a secco.
Anche altri aspetti della Questione sarebbero da esaminare,
ma questo sarà possibile quando
le opere progettate potranno essere conosciute un po’ più nei
particolari.
Ernesto Sommanì
Ferrerò
denuclearizzata
FERRERÒ — La proposta di
dichiarare denuclearizzato il territorio del Comune di Ferrerò, è
tornata alla discussione del Consiglio nella seduta del 27 marzo,
in seguito ad una lettera inviata
dal pastore di Villasecca Rutigliano e ad una precisa richiesta di
inserimento all’ordine del giorno
da parte del consigliere Jahier.
Nella lettera, il pastore Rutigliano manifestava la delusione
dei firmatari della petizione per
la risposta evasiva data nel precedente Consiglio e, nella richiesta di inserimento all’ordine del
giorno, si faceva osservare che
analoghe delibere erano state assunte da altri Comuni.
Il Consiglio prendeva perciò in
esame la delibera del Comune di
Angrogna, senza però trascriverne la premessa, sostituita dalla
dichiarazione approvata nella seduta precedente.
Nella seconda parte, si assicurava l’impegno del Comune a non
inserire nei piani urbanistici progetti per rinstallazione di impianti nucleari a scopo militare, comunicando tale decisione alla Comunità Montana. I consiglieri
non si opponevano invece alle installazioni nucleari a scopo civile
e si dichiaravano anche contrari
ad apporre cartelli per indicare
la zona denuclearizzata.
La giunta proponeva poi di inserire nel bilancio la spesa per
l’acquisto di una pubblicazione
da offrire a tutte le famiglie al
momento della consegna dei certificati elettorali, pubblicazione
che, partendo da una rievocazione del periodo della Resistenza,
invita ad impegnarsi per una convivenza pacifica come cittadini e
come istituzioni democratiche.
Lavori pubblici
PRAMOLLO — Fra i molti punti all’ordine del giorno approvati
dal Consiglio Comunale nella sua
ultima seduta del 25 marzo, particolarmente interessante è quello riguardante l’approvazione degli elaborati tecnici per i lavori
da eseguirsi sulle strade comunali che quest’inverno sono state
particolarmente danneggiate dal
freddo intenso e dal gelo: 15 milioni verranno spesi per rifare alcuni tratti di asfalto sulle strade
Rue-Lussie, Tournim-Allieri, Fellenchi-Ruata, Ruata-*Bosi e Ramate-Clotti. Tale cifra non permetterà di eseguire tutti i lavori
necessari, ma non disponendo di
fondi maggiori, si fa già quello
che è possibile.
E’ stata pure approvata la
costituzione di un consorzio ufficio tecnico tra la Frovincia di Torino e i Comuni di San
Germano Chisone e Framollo: un
geometra verrà assunto e sarà
esclusivamente a disposizione dei
due Comuni lavorando 4 giorni a
San Germano e 1 giorno a Framollo, mentre le spese relative
verranno divise in questo modo:
il 25% a carico della Frovincia,
il 60% a carico del Comune di
San Germano e il restante 15% a
carico del Comune di Framollo.
Fer noi questo è interessante e
conveniente, perché significa avere un tecnico con una disponibilità di tempo molto maggiore di
quanto non succedeva finora.
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10
10 cronaca delle Valli
SI
5 aprile 1985
TORRE PELLICE
Un programma
per l’urbanistica
Alla fine del proprio mandato ogni amministrazione si preoccupa aflìnché nel periodo di
passaggio tra vecchie e nuove
amministrazioni, vi siano deleghe sufficienti alle Gixmte affinché non rimangano vuoti di potere e conseguenti ritardi. Così
è successo anche a Torre Penice dove il Consiglio ha approvato il secondo Programma Pluriennale di Attuazione nel settore urbanistico (P.P.A.) e subito dopo ha adottato il Piano
Particolareggiato per la zona ex
Stamperia che è già stato oggetto di esame e dibattito nei
mesi passati. Come si sa, questa zona, pur essendo centrale,
è carente di accessi viari ed ha
necessità di avere mutamenti di
destinazione d’uso consistenti
(nuova zona commerciale e
riorganizzazione dell’attività artigianale esistente) per cui il
piano di rilancio terrà conto di
queste esigenze. Sarà quindi fatto obbligo ai privati che intendono costruire di intervenire
anche sffile urbanizzazioni primarie (assetto viario, canalizzazioni ecc.) defalcando poi queste spese dagli oneri di urbanizzazione da versarsi al Comune.
Il Consiglio ha poi valutato
l’urgenza di ripristinare entro
l’estate l’uso dello stabile «Cinema Trento». Nonostante che le
spese per l’adeguamento alle
norme di prevenzione incendi
siano gravose (alcime centinaia
di milioni: si tratta di sostituire tutti i rivestimenti interni
indispensabili per i problemi
acustici della sala con altri di
maggior resistenza al fuoco) il
Consiglio ha dato delega alla
Giunta CÜ far eseguire i lavori
per l’utilizzo come sala cinematografica. In futuro verrà completata l’opera estendendone l’uso ad altre attività (teatro, ecc.).
Altra decisione di particolare
utilità: verrà ampliata la rete
di captazione di acqua potabile
con la trivellazione di im nuovo
pozzo. Come compenso al Comune la Società distributrice si
impegna ad installare 8 bocche
antincendio sul territorio comunale.
In chiusura l’Amministrazione ha deciso di costituirsi parte civile nel processo che si terrà nei confronti del sig. Antonio Gambera, responsabile dei
Servizi di Polizia, dando incarico ad un avvocato. A. L.
CONVEGNO A PINEROLO
Monaci nel pinerolese
In maggio si terrà a Torino il
XXIV Congresso Storico Subalpino dedicato allo studio delle
« Esperienze monastiche nella
società medievale ». La scelta
del tema è legata al fatto che si
celebra quest’anno il millenario
della fondazione della chiesa di
S. Michele della chiusa, più conosciuta come la Sagra di S. Michele.
Nel quadro di queste celebrazioni sono state organizzate, in
collaborazione con enti pubblici, manifestazioni a carattere locale in molte città del Piemonte. Anche a Pinerolo si è avuta,
giovedì 28, una di queste manifestazioni con una serata di studio consacrata alle « esperienze
monastiche nel pinerolese medievale ».
I tre relatori: G. Merlo, con
ima relazione sul tema, P.C. Pazé
con una relazione sulle «presenze monastiche in Val Chisone »
e M. Coppa sull’abbazia di S. Mar
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A 40 ANNI DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Il mio 8 settembre
Quest'articolo è dedicato all’attenzione dei nipoti, dei nipoti di coloro che sono stati coinvolti
loro malgrado nella seconda guerra mondiale.
Attraverso i ricordi di chi ha vissuto quel periodo vogliamo ricordare ai più. giovani episodi,
fatti che non salgono agli onori della storia, ma
che sono egualmente importanti per una comprensione piena di quella stessa storia. Chiediamo a quanti hanno ricordi da comunicare di scriverceli, li pubblicheremo (raccomandando di non
superare le tre cartelle dattiloscritte).
ria di Cavour, hanno fornito un
quadro documentato e sufficientemente ricco della realtà monastica nella zona pinerolese dell’età medioevale, X-XIV sec.
Molti gli interrogativi, specie
per quanto riguarda la Val Chisone, molte le fonti ancora da
studiare; due constatazioni si
impongono però allo studioso :
l’intreccio di interessi religiosi e
politici fra realtà monastica e
società civile, ridimensionamento della figura del monaco, specie benedettino, dissodatore.
L’impianto dei conventi è in
realtà frutto di attenti equilibri
di potere e la gestione del potere economico, politico, culturale
dei conventi è strettamente intrecciata con la feudalità medievale. Peccato che si sappia invece così poco della vita religiosa
di quelle istituzioni. Gli archivi
sono ricchi di bolle e contratti
ma scarsi di documenti di devozioni. G.T.
Sono stato invitato a ricordare
il mio 8 settembre. Mi trovavo a
Tolone (Francia) nel Forte la
Malgüe che era la sede del distaccamento di Marina comandato dall’Ammiraglio Matteucci,
già daini novembre 1942, quando fummo sbarcati a Livorno
dalle Forze Navali Speciali, e
spediti con urgenza in treno per
presidiare il Porto di Tolone e
ricuperare le navi che i francesi
avevano autoaffondato nel Porto.
Eravamo aggregati al Comando
della 4* Armata.
Dal bollettino radio delle 20,
diramato con altoparlanti, apprendiamo che il maresciallo
Badoglio aveva firmato- la cessazione delle ostilità. Questa notizia genera euforia, discussioni e
confusione. Alle 23 l’uscita del
forte viene bloccata da 2 panzer
tedeschi. Suona rassemblea ed il
nostro comandante ci ordina -di
consegnare le armi in attesa che
arrivino disposizioni da Roma
per il nostro rientro. L’il settembre i nostri ex alleati ci scortano
alla stazione e dopo essere stati
caricati su carri merci in 40 per
vagone siamo deportati in Germania. Il nostro viaggio dura
3 giorni attraverso la Francia
passando per Marsiglia-LioneBelford e Strasburgo. I nostri
carri vengono aperti una sola
volta per la distribuzione di una
fetta di pane ed un mestolo di té.
A Strasburgo ci fanno proseguire su un binario secondario e
dopo una quindicina di Km. in
aperta campagna veniamo fatti
scendere e facciamo il nostro ingresso nello Stammlager V C.
Passati alla disinfezione dobbiamo provvedere noi stessi alla
rapatura per la foto ricordo a
coppie tenendo sul petto il n°
di matricola assegnatoci. Con le
forbici che avevo nello zaino mi
faccio tagliare i capelli da un
mio compagno di lavoro alla
RIV, Ferrier Aldo di Pragelato
imbarcato su uno stesso mezzo
navale da sbarco. A mia volta li
taglio a lui per poter passare
all’altro recinto e consumare il
primo rancio da prigioniero,
consistente in una fetta di pane
ed un piatto di minestra. Veniamo trasferiti a piedi per 15 Km.
su una altura e facciamo la nostra entrata in una cava-fortezza
chiamata Forte Kromprinz. Ci sistemano 30 in un camerone umidissimo, e ci fissano al collo una
catenina con piastrina da prigioniero, da quel momento io sono
il n. 72444 e Ferrier il 72443.
Questo forte ha alcuni ponti
con sentinelle, sovrastanti un
lungo corridoio centrale nel quale veniamo ammassati al mattino in 8.000. Dal ponte centrale
un emissario del duce ci invita
ad aderire alla repubblica, affermando che chi aderisce verrà
fatto rientrare in Italia ed avrà
subito un trattamento di favore
e vitto abbondante.
Il nostro vitto giornaliero consisteva in un mestolo di caffè
ed un pezzo di pane al mattino,
poi ci portavano nei dintorni di
Strasburgo a scavare trincee. A
mezzogiorno un’ora di - riposo
senza toccare cibo ed al nostro
rientro alla sera un piatto di
minestra. Malgrado questo le
adesioni furono poche: 150 su
8.000. Gli ordini ci vengono impartiti in tedesco e ci sono degli interpreti per la traduzione.
Un mattino, in 800, veniamo
chiamati e caricati su dei camion. Ci portano in un campo di
lavoro chiamato « lager » recintato da 3 file di filo spinato con
parecchie baracche in legno. In
3 di queste veniamo divisi e assegnati. AH’intemo di queste ci
sono brande in legno massiccio
a due piani. Io e Ferrier siamo
assegnati in coppia al piano superiore dove ci sistemiamo con i
nostri zaini. All’interno sono sistemate tre stufe e dei tavolini
ed in fondo ci sono i gabinetti
ed i lavatoi. Alla sera veniamo
sprangati da fuori e non vi è
possibilità di uscita. Ad ognuno in base al mestiere dichiarato
viene affidato un lavoro. Noi, come meccanici, siamo affidati alla
fabbrica « Daimler Benz » che si
trova a Gaggenau a circa 3 Km.
dal nostro campo e così ha Inizio il nostro calvario di 10 ore
di lavoro di giorno, spesso con
turni di notte. Ci viene data una
tuta con sopra stampato IMI
cioè « Internati Militari Italiani », e veniamo pagati con un
buono per i prigionieri di guerra col quale possiEimo acquistare
nella fabbrica un litro di birra
al giorno. Ci vengono consegnate
una lettera, una cartolina ed un
buono per farci inviare dei pacchi da casa. Finalmente verso la
fine di ottobre, possiamo far arrivare alle nostre famiglie no
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tizie sulla nostra sorte. Nella
Daimler Benz lavoravano allora
circa 6.000 prigionieri di cui 750
italiani, 1.500 civili russi deportati dalle zone occupate dai te
deschi, 250-300 prigionieri russi
un gruppo di indiani ed ancora
cecoslovacchi, polacchi e francesi. Abbiamo lavorato a Gaggenau fino al 20 novembre 194-i
quando la fabbrica dopo due incursioni, la prima di domenica
e l’altra 10 giorni dopo, andò
completamente distrutta. Mi trasferirono a Blumberg, un paesino a 16 Km. dal confine svizzero e fui avviato al lavoro presso la Werk Kopperschmidt che
fabbricava aerei. Si lavorava all’interno di miniere abbandona
te costruendo le carlinghe degli
aerei. In questo ultimo cam:x5
eravamo solo più una ottantina
e non avevamo l’interprete, lo
cominciavo già a masticare un
po’ di tedesco e facevo da interprete avendo come aiuto un vocabolario che mi era stato regalato a Gaggenau da un tedesco
che disapprovava il nazismo.
Trascorriamo un secondo inverno freddissimo e con molta
neve. Arrivata la primavera in
lontananza si sentiva il rombo
dei cannoni ed il passaggio di
stormi di bombardieri che quotidianamente arrivavano colle
loro bombe sulle città ed anche
sui paesi piccoli. Come si avviciniino i cannoneggiamenti veniamo lasciati liberi di uscire
dal campo e ci organizziamo
per passare la frontiera svizzera tanto sognata. Ma gli svizzeri non ci permettono di varcare
il confine e rientriamo a Biuniberg ad attendere l’arrivo Jei
francesi. Quando questi arrivano il 20 aprile ’45, veniamo allineati tutti nella strada pnreipale e dopo il controllo rispediti nei campi in attesa del rimpatrio che avviene il 29 luglio
attraverso la Svizzera. Veniamo
concentrati a Como ed il 1° agosto rientro a casa.
Questo è in sintesi il mio lungo calvario in Germania, durato
23 mesi con sofferenze morali,
umiliazioni e maltrattamenti
fisici, pur non essendo in campi di sterminio.
Sicuramente poteva essere diverso se non fossimo stati abbandonati al nostro destino senza alcuna direttiva.
Adriano Richiardone
PATRON s.n.c.
di PATRON A. & C.
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11
5 aprile 1985
cronaca delle Valli 11
DIBATTITO A PINEROLO
PROGETTO PACE ■ PRIMO DISTRETTO
Handicap e scuola
Incontro con i
La partecipazione airassemblea indetta il 22/3 dal Gruppo
di base handicappati sul tema
« Handicap e scuola: inserimento quantitativo e qualitativo » è
stata superiore alle più ottimistiche previsioni. Questo sta a
significare che il problema è sentito e che esiste la volontà di da
Comitati per la pace
PINEROLO — Venerdì 5 aprile alle
ore 21 presso il Centro Sociale S.
Lazzaro, vìa dei Rochis 3, il Coordinamento dei Comitati pace organizza un
incontro con un gruppo di svedesi impegnati nel movimento cristiano per
la pace: è previsto un momento di
dibattito sulla realtà del pacifismo in
Svezia e in italia, cui seguirà un momento di festa.
Tutti sono invitati.
POMARETTO — Il Comitato pace
Valli Chisone e Germanasca si riunisce presso il Convitto valdese mercoledì 17 aprile alle ore 21. Discuterà
del disarmo unilaterale e le trattative
internazionali.
re delle risposte positive e concrete almeno da parte degli operatori scolastici e degli operatori
dei servizi. Purtroppo bisogna
ancora una volta sottolineare la
totale assenza degli amministratori locali (USSL, Amministrazione comunale), nonostante l’esplicito invito. Senza il referente
politico ranalisi dell’inserimento
dei soggetti portatori di handicap nella scuola risulta parziale.
Questo lascia supporre che la
volontà politica è sostanzialmente teorica: infatti sono state promulgate delle buone leggi, che
affermano il diritto del bambino handicappato a non essere emarginato e ad avere tutto
quello che è necessario per un
reale inserimento; però di fatto,
come risulta dagli interventi dei
direttori didattici (2“-3”-4° circolo)
la scuola si trova ad essere sola
a fronteggiare il problema. Buoni risultati si registrano là dove
c’è una certa sensibilità e una
buona volontà degli operatori
scolastici.
C’è da essere particolarmente
preoccupati per recenti interventi del ministro dell’istruzione senatrice Falcucci, in quanto senabra riemergere la volontà di ripristinare le classi speciali a distanza di pochi anni dalla loro
abolizione. Il professor Bonansea nel suo intervento introduttivo ha documentato abbondan
temente questa preoccupazione.
L’indagine del gruppo di base aveva rilevato l’insufficienza
dei servizi sul territorio, che è
stata ulteriormente sottolineata
dalla neuropsichiatra Dr. Regazzo e da diversi interventi nel dibattito. « Manca una programmazione adeguata da parte delrUSSL, ha detto la Regazzo, ma
manca anche una cultura della
salute con evidenti conseguenze
per l’integrazione dei soggetti
portatori di handicap ».
Un’altra anomala situazione è
quella degli assistenti fisici,_ ì
quali hanno il compito di seguire
i bambini non autosufficienti: a
tutt’oggi questi operatori non
hanno un contratto di lavoro e
vengono pagati con un assegno
che la Provincia di Torino versa
alle famiglie dei bambini handicappati; inoltre non esiste alcuna legislazione che regoli la loro presenza nella scuola.
Per affrontare questi problemi
aperti ed altri problemi che in
assemblea non c’è stato tempo di
dibattere, un preside ha proposto di continuare la riflessione e
di preparare un incontro più
esteso, che dia la possibilità di
raccogliere e confrontare le esperienze in atto e di sollecitare gli
amministratori e le autorità scolastiche.
pacifisti svedesi
La settimana di Pasqua un
gruppo di 35 giovani svedesi farà visita alle Valli. Sono giovani
del Movimento Cristiano per la
Pace svedese con cui è in contatto Gisela, la volontaria che
da settembre vive a Pomaretto
ed è impegnata nel progetto
pace del distretto. Questo è il
programma della visita;
giovedì 4/4: arrivo verso le
16, alloggiamento a Pinerolo
presso il Tempio, presentazione
del Progetto Pace, culto con la
comunità.
venerdì 5/4: visita ad Agape;
nel pomeriggio sosta a Pomaretto e incontro con la comunità;
in serata incontro con i Comitati pace del pinerolese.
sabato 6/4: visita in Val Pel
lice con pranzo alla Foresteria
di Torre e camminata in Val
d’Angrogna; sera: festa con la
F.G.E.I. Valli aperta a tutti,
presso il Tempio di Pinerolo,
domenica 7/4 ; partecipazione
al culto di Pasqua nella comunità di Pinerolo; partenza dopo 11
pranzo.
Questa visita rappresenta un
significativo momento di incontro, di scambio di esperienze e
di lesta cui tutti sono invitati a
partecipare. S.V.
AVVISI ECONOMICI
Il Gruppo di base
handicappati
TRASPORTI - Corriere Maurino O.
s.n.c. - Via Roma, 33 - Porosa Argentina - Tel. 0121/81242 - 81046.
TORRE PELLICE vendesi camera,
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A PRAROSTINO il Concistoro della
Chiesa valdese vende edificio rurale
da riattare. Volendo anche appezzamento terreno. Per informazioni rivolgersi a Gay Emidio tei. 0121/
500350.
Radio Beckwith
Giovedì; ore 12.30: E mi chantu (folk
gì®, nel mondo); 16.30: Nero su bianco (in
Lettere all’Eco delle Valli
il '.Vito alla lettura) - R; 19.30: Cineocchio
:(spetìacoli).
Venerdì: ore 11: Cineocchio - R;
16.30; Alle Valli (rassegna di stampa
‘locale) ; ore 19; Grünen (programma
►Vc/di ecologia e agricoltura).
Sabato: ore 10.30: Grunen - R; 11.30:
Bla bla bla - R; ore 18.35: In copertina
(informazione libraria).
Domenica: ore 11; Culto evangelico
12.15: Fra le righe; 18.30: Meditazio
ne.
Lunedì: ore 11: Alle Valli - R; 19.30
Fra ile righe.
Martedì: ore 11: Nero su bianco - R
18.30: Bla bla bla.
Mercoledì; ore 11: in copertina
18.30: E mi chantu; ore 19: Culto evan
gelico.
Rubriche fisse;
ore 11.30: Classica mix; ore 12: li
carnet di Mr. Beckwlth; ore 12.30: Remerriber; ore 17.30: Beethoven and
company; ore 18.30: Il carnet di Mr.
Beckwlth; ore 20.30; Classica; ore
21.30; Ali thè jazz.
R = replica.
LETTERA Al
CANDIDATI
ALLE ELEZIONI
Nel Pinerolese, le liste del candidati
alle elezioni amministrative si dividono grosso modo in due categorie: liste
di partito e liste locali; queste ultime
raccolgono persone spesso di opinioni
politiche diverse, senza un programma comune, che invece — si presume! — le liste di partito dovrebbero
avere.
Riteniamo che sia un dovere di ogni
tipo dì lista chiarire bene il programma su cui gli eletti agiranno a partire
da questa primavera. Non è detto, infatti, che alle Amministrative l’elettore abbia più informazioni e quindi maggior chiarezza al momento del voto
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di quanto non succeda alle politiche:
certo, è più probabile conoscere di
persona i candidati, sia nelle liste di
partito sia locali; spesso sappiamo
che lavoro fanno, che idee hanno (almeno a grandi linee), se sono onesti o
no, colti o Ignoranti ecc. Però spesso
non sappiamo quali posizioni hanno
rispetto a certi problemi, uno dei quali
è il problema pace.
Ci pare che i candidati non possano sottrarsi a domande quali: « Cosa
prevede il vostro programma riguardo
al problema della pace? Intendete, nel
caso eletti, promuovere la cultura della pace con l'informazione e la sensibilizzazione della popolazione, tramite
ad esempio conferenze, dibattiti ecc.,
con particolare attenzione ai giovani
in età scolare? Cosa ne pensate del
rifiuto di molti Commini, anche in questa zona, di installare missili nucleari
nel proprio territorio? Fareste lo stesso
0 no? Siete d'accordo o no con quelle amministrazioni che si oppongono
ad installazioni di centrali elettrlchenucleari nel proprio territorio? Siete
disponibili o no a sfruttare le convenzioni già stipulate o a convenzionare
1 vostri Comuni per la ricezione di
obiettori di coscienza al servizio militare Intenzionati a svolgere da queste
parti « Il loro servizio civile alternativo? ».
Invitiamo pertanto I vari schieramenti a rendere nota agli elettori la
loro posizione in materia, tramite I
mezzi di cui oggi si può disporre in
una campagna elettorale: manifesti, volantini, comizi, ma soprattutto dibattiti
pubblici e ben pubblicizzati. Crediamo
che sia inaccettabile non prendere alcuna posizione rispetto al problema
pace, che coinvolge le amministrazio
ni locali sotto tutti gli aspetti sopraddetti. Se poi qualche lista o qualche
candidato ritiene di non dover prendere alcuna posizione sul tema, abbia
l’onestà di dichiararlo e di motivarlo
in pubblico: gli elettori avranno un
elemento in più per orientarsi.
Il Comitato Pace
Valli Chisone e Germanasca
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RINGRAZIAMENTO
« In pace io mi corìcherò, in
pace dormirò, perché Tu solo,
o Eterno, mi fai abitare in sicurtà ».
(Salmo 4: 8)
Le figlie ed i familiari della compianta
Emma Long ved. Long
nefl’impossibilità di farlo singolarmente ringraziano di vivo cuore tutte )e
gentili persone che con scritti, parole dì conforto, fiori e presenza hanno
partecipato al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al Pastore Paolo Rìbet, al Doti. Bertrdino,
ai Medici ed Infermieri dell’Ospedale
Valdese di Pomaretto e àfla Pro-Loco
di Rue.
Pramollo, 1 aprile 1985
RINGRAZIAMENTO
Dott. Guido Ribet
Le famiglie Ribel, Gay e Toum,
profondamente commosse, riconóscenti
ringraziano tutti coloro che ¡hanno
partecipato al loro grande dolore.
Luserna S. Gioconni, 26 marzo 1985
I consiglieri della Pra del Torno
s.r.l. con il pastore G. Platone esprimono alla famiglia la loro affettuosa
simpatia per la dipartenza del
Dott. Guido Ribet
presidente e fondatore della Società e
ricordano commossi la sua dedizione
infaticabile e disinteressata afl’opera
deUa Foresteria « La Roociaglia » di
Pra del Torno in Val d’Angrogna.
Torre Pellice, 26 marzo 1985
Cara nonna Ester, sento II bisogno
di salutarti per l’ultima volta attraverso ie pagine del « tuo » giornale, li
settimanale delia tua chiesa che leggevi da cima a fondo con entusiasmo...
La nostra amicizia è durata 26 anni:
un insieme di abitudini affettuose, di
piccoli riti domestici, di reciproche
confidenze. Mi hai voluto bene davvero; ti affezionavi ai miei amici, condividevi e difendevi ie mie scelte, accettavi i miei modi bruschi; sapevo di
poter contare sulla tua comprensione
in qualsiasi frangente.
TI sei spenta circondata da tutti noi,
nella tua camera, lontano dagli ospedali che ti angosciavano tanto; sei
tornata alia casa del Padre indossando il costume valdese, simbolo delle
convinzioni che ti hanno accompagnata e sorretta per un’intera esistenza.
Noi continueremo a ricordare il tuo
sorriso, I tuoi racconti, la tua onestà
e il tuo amore per 11 lavoro, tutti gli
aspetti umani e culturali di un’epoca
che finisce con la tua generazione. Arrivederci.
Ci manchi tanto.
Edi Merini, Pomaretto
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
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Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 7 APRILE 1985
LUNEDI' 8 APRILE 1985
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVBLLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Tal. 90223.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
■m
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■li-,..'-.-,!.-'.--i-i. , •
12
12 uomo e società
5 aprile 1985
INTERVISTA A STEFANO RODOTÀ’
Un Concordato
senza fine
Facendo seguito all'articolo comparso nel numero scorso sulla
ratifica del Concordato, diamo voce in questa pagina alle forti perplessità costituzionali suscitate dal tipo di rapporto tra stato-chiesa
che esso instaura e ad alcuni stralci di un intervento dell’opposizione degno a nostro giudizio di esser conosciuto al di là dei tre
parlamentari che lo hanno ascoltato alla Camera.
Dopo la ratifica del nuovo
Concordato, il tema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica continua ad occupare l’agenda della Camera dei Deputati. Sono di scena le disposizioni sugli enti e i beni ecclesiastici e il finanziamento del clero
cattolico. Non tutto però va
avanti come aveva auspicato il
governo ed il disegno di legge
trova una decisa opposizione da
parte di Democrazia Proletaria,
del Partito Radicale e della Sinistra Indipendente, opposizione
che anche se condotta in un'aula praticamente vuota (a volte
non sono presenti nemmeno i
20 deputati necessari per chiedere a termine di regolamento
la verifica del numero legale)
solleva importanti problemi di
inerito e di procedura costituzionale, su cui si aprirà certamente il dibattito nei prossimi
anni.
_ Uno di questi problemi ha attinenza colla natura del nuovo
Concordato. « Si è operata non
una revisiorie restauratrice, ma
una vera rifondazione normativa... — ha dichiarato il presidente del Consiglio Bettino Craxi, nella replica ai deputati intervenuti sulla ratifica — una
revisione-processo, anziché una
revisione-atto, che risolve i maggiori problemi dell’adeguamento all’ordine giuridico della Repubblica e pone le premesse per
la maturazione di questióni non
ancora pronte, con la possibilità
di diluirle nel tempo, di suddividerle nella materia, di consen
• L'Eco delle Valli Valdesi >: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Redattori: Giorgio Gardiol, Roberto Glacone, Adriano Longo, Mauro
Pons, Giuseppe Platone, Sergio
Ribet. Comitato di redazione: i redattori e: Mirella Bein Argentieri,
Valdo Benecchi, Mario F. Berutti,
Franco Carri, Paolo Fiorio, Bruno
Gabrielli, Marcella Gay, Claudio H.
Martelli, Roberto Peyrot, Massimo
Romeo, Marco Rostan, Mirella Scorsonelll, Liliana Viglielmo.
Direttore Hesponsabiie:
FRANCO GIAMPICCOLI
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Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
655.278.
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Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
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- 10125 Torino.
Registro nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
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Semestrale 13.000; Estero 50.000 (posta aerea 74.000); Sostenit. 50.000.
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delle Valli - La Luce » - Casella postale- 10066 Torre Pellice.
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350 - sottoscrizioni 220.
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IVA). Ricerche lavoro: gratuite.
Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
Intestato a < Li Luce: fondo di solidarietà >, Via Pio V, 15 • Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
tire quindi scelte meditate ed
aggiornate, scelte sulle quali la
parola decisiva spetta e rimane
al Parlamento italiano, al quale
nulla sottraggono le disposizioni finali dell’accordo del 18 febbraio ».
La ratifica concerne dunque
un Concordato « aperto », nello
spirito della collaborazione tra
Stato e Chiesa cattolica, anche
se molte delle materie di questa
collaborazione sono ancora da
definire: « Ulteriori materie per
le quali si manifesti l'esigenza
di collaborazione tra la Chiesa
cattolica e lo Stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le parti, sia con intese tra le competenti autorità dello Stato e la Conferenza Episcopale Italiana (Cei) », recita l'art.
13 dell’accordo del 18 febbraio.
Per parte sua la Cei ha già indicato queste materie: la promozione della vita e della famiglia, l’educazione sanitaria, e i
servizi sociosanitari e assistenziali, la lotta contro le nuove
forme di emarginazione, le iniziative per la gioventù, la qualificazione dei mezzi della comunicazione sociale, la promozione
del volontariato interno ed intemazionale, l'impegno per il
terzo mondo, la pace, la valorizzazione del territorio e della
sua cultura. Come si vede quasi
tutti gli aspetti della vita sociale.
Su questo tipo di Concordato
« aperto » raccolgo l’opinione
del presidente del gruppo parlamentare della Sinistra Indipendente, Stefano Rodotà, che è anche docente di diritto costituzionale. « Siamo in presenza di
una modifica del sistema delle
fonti normative nell’ordinamento giuridico italiano i. Si introduce il principio del governo
misto di alcune materie. Il
principio costituzionale della reciproca indipendenza e sovranità
dello stato e della Chiesa cattolica vierte interpretato in base
al principio della reciproca collaborazione in una serie di materie ». Collaborazione che per
ima serie di materie per ora non
definite potrà prendere la forma
« anche dell’intesa tra autorità
amministrative, depotenziando
così il sistema costituzionale che
è solo quello dell’accordo tra le
parti ». Non si tratta soltanto di
una modifica che riguarda le future materie, sulle quali pur
sempre ci vorrà una volontà del
governo e dello stato di ricercare questa collaborazione, ma
anche delle materie sottoposte
già ad accordo. Ad esempio all’art. 12 che riguarda la tutela e
il patrimonio storico ed artistico si dice che « al fine di armonizzare l’applicazione della legge
italiana con le esigenze di carat
tere religioso, gli organi competenti concorderanno opportune
disposizioni ». « Qui — osserva
Rodotà — la potestà di normazione secondaria viene trasferita dal governo a questi organi
misti ».
Altro elemento su cui vi è forte perplessità dei costituzionalisti è l'art. 18 del disegno di
legge sugli enti ecclesiastici. Dice il testo: « Ai fini dell’invalidità o inefficacia di negozi giuridici posti in essere da enti ecclesiastici non possono essere
opposte a terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni
dei poteri di rappresentanza o
l’omissione di controlli canonici
che non risultino dal codice di
diritto canonico o dal registro
delle persone giuridiche ». «! Anche qui il sistema delle fonti è
alterato, perché si prevede un
dovere di conoscenza del cittadino italiano delle norme del
diritto canonico, che diviene
quindi immediatamente efficace
nell’ordinamento italiano. Abbiamo qui una sorta di ricezione
del codice di diritto canonico per
atti interni all’ordinamento italiano ».
Siamo dunque di fronte ad
un radicale mutamento dell’ordinamento giuridico italiano e
ci potremo trovare un domani
di fronte ad accordi tra le burocrazie delle varie amministrazioni dello Stato e della Chiesa
cattolica che in forza del nuovo
Concordato si troverebbero automaticamente inserite nell’ordinamento giuridico italiano.
Non si tratta di una preoccupazione di poco conto e lo stesso relatore della legge di ratifica del nuovo Concordato, on.
Emilio Colombo, ha cercato di
interpretare il nuovo sistema di
rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica sottolineando il fatto che
sia le Intese con la Cei che le
materie amministrative che eventualmente derivassero da queste
intese restano controllabili dal
Parlamento e dalla Corte Costi
tuzionale. La preoccupazione che
alcune materie sfuggano al controllo parlamentare non è solo
della Sinistra Indipendente e di
altri gruppi contrari al Concordato (DP e radicali) ma anche
dei liberali, dei socialisti, dei comunisti e dei repubblicani ed il
governo ha dovuto accogliere un
ordine del giorno in cui si impegna a « sottoporre al parlamento ogni proposta o ipotesi
di intesa concernente nuove materie o l'attuazione di principi
sanciti dall’accordo concordatario al fine di consentire alle Camere di esercitare in tempo utile i propri poteri di indirizzo ».
« Poteri di indirizzo — ha ricordato il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giuliano
Amato — sono quelli di cui le
Camere dispongono istituzionalmente e non altri ». Ma basterà
questo ad evitare il contenzioso
davanti alla Corte Costituzionale?
Giorgio Gardìoì
‘ Sono considerate fonti del diritte
i fatti e gli atti riconosciuti idonei a
creare e modificare ed estinguere le
norme di un ordinamento giuridico. Le
principali fonti deH'ordinamento giuridico italiano sono: 1) la costituzione;
2) le leggi costituzionali di integrazione e revisione della costituzione: 3)
le leggi ordinarie dello stato e delie
regioni; 4) gli atti normativi del governo (decreti legge, decreti legislaxivi delegati): 5) i regolamenti del governo, delle regioni, delle provincìe,
dei comuni. A questo si devono aggiungere i regolamenti delle comunità
europee, il referendum abrogativo (fonte negativa), i contratti collettivi di
lavoro, i regolamenti parlamentari e
le circolari del governo. Questo complesso normativo è ordinato al suo interno per evitare contraddizioni. I criteri di questo ordine sono la abrogab lità da parte di una norma incompsti- ^
bile successiva, i principi della ge.-archia e della competenza. Così ad esempio nelle materie di competenza
delle regioni lo stato non può Invadere
una sfera che non gli compete.
Sopra la testa della gente
Quale divario, ad esempio, tra
la Chiesa del Cristo e del Vangelo — quella Chiesa il cui primo
Papa poteva dire ad un paralitico: « Io non ho oro né argento,
ma questo fiosso dirti: "levati e
cammina!” », e la Chiesa di questo Concordato, che tratta per
avere lo 0,8 per cento della massa IRPEF... E quale caricatura
di Stato quella di questo Concordato, che si impegna a pagare alla Chiesa una regalia in base alle dichiarazioni fiscali dei
contribuenti quando è tristemente noto che i suoi uffici non
sono in grado di leggere che una
rninima parte di tali dichiarazioni...! Tutto, anche i successivi
confagli, sarà fatto in via presuntiva, dunque sulla base di
inevitabili giochi di potere e pattuizioni occulte tra i due establishment.
Tuttavia gli svilimenti morali
e culturali contenuti nelle formule del Concordato e ad esso
annessi non sono , a mio avviso, casuali, né erano evitabili.
Essi sono forzatamente presenti in tutti quei trattati in cui due
forze politiche, almeno nel momento in cui cominciano a contrattare, emarginano di fatto le
proprie ragioni ideali per spartirsi sudditi e beni nell’intento
di meglio sopravvivere alla durezza dei tempi.
Volendo cancellare la triste
pagina del Concordato tra la
Chiesa papista di Pio XI e lo
Stato dittatoriale di Mussolini,
lo Stato democratico e la Chiesa del Concilio avevano davanti
a sé tre possibilità.
La prima era quella di una
tacita abrogazione di quello strumento, da relegarsi di fatto fra
le anticaglie di una storia irripetibile. Era la situazione di lasciar cadere i « rami secchi », di
cui parlava Temolo; era la soluzione probabilmente migliore.
Ma forse — me ne rendo conto
— era un’utopia.
La seconda possibilità era
quella di riconoscere che l'imponenza numerica delle masse
di italiani che professano la religione cattolica, la ricca articolazione dei loro gruppi, impegnati nel sociale, la rilevanza di
una presenza culturale ed anche
— ahimè — di una presenza
economica _ degli enti ecclesiastici, tutto ciò rendeva necessario
un accordo tra Stato e Chiesa,
a servizio delle esigenze dei cittadini. Era la strada dell'intesa,
degli accordi che avrebbero potuto essere presi con la Conferenza Episcopale Italiana, cosi
come è fatto con le chiese valdometodiste e ci si appresta a fare
con la comunità israelitica. Forse tale scelta avrebbe richiesto
una modifica costituzionale: ma
quando mai si è detto che la
nostra Costituzione debba rimanere intoccabile, mummificata,
castrata della possibilità di prendere atto di realtà nuove che i
parlamentari e la nazione intera giudichino positive?
Non si è seguita neppure la
seconda strada e si è imboccata, dapprima per mancanza di
creatività (probabilmente), e poi
per l'insorgere di varie paure e
di rinascenti puntigli, assai più
burocratici che ideali, la terza
strada: quella, in discesa (ma
io dico: troppo in discesa) della
riapertura delle trattative, utilizzando lo schema precedente.
Stessi contraenti dunque (l'Italia è uno Stato estero, pur nel
ricambio dei regimi), stesse materie, stessa articolazione, semplice cancellazione o ritocco di
ciò che l'avvento della democrazia e i dibattiti del Concilio facevano ormai ritenere indifendibile, più ancora che disdicevole. E' la strada di un nuovo
Concordato.
Ciò che a me sembra più evidente, negli atteggiamenti dei
governi italiani che si sono succeduti nell'opera di restauro del
Concordato, nelle dichiarazioni
rese in Parlamento dai Presi
denti del Consiglio che si sono
avvicendati negli ultimi anni,
nelle affermazioni di alcuni parlamentari, ma soprattutto in
questi enormi vuoti lasciati in
aula, oggi come un anno fa, è
una caduta della tensione religiosa: e parlo naturalmente di
religione ecclesiale, ma anche di
religione della libertà. Sicché, mi
sembra tristemente attuale, e
per il Governo e per parte del
Parlamento, una pagina scritta
da Temolo quasi quaranta anni
fa, che dice: « Se i contrasti fra
Chiesa e Stato paiono in realtà
cessati e con scarsa probabilità
di riaccendersi, se non in effimeri fuocherelli, il silenzio e la
quiete che si sono fatti paiono
quelli dell'indifferenza (...) ».
Dall'epoca in cui, Temolo scriveva la pagina che ho prima ricordato, il decadimento della
pratica religiosa è stato certamente assai notevole. Diminuiscono ovunque le « usanze religiose » — uso questo termine
perché è difficile in certi casi
parlare di sacramenti — quali
i matrimoni ed i funerali celebrati nelle chiese. Tutto ciò può
essere letto come un processo
di crescente scristianizzazione
del nostro paese, un processo
che però è ben poco presente
nel Concordato; vive oggi in Italia una Chiesa cattolica che è
fatta di una vasta nluralità di
gruppi di servizio di cui in alcune occasioni (le grandi calamilà nazionali, il dibattito sulla
fame nel mondo o quello sulla
teologia della liberazione, i convegni sulle tossicodipendenze,
ecc.) appare la toccante vitalità.
Fuori dai confini canonici, così puntigliosamente ribaditi dal
Vaticano nel Concordato, con
l'assenso dello Stato, si dispiega ancora in Italia — e con
quanta forza e poesia — la religione del vangelo donato ai
poveri.
Come non ricordare le grandi
manifestazioni per la pace, le
cl'e
f.;m
piccole suore francescane
marciavano insieme con le
ministe, i rappresentanti delle
parrocchie giunti a Roma insieme con quelli dei consigli di
fabbrica? Come non ricordare i
funerali di Enrico Berlinguer, le
centinaia di migliaia di persone
che salutavano quella bara con
il segno della croce (che spesso
si accompagnava al pugno chiuso), quei cattolici che affermavano e scrivevano di pensare a
lui come ad una di quelle persone di cui è detto nel vangelo
che Un giorno, chiamate dal Cristo accanto a sé, domanderanno stupite: Signore, quando mai
ci conoscemmo? E si sentiranno
rispondere: ogni volta che hai
costruito soeranze per i poveri.
Questa Italia cattolica non
aveva e non ha bisogno di Concordato per vivere in pace con
queiraltra Italia che non crede
nell'aldilà, ma non per questopuò essere definita non-credente, poiché crede, invece — e
quanto fortemente talvolta —
nella solidarietà umana, nella
eguaglianza, nella libertà.
Le due Italie avevano già saputo costruire da sole la Dace
religiosa all'epoca della Resistenza ed ora sono fra loro così
intrecciate che è davvero difficile, e forse anche sciocco, cercare di distinguere Luna dall'altra.
Non avevano bisogno del Concordato e non ne trarranno vantaggio alcuno perché l'amara
realtà è che un Concordato non
assicura la pace religiosa, ma
soltanto la sommersione e, se
possibile, l'annegamento di ogni
conflitto, oppure la riduzione
del conflitto ad argomento da
trattare fra grandi, mentre i
piccoli cittadini non possono che
uniformarsi a decisioni prese
sopra la loro testa; tutti i cittadini, a cominciare da quelli più
religiosi costretti ad assistere a
uno sbiadimento della proposizione della fede in nome della
Realpolitik: Ettore Masinar