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LA BUONA NOVELLA
GIOKNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo (a Tefitk nulla carità. — Eros. VL 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ^ tE ASSOClAZIONi SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a de^ttoazione]____ JÉ. 3 00 < In Torino alI’Uffizlo del Gioinale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 • Tommaso dietro ii Tempio Valdese.
Per PInj?iiilterra, id................... „ 5 50 s Nelle Provincie per mezzo di franco-boUì po
Per la Germania id................... „ 5 60 ì stali, che dovranno essere inviati Éranco al Di
Noa 8i ricevono associazioni per meno di un anno. ‘ rettore della Buoxa Novella.
Airestero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
La Suona- iVoveZÌa, anno IX. — Pelicitazion! della Buona Nowlla a’ suoi letrtwi. — Necrologì»i il
siff. Giovanni D’Espines (continuaz. e fine). — Cronaca della quindicina. — Annunzio.
LA BUONA NOVELLA
AIVKO IX
La Buona Novella seguiterà, piacendo a Dio, a venir
fuori, nel 1860, co’ medesimi intervalli (il quindici e Yultimo di ciascun mese) ed alle medesime condizioni che in
passato. — Torniamo a pregare que’ nostri Associati che
non hanno ancora soddisfatto l’importare della loro associazione ad affrettarsi di farlo ; e quelli che intendessero di
cessare dalla loro associazione di darcene avviso prima dd
10 ddf entrante Gennajo.
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T’ELICITAZIONI DELLA BUONA NOVELLA
a’ suor LETTOEI
La grazia e la pace di Dio, nostro Padre, e di Gesù Cristo, nostro
Salvatore, sieno con voi, dilettissimi lettori, e soprabbondino nei
vostri cuori. Questo è il saluto ch’io vi mando.
Volgono ora ben otto anni dacché io intrapresi il mio pellegriaaggio a traverso i piani ed i monti di nostra bella Italia, e nelle
lontane contrade dei nostri amici d’Elvezia e Francia, d’AUemagna
e d’Inghilterra... ott’anni di pene e gioie, di fatiche e di speranze,
senza che pur desse abbiano destato in me la pretesa di aver acquistato una splendida posizione fra i pensanti dominatori del secol
nostro, nè il vanto di trionfatrice eloquenza, nè il plauso delle moltitudini entusiasmate. Posso però gloriarmi di aver potuto nel mio
cammino ripetere a molte orecchie ed a molti cuori travagliati ed
affranti il mio gran messaggio, la mia buona novella che il Cristo
venne per salvare ciò che era perduto ; ed ecco ove sono riposti il
mio onore e la mia gloria, e la ragione per cui imprendo con gioia
il mio pellegrinaggio, essendomi questa unicamente suggerita dalla
brama di ripetere a quanti incontrerò per via questo mio messaggio
eternamente nuovo. Il Signore mi diede lena per continuare la mia
corsa sino a quest’istante, ed io gliene rendo sommi ringraziamenti,
poiché egli si appaleserà forte in mia fralezza. Il mio incesso non è
quello del baldo possente della terra, e puato non si rassomiglia al
passo concitato di seducente fortuna. Di ciò nulla mi cale, purché io
possa rassomigliare al mio Maestro, di cui Iddio disse; “ Ecco il
mio Servitore, io lo sosterrò... Egli non griderà, e non alzerà, nè
farà udir la sua voce per le piazze... Egli stesso non sarà oscurato,
e non sarà rotto. ” (Is. xLir).
Cionullameno, io lo confesso, abbisogno di caldi amici e di valido
sostegno, poiché il mio passo non è quello del gagliardo; ma se la
mia voce non risuonò più lungi, e se i miei passi non furono tutti
rimunerati di eguali benedizioni, non è egli vero, diletti amici, che
ciò vuoisi attribuire, oltre alla mia poca fede, altresì a taluno d’infra
voi, che mi diniegò ospitale ricovero sotto il suo domestico tetto, e a
tal’altro che non mi porse il sostenziale nutrimento che mi era necesSi^rio per affrontare il freddo glaciale che mi attende sul gran cam-
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mino, su cui io compio solinga la mia corsa?... Ma sia fatta tregua
ai rimbrotti, è oggi il giorno di felicitazioni e felici augurii. Io camminerò nel nome del Signore colà oVEgli vorrammi guidare ; Egli
mi porse aita sino a questo giorno, e voi, miei cari amici, richiedetenelo cou istanza a volermi continuare il suo aiuto per glorificare il
suo nome benedetto:
“ Tu sai, 0 mio divin maestro, come io debba pormi all’opra per
“ Continuare a fare ancora un po’ di bene; tu sai ove debba dirigere
i miei passi, onde arrecar qualche benedizione a coloro che sono
“ assetati di fede, e qual cosa io mi debba fare per un migliore
“ avanzamento del tuo regno. Poni sulle mie labbra le parole della
“ buona novella, e purificale col tuo sacro fuoco, illumina me, come
“ altresì queglino che mi riceveranno. Tu vedi intorno a me queste
“ anime, nutrite d’errore e di menzogna, ma che sospirano a vita
“ novella, stanche di loro superstizioni e desolante indiiFerenza. Oh!
“ concedi loro l’amore della verità, ed accompagna la buona novella
“ di salvazione coirefiicacia del tuo santo Spirito^! Sopratutto bene“ dici a questa di nostra Italia, ove io muovo i miei passi! La tua
“ dottrina stilli da essa siccome pioggia, e la tua parola discorra
“ qual fiumana, e il mondo intiero sia ripieno della conoscenza del
“ Signore! ”
Ed ora, diletti amici, voi mi domandate ciò ch’io abbia veduto nel
mondo, e segnatamente nel 'regno di Dio, durante il periodo di mie
rimote peregrinazioni? Sia Iddio benedetto! Io vi apporto grandi e
faustissime notizie. — Il Principe della pace viene con possanza nel
suo regno, ed abbatte ogni ostacolo, avvegnaché eminente, che si
opponga alla conoscenza di Dio, e giuida ogni giorno vae maggiormente l’asservito pensiero alla libera obbedienza della fede. Noi non
viviamo più a que’ tempi di letargo e sonno, in cui il cristiano deplorava che nulla si operasse a promuovere nel mondo il regno del
Signore. Il vento soffia con gagliajdìa, e Tonde si commovono, e il
loro fremito possente vien ripercosso dall’una all’altra sponda dell’oceano. Quivi è l’immenso impero della Cina che si schiude al
Vangelo, e riceve un numero stragrande di Bibbie ed un considerevole rinforzo di sacri messaggieri della buona novella. Colà è l’impero del Giapone, di cui le città sono così popolate, che un Giaponese
venuto a Parigi, si maravigliava del picool numero |di persone che
incontrava per le vie; anche quest’impero aprì le porte alla civilizzazione cristiana.
A mezzodì i missionari ristaurano nell’india le ruine di loro opera
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passate, e neU’impero Bii-maao i Karesi si affollano a migliaia e con
indicibile sollecitudine ne’ sacri recessi del Signore. In vicinanza del
paese d’Àbramo la Chiesa Nestoriana ritornò in gran parte a novella
l'ita, ed a Costantinopoli continua fra gli Armeni un prospero movimento di grazia e di benedizione.
Parlerovvi ora della terra inospitale di Cam, dell’africane contrade
sin ora in gran parte sconosciute? Da ogni parte U Vangelo vi si
inoltra, ed un intrepido messaggiero della buona novella (Livingstone) la attraversa per la terza volta pel suo centro; al suo mezzogiorno poi, il Capo di Buona-Speranza di verme degno del suo nome;
dopo d’aver quivi chiusi tutti i teatri egli, l’evangelico banditore, si
occupa delle missioni con singolare attività. Su tutte le coste della
Guinea gli inviati che annunziavano la libertà ai cattivi, l’affrancamento agli schiavi e l’anno della benevolenza del Signore, si sono
moltiplicati, e sulle sponde del Niger si creò un nuovo centro di
evangelica predicazione.
Sali ora la mia nave, solca meco l’Atlantico, ed eccoci a NuovaYorck. Vedi tu quelle moltitudini che da parecchi anni si accalcano
giornalmente nelle chiese ? Vedi tu quei gruppi di contadini che
ogni giorno e ad ora stabilita cercano il Signore in centinaja di private e separate riunioni ? Vedi tu quei vecchi peccatori, uomini da
bettola e da bisca, empi e perduti, cui l’agnello del Signore ha guadagnati al suo amore per la potenza di sua salvazione? Vedi tu quei
giovani e provetti che esaltano ad alta voce il loro Salvatore ? Egli
è perchè lo spirito di Cristo ha possentemente operato ne’ loro cuori,
e manifesta la sua forza prodigiosa per risvegliare gli addormentati
peccatori. Ma vieni ed approda meco a quella Irlanda, anticamente
chiamata Yisola dei santi, e che or sembra ritornare ad esserlo sotto
l’influenza di un immenso risvegliamento religioso, che ci ricorda i
pili bei tempi del secolo apostolico: io te ne terrò parola a dilungo.—
In vano fra quelle manifestazioni di potenza e di spirito intesi i malvagi dichiarare che il Vangelo avea compiuto il suo tempo, che Voltaire l’avea ucciso e la rivoluzione inumato, e ch’era pur duopo
aspettarsi la salvezza dall’era novella delle scienze; invano intesi i
gesuiti trionfare della chiesa evangelica, e dire che era dessa un
ammalato, affetto dai tisi, il quale non avea più che pochi anni di
estenuata esistenza; invano ho veduto moltitudini di protestanti e di
cattolici volgere il tergo alla Bibbia, e predicatori attendere inutilmente che i peccatori accettassero e domandassero il perdono di loro
colpe. Il sole risplende benefico, e brilla di luce sfolgorante, e non è
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... o < o ...
sua colpa se vi sono ciechi che dicano sia notte. Lascia ì morti che
seppelliscono i loro morti. Ratoppi pure la superstizione la sua vecchia
porpora sdrucita, e l’incredulità si cuopra pure della maschera dei
grandi e pomposi nomi di coscienza, di umanità e di progresso ;
quando io passai presso Roma sentii un puzzo di cadavere, che i
beifeggiatori, i quali ridevangli d’intorno, non seppero nè ravvivare
nè seppellire.
Ma io pur vidi in Italia molte anime sospirare dietro la buona
novella di salvezza, ed accalcarsi intorno a quelli che la predicavano.
Torna dunque al tuo posto, o mio fratello, chè non è questo il momento di sconfortarti. Tu avresti mal garbo di dubitare in oggi della
potenza di ciò che tu credi, e forse ancora bandisci. Umiliati, e Dio
avrà pietà; grida a Colui che ode la voce del corvo e risponde al
ruggito del lione che domanda la sua pastura; pria che tu abbia gridato, Egli avrà di già inteso la tua preghiera, e mentre tu solleverai
la tua mano verso Lui, Egli avrà di già piegata la sua per esaudirti.
Non è questo il tempo di rallentarti e di dire che tutto è stagnante,
immobile, indifferente; il momento sarebbe mal scelto per ricercare
qualche altra buona novella allinfuori dell’antica, perchè il Vangelo
di Cristo è la potenza di Dio in salute ad ogni credente (Rom. i, 16).
Che se voi non credete, non sarete punto raffeì~mati. (Is. vii, 9).
La fede, fratel mio, ecco ciò che ti manca; ecco forse ciò che mal
comprendi; eppure la fede è solo quella che ti rialzerà, e sola renderà
al mondo spossato e travagliato una qualche stabilità, e all’anima
tua indecisa e perplessa Una qualche sicurtà. Ma ciò che tu hai forse
dimenticato si è che la fede è una potenza rigeneratrice, che cangia
le abitudini, i desiderii, i gusti, e che se dessa non produce questi
effetti, ciò non procede dalla fede, nè vuoisi addebitare alla medesima. La fede converte, e forse tu non sei stato ancora veramente
convertito ; la fede ingenera umiltà, e tu sei ancora soggiogato da orgoglio ; la fede rigenera, trasforma e produce una nuova creatura,
un uomo nuovo, fatto secondo Iddio in giustizia e santità verace,
e tu cammini ancor sovente secondo l’uomo antico nella carnalità,
mancanza di carità, e conformandoti a questo malvagio secolo presente.
La fede è quella che dice; or dunque non son più io che vivo, 7na
Cristo vive in me. (Gal. ii, 20). Persuaditi dunque che la fede, la
vera fede è quella che santifica; ed in questa convinzione, appoggiato
sulla forza del tuo Dio, incomincia di bel nuovo a credere; a credere
che non solo tu fosti riscattato dalla maledizione della legge e dalla
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punizione del peccato, (Gal. in, 13), ma ancora che voi faste riscaitati dalla vostra vana maniera di vivere, e che foste ammaestrati
dai vosti'i padri non per oro ed argento......ma pel prezioso san^iie
di Cristo. (1 Piet. i, 18, 19). Guarda diligentemente nella tua vita,
ove la fede non abbia ancor manifestato la sua possanza, qual peccato abbi tu ancor lasciato regnare nel tuo cuore, qual dovere del
cristiano abbi tu ancor disconosciuto, e poi riponi coraggiosamente
la mano all’opra, affinchè Cristo sia rivelato in te, e credi ch’egli lo
farà, e credilo siffattamente che tu senta l’efficacia di questa fede,
onde tu possa finalmente gioire di tutta la pienezza de’ doni d’iddioNon temer, piccola greggia; il tuo Maestro è potente per sanarti,
solo non ti addormentare: havvi per te appo il tuo Dio un balsamo
lienefico, selo rimanti tranquilla, affinchè la sua mano possa av\-icinarsi al tuo cuore e bendare la tua ferita, acciocché tu non contristi
10 spirito di grazia. Domandagli di purificarti, convalidarti e renilerti prudente, e di porti all’aperto, e tu vedrai che nessuna di tue
debolezze lo impedirà di compiere l’opera sua in te e per te. Voglia
11 Signore che prima della tribolazione, che forse si prepara per te,
tu sii rivestito delle sue armi per poter resistere nel giorno della
prova.
ÌVECROliOeiJi
IL SIG. GIOVANNI D’ESPINES
m
L’inverno del 1854 al 1855, tempo di carestìa e di gravi strettezze per quasi tutti i paesi della nostra Europa, lo fu in modo
singolare per le Valli Valdesi, regione montuosa, che nasce appena
all’industria e non avente, per sfamare la di lei soverchiante popolazione, altre risorse tranne quelle del suolo, insufficienti sempre, ma
più che mai in quell’anno in cui al flagello della malattìa delle viti
venne ad aggiungersi la mancanza quasi totale di patate e di castagne, due fra i precipui proventi di quegli alpigiani.
Non è dunque da maravigliarsi, se dai monti si videro scendere
nel piano a torme più numerose del solito, questuanti d’ogni genere,
uomini, donne, bambini, famiglie intiere, cui non restava che quel
mezzo per scampare alla fame che li travagliava.
I cuori pietosi furono commossi da tanta miseria; ma più degli
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altri ne provò profonda compassione un giovane ministro, noto nelle
Valli ed altrove, nonché per le esimie sue doti, per l’instancabile
sua operosità e beneficenza. Il sig. Appia, colpito dal numero stragrande di bambini,e di ragazze specialmente, che si vedevano mescolati a quelle frotte di accattoni, che da mattina a sera assediavano
gli uscj degli abitanti, segnatamente di Torre e dei luoghi circostanti, a questi, come ai più esposti ed ai più degni di commiserazione, egli rivolse in modo speciale la sua sollecitudine. ¡Sfamarli,
però, non sarebbe stato che un benefizio temporario ; egli avvisò ai
mezzi, sollevando i corpi, di beneficare ancora e sovratutto le anime,
tacendo in tal guisa servire al maggior bene di quei poveri bambini la sciagura che li colpiva. A tale scopo, presa in affitto una
stanza al pian-terreno di una casa di Torre, ed assicuratosi il concorso di un pio maestro e di una donna di cuore, egli invitò a scuola
quei vagabondi bambini, le femine specialmente, compensando la
loro assiduità con una buona minestra ed un buon tozzo di pane
che venivano loro dispensati prima o dopo la lezione.
Questa fu l’origine un po’ scomposta, un po’ disordinata, Tammettiamo, ma pur sempre benefica, d’uno degli stabilimenti caritatevoli più interessanti che esistano tutt’ora nelle Valli, vogliamo dire
la scuola delle ragazze ■povere.
Fra le persone che a secondare il sig. Appia in quell’opera eccellente si fecero innanzi con più zelo, trovossi una parente del nostro
compianto amico, la signora D’Espines, nata e cresciuta in seno alla
Chiesa romana, ma che, ritiratasi nelle Valli in compagnia dell’infermo suo marito, vi abbracciò l’Evangelo, e portò alla sua Chiesa
di elezione il prezioso concorso di una mente elevata e di nn cuore
tutto ardente di cristiana carità. In breve periodo di tempo essa era
diventata come il braccio destro del sig. Appia ; e quando, due anni
or sono, questi dovette lasciare momentaneamente le Valli per recarsi a Parigi, chiamatovi da domestici doveri, ei fu sulla signora
D’Espines che ebbe a gravitare, nella massima parte, la risponsabilifà dell’incipiente stabilimento.
Ora come mai avrebbe potuto il cuore del nostro amico,così accessibile ad ogni caritatevole proponimento, non sentirsi attratto verso
un’opera oggetto di vivo interesse e cagione di grave sollecitudine
per una persona, alla quale lo univa il doppio vincolo della fede e
del sangue?
Non é dunque maraviglia se alle cure quantunque numerose che
già lo aggravavano, egli aggiunse ancora quella di provvedere, se
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non in tutto, almeno in grandissima parte al mantenimento di
questa benefica istituzione.
Allo scopo di procacciarsi sul conto della medesima notizie più
dettagliate, più sicure, e che maggiormente valessero a conquistarle
nuovi amici e protettori, egli, non curandosi dei suoi 75 anni, fin
dallanno scorso intraprese una gita nelle Valli, il risultato della quale
fu di dar nuova esca all’interessamento che già si sentiva per una
tale opera.
Il locale, in cui dopo parecchie peripezie si era riuscito a darle
albergo, diventava ogui giorno più esiguo ed insufficiente. Un’altro
se ne sarebbe trovato molto addatto inquanto a situazione, salubrità
ed ampiezza, l’antico presbiterio dei Ccyppiers, vicino al tempio di
questo nome; ma a porlo in istato si richiedevano ristauri per la
somma non piccola di cinque in sei mila fr. Come riuscire a raccoglierla? 11 nostro amico non si perdè d’animo, convinto quale egli
era una tale opera essere secondo la volontà di Dio; e con questa
convinzione nel cuore egli riprese la via di Ginevra.
Colà avea fissato la sua stanza da alcuni mesi un’ottima gentildonna, inglese di nazione, la signora Bradshaw,nota per il vivo interessamento che porta alla Chiesa Valdese, che l’annovera fra i suoi
beneifattori più indefessi e più generosi. Il S. D’Espines, entrato con
essa in relazione,non durò gran fatica a conquistarla al suo progetto
unitamente ad un’altra benemerita Signora, Ginevrina questa, e
conosciuta del pari per l’instancabile sua beneficenza, la signora
Eynard-Lullin ; laonde i ristauri ideati poterono venir immantinente
intrapresi e proseguiti con tale alacrità, che non era scorso Testate
prima che Tinteressante famiglia, composta ormai di una cinquantina di ragazze con a capo la Signora D’Espines per madre, si fosse
recata a prendere possesso della veramente piacevole abitazione statale preparata.
Quale tentazione per il nostro amico di valicare una volta ancora
le Alpi, onde contemplare coi proprii occhi questo frutto tardivo,
ma perciò non meno bello, della sua indefessa beneficenza! Per
qualche tempo egli vi resistette ; ma alla fine ei si pose in viaggio,
ed uno degli ultimi giorni del passato Agosto il buon vecchio smontava tutto commosso alla porta del pio istituto, ove accoglievanlo,
con affettuose strette di mano e le lagrime agli occhi le care bambine che vi sono ricoverate. Ecco in quali termini, in una lettera del
5 settembre, scritta ad una delle signore sovranominate, egli rendeva
conto delle sue impressioni nelTatto ni cui giungeva:
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“ Eccomi fiaalmento, dopo molte titubanze, ai nostri Coppiers ...
“ sono giunto qui il dì 30, stanco senza dubbio, ma non quanto me
“ lo sarei aspettato... Non ho bisogno di dirle quale ottima acco“ glienza io mi abbia avuto per parte dei nostri amici tutti di Torre,
“ e specialmente ai Coppiere: la mia cugina e le sue ragazze unita“ mente al maestro e alla maestra, mi accolsero come uno dei loro
“ più cari amici, e quasi, ardirei dire, come un padre. Sono rimasto
“ incantato dei ristauri che vennero eseguiti,e del conforto(relativo)
“ che si trova in quella casa.
Senza dubbio uon vi si scorge nè il gusto nè la finitezza degli
“ operai dei nostri paesi più inoltrati nella civiltà, ma per qui ogni
cosa è benissimo, e sono j>ersuaso che Ella pure ne sai-ebbe con“ tenta. Tutto vi spira la semplicità più primitiva, ma altresì Tor“ dine e la polizia, ciò in sostanza che Ella ed io desideravamo.
“ Quanto avrei caro che potesse giudicare di tutto coi proprii occhi,
“ e fermare per alcuni giorni la sua stanza in questa tranquilla abi“ tazione che a Lei va debitrice di tanto, e direi quasi di tutto. ”
Il Sig. D’Espines passò in mezzo alla sua famiglia di adottazione
alcune settimane, che gli parvero pochi e brevissimi giorni.
Quando si decise a partire, le povere ragazze piangevano dirottamente; 6 quanto più avrebbero pianto, se avessero sospettato che era
questa l’ultima volta che sarebbe loro concesso di conttìmplare quella
cara e venerata sembianza.
Al suo arrivo a Ginevra, dopo un viaggio felicissimo, i suoi che
furono ad incontrarlo alla stazione rimasero incantati del suo aspetto
più prospero e più ilare che non l’avesse avuto da molto tempo. Chi
l’avrebbe detto allora, che prima della fine del mese egli non sarebbe
più ! Pochi giorni però dopo il suo arrivo fu colto da un gran raffreddore, seguito da un secondo più fiero con accompagnamento
di febbre, di vomiti e di dolor di c#sta che lo costrinse al letto.
Era questo il principio di una pneumonia al lato sinistro, la quale,
poco estesa nel principio, si fece più grave nei giorni che seguirono,
e, scorso poco tempo, lo rapiva all’affeto dei suoi, il dì 21 ottobre
1859, nell’età di 76 anni e 6 mesi.
Fin dall’esordire della sua malattia lo colse il presentimento che
avesse a riuscire mortale; e quando, passati i cinque giorni, il suo
figlio chc lo curava come figlio e come medico ad un tempo, credette
per certi sintomi di potersi abbandonare ad una qualche speranza di
guarigione, il sig. D’Espines non la divise, e durò a mostrarsi preoccupato della sua partenza come vicina. Verso il settimo giorno es-
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sendoai ogni speranza dileguata anche per coloro che gli stavano
attorno, essi non esitarono più a trattenersi apertamente col loro
Padre ed amico della separazione che era imminente.
E di quale conforto non fu al loro cuore angosciato lo spettacolo della
serenità tutta celeste colla quale egli avviavasi alla valle oscura dell’ombra della morte, manifestando, ogni qualvolta egli veniva domandato, anche in mezzo ai più atroci patimenti, la pienezza della
sua pace, e l’inconcussa sua confidenza nel suo Salvatore al quale
egli si rallegrava di sapersi fra poco riunito ! Il giorno 20 ottobre
soprafatto dall’oppressione che non gli lasciava requie, egU manifestò
il desiderio che l’ora della liberazione giungesse presto. Il mattino del
21, al figlio che gli diceva - “ buon padre, il Signore vuole esercitare la
vostra pazienza per addurla a perfezione ” - “ oh ! sì,rispose egli, la sua
pazienza verso di me è stata grande, più grande che non lo sia stata
per molti altri. ” In quel momento sopragiunsero due amici ai quali
potè ancora stringere la mano, e che unitamente ai suoi figli e nipoti
ne sostennero gli ultimi passi con frequenti citazioni di promesse
scritturali e brevi preghiere, alle quali il moribondo non mancava
mai di aggiungere il suo amen. Pochi minuti prima di spirare, le sue
mani già fredde si alzarono ancora, ma senza potersi congiungere, e
la parola amen venne spirare sulle sue labbra. Un’istante dopo lo
sguardo si spense, e la respirazione si soffermò: un giusto di meno
abitava questa povera terra,ove il peccato abbonda; ma si accresceva
di uno il novero di coloro che, avendo imbiancate le loro vesti nel
sangue dell’Agnello, stanno davanti al trono di Dio, e gli servono
giorno e notte nel suo tempio.
“ Beati, esclamò allora il di lui figlio, i morti che muoiono nel
Signore. Sì, veramente beati, soggiungeremo alla nostra volta, e
possa una tal beatitudine venir concessa a tutti coloro sotto i di
eui occhi queste poche righe saranno cadute.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Piemonte—Mestizia deU'^lmonia.—FBANCu—Malafede dell'i/niWs. — Baviera
Costumi del clero cattolico. — Wurtemberg — Persecuzione protestante. — Ungheria — La patente imperiale. — Gerusalemme — Civiltà rinascente.
Armonia modula sulla sua cetra le più melanconiche elegie a cagione
del recente articolo del sig. Lagiierronnière sul Papa ed il Congresso. Le
idee piuttosto restrcttive del celebre pubblicista intorno al potere temporale
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del papa non garbano per fermo airArmciiia, che sognava ritornati i tempi
beati di Peppino o Carlo-Magno, o per lo meno vedeva sul suo orizzonto
numerose falangi di crociati scendere in Italia a ristabilire coll’armi il vacillante potere del papato. Certamente conosceva anch’essa chc il teocratico edificio romano era logoro e crollante; tuttavia ne attendeva con ansia
il ristauro dalforde croate sotto i felici auspicii dei Nardoni e degli Antonelli. Se non che una funesta esperienza la rese edotta che i Peppini ed i
Carlo-Magni appartengono ad un’età che non ritorna; che le crociate non
incontrano più le simpatie dei popoli moderni, e cho la civiltà cammina a
passo fermo e sicuro, abbattendo ogni ostacolo che le si frapponga, avvegnaché eminente e di antica origine.
Il papato volge dunque al tramonto ? Ne sia benedetto Iddio ! La grandezza d’Italia sta in ragione inversa della grandezza del papato, avea detto
Macchiavelli, e noi diciamo con egual ragione che il cristianesimo in Italia
sta in ragione inversa del papismo.
Ciò che sotto quest'ultimo rapporto accade in Italia, avviene pur anco
altrove, perchè il papismo 6 la più assoluta negazione del cristianesimo. Si
ò per tal ragione che i suoi pochi fautori si stringono compatti intorno a lui
e combattano disperatamente l'ultima battaglia. L’ Univers in Francia
scende campione nella lizza, e combatte con tanta slealtà, chc l'Ohservateur
Gatholique è costretta di ricordargli ch’ebbe già altre volte l’occasione di
fargli osservare ch’esso mena troppo scalpore per le conversioni al cattolicismo, che di tempo in tempo si avverano in Inghilterra, mentre poi nulla
dice dei casi contrarii, e specialmente del frequentissimo ritorno de’ convertiti alla loro Chiesa primitiva. Eccone però uno assai notevole, che ci
vien fatto conoscere dal i'Vee man s joumal, ed è quello appunto del reverendo Dottor Forbes, il quale, dopo essersi fatto cattolico, abbandonò la
chiesa romana, dichiarando ch’egli eraai accorto troppo tardi che i diritti
naturali dell'uomo c la sua libertà individuale vi erano intieramente sacritìcati ; che vi si violava la coscienza privata, e vi si forzava ad aderire, almeno col silenzio, a tutto ciò che si oppone alla verità morale ed alla
giustizia.
E si potrà ancora sperare e credere che un sistema cosi inìquo ed anticristiano perduri ? La lotta del male contro il bene può benissimo protrarsi
ancora negli imperscrutabili giudizii di Dio, ma è fuor di dubbio che quello
a questodebba pur finalmente soggiacere.
Una prova luminosa della decadenza del cattolicismo l'abbiamo pure nella
depravazione di costumi del suo clero. — Il vescovo di Ratisbona indirizzò
una pastorale al clero di sua diocesi, in cui proibisce ai proti di frequentare
ìfi hettole ed i luoghi di piacere, terminando eon queste precise parole: « Noi
uon possiamo astenerci dal mettere il nostro clero in guardia contro le troppo
frequenti ed inutili visite in case particolari, gravissimo male, i cui risnl
tati possono essere funesti non meno di quelli delle bettole e delle bische. »
Eppure per effetto di funesta inconseguenza vi sono de’ governi die
lasciano impunita l'immoralità, mentre perseguitano e puniscono l’opinione
religiosa anche quando è maestra di rigidissimi costumi. Il seguente fatto
accaduto nel Wdrtbmbeuo viene a confermare le nostre promesse. Uu
gendarme, uomo ammogliato, al servizio da 14 anni, e che otenne, qual
ricompensa ben meritata, delle medaglie e dei certificati dalle autorità sotto
le quali egli ha servito, divenne membro della chiesa battista, .son ora tre
anni.
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Tosto che questo fatto fu conosciuto dall’autorità, Tenne egli chiamato
ed invitato a separarsi da quella chiesa sotto pena di essere punito per
insubordinazione.
Essendo rimasto fedele alle sue convinzioni, egli fu primamente punito con
una traslocazione assai pregiudicevole. Ma siccome questo castigo noi rimoveva da’ suoi propositi, e perché alla nascita di un suo figlio, lo fece presentare a Dio per mezzo della preghiera, senza avergli fatto conferire il
battesimo, fu posto in prigione, e vi fu trattenuto per ben quattro giorni a
pane ed acqua.—Non è guari ch’egli fu destituito, e posto così coi figliuoli
e la moglie in crudelissima situazione.
Tutto ciò avvenne nel Wurtemberg a marcio dispetto del paragrafo ventesimo settimo della costituzione di quello stato, il quale è concepito in
questi termini; Nel regno ognuno, senza distinzione di religione, gode della
libertà di coscienza.
E la violazione di questi diritti suol essere tosto o tardi funestissima ai
governi che se ne resero colpevoli. I fatti che si compiono in Unghebia
provano aH’evidenza il nostro asserto.
Scrivono pertanto da Vienna che tutte le Assemblee ecclesiastiche protestanti, all’infuori di una sola, hanno reietta la patente imperiaie del 1°
settembre p. p. — I mali umori crescono per tal cagione nell’impero Austriaco, e non è difficile a presagirne tali complicazioni che potranno porre
il governo in gravissimi imbarazzi.
Se l’intolleranza religiosa è funesta cagione di sventure, la tolleranza
per inverso è produtrice di bene e di prosperità. Ciò che ci vien scritto da
Gerusalemme vale a dimostrarlo.
Scrivono dunque da Gerusalemme che colà si opera una considerevole
trasformazione nella città santa. Essa non è più la città, cui nessun ricerca;
ma essa fa al contrario grandi progressi in civilizzazione. Agenti di governi
europei vi acquistano terreni e case. Ospedali, chiese e conventi si veggono
sorgere da ogni parte, e migliaia d’impiegati Russi e Giudei vengono a
stabilirsi nella città di David.
Si sapeva che il papismo e l’islamismo camminavano di pari passo sulla
via del più cieco fanatismo, ma non si sapeva ancora che Roma dovessse
ricevere da Costantinopoli lezioni di tolleranza religiosa.
Domenico Grosso gerente.
LA FAMILLE
JOURNAL POUB TOUS
publié
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