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DELLE
LONQO SEIMA '
Casa Valdess
10:ms FELLICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
' Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le qu^ avete peccato, e lotevì un cuor nuovo e uno spirito nuovo
1 Anne LXXXVIII - N. 7 A BUON A MENTI 1 L. lAOO per rintemo 4- Eco e La Lucei per Piirtemo ^ediz. abb. postale - ¡1 Gruppo TORRE PELLICE — 14 Febbraio 1958
1 Una copia L. 30 I L. 1.^ per Testerò L. 2.500 p¿. Tenero Cambio d’indirizzo Lire 40,— Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
L’ispirazione del passato
Terre povere... ma eredità spirituale ricca
In questo periodo dell’anno, il pensiero dei figli delle Valli Valdesi residenti all’estero, si volge naturalmente verso la loro terra d’origine.
Evidentemente c’è, nelle nostre Valli, qualcosa che agisce potentemente
sui Valdesi. Quelli che scuotono le
spalle quando si parla di valori morali e spirituali più potenti di qualunque valore materiale, vadano a trascorrere il XVII Febbraio in uno dei molti
gruppi valdesi che si trovano al dilà
dell’Atlantico, e si ricrederanno. Ripensiamo alla commozione di quei
fratelli! Non era soltanto la nostalgia
della terra natia che riempiva — per
esempio — di lacrime, gli occhi della
buona vecchietta del gruppo di Valdese nella Carolina del Nord, quando
mostrandoci nel suo giardinetto alcune piante di rododendro e di lavanda
che essa aveva fatto venire dalle Valli, ci parlava, con voce rotta, della sua
valle di Massello e del suo desiderio
di potervi tornare, sia pure per un’ora.
Essa aveva idealizzato, nel suo cuore,
quella valle lontana, e la vedeva non
solo come simbolo della patria e della
sua gente, ma anche come simbolo
della fede che riempiva il suo cuore
e della voce interna che la richiamava
del continuo alla fedeltà alla legge di
Un noto autore scozzese, parlando
delle montagne della sua Scozia, afferma che le terre dove han vissuto molte
generazioni di uomini forti e valorosi, assorbono, da quelle generazioni,
qualcosa che rimane a compenetrare
quelle terre. E noi, più di una volta,
percorrendo le nostre Valli così ricche
di ricordi di fedeltà fino alla morte,
e così piene di memorie di coraggio e
di forza d’animo, ci siamo domandati
donde venisse quel senso di esaltazione e d’ispirazione che ci compenetrava.
Quando si parla di una eredità che
i Padri ci hanno lasciato, si parla di
una realtà, quale che sia il canale attraverso il quale quella eredità scende
fino a noi e si manifesta nella nostra
vita. Nessuna generazione vive solo
per se stessa: e specialmente le eredità che appartengono alla vita morale e spirituale, rappresentano forze
reali meravigliose che non vanno sottovalutate.
I Valdesi, anche vivendo lontano
dalla patria, quando volgono il loro
pensiero verso le loro care Valli con
intensità di sentimento, ricevono qualcosa attraverso al vincolo che li unisce alla loro terra. Ricevono una ispirazione che li eleva e li purifica; ricevono un richiamo verso l’ideale, che
li sprona; ricevono un conforto che
commuove e consola il loro cuore.
Qualche volta abbiam pensato che
molti valdesi i quali, vivendo sulla
terra delle loro valli, si sono induriti
nell’animo fino a perdere il senso del
valore morale e spirituale di quella
terra, avrebbero bisogno di recarsi
per un po’ di tempo lontano — oltre
i mari — per ritrovare quella sensibilità che permetterebbe loro di sentire
nuovamente quel qualcosa che emana
dalle Valli e che è invece profondamente sentito anche da fedeli valdesi
di adozione.
Per sentire l’influenza morale e spi
rituale delle Valli bisogna essere aper
ti a quell’influenza. Bisogna vivere nel
lo stesso spirito di religiosità e di fe
deità a Dio nel quale vissero i Padri
Bisogna nutrirsi della conoscenza di
ciò che avvenne attraverso i secoli, su
quelle terre e di ciò che ispirò gli uomini del passato. Allora uno non vede
più soltanto la povertà materiale dei
terreni e dei pascoli; e le difficoltà e
le durezze della vita di chi lotta per
trarre da quelle montagne il pane
quotidiano. Ma accanto e al disopra
della vita materiale povera e dura,
sente i valori morali e spirituali di
cui gode chi sa vivere su quelle terre
con lo spirito elevato e libero con cui
vissero i Padri.
C’è una benedizione che è stata lasciata in eredità dai Padri in quegli
angoli isolati dal mondo; una benedizione spirituale per sè e per la propria famiglia, per chi sa vivere in povertà materiale, sulla terra che ha veduto i sacrifici e la fedeltà dei Padri.
Tempo fa visitavamo, in una cittadina marittima, un vecchio fratello malato, originario delle Valli, quando è
entrato a salutarlo un suo amico.
Quando il vecchio valdese ebbe spiegato all’amico che era venuto a trovarlo un Pastore della sua Chiesa, riamico si è rivolto a noi col volto illtiminato, dicendo : « Anche mio padre
era evangelico! ». Poi ci ha parlato- a
lungo e con ammirazione del padre,
un uomo integro che aveva una gran
fede. Era morto alcimi anni or sono
in un paese vicino a Milano ed il figlio
ricordava con riconoscenza,,}! niessajggio cristiano pronunziato da un Pastore di Milano. Parlando della fede
del padre, quell’uomo si è commosso
fino a piangere: « Creda pure, ci ha
detto, mio padre mi ha lasciato un
esempio di come un vero cristiano deve vivere ed il suo ricordo è stato per
me in benedizione e mi ha aiutato tante volte nella vita ».
Non si vive solo per se stessi. I nostri Padri han vissuto anche per noi e
noi dobbiamo vivere anche per i nostri giovani.
Quale eredità lascieremo loro? Saremo noi in benedizione per loro se
abbandoneremo i nostri monti, se
scenderemo dove la terra è più ricca e
dove si godono maggiori vantaggi materiali, a patto di rinunziare alla fiera
indipendenza ed alle libertà delle quali si gode sui monti? Saremo noi in
benedizione per loro, abbandonando
le rudi colline di Betlemme per scendere nella vasta pianura, nelle città
dove impera la immoralità di Sodoma
e Gomorra?
Nella pianura c’è più danaro, c’è
una vita più facile, ci son maggiori
divertimenti. Ma ci sono anche molti
pericoli ed è facile dimenticare, nella
pianura, che siamo eredi di beni ben
più preziosi dei vantaggi materiali.
Noi comprendiamo la tentazione
che spinge ovunque i montanari ad
abbandonare la povertà dei monti;
ma temiamo che l’abbandono dei monti rechi con sè il pericolo di abbandonare anche la più preziosa eredità. E’
meglio cercare il modo di far rendere
¿j più — con accorgimenti moderni
— le terre di montagna, anziché abbandonarle. E’ meglio studiare il modo per arrotondare le prof^ie entrate
senza dover per questo abbandonare
le casette avite.
Anche se qualcuno - dovesse allontanarsi dalle sue Valli, per fona maggiore,'non dimentichiamo mai che esse rappresentano per noi e per i nostri
figli, un’eredità preziosa. Teniamoci
attaccati — da vicino o da lontano
a quei valori spirituali che sono ff nostro tesoro; e trasmettiamoli ai piu
giovani insegnando ad essi che Si convien dare il primo posto nella vita, ai
valori dello spirito.
Gesù insegnava : « Che giova egli
aH’uomo se guadagna tutto il mondo
e poi perde l’anima sua? »•
PAOtO BOSIO.
più forte
Fra i rocktlendri c ¡’erica, sul colle
IH Cassu^, coi suoi s’era accampato
Gianavel^ — nè urgeva ora il periglio —
E del pt^ forte a luì fu domandato;
-i«T Quale fra poi il più forte, Gianavello? —
Forti campioni tutti; saldi, audaci.
Montanari tagliati nella roccia,
Mnpie le spalle, quadrati i toraci,
TendeanJ] pugni duri come sa.ssi;
Ferrigni, Jódusti, .“ubiti alto scatto
Dei muscùjU possenti. Occhi di falco.
Intenti aU^ioco come a un serio patto,
i
Imravan Gianavello dentro agli occhi;
pgfi sorrise! — Gianavello, il vero! —
guardò lentamente ad uno ad uno;
volto calmo diventò severo;
— QuegliM-- E accennò lontano sotto un pino.
— Quegli ài tutti voi certo è il più forte! —
Un giovanotto, adolescente ancora.
Pregava l^ con le pupille assorte.
W
, ^ Non voi, ma il vostro Dio; non forze umane,
ìip Spirito! il più forte è Quei che crede...
\%idesi, e dunque al mondo non vi sia
iJÌtente più forte della vostra fede! —
iw-..,, Meuxe
IL PILOTA
Ero su una nave che doveva ancorarsi nel porto belga di Anversa.
Era notte. Improvvisamente la nave ridusse ht^wlocità ed io mi recai
sul ponte "pér osservare l’arrivo nel
porto. Eravamo ancora molto al
largo. Il mare era completamente
calmo; in distanza si vedeva la costa olandese.
Una piccola imbarcazione venne
ad affiancarsi alla nostra nave. Fu
calata una scaletta di corda lungo il
fianco della nave ed un uomo saltò
a bordo per pilotare la nave fino
in porto.
In seguito seppi che la foce della
Schelda è pericolosa a causa dei
suoi numerosi banchi invisibili ad
occhio nudo. Soltanto il pilota del
porto conosce tutti i punti più pericolosi, e soltanto lui poteva condurre la nave in porto sana e salva.
La vita sembra essere qualche
volta così facile che non realizzia
mo i pericoli che ci minacciano
Ma abbiamo bisogno di un pilota
Come i discepoli che accolsero Ge
sù nella loro barca, anche noi ab
biamo ogni giorno bisogno di Cri
sto che piloti la nostra vita, sia
quando c’è calma che nelle tempeste. ' ..-V
(D Seminatore)
PAGINE DI STORIA VALDESE
Un fedele servitore : Antonio Grill
Nel penultimo numero dell’Eco si
legge, nel notiziario della Chiesa di
New York, che a Valdese è deceduto, il 16 novembre scorso, il signor
Antonio Grill, originario di Frali.
La ferale notizia ci ha particolarmente colpito, perchè eravamo in
relazione epistolare col sig. Grill da
oltre un decennio, press’a poco quando era morto suo fratello, il pastore
Filippo Grill, a Firenze. Ma nessuna notizia di una sua malattia ci
era pert'enuta e non potevamo supporre che la sua forte fibra si sarebbe improvvisamente infranta. Gli avevamo infatti scritto, ai primi di
gennaio, una lettera per dargli delle
informazioni sulle Valli, da lui sempre assai gradite, e per augurargli
un seretio riposo, per il 1958, che
sarebbe stato il suo 87“ anno di età
Purtroppo, non risponderà più,
col suo stile arguto ed infiorato di
espressioni nel rüde « patois » di
Frali alla nostra lettera, perchè già
entratoi nel suo ultimo riposo.
Ma la sua figura di laico attivo,
di insegnante provetto, di membro
di Chiesa zelante e di collaboratore
apprezzato, mi sembra debba essere
brevemente ricordata dal giornale
della Chiesa che egli leggeva sempre con gran gioia e di cui apprezzava molto la bUinguità.
Egli era nato ai Pomieri di Frali,
il 7 giugno 1871. Quivi egli fu, per
un lustro circa, dai 18 ai 22 ai. ni,
maestro in una delle tante scuole
di quartiere di cui andarono fiere le
nostre Valli, un secolo fa, ed oggi
chiuse ahimè! per il 95 per cento, a
causa del persistente spopolamento
che sta seminando rovine irreparaliili in ogni regione alpina. Sposatosi con una Margherita Grill, il mese successivo lasciava il paese natio
per recarsi nell’America del Nord,
dove il pastore sig. Carlo Alberto
Tron stava guidando altre 51 famiglie valdesi, destinate a fondare una
colonia agricola valdese in una località prescelta della Carolina del
Nord, visitata in precedenza da alcuni pionieri.
A Valdese, il sig. Grill si mostrò
subito intraprendente ed attivo. Si
costruì una casetta nel lotto di terra toccatogli, lavorando sodo per alcuni anni in una maglieria fondata
con perseveranza dagli emigranti
stessi e che sta alla base delle modernissime industrie di calze, che
sono diventate la specialità di Valdese od una di esse. Fu in seguito
richiesto dai coloni di riprendere il
lavoro d’insegnante, già esercitato a
Frali, e così egli fu l’iniziatore della pubblica istruzione in Valdese.
A questa attività egli consacrò, giocondamente, come maestro prima,
come rnembro della Direzione e direttore poi, i suoi talenti pedagogici fino ai suoi ultimi anni, conseguendo in tale campo di attività dei
risultati veramente eccezionali. Vi
sono infatti oggi, a Valdese, magnifici edifici per le scuole elemeaitari,
medie e superiori, per upa popolazione scolastica di oltre 1400 alunni. e studenti. E l’ultima volta che
il sig. Grill si recò all’inaugurazione dell’anno scolastico, due anni fa,
quasi presago egli disse ai giovani:
” Insegnare è opera ardua, ma non
interamente ingrata. E più d’uno
studente di oggi, benedirà più tardi
la memoria dei suoi insegnanti, che
si sono sempre sforzati di fare degli
uomini e delle donne di valore per
il mondo di oggi e per quello di domani. Possa benedirvi ed aiutarvi
Iddio, ogni giorno della vostra vita”.
11 suo animo pacifico ed amante
della giustizia gli valse da parte dei
suoi correligionari la carica di esattore: per meglio dire di impositore
delle tasse alle singole famiglie della cittadina, carica rinnovatagli parecchie volte. Ed è pure dovuta alla
abnegazione del sig. Grill ed alla
sua operosità instancabile, la catalogazione di tutte le famiglie valdesi colà stabilite, nel primo Cinquantenario di vita di Valdese. Copia di
detto catalogo è stata regalata nel
1948 alla Società di Studi Valdesi,
ad essa dovrà ricorrere chiunque
si accinga a parlare degli indigeni
odierni di quella caratteristica città
degli Stati Uniti.
Fer iniziativa del sig. Grill e di
altri si costituirono pine a Valdese
una società di mutuo soccorso, fiorente ancor oggi, ed una banca di
credito agricolo.
Nè si fermò in questo campo Fattività del sig. Antonio Grill. Egli fu
anche un membro di Chiesa molto
attivo fin dalla sua costituzione. Fu
diacono ed anziano rispettato, per
lunghi anni sovrintendente delle
Scuole domenicali, maestro di canto
e direttore della Corale della Chiesa stessa. Egli volle e seppe mettere a frutto, per la sua Chiesa e per
la sua città, quei talenti che gli erano stati confidati dal Fadrone, che
gli ha potuto, a viste umane, rivolgere le consolanti parole dell’Evangelo: ” Va bene, buono e fedel servitore; sei stato fedele in poca cosa,
ti costituirò sopra molte cose; entra
nella gioia del tuo Signore
11 sig. Grill non ha lasciato figli
f sua moglie era morta da lunghi
anni. Ai nipoti, alle nipoti ed a^i
altri parenti che la sua dipartita lascia nel lutto, esprimiamo la nostra
viva simpatia cristiana. T. G. P.
2
2 —
I.TECO DELLK VALLI VALDESI
daän Stali Uniti
Siamo lieti di pubbliearé questa prima corrispondenza del Moderatore dagli Stati Uniti
A lui ed alla sua Signora inviamo dalle Valli un messaggio di augurio e di saluto
Washington, 3 Febbraio 1958
Ci sembra quasi imjwssibile che già
il mese di Gennaio sia passato, senza che siamo ancora riusciti a dare
nostre notizie ai lettori dell’Eco delle
Valli e ai membri delle nostre Chiese che ci seguono col pensiero nella
nostra missione. Il fatto si è che, appena messo piede sul suolo di New
York, è subito cominciato a svolger
si, a ritmo piuttosto accellerato, il nostro programma.
Il primo saluto di benvenuto ci è
giunto mentre eravamo ancora in
navigazione, a due giorni di distanza
dall’arrivo, a mezzo di un radio messaggio di cari amici che ci facevano
cosi sapere che la loro casa sarebbe
stata a nostra disposizione.
La traversata dell’Atlantico era stata piuttosto burrascosa, tanto che la
nave giunse con un intero giorno di
ritardo sull’orario; ma la cordialità
dell’accoglienza allo sbarco, fece presto dimenticare il travaglio del viaggio per mare. Eravamo infatti ancora
in attesa che si iniziassero le modalità dello sbarco, quando salì a bordo il Presidente della American Waldensian Aid Society, Dr. Elliott che
fu in Italia per la seconda volta l’estate scorsa e che parecchi dei nostri
Pastori conoscono. Non appena scesi a terra, ecco la Sig.ra Frampton,
la Sig.ra Kenny, la Sig.na Lowry, Segretaria della AWAS, il Dr. Riggs che
visitò le Valli l’autunno scorso, il Dr.
Nino Jervis. Nevicava, ma questa brar
va gente era da due ore in attesa
dello sbarco nel porto di New York.
C’è con noi im giovane medico ita
liano che deve proseguire per Cleveland, ma non conoscendo abbastanza la lingua, non sa come districarsi.
Ma uno dei nostri amici gli viene in
aiuto e caricatolo con i bagagli sulla
sua. macchina, lo conduce alla Stazione da dove potrà proseguire il
viaggio. Si ricorderà, ne siamo certi,
della fraterna cordialità trovata ap
pena messo piede in questa terra protestante.
.Bisogna fare tappa neH’ufììcio della Awas per prendere conoscenza del
programma che ci aspetta e per di
scutere alcuni dettagli, e poi finalmente è la bella casa del Dr. e della
Signora Frampton che ci accoglie.
Il giorno .seguente siamo a Bronxville per incontrarvi alcime persone
ospiti del Dr. Riggs e interessarle all’opera nostra. Il lavoro vero e proprio comincia il mattino dopo, do
menica, con due culti nella grande
Dutch Reformed Church di Bronxville. La Chiesa è molto grande, e tuttavia regolarmente si hanno due culti, uno alle 9,30 e uno alle 11. Tutti
e due molto ben frequentati. Dopo
la mia visita di due anni fa la Chiesa è stata arricchita di una vasta salii per Conferenze e riunioni sociali
e di un numero considerevole di sale
per le varie classi della Scuola Dom^
r icale con una spesa totale di im milione e 700 mila dollari. Una cifra
astronomica se tradotta in lire italiane e la somma è stata interamente
coperta con contributi dei membri di
Chiesa. Pensavamo a quello che avremmo potuto fare noi con quella
somma e alle nostre difficoltà per
La Parola della vita
La guida sicura
«Gesù disse; Io sono la via, la verità e la vitay>
---------- Giovanni 14: 6----------
Rileggendo questa grande dichiarazione di Gesù Cristo non possiamo fare a meno di rievocare i tempi ed i momenti in cui Egli la pro
nunzio.
Gesù parla della sua morte come di un fatto inevitabile ; soltanto
essa non dev'essere motivo di turbamento per i discepoli; « Il vostro
cuore non sia turbato ; abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me ! »
Gesù parla loro del Padre e della casa « del Padre mio »; in essa vi sono « molte dimore » e la Sua morte ha il potere di aprir loro la via verso
quelle dimore ; Egli va a preparar loro un luogo affinchè « dove sono
io, siate anche voi ; e del dove io vo sapete anche la via ».
Tommaso rimane piuttosto incerto e perplesso : « Signore, non sapsiamo dove vai; come possiamo saper la via?» E Gesù gli risponde:
« lo sono la via, la verità e la vita ; nessuno viene al Padre se non per
mezzo di me ».
E fino all'ora del Suo glorioso ritorno, i credenti continuano a vivere nella fede In Lui : una fede non ancora e non necessariamente
accompagnata da grandi visioni, perchè come Toma siamo talvolta circondati dall'oscurità, resi incerti dai misteri che ci avvolgono o dalle
esperienze che facciamo lungo il nostro pellegrinaggio. Ma pur sempre
una fede sicura in quanto che non dipende prima di tutto da noi, dalle
nostre previsioni, dalle nostre storiche tradizioni valdesi, dalle nostre
umane speranze, bensì da Lui ; è una fede che riposa su di Lui, che si
attiene unicamente alla Sua parola, alle Sue promesse.
a
Le vie di quaggiù sono quasi sempre le nostre vie, quelle che percorriamo per necessità di cose, adempiendo il nostro dovere quotidiano
di cittadini del mondo e della nazione. Sono le vie del lavoro e della
fatica, della gioia e del dolore, delle speranze e delle delusioni. Non ci
portano molto lontano e, comunque, hanno un termine inevitabile:
la morte.
Anche per Gesù molti ritenevano che il termine ultimo fosse la
croce e la morte. Ma là dove le vie umane e terrene sembrano defìnitivamente sbarrate. Cristo passa : Egli è la Via che conduce al Padre, che
guida dalla terra al cielo. Non bisogna dimenticarlo, in un tempo in cui
le vie degli uomini sembrano essere le sole vere ed eterne : Egli rimane
la Via, la sola, quella che mena alla salvezza.
Ed è anche la Verità. Oggi molti ritengono di possedere la verità
e di monopolizzarla, non per servirla ma per sfruttarla. Grazie a Dio, la
Verità è più grande degli uomini, più alta di noi, perchè Cristo non è
un uomo come noi. Ed è Lui che ci tiene e che ci conduce ; è Lui che ci
trae fuori dalle nostre illusioni, dalle nostre menzogne, dai nostri meschini interessi terreni, dalle nostre limitate visioni ancor piene di oscurità o di lacrime, per dirci: « lo sono la Verità ». Tu non puoi fare altro
che lasciarti attrarre da Lui ; e, nel disordine delle idee umane, nel fracasso delle voci che passano senza lasciar alcuna traccia profonda, nella
seduzione di tutto ciò che serve a mala pena a distrarti per un po' di
tempo, ma non ti fa pensare e non ti obbliga a pregare, ricordati che
Cristo è la Verità : per te, per la tua vita e per la tua morte.
Ed Egli è la Vita : la vita vera ed eterna, non una parvenza di vita,
non un fantasma evanescente. Egli ci mostra che cos'è la vita in comunione col Padre e ci assicura che, su di Lui, la morte non ha più alcun
potere. La vita è il contrario della morte, della solitudine, del deserto ;
Cristo è venuto affinchè abbiamo la vita e l'abbiamo « ad esuberanza ».
Per quanto il Calvario ed il sepolcro non fossero lontani da Lui,
Egli disse per Lui e per noi, cioè per la nostra fede e per la nostra pace :
c lo sono la via, la verità e la vita ».
Fratelli Valdesi, al di là dei ricordi storici collegati alla festa del 17
Febbraio, dobbiamo prima di tutto credere in Cristo e impegnarci con
Lui. Nell'ubbidienza cristiana sta la vera ragione della nostra fede e
della nostra libertà valdese. e. r.
mettere insieme quanto ci è necessario per completare le nostre costruzioni di mole ben minore, o per mettere in sesto i nostri locali di culto
e le nostre piccole sale. Pensavamo
alla nuova Chiesa di S. Secondo, al
locale di Bari, all’asilo di Orsara, all’Asilo dei Vecchi di Vittoria che in
questi g’orni celebrava ü 25® anniversario della sua esistenza.
Nel pomeriggio della stessa domenica, una Signora della Chiesa aveva
invitato nella sua casa 150 persone
per il tè e per darci l’occasione di
parlare della nostra op»era a tutta
quella gente che riempiva tre vaste
sale contigue della sua bella casa. Fu
veramente una bella riunione. E poi
ancora la sera dovemmo parlare ai
giovani della Chiesa, illustrando le
proiezioni a colori della nostra opela. Fu una bella giornata, ricca di
possibilità. Il giorno seguente, mentre uno di noi parlava ai Pastori italiani riuniti nella Chiesa Valdese di
New York, l’altra aveva l’occasione
di rivolgere il messaggio alle rappresentanti femminili del Consiglio delle Chiese Evangeliche di Manhattan,
più di 200 delegate responsabili delle
attività femminili.
Venne poi l’occasione di visitare
il gruppo dei Valdesi residenti a Ulster Park, una bella località a due
ore circa di viaggio da New York. Li
parecchie famiglie valdesi hanno costruito le loro casette, una più bella
deH’altra, e il numero aumenta ancora. Le abbiamo visitate quasi tutte, Ano che giunse l’ora della riunione che fu tenuta nella casa ospitale
del Sig. Tron, fratello del nostro Pastore Giovanni Tron di Montevideo
e del Prof. Tron dì Pomaretto. Avremmo dovuto tornare la sera stessa
a New York, ma la neve ed il ghiaccio resero le strade impraticabili e
fu necessario pernottare nella casa
del sig. Davide Coisson, ima delle più
belle senza dubbio, circondata da betulle verso le quali, al mattino venivano gruppi di cervi a curiosare.
Il gran giorno tuttavia della nostra
permanenza a New York fu il 23 Gennaio, il giorno in cui la Waldensian
Aid Society diede un ricevimento in
nostro onore con un pranzo al quale
parteciparono 180 persone e rappresentanti della Chiesa Presbiteriana,
del World Council of Churches, del
Church World Service ed altri ancora,
Nei giorni successivi ancora altre
riunioni alla Camera di Commercio
di New York, nel cuore del quartiere
degli affari, nella Öhiesa del Dr. Elliott a Brooklyn, Sella grande Chiesa di Garden City, la Chiesa che si
è interessata tanto di Agape e del
nostro Collegio, contribuendo generosamente a queste due Istituzioni
da qualche armo ormai. Anche li,
due culti al mattino e poi una riunione nel pomeriggio, e visite a varie famiglie.
Eccoci poi a Princeton, ospiti per
una sera alla Facoltà di Teologia dove abbiamo potuto parlare a un folto gruppo di studenti e professori, il
giorno dopo ai membri del ramo locale della Società Valdese, e poi ancora a centinaia di studenti nella
Cappella e ad una riunione nella bella nuova casa della Signora Frampton.
Da Princeton passiamo a Montclair
per la riunione del ramo locale della Società Valdese e poi si parte il
giorno dopo per Stamford dove ci è
dato di parlare a un Consiglio Federale delle Chiese della regione. Siamo accolti in una Chiesa che è stata
appena dedicata la domenica prima.
Ed eccoci finalmente a Washington
dove il programma domenicale è star
to assai impegnativo, con una riunione alle 9 del mattino nella sede dell’YMCA, una seconda riunione in una
Chiesa Metodista ad un gruppo di
laici, il culto alle 11 in una Chiesa
Presbiteriana, il cqlto alle 16 nella
Chiesa Francese, il Cui Pastore Steinschneider conosce bene le nostre Valli e in genere l’opera in Italia, e poi
ancora la sera in un’altra Chiesa
Presbiteriana a circa 200 giovani.
Sono le 10 di sera quando finalmente possiamo prendere im boccone e
riposarci nella ospitale casa del Dr.
Ernesto Jervis che ci ha accolti nel
periodo della nostra permanenza a
Washington, Avremo qui ancora tre
riunioni quest’oggi e poi domattina
si ripartirà in aereo per altra località. Da ora in poi quasi tutti i nostri
spostamenti avverranno per aereo
per poter giungere a tempo in ogni
luogo.
Sembra che il numero dei nostri
amici vada crescendo. Ci ha fatto
piacere a Princeton incontrare il giovane studente in Teologia Franco
Giampiccoli che parla ormai correntemente inglese e che si è fatto molto stimare da Professori e studenti.
Questa corrispondenza giungerà in
prossimità del 17 Febbraio. Inutile
dire quanto penseremo all’Ital’.a nei
prossimi giorni e alle nostre Chiese
tutte delle Valli e della Penisola. Dal
14 al 17 dovremmo essere a Valdese,
nella Carolina del nord, tra i Valdesi stabiliti colà e celebreremo con loro il 17 Febbraio, realizzando cosi
ima comunione più stretta con tutti
voi.
A. e L. Deodato
La scuota delle Fucine nella Valle di Rara (Lucerna)
Spopolamento
delle Valli
Il nostro collaboratore ring. Max
Eynard, sottopone alla nostra attenzione un problema suscettibile di
reazioni positive e... negative. E’ comunque un problema che riguarda
da vicino la nostra vita sociale alle
Valli e sulla cui discussione chiunque può interferire, inviandoci le sue
riflessioni. Saremo grati alla « Pro
Valli » se vorrà farci conoscere il
proprio pensiero. red.
Con soddisfazione vedo che l’«Eco»
riprende il sempre attuale argomento del progres,sivo spopolamento comune a tutte o quasi le zone montane, poiché se da un lato cresce
ovunque la passione per la monta
gna turistica, si spegne quello per la
montagna residenza, si smdiano da
più punti i rimedi contro di esso,
che, in un paese costituito come l’Italia in gran parte da terreni montagnosi, è una grave minaccia economica e sociale ; per le nostre Valli
presenta inoltre speciali caratteri
morali. Orbene in uno degli ultimi
« convegni dei cinque » alla radio si
è discusso questo problema e qualcuna delle conclusioni cui gli interlocutori (che sono sempre persone
di speciale competenza) sono giunti
può suggerire alcuni rimedi applica
Dili al caso nostro.
Si riferì in quel convegno dell’immigrazione di agricoltori meridionale neU’Appennino tosco-romagnolo,
immigrazione che in alcuni casi ha
superato il deficit di popolazione, già
ridetto in alcune zone dal programma di ampliamento delle unità fondiare e di riduzione a bosco pascolo di
alcune colture. In generale tale immigrazione è stata soddisfacente.
Sono pertanto incoraggiato a rinnovare una mia proposta di qualche
anno fa, di attirare alle Valli i nostri fratelli valdesi del Sud e in specie della Sicilia. Sapevo allora di
qualche caso di simile immigrazione
che non aveva fatto cattiva prova ed
era stato di reciproca soddisfazione.
Lontano dalle Valli, ignoro se l’esperimento sia stato ripetuto altre
volte. Per conto mio, conoscendo i
nostri valdesi di Sicilia ed i contadini di laggiù, ho molta fiducia in una
simile immigrazione. Il contadino siciliano è molto meno sofisticato del
nostro e più laborioso; quella vita
povera e monotona che al nostro
contadino valdese di oggi può sem
brare insopportabile, in molti casi
costituirebbe un sensibile progresso
per il contadino siciliano. Nè la diversità del suolo e delle colture è
un grave ostacolo; il suo terreno na
tio non è spesso meno aspro del no
stro ed egli ha dimostrato di sapersi
presto adattare a colture e climi diversi da quelli cui è avvezzo. Non
poche famiglie rurali di mia cono
scenza, provenienti da zone prossime a Rievsi, sono stabilite da anni
in quel di Grenoble ove hanno anche acquistato delle proprietà, in una
regione cioè molto simile per suolo
e colture alle nostre Valli.
nostra ; ma certamente maggiore
temperanza e sobrietà e sopratutto
una fede viva ,onde il carattere
« valdese » delle nostre Valli ne sarebbe piuttosto rafforzato che affievolito, se pure ai Malan, ai Gay, ai
Tron si sostituiranno i Mancuso, i
La Manna ecc. Del resto il nostro
corpo pastorale non ha da tempo
presenti nel suo seno nomi di tale
origine? Basti citare il nostro Moderatore. E la popolazione delle Valli
non si è forse costituita con la fusione di genti provenienti da ogni parte d’Europa, come lo prova la molteplicità di tipi etnici che vi si riscontra?
Studino dunque la Pro Valli e gli
organi competenti i mezzi più acconci a trapiantare tra le rocce delle
Valli alcuni, il più possibile, di tali
buoni Valdesi. Son certo' che la loro
venuta stimolerebbe la nostra fedeltà correggendo reccessiva tendenza
a sentirsi troppo « Israele delle Alpi » e come tale, orgogliosamente
esclusivisti; è vero che tale tendenza
è oggi parecchio in ribasso.
Quello che occorre fare soprattutto
è di fornire a favorevoli condizioni
a questi nostri fratelli che sarebbero,
ne son certo, lietissimi di approfittarne, i mezzi di acquistare una mode
sta proprietà. Ciò è stato fatto in
Francia, in zone ove non era in gioco un interesse morale, ma solo un
motivo economico. Non potrebbe farsi anche da noi, ove occorre tra l’altro impedire che la superstite proprietà valdese cada in mano di altre
confessioni? Ma non ho competenza
per indicare gli strumenti atti ad ottenere questo scopo.. Si tratta in definitiva di una non difficile nè molto
rilevante operazione finanziaria che
non sarebbe un cattivo affare.
M, Eynard
Una mostra artistica
a Pinerolo
Non si può dire che tra i Valdesi
regni il razzismo, tuttavia certe prevenzioni verso il Sud non sono del
tutto scomparse. Ora, se tali prevenzioni possono avere una parvenza di
fondamento in linea gerale, non ne
hanno affatto a proposito dei membri della nostra Chiesa i quali, come
tutti i neofiti, in confronto di chi ha
ereditato una fede, po^iedono non
solo una moralità non inferiore alla
Sabato 8 corrente alle ore 18 è stata inaugurata nella Sala Rege-Santiano di Corso Torino la mostra dei
pittori dilettanti pinerolesi organizzata dalla « Pro Pinerolo » colla Direzione del Dott. A. F. Parisi.
I seguenti pittori hanno esposto le
loro opere : Prof .ssa Luciana Amatteis: Madonna; Rag. Bruno Villiot:
Ruscello, S. Maurizio; Sig. M. Rostan; Rive di torrente. Autunno,
Contadino che vanga; Sig. Mario
Marchiando Pacchiola: Cervo, Figura; Sig. V. Bcccari: Ai c’eli bigi. Garofani, Salotto verde. Paesaggio; Sig.
G. Olivetto: Natura morta. Fiori,
Fiori, S. Maurizio; Sig. M. Appendine di Bricherasio; Bricherasio, Paesaggio; Sig. R. Bruera: Val Chisone,
Ponte Palestre, Casolari Val Chisone, Villa Graziosa, Vecchia Pinerolo;
Sig. P .Garis di Vigone: Vigono; Sig.
A. Dell’Èva: Lago di Viverone; Sig.
Bertolotto: Natura morta; Sig. R.
Bella: S. Damiano d’Asti, Velo mattutino; Sig. R. Bolla di Bricherasio:
Pioppi sull’argine. Paesaggio, Cascata.
L’ingresso è gratuito.
La Mostra resterà aperta sino a
tutto il 18 Febbraio.
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Fratelli lontani
Desio, amor della patria lontana,
li ha ricondotti presso ai vecchi monti;
quella forza che li spingeva, arcana,
a riveder le vecchie, antiche fonti.
Sono venuti, dopo molti anni,
dopo aver tanto lavorato e atteso,
per riabbracciare, ora, senza affanni,
chi li aspettava con sguardo proteso.
Hanno lasciato, laggiù, gl'immensi campi
del fertil suolo uruguaiano,
e gli orizzonti bassi ed ampi
dove scavano gli strumenti e non la mano ;
hanno lasciato le ampie pasture,
gli armenti numerosi come stelle,
la vita ricca e le lor cure
e tante cose attraenti e belle,
per rivedere le ristrette Valli,
che lasciarono un giorno lontano;
per ripercorrere i ben noti calli,
che da tanto sognavano invano.
Rivedon le montagne — quanto ardite —
ed i villaggi — quanto miserelli —
c< Oh ! da noi, con noi, tutti venite,
c'è pane là, ed i luoghi son belli ! »
Eppure, in fondo, al cuore> sanno
la lunga, tormentosa nostalgia
che strazia tutti quelli che ci vanno...
« La patria è qui, la dolce patria mia ». A.B.T.
Ai pensieri espressi in questa poesia e dedicati al ricordo dei « fratelli lontani », aggiungiamo i nostri e quelli del popolo valdese delle
Valli, in uno sguardo che abbraccia i fratelli in fede, eredi della tradizione valdese e sparsi ora nel vasto mondo.
In occasione del 17 Febbraio pensiamo ai fratelli della Penisola ed
a quanti, oltre i monti ed i mari, sono uniti a noi nella gioia e nella riconoscenza : ai Valdesi di Ginevra, di Losanna, di Zurigo, di Marsiglia, di
Parigi, di Londra, di New York, di Valdese, delle grandi Chiese dell'Uruguay, dell'Argentina e di altre località, disseminati nei vari continenti e provenienti dallo stesso ceppo.
Inviamo loro un cordiale, fraterno saluto dalle Valli e l'augurio migliore per un 17 Febbraio in cui l'atmosfera della gioia non offuschi
quella della virile responsabilità nella fede cristiana.
« Considerate la roccia onde foste tagliati,
e la buca della cava onde foste cavati ».
Red.
S9! MONTI DELLE VALLI VALDESI
I Valdefi alla riconquista della patria
L’autore racconta in questo articolo le vicende della seconda storica traversata del Colle Giuliano
La seconda epica marcia attraverso il Colle Giuliano avvenne tre
anni dopo la precedente del marchese di Patella, nel settembre del
1689, Essa non è che un episodio
della lunga e leggèj^daria marcia,
che va sottb il nomet di « Glorioso
Rimpatrio dei Valdrá ».
I fatti sono noti. Mella notte dal
26 al 27 agosto 1689 5 valdesi, esuli
nella Svizzera, raci^ltisi furtivamente nel bosco di Ppngins insieme
con alcune centinai^ di rifugiati
francesi, sbarcano souo la condotta
del ministro Enrico vArnaud, sulla
opposta riva savoiarda ed iniziano
una marcia, che destò la meraviglia
di Napoleone stesso^ attraverso la
Savoia, il Fucigny ^ la Moriana.;
valicano il colle del f^enisio e scendono a Salabertano, dove li attendono schierate a battaglia le truppe
piemontesi e quelle fifancesi comandate dal sig.r di Lary. Con una
cruenta battaglia, in cui il Lary
stesso rimane gravemente ferito, i
valdesi conquistano ü ponte e si
aprono la via alla sponda destra del,la Dora Riparia; di qui si inerpicano per l’erto pendio/di Costapiana,
scendendo in Pragela|o, risalgono il
Colle del Pis e raggimigono la Balsiglia, dopo aver disierse le truppe
ducali trincerate sui^monti e dopo
aver marciato ininterrottamente per
dieci giorni. Dopo un breve riposo, riprendono la malicia e, passando alle Fontane e¿ a Rodoretto,
gimigono felicementeij a Prali, dove
hanno la gioia di trovare intatto il
tempio valdese e di’ celebrarvi un
solenne culto di riqÌgraziamento a
Dio per la patria riconquistata.
A Prali i valdesi non si fermano
a lungo. Decisi a riformare il loro dominio su tutte ^ valli, essi l’8
settembre decidono di passare nel¿4.
la valle del Pellice, valicando quello stesso colle Giuliano, cbe nel
1686, aveva aperto il passo alle milizie sabaude per piombare alle
spalle dei difensori di ViUar e di
Bobbio.
Sn, per l’erta salita!
Dopo aver fatto rifociUare la
truppa con le abbondanti provviste di pane e di formaggio trovate
a Ghigo e nei villaggi vicini, e dopo aver fatto la consueta preghiera mattutina d’implorazione a Dio,
perchè voglia coronare di feRce
esito la loro impresa, il ministro
Arnaud dà il segnale della partenza
e la piccola schiera avanza guardinga su per l’erto pendio. Alla Feuillaréo, dopo un’ora e mezzo di marcia, i valdesi trovano tm cavallo
bardato aUa militare, che desta in
loro il sospetto che vi siano truppe
ducali nelle vicinanze. Infatti, poco
più su intravedono un sergente accompagnato da una guida, il qpiale
scambiando la truppa valdese per
un distaccamento ducale, chiede di
lontano al capitano, che marcia alla testa degli esuli, se egli non sia
il marchese di Parella. Lo si inganna, rispondendogli burlescamente
di si : quello, ingenuo, si avvicina
ed è fatto prigioniero. Mentre la
guida, un valdese rinnegato, viene
sull’istante passato per le armi, il
sergente è minutamente interrogato
ed esortato a dire quanto sa per
aver salva la vita. Riferisce allora
di essere stato mandato dal marchese di Parella nella valle di San
Martino per spiare le mosse e le intenzioni dei Valdesi: di far parte
dell’avanguardia di questa truppa:
di sapere che sul colle Giuliano si
trovano più di 200 Guardie di S. A.
appostate dietro solide trincee o
r'
Aitciannes légendes
Vallon de Massel^
g(DMB[D3®lll®ì]ra
Au temps de nos ancêtres, quand
les ¡nontagnes de nos Vallées étaient encore recouvertes de forêts
et qu’il y avait des ours et des loups
dans le pays, trois jolies fantines,
tranquilles et heureuses, vivaient à
Courniglioun. Les maisons de l’Eidut n’existaient pas encore et toute
la région, du Giërp à la Ramà,
était lisse et unie comme le verre
et couverte de toute espèce de
fleurs et de simples que les fées
cueillaient et gardaient, à cause de
leur vertu, pour s’en servir de temps
en temps. Pendant la mût, elles
restaient dans leur demeure, sous
le rocher, gardant leurs écrins, rêvant et dormant; le jour, quand le
temps était beau, elles cueillaient
des simples, jouissaient du soleil et
sortaient (des écrins) leur lingerie
qu’elles étendaient autour de leur
maison, sans même se douter qu’elles pouvaient être vues par quelqu’un. En effet, du bric de Pradidié, d’où l’on voit tout autour et
qui se trouve tout juste en face de
Courniglioun, de l’autre côté de la
combe du Valoun, un jeune homme qui vivait seul avec sa mère
déjà vieille, s’était, bien des fois
déjà, oublié à penser à qui pouvait
être sous le rocher de Courniglioun,
et à ce qu’ils pouvaient bien y faire.
Et une nuit il se décide à venir
voir: Quand il arrive, à la dérobée
il va regarder à la fenêtre si elles
étaient seules. Ennuyé de voir
qu’elles étaient trois, et quelque
peu honteux, il n’osait pas frapper
à la porte. A la fin, il prend son
courage à deux mains, il heurte et
entre, un peu confus de se trouver
tout seul, près de trois jolies filles.
Mais le courage lui revient bientôt:
il leur parle longuement et s’en revient, plus tard, le coeur agité, à
sa maison, qu’il trouve maintenant trop solitaire et trop vide; la
raison en est bien simple: la plus
jeune des trois soeurs lui avait touché le coeur, et il s’en étcdt épris
éperdument. Et combien longue lui
paraissait la journée! Et qu’il était
leste à descendre le Malzé pour se
rendre chez sa belle quand la nuit
arrivait!
Mais les yeux d’une mère voient
très loin: et après très peu de temps
la sienne s’était aperçue qu’il sortait toutes les nuits et qu’il venait,
en cachette comme tous les amoureux, trouver les trois soeurs pour
parler avec celle qui l’aimait et
qu’il chérissait lui-même chaque
jour davantage, sans savoir et sans
même chercher à savoir qui elles
étaient et d’où elles venaient. Mais
sa mère, qui le savait et y pensait,
et qui n’aurait, pour rien au monde, voulu que son fils épousât une
fantine, fût-elle bonne, riche et jolie, le surveillait et ne voulait plus
le laisser sortir.
Mais l’amour est aveugle: et notre jeune homme, tourmenté par
les deux beaux yeux de la jeune
fille de l’Eidut qu’il voyait partout
et qui l’attirait, malgré lui, s’enfuyait de sa maison et venait, de
nuit, trouver sa bonne amie pour
lui raconter ses peines, avec force
soupirs et larmes.
— Si ce n’est que pour cela, ne
t’afflige pas, lui dit sa pejite amie;
je sais comment faire pour que ta
mère n’empêche pas notre mariage
et pour qu’elle nous donne son consentement. Prends ce beau ruban
rouge et le lui mets autour du cou,
à elle seule, à personne autre; tu
verras qu’elle ne nous contrariera
plus, et quelle permettra que nous
nous marions et que nous vivions
heureux le reste de nos jours.
Content comme un sou, le jeune
homme la remercie et part avec son
trésor, le ruban qui devait le rendre le plus heureux des mortels.
Mais, en montant le plateau du
Malzé, son coeur bat terriblement:
il pense à sa mère, à ce qu’elle va
lui dire de ce qu’il a été hors de la
maison toute la nuit, à ce qu’elle
lui avait déjà dit ou laissé comprendre tant de fois sur le compte
des trois soeurs qu’il venait de quitter. Essoufflé par la course et tourmenté par ces idées) quand il arrive sur le coteau de Çiancoutan, un
peu au-dessous de Pradidié, il s’arrête pour reprendre haleine et pense d’essayer autour d’un mélèze
comment il aurait dû arranger le
miraculeux ruban au cou de sa mère. Mais dans un rien le petit mélèze avait pris feu, laissant le jeune
homme tout ébahi et plus mort que
vif, en pensant au danger atroce
que sa maman avait couru, et quelle avait été sauvée d’une mort horrible par un vrai miracle.
Et les trois fées? Depuis qu’il
était parti de l’Eidut, elles ne l’avaient plus quitté des yeux, pour
voir ce qui serait arrivé quand le
fils aurait rencontré sa mère. Se
voyant dévoilées, de dépit, elles
prennent leur linge, le plient. Ventassent dans leurs écrins, s’y asseyent dessus, et, l’une à côté de
Vautre, elles partent en laissant,
partout où elles passent, la désolation et la ruine: c’est alors que le
beau plateau de l’Eidut fut abîmé
par la formation dé fia « Ruino dë
Coumboloubeis »; et peut-être que
la fontaine dite du Bacias, au haut
de la "combe”, est un souvenir des
fantines et marque J’emplacement
d’où, sur leurs trois écrins, elles
partirent pour ne plus revenir.
C’est alors aussi que tous les
ponts de la vallée furent détruits,
sauf celui des Macels que les trois
fées laissèrent debout, pour permettre à un vieillard, qui passait
par là au moment même où elles
arrivaient avec l’inondation, de
continuer son chemin. « Belle fantine, abbassate la testa e lasciate il
ponte », avait dit en pleurant le
pauvre vieillard; et les fantines en
avaient eu pitié et, exauçant sa
prière, elles avaient courbé la tête,
en pensant peut-être qu’elles avaient
déjà trop fait, et injustement, du
mal aux habitants de la vallée!
D’après les habitants de la gauche de la vallée, de Maneille à Bouvil, comme les fées passaient sur
les ondes tourbillonnantes, emportant tous les ponts, quelqu’un leur
demanda pourquoi elles s’en allaient, elles répondirent : « Noû
touërnëren pâ fin que la rasso di
Gialà se perde ». (Nous ne retournerons pas jusqu’à ce que la race
des Jalla soit éteinte).
Comme elles approchaient du
Pont Raut, peu en aval des Clos,
une vieille femme, qui devait passer le pont, se jeta à genoux et leur
cria : « Bêla fantina, baissà la têto
e lëissà lou pont » (Belles fées, baissez la tête et épargnez le pont). Elles épargnèrent le pont; mais, comme un certain Baret, du Peui du
Pomaré, les insultait et les maudissait à cause de leurs dévastations,
elles déclarèrent aussi qu’elles ne
reviendraient pas tant qu’il y aurait
des Baret dans la vallée.
• D’après une autre légende, trois
fées auraient quitté le Val St. Martin en déclarant qu’elles ne reparaîtraient p>as dans la Vallée avant
que la famille Rostan de la ville
de Pral ne s’éteignît.
Faut-il voir dans les Rostan, les
Jalla et les Baret, ceux qui luttèrent le plus contre les anciennes
superstitions? En tous cas, ces familles sont loin de s’éteindre; aussi
le Val S. Martin n’est-il pas encore
redevenu la vallée enchantée, séjour des fées bienfaisantes, à la baguette magique.
(Jean Jalla: Légendes des
Vallées Vaudoises).
sbarramenti.
Arnaud ferma la schiera e raduna il Consiglio di guerra. Questo
decide di dividere la truppa in tre
colonne: due minori per assalire il
coRe sul nanco destro e sinistro,
una terza, più forte, per l’attacco
frontale dai basso. La colonna di
destra raggiunge il hmite dei bosciii e sta riposando, quanuo una
sentineRa nemica dà l’aRarme. Vistisi scoperti, i Valdesi, temendo
cne i ducali occupino l’altura soprastante e sbarrino loro R passo,
vi si dirigono di corsa e riescono ad
occupare la forte posizione prima
del nemico. Questo ripiega, poi si
sbanda e fugge col favore di una
ntta nennia cne impedisce l’inseguimento: ma, fuggendo, spavalaamente grida ai valdesi: « Venite,
venite, barbetti del diavolo! Abbianco occupato tutti i posti e siamo più di tremila! ». Ma ormai i
valdesi sono vicino al colle. Le sentinelle gridano a gran voce: « Chi
vive? Chi vive? Parlate o spariamo ».
La conquista del Colle
Animati dal primo successo e dal
panico, che si ditionde neUe mUizie ducali, i valdesi muovono decisamente all’assalto delle trincee,
che sbarrano il coUe e dietro le
quali R nemico si ritiene sicuro ed
invulnerabRe. Ma la resistenza ha
breve durata! Dopo aver fatta una
fìtta sparatoria durante una mezz’ora, i ducali, temendo di essere
circondati, senza scampo, dalle
truppe valdesi, che avanzano da
ogni parte e superano ogni ostacolo, abbandonano precipitosamente
le trincee, dove gli assalitori trovano grande quantità di viveri, di vetsiti, di coperte e di munizioni da
guerra. Tra i vestiti sono rinvenute anche le ricche uniformi del comandante. Le truppe ducali sbandate scendono precipitosamente la
china dei monti, dirigendosi, senza
fermarsi, le nne a Villanova, sopra Bobbio; le altre al VRlar, dove li accoglie il convento dei Padri
Missionari trasformato in salda fortezza.
I valdesi, rimasti padroni del
colle, si spingono fino aRe Passerelle del Giuliano, dove sorprendono una trentina di fuggiaschi,
che con un atto di riprovevole barbarie, dettato dalle necessità della
guerra, passano tutti quanti a fil
.ii spada.
Nel combattimento rimane mortalmente ferito un valoroso combattente valdese, Giosuè Mondone,
che morì il giorno dopo e fu sepolto alle Pausette di Bobbio, ai piedi di un’alta rupe.
La discesa su Bobbio e Pillar
Sbaragliate le truppe ducali e
sgombrata la via da ogni resistenza
nemica, i valdesi iniziano la discesa sul versante della Val PeUice.
La sera dello stesso giorno pernottano alla Aiguille, non avendo stimato prudente spingersi fino ai
CI OS de Ferrànd, dove alcune case
munite di tetto avrebbero potuto
oflrir loro un comodo riparo dal
freddo e dalla pioggia, che cadeva dirotta; ma dove le loro avanguardie avevano avvistato milizie
ducali e sentito battere il tamburo
a raccolta.
II mattino seguente, ritornato il
bel tempo, i valdesi riprendono la
marcia verso il fondo della valle;
e vengono ad accamparsi aUa
Sarsenà, respingendo i nemici verso le case di VRlar e di Bobbio.
Dopo varie vicende più o meno
fortunose, i valdesi, premuti da ogni parte daUe truppe ducali e
francesi, dovettero ritirarsi nel vallone di Massello e cercare rifugio
sulla rocca della Balsiglìa, dove sostennero reiterati assalti, finché lo
scoppio della guerra con la Francia non consigliò il duca a chiudere
al nemico le sue frontiere, riconciliandosi con quei valorosi, che aveva così a lungo e così aspramente
combattuto. Arturó Pascal
4
Ernesto Comba
BREVE STORIA DEI VALDESI
L. 300
L'Eco delle Valli Valdesi
Edina Rostain Ribet
C’E UNA VOCE
NELLA MIA VALLE
L. 500
/ LETTORI CI SCRIVOI^O
A proposito delle libertà
del Salmo XXlll
Gentile signor Direttore,
leggo nel N. 6 dell’ateo, in un articolo a
firma p. b., che all’inizio del Nuovo Anno, il Presidente e il Vice-Presidente degli Stati Uniti hanno firmato un messaggio
in cui viene affermato che le libertà'di cui
godiamo per grazia di Dio si ritrovano nel
Salmo XXlll, e di tale esegesi del Salmo
viene dato un breve riassunto.
Per l’esattezza, ritengo doveroso chiarire che quelle sette liberazioni non sono
cosa nuova nell’esegesi evangelica del Salmo in questione. Senza risalir troppo addietro nel tempo, ricordo che fin dal novembre scorso, le ho potute rileggere su
una pubblicazione anglosassone, tant’è vero che le ho tradotte in italiano e pubblicate, lievemente migliorate, in un numero
speciale della mia circolare di Chiesa, consegnato alle stampe assai tempo prima dell’Anno Nuovo.
Rendiamo dunque a Cesare... quel ch’è
di Cesare, ed ai commentatori della Bibbia
quel che è dei commentatori della Bibbia!
Se a qualcuno interessa il mio adattamento delle ’’sette liberazioni”, glielo riproduco in calce.
Saluti cordiali. T. Salma.
Il Signore è il mio Liberatore
Libertà dal bisogno : « nulla mi mancherà ».
Libertà dalla fame: « mi fa giacere in verdeggianti paschi ».
Libertà dal desiderio smodato: « lungo le
acque chete ».
Libertà dall’errore: « per sentieri di giustizia ».
Libertà dall’egoismo: « per amor del suo
nome ».
Libertà dalla paura di morire: « nella valle deU’ombra della morte non temerei
male alcuno, perchè Tu sei meco ».
Libertà dai nemici: « al cospetto dei miei
nemici ».
Libertà di possedere: «la mia coppa trabocca ».
Libertà di culto: « io abiterò nella casa
delTEterno per lunghi giorni ».
Com’è facile vedere, il mio adattamento
ha nove liberazioni, anziché sette. Le due
in più sono: la liberazione dall’egoismo e
la liberazione dall’intolleranza, ossia la libertà di culto. Proprio quest’ultima, da un
Presidente degli Stati Uniti che è erede
spirituale della tradizione rooseveltiana delle « Quattro libertà » (ahimè, chi le ricorda ancora?!), era una «libertà» da non
dimenticare.
(N. d. r.) Non vorremmo che, tanto negli Stati Uniti quanto in Italia, si forzassero i termini della interpretazione del Salmo 23. Altrimenti dovremmo dire che esiste una decima libertà: quella di... far dire
al Salmo ciò che c’interessa, sia dal punto
di vista teologico che politico.
RICORDA TE!
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Corsi per biblioteche
Il giorno 27 Febbraio p. v. avrà inizio a
Torino il corso di preparazione agli uffici
ed ai servizi delle Biblioteche Popolari e
Scolastiche, organizzato da qnesta Soprintendenza per incarico del Ministero della
Pubblica Istruzione.
Le lezioni saranno tenute ogni giovedì,
dal 27 febbraio al 29 maggio, nell’Aula
magna universitaria di Via Plincipe Amedeo, 8, (Torino) dalle ore 17 alle 19. Per
l’iscrizione è richiesto il diploma di maturità classica o scientifica o magistrale:
possono essere ammessi, anche se non forniti di tale titolo di studio, impiegati presso biblioteche aperte al pubblico e le persone che, a giudizio del Soprintendente Bibliografico, mostrino adeguata cultura o
particolare attitudine agli uffici ed ai servizi delle biblioteche.
Le domande di iscrizione, redatte su carta legale da Lire 100, saranno indirizzate
alla Soprintendenza Bibliografica del Piemonte, Piazza Castello, 191, Torino, insieme con il titolo di studio o con il certificato di esso, debitamente legalizzato.
Si accetteranno soltanto 120 domande:
raggiunto tale numero le iscrizioni saranno
chiuse.
Per schiarimenti rivolgersi alla Biblioteca Comuna’e « Alliaudi » - Pinerolo.
Rapporli ira Stalo e Chiesa
In
VIENNA — Il presidente del consiglio
della Chiesa protestante in Austria, dott.
Gerard May, ha compiuto un passo presso
il Consiglio dei Ministri perchè siano regolate le questioni pendenti fra lo Stato
e quella Chiesa. E’ stato deciso di incaricarne un comitato interministeriale che
già aveva avuto modo di occuparsi dell’argomento in precedente. (ANSA)
'lireltore: Prof. Gino C--'’Kthel
fu*»blicazione autorizzata d»l Tribolale di
Pinerolo con decreto del ’*■ "“nnaio 1955.
Le famiglie Buffa e Rivoir ringrar
ziano commossi e riconoscenti coloro che hwno manifestato la loro simpatia in occasione della dipartenza
delia loro cara
Rosina Rivoir-Buffa
In modo particolare: il personale
del Rifugio e le sue compagne di dolore; i pastori sig. Bertinatti, sig. Jahier, sig. Carzaniga della Chiesa E
vangelica di Verbania Intra per il suo
commovente messaggio; la rappresentanza della « SICME » di Omegna
Lusema S. Giovanni, 5 febbraio 1958
Il giorno 6 febbraio è serenamente
mancata ai suoi cari
Tina Ciotti
ved. Col. Carlo Bounet
Ne danno il doloroso annunzio agli
amici il figlio Dott. Guido con la moglie Susetta Giordano e figli Manuela, Andrea, Stefania, le sorelle, i cognati, i nipoti e parenti tutti.
« Fattosi sera, Gesù disse :
passiamo all’altra riva »
(Marco 4: 35)
Torino, 6 febbraio 1958
Via Madama Cristina, 49
Prof. Dr. A. Boniscontro
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Come un solo vestito non si adatta a tutte le persone, un solo tipo di Motofalciatrice o Motocoltivatore, non può assolvere bene e con minor fatica il suo compito in
pianura, collina e montagna, per le caratteristiche troppo diverse dei terreni, la differenza degli erbai, ecc.
Per i prati pianeggianti, occorrono Motofalciatrici potenti e di grande produzione.
Per quelli di collina, macchine con potenza media, ridotte nel peso e nella larghezza di taglio.
Per la montagna invece, le Motofalciatrici devono essere molto leggere, maneggevolissime, dotate di motore con potenza atta a superare le forti pendenze e con sbarre di taglio strette.
: — Queste preziose macchine molto diffuse all
Italia, meritano la Vs/ cortese attenzione e tutto
estero e inil Vs/ inte
MOTOCOLTIVATORI
trodotte da pochi anni in
ressamento.
Alcuni tipi, nelle piccole aziende di piaunra e di collina, sostituiscono vantaggiosamente il bestiame da lavoro e sono preferibili ai comuni trattori per le innumerevoli prestazioni che offrono ed il costo decisamente inferiore. — Aratura, erpicatura,
fresatura, traino, rincalzatura, falciatura e mietitura, sono le principali applicazioni di
queste macchine.
Altri tipi con caratteristiche diverse assolvono in pieno le esigenze degli ortolani,
floricultori, vivaisti, ecc.
Per l'aratura dei terreni a forte pendenza, disponiamo di-tipi speciali oltre a quelli a trazione funicolare. 1
Solo un vasto assortimento quindi, vi può offrire la possibilità di un buon acquisto. i
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zione e personale tecnico idonei a fornirvi una rapida assistenza e soprattutto di un adeguato quantitativo di pezzi di ricambio. — Solo così/
non perderete tempo in caso di avarie alla macchina, durante e dopo la garanzia. *
Non osservando queste norme, prima o poi vi accorgerete di aver concluso un cattivo affare.
Visitandoci, potrete rendervi conto che la fJs/ Ditta può offrirvi tutte queste garanzie e inoltre avrete la possibilità di scegliere fra i numerosi tipi di Motofalciatrici e Motocoltivatori che mettiamo a Vs/ disposizione, quella che più si adatta al Vs/ scopo.
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