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Anno 122 - n. 46
28 novembre 1986
L. 600
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre PeUice
delle vaUi valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
PAPA WOJTYLA: UN MITO TRAVOLGENTE
Il moto perpetuo
25-30 mila, forse anche più.
Sono j marciatori per la liberazione fiscale che domenica
mattina a Torino hanno dato luogo alla manifestazione
« contro le tasse ». Sono artigiani, commercianti, piccoli Imprendiiori, liberi professionisti,
ma anche pensionati e qualche
lavoratore dipendente. Hanno in
comune il sentimento di essere
dei « tartassati » dal sistema fiscale, e la pratica di pagare le
tasse secondo U principio della autodeterminazione (pagano
quello che ritengono giusto, il
resto lo evadono). Non chiedono tasse eque, ma di pagare meno. Sono stufi di evadere, vorrebbero che la loro tassa autodeterminata fosse quella legale.
Una protesta senza una piattaforma rivendicativa comune,
anche se gli organizzatori annunciano una proposta di riduzione delle aliquote delTIRFEF,
che evidenzia un malessere diffuso tra i l gente, « la gente che
lavora 15 ore al giorno per poter pagare le tasse », tra la piccola borghesia e il ceto medio
circa il sistema tributario, ma
più in generale verso il sistema
politico italiano.
All’insegna del « meno stato,
più mercato » tre professori universitari (Sergio Ricossa, Gianni Marongiu, Antonio Martino)
hanno cercato di dare dignità
teorica alle tesi antitasse dei
manifestanti. Certo con i manifestanti sono sfilati esponenti di alcuni partiti, i liberali
(che però hanno grandi responsabilità nel sistema tributario
italiano), i missini, pronti a cavalcare ogni protesta « contro il
regime », ed altri come radicali
e il partito autonomista Piemont
che vogliono essere partiti della
società contro i partiti del palazzo, ma nessuno di essi può
oggettivamente rivendicare la
rappresentanza del movimento,
che invece è ii segnale di una
profonda divaricazione tra sistema politico e ceto medio. La
fiscalità è infatti uno degli indicatori più sintomatici del rapporto individuo-stato. Un rapporto che in questi anni si è
sempre più logorato per via di
scandali, inefficienze, sprechi,
privilegi assurdi.
La marcia di Torino pone a
tutti noi il problema del rapporto individuo - società - stato. Vogliamo tutti contribuire nella
misura del nostro reddito aUe
spese dello stato, l’equità fiscale
per tutti — lavoratori autonomi
e lavoratori dipendenti — è un
obiettivo condiviso da molti. Di
fronte a questo è necessario che
il ritorno dei soldi delle tasse
nei servizi per la collettività sia
reaie, e che questi ultimi siano
efiBcienti e controllabili.
Anche le nostre chiese nei
prossimi mesi discuteranno di
fiscalità, di iùnzionamento della
macchina tributaria dello stato,
quando affronteranno la questione dei finanziamenti ecclesiastici attraverso Tutilliizo 0 ntfeno
di una quota dello 0,8% del gettito IRPEF. La marcia di Torino è lì a ricordarci che la discussione non può essere limitata all’alternativa « prendere il
, finanziamento o; no», ma deve
investire l’intera tiuestioiie della
fiscalità. Giorgiò Gardiol
Dietro la facciata, la crisi della pratica religiosa cattolica - 11 divismo e la spettacolarità non
rispondono alle vere attese del nostro tempo - Per una predicazione senza sacralità
La maratona australe di papa
Wojtyla non si è ancora conclusa che già il pontefice lancia
segnali per una visita (’’non politica”) in Unione Sovietica. E
non solo laggiù, ma amerebbe
recarsi anche in Cina dove, da
tempo, esiste l’associazione dei
cattolici, patriottici (« loro dicono di essere un’associazione
ha precisato il papa ai 75 giornalisti presenti sul ’’Jumbo”
deH’Alitalia che lo portava nell’emisfero australe — ma la chiesa è una sola»), Insomma c’è
un luogo al mondo dove papa
Wojtyla non andrà o non è già
stato?
L’altro ieri a Lione, poi ad Assisi al centro della preghiera
per la pace che ha proposto senza consultare nessuno (mettendo in serio imbarazzo la laboriosa preparazione dell’assemblea cristiana per la pace fatta
propria dal Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra), e
oggi, dopo aver pregato tra i
poveri del Bangla Desh, il papa
è in Oceania. Trascuro qui le
altre numerose tappe tutte coronate da ’’tuffi” nella folla.
Contatti rapidi, inevitabilmente superficiali, che dovrebbero
dare, alle sei chiese cattoliche
minoritarie incontrate durante
quest’ultimo viaggio, una nuova
forza e una nuova compattezza
intorno al capo della chiesa di
Roma.
Anche così una minoranza
può sentirsi forte proprio perché è stata visitata dal ’’capo”
che ha dato la linea, ha esaminato i problemi ed ha proposto
soluzioni. Certo in Bangla Desh
(5 nascite al minuto, cento milioni di abitanti su un territorio
metà l’Italia) il pontefice non ha
parlato della posizione della
chiesa di Roma sul tema delle
nascite. Ogni discorso è calibrato alla situazione.
Un po’ d’invidia?
Noi evangelici non abbiamo
una figura centrale che ci visiti,
un simbolo al vertice che ci ricompatti e ci rappresenti e, allo
stesso tempo, rappresenti la divinità tra noi. Forse nella famiglia protestante c’è qualcuno
che invidia la capacità del papa
di attirare le folle, di dare la linea, di svolgere con grande dinamismo il suo ruolo monarchico nella chiesa. Moderno fuori
ma conservatore dentro la chiesa (esce in questi giorni in Germania un libro scritto da donne
compagne di preti che denunciano la mancanza di sensibilità per
i diritti umani nella chiesa di Roma), attivissimo ma superficiale,
amante di segni improvvisi di
sapore medioevale (tipo la tregua delle- armi di Assisi) è, in
realtà, l’intrepido diffusore di
una teologia naturale in cui c’è
posto per tutti, purché si stia
al gioco proposto: papa Wojtyla
ama i discorsi chiari, poco problematici, possibilmente brevi e
ben scanditi. Pianta in terre lontane la bandiera della verità di
Roma e conquista le folle come
un divo intramontabile.
Tutto sommato nessun papa
come l’attuale è riuscito a ridar
fiato, forza e presenza al ruolo
pontificale. Dopo il Concilio Vaticano II, dopo Paolo VI con i
suoi piccoli passi ecumenici, dopo il timido rilancio della col
legialità episcopale e la riscoperta del ruolo prezioso della
comunità locale è arrivato 1’« pragano » Wojtyla che ha spazzato via le piccole faticose conquiste del Concilio, lasciando
al centro soltanto la propria figura. Con il suo moto perpetuo
il pontefice romano alimenta,
ad ogni latitudine, il culto della
propria personalità, capace
di oscurare tutto il resto. Il
mito Wojtyla poi, come abbiamo visto in questi giorni, è
estremamente gonfiato dai ’’media” perché comunque un papa
con questo acuto senso delle
masse fa notizia.
La crisi del « sacro »
Ma nonostante gli sforzi notevoli del papa per ricompattare le fila della chiesa di Roma
il mondo cattolico italiano conosce un calo inarrestabile di
vocazioni religiose e sacerdotali. Il monolitismo cattolico è in
realtà diviso, forse più del protestantesimo, in cento gruppi diversi, in movimenti, in dissensi
vari per i quali una sintesi superiore è sempre più diffìcile, anche se sempre più richiesta.
Il tentativo di cristianizzare
la società, malgrado la grande
’’audience” di cui il papa dispone non ha portato, almeno in
Italia, a risultati importanti. Il
fatto che una grande maggioranza abbia scelto l’ora di religione, anziché contraddire questa impressione la conferma, poiché sappiamo che la scelta per
l’ora di religione è spesso condizionata da una mentalità por
MARCO 1: 14-15
Il nuovo è già qui fra noi
Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Galilea, predicando il vangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto
e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo.
Quando diciamo Regno di Dio
intendiamo la presenza viva ed
operante di Dio che incessantemente porta avanti il suo progetto di salvezza e di liberazione
per tutta l'umanità.
Il Regno di Dio è la realtà di
Dio che regna, che governa; è il
governo di Dio che in Gesù Cristo è già iniziato in mezzo alle vicende di questa nostra storia.
Mantenere Dio come soggetto
di questa realtà è l’unica possibilità che noi abbiamo di tenere
aperta davanti a noi la strada del
- « nuovo », la possibilità di cambiare, di crescere come individui
e come collettività; è per noi
l'unica garanzia di effettiva liberazione.
La speranza della « vita nuova », quella indicata dall'antico
profeta e dall'evangelista Luca,
' diventa realtà effettiva: « Il tem
po è compiuto e il Regno di Dio
è vicino ».
In Gesù, nella sua opera e nella
sua predicazione, non c’è più
tempo presente e tempo futuro
nettamente separati, perché d
futuro di Dio è già qui che aggredisce il nostro tempo presente; perché già da ora il tempo
futuro del compimento è iniziato. Il « nuovo », cioè, è diventato realtà, ipotesi di vita per noi.
La nostra storia, le nostre concrete situazioni di vita vengono
sottratte alle anguste visioni che
di esse noi abbiamo, per potere
essere comprese e vissute come
qualcosa che contiene già i segni del futuro di Dio, i segni della speranza.
In questa sua opera Dio si rivolge agli uomini e alle donne
con un appello alla éfecisione, la
decisione della fede: « Ravvede!e
Forza e universalismo nel viaggio
planetario del papa.
tata ad abdicare agli altri il
tema del religioso o da un sostanziale conformismo e indifferenza. Sociologi di cose religiose indicano che la frequenza
alla pratica religiosa cattolica è
passata dal 69% del 1956, al
25% del 1985. E la tendenza al
crollo della « religione della
chiesa » non dà segni di arrestarsi.
vi e credete all’Evangelo ». Si
tratta innanzitutto di ripensare
il nostro rapporto con Dio, fuori
dalle logiche e dagli schemi che
per secoli ci sono stati imposti.
La fede non è un prodotto preconfezionato, che resterà sempre
lo stesso nel tempo, che avrà
sempre le stesse caratteristiche,
a dispetto di ciò che avviene intorno a noi. La fede è piuttosto
una direzione di marcia, una ricerca, un cammino: quello, appunto, della speranza, del Regno
di Dio.
E' chiaro, allora, che le nostre
comunità non sono chiamate ad
essere delle oasi, nell'illusione di
realizzarvi una vita che non sia
. quella di fuori, quella delle tristezze e delle lacrime. Piuttosto,
le nostre comunità sono chiamate ad essere sempre più segnali
concreti della realtà del « nuovo »
contro il « vecchio »; testimonianza della speranza di Dio contro i
falsi realismi degli uomini.
Massimo Aquilànte
Sicché l’apparente successo di
papa Wojtyla nasconde, dietro
la facciata, una crisi profonda
del ’’sacro” e delle classiche
pratiche religiose. Accanto alla
religiosità appariscente e spettacolare del divismo wojtyliano
cresce la domanda per una fede
non dello scenario ma della sostanza evangelica. Paradossalmente il pontificato di Wojtyla,
immagine di forza e di sicurezza, accelera il processo di crisi
del ’’sacro” e dei suoi valori.
C’è spazio oggi per una predicazione evangelica che sappia fare a meno della dimensione gerarchico-sacrale-monarchica che
non ha saputo e, nella sostanza
delle cose, non sa e non può rispondere alle grandi domande
del tempo diffìcile in cui viviamo.
Giuseppe Platone
Abbonamenti 1987
Ordinario lire 31.000
Costo reale lire 50.000
Sostenitore lire 70.000
Da versare esclusivamente
sul c.c.p. 327106 intestato
Eco-Luce ■ Torre Pelliee
L
2
2 religione a scuola
28 novembre 1986
INTERROGAZIONE SOCIALISTA ALLA CAMERA
PUGLIA
Applicare la legge 449
L’emanazione della circolare
ministeriale 302 del 29 ottobre
scorso ha prodotto una accelerazione del dibattito sull’ora di
religione nella scuola.
Gli studenti romani hanno organizzato affollate assemblee sul
tema e stanno addirittura pensando di organizzare uno sciopero per rifiutare questa circolare.
I comitati per la laicità della
scuola in tutta Italia stanno studiando le modalità giuridiche
per impugnarla davanti ai vari
TAR regionali.
In sede parlamentare i deputati Spini, Fiandrotti e Fincato
del PSI hanno presentato il 14
novembre scorso una interrogazione sollecitando l’emanazione
di una circolare per rattuazipne
della legge 449/84 i cui principi
sono messi in- discussione dalla
circolare del Ministro.
Ecco il testo della interrogazione:
, « Al Ministro della Pubblica
Istruzione.
_
Per conoscere:
— quali motivi ostino (Mq“'ìdiffusione nelle scuole di ttftìi cir
ELEMENTARI
Soldi per
la religione
cattolica
Ipotizzando sul totale delle
classi (210.000 circa) un’area nazionale di « non disponibilità »
pari al 33-35% dei docenti, e considerando il rapporto insegnante-classe così come è stato definito dalla c.m. 211, si possono
prevedere circa 70.000 classi
« scoperte ».
Ciò determina un monte ore
di religione da coprire pari a
140.000 ore settimanali (2 ore per
classe). Tenendo conto che un
docente potrà, sempre in base
alla c.m. 211, fare non meno di
10 ore, si determina un fabbisogno di docenti pari a 14.000.
Considerando lo stipendio medio mensile netto di L. 600.000
(per le 10 ore previste), si determina una spesa mensile di L.
8 miliardi e 400 milioni ed annua
di L. 100 miliardi e 800 milioni.
Aggiungendo a questi costi diretti, i costi derivati da oneri ridessi, supplenze (previste in forma « doppia »), si determina
una spesa annua complessiva di
L. 200 miliardi per la sola scuola
elementare.
Si determinerà perciò una voce di spesa complessiva certamente superiore a quanto lo
stato prevede di spendere per
altre esigenze della scuola (vedi
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario ’86);
11 miliardi per il funzionamento
degli Irrsae, del Cede, della Biblioteca pedagogico-dìdattica;
47 miliardi e 500 milioni per il
funzionamento amministrativo e
didattico della scuola elementare.
Si determineranno soprattutto
delicatissimi problemi sul terreno giuridico. Il rapporto di lavoro dell’irsegnante di religione
è infatti del tutto anomalo rispetto alle garanzie ormai consolidate nei rapporti di lavoro
pubblico e privato.'Avremo alcune migliaia di lavoratori retribuiti dallo stato, nominati ed
assegnati alle scuole dalle Curie
le quali conserveranno sugli
stessi il diritto ad ogni momento del licenziamento (revoca dell’idoneità).
colare che assicuri la piena conoscenza e la concreta applicazione di quanto disposto dall’art. 9 della legge 11 agosto 1984,
n. 449 (Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le
chiese rappresentate dalla Tavola Valdese) secondo quanto
stabilito dalla risoluzione approvata dalla Camera dei deputati
il 16 gennaio 1986;
— se non ritenga che la circolare n. 302 del 29 ottobre 1986,
prevedendo un trattamento indifferenziato « per gli alunni che
comunque non abbiano dichiarato di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica »,
non tenga adeguato conto della
specificità delle dichiarazioni formulate ai sensi della citata legge n. 449/84;
— in particolare, se non ritenga che la frequenza obbligatoria
delle attività alternative — disposta da detta circolare innovando rispetto alla prassi consolidatasi nei decenni scorsi, e
cioè che la religione cattolica
fosse collocata alla prima o all'ultima ora, per quanti erano
da essa esonerati — contrasti
con il disposto della legge n.
449/84 che garantisce che « l'insegnamento religioso ed ogni
eventuale pratica religiosa, nelle
classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non
avvalersene, non abbiano luogo
in occasione dell'insegnamento
di altre materie, né secondò orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti;
— se non ritenga opportuno,
al fine di evitare « effetti comunque discriminanti » consentire,
nel rispetto delle normative vigenti e ove ciò sia formalmente
richiesto dagli aventi diritto, l'assenzà da scuota nelle ore in cui
è collocato l'insegnamento della
religione cattolica, tenendo conto che l'educazione religiosa viene effettuata presso la stessa
chiesa valdese ».
PRONTO: 011/655.278?
Dossier
Molti, genitori ed allievi,
nel dichiarare di non avvalersi dell’insegnamento religioso cattolico nella scuola
pubblica hanno fatto riferimento alla legge 449 dell’ll
agosto 1984 che approva la
Intesa tra la Repubblica Italiana e le chiese rappresentate dalla Tavola Valdese.
Questa legge è oggi completamente inapplicata nella scuola, e la circolare n.
302 del 29 ottobre 1986 del
Ministro della Pubblica Istruzione prevede in pratica l’obbligatorietà delle attività alternative, anche per coloro
che, sulla base dello schema
di dichiarazione pubblicato
sul nostro giornale, hanno
dichiarato di non volersi avvalere neppure di queste attività, affermando il principio della effettiva facoltatività dell’insegnamento della
religione cattolica.
Allo scopo di predisporre
un dossier sulla inapplicazione della legge 449/84 invitiamo tutti coloro che si sono
visti obbligati a seguire le
attività alternative a scrivere alla redazione del giornale
(via Pio V, 15 - 10125 Torino) sulla situazione di fatto
che si è verificata nella scuola precisando date, circostanze, autorità che hanno preso
la decisione.
Tali informazioni verranno
riportate, in forma succinta,
in un dossier che pubblicheremo in gennaio.
Ricordiamo inoltre ai nostri lettori che la Tavola Valdese ha necessità di ricevere
le stesse segnalazioni per
farle presenti in sede ministeriale durante le discussioni per l’applicazione della Intesa.
Storie di ordinaria
discriminazione
A Corato il convegno (della FDEI suM'insegnamento della religione cattolica nelle scuole
CORATO — La Fdei (Federazione donne evangeliche italiane)
ha organizzato il 1° novembre
un convegno sull’insegnamento
della religione nella scuola. Nel
corso del convegno sono emerse
alcune informazioni suH’ordinaria discriminazione verso gli
allievi che non si avvalgono di
questo insegnamento.
A Cerignola, ima ragazza di
scuola superiore, il cui nome è
Daniela, aveva optato per lo
studio individuale. La preside
ha stabilito che lo studio individuale doveva essere l’approfondimento del vocabolario italiano. Poiché Daniela ha ritenuto
con la famiglia che l’approfondimento del vocabolario, per un
anno intero, poteva essere piuttosto noioso, ha preferito, in
seguito, optare per le materie
alternative. Non essendoci in
quella scuola professori disponibili a svolgere quest’attività,
Daniela s’incontrerà, settimanalmente, con la preside per lo
svolgimento di un programma
di educazione civica. Bisogna
aggiungere che in quella scuola
c’è stato un fervore di iniziative religiose: l’inaugurazione deh
l’anno scolastico in chiesa, la
preparazione di canti liturgici
tanto che Daniela in una settimana ha finito per fare tre ore
di attività alternative.
A Corato, nella locale scuola
media, Marisa insieme al modello con la dichiarazione di non
avvalersi, aveva presentato una
lettera in cui, rifacendosi alla
legge 449, richiedeva di non essere obbligata alle attività alternative e di poter uscire o entrare a scuola un’ora prima o una
dopo; fino all’anno precedente le
era stato accordato; quest’anno
la famiglia riceve una lettera
nella quale viene informata che
la figliola verrà uniformata al
trattamento di coloro che non
si avvalgono, secondo le disposizioni di legge.
A Corato, inoltre, le mamme
di Ruggero e di Daniela, fre
quentanti le scuole elementari,
si lamentano per il tipo di insegnamento diffuso della religione
che avviene attraverso la recitazione di preghiere, caratteristiche della religione cattolica, la
assegnazione di compiti su temi religiosi, oltre aH’inseg.lamento confessionale specifico
che avviene alla presenza del
bambino.
A Mottola, Emanuele frequenta la scuola materna. Ritorna a
casa recitando « L’angelo custode », nonostante i genitori abbiano scelto di non avvalersi;
il padre si reca dal direttore per
chiedere ragione, Questi stab. lisce con l’insegnante che, in quella classe, si farà religione d ie
ore alla settimana in giorni fissati o alla prima o all’ultima
ora; il bambino potrà entra re
dopo o uscire prima. Questo è
runico episodio in cui abbia? io
riscontrato un agire della scuola in modo da favorire il bambino che non si avvale.
A Taranto, Valeria frequenta
una scuola media. Durante l’ora
di religione è ospitata in aìire
classi, anche non parallele, m
cui si svolgono lezioni di malarie curricolari, tipo italiano o
matematica. Questo perché i
professori non vogliono add issarsi l’onere di un’altra mioeria. In un’altra scuola media, ie
attività alternative consistono
in storia delie religioni, affidata
all’insegnante di religione cattolica.
A Bari, in uno dei licei classici, Teresa e Patrizia restano in
classe, ad occuparsi individualmente di ciò che vogliono, durante l’ora di religione, perclìé
le attività alternative non possono aver luogo.
La stessa cosa al liceo artistico dove Monica e Andrea sono
presenti in due diverse classi.
In una scuola elementare della periferia. Alice resta in classe
con l’incarico di disegnare e di
non ascoltare.
E. I. V.
TORINO
Rispettare la Costituzione
Il Comitato per la laicità della
scuola ha promosso un ricorso
al Tribunale amministrativo regionale contro il Ministro della
Pubblica Istruzione e il Provveditore agli studi per l’annullamento della Circolare ministeriale
211 del 24.7.’86.
Scopo del ricorso è quello di
impugnare i provvedimenti ministeriali « in ragione delle molteplici discriminazioni, delle gravi contraddizioni e delie illegittimità conseguenti all'inserimento dell'insegnamento della religione cattolica nell'ambito del
normale orario scolastico ».
Dopo l’esposizione dettagliata
del fatto in relazione alla Norma Concordataria e all’Intesa
tra il Ministero della Pubblica
Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana, i 62 esponenti
del Comitato espongono i motivi del ricorso:
1) « violazione di legge ed erronea applicazione » dell’Art. 9
del Nuovo Concordato e del punto 5 del suo protocollo addizionale;
2) « eccesso di potere per
sviamento, illogicità e contrad
dittorietà di motivazione », anche in rapporto alla risoluzione
del 15.1.1986 della Camera dei
Deputati. Ne conseguono:
— disparità di procedure di
nomina, di status giuridico e di
trattamento economico e professionale dei docenti di religione cattolica rispetto ai docenti
chiamati a svolgere le « attività
alternative »;
— macchinosa e non equa nor
mativa riguardante le supplenze
ai docenti di religione cattolica
temporaneamente assenti: si
potranno verificare casi, per es.
nelle scuole materne ed elementari, in cui i supplenti non disponibili all’insegnamento della
religione cattolica saranno retribuiti per un numero di ore
minore di quello complessivamente loro spettante per orario
di servizio;
— palese sottovalutazione delle attività alternative alle quali
la Circolare 211/86 dedica genericamente gli ultimi tre punti
contro i dieci punti dettagliatamente riservati alTimpianto dell’insegnamento della religione
cattolica;
— privilegiamento dei Collegi
dei Docenti nella programmazione delle attività alternative,
escludendo del tutto i Consigli
di Circolo o di Istituto che sono
preposti, per legge, con le diverse componenti scolastiche, alla
gestione della scuola ;
— possibile forzata utilizzazione dei docenti delle scuole medie e superiori per le attività alternative anche al di là delle
loro specifiche competenze disciplinari;
— gravissime difficoltà oggettive e soggettive per un’equa attuazione dell’insegnamento della
religione cattolica e delle attività alternative in modo da soddisfare imparzialmente le esigenze e le scelte di tutti gli utenti, con conseguente situazione di
discriminazione per tutti;
— trattamento ineguale nei
confronti degli utenti e dei docenti, essendo prevista la partecipazione ai Consigli di Classe,
anche in sede di scrutinio, soltanto per i docenti di religione
cattolica e non anche per gli insegnanti delle attività alternative.
Viene rilevato che il contenuto della Circolare 211/86 presenta aspetti di violazione di
legge ed erronea applicazione rispetto al Concordato tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede e alle stesse norme costituzionali (Artt. 2, 3, 7, 8, 19, 21,
23, 35, 36) tutelanti le libertà di
religione, di manifestazione di
pensiero e di insegnamento.
Il ricorso ribadisce conclusivamente che le Norme Concordatarie, in quanto rese esecutive
nell’ordinamento statuale, devono essere conformi al principio
costituzionale senza possibilità
di deroghe e che l’introduzione
dell’insegnamento religioso cattolico nel curricolo scolastico
discende da) Concordato medesimo. Pertanto, con varietà di
riferimenti, ipotizza che quanto diramato dal Ministero della
Pubblica Istruzione « abbia ampliato ed esteso in modo abnorme le disposizioni precedenti
con il risultato di un evidente
contrasto con i principi e con
le norme consacrate nel testo costituzionale ».
3
■if".
28 novembre 1986
fede e cultura 3
RIFLESSIONI SU UNA LETTERA PASTORALE
Omosessualità e fede cristiana
t
La Latterà della Congregazione
per la Dottrina della Fede sulla
pastorale degli omosessuali è un
rdocumento complesso, che si
‘■pone in continuità con l’etica
£,tradizionale cattolica suH’argomento. Sua preoccupazione fon_damentale non è tanto il fomi’• re nuove indicazioni sull’omo^sessualità per venire incontro
'alle ricerche della psicologia e
■•:deirantropologia culturale, e più
ih genere alla sensibilità che si
va sempre più affermando sullo
stesso ai'gomento.
Lo scopo della Lettera è quello di rendere ancora accetta l’etica eattolica tradizionale, salvo
qualche piccola variante di forma, in modo che la Chiesa cattolica non cessi di « contare »
nell’opinione pubblica, soprattutto quando si tratta di problemi etici.
E' un vizio comune a tutte le
istituzioni che vogliono « contare », vizio da cui tutte le chiese, in quanto strutture che hangho una « faccia » da salvare (o
jme,glio: una coerenza interna di
,,pensiero da dimostrare valida)
non sono esenti.
Alcune affermazioni della Lettera rivelano senza dubbio questa finalità. Anzitutto, l’affermazione che l’insegnamento cattolico sull’omosessualità « è basato... sul solido fondamento di
una costante testimonianza biblica», unita alla convinzione
che « l’interpretazione della Scrittura deve essere in effettivo accordo » con la « Tradizione vivente della Chiesa » (n. 5).
Questa Tradizione ha sempre
affermato che « è solo nella relazione coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere
moralmente retto » (n. 7).
Dato però che il matrimonio
è finalizzato in modo quasi esclusivo alla procreazione, l’omosessiialità «equivale ad annullare il
ricco simbolismo e il significato,
per non narlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo
della realtà sessuale » (n. 7). Altrove (n. 10) si parla della condizione omosessuale come « disordinata ».
Ritorna cioè il vecchio concetto del l’omosessualità come
« peccato contro natura », sebbene, per la complessità del concetto di natura umana, il termine non venga esplicitato.
Da qui Tatteggiamento verso
coloro che spingono la Chiesa
cattolica « ad accettare la condizione omosessuale », i quali
« hanno stretti legami » con
« gi-uppi esterni » alla chiesa,
animati spesso da « un’ideologia
materialistica, che nega la natura trascendente della persona
Umana » (n. 8).
Se l’attività omosessuale « è
accettata come buona » — continua la Lettera — ed è protetta dalla legislazione civile, « né
la Chiesa né la società... dovrebbero poi sorprendersi se anche
altre opinioni e pratiche distor
te guadagnano terreno, e se i
comportamenti irrazionali aumentano » (n. 10).
Si avanza qui l’idea che il magistero cattolico rappresenti Tunica base sicura per evitare il
dilagare di idee e pratiche « distorte »? p che al di fuori dell’etica cattolica dilaghino quasi
necessariamente la violenza e la
irrazionalità? Ma attenzione:
questo avvertimento è rivolto
non solo alla società, ma anche
alla « chiesa », dove il magistero — si ammette implicitamente — non sempre è ascoltato.
All’interno della comunità cattolica, alTomosessuale è indicata
come situazione ideale solo « una
vita casta » (n. 13) e la « conformità delTautorinnegamento di
uomini e donne omosessuali con
il sacrificio del Signore » (n. 12).
La pastorale cattolica ha come obiettivo la « piena fedeltà
alTinsegnamento della Chiesa »
(n. 17). Al di fuori di tale insegnamento, non c’è nessuna « valida pastorale ».
Quale possibile lettura del documento? Alcune osservazioni:
1) La Lettera è stata accusata
di rigidità e di arretratezza nei
confronti della nuova percezione della problematica delTomosessualità. Ma, da un punto di
vista di fede cristiana, un documento pastorale di un’altra chiesa va visto soprattutto in rapporto alla sua rispondenza o
meno alla rivelazione biblica e
alla vocazione alla quale Dio ha
chiamato l’uomo.
2) Regola generale dei documenti del magistero cattolico è
la loro « continuità »; non c’è da
aspettarsi nulla di rivoluzionario
e di totalmente nuovo rispetto
ai pronunciamenti precedenti
sullo stesso tema. Non a caso
anche nella Lettera si ha un
esplicito richiamo alla Tradizione come chiave ermeneutica della Scrittura.
3) Il magistero cattolico rivela ima propria continuità non
solo nei contenuti della propria
confessione di fede, ma anche
nel modo di riferirsi ad alcune
tematiche. Nella Chiesa cattolica c’è una Tradizione ché è costituita dalla continuità del suo
modo di riferirsi alla rivelazione
e di interpretarla, e una tradizione storica che non ha altrettanta dignità teologica, ma rappresenta un momento della coerenza interna del pensiero e della pastorale cattolica. Questa
duplice tradizione, del resto, è
ravvisabile in ogni chiesa.
4) Rispetto alTomosessualità
(e forse alla sessualità in genere) la chiave di approccio propria del magistero cattolico è
caratterizzata dalTaccentuazione
della dimensione oggettiva rispetto a quella soggettiva, e da
preoccupazioni normative rispetto all’esortazione fraterna alla
ricerca di un cammino di fedeltà alla vocazione cristiana.
5) Per questi aspetti, rispetto
ai documenti precedenti del magistero cattolico, la Lettera rappresenta un progresso ed insieme evidenzia un limite difficilmente valicabile.
Il progresso è nell’attenzione
(sebbene ancora molto limitata)
ad alcuni aspetti del dramma
degli omosessuali credenti. Infatti, in alcuni testi di morale
cattolica, anche recenti, il problema è stato ridotto alle sue
sole dimensioni « oggettive ».
Il limite consiste nel non saper tradurre Tetica e la pastorale in indicazioni di cammino
non normative. I vecchi manuali di morale derivavano spesso
le norme etiche dal Diritto canonico. Ma anche attualmente,
il primato della coscienza non
ha, nella pratica, quel riconoscimento che gli è dovuto in base ad una concezione del cristianesimo come vocazione.
Di conseguenza, la libertà di
un rapporto affettivo, la ricerca
soggettiva e comunitaria di una
possibile conciliazione fra fede
cristiana- e omosessualità, la
preoccupazione della serenità
personale degli omosessuali, se
sono già fattori presenti nella
coscienza dei credenti, anche
cattolici, non sono ancora entrati nei testi del magistero.
Cesare Milaneschì
PAROLE
COME PIETRE
Spigolando con notevole ritardo tra
i vari numeri de » La Luce » di questi
ultimi mesi, ho letto (spero di aver
compreso) che il settimanale è. un
organo di informazione e non esprime
sempre la voce ufficiale della chiesa
valdese-metodista, per cui può ritenersi strumento di collegamento tra
evangelici. Ne approfitto per richiamare l'attenzione dei lettori su alcune
osservazioni riportate nelle lettere dei
fratelli Garufi e Macris (n. 39 e 41).
L'argomento, relativo alla liceità dell'uccisione del tiranno, trattato da L.
Deodato (n. 36) è stato di tale pregnanza morale che ha indotto i due
fratelli sopra citati a scrivere al settimanale e coinvolgere nelle loro riflessioni altri fratelli lettori. Le lettere sono state un appello per una rilettura dell'articolo del Deodato e per
sottoporlo ad analisi sia seguendo la
soia delle considerazioni espresse con
ammirevole moderazione dal Garufi,
sia seguendo le scintille del Macris.
L'uno e l'altro hanno bene operato
corroborando ed avvalorando le loro
considerazioni con riferimenti biblici.
La fondatezza delle citazioni bibliche
non potrebbe costituire sempre la base
CALENDARIO BIBLICO
INTERCONFESSIONALE
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per una condanna o per una assoluzione e ciò anche in regime di sano
fondamentalismo. L'argomento in questione dovrebbe essere analizzato,
piuttosto, attraverso un coordinamento di testi biblici inquadrati in maniera che il termine « uccidere » non costituisca un'affermazione aprioristica
tale da staticizzare il ragionamento,
che, di fronte ad una tirannia continuata, prorompa nella risposta: E' lecito uccidere II tiranno... Il Deodato
nelle sue osservazioni ha tenuto presente se stesso e non i lettori, usando
parole come pietre e inducendo i due
coraggiosi fratelli a protestare (senza
timore della carta stampata o dei titoli ad effetto), mentre io, pur perplesso dopo la lettura dell'articolo,
non ho ritenuto di estremizzare l'interpretazione.
La genuinità delle considerazioni del
pastore Deodato si fonda sul compiacimento esterno dell'uccisione del tiranno. D'altro canto il Bonhoeffer, cristiano eroico, partecipando al complotto contro Hitler, ha compiuto un
atto che investiva la sua coscienza
singola, per cui l'atto non può assurgere ad esempio traente per l'oggi
o per il domani.
Forse la redazione de « La Luce »,
con il titolo: E' lecito ecc., ha superato il contenuto del pensiero dell'articolista, il quale plus dixit sed
minus voluit (cito per analogia un detto giuridico).
In conclusione, riferendomi alle citazioni bibliche del Deodato, del Garufi e del Macris, sono del parere che
in determinate situazioni non si potrebbe far scaturire dalle citazioni
stesse l'imperativo categorico per gli
altri, lasciando il proprio « io » nell'ombra, anche se ciascuno di noi scrive 0 predica con molta convinzione,
fede e dedizione per l'azione cristianamente intesa.
G. Cirino, Roma
IN RICORDO
DI AMELIE
L'improvvisa dipartita di Amélie
nel lontano Giappone ci ha profondamente addolorati. Il nostro primo incontro con lei avvenne sui monti di
Rorà, dove, bambina, trascorreva di
solito la villeggiatura insieme con la
mamma Vittoria, il fratello Ugo e la
sorella Cristina. Sposa a Carlo Vicari,
studioso di lingua e letteratura giapponese ed oggi funzionario di banca
a Tokyo, Amélie lasciò un ottimo ricordo come segretaria del Moderatore
Aldo Sbaffi, e ricordiamo i suoi veloci trasferimenti da Milano a Roma e
viceversa, in vespa, lungo l'Autostrada
del Sole! Durante il loro periodo romano, Amélie e Carlo presero parte
attiva, e spesso critica, all'opera
evangelizzatrice della comunità di via
IV Novembre. Da queste righe inviamo
alla mamma, al fratello e alle sorelle,
a Carlo e ai figli Dan, Alan e Nathan
e a tutti i parenti, i nostri sentimenti
affettuosi di condoglianza.
W. e J. Gönnet, Roma
L’ORA DI
’PROTESTANTESIMO’
Caro Direttore,
vorrei esprimerti la mia amarezza per
quella che all'estero vien considerata
una presa in giro degli evangelici da
parte della Rai, per le trasmissioni
evangeliche alla televisione di stato
italiana.
Ieri 3 novembre l'emissione, che
era annunciata per le 23.10, con i soliti
ritardi è stata trasmessa alle 23.45.
Ho ugualmente potuto seguire le vicende di Indubbio valore storico del
conte Guicciardini. Ma la mia domanda è questa: di fronte al velato boicottaggio, ed in un certo modo al disprezzo di queste emissioni da parte
di un ente, che in un certo senso coinvolge anche lo stato, gli evangelici
non farebbero meglio a rinunciare alla
emissione che è una solenne presa in
giro a quegli orari, protestando nel
medesimo tempo per il modo di procedere della Rai e del governo italiano che contrasta con la loro decantata ma inesistente democrazia?
E questo per una certa dignità.
Cordiali saluti.
Guido Rivoir, Lugano
Hanno collaborato a questo
numero: Archimede Bertolino, Èva Incelli Vicentini, Anna Marnilo Reedtz, Paola
Montalhano, Franco Taglierò.
STmrt\Uvnunj>
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4
4 prospettive bìbliche
1
28 novembre 1986
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Parliamo di
spazzatura...
FILIPPESI 3: 3-11
Non c’è, forse, altro testo dell’apostolo Paolo in cui, come
in questo, ci spieghi che cosa intende per « carne »; e
vediamo anche quanto lo abbiamo
spesso distorto, questo senso. E’
chiaro che la « carne » qui non ha
nulla a che vedere con il corpo, tanto meno con il sesso (il sedicente
« peccato della carne »). La « carne », ci si passi il bisticcio, è qui essenzialmente spirituale, è cosa di
pensieri, di sentimenti, di atteggiamento interiore.
In una nostra comunità — diciamolo pure, Genova — una di queste
domeniche scadevano, per termine del mandato, alcuni membri del
concistoro. A termine di regolamenti — non, speriamo, nella realtà della
vita comunitaria — veniva a conclusione, per alcuni fratelli e sorelle, un
periodo intenso di lavoro, di servizio. E’ anche sempre un momento, questo, di chiamata a raccolta della chiesa, un momento in cui si riprende
coscienza del compito di ciascuno, responsabilità di tutti. Sia per
messo riportare qui la predicazione rivolta in quel culto, osservando onestamente che la sostanza è stata tratta largamente dalle note succose e
vivaci, oltre che penetranti, di Alphonse Maillot (Aux Philippiens d’aujourd^hui, Genève 1974), una volta ancora siamo entrati h dove non avevamo zappato e abbiamo cercato di mettere a frutto per noi 1 altrui
fatica.
« Carne »:
che vuol dire?
a cura di GINO CONTE
E’ la volontà istintiva di crescere,
di affermarci, di primeggiare, di
sentirci grandi, e più grandi di altri.
E’ la convinzione che con il nostro
pensiero, anche teologico, con la nostra dottrina, oppure con le nostre
opere, con il nostro ’impegno’, sia
esso più individuale, caritativo, o
più sociale e ’politico’, ci siamo avvicinati al regno di Dio, o l’abbiamo
fatto avvicinare.
E’ « carne » credere che i nostri
privilegi di nascita, di razza, di classe, di nazionalità, di cultura, di tradizione, di confessione ci garantiscano o almeno ci facilitino un rapporto preferenziale con Dio.
Paolo aveva creduto a lungo, e
con intensità, che la sua circoncisione — come segno del Patto, ovviamente — lo differenziasse qualitativamente dagli altri, a un livello superiore. Come oggi c’è chi pensa che
la sua pelle bianca, con tutto ciò
che comporta di tradizione, di cultura, di prestigio, gli vale una superiorità; domani ci sarà forse (o c’è
già stato, e c’è...) chi pensa che invece la superiorità, l’avvenire è dei
popoli di colore, del Terzo Mondo
(« coloured » è bello!), che lì sta la
razza eletta, messianica; come in
una certa trasfigurazione marxista il
proletariato era la classe messianica, redentrice...
Più ancora, in mezzo agli ebrei
Paolo apparteneva all’élite. Dal lato
etnico, infatti, era della tribù di Beniamino, la tribù decimata e per ciò
stesso selezionata, vera aristocrazia
razziale, il nec plus ultra della razza ebraica. Poi, e soprattutto, era affiliato alla setta più rigida, quella
dei farisei, che interpretava e viveva la Legge nel modo più stretto ed
esigente, era insomma un « fratello
stretto », strettissimo... Infine, aveva tangibilmente dimostrato il suo
zelo, la sincerità e la passione del
suo ’impegno’ non esitando a perseguitare la setta eretica dei cristiani,
senza per questo considerare con tenerezza la sua ’chiesa’ di massa, dato che era di quelli che dicevano:
« Questa plebe, questa massa che
non conosce la Legge, è maledetta! »
(Giov. 7: 49).
Sì. la « carne » è la religione: tanto più ’carnale’ quanto più religiosa, osservante, rigida, seria, impegnata, esclusiva, ambiziosa e giu
dicante: tracciando cerchi concentrici sempre più stretti che escludono quelli che non sono « dentro »,
quelli « di fuori », salendo quella
scala sterminata i cui gradini inferiori sono affollati, mentre pochi selezionati arrivano in cima.
Non il peggio, il « meglio »,
il fior fiore!
« Carne » è dunque l'arrampicata
al cielo, al « regno », la fierezza di
essere quel che siamo giunti a essere. Non il male, ma il bene, anzi il
meglio che possiamo pensare, fare,
conseguire, il fior fiore del nostro
pensiero e dei nostri sentimenti, della nostra religiosità, della nostra serietà morale, del nostro impegno caritativo, sociale, politico, economico. « Cosa nostra », su cui quindi
contiamo e ci basiamo, in cui
« confidiamo » e di cui ci fidiamo.
E in base ad esso, segretamente o
no, ci misuriamo con gli altri, li misuriamo sul nostro metro, di solito
senza alcuna indulgenza...
« Carne », detto alla spicciola, può
essere la nostra ’pratica religiosa’:
la nostra lettura ’fedele’ (quotidiana?) della Bibbia, il nostro sforM
di coscientizzazione teologica (più
conservatrice o più innovativa): vero, A., B.P Può essere lo scrupolo
nell’uso del nostro tempo (anche libero) e del nostro denaro: vero, C.,
con il tuo rigoroso rispetto del « riposo », e tu, D., con la tua generosità? Può essere lo slancio perseverante, intelligente, pieno di amore nel
visitare e seguire malati e anziani:
vero. E., F., G.? Può essere l'energia
profusa nel gestire una nostra opera: vero, H., L, L.? Può essere il fervido impegno per un bazar e per la
attività diaconale che esso sostiene:
vero, M., N., O.? Può essere il motivato impegno politico, quello pacifista ad esempio: vero, P.? Oppure
l’appassionata dedizione alla sacrosanta causa della laicità della scuola pubblica: vero, 0.? « Carne » può
essere il nostro attaccamento alla
nostra tradizione valdese, o metodista, alla nostra tradizione protestante, alla nostra confessione riformata... E si potrebbe continuare; anzi,
dobbiamo continuare, ciascuno per
conto proprio, e insieme.
Certo, nessuno di noi ha un pedigree « carnale » pur lontanamente
paragonabile a quello di Paolo-Saulo,
ma, siamo sinceri, abbiamo tutti il
nostro quartino (o 32°) di nobiltà
nella «carne »; di sicuro non abbiamo accumulato né mai accumuleremo l'immenso capitale di « carne »
acquistato, duramente, da PaoloSaulo, eppure ognuno di noi il suo
gruzzoletto — mìnimo, magari, ma
suo — ce l’ha.
Tutto questo non è male, è bene,
spesso è « il meglio », l’optimum.
Ma, in senso ben diverso dall’uso
corrente, verissimo è il detto « il meglio è nemico del bene ». Paolo ha
dovuto capirlo, in un rovesciamento
che è stato un vero morire a se stesso e rinascere a Dio, in Gesù Cristo;
questa è stata la sua conversione:
non dall’immoralità all’etica, non
dall’incredulità o dall’indifferenza
alla religiosità, ma da se stesso a
Cristo, a Dio!
La fede cristiana è l’opposto di
questa « carne », di questa seria « cosa nostra », di questa scala d’assalto al cielo, alla giustizia, alla santità, all’amore, alla vita, al senso del
vivere. L’Evangelo, e ce lo ricorderà
presto una volta ancora il Natale, è
proprio l’inverso: è Dio che scende,
si abbassa, « dalle stelle alle stalle »,
letteralmente; perciò, è stato detto,
Gesù Cristo è il contrario della « carne », della « religione ».
I miei « valori »?
Dietro le spalle!
nostra ortodossia... S’intende che tutto questo (o molto di questo, accanto ad altro, di nuovo) dobbiamo farlo, continuare a farlo, a esserlo: ma
non per conquistare la salvezza e così dare noi senso alla nostra vita,
non per stare a testa alta davanti a
Dio (nemmeno un tantino) e davan
ti agli altri, possibilmente al di sopra degli altri — bensì perché Dio
ci ha amato, perdonato, chiamato,
ha dato lui senso e futuro alla no
stra vita.
Dobbiamo insomma ritrovare lo
profondità di questa parola di Kierkegaard, che Carlo Lupo amava citare: « Il contrario del peccato non
è la virtù, è la fede ». La fede in Cristo, non in noi stessi. E’ la fede in
noi stessi che è il peccato, la « car
ne » estremamente peccante — oltre
che terribilmente precaria, « vana ».
Apprendisti di fede, e di
umorismo (su noi stessi)
Bene, dice l’apostolo Paolo: « il
meglio » che avevo, ed era cospicuo,
l’ho buttato via, dietro le spalle; ho
finito di compiacermi, magari segretamente, di questa mia gloria, reale;
ho finito di basarmi su questa mia
salda moralità, su questa mia intensa religiosità, su tutto il mio ’impegno’ esistenziale, basta con il fidarmene. Questa base ampia, salda, mi
è diventata infida: non solo inutile,
ma dannosa com’è la spazzatura,
quando si ammucchia e ammorba,
inquina.
La cosa ci è indigesta. I nostri vizi,
anche se è difficile, forse siamo pronti a mollarli; ma buttar via i nostri
’valori’, le nostre virtù (non per questo cedendo al libertinismo, ma cessando di farne base di sicurezza fiera), beh... Eppure Paolo è limpido:
non sono le nostre malelingue, non
sono le nostre malignità e cattiverie,
non sono i nostri rancori e i nostri
odi, le nostre disonestà piccole e
grandi, i nostri impulsi violenti
espressi o repressi, non è tutto questo quel che più seriamente, tragicamente può distoglierci dalla salvezza.
Queste cose, prima o poi, le vediamo, le riconosciamo, ce ne pentiamo, forse ci è dato e ridato di ravvedercene, di vincerci. Ma le nostre
«buone opere» e/o la nostra «buona
dottrina», la nostra ortoprassi e la
Il discepolato cristiano, senza pei
questo diventare affatto meno atti
vo, è anzitutto questo: imparare ;
considerare danno, palla di piombo
al piede, ostacolo, « spazzatura » ir
quinante quel che di meglio siamc
capaci di pensare e fare, quel cht
potrebbe darci qualche soddisfatta
sicurezza. Non ha detto Gesù: « Non
sappia la tua destra quel che fa la
tua sinistra »? I ’paradossi’ — molto
realistici — di Paolo non si radicano forse in quelli di Gesù? F, roba
che non s’impara in un giorno, e mai
una volta per tutte. Ma si continua
a re-impararlo, se si resta a scuokv
viva di Gesù, « discepoli » e « seguaci ». Lui non guardava a sé, a ciò che
era e riusciva a fare; guardava, con
concentrazione assoluta, a Dio e a
quel che aveva fatto, stava facendo
e ancora avrebbe fatto Dio; e proprio questo ’scatenava’ l’attività di
Gesù. Così dobbiamo imparare a
guardare sempre meno a noi stessi
e sempre più a Gesù Cristo, a Dio
in lui.
Sarà anche apprendistato di umorismo (su noi stessi!). Qgni volta che
ci coglieremo in « flagrante delitto
di soppesamento e di valutazione
delle nostre opere, o di ammirazione delle nostre virtù » (A. Maillot),
su, ridiamone! Ci resterà, forse, poco tempo per esser tristi... E chissà
che Paolo-Saulo, scrivendo queste
cose alla sua cara comunità di Filippi — e a noi —, non sorridesse
un po’ fra sé?
Dopo questa... filippica (!), i membri del concistoro che scadono (senza per altro essere stati affatto scadenti)... se ne vanno forse in punta
di piedi, quatti quatti, e tutti noi
con loro. « Carne » di cui gloriarsi,
ne avrebbero (e un po’ ciascuno di
noi); ma forse riescono a sorriderne.
Quanto a noi, non per ricordare alla
loro destra — dopo che forse ha faticato a dimenticare — quel che ha
fatto la loro sinistra, diciamo loro
grazie per quanto di loro ci han dato, grazie a Dio per ciò che ha dato
loro di darci: per ciò che il suo Spirito ha fatto della loro « carne ».
g. c.
5
prrr
28 novembre 1986
obiettilo aperto 5
DALLA CONFERENZA ECUMENICA DELLA GIOVENTÙ’
Appello ai giovani
per la solidarietà col popolo sudafricano
In circostanze drammatiche si è tenuta ad
Harare (Zimbabwe) la conferenza ecumenica della
gioventù sul Sud Africa.
Un delegato sudafricano, Edwin Arrison, è
stato arrestato a Johannesburg mentre si accingeva a partire. Il capo della delegazione della Namibia, pastore Kameeta, non ha ottenuto i propri
documenti. Altri due delegati sudafricani, Michael
Coetzee e Donovan Madison, sono stati arrestati al-,^
l'aeroporto di Johannesburg al loro rientro. La
maggior parte delle sessioni di questa conferenza
si è tenuta a porte chiuse, e importanti misure di
sicurezza sono state prese nei riguardi dei delegati
sudafricani e namibiani.
Al termine la conferenza ecumenica ha lanciato un appello ai giovani di tutto il mondo che qui
pubblichiamo.
La fede e la speranza dei
giovani della Namibia e del
Sud Africa ci toccano pro¡ondamente. Condividiamo
la loro sofferenza e la loro
speranza. Ci siamo sentiti
molto vicini a loro quando
abbiamo cantato l’inno della libertà del loro paese.
abbiamo vissuto un rinnovami nto del culto; le preghiere e le testimonianze di
giovani venuti da nazioni
molto diverse fra loro ci
1 sanno ispirato.
Siamo fermi nella fede in
Gesù Cristo risorto e partecipiamo alla volontà di Dio,
che è di liberarci in Gesù
Cristo.
« Ora, quando queste cose
cominceranno ad avvenire,
guardate in alto e alzate la
testa, perché la vostra redenzione sarà vicina » (Luca 21:
28).
Ci atteniamo alla redenzione da parte di Dio nelle
nostre azioni a favore della
liberazione.
Siamo uniti nella convinzione che in Sud Africa e in
Namibia il tempo incalza e
ci sentiamo spinti dallo Spirito Santo ad operare per
l'avvenire di queste due nazioni, dovunque noi siamo.
Esortiamo i giovani di tutto il mondo a far sì che le
loro chiese ed i loro governi
si impegnino al servizio di
questo importante compito.
Circostanze
drammatiche
Tuttavia è stato accertato
al termine della riunione che
un informatore della delegazione sùdafricana era stato
in contatto telefonico permanente con le autorità del
suo paese.
Con tutta evidenza i partecipanti sudafricani e namibiani si sono esposti ad un
grave rischio, non solo al
momento del loro rientro,
ma anche in seguito. D’altra
parte è altrettanto sorprendente constatare la franchezza con la quale ci si è espressi nel corso della conferenza.
I venticinque partecipanti
venuti dal Sud Africa e dalla Namibia hanno segnato lo
spirito di questa riunione
con un grido di disperazione, con la loro esperienza di
sofferenza e la loro speranza e la loro fede nella libe
razione.
La speranza
nella sofferenza
Di buon grado essi hanno
condiviso tali esperienze, le
informazioni di cui disponevano, e le prospettive future
con gli altri partecipanti,
convenuti da venticinque
stati; tutto questo è avvenuto nel corso dei culti, ogni
f ^
Le tre immagini
di questa pagina
ripropongono
\il dramma della
popolazione nera
del Sud Africa:
la morte violenta
di un popolo
schiacciato,
la sua situazione
di miseria
materiale,
il suo impegno
per la lotta di
liberazione.
non si discute nemmeno più.
Per decenni è stata praticata una forma di resistenza
non-violenta, e il regime ha
risposto con la violenza,
strutturale e aperta. Inoltre,
almeno fino ad oggi, la maggior parte dei governi occidentali non è stata disposta
ad esercitare una pressione
economica sufficiente in vista
di un cambiamento radicale
in Sud Africa.
La lotta armata
è legittima
mattina, o attraverso dei racconti, o dei canti; il tutto,
date le circostanze, non era
affatto scontato. Se questa
conferenza si è rivelata per
gli altri partecipanti un avvenimento del tutto particolare, non è solo a causa della presentazione della realtà
quotidiana africana, fatta da
testimoni diretti, né a causa
delle descrizioni dell’oppressione e della volontà di liberazione, è stato anche perché tutto questo è legato ad
una lucida analisi di quello
che succede nella società
sudafricana. Ecco dunque
ciò che i partecipanti hanno
potuto condividere con loro.
Si tratta di una sfida al movimento ecumenico.
In Sud Africa siamo sempre più convinti che la liberazione è possibile e che
il momento si avvicina:
« Quando queste cose eomìnceranno ad avvenire, guardate in alto e alzate la testa,
perché la vostra redenzione
sarà vicina ».
ne sociale. Non si tratta di
sostituire ad una élite bianca un’élite di neri.
L’obiettivo dichiarato è
quello di stabilire una società democratica, multirazziale; democratica nel senso più
ampio, allo stesso tempo in
campo politico e sociale. Ci
prepariamo in vista di una
società in cui sarà il popolo
stesso a prendere fra le mani il proprio destino. Fin da
« I delegati di questa conferenza affermano la legittimità della lotta armata, attualmente condotta dai movimenti di liberazione in Sud
Africa e in Namibia. Chiedono che prosegua il sostegno
delle Chiese a questi movimenti ». Quello che si chiede
non è una qualche giustificazione morale, o teologica,
della resistenza armata: si
chiede che le Chiese si sforzino di capire che questo difficile passo può essere fatto.
Per esempio, il primo segnale di una migliore comprensione potrebbe consistere
nell’intavolare un dialogo
con il Congresso Nazionale
Il pastore Allan Boesak.
La liberazione
si avvicina
Questa frase del capitolo
21 del vangelo di Luca ha
permesso ai delegati sudafricani di identificarvisi. Ed
ecco un altro indizio: nel
corso degli scioperi e del loro boicottaggio, gli studenti
hanno cambiato slogan. Fino ad allora si diceva: « La
libertà subito, l’educazione
poi ». Ora invece: « L’educazione per la libertà », il che
manifesta una volontà di
nrepararsi alla liberazione.
Non una lotta di neri
contro bianchi
In Sud Africa non si tratta più di una lotta tra neri e
bianchi, ma di una questio
ora, sono gli abitanti stessi
a controllare e amministrare le loro strade e i loro
quartieri. Si costruisce il nucleo di quella nuova società
che il vecchio regime non è
in grado di governare.
All’interno dello stato, il
regime si trova sempre più
isolato. Ma sono necessarie
anche delle sanzioni globali
che impediscano al sistema
dell’apartheid di godere di
qualsiasi appoggio internazionale. Secondo i delegati
sudafricani è questo il solo
e l’ultimo mezzo per bloccare lo spargimento di sangue.
'T’u*:^avia, in ultima analisi,
essi affermano che a loro soli
spetta la responsabilità della liberazione. E’ stato loro
chiesto se questa responsabilità comprendesse anche la
resistenza armata. E la risposta è stata che di questo
Africano, l’ANC. E’ quanto in
America ha fatto la Chiesa
Riformata, invitando quest’anno al proprio sinodo
Oliver Tambo, presidente
dell’ANC. Allan Boesak, presidente dell’Alleanza Riformata Mondiale, ha scritto a
questa Chiesa per ringraziarla del suo gesto: « Mi sembra
molto importante che le
Chiese ascoltino l’ANC esprimersi di persona sulla lotta
che conduce dal 1912 nel nostro paese e sul modo in cui
immagina il nuovo Sud Africa. E’ necessario che le Chiese rivolgano direttamente all’ANC le domande che più
le turbano e che sono per
loro dolorose. A mio avviso
è questa forma di dialogo la
cosa più importante. Ringrazio Dio del fatto che voi abbiate osato prendercene la
responsabilità ».
k
6
6 vita delle chiese
28 novembre 1986
ITINERARIO NELLE TRE VENEZIE
MESSINA
Trieste,
frontiera
Udine, Gorizia:
tra due mondi
Donna immigrata:
straniera o soreiia?
Gli illustri precedenti storici del protestantesimo in Friuli - Lo
strumento radiofonico per la testimonianza e l’apertura all’esterno
« Ho inteso ohe in Trieste pullulava molto bene il Luterismo.
preso per il commercio della Germania... ». Sono parole, del 1534,
di Pier Paolo Vergerlo, vescovo di
Capodistria. Il Vergerlo, che conobbe Lutero, Bucero, Melantone
divenne lui stesso luterano e seminò in Friuli molti libri riformati dando vita a gruppi protestanti. Vi sono dunque dei precedenti illustri per il protestantesimo triestino ancora oggi vivace,
cosmopolita e — ecco la novità
di questo secolo — ecumenico.
Venticinque anni fa il vicario
generale della diocesi triestina
saliva le strette scale dell'ufficio
della chiesa valdese a Trieste per
invitare l’allora pastore Umberto
Bert al primo dibattito ecumenico. Con "humour” e un certo distacco, Bert si alzò da dietro la
scrivania e fissando il vrelato disse: «Ma come? Prima ci perseguitavate ed ora venite a cercarci? ». Da allora l’ecumenismo è
una costante che non si esaurisce
solo nel dibattito teologico ma
trova momenti di vratica convergenza nell'assistenza agli anziani
e ai marginali della città.
La chiesa valdese e l'antica comunità elvetica costituitasi a
Trieste grazie alle libertà concesse dall'imperatrice Maria Teresa
d'Austria, da sessant'anni convivono nell’antica Basilica di San
Silvestro, acquistata dagli stessi
riformati svizzeri nel 1785. La Basilica, come recita un’antica epigrafe del portico romano, non solo è il « primum templum et cathedrale » della città ma anche il
primo edificio aperto al culto
evangelico esattamente duecento
anni fa.
Alla fine di ottobre si sono svpT
te le manifestazioni per il bicentenario, di cui riferiremo prossimamente. Il pastore Teodoro
Fanlo y Cortes della comunità
valdese e il pastore Paolo TPog
Trieste Il pastore
Claudio H.
Martelli
(a sin.) con
due collaboratori di fronte
alla chiesa
metodista che
ospita la sede
di 'Radio Trieste Evangelica’.
da Radio Trieste Evangelica ospitata nei locali della chiesa metodista.
« A Trieste ove son tristezze
molte, e bellezze di cielo e di contrade, c’è un’erta che si chiama
via del monte »; i versi di Umberto Saba indicano la salita in
cima alla quale si apriva il portale d'ingresso dell’antica cappella luterana, divenuta alla fine
dell’800, chiesa metodista. Nei
locali, radicalmente rinnovati,
della chiesa. Martelli, dal 1982,
anima una complessa esperienza
radiofonica voluta dalle chiese
battista, metodista e valdese della città. L'emittente diffonde una
quarantina di programmi parlati e musicali che si sforzano di
caratterizzare lo « specifico protestante » attraverso un confronto continuo con la gente ed i suoi
bandono. Martelli, ogni tanto,
viene qui a tagliare alberi nel
giardino abbandonato, a fare
qualche piccola riparazione. I
pochi membri della comunità se
ne sono accorti e desiderano collaborare. Potrà rivivere quella
comunità come ai tempi in cui
la fede soffiava dal nord?
Giuseppe Platone
(Fine - I tre precedenti articoli
sono apparsi nei numeri 41,
43, 44/86).
« Donna immigrata: straniera o sorella? ». Su questo tema
si è svolto a Messina, il 1° e 2
novembre, un incontro interdenominazionale — organizzato
dalla FDEI — di donne evangeliche provenienti da varie località della Sicilia (Scicli, Siracusa, Dentini, Catania, Palermo)
e da Reggio Calabria. L’argomento della riunione è stato introdotto da Paola Tron; ai lavori era anche presente — ha pronunciato anche un interessante
intervento — una giovane eritrea che vive e lavora a Catania.
La relatrice ha esposto in linee generali le difficili situazioni che si vengono a creare per
queste nostre sorelle. Sorelle
che, o perché rifugiate politiche o perché vivono in una condizione precaria, sono costrette
a lasciare il loro paese, entrando in Italia con un visto turistico e oercando un lavoro clandestino che non dà loro nessuna
sicurezza, sia dal punto di vista economico che da quello
socio-sanitario e così via.
Le domande in discussione, riguardanti gli scottanti problemi
della donna immigrata, sono
state:
— Con quale atteggiamento noi
ci rivolgiamo verso questo problema?
— Si è notato che spesso non
ce ne curiamo, rifiutiamo il ’’diverso”, non solo per il colore
della pelle, ma ad es. perché
toglie lavoro, lavoro che peraltro nessuno più vuole fare, o
perché abbiamo già i nostri problemi e non possiamo dare spazio a quelli degli estranei...
— Siamo disposte a cambiare
il nostro atteggiamento, retaggio di una cultura millenaria
che ci ha portato a credere che
siamo i migliori?
— C’è chi ha rilevato che spesso si sente dire che questa gente viene a portare il terrorismo
e siamo state d’accordo nel riconoscere che chi viene per lavorare e vivere in Italia, viene
perché non ha altra possibilità
di scelta, proprio come i nostri
connazionali che sono emigrati
all’estero. In fondo l’italiano che
assume questi clandestini, si arricchisce alle loro spalle.
— Che cosa siamo disposte
a perdere perché altre acquistino qualcosa?
— Pur tenendo conto della
limitazione di forze e di tempo
a disposizione per poter fare
qualcosa, le donne potrebbero
impegnarsi a parlare del problema con i figli, nipoti, alunni, non in modo discriminante,
ma anche alla luce del Vecchio
e Nuovo Testamento, di modo
che queste nostre sorelle e fratelli non debbano sentire troppo il peso della lontananza dal
loro paese, perché di certo si
sa che la nostalgia spesso e
volentieri attanaglia chi deve vivere in terra straniera e non
tutti si sanno facilmente adattare ad una mentalità, abitudini, modo di vivere , lingua, completamente diversi. Gli ostacoli
non sono davvero pochi e lo
sappiamo dalla descrizione di
casi pietosi di nostri conterranei che ritornano dall’estero.
La nostra sorella eritrea ha
letto un appello che eritrei che
vivono in Italia rivolgono al
governo italiano e per cui stanno raccogliendo firme. La situazione in Eritrea è molto precaria: oltre alla denutrizione e
alla miseria, c’è la lotta per la
indipendenza dall’Etiopia. L’emancipazione della donna, sebbene già abbastanza acquisita
in confronto ad altri paesi, non
è però tale da potersi dire senza problemi: infatti anche gli
uomini eritrei ritengono spesso che le donne siano solo delle
fattrici di guerrieri.
Edi Schmid!
gioii della comunità elvetico-tute-' problemi. Martelli, che è ' un
rana collaborano in molte attivi-' «manager» dell'evangelizzazione,
tà. Poggioli, che è un luterano di ha già subito, due anni fa, un
Napoli, ha studiato in Germanici'^ attentato alla radio per ridurla
e predica in tedesco; « ma ogni al "silenzio. L’episodio fece scal
CERIGNOLA: ASSEMBLEA DEL XIV CIRCUITO
Due pugni nello stomaco
tanto predico in italiano perché
— aggiunge .— credo che sia necessario integrarsi; jiiaggiormente
con la realtà itàliàna ».
Trecentomila abitanti, città di
anziani e di commercianti, Trieste è un crocevia tra oriente ed
occidente {c’è il "razzismo bianco” contro gli jugoslavi immigrati), città di confine. E forse per
questa sua difficile collocazione
(anche storicamente è stata
schiacciata tra la corte di Vienna
e il Vaticano, tra la Riforma e la
Controriforma) la testimonianza
deve saper trovare, per incidere,
nuove forme di presenza.
Una di queste è rappresentata
Incontri
TORINO — La Fgei - progetto Torino
organizza per i giorni 6-8 dicembre
un convegno ad Agape sul tema • Paura della fine nucleare o Impegno per
la pace? ». Intervengono M. Valdacchino (fisico) ed E. Ponzo (psicologo).
Costo del soggiorno differenziato in
tre quote (30 , 40, 50 mila lire) a seconda delle possibilità.
Per iscrizioni ed informazioni rivolgersi ai numeri 011/202732 (Elena)
0 011/6692838 (Milena).
pore e rese la radio evangelica
ancora più popolare. « Attraverso i messaggi, i dibattiti, le conversazioni che lanciamo attraverso la radio — precisa Martelli — in questi anni parecchie
persone si sono avvicinate a tematiche di fede e alcune hanno
aderito a comunità evangeliche
diventandone membri ». Nello
studio radiofonico incontro un
giovane studente in teologia che
fa . « pratica », altri ragazzi, due
giovani segretarie; c’è un « giro »
continuo di gente che partecipa
al lavoro, anche tecnico.
Accanto all’impegno della radio, Martelli, oltre a curare la locale chiesa metodista, si occupa
delle due piccole comunità di
Udine e Gorizia. A Udine è stato
aperto di recente, proprio di
fianco al locale ecclesiastico luna sala che può contenere una
trentina di persone) un nuovo
« centro culturale evangelico »
per la diffusione di Bibbie e libri evangelici. « Vogliamo farci
conoscere di più e meglio — dice Ennio Ambrosini, molto attivo nella comunità udinese —
perchè il protestantesimo ha
molto da dire ». A pochi chilometri visitiamo a Gorizia il grande tempio metodista, monumento severo della vecchia comunità
luterana pienamente inserita nella Gòrtz d’austro-ungarica memoria. Qui c’è polvere, aria d’ah
L’assemblea del XIV circuito,
riunita a Cerignola domenica 9
novembre, ha dovuto riprendere
in esame la sistemazione del
campo di lavoro tenendo conto
delle forze pastorali presenti nel
circuito; a conti fatti, manca
aU’appello una presenza pastorale per le chiese di Foggia e
Orsara di Puglia.
Fin dalla precedente assemblea di maggio, tra saluti e auguri vari, era stato assicurato,
dopo il trasferimento al nord
del pastore Eugenio Bernardini,
l’arrivo dello studente in teologia Dino Magri al quale in precedenza era stata affidata la cura della chiesa valdese di Palermo - via Spezio.
Il trasferimento di Bernardini, da pochi anni approdato alla realtà meridionale delle nostre chiese e il mancato arrivo
di Magri sono stati avvertiti dalle chiese pugliesi come due pugni nello stomaco le cui conseguenze si sono sentite nel corso dei lavori assembleari.
Il dibattito è stato ampio e
schietto, quello che doveva esser detto è stato detto, anche
alla luce di un susseguirsi di
incontri tra CED, Consiglio di
Circuito, Delegato della Tavola,
consigli di chiesa, che tra una
assemblea circuitale e l’altra
hanno avuto il loro da fare.
Un segnale del malessere in
atto è stato espresso da un ordine del giorno e dalla scarsa
partecipazione delle chiese di
Foggia e Orsara ai lavori assem
bleari autunnali.
A fronte di questa situazione
ci si è avviati alla riscoperta del
ruolo di una assemblea di circuito come luogo in cui la sistemazione del campo di lavoro
viene ad essere qualcosa che deve riguardare, interessare, coinvolgere più da vicino la stessa
vita delle singole chiese al punto da far sentire sia la loro voce di protesta e di proposta,
ma anche una solidarietà fraterna nel mettere al servizio del
circuito i singoli doni.
In questa direzione è stato
interpretato l’operato del Consiglio di Circuito, che ha elaborate e attuato in precedenza,
spiazzando un po’ la stessa assemblea, un piano di pronto
intervento per quanto concerne
la cura pastoiale di Foggia e
Orsara di Puglia, mobilitando
forze pastorali (e non) già presenti, e oberate di lavoro, nell’ambito del circuito.
Riusciranno però le singole
chiese in questa fase, in cui si
può dire che non tutti i mali
vengono per nuocere, a riscoprire il giusto ruolo delTcrdinamento circuitale? Riusciranno a considerare i loro pastori
e il loro essere chiesa in un’ottica di servizio circuitale soprassedendo un attimo alla titolarità
dei loro pastori?
A questi interrogativi la pratica quotidiana certamente suggerirà delle risposte che comporteranno un salto di qualità
nel ripensare la propria fede e
l’essere parte integrante di un
ordinamento circuitale.
Nella seconda parte dei lavori
assembleari, largo spazio è stato dato alla questione inerente
l’ora di religione, con particolare riferimento alle circolari Falcucci, agli atti sinodali, alla legge 449, alle battaglie e alle prese di posizione in corso nella
realtà pugliese e lucana.
In tutte le chiese valdesi e
metodiste del circuito si è sviluppato un dibattito e numerose sono state le lettere aperte e
gli incontri avuti con le rispettive autorità scolastiche, nell’intento di far conoscere la nostra
posizione e il rispetto di alcuni
diritti per una scuola che sia
veramente democratica e laica.
Per non essere attivi e mentalmente aperti unicamente su
grandi questioni di rilevanza
nazionale come: scuola, nucleare,
pace, ambiente, disoccupazione
e sviluppo nel sud, con il rischio
di presentare una immagine di
noi stessi diversa dal reale, è
stata proposta alle chiese una
riflessione in senso ampio sul
culto proponendo loro tra l’altro lo studio della dispensa della Facoltà Valdese di Teologia
« Tradizione e innovazione nel
culto cristiano evangelico »; inoltre il Consiglio di Circuito ha
ricevuto mandato di indire un
convegno sul culto, ma anche in
generale sul problema sempre
attuale di una chiesa che sappia sempre riformarsi.
Francesco Carri
7
28 novembre 1986
vita delle chiese 7
LA FACOLTA’ ALLE VALLI
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Le domande
di questa generazione
P6r una visione più attuale e realistica delle Valli - La richiesta
di pastori che si inseriscano facilmente nella vita delle comunità
Convegno FGEI
Quest’anno la Facoltà ha inaugurato l’anno accademico con
una settimana di studio nelle
Valli valdesi. Molti se ne sono
rallegrati, ma qualcuno si è
domandato: perché alle Valli,
perché proprio quest’anno?
Potremmo rispondere con poche parole. La Facoltà — studenti e professori — è sempre
andata in viaggio di ^studio nelle chiese: negli anni scorsi è stata a Napoli e a Trieste, in Puglia
e nel Veneto, nel Ticino e in Sicilia, dove si è fermata un’intera
settimana. Non era mai stata alle
Valli perché fino a qualche anno fa non se n’era sentito il bisogno, dato che molti studenti
ne provenivano. Ora che la provenienza degli studenti è in parte cambiata, perché aumentano
gli evangelici « per scelta personale » e quelli che vengono dal
sud, si è pensato che era utile
includere anche le Valli nel giro
delle visite periodiche. La cosa
è stata fatta, credo, con soddisfazione reciproca: professori e
studenti hanno potuto farsi una
idea più precisa della realtà
delle Valli oggi e dei loro problemi concreti; forse, all’immagine stilizzata e idealizzata delle
Valli viste da lontano, hanno
potuto sostituire una visione
più attuale e realistica. Così ne
abbiamo conosciuto alcuni problemi, che sono poi comuni a
tutte le chiese, come la secolarizzazione e la crisi sociale; abbiamo visto anche la vita dì
chiese legate al passato ma solidamente costruite nel presente; abbiamo rivisitato importanti vicende storiche e gustato
magari una punta di patriottismo etnico-culturale. Ora abbiamo delle Valli valdesi un’informazione più precisa e un’immagine più vicina alla realtà.
Questo potrebbe bastare. Ma
non basta perché il discorso è
più ampio e tocca il problema
dei rapporti della Facoltà con
le chiese e delle reciproche aspettative. Quali rapporti si devono stabilire fra lo studio teologico e la realtà concreta delle
chiese, fra la « teoria » (se è teoria) di oggi con la prospettiva
della pratica di domani?
E’ un problema che ritorna
spesso nei nostri sinodi. A prima vista sembra che ci sia una
risposta facile, quasi automatica. Dateci dei pastori, si chiede, che si inseriscano facilmente nella vita delle chiese e che
riprendano e continuino il nostro lavoro. Imparino non solo
dai libri, ma anche dalla « realtà ».
La richiesta è legittima, ma
potrebbe dar luogo a qualche
equivoco. Qualcuno la potrebbe
leggere come una difesa del
presente (e del passato) e intenderla come una richiesta di
continuità, come una domanda
di perpetuare, in ogni modo, il
modello ricevuto. Si vorrebbero
allora dei « pastori che facciano
come i pastori di una volta » e
che abbiano il sapore del buon
tempo antico, come il gelato del
nonno e il formaggio del contadino. Perciò, qualcuno potrebbe
continuare, non date agli studenti troppa « teologia », ma avviateli subito alla pratica. Moltiplicate le visite come quella di
quest’anno, mandate gli studenti a lavorare nelle chiese già
durante il loro corso di studio.
C’è senza dubbio una parte
di verità in queste richieste, e
i periodi di lavoro che alcuni
studenti hanno fatto negli ultimi anni nelle comunità non sono stati certamente inutili. Ma
il problema non sta là. La Fa
coltà non è una fotocopiatrice
che debba sfornare copie conformi dei pastori di oggi. Qualcuno forse se lo augura, ma non
se lo augurano probabilmente
molti dei giovani delle nostre
chiese, né quelli che da fuori,
ma con interesse crescente, guardano a noi; non chi si trova in
contatto sempre più stretto
con- uomini e donne di altre tradizioni o di altre fedi, o che
parlano e pensano in modo diverso dal nostro. Il mondo è
cambiato e cambia: cambiano le
esigenze della lettura e interpretazione e comunicazione del
messaggio biblico; non è più
possibile fare la pastorale delle
comunità senza una qualche formazione psicologica; non è più
possibile vivere nella società e
evangelizzare senza confrontarsi con gli interrogativi che le
scienze dell’uomo, la sociologia,
la linguistica, la filosofìa e la
conoscenza scientifica pongono
agli uomini e alle donne del nostro tempo.
Allora la Facoltà (e per Facoltà intendiamo una comunità
di lavoro intergenerazionale di
professori e studenti) deve lasciarsi interpellare dalle domande di questa generazione in un
confronto costante e serio fra
quelle domande e la parola di
Dio attraverso la mediazione
continua delle risposte di ieri
(questo è il senso di tutto lo
studio che si fa in aula, e in biblioteca) e della realtà concreta
delle chiese di oggi che vivono,
nella storia, una l'oro risposta
specifica alla chiamata della parola di Dio. Questo è il senso
delle visite come quella di quest’anno e deH’impegno che gli
studenti hanno nelle chiese di
Roma e del Lazio. E’ un confronto, un interrogare e essere
interrogati; uno sfidare ed essere sfidati. E’ logico che negli
anni di studio prevalga l’ascolto e la riflessione. La Facoltà
riceve dalle chiese stimoli e interrogativi, come li riceve dalla
società. Le risposte verranno
domani, quando gli studenti saranno all’opera. E’ allora che
si avrà la verifica del lavoro fatto negli anni della Facoltà.
In quel giorno ci potranno
essere delle sorprese: per le comunità, che si troveranno davanti pastori che per il tempo
diverso della loro formazione,
avranno mentalità e capacità diverse; e questo obbligherà le comunità a riflettere sul perché
del cambiamento e a maturare
nel confronto. Ma sarà una sorpresa per gli stessi nuovi pastori, che troveranno la realtà
delle chiese infinitamente più
ricca e complessa e contraddittoria di quello che avevano immaginato, più povera (sotto certi aspetti) ma anche più ricca
di quella che avevano cominciato a intravvedere nelle loro‘
visite. Una sorpresa ci sarà forse anche per i pastori già all’opera e per i professori, per le
proposte nuove e le reazioni
inattese che si potranno verificare nella combinazione fra nuovi pastori e comunità. E’ quello
che, per fortuna, è sempre successo, e che speriamo succeda
ancora. Allora queste visite saranno servite a qualcosa.
Tutto questo scambio fra Facoltà e comunità deve però avvenire (e di fatto avviene) nella comunione reciproca di una
chiamata comune, pur nella diversità delle funzioni e delle responsabilità. Questa è un’altra
dimensione di queste visite; è
la dimensione della solidarietà
fraterna che si costruisce certamente sulla base della vocazione comune e del comune
ascolto della parola; ma che
deve essere alimentata dalla conoscenza reciproca. Per questo
è giusto ringraziare quest’anno
le chiese delle Valli valdesi per
aver capito il senso della visita
della Facoltà: un discorso cominciato bene, che potrà essere
continuato, con le Valli o in
molte altre direzioni. Anche perché le nostre chiese, da Frali a
Pachino, non sono poi così diverse come a qualcuno, che
guarda da fuori, potrebbe sembrare.
Giorgio Girardet
TORRE PELLICE — « Questo
è il Kairòs, il momento della
verità, non solo per l’apartheid,
ma anche per la chiesa ». Sono
alcune parole del documento
che 150 teologi di quasi tutte le
chiese cristiane hanno elaborato
partendo dalla drammatica situazione del loro paese e muovendo da una critica alla « teologia di stato » e alla « teologia
della chiesa ». Il documento tenta di sviluppare un modello teologico alternativo e chiede che
tutti i credenti lo approfondiscano. A questo scopo, la FGEIValli organizza per domenica
30 novembre un convegno presso la Casa Unionista di Torre
Penice: l’inizio dei lavori (introduzione sullo stato del Sud Africa, e lettura del documento a
cura di M. Chalupka) è fissato
per le ore 9.30. Dopo una drammatizzazione, dei canti, e il pranzo, alle 14.30 lavoro in gruppi,
assemblea su iniziative di solidarietà con il popolo nero e
chiusura con il culto intorno
alle 17.30.
Agape fraterna
SAN SECONDO — Il 30 novembre 1“ domenica d’Avvento
culto ore 10.30 nel tempio con
la partecipazione della corale
che canterà due inni.
Dopo il culto nella sala vi sarà un’agape fraterna.
• Le riunioni quartierali per
il mese di dicembre: il 3: Colombini; il 5: Paglierine; il 10: Combe; il 12: Brusiti; il 17: erotta;
il 19: Rivoira-Prese.
Nuovo ’’anziano”
ANGROGNA — Pressoché l’unanimità (66 votanti) per Hélène Peyronel e Jean-Louis Sappé rispettivamente confermata
’anziano’ per il secondo quinquennio e nominato, per la prima volta, come membro del
Concistoro dall’assemblea di domenica 16 c.m. Alle votazioni ha
fatto seguito una relazione informativa sull’organizzazione del
lavoro pastorale che, a partire
dalla prossima estate, verrà affidato per un anno al Consiglio di
Circuito, segnatamente nella
persona di Fianco Taglierò, durante l’assenza dell’attuale pastore. Infine la relazione sul Sinodo di Franca Coisson, docu
mentata e chiara, ha concluso i
lavori dell’assemblea.
Assemblea
di chiesa
PRAROSTINO — Il culto di
domenica 30 novembre verrà anticipato alle ore 10 per permettere alla comunità di partecipare all’assemblea di chiesa dedicata al lavoro della CIOV e alla
diaconia. Sarà con noi per parlarci di questo argomento di
grande interesse per la comunità, il pastore Alberto Taccia,
rappresentante della Tavola nel
Coordinamento evangelico degli ospedali.
Giovedì 4 dicembre
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Neli'ambito degli studi su La pace nella Bibbia, giovedì 4 dicembre, alle ore 20.45 presso il Collegio Valdese il rabbino Artom di Torino parla su Lo "Shaloiti”
neH’Ebraismo. Tutti sono cordialmente
invitati.
Sabato 6 dicembre
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — La prossima assemblea del movimento TEV si tiene
sabato 6 dicembre alle ore 14.30 nel
locale di via Mazzini.
Domenica 7 dicembre
□ BAZAR
TORRE PELLICE — Domenica 7 dicembre si tiene, presso la Foresteria,
il Bazar delle Missioni organizzato
dalle società missionarie di Torre
Pellice in favore della CEVAA. Tutti
sono invitati. Inizio alle ore 14.30.
n CONVEGNO DEI
CATECUMENI
LUSERNA S. GIOVANNI — Domenica 7 dicembre si tiene l’incontro
dei catecumeni di 1° e 2° anno del
1° circuito. L'incontro inizia con il
culto alle 10 e prosegue fino alle 16
nel Tempio,
NELLA PIU’ PICCOLA CHIESA VALDESE
Chiusa l’attività 1986
RODORETTO — Con il mese
di ottobre, tutte le attività della nostra (jhiesa per l’anno 1986,
hanno avuto termine, ad eccezione della Scuola Domenicale
delle Fontane che, come in ogni
altra parrocchia, inizia invece la
sua fatica. E’ un lumicino dalle
proporzioni ridotte, se si considera il numero dei suoi frequentanti che sono gli alunni stessi
di Fontane e Gardiola, ma pur
sempre una piccola fiaccola che
potrà assumere dimensioni maggiori se si saprà rivalutare il
senso dello spirito che aleggiava
fra questi monti nei secoli passati. Tiriamo dunque le somme,
com’è doveroso, per noi e per
chi si interessa alle cose nostre.
Rodoretto apre i battenti del
suo Tempio a giugno e chiude a
settembre. Sembra quasi di avere copiato dai nostri «bérgìe»
che portano le loro mandrie e le
loro greggi ai pascoli montani
all’arrivo della bella stagione e
ne ripartono ai primi freddi.
Pochi sono quindi i mesi che
trascorriamo in questo alpestre
vallone, ma non per questo ci
rassegniamo ad una vita senza
prospettive. Ecco, per esempio,
il 15 giugno ci siamo mobilitati
tutti (ancora pochi per la verità) per accogliere nel modo migliore l’Unione Femminile di
Villar Pellice, guidata dalla signora Pons, che è stata per diversi anni con il Pastore, suo
marito, alla guida di questa Comunità. Un secondo esempio ci
è stato fornito dal battesimo
del piccolo Stefano Barai di Serrevecchio.
Presentatasi dunque l’occasione favorevole il nostro Pastore
ha pensato bene di approfittarne per una breve Assemblea dì
Chiesa, nella quale si è fatto il
punto sulla nostra vita di Comunità. Al termine, in largo anticipo ma necessario poiché la
nostra Chiesa ha un iter anomalo rispetto alle consorelle, si è
proceduto alla elezione del deputato alla Conferenza Distrettuale per l’anno prossimo. E'
stata scelta la giovane neo-maestrina Mafalda Tron, alla quale
facciamo tanti auguri.
Che dire poi del 3 agosto, con
in programma la giornata storica su Galmount? Lassù, a pochi
metri « dà Cró d’ia guèro » e
« dà Pian d’ia guèro » si sono
ricordati: il pastore Leydet che,
catturato nelle vicinanze all’inizio del 1686, fu condannato a
morte dopo lunghi mesi di prigionìa; il pastore Léger che, nel
1641 il mese di febbraio, mentre percorreva « leu viòl dà m’nistre » per recarsi a Rodoretto
per il primo culto domenicale,
a causa di una folata di vento,
perse l’equilibrio e rotolò sulla
neve fin quasi a Villa. L’avventura avrebbe avuto im tragico
epilogo se lo zio, dott. Laurens,
non fosse intervenuto. Si sono
ricordati Henri Arnaud ed i suoi
che nella zona (da Frali, a Rodoretto, a Balsiglia), dopo il
Rimpatrio, vissero mesi e mesi
di apprensione e di lotta; si è
ricordata Maria Sap di Frali
che, nel 1500 accusata di stregoneria, fu condannata al rogo...
Il tutto condito da mille fatti,
episodi accaduti in quei periodi
storici, presentati all’attento
pubblico dal pastore Tourn. Il
tempo è stato discretamente bello; è stato possibile il pranzo
al sacco nel verde della zona
stessa e la giornata si è conclusa con la visita al Museo di Rodoretto e con un ’’bicchiere” di
té accompagnato da una fetta
di dolce. Ringraziamo Dio e ringraziamo ancora tutti i rodorini
che si sono prodigati per la riuscita dell’incontro.
Il Museo; il Museo è una ricchezza, nella sua povertà, per
Rodoretto. Dirò solo che abbiamo avuto tre gruppi di professori: due guidati dai Presidi
Claudio Tron e DariO' Seghe ed
il terzo, composto da una quindicina di persone, provenienti
da varie città della Francia.
Molti di quest’ultimo gruppo ignoravano resistenza dei Valdesi. Un caso ancora: due coniugi
di Monaco, non più giovani (lui
non vedente) hanno visitato il
Museo una sera dopo una camminata lungo i nostri impervi
sentieri che li avevano portati
quasi « à bric Trousie » alt. m.
2185.
Dulcis in fundo: da anni ormai la riunione di Campo Clot
conclude l’anno con té e dolci.
Se Dio vorrà, l’arrivederci è fissato per il giugno del prossimo
anno. Enzo Tron
8
8 vita delle chiese
28 novembre 1986
ALLA CONFLUENZA DELLE VALLI VALDESI
La chiesa di Pinerolo compie 100 anni
Ricordare
il passato
e pensare
il futuro
I centenari sono di moda e
ogni anno se ne festeggia un
certo numero.
E’ giusto e normale che sia
così; gli esseri umani hanno bisogno di radici e sono legati affettivamente al loro passato. Però non possiamo fermarci qui:
la Grazia di Dio ha permesso ieri e continua a rendere possibile
oggi quel passaggio da « tribù di
Valdo » a « popolo di Dio » a
cui ci chiamava alcuni anni fa
Giorgio Tourn. Le vicende di im
secolo possono forse stimolare
alcune riflessioni.
I cento anni di vita della nostra parrocchia autonoma sono
stati ricchi di benedizioni. La
Chiesa di Pinerolo ha ricevuto
moltissimo, da amici vicini e
lontani, da chi vi ha predicato
fedelmente la Buona Notizia e
da chi ha dato in silenzio la testimonianza di una vita animata dall’amore di Dio e del prossimo.
Abbiamo sempre saputo dare,
con altrettanta generosità, a chi
stava intorno? Ho l’impressione,
forse ingiustificata, che nell’insieme siamo stati una comunità
fedele, ma un po’ troppo chiusa
in se stessa.
E, rispetto al cattolicesimo,
dopo il Concilio Vaticano II, di
fronte all’invito ài dialogo e al
confronto che spesso ci giunge,
vale la pena di rimanere Vaidesi, se tanto siamo tutti Cristiani, e noi non siamo certo i
migliori? Per alcuni, essere una
infima minoranza è una situazione scomoda e non si vedono
più motivi validi per continuare
a subirla; per altri, l’ostinarsi
nella diversità può essere frutto di malinteso orgoglio e perpetua lo scandalo della divisione all’interno del popolo- dei credenti. Io invece sono convinta
che nel riconoscimento della fede comune neH’unico Signore, e
nell’amore fraterno, le diverse
esperienze storiche e le teologie
differenti non sono più uno scandalo, ma un arricchimento reciproco, sono i talenti che il padrone ci ha affidati e di cui ogni
chiesa, come ogni individuo, dovrà rendere conto. Non possiamo rinunziare ad un compito
che non abbiamo scelto, ma che
ci è stato affidato.
Infine, sappiamo sempre misurare con il metro della Parola
di Dio le proposte della società
che ci circonda e di cui facciamo
parte, o ci adeguiamo supinamente ai modelli del momento?
La tentazione è forse più forte
nella Pinerolo di oggi che nelle
Valli di ieri. E d’altra parte,
non dimentichiamo talvolta che
Gesù è venuto per salvare il
mondo, non solo le nostre chiese?
E’ stato detto che è bello e
utile ripensare al passato, ma
solo a patto che ai ricordi si
uniscano sempre i progetti per
il futuro; se no, ci riduciamo ad
imbalsamatori di mummie.
Io prego che anche in questa
occasione sappiamo distinguere
i progetti che Dio ha in serbo
per noi.
- Ricordati di tutto il cammino che
l'Eterno, l'Iddio tuo, ti ha fatto fare...
e osserva i comandamenti dell'Eterno,
dell'Iddio tuo, camminando sulle sue
vie...» (Deuteronomio 8: 2, 6).
Marcella Gay
Centotrentasei anni da che
il primo nucleo di valdesi ha
cominciato a riunirsi regolarmente in case private, 126
anni dalla inaugurazione del
Tempio, 100 anni dal riconoscimento quale parrocchia
autonoma nell’ordinamento
valdese, la chiesa di Pinerolo
ricorda questi avvenimenti
con una festa il 30 novembre.
In questa occasione verrà
presentato il volume curato
da Gianni Long e frutto di
un lavoro collettivo del Concistoro e di un gruppo di fratelli e sorelle (il volume può
essere acquistato rivolgendosi alla chiesa di Pinerolo o
alla Claudiana di Torre) che
racconta le vicende interne,
i dibattiti, le decisioni, le
speranze e le delusioni di una
ricerca collettiva di fedeltà
alla Parola di Dio.
Nonostante gli ottimi pastori che hanno svolto e svolgono il loro ministerio a Pinerolo, la chiesa ha una sua
caratteristica: quella di essere una chiesa di laici. E'
questa allo stesso tempo una
benedizione che vede molti
fedeli testimoni dell’Evangelo all'opera nella città, nel
posto di lavoro, nella scuola,
nelle istituzioni laiche di assistenza e di cura, ma anche
un cruccio per la chiesa che
non ha visto sorgere al suo
interno molte vocazioni al
pastorato.
Una chiesa di laici preparati che hanno saputo e sanno assumersi responsabilità
nella conduzione amministrativa della chiesa (molti
sono stati i pinerolesi membri della Tavola) e nel lavoro di testimonianza, laici
che nel corso di questi cento
anni hanno dato una testimonianza evangelica in una città
che per secoli ha visto gli
evangelici come un nemico
da combattere. Ed anche
quando le leggi dello stato
sabaudo prima ed italiano
poi hanno concesso la libertà
di culto, i laici ed i pastori
che hanno servito a Pinerolo,
hanno dovuto conquistarsi
ad uno ad uno gli spazi,
Tuditorio per la loro testimonianza evangelica.
Oggi Pinerolo è la città dove il confronto evangelico è
possibile e fecondo: il cattolicesimo ha una vivacità
ed un’ansia di fedeltà al messaggio evangelico che forse
non ha pari in Italia almeno per le dimensioni di questa ricerca, gli evangelici (soprattutto pentecostali) hanno iniziative di profonda
spiritualità, gli stessi esponenti della cultura laica sono
estremamente attenti alle
problematiche di fede. Merito dei valdesi di Pinerolo?
Forse. Ma non di meriti si
deve parlare oggi, ma di rinnovata responsabilità. Oggi
molti in città vogliono sapere
cosa pensano, cosa fanno,
cosa sperano, cosa testimoniano i credenti che si ritrovano nella chiesa valdese. La
chiesa sa che il suo futuro
dipende da come risponderà
alla rinnovata vocazione del
Signore.
Giorgio Gardiol
La chiesa oggi, nel corso di un culto domenicale.
Centenario
della costituzione in parrocchia
della Chiesa Valdese di Pinerolo
30 NOVEMBRE 1986
PROGRAMMA:
ore 10 : CULTO con Santa Cena, presieduto dal Modera
tore pastore Franco Giampiccoli;
ore .12.15: Pranzo comunitario (1):
ore 15 : a) apertura della mostra fotografica
b) presentazione del libro commemorativo « Chiesa
Valdese di Pinerolo - 1886-1986 » da parte dell’autore Gianni Long
c) commento relativo alla registrazione del concerto del 12.5.86 a cura del direttore della Corale
Claudio Morbo;
ore 16.30: Concerto della Corale;
ore 17.15; Rinfresco e saluto ai partecipanti.
Orario e durata della mostra fotografica;
oltre che durante la giornata di celebrazione del centenario, la mostra fotografica sarà aperta, nei locali di Via
dei Mille, 1, fino al 28 dicembre tutti i sabati e le domeniche, dalle ore 15 alle 18.
(1) Per il pranzo si prega di volersi prenotare al più
presto presso Vera Long (tei. 71597).
Un giorno triste del novembre
1944, il cinque di quel mese, mi
par fosse di domenica.
Era il tempo ultimo, quello
più feroce e angoscioso, della
guerra esplosa sul mondo e sul
nostro paese anni prima.
Chiuso nel mio dolore, nel rifugio partigiano di casa LageardChambon (dal nome gentile di
Trattoria dei Fiori) piangevo la
morte di mio fratello, caduto in
combattimento contro i nazifascisti a San Martino di Cantalupa con cinque nostri compagni il giorno prima, e la cui fine,
dopo ore di alterne speranze e
Ricordi fra tanti
paure, mi era stata da poco confermata.
Stavo scrivendo ai miei genitori, lontani, in un paesino lombardo, cos’era accaduto, volevo
dir io a loro della tragedia che
ci aveva colpiti, non dissimile
purtroppo da quelle che quotidianamente si abbattevano su
tante altre famiglie; non sapevo
neppure come avrei potuto far
pervenire loro il mio angosciato
Un gruppo della chiesa verso la fine dell'800, ripreso in occasione
del n febbraio.
messaggio.
A un tratto (s'era nel primo
pomeriggio), vidi entrare nella
stanzetta dove, con le armi a
portata di mano, ero ospitato,
due volti amici: il mio Pastore,
della mia chiesa di Pinerolo, Luigi Marauda, accompagnato dall’avv. Cesare Gay, vecchio caro
amico di famiglia. Erano arrivali
in bicicletta, attraverso i posti
di blocco tedeschi, rischiando, e
non poco, personalmente; e non
so ancor oggi come, attraverso
quali indicazioni, era lor riuscito di trovarmi, superando le difficoltà frapposte dalla vita clandestina che conducevo.
Con loro pregai, a loro affidai
il mio messaggio. Certo, la chiesa, la mia comunità di Pinerolo,
han significato molto, per me,
come per ognuno di noi: dalla
Scuola Domenicale al Catechismo, alla Confermazione, alle esperienze dell’Unione Giovanile,
al matrimonio, al battesimo dei
figlioli, al congedo terreno dai
miei genitori...
1 ricordi ben possono affollar
la mente e far palpitare il cuore.
Ma mi sia consentito di riconoscere in particolare la mia
chiesa in quell’incontro ormai
lontano negli anni, ma così presente alla mia mente, fuor dalle
mura del tempio, nella solitudine di un’ora, di un tempo di angoscia e di sofferenza. Accostando a questo ricordo quello delle
allora giovani sorelle della nostra unione valdese che (non
c’ero ovviamente, ma poi lo seppi) vollero che la salma di mio
fratello, recuperata sul campo di
battaglia, entrasse, trasportata
da loro {per gli uomini sarebbe
stato troppo rischioso, con le SS
e le Brigate Nere a spiarli e colpirli) nel nostro tempio; così che
presso quel feretro il nostro Pastore, Luigi Marauda, ripetesse
per i pochi presenti e i molti
(così costretti) assenti le parole
della speranza e l’annuncio della
salvezza.
Passarono due anni; la bufera
s’era placata, la pace era ritornata. Il pastore Marauda aveva
lasciato la nostra comunità di
Pinerolo, dopo quasi un trentennio di ministerio. E chi, ritornato alla vita civile, avevo incontrato nel nostro tempio? Un caro, indimenticabile amico, che in
terre lontane, in guerra, era stato il nostro pastore, il « cappellano » degli alpini valdesi così
numerosi da costituire una grossa comunità: lo rividi subito, sul
pulpito, così come ci si presentava quando ci radunavamo nei
boschi, o nelle radure di quelle
sconosciute regioni, dove la follia della guerra ci aveva scaraventati, per ascoltare il suo messaggio, la voce ferma e forte, il
gesto ampio invocante su di noi
la benedizione del Signore, il
fraterno incoraggiante sorriso.
Grazie anche a lui, per quel
che attraverso di lui in tempi
così difficili la nostra chiesa ha
saputo darmi.
Ettore Serafino
9
28 novembre 1986
cronaca delle Valli 9
IL RAPPORTO CON LA NOSTRA TERRA
I danni dei cinghiaii
Puntualmente ad ogni cambio
di stagione nelle nostre Valli
spunta la polemica a proposito
dei cinghiali che numerosi scendono fino ai villaggi abitati e
fanno razzie nei prati e nei campi.
Assemblee, lettere ai giornali:
i Comuni e le Comunità Montane, che sono le organizzazioni
anjministrative più vicine ai problemi della popolazione, non sanno cosa fare e si rimbalzano la
paila.
L'Assessore alla caccia e alla
pesca della Provincia, tirato in
causa dalle lettere ai giornali, ha
ri.-posto che in fondo il problema dei cinghiali è un male che
ntai si può evitare e naturalmente capisce che possa dare fastidivi a chi in montagna fatica,
m.i proprio per venire incontro
alia popolazione vi è sempre la
possibilità di avere dei rimborsi
per i danni subiti.
parte le lungaggini per ottenc. o questi risarcimenti, la risposta indubbiamente non piace
a ,:hi il suo piccolo appezzamento se lo lavora. Anzitutto perchè
è .-cmpre più chiaro che i cing:hj,-ili ci sono perchè c’è ohi li
a'icva, e c’è chi li immette, anche se non tutti gli assessori so
no disposti ad ammetterlo. In
secondo luogo, perchè il concetto del « tanto c’è il rimborso »
è profondamente lesivo della dignità di chi lavora con fatica
ostinandosi a voler rimanere proprio là sulla terra già coltivata
dalla sua famiglia.
Il rimborso sta nell’ottica che
con i soldi tutto si può comprare, tutto si può ridurre a proprio uso, anche la montagna e
la sua gente. Ci troviamo quindi di fronte a due concezioni profondamente diverse: mentre al
montanaro interessa la montagna nella sua globalità, che i
sentieri siano mantenuti in efficienza (e non solo il proprio),
che i prati ed i boschi siano ripuliti, che le fontane e i torrenti
siano liberi, al cittadino che va
alla sua seconda casa durante
i fine settimana normalmente interessa che all’interno del suo
recinto il suo prato sia rasato
in maniera uniforme e non è in
grado di farsi carico di ciò che
avviene al di fuori.
Ma dobbiamo a tutti i costi
accettare la seconda ipotesi che
è comunque palesemente riduttiva?
Oppure c’è uno spazio di vita
e non di elemosina che deve es
OSPEDALE DI POMARETTO
ignorare il servizio
Aumentati i posti-letto - Rifatti molti impianti per un servizio più qualificato e moderno
L’attenzione concentrata sul
¡mnte dell’Ospedale di Torre
Pi ìlice, verso cui stanno convergendo tutte le energie disponibili
pel' completare il previsto propino di ampliamento, ha fatto
po.;=iure in seconda linea quanto
si :na facendo all'Ospedale di Poma iCtto. Alla fine degli anni 60
la situazione era capovolta: a
Pomaretto si lavorava per l'ampliamento, mentre Torre Pellica
aspettava.
Ma Pomaretto non sta aspettando. Già da diversi, anni è stata segnalata sia alle Conferenze
disirelluali che al Sinodo l'esigenza di attuare, sia pur con interventi graduali, un progetto
d’ampliamento che è stato messo
definitivamente a punto l’anno
__LUSERNA S. GIOV.
Stare
coi giovani
Chi è l’adolescente? Come si
può comprendere ed appoggiare
il suo cammino verso l’autonomia in crescita? In dicembre la
Comunità Montana Val Pellice
apre a Luserna San Giovanni un
nuovo punto di riferimento per i
giovani (« Spazio giovani ,»). Neh
Tambito di questa iniziativa e di
tutta la problematica inerente la
questione dei giovani si terrà anche un incontro pubblico, venerdì 5 dicembre alle 21 presso
l’Auditorium di Luserna San
Giovanni, con il prof. Augusto
Palmonari, docente di psicologia sociale airUniversità di Bologna. Come stare con i giovani? Un interrogativo appassionante a cui tutti possono dare
la propria risposta, anche se non
tutte le risposte sono necessariamente valide.
sere garantito a chi in territorio
montano è nato e lì ha deciso
di rimanere per difendere i suoi
averi, i suoi ricordi dalle insidie
di una natura dura ma conosciuta e forse ancora di più da
una lenta e progressiva emarginazione dovuta alla organizzazione sociale che sembra attualmente incontrastabile?
Il problema è indubbiamente
grosso e non riguarda unicamente l’ambito della organizzazione
sociale e collettiva.
Come credenti non possiamo
evitare di domandarci ohe tipo
di rapporto abbiamo con questa
terra. E’ nostra è ne facciamo
l’uso che vogliamo? Oppure ci è
stata affidata per un tempo affinchè ne abbiamo cura?
Adriano Longo
Segnalazioni
POMARETTO — Il Comitato pace delle valli Chisone e Germanasca si ritrova martedì 9 dicembre alle ore
20.45 presso il Municipio.
TORRE PELLICE — L’Ass. Pro Loco
e l'Università della terza età di Torre Pellice organizzano per venerdì 28
novembre una visita alla mostra:
Porcellane ed argenti del Palazzo Reale di Torino. La partenza è prevista
con autopullman alle 13.30 da Santa
Margherita. Il costo è di L. 6.000 più
L. 5.000 di ingresso alla mostra.
PINEROLO — Il Comitato Pinerolese contro l'apartheid organizza una
assembiea pubblica per venerdì 5 dicembre, alle 20.30 in via Clemente
Lequio, allo scopo di discutere la bozza del documento costitutivo del comitato stesso.
DUE CONVEGNI A PARIGI
Il francese alle Valli
scorso. Come per Torre Pellice il
progetto non prevede un aumento di posti-letto, ma una miglior
razionalizzazione dei servizi e
una maggior disponibilità di spazio per lo svolgimento dell'attività ambulatoriale.
L’Ospedale di Pomaretto dispone, accantonata negli ultimi anni,
grazie a offerte varie e alla collaborazione del gruppo Amici dell’Ospedale, di una parte della
somma necessaria. Questo ha consentito di sistemare, verso il lato
ovest dell’edificio, sei camere di
degenza dotate di servizi, due medicherie di piano e due camere di
monitoraggio cardiaco. Sono stati rifatti gli impianti elettrici, di
ossigeno, di chiamata, nonché i
pavimenti e gli infissi.
Proprio in questi giorni è avvenuta la sistemazione nei nuovi
locali, per un miglior servizio rivolto ai degenti e un più favorevole ambiente di lavoro per il
personale.
Se è vero che la CIOV non ritiene di dover aprire una nuova
sottoscrizione per Pomaretto, per
non apvesantire ulteriormente
una situazione di grosso impegno
per le nostre famiglie in vista
dei progetti in atto a S. Germano
e Torre Pellice, rimane ugualmente chiaro che ogni contributo
liberamente devoluto all’Ospedale di Pomaretto sarà largamente
bene accetto in vista di un viù
rapido nroseguimento di quei lavori di miglioria e ampliamento
di cui l’Ospedale ha assoluta necessità, data la ristrettezza degli
spazi a fronte di una crescita
progressiva di richieste di servizi da parte del territorio a cui
dobbiamo far fronte nel migliore
dei modi. Il nostro personale
opera con grande dedizione in
condizioni non favorevoli. Ogni
azione di solidarietà è accolta
come segno di riconoscimento e
incoraggiamento.
Alberto Taccia
Ottobre 1986 a Parigi per due
appuntamenti interessanti.
1°. L’anno 1986 essendo stato
proclamato « Anno della Pace »,
quale scelta migliore da parte
della Ligue internationale de
l’Enseignement et de la Culture
populairè se non quella su: « Education à la Paix », in occasione del Colloquio organizzato daini al 13 ottobre? Hanno risposto all’appello più di 200 persone. AH’apertura, oltre al Presidente della Ligue, M. Arnould
Clausse, belga, ai vice-presidenti
internazionali fra cui la prof.
Frida Malan, era presente M.
Amadou-Mahtar M’Bow, Direttore generale dell’ONU per l’Education, la Science et la Culture
(UNESCO).
Numerosi gli interventi. Tre
gruppi di lavoro ogni giorno. Sei
tavole rotonde. Cito alcune frasi
che mi sembrano atte a riflessione: ...iniziare con l’educazione alla pace di coloro ohe hanno
in mano il potere... le meditazioni sul tema « Pace » si rivolgano
soprattutto ai giovani... avevo 10
anni nel 1914: da allora sono
pacifista... gli aiuti al Terzo Mondo non sono altro che la restituzione del maltolto...
Una proposta concreta: stampare i « quaderni dell’amicizia »,
mandarli a ragazzi della stessa
età di paesi meno ricchi dei nostri, chiedendo ai vari Ministeri
P. I. la gratuità della corrispondenza interscolastica...
2“ appuntamento: 14 ottobre.
Incontro con i membri della
Section française des Communautés ethniques de langue française.
Mi è stato chiesto di parlare
brevemente della storia del popolo valdese e delTinsegnamento del francese sia nelle Valli
Valdesi che in Italia in generale. Com.e invitati vedo i volti
amici di correligionari definitivamente o temporaneamente viventi a Parigi, dagli Appia ai Vigne, poi, personalità della diplomazia, funzionari del Ministero
P. I., professori universitari,
membri della Chiesa Riformata
di Francia e sconosciuti legati
dai problemi della francofonia
(svizzeri di lingua francese, walloni, québécois). Ed io, a parlare con l’ausilio della bella cartina ottocentesca, del sempre attuale volume di Giorgio Tourn
sui Valdesi, di statistiche significative sul mantenimento dell’insegnamento del francese non
solo nel Liceo Valdese di Torre
Pellice, ma anche in tutte le
scuole, dalle Alpi alla Sicilia. Ed
è proprio dall’Italia meridionale che giungono oggi richieste
di corsi di aggiornamento destinati a professori di lingua francese.
Numerose le domande rivoltemi dai presenti. Ne ricordo una
in particolare: « Nel vostro liceo, insegnate anche il patois? ».
Liliana Ribet
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
U.S.S.L 43
Concorso pubblico
Sono indetti pubblici concorsi, per titoli ed esami, presso
l’Unità Socio Sanitaria Locale n. 43, a:
— 1 POSTO DI OPERATORE TECNICO - GENERALI E
TECNICI;
— 1 POSTO DI COLLABORATORE AMMINISTRATIVO
PER IL SERVIZIO PERSONALE - PATRIMONIALE E
LEGALE. 2'1*' '
Le domande, in carta legale, dovranno pervenire all’Uflicio
Personale della U.S.S.L. n. 43 - P.zza Muston n. 3 - Torre Pellice
— Tel. 0121/91514 - 91836. Orario apertura al pubblico: tutti i
giorni dalle ore 9,30 alle ore 12. Escluso il sabato.
IL PRESIDENTE
(Arch. Piercarlo Longo)
RINGRAZIAMENTO
« In verità, in verità lio ti dico
che se uno non è nato di nuovo
non può vedere il Regno di
Dio »
(Giovanni 3: 3)
I familiari di
Emilio Gönnet
ringraziano sentitamente tutti coloro
che con la presenza al funerale, scritti
e fiori hanno condiviso il triste momento.
Un grazie particolare alla d.ssa Paola Grand, ai medici e a tutto il personale dell’Ospedale Valdese di 'Torre PeRiee.
Villar Pellice, 13 novembre 1986
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Enrico Tron
ringraziano tutte le persone che, con
la presenza o con scritti, hanno affettuosamente ricordato il loro pastore.
Un grazie particolare ai pastori sigg.
Tourn e Zotta, ai medici doti, Bì>cr,,c
Michelin Salomon, al personale ; dell’Ospedale valdese, alle signore Paillette Bertinat, Eliana e Delia Bellion,
Donatella Jourdan, Laura Mondon per
l’assidua affettuosa collahorazione.
Torre Pellice, 24 novembre 1986
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi manchérà »
(Salmo 23: 1)
La famiglia del compianto
Carlo Soulier
Cavaliere di Vittorio Veneto
di a n ni 87
sentitamente commossa per la dimostrazione di stima e di affetto ringrazia parenti, vicini di casa, amici, la
sezione comibattenti e tutte le persone che in qualsiasi modo hanno preso
parte al suo grande dolore.
Un grazie particolare al dottore Walter Broue e al pastore Klaus Langeneck.
S. Germano^ 14 novembre 1986
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Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
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Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
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Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
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10
10 uomoesodetà
28 novembre 1986
AMNESTY INTERNATIONAL
CONVEGNO A STRASBURGO
Il caso «7 aprile»
5 anni prima di essere giudicati - Il caso Fioroni e la Convenzione
europea dei diritti dell’uomo - 1984-1986: due sentenze contrastanti
Nicaragua, una sfida
ai giovani europei
In uno dei più recenti « punti
di vista» Aldo Ritaet sottolineava la drammatica incapacità
della giustizia italiana a rispettare in vari casi le Convenzioni
europee ed internazionali per la
salvaguardia dei diritti deU’uomo e delle libertà fondamentali.
L’associazione Amnesty International (A.I.) ha anch’essa denunciato' questa situazione affermando che « le autorità italiane
hanno violato quelle norme della legislazione internazionale che
prevedono processi equi celebrati entro un ragionevole periodo di tempo ». Alla base di
questa denuncia vi è il processo « 7 aprile » che ha coinvolto
71 persone e che ha avuto luogo fra il 1979 ed il 1984 davanti
alla Corte di Assise di Roma:
12 fra i suddetti imputati hanno
trascorso in prigione oltre 5 anni prima di essere giudicati.
Il documento di A.I. ricorda
che i vari reati di cui dovevano
rispondere gli imputati erano
tutti connessi colle attività di
gruppi extra-parlamentari di sinistra, noti col nome di Autonomia Operaia. Le accuse erano
di associazione sovversiva, di
costituzione o partecipazione a
banda armata e di insurrezione
armata contro i poteri dello
Stato.
Le critiche di A.I. si appuntano inoltre fsulla « questione Fioroni ». Questo imputato, condannato a 27 anni per sequestro
ed omicidio è stato rilasciato
(dopo averne scontati 7) in cambio di informazioni che incriminavano gravemente gli imputati del « 7 aprile ». Queste informazioni — denuncia A.I. —
sono state rilasciate segretamente al giudice inquirente, senza
che sia stato concesso il confronto col Fioroni stesso, malgrado la legge italiana lo preveda. Infatti questo testimone
non solo non ha potuto essere
ascoltato al processo, malgrado
lo stabilisca la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ma
aveva addirittura lasciato il Paese grazie ad aiuti ufficiali: di
tutto ciò era allora a conoscenza l’On. Spadolini, allora Primo
Ministre.
A.I. ritiene che la Corte, nell’accettare in simili circostanze
la validità delle dichiarazioni
del Fioroni, abbia violato le garanzie procedurali per equi processi stabilite dalla Convenzione
Europea sui diritti umani.
Gli imputati del « 7 aprile »
hanno subito condanne complessive per oltre 500 anni. Il successivo processo terminato nel
gennaio 1986 — come ricorda A.I.
— in contrasto col giudizio di
quello romano, è giunto alla
conclusione che Autonomia Operaia non era una banda armata
ed ha assolto coloro i quali erano stati accusati unicamente
per la loro presunta associazione al gruppo. Si tratta di 47
persone di cui tre erano già
state condannate a Roma per
costituzione di banda armata e
per associazione sovversiva.
(dal Notiziario A.I, n. 8/9)
Sotto gli auspici del Consiglio
d’Europa, dal 3 al 9 ottobre, si
è svolto a Strasburgo un simposio di giovani provenienti da 16
paesi deirEuropa occidentale,
membri di 13 organizzazioni internazionali non di tipo partitico
o politico.
Fra queste il WSCF (il Movimento Cristiano Studenti, cui la
Fgei aderisce), l’Unione Europea
dei Giovani Ebrei, il Movimento
Cristiano per la Face, il Servizio
Civile Internazionale e i Giovani per lo Sviluppo e la Cooperazione. Ma, indirettamente, molte
più organizzazioni erano di fatto rappresentate, dati i collegamenti esistenti — in alcuni paesi più che in altri — fra i inovimenti operanti nella solidarietà.
Perchè il Consiglio d’Europa
ha voluto rilanciare la sfida ai
giovani, a questi giovani europei, a 7 anni dal trionfo della ri
«Testimonianze ’86»
■ L’Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribonale di Pinerolo n. 175.
Stampa: Cooperativa Tipografica Subalpina - Torre Pellice (Torino).
Responsabile ai sensi di legge:
FRANCO GIAMPICCOLI
Il 6 e. 7 dicembre si terrà a Firenze il consueto appuntamento
della rivista « Testimonianze »
sulla questione della pace, giunto ormai alla sua quinta edizione. Il tema scelto per rincontro
di quest’anno è: « Dall’Atlantico
agli Urali per un’Europa di pace ». Perché questa scelta, che
può dare adito all’accusa di
eurocentrismo? E dall’altra parte perché non parlare dell’Europa. dopo il fallimento dell’incontro di Reykjavik?
Dall’editoriale del n. 287 della
rivista ricaviamo alcune considerazioni generali, che proponiamo ai nostri lettori.
Ancora una volta l'Europa è stata
assente in un momento cruciale della
storia del mondo, qual è stato l'incontro islandese tra i leader dei due
blocchi, ed è stata assente proprio
mentre il suo destino era uno del temi decisivi del confronto. Europa con
i missili o Europa senza missili? Altri ha deciso e deciderà per lei: i
governi e i parlamenti europei, degradati a funzioni notarili, saranno spinti ad omologare quanto è avvenuto
sulle frange glaciali del polo artico.
Finis Europae? Tutto lo fa pensare.
Con il teorema atomico giunge alle
estreme conseguenze il principio che
i possessori delle armi sono anche i
possessori del potere. Una dopo l’altra, le istanze che dovrebbero, per
loro statuto, tutelare la sovranità dei
popoli europei — si pensi, per quanto
ci riguarda, al parlàmento di Strasburgo — vengono svuotate di significato,
ridotte ad articolazioni di un sempre
più rigido vassallaggio, il cui ultimo
emblema è lo scudo spaziale, progetto
tanto illusorio quanto pericoloso, che
Un gfiornale è
anche lavoro. Lavoro
per redattori,
tipografi,
correttori di bozze,
spedizionieri.
Nella foto: Enzo Jouve,
71 anni, presidente della
Cooperativa Tipografica che
stampa il giornale.
Da 54 anni lavora
alla composizione
degli articoli del nostro
settimanale.
ABBONAMENTI '87
Scegli subito fra tre possibilità
Abbonamento ordinario
lire 31.000
Abbonamento a ’costo reale’
lire 50.000
(è II costo del giornale
diviso per
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lire 70.000
(con diritto a due stampe
di Marco Rostan raffiguranti
i templi di
Luserna S. Giovanni e di Pram'ollo)
Abbonamento estero lire 55.000 (via ordinaria), lire 84.000 (via aerea)
(GII abbonati esteri sond'”pré^ati di non inviare assegni bancari, n]a di versare gli importi relativi a mezzo postagiro
Internazionale o vaglia da accreditarsi sul conto c'òffénte postai®'"32T10B intestàtb S Eco-LUce •Casellé po.fele —
10066 Torre Pellice).
Versare l’abbonamento esclusivamente sul c.c.p. 327106 into.stato a Eco-Luce - Torre Pellice (To)
riduce ad unità il sogno di egemonia
mondiale degli USA, lo slancio produttivo dell'apparato industriale d'occidente, la subalternità della ricerca
scientifica.
A noi, che vorremmo sottrarci a questo feudalesimo atomico, non restano in mano che delle Carte, dalla Carta delle Nazioni Unite a quella degli
accordi di Helsinki, rinnovati a Belgrado e a Madrid. In queste Carte
leggiamo i principi a cui si ispira la
nostra contestazione del teorema, primo fra tutti il rifiuto dell’uso, anzi della
minaccia dell'uso della forza come
strumento per dirimere i conflitti, e
poi il principio dell'autodeterminazione dei popoli e quello del metodo dei
trattati. Da una parte, dunque, l’Europa che si affida alle ragioni della
forza, che sono i motivi stessi del
suo declino, dall'altra le ragioni del
diritto senza la forza, che tracciano
un’immagine deH'Europa che ha l'inconsistenza dell'utopia: da una parte
l'Europa che subisce come una fatalità storica la spartizione del suo territorio tra i due blocchi politico-militari, che ne hanno fatto il loro teatro
di confronto, dall'altra l'Europa che
dall'Atlantico agli Urali in modi diversi e con diversi livelli di autonomia,
ricerca, a cominciare dallo smantellamento delle basi missilistiche e dall’affermazione dei diritti umani, una ricomposizione della propria identità
culturale al di fuori da ogni velleità
di rinnovare i nefasti del colonialismo.
In questa ricerca d'identità l’Europa
si incontra col suo passato, dove si
inscrivono le tappe dello spirito di
conquista — il cui epilogo sono le
due guerre mondiali e, in ultima istanza, l’ideologia della sicurezza basata
sulle armi — e le tappe di un autentico universalismo che, a partire dalla disgregazione della cristianità medievale, ha dato vita alle due Ideologie
che ancora animano la storia del mondo, quella democratica e quella socialista. La soglia atomica ha condotto all'ultimo confronto le due anime
dell'Europa, quella della civiltà del
dominio e quella della civiltà dell'universale, La scelta non è prorogabile,
ha i tratti dell'ultimo dilemma fra
essere e non essere. Finis Europae,
finis mundi.
Per chi è interessato il Convegno si terrà al Palazzo dei Congressi, con inizio alle ore 15 del
sabato 6 dicembre e proseguirà
per tutta la giornata di domenica 7 dicembre. Sono fra le altre previste relazioni di J. Galtung, G. P. Calchi Nevati, S.
Amin, D. Esche. Per ulteriori
informazioni ci si^uò rivolgere
. ‘ direttamente alla rivista « Testimonianze », Via dei Roccettini
11 - 50016 S. Domenico di Fiesole (Fi), tei. 597080.
voluzione nicaraguegna? Un’operazione politica ardita e non priva di dissensi da parte dello stesso organismo che finora è riuscito a mandare solo segnali contraddittori, frutto di equilibrismi politici e di prese di posizione scontate.
Lasciando aperto l’interrogativo i partecipanti hanno deciso
di accettare la duplice sfida loro
rivolta in quanto giovani ed in
quanto europei. Siamo stati o
saremo in grado noi, giovani europei emarginati e strutturalmente in eccesso nelle nostre società post-industriali, di essere
dei reali interlocutori per i nostri coetanei ohe in Nicaragua
sono chiamati a scrivere la storia? Abbiamo abbastanza voglia,
abbastanza coraggio da osare
per il nostro presente e per quello del Nicaragua, abbastanza da
organizzarci per spezzare il cordone sanitario che per volontà
o per inerzia i nostri governi
hanno tessuto intorno al topolino centroamericano che tanto
atterrisce l’elefante nordamericano? Nella grande maggioranza i
partecipanti al simposio non erano impreparati a tali interrogativi, come aveva ben ipotizzato lo staff preparatorio strutturando rincontro in due parti.
Una prima di formazione/informazione articolata in plenarie
e in gruppi tematici (diritti umani, educazione, economia, giovani, donne, chiese) per focalizzare
da diverse prospettive il fenomeno Nicaragua e il suo evolversi.
Estremamente stimolanti le relazioni dei tre oratori: lo storico
E. Galeano sul Nicaragua nel
contesto dell’America Latina, il
sociologo G. butte sui giovani in
Nicaragua e in Europa e l’economista Fitzgerald consigliere
della giunta sandinista sull'economia in Nicaragua; erano inoL
tre fra noi degli ospiti nicaraguegni responsabili di organizzazioni giovanili.
A partire dalle riflessioni scaturite da questa prima fase, i diversi gruppi sono stati invitati a
formulare delle proposte operative al fine di individuare i modi
più efficaci per esprimere la solidarietà con il popolo del Nicaragua in lotta per difendere il
proprio diritto all’autodeterminazione, anche il diritto di sbagliare.
Le raccomandazioni concernenti il lavoro di solidarietà sono state di quattro ordini: campagne di solidarietà, cooperazione scientifica, economica e tecnica, informazione, progetti di gemellaggio fra le nostre città e
quelle nicaraguegne, tutte iniziative già avviate ma spesso poco
coordinate fra di loro, dando luogo a duplicazioni sia nelle proposte che, necessariamente, negli
errori.
Per fare un esempio, in Italia
i movimenti che operano nella
solidarietà ignorano o quasi l’operato l’uno dell’altro, pressoché sconosciuti al grande pubblico che non partecipa alle loro iniziative prevalentemente di
carattere informativo.
Il Nicaragua è un argomento
spinoso ohe non interroga, che
non sembra in grado di distogliere le giovani generazioni dall’autocompatimento della propria situazione o, all’opposto,
dal rabbioso desiderio di autoaffermazione (se non c’è riuscito
Oernobyl...).
L’impegno col quale ci siamo
separati è stato quello di portare nelle nostre organizzazioni le
idee, le proposte raccolte in quei
giorni, creando delle nuove oc. castoni di incontro anche solo
a livello ’ nazionale... perchè il
Nicaragua deve sopravvivere.
Antonella Visintin