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Anno 124 - n. 34
9 settembre 1988
L. 800
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a: casella postale ■ 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SULL’ORA DI RELIGIONE
La facoltatività diventa obbligo
Non ho visto il film di Scorsese. sulTuitima tentazione di Gcr
sù, e non ho ancora deciso se
andrò a vederlo quando verrà
proiettato anche in Italia. Ho
letto, a suo tempo, il libro di
Katzanzakis che l’ha ispirato;
non illi era dispiaciuto. Ma non
voglio parlare né dell’uno né
deU’aìtro. Mi interessa invece, riflettere sulle reazioni e le polemiche suscitate dal film. Se ho
capito bene, più che un giudizio
estetico sul film (che si potrà
dare solo dopo averlo visto),
rogge ito in discussione è se,
sotto il profilo storico e teologico, Gesù possa avere avuto o
m.eno la tentazione di essere un
uomo come tutti gli altri. Pare
che Scorsese faccia risiedere
questo « essere-come-tutti-gli-altri » nello sposarsi, nell’amare
una donna (in questo caso la
Maddalena) ed anche nel tradirla. E’ questo complesso di
cose che. deve aver fortemente
sconvolto fondamentalisti protestanti americani e cattolici integralisti nostrani.
Certo è un pensiero, se si vuole, ardito, anche azzardato, e
destinato comunque a suscitare
scalpore, consenso e dissenso,
emozioni e reazioni.
Il Consiglio di Stato ribalta completamente l’interpretazione circa l’ora di religione - Prevale
l’impostazione data dai vescovi all’IRC - Sono sbagliati la sentenza e il Concordato
Si apre un nuovo anno scolastico. Le famiglie e gli studenti non hanno certezza circa le
attività alternative all’ora di religione - L'ora di niente è oggi obbligatoria per sentenza.
Però a me non pare che ci si
debba scaldare molto per una
questione come questa, perché
Gesù è stato « come.-tutti-gli-altri ». ,
Di un Gesù che non sia stato
pienamente uomo, non saprei
che farmene. Ma non solo io; ma
anche la chiesa primitiva, e quella dei primi secoli, che ha confessato Gesù « vere homo ». Non
capisco perciò che cosa dì nuovo abbia scoperto Scorsese e
che cosa gli rimproverino i fondamentalisti e gli integralisti.
Certo è banale e riduttivo, oltre che deformante e improprio,
iar consistere l’umanità nel sesso e la tentazione nel fare all’amore. E’ però conforme ad una
certa teologia cattolica, a quella
che si respira in seminari e
conventi o negli oratori alla don
Bosco.
Stando alla testimonianza degli Evangeli, sulla croce Gesù
ebbe due tentazioni: una interna
Cd una esterna. Vediamo quella
esterna: allora la gente mise in
dubbio non la sua umanità, ma
la sua divinità: « Se sei figlio di
Dio — gli dicevano — scendi
giù di croce... ».Da lui si aspettavano il miracolo. Ma non accadde nulla. Gesù era pienamente, tragicamente, uomo.
Quella interna ci è consegnata nel grido: « Dio mio, Dio mio
perché mi hai abbandonato? ».
Cosa esprime realmente questo
grido? Difficile dirlo. D’altra parie la percezione dell’abbandono
di Dio non è forse il fondo della
nostra umanità? Se così è, anche in questo ( e più che mai
>n questo) Gesù fu pienamente,
leagicamente. uomo, del tutto
simile ad ogni essere umano,
uomo o donna, ghermito dalla
potenza distruttrice della morte.
Il film di Scorsese può essere una bella o brutta opera cinematografica, ma non aggiunge,
né toglie nulla alla limpidità e
profondità della testimonianza
«vangelica.
Luciano Deodato
Con la decisione del Consiglio
di Stato in materia di insegnamento della religione nella scuola pubblica, di cui tutta l’Italia
parla, la nostra Repubblica è ritornata formalmente uno stato
confessionale. Non si vede infatti
come possa essere altrimenti definito uno stato nel quale (questa
è la tesi espressa dal nostro supremo giudice amministrativo)
tra le finalità della scuola pubblica, anzi dello stato stesso, rientri rinsegnamento della religione
cattolica.
Per la verità, dopo aver letto
l’articolo 1 dell’accordo di revisione del concordato, noi evangelici avevamo sospettato subito
che in questo campo il mutamento fosse più apparente che reale,
e la nostra denuncia non era
mancata. Invero, affermare che la
Repubblica italiana e la Santa
Sede si impegnano « alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese », come fa il detto articolo,
può significare che lo stato fa
propria la visione dell’uomo e
della vita della chiesa cattolica,
e questo è un modo per dire, in
termini moderni, che lo stato
ha una propria religione e questa è quella cattolica.
Tuttavia avevamo confidato
che il primo punto del protocollo
addizionale al concordato revisionato ( « Si considera non più in
vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come
sola religione dello Stato italiano »), scritto proprio per chiarire la portata dell’art. 1 dell’accordo, avesse alla fine prevalso, ed
avevamo perciò sperato nella rinascita di uno stato laico, uno
stato cioè che fosse veramente e
in tutte le sue espressioni la casa
comune di tutti. Ed alcuni segnali in questo senso non erano
in verità mancati, come ad esem;
pio le sentenze di quei giudici
che avevano ritenuto senz’altro
non più in vigore la tutela penale prevista nel vigente codice penale per la religione dello stato,
o l’iniziativa di altri, più prudenti, che avevano sottoposto la que
stione alla Corte Costituzionale,
ritenendo ormai incostituzionale
una tale tutela, alla luce proprio
del primo punto del protocollo
addizionale.
Vero è che una recentissima
sentenza della Corte Costituzionale, pubblicata alla fine dello
scorso luglio, aveva gettato acqua
sul fuoco delle nostre speranze
giacché, in tema di costituzionalità del reato di « bestemmia contro la Divinità, i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato », aveva affermato che anche se non esisteva più una religione dello stato, esisteva pur
sempre una religione della maggioranza che giustificava un
trattamento differenziato e privilegiativo di quest’ultima. Restava tuttavia la decisione del
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, pubblicata
nel luglio del 1987, in tema di insegnamento della religione cattolica, ad alimentare le nostre speranze. Ora anche quest’ultima
trincea è stata travolta.
mentale diritto, costituzionalmente garantito, di libertà religiosa; se questo esercizio è possibile solo a determinate condh
zioni che comportino obblighi di
qualsiasi specie (come accade se
si debba obbligatoriamente frequentare una attività scolastica
alternativa), il diritto di libertà
religiosa è negato o quanto meno
sensibilmente ristretto.
dell’epoca, on.le Bettino Craxi,
nel stio discorso alla Camera dei
deputati del 20 marzo 1985, nel
corso del procedimento di ratifica, aveva testualmente dichiarato: «Tutto il lungo e complesso
itinerario della riforma dei Patti
lateranensi... sta a dimostrare che
il traguardo della facoltatività,
che simboleggia al più alto livello il modello pluralista, è stato
la risultante di una trattativa
sofferta, piena di contrasti e di
svolte, raggiunto con l’ultima
bozza del 1984 ». Ora, se l’attività
alternativa aU’insegnamento della religione diventa obbligatoria,
anche rinsegnamento della religione lo diventa, passando dal regime della facoltatività a quello
della opzionalità fra due insegnamenti egualmente obbligatori. Solo la facoltatività dell’attività alternativa, dunque, può mantenere all’insegnamento della religione
cattolica quel carattere di servizio che la scuola ritiene di offrire
a chi ne faccia richiesta, nel rispetto della libertà di coscienza
e della laicità della scuola stessa.
La facoltatività
deil’IRC
Sicuro segnale della fine della
confessionalità dello stato era poi
il trasformarsi dell’insegnamento
della religione cattolica nella
scuola pubblica da obbligatorio a
facoltativo. Che tale fosse la portata dell’articolo 9 del nuovo concordato, con l’affermazione « E’
garantito a ciascuno il diritto di
scegliere se avvalersi di detto insegnamento », sembrò dapprima
universalmente ammesso, visto
che il Presidente del Consiglio
L’obbligatorietà dell’ora alternativa è infine illegittima perché
contrasta con Tart. 9 della legge
n. 449 del 1984, con la quale è stata approvata Tintesa fra lo stato e le chiese valdesi e metodiste,
norma che non condiziona l’esercizio dèi diritto di non avvalersi
dell’insegnamento cattolico ad
alcun obbligo di frequenza di altri corsi, e che anzi prescrive
che, per dare reale efficacia all’attuazione di un tale diritto,
« l'ordinamento scolastico provvede a che l'insegnamento religioso ed ogni eventuale pratica
religiosa, nelle classi in cui sono
presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie ».
Franco Becchino
(continua a pag. 3)
I termini
della questione
Ma ricapitoliamo, per comodità
del lettore, i termini della questione.
Dopo il varo del nuovo concordato, reso esecutivo con la legge
n. 121 del 1985, in data 29 ottobre 1986 il Ministro della Pubblica Istruzione emanava la ormai
famosa circolare n. 302, con la
quale dichiarava obbligatoria
l’attività alternativa per chi avesse scelto di non avvalersi dell'insegnamento della religione callo
fica.
Da parte nostra si avverti subito che questo atto amministrativo ci riportava ad un clima da
stato confessionale, per certi
aspetti ancor più pesante di quello che avevamo conosciuto nella
vigenza dei Patti lateranensi del
1929. Ed infatti esercitare il diritto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica vuol dire esercitare il fonda
21-2-84: il presidente Craxi ed il moderatore Bouchard firmano l'Intesa tra Governo della Repubblica e Tavola valdese. A quattro anni
di distanza, l’art. 9 di tale Intesa non trova ancora applicazione.
A pag. 2 altri commenti .sulla sentenza del Consiglio di Stato.
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commenti e dibattiti
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9 settembre 1988
RELIGIONE A SCUOLA
E da oggi lo Stato
è un po' meno laico
Una normativa inadeguata e contraddittoria - L’opzionalità obbligatoria delle attività alternative - La religione e il potere statale
Tra le prime reazioni che abbiamo colto riguardo alla sentenza
del Consiglio di Stato sul ricorso della Tavola Valdese contro l’obbligatorietà delle attività alternative all’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche abbiamo letto una chiara presa di
posizione del pastore Franco Giampiccoli, moderatore della Tavola,
apparsa venerdì 2 settembre sul quotidiano « La Repubblica » e che
volentieri riproduciamo per i lettori del nostro settimanale che
ancora non la conoscessero. Di « taglio » diverso l’articolo qui a
fianco del prof. Giorgio Girardet, della Facoltà Valdese, apparso su
« Il Manifesto » di venerdì 2 settembre, costituisce anch’esso un interessante contributo nel vasto dibattito originato dalla nota sentenza.
Pilotata abilmente In modo da
arrivare dopo la conclusione del
Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste — ü luogo da cui
buona, parte del protestantesimo italiano ha la possibilità di
esprimersi e di parlare al paese — la decisione del Consiglio
di Stato cala il suo pesante rigetto del ricorso presentato dalla
Tavola Valdese contro l’obbligatorietà delle attività alternative
all’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche
decisa dal Ministero della Pubblica Istruzione. Nel luglio dell’anno scorso il Tar del Lazio aveva pienamente accolto tale ricorso. Oggi esso è totalmente
respinto. Già questo semplice
fatto dimostra come l’attuale
normativa rig^tardante l’inseg^amento della religione cattolica
(Concordato, intesa Falcucci-Poletti, circolari ministeriali) sia
complessivamente del tutto inadeguata e contraddittoria. Se
due organi dello Stato come un
Tar e il Consiglio di Stato possono leggerla in chiave diametralmente opposta significa che
essa non è adatta a regolare una
materia tanto delicata e va radicalmente riformulata. Ma poiché non si tratta di due opinioni equivalenti e la decisione del
Consiglio di Stato prevale sulla sentenza del Tar Lazio, registriamo come attualmente è regolato in Italia il rapporto tra
maggioranza e minoranza in ordine all’ora di religione. Le forze laiche che hanno dato il proprio voto determinante. aUa revisione del Concordato, ritenendo
che su questo punto si sarebbe
fatto un passo avanti, sono servite. La facoltatività dell’insegnamento della religione catto
lica è chiaramente negata dalla
decisione del Consiglio di Stato. Un insegnamento facoltativo
— come ben aveva detto U Tar
Lazio — è un quid pluris, un di
più rispetto a quanto tutti hanno, che lo Stato è tenuto ad attivare in forza del Concordato
ma che il singolo è libero di utilizzare o meno senza che la scelta negativa possa essere gravata da qualsiasi obbligo o condizione. AUa facoltatività è ora
invece sostituita l’opzionaUtà obbUgatoria: gU uni hanno una facoltà, queUa di scegUere di avvalersi deU’insegnamento; ma
gli altri hanno un obbUgo, quello di frequentare un’attività alternativa che diventa la condizione per esercitare un diritto
di libertà religiosa.
AUa base di questa imposizione — che la decisione del
Consiglio di Stato copre con una cortina fumogena relativizzante ( « la distinzione tra materie obbligatorie opzionali e facoltative su cui si basa tutta la
costruzione degli appellanti, è
una distinzione puramente nominalistica ») —. sta una decisa
riconfessionalizzazione dello Stato. Se prima l’insegnamenlo della religione cattolica era considerato quasi estraneo aUa funzione pubbUca in materia di istruzione, oggi lo Stato lo riconosce tra le sue finaUtà (non è
queU’insegnamento che deve
rientrare nelle finaUtà deUa scuola, ma è lo Stato che lo assume come una delle proprie finalità). La beffa deUa dichiarazione concordataria secondo cui
la religione cattolica non è più
religione di Stato è così completata. Se le recenti sentenze
(della Corte costituzionale) sul
Alessandro operato
Come già preannunciato nel numero del 26 agosto
scorso il piccolo Alessandro, che era al primo posto
nella lista d’attesa per il trapianto di fegato presso il
policlinico belga di Lovanio, è stato chiamato nei giorni
scorsi ed è stato subito operato. Le sue condizioni sono
naturalmente assai precarie, data la gravità dell’intervento, e non resta che augurarci di cuore che tutto
proceda per il meglio.
Ricordiamo ai lettori che essi hanno il modo di dimostrare la loro solidarietà e simpatia inviando le loro
offerte tramite il nostro settimanale.
Le spese (solo l’intervento chirurgico è a carico
del ministero della Sanità) sono piuttosto ingenti ed
ammontano ad alcune decine di milioni.
Le offerte vanno inviate al conto corr. postale n.
11234101 intestato a: La Luce, Fondo di solidarietà.
Via Pio V 15, Torino, specificando: per Alessandro.
la bestemmia e sul crocifisso
hanno ripristinato il principio
sostituendo a religione di Stato
il concetto di religione di maggioranza, questa decisione del
Consiglio di Stato compie l’opera. In questo gattopardesco
paese tutto è cambiato perché
tutto sia come prima, anzi più
di prima.
Da parte nostra continueremo ad informare i lettori sugli sviluppi ulteriori dell’intera vicenda, anche tramite una rassegna della
stampa nazionale.
L’Italia è oggi uno Stato più
confessionale di prima della revisione del Concordato. Chi non
si adegua è oggi discriminato, in
materia di ora di religione, più
di quanto non fosse sotto il regime fascista. Se lo lascino dire
i governanti e i giudici da chi ha
sperimentato l’esonero e sperimenta in questi anni un diritto
di non avvalersi condizionato,
guardato e teorico. Conosciamo
questo diritto nella sua discriminazione teorica (imposizione
di condizioni per l’esercizio di
un diritto di libertà) e nella sua
discriminazione pratica: ragazzi
che individualmente vengono
trasferiti in altra classe durante
l’ora alla faccia di attività alternative, in moltissimi casi di
impossibile attivazione. Il fascismo, imponendo l’insegnamento
della religione cattolica come
materia obbligatoria ma collocandola di regola aU’inizio o
alla fine delle lezioni con l’esonero e la possibilità di assentarsi da scuola, rendeva la discriminazione più tollerabile. Naturalmente la decisione del Consiglio di Stato ci dice benevolmente che non è vero che chi
non si avvale dell’ora di religione ed è costretto a subire altro
è discriminato. Ciò che noi sentiamo come discriminante è generosamente pensato per il nostro bene, perché gentilmente
ci sia impedito di far del male
a noi stessi (minor tempo scuola) con le nostre stesse mani.
Anche qui la beffa non potrebbe essere più completa. Alla base di questa inversione sta uno
straordinario trafugamento: siamo stati defraudati di quelle
garanzie, in un sistema organizzato dalla maggioranza, che dovevano proteggere la minoranza.
Il divieto di discriminare è
passato a proteggere la maggioranza che si avvale deU’ora di
religione: la sua configurazione
di insegnamento curriculare e
la sua collocazione oraria centrale, e l’obbligo per gli altri di
sorbirsi un surrogato, devono
proteggere la stragrande maggioranza dall’essere emarginata e
dal corrispondere un impegno,
uno sforzo e un tempo supplementare per ciò che considera,
a differenza degli altri, indispensabile alla propria formazione.
Gli altri, se hanno mal di pancia, si lascino dire dal dottore
che per favore non si lamentitino, perché tutte le analisi sono negative e non è possibile
che abbiano male.
Centinaia di migliaia di cittadini, evangelici, ebrei, laici, in
questi giorni sono invece profondamente indignati e offesi per
l’incapacità dello Stato di regolare una materia tanto delicata
in modo equo e nel rispetto
delle minoranze. Chi tra loro crede nel Signore Gesù Cristo, che
è stato tra gli uomini indifeso
e sprovvisto di ogni privilegio,
sente con dolore l’insanabile contrasto con una religione che si
impone con la forza del nume
ro e del potere statale.
Franco Giampiccoli
da « La Repubblica »
L’ora rifiutata
E’ motivo di meraviglia, ancora una volta, che nel dibattito
eterno sull’ora di religione continui il silenzio dei politici sull’intesa con i valdesi e metodisti
(legge 449 del 1984); intesa che,
sulla stessa materia, dice cose
ben diverse da quelle deH’intesa
Falcucci-Poletti, dalle disposizioni del ministro della pubblica
istruzione e dalla sentenza del
Consiglio di Stato. Cinismo della
maggioranza?
Imbarazzo per una legge di
laicità, sommersa dall’alluvione
neoconcordataria? L’intesa valdo-metodista conferma infatti
nei suoi contenuti che il campo
religioso non è di competenza
dello stato, ma appartiene alla
sfera del privato e all’ambito familiare : una posizione coerente e
« laica ». Ma forse, con il senno
del poi, una posizione astratta,
una scelta non saggia. Qui infatti interviene un secondo motivo
di meraviglia, ancora maggiore,
per l’identiflcazione’ che si fa di
nuovo fra « religione » e « la religione cattolica romana garantita dalla gerarchia». Che lo facciano i cattolici, è il loro mestiere: il cattolicesimo non è forse
la religione vera? Anche se poi il
Concilio Vaticano II e l’ecumenismo dovrebbero suggerire ai cattolici una maggiore cautela.
Ma per il laico, il cattolicesimo sembra essere la religione
unica : quante volte abbiamo sentito dire: la religione è cosa importante, è un fatto non eliminabile... ergo religione cattolica a
scuola, insegnamento (quasi) obbligatorio, spazio e privilegi per
la chiesa e il potere cattolico. Il
laico italiano non ha religione,
ma se dovesse averne una (magari per i suoi figli) questa non
potrebbe essere che la sola religione esistente, cioè quella cattolica, nella sua forma più tradizionale e passatista, latino incluso: un monumento unico e immutabile, un monopolio assoluto,
da rifiutare (sempre meno) o da
accettare, ma in nessun caso da
discutere, mettere in questione,
relativizzare. Né Croce né Gramsci erano lontani da queste posizioni.
Questo male antico del nostro
paese ha sterilizzato un discorso
religioso che è stato molto vivo
nel mondo occidentale degli ultimi due secoli e ha portato alla
creazione di due culture parallele (fin nel circuito di distribuzione libraria ! ) : un presupposto
areligioso nella cultura laica e
una ghettizzazione culturale dei
cattolici (che poi se ne lamentano!). Il disinteresse e l’incapacità di confrontarsi con realtà religiose diverse si manifesta anche nelle piccole cose, come quei
paradossi linguistici per cui il
Comitato centrale del Consiglio
ecumenico delle chiese (protestanti e ortodossi) si apre con
una « messa solenne » (Ansa), gli
studenti in teologia sudafricani
diventano « seminaristi » (L’E
spresso) e un pastore diventa
« sacerdote ».
Non c’è bisogno di dimostrare quanta ciò sia anacronistico
in un tempo di nuove ricerche
e sensibilità religiose, di nuovi
dialoghi fra scienziati e teologi,
(fi ima filosofia che riflette sulla
religione, di nuove posizioni etiche, di un incrociarsi di religiosità e tradizioni diverse, e anche di fermenti e dibattiti vivi
in seno al cattolicesimo mondiale; e questo alla vigilia dell’unità
di un’Europa dove la leadership
politica è ancora affidata a paesi di solida tradizione protestante.
Qui bisogna pur domandarsi
se la scelta fatta da noi valdesi
e metodisti nell’intesa con lo
stato sia stata una scelta saggia.
Coerente, certo, nella forma, e
nella purezza di una concezione
(ottocentesca?) di separazione
fra chiesa e stato. Ma politicamente e culturalmente la scelta
ha nei fatti confermato quello
che dicevamo e che cioè, in Italia, sotto il vestito (cattolico),
non c’è niente. A quella religione
non vi sono alternative, c) esistono solo alternative private,
quasi segrete, irraggiungibili.
Non esistono nel concreto delle
proposte religiose alternative fra
le quali scegliere: c’è solo una
cultura laica, che purtroppo si
presenta essa stessa come qualcosa di tradizicnale e di negativo, qualcosa che non si rinnova
e non apre spazi nuovi: come un
« meno » rispetto al « più » del
discorso religioso. E pei ci si
meraviglia per la vasta adesione alla reUgione senza alternative offerta dall’insegnamento confessionale della religione cattolica nella scuola di stato.
Lavoriamo, per un momento, n
di fantasia. Immaginiamo che le
cose fossero andate diversamente e che valdesi e metodisti avesserò accettato l’offerta, che
veniva fatta, di un inse,gnarnen'.o
cristiano evangelico alternativo,
a scelta. E che altrettanto avessero fatte gli ebrei e, un poco
alla volta, i rappresentanti di altre religioni. Oggi, di fronte alrinsegnamento cattolico vi sarebbero alternative chiare: un
diritto di scelta preciso. Possiamo certo immaginare le difficoltà e i cavilli e le limitazioni che
sarebbero state inventate per
impedire il libero esercizio di
un tale diritto. Ma possiamo anche immaginare che molti, moltissimi genitori e studenti avrebbero scelto un’alternativa
non cattofica, cominciando —
finalmente — ad aprire un discorso più aperto, in Italia, sul
-senso della religione. Di ciò,
poi, si sarebbero giovati anche
i cattolici. Non resta che augurarsi che al momento della revisione decennale deH’intesa, che
avverrà nel 1994, si possa scegliere una via diversa. E perché non
prima? Giorgio Girardet
da « Il Manifesto »
delk valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
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9 settembre 1988
religione a scuola 3
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SULL’ORA DI RELIGIONE
LA FACOLTATIVITA’ DIVENTA OBBLIGO
Ancora un pronunciamento in contrasto con la legge 449/84 - L’insegnamento della religione cattolica viene considerato nel quadro delle finalità della scuola e dello Stato stesso - Le famiglie condizionate al momento della scelta
(segue da pag. lì
Il ricorso
al TAR
Di fronte, dunque, ad una -circolare che violava i principi della
libertà religiosa, della nostra intesa e dello stesso concordato
correttamente interpretato, la Tavola impugnava la circolare n.
302 davanti al T.A.R. del Lazio e
quel Tribunale, con la sentenza pubblicata il 17 luglio 1987, accoglieva le tesi da noi sostenute e
conseguentemente annullava tale
circolare (è importante ricordare
che in questo giudizio erano intervenute, per sostenere le tesi
della Tavola, la Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia ed
altre sette Chiese Evangeliche).
Contro questa decisione ricorreva al Consiglio di Stato il Ministro della Pubblica Istruzione,
con un ricorso redatto dall’Avvocatura dello Stato in termini tali
■ da provocare una presa di distanza, per non dire una vera e nropria protesta, dell’allora vicepresidente del Consiglio dei Ministri,
on.le Giuliano Amato. L’Avvocatura sosteneva, ovviamente, che
l’insegnamento della religione
cattolica doveva considerarsi, in
base al nuovo concordalo, narte
integrante degli insegnamenti
Cosiddetti curriculari e quindi,
sotto questo profilo, opzionale e
non facoltativo, con la conseguenza che l’attività alternativa
Poteva, anzi doveva, essere obbligatoria per chi non si avvalesse
del detto insegnamento religioso.
La sentenza del
Consiglio di Stato
A distanza di un anno dalla decisione del T.A.R. il Consiglio di
“tnto accoglie dunque le tesi del
Ministro e, ribaltando la situa^icne, dichiara che la circolare
d02 è perfettamente legittima,
che l’attività alternativa deve
nvere carattere obbligatorio, che
non sono neppure ammissibili le
attività di studio individuale in
sostituzione dell’ora di religione,
che non vi è violazione dei principi costituzionali sulla libertà religiosa o dell’intesa con le nostre
La scuola
ancora
al centro
delle polemiche.
chiese, che il concordato non preA'ede la facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica.
Questa decisione è censurabile
dal punto di vista giuridico, perché le argomentazioni che la sostengono non sono assolutamente
convincenti.
Qualche
osservazione critica
Mi limiterò a citare solo alcune
delle tesi che mi paiono maggiormente insostenibili. La decisione
afferma che con il nuovo concordato l’insegnamento della religione cattolica avrebbe assunto
maggiore importanza nella scuola pubblica perché lo stato, riconoscendo il valore della cultura
religiosa, cultura religiosa che
coinciderebbe con quella cattolica giacché lo stato tiene altresì
conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano,
avrebbe collocato questo insegnamento tra le finalità della scuola,
anzi addirittura tra le finalità
dello Stato stesso per la elevazione della cultura e della coscienza
del singolo cittadino.
Un’affermazione
errata
Quest’ affermazione è errata
perché, oltre a contrastare con
tutti i lavori preparatori che hanno mirato sempre a limitare la
esorbitante presenza che il concordato del 1929 dava alla chiesa
cattolica nella scuola pubblica,
contrasta con la lettera ed il senso della nuova normativa. Infatti,
dall’affermazione dell’art. 36 del
concordato del 1929, che definiva
l’insegnamento religioso « fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica », si passa al più
modesto riconoscimento del valore della cultura religiosa e dell’appartenenza dei principi del
cattolicesimo al patrimonio storico italiano. Inoltre, non avrebbe alcun senso che lo stato assumesse tra i fini della scuola, anzi
fra i propri fini, l’insegnamento
della religione cattolica e poi garantisse a ciascuno il diritto di
scegliere se avvalersi a meno di
tale insegnamento. Solo se un insegnamento non rientra fra le
finalità della scuola e dello stato
si può concepire che sia in facoltà degli utenti servirsene oppure
no. Il riferimento al quadro delle
finalità della scuola, contenuto
nell’art. 9 del nuovo concordato,
significa dunque il contrario di
ciò che sostiene il Consiglio di
Stato, e cioè che l’insegnamento
cattolico in nessun caso potrà essere in contrasto con le finalità
della scuola pubblica, finalità definite autonomamente dallo stato
nel quadro dei principi della propria Costituzione.
Concordato e
Costituzione
Il Consiglio di Stato nega che
l’obbligatorietà dell’attività alternativa contrasti con l’art. 9 della
legge di approvazione della nostra intesa perché se quest’ultima
norma veramente vietasse la qualificazione dell’insegnamento della religione cattolica come opzionale rispetto all’insegnamento di
altre materie, sarebbe in contrasto con la legge di esecuzione del
concordato (ovviamente, come la
interpreta questa decisione), che
l’avrebbe quindi implicitamente
modificata. Questa affermazione,
oltre ad essere grave ed inaudita dal punto di vista dei principi
di libertà religiosa perché verrebbe a stabilire che con accordi
concordati con la chiesa cattolica si potrebbe modificare un’intesa con un’altra confessione, è
comunque errata in linea di diritto, perché l’art. 20 della legge
di approvazione della nostra intesa stabilisce che questa è modificabile soltanto con altra legge, emanata ex art. 8 della Costituzione, previa stipulazione di
una nuova intesa.
Ma la forzatura più grossa della decisione è rappresentata dalla
negazione della facoltatività del
l’insegnamento della religione
cattolica, facoltatività conclamata, come si è ricordato sopra, da
parte del Presidente del consiglio, cioè da uno dei firmatari
dell’accordo, nel momento solenne del procedimento di ratifica,
cóme punto alto della nuova sistemazione dei rapporti fra la Repubblica italiana e la Chiesa Cattolica; facoltatività espressa in
termini chiari dal testo dell’art. 9
del nuovo concordato, giacché,
per quanti sofismi e arzigogolati
ragionamenti la prosa del Consiglio di Stato usi, nessuno potrà
mai dimostrare che un insegnamento di cui ci si possa avvalere
oppure no possa essere definito
in altro modo che un insegnamento facoltativo. La decisione del Consiglio di Stato afferma che si tratta bensì « di insegnamento facoltativo, nel solo
senso, però, che è data facoltà
agli alunni di non avvalersene
per loro libera scelta »: sarebbe, invero, interessante sapere
in quale « altro senso » un tale
insegnamento potrebbe essere obbligatorio! Eppure, poco più
avanti, questa incredibile decisione giunge ad affermare che l’insegnamento della religione cattolica è « un valore culturale e
didattico... che il giovane ha non
solo il diritto, ma anche il dovere
di acquisire ». Anche questa affermazione è evidentemente insostenibile poiché, sussistendo il
diritto per tutti di rifiutare questo insegnamento, non vi è nella
nostra legislazione alcun dovere
di acquisirlo e, se è possibile legittimamente non avvalersene, esso non può essere, sul piano oggettivo, un valore culturale e didattico, ma lo sarà soltanto per
chi intenda avvalersene.
In linea con il
documento GEI
Le critiche a questa decisione
dal punto di vista giuridico po
COM’é
miracolo italiano.
(00(0 96R (V)ief0T6
~ ^ c C(0[ cne a&biamo
FACoXiv/A "A «5.
AtOCHC O&BU&ATORIA?
trebbero ancora continuare, ma
altre critiche, da altri punti di
vista si impongono. E’ difficile,
infatti, sfuggire alla constatazione che questa decisione segue
passo passo il documento emesso
sull’ora di religione dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana il 5 settembre del
1987, e questa constatazione non
ha purtroppo bisogno di ulteriore commento, essendo assai eloquente da sé. Ed è chiaro a tutti, infine, che una decisione come questa mira a sospingere verso la scelta dell’insegnamento
cattolico, poiché l’attività alternativa resta a tutt’oggi, sostanzialmente, un oggetto sconosciuto,
sicché si verifica l’assurdità che
l’alunno può non avvalersi dell’insegnamento religioso ma non
può non avvalersi di un insegnamento di cui non conosce il contenuto. D’altra parte tutti sanno
benissimo che l’attività alternativa non sarà mai una cosa seria
nerché il Ministro cattolico della
Pubblica Istruzione o il Governo
a maggioranza cattolica della Repubblica non avranno mai interesse che lo sia, per cui se si eccettuano il protestante, l’ebreo e
pochi laici e cattolici coraggiosi
e conseguenti che saranno guidati nella scelta unicamente da motivi di coscienza, nell'opzione fra
l’insegnamento cattolico e l’ora
di niente, o di « calligrafia orale »,
come Tha definita con amara ironia Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche,
si finirà con il preferire il primo.
Ma lo sbaglio
è duplice...
Giovanni Ferrara, in un bell'articolo scritto su « La Repubblica » del 31 agosto scorso, none
l’alternativa; o il Consiglio di
Stato ha sbagliato nell’internretare il concordato o. se questa è
davvero la portata del concordato. è quest’ultimo ad essere sbagliato. giacché la conclusione cui
si è giunti è inaccettabile. A questa imnostazione si nuò ri.spondere con tranauilla coscienza che
sono sbagliati sia la decisione che
il concordato. Il Consiglio di
Stato ha certamente sbagliato
noiché le sue argomentazioni sono nalesemente errate ed errata è
la conclusione a cui perviene, ma
anche il concordato è sbagliato
perché è lo snirito concordatario
che è comunque incompatibile
con il risnetto della libertà religiosa e della laicità dello stato,
e v’è sempre il nericolo che la sua
nresenza nell’ordinamento nartorisca di questi mostri.
Una nolemica
pretestuosa?
Il sottosegretario alla pubblica
istruzione, Beniamino Brocca, definisce la nostra azione in questa
vicenda « una polemica pretestuosa »; noi ci siamo accorti invece che è la battaglia per la libertà religiosa nel nostro paese,
che ritenevamo di aver terminato dopo averla combattuta e vinta, che ricomincia. Questa lotta
non ci spaventa (del resto ci siamo ormai ben allenati, come la
prossima celebrazione del « glorioso rimpatrio » ci ricorda) perché anch’essa fa parte della testimcmianza cristiana.
Franco Becchino
4
vita delle chiese
9 settembre 1988
VERSO L’ASSEMBLEA DELL’UCEBI
RICORDO
Un’assemblea della chiesa battista di Catania. Le chiese locali mantengono garantite l’indipendenza e l’autonomia decisionale ricevendo dall’Assemblea generale dell’Unione le indicazioni propositive più
generali.
Una chiesa aperta
e sparsa nel mondo
Il « piano di cooperazione », il lavoro delle chiese e la ricerca di
collaborazione con le altre realtà evangeliche presenti in Italia
Dal 13 al 18 settembre avrà luogo l’Assemblea generale dell’Unione cristiana evangelica battista
d’Italia (UCEBI). In vista dell’Assemblea abbiamo intervistato il
presidente dell’UCEBI, pastore
Paolo Spanu.
— Qual è il significato di quest’assemblea per le chiese battiste?
— Centoventi persone, tra delegati delle chiese locali, direttori
e direttrici di istituzioni battiste,
pastori e membri di comitati e
commissioni, sono convocati in
quei giorni al Villaggio della Gioventù a Santa Severa (Roma) per
dare vita a questa assemblea. Questa occasione d’incontro delle rappresentanze delle diverse realtà
battiste in Italia — di chiese, di
istituzioni, di organi vari — si ripete ogni due anni per consentire
ai battisti d’Italia di fare il punto
sulla situazione, di precisare i rapporti interni ed esterni dell’Unione
e di programmare il lavoro comune. L’Assemblea generale non dà
mandati alle chiese locali; verso
di esse ha una funzione propositiva, da esse raccoglie gli stimoli e
le linee di forza. L’assemblea generale, viceversa, decide sull’operato e la vita dell’Unione e dei
suoi organi, delle istituzioni e degli organismi operativi (i dipartimenti di teologia e di evangelizzazione).
— Quali novità ritiene che
emergeranno quest’anno, rispetto
all’assemblea di due anni fa?
— I due anni trascorsi hanno
visto le chiese prendere decisioni
importanti rispetto al piano di
cooperazione avviato dalla scorsa
assemblea; decisioni che le portano ad una più stretta collaborazione e ad una nuova prospettiva di
crescita nei prossimi anni. Due
nuove chiese indipendenti, di Rovigo e di Torre Annunziata, hanno chiesto di entrare in comunione con l’Unione. Il Comitato esecutivo si presenta con all’attivo il
riordino amministrativo dell’Unione quasi completato (contabilità,
assegni pastorali, pensioni, ecc.), il
bilancio praticamente a pareggio,
nonostante il contributo estero sia
sceso al 10 per cento delle entrate
e gli assegni dei pastori e dei pensionati siano aumentati per cifre
consistenti. Sei nuovi pastori hanno completato il periodo di prova e sono stati ordinati al ministero o stanno per esserlo. Infine, il
Comitato esecutivo si presenta all’Assemblea con una serie di proposte operative che, oltre a dare
maggiore consistenza agli obiettivi conseguiti in questo biennio,
possano allargare e precisare
l’impegno dell’Unione e delle chiese sul fronte dei rapporti esterni,
— Che cos’è il piano di cooperazione e che cosa vi proponete
di fare sul fronte esterno?
— Il piano di cooperazione è
uno dei risultati pratici del convegno dei battisti italiani tenutosi
nel 1983. Con questo documento
le chiese sono state chiamate ad
entrare liberamente in una sorta di
patto più stretto e più articolato,
con il quale si impegnano a mettere insieme tutte le risorse umane,
finanziarie e immobiliari che non
usano direttamente sul piano locale. Quasi tutte le chiese hanno
risposto affermativamente e la prima fase del piano è ora avviata, con un certo successo. Qccorre ora andare avanti. Avanti dove? Non certo verso una pura ricomposizione interna, ma verso
l’obiettivo della completa autonomia finanziaria dell’Unione, per
essere una Unione missionaria, per
disseminare la presenza battista
sul territorio italiano, per potenziare i rapporti di fraterna collaborazione che già abbiamo con le
chiese metodiste e valdesi, con la
Federazione delle chiese evangeliche in Italia, con gli organismi
ecumenici e con quanti potremo
accompagnare nel nostro cammino
di chiese evangeliche, sia in Italia
sia all’estero.
— Può fare qualche esempio
concreto?
— Il Comitato esecutivo dell’Unione propone di proseguire la
preparazione dell’incontro Assemblea battista-Sinodo valdese e me
Graziella Jalla
si è spenta sulle
dello Zambesi
rive
Una vita (dedicata alla formazione e alla promozione sociale - La base biblica del suo impegno
todista nel 1990, in modo che si
possa arrivare al riconoscimento
reciproco delle chiese, ad un coordinamento più efficace e incisivo
nell’evangelizzazione e àlla realizzazione, se possibile, di una presenza efficace anche nel campo
della stampa periodica.
Il raggiungimento dell’autonomia finanziaria, previsto per il
1991, non significherà la fine degli
attuali tradizionali rapporti con la
Convenzione b'attista del Sud (Stati Uniti), al contrario. Noi contiamo di incrementare tali rapporti, di avere più personale pastorale da quelle nostre chiese sorelle, ma tutto dovrà essere visto nella prospettiva di una collaborazione sulla base di progetti specifici,
chiari e a tempo determinato.
Inoltre, è auspicio del Comitato
esecutivo uscente che tali rapporti
siano estesi ad altre unioni battiste
sia degli Stati Uniti che dell’Europa: siamo una unione nazionale,
ma siamo anche una chiesa aperta
e sparsa in tutto il mondo.
(nev)
Graziella Jalla ci ha lasciati, all’età di novantuno anni, dopo
una lunga vita spesa per la maggior parte in terra d’Africa.
La notizia è rimbalzata nell’aula sinodale, in seguito ad una
scarna comunicazione pervenuta
dallo Zambia agli uffici parigini
del DEFAP (Dip. Ev. di Azione
Apostolica).
Da alcuni mesi, ormai, Graziella Jalla non si sentiva più di scrivere e le comunicazioni erano
così interrotte; abbiamo tuttavia
la ferma speranza che si sia
Spenta serenamente « sazia di
giorni », in quel « Bulozi » che
era diventato la sua vera patria
e dove aveva deciso di stabilirsi
definitivamente quando ripartì
da Torre Pellice, nel 1978.
Con lei scompare uno degli
ultimi rappresentanti valdesi del
gruppo di missionari che svolsero un lavoro pionieristico lungo
le rive dello Zambesi, in quello
che era allora il Barotseland e
che ora fa parte dello Zambia.
Trentun missionari valdesi
hanno lavorato in quella zona
dal 1887 al 1964. Senza dubbio la
maggior concentrazione di nostri inviati in uno stesso camijo
missionario!
Graziella Jalla era partita, ancora molto giovane, nel 1920, per
raggiungere il padre Adolfo, che
lavorava in Barotseland sin dal
1889, assieme al fratello Luigi,
ad Augusto Coi'sson e, più tardi,
a Emilia, Roby ed Elisa CoYsson
e tanti altri ancora.
Graziella Jalla avrebbe passato quasi inini errottamente quarantun anni sull’altipiano dello
Zambesi. Oltre a tutto, quasi
Sempre sulla stessa « stazione »
missionaria, come le si chiamava allora: Mabumbu.
Graziella era un’insegnante e,
con un’altra collega anch’essa
scomparsa recentemente. Marie
Borie, svolse un vasto' e proficuo
lavoro di formazione per tutto
un numerosissimo stuolo di studentesse che sono ormai nonne
CORRISPONDENZE
Nel tempio dei
“picapere”
PIEDICAVALLO — Come è or
mai consuetudine il culto di
apertura a Piedicavallo (biellese
alta valle del Cervo), si è tenuto in lingua piemontese, la seconda domenica di luglio.
E’ stato, questa volta, presieduto dal pastore Ernesto Ayassot che l’aveva tenuto colà, per
primo, una decina d’anni or sono. La predicazione è stata centrata sul salmo 121 (J'àusào
j’euj a le montagne, pér vèdde
da doa vnirà mè agiut) e sulla
figura di Nicodemo (Giovanni
3: 1-10; 7: 50; 19: 39). Quest’anno anche il culto di chiusura,
l’ultima domenica di agosto, è
stato in piemontese. L’ha presieduto il fratello T. Burat, che
ha letto la Parola nei versetti
sulla torre di Babele (Genesi 11:
1-9), sul castigo di Babilonia
((Apocalisse 18: 2 e sgg) e sullo
ammonimento di « amare il forestiero »: sottolineando la condanna di Dio all’alienazione, alla
dipendenza consumistica ed alla
prepotenza imperialistica; e nel
contempo, la necessità che le differenze vengano amorevolmente
accolte e rispettate, per la conquista della fratellanza universale.
I due culti hanno costitutito
occasioni di testimonianza, avendo richiamato nel « tempio
dei picapere » — i tagliapietre,
che quasi un secolo fa avevano
conosciuto l’Evangelo nelle loro
lunghe emigrazioni stagionali
(.. ’dcò lor a son stàit foresté...)
— presenze di fratelli cattolici,
giunti per condividere la gioia
di trovare la porta della chiesa
aperta alla lingua emarginata
« nella quale hanno potuto ascoltare le meraviglie del Signore »
(Atti 2: 11).
Guglielmo
Dalla Fontana
DOMODOSSOLA — Il 7 luglio
scorso è deceduto il nostro amico e fratello Guglielmo Dalla
Fontana.
Uomo di profonda fede, Guglielmo aveva sempre tenuto contatti con la chiesa, pensando an
che, in gioventù, di dedicarsi all’attività pastorale. Non aveva
mai trascurato gli studi biblici
ed aveva anche pubblicato un
volumetto intitolato « Il sesto
giorno» (Ed. Meregalli, Milano
1958). Purtroppo il suo soggiorno
fra i nostri monti fu di breve durata. Amorevolmente assistito
dalla cognata Luisa, dalla nipote
Pierina e dal marito di questa,
egli spirava il 7 luglio, all’età di
87 anni. Il funerale fu presieduto
dal past. A. Garufi, che predicò
sul testo I Tess. 4: 13-18, sottolineando che la vera consolazione
e la vera speranza per tutti gli
uomini si trovano in Gesù Cristo
crocifisso e risorto. La cerimonia
ebbe termine al cimitero della
frazione di Vagna, dove la salma
fu tumulata nella tomba di famiglia.
Alla sorella Germana, residente a Basilea, alla cognata Luisa,
alla nipote Pierina e a tutti i
parenti rinnoviamo l’espressione
della nostra simpatia e della
nostra fraterna solidarietà.
esse stesse. Se si pensa alla condizione della donna in quelle
contrade, ancora al principio del
'900, e all’evoluzione relativamenmente rapida che ha portato alcune donne zambiane a posti di
grande responsabilità, non si può
fare a meno di pensare che, nel
suo piccolo, Graziella Jalla ha
dato un contributo veramente significativo allo sviluppo del paese, dando a molte donne la possibilità di esprimere i loro doni e
le loro capacità. Certo, Graziella
non sapeva nulla di femminismo all’inizio del suo ministero,
ma aveva assieme ad un’indole
indubbiamente affettuosa ed araichevole ima volontà d’acciaio,
che le permise non di rado di tener testa a stregoni e superstizioni. Basti, come esempio, quello
di due gemelle, la cui madre era
morta dando loro la luce: secondo la tradizione tali creature dovevano essere sepolte con la madre, perché segnate dal maleficio. (jraziella dimostrò che, ben
nutrite, le gemelle prosperavano
anziché deperire o morire. Da allora tale usanza venne a poco a
poco abbandonata.
Ma questo lavoro sociale non
prese mai il sopravvento sulla
formazione spirituale e biblica
che Graziella seppe dare, assieme
a tanti altri. Stabilì così dei legami molto stretti con alcune delle allieve che passarono per la
scuola di Mabumbu, tanto che
alcune orfanelle divennero a tutti gli effetti, salvo quelli anagrafici, sue figliole. Una di loro, Malungwe (« Aurora»), venne a renderle visita quando era ormai
tornata in Italia, a Torre Pellice.
Fu allora che Graziella decise di
ripartire con lei e si vide subito
che la partenza era definitiva. A
ottantanni rifece così il viaggio
verso lo Zambesi, certo in condizioni ben diverse dalla prima
volta in cui l’aveva terminato con
moltissimi giorni di barca, con
tutte le avventure del caso (serpenti in grembo compresi...), lungo il grande fiume.
Non che Graziella avesse passato il periodo « italiano » come
una placida ed un po’ assonnata
parentesi da pensionata. Appena giunta a Torre Pellice si mise
a piena disposizione della comu
nità locale. E molti ricordano
certamente il suo passo rapido e
la sua personcina apparentemente esile ma sempre scattante e
disponibile per qualsiasi incarico fosse in grado di assumere.
Molti colleghi la ricordano in ^casionc del Sinodo, quando invitava, oltre ai suoi nipoti (uno
dei quali ha cercato di seguire i
suoi passi per alcuni anni), alcuni di loro, che aveva in generale
incontrato nelle sue visite in Italia e fuori. Aveva una capacità
di mantenere i contatti epistolari che oggi abbiamo purtroppo
perso (anche grazie alle patrie
poste). Così, quando le sue lettere cominciarono a diradarsi
e poi cessarono del tutto capii
che, come aveva chiaramente
scelto, si preparava a terminare
la sua vita terrena là dove aveva
potuto dare il meglio di se stessa, tanto da essere veramente
considerata una zambiana tra gii
zambiani.
Nella tristezza della separazione pensiamo anche alla Chiesa
Unita dello Zambia, che perde così una vecchia e cara amica c
sorella.
Giovanni Conte
5
9 settembre 1988
vita delle chiese
SINODO
UN VIAGGIO DI « RIPENSAMENTO »
Partita a scacchi ■< rimpatrio
tra ia Tavoia e ie chiese
La prossima sistemazione pastorale per alcune chiese autonome - La
necessità di utilizzare positivamente le vocazioni espresse dai laici
Giorno per giorno, una tappa e la riflessione
sull’attualità di un episodio storico e di fede
Chi si aspettava, alla vigilia
del Sinodo, un dibattito « caldo » sulla prossima sistemazione delle forze pastorali in alcune chiese autonome sarà rimasto deluso. Di questo problema
si è parlato, ma in toni pacati
ed approfonditi. La Commissione d'Esame (CdE), che ha introdotto il dibattito, ha sostanzialmente condiviso il metodo
delle consultazioni con i vari
Concistori avviati dalla Tavola
Valdese in giugno, sulla base di
una strategia, elaborata alla luce di un atto sinodale del 1975,
in cui si invitavano le chiese a
« non valersi in modo individualistico della loro autonomia » e
a inserire « il loro problema nel
co»!testo delle esigenze generali
deiropera, in collaborazione con
la Tavola e con le Commissioni
distrettuali » (vedi Eco/Luce n.
32},
Nel dibattito sinodale, tra l’altro, è emersa l’esigenza di arrivale, in im futuro non troppo
lontano, ad un convegno di studio che analizzi il senso dell’attuale regolamentazione sul limite del quattordicennio di permanenza massima del pastore in
una chiesa e sull’istituto dell’autonomia delle chiese. Ma al di
là di questo suggerimento proposto da alcuni inteiventi, il criterio con cui la Tavola cerca di
muo’.'ersi nella diffìcile sistemazione del « campo di lavoro »
ispirato ai principi « deirequilibiio, della stabilità e della espansione » è parso a tutti un chiaro
quadro di riferimento.
Certamente la linea della Tavoia. tesa ad un forte rilancio
della presenza protestante a livello locale e generale, meriterebbe investimenti maggiori in
mezzi e in forze pastorali. Ma
secondo la CdE il numero attuale dei pastori in servizio presso
le chiese valdesi e metodiste è
sufficiente e occorrerebbe « contenere le richieste di iscrizione
al molo diaconale ». Su come
investire le forze e individuare
le « zone di sviluppo » il dibattito in Sinodo è stato solo un
primo avvio di analisi più approfondite, che coinvolgeranno
in futuro tutti i livelli della nostra organizzazione ecclesiastica.
Tuttavia è parso chiaro che
lo sviluppo della nostra testimonianza in Italia non è solo legato al numero dei pastori o dei
diaconi, ma alla possibilità di
utilizzare al meglio, secondo la
migliore tradizione metodista, le
vocazioni alla predicazione, alTinsegnamento e all’organizzazione ecclesiastica espresse dai
laici. E su questo punto, come
già era successo nel Sinodo dello scorso anno, è tornato il problema della « formazione permanente ». In altre parole, si è detto che è urgente riscoprire (anche nella vita familiare) il gusto per la lettura e Tanalisi dei
testi biblici; è necessario ricomprendere il rapporto tra predicazione e diaconia, e occorre
muoversi di più e meglio nella
linea dei contatti personali come luogo primario di evangelizzazione.
QuelTidentità protestante di
cui tanto parliamo — ha notato
qualcuno — che è anche « identità di diversità », ogni tanto si
presenta come una barriera, come un elemento di introversione; insomma è un ostacolo difficile da sormontare nel dialogo e
nelTincontro con gli altri. Ma ai
toni negativi hanno fatto riscontro anche note di ottimismo.
« Malgrado i nostri limiti —
ha detto un deputato — siamo
riusciti in questi anni a parlare
al Paese. Non abbiamo "sfondato” ma abbiamo mantenuto con
dignità e forza la posizione di
un protestantesimo che non vuole trionfare, ma vuole ricercare
nel tessuto sociale la fedeltà alTEvangelo ».
Riguardo poi alTesigenza di
rimettere a punto la questione
dei ministeri e di valorizzare i
doni e la mobilità del personale nella chiesa si è deciso di nominare una commissione di studio che farà capo al prof. Sergio Rostagno, e che avrà il difficile compito di ricomprendere
la nostra ecclesiologia nella prospettiva della formazione teologica permanente, proiettata sui
vari fronti della testimonianza:
dalla diaconia aU’evangelizzazione, in un quadro di diffusa secolarizzazione che tende ad appiattire tutte le differenze, ad
emarginare le « identità religiose diverse », a massificare i bisogni e a svuotare gli interrogativi delTesistenza.
Certo, si può vivere anche senza risposte. Ma non è questa
Tipotesi di cristianesimo che perseguiamo.
Giuseppe Platone
Zone di sviluppo
Il Sinodo invita la Tavola a
proseguire lo studio relativo
alle zone di svUuppo della nostra presenza in Italia, in
stretto contatto con le chiese locali, i Consigli di circuito e le Commissioni Esecutive Distrettuali; al tempo stesso la invita a utilizzare al meglio l’attuale organico pastorale e diaconale.
Il Sinodo invita infine la
Tavola a prosegpiire, in collegamento con le chiese interessate, il piano di assegpiazione pastorale iniziato con
le proposte tuttora in atto.
Iscritti al ruolo
Il Sinodo, considerata la necessità di una formazione che
consenta una migliore individuazione dei doni e la mohilità del personale per gli iscritti al ruolo diaconale;
considerata l’esigenza di chiarire i problemi relativi alla
consacrazione dei ministri
nella chiesa e della rappresentanza al Sinodo e agli altri organismi ecclesiastici,
invita il seggio a rinominare
la « Commissione per i ministeri nella chiesa », affinché
elahorl uno studio della nostra ecclesiologia nel suo complesso e awii un dibattito da
approfondire nei prossimi
anni.
Con un anno e qualche giorno
di anticijx) siamo partiti, il 6
agosto, un gruppo di amici per
fare, chiamiamolo così « un piccolo rimpatrio familiare ».
Eravamo tredici con tre roulottes, quattro macchine, provviste
di viveri e tanta gioia nel cuore.
Muniti del preziosissimo libro
giallo di A. de Lange « Ripercorrere il Glorioso Rimpatrio », che
qualcuno di noi specialmente aveva già a fondo letto e meditato,
abbiamo trascorso una bellissima settimana, accompagnati da
un tempo splendido e da una
gran fortuna in ogni cosa. Facendo tappa in tre campeggi (Sallanches, Seez e LansleviUard) un po’
in macchina ed im po’ a piedi
(a dire il vero molto più in macchina che a piedi!) abbiamo potuto renderci conto di quello che
fu per i nostri padri quella lunga marcia che, attraverso difficoltà immani ed un tempo pessimo,
li ricondusse in patria.
Alla sera, facendo un po’ il punto della giornata ed il programma per il giorno successivo, avevamo quasi sempre un momento
di riflessione in cui qualcuno di
noi, a turno, leggeva qualche passo della Scrittura o dava alcune
notizie su qualche punto saliente
di questa antica vicenda vissuta
300 anni fa. Così una sera ci siamo interessati di come erano vestiti e armati i nostri padri (dal
Bollettino della Società di Studi
Valdesi edito nel 1939) oppure
abbiamo parlato degli esuli (da
« Esuli valdesi » di A. Armand
Hugon e E. Rivoir) o ancora della complessa e discussa figura di
Arnaud (da A. Armand Hugon:
« Storia dei Valdesi » II voi.).
Infatti oltre alle carte geografiche avevamo con noi anche una
piccola biblioteca.
Abbiamo vissuto momenti parcolari fin dalla prima sera, cercando e trovando il ponte S. Martin a Sallanches in cui i nostri
padri dovettero affrontare le
barricate erette dalla popolazione e dove infine, dopo lunghe
trattative, riuscirono a passare
avendo due monaci, presi in ostaggio, convinto la popolazione
a lasciarli andare. Oppure disse
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Avvicendamenti
Solidarietà
POMARETTO — Domenica 11
settembre nelT«Eicolo grando» avrà luogo un’agape fraterna nel
perso della quale verrà salutato
il pastore Daniele Bouchard, che
ha prestato nella comunità il
suo servizio negli ultimi due anni.
Nell’occasione verrà anche presentato il pastore Hans Eugen
Bitzer che trascorrerà due anni
a Pomaretto.
• Sabato 3 settembre si sono
uniti in matrimonio Monica Ghigo di Porosa Argentina e Luciano Dall’Angelo di Venaria Reale;
agli sposi vanno gli auguri di
tutta la comunità.
• Felicitazioni a Thomas ed
Uffa Elser per la nascita della
secondogenita Tabea Mara.
• Il Concistoro si riunirà sabato 10 settembre alle ore 20.30
presso la sala Lombardini di
Porosa Argentina.
RODORETTO-FONTANE —
La comunità'esprime la sua solidarietà cristiana ai familiari del
fratello Guido Pons, deceduto
prematuramente all’età di 49 anni. Ricordiamo l’impegno civile
di questo nostro fratello nel consiglio comunale e il suo coinvolgimento nella vita della chiesa
come anziano di Rodoretto.
• Nel corso delle ultime settimane sono deceduti Melania
Balmas di 75 anni. Alice Tron
ved. Bosio di 97 anni, Oreste
Tourn di 76 anni, Bernardino
Gamba di 73 anni. Margherita
Gönnet Ricca, Clelia Jahier Parboni; la comunità esprime la sua
simpatia ai familiari.
minati su per la faticosa salita al
Col du Bonhomme ove sono giunti solo i più coraggiosi di noi mentre altri si sono fermati prima,
alcuni proprio al Pian de Jovet
esattamente dove i nostri padri
sostarono solo qualche ora nel
terzo giorno della loro marcia,
altri ancora hanno aspettato alla base.
Commovente è stato ancora
quando siamo giunti, quasi al
completo, dopo una lunga marcia dal Col du Petit Mont Cenis
al Col Clapier (2.482), da dove abbiamo scorto la Valle di Susa ed
infine quando abbiamo cercato
di individuare fra le nuove strade
ed autostrade il probabile ponte
di Salbertrand ed il luogo delTaccampamento nemico.
La nostra piccola spedizione
aveva tenuto conto, diremmo con
amore, delle possibilità di ognuno di noi, in modo che ogn\mo
potesse fare quello che si sentiva
di fare senza essere di peso agli
altri e partecipando pienamente
alla gioia di tutti. L’età dei partecipanti spaziava infatti in un
arco di più di vent’anni oltre i
cinquanta e c'era anche chi non
poteva superare di molto i 1.500
metri! Ma tutto si è svolto nel
segno dell’amicizia e della comprensione reciproca.
Non è un giro
turistico
Una delle partecipanti discorrendo, in una delle prime sere,
con un’altra, diceva che questo
nostro « rimpatrio » non era certamente solo un bel giro turistico
ma nemmeno un pio pellegrinaggio. Le due partecipanti erano
d’accordo nel chiamarlo ’’ripensamento ».
Credo realmente che, oltre alla
bellezza del viaggio, questa esperienza sia stata per ognuno di
noi un ripensamento che però
non riguarda solo il passato ma
vuol indurci a volgere lo sguardo
alTawenire con serietà per la nostra testimonianza.
Nel gruppo siamo tutti impegnati, chi più chi meno, nel lavoro delle nostre comunità e questo ripensamento è stato per noi
tutti, credo, anche una carica
per riprendere il nostro cammino
di servizio in questo nostro tempo, più facile per quel che riguarda la vita materiale, ma forse non meno difficile di quello
dei nostri padri per quello che
riguarda una testimonianza che
non si arrende e sa essere ferma, umile e gioiosa.
Elsa Rostan
Dir, propr.: farri. Caroni
Hôtel
Elite
A 50 metri dalla spiaggia
ambiente familiare
ottimi I servizi
e il trattamento
I - 47045
MIRAMARE DI RIMIMI
Via Sarsina, 19 ® (0541)
372569 - priv. 372548
Alle scuole
quartierali
TORRE PELLICE — Seno in
corso di svolgimento i pomeriggi comunitari presso le scuolette
quartierali; dopo quello svoltosi
domenica scorsa ai Coppieri, domenica 11 settembre alle ore
14.30 l’appuntamento è ai Chabriols superiori: tutti sono cordialmente invitati.
• Nel tempio dei Coppieri, domenica 28 agosto durante il culto presieduto' dal pastore Franco Sommani, è stata battezzata
Margherita Sessa dì Carlo e Michelle Jouvenal.
TAVOLA VALDESE
AVVISO
La Tavola avendo chiesto e ottenuto in base a RO 4
art. 17 — il consenso del Concistoro di Torre Pellice per il trasferimento del past. Giorgio Tourn prima della scadenza del
14° anno, proclama la vacanza della chiesa di Torre Pellice a
partire dal 1° ottobre 1989. La designazione del pastore andrà
fatta in conformità agli articoli 12,13,14,15 R04 entro il 31 dicembre 1988.
La Tavola, vista la decisione del pastore Bruno Rostagno
di non presentare la sua candidatura come pastore di Villar
Perosa per il secondo settennio, proclama la vacanza deUa chiesa di Villar Perosa a partire dal 1° ottobre 1989. La designazione del pastore andrà fatta in conformità agli articoli 12 13
14,15 RO 4 entro il 31.12.1988.
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’^1
valli valdesi
9 settembre 1988
Vittime
di furti
PINEROLO - RASSEGNA DELL’ARTIGIANATO
Squadra che vince...
Fra le novità: la diversa dislocazione di alcune attività e la palestra dimostrativa di roccia - In vetrina i prodotti tipici dell’LImbria - Rinnovare l’interesse per i musei cittadini
Una sequela di furti grossi e
piccoli sta mettendo in allarme
il Pinerolese; tutta la gamma è
rappresentata: furti con scasso,
furti con destrezza, imbrogli,
raggiri; si ruba ai privati nelle
case isolate, ma anche (purtroppo!) nei presbiteri e negli istituti.
La gente è sconcertata e amareggiata, alcuni ripetono che non
è più come una volta, quando
si lasciava tranquilli la chiave
di casa sopra l’architrave della
porta, nascondiglio ben conosciuto da tutti gli abitanti del villaggio. Forse non è del tutto vero che i tempi di una volta fossero così beati, anche nei villaggi sparivano le gerle e le zappe,
nonché i gruzzoletti conservati
con cura nelle calze di lana, ma
se il vicino dalle mani lunghe
poteva anche essere colto sul
fatto e debitamente strigliato,
questi nuovi ladri sono anonimi
e sfuggenti, arrivano e spariscono nel nulla, al derubato non
rimane che il danno e la rabbia.
Anche senza voler emettere
sentenze che spettano a chi di
dovere, si possono raccogliere
commenti e supposizioni che riguardano essenzialmente tre etementi caratteristici degli ultimi furti.
L’organizzazione. Non si può
far a meno di pensare che queste imprese ladresche siano organizzate con una precisa suddivisione dei compiti: chi ruba televisori, coperte o catenine d’oro
non lo fa perché vuole tenersele
in casa, ma perché sa di poterle
rivendere senza rischio. Magari
è proprio il ricettatore che commissiona l’impresa a gente che
ha bisogno immediato di denaro. Anche la scarsa entità delle
somme rubate fa pensare ad un
giro di minuti traffici piuttosto
che a grossi rapinatori. Con pochi milioni si vive alla giornata,
non si può certo finire i propri
giorni nell’opulenza alle Hawaii.
Gli informatori. Per i derubati, l’aspetto più tragico è proprio la competenza con cui i ladri si introducono in casa. Essere sorvegliati, spiati da gente
di cui non si diffida, che racco
glie le conversazioni al bar o
sul lavoro per procedere poi con
tranquilla sicurezza, ecco ciò che
rende ancora più bruciante la
perdita economica. — Non ci si
può più fidare di nessuno — è
la triste conclusione di una simile esperienza.
L’inutilità della denuncia. Molte persone sono scèttiche sull’utilità di denunciare i furti ai carabinieri, ritenendo che mai rivedranno i propri averi. Senza
dubbio, altri tacciono per non
fare la figura degli ingenui che,
in un’epoca di uffici postali e di
conti bancari, si tengono soldi
in casa.
Ma è forse proprio questo a
causare le riflessioni più amare:
si ruba poco, ma a persone che
hanno già poco. La pensione della vecchietta, le contribuzioni dei
non danarosi membri di chiesa,
sono il necessario assai più che
il superfluo.
I ricchi, anche se qualche volta gli va storta, sanno per lo più
come difendersi: cassette di sicurezza, sistemi di allarme, guardie private. Ai poveri non rimane che aumentare la diffidenza,
ma la diffidenza non rende più
gaia la vita.
Quante volte, nel linguaggio
del mondo sportivo, abbiamo
sentito ripetere la frase « squadra che vince non si tocca... »;
ebbene, mutando questo ragionamento potremo facilmente adattarla alla rassegna di artigianato di Pinerolo: i risultati danno ragione agli organizzatori, oltre 300 mila visitatori in 8 giorni sono cifra più che ragguardevole.
In effetti qualche novità c’è stata, dal ooinvolgimento dei giardini della steizione in alcune manifestazioni, con conseguente mi
glioramento dello stato di manutenzione, alla palestra dimostrativa di roccia montata dal
CAI di Pinerolo all’interno dell’area di palazzo Vittone che, oltre ad attirare di per sè l’attenzione di molti sulle esibizioni
dei giovani rocciatori, ha finito
per portare anche un maggioi
movimento di visitatori intorno
ad un settore, quello « culturale », tradizionalmente emarginato rispetto al corpo principale
della rassegna situato all’expo
Fenulli.
Per la prima volta una gran
de ruota di mulino ad acqua sostituisce quei mini habitat in cui
negli scorsi anni venivano relegati animali più o meno esotici
e certo per nulla tipici della zona; la disposizione degli stand
di esposizione è invece praticamente identica da anni, stesse
cose agli stessi posti, con grande risalto più ai rivenditori che
ai veri artigiani, con l’incessante martellare dei militari della
scuola di mascalcia a modellare
i ferri dei cavalli da una parte,
l’odore nauseante di patatine
fritte dall’altra.
Sempre viva lo. curiosità dei visitatori di fronte agli artigiani presenti alla rassegna.
Una vera rassegna commerciale, e non è certo da oggi che è
così: tuttavia, mescolati, si possono effettivamente trovare autentici artigiani capaci di unire
arte ad utilità, produttori di pezzi « unici », mai uguali a se stessi, dalle ceste ai vasi, dai lampadari ai mobili, dal ferro agli
oggetti dipinti: si tratta di un
mondo che certo esiste, che rappresenta una parte delle nostre
radici, ma che oggi fatica spesso ad esprimersi, a trovare una
sua collocazione che esca dall’hobby per divenire mestiere.
La regione ospite, quest’anno,
era TUmbria che ha fornito senz’altro un'immagine interessante,
presentando i suoi aspetti culturali e turistici, accanto al settore gastronomico ed a quello
delle ceramiche artistiche. Quasi istituzionale ormai anche la
presenza di spazi curati dalle
Comunità Montane della zona:
ricca di prodotti la Pedemonta
VAL RELUCE
Quando la mela è permessa
Una vasta indagine sulla salute degli operatori agricoli
dui chimici presenti nelle coltivazioni - Funzione del
e SUI resi’’patentino”
Prima del periodo di ferie del
giornale ci eravamo occupati, in
tema di alimentazione, del problema carni, se cioè in valle si
usasse far ricorso neH’allevamento all’uso di estrogeni o meno,
ricavandone indicazioni confortanti; questa volta affrontiamo
il settore della frutticoltura, che
nella bassa valle (Bricherasio e
Bibiana in particolare) assume
notevole rilievo, e che notoriamente, tranne alcune esperienze
di lotta biologica, fa ricorso a
molti trattamenti con antiparassitari nel corso di una stagione
produttiva. Possiamo mangiare
tranquillamente la frutta delle
nostre tavole? Esiste il pericolo
dei residui chimici? Quali controlli e quindi garanzie abbiamo?
Per saperne di più abbiamo
sentito il dott. Vecchiè che nell’ambito dell’USSL 43 cura questo settore.
Liliana Viglielmo
« Sono in corso una serie di
indagini: da un lato abbiamo
svolto una ricerca, che ha coinvolto 164 aziende sulle 700 presenti, per quanto riguarda la salute
degli operatori agricoli; dall’altro abbiamo condotto, in collaborazione col CIFOP (associazione dei frutticoitori), una indagine per la verifica dei residui presenti nella frutta, in particolare
nelle mele. I risultati sono stati
confortanti. Bisogna premettere
che i tecnici del CIFOP hanno
come obiettivo quello di ridurre i trattamenti o di utilizzare
princàpi attivi che siano il meno possibile nocivi: ovviamente
non, tutti seguono^ queste indica
zioni.
Nel caso delle aziende sensibili al problema, effettuati i
campionamenti sulle mele ancora in crescita, i risultati sono
senz’altro confortanti. E’ emerso un altro dato che deve far
riflettere: sono stati trovati dei
residui di prodotti pericolosi che
da anni non venivano utilizzati
in quel frutteto.
Le indagini ora proseguiranno,
sia per controllare quanti hanno in atto questa riduzione, in
qualche modo anche valorizzando il prodotto ottenuto, sia verso quei settori di agricoltori che
fin qui hanno ignorato le indicazioni date loro per la riduzio
ne ».
Risulta anche che in molti casi vengono effettuati dei trattamenti post-raccolta, per la conservazione del prodotto: intendete intervenire anche in questo
campo?
« Certamente; anzi direi che
proprio in questo settore siamo
intenzionati a svolgere un’azione particolare ».
Mentre si parla di riduzione,
possiamo fornire dei dati sul numero di trattamenti attuali?
« Come media nello scorso anno si arrivava a 10-12 trattamenti rispetto ai 20-30 che venivano
effettuati normalmente: un buon
risultato dunque, tanto più se
si considera anche la riduzione
dal punto di vista qualitativo
delle sostanze usate; tutto questo senza andare a discapito dell’aspetto esteriore del frutto».
Nel corso della scorsa primavera, un apicoltore della vai Pellice che era solito portare in
pianura le sue api, anche per
favorire una migliore impollinazione nei frutteti, ha dovuto patire la distruzione di 40 famiglie
a causa dei trattamenti effettuati sui peschi in fiore; un frutticoitore, pochi mesi fa, effettuava
i suoi interventi sui meli, utilizzando prodotti della tristemente
famosa Farmoplant di Massa,
senza la protezione di maschere
od altri indumenti: come stiamo con la maturazione e la presa di coscienza dei produttori?
'< Un dato positivo è che oltre
il 50% degli agricoltori sceglie
i prodotti da utilizzare secondo
i consigli di un tecnico; resta comunque molto da fare: tra l’altro si dovrebbe riuscire a pubblicare un opuscolo sull’uso di
anticrittogamici; in più vorremmo fare un giro informativo fra
i frutticoitori. Un altro dato importante riguarda le persone
che fanno uso di sistemi protettivi nel corso dei trattamenti:
si tratta di circa il 60%; certo
oltre il 30% non usa alcun sistema, correndo dunque gravi rischi ».
Per utilizzare determinati fitofarmaci occorre avere il cosiddetto « patentino »; quanti in
realtà l’hanno conseguito?
« Circa il 98% di coloro i quali fanno uso di questi prodotti
ha il "patentino”, ma per averlo bisogna acquisire determinate norme: va sicuramente rivisto il sistema di ottenimento
di questo documento perché pare che queste conoscenze vadano rapidamente perse: deve esserci un esame più approfondito, verifiche più complete ».
P.V.R.
na votata al lancio, con molte
iniziative, del progetto dell’asilo
dei vecchi di San Germano, la
Val Chisone e Germanasca, spoglia la Val Penice.
Importante l’ennesima occasione di rilanciare l’interesse per
i musei della città, a patto che
ci sia un seguito a queste iniziative promozionali; da verificare,
ancora una volta, la validità di
una struttura come la FenuUi
per ospitare questa manifestazione.
I molti visitatori, parecchi dei
quali approfittando della gratuità deU’ingresso tornano volentieri più volte nel corso della settimana di apertura, vengono nei
momenti « di punta » incanalati
neH’attraversamento delle sale
interne al punto da essere costretti a visite troppo rapide.
Del resto altri problemi sono
stati evidenziati da pochi refoli
di vento soffiati venerdì pomeriggio: la copertura di alcuni
stand, sulla cui idoneità si può
a questo punto discutere, è volata via come carta, mettendo
a repentaglio l’inoolumità di
espositori e pubblico; per olue
un’ora la rassegna è stata chiusa a causa di un vento che tale
non era. Questo per evidenziare
come la rassegna di Pinerolo,
cui il successo di pubblico è ormai assicurato, meriti una soluzione logistica più razionale c
funzionale.
Piervaldo Rostan
Spopolamento
Un altro villaggio della vai Germanasca conosce la triste realtà
dello spopolamento. Le due ultime famiglie abitanti a Fontane,
infatti, si trasferiscono a Pomaretto.
Alle famiglie Pascal e ad Alba
Poèt e Sonia Pons che da Gardiola vanno a risiedere a San Germano un augurio di buon inserimento nelle nuove comunità.
Niente vipere,
forse caprioli
In relazione alle voci diffuse
da più parti di un recente « lancio » di vipere in alta vai Penice: abbiamo cercato di verificarne la eventuale fondatezza; ebbene, secondo quanto dichiarato
dagli uffici tecnici della Comunità Montana Val Pellice, tale
notizia viene decisamente smentita, non comprendendosi tra
l’altro la motivazione di tale
eventuale operazione.
E’ confermata invece l’intenzione a livello provinciale, di immettere una coppia di caprioli.
Piogge acide?
Nel periodo giugno-luglio, in
coincidenza con un clima assai
piovoso, si sono viste annerire,
nel breve volgere di alcuni giorni (c’è chi dice in una notte)
molte coltivazioni di patate.
Questo fatto veniva denunciato sui quotidiani della scorsa
settimana riguardo alla vai Susa, ma il fenomeno ha coinvolto
anche le valli del pinerolese.
Dubbi e preoccupazione vengono espressi sia dai cittadini
che dai coltivatori che hanno visto così un fortissimo calo nella produzione: è diffusa Popinio;ne che il fatto sia da collegarsi
in qualche modo al fenomeno
delle piogge acide o peggio ad
una nube tossica.
ii
7
9 settembre 1988
valli valdetsi
Lettere all'Eco delle Valli
RAI,
CHI TI VEDE?
Devo lamentare la cattiva ricezione
del canale RAI-UNO nel vallone di
Pramollo. Il video non è chiaro, ha
l’effetto nebbia, è puntinato.
I tecnici mi dicono che ciò dipende
dai ripetitori — uno è quello di Pomeano — e che compete alla Comu.nità Montana Val Chisone provvedere
■al caso.
I miei amici e conoscenti di Pramoiio — dei quali sono stato ospite
nelle ferie — lamentano ohe questo
disservizio dura da molto.
Come mai, ci chiediamo, si sono
spesi dei soldi per la costruzione dei
ripetitori ohe ora non sono in efficienza?
Anche la Regione dovrebbe interessarsi della cosa, quale Ente superiore e controllore; e la stessa RAI dovrebbe preoccuparsi delle condizioni
di ricezione dei programmi, specie
3n una zona ove tutti pagano il canone.
C’è da sperare qualcosa al riguardo?
Distinti saluti.
(firma indecifrabile)
L’ACQUA
TORNERA’PULITA
In riferimento all’articolo redazionale
del 26 agosto sulle condizioni di Via
Malvoni, ci preme sottolineare quanto
segue:
1) L’area incolta fra la strada e
la recinzione del condominio di proprietà della Tavola Valdese è un arretramento che verrà utilizzato per la
formazione di un parcheggio a servizio del condominio e di uso pubblico. L’area è tuttora di proprietà della
Tavola Valdese e io resterà anche in
futuro.
L’Ufficio Tecnico comunale ha più
volte sollecitato la proprietà e l’impresa esecutrice del lavori, tramite il
direttore dei lavori, affinché venisse
sistemata e spianata l'area a completamento del progetto. Tali richieste
sono rimaste lettera morta e la non
esecuzione dei lavori è stata giustifieata con l’attesa dello spostamento
del palo ENEL sull'incrocio col viale
Dante.
E’ certo che dal punto di vista del
decoro i lavori in corso dovrebbero
avere una immediata definizione, eventualmente adottando soluzioni provvisorie in corrispondenza del palo
ENEL. In tale direzione verrà pertanto ulteriormente sollecitata la proprietà, anche nelle forme ufficiali richieste
dal caso,
2) Rispetto, invece, al più grave
problema dell’“ acqua rossa », si tiene innanzitutto a precisare che l’Ufficio Tecnico comunale non possiede
strumenti operativi, né tantomeno coercitivi, per l’intervento sulla manutenzione dell’acquedotto, in quanto il
tutto è appaltato dalla Società Acque
Potabili e regolato con convenzione
stipulata con l'amministrazione comunale.
L’ufficio svolge d'altronde le funzioni
(che invece gli competono) esortative
e segnalatorie per la buona manutenzione dell’acquedotto da parte della
Società Acque Potabili.
La prima segnalazione (telefonica)
■da parte degli utenti risale al giugno
scorso. La Società Acque Potabili, tempestivamente avvertita, aveva provveduto alla verifica in loco dell'esistenza di eventuali perdite ed infiltrazioni
nelle tubazioni, con esito negativo.
Essendo molti degli edidfici della zoPa approvvigionati anche da sorgenti
private, la Soc. Acque Potabili aveva
presupposto che la causa fosse
I esistenza di rigurgiti di dette fontane nell’acquedotto comunale, stante
la mancanza di valvole di non ritorno
sugli allacciamenti degli impianti pri"vati.
Dopo avere effettuato controlli laddove si era a conoscenza di coesistenza di sorgenti private e senza aver individuato l'eventuale inquinatore, il
fenomeno dell’« acqua rossa • cessava.
Il 22 agosto, invece, una petizione
scritta avvertiva che l'« acqua rossa »
Pontinuava, ma contemporaneamente
perveniva una lettera della Soc. Acque Potabili che comunicava di avere
eliminato il disservizio, avendo creato una migliore circolazione dell’acqua
Pon un collegamento ad anello che
avrebbe evitato in futuro la formazione di incrostazioni nelle tubazioni, evidentemente causa dell’acqua sporca.
Nonostante ciò e I successivi lavaggi delle tubazioni col canal-jet,
una ulteriore lettera datata 24 agosto e
pervenutaci il 29 agosto, ribadiva la
permanenza di « acque rosse », ma in
pari data veniva portata a mano una
richiesta della Soc, Acque Potabili per
la sostituzione di tutta la tubazione
in ghisa sulla via Manzoni, estrema
ratio adottata dai tecnici dell’Acquedotto per risolvere il problema incrostazioni (gli stessi tecnici ci hanno
dichiarato di non avere mai avuto a
che fare con un caso di così difficile
individuazione e risoluzione).
I lavori sono già iniziati ed i tecnici dell’Acqua Potabile provvedono di
ribaltare tutti gli allacciamenti sulla
nuova tubazione entro lunedì 5 settembre, risolvendo così, una Volta per
tutte, l’antipatico disservizio.
Marco Armand Hugon,
Sindaco di Torre Pellice
SENZA STRADE
NON SI VIVE'
lll.mo Sig, Direttore
Nel corso del Festival de ’’L’Unità”
tenutosi recentemente a Torre Pellice
è stata esposta una mostra curata dal
Comitato tutela ambiente riguardante
l’apertura di piste agro-silvo-pastorali.
Tale mostra, costituita da fotografie
e didascalie esplicative era tale da
gettare una luce negativa su queste
opere, che sono fondamentali per la
sopravvivenza della vita in montagna
e per la cuura dei boschi.
Inoltre vi si fa cenno alla progettata
pista per il Pra, che dovrebbe essere
finalizzata, secondo i promotori della
mostra, ad un fantomatico ■■ villaggio
turistico ».
Devo ancora una volta prècisare
che l’amministrazione comunale di
Bobbio non ha in progetto alcun villaggio al Pra, prova ne è che non solo
non esistono piani in questo senso, ma
che in più occasioni il comune di Bobbio ha ribadito ufficialmente la sua
scelta di mantenere l’attuale destinazione agricola, integrandola esclusivamente a fini agro turistici. Questa
scelta comporta il recupero delle attuali baite abbandonate e la costruzione di un ricovero bovini per ogni
alpeggio; in questo ambito verrà regolamentato l’attuale flusso escursionistico adibendo una apposita area
per il campeggio di tende. Quello che
invece preme, se si vuole mantenere
l’attività nella Conca è la realizzazione della strada di accesso da Villanova, seguendo per quanto possibile l’attuale tracciato. Si concorda sulla esigenza di limitare il transito in base
ad un preciso regolamento, ma non si
può più transigere sulla realizzazione
dell’opera, che come è già stato detto è conditio sine qua non » per
mantenere vitale il Pra.
Sulle altre piste: gli altri Comuni
chiamati in causa esprimeranno certamente la loro risposta, per quanto
ci concerne possiamo affermare con
tutta serenità che:
— Esse vengono realizzate solo
quando e dove esiste un preciso interesse, non solo economico, di tutela dei boschi e dei pascoli montani,
che senza di esse andrebbero rapidamente incontro ad un inevitabile, grave degrado;
— tutta la fase di realizzazione —
dal progetto alla esecuzione — è
sempre seguita con attenzione e serietà, Impegnando nelle varie fasi
operatori e funzionari particolarmente attenti: dai progettisti — geologi e
tecnici — ai responsabili delle istruttorie autorizzative, alle ditte, particolarmente specializzate, chiamate ad eseguire i lavori.
L’iter burocratico d'altronde comporta
i seguenti atti formali, frutto di una
sostanziale istruttoria:
— Decreto presidente Giunta regionale piemontese a norma della legge regionale 27/81 (difesa idrogeologlca):
— Delibera della Giunta regionale
a norma della legge 431/85 per gli
aspetti paesaggistici;
— Concessione edilizia su conforme parere della Commissione Edilizia.
E’ bene pertanto, per onestà e serietà, evitare travisamenti ed insinuazioni generalizzate e generiche, che
finiscono solo per deporre negativamen
te sulla credibilità di quelli che le
fanno.
In generale pertanto la discussione
è sul futuro stesso della montagna e
sulla sua tutela.
Noi riteniamo che in questo contesto civile essa debba rimanere viva
e vitale, nelle sue varie forme ad
iniziare dalla fondamentale presenza
umana: -in questo senso non possono
essere negate quelle strutture che
sono basilari per una esistenza civile, che deve già tener conto di insormontabili difficoltà: l’isolamento, la
povertà delle risorse, eoe.
Pensarla in modo diverso, ritenere
che l’ottimale sia una montagna selvaggia, è per lo meno utopistico.
Affermare che non è il caso di
spendere denaro pubblico per aprire
piste che al limite servono una persona sola, non sapendo che sull’arco
alpino esistono migliaia di persone
« sole » significa soltanto costringere
questi “ solitari » ad andarsene; ma
così facendo verremmo a porci in condizioni non dissimili, se non peggiori, dei tanti regimi totalitari che il problema delle popolazioni di disturbo
l’hanno risolto con le deportazioni di
massa.
Aldo Charbonnier
Sindaco di Bobbio Pellice
CI OPPONIAMO
ALLE DUE STRADE!
Innanzi tutto: perché una raccolta
di firme? Perché pensiamo che sia giusto dare voce a tutta la gente con cui
abbiamo parlato, gente che non è d’accordo con le decisioni di quelli che
dovrebbero essere i loro rappresentanti, ma è sfiduciata e convinta che la
loro opinione, in fondo, non conterà
niente.
Ma veniamo alla ragione di questa
raccolta.
Perché NO a queste due strade?
Perché queste strade dovrebbero essere costruite stravolgendo due delle
più belle zone della Val Pellice;, il
Pra e il vallone del Subiasco.
Inutile perdere tempo a descrivere
il Pra: è conosciutissimo, sia dalla
gente del luogo che dai turisti.
Ci viene detto che la strada è necessaria per la costruzione di una
centralina idroelettrica ai piedi della
cascata del Pis.
E considerando che si deve arrivare
fino lì, si è pensato di farla continuare
al Pra, adducendo a ragione la possibilità di agevolare coloro che, come
gli alpeggiatori, lavorano al Pra nella
stagione estiva. Quello che non ci convince è che di centraline idroelettriche,
ultimamente, ne sono state costruite
parecchie, al punto di chiedersi quale
sia il fabbisogno energetico della Val
Pellice.
inoltre ci risulta che l’interesse per
le centraline finisca a costruzione ultimata, con totale noncuranza del
successivo non-funzionamento di queste, tranne poi addurle come scusa
per progettarne altre. Ragione ancor
meno plausibile è quella dell’agevolazione dei pastori del Pra in quanto, come
tutti sanno, esiste già una strada che,
passando dal Col Barant, porta al Pra.
Strada che forse non sarà molto agevole ma, come abbiamo già visto,
l’interesse per la funzionalità delle
cose si ferma a costruzione ultimata.
Una strada Villanova-Pra sconvolgerebbe tutta quella parte di montagne
lungo il tracciato, inoltre porterebbe un
tale afflusso di automobili in un luogo
fino ad oggi amato per la sua quasi
integrità naturale.
Non scordiamoci che dall’altra parte del Colle della Croce c’è il Parco
Naturale del Queyras, e che non sarebbe poi un’idea così stupida quella di
voler ampliare il Parco al di qua del
confine.
E veniamo alla seconda strada, quella che dovrebbe portare a Barma d’
Aut.
Certamente saranno in meno a conoscere questo luogo, caro solo alla
memoria di alcuni valdesi e a quei pochi amanti della montagna giunti fin
là.
La valle del Subiasco, o meglio
le sue montagne, possiede una bellezza particolare nel contesto delle Alpi
occidentali.
Partendo dal Bessè fino a Barma
d’Aut, è tutto un susseguirsi di rocce e guglie, con il torrente che corre incassato fra le pareti rocciose,
creando uno scenario stupendo.
Questa vaile si dice presenti anche
un discreto valore geologico, a causa
della presenza di « pietre verdi » (eclogiti e prasiniti). Nella sua parte più
alta, poi, custodisce un gran numero
di incisioni rupestri.
Non bisogna poi dimenticare che è
in questa valle che i Valdesi combatterono le loro ultime battaglie, prima
dell’esilio. Qra si vorrebbe costruire
una pista quando il pascolo di Barma
d’Aut è uno dei più poveri della valle, mentre ce ne sono molti altri, più
ricchi già serviti di strade, distruggendo così una parte del nostro patrimonio storico e naturale.
Questi e molti altri sono i motivi
per i quali ci opponiamo alla costruzione di queste due strade. Sappiamo
che ci verranno mosse molte accuse,
prima fra tutte (non manca mai) quella
di voler fare morire la montagna Impedendo a coloro che vogliono lavorarla di farlo con gli agi che il XX
secolo richiede.
Ma vorremmo fin d’ora rispondere
che per vivere la Montagna bisogna
prima rispettarla e amarla.
Mirca Falco, Massimo Manavella,
Torre Pellice
Programmi di Radio Beckwith
____________91.200 FM_____________
TORRE PELLICE — Il programma
« Speciale di Mr. Beckwith » subirà
uno spostamento al martedì alle ore
16.30 e al giovedì alle ore 17 e prevede, nelle prossime due settimane,
una serie di trasmissioni dedicate al
problema Palestina.
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Nell’ambito della
profilassi vaccinale obbligatoria contro l’afta epizootica riguardante bovini, caprini, ovini, si comunica che i
proprietari od aventi obbligo riguardo
agli animali devono compilare i moduli necessari presso gli uffici veterinari dell’USSL 43 entro il 15 settembre.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 8 settembre, Ore 17, avrà luogo al Centro
d’incontro una riunione con il seguente
od..g,: a) Azione urgente per la Colombia: Beatriz Monsalve, leader del
Frente Popolar .sociologa, e Luzmila
Collantes sono state trovate assassinate dopo varie minacce delle "squadre della morte”; b) Successo dello
stand allestito in occasione del Sinodo Valdese (21-26/8); c) Nuove proposte per il lavoro autunnale; d) Assemblea Circoscrizionale a Torino (via
Massena 2 bis): inizio ore 9.30, proseguimento nel pomeriggio; e) Assemblea Generale, Monteluco di Spoleto;
29, 30, 31 ottobre.
Manifestazioni
TORRE PELLICE — Lunedì 12 settembre avrà luogo la fiera autunnale aperta a tutti i settori merceologici.
TORRE PELLICE — Anche quest’anno
la società cooperativa operaia di consumo organizza la tradizionale festa
« del ritorno a scuola ». Essa avrà luogo nella serata di martedì 13 settembre, presso II cinema Trento, con la
consegna di un pacco dono ai figli
dei soci e la proiezione di un film
per ragazzi.
RINGRAZIAMENTO
« Sois fidile jusqu'à la mori et
je te dannerai la couronne de
vie »
(Apocalisse 2: 10)
I familiari di
Enrico Augusto Breuza
Cavaliere della Repubblica
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima e di affetto rieevuti
ringraziano lutti coloro che con scritti,
presenza, parole di conforto, sono stali
loro vicini in questa triste circostanza.
Rivolgono un pensiero riconoscente al
past. Lucilla Peyrot, al dott. Meli, ai
sindaci e amministrazioni comunali di
Salza di Pinerolo e Prali e a tutti gli
amici di Salza.
Salza di Pinerolo, 28 luglio 1988.
RINGRAZIAMENTO
« Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23)
E’ improvvsamente mancato
Salvatore Catto
Lo annunciano la moglie Adriana e
parenti tutti, ringraziando quanti hanno partecipato al dolore.
Un grazie particolare al pastore Taccia ed al prof. Varese per l’assistenza
data.
Torino, 6 agosto 1988.
RINGRAZIAMENTO
<t Insegnaci dunque a così contare i nostri giorni, che acquistiamo un cuor savio »
(Salmo 90: 12)
I familiari del compianto
Carlo Alberto Rochon
(Charliccu)
di anni 89
ringraziano tutti coloro ohe hanno preso parte al loro dolore, in particolare
il pastore Bruno Rostagno.
Inverso Pinasca, 13 agosto 1988.
Si è epensa swe^namente
Ines CoTsson ved. Borgonovo
Ne danno il triste annuncio a parenti ed amici le sorelle Ida e Assely
ved. Chentre con la figlia Elsa, la nuora Magda Cases ved. Borgonovo con i
figli Giorgio, Laura e Andrea.
Vergiate (Varese), 13 agosto 1988.
RINGRAZIAMENTO
(c L’Eternel est mora berger: je
ne manquerai de rien »
(Psaume 23: 1)
E’ mancata alTaffetto dei suoi cari
Margherita Ricca ved. Connet
di anni 83
Ne danno il triste annuncio: i figli
Carlo con Rita; Anna con Gianni Capostagno, la sorella Elena, i nipoti Antony, Danielle, Fabio ed Elisa, cugini
e parenti tutti.
Un grazie riconoscente alla dott .ssa
Pisani, alle infermiere USSL per l’amorevole assistenza, e al pastore Zotta..
Torre Pellice, 23 agosto 1988.
RINGRAZIAMENTO
« Uanima mia s’acqueta in Dio
solo; da Lui viene la mia salvezza »
(Salmo 62: 1)
Ha terminato la sua giornata terrena
Clelia Jahier in Parboni
Con profondo dolore lo annunciano
il marito Goffredo, i fratelli Eugenio
e Marie, i nipoti e parenti tutti.
La famiglia ringrazia riconoscente i
pastori Tourn, Zotta e La'bsch, e le signore Elena Rivoira, Adriana Stringai
e Eliana Morel. '
Torre Pellice, 27 agosto 1988.
RINGRAZIAMENTO
« E fattosi sera, Gesù disse:
passiamo all’altra riva »
(Marco 4: 35)
Le figlie e i familiari della compianta
Enrichetta Ruffino
ved. Portigliatti
sentitamente commossi per la dimostrazione di stima e affetto tributata
alla loro cara mamma, ringraziano tutti
coloro che con presenza, fiori, scritti e
parole di conforto hanno preso parte al
loro dolore.
Coazze, 27 agosto 1988.
AVVISI ECONOMICI
VENDO casa ristrutturata 2 camere bagno, veranda, acqua, luce, telefono Trussan Riclaretto - telefonare 0121/
808030 ore pasti.
SIGNORINA 24enne, evangelica, milanese, gradirebbe conoscere giovane
massimo SOenne scopo amicizia eventuale matrimonio. Scrivere a P.R.
presso La Luce - Via Pio V, 15 10125 Torino.
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^ sinodo valdese e metodista
1
9 settembre 1988
INTERVISTA A SAMUEL AKLE’, DELEGATO CEVAA AL SINODO
PERCHE LA CEVAA
Lunedì sera 22 agosto i deputati al Sinodo
e la popolazione ha potuto assistere ad una serata dedicata alla CEVAA nel tempio valdese
di Torre Pellice. La CEVAA (Comunità Evangelica d’Azione Apostolica) comprende 46 chiese di 19 paesi dell’Africa, deM’America Latina,
dell’Europa e del Pacifico, ed è nata da un progetto della Société des Missione redatto nei
1970, ed approvato nei 1971 anche dal nostro
Sinodo. Chiese riformate, metodiste, battiste e
unite, hanno ritenuto di mettersi insieme all’ascolto dell’Evangelo nella diversità stessa
della loro cultura e del loro contesto sociale.
Si propongono così di superare pregiudizi e barriere storiche di dipendenza e di lingua (lingue
locali e lingue dei colonizzatori: francese, in
glese, italiano, portoghese, castigliano, tedesco) per condividere e vivere l’Evangelo in modo aperto e dinamico. La segreteria delia
CEVAA ha attualmente sede a Parigi (12, rue
MiromesniI, F 75008 Paris). Il Comitato italiano per la CEVAA è presieduto dal pastore
valdese Renato Coisson (Via Balziglia, 44 10063 Pomaretto, To) con il quale collaborano
tra gli altri il pastore Claudio Pasquet e l’animatore teologico Franco Taglierò. Il 23 agosto
abbiamo intervistato il pastore Samuel Aklé,
della Chiesa Evangelica del Benin, ed ora alla
segreteria CEVAA di Parigi; ha partecipato
anche Kwami Bony Edzavé, originario del Togo
e pastore della comunità cristiana protestante
di lingua francese a Roma.
— La CEVAA ha sostituito nel
1971 l'antica Société des Missions.
Si può dunque dire che il « missionario » sia « in moratoria »?
In altre parole, cos'è cambiato
rispetto all’antica concezione?
— Non si tratta più di un rapporto a senso unico dall’Europa
alle comunità del Terzo Mondo;
da una cultura « egemone » ad
una « subalterna », ma del rap
porto paritario tra chiese che
servono Gesù Cristo facendo parte di una « comunità ». Non ci
sono più chiese « madri » che
danno, e chiese « figlie » destinate solo a ricevere. La CEVAA
in effetti non è un’associazione
di chiese, ma una comunità. Pa
e cioè dei quattro elementi fondamentali che determinano la
« predilezione di Dio per il mondo »: i bambini non moriranno;
gli anziani avranno una vita piena; coloro che edificheranno le
case, le abiteranno; coloro che
pianteranno la vigna ne mungeranno il frutto. Come vi ponete
nei confronti di chi impedisce
la realizzazione del programma,
ed anzi agisce al contrario? Le
chiese della Nuova Caledonia
hanno saputo denunciare ü velero colonialismo francese, schierandosi con i kanachi nella loro
richiesta di indipendenza: ciò si
è ¡mtuto fare, in quanto la Repubblica francese permette almeno il manifestarsi delle opposi
Samtiel Aklé e la
moglie al Sinodo
stori di chiese africane sono
« missionari » in Europa, come
è il caso di Bony Edzavé, pastore della comunità evangelica di
lingua francese a Roma.
— Si può dire che anche nella
chiesa cattolica romana ci sia
stata un’analoga evoluzione nell’opera missionaria?
— La domanda è pertinente,
ma bisognerebbe rivolgerla ai
cattolici medesimi. Ciò che conta comunque è di vedere come
cattolici e protestanti, in quanto cristiani, annunciano e vivono l’Evangelo.
zioni. Ma come si comportano
le chiese là dove le dittature
militari sono strumenti del neocolonialismo, e comunque di
grossi interessi stranieri e, come avviene in molti paesi africani, perseguitano ogni dissidenza? Durante il regime fascista,
la chiesa valdese ha conosciuto
un dramma analogo. Tacere in
attesa di tempi migliori, o denunciare l’avversario del « programma di Isaia »?
— Non ritenete che l’esistenza
di chiese territoriali indipendenti, comporti per i protestanti
una maggior libertà d’azione?
— Come comunità protestanti,
dipendiamo soltanto da Gesù
Cristo. « Protestanti » p>er noi significa che abbiamo imparato
come permettere a ciascuno di
noi, nel proprio contesto, di ricevere e comprendere il messaggio del Vangelo, come trasmetterlo e condividerlo con il
prossimo. Forse qui sta già una
differenza tra protestanti e cattolici. Gesù Cristo ci ha comunicato un modo di vivere e di
comprenderlo e noi vogliamo, là
dove siamo, cercare di seguire
il nostro unico Signore, e conformare la nostra esistenza al
suo messaggio.
— La CEVAA è impegnata in
quello che si può definire il programma di Isaia (cap. 65: 17-23)
— Sappiamo bene che questo
programma non è di facile attuazione per le chiese, africane
e non. Esse devono affrontare i
grandi problemi che affliggono
l’umanità; guerra e pace, povertà, fame, raizzismo, giustizia sociale, scambi internazionali, dialogo fra religioni, politiche nazionali, vita familiare e comunitaria... La fedeltà e la logica esigono che si mettano in discussione le ideologie politiche, i sistemi economici e sociali, le forme di governo, le politiche nazionali e quelle dei potentati che
dominano il mondo. Riteniamo
che i problemi con i quali si confrontano le chiese della CEVAA,
europee, africane, del Pacifico e
deH’Àmerica latina (come la
chiesa valdese del Rio de La Piata, aderente anch’essa alla
CEVAA) siano così enormi, che
soltanto l’ascolto dell’Evangelo
ci permetterà di ricevere l’ispirazione, l’intelligenza e la saggezza necessarie p>er far fronte
alle sfide con le quali oggi siamo chiamati a confrontarci. E’
La CEVAA è una trama di relazioni tra chiese cristiane che operano
in 19 paesi del mondo e tra culture diverse.
per questo che mettiamo, ancora e sempre, l’accento sui concetti di « comunità », e di « solidarietà » che devono esistere
fra tutte le chiese. Anche se in
un paese noi non possiamo far
molto, tuttavia, sentendoci sostenuti dalle altre chiese, troviamo
la forza necessaria per denunciare, qui e là, ciò che è necessario denunciare. Vorrei attirare l’attenzione sul fatto che noi,
chiese, non dobbiamo assumere
il ruolo di gendarme; noi siamo
una cosa sola con i problemi degli uomini, ovunque, e pertanto
dobbiamo conoscere l’origine dei
problemi emergenti per trovare,
insieme, gli elementi utili alla
loro soluzione. Pertanto le chiese protestanti che hanno costituito questa grande comunità,
quale appunto è la CEVAA, vogliono condividere le reciproche
preoccupazioni politiche, economiche, sociali, religiose, culturali; ed è in questo « partage », in
questa condivisione partecipata,
che esse possono trovare, insieme, alcune soluzioni mano a marno che si presentano in questo
o in quel paese. Tu hai parlato, a giusto titolo, della Nuova
Caledonia. Cos’è accaduto, cosa
accade oggi in Nuova Caledonia?
Accade che il popolo kanaco,
sentendosi sempre più emarginato dal contesto politico coloniale, dice; basta! L’Evangelo
che leggiamo in quanto protestanti, non ci autorizza a lasciarci, come si dice, « marcher sur
les pieds ». Ma questo stesso
Evangelo ci chiede di rispettare
il prossimo, «l’altro»; pertanto
la chiesa protestante in Nuova
Caledonia vuole soltanto attirare l’attenzione delle autorità sulla necessità di rispettare il prossimo. La chiesa evangelica, sostenendo il movimento che evoca l’idea di indipendenza, non
vuole ignorare la necessità per
tutte le comunità esistenti in
Nuova Caledonia di vivere insieme. Chiede soltanto il rispetto
dì tutti, affinché la vita comunitaria possa risultare possibile.
E tutto ciò viene dalla lettura
che la chiesa protestante della
Nuova Caledonia fa dell’Evangelo. Conseguentemente, le altre
chiese della CEVAA, quali le
chiese di Francia, non fanno
che appoggiare quella della Nuova Caledonia in tal senso. Così
pure, negli altri paesi, in differenti contesti, le chiese evangeliche sapendo quanto avviene in
Nuova Caledonia, ne condividono le preoccupazioni. Questo
esempio può essere allargato a
tutti i vari problemi connessi
con i diritti deH’uomo, politici,
economici ecc., che si pongono
negli altri paesi; nostro impegno
è di chiedere ogni volta alle chiese di vegliare, di pregare e di
fare in modo che l’uomo diventi
ciò che Dio vuole ch’egli sia;
che il rispetto per la persona
umana sia irrinunciabile ovunque. E’ questo uno dei messaggi
che abbiamo ricevuto da Gesù.
— Oltre alla colonizzaz'one
« esplicita », tipo Nuova Caledonia, esiste anche una colonizzazione « implicita », e cioè « nascosta ». Come evitare che la diffusione dell’Evangelo, che è essenzialmente liberatorio, non diventi invece veicolo, breccia di
cultura indotta e quindi di colonizzazione? Nelle belle foto
ammirate nella serata CEVAA di
Torre Pellice, abbiamo visto catecumene africane vestite, in occasione del battesimo, con abiti
occidentali, dal cappellino alle
scarpette...
— Certo, ora tu tocchi il fondo del problema. Sappiamo bene che l’Evangelo è stato predicato ai nostri genitori da uomini portatori di una certa cultura; ritengo che oggi, nel 1988,
la nostra preoccupazione è di
non far portare a que^i. uomini, ed ai nostri genitori, il fardello degli errori ch’essi possono aver commesso evangelizzando in buona fede, a loro rischio.
Noi siamo del resto coscienti
che ciò è avvenuto in un contesto di colonizztizione che avvolgeva tutto e tutti. Ma ora riconosciamo innanzi tutto che ogpi
popolo, ogni paese, ogni società, ha delle potenzialità culturali, economiche, religiose di cui
si deve tener conto. Pertanto,
ogni chiesa deve comprendere
di non possedere una sua verità, ma che tutte insieme devono
cercare questa verità e tendere
Colonia Val dense (Uruguay) giugno ’87: riunione del Consiglio della
CEV.AA
a lei; così le cose cominceranno a cambiare. Ed è un po’ anche per questo cambiamento
che noi lavoriamo; affinché ogni
chiesa, nel suo contesto, si ponga la domanda di sapere cosa
l’Evangelo le chiede di essere,
« qui e ora ». Nella mi,sura in
cui ogni chiesa si dà a questo
esercizio, rischioso e delicato —
lo sappiamo bene — allora potremo stringerci la mano e comprendere quanto ciascuna ha saputo dare e ricevere dall’altra.
Ma, come hai sottolineato, è importante che si faccia ben attenzione a non essere beffeggiati,
ingannati dagli slogan intorno a
noi. L’Evangelo è quello della
liberazione; ma quale genere di
liberazione? Ecco la questione.
Liberarci da che? Innanzitutto,
dal nostro egoismo, da ciò che
ci è « straniero » e non ci consente di andare al fondo di noi
stessi. « Liberarci », ripeto, è un
esercizio molto difficile. Non possiamo farlo da soli. Per questo,
come ho detto, è necessario l’ascolto attento della Parola di
Dio. Dobbiamo lasciarci sempre
guidare da questa Parola; ed è
in questa Parola che potremo
avere gli elementi che ci consentiranno di essere interpellati
nella nostra cultura e ricevere,
dal nostro contesto, tutti gli apporti necessari e che potremo
forse condividere con gli altri.
— Sappiamo che le lingue locali ora hanno sostituito nella
preghiera quelle dell’antico colonizzatore: e ciò è un preziosofattore liberatorio e decolonizzante. Vi sono però anche lingue
locali che stanno prevalendo,
perché parlate da alcune etnie
egemoni. Nella loro azione, le
chiese si preoccupano anche di
utilizzare le meno fortunate, al
fine di dare pari dignità alle culture che in tali lingue si esprimono?
— Mi sembra che anche questa domanda sia importante.
Quando parli di « lingue » e di
necessario rispetto per queste
lingue, ti riferisci ad uno « strumento » di comunicazione usato
da ogni popolo e da ogni comunità. Il nostro primo dovere è
di permettere che questa comunicazione sia possibile, che il
messaggio che noi dobbiamo trasmettere e diffondere sia com- ,
preso. Ed allora bisogna dare
atto ai primi missionari defio
sforzo notevole compiuto affinché il messaggio evangelico giungesse nella lingua locale. Successivamente, le lingue della colonizzazione e gli interessi politici hannO' discriminato, privilegiando alcune lingue a scapito
di altre. Ma i primi portatori
dell’Evangelo erano pienamente
coscienti che ogni popolo ha
qualcosa da dire, e che è nella
lingua di ogni comunità che occorre trasmettere la Parola del
Signore. E’ a partire dal rispetto
delle reciproche identità che noi
potremo metterci insieme, in
movimento.
A cura di Tavo Burat
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