1
BILYCHNI5
RIVISTA MENSILE DI STUDI RELIGIOSI
Anno X. - Fasc. V
ROMA - MAGGIO 1921
Volume XVII. 5
SOMMARIO
A. FARINELLI: Friedrich Spee . . . p. 309
M. BERSANO BeGEY : La missione spirituale di Napoleone secondo Andrea Towianski..................................320
E. COMBA: Ebraismo e Cristianesimo. . 327
Per la cultura dell'anima.G. E. MEILLE: Baratto di valori . . . . . 334
Note e Commenti:
G. COSTA : L'intima contraddizione della 1 Storia di Cristo ■ e la critica ......... 337
Note e Documenti:
Il '»caso • Buonaiuti ......... 342
Cronache :
j E. RUTILI: Le crisi del Partito Popolare Italiano . 343
Rassegne :
P. CHiMINELLI : La riforma in Italia . . . . 350
Rivista delle riviste:
Riviste Inglesi.................................357
Recensioni :
Un romanzo che è un attacco alla società - Lutero -Storia delle Religioni - Letteratura giudaica -Gesù - Hegel ....................................363
Bollettino bibliografico ....... 369
2
RII YCHNFS RIVISTA MENSILE DI STUDI RELIGIOSI D1L I Vili < « < « FONDATA NEL 1912 > ► > >
CRITICA BIBLICA STORIA DEL CRISTIANESIMO B DELLE RELIGIONI - PSICOLOGIA, PEDAGOGIA, FILOSOFIA RELIGIOSE MORALE - QUESTIONI VIVE LE CORRENTI MODERNE DEL PENSIERO RELIGIOSO
- LA VITA RELIGIOSA IN ITALIA B ALL'ESTERO CRONACHE-^ RIVISTA DELLE RIVISTE BIBLIOGRAFIA REDAZIONE: Prof. LODOVICO PASCHETTO, Redattore Capo; Via Crescenzio, 2, Roma.
D. G. WHITTINGHILL, Th. D., Redattore per l’Estero; Via del Babuino, 107, Roma.
Corrispondenti e collaboratori sono pregati d’indirizzare quanto riguarda la Redazione impersonalmente alla
Direzione della Rivista “ BILYCHNIS ” - Via Crescenzio 2, ROMA 33
Gli articoli firmati vincolano unicamente l’opinione dei? loro autori.
I manoscritti non si ' restituiscono.
1 collaboratori sono pregati nel restituire le prime bozze di far conoscere il numero degli estratti che desiderano e di obbligarsi a pagarne le spese. Per il notevole costo della carta e della mano d’opera la Rivista non dà gratuitamente alcun estratto.
Abbonamenti pel 1921
Gli abbonati riceveranno nei 1921:
i 12 fascicoli mensili di “BILYCHNIS”, di- pag: 64 l’uno in-8° grande, illustrati, formanti 2 volumi di pag. 384 l’uno;
i 6 fascicoli bimestrali dei Quaderni di Bilychnis, eleganti volumetti in-8° piccolo di pag. 64 (o, se raggruppati, multipli di 64), illustrati, formanti un’insieme di 384 pagine annue.
Gii abbonati potranno inoltre ottenere a prezzo ridotto:
l’abbonamento cumulativo .col “TESTIMONIO”, rivista mensile delie chiese battiste italiane;
il bel volume del CHIMINELLI, “ Il Padre nostro,, e il mondo moderno-, l’interessante opera da noi edita, La Chiesa e i nuovi tempi.
CONDIZIONI: IN ITALIA PER 1 ANNO | PER 6 MESI ESTERO PER 1 ANNO
“ BILYCHNIS ” e i Quaderni . . . L 16- 1 50 —
“ BILYCHNIS ”, i Quaderni e “ IL TESTI- MONIO”........ » 18,50 10,50 40 —
“BILYCHNIS”, Quaderni, “IL TESTI- MONIO” e i due volumi suindicàti » 24 — 16 — 45,50
AMMINISTRAZIONE: Via Crescenzio, 2 - ROMA 33
3
CASA EDITRICE “BILYCHNIS”
ROMA (33) - Via Crescenzio, 2 - ROMA (33)
NOVITÀ
GUGLIELMO QUADROTTA:
LA CHIESA CATTOLICA
NELLA CRISI UNIVERSALE
Con particolare riguardo ai rapporti fra Chiesa e Stato in Italia. - Volume di pag. CLXXix-178.
Prezzo, ih Italia L. 10, - Estero L. 15
Il volume tratta argomenti di grande importanza, quali : i La posizione della Chiesa Cattolica nel mondo e la necessità della revisione dei suoi rapporti con l’Italia - Il Cristianesimo, la Chiesa e la guerra - La neutralità pontificia - Da Pio X a Benedetto XV - Chiesa e Stato in Italia -La politica anti-Italiana del Pontificato - La Gran Bretagna e la Chiesa cattolica, ecc.
Uno dei pregi del volume è nella ricca raccolta di documenti che esso contiene, che valgono a mettere in luce l’atteggiamento e l’azione del Papato allo scoppio e durante il lungo periodo della grande guerra.
È un attacco frontale a quella . leggerezza italiana che in momenti come l’attuale costituisce un tradimento verso la Nazione.
La conclusione è che questo è il momento storico per affrontare decisamente il grave problema, che finché rimarrà insoluto, sarà causa di profondo turbamento nella vita nazionale.
4
Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Itai. 15-IV-20).
Il TESTIMONIO R1VISTA mensile delle chie-1L IMillHVlUV SE BATTISTE . ANNO XXXVIII -Si pubblica in fascicoli di 36 pagine elegantemente fregiate ed illustrate - Pubblica articoli di propaganda e di infoi-inazione sul cristianesimo in genere e sul movimentò battista in ¡specie - Rubriche speciali: Rubrica dello spirito. Vita ecclesiastica. La pagina dei piccoli. Si propone di fornire ai pastori argomenti per meditazioni e sermoni e di essere largo di notizie sulle chiese battiste d’Italia.
:: :: DIREZIONE: ARISTARCO FASOLO - Via Cassiodoro. 1 - ROMA 33 AMMINISTRAZIONE: BENIAMINO FODERA - Via Crescenzio. 2 - ROMA 83 Abbonamento per F Italia, annuo L. 5 - Semestrale L. 3
Per F Estero, L. 10 - Un fascicolo separato L. 0,60
Libreria Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio 2 - ROMA, 33
PUBBLICAZIONI IN DEPOSITO
CULTURA DELL’ANIMA
Borsari R. : Guardando il sole ? •“
Burt W. : Sermoni e allocuzioni ................2 —
GRATRY A.: Le sorgenti, con prefazione di G. Semeria 5,40
Monod W.: L’Evangile du Royaume . ...... io —
— Délivrances . . . . io — — Il régnera . . . . . io — — Il vit ........ IO — — Silence et prière . . . io — Vienot J. : Paroles françaises
Emoncées a 1’ oratoire du uvre ....... 3’50
Wagner C.: L’ami . . . 12 — — Justice ...... 10 — Rivista Pvopheta (Unica annata 1914) ...... 5 — ,
FILOSOFIA
BLONDEL M.: «L’Azione”, Saggio di una critica della vita e di una scienza delia pratica (vol. 1 e II) .28 —
Della Seta U.: G. Mazzini pensatore ...... 15 —
Della Seta U.: Filosofia morale (Vol. I e II). . 15 —.
Eucken : La visione della vita ' nei grandi pensatori (2*ediz.)'i 36-1
Ferretti G.: L'Alfabeto c i fan- j ciulli..................2 —
1 Lombardo Radice G.. Clericali ' e massoni di fronte al problema della scuola. . . 2 —|
Losacco M.: Razionalismo e Intuizionismo . . . 1 •— 1
Momigliano F. : Vita dello spi- i rito ed eroi dello spirito 8 —
Ncal TH: Vico e l’immanenzaj 1 —
— Giovanni Vailati . . .. 1 — !
Rapini G.: Il tragico quoti- ; diano ....... 5,50 — Chiudiamo le scuole 1 — — La Toscana e la filosofia italiana ........ 1 —
Densi G.: Sic et non (metafisica e poesia) . . . 3,50 :
Semprini G. : La morale mistica dell’Imitazione di Cristo
Tagliatatela E.:Giovanni Locke educatore, (per la prima volta . tradotto in italiano) . . 4 — i
Tilgher A.: Filosofi antichi io — :
Tilgher A. ; Voci dèi tempo (profili di letterati e filosofi contemporanei) . . . 8.50
GUERRA E ATTUALITÀ
Brauzzi U.: La questione sociale . ........ 1 —
Kolpinska A.: 1 precursori delia rivoluzione russa 6 — Murri R. : L’anticlericalismo (origini, natura, metodo e scopi pratici) . . , . 1,25
MURRI R. : Guerra e religione. Voi. I. Il sangue e l’altare 2 —
MURRI R. : Guerra e religione.
Voi. II. L’imperialismo ecclesiastico e la democrazia religiosa ...... . . 2 — — Dalla democrazia cristiana al partito popolare ita). 5 —
ZANOTTI-BIANCO e CAFFI A.: La pace di Versailles, note e documenti (con 20 carte etnografiche e politiche) io —
La Chiesa e i nuovi tempi 3,50
Raccolta di scritti originali di Giovanni Piòli - Romolo Murri -Giovanni E. Mcillc - Ugo Ianni - Mario Falchi - Mario Rossi -“ Qui Quondam „ - Antonino De Stefano- Alfredo Tagliatatela.
5
in —
Libreria Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio, 2 - ROMA 33
LETTERATURA
Arcari P. : A miei . . . . Brauzzi U.: I Luciferi . Bonavia C.: La tenda notte....................
Chini M. : F. Mistral'. .
2 —
Costa G. : Diocleziano . 3 — (Profili) E<!iz. Formlggini.
— Politica e religione nell’im
' Il Nuovo Testamento (Edizione Fides et Amor) . . 5 —
I I Vangeli (Edizione Fides et
5 -e la
3.50
2 —
pero romano .'.
2
Amor). . .
. . i.8o
Croce B.: La poesia di Dante
15.50
Della Seta U.: Morale, Diritto e Politica internazionale nella mente di G. Mazzini.
1,50
Dell’Isola M.: Etudessur Montaigne
2,50
F. Momigliano: Scintille del Roveto di Stagliene . io —
Gallarati Scotti T.r I^i vita di
A. Fogazzaro....
Jahier P.: Ragazzo . .
12 —
3.50
Lanzillo A.: Giorgio Sorel. x — |
Papini G.: Esperienza futurista ;
3.50 •
Papini G.: Cento pagine di poesia...................5 —
Sheldon : Che farebbe Gesù ? 2 — |
Soffici A.: Scoperte e mas-: sacri (Scritti sull’arte) 5— '
Vitanza C.: Spiriti e forme del ! divino nella poesia di M. Ra-1 pisardi (conferenze). 1,50 ;
Cumont F.: Le religioni orientali nel paganesimo romano ............... . 6,50
Di Soragna A.: Profezie di Isaia, figlio di Amos. 7.50 Doellinger I.: Il papato dalle origini fino al 1870 . 30 —
i Fasti lo A-: Dalle indulgenze alla dieta di Worms . 0,50
! Janni U.: Il dogma dell’Eucari-stia e la ragione cristiana 1,25 Labanca B. : La riforma del scc. XVI ed il celibato chiesastico ................1 —
! LOISY A.: La paixdes natlons 1,50 PETTAZZONI R. : La religione primitiva in Sardegna 6 —
— La Religione di Zarathu-I stra.................15 —
! Salvatorelli L.: Introduzione bibliografica alla scienza delle Religioni..........5 —
! —«LaBibbia»Introduzione al-l'Antico e Nuovo TestamenLa Bibbia (Vcrs. Diodati Edizione 1919)...........3,50
Nuovo Testamento c Salmi ad
uso dei vecchi . .
2 —
! Salmi (Edizione Fides et
Amor)
1,80
Giobbe, tradotto da G. Luzzi 1.80
Tagliatatela ’ E. : L’educazione nella Chiesa dei primi.secoli 3-50
Taylor G. B.: Il Battesimo 0,50
VARIA
Alinanacco dei ragazzi . 5,50 Beatrice E.: Origini filosofiche' ed economiche dell’attuale
letta di classe
4.80
Bar Jona.j Ite missa est 5 — Cadetti A. : Con quali sentimenti soni tornato dalla
guerra
1.50
io
20
Del Vecchio GL: Effetti morali del terremoto in Calabria secondo F. M. Pagano . 2 Inni sacri (320). senza musica i-5<>
RELIGIONE E STORIA
Buonaiuti E.: S. Girolamo 2 —
Caracciolo I.: Bagliori di comuniSmo nella RifornYa. La guerra dei contadini . 6'—
— Il significato di « Naza-. Majer Rizzoli E: Fratelli c reno *....................... I-5° sorelle (Libro di guerra 1915Schurè E-: - I grandi iniziati W8) . ....................4.50
«6.50i Niccolini E.: I contadini e la
Santuari (('Oriente . 12.50
TYRREL G. : Autobiografia e
Biografia (per cura di M.
Carpenter J. E-: Il posto del i-j-C« ¡stianosimo f>a le religioni | (Traduzionedi G. Conte - pre-1 fazione di M- Puglisi) 2 — !
D. Petre).............15 —
yrrel G. : Lettera confidenziale ad un professore d’an' terra ......... 2,50 Fanzini A.: Il libro di lettura
per le scuole popolari .2 —• Pioli G.: Educhiamo i nostri
padroni
2.50
CHIMINELLI P. : Gesù di Na
zareth c
tropologia
0.50
NOVITÀ
• • r 6 — feros »
Vitanza C.: La leggenda del • « Descensus Christi ad in1.50
— Il Padrenostro e il mondo mo-i Wenck F.: Spirito e spiriti derno....................3 — I
— Bibliografia «Iella Storia della Riforma religiosa in Italia
nel Nuovo Testamento. 0,75
X. La Bibbia e la Critica. 2 —
X. Lettere di un prete mo
RAPINI G.
STORIA di CRISTO
680 pagine L. 17 —
Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali.
(Deliberazione dell*Am. Tip. Lib. Ital. 15-IV-20 .
dernista
3.50
6
IV
ESTRATTI DELLA RIVISTA “ BILYCHNIS „
Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Ita!. 15-IV-20).
l. Fattori Agostino: Pensieri dell’ora (Leggendo il Colloquio con Menalo Serra di Vincenzo Cento).
1019, p. 13 .............. 0.50
2. Di Rubba Domenico: La fede religiosa di Woodrow Wilson. 1019, p. 29................ 0,50
3. Era Massco da Pratoverde: Intermezzo sacramentalo (A proposito di Unione dello Chiese Cristiano). 1919. p. 1.7 . .... 0,75
4. Dell'Isola M. o Provenzal Dino: C’è una spiegazione logica della vita? 1919, p. 12........... 0,60
5. Billia Michelangelo: Il vero nomo. 1919, p. 7 ...’....... 0,50
6. Rossi Mario: Religione e religioni in Italia secondo l'ultimo censimento. 1919, p. 13 ... 0,50
7. Cadorna Carla: I ritrovi spirituali di Viterbo nel 1541. 1919, p. 7 ............r......... 0,50
S. Masini Enrico: Epistola ai fratelli di bnona volontà. 1919, pagine 11 .................... 0,50
9. Marchi Giovanni: Il Confiteor dei giovani. 1919, p. 8 ..... 0,50
10. Qui Quondam: Dopo-guerra nel clero. 1919, p. 14.......... 0,60
11. Tucci Paolo: La guerra c la pace nel pensiero di Lutero. 1919, p. 31 .................... 1,50
12. Pavolini Paolo Emilio: Poesia religiosa polacca. 1919, p. 8. 0,50
13. Pioli Giovanni: In memoria del P. Pietro Gazzola. 1919, pagine 15................... 1.50
14. Provenza! Dino: Ascensione eroica. 1919. p. 14......... 0,80
15. Rensi Giuseppe: Metafisica e lirica. 1919, p. 15........... 1 —16. Falchi Mario: C'è una spiegazione logica della vital 1919.
P. 8 ..................... 0.40
17. Costa Giovanni: Giove ed Ercole (contributi allo studio della religione romana nell'impero), con quattro 1 tavole. 1919, pagine 27...................... 2 —
13. (•••) Mancanze di garanzie nello Schema c nel nuovo Codice di diritto canonico e saggio su lo fonti. 1920. p. 52........... 3 —
19. Della Seta Ugo: 'La visione morale della vita in Leo nardo da Vinci. 1919,-p. 31 ..-....... 2 —
20. Losca Giuseppe: Sensi o pensieri religiosi nella poesia di Arturo Graf (con due tavolo). 1914-1919, p. 40.................. 2 — 1
Il Serie
21. Nazzari Rinaldo: Intelletto c ragione. 1919, p. 15......... 1 —
22. Ferretti Gino: Lo fedi, lo idee c la condotta. 1919, p. 50 ... 2 —
23. Contd Vincenzo: L’Essènza del Modernismo. 1920, p. 52 .. 3 —
24. Minocchi Salvatore: Un disinganno della scienza biblica? (/ papiri aramaici di Elefantina), 1920, p. 11 ................. 1 —
25. Corso Raffaele: La rinascita della superstizione nell ultima guerra. 1920,p. 20.......... .1,50
26. Colonna di Cesata G. A.: La guerra europea dal punto di vista spirituale, 1920, p. 15 .... 1.50
27. Arcar! P.: Atteggiamenti della pittura religiosa di Eugenio Bur-nand. 1920, p. 14 (con tavolo) 1,50
28. Lazzi G.: A uno studente del sec. xxè egli ancora possibile d'essere cristiano? 1920, p. 12.. I —
29. Momigliano F.: I momenti od pensiero italiano (dalla Scolastica alla Rinascenza). 1920, p. 12 1.50
30. Thompson Fr.: Il veltro del ciclo (Versione di M. Praz). 1920, pagine 8 .........f........... 1,50
31. Tacci G.: A proposito dei rapporti fra Cristianesimo e Buddismo. 1920, p. 12............ 1.50
32. Mucller V. a.: G. Perez di Valenza O. S. A. vescovo di Chryso-poli e la teologia di Lutero. 1920. pagine 15 .................... 1,50
33. Troubetzkoi E.: L’utopia bolscevica ed il movimento religioso in Russia. 1920. p. 15 .... 1,50
34. Momigliano F.: L’educazione religiosa di G. Mazzini. 1920. p. 10
1,50
35. Formichi C.: La dottrina idealistica dello < Upanishad *. 1920, pagine 16 ............... 2 —
36. Corso Raffaele: Folklore Biblico. 1920. p. 16........... 2 —
37. Persi Guglielmo: La religione della terra. 1920. p. 11 .... 1.50
38. Arcar! Paolo: Rappresentazioni ed intuiti del divino in G. Pre-vinti. 1920, p. 14 (con 8 tavole) 2,50
39. Nazzari Rinaldo: L’esistenza di Dio o il problema del male. 1920. pagine 12 ................... 1,50
40. Giulio Benso Luisa: Sofia Bisi Albini. 1920, p. 15 (con tav.). 1,50
41. Soter: Giosuè Dorsi e il Cardinale Muffi. 1920. p. 15 (con tav.) 2 —
42. Tilgher Adriano: 11 tempo e l’eternità. 1920. p. 10 .... i.8p
43. Salvatorelli Luigi : Il pensiero del Cristianesimo antico intorno allo Stato, dagli Apologeti ad Ori-gene. 1920, p. 40.............• 3,50
44. Renda Antonio: La teoria psicologica dei valori. 1920. p. 4 3.50
45. Formichi C.: Paul Deusscn. 1920. p. 15............................346. Puglia! M.: Misteri pagani e mistero cristiano. 1920, p. 19 . . 3,50
47. De Sarto F.: Ernesto Hacckel.
1921, p. 14................. 2.50
48. Pioli G.: L'«Etica della Simpatia* nella «Teoria dei sentimenti morali* di Adamo Smlth.1920, p.73 5 —
49. Grabhcr C.: Un mistico o il suo amore. 1921, p. 8 . 1.50
| 60. Lattea D.: Cristianesimo ed Ebraismo. 1921, p. 14........., 240
5Ì. Rossi Mario: Che cosa è la Comunione e il Corpo di Cristo? (con nna tavola) 1921 p. 19 .... 2 —
52. Oalderini Aristide: Sacerdozi o sacerdoti nell’Egitto degli Antonini. 1921, p. 14 ...... . 2QUADERNI di BILYCHNIS
Si pubblicheranno entro il primo semestre 1921 i seguenti Quaderni.
1. D. Provenzal: Una vittima del dubbio (Leonida Andrei« f) con un'appendice bibliogra-, fica a cura di E. Lo Gatto ed una traduzione di alcune scene inedite dell’ A Materna di.Andreief.a cura dello stesso.
2. V. A. Müller: Una fonte ignota del sistèma di Lutero (il beato Fidati da Cascia e • e la sua teologia).
3. Agostino Severino: Il sentimento religioso di Fed. Amiel, con una scelta di pensieri sulla religione tratti dal Journal e tradotti per la prima volta in italiano.
Ciascun volumetto in-8° di pag. 70 circa, illustrato da un ritratto dell’autore studiato, viene inviato gratis agli abbonati di Bilychnis’, per i non abbonati alla rivista si vende al prezzo di.............L. 4 —
Abbonamento annuo alla Rivista ,e ai Quaderni di Bilychnis per l'Italia ... L. 16 — per (’Estero .... . . L. 30 —
Direzione e Amministrazione:
Via Crescenzio, 2 - ROMA, 33
7
— Casa Editrice “BILYCHNIS” -----------ROMA (33) - Via Crescenzio, 2 - ROMA (33) -----------------------;-: |
Di prossima pubblicazione :
===== PIERO CHIMINELL1 ■--LA FORTUNA DI DANTE
NELLA CRISTIANITÀ RIFORMATA
(Con speciale riferimento all’Italia)
i Parte Prima
Dante e i Riformati Italiani
I. Michelangiolo Buonarroti - II. B. Pianciatichi, À. degli Albizi e F. Socino - III. F. P. Morato, Panfilo Sassi e L. Ca-stelvetro - IV. Matteo Flacio e P. P. Vergerlo - V. L. Domeniche G. Fiorio e N, Ciangulo - VI. Ugo Foscolo - VII. Gabriele Rossetti - Vili. Giovanni Gaspero Creili - IX. I dantisti protestanti del periodo del Risorgimento italiano - X. Arnaldo della Torre, Sidney Sonnino e altri minori.
Parte Seconda
Dante e i Riformati Esteri
I. La fortuna di Dante nella Riforma francese - IL La fortuna di Dante nella Riforma tedesca - III. La fortuna di Dante nella Riforma svizzera - IV. La fortuna di Dante nella Riforma inglese - V. La fortuna di Dante nella Riforma americana -VI. La fortuna di Dante nella Riforma di Svezia, Ungheria e Olanda.
8
vi
=— Casa Editrice “ BILYCHNIS” -------------ROMA (33) - Via Crescenzio, 2 - ROMA (33)
NOVITÀ ; ---GIOVANNI E. MEILLE
PSICOLOGIA DI
COMBATTENTI CRISTIANI
• (Estratto dalla Rivista “ BILYCHNIS ”)
Dall’ Indice :
I. Profili.
il. Gli uomini. (I combattenti cristiani sono giovani normali -Amore per la vita - Affetti famigliar! - Allegria - Amicizie - Intellettualità - Letteratura - Arte - Poesia della natura - Purezza).
Ili- I Combattenti. (Sensibilità, modestia, prestigio - Testimonianza cristiana tra i compagni - Ore grigie e pace interiore - Entusiasmo - Coraggio - Nella mischia : orrore, sensibilità, pietà -Il problema tragico e le sue soluzioni - Patriottismo - Rinunzia-mento e consacrazione - Devozione alla patria e ideali civili -Fede nell’umanità e convinzioni cristiane).
•
Ili» I Cristiani* (La Federazione Studenti - La Bibbia - La preghiera - L’Al di là - Sviluppo e approfondimento della vita spirituale - L’Ansia sociale - Fraternità interconfessionale - Religiosità moderna - Valore della vita presente - Concetto della felicità - Problemi del dopo guerra -■ Vette morali e spirituali).
Bel volume (adorno di suggestiva copertina simbolica di P. PASCHETTO) di XII-144 pagine grandia due colonne.
===== Prezzo L. IO - Estero frs. IO ...
9
VII
Libri raccomandati della Casa Editrice u BILYCHNIS ” Via Crescenzio, 2 - ROMA, 33
Il “ Padrenostro ” ed il mondo moderno
di PIERO CHIMINELLI
Bel volume di pag. IX-200, con 7 tavole disegnate dal pittore Paolo Paschetto
Per l’Italia L. 3,50 :: Per l’Estero 5 —
— La Chiesa e i nuovi tempi =—
Scritti originali db vari autori sui seguenti soggetti: Chiesa e Chiese • Chiesa e Stato - Chièsa c questione sociale - Chiesa e filosofia - Chiesa e Scienza -Chiesa e critica • Chiesa e sacerdozio - Chiesa ed eresia - Chiesa e morale.
Volume di pag. XXXI-307. Per l’Italia L. ,4— Per l’Estero L. 6—
GESÙ di NAZARETH
Studio Critico-storico di PIERO CHIMINELLI
Di questo bel volume la cui prima edizione fu esaurita in pochi mesi è uscita ora una 2® edizione riveduta ed arricchita di numerosissime note archeologiche e filologiche e di dodici ampie bibliografie. — Eccone i capitoli:
Il mondo al tempo della nascita, di Gesù - Il Paese di Gesù - La madre di Gesù - Gli anni silenziosi di Gesù - La- predicazione di Gesù - Le para-' bole di Gesù - Gl’insegnamenti di Gesù - I miracoli di Gesù - Le riforme operate da Gesti - L’ultima settimana di Gesti - Oltre la tomba!...
Il volume di pag. XV-483 costa per l’Italia L. 6— :: Per l’Estero L. IO —
Bibliografia della storia della Riforma religiosa in Italia di PIERO CHIMINELLI
Libro unico nel suo genere, esso risale alle fonti della storia della Riforma evangelica'italiana e ne segue le fortune, con rigoroso metodo bibliografico, dai precursori ai tempi nostri. Esso riporta circa 3000 riferenze bibliografiche.
II volume fregiato d’artistica copertina dell’artista P. Paschetto, di complessive pagine IX-260, è in vendita al prezzo di
Per l’Italia L. 5—:: Per l’Estero L. 8 —
10
vili
A tutti i nostri lettori
che ci hanno inviato l’importo dell’ abbonamento alla Rivista pel 1921, abbiamo spedito in questi giorni il
1° Quaderno dì “Bilychnis”
Di no Provenzal.
UNAVETTIMA DEL DÙBBIO: LEONIDA
ANDREIEPN
Con un’ APPENDICE di ETTORE LO GATTO : Cenni bio-bibliografici su L. Andreief e traduzione italiana di alcune scene dell’ ANATEMA dell* Andreief.
Presto inizieremo la spedizione del 2° QUADERNO
A. v. MÜLLER: UNA FONTE IGNOTA DEL v SISTEMA DI LUTERO
Agli abbonati ancora morosi spediremo i quaderni via via che ci manderanno l’importo del loro abbonamento.
3° QUADERNO (in preparazione) :
IL SENTIMENTO RELIGIOSO DI F. AMIEL
NB. Il 1° Quaderno è in vendita pei non abbonati al prezzo di L 4—
11
BILYCHNtS
RIVISTA DI STVDI RELIGIOSI
EDITA DALLA-FACOLTÀ-DELLA SCVOL A -JsS SSSttkTEOLOGICA- BATTISTA-DI-ROMA
Anno X-Fasc. V. ROMA - MAGGIO 1921 Vol. XVI. 5
FRIEDRICH SPEE1
ileviamo nella storia delle religioni il particolare carattere e il particolare sviluppo della fede evangelica protestante, di fronte al cattolicesimo, e misuriamo a. piacere il distacco, l’abisso tra le due credenze; ma sarebbe follia porre questo reale o immaginario distacco o abisso nell’arte, che sgorga dal cuore dall’uomo protestante e dell’uomo cattolico, e fantasticare di due diversissime
tendenze,7di due mondi di opposta natura. L’arte è unità spirituale assoluta, che si svolge libera, sotto un liberissimo cielo, ed ha il suo respiro di vita dal respiro dell’individuo, non dalla natura delle razze umane, o da questa o quest’altra* particolare concezione filosofica o religiosa. Ma noi da immemorabil tempo ci pasciamo di frasi, e distinguiamo ostinati, dividiamo, cataloghiamo, poniamo nelle caselline nostre il lavoro dello 'spirito, in omaggio alla tradizione degli avi. Ed è una fatalità vera che l’apparenza delle cose, la superficie debba attrarre più dell'ànima stessa. Generalizziamo, con la sicurezza degli infallibili. Questa manifestazione spirituale, diciamo, è solo possibile in questo e quell’altro popolo, con le sue particolari tendenze, con la’sua cultura, la sua fede, e l’inalterabile suggello di natura. E foggiamo le frasi più vuote e stolte, che si ripetono solenni come sentenze. A proposito della poesia
(i) Frammento tolto ad un ciclo di lezioni sulla Lirica in Germania dai primi secoli al Klopstock, che seguiva alla caratteristica di Paul Gerhardl, riprodotta in questa rivista. (Altri frammenti del corso sono a stampa nel volume: L’opera d’un maestro» Torino, Bocca, 1920).
12
3io
BILYCHNIS
religiosa (che ci ha occupati per parecchie lezioni) divisa comunemente in due campi, ben determinati e ben trincerati, quello protestante e quello cattolico, leggo nell’introduzione alla scelta curata da Eugen Wolff per la «National Lit-teratur » del Kürschner : a Das deutsche Kirchenlied des 16. und 17. Jahrhunderts: » « Non si può disconoscere una opposizione fra il sentimento protestante e quello cattolico — Il protestantesimo è gotico: il cattolicesimo invece è romanico, e tutto il suo spirito si accosta di più all’arte. Così accanto al placido e contemplativo Paul Gerhardt sta la esuberante, rigogliosa e plastica musa di Friedrich Spee ».
- Distinzioni cervellotiche e folli, che si spacciano per storia e per scienza, e muovono al riso i dilettanti stessi. Il protestantesimo gotico — il cattolicismo romanico: nuovamente la schiatta germanica contrapposta a quella latina. Ma eccovi che nel seno stesso della razza germanica fiorisce e ha sua vita particolare uno spirito perfettamente romanico, quello di Friedrich Spee. « Esuberante », « rigogliosa », « plastica », così si suole caratterizzare la musa di questo novello cantore, e così si delira, accozzando aggettivi disparati, oppur ' congiungendo il « plastico » allo « sfarzoso ». E così è sempre rivelata la pigrizia dell'indagine vera, del pensiero che si addentra e non si soddisfa delle frasi fatte. Possiamo opporre, con più o meno senno, una concezione della vita e del mondo all’altra; ma è assolutamente fuori di senno determinare' il valore della poesia e dell'arte dal valore di questa concezione medesima e non dalla natura individuale di chi crea e plasma e liberamente si sfoga e si effonde.
Si spande su e giù per i lidi germanici la Riforma. Certa gravità e serietà di vita si oppone alla spensieratezza e giocondità dello spirito, più preoccupato della terra che del cielo; pare sia fuggita la grazia, e fuggito il riso. Ora,, al pensiero malinconico e cupo di questi devoti candidati del cielo diciamo rispondere, per necessità, un’arte malinconica e cupa. Ma ecco che, di fronte a Lutero, si schiera Paul Gerhardt, così fervidamente innamorato della natura esteriore, tocco, scosso e inebriato persino dal piacere alla vita, pieno di candore, pieno di tenerezza, tutto intimità, tutto idillio. La fede luterana non è tradita, ma è tradito bensì il concetto dei classificatori omniscenti. E il mondo romanico — pensiamo alla > nostra Italia — ha pur prodotto, per tacere di Dante, che ha la gravità e serietà e terribilità del più grave , e serio e forte e terribil germano — nel pieno fiorire del Rinascimento — allor che si riponevano in terra le beatitudini maggiori del Paradiso, un Michelangelo, l’artista che, in ogni opera, anche nei versi, nelle distrazioni più fplli, gronda lagrime e sangue, l'artista poeta, che gira con arditezza, superiore a tutte le gotiche audacie, il cupolone di San Pietro, ed ha dato vita, preludendo allo Händel e a Sebastian Bach, a un Palestrina, a un Marcello, a uno Scarlatti, in cui è tutta la gotica serietà e profondità che il germano più genuino può vagheggiare.
E nemmeno posso acconciarmi al giudizio di chi, come il Sig. Witkop, autore, di un’opera alquanto spedita sulla Neuere deutsche Lyrik, scorge in seno della fede cattolica germi più vitali e suscettibili di sviluppo per una lirica individualistica
13
FRIEDRICH SPEE 3II
che, nella più rigida e riflessiva fede protestante, e ritiene provvidenziali le gerarchie medesime della Chiesa dei cattolici.
Certo era agevolata la concezione mistica, quell’annegamento in Dio, il sogno del congiungimentp con Dio fino a divenire una natura medesima, un essere solo con Dio, concezione a noi nota ormai dallo studio fugace che facemmo di Echart e dei mistici tedeschi del ’400 e del ’300. Ma non è singolare la disposizione alla sottigliezza logica e al ragionamento riflesse nei mistici maggiori e più invasi dal desiderio di Dio, quella logica, quella riflessione che si oppongono all’effusione lirica immediata, e l’ammorzano, quando non l’uccidono addirittura? E non ci colpiscono le attitudini de’ riformatori veri, pertinacissimi, dei mistici stessi, che pur campeggiano tra gli eroi maggiori del cattolicesimo, accesi dalla più viva fede, eppure, per tanti rispetti, così vicini agli eroi del campo avverso, vicini a Lutero, a Calvino, allo Zwinglio?
Delirerei io medesimo adunque se, nelle brevissime caratteristiche che io traccio, per chiarire la natura della lirica nei vari secoli, m’indugiassi, opponendo alla lirica religiosa dei protestanti, la lirica dei cattolici. Opponiamo le varie individualità, le une alle altre, e cerchiamo di non sacrificare il concreto alla pura astrazione. Protestante il Gerhardt, cattolico e persino gesuita lo Spee: eppure, neH'aninja di entrambi era quell’unica fonte di poesia che accomuna le anime, ligie e ossequiose a tutte le fedi, a tutte le tradizioni di religione e di coltura; la ricchezza e l’esuberanza del sentimento, la ricca emozionalità, una sensibilità finissima, squisita, l’ingenuità del fanciullo.
Era già più che trentenne lo Spee quando Gerhardt nasceva, e pochi anni di vita aveva ancora innanzi a sé. Discendeva da una stirpe nobile del Basso Reno, fissatasi a Kaiserswerth. Compiuta l’educazione a Colonia dai padri Gesuiti, entra nell’ordine dei suoi maestri a Trier, nel 1610. È un'anima mite, serena dolce, tutta invasa dell’amor di Dio, incapace d’odio e di sdegno. La sua forza è tutta nella sincerità e profondità della sua fede. Professa Friedrich Spee a Colonia dai gesuiti, teologia e filosofia morale per tre anni; poi sale il pulpito del duomo di^ Paderborn in Westfalia; ed è un sermoneggiatore ardente, così ardente e persuasivo, da indurre turbe di protestanti a votarsi al suo cattolicesimo. Fortificavasi ognora colla meditazione e lo studio. Dalla tribuna e dal pergamo passava all’eremitaggio della sua coscienza; e poi restava assorto sui trattati dei mistici e dei teologi. Quando lo si volle professore a Wurzburg, verso il 1627, egli vi accorre, ed è zelantissimo nell’insegna mento della sua divina scienza, com’era zelante sermoneggiatore. Al fanatismo dei suoi compagni e dei santissimi Padri del suo Ordine soleva opporre la schiettezza e serenità dell’anima sua, alla violenza, la sua dolcezza e moderazione. L’avevano scelto a confessore degli eretici che si dannavano al rogo. Ed egli subito s’accorge dell’esecrando giudizio dei fanatici; accusa egli gli accusatori dementi; e proscioglie o tenta prosciogliere dalla condanna i condannati, vittime infelici della cieca intransigenza religiosa. E lancia al pub-plico coraggiosamente la memoranda accusa: [ Cautio criminalis, seu de proces-•* . . ..
14
312 BILYCHNIS
si bus conira sagas. Li ber ad magistralus Germaniae hoc tempore necessarius, tum autem Consiliariis, et Confessariis Principum, Inquisitoribus, Judiri bus, Advoca-tis Confessariis Reorum, Concionatoribus, caeterisque leda utilissimus. Non c’entra questa protesta fiera d’un cuore così mite con la storia della lirica, ma è bene ricordarla come voce d’una bella ed elevata coscienza, che s’impone oltre ogni superstiziosa credenza, e grida il vangelo di giustizia ai grandi, ai principi, ai possenti, che sì male l’ammaestravano in terra, grida l'iniquità e crudeltà barbara della tortura, che estorceva ai miseri le confessioni e affermazioni più folli. E pare che il libello, divulgato come anonimo, «auctore incerto theologo romano», ma certo dello Spee, caratteristico per certa fiamma di poesia che lo ravviva, pare anticipi il trattato famoso Dei delitti e delle pene del nostro Beccaria.
Da Wiirzburg lo Spee recasi, verso il 1628, a Colonia; poi è attivo di nuovo come predicatore^ a Pei ne; di nuovo converte alla fede cattolica legioni di ritrosi protestanti, e suscita le ire degli avversari, che gli attentano la vita; si salva appena da una brutale aggressione, ed è ferito gravemente. Ma si rimette in un tranquillo ritiro di Falkenhagen; va a Colonia nel 1631, professore nel Collegio dei Gesuiti. Muore a Trier quattro anni dopo, vittima della sua pietà per gli infermi, sorpreso e distrutto da una febbre contagiosa.
Notate nello Spee una mitezza, che non esclude calore, ardenza di vera passione, vigore di sentimento, e slancio mistico — infine, quell’accensione rapida dei fantasmi, che caratterizza il poeta vero. E, veramente, dal cuore, dalla commozione intima e profonda, sgorgava a Friedrich Spee il canto. Veramente, era • grido della sua coscienza il verso che creava, e rispondeva al suo particolare stato d’animo. Bisognava che così si effondesse e così si liberasse, e desse così forma ed espressione ai fantasmi mossi dal suo fervente amore. Amore — quest'è il grande secreto, la massima forza infusa al suo canto. Amore intenso, struggente per l’uomo Dio, come l’avevano i mistici; amore, che occupa tutta l’anima, e invade tutti i sensi, e soffia vita a tutto, vita sino allo spasimo. Quasi stupisce lo Spee medesimo di questa prodigiosa forza che ha in sè, e non si misura, e nemmeno ha fine nei tempo e nello spazio. Nemmeno gli concede riposo e tregua. « Quando il mare solleva le sue formidabili onde, non dura così a lungo: presto si riacquieta come se provasse voluttà nel riposo. Perchè mai, dunque, a me deve dar senza tregua affanno l’amore, sì che non vi è un attimo solo in cui il mio tormento si calmi? L’amore mi sospinge nel dolore: Forse, o Gesù diletto mio, chi vive distaccato da te non prova continuo tormento? » Spingevalo un bisogno irresistibile a dare espressione e forma a questo suo mondo tumultuante di affetti; e concedevasi il suo sfogo lirico con compiacimento secreto. Le turbe non udivano che i sermoni. I canti non uscivano dall'eremo del poeta. Si stamparono postumi, nel 1649, con un trattato di edificazione religiosa in prosa, il « Guldnes Tugendbuch», che inculcava alle anime pie la pratica delle tre virtù, l'amore, la speranza e la fede. Gl’inni e i cantici erano dal poeta medesimo raggruppati, e significavano il suo vade-mecum spirituale. Ben sapeva lo Spee il suo valore.
15
FRIEDRICH SPEE 313
Non c’era sforzo in quella poesia. C’era, malgrado certa esuberanza, poesia verace, tutto il fervido respiro di un’anima credente. E recava questa raccolta il singolarissimo titolo: Trulz N achtigal, che lo Spee spiegava nella prefazione: «Trutz N achtigal (l’usignolo ostinato), è così chiamato l'uccellino perchè, in confronto con tutti gli usignoli, ha un canto più dolce e più delizioso, quasi poetico ». Anima canora, che non può contenere in sè il suo gorgheggio, e all’aria, ai venti, al sole, al cielo lo spande, come lo spande l’usignolo, che vola di ramo in ramo, e canta alla libera natura la sua canzone. Gareggia con l’usignolo stesso; varia all’infinito l’inno alla natura, animata e invasa tutta dall’amor divino.
Cristo è a questo poeta reale, visibile, tangibile, come l’era per i mistici. Dal cielo è ancora passato alla terra; posasi per ogni valle, per ogni calle, per cui l’uomo tragitta; ancora soffre il martirio, per redimere le genti, ancora si avvia al Calvario; è crocifisso; gronda sangue; le belle carni del 'giovane divino tremano, fremono e languono per lo spasimo inflitto. E tutte le immagini di questo poeta debbono riprodurre, in tutta la concretezza e tangibilità, questa visione dell’onnipresenza del Redentore divino, manifesta in ogni palpito di vita della natura. Un cantico dei cantici che torna a sollevarsi tra nuove estasi e nuovi deliri di amore. «Immergimi nelle profondità del tuo amore», supplica il poeta, nel Libro d’oro delle virtù, « e fa ch’io non possa togliere altro respiro che dal tuo amore; fa che io soffochi nel tuo amore » — « Deh, lasciami suggere e dissetarmi alle tue ferite; il cuor mio ne ha ristoro ». E meravigliasi l’anima, sposa di Gesù, come l’era ai tempi delle più ardenti effusioni dei mistici; meravigliasi: « Perchè non mi assorbisci, perchè non mi inghiottisci? Come posso io vivere a lungo senza il tuo amore?» Ti par di riudire le laudi di Fra Jacopone da Todi:
Amor, amor, Gesù desideroso.
Amor, voglio morire, te abbracciando.
Amor, amor, Gesù, dolce mio sposo. Amor, amor, Gesù, si delectoso. Tu me t’arrendi in te trasformando. Pensa ch’io vo pasmando Amor, non so o me sia, Gesù speranza mia. Abissami in amore.
E pensiamo alle effusioni mistiche dei poeti di Spagna: Santa Teresa, Luis de Granada, Malon de Chaide, Juan de la Cruz, e a quell’erotismo serpeggiante tra lo spirituale delirio mistico.
« Adonde te escondistc Amado, y me dexaste con gemido come ciervo huiste ». — così J. de la Cruz, per cui l’anima anelava al « nuestro lecho florido », e beveva il dolce beveraggio d’amore « en la interior bodega de mi amado ».
En mi pecho florido
Que entero para él solo se guardava Alli quedó dormido Y yo le regalava
Y el ventalle de cedros. aire dava.
16
3X4 BILYCHNIS
Uguale tendenza ed aspirazioni, uguale ardenza d'amore, che consuma l'anima e i sensi, in tutti i mistici, cantori della gloria e della passione di Cristo, spasimanti, esultanti, sotto ogni plaga di Cielo. Nell'anima mite e tenera della sposa di Gesù dello Spee entra a flutti la passione. S’accende il sacro fuoco d'amore, un fuoco che consuma «Consuma le midolla e le ossa; tutto stranamente pervade. Oh, dolcezza negli spasimi; oh, spasimo nella dolcezza! ».
Poi vince il dolore; la gioia fugge; il tormento rimane all’anima, che s'è pur congiunta in dolcissime nozze con Gesù: « Ed ora non ho che pene, e soffro torture senza fine da quando io con te e tu con me o Gesù ci siamo sposati ». Tutte le membra soffrono, battute, frante, smunte di sangue: « Sono stanco, sfinito, come se non avessi più sangue».
Fuori del concreto e del tangibile, l'immaginazione di Friedrich Spee si smarrirebbe. I fantasmi veduti hanno corpo e figura. E il verso, che vi appare talora bamboleggiante per la sua ingenuità, ha pure grande plasticità ed evidenza. Le immagini di moto abbondano. La lirica si trasmuta in azione drammatica. La passione di Cristo si rinnova agli occhi del poeta. L’anima batte la via di rovi e di spine, battuta dal Redentore. E vede l'amore suo oppresso e disfatto; le ansie di morte l’assalgono; e lo stringe a sè e lo bacia e invoca pietà dagli infelici che così lo martirano. S’associa indivisibile al suo Calvario: « Io voglio restar presso di te: dimmi, chi ti ha martoriato? Quando anche dovessi essere ucciso, nessuno potrà traimi lungi da te. Lo stringevo così fra le mie braccia, lo baciavo con i baci più dolci: quand’ecco risuonare un grido di allarme, e, voltatomi, vidi, per lo spazio tutto che gli occhi potevano abbracciare, scorrazzar dovunque gli assassini ». Avanzano gli sciagurati; agguantano Cristo; lo legano alla Croce; e l'anima manda un gemito, un grido straziante: « Arrestatevi. Ah no, non lo legate; non lo toccate il giovine»
Affettuosità candida e sublime, che l'elementarissimo verso riproduce. L’immagine è sparita ed è rimasta la persona vivente.
Per quale miracolo, vi chiedete, la contemplazione dell'anima devota si è trasmutata in energia e voluttà d'azione; e il candore della fede in Dio s’è fatta fiamma d'amore, passione che divampa e strugge? Il poeta stupisce lui medesimo; parla lui medesimo di quel fuoco che è in lui. L’amore è fuoco, esce a dire. Parla di « Herze^isdieb », di « Herzensbrand », rapina del cuore, incendio del cuore. « Quand’io cominciai ad amare, esclama, giammai avrei pensato a una tal forza d’amore ».
Questo credente, che in tutto il creato vede chiara l’anima del suo Fattore divino, e professa instancabile il suo particolare panteismo, ridotto alla onnipresenza di Gesù, riprende gl’inni e i cantici della Chiesa, per ricrearli e rifarli con un alito di vita, l’alito della sua vita. Bene possiamo figurarcelo, se non l'avesse fatto guida dei devoti il destino, solitario e romito, innamoratissimo delle selve, dei prati, dei .fiori, lietissimo del suo dolce idillio, intonare, in disparte, le sue lodi alla natura vivente. Le melodie gli salgono dal cuòre, spontanee, onde soavi che s’aggiungono ad onde. Tutto il creato ha vita. Tutto il creato esulta. La grande linfa vitale circola in tutto, anche nelle cose apparentemente disanimate. Le ar-
17
. FRIEDRICH SPEE
315
monie dei cieli si comunicano alla terra. La terra solleva al cielo il suo festoso tripudio. Morte sono tutte le voci degli asceti. Dio è in festa. Non soffre macerazioni. Il cilicio dei santi e penitenti è a noia. In terra Dio pose l’uomo, perchè ovunque vedesse raggi della sua luce. Ovunque subisse il suo potere e il suo fascino, ritrovasse ovunque l'immagine sua.
Maggiore ancora che in Paul Gerhardt è in Friedrich Spee il piacere alla vita. Nel nostro tragitto all’infinito e all’eterno tanto della divina beatitudine ci è dato di .prelibare! Un abisso separa questo gesuita da Ignazio Loyola, il gran maestro dell'Ordine. E pur lui, come il Gerhardt, che militava nel campo avverso dei protestanti, si stacca dalla concezione cupa della vita, espressa nelle rime e nei cantici di Simon Dach. Qui è un gemere eterno sulla fugacità e instabilità della vita umana, non altro che fumo, soffio di vento, sogno, ombra: « Ombra, fumo e vento, e come polvere passa e. dilegua. — Tutto il fasto del mondo non è che fumo e vento, noi vi passiamo come in un sogno, scompariamo come l’ombra e come la spuma, non siamo che una bolla d’acqua. La forza del tempo ci sospinge di continuo. Mira: come il fumo si sprigiona, si dirada e scompare, come la spuma e l’ombra si disfanno rapide, come si rovescia in un attimo una mano, come una freccia rapida taglia l’aria, così deve scomparire l’uomo».
Quale contrasto coll’inno alla vita sollevato dallo Spee!
Appena, nel gorgheggio vivacissimo, instancabile del Trulz Nachligal, udite un gemito, soave pur esso, al fuggire della vita, al piegare e languire e morire del tenero fiore. « Il tenero fiorellino piega languida la sua testina; ahi, debbo io gemere, che esso è già per morire! »
Un rapido « Memento mori » che guizza nel grande « Memento vivere » :
« Abbi bene scolpito dinanzi agli occhi, o uomo, come la morte ci rapisce quando sembra che nulla ci manchi. Ah, no, non confidare nella bellezza, nel sangue, nel colorito; riconciliati subito con Dio, abbi di mira soltanto il cielo ». Del raggio dell’eterna vita dell’al di là è pure un fulgido riflesso in questa terrena esistenza. È così raro il pianto della natura, tutta invasa dallo spirito di Dio! Passano le ombre; rimane la luce.
Pur la grande maestà e solennità della creazione appena si rispecchia nella lirica, tutta intensità e dolcezza dello Spee. Anche la gravità della Bibbia è sparita. Non più tuoni e turbini e fulmini. Non più stridore di procelle scatenate. È una umile zampogna che intona la grande sinfonia. Nessun intreccio di armonie arcane e possenti; nessun infuriare di alte e basse note. La melodia è pacata, flebile, dolce, e seconda il mormorio dei mille e mille rivi che scendono giù ad irrigare la vita festosa dell’universo. Una mollezza arcadica, che blandisce il grande tumulto di affetti, e tempera la foga dell’anima, rapita al suo Dio. Un idillio pastorale tenero, soavissimo, che ci trasporta dove è pace vera, incontrastata, tra armenti e ninfe e tutti i «gaudia pastorum ». Rivivono nel paradiso terreno di Cristo le Dafni e le Cloe. Cristo medesimo appare pastore. Cristo assiste al pascolo del suo gregge, che è il mondo. E anche la luna custodisce placida nel cielo le sue stelle, come mandre pascenti. •
18
3X6
BILYCHNIS
Sorridiamo. Dalle pastorellerie alle leziosaggini e sdolcinature degli Arcadi è breve il passo. Vaneggiò certamente e delirò talvolta tra stemperamenti di immagini la Musa dello Spee; allettavano, seducevano anche in Germania, come in Ispagna, in Inghilterra, in Francia e altrove, le pastorali, e tutti i soavi e dolcissimi idilli dei poeti d’Italia. Anche ai tedeschi il molle poema del. Guarirà apparve una nuova commedia divina. E lo si imitò in mille guise. Ai cantori delle nuove laudi spirituali una glorificazione deH’innocenza, del candore, dell’estrema semplicità del buon pastore apparve opportunissima, e indubbiamente accetta a Dio. Manca a noi, col vigore della fede, ogni virtù d’astrazione, per trovarci, senza tedio, in questo idillico mondo, empito di annotiti, e echeggiante di dolci suoni di flauti e di zampogno. La monotonia ci invade. E stanca anche lo Spee. E appare talora, nei suoi inni alla vergine natura, fuori risolutamente del naturale.
Appare; in realtà è sincero; e all’interiore »non gli s’inaridiscono mai le fonti di vita. È un mondo tutto ideale, veramente esistente, quello che all’immaginazione nostra si affaccia come artificiale, combinato per un ghiribizzo della fantasia. Non c’è vuotaggine; c’è pienezza di sentimento, quella pienezza e sincerità che mancava ai nostri lirici marinisti, che pur tentavano di animare la natura, e davano sorrisi, carezze e baci al sole, all'aria, al mare, alle selve, ai fiori, ai laghi, e sollevavano, digiuni di fede- vera, gli inni a Dio e ai Santi. Si oda questo sonetto del Fontanella al Beato Giovanni di Dio.
Angoscioso, anelante, in rozzo letto Su l’estrema agonia Giovanni accolto. Sostenendo la croce in mezzo al petto. Sta con gli occhi e con l’alma in Dio rivolto.
E mentre fuor dal tramortito aspetto Piove il freddo sudori da morte sciolto. Trova Maria, che con amico /affetto Li sostiene la fronte e asciuga il volto.
Soave è di sua morte, e dolce l’ora. Trovando lei, che con pietoso zelo Il suo dolce sudor terge e ristora.
Ma se Maria raccoglie in sì bel velo. Meraviglia non è; ch'essendo aurora Vuol con queste rogiade andar nel cielo.
Oppure quest'altro, che invoca dalla Vergine pietà e soccorso:'
Penso, misero me, dubbio in aspetto. Del mio corso mortai l’ultimo passo, E come avrò sotto un marmoreo sasso Con immondi animai comune il letto.
19
FRIEDRICH SPEE 317
Io già l’ora fatai sicura aspetto;
Ma, quando ha da venir m’è ignoto, ahi lasso!
Così pensoso e mesto i giorni passo, Ed a la morte a più poter m’affretto.
Ah, che sarà di me quando sia giunto Il termine prescritto e l’ultim’ora? Ahi duro passo, ahi formidabil punto!
Ognun mi fuggirà; ma tu, signora. Madre del Redentor, discendi a punto, E non lasciarmi in abbandono allora.
La religione, ridotta a superstizione, che riuscirà essa mai ad animare? E come freddi ci lasciano le rime sacre del Marino stesso; come ripugna la lunga litania marinesca sugli angeli, nunzi, corrieri, paggi, sergenti, cigni, usignoli dell’uccel-liera del Paradiso, Sirene, e Muse della musica superna, Pirali e Salamandre del divino amore. Impossibile fa<e poesia di un mentito sentimento. Dalla pienezza ♦del cuore sgorga a Friedrich Spee il canto. E tutto per lui ha respiro di vita. Tutto si muove. Tutto acquista parola, un’anima, un corpo, i sensi tutti. Un contemplante, che mai non si perde nell'estasi, ma aiuta Dio, direste, come suo fedel servo, per dar moto e vita alla sua creazione. Personifica l’astratto; spiritualizza la materia, come Goethe appunto farà poi, nella meravigliosissima ed audacissima sua lirica; umanizza la natura. L’aurora configge nella notte i suoi raggi dorati e l’uccide; folleggia e chiacchiera il ruscello; mettesi in fuga attraverso la selva verdeggiante; e si ferisce, battendo contro i sassolini: « Un rivoletto garrulo ha.preso oggi là fuga fuor della foresta verde: ma esso si è ferito all'incontro con un sassolino e ne ha riportato un grosso squarcio ». Sui bruni suoi destrieri cavalca la luna; e s’affanna per raggiungere la mezzanotte. Quando tutto è in festa, e i raggi dorati del sole si posano sui fiori e l’erba, il ciclo stesso si meraviglia di tanto prodigio di luce e di colori. Le limpide ore del mattino, mosse dal tiepido zeffiro ¿’Oriente, sciolgono al sole i capelli dorati, e ampi all’aria li spandono. Sciolti i teneri capelli al mattino, il puro sole occulta l’incendio ancora nel seno di porpora.
Stenta a sorger^ il sole al dì di Pasqua. Stanco della corsa, coi cavalli suoi corsieri, immerso nel sonno, dopo il banchettare della veglia, sdegna destarsi al ’ mattino. Le nubi salgono, accerchiano, avvinghiano coll’umide braccia le nubi.
E, come fluisce la vita in ogni fibra della creazione di Dio, fluisce la parola. Il soliloquio dell’uomo, tutto pietà e devozione, si mescola al colloquio incessante della natura. Parlano gli uccelli, parlano i rivi scorrenti, parlano le fronde, parlano e gemono e gridano tutti gli strumenti della passione di Cristo: i chiodi, il martello, la croce; parlano le pietre; parlano, infine, le stelle.
Sul Monte Sacro la luna favella con Gesù; Gesù favella con Dio. E un dialogo si svolge, intimo, commovente, tra figlio g padre:
Figlio’. Padre, padre mio, oh, povero me, tuo figlio!
Padre'. Oh, figlio, figlio, vieni: oh gioia, che alfine ti ritrovo!
9
20
3l8
BILYCHNIS
Figlio: Deh, padre, riaccoglimi, che sono altrimenti perduto.
Padre: Ne puoi dunque dubitare, viscere mie predilette?
Figlio: Padre, io non merito nulla; concedimi solo di restare presso i tuoi piedi.
Padre: Tanto a lungo ti desiderai, o figlio; non tardar più: vieni, vieni al cuor mio!
Manda un sospiro l’anima credente allo sposo di Gesù, un sospiro che sale ai Cieli e giunge alle stelle. O luna fedele, o stelle, dite, dove è il Signor mio: «O fida luna, o stelle, indicatemi il mio bel Signore, mostratemi ove trovasi il Suo padiglione».
E le fiammelle del cielo si muovono; e parla all'anima amante una di esse. « Figlia mia, tenera d'anni ancora. Là seguilo, lo ritroverai pastore del suo bianco gregge, segui le pecorelle, condotte al pascolo, tra orti che verdeggiano e dolci fiorellini ».
E l’anima è pagaj si conforta; si allieta, ringrazia le belle stelle, donzelle fulgenti nei cieli. Nulla di più infantile dei lamenti mossi da Gesù sulla croce, e del colloquio coP chiodi, che gli perforaron le carni, col massiccio martello di ferro, battuto a suo strazio per ben configgerlo e crocifiggerlo. Eppure, in quelle puerili domande e risposte è tanto candore, una semplicità così schietta, un sentimento così intenso, un alito di vera poesia: «Come poteste ferirmi? Che v'ho io mai fatto? Ah, chiodi, duri chiodi, come poteste crocifiggermi? Come piagarmi? Come perforarmi? E che cosa mai vi ho fatto?» E mandano voci gementi quegli strumenti del martirio: « Ahimè,., infelici. Quando ci impugnarono, un orrore passò entro di noi; resistemmo; a sì grande pietà ci moveva il tuo corpo disfatto; ma una forza brutale franse la nostra».
« Ah con che rabbia ci forzarono, mentre noi volevamo resistere; ci mandarono quasi in pezzi; ma alfine dovemmo cedere. Non ci incolpare dunque, poiché nulla noi ti abbiamo fatto. Rimprovera, o Gesù, il martello, rivolgi ad esso le tue doglianze ».
I misteri antichi non rivelano maggiore naturalezza, ingenuità, ed anche maggior vigore di fede, maggior potere di vivificazione. Il dolore non strugge; scende così dolce la lacrima sul molle viso. Al fondo dell’anima non è mai amarezza. Vive, palpita il piacere alla vita, piacere ad ogni intima voce che è nella natura, un piacere che si tradisce nel tenero verso, pieno di dolcezza.
I vezzeggiativi e i diminutivi: —Blümlein, Sternlein, Tàublein, Psalterlein, Briinn-lein, BienJein, Pflanzlein... si seguono, spontanei, mossi dall’onde vive dell’affetto. Dove sono fiori, dove è canto d’uccello, dove rumoreggiano, scorrenti, limpidi, i ruscelli, dove è sorriso di cielo, un leggero tremito dell’anima della natura, là va il cuore del poeta. .Sorge il sole, e s'adorna d'un tenero scintillio di rosa; si perde in cielo la ridda notturna degli astri; e subito è desto nel poeta il desiderio di uscire alla nuova luce, di muover il piede tra le selve d’alloro, di sollevare il
*
21
FRIEDRICH SPEE
319
canto al cielo. Così esordisce il 7ru/z Nachtigal « Quando l’aurora si adorna con un delicato chiarore rosato e si disperde nel cielo la danza notturna degli astri, sento il desìo di andarmene nella verde selva dei lauri, dove gli uccelli concertano il loro multiforme canto ». Quel suo esclusivo, tenero, eppur possente amore, è fonte a lui di eterna allegrezzà. Vedi; avanza la primavera, si sciolgon le nevi, mormorano le fonti, sprizzano fresche le piccole polle, scorrono i rivoli spuntano le erbe, metton foglie i rami. E non godrai di tanta festa di natura? Terrai tristezza in cuore? « Perchè duque abbandonarsi alla malinconia, quando ciò a nulla serve? » Verdeggiano i campi, sussurrano Tapi, volano gli uccelli al dolce nido, muovonsi Tonde cristalline dei torrenti, « lucide come un raggio argenteo »; è tripudio nella natura, gioia nel cuore. Appena ti contieni; e fugge l’elegia al Redentore; fisso sulla Sua Croce. «Lascia, o Diletto, che io ti abbracci e ti baci su ambe le gote: da tali roccie sgorgherà all'istante per me una fonte ed un torrente di dolcezza ». E solleva l’inno alle meraviglie del Creato, splendido, come nel primo giorno.
« Da migliaia d’anni che infinite stelle splendono, neppure una stelluccia ha smarrito mai la sua via, ma tutte van sempre per il loro cammino. Chi insegna ad esse la loro strada, chi indica loro il sentiero, in modo che non cessino mai dal seguirlo? Considera, uomo, nel profondo del cuor tuo, quanto meraviglioso debba essere il Creatore! »
Questo cantore ingenuo delle glorie di Dio e delle meraviglie della natura, per il sentimento suo individuale che esprime, la personalità spiccata che rivela, e il poter suo di dare un’anima alla materia stessa, preludia alla sinfonia lirica dei moderni e dei modernissimi (r).
. • / Arturo Farinelli.
|(i) All’esame del Cherubinischer Wandersmann del Silesius era dedicata la lezione seguente. . . J
22
LA MISSIONE SPIRITUALE DI NAPOLEONE
SECONDO ANDREA TOWIANSKI (I>
di anime e di voce interiore
Ìl 15 dicembre 1840, tra l'immensa folla che assisteva in Parigi 2 all’arrivo delle ceneri di Napoleone I, v’era un polacco, giunto i la mattina stessa da una lontana terra oltre Wilno. La sua \ nobile figura, il volto di maschia bellezza illuminato da uno ! sguardo azzurro, profondo, il portamento quasi militare, lo mo-| stravano uomo di pensiero e d’azione ad un tempo, dominatore eventi : era Andrea Towianski, venuto dalla patria per obbedire ad che egli aveva sentito voce di Dio. Non una fortuita combinazione lo.
faceva trovare a Parigi in quella gelida mattina in cui erano attese le ceneri dell’imperatore, non il solo desiderio di rendere omaggio all’Uomo immortale che era stato la speranza della Polonia martire e che ne era l’idolo, nonostante le promesse mancate e le delusioni amarissime dell’abbandono. Una ragione più intima aveva spinto Towianski ad assistere all’av veni mento: e l’aver potuto compiere il suo viaggio malgrado immense difficoltà, era per lui, abituato a cogliere in ogni fatto l’indiziò della volontà divina, un segno di benedizione. L’onda di commozione indicibile da cui erano travolti gli aspettanti, pareva frangersi contro l’anima di lui nei suoi molteplici'aspetti, per ricomporsi in un'unica forza che tutti li comprendesse: l’appassionata devozione dei luterani e del popolo, il rimpianto dei patrioti per la gloria che aveva portato il nome della Francia vittoriosa in tutto il mondo, e quello degli stranieri alla cui patria aveva fatto brillare un raggio di libertà troppo presto ottenebrato dalla sua caduta, la speranza d’un ignoto bene che dovesse seguire all’evento di quel giorno e nello stesso tempo il misterioso terrore degli avversari.
(1) Su Andrea Towianski, cfr. là Bibliografia che è data dal volume: Vita e Pensiero di Andrea Towianski. Milano, Libreria ed. Milanese, 1918. Quanto al pensiero di A. T. su Napoleone, esso appare da alcuni dei suoi scritti: Pisma AndrzejaTowianskiego, Turyu, 1882, tom. I, pag. 13, 16, 328: tom. Ili, pag. 219, 230, 232, ma principalmente da alcune note di suoi colloqui con Adamo Mickiewrcz e con altri, i cui frammenti sotto il titolo di Notes sur NapoUon furono pubblicati dal figlio del poeta, Ladislao, nel II volume dell’ opera Wspolùdzial A dama Mickiewicza w Sprawie Andrzeja Towianskiego, Paryzu, 1877 (Partecipazione di Adamo Mickiewicz all’opera di Andrea Towianski), nonché da alcune allocuzioni inedite che si trovano sia al Museo nazionale polacco di Rapperswil, sia Bell’Archivio presso mio Padre: si deduce infine dallo spirito di tutta l’azione religiosa esercitata da Andrea Towianski.
23
LA MISSIONE SPIRITUALE DI NAPOLEONE SECONDO ANDREA TOWIANSKI 321
quasi che le ceneri di lui dovessero essere ultrici dcll’olt raggiata sua memoria; tutto andava sommerso nel’ fascino che il nome dell’imperatore suscitava. In questo fascino Towianski scorgeva l’azione dello spirito di Napoleone. Non al suo intimo senso soltanto, ma anche a quello di coloro che eran presenti, il trasporto delle ceneri al Pantheon, assumeva un valore straordinario. Napoleone aveva detto: je désire que nies cendres reposent au bord de la Seine, au milieu du peuple français que j’ai tant aimé. La Francia ne sentiva tornare colle ceneri lo spirito immortale; il quadro di Orazio Vcrnet che mostrava la figura dell’Imperatore uscente dalla tomba, colla testa aureolata cinta di lauro, e colla mano che regge la spada e l’ulivo, ritraeva, più che un’allegoria, la visione del popolo che sentiva tornare il suo duce ad additargli una nuova e maggiore grandezza.
Ma quale grandezza? Rievocando l’amore o riaccendendo l’odio per Napoleone, ognuno pensava confusamente a un rinnovarsi del passato nell’avvenire: un predominio napoleonico era oggetto di speranze per quanti si sentivano oppressi dalle grettezze dei regimi della restaurazione, e di avversione sia dei legittimisti, sia del Governo, che pure aveva dovuto disporre il ritorno della salma dell’eroe.. Un messianesimo fondato sullo studio d’un presupposto segreto di Napoleone (i) poteva sognarsi da un solitario pensatore, ma era irrealizzabile quanto il ritorno dell'imperatore alla testa del suo esercito atteso dal granatiere di Heine (2) che dorme sepolto in terra tedesca. Un ritorno invece alla vera gloria e alla libertà onde era cinta l’epoca napoleonica, faceva battere il cuore di quanti fra i migliori riconoscevano all'imperatore, malgrado i suoi errori, una missione storica, che, ripresa con uguale potenza, non poteva non imprimere* una direzione nuova all’avvenire del mondo.
Di tale missione-ebbe chiara e precisa coscienza Andrea Towianski. In Napoleone egli vedeva, al pari dei semplici e degli eletti, un uomo eccezionale inviato da Dio. Le ragioni della sua grandezza e del suo trionfo che sempre sfuggirono e sfuggono ai mediocri, gli apparivano inquadrate nella vita dell’ umanità, nella cui storia religiosa esse segnano una tappa. Sorto sulle rovine di quella rivoluzione che fu sì terribile castigo di errori secolari, Napoleone si mostra alla Francia nella pura bellezza della sua figura giovanile. L'anima* ha piena di fuoco, d'entusiasmo per la grandezza della Francia e dei principi immortali che essa ha proclamato, sia pure attraverso a tanto sangue e a tanto dolore: questi principi, congiunti col nome della grande nazione, egli
(1) Hoéne Wronski, polacco aneli’esso, a cui qui mi riferisco- delineò una dottrina messianica napoleonica « A ses yeux (così scrive il Lebcy in Le messianisme Napoléonien depuis 1815 jusqu’en 1848, Le Censeur, 11 janvier 1908) Napoléon a réalisé le problème contemporain en établissant l’un en face de l’autre, sans qu’ils puissent se nuire, le principe humain et le principe divin, les dominant l’un et l’autre de son autorité pour les empêcher de se détruire dans une lutte stèrile., il déclare que la réalisation des plans de Napoléon est inévitable dans la nouvelle marche de l’humanité vers ses augustes destinées sur la terre». Il suo libretto Secret politique de Napoléon comme base de l’avenir moral du monde si stampava nel 1840, poco tempo dopo l’altro lavoro suo: Idées Napoléoniennes.
(2) Heine, Buch der Lieder: Die Grenadiere.
24
322 BILYCHNIS
porta attraversò all’Europa; le forze reazionarie che pur sono tanto maggiori e più numerose cedono il passo alla sua spada e ai suo spirito; e la tempesta che in Francia e in Europa si è scatenata, si calma al gesto della sua mano che tutto riassesta — mentre realizza in istituzioni durevoli le idealità stesse nel cui nome la rivoluzione aveva tutto sconvolto. Il Generale, il Primo Console, ha portato alla Francia e al mondo un bene che non può perire. E non perisce difatti, neppure quando la grandezza di Napoleone si vela nell'ambizione personale, nelle campagne dell’impero, nella finale sconfitta di Waterloo, nella uipiliazione dell'esilio. Spoglia degli elementi terreni contingenti, veduta nella sua essenza, la vita di Napoleone appare a Towianski come quella dell’uomo che, per la sua natura e per la sua azione storica, libera l’anima della Francia dalle bassezze a cui era discesa sotto gli ultimi re, risvegliandola, elevandola, preparandola a nuovi destini (i). Di fronte al paganesimo imperante prima della rivoluzione, malgrado esteriori apparenze cristiane. Napoleone rappresenta il risveglio di virtù essenziali, pur sotto forme areligiose e per. scopi terreni. Dopo secoli di mollezze e piaceri, egli insegna coll'esempio l’energia e la disciplina di tutte le forze fìsiche e psichiche; contro le raffinatezze di civiltà e di cultura, impone la sua semplicità che è oblio di sè e quell’immediatezza di rapporti fra l’uomo e gli eventi che danno prontezza all’azione e al sacrificio; — contro il predominio dell’intellettualismo, contro l'atteggiamento più o meno filosofico e spesso sofistico, lo scetticismo, che costituivano l’abito mentale delle generazioni più colte di Francia, egli si caratterizza traendo ogni suo impulso dall’intimo fuoco per l’idea e dalla docilità all’ispirazione. E che altro mai è l’ispirazione; se non la comunione ‘dell’uomo col Cielo — quella comunione la cui esistenza affermiamo ogni qualvolta ripetiamo il simbolo della nostra fede? Nella pienezza della vita sentire, pensare, agire, furono un’unica cosa in Napoleone. Nella sua stanza come nella reggia, sul campo di battaglia come al Governo delle nazioni, l’idea divenne, mercè sua, azione. Per queste sue qualità. Napoleone fu uomo religioso, più ancora che per la sua sincera e sicura fede in Dio, più ancora che pei suoi sentimenti cristiani, che mai non si smentirono e l’accompagnarono sino all’estremo sospiro (2).
Per queste sue qualità i soldati lo adorarono e seguirono con una devozione che non ha riseontro nella storia di alcun condottiero; i popoli fremettero dinnanzi a lui, il fiore di ogni Nazione gli consacrò l’entusiasmo più ardente e più puro. L’oscura parola di Kleber alle Piramidi: « Generale voi siete grande cóme il mondo » si illumina per Towianski in questa unione, in questa fraternità di anime che, sparse su tutta la terra, palpitano per gli stessi ideali, vivono della stessa vita di Napoleone e dell’Esercito in cui ha trasfuso le sue forze e la sua volontà; e
(i) Pisma, ecc., I, n. r.
(2) Sui sentimenti cristiani di Napoleone il Beauterne ha scritto un intero volume ci-tando fotti e parole di Lui sur le Christianisme. Paris, Ambroi e.
Bray, 1864. In Towianski si parla talora di questa fede di Napoleone e vi è pure espresso 11 rimpianto degli errori suoi verso il Papato. Cfr.WESPÓLUDZiAL II, Notes sur NapoUon-ma ciò a cui Towianski, come Mickiewicz. dà maggior valore è sempre l’essenza della vitanapoleonica, quello che in lui fu cristianesimo, in azione.
25
LA MISSIONE SPIRITUALE DI NAPOLEONE SECONDO ANDREA TOWIANSKI 323,
si allarga ancora nell'unione invisibile con tutti gli spiriti del passato che hanno preceduto Napoleone e con lui hanno preparato l’avvento di una nuova epoca pel mondo (i).
Precursore di un’epoca nuova, attesa, invocata: ecco la missione di Napoleone secondo Towianski. La grande epopea di cui fu l’eroe, diviene un episodio allo sguardo che percorre la storia religiosa dell’umanità. Quanto faticoso errare di popoli nelle tenebre alla ricerca della luce di Dio sino alla venuta del Cristo! E dopo la venuta del Redentore, dopo che la parola Sua fu respinta dagli uomini che non gli lasciarono altro campo se non la Croce del martirio — quanto lentamente la luce del Verbo si è diffusa sulla terra e a prezzo di quali lotte, persecuzioni, violenze, dolori! Ma diciannove secoli di cristianesimo sono trascorsi: la parola del Vangelo è penetrata nei cuori: bisogna ormai progredire: un lieve chiarore d’alba si è diffuso sulla terra: è tempo che sorga l’aurora. Non basta più che l’anima viva in Cristo: bisogna che tutto l’Essere si compenetri della parola di Lui e che la parola si trasformi in Vita — non basta più che poche, solitàrie e chiuse comunità si uniformino al Vangelo, mentre nel mondo imperversa il male e la violenza. Bisogna che tutta la società si pervada di cristianesimo : che vita individuale, vita sociale, religione e politica, siano un unico campo in cui regni Iddio. Questo è il comandamento che Towianski sente dato da Dio all’umanità per quest’època: e di questo comandamento egli sente pure che Napoleone è stato.il provvidenziale strumento.
Per annunziare tutto ciò, Towianski ha lasciato la sua terra natale ed ha consacrato la sua vita a quella ch'egli riconosce essere una missione ricevuta dall’Alto. Ma egli conosce in pari tempo che la via per questa trasformazione dell’umanità fu tracciata da Napoleone, e che la sua missione comincia là dove quella di Napoleone fu interrotta.Le virtù di energia, di semplicità, di realizzazione ch’egli incarnò sono quelle che l’epoca nuova richiederà ad ogni singolo individuo. Per diventare cristiana, l’azione napoleonica non avrà mestieri che di spogliarsi degli elementi personali e d’orientarsi verso un fine puro, celeste.
Towianski ebbe sì vivo il senso di tal continuità, che sul campo di Waterloo, dove la stella di Napoleone, già oscuratasi nel tempo dell’impero, tramontò definitivamente, volle compiere il primo atto del suo apostolato — il colloquio fraterno durante il banchetto con Giovanni Skrzynecki (2) — e a Waterloo andarono in pellegrinaggio molti dei suoi discepoli che penetravano l’intimo concetto esposto da Towianski: che cioè, l'idea di Napoleone era un mezzo di progresso applicato alla Francia (3).
E l'idea napoleonica domina infatti tutto il primo periodo della diffusione dell’opera di Dio fra gli esuli polacchi e i francesi che formarono il Cerchio di Parigi fra il 1841 e il 1848. Esso dà un particolare tono di energia, di azione quasi
(1 Wspóludzial II, n. 18.
(2 Pisma I, Su questo colloquio cfr. ancora in Vita e Pensiero, ecc., p. 31 e segg. Pei pe legrinaggi a Waterloo cfr. wspóludzial II, Notes sur NapoUon, 11, 12, 13, ecc.
(3 Wspóludzial, ecc., n. 14.
26
324
BILYCHNIS
militare al Maestro, che altro nome non volle se non quello di « servo di Dio ». Quante volte i discepoli furono chiamati a risvegliarsi, a operare, colle parole del condottiero: « frères camarades » — quante volte la figura del granatiere napoleonico, concentrata e vibrante, pronta a tutto, sino al supremo sacrificio di sè, fu esempio di compenetrazione dello spirito nel corpo e di devozione vera all’idea! (1) Quante volte un cenno, un ricordo, valse a rievocare Napoleone .stesso a quegli uomini a cui potevano rivolgersi, in una allocuzione fatta su un antico campo di battaglia, queste parole : « Voi dovete mostrare alla Francia qual’ è la vo lontà di Dio per la Francia. L’idea di Napoleone che contiene questa volontà deve essere incarnata da voi, compiuta da voi, vivente per mezzo vostro sul suolo francese: Portate l’idea in voi, diventate l’idea »/ (2).
Nei difficili tempi che prepararono le rivoluzioni dei popoli nel 1848 Napoleone fu spesso invocato come un aiuto da Towianski e dai suoi (3): nè è meraviglia che al Lituano, il quale sì intensa fede ebbe nella comunione tra i morti e i viventi. Napoleone apparisse purificato dai dolori dell’esilio e della tomba, implorante, come il Wankowicz lo dipinse, la misericordia divina sul globo, spirito tutelare di quanti lo seguissero sulla sua vera, sulla sua grande traccia; nè è meraviglia che Towianski sentisse il legame del proprio spirito collo spirito di Napoleone, in un’unica comunione nel servizio di Dio (4).
A questi concetti, esposti da Andrea Towianski nei suoi colloqui densi di pensiero, difficili talora di forma, aderirono con piena coscienza tutti i servitori del-l’Opera di Dió. Ad essi si inspirò Adamo Mickiewicz per le lezioni che a Napoleone consacrò nel suo corso al Collegio di Francia (5), corso che terminò colla distribuzione agli uditori di una stampa, pure disegnata dal Wankowicz sulle indicazioni del poeta, rappresentante Napoleone sotto un bianco velo, collo sguardo addolorato volto in alto, e la mano sulla carta della Polonia dilaniata (6). Arricchito del fuoco animatore di Mickiewicz, rivestito della sua parola alata, il concetto di Towianski sollevò un entusiasmo senza pari: ne tremò il governo che temeva il risveglio bonapartista: e fu questa una delle maggiori cause della sospensione del corso. Ma nulla era più lontano del bonapartismo dal pensiero del Maestro e del suo grande discepolo. Il bonapartismo era per entrambi una parodia della pura tradizione di
(1) Una statuetta rappresentante un granatiere fu appunto offerta a Towianski /Sw«O,II Si26 ° all’occasione del dono e8W disse le Paro,c che sono riprodotte in
.. ,J1 2 3 * 5 6) Queste parole sono tratte da una allocuzióne rivolta sul campo di battaglia di Zurigo il 7 dicembre 1845 da Towianski e conservata nel [’Archivio in alcune note che portano il titolo: « Grand écrit sur les trois sacrifices ■ (carte Canonico).
(3) Wspólcdzial. Il, § 46, 47, 48, 49, 50.
, (4) Il grande quadro del Wankowicz che appartenne a Towianski, sulle cui parole
s era ispirato il pittore polacco, è ora, con altri cimeli, affidato a mio Padre.
(5) Sul Corso al Collegio di Francia cfr le notizie e la bibliografia in Fifa e Pensiero • ai Andrea Towianski, pag. 72.
(6) Della stampa, del Wankowicz noi possediamo una grande riproduzione sotto a cui sta questa leggenda: « Napoléon devant le Verbe-plus avant dans la Vérité divine -plus fort pour la réaliser - il consomme ce qu'il a commencé ».
27
LA MISSIONE SPIRITUALE DI NAPOLEONE SECONDO ANDREA TOWIANSKI 325
Napoleone, perchè ne rinnovava non la virtù ma il peccato. Towianski lo ripeteva a quanti francesi si entusiasmavano solo per la gloria del primo imperatore, ricordando che colla esaltazione del potere personale e col voler fondare una dinastia, egli patteggiò col passato, e interruppe la marcia dei popoli verso l'avvenire. Lo ripetè a Napoleone III stesso, più tardi, in una memorabile lettera (i) in cui lo ammoniva a meditare sulle condizioni della Francia, che, immersa nei piaceri e nella esaltazione della sua prosperità, immemore della sua vocazione di guida delle nazioni, correva, quella rovina che la storia doveva registrare poco appresso.
Il rapporto tra Napoleone e Towianski non è politico ma religioso: e può dirsi interamente espresso dalle parole di Mickiewicz che suonano cosi: « Dans l’Homme de Dieu est déposée l’idée.de Napoléon, l’idée que Napoléon n’a pu réaliser et qu’il avait emporté dans la tombe. Il l’a remise à l’Homme de Dieu, et hors lui, il n’y a pas d’homme sur la terre qui en connaisse toute la plénitude. Cette idée vient du Verbe et sert à réaliser le Verbe » (2).
Tale è l’idea di Napoleone in Towianski e nel movimento religioso dell'opera di Dio (3): non tendenza politica, non eco di romanticismo, ma profonda interpretazione di un uomo e di un’epoca storica: non sola forza di tradizione o di simbolo, ma comunione di morti e di viventi in un’unica fede, in un unico lavoro: non sistema messianico destinato a cadere per la meccanicità dei suoi 'atteggiamenti, poiché la vita non si lascerà mai ridurre in formole: ma appello a quanto di più alto e di eternamente vivo si perpetua nelle anime umane, per le generazioni che si susseguono, si rinnovano e sono chiamate dal comandamento del Signore e dagli avvenimenti della storia, alla realizzazione di un ideale cristiano di energia di sacrificio e di azione.
(1) Pisma III, 194.
Le parole a cui mi riferisco, chiare e coraggiose suonano così « ..'.Ainsi au nom de Napoléon I, sous le règne de Napoléon III, l’Esprit de Napoléon I est parodié. Héritier de son nom et de son sang, vous avez cherché. Sire, par son nom et son sang, à hériter de sa gloire: mais vous vous êtes détourné de son Esprit, et vous en avez détourné la nation française; vous avez détruit son œuvre en introduisant de nouveau en France le péché dont il l’avait délivrée; par tout cela, vous avez crucifié l’Esprit de Napoléon! ».
La lettera è datata 28 marzo 1866.
(2) Wspóludzial I, Papier inédit de Mickiewicz, pag. 14.
(3) Su questi rapporti fra Napoleone e Towianski fu variamente scritto e spesso da chi giudicava su preconcetti o su una materiale e frettolosa lettura di parole di Towianski stesso o dei discepoli. Senza citare, per non dilungarci, le incomprensioni di taluni critici, accennerò soltanto a una idea che ci spiacque di veder ripetuta da uno studioso fine e di animo largo quale il Momigliano (Scintille del roveto di Stagliene, p. 153): che cioè Towianski si credesse la reincarnazione dello spirito di Napoleone. E ¡come mai questo potè apparirgli — sia dalla lettura degli scritti riguardanti l’argomento, sia riflettendo che Towianski era nato ventidue anni innanzi la ¡morte di Napoleone, il gennaio 1799?
28
326
BILYCHNIS
♦ ♦ ♦
Donando nel 1869 ai discepoli italiani una riproduzione del quadro del Vernet a cui accennavo in principio, Towianski l’accompagnava con queste parole : « C’est sous la conduite de Napoléon ressuscité, en vivifiant votre piété, en y unissant votre action, que Vous pourrez, chers frères italiens, marcher dans la voie destinée dans cette époque chrétienne supérieure».
Una tale esortazione è men lontana dalle ansie del momento presente di quel che non possa a tutta prima sembrare.
Questa partecipazione di ognuno di noi al lavoro comune, pel quale potrà progredire la patria nostra, questo spirito di amore, d'energia, di sacrificio che può guidare una nazione intera, ci fa riflettere tanto più oggi che dalla bufera (più terribile che la rivoluzione francese) non è uscito alcun capo e i popoli cercano da soli e faticosamente la loro via: oggi più che mai il concetto di Towianski su Napoleone, ci pare degno d'essere meditato e approfondito da quanti, come lui/credono che ogni ideale che passa sulla terra deve diventare vita vissuta dall’umanità.
Maria BersanoJBegey.
29
EBRAISMO E CRISTIANESIMO
Sa signorina Elga Ohlsen ha il merito di avere sollevato, in questa ottima rivista di studi religiosi, una questione d'interesse e d’importanza eccezionali (i). Mi sia però lecito esprimere il rincrescimento' ch’ella si sia modestamente limitata a provocare uno scambio d’idee sull’argomento che le sta a cuore e non abbia voluto esporre più diffusamente le proprie, perchè, nell’accennare di volo alle varie esperienze che la indussero a concentrare la sua attenzione sui valori specifici del Cristianesimo rispetto all’Ebraismo, ella dimostra di possedere quella intelligenza equilibrata, quella obiettività di giudizio e quella felice intuizione spirituale, che sono ugualmente indispensabili a chi voglia afferrare nella loro essenza i fenomeni religiosi.
Ben volentieri accogliamo, per conto nostro, l’invito, seguendo l’esempio dell’egregio sig. Dante Lattes, e dopo aver preso conoscenza di quanto questi ha scritto suH’origine e l’essenza del Cristianesimo nei suoi rapporti con la religione d’Israele.
Conveniamo subito, insieme con la sig.na Ohlsen, che anche negli ambienti cristiani dóve la Bibbia è maggiormente conosciuta — vale a dire fra gli evangelici -non si hanno per lo più nozioni precise sulla religione ebraica, qual era al tempo di Gesù. Onde sarebbe il caso di augurare: i° Che $>i divulgassero maggiormente, vincendo ogni sorta di tradizionali pregiudizi, le conclusioni sicure della critica moderna riguardo ai libri dell’Antico Testamento, dal Pentateuco fino alle Cronache, e particolarmente i libri profetici, di cui alcuni (Deuteroisaia, Daniele, ecc.) esercitarono una fortissima influenza sul pensiero religioso ebraico degli ultimi tempi, e che pur rimangono dai più o ignorati o malamente interpretati, nonostante le nobili fatiche degli studiosi; 2° che si diradassero le tenebre da cui sono avvolti, agli occhi di cristiani anche discretamente colti, quei tre o quattrocento anni di storia d’Israele che precèdettero il sorgere della religione cristiana; 30 che si facessero più largamente conoscere, con pubblicazioni popolari, i libri chiamati apocrifi o deuterocanonici, specialmente quelli didattici, d’incontestabile valore (l’Eccle-siastico di Gesù Siracide e la Sapienza); nonché i pili importanti pseudoepigrafi anteriori o contemporanei all’era cristiana: le parti più antiche del libro di Henoch e
(1) Vedi fascicoli di gennaio 1921, p. 37; di febbraio, p. 91 e segg.; di aprile, pagi-gine 254 c 262.
30
328
BILYCHNIS
i diciotto Salmi di Salomone. E sarebbe anche desiderabilissimo che i cristiani' leggessero del Talmud se non la Ghemara — il che sarebbe troppo pretendere! — almeno qualche parte dei sei libri della Mishnah, come i « Pirke Aboth », o detti dei padri. Perchè se è vero — come la storia lo attesta — che Gesù ha parlato per tutti gli uomini e di tutti i tempi, è non meno vero ch'egli fu ebreo, e visse fra ebrei, e parlò dapprima e direttamente ad ebrei, in modo da essere compreso da loro; ne consegue dunque ch’è assolutamente necessario, per valutare l’insegnamento di lui, conoscere quanto più esattamente possibile come si viveva, si parlava, s’insegnava e che cosa si credeva in Palestina nel tempo in cui egli visse (1). Chi vorrà contestare che per comprendere il cristianesimo bisogna risalire alle sue prime origini, non solo, ma discernere bene il legame che lo unisce all’evoluzione religiosa che lo ha preceduto? Come fa giustamente rilevare Augusto Sabatier, non v’è mai rottura completa nella catena della storia. Ogni fenomeno giunge al suo posto e alla sua ora; ha dei precedenti che lo preparano e lo determinano. E il cristianesimo, per quanto nuovo esso sia, non fa eccezione alla regola. Il vecchio adagio della scuola: « Novum Testamentum in Vetere latet, Vetus in Novo patet », è vero, dopo tutto; ed una eccellente regola d’esegesi biblica prescrive di ricondurre le prime idee cristiane alla loro radice ebraica. « Se non v’è nulla d'essenziale nel Nuovo Testamento il cui germe non si rinvenga nell’Antico, non v’è altresì nulla di veramente fecondo nell’Antico che non sia passato nel Nuovo » (2).
* ♦ ♦
Queste osservazioni preliminari lasciano intendere che noi possiamo consentire, ed infatti volentieri consentiamo, col sig. Lattes in alcune cose. Anzitutto: nel desiderio che vengano valutati con mente serena e con animo scevro di pregiudizi il fenomeno ebraico e quello cristiano, nei loro rapporti reciproci; inoltre: nell’opportunità di delimitare bene il campo del raffronto, risalendo alle fonti, cioè alla personalità del fondatore del cristianesimo, da una parte, e dall’altra all’intero patrimonio d’Israele; infine: nel riconoscere con animo grato che Gesù di Nazaret è uno dei doni, e il più prezioso, che Israele ha fatto all’umanità, ed invero la espressione mirabile di quanto la razza giudaica aveva di più squisito. Lungi dal riguardare a questa con l’avversione di cui i secoli passati diedero, e gli spiriti arretrati del nostro secolo hanno dato e tuttora danno esempio vergognoso, noi vogliamo ricordare che Gesù medesimo ha affermato che « la salvazione viene dai Giudei » (Giov. 4, 22).
U) C» Permett?amo di ricordare come di grandissimo valore le seguenti pubblicazioni: Stona del popolo giudaico ai tempi di Gesù Cristo, dello Schürer; Horae hebraicae et taL mudicae in quatuor Evangelistas, di Lightfoot (Lipsia. 1674). Più facile a procurarsi è 1 heEvangelists and the Mishna, di T. Robinson (Londra, Nisbet, 1859). Opera di grande erudizione e veramente utile è The life and times of Jesus the Messiah, di A. Edersheim (Londra, 1883; edizione abbreviata nel 1890). Alla portata di tutti e raccomandabilissima è poi La Palestine au temps de Jésus Christ, d’après le N. Testament, l’historien Flavius Joseph et les Talmuds, di Edmond Staffer, Paris, Fischbacher, 1885.
(2) A. Sabatier, Esquisse d’une philosophie de la religion, p. 139-140.
31
EBRAISMO E CRISTIANESIMO
329
Ma il consentimento non va più oltre, nonostante le nostre concilianti disposizioni di spirito, chè fin dalle sue prime asserzioni l’articolista si rivela così reciso ed assoluto nel negare al cristianesimo qualsiasi originalità, che nessuno studioso un po' imparziale potrebbe seguirlo. « Nulla di nuovo contiene per noi Ebrei il Cristianesimo, in quanto è sostanza etica e religiosa... Gesù è un ebreo che ripete antiche dottrine agli ebrei della Sinagoga... L'Evangelo ripete le idee della vecchia bibbia ebrea... La sua voce non dice nulla di più e di meglio di quello ch’era stato detto sette secoli prima. Tutto’ Gesù è in Isaia». Il Renan, almeno, non faceva risalire ad Isaia che « i primi germi »; il Lattes ci vede « tutto l’albero », addirittura La voce di Gesù non è, secondo lui, che l’eco della voce di Hillel e degli altri rabbini, dell’Aggadah, delle Apocalissi. Ora, qui c’è una esagerazione manifesta, una ingiusta svalutazione dell'insegnamento di Gesù, e non già una conclusione serena e imparziale di studi critici e storici.
Esiste, prima di tutto, un aspetto essenzialissimo della questione cui il Signor Lattes sembra non dare alcuna importanza e che invero sfugge di solito alla mentalità ebraica. Parli per me Adolfo Harnack, dal L. citato come autorità di storico e protestante liberale: « Il monoteismo esisteva da secoli... “ A che ci parlate dunque del vostro Cristo, che non ha recato al mondo nulla di nuovo? ” ci si domanda specialmente dai dotti Ebrei. Ora, se mi si domanda: che cosa c’era di nuovo? risponderò che in una religione monoteistica siffatta questione non è a suo posto. Domandiamo piuttosto: che c’era di puro, e di vigoroso in questa nuova religione? Ed io risponderò: Cercate tutta la storia del popolo d’Israele, cercate la storia universale, e recatemi un altro esempio di un messaggio divino, di un messaggio del Bene, che sia così puro e severo, come quello che qui udiamo e leggiamo! La pura sorgente della santità da lungo tempo era stata aperta, ma poi si era venuta interrando e intorbidando. Che in seguito rabbini e dottori si provassero a distillarne l’acqua, e poniam pure che vi riuscissero, poco importa. Ma ecco ora la sorgente zampillare di nuovo fresca e vivace, ed aprirsi una via fra i detriti che sacerdoti e dottori vi avevano accumulato, offendendo la dignità della religione. E alla purezza s’aggiungeva la forza. I dottori farisei avevano detto anche bellissime parole, ma in pratica la loro dottrina era rimasta debole in ogni sua parte, e, perchè debole, dannosa. Nulla possono le parole, ma tutto può chi le pronunzia. E Gesù Cristo "ammaestrava le turbe come avendo autorità, e non come i loro scribi questa era l’impressione che ne ricevevano i suoi discepoli. Le sue parole erano "parole di vita ”, granelli di semente che germogliavano e producevano frutto. Questo era il nuovo! » (1). Ben aveva detto Alessandro Vinet: - La gloria dell’Evangelo consiste meno nell’annunziare una nuova morale che nel dare la forza di mettere in pratica l’antica». Diverse opportunissime considerazioni si potrebbero fare sulla forza spirituale che emana dalla vila di Gesù, sull’autorità della sua persona, sull’impressione profonda ch’ei sapeva di produrre e voleva produrre, ma lo spazio di
(1) L'Essenza del Cristianesimo. Trad. Bongioanni, Bocca, 1903}, pag. 48-49.
32
33<>
BILYCHNIS
cui disponiamo non cc lo consente e d’altronde dubitiamo che il sig. Lattes sia disposto a seguirci su codesto terreno.
Limitiamoci pure al contenuto etico e religioso deH’insegnamento di Gesù. Ecco il suo annunzio centrale del Regno di Dio. « Nulla di nuovo! » si affretta a dire anche qui il sig. L. Un momento! Non era nuova certo l’espressione « Mal-cuth shamaim », nè l’aspettazione di questo regno, ma come si può affermare che la nozione che Gesù dimostrò di avere di esso sia stata esattamente quella d’Isaia o di Ezechiele o delle Apocalissi o del Talmud? Cito di nuovo lo Harnack, poiché ho il suo ¡¡Irò ancora sotto gli occhi: a Gesù non creò l’idea del Regno di Dio; ma l’idea che il regno di Dio viene, non in maniera che si possa osservare, che esso è già presente, è tutta sua... Non vogliamo spogliare la predicazione di Cristo della sua originalità e della sua forza, seguendo coloro che la confondono con le idee generali del suo tempo.... Si leggano e si meditino le sue parabole: il Regno di Dio viene, in quanto viene agl’individui, penetra nell’anima loro, ed essi ne prendono possesso. Sì, il Regno di Dio è il dominio di Dio, ma il dominio del Dio santo nei singoli cuori è Dio stesso con la sua forza. Tutto quel che-c’è di drammatico in senso esteriore a questo punto si dilegua;... non si tratta di angeli o di demoni, di troni e di principati, ma di Dio e dell’anima, dell’anima e del suo Dio » (i). È questa un’eco dei rabbini del tempo e della letteratura apocalittica? E le denominazioni che Gesù diede a sè stesso: Figliuol di Dio e Messia, non fanno dunque parte del suo insegnamento? E non costituiscono qualche cosa di nuovo? Certo, è possibile insinuare che tali idee gli sarebbero state attribuite poi, che sarebbero interpretazioni ed aggiunte posteriori; ma questo non sarebbe serio,e ci basti avvertire che i critici più indipendenti non pongono in dubbio che Gesù stesso abbia assunto il nome di Messia. E allora? La consapevolezza che egli ebbe che le speranze messianiche si erano avverate nella sua persona non introdusse dunque degli elementi nuovi nel suo insegnamento? È vero o non è vero che Gesù pensò e disse che con lui incominciava un’era nuova, nella quale « i minimi » saranno maggiori dei più grandi profeti? È vero o non è vero ch’egli presentò sè stesso come oggetto di fede, come principio nuovo di vita religiosa? Queste non sono dottrine dogmatiche nè trasformazioni dell’Evangelo. La storia è storia e non può essere rifatta, e l’insegnamento di Gesù Cristo è quello che è, e non deve essere contorto o mutilato.
Rispetto alla Legge, Gesù dichiarava di non essere venuto per abolirla, ma « per completarla » (Matt. 5,17), cioè per perfezionarla, traendone fuori tutto il senso profondo spirituale che racchiudeva, come il contesto luminosamente dimostra. La « giustizia migliore » ch’egli additava è la giustizia che sussiste anche quando si scandagliano le profondità del cuore. « Voi avete udito che fu detto agl* antichi... ma io vi dico... ». Dunque era una cosa nuova, dunque egli sapeva che ciò non era stato detto da alcuno con tanta logica, con tanta sicurezza ed autorità.
L'idea di Dio era forse il lato più forte del giudaismo ai tempi di Gesù, quanti) Ibidem, p. 54, 56.
33
EBRAISMO E CRISTIANESIMO 331
tunque fosse idea troppo esclusivamente trascendente. Il titolo di Re dato a Dio metteva appunto in rilievo quello che nella terminologia moderna si chiamerebbe " la trascendenza divinaNozione dunque enfaticamente accentuata, per cui le lacune del giudaismo a questo riguardo ricordano quelle del deismo. Quanto alla idea dell a paternità divina., ha ragione il Lattes di contestare chesianata col cristianesimo. Non era idea sconosciuta nè alle religioni pagane nè, tanto meno, a quella ebraica. Da Omero in poi Zeus era chiamato « Padre degli dei e degli uomini »; ma codesta era idea superficialissima e significava poco più che « originatore ». Tal senso rinviensi anche nella più antica-letteratura ebraica, ma con aggiunte che lo precisano: Dio è più particolarmente il Padre del suo popolo Israele e, in senso più profondo, dei giusti in Israele (Is. 63,16), e, sebbene non con la stessa ricchezza di significato, degl’individui (Mal. 2,10, Sir. 23,1-4). Con Gesù è ripreso e sviluppato il lato più soave dell'in-segnamento dell’Ant. Test. (Salmo 103,13), e l’amore di Dio come Padre si estende agl’ingrati ed ai malvagi (Luca 6,35; Matt. 5,45); nella parabola del Figliuol Prodigo è presentato in modo culminante il concetto di Dio-Padre, che perdona a chi si ravvede sinceramente (concetto distintamente evangelico), in contrasto col concetto tipicamente giudaico, legale (Luca 15,25-32 cfr. con 15,20).
Per quel che concerne V amore del prossimo, il sig. Lattes ritiene che non c’è nei vangeli nulla più che nella Bibbia ebràica e nei Dottori; cita il ben noto episodio di Hillel che disse al pagano il « non fare agli altri ecc. ». Ora, Hillel fu indubbiamente un gran dottore, più liberale di Shammai, e diede dei precetti bellissimi che si leggono con soddisfazione nei « Pirke Aboth »; ma non conviene esagerare, perchè egli disse anche che « lo studio della legge tien luogo di tutto il resto », subordinando ogni precetto morale a questo insegnamento legale, e disse pure; « Un ignorante non può essere pio », triste parola che ben ritrae il giudaismo dell’epoca. E quanto al prossimo, per Hillel e per ogni israelita del primo secolo .tale termine non poteva designare che un ebreo; mai avrebbero pensato di chiamare così un pagano o un samaritano. No, l’idea della fratellanza universale è cristiana e non risale ai rabbini e neppure ai profeti e salmisti ebrei, sebbene si senta in certi passi e in interi libri dell’A. T. (per es. quello di Giona, rettamente inteso) un soffio così largo e profondo che sembra già quasi il soffio dell'Evangelo.
• ♦ *
Per apprezzare i valori del cristianesimo, bisogna dunque non lasciar nell’ombra la personalità del suo fondatore e non mutilarne l’insegnamento. E d’altro lato, per mettere in giusto rilievo tutta la bellezza della religione ebraica, conviene distinguere fra l'ebraismo dei profeti e il giudaismo rabbinico dei tempi di Gesù. Non neghiamo che anche nella religione ebraica del I secolo si trovino affinità col cristianesimo, ma è un fatto che queste affinità si presentano più numerose quando le si cercano lontano dal centro ufficiale del giudaismo; se è giusto il ritenere che la letteratura apocalitica sia stata in massima, provinciale, non sarà allora sor-
34
332
BILYCHNIS
prendente il trovare più facilmente in essa dei punti di contatto con l’Evangelo: dovunque vi fu più schietta e profonda 'meditazione dei Profeti e dei Salmi, ivi si manifestò maggiore affinità col cristianesimo.
Il legalismo arido e casislico, ecco l’aspetto disastroso del giudaismo, contro a cui sorge il cristianesimo in contrasto fortissimo; la identificazione della morale con l’obbedienza alla legge scritta; la religione cambiata in conoscenza, e quale genere di conoscenza! Religione non animata da un soffio di sano misticismo. Pietà cristallizzata nella forma... In verità, nel leggere gli scritti degli Ebrei moderni sui giudei di quell’epoca si rimane interdetti per la placidità con cui ci parlano di codeste deplorevoli dottrine; non una critica, non una parola di biasimo; sembrano non rendersi conto ch’esse annientavano ogni vita religiosa. Esaltano a gara la Halakah e più ancora A ggadah, e non si rendono conto che se la letteratura talmudica fosse maggiormente conosciuta, la sua netta e indiscutibile inferiorità rispetto ai Vangeli risulterebbe agli occhi non di pochi, ma di tutti! La Haggadah\ I suoi panegiristi ben possono cogliere qua e là in essa dei detti, come si scelgono dei chicchi di buon grano in mezzo alla pula; ma quanta pula! Potrei facilmente citare infiniti esempi di assurde puerilità, di incongruenze, di ridicole sottigliezze, di discussioni e situazioni grottesche (i) che abbondano nei trattati talmudici. Mi limito a riferire l’opinione di Edm. Stapfer, studioso onesto e liberalissimo: « Ho studiato il giudaismo del tempo di Gesù con la massima simpatia, sinceramente desideroso di trovarlo più vicino all’Evangelo di quello che non pensino generalmente i cristiani, e di scoprire i precursori di Gesù Cristo. Ebbene dichiaro che anche fra il migliore trattato della Mischnah, il Pirke Aboth, e i precetti delle morale evangelica c’è un abisso. E non parlo dei Talmud e specialmente delle Ghemara, fastidiose, senz’ordine, pesanti, insopportabili, deplorevoli per la lingua non meno che per la sostanza, e che pur racchiudono alcune perle: rare ma belle. Ma nessuno dica che l’Evangelo sia stato preparato dai rabbini e dalle scuole degli scribi! Nessuno contesti che i Talmud siano lo zibaldone più incomprensibile, il libro più noioso e più ridicolo che immaginar si possa. Non temo di essere smentito da nessuno, salvo che dagl’Israeliti moderni, i quali giudicano questa quistione con un partito preso evidente » (2).
Il Cristianesimo è stato preparato dai profeti, e qui sta il legame che lo unisce al-ì’Ebraismo. Grande e ardente è la nostra ammirazione per il profetismo, gloriosa caratteristica d’Israele, e riconosciamo ch’esso lasciò all’Evangelo una eredità magnifica, la quale si può riassumere in queste tre idee: i° la nozione di un Dio misericor" dioso e al tempo stesso santoegiusto; 20 la moralità introdotta nella religione mediante la subordinazione del rito alla dirittura del cuore e della volontà; 30 la speranza
crJ'5 9osìTj",B,ab.- Mez: 86 85 Eduioth IV, I-J2, V, 1-4. Curiosa la divergenza fra sfiammai e Hillel riguardo all uovo fatto dalla gallina in giorno di festa. In questo e in altri casi Hillel risulta più gretto del suo rivale!
(2) La Palestine, pag. 25-26.
35
EBRAISMO E CRISTIANESIMO
333
d’un avvenire di felicità e di pace mercè l’attuazione della giustizia. — Era un messianismo nazionale, è vero; ma in questo messianismo il trionfo nazionale s’identificava con l’avvento della giustizia sulla terra, e per tal ragione esso non fu vano. Il sogno dei profeti s’è avverato in maniera diversa, ma non meno meravigliosa, di quanto avevano pensato; talché oggi i discendenti di Giafet albergano sotto la tenda dei figli di Sem.
« Fra la religione dei profeti e quella di Gesù un ultimo tramezzo doveva cadere. Nel Regno di Dio l’idea della nazione occorreva che fosse sostituita dall’idea della umanità. L’Iddio universale doveva apparire come l’iddio interiore e presente in ogni anima umana, senza distinzione nè differenza. La sua sede ed il suo tempio non potevano essere a Gerusalemme o in Palestina: saranno nei cuori puri. Una cris1 suprema era necessaria perchè il diamante uscisse dalle scorie; bisognava che la nazionalità ebraica perisse per lasciare infine apparire, sotto l’involucro giudaico, la coscienza umana libera e nuda davanti a Dio. Un fiore divino era nel profetismo; ma il fiore rimarrebbe sterile se non si formasse nel suo calice un seme fecondo. La trasformazione della pietà dei profeti in una creazione puramente morale e in un patto veramente nuovo con Dio, fu l’opera di Gesù Cristo. Ecco perchè questi è “ Colui che doveva venire „ colui che i profeti desideravano c attendevano senza conoscerlo bene, e nel quale lo sviluppo religioso d’Israele raggiunge il suo compimento a favore all’umanità intera. Fuori di Lui, l’ispirazione dei profeti si estingue nel rabbinismo tamudico o si smarrisce nel delirio delle apocalissi. Esaurito in ogni maniera, il giudaismo si dissecca ed appassisce dopo di aver prodotto l’Evangelo, come una pianta che ha ormai dato il suo frutto e la cui stagione è passata » (i).
« » *
Poiché è questa la nostra convinzione, poiché salutiamo in Gesù il Messia, ne segue logicamente che nei suoi seguaci vediamo l’Israele secondo lo spirito, i continuatori dell’ebraismo dei profeti. Il vero ebraismo è stato sostituito dal Cristianesimo.
A tale conclusione noi giungiamo senza uscire dal campo del raffronto, come era stato delimitato. Se dovessimo uscirne, ben altre cose si potrebbero aggiungere... Ma la cosa migliore (da aggiungere) oramai è... il punto finale.
Ernesto Comba.
(i) A. Sabatier, Esquisse d’une philosophie de la religion, p. 170.
36
PER LA CULTURA DELL’ANIMA
BARATTO DI VALORI
Il diritto di Primogenitura per un piatto di lenticchie.
APPUNTI
Leggere: Genesi: 25/27 a 34
Romani: 8/1 e 2 - 5 e 6 - 9 e io - 12 a 27
Il fatto.
l diritto di primogenitura — in quei lontani tempi — non rappresentava essenzialmente uri vantaggio di carattere economico ; ma costituiva un privilegio onorifico, per assicurare l’unità e la continuità dell’ ente famigliale o tribù.
a) Che cos’è il baratto di Esaù? E’ la vendita a vii prezzo d’un bene ideale, d’un valore morale, in cambio d’un valore materiale e tran"
seunte, sotto la spinta bruta di una necessità fisica. Alla carne è sacrificato lo spirito' Tanto più è spregevole il baratto che il bisogno fisico di Esaù non era essenziale, non era vitale. Esaù non sarebbe morto. Esaù, aspettando un poco, pazientando un poco, facendo cuocere della stessa sua caccia, avrebbe saziato la sua fame* Ma no! La fame in lui non è controllata, è sfrenata invece !
b) Motivo? Manca qualsiasi disciplina esercitata dalle energie superiori sugl1 istinti inferiori.
Applicazione alla vita intellettuale e morale.
a) La salute, la gioventù, il* lavoro li abbiamo sprecati. La cultura della nostra intelligenza, il raffinamento del nostro gusto estetico, l’elevazione dei nostri sentimenti li abbiamo sacrificati troppe volte all’acquisto del danaro, alla conquista di fuggevoli soddisfazioni del nostro egoismo, della nostra ambizione o del nostro orgoglio.
Alla carne abbiamo sacrificato lo spirito.
Come Esaù paventava la fame, noi abbiamo il terrore della povertà materiale e All'isolamento intellettuale o morale.
Per un po’ di benessere, per effimeri onori, vendiamo l’Onore .
Per procacciarci la protezione d’un potente, forse disonesto, facciamo getto dell’amore sincero degli umili.
Per ottenere la stima degli altri, perdiamo la stima di noi stessi.
Per eccessivo rispetto alle consuetudini del mondo, finiamo col mancare di dignità, di rispetto a noi stessi.
37
PER LA CULTURA DELL’ANIMA
335
Diamo ii nostro cuore, diamo la nostra vita in cambio di quattro stupidi com-'-plimenti. o di qualsiasi ciondolo equestre, come il selvaggio baratta l’avorio e la polvere d’oro contro brandelli di stoffe sgargianti, contro campanelle di latta tintinnanti, contro pezzi di vetro luccicanti.
b) Motivo? Lo stesso: mancanza di carattere, mancanza di volontà.
Applicazione nel campo spirituale e religioso.
a) La nostra primogenitura di figlioli di Dio, la sete di verità e di giustizia, il bisogno di serenità e di pace, noi li barattiamo tutti i giorni, li vendiamo a vii prezzo, per un piatto di lenticchie.
Alla carne sacrifichiamo io spirito. •
Diamo alle singole cose il valore che dà loro il mondo ; mentre 1‘ Evangelo butta a terra, anzi capovolge, la scala dei valori.
« Cercate prima di ogni altra cosa il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il rimanente vi sarà sopraggiunto » - ha detto Gesù (i). Noi cerchiamo prima di tutto « il rimanente » e poi ci meravigliamo di non trovare, di non realizzare in noi e fuori di noi il « Regno di Dio ».
Procacciando « prima di ogni altra cosa » il benessere, il piacere, la ricchezza, noi non affiniamo la nostra coscienza, non viviamo nella luce della comunione con Dio, non realizziamo, nei rapporti coi nostri simili, la fraternità e la giustizia.
Per procacciarci cose utili, ma secondarie, non necessarie, non essenziali, noi rinunziamo alla « sola cosa necessaria », indispensabile, essenziale.
Volendo salvare la nostra esistenza la perdiamo; volendo soddisfare il nostro corpo noi perdiamo la nostra anima. « Che giova all’uomo di guadagnare il mondo intero se perde la sua vita; e che darebbe l’uomo in cambio della sua vita? » (2)
« Se uno ama il mondo, l’amor del Padre non è in lui; poiché tutto quello che è nel mondo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non viene dal Padre ma viene dal mondo. E il mondo passa e passa pure la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio dimora in eterno » (3).
Volendo essere i primi secondo il mondo, noi perdiamo appunto la nostra primogenitura secondo Iddio.
A che cosa ci serve, praticamente, la conoscenza dell’Evangelo? Giuda vendette il suo Signore per trenta danari; noi vendiamo il Cristo per un piatto di lenticchie.
Così siamo rimasti sempre divisi in noi stessi, incerti e titubanti ; non siamo mai riusciti a gustare appieno la gioia del perdono e dell’amore del Padre; non siamo mai giunti alla completa libertà cristiana che dà la vittoria sul mondo; non siamo mai arrivati a conoscere veramente Iddio.
b) Motivo? Sempre il medesimo: mancanza di disciplina, di controllo; timore di far violenza, per le ragioni supreme della salvezza, agl’istinti più bassi della nostra natura.
(1) Matteo 6/33.
(2) Marco 8/36 e 37.
(3) Lettera prima di S. Giovanni 2/15 a 17.
38
BILYCHNIS
33<>
« Chi non ha, nella vita, di quei minuti indimenticabili, in cui si vede passar dinnanzi l’ideale di se stesso, la verità di se stesso, e dice: ecco ciò che dovrei essere! ecco la vita che dovrei fare!
« Chi non ha sante e belle aspirazioni verso l’ideale, verso la santità, la purezza e l’amore?
« Ciò che difetta è lo spirito di continuità, è il regime spirituale. Ci lasciamo andare alla mercè delle circostanze, quasi potrebbe dirsi delle stagioni. In certe epoche solenni, le preoccupazioni morali e religiose c’invadono e talvolta ci turbano a salute; ma viene poi la stagione morta in cui il freddo dell’indifferenza ci riprende e ci agghiaccia... Usiamo di quanto è lecito senza discernimento e senza misura. Non si distingue ciò che fa bene dà ciò che fa male all’anima, oppure non ci si bada. Nessuna mèta con precisione segnata, nessuno sforzo ripetuto; nulla di continuo, di perseverante. Le impressioni si succedono, le ore volano portate via ora da un soffio ora da un altro. Manca insomma ogni regola, ogni unità nella nostra vita. Da ciò derivano tante incostanze, tante esitazioni, tante fluttuazioni contrarie, tante variazioni strane: così poca fermezza, così poca energia, così poca padronanza di noi stessi, così poca volontà » (1).
La Croce!
Sì! E’ buona a contemplarsi con Gesù sopra, con Gesù al nostro posto; ma la croce nuda, la croce sulla quale dovremmo salire noi prendendo alla nostra volta, il posto di Cristo; la croce, cipè la legge dell'abnegazione e del rinunziamento, ci spaventa.....
Adoriamo la croce; e ciò facendo siamo ipocriti ed infedeli.... Passiamo procura alla croce di Cristo invece di accetterla per noi stessi...
Abbiamo trasformato la croce (forca, patibolo, ghigliottina) in un gioiello d’oro 0 d’argento e il cristianesimo della croce, il cristianesimo - vita crocifissa con Cristo in Dio, l’abbiamo trasformato in una religione fatta sinonimo di chiesa. Il nostro servìzio religioso è un « culto » più o meno liturgico e rituale. Gesù invece aveva chiesto un servizio religioso fatto di ubbidienza e di azione: «Se uno mi vuol servire, ch’egli mi segua !» (2).
Ci siamo addormentati in una religiosità comoda e... accomodante.
Destiamoci, buttiamo via il piatto di lenticchie, soffriamo se occorre, ma rivendichiamo i nostri diritti di figlioli di Dio!...
« Lo spirito rende testimonianza al nostro spirito che siamo figlioli di Dio. E se siam figlioli siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi di Cristo; se pur soffriamo con lui affin d’essere anche con lui glorificati » (3).
« Fa, o Signore, che nulla senza di Te ci soddisfi e ci attragga, nulla ci apparisca eccellente o prezioso; fa che distogliamo il nostro cuore da quanto si oppone a Te, e che riponiamo tutti i nostri desideri in quello che a Te piace.
« Fa che la gioia senza di Te non ci sia sufficiente e che il soffrire con Te e per Te ci renda felici. Così sia » (4). Giovanni E. Meille.
(1 E. Bois, La discipline de soi niènte (Lausanne. La Concorde 1917).
(2 Giovanni 12/26. ' x
(3 S- Paolo, ai Romani 8/16 e 17.
(4 Liturgia valdese, preghiera della quarta.domenica.
39
L’INTIMA CONTRADDIZIONE DELLA “ STORIA DI CRISTO ” E LA CRITICA
Può essere causa di godimento intellettuale il vedere attraverso il pensiero altrui l'opera di uno scrittore, sopratutto quando se ne conosca direttamente lo spirito che l’anima. La critica, essendo sempre soggettiva, offre, in questo caso un mezzo di riconoscimento del valore dei propri giudizi mercè la misura dei giudizi altrui. Cosi nel caso che ci proponiamo di esamina-V re, la contraddizione intima che esiste nella Storia di Cristo del Papini e che chi scrive à rilevato già altra volta, si riflette nella notevole indecisione della critica, la quale pare esitare nel giudizio definitivo che dovrebbe dare sull’opera.
Naturalmente questa esitazione assume un differente aspetto secondo che il giudizio è dato da un critico indipendente da partiti o da culti o da uno su cui le categorie politiche o religiose possono maggiormente. Ecco perchè, considerato da quest’ultimo punto di vista, il giudizio della stampa meno autorevole acquista forse un'autorità maggiore in quanto che è l’eco spontanea o forzata di tutta una massa che non vuole o non può essere rappresentata da uno dei così detti critici di grido.
Ho detto che la contraddizione intima dell’opera si manifesta pure nella critica che appare disorientata nel giudizio definitivo. Per questa seconda categoria quindi di critici si è facilmente formata una specie di recensione che à acquistato un tipo unico, al quale per l’abuso chescn’è fatto dalla stampa cattolica meno importante, darei il nome di « recensione di tipo cattolico ». Essa consta abitualmente di tre parti: una informativa, avente per og
getto la conversione deH’autorc; l’altra de scrittiva, con la quale si mettono in luce i valori artistico-letterari dell'opera, ed una terza, ch’io chiamerei critica solo iperbolicamente, in quanto che in genere non fa che delle riserve sull’ortodossia della sostanza del libro o a mala pena si pone il problema della disamina di qualche sua parte più importante.
Hanno adottato questo tipo di recensione, per lo più anonima, giornali come L’Ordine di Como, ì'Azione Giovanile di Milano, Il Giornale di Mantova. L’Idea Po-Ìalare di Faenza, Il Tirreno di Spezia, la ivisla di Letture di Milano c qualche altro. Con ciò essi hanno creduto forse di evitare tutti gli scogli che, come vedremo, offriva il giudizio del libro, e di informare i loro lettori sul fatto capitale della conversione di uno scrittore quale Papini. Difatti l’argomento, com’è noto, era stato all’ordine del giorno per lungo tempo nella stampa d’Italia (vedi per ultimo Arte e vita di Roma e il Convegno di Milano) ed aveva prodotto perfino le . elucubrazioni politiche-sociologiche dei giornali estremisti ch^sotto il titolo.di «Il rimedio filosofico» (VAvanti) o « La filosofia del rimedio » (VOrdine nuovo) avevano discusso dell’abolizione della proprietà privata e della ricchezza o del disordine della società borghese e della necessità della violenza, senza effettivamente trarre dall’operadi Papini alcun incentivo che non fosse puramente occasionale. Posto così in prima linea il fatto, esteriore all’opera, della conversione dell’autore, il giudizio espresso su di essa passava naturalmente in seconda linea. Perciò alcuni sono rimasti talvoltax sor-
40
338
BILYCHNIS
presi di non aver trovato nelle pagine del libro nessuna esplicita dichiarazione sul modo con cui si era effettuato il cambia* mento delle idee dell’autore: «jnvece di un'autobiografia abbiamo letto una parafrasi dei vangeli » dichiarava, deluso. Il Popolo d'Italia di Milano. Veniva di conseguenza, però che i critici si domandassero se questa conversione fosse sincera e la maggior parte, sopratutto della stampa cattolica, rispondesse affermativamente. Qualcuno tutto al più dubitava del carattere durativo di tale conversione che, dato il temperamento del Papini, veniva prospettato come molto precario (Piccolo della Sera di Trieste).
• • •
Ma a tutto rigore questa fórma di giudizio non può chiamarsi una critica della Storia di Cristo, sebbene essa sia l'effetto di quella contraddizione intima dell’opera, la quale lascia perplesso il lettore sul valore che essa deve assumere come documento autobiografico. Il grido di trionfo con cui qualche giornale cattolico à accolto il libro (Momento di Torino, Corriere d’Italia di Roma) può spiegarsi con la superficialità di qualche criticoo con l'entusiasmo di qualche credente: tipica, sotto questo aspetto, la dichiarazione dell'avvocato. N. Rovina che ncW Idea popolare di Faenza ha alzato l'inno in questi precisi termini: «Dico, oggi, che nessun libro della letteratura italiana, dopo la Divina Commedia, parla alla mente e al cuore ad un tempo come La Storia di Cristo di Giovanni Papini. ».
La verità invece è che anche i critici cattolici più acuti non sono stati così facili, come questi entusiasti, nell’accettare la conversione di Papini. D, Massè—che già nel Messaggero Toscano di Pisa era rimasto dubbioso dinanzi alla sincerità del l’avvenimento e l’aveva in fin dei conti collocato tra i tanti trionfi della fede dei quali non era il caso di stupirsi — aveva poi molto sagacemente posto in luce nel Mo-mento uno dei fatti centrali della contraddizione Papiniana, e cioè il cozzo tra il Cristo cattolico e quello evangelico, che per lui, naturalmente, si esprime nell’elemento soprannaturale della vita cristiana; «senza l’elemento “ Grazia „ non si comprende neppure come abbia potuto compiersi quella intima trasformazione delle anime ( metanoia) che colpisce tanto Tapini e gli sembra cosi essenziale. Poiché a compiere questo'insperato lavoro in
terno nelle anime non sarebbe certamente bastata nè la forza intima della verità cri-siana, nè la persuasione della predicazione apostolica» per quanto fervida ed entusiasta essa sia stata ».
Anzi i giornali cattolici più autorevoli, V Avvenire d’Italia di Bologna e l’Italia di Milano, ànno esteso alquanto le riserve di carattere teologico che abbiamo visto fare agli organi minori, pure insistendo sul fatto della sincerità Papiniana che si esplicava per loro formalmente nella conservazione dei caratteri fondamentali dello stile e del lessico. L'Itali a poi — non contenta di avere e-splicitamente messo in guardia i lettori sulla concezione, non sempre cattolica, del libro dicendo: « Certe digressioni per esempio sullo spregio del danaro, intorno alla non resistenza all'offesa, alla natura dei poteri pubblici, sono condotte a norma di principi troppo assoluti, soppresse le debile distinzioni e gli opportuni chiarimenti;sono ravvolti nell'impeto oratorio della parola lussureggiante così che il freddo raziocinio non le può seguire, mentre lasciano nell'animo un non so quale sapore di Tolstoismo dosalo, (sic) » — à pur posto in luce la questione già colpita dal Massè, con le seguenti parole: « E’ il Redentore perpetuo che mediante la Chiesa — che vive di Lui in terra — comunica attraverso i Sacramenti la Grazia. La trasformazione delle anime (metanoia) di cui paria sovente Cristo nei Vangeli e che il Papini interpreta come esclusivo effetto della buona novella, non è che l’effetto di questa Grazia che opera nell'intimo dell'anima rigenerandola alla vita divina ». Ma non contenta di tutto ciò dedicava poi una colonna al giudizio di un teologo (il P. Giovannozzi) che metteva in luce gli errori in cui è caduto il Papini.
Strano a dirsi, invece, VOsservatore romano— che consacra due colonne e mézzo di corpo 8 alla numerazione delle inesattezze dello scrittore, facendogli una quantità di piccoli appunti ed aggiungendo: «in vero troppo più spesso di quel ch’io non abbia fatto, la ragione cristiana troverebbe a ridire »; che si ribella perfino all’arte dell’Autore; che non accetta l’epiteto di «rugiadosa »daluidatoall’omcliado-menicale; ma che è disposto a trangugiar questo ed altro in grazia delle dichiarazioni cattoliche dell’autore — non vede o non vuol vedere il punto centrale della contraddizione, che abbiamo già visto affermato da altri. Il critico àe\V Osservatore (D. M. Scarpini)! dà, ciò non di meno, con molta degnazione l’assoluzione al neofita.
41
NOTE E COMMENTI
339
attendendolo ad opera migliore c augurah-dosi più perfetta la sua comprensione della fede!
E’ vero che anche i padri della Civiltà cattolica erano stati piuttosto superficiali nel giudicare della conversione del Papini, percftè • avevan fatto solo dèlie vaghe riserve su alcuni punti del libro, senza essere espliciti e accontentandosi delle sue dichiarazioni di ortodossia ecclesiastica che portavano trionfalmente contro Bily-chnis, come se questa rivista» invece di seguire l'importante fenomeno religioso con l’interesse che meritava, avesse fatto di esso una semplice questione di chiesuole, anziché di spiritualità. Di quest’approvazione intanto Silvio D’Amico neW’Idea Nazionale si è fatto forte, pur non sentendosi molto entusiasta dell’opera del Papini, di cui criticava la parafrasi degli evangeli, fatta - egli dice - su per giù come la fanno tutti i curati di campagna ed ammettendo solo che nell’opera triste, pessimista e quasi stanca dell’autore vi fosse un certo progresso verso la fine, in modo da far capire che l’A. aveva conquistato grado a grado la sincerità e la certezza. Onde il D’Amico concludeva la sua critica, fatta con certo tono di superiorità verso il neofita, asserendo che l’opera appariva più che altro come una promessa.-.
• • •
Giudizi piuttosto superficiali o in caso contrario altezzosi da parte della critica cattolica, dunque: essi sono l’espressione necessaria, come già dissi, del disagio che apporta nello spirito dei lettori la contraddizione profonda che esiste nella concezione del Cristo da parte di Papini. Esso, cioè, mentre non è cattolico, è messo in servizio dell’idea cattolica conservando naturalmente tutte o quasi tutte le caratteristiche del Cristo degli evangeli. Ora se coloro i quali per naturale inclinazione religiosa potevano meglio giudicare di questo intimo dissidio della Storia di Cristo senza saperlo o volerlo mettere nella sua vera luce e proporre, come ne avevano il diritto anche se non il dovere, all’autore la scelta tra le due vie, si son trovati incerti se considerarla come opera propria o come opera eretica e si son risolti per la prima tesi solamente per il fatto esteriore della ripetuta esplicita professione di fede del Papini, di apppartenere alla Chiesa cattolica — quanto più disorientati non dovranno apparirei critici che di religione se ne intendono sol come orecchianti!
Sintomatica sotto questo aspetto la recensione che Valentino Piccoli fa nei Libri del giorno, molto probabilmerte senza aver letto compiutamente o attentamente l’o-peraz Egli facendo la storia della conversione di Papini e accennando ai suoi articoli sul Resto del Carlino in cui affermava che nessuna chiesa aveva mai attuato la parola del Cristo, esce in questa dichiarazione: « L’opera di chi pensa in questa guisa deve essere inevitabilmente posta all’indice, e tale sarà la Storia di Cristo ». La qual cosa fa ridere quando si rifletta a quali dichiarazioni di ortodossia l’opera stessa ha dato luogo, dichiarazioni che evidentemente il Piccoli non ha letto!
Meglio di certo, pur cadendo nello stesso errore, ha affermato questo suo stato di indecisione Ettore Janni che nel Corriere della Sera ha dichiarato: « Ho un vago sospetto che questa Storia di Cristo non tarderà ad essere messa all’indice », ma à riportato a sostegno della sua affermazione qualche luogo, il quale, come altri che egli non cita, non può trovare una giustificazione se non nel fatto che la concezione fondamentale dell’opera è decisamente anticattolica.
Se non a questa conclusione, a qualche cosà di simile è giunto anche il Buonaiuti nel Tempo', manifestando il suo dubbio sull’opportunità e la necessità, per l’appunto, come vuole l’autore, edificatoria di questo Cristo che il Papini à tratto dal suo subbicttivismo alla luce, oscillando tra l’opportunità di dargli un’espressione di verità odi bellezza, il Buonaiuti à veduto con molta acutezza quest'indecisione Papi-niana tra il bisogno di scrivere il vero— coni'egli dice—pur rifiutando alla critica storica e filologica qualunque diritto ad essere considerate come mezzo per raggiungere tale espressione—e quello di fare un'opera d’arte, pur manifestando il, desiderio di non fare che opera rude di verità. Anzi questo bisogno c senso artistico è parso al Buonaiuti come la preoccupazione maggiore dell’A. e si è chiesto poi se quest’espressione da dare al Cristo fosse la più conveniente in un tempo come il nostro, in cui a lui pare sia forse più adatto con la critica storica rimettere il cristianesimo nella luce primitiva d’amore e d'entusiasmo per farlo rivivere nel mondo. Comunque ciò sia, il Buonaiuti ha concluso che il Cristo di Papini è un Cristo culturale e non un Cristo per dir così pragmati-
42
340
BILYCHNIS
co, il cui influsso si propaghi « da cuore a cuore per il contagio impalpabile di una medesima esperienza di abnegazione e di entusiasmo ».
La qual accusa è contenuta pure nel giudizio che della Storia di Cristo à dato Panfilo Gentile nel Paese rimproverando per l’appunto all'A. di non aver dato valore alla critica storica, quasi che senza di essa si potesse rievocare un fatto storico, sia pur portandovi il più caldo entusiasmo. Il G. rimprovera, forse non a torto, al Pa-pini di aver voluto accostarsi agli Evangeli con anima semplice e trova che ciò era < male, malissimo quando si tramava di scriverci sopra un libro di 600 pagine. Per-, chè la semplicità dell’anima è ottima per un inno e una canzone, pessima per una storia. La semplicità dell'anima finisce qua col perdersi nel generico, nel dilettantesco, nel predicatorio, nel banale e nel superfluo».- Insomma opera culturale c letteraria e artistica la giudicano i critici, di maggior grido, non il libro di edificazione, non l’opera di verità, non l’espressione poderosa di un Cristo vivente per la sostanza della sua sublime dottrina. « E’ un libro che meritava di essere scritto — dice PioMolajoninel Giornale d'Italia — perchè nessuno degli apologisti più noti e più convinti aveva saputo unire alla finalità polemica il diletto della narrazione. E’ indubbiamente tutto questo: ma la Storia di Cristo no ».
La qual cosa ripete, in mezzo a troppe divagazioni biografiche e letterarie, anche G. Leonardi nel Popolo ardito di Milano, concludendo: « leggeranno i buoni, i pacifici, gli oppressi, i perseguitati per amore della giustizia questo Libro? Io credo di no. L’idea santa e temeraria del Cristo resterà ancora chiusa, inintelligibile, misteriosa nei cuori delle anime che si ricercheranno in eterno ne) loro spasimo di conforto e di pace. »
Cosi, contro la nota dominante nella critica, dell’ammissione dell’opera artistica per lo meno formale— che per Ferdinando Paolieri però, critico della Nazione e del Momento* è formale c sostanziale ad un tempo, poiché nella bellezza dell’espressione e della costruzione uno spirito cattolico sana evidentemente per il Paolieri *a contraddizione fondamentale dell’opera: < Ma siccome egli è specialmente dello " spirito,, e proprio di quello spirito, magnificamente rutilante e prezioso, con cui il catto]icismo corresse la schematicità cristiana che il Papini si è preoccupato a
spargere i germi nel suo libro, così non crediamo d’andare errati affermando che, com’è concepita e composta questa Storia di Cristo può essere raccomandata a tutti senza scrupoli, anche da parte dei più intransigenti »—così, dico, contro questa nota si eleva pure quella dei critici maggiori che non sono forse neppure disposti ad assolvere l'opera artistica nella sua costruzione spirituale. Poiché mentre il Paolieri si rallegra del modo con cui il Papini aveva conciato Nietzsche, Enrico Thovcz nella Gazzetta del Popolo dimostra che proprio da lui egli deriva alcune vedute fondamentali: a questa tendenza— dice il Thovez— di trasformare la materialità degli atti e del senso delle parole di Cristo culmina nell'interpretazione del " Regno dei Cieli ”, il quale sarebbe nè un regno umano, nè un regno divino, ma semplicemente un regno della perfezione morale intcriore. Lo aveva già detto il più accanito nemico di Gesù, l’Anticristo: Nietzsche: « se ho capito qualche cosa di questo gran simbolista, è. il fatto di non considerare come realtà e verità che le realtà interiori... il Regno dei cieli è uno stato d’animo, uno stato che non è al disopra della terra, nè nell’oltre tomba. Tutta la teoria Papiniana del capovolgimento dei valori è già nelle poche pagine dell’Anticristo nictzsciano, che certo egli non ignora perchè lo ha crudamente maltrattato nella prefazione ».
Non solo, ma tra la concezione nietzschiana del cristianesimo limitata, privata, dirci io, individualista, poiché non è possibile uno < stato cristiano » o una « politica cristiana » e quella Papiniana di maggior latitudine, il Thovcz trova ben più logica la prima c ricorda acutamente al Papini il precedente storico del Tolstoi, dalle cui conseguenze trae, con altrettanta sagacia, la conclusione che le grandi spinte ideali si deformano singolarmente nella pratica, onde se egli le studierà « forse concluderà che le somme predicazioni idealistiche (sia la dottrina dell’amore o quella violenta, sia Cristo o Nietzsche) che attraggono c trascinano le folle col fascino dell’assoluto, che promettono alla loro sete di felicità, spno formidabili per sgretolare un assetto resistente, ma impotentissime a costruirne uno nuovo, sènza snaturarsi e rinnegare in gran parte il loro verbo ».
D’altra parte, plaudendo alla confessione stessa dell’A. qhe la sua non è opera di bellezza, egli la ribadiva con questo giudizio: « Ed a ragione. Non è questo volu-
43
NOTE E COMMENTI
341
me un’opera di pura arte, come non erano tali i suoi scritti precedenti. Le facoltà di arte letteraria non mancano nei Rapini, ma non sono così preponderanti nella sua natura da rendere estetica la sua visione ed a disciplinare in forme di armonia artistica la sua espressione verbale. In questo, come nei precedenti volumi, è il lato ideologico che più preme allo scrittore: poco si cura che la rappresentazione riesca artisticamente armoniosa; perciò una pagina di poesia si avvicenda con una di polemica razionale e il colorito lirismo verbale con gli atteggiamenti vivacemente realistici di una prosa quasi giornalistica». Ciò che Ferdinando Palazzi nell’Italia che senv«conferma per il lato artistico fondamentale c non naturalmente per la forma, dicendo:
« li guaio è che G. Papini non è un artista, ma semplicemente un letterato. Questa Storia di Cristo, senz’anima, senza calore, senza neppure un’ombra di vera commozione, ne è la prova più convincente, perchè è raro il caso di un letterato che rimanga insensibilmente letterato persino dinanzi a Cristo ». Il qual giudizio è, con molta erudizione c con copia anche di argomenti, forse, se vuoisi, eccessivi, condiviso da Emilio Cecchi nella Tribuna, il quale concede al Papini di aver fatto un’opera di rito (una via Crucis) ed un libro di pietà, nel quale egli avrebbe mescolato l’arte del descrittore con quella del qua-resimalista, ma in modo da non far rimpiangere in nulla il vecchio Papini, salvo qualche espressione troppo studiata, ricercata o grossolana- « Allora vien fatto di pensare che, come Zola e come Bloy, il Papini, per dirla con Lèon Daudet, abbia un po’ la passione della fecalità ». Lasciando la quale — che tutti, più o meno arditamente, gli rimproverano — il Cecchi fa al Papini un’accusa maggiore, che illustra molto elegantemente in una colonna di prosa efficace e robusta, quella di essersi attenuto a modelli secenteschi, pur facendo di ciò, com’egli dice, non un titolo d’accusa ma una .constatazione. E lo ha colto in fallo nella descrizione della crocifissione che a molti già è apparsa fredda e studiata — citiamo pur tra costoro lo stesso Pancra-zi nel Resto del Carlino — e che al Cecchi appare « mancante di contegno davanti al sublime ».
Nè gli è apparsa meno generica e ampollosa, c quindi retorica, la critica antisociale del Papini, simile a quella di altri paladini cristiani che si possono lodare nei
propositi, forse ammirare, ma non mai imi» tare. « Per amore di N. S. Gesù Cristo, non imitiamo Bloy » egli ha- detto. Onde da questo atletismo roboante, e non sempre sincero, il Cocchi à concluso, quasi come il Buonaiuti. domandandosi se il Cristo stia poi in cotesti cristianucci letterati. « Ed è poi vero che Cristo manchi nel mondo quanto dicono Bloy, Giuliotti e Papini? Forse, per saperlo con precisione, piuttosto che interrogare cotesti scrittori irascibili, converrebbe interrogare gli umili, i pazienti, i senza nome, le femminelle.
«La questione è che'Cristo non agisce a colpi di scena, ma in un modo assiduo, segreto, capzioso e spesso, oseremo dire, umoristico. E studiando cotesta azione, crediamo che il Papini avrebbe realmente Eotuto trovare i più illuminanti paradossi.
’abitudine romantica, catastrofica, gli ha invece aggravato la mano; portandolo a un trattamento nero e convenzionale di motivi cui avrebbe ben altrimenti animato qualche tocco dell’appassionata c convincente gentilezza che fiorisce in tante altre parti del libro ».
• • •
Ecco quel che per stimma capita, e per quanto ci consta, ha manifestato sulla Storia di Cristo del Papini la critica nostra nel mese stesso in cui essa è apparsa.
Tra gli osanna c qualche sorriso di scet ticismo, a noi pare che i critici abbiano se non sempre veduto, spesso o sentito o indovinato uno stato di disagio spirituale nell’opera che a chi scrive sembra stia principalmente e fondatamente nella contraddizione morale di una concezione che ha tentato di rifare ed esprimere individualmente il compromesso cattolico tra il Cristo assoluto degli Evangeli ed il Cristo relativo della concezione caduta nel sentimento del gentilesimo. Solamente la sutura che il cattolicismo ha potuto nascondere per ragioni • storiche per tanti secoli alle folle e che poi si è manifestata anche ad alcune di queste e che si è sempre rivelata àgli spiriti più critici, non è potuta rimanere ascosa nell’arte di uno scrittore, per quanto grande què'sto e quella fossero. Ne è derivato quel senso di incontentabilità dinanzi all’opera che in fin dei conti caratterizza tutta la manifestazione dei critici, nessuno escluso, dai cattolici più ortodossi agli indipendenti ed ai più spregiudicati.
Giovanni Costa.
44
NOTE E DOCUMENTI
IL “ CASO ” BUONAIUTI
Fin dal momento in cui la Curia romana scomunicava il sacerdote Ernesto Bu naiuti abbiamo tenuto al corrente i lettori delle cause della condanna, dei giudi: idellastam-pa sul « caso » suo e degli studi maggiori da lui pubblicati o letti in quel torno di tempo, fedeli al nostro compito di informare il nostro pubblico degli avvenimenti dello spirito anche individuali, sopratutto Suando riflettano personalità non comuni, ra completiamo la nostra cronaca riportando la seguente dichiarazione che troviamo ne\V Osservatore romano dell’8 giugno : • Nel gennaio scorso sotto l’imputazione di avere negato il dogma della Presenza Reale, un Decreto della Suprema Congregazione del Santo Ufficio mi dichiarava fuori del corpo visibile della Chiesa. Io mi affrettai a dichiarare in un esposto a Sua Santità che simile imputazione poteva essere nata da alcune frasi di un mio articolo che non ho difficoltà a riconoscere si presentavano generiche ed ambigue.
■ Da allora io ho ripetutamente chiesto di essere reintegrato nella società dei fedeli e nelle mie mansioni sacerdotali. Oggi, affinchè questa mia richiesta sia definitivamente accolta, rinnovo la mia professione di fede, profondamente dolente se qualcosa nella mia attività ha offerto motivo di turbamento a qualche anima e ha dato occasione di dolore alle autorità da cui nel mio sacerdozio dipendo,
« Io professo di crcd re fenza nessuna eccezione tutte le verità che la Santa Cattolica ed Apostolica Romana Chiesa propone a credere, e condanno tutto ciò che essa condanna e riprova
« In particolare credo fermamente e professo che la medesima Chiesa è l’unica istituita immediatamente da N. S. Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, quale società indefettibile nella sua esistenza, immutabile in tutti i suoi dogmi, con a capo il Romano Pontefice vero successore di San Pietro, avente in tutta la Chiesa il primato di onore e di giurisdizione, come pure l’infallibilità nel proporre a credere le verità da Dio rivelate necessarie a conseguire l’eterna salute.
« Ammetto pure l'autorità delle apostoliche ed ecclesiastiche tradizioni e- delle Sacre Scritture, da non intendersi e interpretarsi se non nel senso che ha sempre tenuto e tiene la S. Madre Chiesa Cattolica.
« Credo fermamente che Dio è Autore di tutte le cose visibili ed invisibili, e che i veri miracoli e le profezie dei futuri contingenti sono opere proprie della Divini* à e mezzi atti a confermare con certezza la divina Rivelazione.
« Ammetto e professo la propagazione del peccato originale dal primo genitore Adamo a tutti gli uomini, eccettuata però, oltre a Gesù, la sua SS. Madre Maria, come pure ammetto che la d< ttrina del peccato originale, come oggi e sempre è stata ammessa dalla S. Chiesa Cattolica Apost» lica Romana, è contenuta special-mente nell’Epistola di S. Paolo ai Romani.
« Credo e professo fermamente che ne) SS. Sacramento dell’Eucarestia è contenuto, sotto le specie del pane e del vino, veramente, realmente e sostanzialmente il c< rpo ed il sangue insieme all’anima, alla Divinità e alla Persona di Nostro Signore Gesù Cristo, per l’ammirabile conversi' ne del pane nel corpo e del vino nel sangue, operata da Dio e che il Concilio Tridentino attissimamente chiama Transustanziazione.
• Ammetto i sette Sacramenti, Battesimo, Cresima, Eucarestia, Penitenza, Est e-ma Unzione, Ordine Sacro e Matrimonio e aderisco fermam nte a ciò che dai Sacri Canoni e dai Concilii Ecumenici, specialmente dai Sacrosanti Concilii Tri-dentino e Vaticano è stato definito e dichiarato.
« Infine rinnovo l’adesione, che formulai nel luglio 1917, a tutto quello che viene proposto a credere nell’Enciclica « Pascenti > e la condanna e la riprovazione di tutto quello che quivi enei decreto «Lamen tabili » è condannato e riprovato.
Roma, 4 giugno 1921.
F.to : Sàc. Ernesto Buonaiuti ».
45
LE CRISI DEL PARTITO POPOLARE ITALIANO
La grave diagnosi del P. P. I. fatta dal Cardinal Poggiano nella sua lettera ai diocesani di Genova, indicava esattamente la malattia congenita da cui il partito stesso è minato, malattia che va sotto il nome di « insincerità ». Affermava il Poggiano:
« Il programma del nuovo partito non poteva certamente superare il criterio tutto umano e la debolezza della mentalità di coloro che l’avevano concepito e condotto a vita.
« Naturalmente con un programma di tale natura, e un appello informato non già alla nitida e sobria precisione del linguaggio cristiano, ma piuttosto al roboante, vuoto ed inetto frasario dei neologismi correnti; ispirato alla filosofìa moderna; con inopportuni, e, in bocca di uomini che si professano cattolici e di sacerdoti, stolti accenni alla famosa, canzonatoria c ormai vieta sovranità popolare; con vaghe allusioni al bagaglio dottrinale del liberalismo e della democrazia vigente, e con la grave confusione quindi di idee, necessariamente sgorganti da un simile linguaggio; — ben poteva il segretario politico del nuovo partito. pur essendo sacerdote, proclamare ai quattro venti che il Partito Popolare apriva le sue porte a tutti, senza alcun riguardo alle opinioni che chiunque potesse avere, purché del partito si accettasse il programma.
< Dichiarazione questa di una tale gravità che, mentre dimostra senz’altro, a chi ha occhi per vedere e intelletto per comprendere, la natura del Partito Popolare, avrebbe dovuto avere di per sé l’effetto di richiamare al nuovo partito tutti, eccettuati solamente i cattolici veramente degni di questo loro appellativo! ’».
Effettivamente aveva trovato rifugio nel nuovo partito una infinità di elementi eterogenei, dai.codini del vecchio clericalismo temporalista agli scettici liberaloidi che dalle inconscie masse clericali attende-vansi il sostegno di posizioni personali pericolanti1 o l’aiuto alla sognata ascesa, dai conservatori ai sindacalisti cristiani.
Così il Partito Popolare aveva nel proprio organismo una infinità di differenziazioni sia nella concezione cristiana del dovere sociale, sia, per riflesso, nella attuazione pratica nel campo politico, del dovere stesso. La inconsistenza religiosa della quasi totalità dei componenti il partito — che nella religiosità soltanto poteva trovare un centro di unione, sebbene inefficace legame essa sia nella vita politica — ha fatto sì che esso non fosse nella sua espressione parlamentare che un esponente del servilismo di anime curve a tutti i governi, che dalla sua costituzione si sono succeduti, al fine di aver la soddisfazione di avere qualche loro uomo a! potere, e di ottenere elemosinando, volta per volta, la promessa della realizzazione di uno qualsiasi dei dodici punti del programma fondamentale che il 18 gennaio 1919 veniva concretato e diffuso. Non è a dire che le promesse mancassero da parte dei capi di governo, ai quali il centinaio di voti popolari rendeva possibile una vita; era la realizzazione delle promesse che costantemente faceva difetto. Sapevano, quei capì, che avevano a che fare con uomini fiacchi e l’esperienza giornaliera noi^ poteva non confermarli nel loro giudizio.
Comunque però, bene o male, il gruppo parlamentare popolare, salvo rare eccezioni. aveva conservato una certa unità
46
BILYCHNIS
344_____
formale, dando le apparenze di conciliare l’inconciliabile, ammesso che l'inconciliabile possa esistere in politica. Ma se ciò avveniva in parlamento, nel paese invece gravi divergenze,non tardarono a prodursi fra le varie fazioni degli aderenti al partito. Non era ancora, naturalmente, la scissione, ma era già l’infiltrazione di acque che in terreno cretaceo prepara lo sfaldamento. Le sezioni, a seconda del vento dominante nelle varie località, ammettevano di mala voglia e consideravano difidentemente, Suasi come intrusi, .coloro che non erano ella tendenza dominante in seno alle sezioni stesse. È noto che a Roma, la domanda di iscrizione di uno dei pezzi grossissimi del clericalismo, il comm. F. S. Be-nucci, ebbe aspre opposizioni e passò solo per la considerazione del rumore che la reiezione avrebbe suscitato e della ripercussione che avrebbe avuto nelle alte sfere del mondo nero. Una prima falla, otturata per il momento, ma che indicava già la debolezza delle pareti della nave, si produsse nel primo congresso del partito, che ebbe luogo a Napoli. La estrema destra, debole come tutte le estreme destre, ebbe la in genuità di ricordare ad un partito di cattolici la questione dell’indipendenza pontificia. La estrema sinistra, forte come tutte le estreme sinistre, mosse invece all’assalto con un potente attacco al direttorio del partito, assommatesi in Don Sturzo, per le direttive politiche e sociali del partito stesso. Ripetute volte, il congresso si tramutò in campo di battaglia tra centristi ed estremisti. La cosa, per allora, finì senza gravi conseguenze, grazie ad un compromesso che condusse, un po’ sbandata, ma salva se non sana, la barca in porto.
Questo l’antefatto. La crisi vera o, meglio, le crisi non potevano non prodursi a breve scadenza.
LA CRISI DEI CENTRISTI
I centristi, cioè quell’amalgama, non ben definita, di gente, che ha affluito al partito popolare da rivoli diversi, defluenti dai vecchi partiti conservatori, dal clericalismo dalla antica mentalità, dai cleri-co-moderati di un tempo, sono stati i primi a proclamarsi ribelli alle direttive del nuovo partito. Era naturale, poiché essi, affetti da incurabile preoccupazione conservatrice, erano accorsi al partito popolare nella convinzione che esso fosse una forza attiva di conservazione sociale, intesa nel senso di protezionismo di privilegi acquisiti, di coopcrazione fra gli oppressori c gli oppressi.
Dal partito popolare (al gente si attendeva dunque quello che dai vecchi partiti non poteva più attendersi, cioè una vivacissima ed efficace resistenza al pervadere di nuove idee e di nuove concezioni sociali sovvertitrici del passato, accoppiando esso numerosissima falange di aderenti, ad una forza costituita dalla resistenza passiva dello stagnante tradizionalismo religioso del nostro paese. I centristi non potevano dimenticare per le loro origini e per le stigmate ereditarie, i calcoli opportunistici e la politica dei blocchi dell’ordine, dato che la conservazione dell’ordine costituito èra la loro finalità. E perciò essi guardavano; con apprensione, le frazioni del proprio partito che, a loro giudizio, si comportavano da estremisti e da gente senza timor di Dio, infatuata di nuove teorie o, almeno, ad esse proclivi. E, con terrore, appresero la deliberazione-compromesso del congresso di Napoli che il partito rigettava la politica dei blocchi c dichiarava la intransigènza assoluta nei riguardi degli altri partiti. Finché però non si trattò che delle elezioni politiche, le proteste non scoppiarono perchè la proporzionale avrebbe garantito ad essi una rappresentanza talmente numerosa, che sarebbe stato follia aspettarsi alleandosi coi cosìdetti blocchi nazionali, i quali avrebbero finito per farsi la parte del leone. Ma quando si giunse alle elezioni amministrative fu un’altra faccenda. Il direttorio del partito riaffermò, in massima, l’intransigenza, pur lasciandosi andare qua e là a dei compromessi di vecchio stile, come avvenne, per esempio, a Torino e a Venezia. In altri luoghi però, e non è nostro compito analizzarne le cause, la intransigenza. malgrado i lamenti c le proteste, venne rigidamente imposta, specialmente nei comuni dove le sezioni locali del P. P. si erano per essa, a maggioranza, manifestate. A Milano ciò fu causa di una ribellione, le conseguenze della quale non sono indifferenti. Quivi, dopo una lunghissima e vivace discussione, che si prolungò sino alle due del mattino, la tattica intransigente, ostile ad ogni alleanza con altri partiti. aveva riportato vittoria. Quella parte dei popolari milanesi che un tempo erano stati cattolici liberali, di cuiji cardinal Ferrari fu Posponente negli ultimi trent’anni, e facenti ora capo ad un periodico locale Il Commento, diretto dal prete Vercesi, decisero di passar sopra alle deliberazioni della maggioranza dell’assemblea c alle decisioni del direttorio, chiamato espressamente a giudicare in sede di appello.. TI
47
CRONACHE
345
cardinal Ferrari, dal letto dal quale non doveva più levarsi, incoraggiò tale indisciplina, dirigendo ai parroci della città l’invito di schierarsi a favore del blocco, e, manco a dirlo, i dissidenti si fecero forti di tale approvazione di una personalità ecclesiastica che col loro partito non aveva nulla a che vedere o che, comunque, non aveva voce alcuna per imporsi al partito stesso. Ricordiamo, incidentalmente, che il quos ego e il voto degli insubordinati, che si dissero « la grande maggioranza dei cattolici » non valse affatto a mutar le sorti delle elezioni in Milano dove i socialisti e comunisti venivano confermati al potete della cosa pubblica, ciò che fa ritenere che, anche dal solo punto di vista dell'opportunità del momento, la direzione del partito non avesse affatto torto nel resistere ad ogni pressione favorevole agli abbracciamenti bloccardi.
La insubordinazione costituiva per sé stessa un fatto singolarmente grave cosicché la direzione, del partito credette necessario di aprire una inchiesta sull’accaduto. Di manica ben larga, la direzione stessa dichiarò di assolver tutti, ma volle usar del suo dritto imponendo a chi voleva rimanere inscritto alla sezióne di Milano di impegnarsi a rispettare per Tavvcnire, in ogni caso e senza riserva, la disciplina di partito.
Per uomini in buona fede e che sanno che il partito non è una casa di comodo, non v'era altra via che prendere o lasciare, rimanere accettando o andarsene. Il trincerarsi, come essi avrebbero voluto fare, dietro un ordine del giorno, che venne respinto, il quale proponeva che l’acccttazione dei soci dovesse esser fatta in base ad una interpretazione autentica della deliberazione della direzione del partito che concilii le ragioni della disciplina coi diritti della coscienza, era puerile, poiché sarebbe stato lo stesso che render vana ogni coesione, lasciando che ognuno potesse comodamente e a volontà fare appello a presunti « diritti della coscienza a per defraudare il partito stesso e magari porglisi contro, pur restandone socio. Ciò sarebbe stato, per lo meno, immorale.'
Ma i clericali milanesi indisciplinati non si tennero paghi e protestando che la deplorazione implicita del loro operato contenuta nella formula di riammissione suonasse offesa alla memoria del card. Ferrari allora defunto, inoltrarono al Vaticano il quesito se i giovani del sodalizio milanese — la richiesta proveniva dalla sezione della
Gioventù Cattolica Italiana — potessero chiedere la reiscrizione nel P. P. con una formula lesiva dei diritti della coscienza.
Ciò significava volere richiamare l’autorità religiósa ad intromettersi di nuovo nelle vicende di un partito che aveva conclamata la sua aconfessionalità. Un papa meno avveduto ne avrebbe subito profittato c l’interdetto contro il P. P. sarebbe stato pronunziato. Un altro, forse più sinceramente, avrebbe risposto ai giovani milanesi che nessuno li obbligava a far parte del partito popolare o di un altro qualsiasi, e che pertanto la loro richiesta era inutile, a meno che non avessero sperato che l’autorità ecclesiastica li avesse autorizzati a passar sopra alla loro coscienza, visto che l’autorità stessa non aveva influenza alcuna sulle direttive politiche del partito. Benedetto XV non è voluto venir meno alla sua fama di uomo diplomatico, ed ha da un canto confortato i giovani di Milano dicendo che ben a ragione essi nei dubbi di coscienza si rivolgono all’autorità della chiesa, dall’altro lato ammonendoli con una lunga circonlocuzione che non era questo il caso di infastidire l’autorità stessa. È necessario conoscere nei suoi termini la nota ufficiosa che VOsservatore Romano pubblicava in proposito (18 febbraio 1921):
«Nessuno può negare alla coscienza di ogni fedele cattolico, a qualunque partito appartenga, di chiedere ed accettare, per tutte le questioni religiose e morali che l’azione politica e sociale involge sì spesso, guida ed indirizzo all’unica autorità spirituale che- riconosce in ciò competente: la Chiesa. Ma. appunto per questo, nessuno può logicamente confondere tale guida ed indirizzo religioso c morale ■— dato a salvaguardia e difesa di interessi supremi della società cristiana e quindi delle anime — con un atto di semplice natura politica che intervenga nella disciplina e si restringa nei limiti di questo o quel partito; mentre si rivolge c vale per tutti i cattolici nei riguardi del loro dovere morale, qualunque sia la bandiera politica sotto cui militino o non ne seguano alcuna.
« Spetterà alla libera iniziativa e prudenza dei partiti, nello stesso loro interesse organico, lo studio di non porre la coscienza dei propri seguaci cattolici in conflitto fra la disciplina politica e quella religiosa e morale; ma non per questo i partiti che contano fra le loro file dei cattolici, possono dirsi costretti, con vincolo più o meno paleso. sotto una autorità estranea, e tanto
48
34*
BILYCHNIS
meno ritenere questa quando che sia, corresponsabile delle loro attività politiche ».
Con tale specie di ibis redibis che tutti, naturalmente, interpretarono a loro modo, piuttosto che tacitarsi la questione si acuì. Fortunatamente, prima che essa potesse sboccare in una scissione manifesta, intervennero, col decreto di scioglimento della Camera, nuove circostanze che attrassero cd assorbirono l'attenzione dei disciplinati c la polemica cessò. Per il momento. Perchè la questione non è superata e domani si riproporrà. Et) essa costituirà, malgrado la semplicità «Ielle apparenze, e la logica della soluzione. il pericolo più grave del P. P.
LA CRISI DI DESTRA
Dei dodici capisaldi costituenti il programma del P. P., l’ottavo era così formulato: « Libertà e indipendenza della Chiesa nella piena esplicazione della sua missione spirituale. Libertà e rispetto della coscienza cristiana considerata come fondamento e presidio della vita della Nazione, delle libertà popolari c delle ascendenti conquiste della civiltà del mondo
Tratta vasi di attrarre nel l’orbita del partito i cattolici integrali che ancora non erano spariti dalla circolazione; ciò spiega il primo periodo del postulato. Ma esso era un Ululimi sine re. La cosa apparve assai presto manifesta. Abbiamo già accennato a quel che successe al congresso di Napoli. I clericali certo non avevano ragione di considerarsi soddisfatti. Per un pezzo hanno tollerato, ma, alfine, si sono ritirati dal partito. Il conte Filippo Sassoli de’ Bianchi, già capitano dell’ala destra, ha lasciato con un manipolo dei suoi il campo, avvertendone il pubblico a mezzo di un periodico fiorentino, con la lettera in data 13 marzo, della quale riproduciamo la parte più significativa:
«Circa alle ragioni che mi mossero, insieme con molti amici, a lasciare il P. P. I., esse pure sono ben chiare.
« Senza parlare della assoluta dimenticanza in cui la direzione del P. P. I. lasciò, a bello studio e pensatamente, cadere l’articolo 8 del programma, dimenticanza che giustificò ottimamente il pensiero di coloro che quell’articolo avevano definito uno specchietto per le allodole—ossia un tranello per accaparrarsi l'adesione cd il voto anche di quei cattolici che volevano e che vogliono che la questione religiosa in generale c quella della libertà della Chiesa c
del Romano Pontefice in particolare, fosse agitata e discussa anche con precedenza sopra tutte le altre, come quella.dalla cui soluzione dipende la soluzione d1 tutte le questioni onde l’Italia è travagliata; a parte, dico, la dimenticanza, e non la dimenticanza puramente, ma la sistematica opposizione della Direzione del Partito contro tutto quello che il gruppo di " ala destra ” per mezzo del sottoscritto e di altri, tentò fare perchè la promessa che l’accennato art. 8 venisse valorizzato presso delle moltitudini c discusso nei congressi generali del Partito, così da sollevare, attorno ad esso, il sentimento sopito della coscienza cattolica, fosse mantenuta, è chiaro che il contegno assunto specie in questi ultimi mesi, dal P. P. I., tanto in merito di questioni politiche quanto, c sopratutto, di questioni economiche e sociali che agitano il paese, è stato cd è tale da obbligare tutti i cattolici che non vogliono coinvolta la propria responsabilità negli errori del medesimo, a protestare c a ritirarsi.
« Mentre in politica, il P. P. I., è andato sempre più piegando al liberalismo — cosa del resto fatale, dato il programma suo di aconfessionalità non pure dalla gerarchia ma dalla dottrina cattolica, chè l'appello alla così detta ispirazione cristiana è la cosa più vaga cd incerta cd equivoca che possa pensarsi —, in materia economica il P. P. I. ha sconfinato, talora, dai principi della vera dottrina sociale cristiana, fino al socialismo.
« La scissione, del resto, che già fin dal passato novembre si delincava nel P. P. I, e che oggi è arrivata alla sua fase suprema, per coprire la quale e tentare di ricondurre gli estremisti in porto, la Direzione ha persino rimandato il Congresso, tra la corrente liberale e l’estremismo socialistoiz-zante, è l’argomento migliore a conforto di quei cattolici — c noi ci vantiamo di essere nel numero — i quali, non volendo abdicare la propria coscienza davanti agli ideologismi liberaleschi c demagogici, si sono ritirati.
« Il perchè, se taluni amici di ala destra ” o per la loro posizione personale o per la situazione politico-amministrativa creatasi in taluni posti dopo le ultime elezioni, pure convenendo nelle deficienze e nelle colpe del P. P. I. credettero di rinnovare la tessera, il loro contegno non deve essere assunto, siccome un pretesto per la invenzione di dissidi che non esistettero mai, tra essi e il sottoscritto.
49
CRONACHE
347
{•. « Essi credettero e credono di dover continuare l’esperimento di penetrazione che " l’ala destra •’ si era proposta di fare; noi crediamo, all’opposto, che essendo inutile, data la mentalità del P. P. ì. c dei suoi dirigenti, che l’azione e la forza dei cattolici tentarono di volgere in un puro politicantismo a tutto beneficio della conservazione di uno stato di cose che, dominato dalla setta, si risolve nella oppressione più odiosa di ogni cattolica libertà e della Chiesa, non valga nè serva più continuare nell’esperimento c che piuttosto ai cattolici, abbandonato il P. P. ai suoi fati c per non rimanere, con esso, travolti, convenga raccogliersi a lavorare fuori di esso, pronti nella piena obbedienza alla Chiesa, unica loro maestra e guida, alle lotte supreme che gli avvenimenti in corso preparano ».
La crisi di destra non è forse grave come Sordità nei quadri del P. P. ma è senza ubbio grave per i riflessi morali. Innanzi tutto essa è una riprova di più — se pur ve ne fosse bisogno — del malessere che pervade il partito a causa della insincerità del proprio programma; in secondo luogo essa si riannoda per viottoli traversi con quella che abbiamo sopra illustrato, come il Sassoli nella sua lettera accenna. Centristi del tipo dei milanesi c destri-dei papa-re appartengono tutti alla tendenza conservatrice. E se può esser vero che i primi non si associeranno forse col Sassoli nel deplorare l'oblìo del Pontefice, non possono non associarsi, reazionari come sono, alla deplorazione del cosidetto demagogismo sociale. Non è a dimenticare, al riguardo, che fra i centristi e non solo fra quelli di Milano con l’Avvenire d'Italia per corifeo, si è prodotta e diffusa la tendenza filo fascista.
Che la crisi di destra non sia lieve c preoccupi i dirigenti il partito appar manifesto dalla breve polemica che ne seguì. Il Corriere d'Italia, notoriamente amico della direzione, con una nota evidentemente ispirata dalla direzione stessa, rispose al Sassoli che se il P. P. non si era occupato della posizione della Santa Sede lo si doveva al fatto che ciò non poteva rientrare nel compito del partito. Si diceva, infatti:
«Circa il fatto che il partito popolare non si occupa della libertà della Chiesa e del Pontefice, è superfluo parlare, visto che si contano sulle dita di una mano quei cattolici i quali non comprendono quale sia la vera missione del P. P. e non distinguono l’opera che esso può e deve svolgere da 1 nella che la Santa Sede ha tutto il diritto i riserbare a sè stessa ».
Masenón poteva esser compito del partito
l’occuparsene, perchè porre il problema come uno dei capisaldi del partito stesso? Ciò dava armi nuove al Sassoli, il quale aveva ragione di replicare che « il famoso articolo ottavo fu messo nel programma del P. P. come un molto opportuno specchietto per le allodole ».
LA CRISI DI SINISTRA
V’è chi ha definito il partito popolare c centauresco: mezzo anarchico e mezzo forcaiolo ».
E' da tener presente che là dove, le due animalità del partito si saldano v’è, ‘diremo così, una larga zona grigia dove i due caratteri s’intersecano c si mischiano, senza però fondersi, come nella zona di confine di due nazionalità. Pa'rc impossibile, ma è precisamente tale zona che garantisce la sopravvivenza di un simulacro dell’unità del partito, nel tirare e nello scindersi delle parti estreme, dove i caratteri sono nettamente distinti ed inconciliabili. Ciò fa anche comprendere come la crisi centrista, precedentemente illustrata, non sia che un tentativo di acquistare una prevalenza, e forse anche un dominio effettivo sulla convivenza, e non la volontà espressa di voltar le terga all’altra metà. Vi farebbe ostacolo, oltre che la insufficienza materiale, la insufficienza morale dovuta all'imbastar-dimento causato dalla convivenza stessa.
Detto ciò incidentalmente per chiarezza dell’argomento, passiamo, dopo aver visto in rapida corsa il pronunziamento e la scissione della parte conservatrice a veder quello della parte estremista di sinistra.
Come l’articolo ottavo della costituzione era, secondo l'espressione del Sassoli, uno specchietto per le allodole per attirare i destri nelle panie del partito, altri articoli erano predisposti per attrarvi quei di sinistra. Senonchè, sin da principio, questi notarono l’artcficio: lo videro nello affannarsi a dar la scalata al potere, lo videro nella direzione data alla federazione bianca del lavoro, assumentesi a volta a volta le funzioni di provocatrice c di crumira; lo videro nei provvedimenti sociali che, portati alla Camera da partiti di estrema, trovarono i popolari o completamente avversi o ostruzionisti con emendamenti che stron cavano o annullavano di fatto ogni efficacia dei provvedimenti di legge; lo videro, infine, nell’aiuto manifesto c ncll’incóraggia-mento che membri attivi ed organi del par tito prestarono alla reazione che ergeva la testa.
Perciò, sin dalle prime manifestazioni del partito, la inconciliabilità della perma-
50
348
BILYCHNIS
ncnza in esso deH’estrema sinistra apparve manifesta. Parlando dell’estrema sinistra, intendo coloro che, animati da un idea di democrazia integrale, nel partito non entrarono per un calcolo personale, ma nella speranza, assai fallace, che fosse, loro possibile trarsi dietro la massa degli inscritti impa-dronenojsi c del partito e della confederazione biinca. L’opera condotta a tal fine fu veramente energica, ma ebbe il difetto di prescindere dal considerare con tutta la ponderatezza le posizioni degli avversari in seno al partito e l’equivoco che al partito premeva di continuare, barcamenandosi fra gli agrari ed i lavoratori della terra, fra la banca c la cassa rurale. Quando il Miglioli, che sembrava impersonasse la .tendenza sindacalista, fu costretto ad appartarsi dal partito, dovette in esso essere riammesso per la forte pressione esercitata da quei di sinistra i quali poi co) Miglioli insorsero pel mercato fatto dei ferrovieri cattolici alle mire del governo di allora. Successivamente gli estremisti di sinistra cominciarono ad assumere una figura ben definita, quando costituirono i gruppi di avanguardia ed i fasci sindacali che, particolarmente nelle campagne del cremonese, del bergamasco è della marca trevigiana, sembrarono a volte agire con violenza estrema, da spaurire le vecchie consorterie annidatesi nel partito e da provocare gli sdegni e le sconfessioni dell’autorità ecclesiastica, la quale condannò apertamente c ripetutamente i promotori dei gruppi sindacali.
I comitati provinciali del P. P. di Bergamo e di Verona, ai quali appartenevano gli agitatori più in vista, dopo il Miglioli, Cocchi e Speranzini, si affrettarono ad espellerli insieme con i loro aderenti e la Direzione dei partito prese atto della radiazione, malgrado la vivace opposizione manifestatasi per parte di tre dei componenti la direzione stes$a.
Ormai, pcr'anto, era guerra dichiarata. Per giudicare de’lo s’ato di animo prodottosi inseguito a l’espuls one, riportiamo parte della lettera di uno dei reietti, lo Speranzini ( Tempo, di Roma, 24 marzo 1921). Dopo avere accennato che l'opera degli avanguardisti aveva inteso alla penetrazione ed era stata di ostinata resistenza « contro quel mondo oscuro di affaristi, di arrivisti, di banchieri » che si è impadronito del partito, della confederazione bianca del lavoro e dei maggiori giornali popolari •misteriosamente finanziati e luminosamente dominati », lo Speranzini scrive:
« Oh, certo, non sentimmo il bisogno di trascinarci ginocchioni sull’obbrobriosa neve di Canossa; non mendicammo la riammissione; non promettemmo disonorevoli ammende; dichiarammo invece, a Milano, la nostra solidarietà ideale c morale con tutti gli amici nostri di tendenza, rimasti nel partito e rimasti nel vecchio campo sindacale c questi, da parte loro, ci promisero di combattere anche per conto nostro, la potentissima cricca, che nelle sue varie segretissime adunate, magari in casa Boncompagni, decide i suoi atti d’imperio e di rappresaglia.
«Ma non si creda che soltanto ragioni di dignità personale ci abbiano impedito di trafficare per il nostro ritorno; accanto a queste ce ne furono anche altre più brutalmente concrete.
« Ad esempio: da urta parte viene,espulso Cocchi perchè non ha avuto il coraggio di giurare la sua fiducia ai dirigenti della Confederazione bianca; ma il comm. Bar-toli, presidente della Federazione Nazionale Agraria, viene lasciato nel Partito, malgrado il recente Congresso dei pesci-cani terrieri.
« Nelle stesse file Bar loti e Miglioli ! Andiamo avanti. La Direzione del Partito ed il Consiglio Nazionale deliberano la sop-. pressione delle Avanguardie e dei Fasci sindacali; ma l’una c l’altro nulla hanno da dire dcll’Unione del Lavoro e del P. P. di Ferrara che hanno promosso è promuovono— ci entra il senatore Grosoli ? — l’entrata dei loro organizzati nelle associazioni fasciste.
• Ancora. Il sottoscritto è'stato dimesso per aver acciuffato, con cinquanta contadini, certi registri dai quali risultava lo sperpero incontrollato e senza chiara giustificazione di parecchie migliaia di lire appartenenti all’organizzazione; ma ci sono dei galantuomini che hanno commerciato in moneta sonante i voti per... gli.avversari; ci sono degli altri che si sono sprofondati nelle avventure più sordide e più losche e che, non ostante questo, non solo non vengono espulsi, ma anzi vengono dal Partito ufficialmente sorretti e difesi perfino in... sede penale.
« Trascinarci ginocchioni per essere riammessi dalla Cricca imperante in così nobile ed onorata compagnia?»«.
La lettera concludeva preannunziando la formazione degli estremisti in partito autonomo. Questo, infatti, veniva costituito nel convegno di Palestrina, presso Roma, tenuto il 3-4 aprile scorso, ed assumeva la denominazione di « Partito Cristiano del
51
CRONACHE
349
lavoro », a cui veniva affiancata una ■ Confederazione sindacale del lavoro ». Del nuovo partito pubblichiamo parte del manifesto, sia per l’importanza del documento sia per la critica in esso contenuta del P.
« Cittadini e soldati del lavoro! Offendono la vostra rettitudine e la vostra buona fede quei partiti che prospettano soluzioni di ogni libertà c di ogni iniziativa individuale attraverso l’assorbimento e lo schiacciamento della macchina statale. Siffatte concezioni, apparentemente antitetiche e sostanzialmente così affini, perchè filiazioni dello stesso materialismo filosofico c politico, trovano la loro negazione e il loro annientamento soltanto nella concezione e nella pratica cristiana del diritto e della vita. Noi ci rifacciamo nettamente a questa concezione.
■ Per tale motivo noi demmo fino a ieri il nome nostro e l’opera nostra ad un Partito che si presentava come interprete e realizzatore delle aspirazioni che noi abbiamo in comune con la parto più sana del popolo italiano. Ma ben presto ci accorgemmo che i programmi venivano sopraffatti e messi in disparte da preoccupazioni di carattere elettorale c parlamentare, di carattere personale, spesso conservatore e non raramente perfino affaristico bancario.
• A tali preoccupazioni furono sottoposti fino al tradimento gli organi politici dirigenti, tutti i giornali maggiori c i sindacati professionali c di mestiere che ad altro ormai non sono ridotti se non a meccanismi di produzione esclusivamente elettorale. Per più d^due anni facemmo opera di opposizione c di critica nello stesso tempo Che cercavano di reagire coi fatti attraverso i sindacati di lavoro. Ma venne poi il momento in cui dovemmo deciderci. Risolvemmo di passare dalla critica all’azione. Il convegno di Palestrina volle all’unanimità questo ardimento ed eccoci pertanto al l’arringo politico noi, da soli, liberamente e interamente noi.
«Ci facciamo innanzi, a nome dei sindacati professionali e di mestiere dai quali sorgemmo e dei quali facciamo parte. Per conto di questi, noi ci affermiamo e ci costituiamo in partito proprio nel momento storico in cui le forze disgregatrici della conservazione e della reazione più cieca si avventano con impeto estremo contro gli istituti e le finalità sindacali del lavoro. Noi sentiamo che i sindacati sono destinati a dare ad ogni individuo socialmente utile ed economicamente produttivo il nuovo
e vero diritto di cittadinanza. Noi vogliamo che dai sindacati siano espresse nella maturità dei tempi le nuove leggi, i nuovi istituti giuridici e il Govèrno veramente responsabile di tutta la cosa pubblica.
« A tutti quelli che vogliono essere con noi propagatori di idee e di opere, ripetiamo un grido che fu già nostro: per l’avvento di Cristo c per l'avvenire del popolo! All’umile gente, che a noi domanda una norma di vita ed una divisa per la nuova battaglia civile, noi in faccia a tutti lanciamo un vero e chiaro programma di giustizia: lavora c governa! ».
Il nuovo partito non ha avuto favorevole la sorte delle urne nelle circoscrizioni elettorali nelle quali ha presentato qualche candidato. Ciò è facilmente spiegabile e comprensibile e perciò non può costituire un indice della vitalità e neppure della forza intrinseca della nuova ftrmaziore.
Quanto alla vitalità mi permetto esprimere però i mici dubbi, che non toccano le intenzioni dei nuovi lottatori, ma si basano sull’esperienza c su un giudizio obbiettivo. Il nuovo partito non potrà vivere come partito «cristiano» in una Italia dove il cristianesimo è monopolio di una chiesa che non è con i novatori, c dove le gènti che si dicono cristiane sono, prone, scientemente ed inconsciamente non importa, alla chiesa stessa. Esperimenti non lontani informano. Non seguito come «cristiano », non avrà ragione di differenziarsi da altri partiti di estrema per il contenuto sociologico del programma, d’altronde sommariamente accennato.
• « •
Errerebbe certo chi volesse giudicare della consistenza del P. P. e della gravità delle sue crisi e delle sue scissioni, dall’esito delle ultime elezioni politiche. Non è mio compito analizzare qui come e perchè queste hanno avuto l’esito che tutti conoscono. Mi limiterò a far notare soltanto che l’indiscutibile successo numerico del P. P. è dovuto a tre cause principali: il tradizionalismo al quale più volte abbiamo accennato; la mancanza di programma dei cosidetti blocchi nazionali e la irritazione prodotta da certe geste fasciste; l’abile per quanto tristissima politica delle liste aperte che hanno permesso a molti tremi: li uomini di salvare l’ordine ricoverandosi sotto lo scudo crociato senza esser costretti a mettersi coi blocchi. Non era e non è. dopo tutto, il P.P. un partito di govèrno?
Ernesto Rutili.
52
LA RIFORMA IN ITALIA
Una mistica fiorentina della Controriforma. — E’ S. Maria Maddalena de’ Pazzi. Accanto alla figura delle Sante che prelusero o propugnarono, a tutto, loro rischio, l’idea d’una Riforma cattolica, da posta anche qucsa della mistica suora del patriziato fiorentino. Una recente pubblicazione che la riguarda (S. M. Maddalena De' Pazzi. Estasi e lettere. Firenze, Giannini, 1920) ci offre lo spunto di sfiorarcela questione suaccennata e porre in luce quelle sue tendenze ri formatrici che sono un Iato ignorato della sua personalità storica.
Suor Maria M. fu portata alla idea della necessità d’una riforma del cattolicismo dal proprio temperamento e da quel fervore interiore che fece di lei una delle più sensibili e, quasi direi, artistiche tempre di mistica che sia mai sorta nel cristianesimo. Scorrendo la sua biografia e leggendo le sue lettere e le sue Estasi, com’essa medievalmente chiamava le proprie esperienze spirituali, si riceve netta l’impressione che suor Maria, l’asceta carmelitana di Borgo San Frediano, abbia combattuto in sè la più veemente lotta interiore tra il suo stato claustrale e il fervore di vita attiva e di apostolato fecondo cui era tutta portata aal proprio carattere individuale. Lotta e martirio ignorato d’un’ani-mapiù portata all'apostolato d’una missio nana o d’una salutista del secolo ventesimo che non alle salmodianti reclusioni del più aspro asceterio che allora avesse l’Italia gioconda e peccatrice del cinque
cento! Da quelle fredde mura del monastero la donna pratica per temperamento e per sete di azione, mentre leggeva dell’apostolato del Saverio e delle imprese dei missionari gesuiti nel lontano Giappone, volava, volava, « dolente di non essere un uccellino » per poter dare realtà a quel volo del suo desiderio, e per « convertire quei pargoli, chè essi avrebbero Gesù, e Gesù loro ». E, impotente ad assecondare il suo sogno, correva per il verziere conventuale, parafrasando il motto del salmista: « Il desiderio della salute delle tue 'anime mi ha consumata » e poi si dichiarava pronta a dare il proprio sangue, a morire in Ìuesto suo vagheggiato apostolato: «Oh
■io, s’io fussi fatta degna di dar la vita per la salute delle tue creature, di levar via tanta malizia, quanto refrigerio mi sarebbe! » E ancora, e ancor più squisitamente: ■ Oh che gran pena è vedere di poter giovare alle creature col mettere la vita e non lo poter farei O carità, tu sei una lima che consuma a poco a poco l’anima e il corpo! »
Dato tale ardore di temperamento materiato di tendenza pratica, a lei non restava che macerarsi in un inesauribile desiderio e cercare nel tumulto dell’ardore mistico la valvola di sicurezza e l'equilibrio interiore. Così germinò in lei lo spirito mistico che, in luogo di renderla una martire imporporata del proprio sangue, la rese una martire del proprio desiderio consumantore ed implacato. Un giorno essa crede divedere a fianco del Salvatore una croce nera ed esclama: « Non ostante che sia finito l’interno patire dell’anima, mi resta questa
53
RASSEGNE
351
croce da vedere, che Tu non sei amato, nè conosciuto e questo in tutt’i modi mi sarà croce ».
Tale era la complessa personalità di questa suora patrizia che doveva, in modo affatto spontaneo, atteggiarsi, come i grandi s- iriti del cattolicismo, a riformatrice della chiesa del proprio battesimo. Per colpa dpi cattivi esempi della chiesa docente e dirigente perivano le anime, come adunque tacere? Non hanno un valore infinito le anime agli occhi degli eletti di Dio? Suor M. Maddalena la sentiva così: • Io sono un niente.... ma tutte le creature, se comprendono l’amor tuo, divengono, o Dio, infinite, perchè intendono cose infinite! »
Eccola perciò riformatrice nel seno del cattolicismo, a esercitare da dentro quella pressione che altri, gli evangelici del secolo xvi, esercitavano da fuori. Le forze erano ben diverse ma nella finalità convergevano in un superbo e magnifico sogno di riforma cristiana per la riconsacrazionc del mondo.
' Pochi riformisti italiani, se se n'eccettui forse l’irniente Pier Paolo Vcrgerio, l’ex vescovo di Capodistria passato alla Riforma, ebbero forse parole più roventi contro i prelati indegni di quel secolo, come l’ebbe la debole suora, « l’umile ancilla dell’Umanato Verbo » — come si firmava in una sua lettera, che richiama quelle di Caterina Benincasa, scritta a papa Sisto V. Eccone qualche accenno: « Questi che tu addimandi i miei cristi odiano la mia verità e vanno domandando gradi e dignità con finzioni ed ipocrisie, e sono simulatori e bugiardi ». A tali parole tutte rispondenti al proprio sentimento personale che l’ascetica pone sulle labbra di Gesù, suor Maddalena, nel dialogo dell’esaltazione mistica, risponde: « Ritieni in te, ritieni in te. Signore! ».
E questo e bello constatare negli scritti che di lei ci rimangono che, del paganesimo affiorante nella Firenze che avea arso sul rogo di Piazza della Signoria il Savonarola e nell’Italia che con l’inquisizione andava man mano soffocando la generosa idealità della Riforma evangelica, essa non ne accagionava altri se non l'infedeltà del clero alto c basso: « Se vo ai prelati ne trovo gran parte pieni d’ingiustizia, con una finta misericordia: se ai religiosi, la maggior parte vivono in peccato mortale, e molti cercano di comprare la dignità col tuo sangue, o mio Cristo, e poi si credono di convertire i popoli con le parole
piene di simulazione, d’ipocrisia, di ambizione... Vedi, vedi, anima, quel Verbo Incarnato nel mezzo d’una moltitudine infinita, battuto e da tutti dileggiato; vedi come lo sbeffano e come lo maltrattano, chi con cenni, chi con parole, chi con opere. Veggo alcuni che lo vorrebbero liberare, ma per paura (chissà non alluda all’In-Ìuisizione dei conventuali fiorentini di
. Croce?) per amor proprio e per rispetto umano lasciano il mio Sposo in quella moltitudine, così maltrattato ».
Questo parlare la colloca in bella luce tra quanti nel suo secolo aspiravano ad una riforma religiosa non solo nazionale ma mondiale addirittura: « Non avvisa, non ricerca la dolce Verità che si faccia tal rinnovazione in una città sola, o in un castello, ma in tutto l’universo, perchè tutto il mondo è dato in suo potere ». Dalla candida celletta del monastero di S. Frediano il suo spirito si protendeva al di là della sua Firenze e al difuori dellTtalia, allora tanto divisa. Il camporelle sue aspirazioni era « il mondo »: « Fa il viaggio che fa il sole la tua fede, o Signore: qui nasce ed ivi tramonta; qui sorge ed ivi cessa, e che segno danno, se non che questo sole tramonti, le ombre dei peccati che si stendono dovunque? • In questo fervido aspirare di chi si sente incapace e pur vorrebbe fare, Ella imita il gesto della sua sorella maggiore, cui tanto assomiglia — la senese Benincasa — e si rivolge al papa del tempo, Sisto V, e lo incita, lo incita, sulle tracce rosse e aspre del martirio del Maestro: « Il vero pastore si conosce all’opera che fa, e ben lo mostrò il glorioso campione Pietro Apostolo, il quale tanto prontamente s’affaticò e nel suo fine pose la vita per il suo capo, Cristo. Il quale deve la Santità Vostra in ogni sua azione cercare d’imitare, che sebbene non avrà a mettere la propria vita e sangue, non è che il medesimo desiderio non segui in lui ». In questa lettera, ch’è del 27 luglio 1586. ella scongiura il pontefice «che rin-nuovi la sua sposa Chiesa, data a lui in cura e custodia » e prosegue così: « Esclama oggi grandemente il sangue dello svenato A-gnello dinnanzi al Padre suo misericordia e vendetta per gli consacrati suoi cristi (unti: cioè sacerdoti) e ribelle spose, il quale invita voi suo Vicario all’imitazione sua, a spogliarsi tutto di sè e di tutte le cose che sono sotto Dio. Attendete, attendete. Santissimo Padre, a tale imitazione, dico a spogliarvi tutto di voi stesso e vestirvi di lui, come ben disse il consorte di cui voi tenete
54
352
BILYCHNIS
il luogo, che ci spogliassimo di noi e ci vestissimo di Cristo: Induimini Dominum Jesum Christum: sì come esso svenato A-gnello in su il legno della Croce vi dette esempio... ■
Un accento così franco, così commosso, e così appassionato, non fu poscia più udito. Fu l’ultima libera voce di quel cinquecento fiorentino che s’era iniziato tra le fiammeggianti predicazioni apocalittiche del bianco profeta di San Marco. Era la voce d’una donna reclusa, la q- ale mentre infieriva il curialismo e la reazione, invano ammoniva e incitava alla Riforma cristiana!
La Riforma in Italia. - A breve distanza l’uno dall’altro sono usciti i primi due volumi di un’opera sulla Riforma evangelica italiana che ben si può dire la più completa ed organica che sia stata finora pubblicata. (E. Rodocanachi, La Ré forme en Italie. Paris, Picard, 1920). Nel primo volume s’indaga il carattere della Riforma italiana (p. 1-28), le cause che ne'favorirono lo sviluppo (pp. 29-138) e finalmente i modi della sua diffusione (pp. 139-359). Seguono, in triplice appendice, delle traduzioni di estratti dai « Dialoghi »di Ochino (pp. 361-404), delle traduzioni dai « Trattati teologici'del card. G. Cont rini (pp. 405-443) ed una lista di libri, oggi nell’universitaria ginevrina, già appartenuti a P. M. Vermigli (pp. 444-448). Il volume finisce con le bibliografie di alcuni tra’principali cam-Sioni della Riforma: V. Colonna, Curione, laminio. Morata, Muzio (?), Ochino, Pa-leario, Valdes, Vergerlo e P. M. Vermigli ,pWe4l’intelaiatura del primo volume che ha il vanto d’essere — dopo l’opera già superata dello scozzese Mac rie — il primo tentativo di un lavorò d’insieme fatto con larga e sagace utilizzazione di quelle svariate monografie che, da ben quattro secoli circa, ci vengono accumulando i materiali per l’opera di ricostruzione — di rivendicazione anzi — che speriamo tocchi al nostro secolo condurre finalmente a compimento. È peraltro con grave dolóre che guardiamo alla possibilità che il vanto di siffatta impresa non debba spettare a un italiano! C’induce a supporre ciò il fatto che le pubblicazioni recentissime sulla Riforma italiana sono tutte di stranieri (Mare, Bus-chbell, Rodocanachi, Walsche, Benrath, Help, Schlatter, ecc. ecc.).
Il Rodocanachi era allenato a tale lavoro da oltre un trentennio di feconda operosità
e di ricerche sulla storia italiana. La stessa storia della Riforma italiana non lo trova a le sue prime armi. *
Avremmo preferito l’A. avesse tracciato la storia del movimento riformatore in tutte le regioni italiane e non solo l'allure générale di questo movimento. Sarebbe riuscita impresa più ardua, forse più episodica e più frammentaria anche, ma, sia pel ricco materiale bibliografico e archivistico di cui oggi disponiamo, sia per l’importanza intrinseca dell’argomento, valeva bene la pena di durarne la fatica.
L’A., nella I parte del voi., a proposito del carattere della Riforma italiana, dimostra‘come il luteranesimo, cui gl’italiani erano più inclinati, sia stata la corrente riformatrice più fortunata tra noi, a differenza del calvinismo, attecchito prevalentemente nella corte di Ferrara per impulso della duchessa Renata, e dell’antitrinita-risnjo di Serveto, radicatosi verso il nord d’Italia —- a Vicenza specialmente — e ben 6resto individualizzatosi nel socinianismo..
■a qui il Rodocanachi scende a rispondere a E. Quinci che aveva definito la Riforma italiana« una fantasia di letterati, poeti e gentiluomini »dimostrando invece com’essa si fòsse estesa a tutte le classi, non esclusi gli abitanti delle campagne e de’ villaggi stessi.
Fra le cause che favorirono la Riforma, l’A. annovera là poca autorità di un clero diviso, avido e ignorante; lo scetticismo umanistico, il movimento filosofico; il rifiorimento degli studi ebraici e le forti correnti anticlericali del tempo. Si poteva qui accennare anche alle folte schiere/di studenti, di commercianti e di mercenàri protestanti esteri in Italia e l’enunierazione delle cause favorenti la Riforma se ne sarebbe avvantaggiata.
Troviamo ben condotta la critica e ricca l'analisi della stampa polemica, apologetica e satirica fiorita nel secolo xvi e la descrizione dell’attività oratoria e propagandistica de’principali apostoli della Riforma italiana di diciassette de’quali l’A. schizza con mano maestra e con gusto signorile la documentata biografia. Certamente non è completa la bibliografia degli scritti a stampa che chiude il volume.
Nel secondo volume,l’A. traccia a grandi linee la storia dello sviluppo e della estinzione dell’incendio riformatore, seguendone via via le alterne fortune lungo gli undici pontificati che si susseguirono da Leone X a Clemente Vili. Nei nove capitoli in cui
55
RASSEGNE
353
il Rodocanachi condensa tutto questo materiale, vien dato ìnodo al lettore di vedere in una luce d’insieme e nella sua naturale successione cronistorica tutta una secolare serie di avvenimenti, di attività riformistica e di controffensiva cattolica la quale all’attività dei riformati contrappose l’istituto dell’inquisizione, ordini e congregazioni religiose, l’index de’libri proibiti e tutta una serrata serie di condanne che, da prima, seminarono il terrore e, alla fine, portarono all’estinzione del moto riformistico italiano, dal Ducato di Milano, auspice Carlo Borromeo, al Regno delle due Sicilie, auspici i Viceré di Spagna. 1 due ultimi capitoli (X e XI) seguono le sorti della Riforma nel Piemonte e nel Veneto. Letti questi due capitoli ci si domanda per quale ragione non sia stata del pari illustrata la varia fortuna della Riforma italiana, partitamente, anche negli altri Stati e Repubbliche del tempo. A nostro credere, S che le varie c benemerite società stoe — regionali e locali — hanno amorosamente raccolto i materiali per siffatto lavoro di ricostruzione, questo studio retrospettivo non può assolutamente venir ristretto soltanto a questa o a queiraltra attuale regione o ex Staterello italiano, ma va animosamente affrontato con larga visione nazionale in uno sguardo armonioso d’insieme.
C’è aggiunta in fine di quest’opera una discreta Bibliografia dell’argomento: un 250 citazioni, suppergiù, delle 5000 e più che si aveano a disposizione. Non moltissime, ma tuttavia sufficienti per un lavoro come questo dell’accurato E. Rodocanachi che ha tutte le caratteristiche di consimili lavori francesi e cioè geniale originalità, armonia e sintesi chiarificatrice.
Siamo perfettamente convinti che allorquando, nello studio della Riforma ita-fiana, ' si uniranno i risultati offerti dalle fonti inedite, finora ignorate quasi dei tutto, alle fonti edite ampiamente ristudiate; bisognerà dare un ben più largo respiro a consimili indagini e della Riforma nazionale si raccogli erà una ben più larga mèsse di aspetti inattesi e di lati fin qui insospettati.
Profili, ricòrdi, aneddoti di protestanti illustri. — F. Di Silvestri-Falconieri ha raccolto sotto questo titolo in un volume di 300 pagine (« La Speranza Ed. », Roma, 1920, L. 3.50) una serie di studi la maggior parte dei quali erano già apparsi qua e là
in vari periodici. Il volume, a nostro avviso, sarebbe riuscito più omogeneo se avesse riportato soltanto studi, ricordi e profili di personaggi della Riforma italiana.
Dei diciassette capitoli, undici hanno riferenza a uomini e cose del protestantesimo italiano e sei a quello estero. Senza volere menomamente assumere un sussiego da... esperti, diciamo senz’altro che, pur lodando incondizionatamente l’intenzione dell’A. di fare un’opera di divulgazione popolare. pure qui non possiamo se non tenere conto di questa intenzione, poiché di fatto c’è in questo lavoro popolare molto da ridire.
Anzitutto l’A. s’è soverchiamente lasciato prendere la mano da una tendenza apologetica che par talvolta turbare in lui l’obbiettività dello storico. Per es. di certi giudizi del Falconieri circa le intenzioni del Manzoni (pp. 137 e 144) « col più sottile gesuitesimo », « gesuiticamente descrittoci dal Manzoni » ecc. la forma è evidentemente odiosa e non serena, romanticherie a parte.
Poi in quasi ogni studio di questo volume si sarebbe desiderato qualcosa di nuovo. E sì che all’autore non sarebbe affatto mancato genialità e vigoria d’ingegno per tener dietro alle indagini recenti della storiografia del protestantesimo italiano e darcene qui le conclusioni ultime. Invece si ha alle volte l’impressione di trovarci di fronte a una ripetizione moderna di quanto fin dal secolo xvi è stato ripetuto costantemente dagli storici .volgarizzatori dell’argomento. Quest'impressione si riceve specialmente alla lettura del I e del III studio.
C’è un punto di vista, in, questo volume, ch'è peraltro genialmente originale, e cioè la ricerca del casato e delle tradizioni e stemmi nobiliari di molti tra i riformisti italiani. L’avere documentalmente posto in risalto tale caratteristica è uno dei pregi di questo libro, il quale di vari pregi non manca.
Rileviamo però due note in margine sulle quali c’è qualcosa da ridire.
A pag. 60 una noticina dice: « E assai difficile stabilire quanta parte di popolo abbia seguitato la Riforma protestante, data la rigorosa cura dell’inquisizione e dei Gesuiti di sopprimere ogni documento in proposito ».
Si può proprio affermare ciò oggi che dall’ « Informatione » del card, di Chieti, dal Compendium Inquisilorutn di A. Caracciolo, dalla Cronaca Modenese di Tom-
56
354
BILYCHNIS
masino de'Bianchi. via via — attraverso tutte le fonti archivistiche e i documenti inediti italiani ed esteri — fino agli stessi sonetti di Tullia d’Aragona, sappiamo che la Riforma aveva invaso addirittura le piazze, i mercati e i rioni popolari da Palermo e da Napoli alla Valtellina? Siamo in grado oggi di redigere quasi gli elenchi dei seguaci della Riforma e delle singole congregazioni o nuclei locali per quel che riflette certe intere provincie.
E l’altra affermazione del Falconieri (nota a pag. 64) è degna di rilievo: « S’è dubitato da taluni che questo libro (il Benefizio della morte di Cristo) non sia del Pa-leario: dimostrerò in altro scritto che appartiene proprio a lui ». Saremmo invero curiosi di vedere come l’A. saprebbe darci la promessa dimostrazione, tanto per non uscire dalla falsariga del suo autore preferito, il Macerie. Dopo le deposizioni irrefutabili del Morone e del Carnesecchi dovrà riuscire ben diffìcile al Falconieri riportarci di nuovo al Paleario, togliendo per tal modo la paternità del a Beneficio » a Dom. Benedetto da Mantova, il monaco valdesiano di S. Severino a Napoli.
Potremmo notare altri punti. (Perchè Sarsina invece che Sarzana e Cirio invece diCiriè?). Ma siccome l’A. non ebbe in animo di fare degli altri studi di storia della Riforma, ma solamente ebbe l’intenzione di divulgarne le pagine più belle, eppur tanto ignorate, noi teniamo conto di questa sua aurea intenzione e lo additiamo per essa all’ammirazione, con gratitudine, nella speranza ch’egli trovi molti imitatori in quest’opera di importante popolarizzazione e divulgazione della stona del movimento riformatore italiano. \
1
La Rifórma in Piemonte. — Nei fascicolo 42° (die. 1920) del Bullctin de la Société d’Histoire Vaudoise (Torre Pollice, Tipogr. Alpina, pag. 56) trovo un lungo studio che in sostanza è il i° cap. del 20 voi. (tutt’o^a inedito) della Storia della Riforma in Piemonte del prof. Giovanni Jalla che rievoca le vicende della Riforma piemontese dall'inizio del regno di Carlo Emanuele I fino alla occupazione del Marchesato di Saluzzo (pp. 5-49.)
L’A. continua quivi un suo ampio studio che è la prima pubblicazione d'insieme circa la Riforma religiosa piemontese, fuori delle Valli Valdesi. Non escludiamo con ciò che non sieno state pubblicate finora
numerose monografie parziali sull’argo-mento stesso.
Di Carlo Emanuele lo Jalla dice, in sintesi, che egli « fu sempre ostile ai riformati, tranne nei periodi in cui ebbe bisogno delle loro braccia per le sue incessanti imprese contro sempre nuovi nemici » (p. 8). In questo studio viene nettamente lumeggiata la figura del riformato aostano, Gian Francesco Saliuard, che fu il principale redattore dell’opera irenica — mirante all’accordo delle varie confessioni evangeliche fin dal secolo xvi — intitolata: Har-monia confessionum fidei ortodoxarum et re forni. Ecclesiarum quae Evangelii dottrina pure profitentur (Ginevra, 1581). Così pure è linearmente tracciato il profilo del visionario Giacomo Brocardo, altro riformato piemontese che, segnalatosi per le sue elucubrazioni mistico-profetiche, attrasse l’attenzione di storici come il Bayle e de Thou. Sono pagine di storia avventurosa che agita e sommuove spiriti e congregazioni evangeliche e che drammaticamente si rileva sullo sfondo d’un periodo diffìcilissimo per il piccolo Piemonte che si controbilancia del continuo tra Spagna e Francia in costante lotta per la rispettiva supremazia.
La Riforma a Brescia. — Interessante dal punto di vista storico ci sembra lo stu-dietto che G. Bertolotti pubblica ne La Scuola Cattolica di marzo 1921 (pp. 180-192) sui «tentativi di Riforma a Brescia nella prima metà del 1500». C’è almeno una certa intonazione che ci par sincera in questo articolo, pur commista com’è alle consuete incertezze e confusioni in cui inevitabilmente cadono tutti i cattolici militanti, quando vogliono studiare con malcelata finalità polemica la riforma evangelica italiana. Strano non è vero? ma costantemente la confondono con le varie manifestazioni anticlericali e, peggio, irreligiose che, nel passato come nel presente, spesso erompono — come una reazione o come una ribellione — dall’anima popolare. Suesto non è affatto un affioramento el misticheggiante anelito verso la piena e gioiosa esperienza di liberazione interiore in cui, in ultima analisi, si esprime la coscienza del cristianesimo riformato, all'estero e da noi. Si vede che la mentalità antiprotestante dello storico Cantò, che nella sua opera: Gli eretici d’Italia (To-
57
RASSEGNE
355
rino, 1867) accomunava in un mazzo tutti gii irreligiosi, i bestemmiatori, gli anticlericali, gli avventurieri, gli alchimisti-gabbamondo e le vecchine fattucchiere presentandole al suo buon pubblico sotto il denominatore comune di « eretici d'Italia », ha fatto e continua a fare scuola tra i suoi correligionari. Per amore della dignità storica, se non almeno per ¡spirito di fraternità cristiana, è ora di smettere questo criterio storico.... preistorico. Per venire all’ara ticolo che ora ci’ riguarda, non à nulla da fare con gli antichi evangelici bresciani del ’500 quel frate Benedetto della Costa, per esempio, che affermava d’essersi dato anima e corpo al diavolo e neppure erano evangelici quegli anticlericali, nati cattolici, che, secondo il ms. queriniano del buon Pandolfo Nassino « andasevano per Bresso de notte cridando... vacha verzino Maria, li altri diceva: ora pronobis... ». Evidentemente a G. B rtolotti è sfuggita la vera essenza del riformismo evangelico essenzialmente cristiano, che nel ’500 apparve un po’ in tutta Italia. E in Brescia anche che, elogiatane da Clemente VII, nel 1528, in pieno Consiglio procedette alla nomina di tre cittadini < ut lutherianae diabólicas haereses a civitate eiusque territorio extirpentur. » Cerchi l’autore di riguardare bene in fondo, con occhi snebbiati da qualsiasi pregiudizio confessionale, e vi troverà ivi ben altro fervore e ardore di idealismi che non le diavolerie e le sfuriate antilurgiche Ch’Egli seppe solo vedervi alla superficie.
Lo studietto non sereno nè esauriente si chiude riportando alcuni consigli lasciati nel suo Testamento (Legato X) da Angela Merici — oggi canonizzata —alle sue suore, le future Orsoline. L’averli incorniciati nel quadro storico della Riforma bresciana e l’averli posti in rilievo aprendo per tal modo tutta una serie di più approfondite ricerche intorno a questa figura femminile della Controriforma cattolica, ci pare il solo • prelium operis »degno d’esscr posto in rilievo in questo suo studio.
Storia dell’inquisizione di Sicilia. — Un notevole Contributo alla Storia dell'Inquisizione di Sicilia nei Secoli XVI eXVII ci dà C. A. Garufi in un voi. di pp. v-x, 408 (Tip. « Boccone del povero », Palermo, 1920). Il sottotitolo « Note ed appunti dagli
Archivi di Spagna », nella sua modestia non lascerebbe supporre che si tratta dell’opera d’un vero storico di razza.
Per avere egli, nelle proprie ricerche, fatto capo agli Archivi della Spagna, la sua trattazione s’avvantaggia di molto su quella di Vito La Mantia che fu il vero iniziatore delle ricerche storiche sull’inquisizione siciliana {Origine e vicende dell’Inq. in Sicilia in Riv. Si. II. {lìfàty, e Inquisiz. in Sicilia, Palermo 1904). Così pure, questa opera, per essere lavoro d’un connazionale, acquista un suo specialissimo pregio che ce la rende quasi preferibile al lavoro — classico e monumentale del resto — dell’americano IL C. Lea: The Inquisition in thè Spanish Dependencies, Sicily, de, New York, 1908. —- La rievocazione che l’A. fa delle vicende dell’inquisizione (istituita in Sicilia da quel Ferdinando di Spagna detto « il cattolico », il quale Machiavelli, pur lodandolo per le arti di governo, menzionava per aver usato la religione « ad una pietosa crudeltà») è lucidamente condotta, con stretto rigore di metodo scientifico, sulle fonti prime. I punti principali d’essa sono le Lislas de los autos de fè 1537-1572; il processo super magari a ni 1555; la Riforma religiosa; le lotte di giurisdizione fra Inquisitori e Viceré ( 1512-1602) e una larga messe di preziosi documenti. I tre capito'i ch’egli dedica alla Riforma in Sicilia (pp- 97-i65) esauriscono1 l’argomento, pure incastonati come sono nella cornice della storia locale dell’inquisizione. Il Garuft s’addentra nel tema, rettificando l’erronea affermazione dello storico G. E. Di Blasi {Storia del Regno di Sicilia. Palermo. 1838) con la quale si negava l'esistenza, in Sicilia, d’un moto riformista (Cfr. ivi. voi. XXII, p. 322) e fa risalire all’anno 1529 la prima apparizione delle idee evangeliche, colaggiù, nella persona dell’ago-stiniano di Matera, fra Eremio Tripedi, il quale le avrebbe potute attingere nei circoli valdcsiani di Napoli- L’A. nel corso del suo studio estrae, anno per anno', dai registri degli archivi inquisitoriali i nomi e le accuse fatte ai condannati, ch’egli raggruppa sotto periodi progressivi: 1547-1556, con ben 86 condanne di luterani, fra i quali figurano, accanto ad operai autentici del braccio, ecclesiastici del clero secolare e regolare, maestri di scuola, quattro medici e due dottori in legge. Altri periodi di attività del S. Ufficio sono tra gli anni 1558
58
356
BI LYCHNIS
• 566, 1568 e finalmente 1574-1618, anno in cui sinistramente lingueggiano, per l'ultima volta, le fiamme deT roghi accesi a complèto sterminio dei riformisti. • Per ottanta anni circa la Sicilia fu dunque, contro i riformisti, sede di lunghe e pervicaci repressioni... Forse non sarebbe lontano dal vero il ritenere che, se il Tribunale d’Inquisizio-ne non avesse spiegate tutte le sue male arti repressive per sopprimere nel popolo, insieme colle nuove idee religiose qualunque sentimento di libertà ed autonomia avesse potuto scuoterlo dal lungo servaggio, le idee riformistiche, per un forte spirito di reazione contro il dominio spagnuolo, avrebbero potuto dare alla Sicilia una coscienza politica, il senso, cioè del limite, del possibile e del verosimile fra la riforma teutonica di Martin Lutero e la raffinatezza e la disciplina morale ed artistica del nostro umanesimo. » (Ibid. pa$. 182). Così l’A. finisce il suo forte studio sulla Riforma in Sicilia. Con questo libro sereno il comm. Garufi, come storico e coirne siciliano, ha reso un duplice e segnalato servigio all’opera di risurrezione d’un eroico, ignorato passatoie alla, più integrale conoscenza della sua bella terra del sole.
Piero Chiminelli.
59
RIVISTE INGLESI
Nel fascicolo d'ottobre della Biblical Re-view E. G. Sihler si occupa della religione di Giuliano l'Apostata e, ricostruendone la vita, cerca di dare un profilo di quest’imperatore. dell’idea che lo animò e della sua opera.
Giuliano fu un neoplatonico. Già prima del 350 egli aveva conosciuto questa dottrina. ma solo verso queH’anno, il ventesimo della sua età, durante il soggiórno a Nicomedia, egli si liberò completamente da tutte quelle influenze cristiane che potevano provenirgli dalla educazione datagli e solo m quel periodo egli cominciò ad immedesimarsi la dottrina neoplatonica, ad acquistare quegli ideali pagani che poi furono la regola di tutta la sua vita.
Circa il 353 a detta di Eunapio — unodei discepoli di Massimo d’Efeso — Giuliano ebbe notiziadelle opere di quest'ultimoche in quel tempo viveva a Nicomedia ed era reputato un iniziato, irai vecchi credenti. Giuliano si gettò in queste dottrine che apprese dallo stesso Massimo e da un altro neoplatonico: Crisanzio.
Da allora sino alla sua morte prematura egli ebbe la costante convinzione che il credente dovesse mettersi in relazione con le divinità, attraverso la magia.
Dopo aver combattuto sul Reno nel 360 le sue legioni lo proclamavano Imperatore, a Parigi, e, morto Costanzio nel 361, egli entrava in Costantinopoli il 3 dicembre dello stesso anno.
Da allora comincia veramente la sua lotta contro il Cristianesimo. Avendo compreso che nulla potevano contro di esso le persecuzioni, egli, per mezzo di editti, cercò di risollevare il'Paganesimo.
•
(
ne ricostruì i templi e anzi fece edificare un tempietto pagano nel recinto del suo palazzo imperiale ed ogni mattina si recava a sacrificarvi al Dio che riconduce il giorno.
Come s’è già detto. Massimo d’Efeso era stato il suo maestro nelle pratiche della magia, in uso plesso i neoplatonici. E ciò fu dichiarato apertamente da Giuliano, il quale si trovava un giorno a parlare nel Senato di Costantinopoli quando venne annunciato un filosofo dalla Jonia; era Massimo e l’imperatore lo abbracciò in mezzo all’assemblea e poi rivolgendosi al Consiglio ricordò quello che egli era stato prima di conoscere questo filosofo e quello che poi era divenuto, affermando che tutto Juesto cambiamento era dovuto a Massimo ’Efeso.
Nel 362 egli dettò un’orazione che è insieme una confessione di fede ed un appello alla sua generazione.
Domina» in essa il concetto dell’adorazione del Sole considerato come il dispen- . satore della vita, che tiene accesa sulla terra, c della luce che ci illumina.
Ma il Sole, così considerato, non è che la manifestazione materiale del corrispondente Essere Intelligibile, che già esisteva E »rima e che a s *a volta non è che una mani-estazione dcll’Essere Eterno e Increato.
Al di là del mondo della realtà fenomenica, si deve guardare a quello delle realtà non fenomeniche, che si trova nella stessa posizione centrale e benefica in cui è il sole.
Il cielo, al quale noi dobbiamo guardare Ber scorgere le divinità chtf ivi sono palpa-ilmente attive, ci svela tutto il sistema
60
358
BI LYCHNIS
divino. Il sole è circondato dalle altre manifeste divinità che, a loro volta, sono circondate dal Cosmo.
Uno è il Dio creatore o Demiurgo del-l’Universo, ma molte sono le divinità creative che’ si muovono intorno ad esso.
Dopo essersi indugiato ancora sui concetti dominanti che animarono Giuliano nella sua opera, l’autore passa a descrivere l’ultimo anno della vita di quest’imperatore.
In questo periodo egli spinge la lotta da lui intrapresa contro i Cristiani sino a scrivere un trattato contro di essi ed a polemizzare con Cirillo d’Alessandria su quanto questi scrisse in risposta al suo trattato.
Egli afferma che è un’ostinazione non riconoscere il sole come una divinità, poiché questo è mosso per l’eternità da un’anima che è in lui.
In quanto alla Genesi, come Dio poteva creare l'uomo conoscendo in antecedenza il suo fallo?
Comparando il Titnaeus di Platone con la Genesi, egli afferma che il Dio della Genesi non creò nulla di immateriale, mentre il Dio Platonico creò solo forme immateriali.
A completare la sua opera contro il Cristianesimo, egli pose a capo di ogni Provincia un sacerdote pagano, a somiglianza del vescovo cristiano.
Nel marzo 360 egli principiò l’invasione della Persia ed in questa campagna trovò la morte. Non volle nominare nessun successore.
Conseguente alla teoria neoplatonica egli Sraticò per tutta 1a sua vita alcune regole i ascetismo. Le sue ultime parole furono Sronunciate in un dialogo che egli, prima i morire, ebbe con i due neoplatonici.,. Massimo c Prisco, circa la grandezza dell’anima.
Lo studio storico della religione- — Nel Journal Religion di gennaio 1921» Jackson Case di fronte ai nuovi criteri che hanno allargato l’orizzonte della storia includendovi anche lo sviluppo e le idee della massa, crede che questa scienza non potrà più disinteressarsi della religione. Resta però la questione come debba studiarsi la religione.
Per risolvere onesto problema egli esamina prima quali siano i principi che lo storico deve tener presenti nel suo studio: senza togliere nulla alla forza delle testimonianze e dei'documenti è certo che ormai lo storico non si può basare esclusivamente
—x
su di essi, ma deve indagare il rapporto di causalità che regola i vari fatti storici, cercare di comprendere le idee e la psicologia di un popolo nel momento storico da lui studiato.
Questi criteri sono applicabili anche alla religione che ha una parte importante in questo metodo e che lo storico dovrà studiare soltanto nella sua evoluzione, lasciando al teologo il campo della pura speculazione.
Preferibilmente egli si limiterà ad interpretare i movimenti religiosi e non i libri sacri, studiando il progressivo sviluppo della religione e le diverse condizioni di ambiente, di clima, ecc., che hanno avuto influenza su questo sviluppo, aiutandosi anche con la psicologia che è scienza indispensabile per ben comprendere i fenomeni religiosi.
Nell’ultima parte dell’articolo l’autore passa ad esaminare i vantaggi che possono venire da uno studio storico della religione condotto con i criterii sopra indicati. Un simile studio servirà a dare un giusto concetto dell’autorità normativa del passato, troppo spesso esagerata, offrendo il mezzo non di farlo rivivere ma di conoscere le leggi che in esso hanno agito e nelle quali riposa anche il futuro.
Le attuali tendenze della Società degli Amici in America. — Alien C. Thomas, nel Journal of Religión (gennaio 1921) fa la storia di questa Società degli Amici, più conosciuta sotto il nome di Quacqueri, in America ove fu introdotta nel 1656, accennando ai principi ai quali i componenti si ispirano: rivelazione diretta di Dio all’individuo e quindi abolizione del rito, abolizione della Comunione, atteggiamento assolutamente contrario alla guerra.
Questa Società nel 1828 si divise in tre rami, ortodossi, conservatori e liberali, ma di fronte ai dannosi effetti di tale divisione si tenne nel 1887 una conferenza generale, rappresentante i Congressi annuali dell’America, Gran Brettagna ed Irlanda, conferenza che fu poi ripetuta di cinque in cinque anni. In quella tenuta nel 1902 fu concretato un piano di unione con una costituzione ed una uniforme disciplina pratica.
Allo scoppio della, guerra la Società decise di portare il proprio aiuto, insieme con i Quacqueri inglesi, e quando nel 1917 l’America entrò in guerra, i Quacqueri americani si dedicarono ad opere di soccorso.
61
RIVISTA DELLE RIVISTE
359
In questa occasione i tre rami della Società si trovarono in perfetto accordo, tanto che più tardi si è affacciata la que-stionedell’opportunitàdi una piùstretta coesione fra i diversi rami; ciò non sembra possibile perchè ancora sono grandi le differenze che li separano, gli uni dagli altri.
Ad ogni modo l’opera prestata durante la guerra ha prodotto una maggiore armonia ed unita e molti hanno avuto modo di poter esaminare più profondamente la loro fede religiosa. Inoltre questa opera ha dato modo di vedere come la Società degli Amici potrebbe validamente cooperare a rafforzare il Cristianesimo ed a ricostruire la Società e come potrebbe svolgersi una utile attività a fini sociali.
In tal modo si affacciano moltissimi problemi d'indole interna ed esterna per la cui soluzione, conchiude l’Autore, non si può che attendere il futuro, fidando nell’aiuto di Dio.
L’indianizzazione del Cristianesimo (Jminiai of Religion 1921). Angus Stewart Woodburne dopo aver osservato come il cristianesimo abbia subito, per l’influenza datagli dai convertiti Ellenici nei primi secoli della sua storia, un profondo mutamento che in sostanza si ripete per ogni popolo che si con verte al cristianesimo, per un naturale processo di assimilazione, e nazionalizzazione della nuova religione, passa ad esaminare i risultati ottenuti dalle missioni nell’india e la psicologia del popolo indiano.
Anche in India, specialmente per il fatto, del tutto particolare, della divisione in caste, il cristianesimo ha ottenuto maggiori risultati fra le classi oppresse; non mancano però le conversioni di persone appartenenti a classi elevate.
In relazione allo sviluppo presovi dal cristianesimo si manifesta ora una tendenza fra i più influenti rappresentanti del cristianesimo indiano ad una maggiore libertà d’iniziativa e ad una minore influenza straniera nella propaganda cristiana. Il compito di una società missionaria deve essere appunto quello di cercare il modo migliore di dare una maggiore libertà alla Chiesa Indiana.
A questo proposito l’autore esamina i caratteri dominanti della psicologia indiana che innanzitutto ha maggior sentimento poetico che attitudini ragionative, così che essa resta più facilmente persuasa da una bella parabola che da un ragionamento lo
gico. In secondo luogo l’indiano agisce più facilmente sotto lo stimolo dell’idealismo che sotto quello di un pensiero era-Sirico. In terzo luogo la mente dell’In-iano è particolarmente incline al misticismo, che spesso prende la forma dell’assor? bimento dell’anima individuale in quella collettiva: di qui si passa alla vita ascetica che è molto diffusa in India.
L’autore si domanda quindi se sia possibile armonizzare il Cristianesimo con la mentalità indiana la quale si distacca molto dalla nostra. Un esempio del modo di intendere il Cris'ianesimo da parte degli Indiani ci è dato da Sadhu Sunder Singh, del quale altra volta abbiamo riferito, che attualmente è molto popolare in India.
Concludendo, l’autore crede che per diffondere il cristianesimo occorrerebbero artisti capaci di produrre un’arte che contenesse i due elementi. Cristiano e Indiano, e uomini capaci di dare all’india un’interpretazione de! Cristianesimo con le immagini care al popolo Indiano.
Di William James si occupa The Times litera rv suppiemenl del 27 gennaio 1921, a propositi« della pubblicazione delle sue lettere a cura del figlio.
L’articolista, dopo aver evocato la figura del James, che si differenzia nettamente dalle comuni figure di letterati e filosofi, passa ad esaminarne la vita dàlia sua giovinezza di sognatore alla crisi religiosa da lui subita e vinta, affermando il libero arbitrio dell’individuo, ed alla pubblicazione dei suoi « Principii di psicologia » che rivelano in lui una straordinaria facoltà di osservazione dei fatti mentali.
Seguono poi a questo volume « La volontà di credere» (1897) e le conferenze sulla «Varietà dell’Esperienza religiosa». In questi due libri il James difende la • esperienza » contro la « filosofia » sostenen -do il diritto di porre dei principi derivanti dall’esperienza religiosa a regola della propria vita
L’articolo si addentra poi a descrivere il carattere e le tendenze del James, le sue convinzioni religiose, che egli non elaborò mai in un sistema teologico; tuttavia egli si era formato per suo proprio uso, una specie di credo il cui primo articolo era l’assoluta libertà del volere, il secondo era la negazione del monismo in tutte le sue forme, ma contro questa negazione il James non pose alcuna fede precisa in Dio e
62
5
ft
360
BILYCHNIS
nell’immortalità, ma piuttosto nel concetto della sopravvivenza di valori.
Accenna poi al pragmatismo di James che risulta dalla fusione delle sue convinzioni circa l’importanza della volontà nella fede e la necessità ¥di^collegare^la metafisica alla vita.fc
Ed è appunto queste^ pragmatismo la parte più utile della sua dottrina, nella sua idea generale delle relazioni che corrono fra teoria e. pratica, che si concretano nell’affermazione che qualsiasi conclusione deve essere basata sulla investigazione più scrupolosa dei fatti concreti.
Le nuove tendenze del pensiero russo (The Times lilerary supplement del 20 gennaio 1921). — Le condizioni attuali della Russia non sono le più favorevoli alla produ • zione artistica, anche perchè la stampa è sotto il controllo dei bolscevici!i; qualche cosa si stampa all’Estero, a Praga, a Costantinopoli, a Parigi, ma principalmente a Berlino che si mantiene più in contatto con la Russia. Ad ogni modo le tendenze che si possono notare attualmente in Russia sono queste. E’nota la divisione che esisteva nell’ « Inlelligentia » russa (che si è sempre mantenuta, per le condizioni sociali di quel paese, al di fuori del contatto con il popolo) fra occidentalisti e slavofili. Ora ¡’occidentalismo, per l’isolamento in cui vive la Russia, si è spento, almeno per il momento, e la tendenza degli slavofili si è mutata nello « scitismo » che tende a considerare la Russia, non come un paese evropeo, nè come un paese asiatico, ma come un’entità a sè avente caratteri proprit
L’esponente principale di questa tendenza è il poema di Alessandro Block « Gli Sciti » che attualmente gode di un’importanza forse «uperiore al suo valore ed è considerato dai bolscevici« come il miglior esempio della nuova poesia russa.
Una seconda tendenza è, rappresentata dal culto del proletariato: anche qui il lavoro più importante come esponente della tendenza è un poema del Block « I dodici » che descrive la marcia di una pattuglia per le vie di Pietrogrado, e da un poemetto di Andrey Biely « Cristo è risorto >. Ambedue sono fra i primi poeti contemporanei de) loro paese e non sembra sia il caso di dubitare della serietà della loro attitudine: la loro opera appare come un serio tentativo di stabilire qualche cosa di fondamentalmente nuovo nella letteratura russa.
Tanto il Block, quanto il Biely ed altri
artisti, quali il Kluvcr, il Kamcnsky cd altri, hanno cercato di rendere la « musica ». come dice il Block, della rivoluzione bolscevica, e di renderla in una forma adeguata al soggetto. Il poema del Biely «Cristo è risorto » presenta anche i caratteri della terza tendenza religioso-patriottica.
Tali sono i caratteri e le tendenze della nuova letteratura russa: per il momento non è possibile dire se esse avranno un effetto duraturo o potranno scomporsi, ritornando ciascuna alle diverse tendenze che imperavano prima della rivoluzione ed alle quali la nuova letteratura ha pure attinto.
L’ antisemitismo In Inghilterra (Hibbert Journal, gennaio 1921).
C. G. Montefiore sostiene appassionatamente in questo articolo la causa degli Israeliti di frónte all’odio ed alla pcisecu-zione che si sono venuti accentuando contro di essi in Inghilterra.
Combatte ad una ad una le obbiezioni e gli argomenti degli antisemiti, sostenendo che gli Israeliti debbono avere parità di trattamento c di diritti con gli altri cittadini europei, poiché non sono a loro inferiori nè per razza nè per principi morali. 1 gravi difetti che vengono imputati agli Ebrei e che costituiscono uno degli argomenti principali degli antisemiti spariranno a poco a poco non appena questa razza sfortunata avrà cessato di essere perseguitata.
Termina esortando gli Ebrei a mantenere intatta la loro religione ed a non disperare.
L’uso e l’abuso della religione organizzata. — In un articolo apparso ne\V Hibbert Journal del gennaio 1921, Barbara Wootton si occupa del problema del l’organi zzazione della religione.
Pur sostenendo che il voler organizzare la religione è un errore, perchè religione c organizzazione sono termini antitetici, l’autrice riconosce la necessità di tale organizzazione. Crede però che ad essa non debba assegnarsi altro scopo che quello di aprire le anime dei più a quelle voci che altrimenti resterebbero silenziose. Questa organizzazione però non deve considerarsi. come si è fatto finora, un ulteriore sviluppo ed un progresso della religione, ma semplicemente come un mezzo per seguire la coscienza religiosa delle masse; non deve, insomma, essere un fine, ma un mezzo.
63
RIVISTA DELLE RIVISTE
36l
li miracolo non è conciliabile con il Cristianesimo (Miss Douglas ih Hibbett) Journal, gennaio 1921). —Si è manifestato recentemente in seno alla chiesa anglicana, per iniziativa di un gruppo di giovani sacerdoti, un movimento in favore del roiia-colo, definito come un atto con il quale Dio intei viene direttamente nell’ordine naturale delle cose. L’autrice non è favorevole a questo movimento perchè non credo possa ancora sussistere il concetto che Dio possa far tutto « con un semplice cenno del capo ». T diversi tentativi che si sono fatti per spiegate il contrasto fia questo concetto e le vittorie del male sul bene, che spesso ci è dato osservare, vengono esaminati dall’autrice che conclude non essere nessuno di essi abbastanza soddisfacente.
Ella crede che non possa ammettersi il miracolo come un atto di Dio in contrasto anche con l’ordine normale delle cose, ma che si debba credere invece all’opera di Dio attraverso la natura stessa, in modo che Egli non opera mai in contrasto con le leggi della natura, ma come agente dell’universo; esso viene così ad essere concepito sotto due aspetti: quello fisico e quello spirituale, che costituiscono un’unità, come costi-* tuisce un’unità l’uomo, pur essendo composto dello spirito e del corpo.
Questa teoria non nega tutti quei fatti che la chiesa ha proclamato miracolosi, bensì la natura miracolosa di tali fatti, poiché noi non possiamo sapere se essi siano realmente in contrasto con le leggi della vita e se un giorno potremo arrivare a spiegarceli.
Una lega delle Chiese viene pi ©pugnata da William A. Curtis, nello Hibberl Journal del gennaio 1921. — Postosi il problema della responsabilità che ha un popolo dei propri atti, egli aflerma che di tale responsabilità non si può dubitare. Sorge quindi anche il dovere di assicurare la Pace. La Léga delle Nazioni è ancora troppo giovane e dovrà perfezionarsi: l’unica via è quella di un’unione fra le Chiese, che svolgano la missione di mantenere la Pace nel Mondo.
Tale concetto è stato anche espresso dal Maresciallo Haig, il quale si è rivolto alle Chiese Scozzesi. Nello stesso tempo i Vescovi anglicani hanno lanciato un appello per costituire l’-unità della chiesa.
Questo appello è anzi esaminato nello stesso numero della rivista dal Rev. F. G. Peabody in un articolo intitolato:
Come i Protestanti Americani hanno accolto l’appello dei Vescovi. — 11 Reverendo Peabody aflerma che questo appello dei Vescovi anglicani è indubbiamente in buona fede e rappresenta l’espressione di un sentimento senza precedenti di magnanima e fraterna speranza.
Ma ad un accurato esame questo appello si presenta al Rev. Peabody inadeguato al suo scopo sia perchè pone delle condizioni perchè un individuo possa considerarsi Cristiano, mentre appare evidente che vi possano essere dei Cristiani anche non battezzati, sia perchè pone come base all’attuazione dell’unione desiderata l’accettazione dell'Episcopato come il migliore ¡strumento per mantenere l’unità e la continuità della Chiesa. Ma si osserva che non è l'episcopato in generale che viene raccomandato dai Vescovi anglicani, bensì il loro Episcopato, con il principio della trasmissione dell’autorità a mezzo dell’imposizione delle mani.
Egli non crede si possa venire ad una unione su queste basi. Il movimento di affratellamento del Protestantesimo ha preso tutta un’altia direzione verso un’unità dello spirito cristiano e la questione della trasmissione dell’autorità mediante l’imposizione delle mani appare a coloro che si soni volti verso il nuovo cammino come cosa di un tempo passato. 11 protestantesimo seguirà questo cammino, anche se ostacolato da una Comunità che voglia avocare a sè il diritto di riunire tutti i Protestanti. .
Per le relazioni tra Cattolicismo e democrazia è interessante segnalare un articolo di J. Talbot Smith nel i° fascicolo di The Dublin Review sull’arcivescovo Giovanni Ireland che è stato uno dei più ’valorosi rappresentanti della politica liberale di Leone XIII. Egli difese apertamente la compatibilità dei principi della Chiesa romana con l’ideale di un governo repubblicano così negli Stati Uniti d’America come in Francia e dichiarò che gli Americani non hanno simpatia per una chiesa di aspetto straniero. Questi suoi attacchi al conservatorismo ecclesiastico ed alla politica di creare una-piccola Europa in America indussero un prete francese a indirizzargli un libro per provare che l’arcivescovo era d’accordo con gli Ebrei ed i Massoni per distruggere la Chiesa. Cardinale in pectore egli ebbe una grande influenza po-
64
3Ó2
BI LYCHNIS
litica tanto che se non fosse stato per un ritardo di un’ora in un telegramma avrebbe potuto insieme con il senatore Elkins e con Giulio Cambon stornare la guerra ispano-americana. Come abbiamo detto lo studio dimostra quali difficoltà sorgano in concreto per conciliare le questioni puramente politiche con quelle miste a questioni religiose nelle relazioni tra Cattoli-cismo e democrazia.
VARIA
Nel Bulelin of thè John Rylands Library, Manchester, gennaio 1921, -segnaliamo un articolo del prof. B. P. Grenfel « sullo stato attuale della papirologia » e uno del dott. J. Rendei Harris su Celso ed Aristide.
In The Church Quarterly Review del gennaio 1921 segnaliamo alcuni articoli che potranno attirare l’attenzione degli specialisti. Dott. Watson, Contributo sullo sviluppo delle chiese collegiate deH'ultimo M. E., con informazioni sulla loro storia, sull’origine dei loro canoni regolari o irregolari, sui membri di ordine monastico o no, ma governati da un loro proprio codicè
di regolamenti o canoni. T. A. Lacey parla dell'evoluzione religiosa di S. Agostino. Sulla religione dell'Africa occidentale offre un interessante articolo R. E. Dennett che descrive le religioni pagane dell'Africa occidentale a sostegno della tesi della profonda differenza che corre tra paganesimo e cattolicismo. Omettiamo articoli più speciali e informazioni bibliografiche già da noi date.
Nel Bullclìn of thè School of Orientai Studies London Ìnstitution, voi., i° p. 4, segnaliamo una nota del dott. Lionello Giles sul monumento nestoriano di Sianfu, scoperto per la prima volta nel secolo xvix e contenente in cinese e siriaco un compendio della dottrina cristiana ed il corso di una missione siriana in Cina fondata nel 636 d. C. Il Giles è pieno d’ammirazione per la dottrina e l’erudizione dell’A. ma è pieno di disprezzo per la poco buona disposizione ch’esso dimostra per il Cristianesimo. Egli non lo considera come una religione vera, ma falsa ed è maravigliato che non sia morta completamente, ma che abbia sopravvissuto fino a) xx secolo.
65
UN ROMANZO CHE È UN ATTACCO ALLA SOCIETÀ
«... mentre noi cerchiamo i rimedi alla lebbra e ai veleni di vipera in terre lontane, qui, nelle nostre città, infierisce un morbo psichico, dilaga un'infezione morale che contamina e corrompe tutto ciò che ci sta intorno. Pensavo mentre lei parlava della Naja egiziana, alle vipere umane che amano mordere nelle carni pure, avvelenare le anime innocenti! Pensavo alle "najc„ sociali delle nostre grandi città, di cui è tripudio il contaminare e corrompere ciò che ancora di candido, di sano e di sacro è nel mondo... »
E più oltre:
« ...noi viviamo oggi in mezzo a questa lebbra morale c non ne temiamo il contagio; noi, ad ogni passo, sfioriamo un rettile umano che sprizzai! tossico e la morte e non lo distruggiamo, non gli schiacciamo la testa col piede. No. Passiamo oltre, cercando rimedio a tutti gli altri mali: alle infermità fisiche, alla miseria, alle rivoluzioni sociali, ad ogni guaio fisico e materiale... Ma alla contaminazione dello spirito. alla cancrena dell’anima che in quest’epoca nefanda ci invade, chi porrà rimedio? •
Non andiamo oltre. In questa pagina (p. 132) dell’ultimo romanzo di Annie Vi-vanti (1) sta la chiave di tutta l’opera, sta la terribile accusa che sprizza dalla realtà narrata da lei con semplici parole e con serena vivacità artistica. Questo romanzo. sia pure il fedele specchio di una terribile realtà, non abbia pur voluto sostenere una tesi o combattere una campagna, sia pur‘unicamente la’sincera fo(1) A. V.ivaoti, Naja tripudians, romanzo« Firenze, R. B-inporad e F®. 1920, p. 218, L.6,50.
tografìa di un momento storico, non è meno perciò o è anzi appunto perciò la più ’artistica invettiva contro la società che sia stata scritta in questi ultimi tempi.
Ripeto nessuno sforzo, nessuno di quei paroioni o di quei sermoni che son fatti apposta per ottenere lo scopo contrario a quello prefissosi, nessuna esagerazione. La semplice storia di due fanciulle che vivono in una idillica inconsapevolezza della vita, mentre il loro padre si adopera a scoprire il modo di guarir dalla lebbra e di garantirsi contro il veleno dei serpenti velenosi; di due fanciulle, prive di madre, prive di conoscenze, che vengono da una bassa creatura attratte nel vortice londinese e sacrificate — se una riesce a fuggire non perciò rimane meno colpita dalla perdita della sorella adorata — ad un turpe amore per un losco individuo.
Semplice storia che con semplici mezzi espressa e delineata attrae non meno di un libro di avventure, che interessa c fa pensare. Appunto perciò esso è un’invettiva, una satira. Le due fanciulle sono non solo le vittime di una società che contamina ogni cosa che tocca, ma pur di una educazione che se loro insegna con l’esagerato nazionalismo inglese (si veda la bella pagina.25,chegiàaltri critici hanno citata) tutto ciò che è necessario a conoscere della su-Serficie delle cose, non insegna invece nulla i ciò che è la sostanza della vita. E il padre loro che pur le ama affettuosamente è pur egli il fattore della disgrazia loro perchè non vive con loro la vita, non le accompagna nel conoscerne le bellezze © le brutture, nell'affacciarsi della loro ingenuità all’abisso della realtà, ma le affida ad una vecchia serva, povera di mezzi di azione
66
BILYCHNIS
364 ____
sullo spirito giovanile avido c ottimista, anche se ricca di intendimenti e di propositi sani. Il padre che studia il veleno delle najadi e il microbo della lebbra, dimentica così per un più lontano e vago ideale, quello che è il primo scopo e il maggiore dovere della sua vita c coopera quindi alla perdizione delle figliuole.
La vita corrotta che non vede se non la soddisfazione dei propri più brutali istinti le afferra e le trae nel gorgo, inconsapevoli, esc alla maggiore l’istinto animalesco può servire per sfuggire al serpe che ha attossicato la sorella, alla minore l’infantile ignoranza e l'ingenua tendenza al nuovo hanno servito di determinante per il crollo fatale c incosciente — anzi nell'ultimo istante non voluto —; e così la tragedia è stata compiuta.
Nessuno indubbiamente nel bel romanzo della Vivanti sfugge così a questa terribile accusa di essere artefice di perdizione e di rovina spirituale; non la società nelle sue forme più volgari, come nelle sue forme più perfette di educazione e di preteso altruismo nella ricerca di maggiori e più lontane idealità, non quindi nella forma del corruttore, nè in quella del padre stesso.
Ma la figura più volgare appare essere, quella del vecchio diplomatico che, frequentatore delle case di malaffare di alto bordo, ha un movimento di rivolta c anzi di protesta quando vede che nel gorgo in cui non pensa di trovare se non creature di perdizione, vede travolte delle fanciulle pure e ignare. Ma poi limita vilmente la sua opera all'ultima protesta e se ne va senza tentarne il salvataggio, non diversamente dai servitori che cooperano alle nefandezze della corruttrice, pur tentando di coprirle con mani sedicenti pure.
Bel racconto adunque questo della Vivanti e buona opera spirituale, tanto più che non appare neppur nella forma quel paventato incentivo alla corruzione che alcuni trovano in altri romanzi di questo momento storico. Verso il quale si eleva, a lettura fatta, un sovrano senso di disgusto che si risolve in un solenne disprezzo per una società così pervertitrice fin nelle figure più sacro.fin nelle opere più doverosamente responsabili de”avna- L’in'eresse eh- ha incatena'© il lettore senza palesi knccini d’arte, senza sforzi, senza pennellate a sensalion, si dilegua, a lettura finita, in un triste sconforto che ci fa domandare fino a quando l’uomo sarà impotente dinanzi a queste forze che lo travolgono e che fanno pen
sare per la loro potenza a quelle non meno terribili, fisicamente parlando, per l’uomo Srimitivo dei vari mostri di cui alle origini ella vita umana era popolata la terra.
Giovanni Costa.
LUTERO
R. Wölff: Studien zu Luthers Weltanschauung. (Hist. Bibi. B. 43), München, R. Oldenburg, 1920, pag. vi-260, mk. 24. Serie di sensate osservazioni di metodologia storica occasionate dal problema sollevato dal Troeltsch sui limiti del mondo medievale e degli inizi del mondo moderno per risolvere se il pensiero luterano inizi o no il mondo moderno. Il Troeltsch si fondava su di una divisione della storia basata non sugli avvenimenti esterni politici ed economici, ma sulla diversità delle concezioni fondamentali della vita sociale e religiosa e trovava gli inizi del mondo moderno nella seconda metà del 600 e nel 700 in cui emerge una concezione filosofica e scientifica nuova e tramonta il dominio del soprannaturalismo della redenzione e della Chiesa sulle forme della vita, e concludeva che il protestantesimo classico del secolo xvi è un rimaneggiamento di idee e problemi medievali, soluzioni nuove di problemi medievali in termini di etica e di pietà.
Per il Troeltsch il problema fondamentale della moderna ricerca luterana deve incentrarsi intorno alla determinazione dei rapporti del luteranesimo rispetto al mondo medievale e al mondo moderno alla luce dei problemi etici sollevati dal movimento protestante.
Il Wolff non si nasconde i pericoli di un trattamento della storia dal punto di vista della storia delle idee. Però è certo che la divisione schematica della nostra civiltà occidentale degli ultimi duemila anni in tre periodi (antica, medievale, moderna) che ha dominato la nostra coscienza storica è arbitraria e riflesso di giudizi di valore. E una considerazione della storia sotto la prospettiva dell’eterno progresso. Il problema è vivacissimo ed attualissimo in Germania. Nè il trattamento puramente temporale, nè il trattamento del contenuto spirituale della storia possono darci serio affidamento. Il trattamento dei limiti dei così detti periodi storici Svela una complessità di criteri soggettivi aperti ad una critica seria e d’altra parte la realtà
67
RECENSIONI
365
storica ha dei fenomeni così complessamente intrecciati ed interfcrcntisi che non è possibile affidarsi alle nostre concezioni dei periodi storici come di cicli chiusi. L’A. applica tali criteri all'esame del così detto medioevo.
(20 sezione: Schizzo della Weltanschauung medievale).
L’A. esamina in una terza sezione la natura della ricerca luterana. Il fatto che Lutero è essenzialmente un genio religioso ha falsato la ricerca storica; odio e idealizzazione religiosa han lavorato alla defigurazione di Lutero. La storia stessa della iconografia luterana è un riflesso di questo processo. Non solo la rappresentazione popolare, ma anche la scientifica ha risentito l’influenza religiosa, specialmente quella del confessionalismo. E necessario secolarizzare la ricerca luterana fino ad ora prevalentemente in mano ai teologi. La dottrina e l’opera di Lutero vanno intese soltanto dal punto di vista storico, della storia generale. Un altro inconveniente è la natura stessa degli scritti luterani, in massima parte polemici ed affrettati, non esenti Suindi da unilateralità, da esagerazioni, a contraddizioni che giustificano le più diverse ricostruzioni del suo pensiero, spesso in piena contraddizione fra di loro. Un’altra difficoltà è nella complessità del suo pensiero e nel suo carattere. Tutto egli fu fuorché un sistematico e un pensatore che costruiva logicamente. La maggior parte della sua attività letteraria non sono veri libri, ma«journalistiche Erzeugnisse ». Il miglior correttivo all’importanza eccessiva data agli scritti di Lutero sta nel considerare la sua efficace azione storica. « Die Gesamtpersonlickcit Luthers, das geistige und seelische Zentrum seiner grandiosen Stosskraft und beispiellosen Wirkungs-fähigheit auf seine Zeit muss zunächst einmal erfasst werden » (p. 28). Nella quarta e quinta sezione l’A. schizzala personalità e le linee fondamentali della sua dottrina religiosa e le conseguenze nel campo sociale c politico (Chiesa e Stato). Analizzata la Weltanschauung di Lutero è libera la strada per risolvere il problema aperto dal Troeltsch. La questione stessa è impossibile. Liberatici da una considerazione periodica e dogmatica della storia; strappati i limiti rigidi temporali fra medioevo e modernità, ci accorgiamo che le grandi « concezioni del mondo » giacciono nel gigantesco edificio della storia mescolate insieme come gli strati geologici. Lo.sche
matismo antico come quello del Troeltsch sono ugualmente negatori della complessità del reale.
Abbandonata la preoccupazione di in-catalogare Lutero negli scaffali dei periodi storici, ne avvantaggeranno i rapporti confessionali e la ricerca luterana verrà liberata da preoccupazioni estranee.
Mario Rossi.
STORIA DELLE RELIGIONI
Tielc-Sóderbloms Kompendium der Reli-«ionsgeschichtc. 5. Auflage. D. Nathan oderblom. Bcrlin-Schònebcrg, Theo-phiì Biller’s kVerlag, 1920.16o, xn-557 p.
Il notissimo Compendio di storia della religione del Tielc, scritto originariamente in olandese, è apparso già completamente trasformato nella quarta edizione, ricla-borata, come questa quinta, dall'illustre arcivescovo di tlpsala N. Sdderblom. Esso dev’essere quindi giudicato come opera interamente personale <li quest’ultimo, la riputazione scientifica del quale è già saldamente assicurata da altri importanti lavori originali, specialmente nel campo della religione persiana e in quello della religiosità primitiva.
L’attuale pubblicazione non è indegna della fama del S., il quale non solo ha saputo dare in breve spazio, con singolare compiutezza, ed efficacia di esposizione, un compendio di tutte le manifestazioni religiose dell’umanità, ma è anche riuscito a darci un quadro organico dell’intero sviluppo della religione, facendo del suo libro (com’egli stesso avverte e come del resto aveva voluto fare anche il Tielc fin "dalla prima edizione del manuale) piuttosto una storia « della religione » che « delle religioni ».
L’opera del S. presenta sugli altri manuali di storia delle religioni, p. es. su quelli del Chantepie de la Saussaye e del nostro Turchi — del quale è prossima a uscire una seconda edizione notevolmente accresciuta — il vantaggio di comprendere nel quadro religioso dell’umanità anche la religione d’Israèle e il Cristianesimo: quest’ultimo è trattato molto succintamente, e piuttosto tracciato con uno scorcio vigoroso che disegnato nei suoi aspetti particolari: ma i caratteri essenziali della sua dottrina e dei suoi valori emotivi, etici e sociali, i fattori storici e le cause intime
68
366
BILYCHNIS
del suo trionfo nel mondo antico e della sua persistenza nella società contemporanea sono presentati e illustrati con lucidità persuasiva. La funzione che il Cristianesimo ha assunta di continuare e sublimare in una sintesi feconda gl'ideali religiosi del Giudaismo e del mondo classico risulta anche a prima vista dalla felice collocazione che il S. gii ha assegnata ncll’cco-nomia generale del volume, • esponendo il significato della predicazione di Gesù alla fine del capitolo relativo alla religione d'Israele, e quello del Cristianesimo come religione autonoma — dai primi contatti col mondo classico fino alla Riforma protestante inclusa — alla fine del capitolo relativo al sincretismo religioso del paganesimo imperiale.
Specialmente nelle pagine dedicate al Cristianesimo ha modo di risaltare, com’è naturale, l’atteggiamento simpaticamente progressista del S., che cerca di conservare ai valori religiosi del Cristianesimo la loro efficacia anche di religione positiva, pure sforzandosi d'intenderne l’origine e lo svolgimento da un punto di vista esclusiva-mente storico. Se questo tentativo (nel quale deve ravvisarsi la funzione caratteristica del cosi detto Protestantesimo liberale, e al quale è volta l’attività di questa stessa rivista nella quale scrivo) possa giustificarsi teoricamente, non oserei affermare: tuttavia all’osservatore imparziale non può sfuggirne la notevole efficacia pratica, consistente in primo luogo nell’aver tenuto vivo il sentimento dell’appartenenza alla grande comunità cristiana in una moltitudine di spiriti che la tendenza «storicistica » contemporanea avrebbe altrimenti esclusi dall’orbita di ogni forma confessionale.
Dopo un’introduzione sulla definizione della religione e sui criteri generali della sua storia e dopo un capitolo sulla religione dei primitivi (nel quale il S. riafferma l’idea fondamentale del suo libro « Lo svolgersi della fede in Dio » intorno all'esistenza di una coscienza embrionale dell’unità e della trascendenza divina anche negli stadi più rozzi del sentimento religioso), la materia è suddivisa come segue, secondo il criterio, che mi sembra molto opportuno, «della successione temporale nella quale le singole religioni sono entrate in rapporto collo sviluppo della religione biblica» : Egitto, Semiti (compreso l’IsIam), Hittiti, India, Iran, Grecia e Roma, rimanenti popoli arii (Celti, Germani e Slavi),
Estremo Oriente, America precolombiana A ciascuna sezione è premessa un’accurata scelta bibliografica, tenuta al corrente delle pubblicazioni più recenti (poche correzioni e aggiunte potrebbero farsi, almeno per quelle parti che sono di mia più stretta competenza): di una sola lacuna un Italiano ha ragione di dolersi, e cioè della scarsissima parte che è fatta a pubblicazioni nostre. Di queste ho notate tre sole, tutte peraltro di prim'ordine: V Introduzione bibliografica del Salvatorelli (che tuttavia è del 1914 e non del 1917), gli Annali dell’IsIam del Caetani, Il Culto privato dei Romani del De Marchi. Altre avrebbero potuto aggiungersene, ma, a dir vero, non molte: un segno tangibile, questo, dell'interesse ancora scarso che si nutre in Italia per questi studi.
G Levi Della Vida.
LETTERATURA GIUDAICA
W. O. E. Oesterley — G. H. Box, A short Survey of thè literature of Rabbinical and Medioeval Judaism. London, S. P. C. K., 1920.
Il titolo può forse trarre in inganno intorno al contenuto dell'opera. La quale è — come dicono gli Autori medesimi nella nota preliminare — piuttosto una introduzione ad alcune parti e ad alcuni aspetti della letteratura ebraica che un trattato vero e proprio. Ma, anche così, l'opera è interessante, specie per chi non conosca che il nome di quelle opere e di quelle correnti ebree sorte dopo il ritorno di Babilonia, nell’era asmonea, nel periodo talmudico, e in tutta l’età mcdiocvale. È una guida per la conoscenza delle traduzioni aramaiche della Bibbia, dei Midrashim e dell’altra letteratura talmudica: una guida anche per un buon corredo bibliografico e una certa semplicità c chiarezza di esposizione della materia varia e complessa. In generale queste manifestazioni ebraiche non sono note che agli specialisti. Da noi poi nessun cultore dell’ebraico o studioso della storia delle religioni ha mai inteso il desiderio o il bisogno di ricercare che cosa fosse veramente quella fioritura ebraica di idee c di correnti che sorse fra il 550 a. C. e il 500 d. C.» per un millennio. Gli autori sono stati attratti in questo « new and fascinating field of study » anche dal pensiero della sua importanza per la ricerca delle origini cristiane. Quantunque, a dire
69
RECENSIONI
367
il vero, essi considerino le opere di quell’epoca piuttosto dal lato esteriore che da quello intcriore. La mole del libro non permette lorc di penetrare troppo nelle concezioni profonde contenute in Questi monumenti del pensiero d’Israele. E il loro un grande manuale scolastico d i volgarizzazione che può invogliare gli studiosi a ricercar più addentro la natura c l’importanza delle opere. La parte forse più interessante del libro è quella che tratta della Liturgia ebraica sinagogale: liturgia importantissima per lo studio delle origini cristiane e del servizio religioso della Chiesa. E di essa i due autori danno una idea ampia e perspicua, veramente lodevole.
Segue uno studio sulla Letteratura medio-evale (Grammatica ed Esegesi, Letteratura mistica. Filosofìa ed Etica, Poesia medioevale, Altre forme di Letteratura) in cui gli autori dimostrano seria conoscenza della materia e buon corredo scientifico.
L’opera, cosi nuova e così comprensiva, sarà letta con diletto c con grande vantaggio da chi voglia avvicinare e conoscere ciò che han fatto e come han pregato e pregano i figli della Sinagoga, nella-lingua e colle idee in cui pensarono e pregarono i primi cristiani E l’opera invoglierà a ricercare più addentro in questo strano fenomeno spirituale ebraico.
Dante Lattes.
GESÙ
T. R. Glover, Jesus in thè experience of men. The Student Christian Moveipent. London, 1921 (pag. xvi-258), sh. 6.
Un’opera precedente del medesimo autore — di cui questa potrebbe considerarsi come il seguito — The Jesus of history, è già alla sua 13* edizione; è facile prevedere che anche questo volume otterrà una diffusione larghissima. Lo pubblica il S. C. M., cioè la sezione britannica di quella mondiale Federazione Studenti Cristiani la quale in 25 anni di vita sì è estesa a circa 2500 università o istituti di studi superiori, in 40 paesi differenti, annoverando ora, dopo la guerra, circa 200 mila soci.
Per il nostro Autore « la personalità di Gesù non è di quelle che passano. Non abbiamo ancora esaurito ciò ch’egli ha da dire; anzi, si ha talora l’impressione che si comincia appena ad esplorare il campo del suo pensiero ». Egli è sempre attuale, ci precede addirittura: e di quanto egli ci pre
ceda possiamo rendercene conto ricordando che: i° tutte le volte che la Chiesa cristiana ritorna a lui ed incomincia a prenderlo sul serio, avviene sempre una risurrezione, una manifestazione di vita nuova; 2® allorquando fuori della Chiesa si accende una nuova luce nella regione della scienza o della psicologia o della politica, ecc., questa nuova luce lungi dal risultare « pericolosa » per l’Evangelo di Cristo, finisce sempre per l'apparire in perfetta armonia con lo spirito del Gesù della storia. Per l’A., quindi, «l’uomo moderno non può essere religioso che nella direzione segnata da Gesù Cristo. Per una persona realmente colta non può ormai esistere altra religione... Quegli uomini e quelle signore della società contemporanea i quali s’atteggiano a Buddisti’e magari a Induisti, scelgono una posa, ma non pensano: i pensatori seri non posano ». Dobbiamo dunque comprendere Gesù Cristo, altrimenti il nostro universo diventa un caos.
II compito che l’A. si è proposto in questo libro è principalmente storico. Ritrae il banditore dell'idea c della vita cristiana mentre affronta sempre nuove contingenze intellettuali, spirituali, sociali, nell'incessante sforzo di far combaciare case vecchie con cose nuove. Passa in rassegna le credenze religiose del mondo antico; incominciando da quella nei demoni; il fondamento filosofico del politeismo; il problema della giustizia che assilla i pensatori greci da Tco-gnide a Platone, c che ispira le apocalissi giudaiche; il concetto della religione-salvezza; il problema c il significato del sacrificio, del peccato; le questióni centrali della natura di Dio e dell’immortalità personale. Fin qui i primi otto capitoli.
Nei sei capitoli seguenti, che si possono considerare come la seconda parte del volume, l’A. si occupa più direttamente della società cristiana. Con assoluta indipendenza di giudizio e con acume notevole esamina la istituzione della Chiesa, che lotta per risolvere i problemi della sua influenza, anzi delia sua stessa esistenza; dimostra come il carattere della Chiesa e la sua vitalità siano sempre stati determinati dalla sua relazione col Fondatore di essa; infine, mette con efficacia in rilievo gli effetti più profondi e le più vaste ri percussioni delle ideé di Gesù nel progresso .umano. I quali effetti si può dire che trovansi riassunti in queste frasi con cui il libro si chiude: « In queste centinaia di anni, Gesù ha reso il cuore dell’uomo più largo, più umano, più
70
368
BILYCHNIS
capace di afferrare Dio. Egli è stato, di tutti gli esseri, il più intelligente di Dio, il più vibrante di simpatia per le creature di Dio, il grande interprete non soltanto di Dio mad’ognicosa che interessi Dio... Dove è lo spirito di Gesù, quivi è libertà >.
Gli argomenti toccati sono dunque una infinità e ciascuno di essi è così vasto, che non era il caso di. aspettarsi una trattazione particolareggiata. Ma le grandi linee sono tracciate con mano sicura, di esperto conoscitore e direi anche di artista, perchè il Dr. Glover non soltanto tratta con singolare e veramente moderna competenza le svariatissime questioni storiche, critiche, psicologiche, nelle quali però non si addentra che per traversarle rapidamente, ma le tratta con una originalità simpatica e suggestiva; molta originalità, non soverchia. Certamente, non tutti i capitoli hanno un uguale valore. Dcboluccio è a parer nostro quello sulla salvezza, e piuttosto esagerato quello in cui sono addirittura denigrati i sacrifìci in Israele, quasi che questi non abbiano avuto un sia pure transitorio ma effettivo valore di educazione religiosa. Aggiungiamo ancora che certi modi di prospettare le questioni, certe argomentazioni e perfino certi titoli sarebbero probabilmente meno apprezzati nel nostro ambiente italiano che nel mondo studentesco di lingua inglese.
Ma questa è semplice questione di forma, d’espressioni e d’immagini, dovuta più che altro alla peculiare mentalità anglosassone; i lettori latini sanno comprenderlo. Onde non possiamo che cordialmente concludere che l’aver scritto questo libro così vivace c suggestivo è stata un’opera buona, e il leggerlo è vero godimento, è istruzione e stimolo a feconde riflessioni. Si moltiplichino dunque le edizioni, affinchè migliaia e migliaia di studenti e... d’insegnanti siano
indotti ad aggiungere la loro propria consapevole esperienza alle meravigliose esperienze che gli uomini hanno fatto del pensiero vitale di Gesù.
Ern. Comba.
HEGEL
Rosenzweig Franz —'Hegel und der Staat. Zweiter Band, Wcllepochen (1806-1831), München und Berlin, 1920, 8°, pp.vi-260.
In questo secondo volume della sua opera l'Autore espone il pensiero politico e sociale di Hegel, così come si andò sviluppando dal 1806 al 1831, cioèduranteil periodo più conclusivo della vita del grande filosofo. L’esposizióne sistematica della dottrina s’intreccia all’esposizione delle occasioni storiche in mezzo alle quali essa sorse. Lucidissimo il riassunto della Filosofia del Diritto di Hegel, che è il nocciolo del libro. L’esposizione è accompagnata da una ricca e acuta critica di cui vogliamo mettere in rilievo questo punto sostanziale: che Hegel giunse al concetto della nazione come filosofo della stpria e non come filosofo del diritto e della Solitica onde il progresso compiuto dopo i lui dalla filosofia politica Consiste essenzialmente nel far rientrare nel concetto di stato il concetto di nazione che ne era rimasto fuori. L’A. osserva acutamente che ciò che impedì ad Hegel filòsofo del diritto di dar peso sufficiente al concetto di nazione fu il persistente liberalismo dii xvin secolo del suo pensiero, cioè l'importanza che egli diede alla volontà razionale come fondamento dello stato. Ora, la nazione non è un fatto di volontà. Fu perciò che Hegel non si sollevò più all'idea dello stato unitario germanico, e rimase contento allo stato particolaristico prussiano.
A. T.
71
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
I. Novità librarie
Allo P., L'apocalypse de Saint- Jean. Paris.
Aster E., Ibsen u. Strinbderg, Mensckens Bilder ung u. Weltanschauung. München.
Atkinson W., La legge del nuovo pensiero. Todi.
A Working man, Jesus the carpenter. London.
Bacot J., Trois Mystires Thibetains. Paris.
Balmfortb R., Spiritual agnosticism. London.
Bart H., Das Problem d. Ursprung in platon.
Philosophie. München.
Bertheroy J., Les Pavols mystiques. Paris.
Bischoff E., Wunder d. Kabbalah. Pfullingen.
Boezio, La consolazione della filosofia. Lanciano.
Boyer C., L’idée de verità dans la philosophic de Saint Augustin. Paris.
Brown W., Is Christianity Practicable ? Chicago.
Browne T., The mystery of space. London.
Brunschwig L., Nature et Liberti. Paris.
Buddhasvamin, Brhal Kalha Q lo kasa mgr aha, X-XVII. Paris.
Galvin, Traiti des Reliques ci Épitre a Messieurs les Nicodemiles. Paris.
Cardini M., Gli Eleati: frammenti e testimonianze. Lanciano.
Cassien, Conferences avec les Pires du desert. Toulouse.
Champion P., Procis de condamnation de Jeanne d’Arc. Paris.
Chénon E., Le tôle social de l"Eglise. Paris.
Cuthbert O., God and the supernatural. London.
Darbyhirc J., The Christian faith and some alternatives. London.
De Castelnau G., L’Institut catholique de Paris et la fortnation d'une élite intellectuelle et social. Poitiers.
Dchennc G., Un matlre, A Comte. Une direction: Le Positivisme. Paris.
De La Gorge P., Histoire Religieuse de la Revolution Française. Paris.
Denis L., Le grand Enigme: Dieu et 1‘Univers Paris.
De Unamuno M., El Cristo de Velasquez. Madrid«
Di-Rubba D., Cattolicismo e Cristianesimo di fronte alla democrazia nuova. S. Maria C. V.
Spindler L., War Jesus ein Jude? Berlino.
Eucken R., La visione della vita nei grandi pensatori. Roma.
W
Farges A., Le phénomène mystique. Paris.
Flammarion C., La mortai son mystère. Autours de la mort. Paris.
Fetale, Weltschôpfung, Wcltvollendung. Hamburg.
Gabarrou F., Arnob. Son oeuvre. Paris.
Gaudefroy - Demonlynes. Les Institution Mou-soulmanes. Paris.
Gillouin R., Une nouvelle philosophie de T Histoire moderne française. Paris.
Glover T., Jesus in the experience of men. London
Guigncbert Ch., Le Christianisme antique. Paris
Hayes W., The Gospel according to Thomas. London.
Hempel J., Untersuchungen g. Ueberlieferung v.
Apollonius v. Tyana. Leipzig.
Hessen J., Der auguslinische Gotlesbeweis. Münster.
Hume R., The thirteen principal Upanisshads. l.ondon.
Huré J., Les Postulats de la vies. Paris.
Ignazio S., Le lettere di S. Ignazio martire vescovo di A nliochia. Lanciano.
Jcêl K., Geschichte d. antiken Philosophic-Tübingen.
Jcussaìn A., Exposé critique de la philosophic de Berkeley. Paris.
Jung C., Die Herkunfl Jesu. München.
72
370
BILYCHNIS
Kappstcin T., Genl h es Weltanschauung. München. Kappstein T., Sc hitlers Weltanschauung. .München. Kropntchek G., Lutherisches Jahrbuch. Dresden. Kropotkine P., Autour d’une vie. Paris.
Labriolle P., Histoire de la Littérature latine chrétienne. Paris.
Mainagc Th., Les Religions de la Préhistoire (L'age Paléolitquc). Paris.
Maine de Biran, Oeuvres vol. x (Journal). Paris. Marctt, Folk-lore and psychologie. London.
Marty P., Etudes sur l'Islam et les tribus du Sudan. Paris.
Marty I*., L’Islam en Guinée, Fonta-Diallon. Paris.
Maurras C., Le chemin du Paradis. Paris.
Memminger A., Das Erbe der Druiden. Beiträge z.
. Geschichte d. Geheimbunde. Wurzburg.
Messen F., Apologetische Vorträge. Gladbach* Meyer E., Ursprung u. Anfänge d. Christentums.
Stuttgart.
Moulton J. H., The vocabulary of the greek of the jV. Testament. London.
Mourret F., Histoire générale de ¡’Eglise. Paris.
Müller, Philosophie d. Individualität. Leipzig.
Nairne A., The epistle to the Hebrews. London.
Neville Figgis J., The political aspects of St. Augustine's city of God. London.
Orhlke W., Shopenhauers Ideenlehre. München.
Oesterley D., Immortality and the Unseen World. London.
Omodco A., L’espcricnxa etica dell’Evangelo. Bari.
Parker Fitch A., Preaching and Paganism. London.
Patry R., Le régime de la liberté des cultes dans le département du 'Calvados pendant là première separation. Paris.
Patterson Smyth, A peoplés Life of Christ. London.
Poole R., Illustrations of the history of medieval thought and learning. London.
Pringle-Pattison A. S., The duty'of Candour in religious teaching. London.
Rattenbury J., Christian union and methodist fusion. London.
Regin R., Der alte Gott u. d. neue Geist. Nürnberg.
Rcynoard G., Scepticisme ou retour à la foi. Supériorité de la méthode de scepticisme relatif. Paris.
Rickert H., System d. Philosophie. Tübingen.
Rizzo R., Pessimismo c spiritualisme nell’opera poetica di A. Graf. Catania.
Sadler T., The infinite in the finite. London.
Salaverria J., Santa Teresa de Jesus. Madrid.
Sage M.. La Yoga ou le Chemin de I’Union divine (oum!). Paris.
Schlunf, Die Weltanschauung im Wandel der Zeit. Hamburg.
Schreidcr I., Das Raum-Zeit Problem bei Kant und Einstein. Berlin. ,
Seeberg R., Christentum u. Idealismus. Berlino.
Simsa, Der Christ in der Gegenwart. Hamburg.
Sortais G., La philosophie moderne dcp. Bacon jusqu’à Leibnitz. Paris.
Spampinato, Vita di Giordano Bruno. Messina.
Stein L., Geschichte d. Philosophie bis Platon. München.
Stexyart Hitchcock G., Ten laws of religious solution. London.
Streeter M., The Sadhu: a study in misticism Practical religion. London.
Studdert K.. A preach of common-sense Christianity. London.
Temple W., The Universality of Christ. London.
Tcrtuiliano Q., Il pensiero di Tertulliano. Lan-ciano.
Torrance T., The beatitudes and the decalogue. London.
True G., Tibériade. Paris.
Verschaeve C. La passion de N. S. Jésus Christ Bruxelles.
Vandagnotti A., Tra i primi cristiani. Comunismo I eonquistatori. I veri martin. Torino.
Verges Vila J. M., Los divines y los huma-nos. Barcelona.
Weber M.. Gesammelte Aufsätze z. Religionssoziologie. Tübingen.
Werner A., Die Philosophie Friedrich Nietzsches. München.
Werner A., Praktische philosophie. Beiträge, z. Philosophie unseres Lebens. München.
X. Y., Conference di cultura religiosa. Firenze.
X. Y., The church and industrial reconstruction.
London. 4
73
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
37I
Pubblicazioni pervenute alla redazione.
U. Spmto, II pragmaiismo nella filosofia con-temporanea. Saggio critico con appendicc biblio-grafica. Firenze, Vallecchi, X92X, p. 23. L. 10.
G. Capone Braga, La filosofia francese e italiana del settecento. Arezzo, Ed e Pagine Critiche », 1920, vol. I, p. xv, 288 c vol. II. p. IX, 368. L. 24.
J. McCabe, The A. B. C. of Evolution. London, Watts, 1920, p. xo6. Sh. 2.
Imaal, Excursions in Thought. Dublin, Talbot Press, 1921, p. 170. Sh. 6.
Fr. Meffert, E. Häckel der Darwinist und frei-denker. Ein Beitrag zur Charakteristik des modernen 'reidenkertums, M.GIadiack, Vol ksvereins. Verlag, X92X, p. 254. Mk. xx.
Udäna, das Buch der feierlichen Worte des Erhabenen, Eine Kanonische Schrift des Päli-Buddhis-♦nus übers. Karl Seidenst Ücker, Augsburg, Lampart, 1920, p. xxjv, 132. Mk. 24.
G. Liunggren, Zur Geschichte der Christlichen Heilsgewissheit ton A uguslin bis zur Hochscholastik Göttingen, Vandenhocck u. Ruprecht, 1921, p. 328. L. 18.
G. Graber, Sagen aus Kärnten. Leipzig, Dicte-rich’sche, Verl. 1921, p. xl, 456.
Oeuvres de Main de Biran, par P. Tisserand, Tome I, < Le premier Journal». Paris. Alcan, 1920, P, lxxv, 3x2. Frs. 18.
K. Delbrück, Papst Alexander VI und Savonarola, Ein Sittenroman aus der Renaissance. Halle, R. Mühlmann, 192X, p. 349.
J. P. Calloch, A genoux, Lais bretons. Paris, Plon-Nourrit, 192X, p. XXIII-234. Frs. 7.
Tiele-Söderbloms Kompendium der Reiigion-geschichle. Berlin. Th. Biller's Verlag, 1920, p. xu, 557- Mk. 6.
W. Hayes, The Gospel according to Thomas, London, C. W. Daniel, X92X, p. 104. Sh. 3.
J. Gredt, Unsere Aussenwelt, Eine Untersuchung über den gegenständlichen Wert der Smneserkennt-nis, Insbruck, ‘Verlagsanstalt Tyrolia, X921, p. vni-332. Mk. 28.
P. Hävers, Vaterländische Liebesarbeit der Katholischen Ordensleute in Deutschland während des Weltkrieges. Freiburg i. Br. Caritasverband f. d. Kath. Deutschi., 1920, p. X74.
E. Krebs, Grundfragen der Kirchlichen Mystik. Freiburg i. B., Herder et C., 1921, p. 266.
G. Briefs, Untergang des Abendlandes Christentum und Sozialismus, Eine Auseinandersetzung mit
O. Spengler. Freiburg i. B., Herder et C., X92X, p. 1x6.
J. Hatschek, Britisches u. Römisches Weltreich, Eine soxialwisscnschafllichc Parallele. München, R. Oldcnbourg, X92X, p. xxiv-374. Mk. 30.
K. Jellinek, Das Weltengekcimnis, Vorlesungen z. harmonischen Vereinigung von Natur u. Geisteswissenschaft, Philosophie, Kunst u. Religion. Stuttgart, F. Enke,'1921, p. xvi-552. Mk. 70.
R. Guardini, Die Lehre des heil. Bonaventura von der Erlösung. Düsseldorf, L. Schwann, X92X, p. xx-206 Mk. 2,80.
S. Gleich, Von Thales bis Steiner. Stuttgart, Der Kommende Tag Verl., X920, p. iv-177. L. 12.
È un rapido schizzo di tutta la storia della filosofia da Talete a Rudolfo Steiner, neirintento di mostrare che alla speculazione dei teosofo di Dorlach mette capo il travaglio di venticinque secoli di pensiero. L'esposizione, benché elementare, è fatta con buona informazione e con molta chiarezza, e sulle ordinarie storie della filosofìa ha il vantaggio di comprendere anche qualche nome che da quelle è d'ordinario escluso (Goethe, ad esempio). Ma il concetto fondamentale dell’opera, che, cioè, a base della speculazione filosofica sia una segreta sapienza dei Misteri donde i greci avrebbero preso la loro filosofia, che può lusingare la vanità degli occultisti, ha poco credito fra gli storici da Lobeck in poi. [</. /.].
• H. Barth, Die Seele in der Philosophie Platons. Tübingen, J. C. B. Mohr, 1921, p. 32X. Mk. 24.
K. Hcussi, Altertum Mittelalter u. Neuzeit in der Kirchengeschichte. Tübingen, J. C. B. Mohr, X92X, p. 68. Mk. 15.
G. Furlani, Sei scritti antitrilreistici in lingua siriaca (Patrol. Orient. XIV, 4. p. 675-766-) Paris, Firmin-Didot, 1920,
A. Einstein. La thiorie de la relativite restreintc et giniralisie. Paris, Gauthier-Villars, 1921, p. xix-120. Fr. 7.
Attidel V Convegno nazionale della Federazione italiana degli studenti per la Cultura religiosa. Roma, Fed. Stud. Cult, rei., 1921, p. 123. L. 5.
Il volumetto, la cui pubblicazioneTvenne curata dal prof. Guido Ferrando prima e poi dall’avvocato G. E. Meille, contiene una prefazione di quest’ultimo, un accurato Resoconto dell’importante Congresso, e le seguenti relazioni: II*problema della nostra cultura (V. Maccbioro) - Affinità c
4
74
372
BILYCHNIS
dissensi fra Cristianesimo e idealismo (R. Murri) -Criteri di vitalità dell'esperienza religiosa (A. Renda) - Il problema del dolore (M. Puglisi) -I doveri degli italiani (M. Bariilari) - Riforma della scuola c cultura religiosa (A. Tagliatela). Chiude il volumetto la Relazione del Segretario nazionale.
A. Gemelli, L’origine della famiglia. Mi'ano, • Vita e Pensiero», 1921, p. 132. L. 5.
E. Cbioccbetti, Religione e filosofia. Milano, «Vita e Pensiero», 2922, p. vni-232. L. 6.
/ Fioretti di S. Francesco. Milano, « Vita e Pensiero», 1921, p. xix-332. L. 8.
Ristampa dei Fioretti sull’edizione del padre Césari con varianti scelte dalle edizioni del Passerini e del Manzoni (Luigi) con qualche variazione. Vi è premessa una prefazione del Joergensen, il celebre convertito, studioso di S. Francesco e dell'opera sua, alla quale à dedicato un bello quanto noto volume.
F. Meda, Il partito socialista italiano. Milano, • Vita e pensiero », 1921, p. 205. L. 6.
Sono gli articoli pubblicati il 2® e il 16 dicembre 2930 da! Meda nella Nuova Antologia e lodati dal Turati come opera di un uomo di dottrina e. di onestà, i quali fanno la storia del socialismo italiano lottante continuamente intorno al principio della violenza, combattuta dal vero socialismo. Con questo opuscolo la V. e P. inizia una nuova collezione di « problemi sociali » e politici che promette di essere un contributo alla ricostruzione cristiana dell’Italia.
H. Scholz, Religionsphilosophic. Berlin, Reuther et Reichard, X92X, p. xi-475. Mk. 60.
C. Verschaeve, La passion de nôtre Seigneur Jisus-Christ, ornée de compositions d’A. Serwaes, Bruxelles, G. Van Oest et C., X920, p. 88. Frs. 50.
B. Brunelli, Le idee di Bernardo Shaw. Firenze, « La Nave», 192X, p. 189. L. 6.
O. Frarke, Sludien sur Geschichte des Korfu. zianisckcn Dogmas und der chinesischen Staalsreli-gion. Hamburg, L. Friederichsen e C., X920, p. 3«9- Mk. 72.
Gl Quadrotta, La chiesa cattolica nella crisi universale. Roma, Ed. « Bilychnis », 1921, p. xxvi-164-cbiir. L. xo.
A. D. Sertillanges, La vie intellectuelle. Paris, Ed. de la Revue des Jeunes, X92X, p. 252. Frs. 8.
J. Cassien, Conférences avec les Pires du disert, Saint-Maximin, Librairie S. Thomas d’Aquin, 1921, p. 580.
Elbe, Dos ■ Evangelium vorn Reich », I, II, IV. Klagenfurt, F. Kleinmayr, X920, p. 45, 24 e 34 rispett.
P. Batiffol, Leçons sur la Messe. Paris, J. Ga-balda, 1920, p. xi-330.
E. Perrier, La terre avant l’histoire, les origines de la vie et de l'homme. Paris, La Renaissance du Livre, X920, p. xxviii-414. Fr. 25.
J. R. Hanne, Freies Christentum. Hamburg, W. Gente, X92X, p. 176.
J. R. Cohu, Address on the Lambeth Conference. London, Skeffington a. Son, 2921, p. 228. Sh. 5.
W. W. Atkinson, La legge del nuovo pensiero. Todi, • Atanor », 1921, p. 278. L. 8.
A. Frohne, Deutschlands Erneuerung durch die Religion. Magdeburg, Wolf u. Ruthe, 2922, p. 83.
J. Hessen, Der augusfinische Gotlcsbcweis historisch u. systematisch dargestellt. Münster i. W., H. Schöningh, 2920, p. 222. Mk. 14.
G. Schriddc, Zum neuen deutschen Glauben. Melsungen-Cassel, A. Benccker, X920, p. 152. Mk. 20.
K. Justus Obenauer, Goethe in seinen Verhältnis zur Religion. Jena, Diedrichs, 1921, p. 231. Mk. 28.
B. Zschimmer, Philosophie der Technik. Jena, Verlag Volksbuchhandlung, 19x9, p. 167. Mk. 12.
L. Harms, Die Offembarung St. Johannis. Hermannsburg, Missidhshandlung, 1920, p. 325. Mk. 8.
R. Gillouin, Une nouvelle Philosophie del’histoire moderne et française. Paris, B. Grasset, X92X, p. xii-278. Frs. 6,75.
C. Wase, The inner teaching and Yoga. London, W. Rider and son, 1922, p. 2929. Sh. 4,6.
W. Köppers, Die Anfänge des menschlichen Gc-meinschafts-lebens in Spiegel d. neuern Vö’.keskunde. Wien Volksverein Verlag, 2922, p. 292. Mk. 7.
.ROCCO POLESE, gerente responsabile.
Roma - Tipografia dell* Unione Editrice (Grafia) - Via Federico Ceri, 45
75
“RIVISTA DI ROMA,,
Diretta da ALBERTO LOMBROSO
ROMA (30) — 20, Via XX Settembre
ANNO XXV — 1921
La Rivista ha larga diffusioni) in Italia ed è circondata da grande e viva simpatia al di là delle Alpi e dell'Oceano e dà ampia garanzia di far conoscere dentro e fuori i confini il nostro pensiero, la nostra arte, la nostra industria e il nostro commercio che riprendono la loro vita pii» che mai fiorenti e fervidi di fattive attività.
PRINCIPALI COLLABORATORI
Gabriele D’Annunzio; Generalo BencivenGa; Prof. P. E. PaVOLIni; Senatori Mazzoni, Cuiappelli, Del Lungo, Benedetto Croce ; Generale Caviglia ; Umberto Angeli; Colonnello Maravigna; Prof. Ettore Levi; Renato Si moni; Roberto Bracco; Matilde Serao; Prof. Pr. Egidi; Paul Arbelet, ecc.
.Redattore-Capo Corrado Tavolini
ABBONAMENTI: per l’Italia, un anno . . L. 40 - Un semestre . . L. 26
per L’Estero, un anno . . L. 80 - Un semestre . . L. 48
Si pubblica il 1° e il 15 di ogni mese
Prezzo di un fascicolo L. 2 — (Estero L. 4 —) Arretrato il doppio.
— IL CONVEGNO — è la migliore rivista italiana di letteratura, di arte, di libri e di idee adatta a un pubblico largo.
Direttore : ENZO FERRIERI
Collaborano al * CONVEGNO’ i migliori scrittori italiani: Cesare Angelini - Paolo Arcari - Antonio Baldini - Massimo Bontempelli - Benedetto Croce - Mario Casotti - E. Don adoni -Luigi Ercole - Giovanni Gentile - Piero Jahier - Carlo Binati - Eugenio Levi - Matteo Marangoni - Alfredo Fanzini - Giovanni Papini - Luigi Pirandello - Giuseppe Prezzolini - Giuseppe Raimondi - Luigi Russo - Federico Tozzi eco., ecc.
La Rivista pubblica mensilmente recensioni di libri di letteratura e di arte e uno studio mensile sulle letterature straniere, oltre ad articoli critici e pagine di letteratura pura.
ABBONAMENTO (12 fascicoli):
------ Italia e Colonie L. 40 - Estero L. 50-----------Inviare cartolina vaglia all’Amministrazione :
-------------------■ MILA.ISTO - Via Canova 85
76
Casa Editrice “ BIEYCHNIS ” ROMA (38) - Via Crescenzio, 2 - ROMA (88)
Di imminente pubblicazione: ANTONINO DE STEFANO
ARNALDO DA BRESCIA E I SUOI TEMPI —
Prefazione - Cap. I. Vita e dottrina di Arnaldo da Brescia - Cap. II. Arnaldo da Brescia e l’ambiente ecclesiastico - Cap. III. Arnaldo da Brescia e l’ambiente sociale e politico - Cap. IV. Arnaldo da Brescia e le origini del Comune e del Senato di Roma - Cap. V. Gli Arnaldisti - Conclusione.
—
Istituto per la propaganda della cultura italiana
Campidoglio, 5 - ROMA - Telefono 78-47
Presidente Onorario: IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE Consiglio Direttivo
FERDINANDO MARTINI, Presidente — UBALDO COMANDINE Vice Presidente A. F. FORMIGGINI, Consigliere Delegalo.
Commissione di Consulenza : Biagi - Cirincione - Corbino - Croce - Einaudi - Manzini
L’Istituto si propone di
intensificare in Italia e di far nota all'estero la vita intellettuale italianafavorire il sorgere e lo svilupparsi dilibrerie, biblioteche, scuole librarie'e d’arti vraftaha-promuovere traduzioni delle opere piu rappresentative del pensiero italiano- * '
istituire premi e borse di studio per ».vittori, librai, artieri dei libro; ’
diffondere largamente nel mondo lo ruo pubblicazioni, tradotte in più lingue attuando «.«n
mìS*/“ t‘ Pjano, ohe, approvato danna commissione di eminenti personalitÀ SomKa
f. b0‘‘o’o,° °“oro5'01“ 801,0 »“ “US|'ioi do1 s-w«-s«'Si S?
I soci ricevono GRATIS:
“ Iv’ ITALIA CHE SCRIVE,.
Rassegna per coloro che leggono. Supplemento mensile a tutti i periodici (Abbonamento annuo L. 5)
„ _ . . . ele“GUID« ICS,,
0SS-u- BM'Ografiù delle singole materie, bilancio del contributo portato alla
civiltà, negli ultimi decenni, dagli Italiani. 1
... . . volumi all’anno - Prezzo di ognuno L. 3.50)
loo.™ =Tur... «
Prezzo del presente fascicolo Lire 3.00