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Anno 113 — N. 14
2 aprile 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
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delle valli
qFTTIMAMAI F HFII F CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Una casta
di sacerdoti?
La lettera di un nostro lettore di
Angrogna, che abbiamo pubblicato
due numeri or sono, sul problema
del pastorato è una eccellente introduzione alla domenica della Facoltà
di teologia, che si celebra domenica 5, nelle chiese valdesi.
Ne riassumo il contenuto: i pastori sono una “casta" di funzionari,
addetti alla religione e come tali sono in contrasto col principio protestante del sacerdozio universale.
Come ogni clero, vivono in modo
parassitario, traendo il loro sostentamento dalla chiesa, sono i fedeli
che li mantengono con le loro offerte; contadini ed operai si trovano così a dover contribuire per il mantenimento di una classe da cui non ricevono nulla.
I pastori sono infine degli intellettuali che vivono di discorsi e rendono la fede una teoria astrusa e difficile mentre non sono necessari studi
approfonditi per comprendere il
Vangelo.
Alla luce di questi interrogativi
che senso ha per dei giovani credenti avviarsi verso lo studio della teologia in una facoltà universitaria, sapendo di diventare domani dei funzionari religiosi? Che senso ha organizzare e preparare degli studi invista del futuro? Non si dovrebbe piuttosto invitare questi giovani fratelli
a scegliere una professione esercitando nei momenti di libertà il loro
ministerio pastorale, la loro vocazione.
E sempre nella stessa ottica non
dovremmo cercare di operare un risveglio della fede a livello di coscienza, di entusiasmo e di buona volontà,
di disponibilità e di vita spirituale
anziché preoccuparci tanto di studi
teorici, non dovremmo ridurre lo
studio come stiamo facendo? Meno
sermoni e più testimonianze di vita
vissuta, meno libri e più evangelizzazione?
In tutto questo c’è molto della protesta anticulturale del primo 900,
molto dell’individualismo pietista di
fine 800, qualche elemento dell’anticlericalismo popolare degli ambienti
valdesi tradizionali e qualche traccia di analisi sociologica classista.
Si commetterebbe però un errore
di valutazione liquidando questa voce che giunge dalla base delle comunità, inquadrandola come piccolo
moto di risentimento popolare senza significato. Il problema che sta
dietro è un problema reale: è quello
del significato della predicazione
evangelica.
II problema è giusto ma è mal posto: non sono i pastori che fanno o
non fanno le comunità, sono le chiese che fanno i pastori. Il popolo dei
credenti ha la classe pastorale che
deve avere, che chiede, che sollecita,
che prepara. Il nostro lettore ha indubbiamente ragione di sollevare il
problema, non lo deve però rivolgere
ai pastori ma alla comunità di cui
lui stesso è parte. Sta ai credenti rispondere.
Giorgio Tourn
MEDITAZIONI PER IL TEMPO DI PASQUA
Un re a cavallo di un asino
Gesù ordina ai suoi discepoli di requisire un asino, un puledro d’asina « sopra
il quale non è montato ancora alcuno ». Il
profeta Zaccaria lo aveva predetto: « Esulta grandemente, o figliuola di Sion, manda
gridi d’allegrezza, o figliuola di Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto
e vittorioso, umile e montato sopra un asino, sopra un puledro d’asina » (Zaccaria 9: 9).
Dunque un re viene cavalcando ed è umile. Ma che cos’è umiltà? Dobbiamo guardarci dal definire negativamente l’umiltà.
Umiltà è potenza e nascere là dove qualcuno vive della presenza di Dio. Umiltà è
la forza di operare, soffrire, vincere, dire si
alla vita fondandosi sulla presenza di Dio.
Umiltà è la più grande forza che possa essere data a un uomo.
« E molti stendevano i loro mantelli sulla
via; ed altri delle fronde che avevano tagliato nei campi. E coloro che andavano
davanti e coloro che venivano dietro gridavano: Osanna, benedetto colui che viene
nel nome del Signore! Benedetto il regno
che viene, il regno di Davide nostro padre!
Osanna nei luoghi altissimi ».
Un sogno regale vecchio di mille anni si
consolida in questa ovazione. Il sogno era
iniziato quando Israele aveva chiesto un re
al profeta Samuele (e tramite suo a Dio).
Dapprima Samuele si era opposto perché
Durante
una lezione alla
Facoltà Valdese
di Teologia
a Roma
_______4 APRILE: DOMENICA DELLA FACOLTA’
Far teologia insieme
Bisogna battersi nelle nostre comunità
perché dappertutto si possa fare, insieme, teologia. Abbiamo già avuto abbastanza guasti, con conseguenze dì impreparazione disastrose, per non aver voluto occuparci sufficientemente di questo
lavoro. Se teologia è riflessione critica
sul senso della nostra fede, insomma su
quel che significa testimoniare fra la gente, discutere con loro che cosa vuol dire
che siamo dei credenti (che per noi ha
un senso la risurrezione di Gesù detto
il Cristo), se è questo quel che ci viene
chiesto — allora bisogna che lo faccino.
Intendiamoci : bisogna che lo facciamo
noi, membri di comunità disperse im po’
dappertutto in Italia.
Che cosa vuol dire far teologia insieme,
non lasciando che si faccia solo fra esperti, se non che siamo chiamati ad
esigere, giorno per giorno, in ogni occasione, che coloro che abbiamo aiutato a
prepararsi mettano a disposizione di noi
tutti gli strumenti che hanno fra le mani, la conoscenza delle lingue antiche, la
conoscenza della storia, la conoscenza
del pensiero di ieri e di oggi, la capacità
di parlare, il possesso di libri e di riviste — e insieme ci confrontiamo e discutiamo.
Bisogna discutere la teologia che altri
fanno, e farne una noi: sapere che cosa
dicono i cattolici e discutere con loro ;
sapere che cosa pensano coloro che rifiutano i tentativi di testimonianza dei
credenti e discutere con loro; sapere che
cosa dicono i protestanti, simili a noi o
dissimili, un po’ dappertutto in Europa e
discutere con loro. Bisogna prendere in
mano gli strumenti di lavoro che hanno
aiutato i pastori a formarsi e portarli via dalle loro mani, perché diventino
nostri, perché si possa lavorare insieme.
Bisogna obbligare gli uni e gli altri, chi
ha e chi non ha, ad avere insieme un modo di leggere la Bibbia, che possa servire
per tutti, che non ci rinchiuda di nuovo
in noi stessi.
Un po’ dappertutto nascono dei collettivi biblici, dei collettivi di ricerca teologica, dei gruppi di confronto; si mette
in discussione la lettura biblica che si è
ricevuta, si accetta il rischio di mettere
in discussione la Bibbia stessa, di prendere quindi sul serio coloro che l’han
scritta, im pezzetto_alla volta, per cercar
di dire quel che sembrava importante e
che perciò doveva essere discusso. Si
confronta, si esamina, e si cerca di dire
quel che sembra importante dire.
Per tutto questo, sia per il rifiuto della delega, che per il rifiuto delle cose
stabilite che si tenta di farci piombare
addosso come un dogma, per tutto questo dobbiamo dire le nostre motivazioni.
Quando qualcuno mi interroga sul motivo della mia speranza, di solito rispondo
che la risurrezione di Cristo mi permette di muovermi — insieme a coloro che
cercano con me — perché ci siano delle
condizioni di vita. Questo vuol dire semplicemente che tutto quello che è morto
(o statico o frenante) deve essere messo
da parte, deve essere combattuto, con
molta forza ma anche con molta speranza in un confronto che non smette di essere duro, e faticante, e che ci prende
pienamente. Naturalmente questo sigr^ca anche che un vero discorso teologico
se ne andrà a spasso oltre gli steccati
'"’'ìlls chiese, anche delle più serie, e cercherà la sua strada in mezzo agli uomini e ai gruppi di ogni tipo, facendo continuamente domande e accettando di esEugenio Rìvoir
(continua a pag. 4)
Dio stesso era il re di Israele e il popolo
non aveva certo fatto cattive esperienze
con quel re. Tuttavia il popolo desiderava
ardentemente di avere un re che potesse
manifestare nello stesso tempo la signoria
di Dio e l’unità del popolo. E così Israele
ricevette il suo re, e non solo uno, ma generazioni e genealogie di re.
Ma questi re, invece di èssere fiduciari
della signoria di Dio, si compiacquero sempre più del proprio potere. Ciò che era stato previsto come espressione del regnare di
Dio degenerò in normale monarchia politica.
Ma il sogno rimase, sogno innanzitutto
dei travagliati e aggravati, della gente modesta che da sempre aveva dovuto pagare il
conto per la sete di potere dei potenti. Il
loro sogno ’si manteneva vivo: una volta o
Tàltra dovrà venire il re che stabilirà non
il suo potere, ma il potere di Dio; il sogno
di un re che non pretenderà che gli altri si
sacrifichino per lui, ma che si sacrificherà
per gli altri. Gli uomini che agitano fronde
verdi e stendono i loro vestiti come tappeto
per il re, vedono appunto in Gesù questo
nuovo re e si aspettano, probabilmente, che
egli stia per prendere il potere in Gerusalemme.
E con una simile attesa hanno ragione,
più di quanto essi stessi possano immaginare! In realtà si tratta di una presa di potere. Ma il sovvertimento inizia con la crocifissione del re! E la presa di potere si
compie con la resurrezione nel silenzio dell’alba di Pasqua. Il rovesciamento di valori
che vi si compie è così straordinario, così
nuovo, che duemila anni non sonò stati sufficienti perché noi lo potessimo comprendere fino in fondo.
Se solo la potenza di Dio potesse essere
dimostrata come le sfilate militari tendono
a dimostrare la potenza degli stati! Farebbe
impressione, capiremmo tutti! Ora però va
rilevato che dimostrazioni di forza di questo genere non sono nulla di nuovo, ci sono
sempre state. È un linguaggio che abbiamo
sempre capito, di cui siamo ormai sazi. Il
linguaggio della croce invece continuiamo
a non capirlo. Il linguaggio di una potenza
capace di scardinare il mondo per mezzo
dell’umiltà ci è estraneo. E questo non è
detto come-rimprovero a nessuno. È detto
per dimostrare che in Gesù Cristo è iniziato qualcosa di veramente nuovo, non ancora compreso, che sempre ci sorpassa, un
futuro autentico.
Riassumendo, il significato dell’ingresso
in Gerusalemme è questo: con Cristo il futuro penetra nel nostro mondo, nei centri
del potere politico ed ecclesiastico di vecchio stile. Cristo è il futuro di un nuovo
cielo e di una nuova terra in cui il servizio
regna sovrano e l’umiltà governa.
La potenza della signoria di Dio è la forza dell’umiltà. Guardiamoci però da falsa
umiltà, solo apparente! Esiste un’umiltà dolce, pia, ma non è quella di Gesù. Essa è
forte, più forte di tutte le potenze terrene,
più forte della morte, forte e invicibile come Dio stesso.
Sta a noi di rendere questo re dell’umiltà
re della nostra vita. Il suo futuro diventerà
il nostro futuro.
Kurt Marti
IN QUESTO NUMERO
Esegesi biblica
Il Guatemala colpito a
morte
La Facoltà di Teologia
I nterrogativi al protestantesimo
Cronaca delle Valli
3
4
2
2 aprile 1976
ESEGESI BIBLICA
Uuomo, la donna, il matrimonio
Finora i miei articoli biblici sono stati
un po’ una spiegazione di « quelle cose
terribili che le Epistole dicono contro
la donna » (così si sentono a volte definire i testi che sono stati commentati).
Forse la scelta di quei passi è stata determinata dallo spunto per questa serie
di articoli offerto appunto da un articolo
di un quotidiano sul modo con cui Paolo
parla della donna. Per uno studio non
così condizionato, sarebbe stato forse più
logico partire da un passo diverso. I passi di I Cor. XIV e XI sono in chiave polemica, è quando un autore polemizza,
sia pure un apostolo, tende a dare al suo
pensiero sottolineature eccessive.
Prendiamo invece il cap. VII della I ai
Corinzi, che non è un brano polemico ma
didattico: qui la visione di Paolo ci appare più equilibrata e serena.
Certo, la visione dell’apostolo è dominata dalla convinzione della imminente
fine del moiido. Secondo la tradizione
apocalittica giudaica, la fine doveva essere preceduta da un periodo di distretta o
tribolazione (si leggano anche i cc. 13 di
Marco o 24 di Matteo). Preoccupato di risparmiare tribolazioni ai credenti (v. 28)
ora che la distretta è imminente (v. 26)
Paolo raccomanda più volte ai Corinzi di
non pensare a sposarsi (w. 1, 7, 8, 26, 38,
40). Badiamo bene: non lo fa perché attribuisca una particolare « santità » al celibato o alla verginità! Il suo non è un
ideale ascetico, ma una opportunità motivata escatologicamente. Cfr. il v. 28: « Se
prendi moglie non pecchi; se una vergine
si marita, non pecca ». O il v. 38: « Chi
dà la sua figliuola a martito fa bene, e
chi non la dà a marito fa meglio » h
O ancora i vv. 39-40: « ...è libera di maritarsi a chi vuole, purché sia nel Signore.
Nondimeno ella è più felice, a parer mio
se rimane com’è... ».
E nel V. 7 parla di « dono »: ognuno ha
il suo proprio « dono » (carisma): dunque è un dono del Signore sia la vocazione al matrimonio che la vocazione al celibato, o al nubilato e nessuno di questi
« doni » è superiore all’altro.
LA PARILA’ DEI SESSI
Traittando questa complessa materia.
Paolo ha cura di osservare una rigorosa
reciprocità fra uomo e donna e fra marito e moglie. Così il v. 2, il v. 3 e il v. 4
sono perfettamente reciproci. Il v. 5 dice
sinteticamente: « l’uno dell’altro, di cornune consenso ». La reciprocità ritorna
ai vv. 10-11 e ai vv. 12-13-14-16.
Dopo un intervallo. Paolo toma a trattare in modo uguale uomo e donna ai vv.
33-34.
Vi è dunque, in questi versetti e in
generale in questo capitolo, uguale trattamento da parte di Paolo, nei riguardi
della donna e dell’uomo. E vi è anche
uguale trattamento retiproco da parte
dell’uomo verso la moglie e della donna
verso il marito, nell’ambito del matrimonio. Essi vengono considerati reciprocamente come partenaires, o partners (come si direbbe in francese e in inglese.
Non credo che in italiano ci sia un’espressione equivalente).
È chiaro che una costruzione così elaborata, come si trova in questo capitolo,
una ricerca così accurata della reciprocità in situazioni diverse, non può essere
uscita per caso dalla mente di Paolo.
Non si detta distrattamente una struttura di questo genere! È dunque un capitolo che Paolo ha ben pensato e costruito
prima di dettarlo, ed esso rispecchia sicuramente la sua meditata convinzione
più di altri passi che riflettono la sua
insofferenza per atteggiamenti che a torto o a ragione giudicava discutibili.
B. Corsani
^ La traduzione di questo v. e dei due precedenti, nella Rivednta, non è letterale, ma dipènde da un’interpretazione oggi per lo più abbandonata dai commentatori. Essi pensano infatti che Paolo non parli dei padri, ma dei giorani, in questo senso: Se un fidanzato, a causa
della sua . esuberanza, si trova a disagio con la
sua ragazza, e pensa che dovrebbe sposarla, ebbene la sposi! Non commette peccato. Può darsi
però che il giovane, senza subire alcuna costrizione, mantenga fermamente la decisione di non
sposarsi... Così, chi sposa la sua ragazza fa bene, ohi non la sposa fa meglip.
A COLLOQUIO CON I LETTORI
La corrispondenza di questa settimana
è interamente dedicata al problema
del pastorato, sollevato dalla lettera
di Adelchi Ricca. Abbiamo ritenuto doveroso dare spazio a queste lettere, sia pure
operando alcune riduzioni, perché ci è
sembrato utile questo scambio di vedute.
Non è la prima volta che il tema è affrontato sulle nostre pagine ma bisogna pensare che gli articoli "problematici” passano e le questioni concrete restano. InvitiiKtio^i lettori, qualora volessero intervenire nel dibattito, alla brevità, per dare
spazio a tutti.
Il Direttore
Rubiamogli il mestiere
Il problema sollevato dal fratello Ricca sembra
tutto e solo un problema di struttura e non di
contenuti. Ho l’impressione che porre il problema in questi termini significhi rovesciare, capovolgere, la questione stessa. Io credo cioè che se
esiste un problema di strutture (e può essere anche vero) bisogna partire, per risolverlo, dai
contenuti.
Mi spiego meglio : se oggi il fratello Ricca può
definire il sacerdozio universale un’affermazione
teorica e non una realtà esistente e praticata nelle nostre comunità e dalle nostre comunità, è
perché i pastori hanno dovuto farsi carico di
tutta una serie di mansioni e di compiti poiché
non c’era nessun altro che se ne poteva e/o voleva occupare. (...)
Perciò, senza voler difendere a ogni costo i
pastori (i quali vivono già certamente il loro ministero con delle contraddizioni), mi sembra che
si debba ammettere francamente che la colpa
non è « loro » ma « nostra », di noi laici (ammesso che sia costruttivo andare a ricercare per
forza dei colpevoli). (...)
Inoltre io non credo che sia giusto affermare
che la nostra chiesa sìa organizzata sulla base di
una divisione dei credenti in due classi ben distinte, il clero e i laici, e che, per di più, queste sarebbero contrapposte. Noi della EGEI abbiamo affermato che la divisione di fondo della
società è certamente quella di classe, intendendo però per classi la borghesia e il proletariato
(queste sì che sono contrapposte ed è inconciliabi'
le il conflitto esistente tra le due classi).
Credo che sia scorretto ritenere il nostro
« clero » una classe e i nostri laici un’altra classe, la prima attiva la seconda passiva.
Qualsiasi organizzazione di uomini quando
arriva al punto di doversi dare dei « funzionari », lo fa sulla base di reali esigenze materiali
sviluppatesi in seguito a un determinato processo di crescita e di articolazione maggiore.
Non credo che il problema di fondo sia la sclericalizzazìone della nostra microscopica chiesa e
della sua precaria struttura ecclesiastica e neanche credo si tratti di praticare una maggiore
collaborazione laica e basta. Io penso che bisogna porsi i problemi in questi termini:
— maggiore collaborazione laica per fare
che cosa?
— rinnovare la chiesa per farle fare cosa?
— quale predicazione dobbiamo fare e verso
chi?
Sulla base di una scelta precisa di contenuti
potremo noi decidere « chi » debba portare avanti queste scelte « come » si debba fare e con
« quali » strutture. (...)
È vero che non dovrebbero esistere categorie
di « professionisti della religione », ma non si
può teorizzare Figuoranza bensì si deve chiedere
alle strutture e stnunenti che ci siamo dati (facoltà di teologia, pastori, predicatori laici, ecc.j
di fare uno sforzo maggiore per « decentrare »
le conoscenze e lo studio nel quadro di un’« educazione permanente » di tutto il popolo valdese
e non valdese affinché la cultura teologica sia
effettivamente al servizio della fede e deUa testimonianza..
Esìste davvero una situazione di privilegio del
corpo pastorale rispetto alle - componenti ’’proletarie” delle nostre chiese?
Ad ogni modo, se esiste un privilegio dei pastori rispetto al proletariato, penso che sia lo
stesso privilegio che c’è tra intellettuale e operaio, tra lavoro intellettuale e lavoro manuale,
con un certo grado di uguaglianza dal punto di
vista economico.
Per concludere : se vogliamo « abolire » i pastori cerchiamo almeno prima di rubar loro il
mestiere.
Samuele Bernardini
Cesano Boscone (Mi.)
La ’’classe” pastorale
Egregio direttore,
concordiamo pienamente con Adelchi Ricca
« che il formarsi e lo svilupparsi di una chiesa
basata sul sacerdozio universale richieda quale
condizione pregiudiziale lo scioglimento della
compagine pastorale ».
In un momento in cui si pone in forma sempre più drammatica la situazione degli operai
e dei contadini, dei pensionati, dei milioni di
disoccupati voluti dai governi difensori degli
interessi del capitale e quindi della grande borghesia al potere, assume un carattere di contraddizione una « classe » pastorale che, indubbiamente in gran parte ricca di sincere intenzioni nella difesa degli oppressi, si limiti a predicare l’evangelo la domenica mattina, a visitare gli infermi, a scrivere qualche articolo sui
giornali, restando però chiusa (salvo poche eccezioni) alle lotte operaie e contadine rivolte,
oggi più sì capovolgimento delle « isti
tuzioni » delia società borghese.
Il cristianesimo, visto sotto l’aspetto di movimento rivolto a portare l’uguaglianza e l’amore fra gli uomini, deve essere concepito, a nostro parere, come forma dì lotta concreta insieme agli sfruttati contro gli sfruttatotori. Occorre vivere a contatto diretto con gli operai, con
i contadini e saper soffrire con loro alle catene
di montaggio delle fabbriche, nelle miniere e lavorando la terra dall'alba al tramonto, lottare
con i disoccupati perché ottengano anche loro
almeno il diritto più urgente ed elementare che
è quello del « pane quotidiano »...
In seno al corpo pastorale vi sono ancora coloro che difendono le istituzioni borghesi, che
difendono gli interessi del capitale pur predicando Tamore e l’uguaglianza fra gli uomini.
Questa è una grossa contraddizione...
In quanto allo stipendio percepito dai « professionisti della religione » siamo pienamente
d’accordo, specialmente oggi in cui da parte del
padronato, si verifica un duro attacco al salario... Pensiamo inoltre che, per il ministro del
culto sia abbastanza umiliante il fatto che la
somma ricevuta provenga dalle « offerte » dei
membri di chiesa.
Quanto poi agli alti studi teologici pensiamo
non sia necessario versare fiumi di inchiostro e
districarsi in elaborate elucubrazioni mentali per
interpretare la parola di Cristo. La Parola va
messa concretamente in pratica nella vita dura
di tutti i giorni... Il SERMONE è stato fatto
duemila anni fa da Gesù a tutti i popoli della
terra esprimendo chiaramente il concetto basilare dell’amore fra gli uomini, della uguaglianza, della giustizia vera.
Perché non cominciare proprio al sinodo valdese, la .discussione di questi problemi augurandoci l’inizio di un vero e profondo rinnovamento della chiesa in cui possa esservi un po’ meno (c professionismo » e un po’ più volontà di
applicare concretamente il pensiero cristiano?
Ugo e Arlette Armoni (Giaveno)
Chi è il pastore?
Caro direttore.
Leggendo la lettera di Adelchi Ricca apparsa
su « La Luce », n. 11, vorremmo fare alcune
osservazioni. Innanzi tutto chiediamo in che
misura tutte le critiche riportate su quella lettera son frutto di una esperienza diretta. Proprio perché non vogliamo essere posti di fronte
ad un ennesimo discorso astratto, disancorato dalla realtà della chiesa ci chiediamo se il signor
Ricca può concludere così negativamente il suo
impegno per la ’riforma’ della chiesa.
Se però questa è l’amara constatazione di Ricca. magari (noi immaginiamo) dopo anni d’impegno all’interno della chiesa per il suo rinnovamento, allora questa sua lettera è un serio
documento di denuncia.
Su alcune cose dissentiamo. Innanzi tutto ci
sembra assurda la divisione che Ricca vede tra
clero e popolo nell’evangelismo; secondo noi
questa divisione calza meglio per il mondo cattolico. Da noi esiste il Consiglio di chiesa eletto
dalla Assemblea dei credenti e non pensiamo
che nel ’76 nessuno si lasci guidare per il naso
dal pastore come se fosse il padrone delle nostre coscienze. Ma chi è il pastore? Non certo
un ’mediatore’ tra Dio e la gente che va in
chiesa (come invece il clero pretende di essere), ma un tecnico delle Scritture, un organizzatore, uno che segue i casi personali difficili, uno
che istruisce biblicamente etc. quindi non è solo un « predicatore titolare stipendiato » anche
perché in chiesa predicano i laici e il pulpito
non è di esclusivo dominio del pastore. Non crediamo inoltre che s’intraprenda questo cammino pastorale per far carriera o soldi; pensiamo
che dopo 5 anni di studi universitari teologici
il pastore guadagna meno di un sindacalista e,
quando va in pensione non riceve la liquidazione. Ricca parla anche della bolletta della luce,
del riscaldamento etc.; non siamo così addentro alla questione per far dei conti in tasca ai
pastori ma sappiamo che la casa del pastore
non è la sua casa privata ma uno strumento che
la comunità gli dà temporaneamente a disposizione finché lavora in quel dato posto.
Quindi la sua è o dovrebbe essere una casa
aperta dove poter fare una riunione, dove poter andare a parlare, dove fare un’ora di catechismo o cose del genere. Sulla frase : « la classe pastorale è privilegiata » notiamo che se economicamente non e valida lo può essere culturalmente. È anche possibile però che il pastore
Si ricordi che la trasmissione « Protestantesimo » inizia alle ore 18 sul
Il canale, ogni giovedì.
Giovedì 25 marzo 1976
I temi di volta in volta affrontati dalla trasmissione Protestantesimo spaziano dai più scottanti problemi della realtà italiana (l’aborto, l’obiezione di coscienza) a quelli della politica internazionale (la guerra nel Vietnam), da panoramiche illustranti la vita delle comunità a dibattiti letterari. Lo spazio dedicato ai problemi più
squisitamente morali non è perciò mai eccessivo. Quando però questo viene fatto, in genere
si riesce a far dimenticare sia la ristrettezza dello spazio a disposizione, sia la forzata superficialità con cui l’argomento viene svolto.
È stato il caso del tema del perdono, di qualche settimana orsono, ed è il caso di un dibattito sulla preghiera trasmesso questa settimana.
Il giusto equilibrio tra la vastità dell’argomento
(coinè, dove, quando e soprattutto, perché si
prega?) e il tempo a disposizione è stato trovato nell’invitare in studio tre fedeli perché raccontassero, con semplicità, le proprie esperienze.
Dal dibattito sono emerse (ed era ovvio aspettarselo) profonde differenze di intenti, con Túnico
denominatore comune di una preghiera che
sgorghi dal cuore, in un desiderio di avvicinarsi
a Dio.
Se in studio vi fossero state migliaia di persone, migliaia sarebbero state probabilmente le
diverse esperienze di vita e di preghiera : tutte
però ugualmente’ valide, seppure profondamente
diverse nei modi e nei tempi. Il breve dibattito
non va perciò inteso come un tentativo di rappresentare, seppure per sommi capi, l’atteggiamento delle comunità dei fedeli di fronte alla
preghiera, ma come un invito a riflettere maggiormente su noi stessi. Le esperienze altrui
principalmente a questo devono servire : ad aiutarci a vivere più compiutamente le « nostre »
esperienze. Rifuggire quindi da schemi abusati
o da formule codificate che impedirebbero un
sincero colloquio, è essenziale, come lo è rivolgersi a Dio attraverso il nostro cuore in ogni
momento della giornata.
P. Andreotti
PROSSIMAMENTE
La trasmissione di giovedì 8 aprile sarà
dedicata alla figura e all’opera di Giovanni Calvino, il noto riformatore ginevrino.
Una scheda biografica ed alcuni interventi costituiranno l’ossatura del programma. In studio: Aldo Comba.
sappia mettere a disposizione di tutti il suo patrimonio culturale; in ogni caso visto che è uù
tecnico delle Scritture, più preparato è, meglio è.
Ricca dice ; « Non credo che Cristo richieda approfonditi studi teologici ».
Questa posizione anticulturale, secondo noi, è
pericolosa perché favorisce la superficialità e nega delle difficoltà oggettive come per es. il fatto che la Bibbia ha 2.000 anni e più e non deve ‘èsser facile risalire ai problemi di allora. Ad
ogni modo ci sembra che un amore per le Scritture porti ad interessarsi sempre di più e meglio dei problemi storici e di analisi della Bibbia anziché rifiutarli a priori. L’ignoranza produce poi sempre dei guai (vedi il fascismo) e
la fede non ha paura della cultura perché è un
dono di Dio, non un prodotto della nostra mente. Sul marxismo ci sembra che Ricca vorrebbe
creare un’isola di giustizia in una società ingiusta; ma la chiesa è dentro la società e risente
dei suoi problemi altrimenti sarebbe un monastero, una società di ’eguali’, che si pone fuori
dalla società. Pensiamo che quando la società
si libererà delle sue differenze economiche farà
i conti anche con la chiesa valdese, cattolica etc.
Infine conveniamo con Ricca che l’attuale sistema ecclesiastico vada migliorato (ma non trasformando la chiesa in una setta) anche riscoprendo il sacerdozio universale. Perciò è importante impegnarsi in prima persona nelle diverse attività e può darsi che un giorno la
« classe privilegiata dei pastori » potrà vivere
di un lavoro qualsiasi.
ìli anno di catechismo di C.so Vittorio
a Torino
3
2 aprile 1976
In Guatemala si muore giovani
echi
Le case costruite in cemento armato hanno resistito al terremoto ma le case dei
poveri sono scomparse con loro. Alcuni
scienziati (fra cui un italiano intervistato
alla radio) hanno sostenuto che la cata
strofe è avvenuta parallelamente ad un
esperimento atomico americano: se questa ipotesi venisse confermata gli Stati
Uniti d’America avrebbero sulla coscienza altri 50 mila morti.
Tra 20 e 50 mila morti (oltre a decine di
migliaia di feriti): questo il tragico bilancio del terremoto che ha colpito, alcune
settimane or sono, il Guatemata, un paese dell’America centrale che conta 5 milioni di abitanti. Più di 1 milione sono i
sinistrati al 100%, 1 abitante su 5.
Abbiamo dato notizia in prima pagina
dell’appello del CEC per la raccolta di 2
rnilioni e 500 mila franchi (quasi un miliardo di lire) per soccorrere i superstiti;
intanto il CEC ha già messo a disposizione, appena venuto a conoscenza del cataclisma, 1 milione di franchi (400 milioni
di lire circa) per i primi soccorsi.
Sono intervenute tempestivamente anche altre organizzazioni come « Pane per
il mondo » (con sede a Stoccarda), che ha
inviato 20 mila dollari (circa 16 milioni
di lire), la CIMADE francese che sta raccogliendo rapidamente gli aiuti, la croce rossa svizzera, la Caritas, ecc. Anche
il nostro modestissimo « fondo di solidarietà » attende ora la generosità dei lettori per trasmettere al CEC un altro segno
della nostra solidarietà.
E sicuro che senza quest’improvvisa catastrofe sismica il Guatemala non sarebbe venuto alla ribalta nella coscienza internazionale. Si sa che è un paese sottosviluppato, che la ricchezza è nelle mani
di pochi, che qui come altrove le multinazionali controllano le esportazioni di
caffè e di banane. E questo non fa novità: è la sorte dell’America latina e di
molti altri paesi situati nella morsa del
capitalismo americano. Vediamo alcuni
dati di questa sfortunata terra.
Il Guatemala è un anello di terra di
queirimmenso cordone che unisce le due
Americhe, una delle 6 republiche sudamericane, con una superficie di 108.899 km^
Etnologicamente la popolazione è suddivisa in due gruppi principali: 60% di indiani e 35% di ladinos. I bianchi sono invece una piccola minoranza, il 5%.
Un fatto caratteristico del. Guatemala è
la sua giovanissima popolazione; oltre il
50% è al di sotto dei 20 anni, con una
popolazione economicamente attiva del
42%. La situazione economica e sociale è
molto simile a quella generale dell’america latina; il 70% circa della popolazione
è analfabeta, in gran parte dedita all’agricoltura. Le culture di caffè e di banane
sono le risorse essenziali del paese (rappresentano i 3/4 delle esportazioni) saldamente nelle mani delle compagnie nordamericane; è dall’inizio del secolo che la
potente « United Fruit Company » domina incontrastata la vita politica ed economica guatemalteca, mentre le piantagioni di caffè sono quasi tutte nelle mani
di famiglie di origine creola ed europee
(quasi tutte tedesche).
In questi ultimi anni però anche i due
prodotti « nazionali » attraversano momenti difficili in seguito al processo di riconversione agricola che indirizza alla
cultura del cotone, alla canna da zucchero e aH’allevamento.
La classe dirigente abita ih città, i ricchi proprietari terrieri conducono vita
aristocratica in sontuosi palazzi, hanno
moltitudini di servi al loto sérvizió, il,lo
ro aereo privato, le loro potenti automobili. I 3/4 della popolazione vivono nella
miseria, in piccoli agglomerati isolati dalle città, senza infrastrutture; Tinsegnamento non è organizzato, ancor meno il
sistema sanitario. Il 70% della terra è nelle mani di poco più del 2% della popolazione e T80% dei guatemaltechi fa parte
delle classi inferiori. La popolazione soffre di sottoalimentazione, nonostante il
70% sia dedita aH’agricoltura. Il pane
quotidiano del popolo è il mais ed i fagioli neri e quando proprio è festa una
fetta di carne di maiale.
L’agricoltura è praticata con sistemi
tradizionali, le esportazioni dipendono totalmente dalla politica dei paesi ricchi.
In una demografia galoppante, il tasso
di natalità è il più elevato di tutta l’America (4,88%); per contro l’incremento di
popolazione annuale è di molto inferiore;
2,9%. Il che indica l’altissimo tasso di
mortalità infantile. I bambini sono sempre le prime vittime di questo sistema di
miseria. Soltanto il 40% dei giovani guatemaltechi raggiunge l’età adulta; la miseria pensa ad eliminare gli altri.
Il Guatemala è paese cattolicissimo; il
95% della popolazione si dichiara tale, un
cattolicesimo di carattere « devozionale »,
profondamente marcato dal culto dei santi, dalle cerimonie liturgiche in cui s’intrecciano folclore e superstizione religiosa. Però molti indiani praticano ancora
le loro religioni ancestrali, combinando
riti cattolici coi vari culti della pioggia,
del vento, del mais, della morte.
Il ruolo della donna è decisamente dipendente dalla figura maschile, che ha generalmente poco rispetto; la maggioranza delle coppie non sono sposate, né religiosamente né civilmente; così hanno inventato una parola che esprime il loro
concetto di matrimonio, si dicono semplicemente « unidos ».
E. Genre
CHIESA CONFESSANTE - 3
SUL NAZISMO: IL LAGER
Continua, in questa terza scheda, la registrazione « dal vivo )) della conversazione che Primo Levi ha tenuto ai giovani
evangelici torinesi. Riportiamo sono i punti principali del suo
discorso. Le schede, frutto del lavoro giovanile, intendono dare
una traccia storica del contesto in cui è nata la chiesa confessante in Germania.
AH’arrivo in Germania venne fatta una scelta: 1/5 di ogni trasporto veniva destinato al lavoro nei campi di concentramento, naturalmente i
più forti e robusti, gli altri, ci
rendemmo in seguito conto,
venivano ammazzati.
Io per mia fortuna, sennò
non sarei qui, appartenevo a
questa fetta. Tutte cose imparate dopo. Siamo arrivati
al buio dopo un viaggio disastroso in cui molti erano morti, per la mancanza d’acqua e
di cibo, per il freddo, per
mancanza d’aria.
Siamo stati sottoposti a una scelta rapida ma funzionale, 1/5 separati dagli altri, noi
uomini, 96, in un campo di
lavoro, 29 donne furono portate in un campo di lavoro
femminile. Riguardo agli altri
500, il loro destino era orrendo, in quanto due giorni dopo
erano stati mandati nella fabbrica di cadaveri di Auschwitz
che era attrezzata per questo.
Doppio era lo scopo per
quanto riguarda la deportazione; fornire mano d’opera e
distruggere il popolo ebreo..
Le camere a gas, camere
crematorie, erano il risultato
di una lunga esperienza di
due anni di come distruggere
l’uomo. Erano delle camere
mascherate da camere di
doccia, in modo che non ci
fosse resistenza, contenenti
2.000 persone, compresse, cui
veniva introdotto dell’acido
cianidrico, nel giro di 5-10 minuti morivano tutti e venivano portati meccanicamente ai
forni crematori.
Per quanto riguarda i forni
crematori i nazisti avevano
bandito un concorso per la costruzione del forno; varie ditte accettarono di concorrere
all’appalto. Oggi esiste ancora
la fabbrica che aveva offerto
il progetto più conveniente e
razionale, costruisce crematori per uso civile in Germania
Occidentale, nessuno però si
rende conto che questa ditta
ricorda qualcosa...
Questa macchina di distruzione, dov’ero stato deportato io, non c’era. Ero nel campo di Auschwitz a 7 km. da
dove avvenivano queste cose,
nel campo dov’ero io se he
parlava poco di questi forni
crematori. Era considerato di
cattivo gusto parlarne, come
oggi non si parla di cancro
perché considerato di malaugurio o di cattivo gusto, cosi
là non si parlava di questo, si
vedeva però la popolazione
del campo diminuire, da 100
a 70 a 40.
Non esisteva la concezione
concreta di questo sterminio
di massa, vi era un calo continuo di tutti quelli che sul
lavoro deperivano a causa
dell’alimentazione, mancanza
di vestiario. È chiaro che esistevano mortalità altissime,
in 3-4 mesi si dimezzava il
campo (...).
Questo lager di Auschwitz
era il più grosso centro di
sterminio della Germania Nazista. Gli ebrei costituivano il
95% della popolazione gli altri
che non erano ebrei erano divisi in due categorie i così
detti politici e i cosi dettrcritninali.
I primi erano comunisti,
socialisti, liberali antifascisti
e antinazisti, i secondi erano
i criminali comuni. A questi
ultimi era stato offerto di sorvegliare i prigionieri. C’erano
altre sottocategorie, omosessuali, testimoni di Geova, ciascuno con il suo triangolino
diverso. Di solito quelli con il
triangolo verde erano veri criminali c’era poco d’aspettarsi
da loro, mentre quelli del
triangolo rosso erano veri politici con un passato di attività politica seria. Erano i supersitti del 33-34, molti di questi erano anche nazisti ohe
avevano sgarrato aH’interno
del partito.
Com’è avvenuta la sua liberazione?
Ci hanno liberati i russi nel
gennaio del 45 prima che la
guerra finisse, ci hanno trattato bene, ci hanno curato,
dopo la fine della guerra ci
hanno portato in Russia, non
abbiamo mai capito il perché,
forse in attesa della guerra
russa - americana, la guerra
fredda era già cominciata,
c’era la questione grave della
bomba atomica, quindi i russi temevano gli americani, o
forse i motivi erano più banali. Sono stato rimpatriato
nell’ottobre del 45, 5-6 mesi
dopo la fine della guerra.
Perché il campo era di fatto
to diretto dai criminali comuni e non dalle SS?
Questo fa parte di un sistema di corruzione intrinseco
del nazismo. I militari tedeschi erano preziosi, servivano
al fronte, in secondo luogo il
fatto di privilegiare dei prigionieri era un’arma efficiente per controllare il campo al
l’interno. I nazisti avevano
creato una gerarchia interna
di corrotti a vari livelli, era
già corrotto, chi faceva lo
spazzino, perché mangiava di
più e ci teneva quindi alla sua
carica. Era un microcosmo
che riproduceva bene la struttura nazifascista, quella di fare una gerarchia dall’ alto.
Cioè chi occupa un certo scalino fa di tutto per acquisire
promozioni e quindi avanzare nella sua posizione, condizione questa essenziale per
l’esistenza di un regime totalitario. Questa struttura stava
in piedi perché sopra a tutti
esisteva la minaccia delle armi delle SS.
Quali sono state le sua sensazioni? Odiò, voglia di ribellarsi?
Qdio sì in quelle condizioni,
i nostri diretti superiori non
erano le SS, erano i direttoribaracca, capi squadra. Verso
loro non c’era odio. Ci rendevarno conto di quanto fosse
difficile giudicare le loro posizioni, io non mi sono venduto
perché non he ho avuto il bisogno. È difficile' giudicare.
Bisogna giudicare caso per caso, se dovessi essere giudice
di questi casi di corruzione
sarei severo con alcuni meno
con altri. Dopo due tre mesi
di lager non si è più come prima, avviene una degradazione
profonda che può portare a
tutti gli eccessi; pochi conservano un cervello ragionante;
pochi conservano intatte le loro capacità morali
(Continua)'
dal mondo cristiano
ùi
Hca
Al teologo Jürgen Moltmann che insegna teologia alla Facoltà di Tubinga
(Germ. Occ.) non è stato concesso il visto per il Sud Africa dove intendeva tenere una serie di conferenze e predicazioni su invito di sette Università del
Paese e della direzione delle chiese evangeliche in Sudafrica. Il prof. Moltmann
prevedeva un soggiorno di tre settimane a partire dalla fine di febbraio. Non
sono stati resi noti i motivi del divieto.
(epd)
Qinehieei
Brasile. - Il « Jornal Evangelico » di
Sao Leopoldo (Brasile) ha pubblicato
una dichiarazione di solidarietà con i luterani cileni che non si trovano a loro
agio nelle attuali condizioni sociali e politiche del Cile. La dichiarazione è firmata da tre pastori luterani i quali chiedono ai membri della chiesa e ai membri
della direzione ecclesiastica di sottoscriverla.
Essa giunge in un momento particolarmente delicato per la chiesa Interna del
Brasile, la quale deve decidere sulla richiesta di pastori avanzata dal gruppo
di chiese che si sono separate dal sinodo di cui era rappresentante il vescovo
Frenz (ora espulso dal Cile), perché non
ne approvavano la linea apertamente
critica nei confronti del regime militare
cileno. Analoga richiesta per l’invio di
pastori era stata avanzata tempo fa alla
chiesa tedesca che l’aveva respinta, giu-,
dicando discutibile l’appoggio al governo cileno proposto da questi dissidenti.
iuh&fia
Atene ■ Il Santo Sinodo della Chiesa
greca ha deciso alla imanimità di respingere il progetto di divorzio « automatico »
che sta per essere discusso in Parlamento. In un comunicato del Sinodo è detto
che « nel caso in cui, nonostante il rifiuto
della Chiesa di accettare tale legge, essa
venisse promulgata dallo Stato nessun
vescovo o prelato accetterà di benedire
le nuove nozze di persone che ne beneficiassero. Ogni motivo di divorzio, non
previsto già dal codice civile, è inaccettabile per la Chiesa greca». Questa decisione è stata comunicata a tutti i vescovi. Com’è noto in Grecia non esiste altro
matrimonio che quello religioso davanti
alla Chiesa greca; la quale ammette che
il divorzio possa esser chiesto soltanto
in determinati casi e solo dalla parte
« non colpevole ». La nuova legge prevede
invece il divorzio dopo un periodo di separazione. (ANSA).
Berlino. - Un numero sempre crescente
di pastori protestanti desidera lasciare
la Germania orientale per trasferirsi in
quella occidentale; secondo notizie giunte al Servizio Stampa del Consiglio mondiale delle Chiese una cinquantina di pastori hanno passato la frontiera fra
le due (Germanie nel corso degli ultimi anni; mentre nella Chiesa di BerlinoBrandeburgo mancano catechisti, personale per i centri sociali, e una settantina
di parrocchie sono vacanti per mancanza di candidati. Il vescovo Albert Schonherr ha diramato una lettera pastorale
invitando i collaboratori e futuri collaboratori della Chiesa nella BDT a restar
re al loro posto.
Questa « fuga » verso l’occidente si
spiega con le migliori condizioni econo
miche di cui possono godere i pastori nella Germania Federale, ma soprattutto
per le discriminazioni di cui sono oggetto i figli dei pastori (e in genere di coloro
che si dichiarano apertamente cristiani)
per quanto riguarda ad esempio la possibilità di frequentare l’università o di trovare posti di lavoro adeguati. Va notato
che la RDT concede senza alcima difficoltà i visti di espatrio per i pastori,
mentre non li concede con altrettanta
generosità ad altre persone che pure li
richiedono.
Ora anche il vescovo Scharf (Berlino
ovest) ha dichiarato che non si deve impoverire di forze pastorali la chiesa dell’est e ritiene che il suo successore (sta
per lasciare il suo incarico per limiti di
età) non debba essere scelto tra i pastori della Germania orientale.
4
2 aprile 1976
TEOLOGIA ED ESPERIENZE
I pastori per chi lavorano?
Qual è il ruolo del pastore oggi? È giusto che vi siano oggi pastori a pieno tem
po, stipendiati dalla comunità? Non rischiano di essere dei « professionisti della
religione » che non solo vivono alle spalle
dei membri di chiesa, ma anche soffocano
sul nascere la libera espressione dei carismi dei cosiddetti laici? Non sarebbe quindi meglio, proprio per sanare la chiesa,
abolire la classe pastorale? Questi ed altri
interrogativi del genere non sono domande vuote, ma questioni che da alcuni anni
a questa parte vengono dibattute a vari
livelli neH'ambito della nostra e di altre
chiese. Ultimo in ordine di tempo ad aver
sollevato la questione è stato A. Ricca,
con una lettera pubblicata suH’Eco/Luce
del 12 marzo 76, p. 2. Prima di ogni altra
considerazione credo sia giusto riconoscere la serietà delle obiezioni di A. Ricca
che meritano attenta considerazione da
parte di tutti. Possiamo anche concordare con la sua analisi della situazione generale delle nostre chiese, nelle quali da
una parte -stanno « i pastori professionisti della religione, e dall’altra la massa
dei semplici iscritti ». Il rischio di una
clericalizzazione dei pastori e di emarginare i « laici » affidando loro solo ruoli
marginali nell’ambito della chiesa, mi pare un rischio reale, contro il quale si debba costantemente combattere. In questa
linea mi sembra molto giusta l’osservazione che « il problema di fondo non è una
maggiore collaborazione laica, bensì la
sclericalizzazione della chiesa ». Cioè, se
capisco bene, non si tratta di aumentare il
numero dei predicatori laici, o dei catechisti laici ecc., ma di dare una diversa
configurazione al ministero pastorale.
Dove dissento da Ricca è sul metodo,
sulla via da seguire. Egli infatti dice che
il primo passo da compiere consisterebbe
« nello scioglimento della compagine pastorale »; cioè, in altri termini, nell’abolire il pastorato a pieno tempo, in modo
che non esistano più « professionisti della
religione, costretti di conseguenza a vivere sulle offerte dei membri della comunità e sui redditi della chiesa stessa ».
Sintomi di un disagio
La questione è grossa e non può essere
liquidata in poche parole. Qui si possono
fare solo alcune poche ossei;vazioni. Anzitutto non è certo questa la prima volta
ohe si discute sul pastorato a pieno o a
metà tempo. Ora, quando si discute di un
argomento come questo è segno che v’è
un certo disagio ed una crisi della figura
del pastore. Non credo che se ne discutesse alcuni decenni orsono, in quanto che
la figura del pastore aveva una sua collocazione molto precisa (giusta o sbagliata
che fosse qui non è importante stabilire)
nel quadro della vita delle chiese, almeno
in quelle delle Valli. Il problema viene
fuori quando il quadro della vita sociale
(parliamo sempre delle Valli) subisce
grosse modificazioni. Non è un problema
legato al tenore economico perché è notorio che la popolazione delle Valli era
una volta molto più povera di adesso,
eppure la Tavola era meno assillata di
oggi da problemi finanziari; non solo, ma
il tenore di vita di un pastore era decisamente superiore a quello della media dei
membri di chiesa, mentre oggi si dà sovente il caso di catecumeni al primo impiego che guadagnano più del loro pastore. La questione è legata invece al processo di industrializzazione della nostra società: il ruolo del pastore, ma non solo
quello (per es. anche la predicazione), entra in crisi. Si avverte la necessità d’inventare nuovi modi di essere presenti, la
predicazione deve modificarsi, per poter
essere ascoltata, capita. A questo punto,
sentendo delle esperienze dei preti-operai, si fa strada l’idea che per poter predicare con efficacia sia necessario condividere l’esperienza operaia della lotta di
classe vissuta dalla gran massa dei membri di chiesa. È giusta questa idea? Direi
solo in parte, per molti motivi, ma ne
posso menzionare qui almeno due, sia
pure solo di sfuggita: in primo luogo tra
l’essere un cattivo operaio o cercare di
essere un buon pastore, ritengo preferibile la seconda ipotesi. In secondo luogo ri
tengo una illusione non evangelica, prote
stante, pensare che vi siano luoghi o situazioni privilegiate nelle quali si serve
meglio il Signore. Chi vuole vada a rileg
gersi l’astruso capitolo 7 della I Cor. che
però al riguardo mi pare molto chiaro, e
poi forse condividerà questa impressione.
Ma c’è un’altra considerazione che mi
fa essere scettico sul problema del pastorato a metà tempo, non stipendiato dalla
comunità. Possiamo dire che quella del
pastore è certo una situazione privilegiata, nel senso che gli vengono date molte
possibilità che ad altri membri di chiesa
mancano. Un pastore infatti ha possibili
tà di organizzare il proprio tempo, di studiare, di avere contatti, di essere disponibile per molte cose. Certo c’è sempre il
rischio che non sappia sfruttare a fondo
tutte le possibilità che gli sono offerte, e
che molte volte perda del tempo. Ma tutto quello che ha (e questo mi pare assai
importante) non è qualcosa da godere per
se stesso, privatamente, egoisticamente,
ma da far fruttare per gli altri. Per es. il
tempo che un pastore dedica allo studio
non è fatto evidentemente solo per coltivare se stesso, la propria cultura teologica, ma dev’essere inteso come un lavoro
fatto per gli altri, non « al posto » degli
altri, ma a favore della comunità. La preparazione di un sermone, di uno studio
biblico, di una lezione di catechismo ecc.,
tutto questo richiede un aggiornamento
continuo, che non può essere evidentemente svolto soltanto su testi di teologia,
ma deve essere fatto tenendo presente anche il giornale, la situazione storica, politica, culturale. Per tutto questo ci vuole
del tempo, e non può essere fatto solo occasionalmente. C’è insomma tutto un lavoro che forse non appare vistosamente,
ma che è essenziale affinché la predicazione non sia disincarnata.
Il pastore non sostituisce nessuno
Certo ha ragione A. Ricca quando dice
che « la comunità ha bisogno della predicazione, ma non di un predicatore titolare stipendiato ». Ma questo nulla toglie,
mi pare, alla validità di un ministero pastorale a pieno tempo. Quello piuttosto
che mi pare dovrebbe essere fatto è un’altra cosa e cioè che la comunità stessa dica al pastore quello di cui ha bisogno, e
non lasciare che invece avvenga il contra
rio. Mi sembra che si dovrebbe lavorare
in questa direzione: fare in modo che
quell’uomo a pieno tempo riesca a lavorare effettivamente per la comunità, ma
non nel senso che faccia più visite (sebbene anche queste siano necessarie), o che
faccia tutte quelle cose che un « laico »
non ha voglia di fare (perché in molti casi un pastore oggi viene usato un po’ come il tappabuchi), quanto piuttosto nel
senso che vi sia un rapporto più stretto
tra il suo lavoro e le necessità della comunità. Un uomo cioè che abbia realmente
tempo e mezzi per stimolare, incoraggiare, guidare la riflessione e la testimonianza di fede della comunità; che insomma
lavori con la comunità e per la comunità.
Necessità di uno studio approfondito
Naturalmente ci sono due pregiudiziali
per questo genere di lavoro. La prima è
che lo studio e la riflessione teologica siano considerati come qualcosa di valido.
Ora è peccato che A. Ricca, ed altri con
lui, la pensi diversamente ( « dove esiste
la fede non sono necessarie le dotte elucubrazioni teologiche dei nostri conduttori spirituali » — egli scrive). E la seconda è che le comunità siano disposte a richiedere ai pastori meno cura d’anime in
senso individuale e pietista, e sfruttare
meglio le loro specifiche doti e competenze senza essere preoccupate delle inevitabili trasformazioni che questo potrà comportare. Questa migliore valorizzazione
del ministero pastorale mi sembra dovrebbe essere la risposta ad una situazione di crisi come quella attuale ed al rischio di una clericalizzazione della chiesa.
Luciano Deodato
Torre Pellice.
La consacrazione
di un pastore
durante il culto
d’apertura
del Sinodo.
La Facoltà valdese di Teologia
in via Pietro Cossa 42, a Roma.
Visita
del prof. Bovon
Sono riprese per la nostra Facoltà relazioni più strette con la Facoltà di Ginevra: è stato a Roma per un certo periodo il prof. François Bovon, titolare
della cattedra di Nuovo Testamento a Ginevra. Oltre ad essere presente a varie
manifestazioni, tra cui la prolusione e
l’agape del 17 fejibraio* egli ha tenuto in
marzo un corso di sei lezioni sul tema:
« Continuità e cambiamento nella fede e
nella vita della comunità primitiva ».
Il prof. Bovon ha messo in luce la
dialettica tra lo sforzo di fedeltà al fatto centrale della croce e della risurrezione di Gesù da una parte, e la disponibilità al soffio dello Spirito per presentare
quella fede in termini adeguati a nuove
situazioni culturali, evangeliche ecc. dall’altra.
Due lezioni sono state dedicate alla
cristologia e due all’ecclesiologia, includendo in quest’ultima anche l’etica cristiana.
La Facoltà è molto grata al prof. Bovon sia per il suo contributo scientifico
che per gli amichevoli rapporti che ha
stabilito con professori e studenti.
Con questa visita del prof. Bovon si
rinnovano i vincoli di collaborazione con
la Facoltà di Ginevra a cui il nostro evangelismo italiano e valdese in particolare
è legato da sempre.
Notizie in breve dalla nostra Facoltà
La Facoltà vàldese di Teologia fondata
a Torre Pellice nel 1855, trasferita a Firenze nel 1860, ha trovato sede definitiva
a Roma in uno stabile nel quartiere « Prati » accanto al nuovo tempio di Piazza
Cavour. Attualmente ha quattro professori di teologia nominati dal Sinodo (Valdo Vinay, Vittorio Subilia, Bruno Corsani,
Jean Alberto Soggin) a cui si affiancano
altri docenti per diverse materie: il prof.
Giorgio Peyrot per il diritto ecclesiastico,
il prof. Michele Sinigaglia per l’Antico Testamento e il prof. Giovanni Gönnet per
la storia valdese. Saltuariamente alcuni
professori di facoltà teologiche straniere
tengono, su invito, dei corsi su temi specifici. Tra questi "ospiti” vanno ricordati il
prof. Oscar Cullmann, il noto teologo
svizzero, e il prof. Amedeo Molnar, storico, della facoltà Comenius di Praga.
La collaborazione di questi docenti è
particolarmente importante perché mantiene l’evangelismo italiano a contatto con
la realtà teologica internazionale e le chiese del protestantesimo europeo.
Il Convitto
Nello stesso stabile di via Pietro Cossa 42 ha sede il Convitto per gli studenti
della Facoltà di Teologia. Il Convitto, diviso su due piani con servizio mensa,
dispone di una ventina di stanze e locali
di disimpegno. Originariamente destinato ai soli studenti della Facoltà di Teologia, man mano che il loro numero andava diminuendo si è incominciato ad
ospitare studenti di altre facoltà. Oggi il
Convitto, diretto dalla Signora Cristina
Abate, ospita oltre agli studenti interni
di teologia, quattordici studenti di altre
facoltà. La casa cos', è quasi piena e l’andamento generale è buono.
Nel corso dei mesi estivi il Convitto è
aperto specialmente per comitive straniere, per amici esteri della chiesa valdese...
I corsi
Il ciclo di studi della Facoltà Valdese
di Teologia (4 anni a Roma e uno all’estero) è diviso in Antico Testamento,
Nuovo Testamento, Storia Ecclesiastica,
Teologia Sistematica, Teologia pratica.
Riportiamo a titolo d’esempio alcuni
programmi di questo anno accademico:
Esegesi dell’Antico Testamento : Salmi
scelti; Teologia dell’A. T,: Il dibattito
sulla natura ed i fini della teologia nell’A. T.; Esegesi del Nuovo Testamento:
Le lettere di Paolo ai Tessalonicesi ; Storia Valdese: Esame comparato delle principali fonti controversistiche del secolo
XIII; Teologia del N. T.: L’escatologia
del Sinottici; Dogmatica: Il Dio della
elezione.
Gli Studenti
Attualmente sono iscritti presso la Facoltà dodici studenti effettivi, che ne frequentano regolarmente i corsi. Ad essi
si aggiungono sette studenti stranieri provenienti da Germania, Svizzera, Romania. Gli studenti esterni sono aumentati
nel corso degli ultimi anni e raggiungono
attualmente il numero di trentacinque di
cui una decina partecipa con regolarità.
È iniziato da pochi anni il corso per ’collaboratori laici’, che ha ottenuto notevole successo, sotto la guida del prof. Valdo Vinay, inserendo una ventina di fratelli delle chiese di Roma nella ricerca
teologica che il corso propone.
DISPENSE
È appena uscita una dispensa di corso
sul tema: Il ministero della Parola nel
pensiero della Riforma; per la precisione, «nelle confessioni di fede luterane e
riformate ».
Il corso, del prof. Valdo Vinay, può
essere richiesto versando l’importo di L.
1.200 (franco di porto) sul c.c.p. 2/12886
intestato a Bruno Corsani (sconto del 20
per cento per ordinazioni multiple da
parte di comunità, gruppi FGEI, collettivi teologici ecc.).
La Facoltà non ha invece potuto sin
qui »predisporre una prfesentazione globale dei corsi per corrispondenza.
dalla prima
sere messo in discussione. In questo modo la ricerca teologica di un gruppo di
cristiani può non essere uno steccato che
divide credenti e non credenti e può diventare contributo per la costruzione di
una società diversa dove la parola giustizia non sia una parola che non ha più
valore né credibilità.
Varrebbe naturalmente anche la pena
di discutere sul modo di far teologia; il
discorso è lunghissimo, ma qui basta accennare al fatto che questa ricerca biblica deve tener conto delle cose che succedono oggi, e parlarne, e confrontarsi con
esse : ma possono parlarne, mi pare, quelli che sanno che le cose succedono e ne
discutono insieme.
5
2 aprile 1976
I
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Lo scorso anno, in data 24 ottobre,
Giorgio Girardet ci inviava una relazione del convegno dei Cristiani
per il Socialismo (CpS) che aveva
avuto luogo a Gioiosa Ionica, relazione
piena di interrogativi e di spunti che abbiamo pubblicato sul nostro giornale nel
n. 40.
Girardet sollevava in quella occasione
un problema di fondo: cosa fanno oggi
le nostre chiese evangeliche nei riguardi
di questo « dissenso » del cattolicesimo
italiano moderno? Stanno alla finestra a
guardare come andrà a finire? Si atteggiano a maestre di ortodossia e di prassi? Si chiudono in un placido disinteresse? Come ci poniamo di fronte a questi
cattolici in ricerca di verità e di- giustizia? La sua valutazione era piuttosto critica parendogli vedere nelle nostre chiese un certo distacco, non solo dal movimento del CpS in quanto tale ma soprattutto dalla crisi di coscienza che esso esprime. Non si tratta solo di dialogare, di incontrare altri credenti in una
sorta di colloquio a distanza ma « di comprendere che anche le nostre chiese sono
chiamate a compiere opere di giustizia ».
Che cioè i CpS ci interpellano come cristiani ad una revisione profonda dei nostri comportamenti.
A questi interrogativi non abbiamo dato risposta. Nessuna delle nostre assemblee si è pronunciata, nessuno dei lettori ha ritenuto dover dare un intervento.
Nel frattempo la riflessione del movimento dei Cristiani per il Socialismo è andata avanti, vi sono stati dei contatti, degli impegni comuni, un dialogo.
Nel dare in questa pagina una relazione molto ampia dell’ultimo convegno di
Rimini non intendiamo solo assolvere im
nostro dovere di cronisti ma riaprire la
questione fra noi evangelici per un confronto.
Abbiamo interrogato alcuni fratelli sur
questo problema e daremo la loro risposta nei prossimi numeri; ogni lettore è
però libero di intervenire, s’intende. È nostra convinzione infatti che l’avvenire dell’evangelismo italiano si gioca in alcuni
grossi nodi: rincontro con le forze laiche, lo scontro con la cultura cattolica,
la lucida valutazione del compromesso
storico, la ripresa di una coscienza missionaria e il cammino con le minoranze
cattoliche emarginate dalla politica ufficiale. Tutto questo però non da estranei
ma da uomini disposti a lasciarsi coinvolgere ed interpellare. (red.)
I lavori
del convegno
Quale linea politica esprimono i CpS?
Quale ruolo hanno?
Quale organizzazione si danno?
Quali settori di intervento privilegiano?
Queste le domande fondamentali che
hanno dominato rincontro dei Cristiani
per il Socialismo tenutosi a Rimini dal 19
al 21 marzo.
Diamo una breve panoramica dei lavori svoltisi per commissioni.
I Commissione: documento politico.
Omogeneo il giudizio di fondo : la Chiesa cattolica e le organizzazioni collaterali
riprendono la loro azione nel fronte conservatore. I CpS esprimono invece posizioni diverse sul tipo di intervento e degli interlocutori.
Per alcuni si deve impedire l’evoluzione
a destra delle organizzazioni cattoliche
(CISL - ACLI), per altri il movimento
deve intervenire in modo autonomo fra le
masse cattoliche.
Il tipo di intervento per alcuni deve
essere teso a disaggregare il mondo cattolico secondo le classi che lo compongono e riaggregarlo non su basi confessionali ma attorno ad una prospettiva
di lotta; per altri deve trovare, a livello
culturale e a livello di iniziative autono:
me, un modo critico di porsi aH’interno
della sinistra, entrando nel merito, ad
esempio, di problemi quali « democrazia
e socialismo », « quale socialismo », ecc.
È diffìcile al momento attuale stabilire
dove sia prevalente il rischio di un nuovo integrismo, dove sia prevalente il rischio di un dualismo tra fede e politica:
sembra tuttavia presente alla coscienza
di tutti l’inscindibilità di lotta per il socialismo e critica alla Chiesa.
La seconda commissione, delegata a
stilare una risoluzione sulla natura, il
ruolo e i compiti dei CpS, è stata sede di
un dibattito vivace ed articolato in cui si
sono evidenziate posizioni spesso contrastanti.
Si è manifestato il pericolo di una trasformazione dei CpS in una specie di
Comitato Centrale della sinistra chiedendo il suo intervento su problemi di linea.
RIMIMI: I « CPS » A CONGRESSO
Il posto dei cristiani
tra democrazia e socialismo
Positivo invece il fatto che si sia recepita |ntpr\/i<itp
la necessità di farsi carico dei problemi nii-civioic;
di fede e teologici. In questo senso si sono impegnati i delegati FGEI.
Terza commissione. Organizzazione dei
CpS. Ci si è preoccupati di dare indicazioni per una struttura minime, ma funzionale, fra esigenze di centralizzazione
e di autonomia.
Aperto il problema di un Bollettino,
della creazione di un centro di documentazione e le modalità di sviluppare rapporti con l’estero e gli altri CpS.
Quarta commissione: settori di intervento, ha identificato nella scuola, nella
assistenza, nel quartiere, i luoghi di questo intervento, e i temi in quelli relativi
alle questioni personale-politico (sessualità, posizione della donna, aborto), della lotta allo spirito concordatario (ora
di religione, assistenza, cappellani mili-.
tari, ecc.), della lotta alla ideologia cattolica.
Su questo ultimo punto s’è avuta la
discussione maggiore. Unanimi nel riconoscere la necessità di combattere l’ideologia cattolica in quanto ideologia borghese, i partecipanti si sono divisi rispetto ai metodi da usare; per alcuni, sarebbe sufficiente impadronirsi degli strumenti tecnici, anche teologici, per comprendere le mistificazioni dell’ideologia
cattolica e smascherarla, lasciando tuttavia ad altri (essenzialmente alle Comunità di base) il compito di proporre nuove esperienze e proposte per la fede; per
altri (in particolare la delegazione piemontese, e per i membri della PGEI presenti) non ci si può fermare al momento di demistificazione, ed è anche politicamente necessario giunger a proposte
precise sulla fede, sulla lettura biblica,
sulla chiesa.
Complessivamente, il Convegno ha di- v
mostrato che: il movimento esiste, ed è
ben vivo, come lo dimostra il dibattito
acceso, non su questioni marginali, e la
volontà di superare i nodi veri che si
pongono con una crescita di tutti nel
movimento e di tutto il movimento; il
movimento sa di doversi dare una struttura agile ma più precisa che per il passato; il movimento sta definendo i suoi
compiti con maggior precisione che per
il passato, costretto anche dalla crisi politica a bruciare le tappe.
« A caldo » abbiamo intervistato alcuni
dei protagonisti dell’incontro:
GIORGIO GIRARDET
Questa assemblea segna l’inizio di un
movimento più consapevole. Per la prima volta c’è stato un contributo di base (regioni) determinante. Certo il movimento CPS sta crescendo in una direzione un po’ diversa di quello che alcuni
pensavano all’inizio, più orientato su problemi di fondo politici e anche, ecclesiali
e di fede, piuttosto che uno strumento
di intervento più immediato sulla crisi
in atto nel mondo cattolico.
ANNA PAOLA LALDI
Mi pare positiva l’attenzione mostrata dall’assemblea e dalle commissioni a
quelli che imperfettamente vengono definiti problemi del soggettivo o del personale (condizione della donna, come
vivere la sessualità, oppressione specifica
dell’omosessualità). Occorre fare un passo ulteriore con una diffusione più ampia
dei dati acquisiti per passare dal livello
teorico a quello di una trasformazione
del modo di vivere assumendo atteggiamenti conseguenti nel senso della , liberazione e della valorizzazione della persona e delle sue capacità.
Se gli elementi di crisi saranno superati ed il movimento saprà esprimere dei
quadri capaci di garantire una continuità
è possibile che i CpS vadano avanti. Sarà però decisiva un’opera di forrnazione
nel campo della critica all’ideologia religiosa condotta sulla base sia del marxismo che del confronto biblico.
MARCO BISCEGLIE
Il movimento risente negativamente
della politica del compromesso storico..
Questo tipo di politica, che coinvolge,
volenti o nolenti, diversi compagni, toglie vivacità e mordente al nostro discorso. Anche la linea di chi sostiene che
il movimento non è la sede propria per
discutere di fatti essenzialmente politici
è negativa in quanto crea in ognuno di
noi una schizofrenia; nei partiti possiamo prendere posizione su qualsiasi tema, ma poi li accantoniamo nel movimento.
MARCO BOATO
Il venir meno delle ’componenti’ e il
rilancio integralistico della Chiesa per il
recupero del controllo sul ’mondo cattolico’ in funzione anticomùnista pongono
i CpS di fronte alla necessità di im salto di qualità in termini di incisività politica ed ecclesiale e di solidità organizzativa. Questa necessità a Rimini è emersa chiaramente, ed è stato importante:
ora si tratta di saper davvero ’contare
sulle proprie forze’, senza altre garanzie
esterne.
MARCO ROSTAN
Il movimento, pur continuando a sottolineare il suo carattere politico, ha in
realtà mostrato di essere politicamente
assai immaturo e impreparato ad assumere una precisa responsabilità politica
nei tempi immediati; in compenso le varie realtà locali hanno mostrato, da un
lato, che la questione cattolica è oggi più
in generale la questione religiosa, dall’altro che non è pensabile un’azione di CpS
limitata alla critica politica ma che sempre più si pone il problema di acquistare uno spessore di riflessione teologica
e biblica: perché questo è decisivo nella
lotta all’ideologia cattolica e perché la
possibilità stessa di agire fra le masse
cattoliche — e non solo fra gli intellettuali in crisi —-è legato alla capacità di
rispondere anche positivamente all’esigenza di vivere in modo diverso il riferimento a Gesù Cristo. E non solo indicando le C.d.B. come unico luogo in cui
questa ricerca può essere condotta.
Se gli elementi di crisi manifestatisi
da tempo all’interno del gruppo promotore originario non saranno decisivi e se
il movimento saprà esprimere anche dei
quadri capaci di assumere responsabilità di lavoro e di garantire una continuità, è possibile che CpS vada avanti. In
questo caso, oltre ai vari settori di lavoro individuali — aborto, questione femminile, Concordato, ora di religione, assistenza, questione giovanile, preparazione Convegno CEI ecc. — sarà decisiva la
possibilità di mettere in piedi momenti
di formazione in particolare nel campo
della critica all’ideologia e alienazione
religiosa fatta sia sulla base del marxismo che su quella del confronto biblico.
(interviste raccolte da Sergio Ribet).
TORINO
Organizzato, dai membri torinesi del
Consiglio della Federazione delle Chiese
Evangeliche è indetto per sabato IO aprile, alle ore 15 nella sala di Via Pio V un
incontro tra chiese battiate e valdesi di
Torino e dintorni.
Si tratterà, in questo incontro, di prendere in esame il documento preparatorio alla prossima assemblea delal Fed.
che si terrà a Bari dal 30 ott. al 2 nov.
(vedi «La Luce» n. 8). Perché quest’incontro così in anticipo? Non è certo per
efficientismo bens'i si ritiene in primo luogo che la Federazione delle Chiese è
giunta ad una fase decisiva e la prossima
assemblea di Bari dovrà decidere la strada da imboccare: o l’espansione denominazlonale, o l’impegno unitario, o una
nuova linea di « lotta », o Tefficienza con
le forze attuali oppure queste cose insieme. In secondo luogo, la Federazione
ha già inviato a tutte le chiese interessate
il materiale preparatorio affinché diventi oggetto di riflessione e di dibattito.
Quindi, quello del 10 aprile è un appuntamento da non perdere, nhitti gli
evangelici interessati sono cordialmente
invitati.
VERONA
Sabato 7 febbraio un gruppo di fratelli e sorelle della nostra comunità, sono stati ospiti della Chiesa di Vicenza:
vi è stata la cena in comune nella saletta delle attività seguita dallo studio su
« La formazione del Cattolicesimo a partire dai primi secoli dell’era cristiana ».
I fratelli vicentini ci restituiranno la visita la domenica 28 marzo.
Puglia e Lucania
Assemblea ordinaria della Federazione delle
Donne Evangeliche.
Nelle nostre due regioni il lavoro federativo tra le comunità evangeliche è
iniziato da alcuni anni e prosegue con
buoni risultati. Il 1® maggio dello scorso
anno si ebbe un convegno femminile a
Corato durante il quale si decise di proporre ai gruppi femminili ed a tutte le
sorelle della zona di proporre ai gruppi
femminili ed a tutte le sorelle della zona
di costituire una federazione regionale
delle donne. Ciò avvenne l’8 dicembre a
Taranto; ma in quell’occasione non ci
fu la possibilità di approvare un breve
statuto-regolamento e di nominare le responsabili. Il 19 marzo, a Bari, si è avuta la prima assemblea ordinaria della
FDEPL.
I lavori sono iniziati con due relazioni tenute dai coniugi Aldo e Fernanda
Comba, appositamente invitati, riguardanti i lavori dell’Assemblea Ecumenica
di Nairobi. Il past. Comba ha parlato
dell’Unità della chiesa e la sig.ra Comba della lotta contro il razzismo e della
questione femminile. Erano presenti una
cinquantina di persone di undici comunità.
Alla parte propriamente organizzativa
hanno partecipato le rappresentanti di
nove comunità delle tredici che hanno
aderito alla federazione regionale. Largo spazio è stato riservato alla discussione ed alla approvazione dello statutoregolamento; infine è stato nominato il
Consiglio composto delle sorelle: Anna
Marinelli, Loide Mollica e Concetta Sileo.
Loide Mollica
FIRENZE
L’ultimo numero (anno 9/1) del Gouldino, il simpatico giornalino del Gould,
segnala le diverse attività dell’Istituto e
le riflessioni della piccola comunità di
ragazzi ed educatori. Di particolare interesse il nuovo impegno teatrale sviluppato nell’ambito delle attività complementari. La saletta-teatro, adibita a laboratorio permanente, serve da punto di
ritrovo e di attività dei ragazzi del Gould
e del quartiere che si impegnano nella
preparazione di uno spettacolo finale.
Significativo è però più che il risultato,
il lavoro in équipe.
• Domenica 28, nel corso di una assemblea di chiesa, convocata al termine di
un’agape fraterna, è stato designato quale pastore titolare della chiesa valdese
il past. Alfredo Sonelli in sostituzione
del past. Santini.
COLLETTIVO TEOLOGICO
Sul tema « Il popolo di Dio » presso la
sede dell’Istituto (jould in via de’ Serragli, 49 a Firenze si terrà tra il 3/4 aprile,
con inizio nel pomeriggio del 3, il prossimo incontro del collettivo. Programma:
34 aprile - ore 16 Bruno Corsani: « Il
popolo di Dio nel Nuovo Testamento » (1*
parte). Ore 20,30: esegesi del testo della
predicazione del past. G. Lento.
Ore 11: culto nella Chiesa Metodista
di via dei Benci, 9; ore 12,30: agape fraterna; ore 14,30: Luigi Santini: « L’ambiente ebraico-palestinese della diaspora:
da Pompeo al 70 dopo Cristo ». >
Libro di testo per il corso: Moraldi,
« Detti segreti di Gesù », Oscar Mondadori.
6
al/e vbUì oggi
Metà
operai^
metà
contadini
Vorrei ancora fare qualche riflessione
sul servizio di assistenza tecnico- agricola
che le comunità montane stanno portando avanti. Il cronista delta seduta del Consiglio della Comunità Montana Val Chisone-Germanasca osserva che « probabilmente l’aspetto più gradito del servizio »
è stato l’avvio in gran numero di pratiche
per ottenere prestiti e contributi ».
Finalmente, per mezzo di un servizio
della Comunità, anche i piccoli imprenditori agricoli sono messi in condizione di
ottenere ciò che lo stato ha previsto per
rendere più agevole il loro lavoro. Finora
infatti, a causa della selva di leggi e leggine e circolari che regolano questa materia, a causa anche del timore di lanciarsi
in indebitamenti che al piccolo agricoltore non sono mai piaciuti, a .gódere di quelle provvidenze erano sempre e soltanto i
grossi imprenditori, quelli che potevano
pagare le parcelle di un commercialista
che predisponesse tutte le pratiche necessarie per ottenere i prestiti o i contributi
a fondo perduto. Così molti soldi sono
stati sprecati. Sono stati usati cioè per
arricchire chi già era ricco e non hanno
migliorato gran che nell’agricoltura!
Sarebbe forse opportuno che agli enti
locali venisse riconosciuto un più ampio
potere nel vagliare le domande, per sincerarsi che i contributi vadano veramente
nel campo agricolo. E personalmente vedrei volentieri una maggiore pubblicità
alla cosa: che le liste di coloro che ottengorio contributi e prestiti per l’agricoltura vengano pubblicati nei vari comuni di
residenza, all’albo pretorio del comune, in
modo che tutti sappiano chi li ha ottenuti
e l’opinione pubblica operi un controllo,
sia pure indiretto, su come questi soldi
vengono utilizzati.
E ultima considerazione, forse ingenua:
non sarebbe meglio, molto meglio, se
questi interventi, anziché a favore dei
proprietari venissero erogati esclusivamente a chi lavora veramente la terra? E
addirittura a chi ha nell’agricoltura la sua
attività principale?
Con questo vengo ad un altro aspetto
del problema: la cosiddetta economia mista. Si tratta di coloro che svolgono due
attività: da un lato sono impegnati, parzialmente, nell’agricoltura, dall’altro hanno un’occupazione nel settore industriale.
Il risultato che ne consegue è che da un
punto di vista economico stanno discretamente bene (non nuotano certo nell’oro!},
ma che non sono né agricoltori né operai,
proprio perché sono l’uno e l’altro. Non
sfruttano la loro terra secondo le sue reali possibilità e non sentono il problema
della condizione operaia in tutte le sue
implicazioni.
È un discorso al quale non so prospettare soluzioni, che mi limito a porre alla
attenzione di coloro che lo vivono quotidianamente, nella speranza che lo si possa affrontare in varie sedi e in varie occasioni.
Mi pare infatti indispensabile considerare le cose non solo dal punto di vista
della propria utilità, ma nel quadro della
vita dell’in$ieme del paese. È risaputo che
una delle ragióni per cui la nostra agricoltura è in crisi è lo spezzettamento delle proprietà coltivabili o comunque sfruttate. Spezzettamento che non è facile superare, che forse solo la costituzione di
consorzi o di cooperative potrebbe in
qualche modo rendere menò pesante. Ma
chi si impegnerà in simili iniziative, se
sente la sua appartenenza al settore agricolo come parziale, se in fondo non sente
il bisogno di trarre maggiori vantaggi
dalla sua terra? E se non sente la responsabilità che gli altri, quelli che deliberatamente hanno .scelto l’agricoltura, abbiano
la possibilità di un lavoro redditizio e di
condizioni di vita più simili alla sua?
Bruno Bellìon
Hanno collaborato; Marie-France
Coisson, Giulia D'Ursi, Dino Gardiol,
Piero Granerò, Laura Leone, Etiada
Metallini, Giuseppe Platone, J.-Louis
Sappé, Gruppo Stampa Prarostino.
LUSERNETTA
cronaca
TORRE PELLICE
La situazióne alla Turati i
-------------------------------alla nuR
I licenziamenti sono dunque 45. Per
gli operai lasciati a casa — in qualche
caso si tratta di padri di famiglia, con
moglie e figli a carico — comincia ora
la difficile ricerca di un altro posto di
lavoro.
II Comitato di lotta, formato dagli Enti locali (Comunità Montana e Sindaci
dei Comuni della Valle maggiormente
coinvolti nella vertenza), dalle Organizzazioni Sindacali e dalle forze politiche,
non è pertanto riuscito a far recedere i
fratelli Turati dalla decisione di procedere a quello che è stato definito il primo atto dello sm£ùitellamento definitivo
dell’Azienda.
Si potrà dire che il numero dei licenziamenti è stato ridotto da 62 a 45 unità,
ma sarebbe ingenuo attribuire questo
«successo» al potere contrattuale delle
forze politiche e degli Enti locali.
Infatti fin dalla prima assemblea, il 4
febbraio, i Sindacati avevano provveduto a denunciare il disegno padronale, che
annunciava un determinato numero di
licenziamenti (62 per l’appunto), che però non sarebbe corrisposto alle reali intenzioni dei Turati.
Nel corso delie trattative il datore di
lavoro, facendo credere di dare prova di
buona volontà e di senso di responsabilità, accettava una riduzione del numero
dei licenziamenti, che diventavano 45, venendo a corrispondere a quanto già era
stato deciso in precedenza.
Si è così verificata pimtualmente la
debolezza di questi improvvisati « Comitati di lotta», che già in occasione di altri attacchi all’occupazione in valle (OPL,
«Confezioni Europa»), erano stati costretti, in definitiva, a subire le decisioni
dell’Azienda.
Quello che lascia inoltre perplessi, è
la cortina di completo silenzio che in
queste ultime settimane è scesa sulla vertenza.
Le organizzazioni sindacali tacciono ;
il Comitato di lotta sembra essersi volatilizzato.
Sì direbbe che si stia cercando di lasciare al tempo il compito di fare dimenticare le parole spese, sovente a sproposito, dai notabili locali («È grazie alla
D.C. che sono stati creati in queste valli
dei posti di lavoro. La D.C. li difenderà! »), il «realismo fatale» dei Sindacati («Turati è ormai inchiodato alle sue
responsabilità davanti alla Regione. Abbiamo la situazione in mano »), la presa
di coscienza di quella quindicina di operaie che ima mattina ha organizzato un
picchettaggio alla Turati in un ultimo,
disperato tentativo di difendere il posto
di lavoro.
Sono appunto queste operaie che, la
settimana scorsa, assieme al gruppo di
base che ha seguito la lotta alla Turati,
si sono fatte promotrici di una raccolta
di firme tra la popolazione della valle
allo scopo di chiedere al Comitato di
Lotta la convocazione, con la massima
urgenza, di una pubblica assemblea per
conoscere :
«1) le prospettive di lavoro per i 45
licenziati;
2) chiarimenti su cassa integrazione,
prepensionamenti, autolicenziamenti, sussidi di disoccupazione:
3) garanzie di occupazione per i lavoratori ancora impiegati;
4) prospettive di occupazione in Val
Penice ».
La lettera ha ottenuto l’adesione di oltre duecento persone, in gran parte lavoratori delle fabbriche della zona (Turati, Helca e Microtecnica).
Si tratterà di vedere, ora, quale sarà
la reazione di coloro che sono stati chiamati in causa.
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Iniziative della Coiminità Montana
GLI AGRICOLTORI HANNO
RISPARMIATO 6 MILIONI
Patate da seme da 180 a 250 lire al Kg.
La Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca nel quadro delle iniziative agricole ha,
anche quest’anno, coordinato Tacquisto delle patate da seme.
I prezzi delle patate nel eorso dell’annata
erano saliti alle stelle, tanto che le Bintje costavano oltre 45.000 L./q.le.
La Comunità per ovviare a questo inconveniente, iniziava molto per tempo le prenotazioni
nei vari Comuni, proprio per poter reperire al
miglior prezzo possibile questo prodotto.
Nei 16 Comuni della Comunità sono stati
prenotati e distribuiti q. 389 di patate e in
particolare! Fenestrelle q. 19; Inverso Pinasca
q. 18.5; Massello q. 6.5; Porosa Argentina
q. 26.5; Perrero q. 43.5; Pinasca q. 48; Pragelato q. 6; Porte q. 13.5; Pramollo q. 65-, Proli
q. S.5;Salza di P. q. 5; Roreto Chisone q. 23.5;
Usseaux q. 12.5; S. Germano Chisone q. 51.5.
Chiuso il termine delle prenotazioni, ci sono
state delle vere e proprie « code » di agricoltori che intendevano acquistare patate. Purtroppo non è stato più possibile accontentare i ritardatari.
L’iniziativa ha riscosso un vivissimo successo
perché le prenotazioni fatte per tempo e il contributo integrativo della Comunità Montana hanno permesso di sfruttare dei prezzi eccezionali.
Ecco i prezzi pagati dagli interessati :
Tonda di Berlino L. 210/Kg.; Sirtema 200;
Bintje 250; Majestic 250; Saskia Olanda 220;
Desirée 310; Primura 260; Bea 210; Kennebec
230; Kerpondy 180.
In questo modo gli agricoltori delle due Valli
hanno risparmiato oltre 6 milioni.
SERVIZIO GERIATRICO
IN VAL CHISONE
INCONTRO A PORTE
Martedì 23 marzo si è avuto al Centro
Anziani del Comune di Porte un primo
incontro tendente ad individuare le possibilità di sviluppo e le prospettive future
del Servizio Geriatrioo iniziato ormai da
due mesi dall’Ospedale Valdese di Pomaretto in collaborazione con la Comunità
Montana.
All’incontro partecipava il dott. P. Baschera, che ha effettuato il primo ciclo di
visite per conto dell’Ospedale, il quale ha
avviato la convers^ipne partendo dai risultati delle anàlisi effettuate ad un certo
numero di anziani di Porte che già erano
st^ti sottopósti alla visita.
La scorsa settimana gli operai della
GOR di Torre Pedice hanno eletto il loro
Consiglio di Fabbrica composto da 5 delegati. Finora l’unica struttura sindacale in
terna era data da un rappresentante sindacale. Le lotte dei giorni scorsi hanno
dato un primo parziale risultato in merito al licenziamento di un’operaia. La direzione ha sospeso per due mesi il provvedimento. Toccherà ora ai delegati ottenere la revoca definitiva del licenziamento.
Grossi problemi restano di fronte al
Consiglio di Fabbrica che si troverà ad affrontare una ristrutturazione interna provocata dal passaggio da un tipo di lavoro
artigianale ad un tipo industriale. I problemi più urgenti da affrontare sono quelli dell’ambiente di lavoro particolarmente
nocivo, il controllo dei ritmi e le forme di
repressione interna.
Comunità Montana
Val Pollice
Notiziario
Il chiarire i termini medici esemplificando quali sono le possibili conseguenze
del sottovalutare determinate anomalie
riscontrate dalle analisi e dalla visita, è
servito ad impostare il discorso più, vasto
di una possibilità di controllo individuale
che possa eliminare per il paziente lunghe attese ambulatoriali e un sovraccarico di lavoro per il medico curante, dando
peraltro una certa tranquillità all’anziano.
Ovviamente è tutto un discorso da avviare gradatamente. L’esemplificazione
dell’utilità delle diete, del controllo frequente della pressione arteriosa, della glicemia, comporta un contatto con i gruppi di anziani che possono, per questi semplici interventi, arrivare ad una autogestione.
La riunione è stata molto animata anche se, evidentemente, è stato un po’ difficile per il dott. Baschera arrivare a generalizzare i problemi mentre per ognuno era essenziale il proprio caso particolare. Anche questo fatto deriva dalla poca
abitudine degli interessati a discutere i
problemi di tutti. Ulteriori incontri, che
si spera di poter programmare, saranno
sicuramente più facili.
Abbiamo però potuto constatare l’utilità di avere un centro di incontro come
quello di Porte che funziona ed è ben frequentato. Si spera che anche altri Comuni della Comunità Montana si rendano
conto della necessità di dare agli anziani
la possibilità di ritrovarsi e di gestire la
propria salute in maniera diretta.
La Giunta — nelle riunioni del 12.3.1976 e
del 23.3.1976 — ha affrontato la diseussione degli argomenti che riportiamo sinteticamente a
seguito :
— È stato demandato al Presidente il compito di prendere contatti con la Commissione
Programmazione della Comunità Montana e
l’Assessorato allo Sviluppo Sociale, viabilità e
trasporti della Provincia di Torino per discutere le modalità di attuazione di un piano che
riguardi la viabilità minore della Val Pellice e
per esaminare le esigenze di utilizzo per la Valle dei mezzi meccanici della Provincia-, come
richiesto dall’Assessorato Provinciale suddetto.
— È stato demandato all’Assessore all’agricoltura il compito di esaminare con la consulenza della Commissione agricoltura, i problemi connessi alla realizzazione del nuovo macello
civico del Comune di Torre Pellice. Iniziativa
chè può interessare tutta la Valle.
— L’Assessore ai Servizi Sociali ha svolto una
breve relazione circa l’incontro avuto con la Direzione Didattica di Cavour per l’attuazione dei
servizi tutela salute presso le scuole di Bihiana
e Bricherasio. i:
— Si è adottata deliberazione per consentire
l’attuazione degli incontri sulla psico-motricità,
gli stessi saranno svolti a cura della Dott.ssa
Norina Comba Farad nell’ambito dei servizi tutela salute. Per tali incontri si impegneranno
68 ore e si svolgeranno presso la scuola elementare di Lusernà alta.
— Il Presidente ha riferito circa il colloquio
avuto in sede Regionale, riguardante l’approvazione dei programmi annuali di intervento delle
Comunità Montane.
Secondo le affermazioni dei funzionari regionali, il programma di interventi riferentesi al
1975 potrà essere approvato entro due mesi (deve ancora essere costituita, comunque, la Commissione preposta a tale funzione). Il programma per il 1976 potrà invece essere approvato
solamente quando sarà approvato il Piano di
Sviluppo e, comunque, non prima del mese di
settembre.
Primo distretto
Cassieri. Nella convocazione fatta sul
n° scorso dell’Eco è stato commesso un
errore di data; rincontro preannunciato
ha luogo domenica 11 (non il 12 come
scritto).
■ Tutti, pensiamo, hanno già fatto da se
questa correzione.
Incontro pastorale. Il tema dell’incontro di lunedì 5 è quello già fissato la
scorsa volta: proseguimento del dibattito
iniziato sul tema predicazione ed impegno politico.
La Com. Distr.
Sempre in attesa del vescovo
La diocesi di Pinerolo è sempre in attesa del
nuovo vescovo. « Il Giornale di Pinerolo e Valli » che ha parlato di « golpe strisciante » commenta così sul suo ultimo numero-. « In assenza
del vescovo e con la nomina del canonico Ferrerò a Vicario Capitolare, c’è stato uno spostamento sensibile dell’Eco del Chisone e del suo
direttore; praticamente sì è ripetuto in parte
quello che già era avvenuto con Quadri e Giustetti: Ferrerò si è avvicinato all’Eco e l’Eco
si è avvicinato a Ferrerò.
Pur essendo profondamente diversi, per non
dire distanti, don Morero e il canonico Ferrerò
hanno bisogno l’uno dell’altro: il Vicario Capitolare per ’governare’ la diocesi, don Morero
per ’aggregare’ ed eventualmente estendere l’area
dei consensi aH’Eco (20.000 copie stampate?).
Fatto sta che oggi un vero e grosso centro
di potere nella chiesa locale e nel pinerolese è
l’Eco del Chisone, con cui deve fare i conti anche il nuovo vescovo (Piero Giacchetti di Ivrea?).
Se si segue attentamente l’evoluzione del giornale e la posizione ideologica e politica del suo
direttore, non sembra troppo azzardato formulare l’ipotesi che nel prossimo futuro l’Eco diventi il grande strumento per la rifondazìone
del movimento cattolico e forse anche della Democrazia Cristiana. Questo non deve né stupire
né impaurire; è quasi naturale che sia così. Però la sinistra pinerolese deve tenerne conto per
valutare nella giusta luce le ’aperturine*' dell’Eco del Chisone ».
7
delle valli
LUSERNA S. GIOVANNI
• I catecumeni del quarto anno che hanno fatto domanda di essere ammessi in
chiesa come membri comunicanti e che
saranno confermati la domenica delle
Palme durante il culto, avranno un incontro con il concistoro la sera di venerdì 9 aprile.
Saranno prese in esame le loro domande e si discuterà insieme il problema relativo alla loro ammissione ed ai futuri
impegni che essi vorranno assumere nella comunità.
• Anche quest’anno il concistoro ha deciso di organizzare la domenica delle Palme un « pranzo comunitario » al quale
sono Invitati in modo particolare i catecumeni, le loro famiglie e quanti desiderano fraternizzare insieme approfittando
di questa gioiosa circostanza.
Le prenotazioni dovranno pervenire al
Presbiterio non più tardi di giovedì 8
aprile.
• La gita a Morges è prevista per i giorni 27-30 maggio. In questo tradizionale
scambio di visite saremo ospitati presso
le famiglie di quella comunità svizzera e
il prezzo del viaggio è previsto sulle
10.000 lire. Prenotarsi al più presto perché i posti sono limitati.
• Ci rallegriamo col pastore Ermanno
Genre che domenica scorsa è stato designato dall’assemblea di chiesa quale pastore titolare della comunità di Rorà.
Gli formuliamo i nostri migliori auguri
per un fecondo ministero in quella comunità.
• All’alba di giovedì scorso è tragicamente scomparso il fratello Bruno Pasquale,
di anni 65, di Pinerolo, ospite da qualche tempo del nostro Asilo.
Ai familiari la nostra simpatia cristiana.
FRALI
SAN GERMANO
Primo circuito
Venerdì 19 marzo un gruppo di catecumeni di 4» anno del Circuito della Val
Penice si è ritrovato nella sala unionista
di Torre Pellice per trascorrere una giornata di discussione. Il tema trattato era
molto ampio e riguardava il rapporto
che un credente ha con la sua comunità
e con la società.
Nella mattinata il gruppo è stato diviso
in due parti; dalla discussione sono scaturiti i seguenti punti:
1 - la difficoltà per i catecumeni di inse
rirsi nella comunità;
2 - l’impegno socio-politico che un cre
dente deve assumere nella società;
3 - il significato della confermazione;
4 - la mancanza nelle comunità attuali
di un rapporto di fede tra i credenti.
Dopo aver pranzato e aver trascorso
un’ora di svago assieme, il lavoro è stato
ripreso nel pomeriggio con la relazione
dei due gruppi. È seguita una discussione
generale nella quale è sorto il problema
della mancanza di rapporti fra coloro che
sono impegnati attivamente nella comunità e fra coloro che per varie ragioni si
niantengono al di fuori di essa. Si è quindi accennato al problema del nostro rapporto con il cattolicesimo ufficiale e del
dissenso. La giornata si è conclusa con il
proposito di ritrovarsi dopo le vacanze
pasquali per un nuovo incontro esteso
anche agli altri giovani del circuito.
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VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice: Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. Giovanni : Tel.90.084 - 90.205
La biblioteca comunale di Frali ha aumentato le ore di apertura al pubblico.
Fino al mese di giugno l’orario sarà il
seguente;
— lunedì 15-17,
— giovedì 20-21,
— domenica 1011.
Il lunedì la biblioteca è frequentata soprattutto dai bambini della scuola elementare, che hanno mostrato un vivo interesse per i libri messi a loro disposizione. La biblioteca di Frali ha ricevuto l’assegnazione di mezzo milione per l’acquisto di libri; oltre ai libri per bambini,
sono stati comperati testi utili per gli
agricoltori e volumi sulla montagna.
ANGROGNA
• Ripetendo l’esperimento dell’anno
scorso, un prossimo « incontro età » per
gli angrognini sarà organizzato dall’unione femminile (quest’anno in collaborazione con le scuole domenicali) domenica 11
aprile nella sala delle attività alle 14,30.
Invito cordiale a tutti.
• Domenica 28 marzo la professoressa
Frida Malan è venuta ad Angrogna invitata dall’unione femminile (che riceveva
per l’occasione l’unione di Luserna San
Giovanni) ad intrattenerci della condizione femminile in riferimento alla contadina. C’era una cinquantina di persone. Esistono pochi dati sulle contadine italiane,
perché l’agricoltura è sempre stato uno
dei campi più lasciati da parte. Durante la
conversazione molti argomenti sono stati
toccati, eccone alcuni: la donna valdese
del secolo scorso (molte delle quali erano
emancipate, e sapevano educare i propri
figli allo stesso modo, che fossero maschi
o femmine); la contadina di sempre impegnata duramente nel proprio lavoro, che
ha dato prova delle sue possibilità durante la Resistenza, che sa soffrire e lottare,
l’unico suo difetto essendo il silenzio, dal
quale bisogna cercare di uscire per esprimere se stessa, i propri problemi e punti
di vista, in ogni occasione, e per poter
stabilire un dialogo con i propri figli o nipoti; problemi di una zona depressa come
Angrogna — dove non si può parlare di
liberazione a coloro ohe non hanno acqua
e luce in casa — come fermare lo spopolamento (prima di tutto non vendere i
terreni a chi viene per specularci sopra)
ed elevare il livello di vita; i consultori
familiari in fase di organizzazione attualmente, per i quali bisogna evitare che siano fatti al di sopra della testa delle principali interessate, le donne, ed occorre
perciò la piena partecipazione di ognuna;
le future elezioni della Comunità Economica Europea nel 1978, e le differenze culturali di costumi e di scopi tra donne europee e quelle del terzo Mondo...
• Un’altra famiglia della comunità è
stata colpita dal lutto. Venerdì scorso è
deceduto improvvisamente nella sua abitazione ai Giovo il nostro fratello Bonnet
Enrico di 65 anni. Alla famiglia rinnoviamo la nostra simpatia fraterna.
TORRE PELLICE
Domenica 4 aprile alle ore 15 presso
la Casa Unionista di via Beckwith 5,
Torre Pelicle, su invito dell’Unione Cristiana delle Giovani e dell’Unione Femminile, la Signora Liliana Richetta, vicepresidente del C.N.D.I. (Comitato Nazionale
Donne Italiane), parlerà sul tema: Il diritto di famìglia: nuova Legislazione.
Tutti sono cordialmente invitati.
Domenica, 11 aprile 1976, alle ore 20.30,
nell’Aula Magna del Collegio Valdese, il
pastore M. Jean Barrai terrà una conferenza in francese (con diapositive) sul tema seguente: « Une page d'histoire huguenote. Au désert cévenol en 1142 ».
Tutti sono cordialmente invitati.
RORA’
Ai signori Micol pastore a Villar Fellice,
le unioniste con la sig.ra Coisson, riconoscenti, rinnovano i più vivi ringraziamenti di essere state da loro gentilmente
e generosamente invitate ad un incontro
di sorelle. Esse hanno goduto della comunione fraterna con le unioniste di Villar
e di Framollo ed hanno avuto a mezzo di
conferenza e canto di una missionaria e
una sorella della Zambia interessanti notizie della jwtenza dell’Evangelo annunziato e recepito in terra, un tempo, pagana.
L’assemblea di chiesa tenutasi il 28 u.s.
ha designato quale pastore della chiesa
il past. Ermanno Genre.
Desideriamo esprimere la nostra riconoscenza ai trombettieri valdesi che hanno guidato in modo egregio il canto della
comunità in occasione del culto di domenica 21 marzo u.s.
• Ricordiamo che sabato 3 aprile, ore
20.30, l’anziano Dino Gardiol presenterà
un film sui valdesi di Calabria. In quell’occasione avremo il piacere di riavere
in mezzo a noi anche i trombettieri. Colletta a favore dell’Asilo di San Giovanni
e dei trombettieri.
• Domenica 4 culto « missoinario » con
intervento della Signora Malungwe, dello
Zambia. Colletta a favore della CEvAA.
In quell’occasione non ci sarà santa Cena.
• Prossimi incontri settimanali: giovedì 1 aprile, ore 20.30, Concistoro; martedì
6 aprile, ore 20.30, Riunione ai Bert; giovedì 8, ore 20.30, Balmas; venerdì 9, ore
20.30, Costabella.
• Siamo spiacenti di aver dovuto rimandare a data da destinarsi il culto ai
Martinat.
• Esprimiamo la nostra più profonda
simpatia alla moglie, alle figlie ed alla sorella del nostro fratello Enrico Bounous,
S-^0» Signore ha richiamato a sé all’età
di 84 anni. Ricordiamo che i coniugi Bouhous avevano diretto per un tempo l’istituto degli Artigianelli Valdesi.
PRAROSTINO
L amministrazione comunale di Prarostmo neH’ultimo consiglio comunale ha
preso m visione alcune modifiche del regolamento di polizia rurale. Sono stati
assunti come dipendenti volontari le oltre 40 guardie che dovranno prestare il
servizio per la difesa ecologica del paese.
Entro la fine di maggio per chi ne faccia
richiesta, sono a disposizione n. 100 tesare al prezzo di L. 10.000 che autorizzano
la raccolta di 1 Kg di funghi al giorno per
1 non residenti e proprietari nei giorni di
martedì, giovedì, sabato e domenica.
Al termine della riunione è stata presentata da un gruppo di consiglieri una
mozione denuncia contro l’imperialismo
m Vietnam, e si è deciso, con la creazione
di un comitato, di aprire una sottoscrizione per la ricostruzione del Vietnam.
- Proseguono alacremente i lavori volontari dei soci Pro-Pràrostino per la sistemazione di alcune opere di primaria necessità.
• Martedì 23 lungo la statale dei laghi,
un autocarro non rispettava il segnale di
stop ed investiva la « 500 » con a bordo il
nostro fratello Vanny Paschetto di anni
23 Soccorso veniva trasportato all’ospedale Civile di Pinerolo, ma viste le pessime condizioni, veniva ricoverato all’ospedale Molinette di Torino.
A distanza di alcuni giorni i medici
^^^l®ngono ancora la prognosi riservata,
^nche se è stato notato un leggero miglioranìento.
Venerdì 26, dopo penose sofferenze rispondeva alla chiamata del Signore Griglio Giacobina in Fornerone di anni 50.
Esprimiamo alla famiglia colpita dal lutto la partecipazione e l’affetto di tutta la
comunità.
, • Domenica 28 è stato celebratoci culto
della domenica della gioventù, presieduto
® Pfoparato da un gruppo di giovani.
Proseguono mensilmente gli scambi di
visite tra le unioni giovanili di S. Secondo
e Prarostino. In questi incontri vengono
dibattuti problemi comuni alla luce della
parola di Dio.
BOBBIO PELLICE
• Durante il culto del 28 marzo è stata
battezzata Barbara Charbonnier di Roberto e di Marina Barolin.
• Il culto del 4 aprile sarà presieduto
dal fratello Aldo Varese. Per tale giorno
1 Unione Femminile organizza una gita in
Val d’Angrogna e parteciperà al culto a
Pradeltorno.
Doni « Eco-Luce »
Resburgo Albertine, Svizzera 1.000; Gay Lisetta, Torino 5.000, Rapisarda Hanny, Trieste
1.000; Menegatti Lidia, Oppeano 1.000; Campanelli Silvia, Gerignola 1.000; Vannuccini Lorenza, Siena 5.000; Rosati Luigi, La Spezia
1.000; Bassi Ines, Parma 1.000; fam. Lena, La
Maddalena 2.000;Molinari Alice, Genova 2.000.
Zanetti Klena, Firenze 2.500; Tron Emanuele,
Genova 1.000; Giardina Maria, Pachino 3.000;
Albano Lena Santina, La Maddalena 1.000; Cognonato Edda, Udine 3.000; Rostan Gianni, Milano 2.000; Felice Elvira, Foggia 500; Piacentini Mario, Roma 2.000; Michelangeli Franco, Roma 5.000; Weller Fornasa Lina, Vicenza 1.000.
Feste dì cante delle
Scuole Domenicali
Al Convegno delle Scuole Domenicali del 14
dicembre 1975 a San Secondo di Pinerolo la
Commissione del Canto Sacro ha osservato che
nessun parere circa le Feste di canto delle Scuole Domenicali le era stato reso noto né dalle
Scuole Domenicali, né dai Concistori, né dalle
Chiese.
I partecipanti al convegno hanno deciso che
le rappresentanti delle Scuole Domenicali nei
sìngoli Circuiti consultassero tutte le Scuole
Domenicali di ogni Circuito chiedendo loro se
desideravano partecipare alle feste di canto trazionali e sostituire tali feste con una giornata
di visita a Comunità. Il risultato di tale consultazione doveva essere comunicato alla Commissione del Canto Sacro entro la fine di gennaio 1976.
Entro tale data avevamo i risultati della consultazione effettuata nel Circuito della Valpellice col seguente risultato: favorevoli alla Festa
di canto tradizionale: Scuola Domenicale di Rorà; favorevoli alla forma tradizionale ed insieme
alla giornata di incontro e di visita a gruppi :
Scuole Domenicali di: Bobbio Pellice, Villar Pellice, Torre Pellice (Appiotti e Coppieri). Favorevoli alla sostituzione della festa di canto con
la visita a Comunità: Torre Pellice (Centro);
Luserna San Giovanni (tutte); Angrogna (tutte).
Verso la fine di febbraio avevamo i risultati
della consultazione del Circuito della Val Chisone : decideva per la forma tradizionale Pramollo; per le due forme ; San Germano; per la
sola forma autonoma sostituendo la festa di canto : Pinerolo, San Secondo, Prarostino, Villar
Perosa.
A fine marzo abbiamo avuto il risultato uffciale della consultazione del Circuito della Val
Germanasca; le S. D. di Proli, Perrero, Riclaretto, Pomaretto hanno optato per la nuova forma che intende sostituire la festa di canto tradizionale.
In tale situazione, essendovi tuttora 7 Scuole
Domenicali favorevoli alle feste di cantò tradizionali, la Comm. Canto Sacro indice per domenica 2 maggio alle ore 15 : la Festa di Canto
delle Scuole Domenicali (Unica) nel Tempio di
Angrogna-Serre.
È prevista per il ritorno una passeggiata con
sosta a Chanforan ed alla Ghieisa d^la Tana. Ricordiamo gli inni d’insieme, pregando le Scuole Domenicali partecipanti dì preparare almeno
un inno da eseguire singolarmente: Nuovo Innario Cristiano N. 64 87, 143. Si ricorda che
i fogli con questi inni stampati possono essere
ritirati alla Claudiana. Una circolare sarà inviata alle 7 Scuole Domenicali suddette per indicazióni circa il percorso.
Anche le Corali riceveranno in settimana una
circolare circa la manifestazione del 9 maggio a
Torino.
per la Commissione del Canto Sacro:
E. Aime, Presidente
Ospedale di Pomaretto
L. 5.000: Jahier Guido e Signora, S. Germano Chisone.
L. 10.000: Tron Enrico, Riclaretto; Massel Ettore, id.; Beux Nello, S. Germano Chisone.
L. 15.000: Clot Giovanna, Riclaretto.
L. 20.000: Micol Carlo, Riclaretto.
L. 30.000 : in mem. dei miei genitori prof.
Enrico ed Irma Forneron : la figlia prof. Hilda
Cécile Forneron, Pinerolo.
L. 50.000: Barus Susanna e famiglia, Riclaretto.
AVVISI ECONOMICI
DIPLOMATO coHaborerebbe part Lime commercialisti: contabilità IVA, dichiarazione dei
redditi (Modello 740). Geom. Luciano Pons,
via J. Lombardini 23/5, Torre Pellice - Tel.
(0121) 91150.
LA CASA EVANGELICA in San Marzano Oliveto (Asti) è aperta dal 1” luglio al 29 agosto,
quote giornaliere :
adulti: fino al 17/7 L. 3.000
dal 18/7 L. 3.500
ragazzi (2/9 anni) riduzione di L. 500
Per informazioni rivolgersi al Direttore : Chiara Aldo - Via Plana, 105 - 15100 Alessandria Tel. 0131/55995.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Fornerone E mestino ved. Cardon
ringraziano sentitamente il Pastore Ayassot e
Signora, il medico curante dott. Ross, i vicini
di casa e tutte le persone che hanno partecipato
al loro dolore nella triste circostanza.
Prarostino-Ser, 25 marzo 1976.
RINGRAZIAMENTO
Le famìglie Bonnet e Buffa, profondamente
commosse per la dimostrazione dì affetto e simpatia ricevute in occasione della dipartita del
loro caro congiunto
Enrico Bonnet
rivolgono un particolare ringraziamento al pastore sig. Coisson, ai dottori Gardiol e Marinaro ed esprimono i loro sentimenti di gratitudine
ai vicini di casa ed a tutti coloro che per la loro
presenza, i loro messaggi di condoglianze hanno partecipato al loro dolore.
Angrogna, 29 marzo 1976.
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L’ORA SCOLASTICA PIU’ DISCUSSA
L'insegnante di religione come esperto
"di umanità e di processi evolutivi”...
RIFLESSIONI
In questi ultimi anni l’ora di religione
nella^ scuola^ è stata sempre più. contestata sia dagli studenti che spesso hanno
chiesto l'esenzione in massa, sia dai maestri elementari che si sono rifiutati di insegnare la religione ai propri alunni, sia
dai preti che spontaneamente hanno rinunciato all'insegnamento.
^Mesio ha destato una comprensibile pretKcupazione nell'episcopato che
® corso ai ripari cercando di imprimere
all insegnamento della religione degli indirizzi nuovi. E questo anche in vista di
un inserimento nel quadro della riforma
della scuola media superiore.
L'episcopato ha indicato questi nuovi
mdiri^i in vari documenti e note. Si sono
messi in movimento i vari uffici diocesani
periferici, le congregazioni religiose, l'editorm cattolica fra cui la Queriniana con la
rivista Religione e scuola” il cui gruppo
redazionale ha preparato un "Prontuario
all insegnamento della religione”.
Sostanzialmente, il nuovo indirizzo che
emerge dal massiccio tentativo di riqualificare l’insegnamento della religione, può
essere sintetizzato nell’interpretazione dell insegnante di religione come esperto « di
umanità e di processi evolutivi», la cui
presenza nella scuola sarebbe vista come
un importante contributo disinteressato
alla maturazione umana dei giovani.
Su questo nuovo indirizzo ho posto alcune domande proprio ad un ex insegnante di religione di cui riporto una sintesi
mantenendo l’immediatezza e la freschezza dell’improvvisazione anche sotto l’aspetto del linguaggio.
— Cosa pensi in generale di questa figura dell esperto di « umanità » come nuova
interpreazione delTinsegnante di religione?
L’insegnamento della religione è legato ad una istituzione e quindi non serve
passare attraverso xma fase di rinnovamento, di progressione. Se prima si prendeva come base il catechismo di Pio X
oggi si cerca di partire da quelli che possono essere i problemi degli alunni. È
certo pedagogicamente corretto provocare delle occasioni in cui si parta dall’esperienza dell’alunno per dibattere i problemi reali, ma questo non deve essere fatto dalla istituzione ecclesiastica o dai suoi
rappresentanti. Bisogna rivendicare la laicità di questo aspetto perché altrimenti
concediamo all’istituzione un monopolio
indebito ^di presenza nelle coscienze degli
Italiani Solo ai preti è praticamente con
problemi nella
scuola. I cristiani devono tagliare i ponti
alinrf fiuesta iniziativa perché solo
allora possono riscoprire la possibilità di
un annuncio autentico dell’Evangelo. Un
simile annuncio non può avvenire nella
scuola anche perché l’ÌstituzLneTclesL
^ica e compromessa fino in fondo. È coproprio punto di vi
certa^iihertà^® consentendo una
^rta libertà, ma finche non taglia i lega
mondo capitalistico, il
fetto che SI dimostri più aperta sostanzialmente non cambia nulla. All’interno della
scuola che si vuole sempre più libera bi
sopa incominciare a liberarsi da questo
cultura come fito di chiesa, come fatto di preti. Se vogliamo che nella scuola gli alunni parlino
dei problemi reali, perché questo d^e es
all’istituzione ecclesiastica?
Anche se in chiave aggiornata si tratta pur
sempre di una strumentalizzazione. Il prete SI sente autorizzato ad affrontare ^r
del sesso nella sc^
la quando la società è ancora estrema
comitato di Rodaxiono) Bruno Bollion, Valdo Benecchi, Gustavo Bouchard, Niso De
Mldiells, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direttore; GIORGIO TOURN
Direttore responsabile: GINO CONTE
Amministrazione; Casa Valdese., 10066 Torre Penice - c.c.p. 2/33094 intestato a L'Eco
delle Valli - La Luce - Torre Pellice
Abbonamenti : Italia annuo l. 5.000
semestrale l. 2.500
estero annuo l. 7.500
Una copia L. 150, arretrata L. 200
Cambio di indirizzo L. 100
Inserzioni: Prezzi per mm. di altezza, larghezza una col.: commerciali L. 100 - mortuari L. ISO - doni 50; economici L. 100
per parola.
Reg al Tribunale di Pinerolo N 175
8 luglio 1960
Coop. Tipografica Subalpina - Torre PelMre
mente negativa riguardo a questi problemi. Quando il prete parla di sesso è tollerato, quando è un insegante laico capita
il subbuglio, tutta la società reagisce negativamente, Lasciare questa libertà all’insegnante di religione è mistificatorio.
— In concreto qual’è la posizione più
vaUda? Il rifiuto totale dell’insegnamento deila religione o il compromesso motivato dal fatto che se certi discorsi non li
fa il prete alTinterno della scuola non li
fa nessun altro?
— Esperienze di compromesso sono state fatte e sempre ne sono emerse le ambiguità e le contraddizioni. Alla fine anche
quegli insegnanti considerati «progressisti » si sono comunque rivelati strumenti
dell’istituzione. ¡È un po’ come quest’altro
discorso ohe spesso sentiamo: continuo a
partecipare ad una istituzione ecclesiastica perché ci sia chi fa discorsi aperti. Se
non resto nell’istituzione il mio posto viene occupato da xm prete reazionario e si
faranno quindi dei discorsi reazionari. È
chiaro che a livello di opinione pubblica
chi fa un discorso progressista all’interno
dell’istituzione può avere una maggiore risonanza. Abbiamo il grosso esempio di
Giovanni Franzoni. Ma questo fatto non è
tale da giustificare la complicità con una
istituzione che rivela tutta la sua ambiguità ed esercita tutto il suo peso reazionario. È in fondo come se si dicesse: se
faccio parte di una struttura posso annunciare Cristo, se non ne faccio parte Cristo si eclissa dalla mia vita. Non è vero,
secondo me. È sostanziale cogliere la differenza di fondo fra istituzione ecclesiastica e comunità che testimonia.
— Ma come potrebbe allora il prete
portare nella scuola un contributo di libertà?
— Secondo me, il prete che volesse veramente recare un contributo di libertà
nella scuola lo potrebbe solo fare liberando la scuola dalla sua presenza e cercare
all’esterno altre strade, altri strumenti
per svolgere la sua predicazione.
(intervista raccolta da Valdo Benecchi)
la settimana internazionale
cura di tul No viola
DOVE VA LA GERMANIA?
♦ La lettura deU’art. di B. Bellion su
«La Luce» del 12.3, dal titolo « C’è un
perdono anche per i nazisti? », col quale
siamo in netto disaccordo, e l’arrivo ulteriore di notizie sempre più allarmanti dalla Germania, ci sollecitano una ripresa
del tema trattato nel n. preced. (v. l’art.
« Il pericolo d’una svolta autoritaria nella
Germania Ovest »).
Nel volgere di otto anni, l’opinione pubblica della Germania Federale è radicalmente mutata, soprattutto {e ciò è particolarmente grave) quella dei giovani. Dove
è lo slancio irrefrenabile della contestazione universitaria tedesca del ’68, che
ebbe Rudy Duschke per capo carismatico?
Strana, impressionante, preoccupante anima tedesca! È stato detto che « il popolo
moderno più diverso da sé stesso, secondo i vari momenti della sua storia, è il
tedesco; si che la sua caratteristica maggiore risulta appunto questa facoltà di
violenti contrasti » k Con profondo dolore,
ma non con altrettanto stupore, abbiamo
perciò appreso che la grande maggioranza degli studenti universitari tedeschi è
oggi spoliticizzata, disciplinata, sottomes.
sa, anzi soddisfatta del governo: impregnata, forse più dei loro padri e quanto
i loro nonni, delle tradizionali virtù borghesi (Art. di Tito Lanza su « La Stampa »
del 23.3, p. 3).
Intanto si moltiplicano i casi di assolu
Fra Eligió
il «poverello»
di San Vittore
_ In questo paese di profondi vizi cattolici ogni ceto sociale ha bisogno del suo
prete: i progressisti di Milano hanno il
loro Camillo de Plaz e vorrebbero recuperare anche don Pisoni; la borghesia manageriale manda i figli a scuola dai Gesuiti e frequenta don Bruno a San Fedele; gli immigrati laboriosi amano i Salesiani; eppoi c’è anche questo mondo di
ricchi socialmente emarginati, pieni di
miliardi ma ignoti alla Milano che conta,
disprezzati dalla cultura, al di fuori dalla
politica.
La Chiesa, provvida, pensa anche a loro,
crea un padre Eligio e lascia mano libera (.,.).
Padre Eligio è finito in galera, ma credo non sia il caso di sottovalutare lui e
i^ suoi fedeli. Al punto in cui siamo né
l’Italia progressista dei partiti popolari
né quella della borghesia professionale o
imprenditoriale può guardare dall’alto il
ceto ernergente della borghesia delinquenziale di cui Eligio è in un certo senso il
cappellano di guerra.
(Giorgio Bocca su « La Repubblica » del
14.3.1976).
zioni decise dai tribunali tedeschi a favore di spaventosi criminali nazisti della seconda guerra mondiale. Citiamo, per tut
1 assoluzione decisa dal tribunale di
Francoforte il 26.2 a favore di un ex ufficiale delle SS, certo Willy Sawatzki (di
anni 56), che fece bruciare vivi 400 ragazzi ebrei fra gli 8 e i 14 anni nel campo di
concentramento di Auschwitz (1944). Malgrado le numerose testimonianze portate
PTocessO’ durato ben due anni, con ricchezza dei più raccapriccianti particolari
la corte ha infine ritenuto che, « dopo 3Ó
anni, non si potevano raccogliere prove
sufficienti sul ruolo avuto dall’ex ufficiale
nel massacro» («La Stampa» del 27.2).
Ora il Bellion discute il caso di Herbert
Kappler, detenuto a Gaeta, per il quale i
parenti e persino le più alte autorità politiche della (jermania Federale si sono
rnossi per chiedere la grazia. Certamente
ce un perdono per i nazisti, come per
tutti i peccatori che si pentono. Ma noi
crediarno che, nel caso in esame, vi siano
due obiezioni fondamentali e di natura
teologica (fra altre, meno fondamentali e
d’altra natura, che qui tralasciamo) alla
domanda di grazia.
I) Il primo segno rivelatore del pentimento è il riconoscimento del proprio
peccato. Uno dei due ladroni sulla croce,
quello che fu graziato da Gesù, disse alFaltro: « Per noi è cosa giusta, perché riceviamo la condegna pena dei nostri fatti » (Luca 23: 41). E chiese la grazia, quella che solo Gesù poteva dargli, per il regno dei cieli. Non chiese (come l’altro ladrone) la grazia per la pena della croce,
che il tribunale aveva decretata. Con leggera estrapolazione, arriviamo a dire che:
la grazia dalla pena civile (cfr. Matteo 22: 21) non può, teologicamente parlando, esser chiesta da chi si pente, « per
la contraddizion che noi consente ». Infatti colui che si pente veramente, trova
la propria condanna giudiziaria giusta e
si sente in dovere di consumarle fino alla
fine (Il lettore cerchi di capire il nostro
pensiero, al di là del paradosso).
II) Noi possiamo (e dobbiamo) « ri
mettere i debiti ai NOSTRI debitori », non
possiamo, neanche volendolo, rimettere i
debiti verso gli ALTRI. In altre parole,
nel caso in esame: nessuna autorità umana ha la possibilità di perdonare al Kappler le stragi degli ebrei e degli ostaggi
delle Ardeatine. Questa possibilità l’ha solo il Cristo, nel rapporto di pentimento e
di grazia che il Kappler ha (forse) con
Lui, nel segreto della propria coscienza.
Il segno messo dall’Eterno su Caino, non
poteva, crediamo, esser cancellato da nessun essere umano (che non sia l’Unigenito): solo Abele avrebbe potuto farlo.
Perciò crediamo che i pastori del Sinodo delle chiese evangeliche tedesche, che
si sono associati alla domanda di grazia
per il Kappler, farebbero invece meglio a
pregare per l’anima sua in vista d’una
possibile grazia nel regno dei cieli, e magari a farlo col Kappler stesso, al capezzale del Kappler.
Anche con G. Tourn, nell’art. « Espiazione e perdono » (La Luce » del 19.3), non
siamo pienamente d’accordo. Ma il caso
ivi considerato è alquanto diverso, e le
nostre obiezioni dovrebbero essere più
sfumate.
Nominati
daiia curia
pagati
dallo stato
Torino. - Riportiamo alcune riflessioni
emerse nel corso di un incontro sull’ora
di religione, che si è tenuto, alcuni giorni
or sono presso la comunità valdese di C.so
Qddone. Nel corso del dibattito sull’ora
di religione introdotto dalla prof. Oriana
Beri, si è rilevato che alcuni ragazzi evangelici non vengono esonerati, altri invece
pur essendo esonerati assistono all’ora di
religione.
Questo perché alcuni genitori temono ohe
1 uscita di classe dei propri figli possa causare in loro un trauma, in quanto si sentono diversi e và quindi contro ad un discorso di pedagogia moderna. Dei genitori presenti hanno però contestato questo discorso in quanto, forse, se il bambino si sente a disagio non è tanto perché è
di una religione diversa, ma perché manca nella famiglia un impegno profondo e
chiaro di fede e non dà quindi un appog®Tcurezza al bambino medesimo.
Si è rilevato altresì che mentre negli
anni passati l’ora di religione era presieduta da preti spesso autoritari e quindi
non riscontravano simpatia nella classe;
oggi abbiamo, specie per quanto riguarda
la scuola media, dei laici molto prenarati
che gestiscono 1 ora di religione in manieTTiolto ^aperta affrontando problemi
molto sentiti dai ragazzi come la sessualità, la situazione politica ecc. Quindi oggi
e ancora più diifieile sensibilizzare i genitori e i ragazzi e far capire come l’ora di
religione sia arbitraria, in quanto nella
scuola viene lasciato lo spazio ad una educazione religiosa cattolica fatta da un prete o laico nominato dalla curia cattolica
rna pagato dallo Stato e quindi dai cittadini compresi protestanti, ebrei, atei ecc.
Essendo quindi il problema dell’ora di
religione legato al problema del Concordato, è stato ribadito neH’assemblea l’esigenza che la Chiesa protestante si esprima in maniera chiara alla sua abrogazione. Per questo motivo alcuni dei presenti
hanno espresso l’intenzione di studiare le
proposte di legge dei vari partiti riguardanti appunto il problema del Concordato.
Vescovi cileni
« Devo dire anzitutto che quando un cileno va all’estero si rende conto che l’immagine del Cile è dipinta con colori troppo foschi, non veri. Un cileno sa che la
realtà non è così ». Questa è una delle
gravi affermazioni fatte dal vescovo cileno, mons. Valenzuela, in un’intervista alla
Radio Vaticana il 21 scorso. Sulle trasgressioni dei diritti umani in Cile il prelato ha detto: « A quelli che tanto parlano
di diritti umani calpestati in Cile, credo si
debba ricordare quanto detto dal Vangelo: ^ ”chi è senza colpa scagli la prima pietra”. I governi che si sentono innocenti
scaglino la prima pietra. Vi sono state
certamente violazioni dei diritti umani
anche in Cile ma credo che vi sia la buona volontà di adoperarsi seriamente perché non abbiano più a ripetersi ».
(da Adista).
Il pianto di Zac
L’immagine del Dott. Zaccagnini accasciato su una sedia in preda ad una crisi di pianto isterico è la scena che ci dà,
nella sua tragica comicità, il significato
più emblematico del congresso DC. Su
di lui, sulla sua integrità morale e politica sono ormai scorsi fiumi di inchiostro,
chi prò chi contro, e non è nostra intenzione cimentarci in questa diatriba.
Quello che ci preme sottolineare è la
figura di questo uomo prigioniero del suo
stesso partito: Zaccagnini personalmente
ci fa pena.
Infatti mano a mano che il dibattito
congressuale è andato dipanandosi nelle
sue controverse giornate è divenuto sempre più chiaro come le proposte del segretario del partito sono cadute nel vuoto o rimbalzate con violenza sulla sua
persona finché la spaccatura è stata inevitabile.
A chi credere ora? Ad una maggioranza del 51,5% di progressisti di « comodo »
che a seconda del soffio di vento può diventare inesistente o a quello spirito di
crociata che in Forlani ha trovato un novello paladino? Il dubbio non è certo
amletico ma c’è da chiedersi se l’elettorato di fronte a questa « spaccatura » sia
disposto a salvare un partito solamente
per un uomo.