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Anno X —N. 13. II SERIE 15 Lvolio 1861
GIORNALK DKTJ.A EVANGELIZZAZIONE ITAIJANA
Sepruenflo la verità nella caritìi. — ErBS. VI. 15
PKEZZO DI ASSOCIAZIONE J LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazion«!,]____ £. 3 00 , In Torino aìrUflìziotlol Giornale, via del Trincipe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 ? Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inglvilterra, id................... „ 5 50 ; Nelle Provincie per mexzo di franco bolli po
Pcr la Oermania^d................... „ 5 fiO ■ stali, cho dovranno essere inviati franco al Di
Non alriccvono associazioni per meno di un anno. ^ rettore della Boona NovELL.^.
Aircstero, a’seguenti ìudirìzzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueifi, rue Kivoli,
Ginevra , dal sifiTior E. Beroud liliraio ; Inghilterra, dal fiìgnor G. F. Muller f
General Merchant, 26, Leadenhall Street. E. 0,
SOMMARIO
Sinria : Savonarola, l^dltniica : Risposta ad un articolo della SMIa fVEiruHa, li —Varitlà :
Un uomo convertito dai ladri —-(Corrispondenza di Pavia —Notìzie Belìghsc : Toi'ino, Livorno,
Pontedera.
SAVONAROLA
La Storia, di Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi, narrata da Pasquale Villari con
l'ainto di nuovi documenti. Voi. ì.mo pagine 489. Firenze. F. Le Monnier 1859.
(Continuai., V. ì num. 5, 7, 8 e 10)
1] signor Villari (libro ili, cap. iv) nel portare il giudizio sopra il
movimento intellettuale della Eepubblica fiorentina, ha scritto alcune
pagine che ritraggono al vivo la misura del successo di Savonarola
nella sua missione politico-religiosa. Innumerevoli e strani opuscoli
uscivano per lo stampe, gli uni inspirati dal fanatismo dell’affezione
per la pedona del Frate, gli altri dal fanatismo dell’odio e della mala
fede. “ Se poi, ” dice il nostro autore, “ lasciati da jiaile gli scritti
degli Arrabbiati, ci facciamo a considerare solamente» primi ; noi
li troveremo allora divisi in due ordini assai distinti ; \)oUtici e religiosi. Grande è ^|^-tanza che corre fra di essi; nò‘n solamente
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per la diversità del soggetto, ma ancora per l’indole di chi li scrive,
l>el modo con cui soao dettati. È il popolo che ragiona di politica,
sono i dotti che discorrono di religione; il primo è igaaro affatto
delle lettere, i secondi conoscono greco e latino, la filosofia aristotelica e la platonica; nondimeno, se vogliamo considerare il valore dei
loro scritti, la palma tocca senza dubbio ai popolani. Tutti questi
opuscoli erano, infatti, un prodotto della vita politica e della vita
religiosa. Or la prima di esse rendeva in Firenze l’immagine d'un
albero piantato sopra un terreno fertile e nel suo clima naturale, che
subito spande i suoi rami verdeggianti e rigogliosi ; l’altra invece, a
cui il Savonarola aveva profuse le sue cure più affettuose, sembrava
una pianta che si trova in un terreno ingrato, e cresce solo a forza
d’aiuti coiitinui. — I Fiorentini furono un popolo essenzialmente
politico ; onde avevano subito ripresa l’antica loro indole, ed ora sembrava quasi che la repubblica non avesse mai cessato di esistere.
Se noi vediamo che il popolo, sentendosi quasi profano, non piglia
mai la penna per scrivere di religione, esso è invece occupato tutto
il giorno a ragionare ed a scrivere di politica; gli manca l’ortografia
e la grammatica, ma tanto più ingenuamente manifesta la sua indole ; è sempre pieno di ardore, di vita e di spontanea originalità.....
Assai muta l’aspetto delle cose, quando si rivolge lo sguardo alla vita
religiosa di questo popolo. Noi vi troviamo qualche cosa di effimero
e di forzato, che non sapremmo definire, ma di cui ognuno s’awede,
quando legge le storie di quei tempi e gli scritti religiosi dei seguaci
del Savonarola. Essi non sanno farealtrocheriprodurre languidamente
le idee del maestro, ripetere senza calore le sue parole. Dalla loro
mente non esce mai un pensiero originale; dalla loro penna non cade
mai una parola energica. Questo popolo che si dice rinato dalla religione, non ha saputo lasciare ai posteri nessun monumento della
sua fede. 11 Savonarola è il solo personaggio veramente e grandemente religioso; egli sembra il solo uomo reale, in mezzo ad un
mondo mutabile di sogni che svaniscono. Non è già che grande non
sia la riforma religiosa; non è già che universale non sia il miglioramento morale ; ma questo popolo che corre così spontaneo alla libertà, ha bisogno, per mantenersi saldo nella fede, di udire ogni
giorno le prediche del Frate. Quando egli si tace, risorgono subito i
vizi e la miscredenza. Ognuno si avvede che a lui sopravvive la repubblica, ma non la religione fiorentina. ”
Questa tisichezza del sentimento religioso va attribuita in gran
l>arte all’indifiiercntismo ; ed il Savonarola, che sembrava essere on-
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iji|M)teute sui Fiorentini, dovette più volte accoigersi di avervi trovato un ostacolo insuperabile. Invano proclamava Gesù Cristo re di
Firenze; invano fingeva che la Vergine consigliasse sul pergamo la
costituzione e che il Signore comandasse l’abolizione dei Parlamenti; invano paragonava il nuovo governo a quello delle gerarchie
angeliche, e i vari giorni della rivoluisione fiorentina alle sette giornate della creazione I Perdeva egli di mira la politica ? L’attenzione
dell’uditorio lo abbandonava. “ Voleva che la politica e la libertà
servissero alla religione; i Fiorentini invece facevano servire la religione alla libertà. ” Quel contrasto sempre rinascente soffocò il
pensiero religioso; o per dir meglio fu colpa della falsa posizione
del Savonarola, il qual^sarebbe stato più grande se si fosse limitato
alla sfera politica od alla sfera religiosa; ma,
Per confondere in si duo regjiimcnti,
non gli riesci di mantenere l’equilibrio, nonché di subordinare l’uno
all’altro. Intanto “ il popolo correva dal dubbio al fanatismo, e dal
iànatismo ritornava al dubbio; senza ch’egli potesse mai renderlo
veramente religioso, per quanto vi si fosse adoperato. ” Bisogna poi
anche aggiungere, al vedere il popolo guizzargli sempre tra le mani,
che i mezzi da lui messi in opera non erano abbastanza possenti da
rigenerare un popolo ; la gloriosa riforma che mutò le sorti di mezza
Europa testifica della necessità di trovare alla leva morale un altro
punto d’appoggio che il domma cattolico dell’ubbidienza a Santa
Madre Chiesa. Da buon cattolico, il signor Villari si tenne pago di
accagionarne esclusivamente i^I’indifferentismo religioso lasciato in
retaggio dai Medici; crediamo però che le ragioni da noi addotte
sono tali da racchiudere certamente alcune particelle di verità sfuggite all’occhio dell’eloquente professore.
Comunque sia, “ questo è un fatto d’una importanza gravissima,
che merita di essere seriamente considerato ; perchè solamente esso
potrà darci la chiave a comprendere lo scioglimento inaspettato di
questo singolare dramma della vita del Frate. Egli volle essere il
rinnovatore della religione; ma il popolo fiorentino volle in lui adorare il fondatore della repubblica. Lo difendevano con tanto ardore
contro al papa, perchè questi voleva portare i Medici a Firenze,
perchè la causa del Frate era divenuta la causa della libertà. Ma il
giorno in cui Alessandro Borgia, il quale non pensava egli stesso
gran fatto alla religione, fosse riuscito a se^Tarare l’una cosa dall’altra, — il Savonarola non avrebbe più potuto contare sullo stesso
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ai'dore, .sul luedesiino zelo; il terreno avrebbe tremato sotto ai suoi
piedi ! ”
Fatto singolare, in un concistoro di quattordici teologi domenicani,
radunato dal papa, onde esaminare la condotta e la dottrina del Savonarola, la principale accusa che si movesse contro al Frate era
quella di essere stato cagione di tutto il male di Piero dei Medici.
Prova indubitabile che si trattava d’un odio politico e non punto
religioso, e che sotto l’accusa di eretico, la corte di Eoma voleva nascondere l’accusa politica. Savonarola fu sempre sottomesso nel
domma, ardito, anzi audace nella disciplina; ma in un secolo caduto
fȓ basso, certe sue parole sono gravide di profetici presentimenti,
coxne quando esce in questa esclamazione : “ Mostraci finalmente ,
“ o Signore, la faccia tua, la tua luce, la tua verità ! ” o quando
dice , nelle prediche sopra But e Michea: “ Non resta che a rac“ comandarsi a Dio percliè ci aiuti, perchè mandi il flagello che,
“ correggendola Chiesa, riaprirà la via ad una larga diffusione della
“ grazia e dello spirito. ” E altrove; “ grande è la tribolazione,
“ grande è la guerra, quando i principi cristiani sono cattivi; mag
giore assai è quando alla potestà fempot'ale si unisce ancora ìa
“ spirituale. Allora l’angustia non si può comportare ; ma pure
“ bisogna tenersi sottomessi, perchè il Signore non vuole mutar
“ chiavi. Costoro hanno doppia potenza, spirituale e temporale ; e
“ usano l'una e l’altra in difesa del male. Come dunque si può viver
“ bene ? Ognuno par che ne abbia invece paiua,. Piiì felici assai
“ erano i tempi degli Apostoli; chè essi almeno avevano a combat“ tere un’autorità che non dovevano rispettare. Che s’ha dunque oggi
“ a fare? Bisogna aspettare che venga il flagello.....Spada, spada,
“ tu porrai»rimedio a tutto. Ioti avviso, o Italia; io ti avviso, o
“ Eoma, che niiina cosa ti può salvare se non Cristo. Ancora non
“ è venuto il tempo di mandare lo Spirito Santo; ma verrà il tempo
“ suo; e allora, o Signore, tu sarai lodato in eterno. ”
Le strettezze in cui versava la Eepubblica, i rovesci della guerra
contro Pisa, le minacce degli alleati che chiamavano in Italia l’imperatore Massimiliano per campeggiare la città di Livorno e chiudere così a Firenze la via di mare onde affamarla, — le condizioni
mutate, i nuovi pericoli sorti da ogni lato, fecero di nuovo che tutti
si rivolgessero, .spaventati, al Frate che solo aveva saputo nei momenti difficili guidarli a salvezza. Messi in non cale i brevi e le
minacce del Borgia, lo vediamo, ai 20 di agosto 149G, predicare
nella sala del Consiglio maggiore, in presenza di tutti i magistrati
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e di tutti i priucipali cittadini, a richiesta dei Signovi. Faceva una
generale esposizione delhx sua vita passata, respingeva le tante accuse che contro di lui s’andavano spargendo, quindi volgeva il suo
discorso a consigliare sul modo di mantener fermo il nuovo governo.
Così tornava a prestare la sua opera in difesa della patria, per esperimentare poi un’ingratitudine maggiore e piii crudele. Jl papa voleva
assolutamente distruggere la repubblica e rimettere i Medici come
suoi vassalli, per aprire poi la strada ai suoi figli ; perciò odiava
sommamente il Savonarola, temendo che se il Frate tornasse sul
pergamo, potesse nuovamente rianimare il popolo colla sua voce e
farlo capace di qualche eroica difesa. In un breve dell’8 settembre,
indirizzato al convento di S. Marco, parlava del priore come di un
tale, frà Girolamo, amico di novità e seminatore di falsa dottrina,
scioglieva la Congregazione Toscana e la riuniva alla Congregazione Lombarda, e comandava al Savonarola di astenersi da qvalunque predicazione pubblica o privata, sotto pena di scomunica.
Queste minaccie essendo tornate vane, il papa si volse alle lusinghe,
e in tm altro breve del 16 ottobre, rispondeva alla lettera del Savonarola che sempre protestava della sua sottomissione, rallegrandosi
come del ritorno d’una pecorella smarrita, persuadendosi che il Frate
avesse errato piuttosto per soverchia semplicità che per animo cattivo ; ma in pari tempo gli comandava ia virtù di santa ubbidienza
di astenersi da ogni sermone, mn solo pubblico ma anche privaiu ,
iiuchè potesse recarsi a Roma ove sarebbe ricevuto con paterno e.
lieto animo ; e conchiudeva col dire : “ se come nou dubitiamo, tu
vorrai obbidire, fin da ora sospendiamo tutti i brevi antecedenti,
acciò tu possa, per ora, attendere tranquillamente alla tua spirituale
salute. ” Quest’astuzia, (juesta paterna dolce2;za mal celava un’ira
violenta. 11 papa voleva ogni altro governo nella città che quel presente; perciò perseguitava il Frate e voleva assolutamente mettergli
le mani addosso. Benché Savonarola conoscesse quei fini, pure volle
obbedire e tacque. Solo esci dal suo silenzio quando la Signoria lo
supplicò di confortare colla sua parola il popolo, in cui la care'stia ,
prodotta dall’assedio di Livorno, aveva gittate sgomenti in sommo
grado. Predicò ai 28 di ottobre; ai 30 si faceva entrare in Firenze
con solenne processione la miracolosa inmiagine della Madonna
deirimpruneta, e giungeva notizia dei tanti aspettati soccorsi di
uomini e di grano che dovevano arrivare in Livorno da Marsiglia.
11 popolo si diede a gioia sfrenata e andava gridando: “ Le prediche
del Frate ci hanno anche questa volta salvato. ” Intanto, in data del
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7 novembre, un nuovo breve era indirizzato a tutti i Domenicani di
Toscana. Si trattava in esso di fondare una Congregatone ToscoRomana con un vicario proprio dipendente però dal vicario generale di Eoma. Ma il Savonarola vedendo chiaro ch’egli avrebbe perduta la sua indipendenza, la sua influenza ed autorità , non volle
ubbidire e scrisse mìApolog-ia della Congregazione di 8. Marco,
in un linguaggio franco ed ardito; respingeva la proposta del papa
in nome dell’interesse dei suoi frati e si trovava di nuovo in aperta
guerra con Roma, con niuna speranza di tregua o di riconciliazione.
Raccomandava al popolo di ringraziare il Signore con vera e viva
riconoscenza pel successo delle armi della Eepubblica, faceva l’elogio
del governo popolare, lo paragonava un’altra volta alle sette giornate
della creazione, confermava il lume poetico, enumerava i beneficii
che derivan dalla libertà, incitava a ben fare e rimproverava la freddezza con cui ognuno continuava d’andare tutti i giorni alla predica,
senza mai mettere in opera le cose udite. “ Predica a costoro quanto
“ vuoi; essi hanno fatta, una consuetudine di bene udire e un’altra
“ di male operare. Hanno fatto natura di questa consuetudine e
“ vanno in sul corso dell’udire senza operare. E così è difficile a
“ voltare questo corso, come è diiEcile a voltare il corso delle acque.
“ Tu hai fatto consuetudine di questo udire sempre: fate giustizia,
“ fate giLi^tizia. Tu diventerai cornacchia di campanile, la quale al
“ primo suono della campana ch’ella sente, ha paura e si spaventa;
“ ma poi, quando ha cominciato a fare consuetudine, tu puoi sonare
“ quanto vuoi, che sta in sulla campana e non si muove. ”
f Contìnua )
POliEiUlCA
lìisposla ad un articolo della Stella d’Etruria intitolato « Errori di Niccolò
Sunseri » (V, ì num. 45 e 4G di detto giornale, 5 ed 8 giugno 1861.
(Continuaz. V. il miai. 11)
Continuando il sig. Balsamo-Gullo a confutare il nostro articolo inserito
Arlecchino, dice che il Sunseri opinava di costituirsi capitano di mi
corpo di ecclesiastici volontarii, e ne chiedeva cd Governo d'essere a ciò fare
autorizzato ecc.
Tali assorzioui, o per dir meglio tali sogni e vaneggiamenti del sig. Bai
samQ, non meritano da noi nessuna considerazione ; poiché tutti panno che
quel corpo di volontarii ccclesiaRtici, era di già costituito col suo coman-
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liante; che quel coinaudantc ora il sig. Paolo Sardo; cho io mentre scriveva
quell’articolo, che poi fu inserito nell’^non conosceva ancora l'esistenza reale di quel corpo; nè ebbi mai che fare col Governo d’a??ora, nè
per rapporto al detto corpo, nè per altre faccende ; ma scrissi queU’articolo,
stando appoggiato solamente alla voce corsa generalmente in Palermo ; ed
un giorno prima di pubblicarlo, volli accertarmi della verità dei fatti.
Il Balsamo prosieguo a dire, che le idee e le opinimi che racchiude il nostro articolo inserito Arlecchino, «o» jmò affatto approvarle una, mcitle
cattolica. Ciò lo sapevamo anche noi ; e non vi era bisogno che il sig. Balsamo lo avesse manifestato, dapoichè come noi non possiamo approvare mia
mente eattoliea-romana, così sembra ragionevole che questa mostri ripugnanza alle nostre opinioni. Garibaldi nou potea approvare ciò che avea
fatto Francesco II in Napoli, e quindi sembra ragionevole che quest’ultimo
disapprovi a tutt’oltranza la temerità di Garibaldi, nell’ invadere il suo regno
e nel farlo detronizzare dai popoli. Mammona non può approvare ciò cho
dice Cristo nè Cristo, ciò che dico Mammona. I Turchi non hanno mai approvato ciò che dicono i Cristiani nè i Cristiani, ciò che dicono i Turchi.
Siamo però pienamente contentj di avere 1’ approvazione della propria
coscienza, e del Signor nostro Gesù Cristo, il quale leggendo nel fondo
dell’animo nostro, siam sicuri che non può disapprovare le nostre opinioni
conformi ai suoi saggi od infallibili ammaestramenti ; poco ci cale dell’approvazione o riprovazione degli uomini.
Continua il Balsamo a confutare il mio articolo deli’Arlecchino, ed in
tale confutazione egli si serve alla lettera delle stesso riflessioni ed argomenti, con cui si servì allora il redattore di detto giornale, il quale confutò
anch’egli, in tuono cattedratico, il detto mio articolo; e siccome ad evitare
delle polemiche in quei momenti, in cui dovea regnare l’unione fra i cittadini, io non curai rispoindere a quelle confutazioni, costretto ora a rispondere al Balsamo, prendo anche l’occasione di rispondere al redattore dclYArlecchino; molto più che le confutazioni dell’uno altro non sono che la
ripetizione di ciò che disse l’altro.
Il Balsamo dico (come disse allora il redattore doUl’Arkcchvìio) che i/n
suddito che vibra parole di maldicenza contro il proprio irrelato, cui ha giurato obbedienza, non può essere da nessuno ammirato.
Mi perdonino i signori confutatori... io non fui mai allevato nel convento
dei certosini, dei francescani, o dei gesuiti, ove l’obbedienza cieca è la prima
virtù d’un uomo che vuol passare i giorni tranquilli e felici come il somaro,
mangiando e bevendo solamente alla salute del suo padrone ; c quindi non
ho potuto mai assuefarmi a quella regola imposta dagli ordini monastici ai
poveri novizi, i quali entrando in noviziato, debbono dare un ultimo addio
alla logica, al senso comune, ai più puri sentimenti dell’animo, c fin’anco
alla stessa parola di Pio purché a diritto cd a torto si rassegnino umiliati
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e devoti al volere del loro superiore. L’opposizione ragionevole a qualunque
superiore, non 6 stata mai maldicenza, e quindi la riputiamo inquereudabile,
come inquerendabile noi giudichiamo essere stata l’opposizione e fin’anco
la mordacità à<ì\VArlecchino contro Francesco II, quantunque questi era
suo sovrano e di cui egli era suddito.
In quanto poi al giuramento... peccato ! che il Balsamo ed il redattore
àeWArlecchino, non erano alla testa del governo in Sicilia, altrimenti quei
poveri soldati borbonici, che immemori del giuramento disertavano e venivano giornalmente a gettarsi fra le nostre braccia, sarebbero stati fucilati
senza pietà come spergiuri. Anche il turco fa il suo gim-amento per l’esatta
osservanza dell’Alcorano... eppure entrando nella credenza cristiana, i signori Balsamo ed Arlecchino sarebbero .nell'obbligo di lodarlo, di benedirlo, di ammirarlo. Lo stesso S. Paolo prima della sua conversione avea
fatto senza dubbio il suo giuramento di vivere giudeo, e di perseguitare e
mettere a morte i discepoli di Cristo, del quale poi divenne apostolo e seguace ardentissimo.
I signori Balsamo ed A rlecchino han dichiarato che noi siamo incorsi
in molti errori perchè non abbiamo voluto distinguere i due poteri nel
papa. Abbiate un pontefice non re (disse in tuono sentenzioso l’-ilrZecc/iiiio),
e troverete in armonia il Vangelo colle leggi della Chiesa. È pure uno degli
errori e spropositi madornali Tessersi da noi asserito ohe fin’anco il Vangelo
è contrario alla Chiesa ; e che YatUica alleanza si oppone alla nuova.
In quanto a noi che anteponghiamo la libertà dello spirito, a qualunque
libertà politica, siamo ben lungi dall’ammettere una potestà religiosa che
comandi allo spirito ed alla coscienza. Che lo sappia ognuno... che lo sappiano i nostri confutatori ; noi non ammettiamo nessun potere nel papa, perchè
uè Dio gli l'h-a concesso, uè la ragione lo suggerisce. Il solo Cristo è il
capo e la pietra fondamentale della vera Chiesa cristiana. In quanto poi
agl’italiani, che gridano la croce addosso al potere temporale, desiderando
conservarsi lo spirituale, quando avranno acquistato un poco più di senno
e gitteranno via la maschera dell’ipocrisia o della ragione di stato, conosceranno le loro utopie sulla conservazione d’un potere religioso universale più
insussistente, più pericoloso per l’Italia di quel temporale dominio che vuole
giustamente scrollarsi. « Sembra impossibile, dice il De Sanctis in un recente
suo opuscolo, ma pure è un fatto dolorosamente vero che, mentre ognuno conosce essere il papismo la rovina d’Italia nostra, pure ognuno si ostina a dire:
abbattiamo il papismo come potere temporale, e rispettiamolo come potere
spirituale. Il potere religioso, non il fradicio e nullo potere temporale è il
gran cancro che rode l’Europa, e specialmente l’Italia nostra. Nel potere
spirituale sta l’essenza del papismo ; il potere temporale nou è ehe una
veste. — Or ecco la logica di alcuni dei grandi uomini italiani del nostro
tempo: il papa, essi dicono, c giustamente, è il più grande nemico d'Italia,
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della sua unità, della sua iudipendenza, della sua libertà; spogliamolo dunijui?
del suo potere temporale; sia cajio della religione, non sia re. Dopo ttde
raziocinio si fregano le mani contenti, come se avessero fatto la scoperta di
un nuovo mondo. Illusori ed illusi ! La condotta di costoro ò molto somigliante alla condotta di colui, il quale trovato il ladro in casa, si accontentasse di spogliarlo degli oggetti derubati, e lasciatolo tranquillo colle sue
armi, ed in casa, se ne andasse contento a dormire. 11 papa colle sue armi
spirituali ha acquistato e mantenuto il suo temporale dominio ; come il lupo
coi suoi denti ghermisce la preda : strappargliela di bocca senza svellergli
i denti, 6 dargli occasione dì tornarla a ghermire più fortemente. Finche il
papa e non Cristo sarà il capo della religione, egli si servirà di questa potentissima molla in favore dei suoi interessi, ed avverserà, e finirà per distruggere ogni nostra libertà. Lasciate al papa il potere di far dorami, cd
egli ne farà nel suo interesse ; lasciate al papa il potere sui preti, ed essi
nmngeranno le vostre borse, turberanno le vostre coscienze, semineranno
discordie nelle vostre famiglie, e sotto pretesto di religione cospireranno
contro la patria. Ma che? ci vorreste dunque far divenire protestanti? No,
miei cari compatriotti ; il protestantismo forse non mai allignerà nella
patria nostra : ma fra il protestantismo ed il papismo vi è una via regia
nella quale noi dovremmo camminare, ed è quella via che vi propongo : il
cristianesimo de’ nostri padri, il cristianesimo a noi predicato dal grande
apostolo Paolo , il cristianesimo dell’Evangelo : quel cristianesimo ch’è
stato nei primi tempi la gloria della nostra Italia, perchè ha dato essa sola
più martiri che nou ne abbia dati il mondo intero ; quel cristianesimo noi
quale cerchereste invano papi, cardinali, prelati, abati, canonici, frati e
monache, ma vi troverete invece tutti fratelli, una sola famiglia, un sol
padre Dio, un sol capo Cristo, un solo maestro lo Spirito Santo, un solo
codice il Vangelo. »
Che le massime poi del Vangelo siano contrarie e direttamente opposto
alle massime stabilite dalla Chiesa di lloma, è una verità incontrastabile od
universalmente riconosciuta, da non aver bisogno di dimostrazione. Citi»
mone pochi esempi per non riempire il nostro giornale di confronti :
II Vangelo m’insegna di essere umano e caritatevole con tutti, fin anco
cogli stessi eretici, — La Chiesa di Roma impone e comanda colla legga
del terrore, e perseguita a morto i da lei supposti eretici. Prova ne sia la
storia abominevole dell’inquisizione ;
Il Vangelo m’insegna di adorare il solo Dio, di escludere il culto delle
immagini, degli angeli, dei santi (1). — La Chiesa di Roma nel Concilio
di Nicea. insegna e ritiene come obbligatoria l’adorazione delle immagini ;
11 Vangelo m’insegna che Cristo solo è il capo ed il fondamento della
(1) >[att. c. IV, V. 10, — s. Paolo cp, ai Kom. c. i, v. 22.
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Cliiesa (1). — La Chiosa di Roma insegna che il papa, è il capo ed il foudamento della Chiesa;
D Vangelo m’insegna e mi obbliga di leggere le Sante Scritture (2). —
La Chiesa di Roma proibisce di leggere la Bibbia (3) ;
D Vangelo m’insegua ehe tra Dio e l’uomo v è un solo mediatore che è
Gesù Cristo (4). — La Chiesa di Roma ha istituito l’invocazione dei santi,
facendone altrettanti mediatori tra Dio e l’uomo ;
Il Vangelo m’insegna ch’io posso far uso senza distinzione di tutti i cibi
che Iddio ha creati (5). — La Chiesa di Roma ha proibito l’uso delle carni
in certi giorni, sotto pena di peccato.
Ecco dunque il Vangelo contrario aUa Chiesa di Roma, unica e potentissima ragione, per cui noi e tanti altri come noi, abbiam dato un’addio alla
sètta del romanismo per abbracciare il vero cristianesimo.
In quanto poi zS!antica allea'iiza che si oppone alla nuova noi non ci
crediamo nell’obbligo di rispondere ai nostri confutatori privi d’occhiali ;
poiché una tale asserzione, non esiste affatto nel nostro scritto, e quando
l’avi'emo rinvenuta, sapremo rispondere come conviensi.
Il sig. Balsamo ci fa il complimento di dirci ohe i nostri principii sono
anticattolici, tendenti alla corruzione del cuore; che le idee sono scompartite e sconnesse; e che la veste del nostro scritta è rozza e malacconeia.
Che siano anticattolici, cioè a dire anticattolici romani lo sappiamo ; lo
.ibbiamo detto più sopra, ed abbiamo risposto, e ci gloriamo per questo ;
altrimenti non avressimo osato di scrivere, e preghiamo il sommo Iddio affinchè per li meriti di Qristo, ci dia la costanza di terminare gli ultimi
momenti di nostra vita, in seno a quella santa religione da Cristo rivelata,
e non già in balia di quell’idolatra credenza romana, che ci aveva tratto
alla perdizione. Che lo sappia il signor Balsamo... Che lo sappia tutto il
mondo quali sono i nostri principii: Io non sono nè cattolico romano, nè
protestante. Amo e seguo la religione di Cristo perchè rivelata da Dio ,
perchè fondata sul dritto di natura e delle genti, e quindi son crist iano, hi
f'^to di religione non rispetto nè Vautorità dei governi, nè le. opinioni dei
popoli, p>erchè fra me e Dio non conosco nessuna autorità, nessun intermedio, nessun avvocato, tranne il solo... solo Gesù Cristo giusto. Un solo
principno..una sola massima sta scolpita profondamente sull'animo mio
ed è inmncellalnle : la dilezione cd Creatore ed all'uma-mità compendio e
scopo di tutte le leggi umana e divine.
Ecco in brevi parole i miei principii, la mia religione, la mia fede , la
mia credenza.
(1) S. Paolo ep. agli Efesi i, 22. — Ep. 1^ ai Cor. m, 11.
(2) S. Giovanni c. v, v. 39.
(3) Vedi Enciclica di papa Leone XII, e l'Enoiclica di Gregorio XVI.
(4) la epist. di S. Paolo a Timoteo xi, 5.
(5) Matt. XV, 11. — fi. Paolo 1» epistola ai Cor. x, 2.5. — Più 1" ep. a 'J’iin. iv, .3,
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Il principio cattolico romano, e non già il principio cri.stiano, c uu[>purc
lo stesso principio protestante è stato rigsavdato come sorgente di coiTUzionc e di delitti. Ciò è un fatto incontrastabile. Melchiorre Gioia sommo
filosofo e valente statista, nella sua opera Del Merito e delle Eieompense,
mostra ad evidenza, che i delitti d’ogni sorta abbondano nei paesi cattolici
romani, e non già negli stessi protestanti, e ciò vien provato colla statistica
alla mano. Ma per non andare alle lunghe, ascolti il sig. Balsamo ciò che
dice il signor About : « Lo stato del papa è il più cattolico dell’Europa governato com’è dal vicario di G. Cristo in persona. Ma è parimente il più
fertile in delitti d’ogni sorta e sopratutto in delitti violenti. » In una sentenza del tribunale di Bologna (dice lo stesso autore) così descrivesi lo
Staio del papa: « Negl’anni decorsi, ìnnumoreToli delitti d’ogni genere affliggevano que.?te provincie : furti, latrocini, assalti di case avevano luogo continùamente ad ogni ora e per tutto. Il numero dei malfattori andava crescendo insieme colla loro audacia incoraggiata daU’impunità. » Nè può succe
dere altrimenti, poichò il principio cattolico romano è fondato sulle apparenze
esteriori, e non già sulla moralizzazione dell’uomo. Si dipingono come delitti
enormi la bestemmia, la trascuranza della confessione auricolare, dell'ascoltazione della messa, della recita del rosario; e si tralascia di moralizzare l’uomo
fin dall’iufanzia. Si ritengono come gravi difetti alcune foggie di vestire
nei proti, una genuflessione di più, una genuflessione di meno; e si tralascia
di tenerli obbligati allo studio della Bibbia. Si atterrisci: il credente colla
dipintura in tela od in carta di un fuoco eterno divoratore neH’infemo, ma
non si persuade colla forza della ragione sulle principali verità della religione, e sui doveri che hanno tutti gli uomini d’ogni lingua, d’ogni religione,
d’ogni sÈtta, di amarsi l'un l’altro come fratelli. Si parla nelle confessioni
dei suS'ragi delle anime purganti per vuotare la borsa del penitente, e
riempire quella del confessore; si cerca di entrare a parte nelle confidenze
e nei segreti di famiglia; di solennizzare la festa al tale o tal altro santo, e
si trascura di togliere le inveterate abitudini sulla maldicenza, sulla calunnia,
sul furto, sulla malafede, sulla reciproca infedeltà coniugale, sul gioco, sulla
ubriachezza, sul disprezzo verso gl’indigenti, e sulla noncuranza delle associazioni soccorsali por gl'infermi e per li poveri, che nei paesi cattolici romani
sono costretti a perire d’inedia. Si cerca il fasto, la pompa, la magnificenza,
e iu un col dispendio e lo spreco della nazione; si fomentano i vizii cd i
disordini nelle feste dedicate a qualche affumicato pezzo di legno, dì marmo,
di cera o di carta in forma umana; e si trascura da tutti il culto che si dove
iu ¡spirito e verità al vero Dio, al Dio degli Eserciti, da cui solo promana
ogni sapienza, ogni virtù, ogni grazia. Si collocano in cento strane forme
i giovani ed i ragazzi nelle processioni: e non si cura in quelle tenere menti
che debbono formare il nerbo e la vita della nazione, di trasfondere il seme
della concordia universale, e la somma dei doveri dei figli verso i genitori,
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e doi doveri d’un ottimo cittadino verso la patria e la società. È tutto ciò
che forma la corruzione del cuore e della mente fra i paesi devoti a tutte
le vane forme esteriori della religione papale.
Intorno poi alle idee del nostro scritto sviìVArlecchino, che al nostro confutatore han sembrato scompartite, sconnesse e adorne dirozza e malacconcia
veste, noi diciamo che il Balsamo avrebbe dovuto provarlo; altrimenti tanto
vale il dirsi da lui che siano scompartite, sconnesse e male addobbate, quanto
il dirsi da noi che siano ben compartite, ordinate e vestite in modo quali
convengonsi ad una lettera, ed allo stile epistolare. Il signor Balsamo forse
avrà preso quella nostra lettera sull’j^riecc/w’wo per qualche trattato teologico,
0 per qualche predica di quaresima, ove non ¡scorgendo la divisione delle
materie, gli è sembrato tutto disordine e cojifusione. Noi sappiamo che il
signor Balsamo ha sempre goduto in Termini la pubblica stima di profondo
teologo e di ottimo canonista, e su di ciò non vogliamo essere avari di
rendere anche noi t6st¡mon¡anza al suo merito, ma che egli sia fornito di
tal giudizio da regalarci un qualche nuovo repertorio di regole sullo stile ,
e da pronunziare dei giudizii sulla purezza od impurità della lingua d’uno
scritto, ciò non era ancora a dir vero alla nostra cognizione.
Il Balsamo conchiude la prima parte del suo scritto con dire : iutto ciò
per la verità. Ecco un delinquente che dinanzi al tribunale pronunzia già da
se stesso la sentenza in suo favore. Se a quelle parole avesse aggiunto
VAmen, direi che quel finale sarebbe somigliantissimo alla chiusura di
qualche salmo o di qualche lettera apostolica, ma presso a poco vale l'istesso. Ciò però era lecito ai santi uomini inspirati dallo Spirito del Signore,
1 quali non potevano dubitare di dire la verità, perchè in essi parlava lo
Spirito di Dio; ma quando trattasi d’uomini ehe parlano o scrivono, o di
fantasmi che sognano, spetta non già allo scrittore (Io cho sarebbe troppa
presunzione) ma ai giudiziosi lettori il decidere se tutto ciò che si manifesta
ha l’impronto di verità o di errore.
( Continua) ' N. S.
VARIETA
UN UOMO CONVERTITO DAI LADRI
11 sig. Kothen era nato in Scandinavia, e benché cresciuto in mezzo ad
una società così detta protestante, non avea per esperienza conosciuta uè
la sua propria miseria, nè la grazia del Signore; viveva come tanti altri,
seguendo tranquillamente la via larga che conduce alla perdizione, e persuadendo se medesimo che Iddio non avrebbe dannato un galantuomo quale
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tìgli si citìJeva. Ma Dio lia mezzi iuauditi e sufficieiili per togliere di subito
l’uomo dalla sua fallace sicurezza e mostrargli ad un tratto lo stato pericoloso deU’anima sua. Malattie, tempeste, terremoti, folgori, angeli o ladri,—
tutto può divenire nelle sue mani onnipotenti mozzo per convertir i suoi :
l'esempio di Kothen ne porge una prova straordinaria.
Un giorno dovendo da Stockholm recarsi ad Aboin (Pinandia), prese posto
in un piccolo vascello a vela; venuto il momento della partenza, s'imbarcò;
un’aura fre,sca del nord ovest gonfiava le vele, e Kothen, senza curar troppo
l'apparenza poco rassicurante d'una parte della ciurma, si rallegi-ava del veloce camminare del piccolo naviglio, ìMa dopo qualche tempo, alcuni segni
di reciproca intelligenza, un non so che di malaugurato nello sguardo dei
marinari, nelle loro ri.sa, nelle loro ironiche risposte, avendo destato iu lui
(jualche sospetto, s'avvicinò prudentemente per sentir 1 discorsi che tenevano
fra di loro in lingua finnese, la quale credevano fosse una favella barbara
per il loro compagno, « Gittiamolo nella gran fossa ”, diceva l'uno, — “ poi
diremo ”, aggiungeva l'altro, “ ch'egli non essendo pratico del mare, ha
« voluto inoltrarsi di troppo verso alla prora e ehe, mentre eravamo occua pati alla puppa, ha fatto un capitombolo in giù; e poi buona notte ! ” —
Ma non tutti erano dello stesso parere, e conchiusero in fine di lasciarlo
sopra uno scoglio vicino, dove abitava una vecchia, la quale nascondeva le
loro rapino.
Mentre si discuteva la quistione della sua sorte, Kothen sentiva per la
prima volta l'angoscia d’un'anima la quale è costretta di riguardar la morte
iu faccia, senz'avere la pace che dà l'Evangelo. Nel momento del pericolo
la creatura si rivolge per istinto al suoi Creatore, e per la prima volta Kothen si mise a pregare quell'Unico che poteva salvarlo dalla morto,
I pirati giunti all'altezza della piccola isola, gittarono l'àncora, e sbarcarono vicino ad uua capanna, dalla quale venne loro incontro la vecchietta,
ch'essi chiamavano: (( la madre ».
a Ecco, dissero, presentandole con un rispetto mezzo finto il loro prigioniero, ecco un signore che ò predicatore; avete piacere di vederlo, —non è
vero madre? y>
<i Grazie, figli miei, risposo la vecchia, domani è appunto la domenica e
« avremo un sermone ; — sono molti aiini che non ne ho sentito !» — Il
povero Kothen, vedendosi inopinatamente rivestito d'un carattere ecclesiastico affatto alieno dai suoi ordinarli pensamenti, si sentiva venir meno, ed
era come sopraffatto dalla inquietudine. Non ardiva di dissipare un errore
al quale dovea forse la propria salvezza ; d’ altronde egli non avea mai
esortato nessuno in fatto di religione, molto meno uno stuolo di pirati.
La notte fu lunga e senza sonno ; il numero dei ladri erasi accresciuto, forse
dalla ciurma di qualche altra barca di pirati. Tl preteso predicatore si alzò
presto, uscì dalla spelonca, cercando di raccogliere qualche pensiero da
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svolgere al suo uditorio. Intauto la gente rozza e groBsolana si vestiva da
festa, preparava il locale e le sedie, e <juando tutto fu pronto, fece chiamar
H pastore.
Il pover’uomo andava innanzi «ome se lo conducessero al patibolo. Allora
si rivolse con tutte le forze deU’animo al suo Salvatore, supplicandolo di non
abbandonarlo in tale estremità, e ben presto sentì che la sua preghiera
era esaudita : un sentimento fin’ allora sconosciuto di pace c d’amore pose
un termine a tutto le sue ambascie ; — Dio ha pietà del peccatore ! Egli
avrà pietà anche dì me! una tale sicurezia gl’ispìrò anche una profonda
simpatia per quella gente perduta la quale avea parlato dì ammazzarlo. —
Il suo cuore era tanto commosso ch’egli non poteva a meno di commuovere
gli altri; con lagrime negli occhi parlò loro della corruzione del cuor umano,
delle tremende conseguenze ch’essi doveano aspettarsi se morissero in uno
stato d’impenitenza finale ; poi li esortò a darsi a Cristo, a credere al Salvatore dei peccatori.
Mentre andava innanzi, gli crescevano la fiducia e la forea; la malvagità
del proprio cuore s’era svelata aH’occhio suo ; ma anche la speranza della
salvezza lo riempiva con uguale efficacia perchè il suo pentimento era sincero e la sua fede in G-esù Cristo vìva.
L’uditorio, rammentandosi le proprie colpe, divideva la profonda emozione del nuovo predicatore, più d’uno piangeva nell’udirlo. La vecchia lo
strinse con affetto nelle sue braccia, quando ebbe finito, e ordinò eh’una
barca lo conducesse subito con tutta la roba alla città d’Aboin.
Il sentimento d’essere stato cosi miracolosamente ajutato dalla grazia di
Dio non rimase senza effetto su di lui; egli decise dì vivere d’ora in poi
per Colui che l’avéa salvato ; e quando più tardi si trasferì a Marsiglia edificò i fedeli còla radunati per la sua cristiana pietà.
Lettore, hai tu mai gridato a Dìo nella distretta, per esserne liberato?
Hai tu mai chiesto il perdono ed ottenuto ciò che domandavi? Sai tu per
esperienza ohe Gesù Cristo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto?—rammentati allora d’edificar altrui e di far risplendcre la luce delle
tue buone opere davanti al'Biondo. — E se non l’hai sperimentato, domandalo oggi, adesso, mentre leggi quest’articolo, affinchè tu sii salvato!
COERISPONDENZA DI PAVIA
Caro sig. Direttore,
E molto tempo che non le scrivo non è vero? Ma creda che non è ne
per mala voglia, nè per penuria dì notìzie ohe ben al contrario ne abbiamo
sovènti di ben peregrine. Iddio matiifesta la sua bontà e possanza inverso
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taluu suo predestinato in una maniera così straordinaria, die abbiamo mo
tivo ogni dì sempre più di lodarlo e di benedirlo.
Lo adunanze nostre di militari sono assai frequentato, e la domenica iu
ispecie, siccome le esercitazioni sono sospese, la nostra stanzetta no è piena
di tutti i gradi della milizia, e talvolta anche di civili e fra gli altri uno ne
fu, del quale voglio intrattenerlo un poco nella presente mia.
L’^n nostro giovano soldato, già dimorante nello vicinanze di Valenza,
conobbe l'Evangelo prima di essere chiamato sotto lo armi, ma per un tal
motivo ebbe a soffrire persecuzioni ben dure dalla famiglia e dal genitore
in ispecie. Tuttavia malgrado l’opposizione sistematica che trovava fra 1
suoi, potè partecipare ad un suo fratello la sua fede in Cristo Gesù, che
l’acoettò con una volontà non men ferma della sua.
Stando il nostro militare con noi di guemigione, il di lui fratello venne
in Pavia a trovarlo e si fermò molti giorni e potè costì essere confermato
nellamore al Vangelo; ripatriato poi, pare non avesse difficoltà di confessare la fede ch’era in lui, poichò fu fatto sogno di vive persecuzioni dal
genitore, le quali si potranno rilevare maggiormente dalla lettera che mi
mandò e che le acchiudo.
« F.....30 giugno 1861
« Caro amico e fratello nel Signore,
« Vengo con questo foglio a fargli sapere di mio notizie. Ila da sapere
« caro furiere B. che io sono perseguitato dalla mia famiglia. Domenica
« scorsa, alla sera, sono andato a casa per mangiare e mio padre mi disse ;
« Sei tu andato oggi al vespro ? ed io gli risposi di no, ed egli aggiunse :
« Sei tu andato a messa? ed io gli dissi; nò, non ci sono stato. Allora lui
« disse: Guarda bene ch’io non voglio che tu faccia come tuo fratello, che
« siete duo protestanti, e se tu mi prometti di andare in chiesa bene, altri« menti io ti rinnego da figlio come ho rinnegato tuo fratello. Ed io pian« gondo gli dissi: caro padre in quanto agl’interessi io li farò a modo
« vostro, ma quanto all’anima io voglio fare la volontà del Signore. E lui
« mi rispose : Ebbene spogliati nudo come sei Óato e poi vattene a’ tuoi
li protestanti. Gli dissi di darmi almeno i panni logori e lui mi disse :
« neppure tin filo, vattene dove tu vuoi.
« E poi andò dal Sindaco a dirgli che non mi faccia il certificato, che
« almeno mi arresteranno e mi getteranno in una prigione. Pensi un po’
« qual sia il mio imbarazzo se mio padre non mi vuol più in casa, come
« ho io da fare? Ne parli cogli amici e con mio fratello e li saluti tutti
« per me,
« Dimque lo salato di cuore unitamente al mio fratello, e mi creda.
« Suo devotiss. C. D. »
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Tale è la L:ttci'a. Oli rispondemmo tosto, cho fosse litoniato fra noi, e che
ciò che a lui avveniva era nell'ordine naturale delle cose. L’Evangclo deve
produrre l'effetto profetizzato : « Voi sarete odiati da’ padri, dalle madri,
dai vostri famigliari stessi; ma non condoletevi, chè ne riceverete cento
cotanti ».
Con aff. Bruno
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino — Battesimo di un Israelita. — Venerdì 12 del corrente mese,
nel Tempio Valdese di questa città, veniva, per mezzo del Eev. sig. Lauria,
della Chiesa Anglicana, amministrato il santo battesimo ad un giovane
israelita livornese, il sig. Emanuele Arias, il quale dopo parecchi mesi di
continui studii e di assidua meditazione, giunto alla piena certezza che quel
Gesù di Nazareth crocefisso in Gerusalemme, or sono 18 secoli, è realmente
il Messia, Colui che dovea venire perchè fosse « Luce da alluminare le genti
« e la gloria del suo popolo d’Israele », volle—a dimostrazione e suggello
di questa sua fede, e degl’inapprezzabili beneficii di cui è sorgente a quanti
sinceramente la professano — ricevere sulla di lui fronte questo simbolo
esterno della nostra spirituale rigenerazione. La pia ceremonia che avea
raccolto nel tempio parecchi conoscenti ed amici del battezzando riuscì di
somma edificazione a quanti vi assistettero, e furono testimonii deU'aocento
di profonda convinzione col quale il neofita, cho prese nel battesimo aggiunse al suo nomo di Emanuele quello di Paolo, rispose alle domande che
gli furono fatte intorno alla sua fede.
Livorno — Consecrazione della Cappella Valdese. — La sera del 19 del
mese scorso ebbe luogo in Livorno la solenne consecrazione al Signore della
cappella che è stato concesso alla Chiesa Valdese d'innalzare in quella città,
alla predicazione del sacro Evangelo. Intervenivano alla sacra funzione otto
pastori in abito ecclesiastico ; e con pubblico numerosissimo. Contrariamente a quanto si minacciava qualche tempo prima, la tranquillità non fu
menomamente turbata; anzi fu tale il contegno della popolazione che si
sarebbe detto esistere colà da un secolo il culto valdese.
Pontedera — Atto vandalico. — Avendo il Municipio di questa città, a
tenore della circolare Minghetti sui campi-santi, provveduto alFonorevole
sepoltura degli Evangelici chè vi si rendessero defunti, col fabbricare un
cimitero ad uso di questi ultimi annesso al Camposanto comune, alcuni
sciagurati, eccitati dai medesimi, che nella Stella d’Etruria, decantano la
grande azione, di notte tempo atterrarono il muro di cinta del suddetto
cimitero, aggiungendo a questo altri atti non meno sconci ed indegni di un
popolo civile.
Woigt Giovanni gerente
TORINO — Tipografla CLAUDIANA, lUretta da R. Ti-orabptta,