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ECO
Past. TACCIA Alberto
10060 ANGROGNA
DELLE VALLI VALDESI
SelUmanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Nom. 42 j ABBONAMENTI Í Eco: L. 2.500 per I’interno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE - 24 Ottobre 1969
Una copia Lire 60 L. 3.500 per Testerò Cambio di indirizzo Lire 50 1 Amm. : Via Cavour 1, Torre Pellice - C.C.P. 2/33094
La riforma della Chiesa
Ua rw^ssaggio alle Chiese riformate e congregazionaliste
Una fede comune
Trentun ottobre: anniversario
della Riforma protestante. Ma la
Riforma — occorre ricordarlo? —
non è tanto da celebrare quanto
da vivere. E se essa è stata, nel
XVI secolo, una grande battaglia
spirituale per riportare la Chiesa
sulla retta via restituendo alla sua
fede, alla sua vita, alle sue strutture, quella autenticità evangelica che era andata perduta, vivere
oggi la Riforma significa combattere la stessa battaglia, ma in modo nuovo dato che i tempi, gli uomini e le circostanze sono così
diversi da quelli del XVI secolo.
Vivere oggi la Riforma significa
porre alla Chiesa, anzitutto alla
nostra la questione della sua fedeltà e della sua autenticità cris'.iana, alla luce della Parola di
Dio.
Di riforma si parla un po’ dapp. rtutto, oggi, nella cristianità.
N on c’è chiesa storica che non ne
avverta l’esigenza, anche se nessuna ne sta ancora facendo l’esperi 'nza, malgrado il travaglio profi ndo in corso, si può dire, in tutte le chiese. Di riforma in atto
non si può ancora parlare, menti, si deve parlare di riforma sperata, attesa, e cercata. È importante che già si sia giunti a questo
punto. Se fino a alcuni decenni or
sono le diverse chiese cristiane
erano, a quanto sembra, abbastanza soddisfatte di se stesse e ostentavano volentieri un atteggiamento di sicurezza e sufficienza, nella
P' esunzione, dichiarata o sottintesa. di essere la migliore chiesa
possibile se non addirittura le ve11 e autentica Chiesa di Gesù Cri.“^ to nel mondo, oggi la situazione
appare profondamente mutata:
nessuna chiesa è più così sicura
di se stessa, né rispetto alle altre
ne — soprattutto — rispetto alrìr,vangelo: una salutare inquietudine ha preso il posto di molte sicurezze sostanzialmente farisaicbo; ciascuna chiesa prende progressivamente coscienza delle sue
proprie lacune e infedeltà, e sente di dover togliere la trave dal
suo occhio prima di trarre il bruscolo che è nell’occhio delle altre:
si direbbe che il giudizio di una
chiesa sull’altra sta cedendo il posto al giudizio di Dio su entrambe.
Non è difficile rintracciare le
origini di questo processo critico
e autocritico oggi presente in tutte
le chiese storiche. È stato il movimento eumenico, sorto oltre mezzo secolo fa, a dargli l’avvio e a
introdurlo nelle singole chiese e
confessioni, mentre il rinnovamento biblico, scaturito in buona
parte dalla teologia di Karl Barth,
riproponeva la tesi — che fu già
dei Riformatori — secondo cui
o una chiesa si riforma secondo la
Parola di Dio o non si riforma
affatto: semplicemente si trasforma, o si aggiorna, come auspicava
Giovanni XXIII.
Conviene a questo punto ricordare, come già è stato fatto altre
volte, che il movimento ecumenico nacque anzitutto come movimento di riforma della Chiesa:
l’unità cristiana, desiderata e propugnata, doveva essere non la premessa ma la conseguenza di una
riforma che tutte le chiese avrebbero dovuto attuare. L'unità sarebbe venuta con la riforma, non
la riforma con l’unità. Nel corso
degli anni, questa impostazione
iniziale sembra essersi quasi capovolta, nel senso che in molti
ambienti ecclesiastici l’esigenza
unitaria è diventata preminente e
le istanze riformatrici le sono state subordinate: ecumenismo è diventato sinonimo di unità, anzi
ché significare, come un tempo,
riforma.
Senonché, proprio in questi ultimi tempi, per un complesso di
fattori che non è qui il caso di
analizzare, si registra — se non ci
inganniamo — una certa flessione
di interesse per la questione dell’unità e un parallelo crescendo di
interesse per la questione della riforma della Chiesa. Ci si rende di
nuovo conto che un’unità non preceduta o accompagnata da una riforma è non solo teologicamente
improponibile ma anche e soprattutto spiritualmente insignificante. Una certa euforia « ecumenica » sta definitivamente tramontando e l’imperativo della riforma
ritorna in primo piano.
Ma se molti, nelle diverse chiese, avvertono l’esigenza di una riforma, nessuno, al momento attuale, sa veramente in che cosa
essa debba consistere e — tanto
meno — da che parte cominciare
per attuarla. A differenza di quanto accadde con la Riforma del XVI
secolo, manca oggi, con ogni evidenza, una intuizione spirituale di
fondo, una riscoperta dell’Evangelo per il nostro tempo capace
di riplasmare la fede della Chiesa
e quindi la sua vita e la sua testimonianza. Mancando questo, si
procede per tentativi, un po’ a ta
stoni, formulando varie proposte,
più o meno valide, sperimentando
nuove forme di vita comunitaria,
di testimonianza e di predicazione, suscitando qua e là dei « segni » premonitori del mattino che
viene, mentre ancora perdura la
notte. Del resto, la stessa inquietudine di molti cristiani, la loro
ricerca di una Chiesa più fedele,
più vera, più autentica, e la loro
ansia di realizzarla, sono anch’essi dei « segni » che non vanno sottovalutati. Bisogna anzi che si
moltiplichino. Bisogna che tutti i
credenti condividano, per sé e per
la loro chiesa, quest’ansia di riforma. Perché se è vero — come
gli stessi Riformatori insegnano
— che la riforma della Chiesa è
opera di Dio e non degli uomini e
quindi, da parte nostra, può solo
essere oggetto di preghiera fiduciosa e perseverante, è altrettanto vero che nessuna riforma della
Chiesa è mai avvenuta e avverrà
mai in un clima di pigrizia spirituale e di immobilismo, che ancora si riscontra in molte chiese,
comprese le nostre. Anche e proprio in vista della riforma dèlia
Chiesa, dobbiamo imparare a vivere la parola di Gesù; « I vostri
fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese » (Luca 12; 35).
Paolo Ricca
nella diversità organizzativa
Il 1970 sarà l’anno della Fusione fra l’Alleanza Riformata
Mondiale e il Consiglio Congregazionalista InternazUmale
Ginevra (spr) - « Dopo un lungo periodo di separazione, nel corso degli
ultimi decenni abbiamo realizzato in
misura crescente quale anomalia fosse
avere tanti elementi in comune in fatto di fede e di costituzione, eppure rimanere separati », dichiarano i Comitati esecutivi dell’Alleanza Riformata
Mondiale (ARM) e del Consiglio Congregazionaiista Internazionale (CCI) in
un 'Messaggio alle Chiese’ preparato
nel corso della loro recente sessione
comune. Questo Messaggio è stato indirizzato a tutte le Chiese membri in
vista della prossima unione dell’ARM
e del CCI, nell’agosto 1970.
Poggiando su di un passato comune, le due organizzazioni hanno riconosciuto la necessità di una riforma
continua e « sono giunte alla conclusione che le loro differenze in fatto di
costituzione ecclesiastica sono secondarie a paragone della loro fede comune e della loro esigenza di rendere
testimonianza in modo più efficace alla loro eredità riformata, come pure
alle loro esperienze in seno al movimento ecumenico al quale partecipano
in modo pieno ».
Il Messaggio rileva che questi due
raggruppamenti di Chiese « hanno riconosciuto un’importanza grandissima
Una predicazione di Dietrich BonhoefÌer per la «festa della Riforma»
Ci è parso utile riportare, in occasione della celebrazione della Riforma, questa predicazione di Dietrich Bonhoeffer. Essa ha anzitutto un valore storico che risulterà 'evidente ai lettori, se leggendola
penseranno che è stata pronunciata a Berlino, il
6 novembre 1932, nel culto inaugurale dell’anno accademico universitario, alla presenza del presidente
del Reich, Hindenburg. La lucidità e il vigore, Pumiltà e la ’franchezza’ della Chiesa confessante vi sono
già tutte racchiuse.
Ma più ancora interessa sottolineare l’attualità
di questa predicazione. A parte l’introduzione, essa
potrebbe essere pronunciata oggi, e così fossero le
nostre predicazioni! non cariche della sapienza dell’uomo, anche del teologo — la quale qui non appare — ma animate dallo Spirito, dall’amore di Dio.
Bonhoeffer ’sente’ anzitutto, con una sensibilità
affinata dalla Parola di Die, il suo tempo; e, nonostante le diverse condizioni storiche, è ancora il nostro tempo, un tempo di profondi rivolgimenti, di
apparenti sicurezze materiali e spirituali eppure di
segreta incertejsza e angoscia ; un tempo nel quale
tutto pare scricchiolare, malgrado il lustro esteriore,
un tempo che spìnge a chiedere: che sarà domani?
Ma soprattutto Bonhoeffer ci aiuta a vedere, an
che oggi, dietro la facciata delle nostre celebrazioni
della Riforma (a parte quelli che sono stuff di celebrarla); ci ricorda, dato che lo dimentichiamo facilmente, che la giornata della Riforma non è il giorno della fferezza della nostra Chiesa, del nostro protestantesimo, ma il giorno della loro distretta, non
è il giorno della loro glorificazione, ma quello in cm
Dio li mette sotto accusa; che la Riforma è una
realtà non quando la Chiesa protesta contro il mondo, ma quando Dio protesta contro la Chiesa: e lo
fa, proprio ora, proprio contro di noi.
Ci aiuta a ricordare, Bonhoeffer, che la Riforma
della Chiesa è anzitutto una vita con Dio, nel timore e tremore, e nell’amore, e che è questa vita che
deve continuamente ritrasfondersi e rivivere nella
dottrina e anche nel confronto confessionale, mentre l’aridità dottrinale e la sicurezza confessionale
ne costituiscono una perversione.
E ci invita, infine, a ricordare che mentre ci affaccendiamo, anche come Chiesa, in molte opere di secondo, terzo e quart’ordine, restano da fare le opere
« prime » : l’amore, « quel primo amore appassionato,
bruciante, disposto a giocarsi tutto, salvo Dio ».
G. C.
Ho questo contro di te: hai lasciato
il tuo primo amore. Ravvediti!
Apocalisse
2, 4-7
Che stiamo vivendo la dodicesima
ora della vita della nostra Chiesa evangelica, che quindi non ci resta più molto tempo prima che si decida se per
essa è finita o se inizia un nuovo giorno — dovrebbe essersi fatto chiaro
per noi, a poco a poco. E dovremmo
pure sapere che non si conforta un
morente nè tanto meno lo si richiama
alla vita a suon di fanfare; il suono di
fanfara si addice piuttosto al corteo
funebre, quando si soverchia il gelido
silenzio con un frastuono anche più gelido, e le corone funebri e la musica
funebre coprono la decomposizione.
Anche i bambini fanno cosi, quando
hanno paura della strada buia: fischiano, pestano i piedi e fanno baccano,
per farsi coraggio. A tutti noi che ancora partecipiamo alla vita della Chiesa, non sono ignoti questo coraggio,
che in realtà è un coraggio-paura, e
questo suon di fanfare, che annunciano il sopraggiungere della morte, queste fanfare funebri. E la festa della
Riforma è forse il giorno in cui ciò
risulta più stridente. Oggi, fra le migliaia di fanfare che attestano la malattia mortale della Germania, risuonerà pure quella che grida al mondo
la morte della Chiesa. La Germania,
che ha paura del suo futuro, si fa coraggio con grandi parole sonore di ogni
genere, come se potessero allontanare
fi terrore della morte. La Chiesa della
Riforma, la quale ha oscura coscienza
dell’abisso che la separa dalla Riforma e che già freme per ravvicinarsi
della mano della morte, canta con coraggio disperato: « Forte rocca è il nostro Dio... Egli è Cristo Gesù, nostro
Signore... la vittoria in mano ei tiene »,
e non si accorge che ogni volta che
dice « Dio », questo Dio si volge contro
di lei. Noi cantiamo: Forte rocca è il
nostro Dio; ma Dio dice: Ho una cosa
contro di te... La Chiesa che celebra la
Riforma non lascia in pace il vecchio
Lutero, questi è sempre chiamato a sostegno di tutto ciò che di male avviene
oggi nella Chiesa. Lo si presenta, lui,
un morto, nella nostra Chiesa, gli si
fa stendere la mano, ad indicare questa Chiesa, e gli si fa ripetere all’infinito con tutto il pathos della sicurezza
di sé: Qui sto, non posso altrimenti.
E non ci si accorge che questa Chiesa
non è più la Chiesa di Lutero; non ci
si rende conto che Lutero è stato messo dal diavolo con le spalle al muro
e costretto a dire con timore e tremore, nel timor di Dio, quel suo « Qui
sto »; e che queste parole si addicono
assai poco ad essere pronunciate da
noi, oggi. Non è affatto vero, ovvero si
tratta di una leggerezza e di una boria
imperdonabile quando ci mascheriamo
dentro queste parole: noi, infatti, pos
siamo altrimenti) dobbiamo, comunque, potere altrimenti, e sarebbe davvero una figuraccia davanti a Dio e
davanti agli uomini se potessimo soltanto così e non altrimenti. Nessuno
di noi è giunto a quell’ultima posizione, dalla quale non si può far altro,
per uscirne, che dire in preghiera a
Dio: Non posso altrimenti, Dio mi aiuti. Noi possiamo e dobbiamo altrimenti. Migliaia di volte, oggi, viene ripetuto dai pulpiti: Qui sto, non posso
altrimenti; ma Dio dice: Ho qualcosa
contro di te...
alla cornunità locale in quanto cellula
primaria della comunità universale ».
Esso chiede con insistenza alle Chiese di « ricercare uno stile di presenza
al mondo che sia animato dalla loro
obbedienza a Gesù Cristo e dalla loro
apertura a tutti gli uomini senza distinzione di sesso, di razza o di nazionalità (...). Attestiamo che Dio ci chiama, nella fede, a rivedere i metodi e
le istituzioni che conserviamo con cura gelosa, in vista di un’obbedienza più
piena e di un servizio più efficace ».
La nuova organizzazione dovrà seguire con interesse particolare le Chiese minoritarie: « Dobbiatno incoraggiurie vivamente ad assolvere alla loro missione e aiutarle a fare udire la
loro voce, affinché possano contribuire in misura maggiore all’edificazione
della Chiesa universale ».
Ma il Messaggio mette pure in guardia: « Dobbiamo pure ricordare loro
— come del resto a tutte le Chiese
membro — che le grandi gesta del passato non possono sostituire l’obbedienza oggi ».
24 pastori evanfelici erano
candidati alle elezioni tedesche
Bonn (Relazioni Religiose). - Ventiquattro
pastori evangelici ed un professore di teologia
sono stati candidati nelle varie liste presentate
in occasione delle elezioni politiche svoltesi
nei giorni scorsi nella Germania Federale. Due
erano candidati nella lista democristiana,
quattro nella lista socialista, uno nella lista
liberale, uno in quella neonazista e ben 17
si erano presentati nella lista delFestrema sinistra ADF.
AHenzione
per favore!
Da alcune settimane abbiamo assunto in proprio l’amministrazione
del settimanale, per ragioni di economia. Ringraziamo cordialmente la
Claudiana che, da molti anni ormai,
ha assicurato sinora questo servizio.
Per evidenti ragioni, è importante
che i nostri lettori, per ogni questione amrninistratiya (abbonamenti, offerte, inserzioni, cambi d’indirizzo,
ecc.) si rivolgano d’ora in poi esclusivamente e direttamente aH’Amministrazione dell’Eco delle Valli Vaidesi - La Luce, Via C. Cavour 1,
10066 Torre PelUce (Torino). A tale
scopo è stato pure aperto un conto
corrente postale, così intestato, che
reca il n.
2^33094
La Chiesa protestante celebra il suo
giorno. Fra i suoi doveri tradizionali
vi è quello di protestare. Estremamente
vario può essere l’oggetto della sua
protesta, ma deve protestare: questa
volta contro la secolarizzazione nella
sua forma atea, naturalmente anche —
e soprattutto — contro il cattolicesimo
(e i suoi pericoli soprattutto politici);
protesta contro ogni vincolo, contro
il dogma e contro l’autorità, protesta
per la libertà di pensiero e di coscienza, dell’individuo; protesta contro l’incredulità e l’immoralità; protesta contro tutti quelli che non sono in chiesa,
e che quindi non hanno alcun sentore
(continua a pag. 4)
Alleghiamo a questo numero del
settimanale un modulo di c.c.p., con
la nuova intestazione. E come ogni
anno ci permettiamo d’invitare caldamente tutti coloro che lo possono a
non attendere l’ingorgo (postale, e di
lavoro per la nostra amministrazione)
di fine anno, ma a voler versare appena possibile il loro canone d’abbonamento per il 1970, che, con qualche
sforzo, conserviamo immutato: Lire
2.500 per l’interno, L. 3.500 per l’estero.
Naturalmente ogni offerta è benvenuta: continua infatti, frequente, la
pubblicazione di numeri che superano le 4 pagine ’normali’; e questo
ritmo — se è gradito — può essere
mantenuto soltanto se un buon numero di lettori, con le loro offerte piccole o grandi, che sono anche un segno di solidarietà per la nostra modesta fatica settimanale, ci sostengono e ci incoraggiano in tal senso. Lo
scorso anno l’importo delle offerte,
che si è avvicinato alle 7(X).0()0 lire, ci
ha dato una mano decisiva in tal
senso.
Grazie dunque, fin d’ora per la vostra fraterna comprensione e collaborazione.
L’Eco-Luce
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pag. 2
N. 42 — 24 ottobre 1969
SUL TEMA DELLA PREGHIERA
La preghiera di Gesù
per i suoi discepoli
« Io non ti prego che tu li tolga dal mondo, ma
che tu .li preservi dal maligno » (Giov. 17: 15).
L’Evangelo di Giovanni ci ha cor.iservato la preghiera di Gesù
conosciuta sotto il nome di « preghiera sacerdotale ».
Notiamo innanzi tutto in quella preghiera la frequente menzione del « mondo » e l’assenza della parola « chiesa ». Si tratta
di un’assenza significativa in un tempo, come il nostro, in cui si
parla abbondantemente della Chiesa: della sua unità, del suo servizio, del suo impegno nei problemi sociali e politici del nostro
tempo. Qualcuno addirittura afferma in modo paradossale, ma
non sufficientemente chiaro, che la chiesa deve oggi « mondanizzarsi », vale a dire inserirsi nella realtà umana e mondana, partecipare alle lotte e, se necessario, alle rivoluzioni destinate ad abbattere sistemi di governo fondati sull’ingiustizia e sull’oppressione.
Nella sua preghiera Gesù concentra la sua attenzione non
sulla chiesa ma sui suoi discepoli di allora e di tutti i tempi. I
« discepoli » sono creature vive e chiamate a dare la loro testimonianza; sono coloro ai quali Gesù pensa, dicendo al Padre:
« Ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dato dal
mondo ed essi hanno osservato la tua parola ». Il Signore sa che
i suoi discepoli nel mondo incontreranno difficoltà, tentazioni,
lotte; è difficile essere cristiani e vivere da cristiani, non all’ombra dei campanili ma nelle alterne vicende della vita. Quel « mondo » è il nostro mondo di tutti i giorni, il mondo che scopriamo
ogni mattina aprendo il nostro giornale. Nel pensiero giovannico il « mondo », cioè il « kosmos », non è soltanto l’universo creato da Dio, è piuttosto il mondo che non riceve la « luce » e rimane pertanto nelle tenebre. È un mondo che reca i segni evidenti
della caduta e della colpa; il mondo della violenza, dello sfruttamento, dell'affarismo, della potenza del denaro, della concupiscenza, un mondo che ha i suoi mezzi, i suoi idoli, le sue leggi, la
sua mentalità. Il mondo ci rende « mondani », Gesù invece ci
chiama a seguirlo sulla sua strada; il mondo inaridisce in noi le
sorgenti profonde della vita. Cristo ci ordina d’esser « sale della
terra e luce del mondo ».
Non c'è da stupirsi che Gesù, alla fine del suo ministero, abbia pregato così: « Padre, io non ti prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno ».
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Questa preghiera di Gesù suscita in noi molti pensieri, in
ciascuno di noi e nella comunità cristiana.
Il credente è nel mondo ma, secondo la preghiera di Gesù,
non deve essere « del mondo »: le sue scelte, la sua condotta pubblica o privata, i suoi giudizi, non debbono scaturire da una mentalità mondana, conforme alle leggi ed ai costumi di questo mondo. Gesù prega affinché i suoi discepoli siano « preservati dal maligno » e « santificati, nella Verità» mediante l’Evangelo. Il maligno, nel linguaggio biblico, è il « nemico » dei credenti, « l’awersario », il « tentatore », colui che semina « la zizzania » nel campo di grano, colui che separa l’uòmo da Dio. Non è certamente
poca cosa vivere nel mondo ed esser preservati dal maligno!
Ma questi nostri pensieri hanno una dimensione assai più
vasta che investe la responsabilità della Chiesa nel suo insieme.
André Philip, sociologo protestante francese, in una sua recente
predicazione a Ginevra in occasione del cinquantenario dell’Organizzazione internazionale del lavoro, pronunziò queste parole:
« Il cristiano è "nel mondo”, ma non è di "questo” mondo. Egli
ama l’uomo, ciascuno nella sua singolarità, considerato come
una scintilla del pensiero divino, come l’essere insostituibile per
il quale Cristo è morto sulla croce... Tuttavia il cristiano non è di
questo mondo, non può accettare la sacralizzazione della natura.
Non si prostra né davanti ad una legge naturale né davanti ad
una morale naturale. L’uomo libero non si prostra mai dinanzi
al reale statico o dinamico; non cede né al costume, né alla moda,
né al vento della storia; attraverso lui è lo Spirito Santo che si
manifesta, sia nel giudizio come nell’azione. La nostra azione
economica, sociale, politica è assolutamente necessaria, ma i suoi
risultati sono sempre relativi. I mezzi utilizzati per questo fine
modificano il comportamento degli uomini e contribuiscono così
alla formazione o alla deformazione del loro essere profondo.
L’azione sugli uomini è quindi ancora più importante che la trasformazione delle cose. Il cristiano non cede dinanzi alle passioni
di un gruppo... non crede alla bontà naturale degli uomini, né
alla immacolata concezione di un gruppo sociale... il cristiano, al
cospetto di ciascun gruppo di uomini, dev’essere ad un tempo
materialmente impegnato e spiritualmente disimpegnato, conservando la propria libertà di giudizio sulla propria azione e salvaguardando la propria vita interiore ».
Queste parole sono un valido commento alla preghiera di
Gesù Cristo per i suoi discepoli di allora e di oggi. La verità
non viene dal mondo e tanto meno dal maligno; dobbiamo accettare che la Verità, cioè Cristo, formi la nostra mente e la nostra
coscienza in vista di una testimonianza cristiana nel mondo, in
mezzo agli uomini del nostro tempo.
Ermanno Rostan
Un anno al servizio degli allri
A colloquio col pasior Grossi di Nîmes, segrefario nazionale per l'«Année Diaconale^ in Francia
TRASFERIMENTI PASTORALI
Sistemato il campo di lavoro
Benché con ritardo, riportiamo i trasferimenti pastorali e la sistemazione
del campo di lavoro decisi dalla Tavola Valdese, dopo una serie di consultazioni con le comunità e con i “ministri” interessati.
Past. Lamy Coisson, da Susa a Rorà;
Past. Giorgio Tourn, da Agape a Pinerolo; Past. Roberto Jahier, da Pinerolo a disposizione dei concistori della bassa Val Pellice e di Angrogna;
Cand. Luciano Deodato, incaricato per
Massello e Rodoretto; Anz. Ev. Felice
Bertinat, da S. Germano a Pomaretto;,
Past. Aldo Rutigliano, da Felonica Po’
a Susa e Coazze; Past. Thomas Soggin,
da Como a Milano; Past. Eugenio Rivoir, da Agrigento-Caltanissetta a Verona e Mantova; Past. Salvatore Briante, da Messina a Como; Anz. Ev. Odoardo Lupi, da Milano a Messina e Reggio Cai.; Past. Gianna Sciclone, da Vittoria ad Agape; Cand. Emidio Campi,
incaricato per Felonica Po; Cand. Sergio Ribet, incaricato per Pachino e Vittoria.
Recentemente abbiamo avuto modo
d’incontrare il pastore R. Grossi di Nîmes, segretario nazionale per 1’« Année Diaconale » in Francia, che ci ha
parlato delle esperienze e dell'organizzazione di questo « anno al servizio
degli altri ».
Che cos’è 1’« Anno Diaconale »?
L’Anno Diaconale offre la possibilità
ai giovani di dare un anno della propria vita per servire il loro prossimo,
e nello stesso tempo la possibilità di
riflettere sul servizio.
In Francia « l’Année Diaconale » è
stata organizzata in un primo tempo
localmente in Alsazia, in seguito se ne
incaricata la Fédération Protestante,
dipartimento « Service et Entr’aide »,
che l’ha estesa a tutta la Francia; funziona così da 6 anni.
All’origine l’Anno Diaconale è nato
in Germania, e attualmente esiste anche in Austria, Olanda, Svizzera.
Nel 1970 si terrà il primo incontro
europeo dei responsabili delle varie
nazioni.
Chi sono i giovani volontari?
Il numero dei giovani volontari è
stato fino a quest’anno tra 12 e 19, a
seconda degli anni. Hanno almeno 18
anni, e provengono da una delle chiese della Riforma; l’anno scorso c’è stata anche una cattolica. I giovani che
s’impegnano sono per la maggior parte studenti, molto spesso dopo l’esame
di maturità, oppure sono giovani che
hanno. una formazione professionale,
tecnica, medico sociale, educativa, come operai, impiegati, insegnanti, infermiere ecc...
Dove lavorano?
Durante l’Anno Diaconale i volontari lavorano in diverse « opere », o servizi o in équipes diaconali: in « un’opera » ^ protestante, o ,alla Cimade, o in
« un’opera » laica. Attualmente si vuole allargare le ricerche nel campo laico, per scoprire un maggior numero di
« opere » che compiono un servizio sociale particolare in relazione alle esigenze del momento. L’opera o il servizio che- riceve i volontari dà loro un
argent de poche mensile e paga i viaggi necessari.
Come sono organizzati?
Una Equipe naaonale di responsabili si occupa dell’organizzazione generale; dei responsabili regionali riuniti
in piccole équipes seguono i giovani
volontari di una regione; e questi ultimi vivono loro stessi una vita di
équipe affiatata. L’anno di servizio è
interrotto da varie « retraites », di 2
o 3 giorni ciascuna, per fare posto alla
riflessione e agli scambi di esperienze.
Generalmente vi è una retraite al principio, verso ottobre, una in gennaio —
ricarica quanto mai necessaria dopo il
primo trimestre di lavoro e le prime
impressioni più o meno favorevoli —
un’altra soltanto regionale verso marzo, e una retraite finale di 5 giorni in
giugno, alla quale sono invitati i « vecchi » volontari degli anni precedenti.
Tutti i mesi ogni volontario scrive una
parte di una lettera circolare che favorisce la loro riflessione comune.
Ogni anno viene scelto un tema di riflessione generale, ad esempio l’anno
scorso sulla povertà, quest’anno' sulla
intelligenza.
L’Anno Diaconalé non è soltanto un
servizio, ma una riflessione.
Così si esprime l’ispettore delle
Chiese luterane:
« L’Anno Diaconale chiama a dare
un pezzo di vita, stavo per dire un
pezzo di sé stesso; no, non è esatto,
chiama a dare sé stesso, durante un
anno...
I motivi? i bisogni innumerevoli dei
servizi dell’infanzia e della gioventù?
È vero; ma credo che c’è un motivo
più profondo - il motivo? Siete fatti
per un’esistenza sportiva!
Vivete in un’epoca in cui l’Europa
è confortevole, in cui ognuno pensa alla propria sistemazione, guadagna e
spende per questo scopo molto denaro, fa quantità di sforzi...
Siete cresciuti in quel sistema, e il
sistema rischia di rubarvi tutta la vostra energia, non siete fatti per essere
quel consumatore che finisce coll’essere ingozzato da tutto ciò che non desidera.
Un mezzo per reagire? Ascoltare quest’appello. Darsi al l’allenamento sportivo del servizio; per una volta non
contare gli anni e accumulare i progetti, per una volta rompere il tempo,
per una volta perdere il proprio tempo, il tempo per te.
Siete chiamati alla gratuità... una
gratuità che può condurvi a rifare i
vostri calcoli: siete sicuri che l’impostazione della vostra vita, il luogo della vostra professione sono stati ben
scelti? Uno era partito aggiustatore, si
è ritrovato educatore; un altro si era
impegnato in Francia, un giorno sarà
in Africa.
L’Anno Diaconale? Un’eccellente occasione, tra altre, per scoprire quello
per cui siete fatti: non la comodità,
ma il coraggio ».
Alcuni volontari giudicano il loro anno al servizio degli altri.
Una giovane, 1966: « Noi ”i vecchi”,
possiamo dire adesso che l’Anno Diaconale, per difficile che sia, ci ha insegnato nel miglior modo quel che è la
vita e i suoi problemi; e per me dirò
anche che mi insegnato più di tutti gli
anni di studio prima. Gli devo maturità e coraggio per intraprendere i
miei nuovi studi ».
Un giovane, 1966: « Ho imparato ad
essere un uomo, a prendere delle responsabilità, direi anche che le due
cose sono strettamente collegate. Mi
rendo conto che uno dei privilegi di
quell’anno fu di potere ’’partager” con
gli altri » (mettere in comune le esperienze...).
Monique, gennaio 1969: « Fu un anno meraviglioso, uno dei più belli della mia vita, e soprattutto quello che
mi ha arricchita di più. Ho imparato
ad essere felice, basta così poco:
"amare”, amare quelli che ci circondano, amare il proprio lavoro... non c’è
gioia che non richieda uno sforzo, non
c’è sforzo più semplice di quello fatto
con gioia ».
Claudine 1968: « I momenti difficili
attraverso i quali passiamo sono presto dimenticati, ma ci rimane la certezza che siamo chiamati a vivere in
questa via consacrandoci a Cristo ed
agli altri. Grazie alla fiducia che mi è
stata data mi sono sentita veramente
responsabile e partecipe della vita del
Centro, e l’amicizia incontrata rimane
ancora oggi una forza nella routine
dei nuovi studi intrapresi. Mi preme
di avere la formazione sufficente per
potermi consacrare in modo efficiente
al servizio degli uomini, alla gloria di
Dio ».
E dopo?
Secondo dati statistici molto precisi, più dei 3/4 dei giovani si orientano, dopo il loro Anno Diaconale, verso
un’attività di servizio, ad esempio studi di teologia, di medicina, per assistenti sociali, educatori, animatori di
collettività, missionari, diaconesse ecc.
Altri punti tji riflessione.
La riflessione può estendersi ulteriormente: la presenza di volontari
nelle « opere » può essere, per le « opere » stesse, l’occasione di una riflessione sul significato del loro servizio.
L’équipe nazionale per l’Anno Diaconale cerca anche di proporre alle
Un appello rivolto ai giovani
per la creazione di una comunità aperta al servizio degli altri.
Centro Diaconale
Sono aperte le iscrizioni al
Centro Diaconale che, a Dio piacendo, si aprirà nel novembre di
quest’anno. A richiesta viene inviato gratuitamente il fascicolo
con la descrizione dettagliata
del progetto. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, iscrizioni, richiesta di documentazione,
rivolgersi a: Past. Alberto Taccia, 10060 Angrogna (Torino).
chiese la possibilità per gli studenti
che terminano i loro studi in teologia
di fare il loro anno di prova nel quadro dell’Anno Diaconale, per acquisire
una formazione umana che potrebbe
completare i loro studi specializzati.
Appello ai giovani, ai genitori, alle
comunità.
Ecco quel che scrive ancora il presidente della Chiesa Riformata d’Alsazia: « L’Anno Diaconale dovrebbe dunque diventare sempre più un mezzo di
servizio della Chiesa. Quest’appello deve, prima di tutto, rivolgersi ai giovani. II mondo che — lo sapete — non
crede più nelle parole, ma chiede di
essere convinto da atti, questo mondo
ha bisogno di voi; e la Chiesa ha bisogno della vostra testimonianza.
« Quest’appello è rivolto anche ai
genitori: non impedite al vostro -figlio
o alla vostra figlia di dare quest’anno
gratuito. Non sarà un anno perso, al
contrario, contribuirà alla formazione
della personalità e rappresenterà un
arricchimento sicuro e durevole.
« Infine, la Chiesa chiede ai pastori
delle nostre comunità: informate i vostri giovani, incoraggiateli! Non temete di lasciare partire uno dei vostri
giovani già impegnato nella comunità:
dando, si riceve! ».
Pensiamoci anche noi in Italia.
Qra che possediamo in Italia una
Federazione delle Chiese e una Federazione della gioventù, possiamo chiederci se non sarebbe il caso di approfittare di questi mezzi per cercare di
creare anche nel nostro paese l’Anno
Diaconale, o qualche cosa di simile.
Il pastore Grossi è pronto per conto
suo a collaborare con l’Italia, se è necessario a venirci, e intravede anche
una possibilità di scambi.
Forse è il momento per noi tutti di
non lasciare passare l’occasione. Giovani, genitori, responsabili delle federazioni e delle comunità, pensiamoci
seriamente.
M. F. CoissoN
Notiziario
Evangelico
Italiano
a cura di Renato Balma
DALLE CHIESE PENTECOSTALI
Si è svolta a Benevento VAssemblea
generale 1969. I lavori del convegno,
che si sono protratti per quattro giorni, hanno visto la partecipazione di
circa 220 persone. E stato totalmente
rieletto il Consiglio Generale delle Chiese così composto: U. Gorietti presidcn
te, G. Gerri segretario, C. Monetti tesoriere, S. Anastasio, P. Arcangeli, C.
Crisafulli, V. Federico, G. Marine!!' e
F. Toppi consiglieri.
« Questo incontro, anche se organizzato come Convegno di affari, è staio
per tutti causa di gioia profonda nel
rinnovarsi di una comunione frater.ia,
frutto dell’amore di Dio sparso nei
cuori per lo Spirito Santo ». Tra i r esoconti presentati vi era anche quello
sul “Villaggio Betania” che accogùe
bambini tra i 3 e i 16 anni e nel qu le
sono in corso lavori di ampliamerao.
« Tale opera è estremamente neces aria per sistemare in maniera adegu- la
i servizi della Comunità se intendia io
vedere aumentare il numero dei be nbini beneficati dal Signore attrave: so
questa opèra, e se vogliamo che tu ti
coloro che hanno bisogno trovino m
essa rifugio e soccorso ».
DALL’ESERCITO DELLA SALVEZZA
II primo numero di ottobre de 11
grido di guerra » riporta i reseco ti
dei campi biblici di Bobbio Pelile- e
Borio d'Ischia da tempo conclusi. Oii fllo di Bobbio Pellice, diretto dal rr i
no Dentico, ha visto la partecipaziuse
del colonnello Tzaut, del brigad
D’Angelo, che ha tenuto gli studi biblici sul tema « Le massime di Gesù », e
di Silvano Calzi che ha tenuto una
« mini-conferenza » su « Libertà e ■ esponsabilità ». « La libertà di scegliere di amare e seguire Gesù ci rende responsabili delle conseguenze della nostra scelta e della necessità di tf. re
una buona testimonianza ». Quello di
Forio d’Ischia era invece presietuùo
dal brigadiere D’Angelo ed aveva . ome tema degli studi biblici le «Pui abole di Gesù ».
Nello stesso numero viene date, il
benvenuto al nuovo generale Enrk
Wickherg, svedese.
Il nuovo anno accademloo
alla Scuola Teologica
Battista di Rivoli
In un clima di austera semplici là,
alla presenza di insegnanti, studenti e
numerosi amici, ha avuto inizio, il giorno 14 ottobre, nella cappella del Centro
Comunitario Filadelfia, l’anno accademico della Scuola Teologica Battista di
Rivoli.
I Pietro 2: 4-10 è stato il testo del
culto tenuto dal pastore Bruno Saccomani. Dal messaggio è emersa l’importanza fondamentale e nel contempo attuale del Sacerdozio. Sacerdozio che si
estrinseca nella totale dedizione all’umile e perseverante lavoro nella Comunità. Nella situazione contemporanea
in cui si sono persi di vista i veri obiettivi della testimonianza cristiana è necessario che la Comunità tutta prenda
coscienza della sua vocazione divina
di Sacerdote.
Gli studenti in teologia quest’anno
sono: Antonio Cammisa, Pasquale Castelluccio e Giuseppe Tuccitto. Il Corso
propedeutico è frequentato da: Michelangelo De Matteo e Mario Lopergolo.
II 31 ottobre, come di consueto, si
terrà nell’aula magna dell’Istituto Filadelfia la prolusione ufficiale di apertura. Relatore sarà il Preside dr. Albert
B. Craighead. Il tema: « Alcune nuove
correnti nella teologia evangelica ».
I fratelli evangelici delle comunità
viciniori sono anche in questo caso cordialmente invitati.
Pro (]olli!|ifl Valdese
Il Comitato del Collegio Valdese ricorda a quanti intendono sostenere
quest’opera che le offerte possono essere versate sul c.c.p. 2/32709, ad esso
intestato.
3
24 ottobre 1969 — N. 42
pag. 3
Nel quinto centenario della nascita di Erasmo da Rotterdam
L'Umanista e il Riformatore a confronto
Ricorre in questi giorni il quinto centenario della
nascita di Desiderio Erasmo da Rotterdam (28 ottobre
1469), il grande rappresentante deH'Umanesimo evangelico agli albori della Riforma. E proprio in questi giorni
la Claudiana pubblica, nella sua collana di testi della Riforma, il testo integrale (per la prima volta in versione
italiana) de « Il libero arbitrio » di Erasmo e una ricca
selezione da « Il servo arbitrio », che Lutero oppose all'opera dell’umanista olandese. La traduzione è stata fatta da Roberto Jouvenal (la scelta dei passi è anch’essa
diversa da quella pubblicata nel 1930 da Giovanni Miegge nelle edizioni DOXA, dato che la preoccupazione che
ha guidato la presente edizione è stata quella di scegliere
i passi che facessero da risposta e da contraddittorio al
testo erasmiamo), il quale ha pure preparata un’ampia,
intelligente, succosa introduzione, che inquadra storicamente la discussione.
In occasione della festa della Riforma, riportiamo,
in estratti, la parte conclusiva di questa introduzione,
augurando a questo volume la diffusione che merita, nell’originalità della forma dialogica in cui presenta queste
due voci: TUmanesimo (sia pure evangelico) e la Riforma, due visioni del mondo e soprattutto due impostazioni teologiche in conflitto, alle origini dell’età moderna e
che in essa si prolungano, sino ad oggi.
Roberto Jouvenal fa notare giustamente la fragilità
.fello scritto erasmiamo, da un punto di vista rigorosa
mente filosofico; altrettanto e più ancora sarebbe valido,
quel giudizio, sul piano teologico, poiché se l’umanista
Erasmo non aveva tempra di filosofo, non aveva nemmeno quella di teologo. E questo lato della valutazione è
un po’ carente, nell’introduzione: poiché il problema dibattuto, almeno per Lutero — e per il credente riformato — è anzitutto un problema teologico, di fede, come appunto il Jouvenal riconosce. Insomma, se Io schietto riconoscimento di R. Jouvenal, credente e pensatore
riformato, va alla passione e alla profondità di Lutero,
qualcosa della “carne” di R. Jouvenal, del suo cuore e del
suo pensiero, avverte la tentazione di riposare — e chi
non l’avverte, tale tentazione? — nel mondo più terso e
calmo, più rassicurante, più "umano” di Erasmo. Anche
la sua introduzione, dunque, riflettendo questa tensione,
aiuterà il lettore a comprendere che la discussione fra
l’Umanista e il Riformatore si prolunga, mutando le situazioni storiche, culturali e sociali, attraverso i secoli
dell’èra moderna, fino a noi: un conflitto che dunque non
è solo fra noi e altri, ma in noi stessi.
Grazie quindi a Roberto Jouvenal (e alla Claudiana,
anche per la piacevole presentàzione) per questa sua intelligente fatica, che la dedica ci ricorda, senza patetismi,
essersi svolta in un duro periodo di prova fisica. È stato
dunque, anche questo, un tempo messo a buon frutto.
G. C.
Ia\.\.go erasau boteroda
-W1 .AB I B r RT O ■ D V RERO AD
VIVA.NV- EFFlC.tEM OELIKIATA
Th n kpeittìx -ta EYrrp.V'A.
AA.Vr.A YIZEI
\el rifugio neutrale di Basilea
brasino si decide a scrivere contro
Lutero (1524). (...) Erasmo ha colto
ael segno indicando nel libero arbitrio (o nel servo arbitrio) il fulcro
lei problema, la pietra angolare
lilla quale s’innalza l’edificio del’Umanesimo (o della Riforma), ma
--■inbra non esservisi' impegnato molo. O — almeno — scrive con pacaezza, senza calore, con ordine, ma
enza entusiasmo. La sua padronana di sé sembra più una difesa d’uficio, compiuta per dovere, che una
rringa appassionata compiuta per
imvinzione. Non che Erasmo non
.'osse assolutamente convinto della
'.erità del libero arbitrio: sembra
piuttosto non convinto ' della neces,‘ità di dover perdere tempo, sottraendolo ai suoi studi, per portare
simili questioni in piazza, costrettovi da Lutero che ha fatto della religione una questione, appunto, di
liazza.
Probabilmente non era affar suo
■I trattare d’un simile argomento. Il
.»roblema poteva e doveva essere affrontato in sede filosofica, con rigore e penetrazione di logica strinente; invece l’opera di Erasmo non
! che una elencazione di passi con
quali ci si richiama all’autorità
Iiella Scrittura, della Chiesa e della
¡ adizione, anche se poi si cerca di
avviare, più che una discussione,
¡ma distinzione sui poteri della libertà umana. (...) L’argomento
avrebbe richiesto una tempra di filosofo, ma — purtroppo — non ci
fu che un letterato a prenderlo in
mano. (...) Emerge costante, da tutta l'opera, la preoccupazione
rumanesimo evangelico che
Erasmo, in un’incisione di A. Dürer
In una pubblicazione della Claudiana Roberto Jouvenal ha curato la versione
italiana del dibattito fra Erasmo e Lutero sul libero e sul servo arbitrio: Umanesimo e Riforma, due visioni del mondo in conflitto, alle origini dell’era moderna
deidi fron
tero getta invece le basi di tutta una
nuova cultura, di una nuova civiltà,
di una nuova storia che non si può
dire abbia negato del tutto i valori
che -Erasmo voleva salvaguardare,
anzi: li ha fatti nascere proprio nel
negarli, li ha fatti risplendere proprio nel metterli aH’ombra della sola gloria di Dio.
La reazione di Lutero non si fece
attendere (...). Il De servo arbitrio
appare a Wittenberg, infatti, a fine
dicembre. Lutero mise tutto sé stesso nella compilazione di quest’opera che, fra tutte, gli fu sempre particolarmente cara. Il suo compito fu
agevolato dalla stessa mancanza di
struttura filosofica dell’opera di
Erasmo: infatti il De servo arbitrio
è, più che un lavoro di teologia si'
stematica, un lavoro di teologia hi
blica. In questo lavoro la padronan
za di sé di Lutero è più apparente
che effettiva : in realtà, sotto una ve
ste che formalmente vuol parere og
gettiva e d'staccata, brucia uno spi
rito ardente e infuocato. Lutero pro
nunzia veramente un arringa appas
sionata in difesa di una causa per la
quale ha optato mediante una scel
ta di fede che rende ai suoi occhi
tutto chiaro e convincente (...): ecco
perché il problema, in Lutero, ha
una forza di convinzione che — purtroppo — non ha in Erasmo, dove
fl soggiacente scetticismo e la mancapacità filosofica rende
-'r»'
canza di
Tuttavia Erasmo merita un giudizio finale più benevolo di quello che
fin qui — pressati dall’aderenza ai
problemi concreti del suo tempo —
siamo stati, spesso, costretti a dare.
Erasmo non è stato profeta nel suo
tempo perché l’umanità, che nel suo
lungo e pur bre\e cammino sembra
— oggi ancora - essere allo stadio
infantile, se non è guidata da una
mano salda e forte, si perde per
strada e si smarrisce. Ancor oggi,
come ai tempi di Erasmo, la fede o
il mito o qualche irrazionale sentimento (di massa, di classe, di razza...) sembrano essere le uniche mani salde capaci di trascinare avanti
gli uomini nel cammino della storia.
Ma Erasmo non era un trascinatore
di folle, un galvanizzatore di masse, un facitore di miti. Egli fu e resta ancora oggi il simbolo di un
tempo che tutti gli uomini non possono non augurarsi che venga (anche se non sanno ancora viverlo): il
tempo in cui —^ finalmente .— l’umanità, uscita dal suo travaglio di maturazione, vivrà nella sola pienezza
della ragione, della pace, della giustizia raggiunta e del reciproco rispetto integrale. Perciò Erasmo fu
— contemporaneamente —- un sorpassato e un profeta del futuro. Un
sorpassato perché filologo in un secolo che, invece, chiamava non agli
otia letterari, ma ai negotia dell’impegno politico. Un profeta del futuro perché, in un certo senso, è il
profeta della maturità deU’intelligenza umana. Questa è la ragione
per la quale Erasmo — uomo che
per altro ancora l’umanità deve scoprire — è figura ricca di fascino,
pur con tutte le sue ambiguità e le
sue incertezze, con tutte le sue sfumature e le sue perplessità. È la
grande maturità della sua intelligenza che non può lasciare insensibile colui che Io studia.
Erasmo non è vissuto in un secolo
facile : è vissuto in un secolo che
presenta gli stessi aspetti del V, del
XIV, del XVIII e del XX, tempi tutti di profonde e rapide trasformazioni. Nello scontro delle parti, nel
fervore della lotta, nel consumarsi
delle passioni egli ha saputo mantenere una sua dignità e una sua pace
interiore. La storia non è stata tenera con lui e con il suo movimento,
ma rimane incontrovertibile che essere sempre alla ribalta della storia
stanca e che, molte volte, anche se
non lo confessiamo, vorremmo poterci sottrarre alle nostre responsabilità e ai nostri impegni per ripiegarci su di noi, per studiare, per
cercar di comprendere, anche se ciò
può significare non esser più ’compresi’ nel corso degli eventi. Questa
•fu, ad un certo momento, la collocazione storica in cui si pose Erasmo, pur non avvedendosi che, proprio quando egli cercava di esser
’compreso’ nel corso degli eventi, in
realtà se ne poneva fuori, almeno in
linea contingente. Ma, alla luce della ’storia ideale eterna’, egli acquista un senso più pieno e più vero. (...)
Se Lutero fu il profeta dell’umanità nel deserto, ed Erasmo lo riconosceva a tal punto che lo chiamava scherzosamente Eleuterio, il liberatore, rimane indubbio che il maestro di Rotterdam fu il profeta di
un paese di Canaan che l’umanità
— oggi ancora — continua a sognare mentre perdura il suo pellegri
Roberto Jouvenal
POMARETT
Anno nuovo alla Scuola Latina
le allo scatenarsi delle passioni,
vuole salvaguardare Tautonomia della ragione, la libertà e la dignità
dell’uomo.
Vieii fatto di pensare — però —
|)roprio riguardo al generoso tentativo deH’umanesimo evangeli’PO, al
detto di Ge.sù: « chi vorrà salvare la
sua vita la jierderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio la
troverà ». Nello sforzo di centrare
sull’uomo tutta la vita, i valori, la
cultura, l’umanesimo evangelico falli e fu travolto. Proprio nel negare
che l’uomo potesse di per sé essere
centro di vita e di luce sul cammino
della civiltà e neH’affermare con forza che l’uomo vive solo di riflesso
e per riflesso della grazia di Dio, Lu
La casa di Erasmo a Bruxelles
tutto più morbido e attutito, comunque meno probante.
(...) Lutero, proprio nel rifiuto
della tradizione dei padri e nell’affermazione energica del ’sola Scriptura’ (che vuol poi dire « libero esame’, esame cioè assai più libero senza gli impedimenti delle varie interpretazioni patristiche, conciliari,
scolastiche e papali!), viene di fatto ad affermare — assai più di quel
che Erasmo e rUmanesimo evangelico credevano di fare —• la vera dignità dell’uomo singolo che è capace di intendere la Parola di Dio.
Pertanto il vero umanista, nella giusta e unica prospettiva storica in cui
veramente l’uomo può essere visto,
è Lutero e non Erasmo.
NOVITÀ CLAUDIANA
Nella Collana
di Testi della Riforma
Erasmo da Rotterdam
Il libera arbitrio
Testo integrale
Martin Lutero
Il servo arbitrio
Passi scelti
Introduzione, versione e note
a cura di Roberto Jouvenal
p. 252, con 4 tavole f. t.
L. 1.600
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
Il panorama studentesco della Scuola contempla anche quest’anno una presenza varia,
con aumento degli alunni provenienti da zone
fuori delle Valli: Svizzera, Italia del Sud e
Nord. Il rapporto della Preside ha illustrato
Fattività sociale, missionaria della Scuola nel
contesto scolastico nonché interessi vari per
opere e iniziative valide. Anche quest’anno il
numero di 86 alunni indica la serietà della
Scuola nell’impegno dei docenti e dell’ambiente stesso.
Quest’anno nella linea dell’integrazione ha
avuto inìzio il doposcuola in comune ConvittoScuola Latina e nei locali stessi della Scuola
sollevando il Convitto d’una parte notevole di
responsabilità sul piano dello studio. Insegnanti, un assistente del Convitto e due esterni formano il gruppo di lavoro che si delinea
ricco di buone prospettive per questo anno
scolastico.
La meditazione per la giornata inaugurale
è stata tenuta dal segretario della C. D. Past.
Marco Ayassot e adatta per il particolare ambiente scolastico. La seconda parte invece è
stata offerta da Giorgio Ori va che ha presentato interessanti diapositive sull’impresa da
lui compiuta con un gruppo di esperti della
montagna nel gruppo dell’Ararat, consentendoci di riflettere sulla vita estremamente povera delle popolazioni delFAnatolìa e dei paesi
percorsi nell’itinerario. A nome della Scuola
ringraziamo molto il Pastore Ayassot ed il
signor Grìva per la loro buona collaborazione.
Ospedale Valdese
Sono iniziati i servizi ambulatoriali presso
il nostro Ospedale : gli iscritti all’Istituto Nazionale (INAM) potranno usufruirne mediante la presentazione dell’apposito modulo rilasciato dai Medici curanti. Per informazioni
più dettagliate si prega di rivolgersi alla Segreteria dell'Ospedale (Telef. 82.28).
La Direzione dell’Ospedale di Pomaretto ci
prega di far presente come sia auspicabile che
l'Associazione Italiana Volontari del Sangue
di Perosa Argentina possa contare per il futuro su di un maggior numero di iscritti.
Con la ripresa della sua attività ospedaliera anche l’Ospedale di Pomaretto necessita di
donazioni di sangue ed i donatori, essendo in
numero limitato, vedrebbero volentieri accrescere la loro benemerita schiera. Siamo certi
che la popolazione valligiano non sarà insensibile a questo appello.
Contro la fame
degli altri
Pubblichiamo un nuovo elenco
delle offerte pervenuteci nei giorni scorsi. Purtroppo si tratta di
un elenco piuttosto breve e la ragione è forse data dal fatto che le
poste — al momento in cui scriviamo — sono in sciopero (per lo
meno, ci auguriamo che il motivo
sia questo!).
Come i lettori sanno, stiamo
raccogliendo una somma per il
« Centre Familial Evangélique »
del Gabon la cui attività è ostacolata da difficoltà finanziarie ed
invitiamo ancora una volta tutti
quanti a sottoscrivere con generosità. « In quanto lo avrete fatto a
uno di questi minimi, lo avrete
fatto a Me ».
Da Pinerolo: B. Carro 5.000.
Da Angrogna: R.M.F.C. 1.000.
Da Venezia: C. Bocus 1.500; fam. Viti 1.500; fam. Zecchiti 3,000.
Da Torre Pellice: E. M. 1.000.
Da Torino: A.E.M. 2.000; E. Cerbi
3.000.
Da S. Remo: C. Barilaro 1.000.
Da Bari: La scuola domenicale della
Chiesa ev. valdese 17.000.
Da Udine: P. Crillo 1.000.
Totale L. 37.000; tot. prec. 732.386; in
cassa L. 769.386.
Preghiamo inviare le offerte direttamente o tramite conto corr. postale
n. 2/39878 a: Roberto Peyrot, corso
Moncalieri 70, 10133 Torino.
4
■pag. 4
N. 42 — 24 ottobre 1969*'
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Hai lasciato il tuo primo amore
Si intensificberà
la coHahorazione
fra le Chiese
aietadiste eurapee
Zurigo (epd) - II Consiglio della Conferenza centrale evangelico-metodista
in Europa ha tenuto la sua sessione
dairi al 3 ottobre a Freudenstadt, nella Selva Nera. La sessione è stata presieduta dal vescovo Ernst Sommer, di
Francoforte sul Meno.
Il lavoro del Consiglio si è concentrato su alcuni punti chiave. La Conferenza metodista giovanile d'Europa
aveva sollecitato la creazione di una
Commissione per il lavoro giovanile
in Europa, comune a tutte le Chiese
metodiste. Uno dei compiti essenziali
di tale Commissione sarà la diffusione
deU’impegno diaconale giovanile internazionale, quale programma ecumenico per tutti i paesi europei. Il Consiglio ha approvato questa richiesta e
votato i fondi necessari. Attraverso lo
scambio dei giovani e il loro servizio
in altri paesi si contribuirà alla pace
in Europa.
Il Consiglio ha discusso come si possa migliorare la collaborazione fra le
Chiese metodiste in Gran Bretagna, in
Irlanda, in Italia, nel Portogallo, in
Francia e l’Eglise Protestante del Belgio; e fra l’altro ha deciso di pregare
queste Chiese di voler inviare dei rappresentanti stabili alle sedute del Consiglio.
La Commissione teologica, fondata
nel 1966, ha presentato un rapporto
su battesimo, confermazione e appartenenza alla chiesa, basandosi su di
uno studio del dr. Ole E. Borgen, di
Stoccolma, su questo tema. Il Consiglio ha deciso la diffusione di questo
lavoro nell'ambito delle tre Conferenze centrali, sperando di suscitare così
la più ampia partecipazione alla discussione di questi problemi.
Sono poi state esaminate questioni
strutturali del Metodismo mondiale ed
è stato accolto il rapporto della commissione di lavoro per la missione, dal
quale risulta che attualmente 108 missionari della Chiesa evangelica metodista di queste tre Conferenze centrali, lavorano in 19 paesi.
UNA BATTISTA LIBERIANA
PRESIEDE ALL’ONU
LA 24» ASSEMBLEA GENERALE
Nazioni Unite (soepi) — A presidente della 24» sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite è stata eletta una donna battista della Liberia, la
signora A. Brooks, di 41 anni.
Questa donna è stata allevata da una
balia dato che suo padre, pastore della Chiesa africana metodista episcopale di Sion, era troppo povero per
tenere i suoi nove figli a casa.
La signora Brooks è laureata in lettere presso una Università del Nord
Carolina (USA) ed ha pure ottenuto il
dottorato in legge, in scienze politiche
ed in relazioni internazionali presso
l’Università del Wisconsin. È stata ammessa alla corte suprema liberiana nel
1957, come consigliera in diritto.
Divorziata e madre di due ragazzi,
ha adottato tre piccole ruandesi nel
1962 ed ha contribuito alle spese per
l'educazione di 47 piccoli liberiani.
CONGREGAZIONALISTI
E PRESBITERIANI
PER LA PRIMA VOLTA
IN SEDUTA COMUNE
Beirut (spr) — I Comitati esecutivi della
Alleanza Riformata Mondiale e del Consiglio Congregazionalista Internazionale si sono
riuniti per una sessione comune di sei giorni. presieduta alternatamente dal past. W.
Niesel. presidente dell'ARM, e del past. A. E.
Bladen, moderatore del CCI. E’ stata la prima riunione comune dei due Comitati.
Questo Comitato esecutivo comune ha avuto come obiettivo principale la preparazione
deirAs-emblea prevista per l'agosto 1970 a
Nairobi, nel Kenia, Assemblea che deve sanzionare l’unione di queste due organizzazioni confessionali, che diverranno la nuova Alleanza Riformata Mondiale (presbiteriana e
congregazionalista). Alcune commissioni si
erano incaricate della maggior parte dei lavori preparatori e hanno trattato separatamente i problemi del programma dell’Assemblea, di viaggi e finanze, di informazione,
pubblicità e pubbliche relazioni.
La fusione del 1970. frutto di dodici anni di conversazioni e negoziati, ratificherà
ufficialmente un certo numero di misure pratiche c amministrative che sono già state prese. La sede del CCI. sin qui a Londra, si è
trasferita un anno fa al Centro ecumenico
di Ginevra: il Servizio stampa riformato
(spr) c il bollettino trimestrale The Reformed and Presbyterian World dall’ottobre
1968 sono pubblicati congiuntamente dalle
due organizzazioni: e cosi pure vi è stata una
fusione del personale.
Si calcola che saranno circa 5.50 le perso
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
ne che parteciperanno all’Assemblea di Nairob , di cui 350 delegati ufficiali. Come innovazione alla prossima Assemblea c’è da notare la possibilità offerta a piccole Chiese, la
cui partecipazione è di regola fissata a un
solo delegato, di inviare un (una) delegato
(-a) supplementare, a condizione che abbia
meno di trent’anni. Sessantadue delle centododici Chiese membri rientrano in questa
categoria.
UN SEMINARIO INTERNAZIONALE
GANDHIANO IN UNGHERIA
Budapest (hcp). - In occasione del centenario della nascita di Gandhi, il Consiglio Mondiale della Pace e i Resistenti Internazionali
alla Guerra hanno organizzato dal 29 settembre al 1“ ottobre un seminario internazionale
gandhiano a Budapest, per discutere le propettive del disarmo, dall’indipendenza nazionale e della fame. Il problema del disarmo è
stato presentato dall’ex-sindaco di Firenze, La
Pira, e dall’ungherese Sandor Pirityi; il problema dell’indipendenza nazionale è stato discusso dal prof. Chelyshev (URSS), da Shri
Devi Prasad (India) e dal prof. Istvan Kubik
(Ungheria), mentre il tema della fame è stato
introdotto da Shri H. D. Malaviya (India) e
dal prof. Mihaly Simai (Ungheria).
IL CARDINALE
E LA PENA DI MORTE
San Paolo (Relazioni Religiose). - L’arcivescovo di San Paolo del Brasile, Cardinale Angelo Rossi, ha dato il suo appoggio al progetto del governo militare brasiliano per l’introduzione della pena di morte. In una pubblica dichiarazione, il Presidente della Conferenza Episcopale Brasiliana, Cardinale Rossi,
ha difeso il diritto dello Stato di usare la pena
di morte richiamandosi aU’insegnamento di
Pio XII. Il Cardinale Rossi, è stato nominato
da Paolo VI tra i tre presidenti del recente
Sinodo Vaticano.
(segue da pag. 1 )
della protesta: ecco il giorno del protestantesimo!
Con quale leggerezza, con quale sicurezza possiamo protestare, che stupenda giornata! « Noi protestiamo! »
esclamiamo; Dio dice però: « Ma ho
qualcosa contro di te... »; cioè Dio protesta; contro chi? contro di noi e contro la nostra protesta! Come facciamo
a non udirlo? Il protestantesimo non
significa la nostra protesta contro il
rnondo, ma la protesta di Dio contro
di noi: « Ma ho qualcosa contro di
te... ».
Non fingiamo. In fondo sappiamo
benissimo che ciò che conta non è il
« Forte rocca », non è il « Qui sto », non
è questa nostra protesta. Conosciamo
bene la protesta di Dio contro di noi,
sappiamo che appunto la festa della
Riforma è la più violenta campagna
che Dio conduce contro di noi. Ma non
vogliamo rendercene conto e accettarlo, né di fronte a noi stessi né di fronte al mondo. Abbiamo paura, non siamo all’altezza di questo attacco; abbiamo paura di svergognarci davanti
a Dio e davanti al mondo se lo riconoscessimo. Perciò in questo giorno
facciamo tanto baccano...
Ma non c’è più tempo, per noi, per
simili celebrazioni ecclesiastiche. Lasciate finalmente in pace il morto Lutero, ascoltate l’Evangelo, leggete la
sua Bibbia, ascoltate la parola di Dio
stesso. Nel giorno del giudizio, Dio
non ci domanderà certamente; Avete
celebrato delle feste della Riforma rappresentative?, bensì; Avete ascoltato e
osservato la mia Parola? Lasciamoci
dunque dire: Ma ho questo contro di
te: che hai lasciato il tuo primo amore.
Così potessi dirvi questa parola in
modo che vi ferisca. Deve ferirvi, altrimenti non è parola di Dio. Ma vedo
che subito, come si fa con un brutto
romanzo, leggete prima il lieto finale,
per non essere troppo turbati da ciò
che precede e per poter sempre dire
che tutto finisce bene. « Ma ho questo
contro di te: che hai lasciato il tuo
primo amore ». Estremamente pre
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
MAL SOTTILE
DELL’OCCIDENTE
Il governo francese, dopo i celebri avvenimenti del maggio 1968, ha
creato una nuova università a Vincennes, avente carattere sperimentale.
La grande originalità dell’esperimento
è stata quella di accettare, in quella
università, uomini e donne decisi a fare degli studi superiori senz’essere in
possesso d’alcun titolo di scuola secondaria. Nel dar notizia dei primi risultati dell’esperimento, ritenuti disastrosi, e dei difficilissimi, angosciosi
problemi cui l’esperimento ha dato
luogo, Claude Monnier sul « Journal
de Genève » del 18-19.10.'69 così commenta:
« La nostra ipotesi è che il mondo
nel quale viviamo cambi continuamente. Tale affermazione è banale, e tuttavia il fatto che, da vari millenni, le
società non hanno saputo “sentire" in
tempo i cambiamenti, è quello che ha
reso oggi così mostruosamente ricco
il catalogo delle guerre e delle rivoluzioni.
Perché? Perché gli uomini, anche se
sono infelici, hanno paura del cambiamento. Un proverbio messicano dice
molto bene: “Val meglio un male conosciuto, piuttosto che un bene che
bisognerà ancora conoscere”. La paura
del cambiamento arriva a tal punto,
che ogni società costruisce dei sistemi
d’auto-accecamento, affinché i segni
precorritori del mondo che viene passino inosservati. Ed allora, improvvisamente, un giorno, noi ci risvegliamo
con una guerra od una rivoluzione; allora, per il fatto che noi abbiamo troppo dormito, la storia si prende giuoco
di noi come se fossimo pagliuzze.
In Occidente l’auto-accecamento è di
qualità estremamente raffinata: la società, quando s’inquieta per il rumore
d’un cambiamento, assimila, annette,
“ricupera” puramente e semplicemente le forze che tendono a provocare il
cambiamento, e ciò per meglio renderle inoffensive. Occorre qui sottolineare il fatto che si tratta di meccanismi di difesa sociale, di cui noi siamo generalmente incoscienti, e che
hanno il carattere inevitabile dei grandi processi fìsici o biologici.
L’Occidente s’inorgoglisce, e a giusto titolo, della sua capacità, mai ancora uguagliata nella storia, di “comprendere” gli altri. Ma questa capacità è equivoca, perché comprendere le
forze nuove significa anche togliere
loro denti ed artigli. L’esempio più recente, e tuttavia già classico, è quello
della cosiddetta "contestazione”, che è
una forza di revisione critica e di rinnovamento. In un primo tempo, la società, angosciata, si ribellò; ma in un
secondo tempo, dopo il maggio ’68, la
contestazione s’è guadagnata le sue
credenziali, s’è acquistato un suo diritto di cittadinanza: è stata annessa,
dunque evirata.
In questo sistema che assimila le
forze di cambiamento, per mezzo della ragione, del dialogo e della comprensione, è evidente che soltanto l’irraz.ionali.smo totale, il rifiuto cinico di
ogni dialogo e la violenza senza senso,
possano ancora compiere l’umido del
campanello d’allarme, ricordarci ,che
domani sarà un altro giorno e che è
necessario prepararsi con idee nuove
(veramente nuove, e non fatte riverniciando idee antiche), con una mentalità vigile ed aperta, non abbrutita dai
pregiudizi, dalle ideologie e da altre
vecchie chimere.
.Sarebbe assurdo domandare ai
“maoisti” di Vincennes, o ad altri, di
proporci un modello del mondo futuro. I maoisti non hanno nulla da proporci: non è del resto questa la loro
funzione storica. La loro funzione storica è quella di mantenerci svegli. Perché, come diceva un certo professore
di New York, “Quando le minoranze si
agitano, vuol dire che le maggioranze
sono ammalate” ».
L’analisi ci sembra chiara e profonda. Ma, come credenti, vogliamo aggiungere la nostra conclusione. Noi
guardiamo, in speranza, solo a Colui
che ha detto: « Io faccio ogni cosa
nuova ».
IL NUOVO NOBEL
DELLA PACE
■4- Lunedì 20 c. m. è stato deciso di
conferire il premio Nobel della Pace,
per il 1969, all’« Organizzazione Internazionale del Lavoro » il cui ufficio, dipendente dairONU, risiede a Ginevra.
Il fatto può avere stupito molti, tantopiù che i candidati erano ben 45 (fra i
quali anche il sociologo italiano Danilo Dolci). Perciò pensiamo che possano interessare le seguenti notizie.
« Il Nobel della Pace venne attribuito per la prima volta nel 1901 allo svizzero Henri Dunand e al francese
F. Passy, per la loro attività umanitaria. Dopo d’allora, la commissione giudicatrice ha attribuito questo premio
quarantanove volte. L’anno scorso è
stato premiato René Cassin, membro
dell’Istituto di Francia e vice-presidente del Consiglio di Stato francese.
Negli anni 1966 e 1967, il premio an- '
dò vacante. Inoltre il premio venne
più volte attribuito non già a singole
persone, ma ad inteYe organizzazioni.
La prima di queste, in ordine di tempo, fu Vlstituto di Diritto Internazionale” di Gand (1904). La “Croce Rossa
Internazionale” fu premiata ben tre
volte (1917, 1944 e 1963). L’“Ufficio Internazionale” per i rifugiati, con sede
in Svizzera, fu premiato nel 1968. Nel
1954 l’“Alto Commissariato all’ONU”
per i rifugiati. Infine, nel 1965, l’UNICEF ( = "Fondo dell’ONU per l’Infanzia”).
L’Organizzazione Internazionale del
Lavoro venne fondata nel 1919. Tra i
fondatori si distingue la grande figura
del sindacalista francese Leon Jouhaux, che ottenne lo stesso premio, a
titolo personale, nel 1951, e la cui vedova dirige attualmente l'“Ufficio Internazionale del Lavoro”, organo esecutivo della detta Organizzazione, con
sede a Parigi. Compito particolare e
principale dell’Organizzazione è la lotta contro la disoccupazione ».
(Da « Le Monde » del 22.10.1969)
gnante è la differenza che distingue
ciò che qui viene chiamato il primo
amore, e ciò che in genere designamo
con queste parole: oltre a questo primo amore non ve n’è alcun altro. Questo primo amore è assolutamente l’unico amore che vi sia, perché è l’amore
che Dio ha per noi e che noi abbiamo
per lui; all’infuori di questo primo
amore non vi è che odio; abbandonarlo
significa abbandonare Dio, e abbandonare il fratello; non resta altra possibilità che l’odio.
«.Ma ho questo contro te: che hai
lasciato il tuo primo amore ». Le cose
andavano dunque altrimenti, un tempo! c è dunque stato un principio, in
te, una volta! Una volta hai avuto da
fare con Dio — oppure no? Ma sì, un
tempo lo hai pregato, gli hai detto il
male che è in te e il tuo tormento, un
tempo lo hai amato; hai cercato di vivere con lui. E in quel tempo è successo qualcosa ar.cne nel tuo ambiente,
aualcosa di reale; un tempo hai amato
gli altri — per quanto possano essere
spesso irritanti, e darti tanto da fare
e da pensare —, perché lo facevi pensando all’amore di Dio. Un giorno hai
pensato che Dio doveva essere il Signore della tua vita, fin nell’intimo più
riposto, fino alla radice; certo, e lo è
effettivamente stato, quando andavi fra
i tuoi fratelli con Gesù Cristo nei tuoi
pensieri e nel tuo cuore. Ma ho questo
contro di te...
E volgiarnoci alla Chiesa nel suo insieme: dov’è il tempo della prima .grazia, il tempo in cui i primi cristiani
riconoscevano che Gesù Cristo era il
Signore della loro vita, e lasciavano
le 'oro case per mettersi al suo servizio, quando il fuoco fu acceso e cominciò ad ardere? il tempo in cui ravvicinarsi del Regno di Dio era atteso
con tale intensità, che in quest’attesa
esso scendeva e prendeva forma nei
’ segni” più straordinari? Dov’è il tempo di cui si può dire: « e la comimità
era un sol cuore e un’anima sola; e
nessuno diceva suoi i beni che possedeva, ma avevano tutto in comune.
E con gran potenza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione
del Signor Gesù, e la grazia riposava
sovrabbondante su loro » (Atti, 4, 32
ss.)? Dov’è la comunità che, poiché credeva al miracolo di Dio, alla risurrezione dalla morte alla vita, considerava
tutto possibile a colui che crede, in
forza della grazia e dell’amore verso
Dio, sì che l’uno amava l’altro, si immedesimava nella distretta dell’altro e
10 aiutava umilmente? Dov’è la comunità del primo amore, la quale, simile
a un candeliere, parla nel mondo della
luce di Dio?
Ma che serve ricordare il passato.
E’ passato, perduto. L’individuo dirà:
sì, quello è stato il mio primo amore,
11 mio primo amore infantile; crescendo, è passato. Era bello, certo, ma era
illusione. Ho imparato, ho visto che il
inondo è cattivo e che non tutto è possibile; che dobbiamo scendere a compromessi, che dobbiamo accontentarci.
Ciò mi ha paralizzato, è vero, ma ho
acquistato in saggezza. Pure la Chiesa
parla così. Che rispondere? Pensi forse
che i primi cristiani, i Riformatori, le
prime comunità non abbiano saputo
che il mondo è cattivo? Come avrebbero potuto non saperlo, proprio loro
che avevano visto come il loro diletto
Signore era stato crocifisso dal mondo? L’hanno saputo, centomila volte
meglio di noi. Ma ascolta dunque la
Bibbia, leggi dunque Lutero. Essi hanno anzi saputo qualcosa che è ancor
più fondamentale: hanno conosciuto
la radice della malvagità del mondo,
cioè l’odio contro Dio e contro il fratello e l’amore che l’uomo ha per sé.
Ma hanno anche udito e visto che Dio
ha vinto quest’odio e proprio in questo mondo, per mezzo di Gesù Cristo,
della sua croce e della sua risurrezione. Essi hanno creduto, nel mondo, al
miracolo dell’amore di Dio e hanno
perciò amato Dio • e il fratello.
E ora a te, individualmente. Non hai
forse creduto e saputo, un tempo, che
l'odio è vinto e che l’amore ha ragione? E’ possibile che fosse illusione,
allora, per te — chi può fidarsi del
passato? —, ma lasciati dire oggi che
oggi non è affatto un’illusione, che oggi
è vero e Dio stesso interviene e parla:
« Ho cuesto contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore — hai lasciato me ».
« Rifletti, da dove sei caduto, e ravvediti ». Questo appello, non altro, ha trascinato Lutero alla sua Riforma. Rifletti, da dove sei caduta, e ravvediti!
— gridò alla Chiesa cattolica. Dovresti
bruciare, e sei fredda; dovresti vegliare, e sei pigra; dovresti essere affamata, e sei sazia; dovresti credere, e hai
paura; dovresti sperare, e afferri il potere; dovresti amare, e non riesci a
liberarti da te stessa; dovresti lasciare
Cristo essere il Signore, e gli dai sulla
voce; dovresti far miracoli, in lui, e
non fai nemmeno le cose più normali.
Rifletti, da dove sei caduta, e ravvediti.
La Chiesa della Riforma è la Chiesa
di coloro che affrontano questo appello al ravvedimento e riconoscono
Dio quale Dio; è la Chiesa di coloro
che sanno che colui che sta ritto deve
badare a non cadere e che quindi non
ha da vantarsi del suo stare ritto. La
nostra Chiesa consiste nella Parola di
Dio, e questa parola ci giudica. La
Chiesa, la quale vive nel ravvedimento
e lascia che Dio sia Dio, quella è la
Chiesa degli apostoli e di Lutero.
« Rifletti, da dove sei caduto, e ravvediti, e fa le opere di prima ». Quest’ultimo elemento è inscindibile dagli
altri: senza di esso il resto non ha
senso. Può parere addirittura shoccante parlare di opere nel giorno della Ri
forma. Ma fraintenderebbe terribilmente l’Evangelo, chi pensasse che la fede,
il ravvedimento siano cose per l'ora
del culto. Credere, ravvedersi significa
riconoscere effettivamente che Dio è
Dio, essergli ubbidienti anche nel nostro agire, anzi lì soprattutto. Fa le
opere di prima, occorre precisare. Infatti nessuno che conosca la Chiesa odierna lamenterà che essa non faccia
nulla. Anzi, la Chiesa fa moltissimo, e
10 fa anche con molta dedizione e molta serietà; ma tutti noi facciamo tante
opere di secondo, terzo e quart’ordine,
non le opere prime. Proprio per questo la Chiesa non fa nulla di fondarnentale. Celebriamo, rappresentiamo,
ci sforziamo di esercitare un'influenza,
creiamo un movimento evangelico,
svolgiamo un’attività evangelica per i
giovani, un servizio assistenziale, una
propaganda anti-atea — ma facciamo
le opere d’importanza primaria, quelle
essenziali? cioè amiamo Dio e amiamo
11 prossimo con quel primo amore appassionato, bruciante, che mette in gioco tutto, salvo Dio? Riconosciamo davvero Dio come Dio e ci rimettiamo
davvero a lui, noi e la nostra Chiesa?
■Se così fosse, la situazione si presenterebbe diversa, qualcosa dovrebbe pure
risultare — tuttavia non abbandoniamoci alla tentazione peggiore, quella
di forzare noi tali risultati. Sta a Dio
farlo, ma poniamoci al suo servizio,
riconoscendolo quale Dio, con quel primo amore. Chissà che non si avveri
di nuovo ciò che abbiamo letto prima:
La folla dei credenti era un solo cuore
e un’anima sola... e avevano tutto in
comune.
Ed ecco, il suono si fa grave: « Se
m.', verrò tosto a te e rimuoverò il tuo
candelabro dal suo posto, se non u
ravvedi ». Ecco una parola di una serietà che non scherza. L’ora della nostra Chiesa si è avvicinata. Dio ha pazientato a lungo, generosamente. Non
conosciamo l’ora. Può piombarci addosso aH’improvviso e spazzare via ogni
cosa. Già tutto scricchiola. E Dio si e
già servito degli strumenti più strani
per compiere la sua opera di distruzii.?ne. La storia della distruzione di Gen?salemme da parte degli increduli corrimela ad avere per noi un valore tei ■
ribilmente attuale. Comunque avveng i
(non vogliamo oggi spendere grandi pa
role sulle nostre gesta eroiche in talo
rovina), Dio è il Signore.
L’Iddio distruttore, di fronte al quale ci pieghiamo, è il Dio della prome-ssa. Egli solo conosce il suo popolo.
E’ qui, forse fra noi. Egli solo sa di
chi parla, quando dice: « Chi ha orecchie per udire, oda ciò che lo Spirito
dice alle chiese: a chi vince, io darò da
mangiare dell’albero della vita, che è
nel paradiso di Dio ». Saremo noi? potremo vincere, credere fino alla fine?
Il futuro ci spaventa. Ma la promessa
ci conforta. Beato chi ad essa è chiamato.
E ora, uscendo di chiesa, non demandatevi se è stata una bella , o una
brutta festa della Riforma; andiamo,
piuttosto, e facciamo le opere prim:;rie. Dio ci aiuti. Amen.
Dietrich Bonhoeffer
A Torino, 1-2 novembre
Oonreienza straordinario
del II Distretto
La Conferenza del II Distretto è convocata a Torino, nel tempio di Corso
Principe Oddone 7, sabato 1 e domenica 2 novembre con il seguente ordine del giorno:
— Sabato ore 10: Culto ed elezione del
Seggio - Presentazione e discussione dell’argomento: Il messaggio biblico e la visione moderna su peccalo e redenzione.
Pomeriggio: Presenza evangelica
nella città (a cura delle varie comunità).
Sera: Responsabilità delle Unioni
giovanili — motivazioni e programmi (a cura delle Unioni giovanili).
— Domenica ore 10,30: Culti nelle
quattro zone della città, con brevi
messaggi su « Presenza della Chiesa nella città (a cura delle varie comunità del Distretto).
Pomeriggio: Predicatori laici, finanze, ordini del giorno conclusivi.
Il pernottamento è assicurato per la
notte dal sabato alla domenica a chi
si sarà prenotato presso il Pastore
Carlo Gay - Via Madama Cristina, 11 10125 Torino.
La Commissione Distrettuale
CONTINUA L’OFFERTA SPECIALE del vero OLIO D’OLIVA di ONEGLIA a famiglie evangeliche con sconto di L. 50 a litro.
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si raccomanda ad ognuno che si interessi della propria salute.
Per informazioni con listino completo scrivere a; PAOLO SCEVOLA - Casella Postale 426 - 18100 IMPERIA
ONEGLIA.