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Anno IV
numero 37
del 27 settembre 1996
L.2000
spedizione in a. p- comma 26
art. 2 legge 549/95 nr, 37/96 - Torino
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Bibbia e attualità
COME PARLARE
A DIO
«Ti prego, ascoltami, e io parlerò; ti
farò delle domande e tu insegnami!»
(Giobbe 42,4)
Fra tutti i ragazzi del corso di catechismo ricordo il piccolino dai capelli rossi. Era sempre il primo ad arrivare, quasi sempre anche prima di
me. Cominciava quella che una volta
chiamavamo la lezione; ci mettevamo tutti intorno a un gran tavolo nella stanza che ci avevano messo a disposizione; lui stava lì, attento ma silenzioso, senza dire una parola e senza fare una domanda. Sapevo i suoi
problemi, perché me ne avevano parlato i suoi genitori; nella grande diaspora dove vivevamo la sua famiglia
era isolatissima; a chilometri di distanza nessun'aura famiglia evangelica, nessun ragazzo con cui potersi
confrontare; l’ambiente, ancora adesso, 'era ostile che più non si può; per
tutti i suoi vicini era un diverso. Fin
da piccolo si era messo in testa questa
idea: doveva imparare a difendersi. A
casa gli volevano tutti bene, ma spesso rimaneva solo (gli orari del lavoro
e dello studio dei suoi erano così diversi: non ci si ritrovava mai tutti insieme). Non sapeva sempre bene a chi
avrebbe dovuto chiedere spiegazioni
sulla sua «diversità»; ma voleva capire perché voleva poter spiegare. Voleva imparare a parlare.
n ¡UNITI intorno al giUn tavolo, lì
nella stanza, il piccolino dai capelli rossi stava attento e ascoltava.
Aveva bisogno di capire: certe volte
pensavo alla responsabilità dei catechisti: come fare a trovare le parole
giuste? Come aiutare gli amici a scoprire le loro strade? Quando ero tentato di semplificare i problemi ricordavo la sua richiesta iniziale, così essenziale nella sua semplicità: «Vorrei
essere aiutato a capire le pagine difficili, quelle che non hanno una risposta eviden te, quelle che fanno pensare». Per questo adesso, leggendo il libro di Giobbe, tra Taltro penso a lui, e
a tutti quelli che non si accontentano
mai. Leggo la storia di Giobbe, leggo
le sue pretese («riteneva che la propria giustizia fosse superiore a quella
idi Dio», 32, 3; oppure «Io sono puro,
senza peccato; sono innocente, non c’è
iniquità in me; ma Dio trova contro
me degli appigli ostili, mi considera
suo nemico», 33, 9-10), le sue pretese
impossibili e assurde, e mi ricordo che
si tratta di un libro diffìcile, indigesto,
che, appunto, non ha spiegazioni evidenti. So che è un libro che ha raccolto entusiasmi (proprio perché è diverso, così controcorrente), so che è un libro molto letto, ma non sono sicuro
di averlo capito fino infondo.
Quello di Giobbe è certamente
un libro che invita a pregare,
ma pregare è un evento così difficile e
sconvolgente. E come posso imparare
a parlare agli altri, per spiegare due o
tre cose, se non so parlare a Dio (cioè
se non so pregare)? Come trovare
cjuel misto di sincerità («ti prego, non
So che cosa dire») e di coraggio («ti
farò delle domande, e tu insegnami»)? Perciò, invece di dare delle risposte, faccio come mi capitava spesso con il mio giovane amico dai capelli rossi: ci dicevamo insieme che ci
^ra stato messo davanti un problema
(qui il problema della giustizia) e che
fin che questo non fosse stato risolto
non saremmo rimasti tranquilli. Intanto, nella nostra «non tranquillità», avremmo coinvolto tutti quelli
che si lasciavano coinvolgere. In questo modo avremmo parlato. In questo modo parliamo.
Eugenio Rivolr
~^/iA \ )) ^ /I
.A.. 1.
SETTIMANALE ■ DELLE CHIESE: (EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VAI.DESI
Dopo le elezioni presidenziali del 14 settembre rese possibili dagli «Accordi di Dayton»
Bosnia^ una pace fragile da consolidare
Hanno vinto i leader dei partiti nazionalisti che per quattro anni si sono combattuti ferocemente
Ora nessuno ha voglia di riprendere una guerra che ha già provocato oltre 100.000 morti
JEAN-JACQUES PEYRONEL
IN Bosnia «vi è'una pace fragile,
non compiuta, da consolidare;
ma vi è una pace!», ha detto l’on.
Piero Fassino, s'ottosegretario di
stato per gli affari esteri, nel suo intervento alla Camera, il 18 settembre scorso, sulla situazione in Bosnia-Erzegovina all’indomani delle
elezioni del 14 settembre. Fassino
ha espresso la soddisfazione del
governo italiano per il fatto che
queste elezioni, la cui data era stata
decisa dalla Conferenza internazionale sulla Bosnia svoltasi a Firenze
nel giugno scorso, si siano svolte
regolarmente e con un alto tasso di
partecipazione.
I risultati per la presidenza collegiale hanno dato la vittoria al leader musulmano Izetbegovic, con
729.034 voti, seguito dal leader serbo-bosniaco Krajisnik, con 690.373
voti, e dal leader croato Zubak, con
322.541 voti. Il testa a testa tra il
leader serbo e quello musulmano è
stato vinto da quest’ultimo per poco più di 38.000 voti perché un altro leader serbo di Banja Luka, il
trentottenne Ivanic, appoggiato da
Belgrado, ha ottenuto 305.805 voti,
togliendo cosi la vittoria al candidato ufficiale della Repubblica serba di Pale. Secondo Luisa Morgantini, che è stata «osservatrice» a Pale per conto dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), questo voto dimostra che fra i serbo-bosniaci vi è
più articolazione che non fra i musulmani che hanno fatto una campagna elettorale «all’americana» a
favore del loro unico leader.
Nel suo intervento alla Camera
l’on. Brunetti, di Rifondazione comunista, ha citato la nota scrittrice
jugoslava Slavenka Drakulic che ha
affermato: «Le elezioni sono state
imposte alla Bosnia. E in questa situazione sono state un delitto a
sangue freddo. Con questo voto la
Bosnia ha firmato la sua morte come stato». Con queste dure parole
la Drakulic intendeva denunciare la
logica degli accordi di Dayton che
hanno sancito la situazione venuta
Gente di Sarajevo
si a creare dopo quattro anni di
«pulizia etnica». I risultati elettorali
confermano infatti che il nuovo
stato si presenta più come una giustapposizione delle forze etniche
che fino a pochi mesi fa hanno cercato di annientarsi a vicenda che
non come una convivenza democratica tra forze politiche antagoniste. La controprova di questa situazione è data dalla sorte delle centinaia di migliaia di profughi che, per
lo più, hanno avuto paura di tornare a votare nei luoghi in cui risiedevano prima della loro fuga forzata.
Resta il fatto che gli accordi di
Dayton hanno comunque avuto il
merito di fermare il linguaggio delle armi e di creare le condizioni per
riaprire il linguaggio della politica.
Luisa Morgantini è categorica su
questo punto: «Le popolazioni locali, a prescindere dalla loro etnia,
sono proprio stufe della guerra e
non hanno alcuna intenzione di riprendere le armi». Ma aggiunge.
con crudo realismo: «Però non dimentichiamo che serbi, croati e
musulmani si sono fatti la guerra
per quattro anni proprio perché
volevano stare separati. È quindi illusorio pensare che queste elezioni
riporteranno come per incanto una
pacifica convivenza. Per questo ci
vorrà molto tempo e dovranno essere le popolazioni stesse a ricostruire i modi di una possibile convivenza. A questo saranno probabilmente costretti dalla situazione
disastrosa dell’economia, in particolare nellii parte serba».
Per la Morgantini, la presidenza
collegiale imposta dagli accordi di
Dayton equivale alla presidenza a
turno della ex Jugoslavia dopo la
morte di Tito, che ha portato allo
smembramento della Federazione.
Le tre forze che hanno vinto le elezioni sono le stesse che si sono
combattute con la stessa ferocia fino a nove mesi fa. È quindi difficile
prevedere se e Come riusciranno a
(foto M. Boccia)
mettersi d’accordo per dare un
nuovo assetto istituzionale allá Bosnia-Erzegovina. Per vederci più
chiaro occorre aspettare il risultato
delle elezioni amministrative del
prossimo novembre, in ogni caso è
da prevedere fin d’ora la permanenza oltre il 15 dicembre delle
forze di pace dell’lfor. Ma per
quanto tempo sarà necessario?
Nella sua replica alla Camera,
l’on. Fassino ha detto: «Noi non
possiamo dimenticare che dal
1991 al 1995 vi sono stati quattro
anni di guerra segnati dalla “pulizia etnica», da oltre 100.000 morti,
da 30.000 donne vittime dello stupro etnico e da circa 350.000 profughi! Da nove mesi a questa parte
questa tragedia, la più grande che
ha insanguinato l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale,
è cessata!». Una cosa è certa, secondo la Margantini: questa tragedia è cessata e nessuno in Bosnia
ha voglia di ripeterla.
' ‘ •• Il segretario del Cec
Confermato il mandato
al pastore Konrad Raiser
Il mandato del pastore
Konrad Raiserr dal 1993
segretario generale del
Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), è stato
rinnovato per altri cinque anni dal Comitato
centrale riunito a Ginevra il 12-20 settembre.
Questa decisione, avvenuta con un anno di
anticipo rispetto alla scadenza del primo mandato (dicembre 1997), consentirà al pastore Raiser,
teologo e membro della
Chiesa evangelica tedesca, di guidare la più importante e rappresentativa organizzazione ecumenica mondiale fino al
dicembre 2002, un perio
do molto importante in
cui, tra l’altro, si sta affrontando un intenso dibattito sulla «concezione
e la visione comune del
Cec» che dovrà sfociare
in una sorta di «Carta del
Cec» per il 21“ secolo.
Prima di essere eletto
segretario generale, Raiser aveva già lavorato al
Cec. Nel 1969 era stato
nominato segretario agli
studi della Commissione
fede e costituzione e nel
1973 segretaria generale
aggiunto dell’organizzazione. Dal 1983 al 1993
ha insegnato teologia sistematica e scienze ecumeniche a Bochum, in
Germania. (Eni)
Ridurre l'«effetto serra»
«Le isole non siano
inghiottite dalle acque»
Leslie Boseto sa ciò
che significa l’impotenza dèlie nazioni industrializzate nel ridurre le
emissioni di «gas a effetto serra» per l’isola di
Choiseul, una delle Isole
Salomone, in cui vive:
«Non vogliamo vedere le
nostre isole inghiottite
dalle acque», ha detto.
Boseto, vescovo della
Chiesa unita di Papuasia,
Nuova Guinea e Isole Salomone è anche uno dei
presidenti del Consiglio
ecumenico delle chiese
(Cec), e sostiene vigorosamente sforzi di questo organismo ecumenico per incoraggiare le
chiese a intervenire pres
so i loro governi perché
adottino misure di controllo più restrittive sulle
emissioni che possono
incrementare il «riscaldamento planetario».
A questo scopo è stata
lanciata dal Cec una
campagna internazionale denominata «petizione sul clima» a cui hanno aderito anche le chiese evangeliche italiane,
la Caritas italiana, le Adi
e le più importanti a^ssociazioni ambientaliste
laiche. Le firme raccolte
saranno consegnate al
governo italiano alla fine
del prossimo gennaio e
successivamente alle
Nazioni Unite.
IL Dl^iCUSSO TEOLOGO TEDESCO EUGEN DREWERMANN IN ITALIA. La
chiesa si deve orientare verso un'autentica cura d'anime invece di ergere muri di paura tra gli esseri umani
e Dio. Lo ha affermato, in due affollate conferenze tenute a Torino e
Milano, il teologo cattolico e psicoterapeuta Eugen Drewermann, prima sospeso a divinis e poi ridotto aL
lo stato laicale dalle autorità ecclesiastiche cattoliche. (pag. 4)
TOSSICODIPENDENZA E DEMOCRAr
ZIA. Il recente ordine del giorno del
Consiglio comunale di Torino a favore di una più ampia sperimentazione
di strategie alternative per ridurre il
danno derivante dal consumo di
droghe, somministrando legalmente
anche quelle proibite, ha riacceso il
dibattito in tutta Italia. (pag. 6)
LA «QUESTIONE SETTENTRIONALE».
Tra l'indipendentismo della Lega di
Bossi e le possibili riforme istituzionali in senso federalista, non bisogna dimenticare la necessità di avere
una classe dirigente all'altezza delle
nuove sfide. (pag. 6)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 27 SETTEMBRE tqq^ VENER
«Giacomo, servo di
Dio e del Signore Gesù Cristo alle dodici
tribù che sono disperse nel mondo: salute.
Fratelli miei, considerate una grande
gioia quando venite a
trovarvi in prove svariate, sapendo che la
prova della vostra fede produce costanza.
£ la costanza compia
pienamente l’opera
sua in voi, perché siate perfetti e completi,
di nulla mancanti.
Se poi qualcuno di
voi manca di saggezza, la chieda a Dio
che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà
data. Ma la chieda
con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’
onda del mare, agitata dal vento e spinta
qua e là. Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore, perché è di
animo doppio, instabile in tutte le sue vie.
Il fratello di umile
condizione sia fiero
della sua elevazione;
e il ricco, della sua
umiliazione, perché
passerà come il fiore
dell’erba. Infatti il sole sorge con il suo calore ardente e fa seccare l’erba, e il suo
fiore cade e la sua
bella apparenza svanisce; anche il ricco
appassirà così nelle
sue imprese. Beato
l’uomo che sopporta
la prova; perché, dopo averla sopportata,
riceverà la corona
della vita, che il Signore ha promesso a
quelli che lo amano.
Nessuno, quand’è
tentato, dica: “Sono
tentato da Dio’’; perché Dio non può essere tentato dal male,
ed egli stesso non tenta nessuno; invece
ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e
lo seduce. Poi la concupiscenza, quando
ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la
morte.
Non v’ingannate,
fratelli miei carissimi; ogni cosa buona e
ogni dono perfetto
vengono dall’alto e
discendono dal Padre
degli astri luminosi
presso il quale non c’è
variazione né ombra
di mutamento. Egli
ha voluto generarci
secondo la sua volontà mediante la parola di verità, affinché in qualche modo
siamo le primizie delle sue creature»
(Giacomo 1,1-18)
VIVERE NELLA DIASPORA
La lettera dì Giacomo è rivolta ai cristiani che vivono nella dispersione
Anche noi, cristiani evangelici in Italia, viviamo in questa situazione
VALDO BENECCHI
CHI siamo noi che ci definiamo cristiani evangelici in
questo paese? Le nostre chiese
evangeliche che vivono in una
situazione di diaspora, di dispersione, non rischiano di essere piano piano assorbite dalla
mentalità, dalla cultura, dalla religiosità deU’ambiente?
Una situazione di diaspora
Leggiamo la lettera di Giacomo come una circolare inviata alle comunità, ai gruppi, alle famiglie cristiane che vivono
nella diaspora, nella dispersione
dell’impero romano alla fine del
primo secolo e che egli chiama
«le dodici tribù che sono disperse nel mondo». Diaspora non solo dal punto di vista geografico.
Quelle sorelle, quei fratelli sono,
si sentono stranieri rispetto, appunto, alla cultura, alla religiosità di maggioranza, alla morale
corrente dell’impero. Non è
dall’impero che ricevono la loro identità e la loro vocazione.
Ma il rischio di farsi assimilare è
sempre presente se le chiese
non' hanno una solida consapevolezza della propria identità, se
non c’è quel «singolare» di cui
parla il Vangelo. Da alcuni brani
della circolare si ricava l’impressione che questo sia già un processo in atto. Credenti in via di
«spegnimento», rilassati sul piano della fede e della vita morale.
Quasi un divorzio fra la fede e la
vita quotidiana. Giacomo scrive
la sua circolare per cercare, appunto, di porre rimedio a questa
situazione.
Nelle nostre città, noi evangelici italiani viviamo in una situazione di diaspora e non solo
perché dispersi geograficamente. Non ci identifichilo con la
mentalità corrente, con la religiosità della maggioranza dei
nostri concittadini. Una diaspo^
ra non imposta, ma scelta e ispirata all’Evangelo. Ma il rischio è
che la nostra identità, assediata
da ogni parte, diventi sempre
più sfocata e, infine, finisca per
farsi assimilare dalla cultura e
dalle ideologie dell’impero (Efesini 4, 14). Parliamo della nostra
fede con eccessiva timidezza.
ma senza un preciso filo conduttore... Forse è vero, ma quel
che è certo è che tutta questa
merce esposta è certamente
merce di prima qualità e contribuisce a nutrire e a consolidare
la spiritualità e la testimonianza
delle nostre chiese... che vivono
nella diaspora. Incominciamo a
fare qualche assaggio di questa
merce.
peramento. Giacomo osa parlare di «gioia» anche nella sofferenza. Per questo anche la prova
diventa un'occasione in cui la
nostra fede si irrobustisce, diventa adulta, impara a vivere
dell’essenziale.
«Chi manca di sapienza
la chieda a Dio»
Cristo è la nostra identità
con troppa approssimazione,
con poca convinzione. Talvolta
non sappiamo neppure più che
cosa ci stiamo a fare, verso dove
vogliamo andare, quale sia la
nostra vocazione.
li rischio
di farsi assimilare
Preghiamo
Signore, ti confessiamo che i nostri calcoli, le nostre
riserve, le nostre incertezze cl distraggono dall’Evangelo per cui finiamo per essere sedotti dalle varie dottrine che ogni giorno invadono i nostri pensieri e la nostra vita. Ed eccoci spesso senza precisi punti di riferimento, senza discernimento sul senso della nostra
identità di tuoi discepoli. Abbiamo bisogno di crescere
e di maturare nella fede per dare dell’Evangelo una testimonianza che non si riduca a una scontata e vuota
morale, che non si traduca nei modo corrente di ragionare e di vivere. Nel nome di Gesù. Amen.
Giacomo scrive la sua circolare preoccupato, appunto,
che le chiese della diaspora non
disperdano la propria identità,
non sprechino i doni e le potenzialità di testimonianza che hanno ricevuto dallo Spirito Santo.
Egli cerca di rafforzare la loro
coesione interna e di fornire gli
strumenti per la riscoperta della
loro vocazione. Questo testimone dalla statura spirituale e morale notevole non si sofferma a
'■ tessere delle grandi elaborazioni
teologiche a tavolino, ma dimostra grande sensibilità nell’affrontare anche i piccoli problemi
pratici interni alla vita della comunità inclusi i rapporti interpersonali fra i suoi membri. Evidenzia nel contempo una profonda sensibilità pastorale, anche se molto rigorosa. In certi
punti costringe le comunità a
confrontarsi con le loro meschinità. Ci costringe a compiere delle verifiche sull’uso della parola,
sulle nostre discordie, su certe
tensioni che talvolta minano alle
radici la vita della comunità, sul
grado della nostra obbedienza
alla parola di Dio. Ci incalza affinché vigiliamo, senza pause,
senza armistizi, sulla nostra vita
spirituale, sulla qualità evangelica delle nostre scelte di vita.
Qualcuho ha scritto che dalla
lettura della circolare si ricava
l’impressione di essere davanti
a tanta merce esposta, di fronte
ad un discorso ricco di spunti.
La nostra identità cristiana
non è l’oggetto misterioso da
scoprire. Come dice il versetto
18, la nostra esistenza di credenti è il dono di Dio in Gesù Cristo.
Cristo è la nostra identità. La
nostra identità è il frutto della libera grazia di Dio accompagnata dalla vocazione: «affinché in
qualche modo siamo le primizie
delle sue creature». Le primizie
della nuova stagione che Gesù
Cristo ha inaugurato: i testimoni
della nascita della nuova umanità, di una nuova creazione.
Nella sua circolare, Giacomo
chiarisce come questo annuncio
non possa limitarsi ad essere
una bella affermazione dottrinale, ma l’evento significativo attorno al quale ricostruire sempre di nuovo la nostra vita di fede personale e di chiesa in vista
della testimonianza. È di questa
consapevolezza che in primo
luogo abbiamo bisogno nella
nostra situazione di diaspora, di
dispersione per non essere assimilati dallo spirito dell’impero
ed essere dispersi...
Nei versetti 2, 3, 12 del cap. 1,
Giacomo parla di prove. Prove
non cercate, ma che all’improvviso ci cascano addosso. Ostacoli ai nostri progetti, contrarietà
che mettono a soqquadro la nostra vita, crisi di fede, ma anche
sofferenze, malattia, morte di un
familiare o di un amico che ci lascia completamente smarriti. La
parola chiave che Giacomo usa
è costanza. Costanza è una parola attiva: perseverare, restare
saldi in piedi, tenacia. È la perseveranza della fede, della preghiera, che ci aiuta a non cedere. Costanza: l’audacia di continuare a rimetterci nelle mani di
Dio, di continuare a contare nel
suo amore. La parola di Dio, il
suo amore, la sua grazia diventano il mio carattere, il mio tem
NEI versetti 5-8 la parola centrale è sapienza. Non è la
conoscenza riservata alle persone colte. È la libertà di vivere secondo la volontà di Dio, è la libertà di discernere l’essenziale
della vita per viverlo nell’umiltà,
nella giustizia, nella lealtà. È il
discernimento di praticare ciò
che è giusto agli occhi del Signore. È la gioia di dire sì alla vita.
Chi manca di questa sapienza,
scrive Giacomo, la chieda a Dio,
il quale «dona a tutti generosamente senza rinfacciare». Il Signore non ci fa sentire in debito
di riconoscenza.
Nei versetti 11-16 troviamo la
parola concupiscenza. Non si
tratta, diciamo così, di uno
smodato appetito sessuale, ma
della tentazione di attribuire a
Dio la responsabilità delle nostre sconfitte, dei nostri fallimenti, delle nostre disgrazie
che altro non sono che le conseguenze del nostro disordine
morale, di scelte di vita sbagliate. Concupiscenza: rendere Dio
complice del nostro egoismo.
Usare Dio per giustificare le no-.
stre scelte. Giacomo usa dei verbi molto efficaci. La concupiscenza ci attrae, ci seduce, ci
adesca, ci feconda e poi partoriamo il peccato e la morte. Ma
in questo brano della circolare,
Giacomo ci dice che ci è permessa anche tanta speranza. Se
noi abbiamo rotto con Dio, Dio
non ha rotto con noi. Dio non ci
abbandona alla nostra disobbedienza, il suo non è un amore
pendolare. Noi ci possiamo anche separare da lui, ma lui non
si separa da noi. Dio non ci
chiede la separazione o il divorzio. Il suo amore non è soggetto
ad alti e bassi, a variazioni, ad
oscillazioni. Non ci sono eclissi
che lo possano oscurare.
Primo di una serie di 4 articoli
Note
omiletiche
La lettera di Giacomo »
generalmente poco igJ
Negli ambienti proteaan!
ti, almeno fino a pochi an
ni fa, ha pesato certame»
te il giudizio di Lutero eh«
l'aveva definita Ietterai
paglia. Egli pensava che?
lettera andasse
contra
quella che era stata lasco,
perta centrale della suatj.
cerca teologica ed esistea.
ziaie: la salvezza per so|,
grazia. Questo sospetto^
stato in buona parte sup^
rato per favorire una rivo
lutazione dello scritto.j
ne valeva la pena.
Accolgo il suggerimenti
di leggere la lettera coiti
una circolare inviataci)
Giacomo alla comunità di
credenti che vive nella di),
spora dell'impero. Cerca
cosi, di consolidare la loro
vita di fede, di stimolare!)
loro vigilanza. Lo spirito
lo scopo della circolared
aiutano a riflettere sull),
nostra situazione di diaspora, a prendere coscieiv
za del contenuto di quell)
identità di cui spesso parliamo.
Nella predicazionesi
questo brano della drcolare è bene chiarire qual
siano lo scopo e i destinatari delio scritto. Ciò ciaiir
ta a prendere cosciena
dei rischi, ma anche'dellf
sfide che ci vengono dalla
nostra situazione di diaspora, Questi rischi pos»
no essere affrontati e ssperati solo se abbiaiM
una forte consapevoleza
della nostra identitài
credenti. Essa non è l'ojgetto misterioso, ma la nostra fede in Gesù Cristo,Si
gnore e Salvatore, vissuti
nell'ascolto della parolai
Dio. Fede in Gesù Cristoi
appartenenza alla comunità dei credenti, l'asset
blea dei convocati perla
testimonianza nel mondo
e al mondo dell 'Evan#
di Gesù Cristo.
Essere diaspora sia dal
punto di vista geografia
che spirituale e cultural
comporta attenta vigilai'
za. Non si può mai abbt
sare la guardia. Se perui
momento non restiami ì,
saldamente radicati nella
parola di Dio il rischio del r
la dispersione della nosW
fede ci sovrasta. E cosi Già
corno, con severità ma anche con profonda sensibi
lità pastorale, mette de
vanti a noi una serie di
concreti suggerimentiUna parte della predice
zione dovrebbe, appunto,
essere dedicata a questi
suggerimenti. In realti
Giacomo, noto soprattutto
per l'imperativo «FacitoJ
delia Parola e non soltanto
uditori», traccia un vero*
ini'
proprio percorso con
cazioni che possono aiute
re la comunità a vegliet*'
a discernere il pericolo
dell'assimilazione.
Un tracciato che altre
versa un po' tutta la circo'
lare e che può essere eoe
siderato il filo condutto«
di un'eventuale serie
predicazioni. Man ma
che procediamo nella 1*
tura della circolare se
priamo che Giacomo o
credente dalla statura sp
rituale e morale davv««
notevole e non solo ^
«maestrucolo» che sa
tanto pronunciare
buone e pie esortazioni
Per
approfondir^
- Ed. Thurneysen, ^
et les œuvres,
Niestlé, Neuchâtel, i’
- paÌdeiO'
tera di Giacomo,
Brescia, 1964. ^
- H. Balz e W- Scnrwr
Le lettere cattolici
deia, Brescia, 1978.
R. U. G. Taskeh
stola di Giacomo,
Claudiana, Torino,
- François Vouga< ^
tre de Saint
et Fides, Ginevra, 1^'
- Gilberto Marcom
lettera di Giacomo,
Roma, 1990.
Ade
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venerdì
27 SETTEMBRE 1996
PAG' 3 RIFORMA
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Il SUO impegno concreto di solidarietà verso il prossimo gli fece affrontare nel 1973 un viaggio difficile e rischioso
Tullio Vinay e il Vietnam: «Ho visto uccidere un popolo»
Additare il Regno con una teologia perfetta non basta. La testimonianza non può essere solo di parole^ ma di parole e fatti
Anche grazie alla sua efficace testimonianza il problema del Vietnam non fu più solo politico ma anche.etico e religioso
E Vinay disse: «Vivere qui, ma non fuori dal mondo»
ETTORE MASINA*
Decidemmo che se si
volevano dare testimonianze del nuovo, del Cristo, dell’agape, bisognava
farlo nei fatti»- Così Tullio Vinay ha raccontato una volta
la conclusione di lunghi dibattiti a Torre Pellice sul finire degli anni '50; e in un suo
scritto ha aggiunto: «Additare
il Regno con perfetta teologia
non basta. La testimonianza
non può essere solo di parole
ma di parole e fatti».
Fra i tanti «fatti» di Vinay
tocca a me commemorarne
uno che lo portò lontano
dall’Italia e che su una parte
dell’opinione pubblica italiana ebbe profondi effetti. Vinay ha sempre scrutato gli
orizzonti per contemplare
dove si trovasse l’uomo ferito
e abbandonato sul ciglio della strada a cui farsi prossimo
(Luca 25,37). Durante l’occupazione nazista si era prodigato per la salvezza di tanti
ebrei; poi aveva lasciato la
«piccola patria» delle Valli
per scendere nella Sicilia più
depressa.
Nel 1973 gli giunse il grido
del Vietnam. Vi si combatteva una guerra coloniale che
oggi i suoi stessi «gestori» definiscono sbagliata e inutile.
Era una guerra che aveva
inedite caratteristiche di ferocia tecnologica e insieme
di raffinata barbarie, che incmdeliva con sapiente sadismo. La più grande macchi
na militare della storia gettava allo sbaraglio giovanissime reclute e con le sue armi
micidiali devastava villaggi,
distruggeva attrezzature, fabbriche, piantagioni e foreste;
oggi sappiamo che più o meno consapevolmente aggrediva anche il seme stesso dell’uomo, avvelenandolo di
diossina e dando vita a generazioni di bambini mostruosi. Intanto il governo dittatoriale di Saigon non soltanto
mandava a morire soldati
senza speranze e senza ideali
ma diffondeva una corruzione che toccava ogni strato
popolare e, in luoghi segreti
(ma neppure troppo), straziava lentamente gli oppositori,
con la connivenza e la collaborazione di militari americani. Ho avuto modo di parlare
con persone che vissero per
anni nelle «gabbie di tigre»
dell’isola di Con Son, atrocemente seviziate: niente e nessuno le potrà, su questa terra,
risarcire di tanto dolore.
Molti competenti spiegarono a Tullio Vinay che andare
nel Vietnam era una follia:
avrebbe trovato inciampi e
rischi a non finire; avrebbe
concluso poco; sarebbe stato
pesantemente strumentalizzato dalle opposte propagande. E poi: non aveva ormai 64
anni? Con mite testardaggine
Vinay ascoltò e sorrise. Partendo. Una volta aveva scritto alla sua comunità: «Vivere
qui, ma non fuoVi dal mondo». Adesso chiariva: «Nel ca
so specifico “vivere non fuori
dal mondo” significa partecipare alla lotta per la liberazione di tante creature umane schiacciate da poteri demoniaci, divenire testimoni
oculari della loro tragedia,
per potere poi, se ci fosse dato, scuotere l’opinione pubblica in loro favore».
Lui, pastore valdese, non
ebbe problemi ad accompagnarsi a un’altra testarda e
limpida persona che era, è
tuttora, un prete cattolico:
don Enrico Chiavacci. Vinay
non era per l’ecumenismo facile; tuttavia i «fatti» prevalevano per lui sulle definizioni. Scopriva ovunque «cristiani sine nomine», come lui
li chiamava. Naturaliter christiani, poteva essere un’altra
definizione: gli uomini e le
donne che un giorno domanderanno sorpresi: «Quando
mai ti ho visto. Signore?»; e
udranno la risposta: «Quando mi avrete visitato nei luoghi della mia sofferenza. Venite, benedetti dal padre
mio» (cfr. Matteo 25,31-46).
Il pastore Vinay non soltanto viaggiò con un prete
cattolico ma si travestì da
prete: il clergyman, nel Viêtnam dj allora, era un passepartout, il governo dittatoriale di Thieu si proclamava cattolico. Per lunghi giorni Vinay e Chiavacci raccolsero
documenti: visitarono ospedali, parrocchie, tuguri di
preti-operai; incontrarono
prigionieri ed ex prigionieri.
parlarono con gente di tutte
le età e condizioni civili, di
varie forze politiche, della
Chiesa «confessante», umile,
inerme, povera, legata ai poveri che contrastava nettamente con quella «ufficiale»,
gerarchica, impaurita quando non asservita alla dittatura, sua complice in nome della «guerra santa» contro il comunismo. Registrarono i racconti che i parenti dei sequestrati, dei violati, degli assassinati facevano loro con lancinante apparente serenità.
La terribile documentazione raccolta fu pubblicata da
Vinay in un libro edito, subito
dopo il suo ritorno, dalla
Claudiana. Il titolo era: «Ho
visto uccidere un popolo»; U
sottotitolo diceva: «Sud Vietnam: tutti devono sapere».
Tutti infatti, per Vinay, dovevano sapere gli orrori del Sud
Vietnam, tutti dovevano sentirsene interpellati. Glielo
avevano chiesto i suoi interlocutori: «Dillo al papa, dillo alla tua gente...». E TullioVinay andò al Consigliò ecumenico delle chiese di Ginevra, ad Amnesty International, in Germania, in Olanda,
in Francia, in Inghilterra, in
Svezia. Grazie a lui il Vietnam,
la crocifissione del popolo
vietnamita da parte di poteri
che si dichiaravano democratici e cristiani diventarono per
moltissimi di noi problema
non Soltanto politico ma anche etico. Per molti cristiani
problema di conversione.
Nelle carceri in Vietnam del Sud c’era anche questo bambino di 7 anni
Voce delle vittime («Sono le
vittime che ci salvano, nop i
càrnefìci»), ìp quella sua peregrinazione Vinay piortava
sempre con sé la fotografia cii
Thao, una piccola vietnamita
di 14 anni, imprigionata, torturata, crudelinente umiliata.
Penso che fosse per lui l’icona
che esprimeva il dolore del
mondo e Tappello ai «fatti»
dovuti da una coscienza retta,
matura. Intorno a quell’icona
molti si sono ritrovati accanto
a Tullio Vinay, ogni volta che,
in Parlamento o per le strade
o nelle associazioni di solidarietà internazionale, si sono
occupati di giustizia nel mondo, di insurrezione contro i
delitti del capitalismo, contro
le repressioni in America Latina, in Sud Africa e in Palestina e anche contro qualche
eccesso poliziesco del Vietnam popolare.
La malattia non gli aveva
tolto né lucidità né forza morale. Tullio Vinay è rimasto
sempre fedele alle parole con
le quali aveva concluso il suo
«Ho visto uccidere un popolo»: «Avevano ragione quei
capi del governo rivoluzionario provvisorio di dire al prete: “Non vogliamo religione
nia umanità”.
Questa non era altro che T
espressione laica dello stesso
concetto che Gesù esprimeva
citando i profeti: “Se sapeste
che cosa significhi voglio misericordia e non sacrifici,
non avreste condannato degli innocenti» (Matteo 12, 7).
E queste parole almeno i cristiani dovrebbero averle
sempre presenti».
* Giornalista,
già parlamentare della
Sinistra indipente
Nel Vietnam di Thieu: venti giorni che valgono un'esistenza
ENRICO CHIAVACCI*
IL pastore Vinay è entrato
nella mia vita nel 1973, e
solo per venti giorni. Ma sono stati venti giorni che valgono un’esistenza e che hanno segnato un legame indistruttibile fra lui e me. Venti
giorni nel Vietnam di Thieu,
quando le forze armate Usa
bevano lasciato il territorio e
il Vietnam del Sud continuava, guidato da Thieu, la sua
guerra contro i Vietcong e il
Wetnam del Nord.
Dà un lato una guerra spietata anticomunista, molto
apprezzata in Occidente:
dall’altro lato voci insistenti e
fondate di torture, imprigionamenti arbitrari, dittatura
senza freno nel Sud di Thieu.
In tanta incertezza e valutazoni ideologiche di una
realtà confusa e complessa,
Amnesty International in collaborazione con Pax Christi
®|?anizzò una missione uffieiosa, del tutto privata e
sprovvista di ogni tutela, per
constatare sul posto la realtà
e la possibilità di una soluzione pacifica del conflitto. Il
pastore Vinay ed io fummo
incaricati di recarci a Saigon,
mentre altri si recavano ad
Hanoi. Ci incontrammo così
a Parigi: un uomo già anziano (aveva 17 anni più di me),
pieno di vita, tutto preso dalla sua missione. La vitalità
prorompente e l’autoconsapevolezza costante dell’annunciatore del Vangelo: questo mi colpì subito in lui, e
questo è il ricordo più vivo
che ho di lui. Un ricordo che
in me yive incarnato negli infiniti dettagli di quei tragici
giorni vissuti insieme in una
fatica fisica e psicologica (e
anche, perché no, paura) che
lui superava con più slancio
di me: in questo mi fu veramente maestro.
Vivemmo insieme sorta di
doppia vita. Parte della giornata era dedicata a contatti
con Tufficialità ecclesiale di
Saigon, con i dissidenti politici non rivoluzionari e tollerati da Thieu. L’altra parte
della giornata era dedicata ai
contatti con sindacati legati
alla resistenza, con organizzazioni clandestine di supporto ai Vietcong in villaggi
sperduti, e anche con posta-'
zioni Vietcong. Vorrei poter
narrare la molteplicità di tale
complessa esperienza: la nostra relazione scritta sui dati
di fatto da noi raccolti fu a
suo tempo pubblicata, ma la
nostra esperienza interiore
non è stata mai scritta e resta
il segreto comune a me e a
Tullio Vinay.
Ricordo una visita a un
gruppo di sindacalisti, in una
baracca nascósta nei quartieri più miserabili. Erano quasi
tutti cattolici e ci chiesero di
celebrare l’eucaristia. Vinay e
io indossiamo vistosi collari
romani: ciò forniva una relativa garanzia (purtroppo!) di
fronte alla polizia di Thieu,
dato che Thieu trovava il suo
'»«dre che chiede notizie del figlio prigioniero politico nel Vietnam del Sud
miglior supporto in ambienti
cattolici (non però nel vescovo di Saigon). Vinay portava
sempre con sé un piccolo
Nuovo Testamento tascabile,
loro ci procurarono qualche
pezzetto di pane e un goccio
di vino. Vinay e io ci inventammo rapidamente una
messa cattolica improvvisando la traduzione in francese:
lui scelse e lesse i brani bìblici, io improvvisai a memoria
la parte eucaristica. In quel
clima tutte le regole e le cautele dell’ecumenismo crollarono d’incanto: nella commozione di tutti, nella gioia
di quella povera gente che si
sentiva presa sul serio nel loro essere ribelli e cristiani,
nacque una vera concelebrazione, una condivisione totale. Le dispute interconfessionali fra cristiani, di fronte alla tragedia umana, ci apparvero non tanto scandalose
quanto ridicole.
Ricordo come, nella nostra
perenne stanchezza ci sedemmo in un bar e fummo
subito circondati da ragazzine che ci offrirono i loro servigi di prostitute (la prostituzione non era nella tradizione vietnamita) che, con la
partenza delle truppe Usa,
erano rimaste quasi disoccupate e affamate. La maîtresse
corse subito a scusarsi: le
bambine erano troppo giovani e inesperte e soprattutto
affamate per capire la sconvenienza di offrirsi a sacerdoti. E Vinay pianse. E insieme ci vergognammo del nostro bicchiere di birra in quel
povero bar di Saigon.
Ricordo la visita ai torturati
di Thieu: era assolutamente
impossibile visitare le prigioni; fu invece possibile, corrompendo i militari, visitare
il reparto ospedaliero riservato ai torturati. Occorre sapere
Tullio Vinay all’Assemblea-Sinodo di Roma (novembre 1990)
che i torturati nelle prigioni
politiche o erano uccisi o erano curati sommariamente e
poi spediti in remoti villaggi
in modo che non fossero facilmente rintracciabili. E noi
visitammo sia qualche villaggio remoto sia un reparto
ospedaliero. Le visite, segrete
e assai pericolose, furono
preparate dalle suore francescane e da altri amici della
resistenza. Furono esperienze tragiche ed estenuanti, in
cui Vinay e io ci facemmo
forza a vicenda: avevamo il
compito di testimoniare, e
cercammo di essere servi fedeli. Ma fu Vinay a condurre
la trattativa con il capitano
sudvietnamita a capo di un
reparto ospedaliero, nei pressi di Bien Hoa: una trattativa
estenuante sul cancello dell’
ospedale. Ogni minuto era
un rischio. E là, sulla porta di
quell’ospedale, imparai un’
altra dote di \rinay: la paziente astuzia. Un lottatore pacifico per il Vangelo che non si
dava mai per vinto.
Ricordo come negli ultimi
giorni la polizia si accorse
che non eravamo solo onorati ospiti occidentali amici di
Thieu, ed era fondato il sospetto di essere seguiti. Recandoci in case e conventi
segretamente legati alla resistenza vi era il rischio di pilotarvi anche la polizia, con
conseguenze drammatiche
più per loro che per noi (ma
anche noi avevamo paura):
fu Vinay ad insegnarmi a
sfuggire a possibili pedinatori, nell’oscurità della sera, separandoci e riunendoci in
lunghi giri per le vie e i vicoli
di Saigon. Tornavamo poi al
nostro rifugio,una insospettabile casa religiosa di una
congregazione evangelica
statunitense, sfiniti nel corpo
e soprattutto nello spirito. Se
ben mi ricordo, passammo
insieme quindici giorni senza mai ridere.
Così, con questi pochi
lampi di memoria, voglio ricordare Tullio Vinay: un pastore senza paura di sacrifici
e di rischi nel suo umanissimo curvarsi sui miseri e gli
oppressi. Così ora il Signore
si curvi pietosamente su di
lui, e dia a me la forza di seguirne l’esempio.
* Docente di Teologia
morale - Firenze
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ ZI SETTEMBRE
Incontro con ¡1 teologo tedesco Eugen Drewermann
Gesù lìbera e guarisce con amore
La chiesa, specie quella cattolica, è spesso I'«istituzione
della paura», proprio il contrario di ciò che Gesù voleva
KATHARINA KINDLER
Eugen Drewermann a
Milano mi regala l’occasione di conoscerlo di persona. Da anni speravo che il
suo libro Funzionari di Dio
venisse tradotto in italiano:
l’Italia, mi sembra, ha bisogno di questo libro. Sono pastore, a Milano, della Chiesa
riformata svizzera; come teologa, nella mia formazione mi
sono dedicata soprattutto al
clinical postomi training e da
sempre il mio interesse per la
psicologia è particolarmente
vivo. Ora poi comincio a scoprire quale grande rilevanza
abbiano le favole e i miti: contengono immagini dell’anima
ferita, che altrimenti non troverebbe modo di esprimersi.
La teologia si è formata un
proprio linguaggio che non
può essere qualificato come
clericale: in questo linguaggio
prestabilito le persone d’oggi
fanno fatica a ritrovarsi; invece la psicologia, i miti o le favole hanno dei linguaggi nuovi, diversi, più conformi al
sentimento vivo.
In questo ambito di problemi ho trovato piena sintonia
con Drewermann; avevo ^deciso di intervistarlo perché
avevo sentito tante critiche su
di lui, ma ogni volta che esse
venivano espresse mi persuadevano sempre meno: queste
critiche miravano a far sì che
egli non venisse preso sul serio come teologo in quanto
troppo psicologo. Di qui veniva la mia domanda iniziale:
signor Drewermann, lei è sia
teologo sia psicologo: come
teologo il suo punto di partenza si avvicina molto a
quello dei riformatori, lei si fida della grazia di Dio come
fondamento per la salvezza:
ma proprio dai colleghi, invece di parole di solidarietà,
sento forti critiche al suo lavoro, l’accusano di tradire il
concetto di sola gratia... A
partire da questa domanda,
tuttavia, si è sviluppato un
dialogo vivo, impegnato e
sentito, che si è svolto tra fotografi, panini e bibite, e poi
in auto verso l’aeroporto.
Cerco di formulare le sue risposte in un discorso continuo, con parole mie.
Drewermann è un uomo
modesto, parla quasi sottovoce, trasmette e si fa capire, intuisce in modo preciso, credo
che sia la sua autentica liberazione a far paura alle chiese; questa paura nasce abbastanza spesso: e lui, dal canto
suo, parla della chiesa come
«istituzione della paura».
Quest’uomo, che appare
tanto pericoloso agli occhi
dell’autorità vaticana, prende
veramente sul serio Gesù e il
fatto che Gesù intendeva guarire le persone. A partire da
questo interesse per una vera,
reale liberazione dell’uomo,
Drewermann ha sviluppato il
suo interesse per la psicologia. Un linguaggio, secondo
lui, è quello della psicologia, e
un altro quello della mitologia 0 delle favole. Ciascuno
dei due ha le sue possibilità e
le sue ricchezze, ma anche i
suoi limiti, quando si tratta di
riconoscere e dare nome a
quanto ostacola l’agire della
grazia. Non cercare linguaggi diversi vuol dire chiudere
gli occhi, non accorgersi di
quanta gente vive la fede non
essendo per niente libera.
Oggi le persone che cercano
aiuto vanno più dallo psicologo che dai teologi. Drewermann si è preparato quindi
per dare aiuto alle persone,
per sostenere una loro autentica liberazione.
In questo proce.‘'‘'o .' parte da Gesù, oltre ' ienze
Eugen Drewermann nel tempio valdese di Torino (foto Pietro Romeo)
già note da tempo e integrate
nella prassi della vita, anche
la psicologia può essere di
aiuto: può aiutare il fatto di
saper distinguere una nevrosi
da una cosiddetta «dottrina
salvifica»: la nevrosi mantiene
la paura, la forza salvifica che
scaturisce da Gesù invece serve a superare le paure: in
questa prospettiva l’opera del
teologo di Paderborn è di
grande aiuto in vista di una
autentica liberazione.
Un esempio: la mia paura
di fronte al prossimo può anche spingermi verso la fede,
ma se non riesco a riconoscere che nella mia paura c’è
una forma di «complesso»,
non sarò certo capace di costruire con il prossimo delle
relazioni improntate alla fiducia. O ancora: una persona
che faccia fatica a trovarsi a
proprio agio tra la gente, venendo a confrontarsi con la
fiaba del «brutto anatroccolo» può intuitivamente cominciare a capire qualcosa
del proprio problema. Un ultimo esempio può riguardare
chi si trovi a dover svolgere
sempre azioni di poco conto
e fastidiose, un po’ come Cenerentola, che doveva discernere le lenticchie bilqne dalle
guaste. In tutti e tre i casi, vedere più chiaro, e magari riconoscere nelle fiabe qualcosa della propria situazione
petsonale non significa certo
la salvezza (quest’ultima pro
viene solo dalla fede): eppure
questo veder più chiaro è un
aiuto in vista della liberazione, per raggiungere la capacità di amare.
Può essere difficile riconoscere l’importanza del lavoro
di Drewermann, se non si
hanno sufficienti conoscenze psicologiche. La psicologia, i miti e le favole possono
favorire la liberazione attraverso la fede. Con la sua autentica liberazione Drewermann mi mostra che la strada scelta da lui è liberante:
altrimenti, con tutto ciò che
ha subito, sarebbe un individuo «amaro» e oppresso. La
Parola di Dio, e poi più tardi
la' psicologia, gli sono d’aiuto
per andare sulla strada della
salvezza, e tutto questo...
malgrado la Chiesa. Il teologo
ha detto: «Gesù è come il
vento del sud, che soffia sul
ghiacciaio». Capisco che chi è
ghiaccio non possa riconoscere nel vento caldo la propria salvezza.'
Nella paura noi temiamo
quello che ci sarebbe d’aiuto:
per questo abbiamo bisogno
di chi sappia accompagnarci
nel cammino dalla paura alla
liberazione, e per questo possiamo trovare aiuto nella psicologia. Eugen Drewermann
non sostituisce la teologia
con la psicologia, sa usare la
psicologia per far sì che l’uomo possa realmente aprirsi
alla grazia.
BIBLIOGRAFIA
Un'opera controversa
Studioso di filosofia e psicanalisi, oltre che di teologia,
Eugen Drewermann ha pubblicato un certo numero di libri in Germania che hanno avuto varia fortuna anche in
Europa e in traduzione. A causa delle sue idee e delle critiche mosse nelle sue opere alla Chiesa ufficiale, lo scontro
si è risolto nella cessazione della sua attività di insegnamento e poi di sacerdote.
Fra le opere tradotte in italiano si segnalano Psicanalisi e
teologia morale (Queriniana, 1992), Io discendo nella barca
del sole (Rizzoli, 1993), Il Vangelo di Marco (Queriniana,
1994), Parola che salva, parola che guarisce (Queriniana,
1994) e La posta in gioco (Edizioni di Comunità, 1994). A
Torino e Milano Drewermann ha presentato Funzionàri di
Dio. Psicogramma di un ideale, ponderoso lavoro del 1989,
tradotto dalle edizioni Raetia di Bolzano nel 1995 e dedicato al ruolo del chierici aH’intemo della Chiesa.
L’editrice Claudiana ha pubblicato un libro di Reinhold
Gestrich dal titolo Chi ha paura di Eugen Drewermann?
Un «caso» che scuote le chiese, in cui si inquadra la figura
del teologo di Paderborn nella corrente interpretativa di
fonti e dogmi del cristianesimo che ha fatto propria la lezione della psicanalisi. ______________________________
. Appello del discusso teologo e psicoterapeuta cattolico
Drewermann: la chiesa non innalzi
muri di paura fra gli esseri umani e Dio
MARCO DI PASQUALE
SE la chiesa non si orienterà a un’autentica «cura
delle anime» invece di «ergere muri fra gli esseri umani e
Dio», non potrà che restare
«una chiesa senza Dio». Questa in sintesi la proposta teologica di Eugen Drewermann, proposta che vuol essere un appello profetico alle
chiese, in particolare al cattolicesimo romano.
Il prof. Drewermann, sacerdote cattolico e teologo di fama mondiale, psicoterapeuta,
sospeso dall’insegnamento e
ridotto allo stato laicale nel
1992, è stato protagonista in
questi giorni in Italia di un
breve giro di conferenze e il
10 e 11 settembre, nelle chiese valdesi di Torino e Milano,
ha parlato sul tema «Funzionari di Dio o profeti?» in occasione dell’uscita italiana
del suo libro Funzionari di
Dio. Psicogramma di un ideale, ed. Raetia. L’alta partecipazione di pubblico, in maggioranza cattolico (un pubblico «in ricerca» come ha detto
lo stesso Drewermann), ha
fatto sì che le conferenze diventassero un momento di
vibrante riflessione e una dura provocazione a rimeditare,
alla luce del messaggio cristiano, la concezione della
chiesa e il suo compito verso
l’umanità sofferente.
È proprio il messaggio cristiano, per com’è inteso da
Drewermann, a fungere da
elemento di critica radicale
alla concezione cattolicoromana della chiesa e dei
«chierici». La religione dovrebbe «dare all’uomo un
luogo di asilo» e aiutarlo a
guarire «dall’angoscia e dallo
smarrimento». Tuttavia «in
Germania, Francia, e Italia,
circa l’80% dei cristiani è stato allontanato dalla religione
ufficiale grazie agli insegnamenti dei preti». «Se noi seguissimo le indicazioni dei
sacerdoti», continua Drewermann, «dovremmo pensare che Gesù stia nel tempio,
impegnato a celebrare sacrifici cmenti a un Dio sempre
pronto a punire.
Gesù questo non l’ha mai
fatto; egli voleva portare agli
uomini uh Dio che perdona
senza porre assolutamente
nessuna condizione. (...) Per i
tre quarti degli europei la
Chiesa romana non fa né
quello che voleva Gesù, né
ciò di cui hanno bisogno gli
uomini». E passa poi alla sua
esperienza di prete-terapeuta: «Le persone che si rivolgono a me hanno paura di Dio.
Invece di sentirsi liberate,
hanno sensi di colpa a non finire. Invece, di rivolgersi alla
loro coscienza, chiedono
continuamente che cosa dicono il Papa e i vescovi. (...)
Ciò che qui è inteso come Dio
nori è che l’irrigidimento di
angosce infantili».
La dura critica del teologo,
personalmente scavata e vissuta, giunge ad ardite e appassionate proposte ermeneutiche e terapeutiche su
cui vai la pena di riflettere:
«Gesù era convinto che il regno di Dio fosse a portata di
mano, se soltanto gli uomini
non avessero più accettato
l’angoscia come argomento.
Gesù viene non come sacerdote, ma come profeta, poeta, terapeuta, e con parole
che parlano al cuore dell’uomo nei termini della sua
esperienza e del suo sentimento». Toccante è l’interpretazione dei tre voti sacer
dotali alla luce del messa^
evangelico: povertà («c^
prendere la povertà dell’esse,
re umano»), obbedienza («aa.
dare verso la sofferenza pet
comprenderla veramente»)
celibato («per il Vangelo è as!
solutamente indifferente»)
Nell’interpretare le vicende
bibliche bisogna «riscopra^
l’efficacia dei simboli» pet
una terapia di cura della sidferenza, e non dogmatizzate
delle realtà simboliche.
Questa concezione jun.
ghiana della religione e del
Cristo, pur se problematica
ha forti punti di contatto con
la grande scuola del protestantesimo liberale che individuava nel campo intuitlvo,sentimentale (perciò anche
nei suoi profondi risvolti pslcologici e simbolici) il luogo
dell’elemento religioso.
Le posizioni di Drewermann, rivoluzionarie in atribito cattolico, ci paiono in
profondo dialogo con le analisi del «numinoso» di un Rudolf Otto o l’esperienza taumaturgica di un Johann C,
Blumhardt, esponenti di una
temperie religiosa di cui la
psicologia analitica risenfi
fortemente. Forse è tempo di
rivedere questi importanti elementi della vicenda teologica protestante, troppo:
frettolosamente accantonati
dopo la critica barthiana,e
aprire un confronto cpnle
voci più vive e critiche del
cattolicesimo odierno. Il frequente riferirsi di Drewermann all’esperienza protestante (in particolare a Lutero), a illustrazione del sUo
concetto di chiesa, può date
un’idea di quanto la Rifonda
abbia ancora da dire al catto-,
licesimo e di quali possano
essere le vie per il dialogo. ''
Un'inchiesta in terra olandese di recente pubblicazione
Maigret indaga anche tra i protestanti
ALBERTO COREANI
MAIGRET, il noto commissario creato da Georges Simenon e interpretato
da grossi calibri del cinema e
della televisione, da Jean Gabin a Lino Ventura e soprattutto a Gino Cervi, ha condotto un’inchiesta anche in terra
protestante. Lo sottolinea
una recensione a firma di
Sandra Petrignani comparsa
su «L’Unità» a inizio giugno,
relativa al volume Un delitto
in Olanda'. Il riferimento ai
protestanti, per la verità, si
trova già nel risvolto del volume, ed è riferimento alla «piccola borghesia protestante»
olandese, che diventa nell’articolo «la chiusura della rigida borghesia protestante».
Ma di che si tratta? Come
prevedibile di un delitto,
commesso nella città portuale di Delfzijl, zona di Groningen, nel Nord dell’Olanda, di
cui viene accusato un saccente universitario francese
che vi ha tenuto una conferenza (da qui la necessità di
inviare il celebre commissario a tutela del connazionale). Senza addentrarci nella
trama del libro, per non guastare la suspense che culmina
con una ricostruzione «catartica» messa in scena da Maigret sul luogo del delitto, alla
presenza di tutti i protagonisti salvo, ovviamente, il morto, cerchiamo di capire se è
giustificata una presentazione di questo genere, e diciamo subito che essa appare
un po’ avventata. È vero, alcuni passai del testo lasciano intuire qualcosa: «Qui, come saprà, sono tutti protestanti... Io sono della Chiesa
moderna?... Liesbeth Popinga,
invece, è della Chiesa nazionale, che è più rigida...», «Ricordò anche che apparteneva
alla più rigorosa delle Chiese
protestanti, che presiedeva le
opere di beneficenza di Delfzijl e i circoli intellettuali
femminili.^». Forse l’autrice
della recensione si è fidata
troppo della presentazione
editoriale: stupirebbe infatti
che l’editrice Adelphi, che oltre a ripubblicare le inchieste
del celebre commissario sforna anche le altre opere,'più
impegnative e ricercate da un
punto di vista strettamente
letterario, di Georges Simenon, non conoscesse il puntiglio indagatore che lo scrittore metteva nello smontare di
volta in vQlta le maschere
della rispettabilità e delle
convenzioni.
Insomma, gli altri libri in
questo caso «interpretano»
Maigret. In quasi tutti i volumi sin qui editi appare il tentativo meticoloso di far cadere le barriere del perbenismo, delle apparenze, del decoro, per portare alla luce i
meccanismi di sfruttamento
psicologicó, di soggezione, di
paura, di ossessione che si
insinuano nella società. Ne
sono prova La vedova Couderc (la cui protagonista sfida
la morale di un paesino ospitando un ex carcerato). La
morte di Belle (in cui un rispettabile insegnante degli
Usa,anche qui terra protestante, è accusato dell’omicidio di una ragazza scapestrata) e soprattutto II borgomastro di Furnes: in quest’ultimo libro, il più profondo e
impietoso, Simenon disseziona una serie di intricati
rapporti di assoggettamenti
al «padrone» in tutti i sensi
della cittadina fiamminga jn
cui vive, padrone della moglie e della sorella di lei, del
Consiglio comunale e di ims
fabbrica, dei destini individuali e della collettività. E soprattutto l’autore smaschera
le reticenze e le complicità
che sottendono a un’apparente «concezione salvifica
del dolore» e del sacrifìcio.
Il discorso di Simenon teil;
de dunque a scandagliare gh
individui oltre la superficie e
al di là della prospettiva «sociologica» o «sociologistica»
che si può avere dei contesti
ambientali. Al centro di tutto
c’è il personaggio. Resta da
chiedersi perché in Italia de^
sti curiosità il fatto che un tale lavoro analitico sia ambientato in terra protestanto
come se l’austerità dei costumi producesse di per se o
nevrosi e le rigidezze moralt
ma questa impostazione risulta banalizzante nei confronti della fama dello scmtore. Oltretutto, in qu®*
modo, si rischia di anticipato
maldestramente al
una (dubbia) pista di int® '
pretazione. Ciò che ,
dovrebbe fare quando si e ai
le prese con un «poliziesco»
(1) G. Simenon: Un
Olanda. Milano, Adelp***'
1996, pp 146, £ 12.000.
(2) Probabilmente SiinÇ£j®
(che scrive nel 193U si n* ^
sce alla Hervormde M ’
Chiesa riformata nazional^^^
cui interno erano tinm®t
correnti, di cui una uè
moderna; tuttavia sate .
necessario leggere il testo
ginale francese.
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549/95 - nr. 37/96 - Torino
»caso di mancato recapito si prega restituire
2 mittente presso i’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere II diritto di resa.
Fondato nel 1848
E Va ! -! -f
VENERDÌ 27 SETTEMBRE 1996 ANNO 132 - N. 37 LIRE 2000
Fra l’ultima domenica di settembre e la prima di ottobre le
chiese valdesi delle Valli si apprestano a riprendere la loro
intensa attività: riunioni quartierali, studi biblici, corali e coretti, unioni femminili, gruppi giovanili. Ci sarà occasione
per confrontarsi sui temi proposti dalla Conferenza distrettuale e dal Sinodo, basti pensare alla «lettera» prodotta da
quest’ultimo. Sarà l’anno della ristrutturazione della Casa
delle diaconesse ma, ospitando l’alta vai Chisone i Mondiali
di sci nel febbraio ’97, potrebbe anche proporsi un’occasione per una testimonianza un po’ diversa dal solito. Nuovi
pastori sono arrivati a Bobbio, a Pinerolo, a San Germano,
un nuovo direttore ad Agape: per tutti ricomincia 1’«avventura delle fede» (nella foto il tempio di Villar Pellice).
Se un bambino o un adulto
non può camminare con le
sue gambe o non vede o non
comunica come fa la maggioranza delle altre persone,
quando costui per gli altri è
un portatore di handicap, quali concrete possibilità ha di
fronte a sé per stare con gli altri? Poche, pochissime o nessuna se ci guardiamo intorno:
le barriere architettoniche sono talmente tante che sembra
impossibile immaginare che
una carrozzella o altri mezzi
di aiuto possano superarle.
Ma non basta. Prendiamo il
caso della scuola, che in questi giorni ha ripreso il suo
cammino. Secondo voi un
bambino non deambulante
può realmente avere le stesse
opportunità degli altri compa
LE DIFFICOLTÀ DELL'INTEGRAZIONE
['HANDICAP
CARMELINA MAURIZIO
gni? Per esempio, credete che
sia facile avere accesso alla
mensa, laddove in molte delle
nostre scuole (facciamo un giro delle scuole dell’obbligo
del Pinerolese, ma la situazione è diffusa anche nel resto
d’Italia) i locali per la refezione si trovano in seminterrati o
le aule sono in altri piani ai
quali naturalmente si accede
attraverso le scale? E a quante
ore di sostegno (cioè la pre
senza di un’insegnante che
dovrebbe essere specializzato
per l’insegnamento in situazioni di deficit) credete abbia
diritto un bambino che ha dei
problemi di apprendimento, o
per patologie o per ritardi?
Il rnassimo nella scuola
media dell’obbligo per esempio è di 18 ore settimanali,
cioè poco più della metà del
rrionte ore che il bambino è
tenuto a frequentare nella set
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Pinerolo
Verso il via
i corsi di
Economia
Si è ormai in dirittura d’arrivo per l’avvio dei corsi universitari di Economia aziendale a Pinerolo. Sono stati in
molti (circa 350 persone) il
16 settembre a presentarsi a
Torino per sostenere il test, di
selezione aH’iscrizione ai due
corsi che si terranno a Pinerolo; l’iscrizione dovrà essere
effettuata entro il 10 ottobre
(la data di inizio dei corsi è
fissata per il 21 ottobre). Delle 350 persone che si sono
presentate (di cui 340 hanno
sostenuto il test) circa 260
provenivano dal Pinerolese; i
posti disponibili però, essendo questo un corso a numero
chiuso, sono solo 120.
«Avere la certezza del numero di studenti coperto è sicuramente una grossa soddisfazione - dice la presidente
del Consorzio universitario di
Economia aziendale. Maria
Luisa Cosso Eynard - e questo è sicuramente anche il risultato tra l’altro di un grosso
lavoro che abbiamo svolto in
questi mesi di pubblicizzazione delle nuove attività
qniversitarie che sono nate
sul nostro territorio. Ma bisogna sempre essere cauti. Ora
la speranza è che vi sia anche
fi desiderio di frequentare
con applicazione come c’è
stato nel fare il test. L’obbligo di frequenza può essere
oneroso ma l’ambiente è
tranquillo e poi gli studenti
saranno molto seguiti».
Anche per quel che riguardn i locali della sede di via
Lesare Battisti a Pinerolo paté che i lavori stiano per av''¡arsi a conclusione: «L’imPianto elettrico è già stato testato - dice ancora Maria
'"OSSO Eynard - c’erano aneora solo alcuni ritocchi da
ttettuare e l’impresa di pulite dovrebbe iniziare i suoi
nvori entro questa settimana
® sicuramente per il 21 dotebbe essere tutto in ordine
P®t iniziare».
Alio Studio un'idea che potrebbe rientrare nel novero dei progetti «Interreg»
Un treno per raggiungere il vicino Queyras?
PIERVALDO ROSTAN
In vai Pellice si toma a parlare di progetti Interreg^
dopo aver realizzato in passato alcune interessanti iniziative di valorizzazione ambientali, gli enti territoriali si trovano ora di fronte alle proposte dell’Interreg 2. La scorsa
settimana, presso la Comunità montana vai Pellice, si è
svolto un incontro fra sindaci, giunta della Comunità,
parlamentari locali, su iniziativa del consigliere regionale
Marco Bellion che è pure
consigliere dì Comunità montana con delega per le politiche comunitarie.
«Abbiamo la possibilità di
rientrare nella partita dei
progetti comunitari - afferma
Marco Bellion -; ci sono opportunità utili allo sviluppo
della montagna e perciò ci
siamo attivati nei confronti
dei nostri vicini d’oltralpe. A
fine agosto abbiamo avuto un
incontro a Guillestre, con i
rappresentanti dei Comuni e
del parco del Queyras e a seguito di quel primo abboccamento ho ritenuto di proporre
agli amministratori e ai par
L’ingresso all’abitato di Bobbio Pellice
lamentari della zona un confronto sulle proposte emerse».
L’Interreg 2 ha fra i suoi
obiettivi i collegamenti e le
comunicazioni; in vai Pellice,
da decenni si parla di trafori,
di strade, più in là nel tempo
di un collegamento ferroviario Torre Pellice-Mont Dauphin. Nel tempo c’è chi ha visto come sogni irrealizzabili o
anche come incubi tali proposte; oggi si torna a parlare di
vie di comunicazione fra i due
versanti. «Effettivamente continua Marco Bellion - da
parte francese sono state fatte
delle proposte; anzitutto la
continuazione delle esperienze già maturate in qùesti anni
sul territorio e poi una novità; un’ipotesi di collegamento
, su rotaia fra i due versanti lasciando da parte, spero definitivamente, progetti di fantapolitica quali autostrade o
megacabinovie che avrebbero
certamente danneggiato la
valle. La ferrovia, risorsa che
abbiamo sempre ritenuto di
difendere, potrebbe essere un
collegamento turistico su modello svizzero».
La proposta ha già qualche
riscontro sul piano tecnico?
«Siamo appena alla fase di
idea - spiega il consigliere -;
/ tecnici dovranno dirci costi,
fattibilità. Le possibilità sono
diverse, da un prolungamento della ferrovia da Torre fino a Bobbio e poi un trenino
a cremagliera per salire in
quota, oppure limitarci a
questo secondo tracciato. Bisognerà verificare la disponibilità della Provincia nel darci una mano per realizzare il
progetto dì massima, valutare
l’interesse delle amministrazioni locali».
Al primo incontro hanno
partecipato rappresentanti di
otto Comuni su nove della
valle (assente Bobbio Pellice); «E stato espresso un parere assai favorevole alla
proposta di realizzare un
progetto di fattibilità - conclude Bellion - i tempi sono
stretti e sarebbe bene che
ogni consiglio comunale della valle si pronunci su questa
idea». Naturalmente non
mancano le perplessità, i costi
saranno assai elevati, la gestione non semplice; i prossimi mesi consentiranno una
valutazione reale e concreta.
Durante la campagna d’Egitto di Napoleone, le vaili valdesi che si erano
apertamente schierate a favore delle novità rivoluzionarie rimasero in balia
dell’esercito austro-russo che appoggiava
il legittimo sovrano del Piemonte. Il governo provvisorio, di cui faceva parte anche il pastore Pietro Geymet, precedentemente moderatore, dovette rifugiarsi in
Francia attraversando i colli d’Abries e
della Croce. Nel timore di rappresaglie, i
valdesi inviarono una delegazione per
presentare atto di sottomissione al principe Bragation a Pinerolo e successivamente, a Torino, al generale Suvarov, comandante in capo dell’armata. Essi vennero accolti favorevolmente, benché
avessero più di una cosa da rimproverarsi, soprattutto a causa di Giacomo Marauda, personaggio assai interessante di
cui Augusto Armand Hugon, nella sua
«Storia dei valdesi», traccia sommariamente una breve notizia storica. Marauda
aveva avuto una parte importante nella
IL FILO DEI GIORNI
IL aVALLO
BRUNO BELLION
conduzione delle milizie valdesi che avevano cercato di opporsi all’avanzata austro russa e soprattutto aveva condotto
una spedizione punitiva contro la cittadina di Carmagnola, colpevole di aver parteggiato per i suoi avversari. Ne era seguito un saccheggio e una parte consistente della cittadina era stata distrutta
dagli incendi appiccati dai valdesi.
Nel 1801, il 16 termidoro, quando ormai il Piemonte era tornato sotto la dominazione francese in seguito alle vittorie di Napoleone a Marengo, Montenotte
e Millesimo, Marauda ^crive da Torino
una lettera al cognato. Pàolo Vertu, nego
ziante a Torre Pellice. In essa lamenta
che un certo Bonjour abbia citato in giudizio un suo servitore «a causa del cavallo che mi ha imprestato, che i russi hanno
mangiato e che la nazione o il governo
pagheranno perché è per il servizio della
nazione che questo cavallo è stato da me
requisito». E, dimostrando appieno il suo
carattere pieno di sussiego, prosegue
chiedendo al Vertu di dire «al giudice,
chiunque esso sia, che un domestico non
è altro che l’esecutore degli ordini del
suo padrone e non è mai responsabile in
sua vece», che aver ricevuto l’ordine (dal
Marauda) di andare a prelevare il cavallo
non è sua responsabilità; che il Bonjour
sia invitato a citare non il servitore, ma il
Marauda stesso come colui che deve rendere conto di ciò che ha requisito. «Se
poi il giudice fosse talmente prevenuto o
malaccorto da condannare il domestico,
si metterà egli stesso in condizione di
non condannare mai più nessuno. Non
dimenticare questa osservazione!».
rimana ma in realtà, è storia
di questi giorni, le ore «concesse» dal Provveditorato agli
studi di Torino sono spesso
molte di meno e va già bene
quando si può assicurare, seppure con poche ore, la continuità o perlomeno la presenza
dell’insegnante sin dal primo
giorno di scuola.
Questa si chiama integrazione? E, per rimanere ancora
nella scuola, se si organizza
un’uscita didattica quale strada scegliere: non farla perché
il portatore di handicap avrebbe dei problemi a parteciparvi o rinunciare a delle
opportunità e adeguarsi? Integrazione vuol dire confronto
e arricchimento per tutti o viceversa è un appiattimento, o
è addirittura un’utopia?
tN QuEsm
Numero
Frali
Si accende la discussione sulla concessione edili;izia per la costruzione della
centralina a- Bó dà CoL I
lavori prevederebbero infatti l’abbattimento di alcune decine di larici, con
inevitabili rischi di ostruzione al corso naturale del
torrente. Il progetto, chiedono alcuni, dovrebbe essere valutato attentapiente.
Pagina II
Trasparenza
Gli atti emessi dalla
Azienda Usi 10 dovranno
essere accessibili al pubblico fatto salvo, ovviamente,
il diritto alla riservatezza
riguardante le persone. In
questo modo i cittadini del
territorio della Usi potranno essere consapevoli degli
atti che li riguardano: ques.ta innovazione è un punto
qualificante del programma di amministrazione dell’azienda stessa.
Pagina II
No ALLA SECESSIONE
Il Consiglio della Comumtà montana vai Pellice si
è espresso, nel corso della
seduta di mercoledì 18 settembre, contro le ipotesi
secessioniste di Umberto
Bossi e della Lega Nord.
Nel corso della medesima
seduta sono anche state approvate alcune variazioni
di bilancio.
Pagina II
Ristrutturazioni
Uno dei principali problemi quando si parla di
borgate alpine è costituito
dalle difficoltà normative
perchi voglia procedere alla ristrutturazioni delle case di borgata. Q dibattito è
forzatamente interdisciplinare e coinvolge urbanisti,
geologi, responsabili delle
Usi e amministratori.
Pagina III
6
PAG. Il
E Eco Delle Yaui \àldesi
VENERDÌ 27 SETTEMBRE v
Il ponte nella zona in cui sono stati ritrovati gli ordigni
BOBBIO PELLICE: RITROVATI ORDIGNI BELLICI
— Un anno fa il Magistrato del Po aveva provveduto al disalveo del Pellice nel tratto che attraversa il territorio di
Bobbio Pellice; il materiale di risulta, sabbia ma soprattutto
ghiaia e rocce, è tuttora abbandonato lungo la sponda sinistra neU’attesa improbabile di qualche acquirente. Nei giorni scorsi, quasi per caso, è emerso un primo ordigno bellico, probabilmente risalente al secondo conflitto mondiale e
il lavoro degli artificieri, prontamente intervenuti, ha portato al rinvenimento di oltre 20 «pezzi». Tutta l’area è ora
sotto sequestro, gli ordigni non paiono essere particolarmente pericolosi e pur tuttavia non si esclude che altre residuati bellici, probabilmente provenienti dalle casermette,
siano stati allora buttati in Pellice per riaffiorare, grazie
agli scavi del Magistrato del Po, dopo più di 50 anni.
LEGGERE IL TERRITORIO — L’assessorato alla Cultura
della Comunità montana valli Chisone e Germanasca organizza a partire dal prossimo mese di ottobre un corso di formazione per insegnanti di ogni ordine di scuola, aperto alla
popolazione, dal titolo «Leggere il territorio: le valli Chisone e Germanasca tra storia, natura e cultura, U parte». Il
corso intende dare agli insegnanti una preparazione di base
sugli aspetti storico, culturali e ambientali delle nostre valli
con l’intenzione di far proseguire gli incontri anche nei
prossimi anni. Le lezioni si terranno presso la sede della
Comunità montana a Porosa Argentina dalle 16,45 alle
18,45 a partire dal 25 ottobre (primo tema la formazione
geologica delle valli) per proseguire con altri dinque incontri fino al 24 gennaio. Per informazioni telefonare alla comunità montana, 0121-81497 o 81190, interno 132.
DUE INTERROGAZIONI DELL’ON. MERLO — Nei
giorni scorsi l’on. Giorgio Merlo ha presentato due interrogazioni inerenti altrettanti problemi del Pinerolese. La prima, al ministro dei Trasporti, riguarda il futuro della linea
ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice, dove la chiusura delle
stazioni rende difficile l’acquisto dei biglietti e nello stesso
tempo evidenzia l’incuria dei fabbricati e delle aree delle
stazioni, la seconda sulla prospettive dell’istituto agrario di
Osasco, «fiore all’occhiello del settore agricolo piemontese» eppure legato a condizione di «incertezza e profonda
transitorietà e carente di servizi essenziali come la palestra».
CASERMETTA DEL BARANT — Una semplice «festa in
famiglia» con quanti hanno collaborato nella realizzazione
della prima parte dei lavori di ristrutturazione della casermetta del Barant si è svolta venerdì scorso a Bobbio Pellice.
Prevista inizialmente proprio al colle, a causa della forte nevicata che ha raggiunto oltre i 1700 metri una ventina di
centimetri la festa ha avuto luogo al laghetto Nais. Era presente anche l’assessore provinciale Walter Giuliano; la Provincia di Torino è intervenuta con un contributo di 150 milioni tenuto conto che nell’edificio verrà ricavato anche uno
spazio per le guardie ittico-venatorie della Provincia stessa.
KALENDAMAIA: PROPOSTE OCCITANE — Riprende
l’attività dell’associazione culturale Kalendamaia. Corsi di
danza, musica e teatro saranno proposti nel corso delTan( no; si comincerà a ottobre, con un corso di danze delle valli
eccitane italiane e successivamente di danze delle vallate
eccitane francesi. Accanto alle danze verranno affrontati
temi di cultura e storia della tradizione d’Oc; il primo incontro avrà luogo il 3 ottobre, alla sala mostre del municipio di Lusema San Giovanni alle ore 20. Per informazioni
telefonare ai numeri 901397-901760-954204.
LA REGIONE PIEMONTE DICE NO AL SECESSIONISMO — Un sì al processo federalista ma un no fermo a
ogni iniziativa secessionista arriva da un documento che il
Consiglio regionale del Piemonte ha approvato l’il settembre scorso. 11 documento in sostanza, riprendendo il testo approvato a Cagliari dalla Conferenza dei presidenti
dei Consigli regionali in vista delle manifestazioni della
Lega Nord del 15 settembre, sollecita il Parlamento «ad
avviare subito la riforma dello stato, contro ogni provocazione secessionista». L’approvazione del documento è avvenuta a maggioranza con l’astensione del gruppo di
Rifondazione comunista. «La manifestazione del 15 settembre sul Po - ha detto invece in Consiglio Roberto Rosso, consigliere della Lega Nord - ha inteso sollecitare il
federalismo, su cui non c’è alcun progetto anche se tutti
dicono di essere d’accordo». Il gruppo della Lega Nord è
poi uscito dall’aula consiliare al momento del voto.
IL CHIAPAS A STRANAMORE — Riprende venerdì 27 settembre l’attività dell’associazione Stranamore di Pinerolo
con una serata dedicata alla situazione nel Chiapas. Tra luglio e agosto di quest’anno si è tenuto in questo paese il primo «Incontro intercontinentale per l’umanità e contro il neoliberismo», promosso dall’Esercito zapatista di liberazione
nazionale, a cui hanno partecipato 5.000 persone provenienti
da tutto il mondo. Alcuni dei partecipanti italiani saranno
presenti venerdì sera a Stranamore e presenteranno video e
materiali sulla lotta zapatista e sulla Selva dì Lacandona.
Comunità montana vai Pellice
Variazioni di bilancio
e secessionismo
Il Consiglio della Comunità
iriontana vai Pellice, sviluppatosi quasi tranquillamente
per tutta la serata di merco- ^
ledi 18 settembre, si è improvvisamente acceso quando
da parte della giunta è stato
proposto hn ordine del giorno
in risposta alle idee secessioniste della Lega Nord. Nessuno ha espresso netta contrarietà alla bozza illustrata dall’assessore Peyrot e tuttavia
ci sono stati vivaci scambi
polemici con il sindaco di
Bricherasio, Bolla. Alla fine
il documento approvato tiene
conto di un emendamento
proposto dalla minoranza
consiliare; l’ordine del giorno
esprime fra l’altro «preoccupazione perché i conflitti politici, anche in paesi vicini,
assumono la guerra come soluzione», ritiene «pericolosa
per il futuro della democrazia
la divisione del territorio nazionale in nome di conclamate identità etniche o stirpi che
non trovano glcun riscontro»,
dichiara che «l’unità nazionale è condizione per una pacifica convivenza civile fondata
sulla Costituzione» e che «le
differenze culturali, sociali ed
economiche che caratterizzano la penisola italiana, ivi
comprese le minoranze linguistiche di plurisecolare formazione, debbano trovare riconoscimento sul piano giuridico nella realizzazione di
proposte federaliste».
Prima di questo documento
il Consiglio aveva approvato
le variazioni di bilancio, con
maggiori entrate per oltre 600
milioni (circa 150 in più sui
fondi regionali per la montagna, 268 per le indennità
compensative, 150 dalla Cee
per la sistemazione dell’ex cinema Santa Croce, 50 dalla
Regione per l’acquisto di un
palco) e, sempre in materia
economica, ripartito le quote
a carico dei Comuni per l’attività ordinaria ’95 (in tutto
meno di 80 milioni).
11 Consiglio ha anche approvato la nuova convenzione
con i Comuni di Angrogna e
Rorà per il tecnico comunale;
Lusernetta ha infatti disdetto
la vecchia convenzione avendo assunto in proprio uh tecnico e dunque Angrogna (3
giorni la settimana), Rorà 0
giorno) e la Comunità montana stessa (1 giorno) si divideranno servizi ed oneri.
Un certo interesse ha suscitato la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi secondo il dettato del decréto 77 del ’95; la relazione distribuita ai consiglieri
fa cioè il punto su quanto era
stato previsto e quanto è stato, o meno, realizzato. Fra le
voci più significative quella
riguardante il palazzo del
ghiaccio di Torre Pellice: fra
contributi iniziali e successivi
mutui si sta velocemente arrivando ai 3 miliardi; entro breve è prevista l’apertura della
struttura...
Progetto europeo di turismo culturale
La via della seta passa
per la vai Chisone
DAVIDE ROSSO
Da quest’anno anche l’Italia è entrata nel circuito
del progetto di turismo culturale «La via della seta» del
Consiglio d’Europa, con la
presentazione di una rete di
itinerari che toccano Tra l’altro anche il Piemonte; l’emittente radiofonica francese
«Franee culture», incaricata
della diffusione nell’Unione
europea della formula del turismo culturale nell’ambito di
quel progetto, sta effettuando
una serie di interviste attraverso tali percorsi. Le interviste lungo l’itinerario italiano
hanno preso il via da Perosa
Argentina e Pomaretto con la
storia della «Cascami seta» il
27 agosto, in un incontro nel
quale l’associazione Ecomuseo di Perosa ha accolto e
guidato attraverso i reparti
della Cascami i giornalisti
dell’emittente francese, e prosegue ora nel Cuneese con
tappe a Manta, Racconigi,
Mondovì Cavallerleone, Caraglio per poi approdare in
Lombardia, a Lecco.
Il progetto, a cui da principio hanno collaborato Francia, Portogallo, Spagna, Inghilterra e da quest’anno anche l’Italia, si prefigge di individuare gli itinerari turistici
europei legati alla storia, alla
lavorazione e all’utilizzo della seta e di raccontarli attraverso interviste ai personaggi
(realizzate da «Franee culture») che hanno avuto esperienze legate ad essa. All’individuazione degli itinerari si
è giunti gradualmente: infatti
solo dopo un censimento dei
luoghi della seta in Europa e
la creazione di una rete di
esperti che li studiassero si
sono potuti individuare gli itinerari che possono permettere un turismo alternativo mirato a tali siti. 11 percorso, che
prende il via proprio dalla
Cascami seta di Perosa e Pomaretto, è stato elaborato dal
Politecnico di Torino sotto la
guida della dott. Patrizia
Chierici e dalle nostre valli
prosegue attraverso il Cuneese, altra zona ricca di testimonianze riguardanti la seta.
L’intervista che i giornalisti francesi hanno realizzato
all’associazione Ecomuseo di
Perosa prende il via dal reparto macerazione della Cascami di Pomaretto con la registrazione dei suoni e dei rumori della lavorazione dei
bozzoli e vede le testimonianze fra l’altro di Franca
Gutermann, nipote del fondatore della fabbrica di Perosa,
•che traccia una breve storia
della sua famiglia e delle motivazioni che l’hanno spinta a
impiantare la fabbrica a Perosa; di Bruno Prelato, che descrive l’attività svolta dalla
fabbrica in passato anche dal
punto di vista sociale con la
costruzione delle case per i
dipendenti, dèli’asilo nido, il
dopolavoro, il laboratorio
medico ecc.; di Isidoro Perrot, che racconta la vita nella
fabbrica, forte della sua lunga
esperienza lavorativa; e infine di Marisa Breusa che descrive le trasformazioni tecniche avvenute nella lavorazione in questi ultimi anni.
La centralina di Bò dà.Col a Frali
Rìschi per Passetto
ìdrogeologico
«La concessione edilizia per
la costruzione della centralina
nella zona di Bò dà Col - ci
scrive Gino Peyrot da Prali non rappresenta un semplice
contenzioso tra pescatori e
amministrazione comunale bensì dimostra che una seria politica di prevenzione, a
Prali, è un compito ancora abbastanza lontano dall’essere
svolto completamente».
La vicenda della centralina
idroelettrica va avanti da mesi, per non dire da anni; le
parti si sono confrontate ma,si chiede Gino Peyrot, sono
. state valutate tutte le conseguenze? «Tra le conseguenze
della posa della condotta forzata di cm 60 di diametro scrive ancora Peyrot - vi è
l’inevitabile abbattimento da
50 a 100 piante di larice e il
materiale smosso cadrà nel
Germanasca con conseguenti
sbarramenti che ostacoleranno
il fluire dell’acqua creando
pericoli per la sottostante area
abitata. L’installazione della
centralina non solo introduce
un’alterazione del precario assetto idrogeologico dell’area
(evidenziato dai numerosi smottamenti) mettendo a
rischio la sicurezza delle abitazioni e delle persone, ma il
paesaggio di Bò dà Col subirà
un mutamento tale da penalizzare l’interesse turistico
della zona. Questo progetto è
l’esempio di come le scelte
dell’uomo possano irreversibilmente incidere sulla tra
sformazione del paesaggi,
senza alcuna considerazio,.
della memoria delle vicenA
storiche e senza neanche im
ris
vera necessità sociale maïï '
negligenza o per lucro». ™
In effetti la zona non
fra le più sicure: «Nel 1957'
prosegue Gino Peyrot
una frana, proprio nella z««
dove il progetto della cenni
lina idroelettrica prevedel
captazione dell'acqua, Pij
subì una inondazione;:. ^
percorrendo con la metnoà
quei terribili giorni di giùgn
rivedo spostato il corso de
l’acqua, a Giordano, di o|
50 metri, vedo i teaeni a|
centi l'alveo del Germana»
inondati dal torrente in pien
ricordo la furia delPacqn
portare via con sé la scudeii f
e la cappella delle ca.sermai [
proprio dove ora sorge
campeggio, poi vedo l’acqi
vicino alla mia abitazione ■
alla segheria e ricordo
na volontà di molti di Pralj j
di Agape, che lottando coni
il tempo resero possibil
l'evacuazione di ogni cosai
Allora l'evento fu improvij
so; domani, rinterveni
dell'uomo con la costruzioi
della centralina. comeÌM|i
derà sul territorio? «È ini
spensabile - conclude Gii
Peyrot - organizzare una|o
litica di prevenzione, còrai ■
derare l'importanza deg
eventi scatenanti,
la possibilità che un deten»
nato evento si ripeta».
Trasparenza all'Azienda Usi 10
Gli atti pubblici
visibìli ai cittadini
Da adesso in poi sarà più
facile visionare o ottenere copia di atti o documenti dell’azienda Usi 10. Dal 16 settembre infatti è entrato in vigore il nuovo regolamento
che dovrebbe garantire al cittadino la maggior trasparenza
possibile sull’attività e sulle
decisioni aziendali. In base al
nuovo regolamento, che prende spunto di fatto da una legge nazionale sull’accesso agli
atti pubblici, chiunque può
presentarsi all’Usl 10 (più
precisamente presso la segreteria generale della sede amministrativa di via Convento
di san Francesco 1 a Pinerolo
o presso l’Ufficio relazioni
con il pubblico all’ingresso
dell’ospedale, ma la richiesta
degli atti può essere fatta anche telefonicamente) e chiedere di visionare,atti e documenti di archivio 0 di utilizzo
quotidiano, deliberazioni, lettere, leggi e altro che ritenga
utile, solo dichiarando la propria identità e motivando, come prevede la legge, la propria necessità.
Inoltre'le imprese che concorrono all’affidamento di
appalti e forniture da parte
dell’azienda possono ottenere
la copia di tutti gli atti di aggiudicazione e dei relativi
verbali, potendo così venire a
conoscenza delle offerte presentate dai propri concorrenti
e verificare direttamente il
percorso oltre che i motivi
delle varie aggiudicazioni degli appalti stessi; finora era
comunque garantita la consegna degli atti in virtù della
legge 241/90, ma la procedu
ra e la consegna non erffl i
mai state chiaramente codi
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precisa regolamentazione.
Per accelerare le procedi
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DIBATTITO
Sarà più facile
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La tradizionale rassegna è ricca di spunti di riflessione
Angrogna: parte ^«Autunno
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Sono in corso di svolgimento in vai Pellice una
serie di convegni che hanno
, come tema «l’abitare in montagna»: sabato e domenica
scorsi si sono svolti quattro
laboratori coordinati dagli assessori all’Urbanistica e alla
Cultura della Comunità montana, centrati sul tema specifico del recupero delle borgate.
I lavori di questi laboratori
sono stati aggiornati a sabato
28 settembre per giungere al
'5 ottobre, giornata conclusiva, in cui verranno presentate
le relazioni ad amministratori, tecnici e politici. Sempre a
fine settembre vi sarà la seconda parte del convegno
promosso dal gruppo «Tutela
ambiente montano» del Cai
che a partire dall’analisi dello
svolgimento della vita sulle
nostre montagne farà emergere le peculiarità di queste
esperienze, per giungere
aH’individuazione di proposte
e motivazioni per vivere la
montagna oggi.
L’obiettivo generale verso
il quale si vuole confluire è
quello di andare alla stesura
di una proposta di legge regionale che snellisca le procedure per chi si accinge a fare dei recuperi delle case di
borgata e che offra come controparte degli incentivi affinché i recuperi si possano effettivamente realizzare. Nessuno si nasconde la complessità di questa materia per
gli innumerevoli risvolti che
essa comporta. Bisogna partire dal quesito: «Ricostruire e
adattare le borgate, ma per
Chi? Quale progetto di vita ci
sta dietro?».
Le borgate sono sorte in seguito ad un preciso progetto
di lavoro e di residenza di
persone che le hanno costruite nel tempo, le hanno poi migliorate e adattate e alla fine
le hanno abbandonate quando
'le mutate condizioni sociali
ed economiche e il trasferimento del lavoro in sedi sempre più distanti ha reso improponibile la continuazione
dell’abitare in quel preciso
luogo.
Un altro aspetto è emerso
dal dibattito: il vivere oggi
comporta una serie di necessità e un livello di comfort di
Hase ormai irrinunciabile:
sorge allora il problema di
come operare senza stravolgere il tessuto della borgata e
gli spazi abitativi, adattandoli
invece alle esigenze del vivere nell’oggi. A questo punto ci si rende conto che le vane leggi o norme che codifieano standard edilizi, la norma antisismica, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la salubrità degli am
bienti cozzano con questa esigenza di recupero, poiché sono state pensate per dei contesti urbani; senza una «traduzione» non possono essere
facilmente applicate, anzi rischiano di condurre a una totale paralisi del settore.
È quindi necessario che ci
si metta attorno a un tavolo e
si rifórmulino le regole attraverso le quali l’applicazione
di queste leggi possa avvenire. Negli anni questi problemi, fortemente sentiti, hanno
concorso alla promulgazione
di leggi che hanno dato ai
Comuni o alle Regioni la
possibilità di individuare particolari tipologie di costruzione, salvaguardandole e proteggendole, fissando criteri
più tolleranti sulle altezze dei
locali, sulle superfici finestrate ecc. tenendo conto che
le moderne tecnologie ci permettono di affrontare questi
problemi. La Regione Valle
d’Aosta già nel 1976 promuoveva delle leggi in deroga, più tardi intervenivano altre Regioni, l’Alto Adige e
recentissimamente la Lombardia che ha fissato nuovi limiti per incentivare l’utilizzo
dei sottotetti rendendoli abitabili in vista anche di un risparmio energetico. Questi
esempi dimostrano come sia
possibile avvicinarsi a questi
obiettivi, purché lo si ritenga
importante, nella strategia di
sviluppo di un’area.
Con questo vengono chiamati in causa gli urbanisti, i
responsabili delle Usi, i servizi geologici affinché, a partire
dalle esperienze maturate sul
campo, individuino quali tolleranze ritengono essere accettabili al fine di rendere
possibile la strada verso un
recupero. Si è infine ipotizzata la realizzazione di una
«conferenza dei servizi» cioè
di una sede istituzionalizzata
in cui i responsabili di tutti i
servizi coinvolti affrontino
periodicamente e congiuntamente queste tematiche.
Sulle finalità del recupero
delle baite molto è stato detto;
certamente la valenza turistica
è determinante: il recupero di
una borgata può divenire spazio di ricettività, coinvolgendo i privati nell’investimento
di denaro, ne possono derivare anche opportunità di lavoro. Nello stesso tempo un recupero di case abbandonate
rappresenta anche un contributo al miglioramento dell’
aspetto del territorio,, e quindi
della qualità della vita. Una
ricerca che ben si inserisce
nelle linee del Piano di ecosviluppo della Comunità
montana che propone di rilanciare congiuntamente le tre
peculiarità della valle: agricoltura; cultura e ambiente.
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A breve distanza dalla conclusione della manifestazione
stiva «E., state in vai d’Angrogna» ritorna il tradizionale
appuntamento con la 18°I edizione deir«Autunno in Val
d’Angrogna». Il programma
di quest’anno messo a punto
dalla Commissione cultura e
turismo sembra anche quest’
anno ricco e stimolante: dal 3
al 27 ottobre infatti numerosi
saranno i momenti di incontro, i dibattiti, le mostre e gli
spettacoli in diverse frazioni
del Comune. Quest’anno in
particolare, oltre alla consueta e preziosa collaborazione
delle associazioni locali, la
manifestazione si avvale del
supporto dei volontari che si
occupano della biblioteca.
«Ci auguriamo - sottolinea il
sindaco, Jean-Louis Sappé che la partecipazione ai dibattiti, uno dei momenti più
significativi e importanti di
tutta la manifestazione, sia
sempre più massiccia e riesca
soprattutto a coinvolgere gli
angrognini, spesso presenti in
modo limitato. Si tratta di occasioni che servono per incontrarci, discutere e riflettere insieme».
Si comincerà il 3 ottobre
con la tradizionale fiera autunnale nel capoluogo; alle
21 nella biblioteca conferenza
con proiezione di diapositive
a cura di Mauro Pons, assessore all’Agricoltura della Comunità montana vai Pellice,
sul tema «Non c’è bosco senza fungo, non c’è fungo senza
bosco»; interverrà Marisa Rigo, tecnico del servizio di
La piazza di Angrogna San Lorenzo
ecologia della Comunità
montana. Sabato 5 ottobre segnaliamo il pomeriggio di
giochi dedicato ai bambini e
l’inaugurazione della mostra
«L’uomo e la terra».
Domenica 6 ottobre sarà la
volta della festa di Pradeltorno e giovedì 10, alle ore 21,
alla biblioteca comunale^
altro dibattito durante il quale si affronterà il tema «Non
rifiuti... amoci di affrontare il
problema dei rifiuti», con la
presenza di esperti dell’Acca,
della Comunità montana, della Provincia e dell’Usl 10.
Sabato 12 ottobre, alle 14,30,
nella biblioteca aprirà la mostra «Pietre e rocce della vai
d’Angrogna», alla quale si
collegherà alle 21, nella chiesa valdese di San Lorenzo, la
presentazione del quaderno
del Cèntro di documentazione
a cura di Carino sullo stesso
tema. Il 17 ottobre, nella sala
valdese del capoluogo, nuovo
m
Un bilancio di fine estate
La montagna che vive
«Anche le feste e le escursioni organizzate dal Comune
nel corso dell’estate hanno dato fiato a una voce nuova che
ha riempito i sentieri (tutti accuratamente segnalati e mantenuti puliti) e si è diffusa in
luoghi dove abitualmente regna il silenzio. Nelle borgate
abbandonate il colore del tempo e della terra, la storia dei
ricordi, le erbe cattive che invadono suoli ormai disabituati
a una vita che non si fa fatica
a immaginare, sono lo sfondo
di una scena ripetuta. Quando
qualcuna delle case rinasce, le
voci ritornano e la mano dell’uomo si impadronisce nuovamente della pietra, facendola diventare muro, tetto, pavimento, protezione, confine».
Queste righe sono tratte da
una lettera che una turista torinese, Maria Rosa Fabbrini,
ha voluto scrivere all’amministrazione di Angrogna come
apprezzamento delle iniziative
dei mesi scorsi proposte sotto
il titolo «E... state in vai
d’Angrogna». Molte feste, riscoperta di luoghi e storie come alle festa^della Sella...
«C’era poco sóle, anzi la nebbia è giunta improvvisa, come
una cecità collettiva. Ci si è
radunati nella stalla dove tutto
era stato organizzato e dove
abbiamo mangiato, cantato,
scambiato parole e ricordi.
Ma la riuscita non è stata solo
^nel calore ritrovato; la festa ha
sdrammatizzato lo spopolamento, la diminuzione inesorabile delle presenze, ha invaso e rivitalizzato il ritmo dei
gesti quotidiani degli ultimi
protagonisti della vita d’alpeggio». C’è chi ricorda un
mondo e chi lo scopre e ne apprezza contenuti e storie chei
altri dimenticano, fin quando,
magari giungendo da fuori
qualcuno non sottolineà «quel
senso di calore e intimità che
si sono svelati e hanno dato al
turista casuale il senso di una
scoperta preziosa».
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momento di incontro sul tema
«Tra sogni e realtà tre progetti per lo sviluppo turistico e
culturale delle nostre valli»,
con la partecipazione degli
ideatori e promotori dei vari
progetti presentati.
Sabato 19 a San Lorenzo
tradizionale mostra mercato
di prodotti agricoli e artigianali a partire dalle 14,30, seguita alle 15,30 da un’assemblea pubblica e alle 21, nella
sala valdese, dalla presentazione del nuovo compact disc
del Gruppo teatro Angrogna.
Domenica 20 protagonista
sarà lo sport con la X edizione del Triathlon della vai
d’Angrogna. Venerdì 25 ottobre al tempio del Serre si parlerà di «Salva una, mille vite;
dona i tuoi organi» per informare i cittadini su. un atto di
solidarietà che se più diffuso
potrebbe salvare la vita a mi-,
gliaia di persone in lista di attesa per un trapianto.
Angrogna
«Caro coflega
dov'è finita
la laicità?»
A seguito di una recente lettera che l’Associazione nazionale Comuni d’Italia del Piemonte ha inviato at Comuni
piemontesi per invitarli a partecipare con una propria delegazione, su autobus messi
«gratuitamente a disposizione»,
alle celebrazioni che il 3 e 4 ottobre si terranno a Assisi in
onore di Francesco patrono
d’Italia (invito in cui Valentino
Castellani, che è anche presidente dell’And regionale sottolineava tra l’altro il senso «della comunità e della solidarietà»
nonché il «significato religioso
e civile» dell’iniziativa), il sindaco di Angrogna, Jean-Louis
Sappé, ha inviato al sindaco di
Torino la seguente lettera.
«Caro collega, mi stupisce
molto che parte dei contributi
versati dai Comuni della nostra Regione all’Associazione
da te presieduta venga spesa
per una manifestazione a carattere soprattutto religioso
quale la partecipazione di delegazioni comunali ai festeggiamenti in onore di Francesco d’Assisi.
So di essere costretto a vivere in un paese che non conosce il significato della parola “laicità”, ma mi indigna
il fatto che un’associazione
come l’Anci, che dovrebbe
essere a-partitica e a-religiosa, si presti ad iniziative di ’
per sé discriminanti, è che dimostrano (se ancora ce ne
fosse bisogno) l’enorme divario non soltanto economico,
ma anche e soprattutto culturale, che separa il nostro paese dal resto dell’Europa di
Maastricht. Cordiali saluti.
Jean-Louis Sappé».
Nelle
i Chiese
^ Valdesi
INCONTRI «MIEG
GE» — Riprendono gli incontri «Miegge», ddmenica
6 ottobre alle 17 nella sala
delle attività di Villar Pellice. Il programma prevede
per il primo trimestre la lettura del libro di Gianni Vattimo «Credere di credere»
(Ed Garzanti, £ 15.000). Gli
incontri sono aperti a tutti.
INCONTRO PASTORALE I DISTRETTO —
Martedì 1° ottobre, dalle
9.15, presso i locali della
chiesa valdese di Pramollo,
incontro pastorale del I distretto. Introduzione biblica
a cura di Daniela Di Carlo,
riflessione su «Cultura e turismo alle Valli oggi» a cura di Giorgio Tourn.
INCONTRO MONITORI DEL 1° CIRCUITO — I monitori e le monitrici del 1° circuito sono
invitati ad un incontro domenica 29 settembre, ore
10.15, alla Rocciaglia di
Pradeltomojn vai d’Angrogna per programmare l’attività dell’anno. Il pranzo è
offerto dalla comunità di
Angrogna.
GIORNATA DI RADIO BECKWITH — Ra
dio Beckwith, in collaborazione con la Chiesa valdese
di S. Giovanni, organizza
una «giornata» domenica 6
ottobre. Il programma prevede alle 10, nel salone di
Villa Olanda, il culto con la
comunità di San Giovanni,
a cui farà seguito la visita af
nuovi studi della radio. Alle
12,30 polentata alla sala Albarin (gradita la prenotazione tei. 954194).’ Dalle 14,30
pomeriggio musicale con
«Les harmonies» e il coretto, valdese di Torre Pellice;
alle 16 tè con gara di torte a
cui tutti possono partecipare, banco pesca, bazar. Durante la giornata verranno
illustrate le attività e i progetti di Radio Beckwith.
LUSERNA SAN GIOVANNI— Domenica 29
settembre culto di inizio attività alle 10 alla sàia Albarin; p^ecipa la corale. Alle 9,15 incontro con i catecumeni e precatecumeni
per definire gruppi e orari
di attività.
MASSELLO — Domenica 29 settembre parteciperà al culto la corale di
Perrero-Maniglia'che organizza anche un pranzo comunitario.
PRAMOLLO — Domenica 6 ottobre si terrà il culto di inizio delle attività e la
domenica successiva, 13 ottobre, l’assemblea di chiesa
per la relazione sui lavori
del Sinodo. Il primo incontro della corale si terrà lunedì 14 ottobre alle 20,30.
TORRE PELLICE —
Domenica 29 settembre, nel
tempio del centro, il pastore
Donato Mazzarella darà il
suo saluto alla comunità di
Torre Pellice. Martedì 1°
ottobre alle 15, ala Casa
unionista, sì riunisce la Società Missioni-Cevaa. Giovedì 3 ottobre, alla Casa
unionista, alle 17 catechismo del 1 2° e 3° anno e,
alle 20,45, riprendono le attività della corale.
Torre Pellice
CONTAnO TELEFONICO
Il Club alcolisti in trattamento, in collaborazione
con Radio Beckwith evangelica, offre un servizio di contatto telefonico ogni martedì
sera, dalle 20,30 alle 22 al
numero 0121-91507.
8
PAG, IV„
E Eco Delle lÀLLi moEsi
VENERDÌ 27 SETTEMBRE 1996
Iniziativa culturale a Pinerolo
Pittura e poesia su
Sestriere e le valli
Dal 28 settembre al 6 ottobre il Circolo culturale «Pablo Neruda» di Pinerolo organizza presso l’Expo Fenulli la
12“ edizione di «Orizzonti
d’arte e poesia». I momenti
caratteristici e tradizionali
della manifestazione sono la
mostra di pittura e il concorsp
nazionale di poesia. La novità
che caratterizza l’edizione
1996 è il concorso di pittura
«Dipingi Sestriere e ìe sue
valli», sostenuto dalla collaborazione con l’editore Alzani e che si collega naturalmente con i campionati mondiali del 1997. Scopo di quest’ultima iniziativa è quello di
offrire a tutti la possibilità di
esprimersi creativamente con
idee, tecniche e sensibilità
differenti. Le opere esposte
verranno poi riproposte a Sestriere nel periodo dei campionati di sci.
Per quanto riguarda il concorso di poesia anche quest’
anno gli organizzatori esprimono soddisfazione per l’alto
numero di partecipanti: oltre
250 poeti provenienti da tutta
Italia, le chi opere saranno
presentate all’interno della
mostra di pittura. Tra i momenti salienti dell’intera manifestazione segnàliamo domenica 29 alle 15 all’interno
dell’Expo Fenulli la cerimonia di premiazione del 14“
premio nazionale di poesia
«Fabio Neruda» con la partecipazione del quartetto di fiati
«Luigi Hugues» del Civico
istituto musicale Gorelli; le
poesie saranno lette da Anna
Fermento e Rossella Bruno,
attrici del «Piccolo varietà»
di Pinerolo.
Il 6 ottobre, a conclusione
delle varie iniziative multidisciplinari, si svolgerà alle 15,
sempre all’Expo Fenulli, la
cerimonia di premiazione del
concorso di pittura dedicato a
Sestriere a alle sue valli. La
mostra resterà aperta al pubblico con il seguente orario:
sabato 28 settembre dalle 17
alle 19, domenica 29 dalle 10
alle 12 e dalle 14 alle 19,30,
sabato 5 ottobre dalle 14,30
alle 19, domenica 6 dalle 10
alle 12 e dalle 14,30 alle 19,
negli altri giorni feriali dalle
14,30 alle 18,30.
Impatto visivo
discutibile
Caro direttore, permettimi
una divagazione semi-seria
sull’«essere in sé» e i simboli, in particolar modo applicata alle manifestazioni del
«se» in campo urbanistico e
architettonico.
Traggo spunto (uno fra i
tanti ...) per questa lettera dal
completamento oramai conseguito della nuova e tanto
agognata scuola media di Lusema San Giovanni, celebrata ultimamente anche da alcune fotografie sul tuo giornale. Col suo bel colore rosa
shocking e rifiniture in blu e
cemento, costituisce un elemento perfettamente inserito
nel panorama locale e allieta
il tetro paesaggio che si ha
dell’alta vai Pellice a chi, come me, abita nelle vicinanze di questo aito simbolo di
neoumanesimo, emerso nel
desolante quadro di materialismo consumista tipico dei
nostri tempi. Ciò nonostante,
il mio super-io protestante è
attraversato da una certa inquietudine: mi domando infatti quale sarà mai il recondito significato di questa appariscente manifestazione
neoumanista in campo architettonico. Un punto fermo ce
l’ho: essa è lì a ricordarmi il
primato dello Spirito sulla
materia!
Mi scopro però moralista
quando penso che viviamo
evidentemente in tempi nei
quali per far vedere che «si
è» bisogna fare molta polvere
(strategia altrimenti detta
«della mandria, di bisonti») e
mi passano per la mente i
tanti esempi che, in campi as
sai diversi, portano a questa
necessità di apparire, di esibire, di esagerare, di spararle
grosse...
Ahi, ahi, ahi, mi accorgo di
perdere le mie certezze e la
mia mente è attraversata di
nuovo da terribili domande
del tipo: «Quale messaggio
educativo è allora manifestato
in tanto apparire? quali reconditi bisogni si esprimono
in questo rosa shocking?». Mi
chiedo allora se questo tanto
apparire sia poi una espressione di iconoclastia dadaista:
no, no... per la carità, in un
comune come quello di Lusema San Giovanni, di brillante e consolidata tradizione
nel campo di lottizzazioni e
villette a schiera, il mattone
rappresenta piuttosto la materializzazione e il consolidamento di valori tradizionali
(casa, chiesa e cemento) di evidente agiografia prandiniana; questo naturalmente con
alcuni elementi di rigoroso
neoarrivismo padano come
l’innalzamento del manufatto
su un riporto di terra...
È vero, in fondo in fondo
riconosco di essere anche un
integralista e vorrei che il cliché protestante (essenzialità,
rigore e discrezione) fosse
teutonicamente imposto anche alle espressioni architettoniche; mi vengono in mente
diversi aspetti di discrezione
architettonica: il Romanico,
le borgate di montagna coi
tetti in Iosa, le scuolette Beckwith; ah!... bei tempi... speriamo almeno che con i proventi dell’8 per mille... no, lasciamo perdere questo discorso, non è possibile; il giubileo
non è cosa da protestanti.
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INIZIA IN CAMPIONATO DI TENNIS TAVOLO
— Sono iniziati sabato 15 settembre i campionati di tennis
tavolo e la Valpellice, per dare più spazio ai giovani e contenere le spese, ha dovuto rivoluzionare in parte i programmi preventivati. Davide
Gay è così passato i prestito al
Dopolavoro comunale di Torino in CI e ha contribuito
con due punti al successo della propria squadra per 5 a 2
con il Verres guidato dal cinese Zhang, 14“ assoluto in Italia. La Valpellice ha invece
perso per 1 a 5, con punto di
Rosso, con il Ciriè. Nella prima giornata di DI invece la
Valpellice ha battuto per 5 a 2
il Villar Perosa con tre punti
di Sergio Ghiri e uno ciascuno
di Belloni e Giuliano Ghiri.
DOPO IL DIGIUNO,
CINQUE RETI AD ASTI
— Due reti in tre partite (entrambe di Mollica) e cinque in
un sol colpo: exploit del Pinerolo nell’ultima giornata del
campionato nàzionale dilettanti domenica ad Asti con la
capolista. I biancoblù hanno
ben interpretato la gara, marcando gli attaccanti di casa
con puntualità: Benecchio ha
bloccato quasi sempre il capocannoniere Falzone; in avanti
si è visto del gioco e, a differenza della settimana precedente con la Sestrese, sono arrivati i gol. In vantaggio nel
primo tempo con Fallito,
complice un errore del portie
re dell’Asti, nella seconda frazione il Pinerolo si è portato
sul 3 a 0 grazie alle reti di
Mollica e Rosa; una rete di
Falzone interrompe il monologo biancoblù ma le marcature di Muratori e ancora di
Mollica portano a cinque il
punteggio. C’è ancora spazio
per una rete dell’Asti con Ricco ma è piccola consolazione.
Grazie al primo successo in
campionato il Pinerolo sale a
5 punti (la metà esatta della
capolista Barberino di Mugello; domenica derby torinese al
Barbieri con il Moncalieri.
Nel campionato Eccellenza
pareggi per il Saluzzo (0-0 a
Valenza), Cuneo (2-2 in casa
col Rivoli), Bra (1-1 in casa
con il Chieri. Finisce in parità
anche il derby cuneese fra Sa^ viglianese e Albese bloccate
sullo 0-0.
Nella prima giornata di Prima categoria, girone F, pareggio per il Lusema (0-0 in
casa con il Reai Moncalieri) e
sconfitte per il Perosa (0-3 a
Pecetto) e per il San Secondo
(1-4 in casa con il Cumiana;
nel girone G successo del
Barge per 3 a 0 sul Tre valli e
pareggio, 0-0 fra Cavour e
Carrù.
VOLLEY: AL VIA I
CAMPIONATI — Prendono
avvio nel prossimo fine settimana i campionati di B e C di
pallavolo; la neopromossa
Magic Traco Pinerolo femminile esordirà in B1 in casa
con il Valenza.
laboratori attivati a Tori no ^
Una scuola dedicata
agli antichi mestieri
Là Scuola degli antichi mestieri di Torino è una struttura culturale volta a diffondere
e rivalutare gli aspetti del lavoro e della cultura artigiana
e in questo senso sono orientati i nuovi corsi «Scuolabottega» che la scuola ha previsto per quest’anno e che
verranno presentati presso la
sede della scuola domenica
29 settembre.
I laboratori «Scuola-bottega» di quest’anno propongono oltre trenta tematiche, raccolte per area e insegnate da
maestri artigiani e artisti provenienti da tutto il territorio
nazionale. Fra le tematiche
previste si trovano la lavorazione artistica del vetro (tiffany, cattedrale, mosaici, fusione e decorazione), il restauro del legno, l’intarsio e
l’intaglio del legno, la ceramica creativa (manipolazione
libera, a sfoglia a colombino,
raku, tornio, decorazione e
smaltatura), il ricamo antico
e tessuto (filet a mano, ricamo, tessitura, colorazione
della lana maglieria) il trompe-l’oeil e le tecniche decora
tive (pittura su stoffa, cuoio,
ceramica, vetro), l’oreficeria,
la cartapesta, il mosaico in
marmi policromi.
I corsi, che avranno durata
quadrimestrale e prevedono
un totale di 60 ore di frequenza, avranno carattere
teorico-operativo; infatti a
una prima parte dedicata a
contenuti culturali seguirà
l’applicazione pratica di tecniche di costruzione insegnate da artigiani professionisti.
Alcune tematiche poi, come
la doratura del legno, la costruzione di bambole e burattini in stoffa, il découpage, i
fiori secchi sotto vetro, le
sculture di pasta di farina e
sale, che non necessitano di
lunghi periodi di apprendimento, sono presentate sotto
forma di corsi brevi di 15
ore. I corsi, che sono autorizzati dal Provveditore agli studi di Torino, sono aperti a
tutti e prevedono al termine
del loro ciclo il rilascio di un
attestato di frequenza. La
scuola ha sede in corso Principe Oddone 88. Per informazioni tei. 011-851160.
Paolo Varese
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27 settembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Nella
palestra del Collegio valdese,
via Pietro Valdo, serata danzante organizzata dall’Associazione culturale «Mouzico e
dansa d’oc»; verranno presentati i corsi di danze tradizionali che si terranno a Torre Pellice, San Secondo e Pinerolo.
27 settembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 18,
presso la sede della Comunità
montana, corso Lombardini
2, è convocato il Consiglio
coipunale di Torre Pellice.
28 settembre, sabato —
PINEROLO: Alle 21,30, al
circolo Stfanamore, concerto
dei «Seminoles», gruppo
punk-grunge di Torino.
28 settembre, sabato —
POMARETTO: Festa sociale con la Strapomaretto e il 5“
Trofeo Coop.
28 settembre, sabato —
VILLAR PEROSA: Serata
teatrale con la compagnia
«La ribaltina» di Pinerolo, a
cura dell’Aido.
28 settembre, sabato —
VILLAR PELLICE: Alle
21, nella sala, il Gruppo teatro Angrogna presenterà «Se
canto», nuovo Cd del gruppo
realizzato in collaborazione
con Enrico Lantelme.
28 settembre, sabato —
TORRE PELLICE: Organizzata dall’associazione Lou
Cialoun, alle 21, nel tempio,
serata di musiche e danze
«Gamelan» presentati da un
gruppo di evangelici cinesi e
indonesiani residenti a Francoforte. Offerte a favore del
progetto di ristratturazione di
Villa Olanda.
28-29 settembre — PINEROLO: Mercatino delle pulci
nel centro storico della città.
28-29 settembre — ROCCA SBARUA: Grande festa
a partire dalle 21 di sabato
con il gruppo «I gattucci»; nel
pomeriggio di domenica albero della cuccagna in parete su
due itinerari con premi in materiale da scalata.
28-29 settembre — SAN
PIETRO VAL LEMINA:
Raduno camperistico in piazza Piemonte.
28-29 settembre — BRICHERASIO: Alle 21 di sabato presso la chiesa di Santa
Maria esibizione del coro alpino «Bric Boucie». Dalle 9
di domenica mostra ortofrutticola presso l’ala comunale;
alle 14,30 sfilata di bande
musicali, a seguire concerto
di canzoni popolari; alle
20,45 esibizione di mountain
bike acrobatica.
30 settembre, lunedì —
MASSELLO: Si conclude
l’8“ mostra a Campolasalza
«Gli alpeggi di Massello».
1" ottobre, martedì —
TORRE PELLICE: Alle 21,
presso la Bottega del Possibile
in viale Trento 7, l’Associazione pace Val Pellice propone la presentazione del libro
«Ragazzi in Palestina», a cura
di «Salaam ragazzi dell’olivo» in vista della campagna
«Aiutare le scuole per l’infanzia in Palestina per far crescere il processo di pace». Partecipa Marina Pecorelli
1” ottobre, martedì —
BRICHERASIO: Alle 21
gran finale di ballo liscio con
l’orchestra <dao pais».
3 ottobrei, giovedì —
TORRE PELLICE: Presso
la palestra del Collegio valdese, alle 16, inizieranno i corsi
di danza classica e jazz, tenuti da insegnanti della scuola
Ginger. Per informazioni e
iscrizioni rivolgersi alla Pro
Loco, via Repubblica 3.
5 ottobre, sabato — TORRE PELLICE: Alle ore 17 al
Centro culturale valdese si
inaugura la mostra fotografica di Paolo Giai Levra dal titolo «Appunti sparsi», musiche di Claudio Morbo.
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. * n. ■: VMW'
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretio, tei. 81154
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DOMENICA 29 SETTEMBRE
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Croce Verde, Perosa; tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
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Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
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PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
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dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
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BARGE — 11 cinema Comunale ha in programma:
venerdì 27 Riccardo III; sabato 28, Vampiro a Bro#?
oklyn; da domenica a giovedì
3 ottobre, Streaptease. Inizio
spettacoli ore 21,15.
PINEROLO — La multisala Italia ha in programma,
alla sala «2cento», Mission;
impossible; feriali 20,15 e
22,20, sabato 20,15 e 22,30,
domenica ore 14.15. 16,15,
18,15, 20,15, 22,20. Alla sala
«5cento» verrà posto in visione Independence day; feriali
19,40 e 22,20, sabato 19,40 e
22,30, domenica dalle 14,15,
16,55, 19,40. 22,20.
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 26 e venerdì
27, ore 21,15, Fargo; sabato,
ore 20 e 22,10 domenica 20 è
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tei. 0121-933290; fax 93240»
Sped. in abb. post./50
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Resp. ai sensi di legge Piera Egitti
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Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA.
Il rapporto tra i Centri giovanili e le comunità
Una lontananza pericolosa
L'ultimo campo cadetti di Santa Severa ripropone
la necessità di collegamenti più stretti con le chiese
laura casorio
ENZO MARZIALE
Nella seconda metà di
luglio si è svolto il campo cadetti del Villaggio della
ffloventù di Santa Severa dal
tìtolo «Rompi, immagina e
crea»; un titolo che, almeno
nelle intenzioni, avrebbe dovuto lasciare spazio al dialogo, alle idee, alia creatività.
I era pensato di realizzare
un percorso in quattro direzioni (moda, televisione,
pubblicità, stampa) lungo il
quale scoprire il nostro rapporto con quella finestra che
ci permette di non essere
delle entità isolate: la comuiiricazione.
Tutto attraverso giochi, reflazioni, immagini proiettate,
questionari, visite guidate,
lavori di gruppo. Come con'iuétudine, erano previsti
brevi studi biblici o momenti
liturgici quotidiani; questi si
sono avuti malgrado gli inconvenienti dell’ultimo minuto, che ci hanno impedito
di avere un pastore sempre
presente al campo.
L’inaspettata gestione di
questi momenti e qualche altro evento verificatosi durante il campo, ci hanno portati
Ik alcune rifiessioni. Ci siamo
soffermati a valutare non
tanto l’assenza di una figura
jastorale (poiché gli effetti
erano chiari), quanto piuttosto l’estrema difficoltà, in
contrata nelle fasi di preparazione, nella ricerca di urr
pastore o di qualcuno «preparato» (un diacono, un candidato, uno studente in teologia, un predicatore) che si
rendesse disponibile a coadiuvare lo staff organizzativo
nella gestione di momenti
centrali per la vita del campo. A questa carenza si è cercato di porre un rimedio, e
non ci viene un’espressione
più felice, all’ultimo momento, quando ci siamo resi conto che diversamente avremmo abbandonato una prerogativa del campo.
Hanno preso parte ài carnpo cirfca cinquanta ragazzi/e
provenienti da tutta Italia,
non uniformi come provenienza sociale ma accomunati da un atteggiamento di
distacco da gran parte di ciò
che veniva proposto. Vorremmo correlare questo dato
di fatto a un’analisi dell’attuale condizione del Villaggio, piuttosto che a quella
della condizione giovanile
che non ci compete. Il Villaggio sta vivendo un cambio di
gestione, che per questa
estate si è limitato a essere
un’assenza di gestione, e al
tempo stesso un naturale
rinnovamento dei suoi frequentatori.
Sulla base del «passa parola» con cui si conosce il Centro, sono sempre meno gli
evangelici che frequentano il
i /jÉK,
TERNI — I culti domenicali del 25 agosto e del 1“ settembre
sono stati presieduti da Federico Roela, che ha spezzato il
pane della Parola con efficacia. La comunità lo ringrazia.
• Domenica 8 settembre durante il culto è stata battezzata
la piccola Ilaria Alleva, di Gabriele e di Paola Roela. A Ilaria
auguri di una vita piena della grazia del Signore, ai genitori
l’esortazione a mantenere fedelmente le promesse fatte.
'INEROLO — Il 22 settembre la comunità ha dato il benvenuto al pastore Paolo Ribet. Tutti i presenti al culto hanno augurato un ministero benedetto a lui e a Anne Zeli che continua la sua missione fra di noi.
• Durante l’estate si sono alternati sul pulpito i predicatori
locali Sergio N. Turtulici, Franco Siciliano, Gianni Long;
con particolare affetto sono stati salutati i pastore Alfredo
Janavel e Lorenzo Scornaienchi e la giovane pinerolese Elisabetta Ribet che, dopo aver frequentato la Facoltà di Teologia, sta per partire per un anno di studio all’estero.
• Un augurio di vita cristiana a Alessandra Bianciotto e
Massimo Galliana che hanno celebrato il loro matrimonio
nel tempio, T8 settembre.
• Invochiamo la benedizione del Signore su coloro che pian- ^
gono la dipartita di Alice Grill Pons e Piero Geymonat le cui'
sepolture si sono svolte a Fontane di Prali e Bricherasio.
ÌRAMOLLO — La comunità ringrazia vivamente Milena Martinat, Aldo Garrone e Franco Siciliano per i ricchi messaggi
ncevuti nei culti da loro presieduti durante Testate.
^OSTA-COURMAYEUR — Il tema dominante dell’estate per i
valdesi della valle d’Aosta è stato l’evangelizzazione, come
presenza e contatto con la popolazione, attraverso iniziative che hanno ampliato quanto già realizzato la scorsa estate. Nel tempio di Aosta, che è stato per la prima volta tenuto aperto il sabato pomeriggio, si sono avvicendati alcuni
pastori del circuito e i nostri predicatori locali insieme al
pastore titolare; a questi ultimi è stata pure affidata la predicazione nel tempio di Courmayeur e a Viering.
•Nel tempio di Courmayeur, il 20 luglio, il pastore Ruggero
Marchetti ha tenuto una conferenza dal titolo «Lutero, un
dottore trascinato». Il pubblico numeroso, composto sia di
residenti che di villeggianti, ha seguito con attenzione la vivace esposizione dando vita in seguito a un interessante di^ttito. In questa sede, fra il 1” e il 17 agosto, il pittore Carlo
^onaya, decano della chiesa, ha esposto i propri dipinti in
dna mostra che ha visto un’affluenza di più di 1.800 persole- Carlo ha distribuito decine di volantini informativi sui
Valdesi, ma ha soprattutto dialogato con i visitatori, curandsi pitj (jj testimoniare con semplicità e fermezza la pro'Pria fedq che di vendere quadri. Nel ringraziare quanti
anno collaborato a queste iniziative, stiamo già lavorando
par migliorarle e ampliarle nel prossimo anno. G-d.)
p^^NA — La Chiesa metodista ha stampato uti opuscolo
me strumento di informazione rivòlto ai visitatori che
~.®*lder|tano la chiesa stessa. Il testo, scritto dal pastore SerCarile, muove dalla storia del metodismo, dal suo ruolo
**»terno del protestantesimo mondiale e d^la sua parteJPazione all’ecumene, per passare poi ai casi particolari di
^ e Modena, ed è. stato inviato ai primi di luglio al
sidente della Repubblica, Scàlfaro. Il capo dello stato in
Sona ha risposto con una telefonata alcuni giorni dopo.
Villaggio e seinpre più i cosiddetti «amici degli amici».
Molti dei partecipanti non
avevano mai sentito parlare
del protestantesimo italiano
o non sapevano di trovarsi in
un Centro evangelico Le la
targa dell’ingresso non è piccola!). Dalle valutazioni di fine campo è emersa più volte
la domanda sul senso del
continuare a «propinare preghiere e canti se tanto la maggior parte le “sopportava”». In
questo quadro si rende necessario cominciare a riflettere
sul senso che si vuole dare ai
campi e sullo spirito con cui
si gestiscono. Occorre essere
consapevoli che non si agisce più in un ambiente dove
alla preghiera o al canto prima del pranzo si da un significato comune, ma dove anzi
bisogna spiegare il perché
Tappiauso finale a qualcuno
può dare fastidio.
vÈ opportuna una riflessione comune sul molo che vorremmo vedere ricoprire dai
vari centri, che sempre più
soffrono la lontananza dalle
comunità e sempre più sono
costretti a lavorare autonomamente o con gmppi ospiti,
vicini al nostro mondo evangelico; è opportuno chiedersi
perché nelle nostre comunità
questi incontri siano spesso
«snobbati». Potrebbe essere
un modo per non trovarci
impreparati davanti a questi
cambiamenti.
■ Adelfia: campo giovani dal 27 luglio al 5 agosto
In cerca dei nostri frammenti di vita
Il campo giovani, che si è
tenuto dal 25 luglio al 4 agosto ad Adelfia è stato una
esperienza stupenda. Pochi
ma buoni, ci siamo incamminati in un percorso di discussioni e di escursioni che ci
hanno segnato nel corpo e
nelTanima. La componente
del campo era costituita, oltre che dal pastore battista
Giuseppe Miglio, da ragazzi/e di varia età provenienti
dalla Sicilia e dalla Sardegna.
Questo ci ha permesso non
solo di appreridere alcune
parole dei rispettivi dialetti,
ma anche di scoprire lati nascosti di noi stessi.
Partendo dal titolo del
campo, «Frammenti di vita»,
ognuno di noi ha cercato di
mettere a nudo il proprio vissuto, riflettendo sulle scelte
che nel corso della giovinezza compiamo in quanto credenti. Il motto del campo è
stato, con riferimento ad Ecclesiaste 12, 1-3; «Va dove ti
conduce il cuore... ma ricordati del tuo creatore».
Alla luce di alcuni passi biblici abbiamo cercato di
analizzare il comportamento
di alcuni giovani protagonisti di testi letterari, quali
Una peccatrice di Giovanni
Verga, Va dove ti porta il
cuore di Susanna Tamaro e
Elias Portola di Grazia Deledda. A noi giovani è dato di
fare delle scelte nella nostra
vita, ma dovremmo fare
molta attenzione perché un
giorno di queste scelte non
abbiamo a pentircene.
Riferimento fondamentale
per noi credenti è la Scrittura
e il rapporto con il nostro
Chiesa valdese di Angrogna
La Ca d1a País
festeggia i suoi 10 anni
La comunità si è incontrata
la prima domenica di settembre alla Ca d’ia Pais del Bagnòou per festeggiare i dieci
anni dalla costruzione della
casa, che era stata inaugurata
il 15 agosto 1986. Malgrado il
tempo poco propizio, un folto
gruppo di persone ha partecipato al culto; il programma
della manifestazione è proseguito con una agape fraterna
preparata dalTUnione femminile e con un pomeriggio di
canti animato dalla corale.
La casa, che si presenta in
ottime condizioni, svolge la
sua funzione di luogo di incontro comunitario e accoglie
gruppi e famiglie per campi
autogestiti. Tra questi ultimi
hanno sempre notevole successo i brevi campi vacanza
per bambini e ragazzi, organizzati dalla chiesa con il patrocinio del 1“ circuito nella
prima quindicina di agosto.
Per l’anniversario il Comitato
della Ca d’ia Pais e il Concistoro hanno offerto una cena
nella Sala unionista alle persone che 10 anni fa avevano
animato l’iniziativa con lavoro professionale e volontario.
Erano presenti anche il pastore Platone e Gerhard Nölle,
della Chiesa evangelica della
Renania, a cui il Concistoro
ha rinnovato la sua riconoscenza per il sostegno e Tamidzia rinnovata nel tempo.
Con l’inizio di settembre
sono iniziati i lavori di manutenzione straordinaria del
tempio del Serre. Il primo intervento riguarda la sistemazione del tetto a lose; seguiranno, entro il prossimo anno, il rifacimento dell’intonaco interno ed esterno e il rinnovamento del pavimento in
legno. Il Concistoro ha aperto
una sottoscrizione per sostenere finanziariamente l’iniziativa: i donatori possono
Gerhard Nölle
versare le somme sul ccp n.
18909101 intestato a Concistoro valdese, Angrogna. Un
appello particolare viene rivolto agli ^ngrognini residenti fuori Angrogna.
Nel tempio di Pradeltorno
è stato celebrato il matrimonio di Luca Bertalot e Daniela
Monnet. Al festoso e affollato
culto la comunità era rappresentata dalla corale, dai ragazzi della scuola domenicale e dal gruppo giovanile, attività in cui i due spósi sono
molto impegnati. Rinnoviamo a Luca e Daniela, che risiederanno a Prarostino ma
rimarranno membri della comunità, i più fraterni àuguri.
È stata battezzata Miriam
Avondetto, di Sergio e Antonella Bennazzalo, membri
della chiesa di Torre Pellice
ma legati affettivamente ad
Angrogna. Alla bambina e ai
suoi genitori la comunità
esprime l’augurio di una vita
benedetta dd Signore.
Si è svolto il ftinerale della
sorella Emma Long, vedova
del generale degli alpini Stefano Coisson, la cui salma era
stata tumulata nel cimitero
del capoluogo. La comunità
esprime la sua solidarietà fraterna alla famiglia, (f.t.)
Foto di gruppo dei partecipanti al campo
creatore che dona saggezza a
chiunque gliela domandi. È
nostra convinzione che i rapporti che instauriamo ogni
giorno con gli altri devono
essere coerenti con la parola
di Dio che ci fa crescere e ci
coinvolge.^ in prima persona.
Nonostante la difficoltà iniziale il gruppo ha raggiunto
un affiatamento tale da ga
rantire rapporti duraturi e
una solida amicizia! Altro
momento di gioia è stato
quello dedicato ai canti. Tra
canti notturni in spiaggia, rituali falò e mitici tramonti il
campo si è concluso con il
proposito di ripetere l’esperienza il prossimo anno sulla
scia di emozioni che Thanno
caratterizzata.
Giornata di gioia a Fontana di Papa
Tre battesimi per
una domenica di comunione
Nella suggestiva cornice del
lago di Castel Gandolfo, nel
pomeriggio di domenica 8
settembre, Ivana Mancuso,
Massimiliano Annarilli eDiego Annarilli hanno confessato
la fede nel Cristo risorto con il
battesimo per immersione. AI
culto hanno preso parte con
delegazioni e messaggi le
chiese sorelle di Ariccia, Albano, Centocelle, Trastevere,
via Urbana, Montesacro e la
Chiesa pentecostale di Matera. Il culto ha avuto una liturgia composita: i giovani della
comunità di Cocchina e il pastore pentecostale, la testimoniamza dei battezzandi,
l’anziano Guido Campoli e il
pastore Eugenio Stretti si sono alternati nella presidenza.
NelTistruzione battesimale, muovendo dal Salmo 124,
il pastore Strettì ha associato
le sofferenze dei martiri ana
battisti con quelle della diaspora ebraica; solo grazie alla
fedeltà del Signore, oggi esistiamo ed è grazie a un battista, Roger Williams, che per
la prima volta si è affermata
la libertà di coscienza.
II pastore Claudio Abatini
ha pregato con sobrietà e i
suoi giovani hanno cantato
lodi al Signore; l’anziano Guido Campoli ha predicato su
Atti 2, riattualizzando cpme
grazia del Sjignore la conversione di giovani ancora oggi.
Tra i presentì «gitanti», un signore romano che ha ricordato con commozione i sudi
anni di scuola domenicale e
ha rivisto, con gioia, dopo
tanti anni, un culto evangelico. Una domenica diversa,
dunque, una festa nella comunione fraterna e nella
pubblica confessione della
fede evangelica. (g.c.)
Centro evangelico di Monteforte
Riconciliazione dono di Dio
LUCIANO GRECI
Anche quest’anno presso
il Centro evangelico di
Monteforte Irpino (Av) si sono svolti i campi estivi per ragazzi. Il tema prescelto è stato unico per tutti: «La riconciliazione come dono di Dio
e fonte di vita nuova», ovvero
come gestire il conflitto in
modo non distruttivo.
Durante il campo per i
bambini dai 6 ai 9 anni (2330 giugno), è stato posto l’accento sulla bellezza dello stare insieme attraverso giochi e
la visione di alcuni film. Nel
secondo campo (6-13 luglio)
i circa trenta ragazzi dai 9 ai
12 anni hanno condiviso in
gruppo le esperienze dei loro
maggiori conflitti (con i genitori, con gli amici, ecc.) e discusso il modo in cui gestirli.
Dalle discussioni è emerso
che spesso un conflitto nasce
là dove realtà diverse vengo,no a confrontarsi. Occorre ricercare soluzioni non distruttive che, senza rinunciare alla propria specificità,
privilegino il dialogo e il sereno confronto con tutti, perché «se l’egoismo prevale
ha scritto una bambina - di
questo vedi solo i frutti nelle
tante guerre, nelle distruzioni e nei tanti lutti».
Nel campo adolescenti (2330 luglio) il tema centrale si è
arricchito di significati più
personali. Particolarmente
interessante ed emotivamente coinvolgente è stato l’intervento di Simon Pietro
Marchese che utilizzando varie tecniche, dalla gestualità
alla drammatizzazione, ha
verificato il modo in cui i ragazzi si «ponevano» di fronte
ai conflitti. Viva ed appassionata è stata la testimonianza
di Edy Vaccaro. Raccontando
con semplicità la propria vita
di attivista non violenta ha
invitato tutti a cercare di risolvere ogni questione utilizzando metodi pacifici quali il
dialogo, la non cooperazione,
la disubbidienza civile e l’obiezione di coscienza. Naturalmente grande spazio è stato dato al gioco, e le serate
trascorseidavanti ai falò sono
state vivaci e coinvolgenti. Al
momento della partenza i ragazzi si sono salutati scambiandosi un fiducioso arrivederci all’anno prossimo.
10
PAG. B RIFORMA
.Riforma
Droghe e democrazia
Marco Rolando*
L’ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale
di Torino avente per oggetto la «Necessità e urgenza di incardinare politiche cittadine di normalizzazione in tema
di droghe e tossicodipendenze» ha avuto il merito di riaprire, a livello politico, un dibattito che negli ultimi tempi
aveva continuato a sopravvivere soltanto neU’area tecnica
degli operatori che si occupano delle tossicodipendenze.
Nella lunga premessa del documento si fanno considerazioni generai sull’incremento dei morti per overdose da
eroina (raddoppiati a Torino nel 1995) e sulle politiche
sociali e sanitarie fra le quali si auspica Iq ripresa di una
«sperimentazione» di «strategie àltemative» e in particolare «le politiche di riduzione del danno», da realizzarsi
attraverso la «somministrazione legale» delle droghe
proibite, medimte l’utilizzo di vari strumenti giuridici
come la «non obbligatorietà detrazione penale», come
avriene in Olanda, ^la deroga rispetto alla legislazione
sanitaria con il ricorso a protocolli di sperimentazione
scientifìca come avviene in Svizzera o all’inserimento
nella farmacopea ufficiale di sostanze inserite negli elenchi delle convenzioni intemazionali in materia di stupefacenti come avviene in Gran Bretagna.
Ora si sa che in Italia e anche a Torino la politica di riduzione del danno è perseguita dai Sert (Servizi per le
tossicodipendenze) a livello farmacologico attraverso le
terapìe di mantenimento con metadone che finora si sono dimostrate abbastanza efficaci. 11 confi-ontare l’esperienza italiana con le esperienze europee non mi sembra
debba destare scandalo, laddove però le sperimentazioni
siano corredate da una letteratura scientifica sufficiente
e che le sperimentazioni rispettino, secondo i canoni
epidemiologici, i presupposti dì pertinenza, rilevanza,
coerenza con le conoscenze di base già acquisite. Il concetto di favorire la «sperimentazione» sembra essere la
chiave di lettura di questo ordine del giorno che, è bene
ribadirlo, è soltanto una presa di posizione (e non una
delibera immediatamente efficace), concetto che viene
ribadito anche nella seconda parte del documento, dove
si invitano governo e Parlamento a «riformare al più presto le norme che impediscono forme dì sperimentazione
sociale, polìtica e sanitaria che altri paesi stanno attuando connttimì risultati».
Penso che sperimentare altre politiche di riduzione del
danno, su casi selezionati secondo canoni scientifici rigorosi, sia non solo possibile ma anche auspicabile e
possa favorire la rinascita di uno spirito di ricerca scientifica non soltanto sanitaria ma anche psicologica e sociale. Questo non significa avere una fede cieca, veteropositivìstica, sulle capacità magiche di soluzione di un
problema complesso che la psicoanalisì ci ha insegnato
affondare le sue radici negli stadi primitivi deUo sviluppo sociologico degli uomini e delle donne, ma favorire
l’integrazione di diversi saperi neinobioiogici, psicoanalitici, sociològici introno al problema tossicodipendenza.
Se tutto ciò possa favorire il risveglio di un desiderio di
conoscenza sano, che alcuni psicoanalisti definiscono
«istinto epistemofllico» e dell’accettazione del paradigma
della complessità nell’affronto quotidiano del problema
tossicodipendenza da parte dei singoli operatori è cosa
che dovrà essere verificata. L’unico rischio è che, non
nelle intenzioni, ma forse inconsciamente, questo possa
essere pensato come una via di fuga dalla complessità,
una fuoriuscita «maniacede» dal dilemma tossicodipendenza attraverso il ritrovamento di un oggetto magico.
Penso però che spetti agli operatori dei Sert mantenere
una sobrietà di pensiero e di azione, che sappia sperimentare le novità con quella coscienza critica e veramente scientifica che impedisce l’assunzione di paradigmi imilaterali e assolutizzantì. D’altro canto, scorrendo
l’elenco dei firmatari dell’ordine del giorno, ci si imbatte
in nomi di donne e uomini che da lungo tempo si battono per una giustizia sociale e politica e per tutte le libertà, garanzia sicura di un cambiamento non superficiale, ma di una ricerca costante di democrazia.
" Neuropsichiatra, coordinatore del Sert 10
(Mirafiori Sud) dell’Azienda Usi 1 Torino
Riforma
E-Mail: Riforma @ Alpcom.it
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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Tariffe Inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni; millimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1' gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono
state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 36 del 20 settembre 1996 è stato consegnato per l’inoltro postale all’Ufficio
CMP Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoled'i 18 settembre 1996.
VENERDÌ 27 SETTEMBRE^
Questione settentrionale, «indipendenza della Radania» e federalismo
Tra centralizzazione e decentramento
La vera questione italiana è quella della classe dirigente: spesso impreparata
pressapochista, e poi anche disonesta. Perciò non basta cambiare le istituzioni
OINO LUSSO*
Negli anni ’90 giunge a
compimento per il nostro paese un ciclo di eccezionale importanza, durante il
quale da paese vinto, con
buona parte del suo potenziale produttivo e delle sue
infrastrutture territoriali di
strutte, esso passa tra i sette
grandi paesi industrializzati
del mondo. Il merito principale dei risultati ottenuti va
alla classe dirigente del tempo che impostò un nuovo
modello di sviluppo economico, creò una nuova struttura istituzionale, fece una
chiara scelta europeista e
seppe identificare scelte di
politica internazionale di particolare valore per il nostro
paese, liberandolo dal vincolo
della dipendenza dal monopolio petrolifero mondiale.
Tutte le differenti componenti sociali risposero con eccezionale sforzo, producendo
risorse così consistenti da
permettere una diffusa crescita economica, una completa riorganizzazione del sistema produttivo e territoriale e una diffusione della scolarizzazione e del sistema sociale, quale il nostro paese
non aveva mai conosciuto.
Dopo questo impegno eccezionale l’Italia, per continuare a crescere, doveva
produrre nuove risorse, investire in nuovi impianti produttivi e in infrastrutture territoriali, creare servizi, finanziare la ricerca, preparare
classi dirigenti all’altezza dei
nuovi compiti. Era finito il
tempo in cui bastava avere
abbondante manodopera a
basso prezzo, adesso era indispensabile possedere tecnologie, innovazioni, fare ricerca e avere classi dirigenti
Umberto Bossi tra i suoi fan a Pontida
che ideassero chiare ed efficaci politiche economiche.
Di fronte a queste sfide la
grande maggioranza della
classe dirigente italiana si
trovò del tutto impreparata.
La sua formazione non era
stata il prodotto di un grande
sforzo culturale ma il frutto
della più squallida cooptazione vissuta in un clima di
consociativismo. Non quindi
i più prepardfti e i migliori a
gestire l’economia e la politica, ma i più ossequienti, i più
furbi, i provenienti dàlia propria conventicola. Parallelamente a questa situazione
sociale, sotto l’aspetto economico venivano compiute
alcune tra le peggiori operazioni della storia del nostro
paese, presentate come le
grandi scelte che avrebbero
posto le basi per il definitivo
superamento dei problemi
del Mezzogiorno, ma che di
fatto si concretizzarono come la più grande distruzioiìe
di risorse economiche.
Se questa è la dinamica dei
fatti, le conseguenze non po
tevano che essere disastrose:
di fronte alle prime serie difficoltà, invece di emergere il
senso di responsabilità e la
capacità professionale, emersero la furbizia, il pressapochismo e il qualunquismo.
Alcuni industriali, invece di
puntare ad una scelta economica di innovazione tecnologica, di concertazione sindacale, di moderazione degli
utili, trovarono più comodo
trasferire i loro impianti, di
modesto livello tecnologico,
in aree dove fosse possibile
utilizzare mano d’opera sottopagata. Alcuni politici invece di impostare progetti di
risanamento finanziario, di
uso accorto delle risorse, trovarono più comodo proporre
la divisione del paese.
Comportamenti miopi e
che dimostrano la penosa
povertà di preparazione professionale degli attori: di
fronte alla nuova realtà economica mondiale non si risponda rincorrendo la povertà nel mondo, così come a
una situazione di mondializ
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carenza di risorse; la nosh '
classe dirigente non solorf ® nqqa
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questa difficile situazione,' " oi ri
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istituzionale in senso fedei a pile. Con quali vantaggi? MoÌ ; pgj. „g
probabilmente si frazioa d'amare i
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re nella direzione di un «iii ‘j
tra centralizzazione delle! sgggjoie r
cisioni di interesse gene*
(economiche, culturaiie
ciali) e decentramento di
fasi operative che permei
no un uso appropriato
condo la specificità delle
ferenti realtà territoriali,
quindi modificazioni isti
zionali che si chiudono vi
il basso ma cambiamentiici
favoriscano l'ingressd
unità politiche più
ma con i piedi ben
nelle unità regionali.
* docente di Geoffi
politica ed econOi
all'Università diTi
EÌhi scatei
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Le manifestazioni leghiste intorno al 15 settembre suscitano preoccupazio^jjfojgi
Parlare è facile, inventare una cultura che non c'è anche
ma governare i processi economici e politici è un'altra co^
tavi
«r la noi
no portav
¡tutto Veni
NICOLA ROCHAT
VENEZIA, 15 setteipbre del
1996, ore 19, bellissimo
tramonto sul bacino, di San
Marco, luce radente, panorama suggestivo; siamo i soli a
camminare controcorrente
rispetto al serpentone di persone che sfollano dal comizio
di Bossi. Facce di gente normale, di quella che incontri
tutti i giorni per strada o in
metropolitana. Non sembrano allegri, nessuno ride o
scherza: sventolano bandiere
e gadget verdi, i più giovani
sembrano uscire dallo stadio.
La sensazione è quella di stare in un film, un kolossal con
migliaia di comparse, lo scenario è bellissimo, solo che
queste comparse sono un po’
tante e, anche se loro stessi
sembrano convinti del contrario, non stanno giocando a
distruggere solo un paese, ma
anche un modo e un senso di
convivenza civile. Un ragazzino con in mano la «Gazzetta
padana» ascolta lo speaker
che diffonde propaganda dagli altoparlanti, un signore di
mezza età in camicia verde ci
guarda quasi sorpreso, siamo
due giovani sorridenti che
palesemente non c’entrano
nulla, piovuti lì solo per guardare in faccia questi leghisti
tanto strombazzati dai media.
Chissà che cosa spinge una
grassottella signora a girare
con una maglietta che riafferma la sua personale autono
mia («Friuli indipendente dalla Padania»), chissà se è presente quel ragazzo di Verona,
21 anni, studente universitario, che dichiarava ai giornali
la settimana scorsa che lui
non lo fa mica perché è cattivo, no, solo che siamo diversi,
e lui ha sangue cimbrico nelle
vene (i cimbri erano una tribù
di barbari del II secolo a.C.
ndr). I giovani virgulti di «razza padana» doc non vanno
educati con maestre meridionali (volantino diffuso davanti alle scuole milanesi la settimana scorsa); gli «italioti oppressori» devono solo tacere,
ormai è troppo tardi (emittente tv locale in trasmissione
smaccatamente pro Bossi):
«Hai visto che bel casino, tanto non ci credono neanche loro, ma adesso dovranno fare
qualcosa...» (dialogo ascoltato
in metropolitana); la Padania
ha bisogno di un’informazione «giusta» (non libera, ma
giusta, dichiarazione di Bossi
ai giornalisti «esteri»; suppongo sia lui stesso il me^o di
questa giustizia): le camicie
verdi sono pronte a diventare
«guàrdia nazionale padana»
(che sia il verde il colore deUo
squadrismo del 2000)?
Spero di sbagliarmi, ma ho
la netta sensazione che abbiamo veramente passato
ogni limite, e non solo dal
punto di vista legale e costituzionale. Riusciamo a avere
ancora un linguaggio comune, a capirci, a osare chiederci
dei perché. Come è possibile
una tale suggestione collettiva, perché questa violenza
verbale, questo disprezzo per
le ragioni altmi, questa mancanza di memoria storica e di
capacità critica e autocritica?
Questo non è politica, è
calpestare sistematicamente i
diritti altrui: non è previsto
dissentire, chi non è d’accordo è solo un povero deficiente ancora non illuminato dal
radioso futuro della Padania.
Così facendo, che piaccia o
meno, si mette in discussione
il concetto stesso di democratica convivenza civile: il diverso fa paura in quanto tale,
meglio alzare un muro in
mezzo che rischiare di guardarlo in faccia leggendovi l’altro da noi, la complessità del
reale, il fatto che siamo piccoli e il mondo è grande e «incasinato» e di certezze ce ne sono rimaste ben poche.
Lo stàtq è un’entità burocratica e mangiasoldi, è solo
un’azienda che deve fornire
servizi efficienti e interferire
il meno possibile nella vita
quotidiana. È più facile dire
che va cambiato tutto e subito che comprendere le condizioni politiche e storiche
che hanno portato allo status
quo per poi proporre, discutere, cercare consensi, approvare leggi; è più facile inventarsi una storia, una cultura, una simbologia che non
ci sono (la Padania è e rimane un ottimo spunto narrati
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adini.
^^mFRDÌ 27 SETTEMBRE 1996
f Due vite per
la predicazione
igitera aperta a Fernanda Vinay
Cara Fernanda,
da quando ho saputo della
morte di Tullio, ho pensato
tanto a voi, a te soprattutto
che sei/iniasta monca.
P6T niG non è stato mai
siamejii ; possibile pensarvi separati e
non '-■•^^pando parlo degli insegna
3 regioo, I ¿lenti ricevuti, della predica!s.sa dh..« gj gi/gig donato, ec
0) siete assieme, Tullio e tu.
La vostra predicazione! L’
\ 8*^# ho ascoltata da quando avevo
la nosM g gjijii^ 'quando voi arrivaste
,1 nel 1934, giovani sposi pieni
onalm^i voglia di donarvi agli altri,
itrontaii Non fu facile rincontro, né
per voi né per la comunità,
maio ero troppo piccola per
tendermene conto. Solo dopò ho potuto capire qualcosa
eoiifrontando la nuova predicazione con i discorsi di mio
'. siluazi iponno che era stato uno dei
■ione fai fppdatori della Chiesa valdemament . je dell’Oratorio in via Manzoni a Firenze.
ggi- Moi ■ pgj. jjig VQÌ foste il motivo
trazione , d’amare di più la scuola dotroenlcale, anche se eravate
tnolto esigenti, anche se i
fiti diti[ gjQijii d’insegnamento furoj®! no due: la domenica per il
lore del jjpQvo Testamento, durante
unpiud la settimana un giorno per
utuia rp^ntico Testamento. Poi ae otseif jjjgj jg lezioni di catechismo,
le riunioni dell’Unione giovanile dove, dopo uno studio
condotto da un giovane, dopo la discussione, si giocava.
orali e s
ento del
lo scoli)
si devqj
reto and)
ri cantava, si rideva: quante
^ aellee "seggiole rotte per i nostri gio
scatenati, con grande di
sappunto del cassiere e con
grande gioia di Tullio che era
permen |pnmo a buttarsi nella mi
d 1 i®^Ì3Ìa. Ma per Tullio quelle
^ • I-V ^seggiole rotte erano il segno
. i'.* idei bisogno di sfogo dei giooni istii Ym e lui li capiva, i giovani,
lonovei! g pgj. calmare il cassiere
imenttc sventò un nuovo gioco: «La
?5®®®®Wrima non si tocca!». Credo lo
lu 3®P|sigiochi ancora,
n P'^^^'L’Unione giovanile, durante la dittatura fu il momento
cui si poteva parlare di lii«tà, di giustizia, d’amore. Si
parava a pregare, ad essere
lolidali con i più deboli, si
parava cosa vuol dire vita
munitaria. Rammento con
nostalgia quei piatti pronti
iulla tavola apparecchiata
per la nostra «agape». Ognuno portava quel che poteva e
Jutto Veniva scrupolosamen
azioii
te diviso. Ma sembrava una
moltiplicazione del cibo: in
ogni piatto pezzettini piccoli,
multicolori, e anche se la fame non era soddisfatta lo era
il senso comunitario di quelle
cene. Per la prima volta allora
udii la parola «agape» e ne
compresi il significato.
Nel 1945 a Torre Pellice,
mio marito era delegato al Sinodo, Tullio ci parlò del suo
progetto della costruzione e
del modo di far costruire, con
la partecipazione attiva di
giovani di tutto il mondo,
quello che è diventato il villaggio di Agape. Una predicazione d’amore che è diventata
concreta in quelle mura erette da tanti, anche da coloro
che erano nemici o divisi da
ideologie o religioni diverse.
La comunità di Firenze, nel
darvi l’addio, regalò a Tullio
una toga e la motivazione di
tale regalo fu quella di un ritorno ad un pulpito in una
chiesa. Pensandoci adesso,
posso valutare che forse la
comunità non era matura per
capire che predicare può essere anche diverso dal parlare da un pulpito. Può essere
aiutare gli ebrei, i fascisti, gli
amici e i nemici. Può essere
Agape, Riesi, il Vietnam, il Senato della Repubblica.
Eppure anche la nostra era
una comunità viva che aveva
tante opere sociali. Solo, allora queste opere venivano
considerate non come, pre-,
senza evangelica nella nostra
città ma come beneficenza e
con una gran dose di paternalismo verso gli assistiti, anziché di solo amore.
In aprile, quest’anno, quando vi ho telefonato Tullio mi
disse: «Senti che vocina! Non
ho più fiato per parlare». Caro
Tullio, ne hai avuto tanto di
fiato per parlare, per gridare,
per predicare, per agire durante la tua vita. Io ti ho ascoltato e la ricordo la tua voce,
quando rimbombava nella
nostra chiesa, specialmente
durante le assemblee.
Ma soprattutto ricordo i
tuoi, anzi i vostri insegnamenti. Sono stati per me il
contrario del condizionamento impostomi dal fascismo, sono stati l’inizio di una
ricerca della verità. Per questo posso solo ringraziare Dio
che ci ha fatti incontrare.
Grazie, che Dio vi benedica.
Sia sempre lode al Signore,
Adriana Ceseri Massa
Firenze
PAG. 7 RIFORMA
Agenda
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MILANO — Alle ore 9,30, nei locali della
chiesa metodista di via Porro Lambertenghi
28, si tiene l’annuale incontro dei monitori
del 6° circuito. Al mattino Saverio Merlo
proporrà la lettura e l’animazione di un testo
del Nuovo Testamento, e nel pomeriggio il
pastore Salvatore Ricciardi parlerà della «guerra santa»
prendendo spunto dal libro di Giosuè. Per ulteriori informazioni telefonare allo 02-6886612.
TOWNO — «Incontro di riflessione biblica sulla riconciaone in vista di Graz ’97» è il tema dell’incontro orgatato dalla Chiesa evangelica valdese e dalla Commissio^'Chiesa e società che si terrà nei locali di via Pio V 15;
®«ao ore 9,30. Per informazioni tei. 011-6692838.
TRIESTE — Per il ciclo «Ottobre organistico», organizzato dal Centro culturale elvetico valdese «Albert Schweitzer», alle ore
20,30 nella Basilica di San Silvestro in piazza S. Silvestro 1, l’organista Wijnand Van
if. , De Poi eseguirà musiche di Sweelinck,
pheidemann, Buxtehude, Pachelbel e Bach. Per ulteriori
“formazioni telefonare allo 040-632770.
I lUttUE □
CULTO EVANGELICO: ogni domenica
mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva
di Raidue a cura della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica,
il lunedì della settimana seguente alle ore
. 8,30. Domenica 6 ottobre andrà in ondarla
lungo cammino della riconciliazione: un
«leli’a ' cristiani dell’ex Jugoslavia in preparazione
^ssemblea di Graz»; Protestanti nel mondo.
Una militanza di esempio per molte generazioni
Il pastore Tullio Vinay e la nonviolenza
Ho conosciuto Tullio Vinay nella seconda
metà degli anni Cinquanta a Agape, dove
presi parte a un campo teologico, incoraggiata dal professor Giovanni Miegge con il
quale avevo collaborato per far conoscere
l’opera di Leonhard Ragaz in Italia.
Tullio conquistò subito il mio cuore. La sua
<<Agape», amore di Dio 'vissuto in mezzo a noi,
mi «embrò la vera via di Cristo. E seguendo
questa via Tullio Vinay è stato nel 1952 il
cofondatore, insieme al pastore Carlo Lupo,
della sezione italiana del Movimento internazionale della riconciliazione (Mir). La fede
profonda di Tullio np ispirò. A Agape si pregava molto e 'i culti, molto comunitari per la
partecipazione di tutti, mi piacevano molto.
Quando Tullio, con sua moglie Fernanda
e gran parte del gruppo residente, si trasferì
in Sicilia, a Riesi, per vivere anche lì l’amore
di Dio, ho continuato a mantenere i rapporti. Ricordo specialmente una sua meditazione, in occasione dell’inaugurazione della sala comunitaria, sul fico seccato perché dava
solo foglie, tante foglie e niente frutti. Il Servizio cristiano di Riesi divenne anche sede
locale del Mir e come tale ebbe degli obiettori di coscienza in servizio civile ancora
prima della convenzione della Tavola con il
ministero della Difesa.
Tullio mi era anche vicino nel lavoro per
la pace. NelTautunno del 1971 i buddisti
vietnamiti con i quali noi del Mir coUaboravamo per una pace giusta e un Vietnam indipendente dalle grandi potenze, ci chièsero
di organizzare una marcia per le strade di
Roma. Circa 300 monaci buddisti si trovavano in carcere e i vietnainiti ci avevano chiesto di trovare altrettanti sacerdoti cattolici e
pastori evangelici che partecipassero alla
marcia portando ciascuno un cartello con il
nome di uno di questi prigionieri. Tullio era
venuto dalla Sicilia e fu da noi messo in testa al corteo insieme a padre David Maria
Turdldo, unico sacerdote venuto in tonaca. 1
sacerdoti e pastori non furono 300 ma meno
di 100, ma c’erano molti laici di varie confessiom. .
In un certo senso TuUio Vmay è stato anche fondatore dell’Associazione dei cristiam
per Tabolizione della tortura (Acati perché,
mossi da una sua conferenza a Parigi sugli
orrori visti in Vietnam durante una sua missione di pace, un gruppo di cristiani di varie
confessioni fece nascere questo movimento
internazionale. Con la sua elezione in Senato nel 1976, e poi con il termine del suo lavoro a Riesi, abbiamo auto la gioia di avere
Ttillio e la moglie Fernanda nella comunità
valdese di piazza Cavour a Roma, dove sono
stati veramente un arricchimento per tutti.
Tullio, infine, è stato il maggior esponente
della nonviolenza nel mondo evangelico italiano. Egli è sempre stato convinto della forza della non violenza e contrario a ogni tipo
di guerra e violenza, votando anche in Senato, solo e veramente indipendente, contro
l’aumento delle spese militari e motivando
m aula questo voto con una bellissima testimonianza dell’amore di Dio.
Medi Vaccaro - Roma
Progetti
per una nuova
convivetiza
Era l’estate 1954 quando
sono salita per la prima volta
a Agape: avevo 9 anni. Si sentiva ancora e si vedeva nei
villaggi montani come Frali
quel clima di tranquillità e di
pace, ma nello stésso tempo
di energia, che l’eredità della
guerra lascia sul territorio e
nel comportamento uniano
dopo un lungo periodo di distruzione. Fu allora che sentii parlare di Tullio Vinay,
«strano» pastore per alcuni,
da cui era scaturita l’idea di
un Centro ecumenico dove
incontrarsi e ricostruirsi materialmente e ideologicamente dopo una guerra crudele e indegna.
Per molto tempo il pastore
Vinay aveva rappresentato
per me un «progettista» estremamente complesso, per
la grande profondità intellet
tuàle che è Torigine di ogni
grande progetto anche in architettura, e inconsapevolmente pensavo a lui come
unico e solo artefice di Agape. Solo più tardi scoprii il
nome di Leonardo Ricci, esecutore delle parti edilizie.
Due uomini e due ideatori
solitari: la concezione rivoluzionaria di Vinay per una trasformazione in tempo di pace per un nuovo mondo di
giovani, dove costruire insieme le fasi iniziali con la manodopera volontaria e partecipativa, e poi la continuità
dell’uso del fabbricato per la
comunicazione tra le genti; e
una nuova scuola di architettura di un giovane architetto
fiorentino, con una parte di
cultura evangelica, che usciva carico di vitalità progettuale dai suoi studi appassionati, e generoso nel realizzare il progetto di Agape. Un
connubio che poi ho ritrovato al Servizio cristiano di Riesi anni più tardi.
Per me oggi, architetto ap
Durante i mesi di luglio e
agosto sono continuate a
pervenire le offerte in appoggio al lavoro della chiesa
evangelica di Fiume/Rijekaf
che distribuisce pacchi viveri
ai profughi. A questo proposito il past. Renato CoTsson
ci scrive da Trieste: «Continua l’opera di aiuto umanitario della chiesa evangelica
di Fiume/Rijeka con la distribuzione mensile di pacchi viveri a famiglie di profughi e bisognosi. Per poter
prolungare l’aiuto nei mesi
invernali, i pacchi viveri dei
mesi estivi sono stati meno
consistenti, considerando
che durante l’estate è più facile trovare frutta e legumi e
che non ci sono le spese per
il riscaldamento.
La situazione economica
delle famiglie a basso reddito
sta diventando sempre più
precaria e preoccupante. Le
spese obbligate (affitto, elettricità, acqua potabile) assorbono quasi completamente
l’ammontare delle pensioni e
dei sussidi) per cui rimane
poco per il vitto. Il past. Lubiana ci diceva che una domenica l’organista gli confessava di avere fame. Per quanto riguarda i profughi, il ritorno alle proprie case è impossibile (territori sotto il controllo dei "nemici”) o problematico (case distrutte o che
necessitano di grosse ripara
zioni, infrastrutture che non
funzionano (scuole, servizi,
ecc.). Ad opera di alcuni
membri di chiesa è stata ripulita la sala di culto dove ha
luogo al distribuzione dei
pacchi viveri^ e si aspetta con
ansia la possibilità di rifare i
servizi igienici e il cucinino
che ci renderebbero un grande servizio».
Come vedete dai conti che
seguono, ci stiamo avvicinando ai 5 milioni che ci siamo proposti per questo progetto. Speriamo di poterli inviare al più presto. Intanto i
giovani delle chiese delle valli
valdesi che hanno ultimamente visitato le comunità
evangeliche del Madagascar
ci segnalano un progetto di
promozione femminile di cui
vi presenteremo i dettagli la
prossima volta. (f.d.-m.l.b.)
OFFERTE PERVENUTE
IN LUGLIO E AGOSTO ,
£ 200.000: Lino Nuzzi, Vanda
Favre, Fede Miletto Bufalo,
Chiesa valdese di Catania,
D.J.F.
£ 100.000: M. Elisa Fiorio, 01vga Bertalot.
£ 50.000: N.N. Arezzo, Edvige Palmieri, Tina Costabello,
Irene e Pina, N.N. Unchio
Verbania.
Totale £1.500.000 )
Totale precedente
£2.544.331
In cassa £ 4.044.331.
passionata delle opere di Ricci, è facile riconoscere in quei
progetti di Agape e Riesi la
forza spirituale di Vinay, che
aiuta il lavoro dell’artefice
con l’energia dell’amore che
il pastore deve avere per tutte le genti. Vinay è morto all’
inizio di settembre; due anni
prima era mancato Rìcci; in
discipline diverse il teologo e
l’architetto si incontrarono
per iniziare insieme quel percorso di vita che li legò per
sempre fino alla vecchiaia,
anche quando nell’ultima lettera scritta da Ricci a Vinay si
leggeva: «Se il regno dei cieli
avesse una sua fisicità, a me
piacerebbe fare insieme a te il
custode di Agape e del Monte
degli ulivi.
Quando la neve cade a Frali
ci trasferiremmo a Riesi. E viceversa; cosa potrei sperare
di più?». A entrambi avevo
posto, per iscritto, una serie
di domande: Ricci, due anni
fa, non potè rispondere a
causa della malattia che lo
portò alla morte. Con Vinay
pariai per telefono durante
un convegno a Riesi alla memoria dell’amico: gli inviai
quelle domanda poco prima
di questa estate.
Così si conclude una storia
a cui potrò pensare sempre
imfnaginandomi le risposte,
in una continua interpretazione su una ricerca riferita
alle architetture che sono
state anche la realizzazione
della loro grande amicizia,
ma soprattutto la sofferta discussione tra due uomini diversi, eccezionali e coraggiosi nella novità del progettare
per un autentico ecumenismo nuovo.
Mirella Loik - Milano
Mi Riesì^ una
chiesa fiorente
Caro direttore,
il pastore Franco Giampiccoli, commemorando Tullio
Vinay {Riforma n. 35 del
13/9/96) ha affermato che
questi aveva collegato «La
novità del suo progetto di predicazione nella martoriata
carne del Sud al corpo di una
vecchia chiesa locale valdese».
Vorrei osservare che la
Chiesa valdese di Riesi, alTar- rivo di Vinay, non era «vecchia» (antica sì, essendo stata
fondata nel 1871) ma fiorente. Lo dimostra il numero dei
pastori nati al suo interno e la
presenza attiva di molti riesini in diverse chiese dell’Italia
settentrionale, dove si sono
/trasferiti da decenni per motivi di lavoro.
La Chiesa di Riesi, al contrario, ha conosciuto molti
problemi derivanti da incomprensioni con gli operatori del Servizio cristiano, i
quali si sono comportati talvolta come persone e come
gruppo «a parte» rispetto alla
realtà comunitaria e alla tfestimonianza proprie della
chiesa.
Ritengo necessario e utile
per tutti uno sforzo di comprensione reciproca nell’agape di Dio, portando i pesi gli
uni degli altri, per obbedire
insieme alla legge di Cristo
(Calati 6,2).
Giuseppe Marino - Torino
RINGRAZIAMENTO
«Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio»
Matteo 5, 8
I figli Anna e Carlo; I nipoti
Francesca, Andrea, Marco e Gilberta; la nuora Gioietta annuncia-*
no la morte di
Maria Mangione^ _
ved. Moriero
avvenuta a Pinerolo il 16 settembre 1996.
I familiari esprimono profonda
riconoscenza al personale del Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna
San Giovanni per l’amore e la
competenza con cui l’hanno assistita negii ultimi tre anni della sua
vita terena.
Un sentito ringraziamento ai
pastori Vito GardioI e Claudio Pasquet.
Luserna San Giovanni
20 settembre 1996
RINGRAZIAMENTC
Il marito e i familiari delia cara
Giulietta Parise Ferroglio
commossi e riconoscenti, ringraziano quanti con presenza,
scritti, parole di conforto e fiori
hanno preso parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento
ai medici e al personale tutto
dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice, alla dott. Pons, al pastore
Berutti, al Servizio domiciliare dell’Us110.
Luserna San Giovanni
20 settembre 1996
TX
CONOSCI / ' /
^ J
on MNemiu
% '
Abbonamento annuo L. 28.000 - Estero L. 33.000
Sostenitore L. 35.000 - Una copia L. 3.500 da versare su c.c.p. n. 14603203 intestato a «L’amico dei
fanciulli - Tavola Valdese» - 20159 Milano - Via
Porro Lambertenghi 28 ,
12
PAG. 8 RIFORMA
Il Comitato centrale si è riunito a Ginevra dal 12 al 20 settembre
Il Cec sì prepara a cambiamenti radicali
La grave crisi finanziaria che colpisce l'organizzazione impone una revisione
delle strutture, ma anche una profonda riflessione sul ruolo futuro del Consiglio
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Grido d’allarme al Coqsiglio ecumenico delle
chiese (Cec), alle prese con
una grave crisi finanziaria.
Nel suo rapporto ai 156
membri del Comitato centrale, riuniti a Ginevra dal 12 al
20 settembre scorso, il segretario generale, Konrad Kaiser,
ha proposto cambiamenti radicali, dopo aver annunciato
che le contribuzioni delle
chiese membro continueranno a diminuire. «La ricerca di
nuove fonti di reddito - ha
detto Kaiser -è un compito di
lunga durata che richiede investimenti a lungo termine e
che non porterà alcun miglioramento immediato. Il Cec si
trova ad un bivio e la scelta
che faremo sarà decisiva. La
crisi finanziaria, seppure dolorosa, sopraggiunge forse al
momento opportuno». Nel
sottolineare il doppio significato della parola crisi («pericolo» e «possibilità nuova»)',
Kaiser ha chiesto al Comitato
centrale di cogliere «le possibilità nuove che ci vengono
offerte per costtuire il Consiglio di domani».
Secondo il segretario del
Cec, sarà possibile superare
la crisi solo «se ci sarà una
comune convinzione fra le
chiese membro sul futuro
ruolo del Consiglio». Ed ha
precisato: «Siamo costretti a
prendere atto che la struttura
istituzionale del Cec, con i
suoi molteplici livelli di consultazione e di presa di deci- sione, è diventata troppo pesante. Noi investiamo troppe
energie e troppe risorse materiali e umane in procedure di
rendiconto e di presa di decisione che, infondo, hanno solo un impatto ridotto sulla vita delle chiese membro».
Il Cec ha già provveduto a
una drastica riduzione del
proprio personale (circa il
20%), il che non ha mancato
di creare un pesante clima di
tensione negli uffici del Centro ecumenico a Ginevra. Ciò
nonostante per il 1997 è pre
La 8^ Assemblea del Cec si terrà ad Harare, capitale dello Zimbabwe,
alla fine di agosto del 1998 e segnerà il suo 50<’ anniversario
visto un deficit di 1,35 milioni
di franchi svizzeri (circa 1 miliardo e 700 milioni di lire).
In un’intervista concessa
aU’agenzia ecumenica Eni il
15 luglio scorso, Konrad Kaiser ha spiegato il progressivo
deteriorarsi dei conti del Cec
a partire dal 1994. A suo parere, il calo degli introiti è dovuto principalmente al fatto
che le chiese e le loro agenzie sono anch’esse confrontate a difficoltà finanziarie.
Ma come reagiranno le chiese alla richiesta di aumentare
la propria contribuzione?
Kaiser risponde: «La relazione finanziaria del 1995 dimostra che meno della metà delle chiese membro paga la propria quota. Nella metà che
non contribuisce, ci sono alcune grandi chiese, fra cui alcune chiese degli Usa. Qualcosa deve cambiare nell'atteggiamento delle chiese membro: esse devono capire che
questo Consiglio non è solo
un’organizzazione in più a
cui possono chiedere alcuni
servizi ma è l’espressione della loro reciproca comunione».
Ma allora, è in gioco il futuro stesso del Cec? Konrad
Kaiser non è così pessimista:
«Ciò che ci vuole - dice - è
una riformulazione del Consiglio nel suo insieme: del modo in cui lavorano i suoi or
gani direttivi e della loro
composizione, del metodo di
lavoro seguito... Forse dovremo lavorare con meno collaboratori permanenti... e ricorrere di più a persone con
contratti a termine». Tutti
questi cambiamenti dovranno essere avviati prima della
prossima Assemblea del Cec,
che si terrà ad Harare, nello
Zimbabwe, nel 1998 e che segnerà il 50° anniversario della
fondazione del Cec, avvenuta
ad Amsterdam nel 1948.
Il dibattito su «la concezione e la visione comuni» del
Cec è iniziato durante i lavori
del Comitato centrale. Una
delle questioni più discusse è
stata quella del sistema delle
«percentuali», seguito finora
dal Cec per garantire, all’interno delle commissioni e
delle strutture dell’organizzaazione, un equilibrio tra ecclesiastici e laici, donne e uomini, giovani e anziani, paesi
ricchi e paesi poveri. Qualcuno ritiene che tale sistema sia
troppo oneroso e che sia meglio puntare decisamente sulla competenza. Ma molti altri
membri del Comitato centrale sono del parere che tale sistema vada mantenuto per
garantire la rappresentatività
delle diverse realtà delle chiese nel mondo.
La riduzione delle strutture
Comporta il rischio di emarginare le realtà più povere o
più minoritarie e di favorire
eccessivamente i paesi ricchi
con chiese di massa. Secondo
Wesley Granberg-Michaelson, segretario generale della
Chiesa riformata d’America,
uno degli obiettivi principali
del Cec dovrebbe essere di
rafforzare i legami tra le differenti tradizioni cristiane, ivi
comprese quelle che non
aderiscono al Cec, quali la
Chiesa cattolica romana, e
molte chiese evangelicali,
pentecostali e indipendenti
che, da qualche anno, stanno
avendo una rapida crescita in
molti continenti.
La crisi finanziaria impone
dunque una revisione delle
strutture e del modo di funzionamento del Cec, ma anche una profonda riflessione
sull’identità stessa del Cec
alla vigilia del terzo millennio. Questa riflessione impegnerà a fondo il Comitato
centrale nei prossimi due anni. Intanto, la relazione finanziaria 1995, resa nota il
12 settembre scorso, ha confermato che la maggior parte
delle contribuzioni versate al
Cec proviene dalle chiese
della Germania, degli Usa,
del Canada e dei paesi dell’Europa del Nord. Fra queste, le contribuzioni versate
dalle chiese tedesche rappresentano il 46,26% del totale
degli introiti. Solo 155 delle
326 chiese membro hanno
pagato la loro quota.
Fra quelle che non contribuiscono, figurano chiese di
notevoli dimensioni, quali la
Chiesa ortodossa russa (50
milioni di membri), la Chiesa
ortodossa romena (19,6 milioni), la Convenzione battista nazionale degli Usa (12,6
milioni), la Chiesa ortodossa
bulgara (7,95 milioni), la
Convenzione battista nazionale d’America negli Usa (7
milioni), la Chiesa ortodossa
serba (6,5 milioni), la Chiesa
kimbanguista'nello Zaire (6,5
milioni), la Chiesa ortodossa
copta in Egitto (6,2 milioni).
Nel quadro delle visite da chiesa a chiesa promosse dalla.Cevaa
Viaggio in Madagascar à 5 anni dalla «marcia della libertà»
DARIO TRON
A distanza di quattro anni
sono tornato in Madagascar con un gruppo di persone, sempre nel quadro delle
visite da chiesa a chiesa promosse dalla Cevaa. Il paese
ricordava in questo mese di
agosto i cento anni dall’inizio
della colonizzazione francese
e i cinque anni dalla «marcia
della libertà», manifestazione nonviolenta di contestazione nei confronti dell’allora
presidente-dittatore Ratsiraka (ora residente in Francia), che provocò centinaia di
morti e feriti tra i manifestanti; sempre in agosto l’attuale
presidente Zafy Albert è stato
sfiduciato dai partiti che lo
avevano sostenuto nel 1992
e, sentito il parere della Corte
costituzionale, costretto ad
abbandonare la presidenza.
Nonostante il Madagascar
si avvii quindi verso nuove
elezioni presidenziali e impari faticosamente a vivere con
le nuove regole democratiche
che si è dato, ci sono comunque piccoli ma chiari e visibili
segni di cambiamento; nellà
capitale diverse case sono in
costruzione o in ristrutturazione, i giardini in punta alla
grande scalinata sono ora ben
curati, le automobili sono più
numerose e meno malandate,
vi sono alcuni telefoni pubblici a scheda; fuori città ci sono
numerosi cantieri aperti per
riasfaltare o riparare le strade
extraurbane, cosa impensabile quattro anni fa.
Sempre nella capitale Antananarivo vi sono purtroppo àncora tristi segni di continuità: le decine di bambini
che ti chiedono una moneta,
le numerose persone che vivono su ciò che trovano nelle maxi pattumiere cittadine,
i semafori che paiono spariti
nel nulla, i briganti che ti derubano al mercato dello Zoma e che attaccano i taxi collettivi che arrivano di notte
in città.
In questo scenario, la Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar (Fjkm) ha aperto il suo
XIII Sinodo mercoledì 21 agosto ad Antsiranana (il Sinodo
si tiene solo ogni quattro anni
per problemi finanziari), con
un culto solenne presieduto
dal moderatore, pastore Edmond Razafimahefa, in un
tempio in fase di ristrutturazione perché non più abbastanza capiente (800 persone
al culto domenicale su una
comunità che conta circa
2.000 membri di chiesa); il Sinodo ha discusso ed esaminato il lavoro dei suoi nove
dipartimenti: scout, sviluppo, scuole, giovani, risveglio,
donne, evangelizzazione,
scuola domenicale e Croce
blu (lotta aU’alcolismo).
La Fjkm sta attuando un rilancio del settore scolastico
che conta 300 scuole funzionanti sparse su tutto il territorio, su un numerò di circa
2.000 scuole, eredità delle
missioni europee; ad Antananarivo si sta inoltre impiantando una radio Fjkm con il
contributo finanziario e professionale delle chiese riformate svizzere. In questo periodo il Saf (dipartimento per
lo sviluppo) si sta riorganizzando nel tentativo di decentralizzare decisioni e responsabilità, e ha costruito o sta
costruendo diverse foresterie
o centri di accoglienza, come
suo nuovo settore di attività
che potrebbe ancora espandersi in futuro.
In questo quadro abbiamo
trascorso un mese in Madagascar, accompagnati dai nostri amici del Saf, visitando i
loro centri, dispensàri, farmacie e attività sul territorio;
a loro diamo appuntamento
per la «visita di ritorno» prevista per il 1998.
Germania settentrionale: Conferenza
della Chiesa evangelica metodista
BERLINO — Alla fine di giugno si è tenuta a Berlino la Con-/: ^
ferenza annuale della Chiesa evangelica metodista della Gerì '
mania settentrionale. I 250 delegati provenienti dai distretti di
Berlino, Essen e Amburgo hanno esaminato e discusso per
cinque giorni la situazione della chiesa nella zona, fermandosi
particolarmente sugli aspetti organizzativi e finanziari. I meto-'.,
disti nella Germania del Nord sono una piccola minoranza che :
tende a diminuire ulteriormente. I dati statistici del 1995 regi-, :
sbavano 8.369 membri contro gli 8.479 dell’anno precedente.'
Negli ultimi 10 anni la diminuzione dei membri è stata di oltre
il 25%. La popolazione metodista è di circa 13.600 unità, iq I2i
comunità, servite da 93 pastori é 244 diaconi e predicatori lai- '
ci. Nonostante la diminuzione dei membri il livello delle offerte è sempre buono (i metodisti non ricevono i proventi della
tassa ecclesiastica) e il bilancio annuale è in pareggio, sugli 8
milioni di marchi. Ciò permette ai metodisti di mantenere gli
impegni anche sociali assunti, e di progettare l’intensificaziòne del lavoro missionario. Durante gli ultimi anni sono state
effettuate delle severe indagini per verificare se qualche pastore metodista avesse in qualche modo collaborato con la polizia
di stato della Ddr (la Stasi): è stato appurato che nessuno dei
pastori è stato coinvolto in episodi discutibili. (epd)
Indipendenti ì metodisti portoghesi
BRAGA — Il Sinodo della Chiesa metodista del Portogallo,
125 anni dopo la sua costituzione, ha dichiarato la propria indipendenza dall’Inghilterra e nella sua sessione tenutasi a
Braga dal 15 al 17 marzo scorso ha eletto come primo vescovo metodista portoghese il pastore Ireneu da Silva Cimba, La
Chiesa metodista è presente in Portogallo dal 16 febbraio
1871. Da allora si è allargata lentamente soprattutto nella
parte centro-settentrionale del paese. Oggi vi sono una ventina di comunità con circa 1.500 membri e una popolazione di
2.500 persone. Conta 6 pastori, una pastora e due missionari,
uno inglese e uno brasiliano, affiancati da circa 20 predicatoli
laici. La presenza metodista in Portogallo nacque ad opera
del pastore inglese Robert Hawkey Moreton, che fondò la prima chiesa a Oporto. La Chiesa metodista portoghese è sostenuta finanziariamente dalla Chiesa metodista d’Inghilterra.
Aiuti nel settore della stampa e della formazione teologica sono forniti anche dai metodisti tedeschi e brasiliani: questi ultimi mantengono anche un missionario in loco. I metodisti
portoghesi sono suddivisi in quattro distretti (Braga, Oporto,
Aveiro e Lisbona) e sono particolarmente attivi nell istruzione biblica ai bambini e nell’opera fra i giovani. Nella parte
meridionale del paese, non esistono comunità mctodistee
ciò viene visto dai metodisti portoghesi come una sfida e un
grosso impegno per l’evangelizzazione. (Nicanor Lopes}
il
Germania: matrimoni a pagamento?
'm
BOSSUM — La Chiesa evangelica di Bossum, presso Brema
(Germania del Nord), ha deciso che coloro che non sono
membri di chiesa dovranno versare una somma prestabilita
per i matrimoni o i battesimi. Il Consiglio di chiesa ha infatti
deliberato che, quando in una coppia che chiede di essere
unita in matrimonio o presenta un bambino per il battesimoi
il coniuge che ha un reddito non è membro di chiesa, slappli;
chi nel primo caso una tariffa di 300 marchi, nel secondo di
150. La comunità di Bossum vuole in questo modo portare
chiaramente alla luce ciò che già si sa: il fatto cioè che la maggior parte delle dimissioni dalla Chiesa viene da parte di persone che vogliono risparmiare il versamento della tassa ecclesiastica. Ne è prova il fatto che in molte famiglie si dimettono
quelli che hanno un reddito, mentre restano membri di chiesa
il coniuge o i parenti che non lo hanno. Restare membri di
chiesa significa infatti usufruire gratuitamente di tutti i servizi
della chiesa. Il presidente dell’ufficio ecclesiastico territoriale
di Hannover si è però dichiarato perplesso circa questa decisione che rischia di far degenerare un servizio ecclesiastico in
una transazione commerciale, come se riti o sacramenti fossero merce cedibile a pagamento, e ha chiesto un colloquio
con il Consiglio della chiesa di Bossum. (^1"'
La trebbiatura del riso nel Madagascar
Usa: medaglia d'oro per Billy Graham
WASHINGTON — Il Congresso degli Stati Uniti d’America
ha insignito il 2 maggio scorso a Washington il noto predicatore battista Billy Graham e la moglie Ruth della massitn^
onorificenza americana: la medaglia d’oro del Congresso'
L’onorificenza, alla coppia, è stata conferita per «l’ecceziionala
contributo al miglioramento della morale alle relazioni fra W
razze e alla religiosità». L’evangelista Billy Graham predica da
oltre 50 anni. La sua ultima campagna evangelistica delio
scorso aprile avrebbe raggiunto, secondo stime dell’organizzazjone che lo sostiene, circa 2 miliardi e mezzo di perso”
con le trasmissioni televisive via satellite. Ruth Graham è stai
sempre una valida collaboratrice del marito ed è impegnata i
organizzazioni caritative. Negli ultimi 200 anni la rnedaS*’®
d’oro del Congresso è stata attribuita 114 volte. Fra gli alto n
sono stati insigniti il generale Colin Powell, l’atleta Jes
Owens e il presidente Harry Truman.
Usa: unificazione tra tre chiese
evangeliche metodiste nere
NEW YORK — La Conferenza generale delle chiese
che metodiste ha insediato una commissione per
Reazione di tre tradizionali chiese metodiste nere. La
sione è composta da 24 membri, sei per ciascuna chiesa P'” ^
dell’organismo metodista mondiale. Le chiese interessate ^
la Chiesa metodista episcopale africana, la Chiesa meto
episcopale africana di Sion e la Chiesa cristiana metodista F,
scopale. Il risultato delle trattative verrà sottoposto alle risp g.
ve conferenze generali che si terranno fra il 2000 e il 20 • ^
tratta dfchiese metodiste episcopali nere sorte nel
per protesta, perché ai membri di chiesa di colore veniva j.
ta la partecipazione alla Santa Cena o, come avvenuto
stati meridionali degli Usa, per iniziativa dei membri di c
bianchi per mantenere il separatismo razziale. (em
«:
tidi
pen
ti Si
moì
din
lun,
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voli
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scia
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me
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ra:
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re.
pai
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fa.
chi
ose
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bre
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CUì
mi
del
tas
chi
tal
se
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gii
qu
te,
tui
sol
mi
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l’ei
qu
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rei