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Anno 115 - N. 16
20 aprile 1979 - L. 250
Spedizione in abbonannento postale
1° Gruppo bis/70
archìvio tavola valdese
10066 TORRE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PER L'ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE
Sacerdozio universale e
Resistenza antifascista
DAL LIBRO DI OSEA
ancora tempo
di cercare VEterno
La partecipazione protestante alla Resistenza può essere considerata un frutto della dottrina che fonda la responsabilità personale
Durante i venti anni di fascismo, le Chiese ufficiali erano obbligate ad una politica di prudenza, che solo poteva consentirle la
sopravvivenza; ma ciò non impedì manifestazioni che andavano
ben oltre le posizioni ufficiali delle chiese, forse perché il principio
del sacerdozio universale di tutti
i credenti, correttamente inteso,
rendeva ciascuno chiaramente responsabile delle sue azioni e dei
suoi atteggiamenti. Così, già verso la fine degli anni ’20, Giuseppe
Gangale e la sua rivista Conscientia furono, fino a che le autorità
fasciste non intervennero a sopprimerla, una testimonianza chiaramente antifascista del Protestantesimo italiano. E in quegli anni
la Chiesa metodista poteva dare
rifugio e conforto ad un sacerdote cattolico (che cattolico rimase
sia pure a suo modo) come Ernesto Buonaiuti, e ad un professore
ebreo espulso dalla Università fascista come Ugo Della Seta. E
Giovanni Miegge poteva dar vita
allo studio della nuova teologia
barthiana in quelle Giornate teologiche del Ciabas da cui uscì,
tra gli altri, M.A. Rollier, poi comandante militare della Lombardia durante la Resistenza combattuta negli anni ’40.
Quando la Resistenza
uscì allo scoperto
Fu quindi naturale che, quando
la Resistenza uscì allo scoperto,
una larga partecipazione protestante alla sua attività si manifestasse. Nelle valli Pellice e Germanasca le diverse formazioni
partigiane ne furono una rappresentazione; ma a parte questo
caso particolare, la presenza individuale dei protestanti fu consistente su tutto il piano nazionale.
E ad incoraggiarla furono anche
le manifestazioni della Chiesa
confessante tedesca, con la campeggiante figura di Dietrich Bonhoeffer, attore partecipe della più
viva azione resistenziale tedesca
culminata nell’attentato a Hitler
del luglio del ’44.
La partecipazione protestante
SOMMARIO
□ p. 2 - Incontri e attività delle chiese e dei
circuiti.
□ p. 3 - DalVAssemblea
della Federazione Protestante in Francia, di
S. Ribet
□ p. 4 - Valdesi e Fratelli, ripresa del dialogo,
di c.m. tron
□ p. 5 e 8 - Francesco Lo
Bue, educatore, pastore, antifascista, testimonian: 3 di N. Giampiccoli, R. Malan, B.
Corsani, B. Lo Bue
□ p. 6-7 - Cronaca delle
Valli
si materializzò soprattutto attraverso il Partito d’Azione, che nelle sue file scarsamente ideologizzate dava spazio a quella partecipazione personale di ognuno che
resta la corrispondente politica
più concreta del teologico sacerdozio universale.
Due esempi
tra tanti
Inutile elencare nomi e fatti di
tutti coloro che agirono, forse
con motivazioni diverse, nelle file
della Resistenza come tutti gli altri loro compagni. Ma due nomi si
possono ricordare, come quelli
di coloro per i quali l’essere protestanti e il partecipare alla Resistenza dipendevano da un solo
imperativo. Dico di Jacopo Lombardini, commissario politico della Brigata GL in Val Pellice, caduto in mano nazista, deportato
a Mauthausen e colà ucciso, dopo
aver dimostrato, prima e dopo il
suo arresto, come la predicazione
evangelica potesse continuare anche all’interno della Resistenza,
sia pure a rischio della vita. E di
Ferdinando Visco Gilardi che alla Resistenza partecipò organizzando a Bolzano, tappa obbligata
di tutti i deportati, un servizio di
assistenza che diede a molti la libertà (quante ben organizzate fughe!) e a moltissimi conforto e
aiuto. Sono due esempi che illustrano quale potesse essere la partecipazione « protestante » alla
Resistenza. Da far seguire naturalmente dai nomi di tutti coloro
che nella Resistenza operarono come e con gli altri, apportando nel
contempo il contributo del loro
essere protestanti come un qualcosa in più nella loro partecipazione allo sforzo comune.
Niso De Michelis
Tre temi sono fondamentali
nella predicazione profetica di
Osea: il peccato, il giudizio e
l'amore di Dio. La colpa d'Israele sta nella sua infedeltà all'Eterno: una infedeltà che si esprime
con il rifiuto dell'amore di Dio
per correre dietro a degli amanti, cioè agli idoli. Osea parla addirittura di una prostituzione che
sollecita il popolo a rompere il
rapporto con l'Eterno, nella volontà di forgiarsi da solo il proprio avvenire.
La deviazione non è marginale, ma intacca l'alleanza nella sua
essenza. L'idolatria irrompe in
molteplici forme; « accanto alla
idolatria che si perverte in un radicale formalismo rituale a sfondo magico e passionale », la profezia di Osea sottolinea e sviluppa il tema della conoscenza di
Dio: una conoscenza non intellettuale o mistica, ma attiva, creatrice di opere e di ubbidienza alla
volontà del Signore. Come scriveva Karl Barth, « la conoscenza
dell'Iddio vivente implica fede e
ubbidienza. Non diciamo che la
conoscenza di Dio sia anche ubbidienza. No, la conoscenza di
Dio in quanto conoscenza della
fede è essenzialmente ubbidien
______IDI AMIN, UN DESPOTA AIUTATO DA TROPPE PARTI
La fine di un dittatore
Sarebbe facile commentare la
fine di Idi Amin rievocando le
atrocità, le stranezze, i voltafaccia di un grottesco dittatore
ubriaco del proprio potere. Ma
questo non farebbe che prolungare un atteggiamento che in
questi anni è stato proprio dell’occidente: indignazione nei confronti di un crudele selvaggio, a
copertura dei giochi di potere
che lo hanno mantenuto in vita.
È quindi preferibile mettere in
luce questo aspetto sulla linea
di un ampio servizio di J. P.
Alaux apparso su Le Monde Diplomatique di aprile, dal titolo
significativo : « La sorprendente
longevità del regime Amin Dada ».
« Quando si aiuta un regime
contro il suo popolo, si sceglie di
aiutare la repressione interna
e, quando questa non basta più,
di provocare dei conflitti internazionali che tentano di spostare il centro di gravità della rivolta al di là del suo quadro iniziale. L’aggressione ugandese
contro la Tanzania si iscrive in
questo schema che non può sorprendere nessuno dei sostenitori
del maresciallo, anche se li turba, anche se si ritirano all’ultimo momento per tentare di rendersi innocenti».
Questo preciso inquadramento della situazione mette in luce
la schiera dei sostenitori di
Amin, schiera tanto varia quanto numerosa. Ê iniziata con la
Gran Bretagna e Israele che
hanno visto in Amin un ritorno
a posizioni colonialiste, di segno
opposto alla svolta socialista iniziata dal presidente Obote, e un
prezioso alleato in grado di controllare, dalla posizione strategica dell’alta valle del Nilo, le
spalle dei regimi arabi del Sudan e dell’Egitto. È continuata.
dopo il voltafaccia di Amin, con
rURSS, i Paesi arabi e i Palestinesi, per un sostegno della loro politica medio-orientale e
islamica. Ma questo non ha impedito agli Stati Uniti di appoggiare economicamente l’Uganda
per garantire un sostegno all’immobilismo dello Zaire di Mobutu e un freno al centro dell’Africa al movimento di unificazione africana contro i regimi
sudafricani. A proposito dei sostegni esterni, a parte quello libico arrivato all’ottusità, si sottolinea infatti — certo a ragione — l’aiuto portato ad Amin
dairURSS. Ma non si può dimenticare che gli USA hanno ritirato i loro aiuti all’Uganda solo all’inizio dello scorso ottobre
e che nel 1978 il dittatore si felicitava ancora per la collaborazione francese e tedesca occidentale nel campo medico e industriale.
L’intrico di questi interessi e
di questi appoggi più o meno nascosti è tale — e la posizione
strategica dell’Uganda è di tale
importanza — che vien fatto di
chiedersi se il nuovo regime messo in piedi in Tanzania sarà sufficientemente forte per resistere
a questo gioco così complesso.
In altre parole, la controffensiva della Tanzania può costituire
una vera liberazione dell’Uganda?
Necessità di una
crescita interna
È quanto si chiedeva, nel corso della guerra provocata dalla
invasione della Tanzania da parte del dittatore ugandese, uno
studio condotto dall’Africa Study Group, « The Uganda-Tanza
nia Armed Confiict of October
1978 », comparso recentemente
sul primo numero della nuova
rivista della Federazione Mondiale Studenti Cristiani, WSCF
Journal. La risposta di questo
studio africano — che pur qualificava chiaramente come fascista il regime di Amin e non nascondeva la sua comprensione
per la Tanzania di Nyerere — è
che l’intervento di uno stato negli affari interni di un altro stato rappresenta un comportamento politicamente negativo non
per astratti dogmatismi o moralismi, ma perché nessuna forza
esterna può sostituirsi alla responsabilità diretta e all’azione
di un partito di opposizione e di
avanguardia rivoluzionaria che
cresca in forze e in maturità,
pur con l’aiuto di partiti di altri paesi, fino a raggiungere l’insurrezione. «A questi principi
bisogna attenersi per quanto lunga e complicata sia la strada
della liberazione. Altrimenti l’obiettivo stesso, e cioè la rivoluzione, è seriamente compromesso se non negato ».
Ora tutti i commentatori concordano nell’affermare che la caduta di Rampala è opera della
Tanzania, pur con la presenza
di fuorusciti e ribelli ugandesi.
Il problema è dunque se l’opposizione ugandese, finora forzatamente limitata, sarà sufficientemente salda e matura da produrre un governo che eviti i trabocchetti dell’intrico di interessi
presenti al centro dell’Africa.
Non è possibile al momento fare previsioni. Si può solo sperare che la via, lunga e stentata,
che ha portato al rovesciamento di Amin malgrado tanti appoggi sia anche l’inizio di una
vera liberazione per l’Uganda.
Franco Giampiccoli
za, è l'atto umano di decisione,
che corrisponde all'atto della decisione divina, all'atto in cui Dio
si manifesta come il Signore vivente ».
Perciò la predicazione del profeta è un'aperta requisitoria contro un popolo che non conosce il
suo Dio, eppure a modo suo s'illude di essere un popolo religioso. Così dice Osea ai suoi contemporanei con estrema franchezza: «Il mio popolo perisce
per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai sdegnata la conoscenza, anch'io sdegnerò d'averti per
sacerdote; poiché tu hai dimenticato la legge del tuo Dio, anch'io
dimenticherò i tuoi figliuoli ».
Non solo gli Israeliti del tempo
di Osea non cercano l'Eterno, ma
si regolano in tutto come quelli
che non lo conoscono. E dovranno accorgersi quanto sia controproducente dimenticarsi di Dio,
quando si afferma di riconoscerlo quale .solo e vero Dio contro
coloro che lo disconoscono o lo
combattono. Hanno un bel gridare: « Mio Dio, noi d'Israele ti
conosciamo »; ciò non corrisponde a verità anzi, ciò conduce il
profeta a prendere di petto il
suo popolo con una severa esortazione: « Conosciamo V Eterno,
sforziamoci di conoscerlo. Il suo
levarsi è certo, come quello dell'aurora; egli verrà a noi come
la pioggia, come la pioggia di
primavera che annaffia la terra ».
L'infedeltà alla « alleanza » concerneva la quasi totalità del popolo samaritano; ma sono soprattutto i primi e maggiori responsabili del tradimento ad accerLdere di tristezza indignata la
parola di Osea.
Dio è giudice del suo popolo.
Egli non è né cieco né sordo,
non consente a facili indulgenze,
non è vittima di errori o di inganni. Il culto di Baal è un culto
naturistico. Baal è il dio della fecondità del suolo; ma l'Iddio
d'Israele non è un Baal più potente degli altri, che si sostituisce a Baal nella stessa funzione:
è un Dio totalmente diverso dagli dei della natura. « Che ti farò,
o Efraim? Che ti farò, o Giuda?
La vostra pietà è conte una nuvola mattutina, come la rugiada
che di buon'ora scompare. Per
questo li taglio con la scure dei
profeti, li uccido con le parole
della mia bocca, e il mio giudizio
verrà fuori come la luce ».
Il giudizio di Dio oltrepassa i
limiti di una responsabilità individuale, assume dimensioni più
ampie che coinvolgono il popolo,
il paese, la religiosità ufficiale, le
colpe collettive di una nazione.
Giovanni Miegge, nel suo commentario, dice che « il castigo di
Dio ha vari momenti », cioè questi: il rifiuto della fertilità del
suolo (5/3), la fine delle feste in
onore di Baal (13/10-16), la separazione dai Baalim (8-9). Dio è
giudice sul suo popolo, ma anche sugli altri popoli della terra,
è sovrano sulla storia delle nazioni: « Che farete nei giorni delle
solennità e nei giorni di festa
dell'Eterno? Poiché, ecco, essi se
ne vanno a motivo della devastazione, V Egitto li raccoglierà,
Menfì li seppellirà. Le loro cose
preziose, comprate con denaro le
possederanno le ortiche, le spine
cresceranno nelle loro tende. I
giorni della punizione vengono;
Ermanno Rostan
(continua a pag. 2)
2
20 aprile 1979
nipv;A
INCONTRO DI CHIESE DEL VI CIRCUITO ALL’ASSEMBLEA DEL CIRCUITO CAMPANO
Discutiamo ii cuito
Domenica 25 marzo le chiese
di Vercelli, Biella, Novara ed
Omegna, Intra, Domodossola e
Lulno, si sono incontrate, nell’ambito del consueti raduni periotìci, per una giornata nei locali della Chiesa Metodista di
Omegna. Il tema conduttore della giornata comunitaria era :
« Ripensiamo il Culto ».
Un gruppo molto numeroso —
circa persone, alle quali nel
pomeriggio si sono imiti fratelli
della vicina Intra e Domodossola — ha preso parte con interesse e suggerendo, anche, alcune
linee da seguire nella liturgia del
culto.
La giornata ha avuto inizio
con il culto. La predicazione è
stata tenuta dal pastore di Biella Daniel Attinger, il quale, commentando i testi: Rom. 12: ,1,2
e Luca 24: 13-35, ha suggerito all’Assemblea tre linee di riflessioni: 1. Il culto è vissuto ogni
giorno realizzando amore e giustizia; 2. Il culto non è ubbidienza al Signore ma necessità
della comunità di incontrare il
Signore ; 3. Il culto è fare « memoria », rendere presente, ciò
che è avvenuto nel passato.
Il pastore Renato Coìsson, della chiesa di Pomaretto, ha introdotto il tema della giornata.
Riagganciandosi al sermone appena udito e presentando il paginone « Ripensiamo il Culto »
pubblicato il 10.XI.78 sull’EcoLuce, ha pimtualizzato innanzitutto il fatto che compete alla
chiesa di ricercare nel proprio
ambito il modo di celebrare il
culto dando forma alla liturgia
che più le si adatta.
Non tutte le chiese infatti vivono nella stessa situazione: c’è
chi vive in tempo di pace e chi
di guerra, chi di benessere e chi
di disagio, chi soffre a motivo
della testimonianza e chi è assorbito da attività che nulla hanno a che vedere con le attività
di una chiesa.
Significativo l’esempio di Coìsson che paragonava il culto ad
un vestito, un vestito che ogni
chiesa deve confezionare per le
proprie esigenze. Inoltre ha ricordato che il culto deve essere,
innanzi tutto una riflessione comunitaria, ed è perciò che si vede bene inserita l’Assemblea di
chiesa nella celebrazione del
culto.
I presenti venivano invitati ad
intervenire direttamente nella
tematica esposta da Coìsson da
tre domande poste dallo stesso:
1. La comunità assiste al culto
o fa il culto?
2. Culto discussione o culto predicazione?
3. Come può la comunità partecipare in modo attivo al culto?
Numerosi sono stati gli interventi e quasi tutti hanno sottolineato l’esigenza che il culto non
rientri nell’ambito del ’sacro’ e
soprattutto non diventi un atto
rituale, una abitudine, una liturgia sempre uguale che ricordi,
in fin dei conti, la messa. In sostanza si è tenuto a sottolineare
che la liturgia deve scaturire da
un bisogno della chiesa, da una
situazione reale, e non deve essere uno schema fisso. Insomma, il culto deve essere per la
chiesa non un ascolto passivo
ma deve rappresentare un trampolino di lancio in vista delle attività da svolgere sia all’interno
che all’esterno.
Negli interventi è stato anche
toccato il problema della Santa
Cena. Alcuni sostenevano che la
si debba celebrare in ogni culto,
altri — al contrario — sostenevano che va celebrata solo saltuariamente in modo da evitare
che anche la celebrazione della
cena del Si^ore cada nel rituale e neU’abitudinario.
Nel pomeriggio, dopo il pran
zo comunitario, il lavoro sul tema della giornata è proseguito
con la discussione della proposta di spostare la confessione di
peccato dopo la predicazione.
Numerosi sono stati gli interventi che hanno animato la
discussione e che hanno cercato
di rispondere alla domanda : Che
cos’è che ci convince di peccato?
È subito emersa la necessità di
chiarire la differenza tra il dire :
confessare i propri peccati e confessare, invece, la nostra situazione di peccato richiamandoci
alla Parola di Dio.
Proprio questo richiamo alla
Parola di Dio ha fatto scegliere
ai presenti, su proposta del sovraintendente pastore Benecchi
il tema per il prossimo incontro
comunitario: «Bibbia e Parola
di Dio ». Da poco erano passate
le 17 quando ci siamo dati l’arrivederci al 17 giugno a Vintebbio.
Ancora una volta il Signore
vorrà accompagnarci in questo
nuovo impelo e accordare alla
sua Chiesa il suo aiuto in questo cammino di ricerca, di confronto e di dialogo.
Sergio Margara
Ordine del giorno sui
problema dell'energia
Si è tenuta a Napoli il 17 marzo l’Assemblea di circuito delle
Chiese Valdesi e metodiste. Tra
gli altri argomenti è stato preso
in esame il problema della energia nucleare. Al termine della
discussione è stato approvato il
seguente ordine del giorno:
« L’Assemblea...
Esprime il convincimento
che debba essere fatto tutto il
possibile per il reperimento di
nuove fonti energetiche che non
aggravino l’ulteriore inquinamento dell’ambiente;
Richiama la responsabilità
delle Autorità e dei cittadini sulla necessità di utilizzare, senza
sprechi, le risorse energetiche
disponibili ;
Deplora che il progetto
Montecatini - Montedison, previsto a Portici, sia stato recentemente annullato impedendo così, la realizzazione di un centro
scientifico e sperimentale, unico
in Italia Centro-meridionale, per
Dalle chiese
PALOMBARO
La comunità di Palombaro, come tante altre nostre comunità
di montagna e di campagna, in
particolare del Mezzogiorno, ha
risentito fortemente del fenomeno dell’emigrazione, e quindi
ha subito un accentuato processo di invecchiamento. La conseguenza più immediata è stata la
progressiva riduzione della sua
consistenza numerica. Ci hanno
così lasciati, in questi ultimissimi anni. Melina Giandonato, Mario Ricchiuti, Fioravanti Di Felice, Maria Di Jenno.
A questi si è aggiunta, qualche settimana fa, la sorella Concetta D’Angelo. Apparteneva ad
una delle famiglie fondatrici della comunità. Era tornata a Palombaro, pensionata, dopo aver
svolto la sua attività di ostetrica in alcuni villaggi della zona.
I funerali hanno avuto luogo
martedì 6 febbraio con una buona partecipazione della cittadinanza.
Questa nostra sorella, chiamata un giorno alla fede, ha accet
tato l’Evangelo per il quale ha
ricevuto il perdono ed è passata, già in questo presente, dalla
morte alla vita, dalla schiavitù
del peccato alla libertà dei figli
di Dio. Con semplicità, e pur
nelle tante contraddizioni e nelle numerose cadute che continuano a segnare anche resistenza del credente, essa è rimasta
fedele alla sua chiamata e all’Evangelo. Il dono di questo
Evangelo che è entrato nella sua
vita dandole un sapore diverso,
e il dono dell’amore di Dio, che
con l’Evangelo essa ha ricevuto,
non possono essere distrutti
neanche dalla morte: come dice
l’apostolo Paolo, nessuno e nessuna cosa potranno mai separare il credente dall’amore di
Dio che è in Cristo Gesù.
A Palombaro, questa certezza
è stata realizzata a livello non
solo di « destino » individuale,
ma anche di « destino » della comunità; la certezza cioè che l’amore di Dio resta anche con la
piccola comunità nel suo insieme. Per cui essa continua ad essere, per volontà di Dio, la testimone dell’Evangelo, sia pure nel
E’ ancora tempo di cercare l'Eterno
(segue da pag. 1)
vengono i giorni della retribuzione; Israele lo saprà ». L’istituto
della monarchia, a questo stadio,
è tutt’altro organismo che il custode geloso e il testimonio delle
promesse divine. Israele è passato dalla realtà di "popolo di Dio"
alla realtà di uno Stato tra gli
altri Stati, anche se continua a
richiamarsi a Jahvè. Osea prevede ed annunzia la fine imminente di questo Stato praticamente
pagano, che presume di fare agli
altri Stati la predica di Dio e dei
valori di Dio. « Dov’è dunque il
tuo re? Ti salvi egli in tutte le
tue città. E dove sono i tuoi giudici, dei quali dicevi: Dammi un
re e dei capi! Io ti do un re nella
mia ira e te lo ripiglio nel mio
furore ».
Tuttavia il giudizio di Dio non
è l’ultima parola della profezia
di Osea, non è neppure l’ultimo
atto di Dio sulla storia dei popoli e delle nazioni: non per nulla Osea è stato chiamato profeta
di « misericordia ». Ci sono delle
ore in cui i profeti tacciono, ma
l’Eterno parla, e parlerà ancora
per condurre i credenti sulla via
della speranza e dell’amore. Come un marito che rimane fedele
a sua moglie traviata e l'attende
con amore, così l’Eterno attende
il suo popolo, dopo averlo giudicato ma anche perdonato. I giudizi di Dio non -chiudono per
sempre le porte al ravvedimento
ed alla speranza: « Ecco io l’at
trarrò, la condurrò nel deserto e
parlerò al suo cuore. Di là le darò le sue vigne e la valle d’Acor
come porta di speranza; quivi
ella mi risponderà come ai giorni della sua giovinezza, come ai
giorni che uscì fuori dal paese
d’Egitto ». La localizzazione della
« valle di Acor » è incerta, ma il
valore simbolico della valle è indipendente dalla sua localizzazione. Quella che, in altre circostanze, è stata chiamata « valle
del turbamento », sarà chiamata
« valle o porta della speranza ».
Dio giudica, ma continua ancora a sperare. Grazie a Lui la
chiesa ed i popoli della terra possono ancora entrare nella valle
di Acor e respirare l’aria benefica della speranza: possono ancora sperare in Dio, non in se
stessi, nella loro potenza o nei
loro inganni. Si leggano i quattro ultimi capitoli del libro di
Osea per comprendere tutta In
portata della misericordia e della speranza di Dio verso il popolo eletto. Una speranza che è valida anche oggi per Israele e per
la chiesa cristiana: « O Israele,
torna all’Eterno, al tuo Dio! Perché tu sei caduto per la tua iniquità ». È tempo di cercare l’Eterno finché egli non venga e non
spanda su voi la pioggia della
giustizia. Io li attiravo con corde
umane, con legami d’amore.
Prendete con voi delle parole, e
tornate all’Eterno; ditegli: « Perdona tutta l’iniquità e accetta
questo bene... Io guarirò la loro
infedeltà, io li amerò di cuore,
poiché la mia ira s’è stornata
da loro. Io sarò per Israele
come la rugiada; egli fiorirà
come il giglio e spanderà le
sue radici come il Libano. Quelli
che abiteranno alla sua ombra
faranno di nuovo crescere il grano e fioriranno come la vite...
Efraim potrà dire: "che cosa ho
io più. da fare con gli idoli"? Io
lo esaudirò e veglierò su lui; io
che sono un verdeggiante cipresso, da me verrà il suo frutto ».
Perciò, anche oggi è tempo di
cercare l’Eterno.
Ermanno Rostan
la sua attuale condizione di « lucignolo » fumante.
Alcuni componenti della comunità di Palombaro (per forza
di cose pochi) insieme a giovani
di diversa ispirazione (in massima parte operaie e operai del
locale calzaturifìcio), hanno costituito, circa un anno e mezzo
fa, un « Centro Popolare di Cultura ». Le attività svolte fino ad
oggi possono essere così riassunte; una riflessione sulla « cultura
cattolica » e la sua incidenza
sulla formazione dei comportamenti; un esame dei problemi
della zona nel contesto della
« questione meridionale »; in occasione del 1° maggio, un dibattito sulle responsabilità e
sulla strategia del movimento
operaio nel nostro tempo; un cinefórum di analisi storica: dalla prima guerra mondiale alla
Costituzione repubblicana; una
serie di conversazioni sulla condizione della donna nella famiglia e nella società; ecc.
Non si tratta di una « opera, »
della comunità: questa vi è presente attraverso alcuni suoi componenti, e soprattutto le mette a
disposizione le sue strutture (locali, ecc.). Ma questo suo contributo, anche se modesto, ha
un preciso significato.
Un gruppo che costantemente
si riduce nella sua consistenza
numerica, e non riesce ad aggregare nuove forze, evoca immediatamente l’idea della sconfìtta.
Ma se esso prosegue nella sua
azione, è una testimonianza evidente che si può e si deve continuare a lottare. La comunità
di Palombaro, malgrado la sua
pochezza, esprime di fatto, attraverso i suoi piccolissimi interventi, un reale rifiuto della rassegnazione, e pertanto annuncia
nel concreto che l’Evangelo dà
veramente la forza di guardare
avanti verso il nuovo, e perciò
la capacità di operare per una
trasformazione profonda della
vita.
NOVITÀ’
HERBERT M. CARSON
Le epistole ai Colossesi e a fileeione
Introduzione e commentario
pp. 150, L. 3.800
Edito dai G.B.U. (Gruppi Biblici Universitari) di Roma
e distribuito dalla Claudiana, esce il 6*^ commentario del N.T,
a cura di R.V.G. Tasker. Un commento versetto per versetto
particolarmente adatto per « laici » e per gruppi di studio
biblico.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 Torino
c.c.p. 2/21641
la utilizzazione di energia solare e marina, determinando così
anche un ulteriore decadimento
del livello occupazionale ».
F.F.V.____________
Nei partiti
sì e nella
chiesa no?
A proposito della validità o
meno del lavoro femminile
nella Chiesa — problema sollevato in una lettera di Vera
Velluto di Taranto — ci viene segnalato l’intervento di
Violetta Sonelli, Firenze, che
riportiamo dalla Lettera circolare della Federazione Femminile Valdese^ aprile ’79.
Buono un incontro a Pisa di
circa 40 sorelle delle varie Unioni della Toscana. La discussione
vivace per la perplessità di alcune sorelle di Pisa sul valore di
un « gruppo femminile » nella
chiesa. Una di esse fa parte dell’Unione Donne Italiane (UDÌ) e
pensa di svolgere meglio in quella sede una più ampia testimonianza (quindi nei partiti, gruppi femminili SI, nella chiesa
gruppi femminili NO?). È vero:
in una comunità matura c’è libertà di spirito, c’è espressione
viva dei vari doni, non v’è settarismo, personalismo, non ci si
divide in gruppuscoli. Ma in quale comunità c’è mai stata tutta
questa grazia di Dio? Il problema della validità delle attività
settoriali nella chiesa (soprattutto femminili) si è posto in passato e si pone oggi né basta una
conversazione per risolverlo. È
vero anche che la chiesa deve
essere aperta verso l’esterno dove è essenziale la partecipazione
dei credenti, ma essi hanno bisogno della riflessione comunitaria per esprimere una testimonianza evangelica. Un gruppo
femminile nella chiesa non è la
chiusura in un ghetto di 4 donne (magari sono molte di più!)
che non sanno come passare il
tempo. Se questo gruppo è vivo
è anche aperto ad ogni collaborazione, promuove e organizza
studi, ha attività a carattere comunitario e porta la sua voce
fuori della comunità. Noi siamo
tutte più o meno libere di parlare e agire nell’ambiente (casa,
chiesa) in cui viviamo, ma pensiamo a tutte coloro che non sono privilegiate come noi e soprattutto non illudiamoci, perché nei vari settori della società
non siamo altrettanto libere,
ascoltate e prese in considerazione, specialmente se ci presentiamo come singole persone. La nostra è un’azione paziente, costante e consapevole (anche della
propria limitatezza) di chi crede
che innanzi tutto nella propria
comunità e poi aH’esterno è necessario operare tutti insieme e
ad una voce contro ogni tipo di
razzismo, emarginazione, sopraffazione.
Violetta SoneUi
TORINO
Corso di
fottura biblica
A Torino, in Corso Palermo
102, nella sede della Redazione
di Tempi di Fraternità, inizierà
un corso di lettura biblica sulTEvangelo di Marco dal giorno
martedì 8 maggio alle ore 21.
La lettura sarà guidata da Franco Barbero e gli incontri sono
aperti a chiunque ne sia interessato. La serie degli incontri
proseguirà fino alla metà di luglio. Possibilmente portare la
Bibbia.
3
20 aprile 1979
y'%
L’assemblea della Federazione delle chiese protestanti in Francia
Crocevia di esperienze
TRAMONTI DI SOPRA
Un culto in cui risuonano gli
inni della Riforma, le tenui melodie cantate dalle diaconesse di
Pomeyrol, le chitarre della Missione Zigana; in cui la predicazione, biblica ed evangelica, sul
seme che morendo produce molto frutto, è accompagnato da sobrie ma inusuali diapositive
esplicative; dove il saluto degli
ospiti stranieri è portato, a nome della Conferenza dei Paesi
Latini, dal moderatore Aldo
Sbaffi.
Questa la chiusura dell’Assemblea della Federazione delle Chiese Protestanti in Francia, ohe
può dare un’idea della diversità
e della complementarietà delle
esperienze che qui si sommano,
vengono a confronto, tentano di
rapportarsi all’Evangelo, per predicarlo oggi.
Molti temi sono gli stessi che
ascoltiamo nel nostro ambiente:
il rapporto non sempre fluido
tra i « vertici » e la base, la possibilità per una Federazione di
essere efficace portavoce del Protestantesimo nel paese, il sovrapporsi di comitati, servizi, commissioni, non sempre al chiaro
sui propri compiti e sui propri
limiti. Ma, contemporaneamente,
una Federazione che viene da
lontano, dai primi anni del secolo (1906), e che è un servizio a
disposizione di un protestantesimo minoritario sì, ma non come
il nostro, e quindi con una bella
ricchezza di spunti, di idee, di
iniziative, di rapporti con la società. L’esperienza, collaudata, ed
efficace, del lavoro a gruppi. La
programmatica volontà di tenere un’ Assemblea di ordinaria
amministrazione, senza grossi e
forse devianti temi di dibattito.
Una Assemblea senza poteri, e
quindi, paradossalmente o no,
più libera, e in definitiva più autorevole per quel che sa dire ed
esprimere.
Questa, in sintesi, l’impressione che ho avuto dai tre giorni
passati a La Grande Motte, dal
16 al 18 marzo ’79 nello scenario
un po’ irreale del villaggio di vacanze voluto a suo tempo da
Pompidou, a metà strada tra
Montpellier e la Tour de Constance.
È difficile dare una sintesi dei
lavori svolti, proprio per la ricchezza degli spunti emersi nei
vari gruppi di lavoro, materiale che poi passerà all’attenzione
del Consiglio della Federazione.
Mi limiterò a scegliere due o
tre momenti tra i molti che mi
sembrano di un certo interesse
anche per la nostra situazione.
Anzitutto uno spunto presente
nei materiali preparatori, diffusi fin dalla fine del 1978. A cura
del Centro Protestante di studi
e documentazione, una ricerca
sul tema del « Politeuma » ( =
« cittadinanza », nel senso di Filippesi 3: 20). Il termine può essere usato anche nel senso di governo, corpo sociale costituito,
modo di vivere: si può usare per
parlare di « quanti si riconoscono ancora come protestanti, per
origine, ma che non hanno più
come punto di riferimento la
parrocchia tradizionale »? Una
ricerca in questa direzione credo non sarebbe inutile neppure
■per noi, né nella diaspora italiana, né nel nucleo delle valli vaidesi.
Sulla pena di morte
Un risultato del gruppo cui ho
potuto partecipare, sul tema generale « Chiesa e società ».
« L’Assemblea...
1 ) Ricorda la convinzione,
espressa fin dal 1963, che il principio della pena di morte non è
compatibile con l’Evangelo; la
giustizia umana è relativa; non
le compete dunque di prendere
decisioni irreversibili;
per quanto un es.sere umano
possa essere colpevole, nessuno
ha il diritto di disperare di lui,
né di ridurlo al suo crimine; questo significherebbe negare che
esiste per lui, fino in fondo, una
possibilità di cambiamento;
2) Per questo motivo, chiedendo la soppressione della pena
di morte nel nostro paese, espri
me allo stesso tempo la speranza che sarà mantenuta l’attuale
scala delle altre pene, con le possibilità di riduzione della pena e
di libertà condizionale, e che non
sarà creata una "pena sostitutiva” non riducibile, che impedirebbe di tener conto delle disposizioni del condannato e della sua
evoluzione ».
Da rilevare che l’iniziativa per
questa presa dU posizione è venuta daH’ambiente dei cappellani delle carceri.
Un terzo momento significativo, la tavola rotonda, tenutasi a
Montpellier, nella « sala Molière », sul tema « Cristiani nell’Europa dei ricchi, di fronte al mondo dei poveri », con tre oratori
stranieri: il malgascio Marc Rafransca, il belga Marc Lenders
del Centro Ecumenico « Chiesa
e Società » di Bruxelles, e l’italiano Aldo Comba.
Tre Interrogativi
anche per noi
Dal rapporto del presidente,
Jacques Maury, cogliamo l'esigenza di una strategia per la Federazione: davanti alle cento urgenze che il tempo in cui viviamo ci impongono, non si deve
dimenticare l’urgenza prioritaria,
che consiste nel tentare di dare
una risposta all’attesa spirituale
del nostro tempo, ricercando con
gli altri il senso che hanno questo mondo e questa vita.
Dal rapporto di gestione, del
segretario Pierre Chrètien, la
stessa esigenza tradotta in termini pratici, con l’esortazione a
dare risposta a tre interrogativi
di fondo:
1) 'Che s’aspetta il protestantesimo dalla Federazione?
2) Quale testimonianza inten
de dare nella società in cui vive?
3) È sufficiente, per avere
credibilità in un mondo secolarizzato e a maggioranza cattolica, fare fronte, bene o male, a
tutte le esigenze che si presentano?
Interrogativi che si porranno,
tali e quali, all’Assemblea della
nostra Federazione, che avrà luogo a Torre Pellice ai primi di novembre.
Un suggerimento forse valido
che ci viene dalla Federazione
Francese: essa non è solo una
Federazione di Chiese e di Unioni di Chiese, ma anche di opere
e movimenti. Non è forse una via
per giungere ad una maggiore
rappresentatività di un’ istanza
che si vuole comune a tutto il
protestantesimo in un paese ove
il protestantesimo stesso è minoritario?
Sergio Ribet
Un anno di collaudo
al centro L. Menegon
Il nuovo Centro Ecumenico
« Luciano Menegon » di Tramonti di Sopra, sorto attraverso le
contribuzioni della Federazione
delle Chiese Evangeliche e di organizzazioni delle Chiese svizzere, quest’anno inizia la propria
attività con un definito programma di campi estivi così suddivisi: femminile, cadetti, EGEI, famiglie; quest’ultimo, per dar modo ad un maggior numero di famiglie di partecipare, è stato
ripartito in due turni di 13 giorni ciascuno per la durata di tutto il mese di agosto.
Anche quest’anno di attività è
da ritenersi di collaudo e di verifica per il Centro. I temi dei
campi sono stati scelti tenendo
presente la realtà in cui versa
il protestantesimo del Trivene
MILANO - Centro Culturale Protestante
Personale di G. Scagnetti
L’intento del Centro Culturale
Protestante non è solo quello di
essere una presenza evangelica
nella città, ma è anche quello di
mettersi a disposizione di quelle
espressioni artistiche che non
trovano un veicolo nei consueti
canali di tipo commerciale.
Così, oltre alla mostra storica
« Un secolo di stampa evangelica », le belle fotografie di Guido
Qdin e il concerto del gruppo di
Nicola Scarano, sempre nell’ambito delle manifestazioni artistiche, si è avuta sabato 31 marzo
Tinaugurazione della personale
del pittore Gino Scagnetti, un
amico del Centro. Un centinaio
di persone si sono ritrovate nella accogliente sala adiacente alla
..r-1 ‘ ■
Libreria Claudiana per apprezzare i quadri del giovane pittore
astratto-impressionista che, dopo un periodo di studio e lavoro
in Inghilterra si riproponeva con
i suoi ultimi lavori al pubblico
milanese. La maggior parte dei
convenuti era estranea all’ambiente protestante il che è stato
anche per il Centro un modo per
farsi conoscere.
Tra i numerosi intervenuti alla
manifestazione, oltre a critici
d’arte e giornalisti, abbiamo notato Fon. Aniasi, ex sindaco di
Milano, Dragone, consigliere comunale, Artali Mario, Dambrosio, primario della clinica Mangiagalli e lo scrittore Qttiero Ottieri.
to; essi infatti, non sono incentrati su tematiche specifiche ed
eccessivamente impegnative,
tranne, forse, la specificità del
campo femminile: « Problemi
psico-fisici della donna nella seconda età ».
Prevedendo, in primo luogo, una partecipazione delle comunità
venete, la scelta degli argomenti ha voluto rispecchiare quella
realtà che non è ancora del tutto omogenea e che risente di un
certo isolamento nelle cattolicissime Venezie.
Ricordiamo infine, che dal 18
al 20 maggio a Tramonti di Sopra, il Collettivo Teologico del
Triveneto, recentemente costituitosi, ha organizzato un corso
per predicatori laici sul tema:
« Panoramica sui mutamenti
delle interpretazioni del NT in
questi ultimi 30 anni e problemi connessi ». Il corso sarà tenuto dal Prof. Bruno Corsani.
PROGRAMMA
ESTIVO 1979
Campo femminile: « Problemi
psico-fisici deUa donna nella
seconda età» - dal 1.7 al 10.7.
Campo cadetti: « La lettura della Bibbia nella Scuola Domenicale » - dal 14.7 al 24.7.
Campo famiglie: «La coscienza
religiosa nella famiglia e nella società » - 1° turno dal 28.7
al 10.8; 2" turno dall’11.8 al 24.8.
Campo EGEI: « Presenza e identità evangelica nel Triveneto
cattolico » - dal 25.8 al 2.9.
Informazione e iscrizioni presso: Elda Bogo Urban, via Forte
Marghera 95 - 30173 Mestre telef. 041/958794.
La Bibbia nel mondo
La Bibbia e porzioni di essa
sono tradotte in 1660 lingue del
mondo. La Bibbia completa esiste oggi in 268 diverse lingue
mentre il Nuovo Testamento è
disponibile in 435 lingue e alcuni
libri sono tradotti ancora in altre 939 lingue.
Nello scorso anno, 1978, il Nuovo Testamento è apparso in 36
nuove lingue, che lo hanno reso
accessibile a popolazioni del Messico e della Nigeria, mentre altre
popolazioni del Camerún e della
Nuova Guinea hanno avuto finalmente la possibilità di leggere
l’intera Bibbia nella loro lingua.
Sempre nello scorso anno si è
avuta una traduzione di porzioni
della Bibbia in 28 nuove lingue..
Si apprende inoltre che le autorità dell’Unione Sovietica hanno autorizzato Fimportazione di
25.000 Bibbie e di 5.000 concordanze (Chiavi Bibliche) per Fuso
delle chie.se battiste. Questi libri
sono stati distribuiti dal Consiglio dei Cristiani Evangelici Battisti su tutto il territorio delFURSS.
In Germania è invece stata
pubblicata una « Bibbia in sintesi » che contiene testi centrali
del Nuovo Testamento, scelti secondo criteri precisi: la vita e
l’opera di Cristo. Nell’Antico Testamento il tema è invece quello
dei rapporti di Dio con l’uomo.
Secondo i responsabili di questa
iniziativa, essa è determinata dal
fatto che oggigiorno solo il 20%
dei cristiani leggono ancora regolarmente la Bibbia. Con questo libro leggero e ben presentato, gli editori sperano di risvegliare l'interesse di molti per la
lettura del testo completo.
Le chiese cendannano
le incursioni
rhodesiane
La Conferenza delle Chiese di
tutta l’Africa (CETA) ha formalmente preso posizione contro le
incursioni aeree effettuate dalle
echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
truppe rhodesiane contro il Mozambico, FAngola e lo Zambia,
dove hanno trovato riparo molti
esuli politici dalla Rhodesia e dove anche si organizza la guerriglia che da tanto tempo insanguina quel paese. Tale presa di
posizione è precedente all’ultima
spedizione di truppe aerotrasportate che ha distrutto il quartier
generale di Nkomo, leader del
Fronte Popolare che non riconosce l’attuale formazione governativa in cui, come si sa, sono
presenti altri due movimenti di
liberazione che hanno accettato
pesanti condizionamenti posti
da Jan Smith.
In un telegramma inviato alla
riunione periodica dei Consigli
dei Ministri dell’Organizzazione
dell’unità africana è detto: « La
CETA manifesta grave preoccupazione per la situazione esplosiva che regna in Africa Australe, conseguente ai recenti bombardamenti effettuati da truppe
rhodesiane contro il territorio di
Mozambico, Zambia e Angola,
come pure per le minacce avanzate dal governo razzista di Salisbury di compiere azioni analoghe contro altri stati che sostengono la lotta di liberazione.
La CETA condanna con i termini più sostenuti questi atti di aggressione. Facciamo appello all’Organizzazione dell’Unità Africana perché essa manifesti il suo
appoggio agli stati che sostengono il Fronte e faccia tutto il
possibile per aiutare i movimenti di liberazione a condurre in
porto la loro lotta ».
CONVEGNO DI COMUNITÀ’ CRISTIANE DELLA CALABRIA E MESSINA
Giovani e anziani a confronto
Il 25 marzo si è tenuto a Reggio Calabria un incontro ecumenico fra comunità cristiane della
Calabria e di Messina. Erano
presenti le comunità valdesi di
Catanzaro, Cosenza, Dipignano,
Messina, Reggio; quella battista
di Reggio Calabria, e rappresentanti di una comunità cattolica
di base della stessa città.
Dopo un culto presieduto dal
pastore battista Ermanno Spuri, si è aperta la discussione con
alcune brevi relazioni sull’attività delle varie unioni giovanili
evangeliche e una presentazione
generale degli scopi e del lavoro
delle comunità cattoliche di base.
All’inizio degli interventi si è
ripresentata una questione già
emersa in precedenti incontri
giovanili: la netta frattura, riscontrata soprattutto nelle comunità valdesi, tra i giovani e
gli anziani; cioè una reciproca
incomprensione che, da una parte, comporta l’esclusione degli
anziani da parte dei gruppi giovanili (che ritengono i non più
giovani appartenenti ad un mon
do ormai passato), dall’altra, determina sfiducia degli anziani
nei confronti delle proposte innovatrici dei giovani (ritenute
non sufficientemente basate su
una appropriata conoscenza biblica). I battisti, che risentono
meno di questo problema, hanno cercato di porre l’accento
non tanto sui rapporti interni fra
le generazioni delle comunità,
quanto sulla testimonianza della intera Chiesa all’esterno, principalmente con l’azione sociale e
politica sostenuta, come ha ribadito il pastore Spuri, da un
serio e impegnativo studio biblico e teologico.
In complesso si è notata una
certa disponibilità degli anziani
a cercar di capire le esigenze
giovanili in vista di una collaborazione per un risveglio delle
comunità alla luce del messaggio evangelico e per evitare una
chiusura dei cristiani in im ghetto di autogratificazione.
Probabilmente anche i giovani hanno sentito l’incontro determinante per estinguere alcu
ni complessi di incomprensione
accumulatisi negli anni passati.
Nel pomeriggio, come ci si
era riproposto, vi è stato l’intervento di Natale Bianchi, della comunità cattolica di base di
S. Rocco (di Gioiosa Ionica).
Egli ha raccontato la sua esperienza di maturazione spirituale
e politica dal periodo del seminario fino alla sua sospensione ”a divinis” da parte della gerarchia e alle recenti esperienze
comunitarie di lavoro in una situazione particolarmente critica
quale quella dì Gioiosa Ionica (in
provincia di Reggio Calabria) infestata profondamente dalla piaga della mafia.
In conclusione possiamo dire
che quest’incontro ha rivestito
un importanza non indifferente
per l’abbattimento delle barriere di incomprensione politica e
confessionale, favorendo la ricerca di un dialogo ecumenico concreto e duraturo.
Dino Magri
Gaetano Speranza
4
20 aprile 1979
IL PERIODO SVIZZERO DEL PREDICATORE NAPOLETANO
Scipione Lentuio
pastore contestato
Un giudizio poco lusinghiero della chiesa di Monte Sondrio sull’irrequieto pastore a cui peraltro non fa riscontro la versione dell’accusato
La figura di Scipione Lentuio
è ben nota nella storia valdese.
Nato a Napoli nel 1525 e diventato frate, nel 1555 egli buttava
il saio e riparava successivamente a Ginevra, dove esisteva già
una chiesa riformata italiana.
Nel 1559, quando la chiesa valdese di S. Giovanni si rivolse a
Ginevra per avere un pastore
capace di predicare in italiano,
per via dei numerosi valdesi della pianura che frequentavano il
tempio del Ciabas, la scelta cadde sul predicatore napoletano.
Egli succedette così al martire
pastore Gioffredo Varaglia (arso a Torino nel 1558), e lo sostituì anche nella diaspora piemontese, predicando a Carignano e
Villanova d’Asti aH’inizio del
1560; nel luglio dello stesso anno sostenne con il gesuita Possevino una famosa disputa nel
tempio del Ciabas. Nell’autunno
e nell’inverno seguente piombò
sulle Valli la prima crociata del
Conte della Trinità (1560-61), di
cui egli fu quindi partecipe e testimone oculare. Gli nacque in
quel tempo il figlio Paolo, futuro medico, in un villaggio della
Val Troncea di Pragelato, ove
egli aveva fatto rifugiare la moglie.
Terminata la guerra, egli si
diede a scrivere e mettere insieme la cronaca di quei mesi, aggiungendovi le vicende valdesi
di Calabria e di Provenza: ma
il manoscritto rimase inedito fino all’inizio di questo secolo, allorché Teofilo Gay lo pubblicò
ricopiandolo alla Biblioteca di
Berna (il nostro Museo ne possiede una xerocopia). La storia
del Lentuio costituisce una delle principali fonti per quel pe
riodo.
Nel 1566, in seguito alle pressioni del governatore ducale Castrocaro, Lentuio dovette allontanarsi dalle Valli e rifugiarsi
nei Grigioni, dove visse come
pastore a Chiavenna fino alla
sua morte nel 1599.
Nelle chiese
dei Grigioni
L’emigrazione reiigiosa diffonde i’itaiiano
Lentuio linguista
In genere noi conosciamo Scipione Lentuio per il suo ministerio pastorale a San Giovanni
(in Val Pellice) e per la sua celebre storia delle persecuzioni
subite dai valdesi nel ’500. Questo studio di P. Buzzoni, una anglicista, ci ricorda un aspetto
trascurato dell’emigrazione religiosa italiana durante il secolo
della Riforma; il loro apporto
a una diffusione europea della
nostra lingua e del meglio della
nostra cultura. S. Lentuio, un
napoletano, nel 1567 stampava a
Ginevra una grammatica italiana che ebbe grande diffusione al
l’estero, per tornare finalmente
in Italia, addirittura nella Roma della Controriforma (1647).
Lo studio della sig.ra Buzzoni
raccoglie anche materiale utile
per una biografia del Lentuio.
Vogliamo qui solo segnalare il
lavoro, questa testimonianza serena e puntuale resa a uno dei
padri dell’evangelismo italiano.
L. S.
Paola Buzzoni (a cura di), I
'Praecepta' di Scipione Lentuio
e l’adattamento inglese di Henry
Grantham, Firenze 1979.
Del periodo grigionese poco si
conosce circa il Lentuio, per
quanto molti documenti esistenti a Coira e Zurigo permetterebbero di fare più luce sulla sua
personalità.
Qualche dato interessante ci è
ora rivelato da un recente lavoro (Giampaolo Zucchini, Riforma e società nei Grigioni — G.
Zanchi, S. Fiorino, S. Lentolo e
i conflitti dottrinari e socio-politici a Chiavenna (1563-1567), Coirà, 1978, pp. 120), in cui vengono
esaminati vari documenti riguardanti la tormentata vita delle
chiese dei Grigioni: a Chiavenna era stato a lungo pastore l’exagostiniano piemontese Agostino Mainardo, uomo autorevole
ed equilibrato, seppure avversato da molti irrequieti italiani
avventurieri del pensiero ; gli
successe per quattro anni, a partire dal 1563, Gerolamo Zanchi,
anch’egli transfugo dalla Congregazione dei canonici lateranensi,
ed anche lui tribolato dai colleghi, dalla comunità, e dal suo
carattere difficile; e finalmente
nel 1567, arrivava il nostro Scipione Lentuio.
Questi già dall’anno precedente era pastore di Monte Sondrio,
ed è precisamente una dichiarazione di quella comunità sul
conto dell’ex pastore valdese che
ci incuriosisce.
Un giudizio severo
Infatti, la buona stampa di
cui ha sempre goduto fin qui
Scipione Lentuio cade davanti al
giudizio della comunità, dove
non sappiamo se egli fosse stato
chiamato o fosse giunto per caso: dal documento che lo riguarda egli appare come presuntuoso, poco curante del suo ministerio, desideroso di maggiore
stipendio, e perciò contento di
andarsene, ecc.
Sembra che dicesse : « ...per
non servire a zapatori e peccorari si era partito dal Piemonte, e però se ne voleva liberare
et accomodarsi altrove e starsi
riposato ». E la sua presunzione
arrivò al punto che « egli rifiutò
di stare a giudizio né dei ministri né d’altri, et che non riconoscea nissuno per suo superiore ».
E ancora « havendo promesso di
instruiré et ammaestrare i putti, non volse farlo dicendo che
non voleva quel fastidio né far
quella faticha ».
Una storia piuttosto desolante davvero, per la quale non abbiamo la versione dell’accusato,
ma che comunque lo lascia piuttosto compromesso : dietro a tutto c’era l’irrequietezza del Lentulo ed il suo desiderio di andarsene a Chiavenna, dove s’era
fatto libero il pulpito. Ed anche
se quelli di Monte Sondrio « non
lo volevano licentiarlo », ed egli
affermasse di non volersene andare « perché me ne habbiate
datto causa » (espressioni che
forse ridimensionano un po’ le
proporzioni del dissenso), Scipione Lentuio scendeva a Chiavenna per rimanervi pastore oltre 30 anni.
Tempi difficili anche allora
per le comunità e per i loro conduttori !
Augusto Armand-Hugon
___________________PUBBLICATI GLI STUDI DELL’INCONTRO DI POGGIO UBERTINI
Fratelli e Valdesi; ripresa del dialogo
Poggio Ubertini è una località
in Val di Pesa, in provincia di
Firenze. Qui nel 1924 la contessa Baldelli donò all’Ente Morale
della Chiesa dei Fratelli una
grossa proprietà, pur tra le perplessità di una parte degli « anziani » che temeva che ne nascesse un eccessivo impegno amministrativo a scapito dell’opera
evangelistica. Nel 1972 la proprietà fu venduta, ma è rimasto un centro trasformato in
luogo di incontri per la gioventù.
In questo centro si sono trovati, dal 29 aprile al 1° maggio
1978, alcuni credenti. Fratelli e
Valdesi, per riprendere un dialogo che sembrò fecondo nel secolo scorso, che non è mai del
tutto cessato, ma che non ha
anche mai dato i frutti che ci si
poteva forse aspettare.
L’attenzione dei Valdesi verso
le Chiese dei Fratelli ha avuto
come sede in questo dopo-guerra il II Congresso Evangelico
del 1965, che è stato anche un
po’ la sede dell’attenzione di
ognuno dei movimenti evangelici italiani verso tutti gli altri;
e, in parte ancora, l’Assemblea
costituente della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, del 1967: assemblea che ha
segnato, però l’inizio di un progressivo distacco dei movimenti che chiameremmo, per brevità, di tipo popolare, dalle chiese
« storiche » valdesi, metodiste,
battiste.
Ma la stessa attenzione è documentata anche dalla pubblicazione degli studi di Domenico
Maselli sulla storia delle chiese
cristiane dei Fratelli (il primo
volume, come si ricorderà, «Tra
Risveglio e Millennio », abbrac
cia il periodo 1836-1886; il secondo, « Libertà della Parola », il
periodo 1886-1946): pubblicazione avvenuta per la Claudiana.
Un breve capitolo è dedicato alle Chiese dei Fratelli anche nel
volumetto di Bouchard-Turinetto: L’« altra chiesa » in Italia.
Ancora: Agape ha organizzato
da vari anni un campo biblico
che voleva essere un po’ uno
spazio per la continuazione dell’incontro tra protestantesimo
« storico » e chiese « popolari ».
Un momento di vita
da trasmettere
Malgrado tutta questa serie
di incontri anche recenti — e
tralasciamo di menzionare gli
incontri e la collaborazione nell’opera di evangelizzazione nell’800 —, quello di Poggio Ubertini rappresenta un momento di
vita che dovrebbe essere trasmesso anche a chi non vi ha
partecipato. Appare, quindi, molto opportuna la pubblicazione
degli studi che vi si sono tenuti.
Pubblicazione dimessa, litografata, con una copertina sottile,
quasi un documentino di studio
che sembra riservato a pochi
addetti ai lavori. Un documento, invece, ci sembra, che andrebbe diffuso.
Abbiamo, oltre una breve meditazione iniziale di Franco Sommani su Giovanni 15: 1-11, tre
coppie di studi.
La prima coppia consiste in
una presentazione di Abele Biginelli della realtà delle Chiese
dei Fratelli, col loro attaccamento alla Bibbia, coi loro ministeri, con la struttura delle loro
riunioni, con le loro varie atti
vità, con le loro posizioni di
fronte al problema politico e a
quello dell’ecumenismo; ed in
una presentazione parallela dei
va''’’visi oggi, di Luigi Santini
L, leconda coppia di studi, di
Gioi'^i." Bouchard e di Giuseppe Barbanotti, presenta la nozione e l’attuazione da parte delle due chiese del discepolato
oggi.
Per la parte valdese continua
ad aver valere l’impostazione
etica e pratica che risale a Calvino mentre per la parte dei
Fratelli è posto un accento del
tutto particolare sull’opera della testimonianza evangelica. Le
due vie sembrano abbastanza
convergenti e si notano più che
altro diversità di accenti.
La terza coppia di studi è costituita da due ricerche hihliche, rispettivamente sul testo di
Giovanni 6; 40: « Contemplare
il Figliuolo », di Gian Nunzio Artini; e sul testo di Romani 12;
« Non vi conformate al presente secolo, per le compassioni di
Dio », di Gino Conte. Anche qui:
differenze di stile, ma non opposizione.
Con un po’
di rabbia valdese
La differenza di stile, certo,
si sente, in tutt’e tre le coppie.
A un lettore valdese viene un
po’ la rabbia, perché ritrova nello stile dei Fratelli qualcosa di
assai simile allo stile dei Valdesi del secolo scorso. Se allora
avevano una sensibilità più vicina, perché mai hanno dovuto
camminare su binari diversi, in
qualche caso contrapposti? In
vece di coltivare beghe e ripicche, perché non si sono lanciati
in un momento propizio in una
opera comune di evangelizzazione? Domande a cui la storia solo in parte risponde. Resta il
fatto doloroso che anche quando ci rispettiamo e ci accettiamo più fraternamente, come a
Poggio Ubertini, abbiamo l’impressione di essere più lontani
che nel secolo scorso.
Il piccolo opuscolo senza pretese ci addita, però, una via che
sembra proficua non solo nel
dialogo tra Valdesi e Fratelli,
ma in tutto il dialogo ecumenico.
Presentarsi, confrontarsi su
che cosa si intende per discepolato e come lo si vive e su come
si studia la Parola è un modo
che ci appare molto autentico
per incontrarsi, perché apre lo
sguardo sui problemi di fondo
della testimonianza all’Evangelo,
molto meglio dello studio di sofisticate formule di equilibrio
interconfessionale che ci sono
state propinate da commissioni
di studio in questi ultimi anni.
m. c. tron
Nel prossimo numero
Le quattro pagine centrali saranno dedicate ad una presentazione del Protestantesimo. Articoli di Giorgio Bouchard. Niso
De Michelis, Giorgio Spini, Piero
Bensi, Carlo Papini, Paolo Ricca, Aldo e Fernanda Comba.
DUE NOTE
Incontro jra « Fratelli » e Valdesi A cura del "Comitato dei dieci" c/o
Stefano Woods - Via Vitt. Emanuele, 44 - Firenze.
Due note di cui la seconda vuol essere anche un suggerimento:
1) Questione Tullio Vinay {mi pare che ormai si debba usare questa
espressione]: penso che non sia proprio ii caso di "formare " un partito
"pro” ed uno "contro” il pastore Vinay a meno che non si voglia ritornare ai tempi dei Guelfi e dei Ghibellini
0 dei tifosi di Coppi e Bartali (mi scuso
sin da ora con chi giudicasse irriguardosi e fuori luogo tali paragoni). Tullio Vinay a mio riguardo è semplicemente una persona che ha espresso
dei pareri personali, anche in base
alle sue scelte, su una vicenda storica
molto controversa e affatto chiara e
perciò ha (o meglio, dovrebbe avere,
visto che a tutt’oggi manca una sua
replica) il diritto di difendere le sue
idee ed opinioni; d'altra parte, questo
pur senza togliere niente ai suoi meriti, chiunque altro non la pensi come lui ha il diritto di controbattere.
In questi termini si resta nell'ambito della dialettica democratica, altrimenti si fanno le guerre di religione
o i processi di opinione, tanto più che
per ora né chi è con Tullio Vinay, né
chi è contro di lui mi pare possa avere elementi sufficientemente chiari ed
evidenti per giudicare persone, popoli e avvenimenti con quella, se pur
sempre limitata, obiettività che, io
insegna la storia, solo il passare del
tempo e il susseguirsi di altri fatti
possono garantire. Piuttosto sarebbe
molto più costruttivo indagare sui tanti perché legati alla vicenda Vietnamita e cercare di trarre qualche insegnamento utile mentre, a mio giudizio,
molte delle sentenze pronunciate su
Tullio Vinay, il Vietnam, la Cambogia
e la Cina sono sembrate parole gettate al vento solo per amore della
polemica e spirito di controversia.
2) Un appunto sulla rubrica >■ La
settimana internazionale »: Gli argomenti trattati sono di solito molto interessanti -e talvolta stimolanti, ma spesso
si nota una certa ripetizione di temi
già ampiamente trattati (anche in altre pagine de «La Luce), inoitre riterrei opportuno che si offrisse un'ottica più allargata ed articolata mettendo contemporaneamente a contrasto e a disposizione del lettore estratti e brani che esprimano opinioni diversificate su uno stesso avvenimento, onde assicurare una maggiore e
più corretta completezza informativa.
Devo constatare con rincrescimento
che da molto tempo mi trovo a confronto soltanto con l'opinione di "un”
giornalista o di "una" testata di giornale e indipendentemente dal fatto
che possa o non possa accettarla, questo mi sembra un po' limitato visto
soprattutto II titolo della rubrica.
Un giovane protestante che ama
osservare e talvolta "protestare”.
Pasqui Valdo, Pistoia
SCAMBIO FRATERNO
Tra Vincenzo Buso di Venaria e Giovanni Gönnet di Roma c'è stato uno
scambio di lettere a proposito dell'articolo In Provenza e in Piemonte: due
esperienze carismatiche apparso su
« La Luce » del 24 novembre 1978 (cf.
anche 5 gennaio 1979):
Caro fratello Buso,
con gran ritardo (colpa delle patrie
Poste!) ho letto il tuo intervento su
« La Luce ». Bene, sono lieto di essermi sbagliato! Dunque, que! che conta, è la salvezza per grazia: il resto è
secondario. Il Signore è libero di darci i doni che vuole: le lingue, le guarigioni, le profezie, l'insegnamento
eoe., ma soprattutto la fede e l'agape.
Sono doni Suoi, non opera nostra: se
no, a che pro Paolo avrebbe parlato
della misura deiia fede assegnata a
ciascuno da Dio?
Con questi sentimenti ti saluto fraternamente, augurando a te e alla tua
famiglia spirituale ogni bene nel comune Signore
Giovanni Gönnet
Caro fratello Gönnet,
in questi giorni ho ricevuto la tua
lettera... Mi è spiaciuto molto che
non ci siamo capiti nella nostra conversazione avuta a Varisella. e di conseguenza tutto il malinteso che ne è
seguito, ma ora tutto è chiaro, l'unica cosa importante è la salvezza per
grazia mediante la fede, poi il Signore
dona secondo come Lui vuole e anche come noi ci diamo al Suo servizio.
la tua visita con la tua gentile
consorte ci fa sempre piacere.
Il Signore ti benedica, uniti nella
comunione del Maestro ricevi fraterni
saluti anche della comunità
Vincenzo Buso
5
20 aprile 1979
25 APRILE: RICORDIAMO UNA DELLE FIGURE CHE HANNO FATTO MATURARE LA RESISTENZA TRA I PROTESTANTI
FRANCESCO LO BUE
educatore, pastore,
antifascista
Le testimonianze di un compagno di studi e di ministero, di un allievo,
di un collega di studi neotestamentari e del fratello
Ci incontrammo per la prima
volta a Torre Pellice, nell’estate
del '34; veniva da Pisa, dove era
brillante studente della Scuola
Normale; ma stava per lasciare
quel comodo rifugio intellettuale in tempi tristi assai, per rispondere alla vocazione che si
era andata via via chiarendo in
lui: la vocazione di predicatore
e testimone delPEvangelo.
Ci ritrovammo a Roma; mi
aveva colpito in lui una straordinaria capacità di incontro e di
comunicativa, subito improntata
a fraterna cordialità. Erano tempi grigi quelli per la Facoltà di
teologia; eravamo 6 studenti, poi
5; il convitto era chiuso, ci davano una stanza e per chi ne
aveva bisogno una modesta borsa di studio. L’atmosfera era vecchiotta; i nostri professori, cari
e devoti, erano ormai un po’
fuori del tempo, pur nella loro
chiara visione vocazionale e nella loro testimonianza di fede vissuta. Ma c’era Gioventù Cristiana e la nostra polemica di studenti impertinenti trovava in
quelle pagine attese ansiosamente il punto di riferimento. Leggendo Miegge, Vinay e Revel trovavamo dei maestri e degli amici maggiori. E tra noi si discuteva appassionatamente, si faceva
della fronda antifascista, ma di
nascosto perché la Facoltà era
molto prudente. In questa comunità ridotta ai minimi termini,
Frankie era tra noi il più attento
a quel che accadeva, il più pronto alla reazione e al commento;
mentre portava avanti con disciplina ferrea, magari mangiando proprio troppo poco e dormendo ancor meno, lo studio della teologia e il lavoro di studente alla facoltà di lettere di Roma.
Si laureò con uno studio sul
manoscritto torinese del commento all’Apocalisse di Ticonio;
riprese poi e approfondì la ricerca durante un soggiorno ad
Oxford nel 1953-54. Nel 1963 il
lavoro fu finalmente pubblicato '
e ci è rimasto così un documento
dell’alta preparazione scientifica
cui Lo Bue era giunto.
Fummo consacrati insieme nel
1940, con Enrico Corsani e Arnaldo Genre, ma Lo Bue era già
incaricato di insegnamento nel
liceo Valdese di Torre Pellice,
pur esercitando a tempo limita
to anche il ministero pastorale.
Collaborava attivamente a Gioventù Cristiana e a l’Appello e
poi a Protestantesimo. Partecipò
così alle giornate teologiche del
Ciabas, nel 1942 con un « Profilo
dell’ umanismo cattolico » nel
quadro delle giornate dedicate al
tema: « Umanismo e antiumanismo cristiano »; e nel 1946 con
una relazione su « La patria »
alle giornate sul tema: « Cristianesimo e valori delToccidente ».
Questi temi di carattere così diverso erano da lui ricondotti costantemente al suo interesse fondamentale: era di fatto uno studioso del Nuovo Testamento (ne
fa fede l’inedita traduzione dell’ev. di Marco e il citato testo di
Ticonio), con notevoli capacità di
ricerca sul piano filologico ed
ermeneutico e di riproposta del
messaggio neotestamentario nei
termini di oggi e di fronte alla
situazione di oggi. Sarebbe potuto diventare un eccellente professore di Nuovo Testamento e
probabilmente fu anche questa
una sua aspirazione nascosta.
Ma quando nel 1952 era vacante
quella cattedra a Roma, di fronte alla candidatura di un Giovanni Miegge, Lo Bue non pensò
nemmeno a contrapporre la propria, tanta era la stima e Taffetto che nutriva per Miegge, peraltro cordialmente ricambiati.
« C’è l’Evangelo
da predicare! »
La sua partecipazione al corpo pastorale valdese non fu però
sempre facile; era un uomo in
anticipo sui tempi, incurante di
prudenze e diplomazie. Troppe
furono verso di lui le diffidenze
e le incomprensioni, per non dire
le critiche che investivano anche la sua situazione familiare.
Ma la sua comprensione del Valdismo e la sua dedizione al servizio di questa vecchia Chiesa
furono autentiche ed appassionate.
Si può dire di lui che era di
temperamento assai più inglese
che italiano? Forse per l’ascendenza materna, ma anche per gusto e per profonda conoscenza
del mondo inglese, aveva doti di
temperamento e di carattere che
ne facevano intellettualmente un
gentleman autentico. Ma era tutt’altro che freddo e compassato:
quando si gettava in mezzo a
due che litigavano per riportarli
alla riconciliazione, o quando per
primo si alzarva ad Agàpe per andare a spalar neve, non era certo l’intellettuale distaccato o il
professore in cattedra. Piccoli
episodi marginali ci danno di lui
un aspetto di umanità e di solidarietà fraterna che i vecchi amici non possono dimenticare.
Ma la sua passione di fondo è
sempre rimasta la predicazione
delTEvangelo. Ricordo il suo sermone al funerale di un giovane
amico tragicamente scomparso
nel clima di violenza dell’immediato dopoguerra; ragionando su
quella situazione, sulle sue incognite e le sue minacce, affermava come Tunica via da percorrere: « c’è TEvangelo da predicare! ». E la sua conclusione alle
giornate teologiche del Ciabas
1946 sul tema « la patria »: « Perciò al discepolo del Vangelo,
"ogni patria (la sua e altrui) rimane terra straniera” ma allo
stesso tempo "ogni terra straniera (anche quella che gli ha dato i natali secondo la carne) è
patria”; patria di vocazione. Paese di transito, a cui si ha tuttavia il dovere grave e gioioso di
annunziare il messaggio allogeno della salvezza, nel linguaggio
accessibile dei padri » L Non
molti giorni prima della fine,
mentre sempre sereno e coraggioso lottava contro il male inesorabile, mi diceva della sua ultima speranza: tornare ad essere
pastore, seguendo quella vocazione che non aveva mai potuto
affrontare in pieno, per rimeditare e predicare TEvangelo in
mezzo alla comunità dei fratelli.
Ma ormai il suo tempo, così breve, era tutto consumato. Ora rimane quell’attesa e quella speranza che sono state la sostanza
e la certezza della sua giornata
terrena.
Neri Giampiccoli
^ The Turin fragments of Tyconius’
commentary on Revelation - editet by
Francesco Lo Bue. Cambridge University Press. 1963.
* Numero speciale di Protestantesimo: sett-die. 1964, pag. 171.
21 DICEMBRE 1914 - 17 OTTOBRE 1955
Vita breve e intensa
Francesco Lo Bue morì in un ospe^agli studi di teologia alla Facoltà Val
dale di Torino il 17 ottobre 1955. Finiva, a soli 41 anni, la vita intensa di
un acuto uomo di studi, di un indimenticabile educatore di giovani, di
un antifascista intransigente, di un pastore sensibile ai segni della crisi religiosa, sociale e politica della società
del suo tempo.
Era nato il 21 dicembre 1914 a Tripoli, dove il padre era pastore battista
presso una missione inglese. Inglese
era la madre, Mary Singleton^ morta
prematuramente, alla quale egli dedicò
la sua prima pubblicazione, un libretto
di poesie giovanili. Il liceo di Altamura, ove conseguì la maturità classica,
si vantò a lungo del giovane allievo
accolto alla Scuola Normale Superiore
di Pisa, classificandosi primo assoluto.
Ma la carriera accademica non era
il suo destino, e per lo studioso di letteratura classica Pisa fu un luogo di
altri incontri determinanti. Il fascino
della schietta e umana cordialità del
pastore valdese Alberto Fuhrmann e
la suggestione della personalità di Ernesto Buonaiuti. che incontrò per la
prima volta presso VAssociazione Cristiana dei Giovani e col quale ebbe
in seguito lunga familiarità, lo portarono a maturare la scelta di dedicarsi
_____INTERVISTA A ROBERTO MALAN, COMANDANTE PARTIGIANO IN VAL PELLICE
Professore al Collegio di Torre Pellice
— Come ha conosciuto Francesco Lo Bue?
— Pur avendo solo alcuni anni più di me è stato mio professore al liceo di Torre Pellice. È
uno degli uomini che mi hanno
dato molto. Ricordo ancora le
sue lezioni: sembravano conferenze, o lezioni universitarie,
tanto erano preparate con scrupolo e profonde nell’analisi degli
argomenti. Ma Lo Bue non considerava il suo impegno di docente limitato all’ora di lezione:
la sua casa era aperta agli studenti che nei colloqui con lui
potevano affrontare indifferentemente iemi di studio o problemi di vita, di fede, di politica,
di realizzazione pratica. Erano
colloqui formativi.
Caratteristico in Lo Bue era il
non esprimere mai un giudizio
finale su nessun argomento.
Quando venivano espresse posizioni che potevano avere un
orientamento errato. Lo Bue, invece di denunciare Terrore, fa
pagina a cura di
Lietta Pascal
ceva una serie di domande parallele che portavano l’interlocutore a trovare da sé una diversa
soluzione al problema. La risposta ultima veniva sempre lasciata alla scelta, alla coscienza dell’individuo, non veniva mai imposta. Assomigliava a Socrate :
adoperava proprio il metodo socratico della « levatrice » : l’arte
« maieutica ».
— E la sua posizione nella Resistenza?
— Più che come « resistente »
lo ricordo come « antifascista ».
Aveva fatto parte di un gruppo
della Resistenza a Torino, che
assisteva... forse degli ebrei. Era
però un’attività clandestina, di
cui non sapevamo molto.
La sua posizione primaria invece era quella dell’« antifascista ». Aveva visto la stortura, il
marcio nel fascismo ed aveva
operato con tutti i mezzi possibili per combatterlo nella cerchia che gli era affidata : nell’ambiente degli studenti del Collegio a Torre Pellice, appunto, e
in genere nella Val Pellice.
Nei colloqui a casa sua, ad
esempio, riceveva anche studenti fascisti. Poneva loro dei problemi, faceva loro fare un esame critico, e spesso l’interlocutore cambiava idea.
Un’azione « resistente », che
risale ai primi anni della guerra, prima della lotta partigiana,
era un ciclostilato, per il quale
Tho aiutato, quand’ero studente.
Era un foglio, nel quale, con
molta abilità. Lo Bue estrapolava e riassumeva delle notizie dal
bollettino SOEPI. Erano notizie
internazionali, date senza commento, ma orientative, che davano la chiave per una lettura
della realtà in quel momento
storico — con respiro mondiale.
Era importante — diceva Lo
Bue — diffondere queste notizie
di mano in mano, senza una tiratura troppo elevata; potevano
bastare anche solo 50 copie, purché lette e date in lettura ad altri. La tiratura non aveva mai
superato le 200 copie.
— Ricorda ancora qualche episodio?
— Subito dopo la guerra vo
levamo riprendere un discorso
nuovo all’interno della Chiesa;
mantenere certi legami creati
durante la resistenza con l’uomo delle borgate; e abbiamo
creato un foglio chiamato « La
Garretta », da una località sopra Villar Pellice che significa
posto di guardia, di avvistamento. Ebbe vita breve, perché la linea che portava avanti fu contestata fin dal Sinodo del 1945;
non fu capito. Gli articoli importanti, teologici de « La Garretta », che comparivano anonimi, per prudenza, erano scritti
da Giovanni Miegge e Francesco Lo Bue.
E poi, lo ricordo alla fine dei
suoi giorni; Francesco Lo Bue
non voleva morire. Lo vedevo
simile a Socrate per l’arte maieutica. Ma di fronte alla morte fu
un anti-Socrate. Non voleva
prendere la cicuta. Da uomo,
ancora fortemente legato alla vita, aveva gridato forte il suo
« Dio mio, perché mi hai abbandonato ». Anche se poi, la ribellione si è mutata in serena accettazione...
dese di Roma. Qui, continuando gli
studi universitari sotto la guida di Alberto Pincharle, si laureò nel 1936
con una tesi di letteratura latina cristiana. Laureatosi due anni dopo in
teologia, fu assegnato al Liceo Valdese
di Torre Pellice come insegnante di
italiano e latino, esercitando a Coazze
l’attività pastorale.
Era il 1938 e mentre le nubi si addensavano minacciose sull’ Europa i
nuovi fermenti del barthismo e dell’ecumenismo coinvolgevano la parte
più sensibile del protestantesimo italiano. Lo Bue fu tra i pochi giovani
pastori e intellettuali che risposero al
richiamo di Giovanni Miegge, consapevoli che la scure che si abbatteva
sulla libertà e sul progresso dei popoli
colpiva alla radice i principi della fede cristiana. Rivelando e dispiegando
la sua vocazione di educatore, svolse
un’opera di preparazione culturale e
morale fra i giovani al cui fianco si sarebbe ben presto trovato nell’impegno
politico, allorquando la lotta insanguinò le « valli della libertà » ed il suo
allievo migliore cadeva fra i primi. La
fama di antifascista e di organizzatore
del movimento di resistenza lo costrinse ad abbandonare l’insegnamento nel
febbraio del ’44, sfuggendo miracolosamente alla cattura per entrare nella
clandestinità a Torino, tra le file del
movimento Giustizia e Libertà.
Dopo la liberazione, tornato al Liceo di Torre Pellice, rimase per qualche anno nella generosa, piccola schiera di coloro che, avendo meditato la
lezione della storia, vedevano in un’Europa federata la garanzia di progresso
e di libertà per le masse popolari. Le
pagine deZTUnità Europea ce lo presentano come un commentatore politico sempre corretto ed acuto, esplicito
e misurato ad un tempo, lucido analizzatore di un’epoca critica. Diede anche la sua collaborazione alla rivista
politico-letteraria « Il Ponte » e a
« Protestantesimo », e si dedicò ad alcune traduzioni dall’inglese (« Questi
Tredici » di W. Faulkner, « Shakespeare » di J. Middleton Murry, « La
Riforma Protestante » di R. H. Bainton).
Negli ultimi anni, si applicò di nuovo con grande passione agli studi di
letteratura biblica, soprattutto neotestamentaria. Oltre a lavorare alla traduzione del vangelo di Marco (inedita)
e all’edizione a Oxford dello studio sul
manoscritto torinese del commento alVApocalisse di Ticonio, di cui si parla
negli altri articoli di questo numero,
pubblicò uno studio sulla letteratura
del cristianesimo nascente (« Che cosa
è il Nuovo Testamento », Claudiana
1954) e uno studio sulle basi storiche
dell’Epistola agli Ebrei, apparso sul
.Journal of Biblical Literature nel 1956.
Beniamino Lo Bue
a pag. 8 articolo di Bruno Corsani
6
20 aprile 1979
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI ^ COLLOQUIO CON GIANCARLO DE BETTINI, MEDICO A TORRE PELLICE DA 37 ANNI
Meglio
nuda
Ho avuto la gioia di stabiiire
la parete lappoiti uoiaoi oiolto Validi
, Quando, più di mezzo secolo
fa, cominciai a frequentare le
aule scolàstiche, mi trovai di
fronte, sulla parete spoglia, le
facce arcigne di Vittorio Emanuele HI e di Mussolini che si
guardavano in cagnesco. Venne
il Concordato e fra i due, qualche centimetro più in alto, fu
piazzato un crocifisso (Cristo è
di nuovo appeso fra i due ladroni, commentava il popolo con
rassegnata malinconia); qualche
maestra zelante completava la
scena aggiungendo ai piedi della
croce la madonnina col velo azzurro e il papa con due dita alzate: io allora pensavo che chiedessero il permesso di uscire dall'aula. Venne il '43 e tolsero Mussolini (rimase il riquadro chiaro sul muro annerito); venne l’8
settembre e tolsero il re; venne
la liberazione e a guardarsi sulla
parete rimasero per parecchi anni il crocifisso paziente e i successivi presidenti della repubblica. Poi, non saprei dire quando,
anche il ritratto del presidente
scomparve in silenzio, non so se
per scelta meditata o per economia. dato l'avvicendamento.
Quest'anno finalmente il comune
s'è deciso, dopo tanti decenni, a
dare una mano di bianco alla
nostra scuola, e sulla parete sopra la cattedra è rimasto soltanto il chiodo da cui prima pendeva il crocifisso.
La conclusione non mi dispiace. Credo che sulla parete di una
scuola un innocente appeso alla
forca non offendesse nessuno e
potesse suggerire utili meditazioni anche ad un ateo.
Ma, a parte il « non farti immagine alcuna » che è sempre valido, non posso dimenticare che
la scuola in cui oggi insegno è
stata per troppo tempo quel « collegio dei catecumeni » dove i figli degli eretici venivano portati
dopo i rastrellamenti sulle nostre montagne, per essere allontanati dalle « perverse dottrine
della religione pretesa riformata » impartite loro dai genitori
e che il crocifisso era loro imposto con durezza anche se probabilmente è una fantasiosa leggenda quella che qualche anno fa
— quando si scoprì sotto la cappella del collegio uno scheletro
di adolescente con accanto una
ciotola di terracotta — immaginò si trattasse di un ragazzo
valdese che aveva tentato di
scappare a casa e che, ripreso,
sarebbe stato sepolto vivo, come
ammonimento terribile ai compagni che in quella cappella erano condotti quotidianamente alla messa.
E poi mi sembra più giusto
che la parete di un’aula rimanga
vuota di simboli guardati con
occhio indifferente o addirittura
cancellati dall’abitudine a vederli. I simboli servono, ma solo
quando siamo noi a riscoprirli e
ad accettarli. Inoltre la scuola
non è una struttura rigida in cui
incasellare insegnanti e ragazzini. Come la chiesa dovrebbe essere non l’edificio, ma l’assemblea che vi si riunisce, come lo
stato dovrebbe essere, non le istituzioni, ma l’insieme dei cittadini, così le scuole sono, o meglio
dovrebbero essere le persone che
ci vivono dentro. E per una scuola di persone vive le nude pareti
sono sufficienti.
Naturalmente questo è possibile quando queste persone si
riuniscono per fare insieme qualcosa della cui utilità sono convinte, quando la scuola non è soltanto una noia inevitabile per ritirare uno stipendio o per avere
alla fine un foglietto di carta di
cui tutti oggi hanno bisogno, o
che ti garantisce qualche privilegio, sociale se non economico,
come il diritto di continuare a
dar del « tu » a quelle che domani saranno persone importanti.
Io, che sono notoriamente una
ingenua, sono convinta che questa scuola di persone vive interessate a quel che stanno facendo sia possibile anche oggi.
Marcella Gay
« Lascio quella parte di lavoro che richiede maggiori adempimenti burocratici per avere più tempo per i miei studi e la mia famiglia »
Parliamo nel suo studio, dopo
un lungo pomeriggio di visite.
Molti libri e poca voglia di fare
quest’intervista: De Bettini non
ama parlare di sé. Cresciuto a
Vicenza in una famiglia che si
converte alla Chiesa Metodista
Episcopale, frequenta, giovane
studente, il Collegio Valdese di
Torre Pellice e si laurea in medicina a Torino. Durante la guerra abita agli Odin di Angrogna
prima di trasferirsi definitivamente a Torre Pellice. Oggi ha
sulle spalle 37 anni di professione medica. Per 30 anni è stato
il medico dell’Ospedale Valdese,
dell’ex-Convitto Valdese e delT« Orphelinat » di via Angrogna.
Dal 1“ aprile ha lasciato la parte più consistente del suo lavoro, costituita dai mutuati. Gliene chiediamo la ragione;
— Dopo trentasette anni di lavoro molto intenso mi rendo
conto che la mia famiglia non
ha avuto tutto quello che le spettava. Inoltre più vado avanti e
più sento il bisogno di raccogliermi in me stesso dopo tma
vita estremamente aperta ai contatti con gli altri. Oggi lascio
quella parte di lavoro che richiede maggiori adempimenti burocratici proprio per avere più
tempo anche da dedicare ai miei
studi e alla mia famiglia.
— Per un lungo periodo di
tempo Lei ha lavorato in Istituti Valdesi. Come valuta le trasformazioni che essi hanno subito in questi anni?
— Per quel che concerne gli
Istituti educativi riconosco che
vi è stata una grossa evoluzione
pedagogica sulla base di spinte
sociali; pur non sentendomi d’accordo su determinate posizioni,.
ho sempre apprezzato lo spirito
di sacrificio dei nostri educatori
ed il rapporto di amore che
hanno instaurato nei loro Istituti. Certo è stata una vera gioia
per me potermi rendere utile e
seguire le diverse generazioni
di giovani che si sono susseguite in quelle comunità. Sull’Ospedale Valdese, come potrà immaginare, conservo molti ricordi;
quando penso che negli anni ’50
eravamo in 3 medici, 4 infermiere e una direttrice per tutto
l’Ospedale e si lavorava ventiquattro ore su ventiquattro è
evidente che cambiamento c’è
stato; anzi direi che è subentrato un giusto adeguamento alle
attuali nuove esigenze. Ma se
l’Ospedale ha potuto sviluppare
la sua funzione sino a pochi anni fa, parte del meritò va certamente attribuito al lavoro qualificato e di grande impegno
delle nostre diaconesse a cui
esprimo tutta la mia riconoscenza.
— Se dovesse fare il punto,
dopo 37 anni di professione medica, di come si è trovato in
Valle...
— Sono stato un uomo felice
per tutto il periodo della mia
professione. Sin dall’inizio ho
avuto la gioia di potermi dedicare al mio lavoro con serenità
grazie alla comprensione e all’amicizia di tante persone che
hanno voluto concedermi la loro fiducia. Specialmente nei primi anni il medico qui nelle Valli era chiamato a svolgere una
attività molto varia che spaziava in tutti i campi della medicina. Ho avuto la gioia di poter
intrattenere rapporti umani molto validi e ritengo che il mio
compito sia stato parecchio facilitato dalla preparazione di
questi cari valligiani i quali,
checché se ne dica, sono comunque figli di un’interessante cultura di cui, se vogliamo, le numerose scuole di quartiere, disseminate nelle Valli, sono una
antica testimonianza.
— Come valuta la situazione
sanitaria locale?
— In genere la situazione sanitaria, considerando la salubrità
del luogo, è buona. Certo allo
stato attuale della medicina preventiva, attuata specialmente in
queste Valli, si possono tempestivamente mettere in evidenza
malattie che altrimenti potrebbero essere evidenziate con notevole ritardo. Oggi direi che c’è
una notevole tendenza, da parte degli assistiti, a sottoporsi a
esami utili ai fini diagnostici, il
che facilita il compito del medico.
— Mediconi, erboristi, iridologi: anche in Val Pellice si fa un
gran parlare di «medicina alternativa ». Lei che è un rappresentante della « medicina ufficiale »
cosa ne pensa?
— Ritengo che tutte le varie
medicine; quella popolare, la fi
toterapia, l’agopuntura ecc. hanno in sé qualcosa di valido. È
però necessario avere la sensibilità di valutare caso per caso
sulle varie opportunità d’intervenire in un modo o nell’altro. Ci
sono casi in cui, quella che lei
definisce «medicina alternativa»,
può dimostrarsi più efficace della medicina ufficiale. Sovente e
specialmente oggi in cui c’è la
corsa all’assunzione di farmaci
si riscontrano malattie o disturbi dovuti ai farmaci stessi. È
questa una ragione per cui spesso e non a torto si ricorre alla
« medicina alternativa ». Io penso che, nei confronti del malato,
sia doveroso rivolgersi a qualsiasi mezzo terapeutico alfine di
ottenere il migliore dei risultati.
In prospettiva non escluderei
che tra i diversi rami della medicina, compresi quelli che affondano le proprie radici nella cultura popolare, si realizzi un progressivo avvicinamento denso di
interessanti risultati.
La conversazione è finita.
Usciamo insieme perché ha ancora delle visite da fare. Gli
chiedo quando cesserà definitivamente di fare il medico; mi
guarda stupito. La sua vita coincide ormai con la sua professione. Anche se da oggi avrà un
po’ più di tempo per dedicarsi
ai suoi affetti e alle letture: mediche naturalmente.
Intervista di G. Platone
PEROSA ARGENTINA
Alla messa in patois?
« Tradizioni locali e minoranze linguistiche »; questo il tema
della tavola rotonda organizzata a Porosa dal settimanale «Cronache del Pinerolese ». Infatti
la presentazione è partita da
questi spunti culturali, con gli
interventi dei rappresentanti di
gruppi come «Valados Usitanos»
e « La Valaddo ».
Ben presto, però, la presenza
di aderenti al Movimento Autonomista Occitano (MAO) e di
un esponente del partito comunista hanno spostato la discussione su un terreno essenzialmente anche se non esclusivamente politico.
Perché questo interesse del
PCI per i movimenti autonomi
oggi e domani
VILLAR PELLICE
Un saluto
al dott. Coucourde
Il caloroso e spontaneo applauso di un’ottantina di Villaresi, autentici e d’acquisto, riuniti nella sala della Miramonti,
mercoledì 11 corrente ha accolto l’ingresso del Dott. Coucourde
e della sua Signora. Era l’inizio
di una serata di commiato che,
in mancanza di un’iniziativa ufficiale, era stata voluta ed organizzata da quanti sentivano il
desiderio di manifestare riconoscenza e simpatia al loro medico
che, dopo ventisette anni di attività, lasciava rincarico. Al centro della sala una motozappatrice. Un dono forse poco tradizionale per un medico, ma quanto
mai utile per il Dott. Coucourde
che ormai può realizzare a pieno tempo il suo sogno di dedicarsi all’agricoltura e al giardinaggio.
Poche e sentite le parole di
ringraziamento pronunciate, breve e commossa la risposta. Spontaneamente sincera l’atmosfera
di cordiale amicizia nella quale
è proseguita, oltre i tradizionali
limiti, la serata allietata dal canto delle « nostre » canzoni delle
quali il Dott. Coucourde si è ancora una volta dimostrato profondo ed appassionato conoscitóre.
Una serata molto familiare
quindi; come doveva essere per
dimostrare l’affetto e la stima
che tutti noi abbiamo per il Dott.
Coucourde le cui doti di onestà
ed umanità abbiamo sempre apprezzato e sempre ricorderemo.
D. C.
• LUSERNA S. GIOVANNI: il 22
aprile alle ore 16 nel Tempio valdese,
Concerto Polifonico del Coro dell'Accademia « Stefano Tempia » di Torino
diretto dal M.o V. Bellone.
• SAN SECONDO: 28 aprile ore 21
nella Sala valdese e
• PRALI: 30 aprile ore 21 nella Sala
valdese: rappresentazioni di « Pralafera 1920 » del Gruppo Teatro Angrogna che con queste due recite conclude le rappresentazioni nel pinerolese prima di passare alla cintura torinese.
• BRESCIA: 6 maggio, presso la
Chiesa valdese, domenica TEV. Partecipazione dalle Valli con pullman in
partenza da Torre (ore 5.30) e fermate
a Luserna e Pinerolo. Ritorno verso
le 22. Costo L. 7.000, pranzo al sacco. Particolare invito a partecipare ai
neo-confermati con quota ridotta a L.
1.000. Prenotazioni presso il sig. Geraldo Mathieu, Torre Pellice (tei. 91.566)
entro il 30 aprile.
• TORINO: 6 maggio a partire dalle
ore 10.30 presso la Chiesa battista di
via Viterbo 119, Incontro regionale
FDEI. Dopo il culto, lo scambio di
esperienze e il pranzo al sacco, ore
14.30 sul tema dell'Anno internazionale del bambino: M bambino nella
Bibbia e nelle nostre comunità. - Situazione del minorenne in Italia, affidamento familiare.
Un pullman verrà organizzato dalle
Valli. Prenotarsi presso la responsabile deirUnione.
sti che si sono affermati un po'
dovunque il Italia? Arrivano le
elezioni, ha insinuato malignamente qualcuno, ma la questione
è certamente più complessa.
Nei loro vari interventi, gli
aderenti al MAO si sono espressi in questi termini: « Voi comunisti, che vi proclamate dalla parte dei lavoratori avete trascurato la montagna povera e le
minoranze linguistiche anche
quando siete andati al potere, come nella Regione Piemonte. È
giusta la lotta contro il capitalismo, ma è altrettanto importante demolire il colonialismo
e l’imperialismo che possono esistere anche nei paesi socialisti.
I conflitti tra le nazioni non si
esauriscono nella lotta di classe, come dimostra la guerra tra
Vietnam e Cambogia ».
La replica del rappresentante del PCI può essere sintetizzata in questi termini: « Il progetto autonomista non è esauriente
sul piano politico: può rivolgersi allo stesso modo a destra come a sinistra. È ora che decidiate da che parte volete stare ».
Altri interventi dei presenti
hanno orientato la discussione
sui rapporti tra Comunità montane e comprensori, ma, sia per
mancanza di tempo, sia perché
c’erano veramente tante cose da
dire, gli argomenti sono stati
più sfiorati che approfonditi.
Sempre di sfuggita si è anche
accennato ai Valdesi come minoranze religiose. Il professor
Vignetta del gruppo « La Valaddo » ha dichiarato con soddisfazione che finalmente alle grandi feste popolari organizzate
dalla sua associazione in vai
Chisone, cattolici e valdesi in
totale accordo... partecipano alla messa in patois!
Molto correttamente, alla fine
della serata, il prof. Grado Merlo moderatore della tavola rotonda, ha ricordato che il Valdismo è stato alle origini un movimento internazionale e che in
seguito all’adesione alla Riforma, si è inserito tra le altre chiese dell’Europa protestante.
Ha anche aggiunto che in vai
Pragelato si leggevano i testi biblici in lingua originale.
Ecco un utile suggerimento
per i « patoisants » valdesi: leggere attentamente la Bibbia, non
importa in quale lingua, e scoprire per quali motivi i nostri
antenati ad un certo punto si sono proclamati contrari alla messa rifiutando di parteciparvi.
, L. V.
7
20 aprile 1979
CRONACA DELLE VALLI
'7Í
Hi
È
PI
DALL’ASSEMBLEA DELLA TEV
Critica alia FGEI
Pubblichiamo per dovere di informazione questo contributo malgrado l’evidente forzatura che esso rappresenta nei confronti dell’articolo citato, sia per ciò che riguarda il riepilogo che ne è dato, sia
per ciò che riguarda le illazioni che, piu- con dei « sembra », l'Assemblea TEV trae dall’articolo stesso. Siamo convinti che presentare
il pensiero altrui distorto e contraffatto è il peggiore dei mezzi per
promuovere la ricerca comune della volontà del Signore per le chiese nel nostro tempo.
Su l’Eco-Luce n. 9 del 2 marzo
è stato pubblicato il programma
della Fgei sotto il titolo « La
Federazione giovanile verso gli
anni 80 ». Comprende quattro
punti di riflessione che riepiloghiamo:
1 ) I giovani delle nostre chiese non hanno altra alternativa
che la Fgei. La crescita della
loro fede non può e non deve
avvenire nel ghetto delle singole
comunità.
2) I giovani devono ritrovare uno spazio proprio e questo
spazio è la Fgei.
3) Nello spazio ritrovato i
giovani, partendo dalla speranza
che l’Evangelo ci dà, sono chiamati a impegnarsi politicamente. Devono anche mantenere contatti e rapporti con le comunità
locali.
4) Infine, poiché viviamo
nell’Italia di Zaccagnini e di papa Wojtyla, l’impegno politico
dovrebbe orientarsi sulla sinistra, non sulla destra e non sul
centro.
L’articolo in questione è pubblicato sulla prima pagina di
Eco-Luce. Poiché questo periodico è il settimanale delle Chiese
Evangeliche Valdesi e Metodiste, l’articolo assume valore ufficiale e interessa le nostre
Chiese.
Orbene è triste di dover constatare come Tallontanamento
dei giovani dalle comunità è non
solo incoraggiato, ma, in un certo qual modo, si fa capire ai
giovani che — ai fini della crescita della loro fede — non c’è
altra strada che la Fgei e il conseguente impegno sociale e politico di sinistra.
Che ne è del messaggio evangelico, dell’appello al ravvedimento e alla conversione, che
avviene sempre in vista della
fede? Noi crediamo che il messaggio evangelico riguardi la
missione della Chiesa affinché gli
uomini credano in Gesù Cristo
e siano rinnovati interiormente
nell’ubbidienza alla sua Parola.
La Fgei sembra invece affermare che tale messaggio deve passare attraverso una dottrina sociale e politica.
L’articolo parla di rapporti
con le comunità locali, di cui la
Fgei lamenta il vuoto spirituale.
Di questo vuoto spirituale siamo tutti responsabili, ma la Fgei,
dopo aver chiaramente detto che
la crescita di fede non può e
non deve avvenire nel ghetto delle parrocchie, sembra lasciar
capire che tale crescita può solo avvenire nel suo ambito. Ora
se la naturale conseguenza della
crescita di fede è un impegno
politico di sinistra, ci chiediamo
in che cosa consisteranno i contatti e i rapporti con le comunità locali. Forzatamente dovranno
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essere dei rapporti e dei contatti basati sull’impegno politico
di sinistra.
Sarà questo impegno politico
di sinistra che colmerà il vuoto
spirituale delle nostre comunità?
Che valore ha allora l’invocazione del profeta: « O Israele torna
alTEtemo, al tuo Dio poiché tu
sei caduto per la tua iniquità? »
Le nostre chiese sono lacerate
da divisioni perché il messaggio di grazia che TEvangelo ci
dà è interpretato in diversi modi. È compito dei credenti di
chiedere al Signore che ci guidi,
giovani e anziani, verso la giusta interpretazione.
Sono valide ancor oggi le parole di un teologo del ’600, pubblicata su L’Eco-Luce n. 41 del
12 ottobre 1978: « ...Dio vuole che
la sua gloria sia proclamata. In
primo luogo che lo sia dai ministri della Parola. Se i ministri
e i vescovi non lo fanno, lo facciano i laici; se non lo fanno
gli uomini, lo facciano le donne.
Se non lo fanno i potenti e i
ricchi, se ne incarichino i poveri e i miserabili. Se non lo fanno
gli adulti, Dio trarrà lode dai
fanciulli e dai lattanti. Se gli esseri umani non lo faranno, Dio
può prendere delle pietre e farsene suoi figli, può chiamare
delle creature inanimate per essere araldi della sua gloria. Certo i cieli raccontano la gloria
di Dio ».
Assemblea di Testimonianza
Evangelica Valdese
Villar Pellice, 18.3.1979.
TORRE PELLICE
• Sabato 7 il Coretto ha offerto nella sala dei Coppieri una
serata di canti; ringraziamo i
ragazzi ed il loro direttore Franco Taglierò per il canto e il fratello Aldo Comba per le diapositive così varie e interessanti.
• I catecumeni del 1» e del 2”
corso hanno seguito in occasione della settimana santa im’audizione ridotta e commentata da
Franco Taglierò della Passione
secondo Matteo di J. s. Bach. È
pur necessario che i nostri ragMzi conoscano la musica religiosa della loro chiesa!
• Hanno confermato le promesse del loro battesimo un
gruppo di giovani la domenica
delle Palme:
Ardesi Marisa; Benech Maura;
Bellion Marco; Bifolco Gabriella; Borno Alder; Chiavia Gianni; Cogno Roberto; Brache Bruno; Geymet Andrea; Malan Grazia Virginia; Pasquet Luca; Prochet Luca; Roland Augusto; Roman Marco; Rostan Silvina; Salvagiot Maurizio. Dalla Chiesa di
Torino: Revelli Paolo; Minetto
Manuela; Vigna Nadia.
Anche per loro si formula
l’augurio, che si formula sempre
in questa circostanza, che sia
questo l’inizio di una vita spirituale e non la sua fine.
PRAMOLLO
• Durante il culto di domenica
8 aprile hanno confessato la loro fede e volontà di diventare
membri attivi della comunità i
giovani Cristina Sappé, Adriano
Menusan, Maria Luisa Beunous.
Il giorno di Pasqua si è unito a
loro per partecipare alla Santa
Cena anche Roberto Bounous
(Svizzera).
La comunità rinnova loro gli
auguri affinché possano sempre
mantenere fede alla promessa
fatta al Signore.
• Si ricorda che domenica 29
aprile si terrà l’Assemblea di
chiesa a cui sono invitati a partecipare tutti i membri di chiesa.
MARETTA SCOLASTICA A POMARETTO
“O tutti o nessuno
59
Dopo una prima lettera molto
rispettosa e pacata, una seconda
non meno pacata e rispettosa ma
più recisa e ultimativa: i genitori dei 17 alunni valdesi della V
elementare del Comune di Pomaretto, visto che la loro richiesta di accettare in blocco l’iscrizione della V alla Scuola Latina
(vedi Eco-Luce n. 13 del 30.3) non
è stata accettata e che secondo
le indicazioni del Comitato gli
alunni eccedenti i posti disponibili sarebbero sorteggiati indipendentemente dalla comunità di
provenienza, scrivono al Comitato e alla Tavola Valdese chiedendo alTunanimità l’iscrizione in
blocco dei ragazzi valdesi di Pomaretto, comunicando che « in
caso contrario verranno iscritti
in blocco nella scuola media statale più vicina ». La lettera, che
ravvisa nella linea seguita dal
Comitato per determinare i criteri di iscrizione « un elemento
discriminante e non evangelico »
porta la firma dei 34 genitori dei
17 allievi.
Di fronte all’eventualità che
anche gli allievi valdesi di Pomaretto siano inclusi nel sorteggio per escludere il sovrannumero, anche il Concistoro della
Chiesa valdese di Pomaretto ha
inviato una lettera al Comitato
Collegio e Scuola Latina e alla
Tavola. Il Concistoro richiama
la propria precedente presa di
posizione in merito alle iscrizioni alla Scuola Latina: « Si ritenne che, uniformemente a quanto
si è delineato sempre più chiaramente in questi anni per le altre
opere della Chiesa Valdese quali
i convitti, gli ospedali e gli Asili
per i vecchi, anche le scuole dovessero essere legate alla zona in
cui si trovano ». Il Concistoro
aveva quindi chiesto un criterio
di vicinanza geografica per le
iscrizioni: priorità ai valdesi della comunità di Pomaretto. ai cattolici di Pomaretto e agli ospiti
del Convitto, ma a questa proposta il Comitato non ha dato risposta facendo invece conoscere criteri di preiscrizione diversi
e anzi opposti, da quelli chiesti dal Concistoro. Fortemente
preoccupato, il Concistoro di Pomaretto, dopo aver rilevato come
negli ultimi tre anni si siano avuti criteri di iscrizione sempre diversi, che verrebbero ora cambiati ulteriormente per il ’79-’80,
chiede « se il Comitato ha Tautorità di cambiare a suo piacimento, di anno in anno, i criteri di
iscrizione e questo per di più in
direzione opposta alla linea che
il Sinodo ha suggerito per le varie opere della Chiesa » e quali
siano « i criteri seguiti dal Comitato nella sua politica scolastica ».
SAN SECONDO
L’Assemblea di Chiesa ha eletto deputati al Sinodo Daniele
Ghigo e Elvina Godino ed alla
Conferenza Distrettuale i fratelli
Piero Ribet, Silvano Forneron e
Emilio Gardiol.
• La decana della nostra Comunità: Eugenia Paschetto Rostagno, compie 97 anni. Poiché è una fedele lettrice dell’Eco (che legge senza occhiali)
le facciamo giungere con questo
mezzo i più cari auguri da parte di tutta la chiesa di S. Secondo.
ANGROGNA
Preceduta da un serio colloquio con il Concistoro ed ima
agape fraterna, nella domenica
di Pasqua, i sette catecumeni di
Angrogna hanno partecipato alla Cena del Signore.
Alla numerosa assemblea è stata distribuita la dichiarazione di
fede dei neo-confermati; particolarmente significativa quella di
Pasquale e Maria Abbate (residenti ai Giovo) in cui, tra le altre cose, si osserva: « Vorremmo entrare nella Chiesa Valdese
con umiltà e sincerità sapendo
fin d’ora d’essere accolti come
fratelli; fratelli minori in questa tradizione di fede ma pur
desiderosi di seguire lo stesso
Gesù Cristo, unico capo della
Chiesa ». A tutti i nuovi membri comunicanti l’augurio di saper assumere le proprie responsabilità.
• I partecipanti della gita «Valdlsmo a Firenze » richiedano la
circolare-viaggio al pastore; partenza il 27 c.m. alle 14 dalla
Stazione FF.SS. di Torre.
• Mauro Pons e Walter Michelin-Salomon, giovani studenti in teologia, sono stati presenti in alcuni appuntamenti della
Chiesa: culto di Pasqua a Pradeltorno, riunione con i giovani.
Domenica 22 c.m. saranno presenti sia al Serre (il culto inizia alle 9.30) sia al Capoluogo,
nel Tempio alle 10.30, in vista
della giornata della Facoltà di
Teologia. Il loro modo di dire
le cose, immediato e fraterno, ce
li ha resi subito simpatici.
• Venerdì 13, partendo dall’Asilo Valdese di Luserna S. Giovanni, abbiamo accompagnato
all’ultimo riposo Alberto Besson, mancato all’età di 83 anni.
Per circa cinquant’anni aveva lavorato in America e da alcuni
anni aveva voluto rientrare nella
propria terra e agli antichi affetti. Alla figlia Florence, giunta
dalTAmerica per la triste circostanza, e a tutti i familiari esprimiamo la nostra simpatia cristiana.
• Anche al Alma Odin del Serre, collaboratrice nell’opera della
Chiesa, vogliamo dire il nostro
affetto in questi giorni in cui
ha perso il papà.
RORA’
Altri due fratelli ci hanno lasciati in queste ultime settimane: Alfredo Odin che risiedeva
a Luserna S. Giovanni, deceduto
all’ospedale Agnelli di Pinerolo e
Attilio Benech, da lunghi mesi
ricoverato al S. Luigi Gonzaga
di Beinasco. Vogliamo rinnovare ai familiari la nostra solidarietà cristiana.
• Con una riflessione sul tema sinodale « educazione alla
fede », abbiamo trascorso un’intensa giornata la domenica delle Palme in cui abbiamo accolto
nella comunità due giovani. Una
sessantina di fratelli ha partecipato a questo incontro. Ci siamo tutti resi conto quanto attuale sia questo tema proposto
dal sinodo e quanti siano i problemi che emergono appena si
comincia a discutere! È certamente più semplice non parlare
di questi argomenti e lasciare
nel silenzio le nostre mancanze,
la nostra indifferenza, spesso la
nostra irresponsabilità verso i
bambini, i giovani. Così come
è facile guardare al passato ;on
i suoi modelli e le sue abitudini: ma che oggi servono a poca
cosa. Impegnativo invece il discorso quando confrontiamo il
nostro modo di comportarci con
Tevangelo, di fronte al quale
dobbiamo saper trovare delle
risposte concrete che orientino
la nostra fede, senza accontentarci delle formalità sempre pericolose. Desideriamo ringraziare lo studente in teologia Eugenio Bernardini che ci ha introdotto l’argomento di riflessione
e che, nel pomeriggio, ha ancora presentato il significato del
servizio civile alternativo a quello militare, partendo dalla sua
esperienza di lavoro ad Agape.
• Ricordiamo a tutti l’assemblea di chiesa domenica 22 aprile in cui dovremo eleggere i
nostri deputati alla Conferenza
e al Sinodo.
• La domenica 6 maggio i ragazzi della scuola domenicale
scenderanno a Torre Pellice dove incontreranno i ragazzi di Torre e Bobbio Pellice.
• Domenica 13 maggio i catecumeni e i giovani della comunità si recheranno in visita
al centro ecumenico di Agape
con ì cadetti di Torre Pellice e
di S. Giovanni. Ciascuno si appunti queste due date!
• Patrizia Giusiano e Serena
Tourn rappresenteranno il gruppo giovanile al Congresso nazionale di S. Severa (Roma) che si
terrà tra il 28 aprile e il 1° maggio.
• La Pro Loco di Rorà organizza per domenica 13 maggio una
gita al Gran Paradiso. Per le
iscrizioni rivolgersi a Sergio Rivoira, Silvio Tourn e Giovanni
Boero Rol.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Con una iniziativa veramente
encomiabile la Commissione Stabili ha provveduto alla ripulitura dello spiazzo, finora inutilizzato, a ponente del tempio, al fine di ampliare il posteggio per
le macchine.
Il lavoro di dissodamento del
terreno coperto di pietrisco e
rovi, è stato duro e faticoso, per
cui la comimità esprime la sua
riconoscenza ai membri della
Commissione Stabili ed ai volontari collaboratori che non
hanno lesinato tempò e fatica
per abbellire e rendere utile il
piazzale del nostro tempio.
• Presso l’Asilo Valdese, di cui
era ospite, è deceduta la sorella
Bounous Adelina ved. Mondon,
di anni 89, dei Marauda. Ai familiari la nostra simpatia cristiana.
Hanno collaborato a questo
numero: Elda Boga Urban,
Salvatore Carco, Renato Cotsson, Franco Davite, Dino
Gardiol, Ivana Costabel, Guido Ribet, Maria Tamietti,
Giorgio Tourn.
AVVISI ECONOMICI
L’ISTITUTO Gould di Firenze ricerca, dal prossimo settembre, per l’attività di convitto, educatori-educatrici con esperienza e conoscenza
psico-pedagogica per lavoro con ragazzi. Offrasi : retribuzione, vittoalloggio, assicurazioni di legge. Scrivere dettagliatamente indicando anche eventuali precedenti esperienze
di lavoro a : Gould, via Serragli 49,
50124 Firenze. Data la particolare
natura del lavoro e del contesto in
cui esso si svolge, si propone, alle
persone interessate ed in possesso
dei requisiti richiesti, un periodo di
osservazione presso l’istituto durante
il presente anno scolastico con date
da concordare. Durante tale periodo
si offre : vitto-alloggio e rimborso
spese di viaggio.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Fanny Long ved. Plavan
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e di affetto tributata alla loro Cara, sentitamente
ringraziano quanti, in qualsiasi modo,
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al
medico curante Dottor Gardiol, a Suor
Dina, ai Medici, alle Suore e al personale dell’ospedale Mauriziano di Luserna, per le amorevoli cure prestate, e al
pastore Antonio Adamo.
« Io ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
Torre Pellice, 11 aprile 1979
RINGRAZIAMENTO
La nipote Marisa, riconoscente per
le prove di simpatia ricevute per la
dipartita della cara zia
Adelina Bounous ved. Mondon
ringrazia quanti hanno partecipato al
funerale. In modo particolare ringrazia la direzione e il personale dell’Asilo Valdese per Anziani di Luserna San
Giovanni e il Pastore A. Taccia.
Luserna S. Giovanni, 13 aprile 1979
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Eli Sappé
di anni 89
ringraziano coloro che si sono uniti
al loro dolore ed in particolare i vicini
di casa.
« 7o ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la
corsa, ho serbata la fede ». '
(II Timoteo, 4: 7)
Pramollo, 28 marzo 1979
Le amiche del Gruppo Missioni di
Torino affettuosamente vicine alla loro
Vicepresidente e cassiera Signora Ida
Randone prendono parte al suo dolore
per la perdita del marito
Riccardo Randone
Torino, 3 aprile 1979
8
8
20 aprile 1979
LA SITUAZIONE NELLE FILIPPINE
Una dittatura di cui
si parla troppo poco
Situate ai bordi del Pacifico,
mille kilometri dalle coste cinesi, tra Formosa al Nord e il fascio delle isole indonesiane al
Sud, vicine ad un continente da
cui la storia le ha tagliate e ravvicinate in modo alienante ad
un altro, le Filippine — questa
cattolicissima e super-occidentalizzata nazione arcipelago — sono il meno asiatico dei paesi dell’estremo oriente.
La Spagna durante tre secoli
di sfruttamento coloniale ha lasciato una moltitudine di chiese,
di istituzioni religiose, la tradizione di grandiose processioni,
un gusto accentuato per la pompa e lo sfarzo. L’America è venuta a sua volta a insegnare a que
sti meridionali dell’Asia le delizie e i deliri del consumismo:
juke-box fin negli angoli più remoti del paese, antenne televisive sui tetti delle baracche, la
« liberazione sessuale », ma soprattutto ad instillare l’ideologia
della « upward mobility » (ascesa
sociale) e dell’affarismo.
Il risultato? Un paese di enormi contrasti, saturo di influenze
straniere. Un popolo che non si
appartiene, una nazione priva di
identità. Oggi più che mai, con
o senza la legge marziale.
La legge marziale
Le Filippine dal 22 settembre
1972 sono soggette alla dittato
Le Filippine in cifre
POPOLAZIONE
43 milioni di abitanti concentrati
per lo più su 11 delle 7.000 Isole
che compongono l'arcipelago. L’origine etnica è varia (malese, indonesiana, indiana, cinese e poi spagnola, giapponese, nord americana)
come pure la ripartizione tra le
varie confessioni religiose (cattolici 86%, musulmani 4%, protestanti 2,5%, animisti 2,5% il restante
5% spetta alla chiesa indipendente filippina). Culturalmente le Filippine sono sature di influenze
straniere tanto da essere una nazione priva di identità.
ECONOMIA
È di tipo semicoloniale. Il 65%
della popolazione è impiegato nell'agricoltura praticata con tecniche
rudimentali, tanto da avere una
delle produttività più basse dell’Asia. Ciononostante costituisce
1/3 del reddito nazionale ed i 4/5
delle esportazioni. L’80% dei contadini non possiede terra né garanzie per il proprio posto di lavoro né assicurazioni sociali.
L’Industria assorbe il 10% della
popolazione specie nei settori di
trasformazione, nelle miniere e nei
trasporti. Le condizioni di lavoro
sono molto dure (12/14 ore giornaliere) e non vi è sicurezza del
posto di lavoro. Molto consistènti
sono gli investimenti di capitali
stranieri. Gli americani, gli svizzeri,
i tedeschi ed i giapponesi si spartiscono il controllo su tutti i settori della vita economica del paese
tanto che apparentemente sembra
che il paese non sappia fare nulla
da solo.
ra militare di Ferdinando Marcos che proclamando la legge
marziale si è garantito la continuità di governo, in quanto la
costituzione del 1935 lo dichiarava non più eleggibile al termine
del suo mandato nel dicembre
1973.
(jli U.S.A. che si erano assicurati il controllo dell’economia filippina e avevano bisogno delle
basi militari delle Filippine per
il controllo del Sud-Est asiatico,
hanno appoggiato il tentativo di
Marcos, a loro fedelissimo. Ma
la popolazione ha reagito e continua a reagire alla privazione
delle elementari libertà civili,
non già attraverso « un’opposizione legale » inosservata perché
formata da vecchi liberali senza
alcun contatto con la base, ma
attraverso « l’opposizione spontanea » costituita dal Partito Comunista delle Filippine, costretto alla clandestinità, e da una
serie di organizzazioni democratiche antifasciste. La resistenza
armata del popolo filippino è
una costante nelle lotte contro
gli spagnoli (1890) poi contro i
giapponesi subentrati agli americani nel 1941. Dopo il raggiungimento dell’indipendenza nel
1946 si è fatta strada la consapevolezza che la crisi più o meno permanente della società filippina affondava le sue radici
nella condizione neo-coloniale
che, insieme alla eredità sociale, culturale e psicologica di secoli di subordinazione coloniale,
costituiva un freno allo sviluppo
industriale del paese. Si ebbe di
conseguenza un processo di « rivoluzione culturale » da cui nacque nel 1968 il nuovo Partito Comunista che si dedicò subito al
f
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
)
Il problema eneraetico in USA
È diventato un problema di
enorme importanza, sia economica, sia sociale e sia politica,
problema difficilissimo a risolversi, tanto nei riguardi dell’opinione pubblica interna, quanto
nei rapporti internazionali.
Leggiamo sul « Manifesto » del
7.4.’79:
« “Per un’America solare" è il
titolo di un libro di 40 pp., edito
negli USA dalla “solar lobby”, il
fronte creato dagli ecologisti
americani, che comprende anche
sindacati e ampi strati di tecnici che lavorano ai progetti nucleari. L'opuscolo è un vero e
proprio programma del movimento ecologico, completo di cifre, argomenti scientifici e dati,
e propone all’opinione pubblica
un programma preciso: coprire,
-----------------------------——N
Comitato di Redazione: Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
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La Luce ».
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intestato a : Roberto Peyrot • Cors'^
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
La Luce: Autor. Tribunale di Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
L'Eco delle Valli Valdesi Reg. Tribunale di Pìnerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
entro il 2000, un quarto del fabbisogno energetico USA mediante fonti energetiche rinnovabili,
dunque (in sostanza) attraverso
l’energia solare. (...)
Il presidente Carter ha lanciato una vera e propria sfida alle
grandi compagnie petrolifere statunitensi. Nel discorso pronunciato giovedì (5.4) di fronte alle
maggiori catene televisive americane, il capo della Casa Bianca
ha esposto le “linee guida" del
suo progetto in tema di politica
energetica.
Un progetto che comporta un
risparmio del 5% sui consumi
petroliferi del paese (ma si tratta solo di una “raschiatura" di
una piccola parte degli enormi
sprechi energetici degli USA) da
ottenersi soprattutto mediante
una manovra dei prezzi del greggio. Carter infatti ha proposto
che, tra il giugno di quest’anno
e il settembre del 1981, vi sia una
graduale eliminazione dei controlli governativi sui prezzi del
greggio americano. In tal modo
il prezzo del petrolio statunitense dovrebbe salire per attestarsi
su quote pari a quelle internazionali (negli ultimi mesi un barile di greggio americano costava all’incirca la metà di quello
arabo).
La proposta di Carter comporta alcuni vantaggi: la rivitalizzazione della ricerca petrolifera negli USA; la redditività di una serie di pozzi, fino ad oggi non
competitivi eco. (...). Ma il piano del presidente avrà anche
conseguenze pesanti: la perdita
del vantaggio di poter consumare circa 8.000.000 di tonnellate di
petrolio all’anno (quanto oggi gli
USA importano dall' estero) a
prezzi inferiori della metà rispetto alla produzione nazionale e,
dunque, un aumento del costo
della benzina valutato a 7 centesimi di dollaro (circa 60 lire) al
gallone (4 litri).
Accanto alla manovra dei prezzi, Carter ha proposto altre misure per il risparmio energetico:
V imposizione di temperature
massime per gli edifìci adibiti a
usi pubblici (18 gradi d’inverno,
27 d’estate); obbligo, per ogni
Stato dell’unione, di adottare una
politica di riduzione dei consumi
energetici (altrimenti verrebbe
ordinata la chiusura delle pompe di benzina la domenica); la
riduzione del 5% dei consumi da
parte di tutti gli enti governativi
entro il prossimo anno; graduale
eliminazione di tutti i parcheggi
gratuiti per i dipendenti federali,
e ciò per incoraggiare l’uso di
mezzi pubblici; invito a tutti gli
automobilisti di ridurre le distanze percorse settinmnalmente,
di circa 20 miglia (32 Km.).
Il presidente ha chiesto ai Congresso l’adozione di una legge per
tassare i superprofitti che le compagnie petrolifere incasserebbero conte conseguenza dell’aumenlo del prezzo del greggio ».
Tornando alla « lobby solare »,
si tratterebbe solo di « articolare
una politica energetica nazionale del tutto razionale che dovrebbe fruire, durante i prossimi 20
anni, dei fondi spesi in un solo
anno per i crediti militari: 50
miliardi di dollari. Tutto qui:
“ se il nostro programma venisse adottato (dicono gli ecologisti), gli USA condurrebbero il
mondo verso un futuro solare ».
Sembra difficile, al momento attuale, che questo programma
venga seguito integralmente; esso infatti lede interessi ecologici troppo radicati nella struttura
produttiva americana, per aver
vita facile. Ma nondimeno, qualche ascolto, e crescente, la "solar
lobby" lo ha conquistato. Essa
gode già di un centro nazionale,
istallato a Washington all’ombra
del Congresso, impiega 25 funzionari e dispone di un budget
annuo di 1.000.000 di dollari ( quasi 1 miliardo di L.). Non solo:
nella prossima campagna elettorale, le opzioni energetiche giocheranno un ruolo non secondario nella campagna dei vari candidati. E le avvisaglie già si vedono ».
la guerriglia costituendo il Nuovo Esercito del Popolo.
Il Partito Comunista si sforza
di unire il poco numeroso proletariato con i contadini e con
le altre classi e gruppi diversi.
Ai leaders fondatori del Partito
morti o catturati se ne sono sostituiti altri e, nonostante la voce governativa che afferma la
fine dell’organizzazione, sembra
(da fonti attendibili) che si stia
sviluppando un esercito popolare sotto la guida di un professore universitario esperto di
guerriglia il « comandante Bilog». Accanto al Partito Comunista e alle organizzazioni studentesche delle università e quelle
degli slums di periferia merita
un accenno la posizione delle
Chiese cattoliche e protestanti,
dal momento che secondo il governo tali chiese sarebbero collegate all’Esercito Popolare.
Certo le chiese sono critiche
verso il regime ma solo a causa
della flagrante violazione dei diritti dell’uomo. In pratica nella
Chiesa cattolica solo una minoranza non esita a denunziare le
nefandezze del regime e il connubio stato-chiesa. L’impegno nel
Nuovo Esercito Popolare è quin
di di singoli credenti, e non è
difficile trovare giovani preti,
suore, pastori protestanti che
fanno analisi talvolta marxiste,
se non maoiste, senza ritenere
tuttavia di dover prendere, per
ora, la strada della guerriglia.
Le loro preoccupazioni ecumeniche passano oggi attraverso l’azione politica e sociale prima
che ogni altra cosa.
La testimonianza della moglie
di un protestante militante nell’Esercito Popolare, ucciso in
uno scontro con l’esercito ci ricorda il nostro compito che è di
far sì che questi morti in una
lotta di resistenza non scompaiano dalla nostra memoria come
sono stati eliminati dalla scena
storica.
« La morte di mio marito è la
conseguenza di una scelta: ha
scelto di essere un uomo nuovo
in vista di un mondo nuovo. Di
questo nuovo mondo ha visto
solo l'alba. Il compito che spetta a noi è di continuare la lotta
per la liberazione nazionale e
l’indipendenza ».
Patrizia Mathieu
(riduzione di un documento di
Emidio Campi)
LO BUE TRADUTTORE DEL NT
“La grande notizia”
Forse soltanto gli amici intimi
di Fr. Lo Bue sanno che egli anticipò di vent’anni il tentativo
di rendere il testo greco del Nuovo Testamento in una traduzione in qualche modo simile a
quelle fatte ora in tutte le lingue' con il ìhetodo delle equivalenze dinamiche. Le trattative
per la pubblicazione della sua
versione di Marco (La grande
notìzia) presso una casa editrice di primaria importanza finirono nel nulla, e anche il saggio apparso sulla rivista « Protestantesimo » rimase — allora — inosservato. Tanto più doveroso è parlarne ora, quando
le equivalenze dinamiche si impongono in tutte le lingue.
Ciò che sorprende nel lavoro
di Lo Bue è l’intuizione personale con cui egli cercò di rispondere all’esigenza di rendere l’Evangelo in una parlata che fosse « di oggi » e allo stesso tempo fedele alle caratteristiche di
lingua e di stile dell’evangelista.
Fece questo, a quanto possiamo
presumere, senza il corredo degli studi di linguistica e semantica applicata negli ultimi venti
anni a questo problema, spinto
soltanto dalla passione per la
divulgazione del testo evangelico e dalla sua profonda conoscenza filologica ed esegetica del
greco biblico accoppiata alla
sensibilità per l’italiano del suo
tempo. Chi lo ha avuto come
professore di letteratura italiana al Liceo di Torre Pellice sa
con quanta passione si occupava della letteratura contemporanea, e con quale rigore curava
nei suoi allievi una perfetta conoscenza della lingua, e non solo delle notizie storiche e estetiche relative agli autori e alle
opere.
Ecco il passo della « lampada
sotto il moggio » nella sua versione:
E gli diceva: « Mica viene la
luce per essere cacciata sotto
il mastello o sotto al letto?
ma per essere applicata al
lampadario, no? Fatto è che
non c’è nulla di nascosto se
non perché sia messo in chiaro. Se c’è chi ha orecchie da
sentire, senta! ».
Osserviamo i tentativi di linguaggio moderno e colloquiale: gli invece del corretto ma
pedante loro; la domanda retorica introdotta con un Mica...;
il « moggio » reso con mastello
(tipica equivalenza dinamica, diremmo oggi); invece di «messo
sul candeliere » ( o sul lucerniere, come dovrebbe essere una
traduzione letterale) abbiamo
applicata al lampadario.
Anche nei termini tecnici e
nei nomi propri c’è un costante
tentativo di attualizzazione. Leggiamo la chiamata dei Dodici:
E ne creò dodici perché
stessero assieme a lui, e perché lui li mandasse a proclamare, e a esercitare il potere
di scacciare le forze occulte.
E creò « i Dodici », e mise a
Simone il soprannome di
Sasso; e poi c’era Giacomo
— quello di Zebedeo — e
Giovanni il fratello di Gia
como, e a loro gli mise il soprannome di Boanerghi, cioè
Figli-di-Tuono (...) e Taddeo
e Simone il Sovversivo e
Giuda il Sicario, che anche
lo tradì.
« Sasso », sta per Pietro; « Sovversivo » per zelota; « Sicario »
per Iscariota (secondo una nota
ipotesi esegetica). Si tratta di
attualizzazioni che rendono immediatamente percepibile al lettore digiuno di antichità giudaiche il valore di certi appellativi,
almeno degli ultimi due.
Mi domando se oltre a questo
c’era in Lo Bue anche un desiderio di universalizzare il racconto, estrapolandolo dall’ambiente palestinese. Potrebbe avvalorarlo la traduzione di « anziani, sommi sacerdoti e scribi »
con i Decani e i Prelati e i Teologi, gli scherni dei soldati « Salve, re dei Giudei » resi con Salute, re della Nazione (anche il
cartello apposto alla croce ha
questo titolo). Dove Marco dice
« Il Cristo, il Re dei Giudei,
scenda giù di croce », Lo Bue ha:
Il « Prescelto », il « Re del Popolo », se ne venga adesso giù dal
patibolo, di modo che noi si veda e si creda! I « Gentili » di
Me. 10: 33 sono diventati, con
un’audace modernizzazione, i
Senza-Dio, e gli «empi» di 15;
28 sono diventati i fuorilegge.
Però — quasi a contrasto —
Gesù è costantemente chiamato
Giosuè. È vero che per i suoi
contemporanei il suo nome non
suonava affatto diverso da quello dei tanti « Giosuè » della sua
generazione. Ma allora perché
tanti altri nomi e termini sono
stati attualizzati, con una universalizzazione che rischia di
diventare a-storica? Il nome di
Gesù non avrebbe dovuto esser
reso con Salvatore? (cfr. Matteo 1: 21). Questo, che però esito a chiamare incocrenza, indica forse uno dei limiti del lavoro di Lo Bue; il suo è stato
il lavoro di un isolato, di un singolo.
Un altro limite, almeno nella
prospettiva delle traduzioni bibliche più recenti, che tendono
alla massima divulgazione del testo, è il suo carattere culturale,
lo sforzo costante, spesso raffinato, di rendere parole, idiomi
e vezzi linguistici di Marco nel
modo più fedele e espressivo,
talvolta a scapito della chiarezza o quanto meno della popolarità. Solo chi conosce bene il
testo greco di Marco — un greco particolarissimo, che la inorridire i cultori di greco classico — può apprezzare fino in fondo la accurata finezza delle rese
di Lo Bue con tutto ciò che possono avere di repellente dal punto di vista della buona lingua
(italiana).
Ricordando quest’opera da pioniere, è lecito esprimere un profondo rammarico: che a Lo Bue
non sia stato dato di vedere il
rigoglio delle traduzioni bibliche
in lingua corrente, e a noi non
sia stato concesso il privilegio
di avere lui come revisore del
nostro lavoro per la TILC.
Bruno Corsani