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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
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RICONCILIATI
NELLA PAROLA
«Ora, fratelli, vi esorto nel nome del
Signor nostro Gesù Cristo, ad aver tutti
un medesimo parlare»
I Corinzi 1,10
IKTELLA Settimana di preghiera per
1V l’unità dei cristiani pensiamo soprattutto alla meta lontana dell’unità
della fede. Ormai anche la Chiesa cattolica vive l’ecumenismo accettando di
fatto in qualche modo che ci possa essere diversità di chiese, di organizzazioni, di strutture. Ma l’unità della fede è una meta che, per quanto lontana
e iscritta soltanto nella speranza, è essenziale alla comunione vera dei cristiani con Cristo e tra di loro. È una
speranza, un dovere, una vocazione,
ma soprattutto un dono. Prima di invitare all’unità. Paolo ringrazia Dio
per la grazia che è stata data ai Corinzi, arricchiti di ogni cosa, di ogni dono
di parola e di ogni conoscenza.
Ma è significativo che quando
parla dell’unità. Paolo non si riferisca qui all’unità della fede, bensì a
«un medesimo parlare». L’unità della
fede è legata all’unità della parola. E
la nostra traduzione è forse persino
troppo debole in confronto al testo originale che suona alla lettera «vi chiedo di dire la stessa cosa». A volte ci si
mette d'accordo anche dicendo cose
diverse: si fanno compromessi, uno tira, l’altro molla; alla fine si fa un accordo. A Corinto, malgrado i doni e la
vocazione di cui parla l’apostolo, si dicevano cose diverse e non si aveva
nemmeno il coraggio di sostenerle con
argomenti. Si difendevano, invece,
con la pretesa che fossero dettate da
maggior sapienza, oppure attribuendone la paternità a predicatori di prestigio: Paolo, Apollo e Pietro. Quando
una persona non ha la dignità di sostenere in proprio le sue idee, può dire
magari le stesse parole di un altro, ma
non la stessa cosa. In Cristo abbiamo
la libertà di dire quello che pensiamo
e di dirlo all'altro o all'altra in modo
da capire se diciamo la stessa cosa,
oppure no. E se non diciamo la stessa
cosa possiamo comunque capire quello che dice l’altro o l'altra e c’è, quindi,
speranza che giungiamo, in nome di
Gesù Cristo, a dire la stessa cosa.
T TNITA della parola e nella parola:
una meta necessaria, eppure ambiziosa, perché difficile. Un riflesso di
questa difficoltà l’abbiamo anche nel
fatto che non abbiamo nemmeno unità
nella parola di Dio. Anzi, se ci confrontiamo coi diversi modi di porsi di fronte
ad essa, saltano tutti gli schemi che potrebbero sembrare consolidati. Oggi c’è
un buon accordo nello studio storicocritico del testo biblico tra teologi protestanti delle cosiddette «chiese storiche»
e teologi cattolici. Non altrettanto si
può dire che avvenga con i teologi della
chiese protestanti fondamentaliste che,
al pari di noi, professano il «sola Scriptura». Diciamo le stesse parole, ma non
le stesse cose. Con i biblisti cattolici diciamo in generale le stesse cose, ma non
le inseriamo nello stesso quadro. Quelle
cose sono per noi l’unico elemento costitutivo della chiesa, mentre per i biblisti cattolici sono l'elemento essenziale, ma non l'unico. Anche all’interno
del testo biblico, inoltre, ci muoviamo
in modo diverso. Per chi adotta il metodo storico-critico i testi biblici non hanno tutti lo stesso valore: i protestanti
parlano di «canone nel canone»; i cattolici di «gerarchia di canonicità», ma
il pensiero è lo stesso. Per i fondamentalisti, invece, ogni parola e ogni testo
della Scrittura è ugualmente ispirato,
anzi addirittura infallibile. Per dire le
stesse cose occorre innanzitutto avere
l'umiltà della fallibilità umana, anche
quando Dio ci ispira.
Claudio Tron
In aumento in tutta Italia i piccoli reati che terminano con omicidi o ferimenti gravi
Una violenza sproporzionata
/4 colloquio con Alfredo Guarino, avvocato di parte civile della famiglia di Davide Sannino
un ragazzo evangelico di 19 anni ucciso nel '% perché testimone del furto di un motorino
ANNA MAFFEI
Massa di somma, provincia di
Napoli. Un gruppo di giovani
poco più che ventenni decide di
compiere una rapina di motorini e
di orologi utilizzando anche una
pistola carica. La rapina avviene a
danno di quattro giovanissimi che
sono usciti per andare a festeggiare
l’esame di diploma. Fra questi c’è
Davide Sannino, 19 anni, pentecostale. Sono seduti nei giardinetti,
in attesa di recarsi in pizzeria. La
rapina avviene in forma violenta:
calci, pugni, schiaffi. Quando la rapina è conclusa Giorgio Reggio,
uno dei rapinatori, punta la pistola alla tempia di Davide, esplode
un colpo e lo uccide. Queste le fasi
concitate di un omicidio che all’epoca dei fatti (luglio ’96) indignò
fortemente l’opinione pubblica.
Nella ricostruzione fatta durante il
processo pare che la sola colpa di
Davide fosse stata quella di aver osservato attentamente tutte le fasi
dell’aggressione e che l’omicida
abbia agito per disfarsi di un possibile testimone. In questi mesi episodi del genere hanno coinvolto altri giovani in altri luoghi e con altre
modalità. Oggi, mentre in tutta Italia si fa, in occasione dell’apertura
dell’anno giudiziario, il punto dello
stato della giustizia, riflettiamo su
questi fatti in compagnia dell’avvocato Alfredo Guarino che, nel processo conclusosi il 31 dicembre
scorso, è stato avvocato di parte civile della famiglia Sannino.
- Come si è concluso il processo?
«La sentenza è stata, per Reggio,
di condanna a trent’anni di reclusione. Il fatto è talmente grave, privo di qualsiasi ragione da meritare
in sé forse l’ergastolo. Davide era
un ragazzo promettente, molto
maturo per la sua età, studiava,
aveva superato le prove di piano al
conservatorio, era un punto di riferimento per gli amici ed era anche
molto attivo nella comunità evangelica. Forse però i giudici hanno
considerato, nella determinazione
della pena, come dice il codice, anche la condotta antecedente e suc
Uno scorcio del centro storico di Napoli
cessiva al fatto. Reggio era incensurato e in seguito ha collaborato con
gli inquirenti».
- Non si può quindi neppure parlare di ambiente camorristico...
«Reggio non apparteneva ad ambienti di criminalità organizzata.
Ma al di là della persona è indubbio che in questi ultimi anni c’è un
intensificarsi di episodi di violenza
del tutto sproporzionata rispetto
alla commistione di reati che si definiscono di criminalità minore:
furti, scippi, piccole rapine».
- Quale ne è la ragione?
«Le cause sono correlate alla disoccupazione, al degrado sociale,
alla marginalità, all’assenza o alla
crisi di valori fondanti. Ma il fenomeno non è solo italiano, interessa
tutte le periferie urbane degradate.
Ciò che colpisce è l’insorgenza di
questo fenomeno nelle regioni del
Sud d’Italia. Qui, pure nell’assenza
di un’idea forte dello stato, esisteva
un mondo di valori, legati a una
cultura di tipo familiare che permeava i soggetti sociali e costituiva
una remora all’esplosione di forme
di violenza incontrollata. Oggi questa cultura è stata messa in crisi e
la contemporaneità fra la crisi della
cultura familiare anche al Sud e la
rincorsa esasperata verso modelli
consumistici aggiunge ai fattori di
rischio generali degli ulteriori elementi. Questi fenomeni devono
considerarsi come una forma nuova tendenziale di criminalità».
- Quindi non c’è un legame strutturale con la camorra?
«Sono due mondi diversi ma tra
loro collegati. Nella criminalità organizzata in genere le scelte e gli
obiettivi sono più ponderati, vi è
una maggiore apparente razionalità, se pure in una logica criminale. Vi sono però delle connessioni
se si pensa all’uso della droga, al
reclutamento delle armi necessarie, al rifluire dei proventi dei reati
nella rete della ricettazione. Inoltre, creandosi nelle periferie urbane delle microcarriere criminali, è
lì che la criminalità organizzata va
a cercare le nuove reclute per la
propria organizzazione».
- C’è qualcosa che si può fare?
«In primo luogo incidere a livello
sociale. È un impegno difficile ed è
un impegno di tutti. Per quanto riguarda il campo penale non è a
mio parere giusto considerare i poco più che diciottenni già come criminali acquisiti e trattarli anche a
livello penitenziario allo stesso modo degli autori di reati con gravissimi precedenti penali. Occorrerebbe individuare un trattamento penitenziario differenziato in relazione alle fasce di età e al tipo di reato
commesso. Nella legge questa indicazione c’è, ma di fatto è disattesa
per l’affollamento delle carceri. Occorrerebbe poi un circuito di osservazione successiva all’esperienza
carceraria. Inoltre nel caso di reati
minori bisognerebbe dare la possibilità al giudice di comminare pene
alternative al carcere di tipo educativo e riparatore».
- È vero che in Italia non è prevista alcuna forma di indennizzo per
le vittime di reati comuni?
«Sì. In Italia, a differenza di altri
paesi europei come Francia e Germania, sono previsti indennizzi
solo per le vittime della mafia e del
terrorismo. In altre parole le donne che sono vittime di stupri, persone che per strada sono raggiunte
da proiettili vaganti, vittime di rapine che si concludono con omicidio e così via, non possono ottenere dallo stato alcun indennizzo.
Eppure dal punto di vista della sofferenza e dei danni la vittima di un
reato comune non è assolutamente diversa dalla vittima di un reato
di mafia o di terrorismo. In molti
casi si tratta di conseguenze gravi
e non è umanamente giusto non
prendere in considerazione le loro
sofferenze e i loro disagi».
«
Ebrei, cristiani e musulmani per il dialogo e la convivenza
L'Algeria ci appartiene», appello contro le stragi
«In Algeria si continua
a morire di morte violenta. La coscienza di
milioni di musulmani,
cristiani, ebrei, credenti
di ogni fede è turbata dal
fatto che si uccida nel
nome di un dio che non
conoscerebbe né clemenza né misericordia e
che sacrifica bambini,
donne, innocenti. La coscienza di tante persone
è turbata dal fatto che il
governo algerino, che
pure ha delle responsabilità nella genesi e nello
sviluppo di questo conflitto, neghi l’evidenza
della crisi politica e istituzionale che attraversa
il paese e arrivi a respingere la proposta di istituire una commissione
internazionale di inchie
sta sulle stragi e le violenze che insaguinano
l’Algeria dal 1994».
Così si afferma in un
appello di ebrei, cristiani
e musulmani promosso
dalla rivista «Confronti».
Tra coloro che hanno
sottoscritto il documento, l’intellettuale musulmano Mahmoud Salem
E1 Sheikh, gli ebrei Luca
Zevi, Giacoma Limentani, Giorgio Gomel, Lea
Sestieri, i vescovi cattolici Clemente Riva, Diego
Bona e Luigi Bettazzi, gli
evangelici Domenico
Tomasetto, Franca Long,
Bruno Tron, Daniele
Garrone. «Siamo consapevoli - prosegue l’appello - della complessità
della situazione rispetto
alla quale sono evidenti
gli interessi e le responsabilità dell’Occidente
che, dopo anni di colonizzazione, ha tentato la
carta della “modernizzazione” dell’Algeria in
funzione dei suoi interessi commerciali e geopolitici. Ancora una volta vogliamo affermare,
quindi, che ‘TAlgeria ci
appartiene”: ci appartengono le sue contraddizioni, i suoi problemi,
la sua sfida tesa a salvaguardare tradizioni e valori, anche di natura religiosa, ma nel quadro di
una società aperta e democratica. Ci appartengono le speranze della
società civile algerina
stretta dall’azione di un
regime fortemente segnato dal potere militare
e dalla repressione da
una parte e dalle mattanze nel nome di tradizioni e valori religiosi
dall’altra».
L’appello si conclude
con il sostegno alla proposta di una commissione internazionale di
inchiesta sulle stragi
perché queste, insieme
con la violenza generalizzata, la repressione e
la censura, non sono «di
esclusiva competenza
del governo algerino»,
ma rappresentano «una
sfida per l’intera comunità internazionale, per
tutte le coscienze democratiche, per tutti i credenti». Per informazioni
e adesioni: «Confronti»,
telefono 06-4820503; fax
06-4827901.
L'OSTENSIONE DELLA SINDONE A TORINO: UNA SFIDA PER L'ECUMENISMO. Pubblichiamo il testo integrale
del documento delle chiese evangeliche torinesi presentato alla stampa il
15 gennaio. Il documento si sofferma
su due punti cruciali: l'autenticità o
inautenticità della Sindone e il suo uso
per promuovere e sostenere la spiritualità cristiana. (pagg. 6-7)
COSTITUITO A MILANO UN CONSIGLIO
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ. Dopo
Venezia (1993) anche il capoluogo
lombardo ha ora un Consiglio delle
chiese cristiane. Costituitosi il 13 gennaio, ne fanno parte le chiese anglicana, cattolica, ortodosse e protestanti.
Questa nuova realtà ecumenica sarà
presentata il 24 gennaio nell'ambito
delle iniziative della Settimana di preghiera dell'unità dei cristiani, (pag. 8)
OMOSESSUALI E CHIESE. Il drammatico
suicidio dell'omosessuale che si è dato
fuoco il 13 gennaio in piazza San Pietro in Vaticano costituisce un'estrema
denuncia non solo verso la Chiesa cattolica ma anche verso le altre chiese
per come si continua a considerare la
condizione omosessuale. (pag. 10)
2
PAG. 2 RIFORMA
Della
VENERDÌ 23 GENNAIO 199f S
j
«Non abbiate
altro debito con
nessuno, se non
di amarvi gli uni
gli altri; perché chi
ama il prossimo
ha adempiuto
la legge. Infatti il
“non commettere
adulterio”, “non
uccidere”, “non
rubare”, “non
concupire” e
qualsiasi altro
comandamento
SI riassumono
in questa parola:
“Ama il tuo
prossimo come
testesso”. L’amore
non fa nessun
male al prossimo;
l’amore quindi
è l’adempimento
della legge. E
questo dobbiamo
fare, consci del
momento cruciale:
è ora ormai che
vi svegliate dal
sonno; perché
adesso la salvezza
ci è più vicina
di quando
credemmo. La
notte è avanzata,
il giorno è vicino;
gettiamo dunque
via le opere
delle tenebre
e indossiamo le
armi della luce.
Comportiamoci
onestamente,
come in pieno
giorno, senza
gozzoviglie
e ubriachezze;
senza immoralità
e dissolutezza;
senza contese
e gelosie; ma
rivestitevi del
Signore Gesù
Cristo e non
abbiate cura
della carne
per soddisfarne
i desideri»
(Romani 13, 8-14)
«L’amore sia
senza ipocrisia.
Aborrite il male
e attenetevi
fermamente
al bene. Quanto
all’amore
fraterno, siate
pieni di affetto
gli uni per gli altri.
Quanto all’onore,
fate a gara
nel rendervelo
reciprocamente»
(Romani 12, 9-10)
NESSUN DEBITO SE NON L'AMORE
Non abbiamo nessun debito con nessuno e intanto abbiamo tutti un debito
inestinguibile: quello di amare. Questa è l'eccezione nella vita di un credente
RAFFAELE VOLPE
«N
ON dovete niente a nes
Paolo. Questo è ciò che egli dice
letteralmente. E come non possono venirci in mente le parole
di Lutero: «Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa, e
non è sottoposto a nessuno» L
Non dovete niente
a nessuno...
n:
ON dovete niente a nessuno. Tantomeno a voi stessi.
Un cristiano non aspetta nulla,
perché ha già raggiunto il suo fine. Non cerca nulla, perché ha
già trovato. Non domanda, perché sa già. Non combatte, perché ha già vinto. Tu, cristiano,
quando sei passato per la desperatio fiducialis, hai cioè disperato di te, delle tue forze, di ciò
che tu puoi fare da solo e ti sei
fiduciosamente abbandonato a
Cristo, hai confidato in lui vigorosamente. Quando stavi annegando, anzi no, eri già annegato,
già in coma e avevi perso coscienza e qualcuno ti ha tirato a
riva, ti ha salvato. Quando ti sei
accorto di essere un pessimo
nuotatore nel mare della vita e ti
sei sottomesso al tuo salvatore.
Quando tutto ciò è successo sei
stato innalzato così alto sopra
tutte le cose, sei divenuto spiritualmente signore di ogni cosa,
padrone di ogni cosa, libero da
tutte le cose e al di sopra di tutte
le cose. Sei diventato re, sacerdote, padrone di ogni cosa.
Non dovete niente a nessuno.
Sì, Paolo ha ragione. Non dobbiamo niente a nessuno, anche
perché non abbiamo niente da
dare. Con Cristo abbiamo perso
ogni cosa. Abbiamo deciso di lasciare ogni cosa. Affinché rimanesse soltanto l’amore, l’amore
per Dio. «Io ti amo, mio Dio scrive Teresa d’Avila - al di là dei
tuoi doni e delle tue speranze;
quand’anche non vi fossero né
cielo, né inferno, io lo so, mio
Dio, che t’amerei ancora. Amarti
è mia felicità tanto quanto mio
dovere. Non mi accordare nulla,
dunque, anche se t’imploro:
l’amore che ho per te non ha bisogno di speranza».
Non dovete niente a nessuno.
No, non dobbiamo niente a nessuno, né a noi stessi, né agli altri, né a Dio. Non abbiamo nessun debito, perché Dio ha stracciato la cambiale. Questo è il significato delle due parole che
hanno fatto la storia delle nostre
chiese protestanti: sola grafia. E
Dio sa quanto oggi dobbiamo
difendere queste due paroline
che corrono sempre il pericolo
di essere barattate in cambio di
qualcos’altro...
se non l'amore
Non dobbiamo niente, se
1
Preghiamo
Se elevo a te, mio Dio, il mio grido d’amore,
non è affatto per il cielo che ci hai promesso;
e non è neppure l’inferno, con i suoi terrori,
che mi fa allontanare dal tradirti.
Ma io ti amo, mio Dio, vedendoti così,
inchiodato su questa croce imporporata
dal tuo sangue.
Sono le tue piaghe che amo, ed è la tua morte,
quel che amo è il tuo amore.
Al di là dei tuoi doni e delle tue speranze
quand’anche non vi fossero né cielo, né inferno,
io lo so, mio Dio, che t’amerei ancora.
Amarti è mia felicità tanto quanto mio dovere.
Non mi accordare nulla, dunque, anche se t’imploro;
l’amore che ho per te non ha bisogno di speranza.
Teresa D’Avila
non TamoreL Non abbiamo
nessun debito, con nessuno, e
intanto abbiamo tutti un debito
immortale, eterno, inestinguibile; quello di amare. C’è questa
eccezione nella vita di un credente; amare. Un’eccezione decisiva, che rende la vita stessa
eccezionale. Ritornano ancora
le parole di Lutero che aveva
detto che un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa per
poi aggiungere; «Un cristiano è
un servo volenteroso in ogni cosa e sottoposto ad ognuno». Il
credente toccato dalla libertà di
Dio è colui che ama. L’amore è
Venérgheia pìsteoos, l’energia
della fede, la fede operante,
come dice Paolo nella lettera
ai Calati (5, 6). L’amore è l’effusione dello Spirito di Dio che
amandoci ci fa amare.
Il credente ama attraverso le
opere, egli le fa per libero amore,
senza compenso, per piacere a
Dio, non cercando né considerando in ciò se non che cosa piace a Dio, la cui volontà egli desidera compiere nel miglior modo
possibile, in tutte le opere la sua
intenzione dev’essere libera, diretta soltanto a servire e ad essere utile ad altri e non proporsi se
non quello che è necessario agli
altri. Il credente ama, e amando
trasforma tutti i comandamenti
negativi di Dio (non commettere
adulterio, non uccidere, non rubare, non concupire) in un solo
comandamento positivo; ama. Il
credente amando si libera dal:
«Tu non devi», e scopre il «Tu
devi» dell’amore. Il credente che
ama vince la paura, non è più
paralizzato dal timore di sbagliare. Si sente spinto da Dio all’azione e sa che se cade Dio lo
fa rialzare, se pecca Io fa diventare di nuovo giusto, se muore lo
fa tornare in vitaL
L’amore, però, ha sempre bisogno di un complemento oggetto. Non posso dire: amo, se subito dopo non dico anche: ti amo.
Quel «ti» è importante tanto
quanto l’atto d’amore stesso,
perché l’amore è sempre amore
di qualcuno. Ma non solo. L’amore ha anche bisogno di essere
concreto, puntuale. Non posso
dire: ti amo, e non fare qualcosa
per te nello stesso momento in
cui te lo dico. Non esiste un
amore generale, né un amore
senza complemento. L’amore è
sempre amore per qualcuno in
un tempo particolare.
sofferenza che genera Timperativo categorico. L’altro è il volto
che mi parla, che comanda. Che
mi implora d’accollarmi la responsabilità della sua responsabilità. L’altro e latore della nuova identità in Cristo, traccia
dell’invisibile, presenza in incognito di Dio.
Farsi prossimo
Gesù, dopo aver raccontato
.....
L'adempimento della legge
PAOLO ci dice tutto ciò in
modo molto chiaro; l’amore
dell’altro è l’adempimento della
legge. Il credente deve amare
l’altro. Qui Paolo evita di usare il
termine «prossimo», perché può
indurci ad amare la persona che
è più facile da amare. No, Paolo
preferisce il termine «altro».
Chi è l’altro? L’altro è chiunque attraversa la nostra via.
Chiunque ha uno sguardo che
può incontrare il nostro sguardo. Chiunque può svegliarci dal
sonno del nostro egoismo.
Chiunque può stare di fronte a
noi e ci chiede, ci implora, ci grida di diventare suoi prossimi.
L’altro è il volto nudo e indifeso
di un uomo o una donna concreto, è l’increspatura di una
la parabola del buon samaritano, si rivolge al suo interlocutore e gli chiede: «Chi si è fatto prossimo del malcapitato?».
State molto attenti! Gesù non
dice: Chi è il prossimo, ma chi si
è fatto prossimo. «Farsi» ed «essere» sono due verbi compietamente differenti. Essi delineano
due orizzonti separati: «essere»
fa della prossimità una condizione naturale, un dato di partenza: c’è chi è prossimo e chi
non lo è; meglio, ci sono i miei
prossimi e ci sono i tuoi, perché
la prossimità è la coappartenenza dei simili a uno stesso gruppo, più o meno ampio: famiglia,
clan, razza, nazione, religione...
Allora anche l’amore al prossimo si muove dentro una logica
di identità di somiglianza-appartenenza: ama quelli che sono come te, che sono tuoi, che
non sono «altri».
«Farsi prossimo», invece, vuol
dire che la prossimità non è una
condizione, ma una scelta, una
vocazione, un atto di responsa^
bilità. L’altro diventa lo zingaro
che davanti alla tua porta cerca
di forzarla per entrare e rubare.
L’altro diventa il curdo che cerca un posto nelle nostre città.
L’altro diventa il malato. L’altro
diventa colui che ha il suo proprio sapore, usando un’immagine di Saint-Exupéry, e quindi il
suo odore, il suo colore, il suo
modo di vivere, le sue idee.
Il credente che ama l’altro fino in fondo è in grado di sentire
nella voce dell’altro la voce di
Dio. È in grado di vedere attraverso la notte avanzata il giorno
di Dio che si avvicina. È in grado
di svestirsi sempre per rivestirsi
sempre di Cristo. È in grado di
trascurare i propri interessi, è in
grado di amare, di stare vicino a
Dio nell’attesa del suo Regno.
Note
e bibliografi}
(Ultima di due meditazioni)
1) Col capitolo 12 hi
inizio la quarta parti
della lettera ai Romani
Essa comprende 12, 1-ls
13 e,, stando molto sull
generali, ha il caratteri
di una parenesi. Il tratti
caratteristico di tale pa
renesi è che essa si basi
sulla proclamazione (ca
pitoli da 1 a 11). Tale al
temenza di proclamazio
ne e parenesi è caratteri
stica delle lettere paoli
ne. La si trova già nel sui
primo scritto: I Tessaloni
cesi, con questa suddivi
sione: capp. 1-3 e 4-5 (
commentari usati pei
queste osservazioni e li
prossime sono: HeinricI
Schlier, La lettera ai fio
mani, Paideia, 1989, Bre
scia; Ernst Kàsemann
Commentary on Romana
Eerdmans, 1980, Grani
Rapids Mich).
La parte parenetica i
Romani può essere arti
colata in due sezioni:
capp. 12 e 13 apparten
gono a un'esortazioni
generale, senza prefig
gersi chiaramente comi
meta la situazione roma
na, mentre i capp. 14^1!
trasmettono raccoman
dazioni concrete. Quinti
il cap. 13 va strettamenti
congiunto al cap. 12, ei
tema più importante ti
questa sezione è l'amore
2) Utilizzo molte cita
zioni o semplici parafras
dal libretto di Martin La
tero: Libertà del cristi)
no, Claudiana, 1976, To
rino. In quel libretto, Lu
tero scrive tra l'altro,!
proposito dell'amore
«Da tutto ciò segue li
conclusione che un cri
stiano vive non in se ste
so, ma in Cristo e nel su
prossimo: in Cristo perii
fede; nel prossimo pe
l'amore. Per la fede si
al di sopra di sé in D
da Dio torna a scenft
re al di sotto di sé p(
l'amore; e rimane pii
sempre in Dio e nel divi
no amore; come Cristi
dice (Giov. 1): "Vedrete
cieli aperti e gli angd
salire e scendere sul Fi
glioi dell'uomo". Ecci
questa è la vera liberi
spirituale, cristiana, chi
fa libero il cuore da tutt
i peccati, le leggi e i co
mandamenti; che superi
ogni altra libertà, cornei
cielo la terra. Iddioi
conceda di intendere bt
ne e di mantenere que
sta libertà. Amen!».
3) Nei vv. 8-10 Paoloi
rifà a 12, 9, dimostrane
così ancora una volta eh
l'amore è il tema fondi
mentale della parenesi
Non vi sono dubbi chi
Paolo stia in questa occi
sione seguendo una tra
dizione catechetica giu
deo cristiana, ad esei»
pio: il termine «riassume
re» al v. 9 presuppone li
domanda rabbinica sd
común denominatore de
numerosi comandi delli
Torah. Paolo non intro
duce nuovi argomenti
ma fa semplicemente ré
ferimento a una tradizie
ne familiare.
Anche i vv. 11-14 pm
vengono dalla tradiziO'
ne. Sono evidentemente
un brano di prosa, pe^i
contengono anche par*
ritmiche, cosicché si pa;
trebbe supporre che ess
si basino su un inno ba*'
tesimale.
4) L'amore è la grande
possibilità positiva, quf
sto è il titolo al commeiT'
to di questi versetti n®
commentario di Kan
Barth, L'epistola ai
mani, Feltrinelli, I962i
Milano. Lo stare sotto’
messi è la grande possi'
bilità negativa del crO'
dente, l'amore invece
la grande possibilità pO'
sitiva. Un amore che np*
è il frutto di un atteggiò'
mento del pensiero o
della volontà, ma ef(0’
sione dello Spirito. L'uO’
mo che è toccato dalla H'
bertà di Dio è l'uomO
che ama.
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venerdì 23 GENNAIO 1998
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PAG. 3 RIFORMA
Il movimento ecumenico è intrappolato nell'ingorgo e non si muove più
Riforma oggi significa ecumene
L ecumene nasce quando i cristiani di diverse confessioni di tutto il mondo
sentono I invito di Cristo e si avvicinano insieme al tavolo dove Cristo li aspetta
JÜRGEN MOLTMANN*
Lf ESPRESSIONE «ingorgo
I della Riforma» raggiunge
una triste celebrità. Diventerà l’antiparola di quest’anno. Qualunque settore noi
osserviamo (quello delle tasse, delle pensioni, dell’assistenza sanitaria, dei rapporti
politici internazionali) nulla
si muove. Ogni cosa ostacola
l’altra. Così sta accadendo
nelle chiese. Il movimento
ecumenico è intrappolato
nell’ingorgo e non si muove
più; ognuno preferisce rimanere dove sta. Nessuno corre
il rischio di creare una nuova
associazione, comunità o
gruppo. L’ingorgo ai vertici
paralizza la buona volontà
che invece anima la base.
Quattrocento anni fa Riforma significava annunciare il
Vangelo liberante di Cristo e
credere, subordinare ogni
tradizione ecclesiale e ogni
dogma teologico al Vangelo.
Oggi Riforma significa ecumene. Ma cosa vuol dire ecumene? Letteralmente si intende la comunità di tutti i
cristiani del globo terrestre.
Ma per alcuni vescovi la parola ecumene rappresenta
soltanto il cordiale avvicinamento delle diverse confessioni religiose, e i fraterni abbracci che avvengono in occasione di visite ufficiali. Nella verità di Cristo però ecumene significa la comunità
riunita al tavolo del Signore
(Abendmahlsgemeinschaft),
la comunità dell’eucarestia
che spezza il pane e beve il
calice del vino.
Le confessioni sono nate
quando i cristiani si condannavano a ■vicenda come eretici escludendosi dal tavolo
dell’eucarestia. L’ecurhene
Cristiani di tutta Europa riuniti a Graz nel giugno dello scorso anno
nasce quando i cristiani di diverse confessioni sentono
l’invito di Cristo e si avvicinano insieme al tavolo dove
Cristo li aspetta. Questo è il
fondamento da cui dipende
ogni cosa. Questa è l’unica
necessità nella cristianità;
tutto il resto è casuale e ha
bisogno di chiarimenti. Perché non è una chiesa, né il
pastore, né il prete, né il papa, ma Cristo stesso che invita tutti i «travagliati e aggravati», alla cena e dunque alla
sua comunità. La sua voce è
la voce, tutte le altre sono parole umane.
Più ci avviciniamo a Cristo,
più ci avviciniamo l’uno all’altro: questa è la testimonianza riformata di oggi.
Questo è il senso più profondo della parola ecumene. Noi
superiamo le nostre diversità
quando seguiamo Cristo, che
ci guida e invita nella sua comunità del pane e del vino.
Nella comunità di Cristo possiamo superare le barriere
che ci separano. Volendo approfondire questo concetto,
possiamo dire: «Più ci avviciniamo al Cristo crocifisso per
noi, più ci avviciniamo l’uno
all’altro». Le braccia tese di
Cristo che ci invitano alla sua
tavola non sono le stesse mani trafitte di Cristo sulla croce? Questo è il mio corpo,
questo è il mio sangue. Ogni
qual volta sentiamo l’invito
all’eucarestia, espresso con
le parole «Venite perché tutto
è pronto», sappiamo che a
questo tavolo non si fa un
censimento dei cattolici e dei
protestanti, degli ortodossi e
dei metodisti o di altri, ma
vengono arricchiti i poveri,
consolati quelli che sono in
lutto, riconciliati i nemici e
uniti coloro che sono separati. Ai piedi della croce di Cristo ci siamo noi con le nostre
mani vuote. Sotto la sua croce ci riconosciamo come sorelle e fratelli di Cristo, e come figli della stessa libertà
nello Spirito di Dio.
Come possiamo mantenere le nostre separazioni dinanzi alla morte e alla resurrezione di Cristo? Chi può restringere l’invito di Cristo a
tutti i travagliati e aggravati e
imporre delle frontiere dogmatiche o moralistiche? Nella Santa Cena non celebriamo la dottrina luterana della
giustificazione con quelli che
l’accettano.
Non è la dottrina luterana
della giustificazione l’articolo
di fede con il quale si regge o
meno la chiesa, ma la professione di fede in Gesù Cristo è
il suo fondamento. Nella
messa non celebriamo il dogma cattolico del sacrificio di
Cristo sull’altare eucaristico,
ma Gesù Cristo stesso che è il
«proto-sacramento» di Dio
per la chiesa e tutti i suoi sacramenti. In realtà disprezziamo l’invito di Cristo, se
cerchiamo prima di tutto di
raggiungere unità sui nostri
diversi insegnamenti ecclesiali. In Cristo è avvenuto un
capovolgimento: prima c’è la
prassi e poi la teoria. Prima di
tutto la comunione in Cristo
e solo quando abbiamo mangiato e bevuto insieme possiamo stare alla sua tavola e
parlare dei dogmi che ci separano. Dopo la condivisione
del pane e del vino Cristo
sarà in mezzo a noi e alla sua
presenza noi potremo parlare delle divisioni.
L’ingorgo della Riforma
nell’ecumene? Cristo ci invita
e non sta più ad aspettare.
Andate dunque all’eucarestia
o alla Santa Cena dovunque
sentite la sua voce che dice:
«Voi siete il mio popolo».
(Tratto da Publik Forum.
Traduzione a cura della
pastora Ilka Sobottke)
Dopo l'annuncio dello scienziato americano di Chicago, Richard Seed
Le chiese cristiane dicono no alla clonazione di esseri umani
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Richard Seed, lo scienziato
americano di Chicago che il 6
gennaio scorso ha annunciato la sua intenzione di clonare esseri umani, provocando
un’ondata di indignazione,
afferma di «essere cristiano e
metodista, e buon metodista». Ma le chiese metodiste
degli Usa e del Regno Unito,
e molte altre chiese, condannano il suo progetto. Una
chiesa del Regno Unito ha già
chiesto ufficialmente al governo Usa di promulgare una
legge che impedisca a Seed di
andare avanti.
Nel suo annuncio alla radio
Seed ha precisato che intende aprire nello stato dell’Illinois una clinica di riproduzione dove si potrebbero
creare 500 bambini l’anno.
Ha detto inoltre di avere
chiesto a quattro coppie di
Chicago di associarsi al suo
progetto. Le prime coppie
dovrebbero pagare ognuna
un milione di dollari, poi il
costo dovrebbe diminuire.
Durante un’intervista televisiva dell’8 gennaio, Seed ha
dichiarato che l’uomo, prolungando la propria esistenza
per mezzo della clonazione,
“Sarà una sola cosa con Dio»;
ua poi precisato che lui e la
JUoglie intendevano tentare
1 esperimento.
La Chiesa metodista unita
degli Usa ha subito reso nota
Una dichiarazione nella quale
¡'^agisce vivamente contro ta•e progetto. Thom White Wolf
rasset, segretario generale
del dipartimento «Chiesa e
^Ucietà» a Washington, ha
niesto al Congresso di proi
bire la clonazione umana.
Fassett ha precisato che un
gruppo di lavoro sulla genetica della Chiesa metodista
unita, composta da teologi,
biologi e altri esperti, aveva
chiesto che venisse vietata la
clonazione umana.
A Londra, la Chiesa metodista del Regno Unito ha
chiesto una legge che vieti la
clonazione umana. David
Deeks, coordinatore del Dipartimento «Chiesa e società», ha ricordato che «la
Chiesa metodista ritiene che
la clonazione di esseri umani
dovrebbe essere vietata per
legge. Non basta riferirsi a codici di buona intenzione. La
legge deve vietare espressamente la clonazione umana,
e tale legge deve essere applicata in tutti gli stati». Per il
portavoce della Chiesa d’Inghilterra, Steve Jenkins, «le
preoccupazioni sono teologiche e scientifiche. La Chiesa ritiene che gli interventi
scientifici di natura terapeutica siano accettabili, ad esempio il concepimento assistito.
Ma creare un bambino tramite clonazione sarebbe diverso, perché sopprimerebbe la
relazione di individui che fa
parte del concepimento. Significherebbe giocare il ruolo
di Dio. La clonazione praticata ad alto livello ridurrebbe
l’associazione di geni umani
e aumenterebbe il rischio di
malattie».
L’ufficio stampa della Chiesa cattolica a Londra ha ricordato che vi sono «due obiezioni fondamentali alla clonazione. La prima è la dignità
della procreazione umana.
Ogni essere umano dovrebbe
avere il diritto di nascere dall’unione sessuale naturale di
un uomo e di una donna. La
seconda riguarda la dignità
che deve essere riconosciuta
ad ogni persona senza discriminazione. Se un programma
di clonazione punta alla produzione di esseri umani creati
a partire da manipolazioni genetiche e subordina questi esseri all’utilizzo, agli obiettivi o
al soddisfacimento degli altri,
il procedimento è intrinsecamente falso».
Per Donald Bruce, della
Chiesa di Scozia (presbiteriana), la preoccupazione della
Chiesa riguarda «la violazione
della dignità e del carattere
unico di ogni individuo rappresentata dall’atto deliberato della clonazione. Esistono
inoltre seri dubbi riguardanti
i rischi incorsi. Realizzare simili esperimenti sugli esseri
umani sarebbe altamente irresponsabile. Nessuno conosce i problemi psicologici e
relazionali che potrebbe avere un bambino geneticamente identico a uno o all’altro
dei propri genitori o a uno dei
propri parenti». Peter Brain,
responsabile del Dipartimento «Chiesa e società» della
Chiesa riformata unita del
Regno Unito, ha precisato
che «l’8 gennaio abbiamo
scritto all’ambasciatore degli
Stati Uniti affinché venisse
impedito a Richard Seed di
andare avanti e di mettere a
punto il suo progetto, realizzabile o meno, di clonare un
embrione umano».
Per Martin Robra, membro
del personale del Consiglio
ecumenico delle chiese e
specialista di questioni di etica, «ci troviamo confrontati
con due questioni fondamentali... Chi ha il potere di
decidere dell’orientamento e
del ritmo della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico? Per quanto riguarda
l’essere umano, che cosa vogliamo che esso sia o che diventi? La traiettoria attuale
dello sviluppo mostra una divisione radicale tra lo spirito
e la materia, l’anima e il corpo, gli uomini e le donne, il
che porta all’emarginazione,
all’indebolimento, all’esclusione di tanti esseri umani in
questo mondo. La clonazione
di esseri umani è solo l’ultimo salto mortale di un individualismo sfrenato nel paradigma culturale ed economico attualmente prevalente».
Per quanto riguarda la posizione ortodossa, va ricordata la dichiarazione dell’arcivescovo Sypridon, capo dell’arcidiocesi greco-ortodossa
d’America, dopo la clonazione della pecora Dolly lo scorso anno: «La situazione riguardante la clonazione di
esseri umani solleva una serie di questioni morali. Temiamo che la clonazione di
esseri umani sia l’ultima tappa della spersonalizzazione
degli esseri umani. L’equivalente della “produzione” di
esseri umani rischia di fare
della riproduzione non un
frutto dell’amore e della famiglia, bensì un prodotto di
laboratorio». (eni)
Dal Mondo Cristiano
Profughi curdi: le associazioni chiedono
al governo un provvedimento umanitario
ROMA— Numerose associazioni attive nel campo dell’assistenza agli immigrati e dei diritti dei rifugiati hanno scritto
il 5 gennaio scorso al presidente del Consiglio, Romano Prodi, chiedendo l’adozione di un provvedimento umanitario
nei confronti dei profughi curdi che in queste settimane cercano rifugio nel nostro paese. La lettera è sottoscritta da Amnesty International, Magistratura Democratica, Asgi, Consorzio italiano di solidarietà. Rete Antirazzista, Caritas di Roma, Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche, Adi, Arci, Associazione per la pace e Pax Christi. Pur «riconoscendo al governo la capacità di affrontare
con l’auspicata sensibilità l’attuale situazione di arrivo dei
profughi curdi, nonché gli sforzi compiuti nel resistere alle
critiche provenienti da alcuni partner europei», le associazioni firmatarie rilevano l’urgenza di valutare attentamente,
caso per caso, l’opportunità di concedere ai profughi lo status di rifugiati, anche con l’aiuto di rappresentanti qualificati
degli organismi di volontariato, e sottolineano che «non potrà in nessun caso venire adottato un provvedimento di
espulsione diretta verso i territori di provenienza». Per questo si rende necessario «un provvedimento straordinario di
protezione umanitaria rivolto a tutti i cittadini provenienti
dalla Turchia e dall’Iraq di etnia curda che fuggono dal loro
paese per sottrarsi alla situazione di guerra e di violenza generalizzata in atto in quei paesi». Analoghi provvedimenti, si
ricorda nella lettera, sono infatti stati presi nel caso di profughi dalla Somalia e dall’ex Jugoslavia. (nev)
Si celebrano due anniversari
nelle chiese valdesi dei Rio de ia Piata
TARARIRAS — Il 26 ottobre 1997 la Chiesa evangelica valdese di Tarariras ha voluto ricordare con un culto speciale i
70 anni del suo tempio. La scuola domenicale ha allietato la
cerimonia con canti che raccontano le peregrinazioni del popolo di Israele, con una chiara allusione alla storia dei valdesi, giunti dalle Valli in questa nuova terra per mettervi radici.
COLONIA VALDENSE — Il 16 novembre 1997 sono cominciati i festeggiamenti per il centenario del tempio della comunità di Colonia Vaidense, inaugurato il 15 novembre del
1898. Sono previste nel corso dell’anno diverse manifestazioni, tra cui la prossima assemblea sinodale rioplatense.
Domenica 16 novembre oltre 120 persone erano presenti a
un culto particolare, durante il quale è stato anche inaugurato un parco per i bambini. (Pagina Vaidense)
Benvenuto al papa dai protestanti cubani
LAVANA — Anche le chiese protestanti di Cuba aspettano
con simpatia la visita di Giovanni Paolo IL «Per me, la venuta
del papa a Cuba sarà l’occasione di migliorare i rapporti tra le
nostre chiese e di unire tutte le nostre forze», ha dichiarato
all’agenzia Eni Norca Iglesias Zuñiga, decana del seminario
evangelico di teologia di Matanzas, situato a 100 km ad est di
L’Avana. Questo seminario, ha detto, è l’istituto di formazione
teologica più importante di Cuba. È gestito dalle chiese metodiste, episcopali e presbiteriane, ma fra i suoi 55 studenti ci
sono anche battisti, pentecostali e luterani. «Noi speriamo
che la visita del papa a Cuba aiuterà a risolvere i problemi del
paese, in particolare a favorire il dialogo tra lo stato e le chiese, non solo con la Chiesa cattolica, ma con tutte le chiese»,
ha detto il pastore Héctor Mendez, responsabile della prima
Chiesa presbiteriana di L’Avana, fondata nel 1906. Pablo
Odén Marichal Rodríguez, presidente del Consiglio delle chiese cristiane di Cuba, che riunisce una cinquantina di chiese
protestanti, ha rivolto al papa «un cordiale benvenuto». «La
visita del papa è ovviamente religiosa e pastorale, ma ha anche implicazioni politiche perché viene in un paese che rappresenta un bastione mondiale di un progetto socialista, progetto sviluppato alle porte degli Usa che, 37 anni fa, hanno
imposto al nostro paese un terribile embargo» ha dichiarato il
pastore Raul Suarez Ramos, direttore del Centro Martin
Luther King, rieletto deputato all’Assemblea nazionale l’il
gennaio scorso. Oggi a Cuba ci sono 250.000 protestanti, appartenenti a una settantina di chiese. (eni)
• Il Sinodo cattolico delle Americhe
ROMA — L’atmosfera del recente Sinodo cattolico delle
Americhe è stata «molto positiva», ed è stato fatto «uno sforzo autentico per coinvolgere nel lavori anche i rappresentanti delle altre chiese». Lo ha dichiarato all’agenzia Nev il pastore Trevor Edwards, segretario generale dell’Unione battista della Giamaica e, al Sinodo, delegato fraterno della Conferenza delle chiese dei Caraibi. Anche se «non ci è stato facile capire perché un Sinodo sulle Americhe si dovesse svolgere a Roma», esso ha avuto, per Edwards, «il merito di mettere
in luce la complessità della situazione, e il fatto che i problemi del Sud America, del Centro e dei Caraibi vanno affrontati
insieme alle chiese del Nord». «Fra le proposte che abbiamo
avanzato - ha detto ancora Edwards - vi è quella di una maggiore cautela ecumenica nell’uso della parola “setta”, termine con cui spesso vengono squalificate realtà evangeliche
che non hanno nulla di settario». (nev)
ì' La Cei chiude il «Servizio
informazione America Latina»
ROMA — Sembra ormai certa la chiusura del Sial (Servizio
informazione America Latina) da parte dell’editore, la Conferenza episcopale italiana (Cei). Una brutta notizia per tutti coloro che seguono la realtà ecclesiale del continente latinoamericano e che, dalla sua fondazione net 1978, ne hanno sempre
apprezzato l’informazione puntuale ed ecumenicamente corretta. In una lettera di solidarietà alla redazione, il pastore Luca Negro, segretario esecutivo della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia e direttore del Nev, auspica che «la libera
iniziativa dei redattori trovi i modi per non disperdere il patrimonio di esperienza accumulato in questi anni». (nev)
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 23 GENNAIO 199; ®
La nuova «Sala del Budda», stupefacente ai nostri occhi
Tokyo, tre luoghi della fede
La più grande e monumentale è la sede della comunità buddista, espressione
architettonica della potenza sociale della confessione religiosa asiatica
SEMBRA un minaccioso
mostro sottomarino l’impressionante tempio Reyukai
Shakaben (meglio conosciuto
come Sala del Budda) che la
potente comunità buddista
giapponese è riuscita a costruire in una delle zone più
ricche di Tokyo, tra le ambasciate straniere, la replica locale della Torre Eiffel e le numerose residenze private.
La costruzione appare all’improvviso, tra le case di intonaco bianco del quartiere
strettamente accostate, incombente e gigantesco come
un oscuro mantello solido
sollevato in aria, o un’immensa manta di acciaio plasticato, sospesa entro il fitto
tessuto abitativo di Roppongi, ancora definito dai bassi
edifici squadrati degli anni
postbellici. Il suo nero colore
brillante, la forma immensa
del volume esterno (che si
prolunga sui fianchi simile a
un interminabile bastimento
ormeggiato, insieme alla monumentale scalinata d’ingresso, e alla estesa spazialità
interna, ne fanno un interessante elemento edilizio per
un’accoglienza sovrumana e
una propaganda massificante, un mistico tempio per il
raccoglimento spirituale e la
protezione psicologica.
È comunque un’opera di
qualità architettonicamente
elevata, eseguita dallo Studio
Takemaka tra il 1972 e il
1975, e è piuttosto importante perché rappresenta un eccellente e accurato esempio
del regionalismo neotradizionale della vernacolarità giapponese che ha, nella fisionomia tipica dei grandi tetti coprenti (il modello di riferimento è infatti il grande e famoso Tempio Todaiji di Na
La sala del Budda
(foto C. Gavinelli)
ra, che ha un esemplare analogo nel Meiji di Tokyo e una
tipologia similare nella Sala
Budokan nella capitale stessa) l’archetipo di maggiore
caratterizzazione. Tuttavia la
sua fisionomia formale è stata definita, con sapiente capacità espressivo-emotiya,
per colpire sensazionalmente
il pubblico e per stupire gli
estranei, e perfino per intimorire.
Già vedendone la poderosa
scalinata d’entrata su cui sorge l’incombente tetto enorme
del tempio, si riceve l’impressione di trovarsi davanti alle
fauci spalancate di un mostro
oceanico sconosciuto, entro
le quali si deve coraggiosamente penetrare con fiducia
per accedere all’interno nascosto dell’edificio. Ma lo
stesso gigantismo dei portali
d’ingresso, finemente martellati in bronzo con leggere figurazioni astratte e fluenti,
trasmette un’impressionante
sensazione di ammonimento.
come a avvertire che si sta abbandonando il mondo quotidiano per inoltrarsi in un’altra realtà da scoprire, e da
constatare, se non proprio da
accettare e subire.
Passati gli enormi e pesanti
battenti, si entra in uno scuro
ambiente d’atrio, che prepara psicologicamente all’entrata nella enorme sala del
tempio dentro una atmosfera
buia, tra pareti di marmo
opaco traslucido, che riflettono le poche luci debolmente
attivate e fiocamente distribuite. Da questa sorta di antro ambientante l’accesso alla sala centrale (che si presenta squadrata e alta, ma
chiusa come uno scatolone
cupo, e con le pareti anch’esse omogeneamente nere, per
quanto sagomate e non soltanto lisce) diventa una sorta
di iniziazione visiva e intellettualistica, resa quasi incorporea dalle esagerate dimensioni dell’aula e dal fatto
pragmatico di perdere la mi
sura concreta della propria (e
delle persone presenti, che
appaiono piccole e lontane)
fisicità oggettiva.
Per di più il mormorio sordo e cantilenante delle litanie
degli oranti, con quel suo
ronzio metallico tipico delle
preghiere orientali, accentua
il senso di dispersione e spaesamento che questo particolare ambiente finisce per
suscitare. Nel silenzio meditativo dello spazio vuoto, disturbato soltanto dal brusio
sommesso delle recitazioni
ininterrotte e ripetitive, il
percorso verso l’altare, sul
fondo del tempio, è inquietantemente accompagnato
dal pulsare ottico delle luci
laterali, che, nascoste sotto le
fasce di sagomatura delle pareti interne, appaiono soltanto osservandole frontalmente, sembrando tanti occhi giganteschi, tondamente
arrossati come quelli dei draghi leggendari disegnati nei
rotoli pittorici della tradizione asiatica, che seguono il visitatore a ogni passo del suo
cammino, emettendo un cupo e ansioso suono leggero
come un respiro lontano. È
pertanto solamente l’uscita
all’aperto che libera completamente da questa specie di
incubo fagocitante, e riesce a
annullare quella strana esperienza metafisica, di cui resta
però, anche alla luce oggettiva della realtà esterna, una
specie di permanenza mentale di spersonalizzazione
(come se si vagasse in una
dimensione super-umana),
che si cancella con lentezza
nel tempo, dopo la concreta
discesa dello scalone ipnotico e l’immersione concreta
nel vivo contesto urbano della metropoli.
Forma orientale per la Chiesa episcopale della capitale giapponese
L'integrazione degli opposti e l'antica tradizione anglicana
«“Chiesa di Sant’Albano Nippon Seikokai - Anglicano-episcopale”. Il servizio
cristiano in lingua inglese,
nella tradizione anglicana, è
stato celebrato in questo luogo, occupato dalla vecchia
chiesa di Sant’Albano, in forma pressoché continuativa
dal 1879. L’attuale congregazione anglicano-episcopale si
è costituita il 7 dicembre
1954 e la costruzione del
nuovo tempio venne consacrata dall’allora vescovo di
Tokyo, l’Alto Reverendo Timothy Makita, il 17 marzo
1956. Chiamata con il nome
del primo martire inglese, la
Chiesa di Sant’Albano è integrata nella Comunità anglicana internazionale, un corpo autonomo di chiese che in
tutto il mondo dipende dalla
Chiesa d’Inghilterra. Secondo le memorie storiche, il cristianesimo fu portato in Britannia dai militari romani, e
la fondazione della chiesa locale avvenne circa nel 313
dopo Cristo. Attualmente la
Chiesa inglese è presieduta
dall’arcivescovo di Canterbury. Sant’Albano è la sola
congregazione tra le 33 diocesi anglicane di Tokyo a
svolgere le sue funzioni in
lingua inglese, e i suoi membri provengono tanto dal
Giappone quanto da tutto il
mondo. Il rettore, reverendo
William H. Hargett».
Questa dichiarazione storico-informativa si trova sul
Pagina a cura di
Mirella Loik
cartello che affianca l’entrata
della chiesa evangelica presbiteriana di Tokyo, dove si
raccoglie e ritrova uno dei più
esclusivi raggruppamenti della società straniera in Giappone: composta però non
soltanto da anglicani, è infatti
frequentata anche da altri
protestanti e di differenti
confessioni locali, perché in
questo tempio viene ospitata
una delle più antiche comunità religiose internazionali, e
vi si consuma di conseguenza
uno dei riti più antichi conservatisi nella tradizione anglo-scozzese. Là si radunano,
periodicamente, i discendenti dei Cavalieri di Malta, e in
particolare gli affiliati all’Ordine templare del Santo Sepolcro, per celebrare l’annuale accettazione dei nuovi
membri, anche orientali, tanto uomini quanto donne.
Dopo una serie di letture
sacre e di discorsi formali, il
Maresciallo dell’Ordine (ancora impeccabilmente vestito con la divisa militare dei
coloniali inglesi e con tanto
di stiletto nel fodero) accompagna singolarmente gli
adepti verso l’altare, consegnandoli (dopo avere pronunciato le consuete frasi di
presentazione) al grande cerimoniere (che a sua volta indossa l’autentico kilt scozzese e impugna il bastone cerimoniale del comando), dal
quale ogni candidato della
setta riceve l’investitura, dopo essersi coperto il corpo
con il caratteristico mantello
bianco, contrassegnato dalle
sole rosse croci dei Cavalieri
gerosolimitani, e essere stato
toccato leggermente sulle
spalle dalla sottile lama piatta della spada rituale.
Anche la chiesa stessa dove
si svolge la cerimonia (che si
trova di fronte, e forse non
del tutto a caso, alla sede
principale della Massoneria
giapponese) costituisce un
edificio singolare e di piena
originalità, perché è stato
realizzato con un’architettura particolare, che interseca
in modo mediatore, con una
sintesi formale nonché tecnico-costruttiva e spaziale,
la tradizione orientale dei
luoghi sacri nipponici dello
shintoismo e la tipologia a
aula aperta dei templi riformati d’Occidente.
Come per le chiese protestanti, il locale è costituito da
un ampio salone basso, dal
tetto a capanna con gli spioventi lentamente inclinati e
con lo spazio interno distribuito su tre navate (la centrale decisamente più grande,
quasi a lasciare la sensazione
di un anione unico senza sostegni intermedi) e comprendente una balconata sospesa,
per il coro, posta sopra l’ingresso. Una singolare particolarità esteriore di questo
tempio è però la sua fisionomia a caseggiato, perfino preceduta da un lungo portico
basso, riferibile di più alle tipologie statunitensi (a causa
proprio della nazionalità del
j suo progettista) che a quelle
originarie inglesi o europee.
Anche il materiale usato
quindi, invece del solito mattone 0 della più diffusa pietra, e soprattutto poi nel paese del Sol Levante, è ovvia
mente il legno: esso provvede
infatti alla definizione statica
e decorativa di ogni elemento
architettonico, e in particolare all’articolazione strutturale
delle parti portanti (colonne,
capriate, mensole) impeccabilmente trattate secondo la
tradizione dei carpentieri locali ma con chiare inflessioni
stilistico-formali di semplificazione euroamericana. Lo
stesso sistema di illuminazione naturale è ricavato seguendo i metodi costruttivi
orientali aprendo, nelle pareti laterali, le finestrature in
orizzontale sotto gli appoggi
delle falde del tetto, come si
procede nell’uso nipponico
(lasciando perciò totalmente
chiuse le superfici perimetrali dell’involucro edilizio).
Eseguita tra il 1954 e il 1956
dall’architetto americano (di
origine cecoslovacca) Antonio
Raymond, che ha vissuto per
molti anni in Giappone e ha
saputo integrare le condizioni
progettuali continentali con
lo stile antico del Sol Levante,
soprattutto nell’uso accurato
della carpenteria lignea e
neH’immancabile presenza
dello spazio destinato a giardino, la chiesa di Sant’Albano
costituisce oggi un tipico
esempio di quella edilizia non
locale, di apertura al mondo
occidentale, che il Giappone
ha dovuto attuare dopo i contatti con i paesi stranieri non
asiatici (e soprattutto dopo la
guerra), a cui ha chiesto però
di non trascurare le esperienze e le aspettative delle usanze della popolazione nativa e
dei suoi criteri specifici di cultura e di vita.
Il tempio battista di Tokyo
La nuova Chiesa di Cristo
realizzata da Fumihiko Maki
Eumihiko Maki è attualmente uno del più importanti e famosi architetti giapponesi viventi: come i più anziani Kenzo Tange e Yoshinobu Ashihara, Maki ha saputo sviluppare un linguaggio formale di particolare
sensibilità e riconoscibilltà
orientale, integrandolo nella
individuabile evoluzione tecnologica e espressiva l’Occidente avanzato.
La sua architettura è in genere semplice, calibrata,
compatta e leggera, anche
nelle più estrose e elaborate
esecuzioni (come il flessuoso
Padiglione galleggiante del
Museo olandese di Groningen, 0 i poliedrici tetti del
Conservatorio internazionale
a Kirishima o della nuove palestre metropolitane a Tokyo)
e nei lavori di più complesso
impegno progettuale, che
possono risultare potenti e
immensi (quale si rivela l’ultimo insieme edilizio della
Fiera di Makuhari a Chiba,
comprendente il Centro per
congressi Nihom).
Nella periferia di Tokyo, a
Shibuya (la zona che oggi è
diventata uno dei quartieri
più vivaci e commerciali della capitale), ha realizzato (tra
il 1993 ed il 1995), non molto
lontano dai famosi stadi olimpici di Tange, la Chiesa di
Cristo, appartenente alla
confessione protestante dei
battisti americani. Cogliendo la caratteristica più tipica delle religioni riformate,
Maki dichiara nella sua relazione al progetto che i suoi
committenti gli «hanno fatto
poche richieste sulle immagini da mettere nel santuario o
sugli addobbi cerimoniali,
concentrandosi soltanto sul
fonte battesimale», e si sono
preoccupati sostanzialmente
dell’aspetto di contenimento
spaziale, che doveva insistere
su una «significativa possibilità di aumento della capacita
di posti a sedere» (e sulle mille sedute di massima, l’architetto ne ha ricavate 700, a
causa dei regolamenti costruttivi e dello spazio disponibile).
Maki però, per questo edificio che doveva rivelarsi anche altamente rappresentativo per i battisti sebbene senza eccessiva espressività esteriore, ha dovuto affrontare altri seri problemi progettuali e
tecnici di non secondaria entità risolutiva, perché il tempio doveva sorgere a ridosso
di un fitto quartiere residenziale (e dunque la condizione
di luminosità degli ambienti
diventava determinante), i
cui vincoli edilizi (soprattutto
per l’illuminazione naturale e
per le dimensioni d’ingombro volumetrico) erano fortemente riduttivi.
L’architetto è tuttavia riuscito a ovviare a questi ostacoli esecutivi, determinati in
pratica da due opposte richieste (quella municipale di
non proiettare «troppa ombra sulle case» accanto, e l’altra della congregazione religiosa che voleva «ottenere il
massimo spazio vuoto per
una larga affluenza» di perso
ne) ricorrendo a un tipico
modo orientale di attuazione
«equilibrando le richiesto
conflittuali» in una situazio
ne integrante, composta da
un enorme capannone ani'
piamente vetrato (disposto
verso la strada e con la coper °
Il IV
dii
tura alta ma orizzontale o
prese
l’uomi
Dio fa
carne,
si esti
guent
sconfi
grazia
conce;
conte
che fa
Giovai
gremb
di una
dina, i
con vi
guent
udir, i
un esi
gratit
leggermente bombata pei .
non superare i limiti di altezza) dietro cui, a ridosso dello
abitazioni esistenti, sono state sistemate le parti di servizio (uffici, foresteria e refetfo- *
rio, sale per riunioni e ritrovi
aule per l’infanzia e perii
dottrina scolastica). Con questo espediente è stato ricava
to, per il luogo di culto, uno scono
spazio unico, senza pilastra ^
ture interne, organizzato ii '
un, semplice quadrato vuoto
appena ingombrato dal palco
del coro, riprendendo così li
caratteristica spazialità dei
templi protestanti, liberai
completamente disponibili
alla raccolta dei fedeli. Malo
ha dunque procurato «un’ab
bondante luce naturale», chi
ha costituito il tema princi
pale del tempio, ma non co
me per la luminosità aperti
di un atrio dalle vetrate «tra
sparenti», bensì secondo!
concetto di «una illuminazio
ne filtrata, riflessa, diffusi
nello spazio attraverso pan
nelli traslucidi e opalini anzi
ché introdottavi senza me
diazione»; in modo da «crea
re un santuario per la rifles
sione e l’esaltazione delli
spirito».
Ma un’altra acuta intuizio
ne è uscita dalla mente rifiei
siva e disponibile di queS
oriéntale, che poco conos
forse delle concezioni stoi
che delle religioni stranie!
ma molto si appassiona al
risoluzioni «ideologiche», ol
treché formali, del compiti
progettuale che gli viene sol
toposto: è quella di conside
rare «gli spazi interni dell
chiesa come una larga casj
(ritornando così alle origii
domestiche dei templi rifoi
mari) con le parti aggiunti
«flessibili e strettamente con
nesse come in un’abitazh
ne» (riprendendo la tradizid
ne dei primi emigrati prott
stanti in America, che là co
struivano i loro casolari coni
plessi e multiuso, entro cii
erano compresi residenzai
luogo di culto in spazi sepo
rati ma coinvolti). Addirittura Maki (oltre al cemento, i
ferro, e al vetro, impiegai mente
per le componenti costrutti d¡ mie
ve) ricorre all’uso del legni
per la sistemazione degli ai
redi ecclesiali interni, considerandolo (com’è nella pii
tipica consuetudine edilizi*
dell’antico Giappone, templare e casalinga) il «materia
le espressivo primario» soprattutto per definire «lo spi
rito di una casa»: congiungendo così, magari involoit'
tariamente, i sistemi esecuU'
vi nipponici e l’originatii
metodologia costruttiva d®
vecchi coloni nord-america
ni, in una idealizzata identità
formale, o nella coincidenza
degli opposti.
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La Chiesa di Cristo in uno schizzo deil’architetto Maki
5
199s VENERDÌ 23 GENNAIO 1998
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--------' Cultura
p.: Il quarto appuntamento della serie dei «Concerti del quartetto»
La natività nelle cantate di Bach
La tensione dell^essere umano verso Dìo e il mistero del Incarnazione si
concretizzano nei dialogo appassionato tra solisti, coro e partitura orchestrale
PAG. 5 RIFORMA
PAOLO FABBRI
Il IVconcerto delle cantate
di Bach ha avuto per tema
la natività; un Cristo spartiacque della storia, che è venuto
a sconfiggere il male e riscattare l’umanità, unico e insostituibile intermediario fra
l’umanità e il Padre. La Cantata Bwv 121 («Bene dobbiamo lodare Cristo»), basata sul
Lied, tradotto da un inno precedente a opera di Lutero.
Apre il brano un mottetto,
supportato da tre tromboni e
da un cornetto che conferiscono solennità, e con l’oboe
d’amore che invece tiene un
tono vagamente sognante e
dona al tenore il tema
deH’aria successiva che rappresenta la meraviglia dell’uomo di fronte al mistero di
Dio fatto carne per salvare la
carne. Il senso di meraviglia
si estende al recitativo seguente, rivolgendosi alla
sconfinata estensione della
grazia, chiaro riferimento al
concetto della Riforma. Dalla
contemplazione alla gioia
che fa sussultare il piccolo
Giovanni Battista ancora nel
grembo della madre al ritmo
di una danza popolare contadina, interpretata dagli archi
con vivacità. Il recitativo seguente invoca: «Io voglio
udir, con i cori degli angeli,
un esultante inno di lode e
gratitudine». La cantata si
Tonu Kaijuste dirige l’orchestra
di Tallin
chiude con il coro angelico
che esalta la Trinità.
Nella seconda (Bwv 40,
«Per questo è venuto al mondo il Figlio di Dio»), un complesso brano orchestrale presenta due organici contrapposti che si lanciano e riprendono reciprocamente le frasi
di un dialogo brillante di mille coloriture, per introdurre il
tema della lotta del Signore
con il peccato. Il recitativo
del tenore esprime poi il contrarsi dell’infinita dimensione di Dio nel corpo umano
collocato nel mondo, mentre
il corale seguente, con la presenza significativa del corno,
consola il credente: «Dio è
con noi». L’aria del basso,
con un forte ritmo di danza,
evoca l’immagine sinistra del
serpente infernale, esorcizzato con toni marcati, da battaglia. Il maligno trova il suo
confidente nel Cristo e ciò
determina un’atmosfera più
calma e serena nel recitativo
seguente, che prepara la risposta dei credenti con il coro «Fuggi via, antico serpente
(...) ti ho voltato le spalle».
Nell’aria seguente torna il
contrasto con il maligno nel
dialogo concertante dei due
corni con gli oboi, ma la battaglia è già vinta e il tenore
apre la strada al corale conclusivo in cui l’assemblea dei
credenti si rifugia in Cristo
Salvatore.
La Cantata Bwv 91 «Sii lodato, Gesù Cristo» trae spunto da un Lied di Lutero, e si
apre con uno splendido corale in cui la varietà rigogliosa
dei temi e la ricchezza dei
suoni richiamano più Che il
grandioso il sublime, in cui si
stempera la fede limpida del
compositore. Il soprano traccia la melodia di lode, quasi
fosse una lode angelica, cedendola al recitativo successivo che la sviluppa commentando ogni verso, per finire in un dialogo con il basso continuo, il quale, con
l’aiuto degli oboi, introduce
all’aria del tenore, in cui
trionfa lo stupore di fronte al
miracolo di Dio fatto uomo.
Fortemente pregnante il reci
11 libro di una teologa cattolica statunitense
La vita cristiana e la dottrina della trinità
FULVIO FERRARIO
Nella vita del cristiano e
della cristiana «normali»,
la dottrina delle Trinità costituisce un po’ un corpo estraneo. Di solito, certo, non viene messa in discussione e
l’uso, anche massiccio, di formule trinitarie nel culto
(dall’invocazione alla benedizione finale) non costituisce
un problema. Non si può dire, tuttavia, che la dottrina rivesta un ruolo decisivo nella
fede «vissuta»: che cosa cambia, se Dio è, come si dice,
uno e trino? Rispondere a
questa domanda implica ovviamente un’idea sufficienteniente precisa del significato
di tale espressione, e anche
questo non può essere sempre dato per scontato. Un recente libro* della teologa cattolico-romana statunitense
Catherine Mowry La Cugna
intende mostrare la centralità
della dottrina trinitaria per la
fede cristiana e, illustrando
alcuni aspetti della storia del
dogma e le loro conseguenze,
nella teologia attuale.
La tesi centrale è che la
dottrina trinitaria non va intesa essenzialmente come
un’illustrazione della vita
«interna» di Dio, ma come
espressione concettuale della
concreta manifestazione di
Dio nella storia della salvezza: il Padre si rivela nel Figlio
mediante lo Spirito. Poiché la
rivelazione è trinitaria, e in
Nella collana della Società di studi valdesi è uscito il n. 16
Bruno Bellion, Mario Cignoni
Gian Paolo Romagnani, Daniele Tron
Dalle Valli alPItalia
1848-1998
pp. XXXII + 144, 57 ill.ni, L 23.000
I quattro saggi di questo libro chiariscono alcuni problemi fondamentali connessi al 17 febbraio 1848, la firma delle Lettere Patenti di Carlo Alberto con le quali i valdesi ottenevano i diritti civili.
I valdesi potevano finalmente inserirsi nella comunità nazionale
entrando nel mondo degli affari, studi
e carriere ma anche predicando ed
evangelizzando. Inoltre I valdesi si inserirono consapevolmente nella rivoluzione liberale, anche se era rischioso, scegliendo l’Italia che era
una casa non disposta ad accoglierli,
di cui dovettero forzare la porta chiusa. Infine la Torino del ’48 era il rifugio
di tutti i superstiti della rivoluzione del
'48 e questi esuli scopriranno nell’esilio piemontese l’esistenza di un cri^ stianesimo non romano che di conse' Suenza non pone conflitti di coscienza
con la militanza per uno stato laico.
m mmedBtrice
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.arpnet.it/~valdese/claudian.htm
dalle
aluitalia I
essa si manifesta la realtà di
Dio stesso, anch’egli è trinitario, e può essere compreso
cristianamente solo in termini trinitari. Non esiste, insomma, un Dio nascosto
«dietro» la rivelazione trinitaria: l’unico vero Dio opera
come Padre, come Figlio e
come Spirito e, come afferma
la dottrina classica, in ognuna delle tre persone c’è la
pienezza di Dio (e non, per
così dire, una parte).
Nella prima sezione del libro, Catherine Mowry La Cugna mostra come, nella teologia dei Padri della chiesa, si
sia rapidamente passati dalla
riflessione su Dio come si rivela storicamente a quella su
un Dio «in sé» a forte rischio
di astrazione; nella seconda
l’autrice sviluppa le implicazioni della propria tesi sul
piano propriamente dogmatico; le pagine conclusive delineano alcune possibili conseguenze spirituali e etiche
di una retta comprensione
del Dio trinitario. L’autrice
enfatizza l’originalità delle
proprie tesi che invece per
molti aspetti paiono abltastanza classiche. Ciò non costituisce necessariamente un
difetto, anzi il libro si presenta come esposizione vigorosa e nitida di alcune
strutture costitutive della
teologia trinitaria; un contributo importante alla discussione. Molte categorie tecniche vengono sostanzialmente presupposte, il che rende
difficile utilizzare il libro come manuale; in generale la
discussione, per quanto
chiara, si mantiene a un livello assai elevato, rivolgendosi a un pubblico sufficientemente desideroso di cimentarsi con gli strumenti
concettuali dei teologi sistematici.
(*) Catherine Mowry La Cugna:
Dio per noi. La trinità e la vita
cristiana. Brescia, Queriniana,
1997, pp. 441, £65.000.
tativo del basso, che segue
con il suo appello alla cristianità perché si prepari a accogliere il Salvatore: un recitativo in cui si disegna un’atmosfera esortativa, che poi si
sviluppa nel duetto fra soprano e contralto, in cui la Arnmut (povertà) viene rappresentata con dissonanze che si
rincorrono e sovrappongono,
trovando infine momenti di
delicata armonia per rappresentare la salvezza in Cristo.
Il corale finale libera l’animo,
il cuore e la mente da ogni
ombra per lasciare spazio solo allo slancio verso Dio, sostenuto da corni e timpani.
La cantata Bwv 191 «Gloria
in excelsis Deo», riprende il
gloria della Messa in si minore, inserendo un duetto di soprano e tenore fra i due cori.
La composizione del coro, a
cinque voci con soprani divisi in due, e la straordinaria
ricchezza dell’organico orchestrale danno a questa
composizione una sua autonomia che la fa brillare di folgorante luce tutta sua, a prescindere dal legame con la
celebre Messa. L’esecuzione
dell’orchestra da camera di
Tallin, sotto la direzione di
Tonu Kaijuste, è stata molto
rigorosa, precisa, senza inutili «voli pindarici», ma anche
senza vigore nei momenti di
slancio più intenso. Valida la
prestazione dei solisti.
Fra le riviste
È uscita
la Rivista
dolciniana n. 10
È uscito il n. 10 (dicembre
1997) de La rivista dolciniana, impreziosita dalla storia illustrata di fra Dolcino,
disegnata dal pittore Fernando Inama con testo del poeta
trentino Renzo Francescotti,
il quale immagina che la vicenda degli Apostolici sia
narrata da un superstite dei
trentini partecipanti alla resistenza dei montanari valsesiani e trentini contro i crociati assoldati dai vescovi di
Novara e di Vercelli.
In questo numero continua
lo scritto di J. C. De Haan,
con il capitolo sulla fine di
Dolcino e la dottrina degli
Apostolici, tradotto per la prima volta daH’olandese, e si
trovano recensioni di Nives
Fedrigotti su un poemetto
trentino di Giovanna Sartori
De Vigili, e di Tavo Burat su
Contro gli eretici di Grado G.
Merlo (I catari e l’eresia occitana, dove si s'viluppa un intervento già uscito su Riforma), e su un nuovo libello
scritto dal vercellese F. Vercellino, che riprende tutti gli
stereotipi clericali contro il
Segalello e Dolcino. Vi si trova inoltre uno studio sugli
Apostolici in Toscana nel XIV
secolo e una nota su curiosità
bibliografiche a cura di Carlo
Oddone. Non mancano un
testo poetico (di Giustina
Viarengo), la cronaca dolciniana e lo spoglio dei periodici a cura di P. Delmastro.
Abbonamento annuo £
20.000, ccp 10737286 intestato a Magia studio editoriale,
via Lagrange 26, 28100 Novara (precisare la causale).
Notizie evangeliche
agenzia stampa
! Un testo divulgativo sull'ebraismo
Il popolo d'Israele depositario
della fede e della memoria
SERGIO RONCHI
.. T > EBRAISMO può essere
vA considerato progenitore di tutte le susseguenti religioni monoteistiche, poiché
è basato essenzialmente sulla
fede in un solo Dio; ma, a differenza di altre religioni, esso
non è veramente centrato su
un profeta o su un salvatore,
bensì sull’idea di un popolo
eletto. È questo un fattore determinante per capire l’ebraismo, inconcepibile senza il
popolo ebraico». Intorno a tale tesi di fondo si sviluppa
Ebraismo di Fernando Joannes, riproposto dalla Rizzoli
insieme agli altri due testi (su
cattolicesimo e protestantesimo) di una collana illustrata
nata originariamente con fini
scolastici*.
La presente analisi dell’
ebraismo è condotta lungo
tre direttrici principali: l’essenza della religione ebraica,
patriarchi veggenti e profeti
della religione ebraica, strutture e vita del giudaismo, ed è
tesa a offrire «una sintesi
dell’ebraismo in quanto religione piuttosto che come storia complessa e lunghissima
di un popolo». Perciò maggiore spazio è concesso alla
dottrina e allo spirito religioso rispetto alle vicende storiche e politiche.
Categoria religiosa dell’
ebraismo è la storia, «luogo e
fonte privilegiata di fede», accanto alla quale va a porsi
una fede vissuta e vivente
«che comporta e veicola un
insieme di idee sulla natura e
le esigenze del Dio di Israele».
Questo è il popolo «interpellato»: a ogni israelita al momento della nascita e in punto di morte vengono ricordate
le parole del Deuteronomio
(6, 4-9) «Ascolta, Israele»
[Shema Israel). E Israele
ascolta: i precetti del suo Dio,
scritti su pezzetti di pergame- ■
na e racchiusi in filatterie [tefillim) sono posti intorno alla
fronte e al braccio sinistro di
ogni singolo israelita al momento della preghiera (mente
e cuore sono legati alla parola). Lo Shema Israel conduce
in direzione dell’essenza della
fede: il Dio di Israele è uno e
unico; l’unità e l’unicità divine percorrono le pagine dell’Antico Testamento assumendo nomi diversi mutuati
dalla terminologia semitica.
La vocazione del popolo di
Israele si concreta nell’alleanza. L’uno e unico è intervenuto nelle vicende storiche di
questo popolo particolare,
confermandone così il destino, religioso e nazionale a un
tempo, di «popolo di Dio». Il
Dio dei padri ha donato al
suo popolo la Legge. L’ebraismo può essere definito correttamente «religione della
Torah», perché in essa «sono
rivelate le credenze fondamentali e promulgate le regole di tutta la sua vita improntata alle esigenze e alla spiritualità delTAlleanza».
Per la religione ebraica non
si può parlare propriamente
di «fondatori» ma soltanto di
«padri nella fede», di messaggeri di Dio chiamati o scelti;
patriarchi, Mosè, profeti. I
primi proclamano un Dio trascendente; il secondo è l’unico mediatore tra Dio e il suo
popolo; gli ultimi non sono
dei veggenti bensì coloro che
richiamano il popolo ebraico
alla tradizione patriarcale e
mosaica nei momenti più difficili e di infedeltà, assumendola in una profonda interpretazione teologica. Il popolo dell’Alleanza, il popolo della Torah fra la distruzione del
Tempio a opera di Tito (70
d.C.) e il XVII secolo si dà
strutture ideologiche e culturali; nasce il giudaismo. Sradicato dalla sua Terra e dal
suo Tempio, senza sacerdozio né sacrificio, senza luogo
santo, Israele ha tuttavia
mantenuto sia la sua identità
etnico-nazionale che la sua
pura tradizione religiosa antica, concentrandosi però tutto
sulla Torah, che viene studiata, venerata profondamente,
amata, approfondita sotto
ogni punto di vista. Ha così
origine il Talmud (codice della legge orale).
Il giudaismo si sviluppa
nell’ambito di una coscienza
laica (la Torah è patrimonio
comune e scompare la mediazione sacerdotale), che non
distingue più tra sacro e profano. Il giudaismo non è un
sistema dottrinario-filosoficodogmatico riferibile a un paradigma di ortodossia o a un
catechismo. Decisiva è l’esistenza, la condotta del singolo
nei confronti delle norme che
scaturiscono dalla Torah e
che «costituiscono un sistema
di giustizia che l’uomo deve
seguire per realizzare se stesso nel mondo». E anche i
Grandi Rabbinati tuttora esistenti non si presentano né
sono vertici di autorità. Dunque al centro del giudaismo è
la Torah come rivelazione di
Dio. Infine viene la liturgia, la
cui funzione consiste nel sottolineare il carattere fondamentalmente sacro della vita
ebraica. Questo viene fatto
attraverso la consacrazione
dell’essere (le numerose «benedizioni» stanno appunto a
sottolineare l’intreccio insolubile tra religione e vita quotidiana) e la santificazione del
tempo (l’esercizio della memoria ricorda i grandi atti di
Dio nella storia del suo popolo). Così pure le feste (dalla
Pasqua alla Festa delle settimane e dei tabernacoli, allo
Yom Kippur) costituiscono
un vero e proprio «memoriale» dal quale Israele emerge
come il «Popolo della memoria». «In ogni generazione, infatti, il dovere di ognuno è di
considerarsi come se egli
stesso fosse uscito dall’Egitto,
o avesse ricevuto il dono della
Legge. Tutti i Sedarin (cerimonie, ordini rituali, servizio
sacro) invitano ogni singolo
figlio di Israele a vivere personalmente e al presente la storia dei Padri».
(*) Fernando Joannes: Ebraìsmo. Milano, Rcs libri, pp. 96. £
14.000. Il testo va letto unitamente all’apparato inconografico-didascalico come pure attraverso
gli utili grafici, le tavole sinottiche
e il glossario.
Bambini di una scuola elementare in Israele
6
RIFORMA
Il testo integrale dell'ampio documento sottoscritto da tutte le chiese evangeliche torinesi
L'ostensione della Sindone: una sfida per ^ecumenismo
Si tratta di un testo lungannente maturato alllnterno delle tre aree del l'evangelismo torinese (chiese
storiche, pentecostali Adi e chiese indipendenti, dei fratelli e apostolici). Un dialogo nella franchezza
Gli evangelici
e la venerazione delle immagini
Scrittura e non immagini
Per comprendere ratteggiamento
dei protestanti o evangelici sulla venerazione delle immagini e delle reliquie, bisogna tener conto prima di
tutto del fatto che si tratta di una
pratica non presente nei primi secoli
dell’era cristiana e spesso messa in
discussione e contestata in quelli
successivi (vedi per esempio il Concilio di Hieria del 754 d.C.). Per citare
un esempio relativo alla città dove è
custodita la Sindone, un grande vescovo di Torino, lo spagnolo Claudio,
vissuto all’epoca carolingia (sec. IX)
si adoperò moltissimo contro la venerazione delle immagini e per la
diffusione popolare delle sacre Scritture, applicando cosi i decreti del Sinodo di Francoforte (795). I valdesi
ne onorano la memoria col nome
dato alla loro casa editrice, la «Claudiana».
nua Ricca, «questa immagine non
viene descritta: non c’è negli evangeli alcuna traccia di una descrizione
dell’aspetto fisico di Gesù; egli è l’immagine di Dio ma come lo sia non
viene detto; è l’immagine che non
può essere dipinta neppure a parole
e sembra perciò sottrarsi alla presa
delle arti figurative di qualsiasi tipo».
Beati quelli che non hanno visto
e hanno creduto
Una spiritualità della Parola
Per spiegare la nostra posizione citiamo il prof. Paolo Ricca che, nella
mbrica «Ecumene» da lui tenuta periodicamente sul quotidiano «Avvenire», affrontava l’8 ottobre 1995
proprio questo argomento (titolo
dell’articolo: «Ma Dio può essere una
questione di “immagine”?»). Scriveva Ricca: «Come è noto, la Riforma
del XVI secolo, soprattutto nella sua
versione zwingliana e calvinista, ha
combattuto l’uso liturgico delle immagini (e delle reliquie), pur riconoscendo loro una possibile, legittima funzione didattica. Fondandosi
sul divieto contenuto nel Decalogo
(Esodo 20, 4-5) di farsi delle immagini scolpite delle cose create (per
“prostrarsi dinanzi a loro”) e della
stessa divinità (per materializzarne
in qualche modo la presenza, renderla più vicina, più accessibile e forse anche più disponibile) le Chiese
nate dalla Riforma hanno sviluppato
una spiritualità centrata sulla Parola
e sul suo ascolto, anziché sull’immagine e la sua contemplazione. (... )
Non si vedrà mai, insomma, un credente evangelico pregare, in piedi o
in ginocchio, davanti a un’immagine». Ricca fa poi notare come nella
Bibbia ci sia un ricco linguaggio (non
venerazione) delle immagini, e per il
Nuovo Testamento Gesù Cristo sia
non solo la Parola vivente e incarnata di Dio (Giovanni 1, 14), ma anche
«l’immagine del Dio invisibile» (Colossesi 1, 11). Ciononostante, conti
Come cristiani evangelici affermiamo che:
a) Non c’è bisogno di un’immagine riprodotta per esprimere la propria fede. Il Signore è vivente e non
si può dare alcuna importanza a
un’immagine, anche se dovesse essere quella del Cristo morto, prima
della risurrezione.
b) Poiché il Nuovo Testamento è il
testo base di ogni riferimento riguardante la vita, l’opera e la persona di Gesù Cristo, tutto ciò che riguarda il «Cristo storico» deve essere sempre ricercato in esso e non in
altre fonti.
c) La proibizione delle immagini è
un elemento costante e fondamentale della fede biblica. Dio è Spirito e
non può essere legato a nessuna raffigurazione o immagine. Nel mondo
delle creature non vi è nulla che per
un suo carattere più divino o per
qualche analogia possa costituire un
ponte fra il Creatore e la creatura.
d) È vero che l’apostolo Paolo parla spesso di immagine, ma non si riferisce mai a una immagine o riproduzione fisica e materiale che debba
essere venerata, ma di immagine
nel senso morale e spirituale (Romani 8, 29; I Corinzi 15, 49): «...e a
rivestire l’uomo nuovo che è creato
a immagine di Dio nella giustizia e
nella santità che procedono dalla
verità» (Ef.4, 24).
L’ostensione delia Sindone non è
un problema religioso o di coscienza
dei cristiani evangelici e, pertanto,
noi non siamo preoccupati del fatto
che questa ostensione attiri molta
gente, ma siamo preoccupati perché
migliaia di fedeli credono di sentire
più viva e reale la loro fede in Dio perché pensano che quel volto raffigurato è il volto di Cristo e così si trovano
a essere ingannati, loro malgrado.
Noi non vogliamo essere come
Tommaso che all’entusiastica affermazione dei discepoli di aver visto il
Signore risorto, rispose:«Se non vedo
Il documento che presentiamo è stato redatto a Torino, il che è
abbastanza ovvio considerando che in quella città vi saranno ben
due «ostehsioni» della Sindone; la prima nel corso di quest’anno, la
seconda in occasione del Giubileo cattolico del 2000.
Quello che forse può apparire meno ovvio è che esso è nato dalla
collaborazione di rappresentanti di tutto l’evangelismo torinese. 1
firmatari del documento appartengono infatti a tre aree distinte del
nostro protestantesimo: le Assemblee di Dio in Italia che costituiscono la parte più numerosa dell’evangelismo italiano, il Centro
d’unione cristiana, a cui fanno riferimento a Torino le Assemblee
dei fratelli, la Chiesa apostolica in Italia e le comunità evangeliche
libere di taglio pentecostale e la Commissione evangelica per l’ecumenismo che rappresenta le Chiese appartenenti alla Federazione
delle chiese evangeliche Italiane (battista, valdesi, dell’Esercito della
Salvezza, mancando a Torino la presenza diretta di luterani, metodisti e di altre formazioni minori inserite nella Federazione), la
Chiesa awentista, la Chiesa evangelica della Riconciliazione e la
Chiesa del Nazareno.
Noi speriamo che questa esperienza di collaborazione fra evangelici non resti un fatto isolato, ma si trasformi nel desiderio di maggior conoscenza reciproca, nel rispetto per i diversi cammini di fede
che ognuno di noi percorre, nella riconoscenza al Signore per la ricchezza e varietà dei doni che il suo Spirito ci ha elargito, nel riconoscimento che siamo chiamati a testimoniare, pur con differenti accentuazioni, l’unica grazia di Dio e a proclamarne l’unica salvezza.
Noi speriamo anche che possa costituire il punto di partenza per
un confronto serio e onesto con il cattolicesimo, condotto unitariamente non solo quando è necessario polemizzare, ma anche là dove
si schiudono possibilità di sperimentare una reale fraternità, sulla
base della lettura biblica comune, della preghiera aU’unico Signore
e Padre, delle responsabilità comuni verso la società.
nelle sue mani il segno dei chiodi, e
se non metto il mio dito nel segno
dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò»
(Giovanni 20, 25). Noi ascoltiamo le
meravigliose parole che Gesù Cristo
risorto rivolse a Tommaso e a esse
vogliamo attenerci: «Beati quelli che
non hanno visto e hanno creduto»
(Giovanni 20, 29).
«Per fede e non per visione»
ciamo provabile, «scientifica», che
non rende più necessaria la fede
(«camminiamo per fede e non per visione», II Corinzi 5, 7; «La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono», Ebrei 11,1).
Una fede non intellettuale
I cattolici italiani, che non sono
abituati naturalmente a convivere
con comprensioni diverse della stessa fede religiosa e che quindi non conoscono le conseguenze di una diversa impostazione cristiana in termini di spiritualità personale e pietà
popolare, dovrebbero cercare di fare
uno sforzo per comprendere che, in
una prospettiva protestante, la venerazione delle Immagini, al di là della
questione del 2° comandamento
(che pure è fondamentale), ha, da
una parte, un aspetto blasfemo perché attenta, nella prospettiva su descritta, alla maestà di Dio, all’unicità
di Cristo e alla potenza dello Spirito
Santo e, dall’altra, appare come il
tentativo umano (frequente) di
emanciparsi dalla categoria della fede e dell’udire per giungere a quella
della visione, cioè della certezza, di
Rinunciare all’uso delle immagini
e delle reliquie per sostenere la pietà
personale e popolare, non significa
affatto intellettualizzare la fede o allontanarla dal popolo (ne sono la
prova le masse di contadini tedeschi
e del Nord Europa ieri, e le masse
popolari evangeliche oggi), ma significa dare alla fede un contenuto e
una forma più autenticamente biblica e apostolica. Significa riconoscere
che il Signore si rivolge oggi a noi
non con reliquie e immagini, ma con
la luce della sua Parola vivente e con
la forza dello Spirito Santo. Significa
riconoscere che non ci sono intermediari, non ci sono mezzi particolari per arrivare a Dio, alla Sua conoscenza, se non quello di accettare
Cristo, il Figlio di Dio, non per visione ma per fede («Perché se con la
bocca avrai confessato Gesù come il
Signore, e avrai creduto col cuore
che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvato». Romani 10, 9).
Nella collana «Nostro tempo» è appena uscito il numero 61
Carlo Rapini
Sindone
Una sfida alla scienza e alla fede
Il «mistero» svelato
42 ili.ni f.t. e 13 nel testo, 176 pp., L. 19.000
Questo libro rende un utile servizio di controinformazione
dando conto dei più recenti studi e scoperte, dimostrando
la serietà e l’affidabilità della datazione al radiocarbonio,
distinguendo tra ricerca scientifica
seria e pseudo-scienza sindonologica che in realtà è solo apologetica che pretende di assumere una
«veste» scientifica. Le due prossime estensioni sono uno schiaffo
alla scienza: si torna a parlare di
«sacra reliquia» come se fosse dimostrata un’età di 2000 anni! Per
quale motivo la Chiesa di papa
Wojtyla lancia oggi una sfida di
questa portata alla scienza e al
cammino ecumenico di riconciliazione tra le chiese?
jf mmeditrice
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.arpnet.it/-valdese/claudian.htm
La Sindone e
Contro l'autenticità
della Sindone
Nei diversi dibattiti pubbiici, i
aver sottolineato il nostro rifluì
venerare immagini e reliquie p
ragioni dette prima, ci si è con
trati su una serie di obiezioni al
tenticità della Sindone che quia
lizziamo:
a) i testi evangelici, riferendoi
ebraico dell’epoca, che prevei
che il corpo del defunto fosse a?
to da un abito normale e la tea
un sudario, non accennano a
pronte lasciate su questi, infattii
la descrizione e il pathos evanf
si basa sul vuoto della tomi
quindi sull’assenza di prove,!
pieno (cioè sulla sufficienza),!
testimonianza verbale della rif
zione accompagnata dalla vi#
dall’insegnamento, limitati nè
po, del Risorto.
b) La legge ebraica vietava di
care i panni funerari usati per ui
funto, perché causa di imputili
essi non si potevano conservati
dovevano essere distrutti.
c) La raccolta e il culto delle
quie erano del tutto estranei
mentalità ebraica e a quella di
stiani delle prime generazioni |i
primi secoli). La problematica si
è del tutto assente nei testi neot
mentati e negli scritti dei primii
La Sindone
costituisce uru
vera sfida perì
dialogo fra
cattolici ed
evangelici, però
su due punti
cruciali
(Vautenticità tì
inautenticità
della Sindone è
suo uso per
promuovere e
sostenere la
«spiritualità
cristiana») si
confrontano dn'
posizioni diversi
opposte: quelU
cattolica e quel^
evangelica
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Un iconoclasta cancella un’icona (raffigurazione del IX secolo)
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Spedizione in a.p. 45%
art. 2 comma 20/B iegge 662/96 - Fiiiale diTorino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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VENERDÌ 23 GENNAIO 1998 ANNO 134 - N. 4 URE 2000
MINATORI CERCANSI — Ha destato un certo scalpore, più fuori dalle Valli che in zona per la verità, l’annuncio
pubblicato dalla Luzenac Val Chisone per la ricerca di alcuni
minatori. «Si torna a lavorare in miniera» è stato detto e
scritto, in realtà nelle miniere di talco della vai Germanasca
si è continuato a lavorare nel corso dei decenni. Ora raccordo raggiunto fra proprietà e sindacati ha prodotto una specie
di scommessa: con il nuovo sito di Rodoretto l’azienda investirà parecchi miliardi per aumentare la produzione. C’è bisogno anche di un po’ di manodopera (si tratta in realtà di
poche unità e per di più a tempo determinato) e questo è indubbiamente un segnale positivo. Per una quindicina d’anni
le miniere di talco della vai Germanasca hanno un futuro.
Fra una settimana si saprà
se Torino e provincia avrà
vinto la concorrenza di Venezia e Cortina e di Tarvisio (e
zone collegate) nella corsa alla candidatura per le olimpiadi della neve del 2006: il Comitato olimpico intemazionale dovrà seegliere fra una rosa
di candidature da tutto il mondo entro l’anno suceessivo.
Presentato ufficialmente alla stampa il dossier di eandidatura si ha già presente quale
macchina organizzativa e quali risorse si potrebbero mettere
in pista per creare o migliorare gli impianti necessari. Torino e provincia soffrono da alcuni anni di sindrome da accerchiamento; alcune importanti strutture che parevano
destinate a questa parte d’Ita
CANDIDATURE OLIMPICHE
ALL'ITALIANA
PIERVALDO ROSTAN
lia se ne sono andate o sono
state collocate in altre sedi, alcuni interventi strutturali ritenuti necessari per la zona sono
ben lontani dall’essere realizzati. Sarà anche per questo
che Torino e la sua provincia
(ed è bene ricordare che una
buona parte del Pinerolese dovrebbe essere coinvolto nell’impresa olimpica) stanno
puntando molto su questa opportunità. Si parla di opere per
un ammontare vicino ai 2.000
miliardi, una cifra da capogiro
che sarà tutta da verifieare e
soprattutto di cui si dovranno
verificare gli eventuali benefici per il territorio.
Intanto si viene a scoprire
che Torre Pellice, dove cioè
esiste l’unico impianto per il
pattinaggio su ghiaccio in
funzione nella provincia e con
una lunghissima tradizione alle spalle, non sarà sede dei
giochi. Vi si svolgeranno gli
allenamenti dell’hockey femminile... In compenso a Torino (eerto è interessante l’idea
di portare gli sport del ghiaccio nelle città attraverso nuovi
impianti) verrebbe realizzato
un nuovo palaghiaecio da
10.000 posti dal costo di 40
miliardi. A cosa possa mai
servire un palaghiaccio di tale
capienza finita la kermesse
sportiva (2 0 3 settimane) nessuno lo sa; chi gestirebbe un
simile impianto nemmeno. I
grandi eventi sportivi possono
servire se senza distruggere
un territorio si riesce a utilizzarli come momento di promozione turistica e come stimolo alla pratica sportiva. Al
momento sembra di più una
gara al mega investimento.
Gestione caccia
Interventi
di tutela
ambientale
Per la prima volta chi ha
avuto i terreni e le coltivazioni danneggiate da selvaggina,
vedrà i propri danni coperti
interamente dall’intervento
del Comprensorio alpino To
1. L’organismo che gestisce
la caccia nelle vallate pinerolesi da quest’anno interviene
a rimborsare i danni, mentre
in precedenza questo compito
era affidato alla Provincia. I
rimborsi spesso erano poco
corrispondenti ai danni reali e
forse anche per questo nel
tempo si era consolidata I’
abitudine fra gli agricoltori di
«denunciare» danni più elevati del reale nella speranza
di ottenere un buon rimborso.
Quest’anno le oltre 114 richieste di intervento economico sono state valutate una
per una dal tecnico faunistico
del comprensorio che dopo le
verifiche, ha accertato, a fronte di richieste per 138 milioni, danni equivalenti a quasi
75 milioni. Durante la seduta
del 15 gennaio scorso il comprensorio ha provveduto ad
erogare i fondi. Il comune il
cui territorio risulta maggiormente danneggiato dalla selvaggina è Lusemetta, seguito
a ruota da Bibiana; a Massello e Torre Pellice nessuno ha
presentato richieste.
Una seconda novità importante arriva dal comprensorio
della caccia; per la prima volta sono stati erogati dei eontributi a sei privati per interventi di tutela ambientale; da
due anni erano disponibili
delle somme (quasi 400 milioni) a vantaggio di chi opera in montagna e si da da fare
per recuperare aree incolte o
invase dalle piante infestanti.
Non è stato facile far partire
d progetto ma dopo varie sollecitazioni sono arrivate le
prime proposte di intervento.
Undici in tutto le domande,
tutte dalla vai Pellice. I tertnini però continuano ad essere aperti.
Riflessioni sull'ecumenismo a proposito delia tradizionale «Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani»
La comunione fra cristiani prima dell'unità della chiesa
_______LUCIANO DEODATO_______
Questa settimana in molte
delle chiese delle Valli e
al di fuori di esse si sono
svolte o si svolgono riunioni
di «preghiera per l’unità dei
cristiani». Diciamo subito che
anche se il numero di questi
incontri è probabilmente aumentato rispetto al passato
quest’ultima sembra avere acquistato un carattere quasi
routinario, priva pertanto di
una grossa earica di entusiasmo. E eiò nonostante si abbia alle spalle Graz, rincontro ecumenico europeo dello
scorso anno dotato certamente di grande respiro ma al
quale è forse mancata una carica profetica simile a quella
di Basilea ’89.
Ciò ci conduce a cercare di
sviluppare delle analisi nel
tentativo di comprendere, lasciando da parte toni trionfalistici che non giovano alla
causa, le motivazioni profonde, per non dire il malessere,
che soggiacciono allo scarso
successo della «Settimana di
preghiera».
Vorrei partire proprio dal
titolo: «Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani»-,
non dunque delle chiese. La
Un momento liturgico a Graz 97
sottolineatura è necessaria,
perché mi pare ehe nell’opinione generale vi sia una
qualche ambiguità: si parla
dei cristiani ma si pensa alle
chiese. Tanto è vero che c’è
chi parla di unità visibile della chiesa come meta finale
della «Settimana». Le due cose non sono identiche, anche
se possono essere affini. 1 cristiani possono essere uniti e
anzi sono forse già uniti nel
nome di Cristo e sulla via del
diseepolato, pur permanendo
le chiese divise. Per esempio
non ho diffieoltà a sentirmi
unito in una comunione di fede con fratelli e sorelle catto
lici, ortodossi o anglicani,
sebbene le nostre rispettive
chiese siano ancora divise.
Altrimenti non potrei, come
dico nel Credo, dire «credo...
la comunione dei santi», né
potrei pregare perché questa
comunione si manifesti e si
estenda oltre ogni limite
inimmaginabile. Altra cosa è
invece l’unità visibile della
chiesa. Anche per questa la
preghiera è necessaria, ma sono altrettanto necessarie la riflessione teologica, il confronto, la discussione oltre alla conversione di cui parla
rEvangelo e cioè la «metanoia», il cambiamento di
mentalità che si manifesta in
gesti concreti.
A Graz si è parlato di riconciliazione delle memorie. Riconciliazione non vuol dire
contare quanti morti ci sono
stati da una parte e dall’altra,
quanti crimini nel passato sono stati commessi dagli uni o
dagli altri. Questo significherebbe stravolgere la storia per
giungere a facili assoluzioni,
eliminando la posta in gioco
per la cui causa delle vite sono state spezzate o si sono sacrificate. E la posta in gioco
per la vita alla cui causa delle
vite sono state spezzate o si
sono sacrificate. E la posta in
gioco, per quanto ci concerne
erano la verità dell’Evangelo,
la questione della chiesa, la libertà di coscienza, la via del
discepolato, l’autorità delle
Scritture. Su questi temi il dibattito oggi come allora è ancora del tutto aperto. Quando
ci si trova di fronte a manifestazioni di pietà popolare del
tipo «Sindone» o «madonnina
di Civitavecchia» mantenute
in piedi perché «rendono» non
solo sotto il profilo economico ma anche in termini di «fede», ci consentano i fratelli
cattolici di chiedere loro in
tutta franchezza quale rappor
Ly eco delle valli valdesi del 1878 riporta per la prima volta il programma sulla «Settimana mondiale di preghiera», che ha luogo dal 6 al 13 gennaio. Le comunità sono esortate a istituire nel proprio ambito questa settimana di
preghiera, in comunione con tutte le
chiese protestanti del mondo.
Il giornale non esita a sottolineare fortemente la rilevanza di tale proposta. «Se
due discepoli si accordano di domandare
qualcosa al Padre celeste e sarà loro
concessa (Matt. 18, 19), quanto più centinaia di migliaia di mani, tese insieme,
supplicanti, verso il trono della grazia otterranno la benedizione richiesta». In
questo concerto universale di preghiera la
Chiesa valdese ha il suo piccolo posto e
deve essere felice e riconoscente. Ma
l’articolista riconosce che la debolezza
della nostra chiesa non sta nel suo piecolo
numero, né nel fatto che nelle sue file non
IL FILO DEI GIORNI
LA PREGHIERA
ALBERTO TACCIA
vi sono tanti «savi e potenti secondo la
carne», ma nel fatto che essa ha adempiuto soltanto in minima parte alla missione
ad essa affidata, e nella sua debolezza
spirituale contro la quale non si è saputo
reagire con sufficiente energia. «Ci è
mancata la preghiera e lo Spirito Santo
non è sceso con l’abbondanza dei suoi
doni... è necessario che tutta la chiesa riscopra la necessità e l’efficacia della preghiera, per combattere e vincere il torpore
spirituale e il rilassamento morale. Per
questo è necessario pregare non solo du
rante la settimana ma ogni giorno invocare il Signore che riserva per noi più benedizioni di quanto sapremmo chiedere».
Ecco il programma della settimana.
Domenica: per la perfezione dell’unione
di tutti i cristiani; lunedì: azione di grazia
per le benedizioni ricevute e perché lo
spirito di umiltà e pentimento si diffonda
tra noi; martedì: per le chiese cristiane di
ogni paese; mereoledì; per le famiglie;
giovedì: per le nazioni; venerdì: per le
missioni, le scuole domenicali e le opere
di evangelizzazione; sabato: per la diffusione delle Sacre Scritture, per l’osservanza della domenica; domenica: predicazione sulla vita cristiana, Matteo 5, 16.
Dopo esattamente 120 anni, in una
nuova Settimana di preghiera, in comunione con tutte le chiese cristiane del
mondo, uniamo anche noi le nostre mani
per invocare la ricchezza delle benedizioni di Dio.
to queste eose possano avere
con la verità dell’Evangelo.
Quando i fratelli cattolici e ortodossi difendono a oltranza il
sacerdozio maschile, ci consentano di chiedere loro perché continuano a mantenere la
figura sacerdotale, cerniera tra
Dio e gli uomini, pur sapendo
che la cortina del Tempio fu
squarciata da cima a fondo in
quel lontano Venerdì Santo;
perché le donne continuano a
essere discriminate nella chiesa. E che dire della libertà di
coscienza, quando facendo riferimento agli articoli 9 e 10
dell’Intesa dell’84 io devo
constatare che nelle scuole del
Pinerolese a molti allievi vengono negati diritti elementari
chiaramente definiti anche
dalla legge di applicazione
dell’Intesa stessa?
Il tema centrale della «Settimana di preghiera» è «Lo
Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» (Romani 8,
26). Paolo sapeva quel che
seriveva, conosceva quale
fosse la «debolezza». Noi conosciamo quali siano le nostre
«debolezze»? Non sarebbe
male cominciare a chiamarle
per nome e così facendo a denunciarle, a farle venire allo
scoperto. Naturalmente è un
cammino che ci costa e forse
ci fa anche un po’ paura. Ma
sarebbe probabilmente l’unico
cammino verso la libertà e
chissà, magari anche verso
l’unità visibile delle chiese.
Incontri
Giovedì 22 gennaio alle ore
20,30 a Pomaretto nel tempio
valdese si tiene un incontro
sul tema «Lo Spirito viene in
aiuto della nostra debolezza»; venerdì 23 gennaio alle
ore 20,45 a Torre Pellice alla
Foresteria valdese incontro
sul tema «Essere chiesa tra
storia, riconciliazione e perdono», con don Mauro Roventi Beccar! e dal pastore
Claudio Pasquet; sempre venerdì 23 gennaio alle ore
20,45 a Pinerolo, nel tempio
valdese, incontro sul tema
«Lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza».
8
PAG. Il
E Eco Delle Yaui Aàldesi
venerdì 23 GENNAIO 1998 vENEF
PINEROLO: IL 24 ASSEMBLEA DELL’ALE — Terzo appuntamento, sabato 24 gennaio, al Centro sociale San Lazzaro (inizio ore 14,30) per l’assemblea generale dei soci
dell’Alp, l’associazione lavoratori pinerolesi che in questi
tre anni ha sicuramente rilanciato il dibattito politico-sindacale del Pinerolese. «E stato un anno importante - dice il
presidente, Enrico Lanza l’impegno per la democrazia
sui luoghi di lavoro e per una legge che conceda a tutte le
organizzazioni sindacali pari opportunità e diritti ci ha visti
in primo piano. Abbiamo colto intorno a noi atteggiamenti
di pura ostilità come la vicenda delle elezione in Skf e nello
stesso tempo interesse da parte di parlamentari e di istituzioni. Fra i nostri limiti c’è il numero ridotto di militanti
che si impegnano in modo continuativo e in certe fabbriche
riscontriamo un calo di iscritti». L’assemblea di sabato dirà
se il 1998 sarà un anno di svolta e di ulteriore radicamento.
QUASI 400 MILIONI PER I TORRENTI — Nello scorso
aprile le Comunità montane erano state invitate dalla Regione a predisporre dei piani di intervento a prevenzione del
dissesto idrogeologico e in particolare ad ipotizzare interventi sugli affluenti dei fiumi principali. Ora sono state stanziate le prime cifre in risposta ai progetti presentati; in vai
Pellice arriveranno 377 milioni che la Comunità montana ha
suddiviso fra sei Comuni. Torre Pellice avrà 100 milioni per
una scogliera lungo il rio Biglione, Lusema 95 milioni per
una analoga opera lungo il torrente Luserha, 30 milioni andranno a Bobbio (rio Eyssart), Bibiana (rio Secco) e Angrogna (torrente Angrogna) e 5 milioni a Villar Pellice; la restante cifra coprirà le spese tecniche e l’iva sulle opere.
PINEROLO: CORSO DI DISEGNO NATURALISTICO
— Il museo civico di Scienze naturali, la Pro Loco, la Pinacoteca civica e il Wwf indicono un concorso di disegno naturalistico per un massimo di 12 persone e un minimo di 7.
Il corso inizierà il 4 marzo e si svolgerà presso l’istituto
Buniva dalle 20,15 alle 22,45 del mercoledì e terminerà il
10 giugno onde poter permettere la conclusione del medesimo durante l’anno scolastico. Gli interessati devono mettersi in contatto, fra le 8,30 e le 18, con la sede del Wwf in
via Brignone 1 a Pinerolo entro il 15 febbraio.
ANGROGNA: RIAPRIRÀ IL BAR A SAN LORENZO?
— Potrebbe riaprire il bar della piazza di San Lorenzo di
Angrogna, chiuso da qualche anno; anzi il progetto che
l’amministrazione comunale sta concretizzando, si spera
grazie ai fondi comunitari, porterebbe alla realizzazione di
un vero e proprio rifugio escursionistico, con servizio ristoro e punto di informazione turistica. Entro la fine di febbraio dovranno essere realizzati i progetti esecutivi e indicate le modalità di finanziamento del 30% non coperto da
fondi, comunque non ancora sicuri, dell’Unione europea.
COORDINAMENTO GENITORI — Si è costituito il
Coordinamento genitori vai Pellice, costituito da genitori
di bambini e ragazzi che frequentano dall’asilo nido alle
medie inferiori. La prima riunione allargata del gruppo è
proposta per la sera di giovedì 22 gennaio alle 21 presso il
salone della Comunità montana a Torre Pellice. Chi volesse saperne di più o volesse aderire all’iniziativa, oltre ad
essere invitato alla serata pubblica del 22 gennaio, può rivolgersi ad Angela Duval, tei. 930188, Patrizia Geymonat,
tei. 957810, o Fernanda Bertot, 944331.
TRAGEDIA A VILLAR PEROSA — Un uomo, Pietro Gilli,
ha ucciso domenica scorsa la propria moglie. Carmelina
Abà, soffocandola con un cuscino e successivamente si è
ucciso con i gas di scarico della propria auto. La tragedia
dei due anziani coniugi ha probabilmente avuto origine nelle cattive condizioni di salute della donna, da tempo malata.
G«V\
ARREDA
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ESpOSiziONE E UboRATORiO:
vìaS. SECONdo, 58-tr0121/201712
ABBADIA ALPINA- PINEROLO (To)
(di ÌRONTE aIIa CASERMA AlpiNi «BÉRARdÌ»)
VeTRÌNA NOVÌTÀ — vicolo GÌRAud/pORTÌCÌ vìa ChÌAppERO
A Frali c'è un buon innevamento degli impianti sciistici
Un buon inizio per il 1998
La neve in questa stagione
sulle piste è giunta un po’ in
ritardo; le vacanze di Natale
sono passate con un buon innevamento ma successivamente la temperatura un po’
troppo elevate ha ridotto in
modo considerevole il manto
nevoso. La stazione di Prali
tuttavia ha fin qui goduto della sua posizione tutta sul versante nord e quindi neve sulle
piste ce n’è; non troppa ed una
buona nevicata sarebbe sicuramente gradita, ma comunque si scia. «Il periodo natalizio è andato sicuramente bene, con un 22% in più dello
scorso anno - dice l’amministratore delegato della Seggiovia 13 laghi, Carlo Raviol anche se le prime settimane di
gennaio non sono state entusiasmanti; abbiamo comunque
fatto circa 4000 stagionali.
Sulla stazione pesa comunque
la mancata apertura dell’impianto del Ciatlet su cui abbiamo effettuato i lavori previsti
dalle normative ma manca ancora il collaudo: l’impianto è
stato in pratica rifatto con una
spesa di 400 milioni e anche
la pista ha subito alcune interessanti modifiche quali ad
esempio la rimozione di tutti i
pali della luce. Il giorno che si
potesse aprire quell’impianto
si tornerebbe subito su livelli
assai elevati di gradimento. Si
può dire che si tratta di un nodo nevralgico; arrivando in
punta con gli ski lift paralleli alla seggiovia oggi non si
riesce ad arrivare alla partenza del Bric Rond e l’area sciabile della stazione ne risulta
Intervista a Patrick Stocco
Educazione ambientale
nel Madagascar
FEDERICA TOURN
Patrick Stocco ha ventisette
anni, fa l’accompagnatore
naturalistico al Rifugio della
Vaccera ed è un appassionato
conoscitore della montagna:
in città, giura, non ci vivrebbe
mai. A Natale è tornato dal
Madagascar, dove ha vissuto
per quattro mesi grazie ai rapporti che da anni ormai la Cevaa ha stretto con il Saf, il Dipartimento per lo sviluppo
della Federazione di Gesù Cristo in Madagascar. Questi
contatti avevano già portato
alcuni giovani delle valli in
Madagascar nel 1992, a cui
aveva fatto seguito una visita
di un gruppo di malgasci in
Italia nel ’94 e un altro viaggio di evangelici italiani nel
’96: ad agosto di quest’anno si
attende ora un nuovo gruppo
dalla chiesa del Madagascar.
In Madagascar, e precisamente a Andasibé, dove c’è una riserva naturale, grazie ai contatti del Saf, Patrick Stocco ha
insegnato educazione ambientale in una scuola elementare
per una settimana.
- Tu eri già stato in Madagascar nel '92: hai avuto occasione di visitare di nuovo il
paese?
«Ho girato quasi tutto il
paese, se si eccettua il Sud, visitando le attività di sviluppo
messe in piedi dal Saf: vengono costruiti granai di villaggio
dove immagazzinare il riso
per ridistribuirlo ai contadini
durante tutto l’anno e per impedire così che lo vendano subito appena raccolto a un
prezzo irrisorio e siano poi costretti a ricomprarlo in seguito. Inoltre il Saf cerca di far
abbandonare ai coltivatori la
cultura del “tavy”, il diboscamento della foresta a scopo
agricolo, in favore della risicoltura irrigata e dell’allevamento. Questa battaglia è
tutt’altro che facile perché il
metodo del “tavy” è fortemente legato alle tradizioni dei
contadini malgasci. Non è tutto: il Saf si occupa di far arrivare acqua ai villaggi, costruisce piccole farmacie, insegna
alle donne la pianificazione
familiare e le stimola fare pic
coli lavori di artigianato per
incrementare il bilancio».
- Qual è la situazione sociale del Madagascar? Ti pare migliorata rispetto al ’92 ?
«Il livello di vita è un po’
cresciuto: si vedono meno
mendicanti, per esempio.
Certo per renderci conto di
come vive la popolazione bisogna pensare che un impiegato di un’organizzazione
non governativa come il Saf
guadagna 200-300.000 lire al
mese, non possiede l’automobile e vive in una casa piccola, col tetto di lamiera, senza
acqua corrente e con il bagno
fuori. Un contadino invece
guadagna il riso che raccoglie
o al massimo ricava qualcosa
dalla vendita dei prodotti del
suo frutteto, ma la maggior
parte delle famiglie non guadagna niente: appena hanno
un po' di soldi comprano uno
zebù, che è un simbolo di ricchezza».
- Su 12 milioni di abitanti,
metà sono animisti e metà
cristiani, oltre a pochi ebrei e
musulmani. La religione ha
un posto rilevante nella vita
dei malgasci?
«Sicuramente; le chiese sono strapiene. La gente è disperata se non può andare al culto. Nel ’92 ho visto i fedeli
riunirsi in una chiesa distrutta
da un incendio ad ascoltare
culti di più due ore. Ci vanno
tutti, dai più ricchi ai mendicanti. E anche la vita di comunità è vivace: c’è la scuola domenicale, la corale e il “vivaio
della corale”, che raccoglie i
ragazzini fino ai 15 anni, tutti
gruppi di 60-70 persone ciascuno. Certo il problema non
è la bassa natalità (una famiglia ha in media 7,8 figli) ma
semmai l’alta incidenza delle
malattie, dovuta alla mancanza di medicine e a un’alimentazione insufficiente e incompleta; l’età media si aggira ancora intorno ai 52 anni».
- Come potrebbe proseguire la tua collaborazione con
il Saf in Madagascar?
«Mi piacerebbe continuare
il progetto di educazione ambientale nelle scuole, formando insegnanti che siano poi
capaci di continuare da soli».
in questo modo menomata».
Dopo lunghe discussioni la
società ha deciso di rinunciare
all’idea di rifare compietamente la seggiovia raddoppiandone la portata; la proposta del Comune di pagare per
10 anni 190 milioni a coprire
le spese del mutuo che si sarebbe dovuto accendere col
Credito sportivo è parsa troppo forse onerosa: «Ci sono
state molte valutazioni - precisa Raviol -; noi abbiamo
fatto delle controproposte che
da un lato puntavano a ridurre
la spesa prevista, dall’altro a
ridistribuire diversamente
l’offerta in denaro al Comune.
Ufficialmente non abbiamo
ancora ricevuto una risposta
dell’amministrazione comunale alla nostra proposta anche se siamo a conoscenza del
fatto che si è deciso di rinunciare all’operazione. Le
nostre valutazioni comunque
indicavano come nostra priorità un intervento sul Bric
Rond che è rimpianto che ha
più alta redditività per la nostra azienda. Per poter intervenire su questo impianto,
che ha scadenza 2004 sulla
base delle normative, abbiamo deciso un aumento di capitale puntando a reperire circa 2 miliardi».
Angrogna
Un'azienda
faunistica
venatoria?
Se il Comune di Massello
riceverà 40 milioni l’anno costituendo una azienda faunistico-venatoria perché non
pensarci anche noi? si deve
essere chiesto qualche amministratore comunale di Angrogna. E così martedì scorso
l’intera giunta massellina,
guidata dal sindaco Willy Micol, ha illustrato al Consiglio
comunale (per la verità un
po’ decimato) di Angrogna la
storia e le prospettive dell’azienda faunistica di Massello. «La maggioranza dei
cittadini e dei consorzi di
Massello ha sottoscritto delle
convenzioni in cui accettano
la presenza di una azienda venatoria - ha detto il sindaco
-; ci avviciniamo ai 3.000 ettari di superficie». Quando
partirà, l’azienda potrà dare
lavoro almeno ad una persona
e il titolare, Alessandro Garrone, dovrà versare al comune 40 milioni l’anno.
L’assessore Chiadò si è poi
soffermato sulle potenzialità
turistiche che a suo parere iniziative come queste possono
rilanciare, a cominciare dalla
creazione di un ostello foresteria. Il Comune di Angrogna
discuterà ancora di questa
proposta che, detto per inciso,
oltre a non piacere ad alcuni
massellini, pare destinata a
trovare forte opposizione nei
cacciatori che attualmente
esercitano l’attività venatoria
nel comprensorio To 1. Fra
l’altro, è stato anche ricordato
durante la seduta del Consi
glio, la vai d’Angrogna noi
risulta particolarmente rico
di fauna selvatica, eccezii
fatta per i cinghiali e gli stes
camosci risultano confinai
nelle parti alte del territorio.
1
Il credente e l'amministratore
Beppe Gönnet
a Villar Pellice
ADA CAIRUS
"O eppe» non è più in
NvXJ mezzo a noi; se ne è
andato improvvisamente, nel
sonno, lasciando un grande
vuoto in tutti coloro che l’hanno avuto come amico o collaboratore. Non c’è persona, a
Villar Pellice e in alta valle,
che non ricordi qualche episodio o qualche momento di fraternità legato a quest’uomo
che ha dedicato gran parte
della sua vita-alla collettività,
attraverso le molteplici attività
di cui si è occupato. Per molti
anni è stato membro del Concistoro della Chiesa valdese e
del l'amministrazione comunale; è stato convinto propugnatore della necessità di una casa per anziani nell’alla valle e
quando la Miramonti è diventata una realtà è stato presente,
quotidianamente, per cercare
di rispondere alle tante esigenze che la gestione di una casa
di riposo comporta; membro
del comitato, «cappellano»
della Casa, animatore degli
ospiti, accompagnatore dei
gruppi, amministratore. Per
tutti coloro che vivono o lavorano in questa Casa davvero la
sua assenza è molto pesante.
Beppe Gönnet era un singolare «conservatore», legato alla tradizione ma sempre pronto a sostenere in ogni modo le
attività e le iniziative promosse dai giovani e interessato a
tutto ciò che stava muovendo
nel contesto sociale di queste
valli. Leggeva, Beppe, e pregava, prima di agire. Ciò dii
lo ha davvero caratterizzato i
stato il servizio nei confronti
delle persone anziane e aitimalate; chiunque sia stato ricoverato in ospedale in questi
ultimi decenni ha ricevuto un)
sua visita, accompagnata di
parole di incoraggiamentq e di
fiducia nell’aiuto del Signore
Anche ultimamente, malgrado
l’età e i problemi di salute clu
l'affliggevano, Beppe non b
sciava passare settimana senzi
dedicare almeno una mezzi
giornata ai sofferenti.
Avremmo voluto avere uo
incontro alla Miramonti
ringraziarlo per tutti questi an;
ni di lavoro, unitamente ai
membri che lasciano il comi;
tato dopo molti anni. Invececj
siamo congedali da lui
tempio gremito, segno dell*
stima e dell’affetto di chi I(
circondava, in un’atmosfera di
raccoglimento e di commoziO'
ne, ascoltando la riflessioni
del pastore Genre sul test®
della II Timoteo «Io so in cd
ho creduto» e dicendo al Si'
gnore quanto gli siamo ricO'
noscenti per tutto ciò che ab
biamo ricevuto per mezzo d'
questo fratello così vicino m
problemi delle gente in mezze
a cui viveva e così sereno r*'
spetto alla fiducia nel Signore
che lo sosteneva.
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In vista di una mostra storica al Centro culturale valdese
I cento anni del Rifugio
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Alla fine del 1896 un uomo consunto dalla tisi,
tremante per la febbre, si era
presentato alla casa del pastore di San Giovanni, William
Medie: «Fio chiesto a tutti gli
ospedali di volermi ricoverare, ma nessuno mi ha voluto
accettare perché sono incurabile! Mi prenderebbero all’ospizio del Cottolengo a
Torino se... fossi cattolico.
Dovrò morire per strada?».
Melile, che già stava cercando di prendersi cura di una
donna di Villar Pellice affetta
da un deturpante cancro al viso, decise di agire subito. In
due stanze e cucina accolse
questi infelici e trovò una
brava parrocchiana che si sarebbe interessata di loro.
Al Sinodo del 1897 fece
presente la necessità di creare
un istituto che si prendesse
cura di quelle persone che
non potevano trovare posto
negli ospedali. Il Sinodo non
aveva a disposizione delle risorse per la creazione di un
tale istituto, e si espresse
quindi in questi termini; «Il
Sinodo si compiace dell’idea
di un istituto per incurabili e
assicura al sig. Melile il proprio appoggio morale per
l’attuazione di questo progetto, che raccomanda alla liberalità delle chiese per la sua
materiale esecuzione» (atti
del Sinodo del 1897).
Medie cercò e trovò subito
numerose persone disposte ad
aiutarlo, ma le difficoltà erano tante: raccogliere una cospicua somma di denaro, trovare una località adatta, l’acqua sufficiente alle necessità
e ottenere i numerosi permessi imposti dalle autorità.
Trovò il luogo, una cascina
sulla collina di San Giovanni,
la fontana necessaria, ottenne
i permessi e un grosso finanziamento, il tutto in pochissimo tempo, che fa dire al
Medie «tutto con la presenza
costante della volontà di
Dio». Medie voleva inaugurare il Rifugio il 25 febbraio,
ricorrendo l’arrivo alle Valli
della notizia dell’emancipazione concessa dal re Carlo
Alberto 50 anni prima. Ingaggiò una corsa contro il tempo
e il 25 febbraio 1898 riuscì a
inaugurare il Rifugio Re Carlo Alberto. Il tutto avvenne in
una bella giornata di sole con
l’intervento del prefetto di
Torino, in rappresentanza del
re, con la partecipazione della
«compagnia del Collegio»
che presentava le armi e al
suono della marcia reale.
Tra le tante celebrazioni di
quest’anno, merita dare spazio al primo centenario dell’attività del Rifugio. L'eco
delle valli ha già dato notizia
della stampa di un calendario
storico per il centenario del
Rifugio (pressoché esaurito) e
ora si vuole approntare una
mostra per far meglio conoscere quest’opera veramente
Federazione donne
evangeliche italiane
RIUNIONE PREPARATORIA — In collaborazione
con la Fdei, le responsabili delle Unioni femminili locali, in vista della
Giornata mondiale di
preghiera delle donne,
che avrà luogo quest'anno il 1° marzo, hanno indetto per venerdì 23
gennaio alle ore 15, nei
locali delia chiesa valdese
in via dei Mille 1 a Pinerolo, una riunione preparatoria a cui sono invitate tutte le responsabili
delle diverse confessioni
cristiane del territorio.
eccezionale, attraverso i cento
anni della sua storia: si tratta
di una raccolta di documenti e
fotografie che verranno presentati al Centro culturale valdese di Torre Pellice dal 21
febbraio al 20 aprile. Rari sono i documenti e i rapporti
annuali sull’attività (spesso illeggibili), poco è stato scritto
sul Rifugio sulla stampa valdese nei cento anni trascorsi:
per questo sono ancora più interessanti i documenti raccolti. I primi ammalati, l’inaugurazione, la creazione delle dotazioni di «letti», la presenza
fin dall’inizio delle diaconesse e la loro dedizione, quella
dei medici, il dottor Daniele
Turin per 41 anni e il dottor
Enrico Gardiol per 37 anni; la
vita del Rifugio, seguita attraverso le sue attività giornaliere, gli ospiti, le difficoltà e gli
ampliamenti fatti nel corso
degli anni.
Gli aiuti non sono mancati,
doni dalle Valli, dall’Italia e
dall’estero in denaro e in natura, altrettanto preziosi per
migliaia di infelici assistiti
con cure, attenzione e affetto
particolari. Ci furono momenti particolarmente difficili per la sopravvivenza del
Rifugio, ma proprio in quei
momenti le offerte si moltiplicarono; durante le due ter
ribili guerre mondiali gli aiuti
dall’estero si diradarono, ma
la popolazione delle Valli non
ha mai dimenticato quest’opera «voluta da Dio e che deve
camminare per fede», come
affermava Melile. La mostra
propone molte fotografie scattare dall’indimenticato pastore
Roberto (Tini) Jahier e messe
a disposizione dal figlio; altre,
antichissime, di proprietà delle signorine Peyrot di Genova,
e molte riproduzioni di articoli
e dei «rapporti annuali». Infine viene presentato il progetto
della nuova ristrutturazione
del Padiglione Arnaud, della
vecchia cascina dei Musset e
della palazzina. Il comitato
del Rifugio sta anche pensando all’ampliamento delle possibilità di assistenza per ospitare incurabili colpiti dalle
nuove terribili malattie del
XX secolo, come un «Centro
Alzheimer».
Oltre a ricordare il passato,
visitando la mostra ci si augura che ognuno pensi a che cosa può fare per dare modo a
quest’opera di continuare a
vivere e ad assistere incurabili di ogni età e malattia, continuando l’aiuto prestato da
tanti «benefattori» che ci hanno preceduto nell’amore del
prossimo, come richiesto ai
credenti di ogni epoca.
Commissione distrettuale-Fgei
I giovani per la chiesa
MASSIMO GNOME
Quali giovani per quale
chiesa?»: questo il titolo dell’incontro organizzato
dalla Commissione distrettuale con la collaborazione
della Fgei a cui i giovani del
distretto erano stati invitati:
anzi, come sottolineava il volantino, «cordialmente obbligati» a partecipare. Non ci dilungheremo sulla cronaca
della giornata di domenica a
San Secondo; troppo spesso
quando si scrive di questi
convegni ci si perde nel «minuto per minuto» di presentazioni, barzellette e burle, descrizioni dei sempre lauti
banchetti... e quant’altro: cose belle da ricordare per chi
c’era, ma davvero di scarso
interesse per quelli che, quella domenica, avevano evidentemente altro da fare. È utile,
invece, fare qualche considerazione a margine.
Un appunto, forse banale
ma doveroso. Di volantini ne
erano stati stampati oltre cento; l’annuncio del convegno
comparso su L’eco delle valli
e Radio Beckwith, credo e
spero, aveva diffuso la notizia: eppure, chissà poi perché, il numero dei giovani
presenti non superava la trentina. I membri Fgei erano
soddisfatti: già un buon risultato, considerata l’affluenza
media ai convegni periodici;
non è che qualcuno, si chiedono, sia ancora spaventato
dalla Fgei? La Fgei che è
troppo «intellettuale», la Fgei
che, vent’anni fa, sfilava nei
cortei con i militanti di estrema sinistra: personalmente
non ne faccio parte, ma non
credo che gli fgeini, almeno
nel 1998, mangino i ragazzini... Le cause del basso afflusso agli incontri vanno ricercate altrove: forse è un
problema più vasto nella nos«a chiesa, dove ci si muove
Bobbio Pellice: il Centro vacanze dell'Esercito della Salvezza
Una Casa rimessa a nuovo
Se c’è un turismo che negli
ultimi anni ha fatto registrare
un andamento decisamente
favorevole, nella vai Pellice,
è quello dei gruppi e delle famiglie. Gruppi per lo più provenienti dall’estero e che si
appoggiano alle foresterie
esistenti per poi visitare i luoghi della storia valdese o
semplicemente trascorrere un
periodi di relax nel verde; così accade a Torre Pellice alla
Foresteria valdese o a Villar
Pellice al Castagneto. Nella
stessa linea si colloca il centro vacanze deH’Esercito della Salvezza a Bobbio Pellice
di recente completamente ristrutturato. A dirigere le «casermette» è Emmanuele Pavoni che nel 1995 diede il
cambio al capitato Alfred Inniger provenendo dal Centro
dei accoglienza in via degli
Apuli a Roma dove si esercita
una attività a favore degli indigenti. E ben presto sono
stati avviati lavori di ristrutturazione.
«Il primo problema che ci
siamo trovati di fronte - spiega Emmanuele Pavoni - è
stato quello dei tetti assai deteriorati; un altro problema
non secondario è risultato
quello delle aree parcheggio e
dei passaggi pedonali che in
occasione di pioggia diventavano dei veri e propri pantani. Così abbiamo iniziato i lavori: abbiamo poi pensato di
offrire a quelli che vengono
al Centro delle attività sportive realizzando così un minitennis, un campo per la pallavolo e per il calcetto».
È poi iniziata una forte opera di pubblicizzazione: i depliant sono stati inviati un po’
in tutta Europa; «I risultati ci
sono stati - puntualizza il direttore -: abbiamo avuto
gruppi da vari paesi, dalle
chiese metodiste e valdesi,
dall’Inghilterra, dalla Germania, dalla Svizzera». I circa
120 posti letto rappresentano
una buona risposta anche per
le esigenze del territorio: una
sessantina dei posti letto sono
in miniappartamenti dove è
possibile anche cucinare i pasti. Per chi preferisce il riposo
totale il Centro ha stretto una
convenzione con la locale
cooperativa L’alveare, e operatrici della società vengono a
cucinare direttamente presso
la struttura. «Vogliamo essere
uno spazio aperto rispetto alla
valle in cui ci «oviamo - aggiunge Emmanuele Pavoni e credo ci stiamo riuscendo».
Il Centro naturalmente ha
avuto nel 1997 il classico pienone estivo, da giugno a settembre ma «anche adesso, in
pieno inverno, ospitiamo diversi gruppi o famiglie, specie nel fine settimana», commenta il direttore. Il Centro
propone anche momenti o attività particolari, legati ad
esempio alla fede evangelica;
durante il periodo estivo c’è
un momento particolare, in
agosto, in cui si organizza la
«nostra missione» cioè una
campagna di evangelizzazione aperta a tutti; alle riunioni
serali ci sono anche più di
100 persone.
Bobbio Pellice: le «casermette» dell’Esercito della Salvezza
a compartimenti stagni e si
ha grossa paura di conoscere
nuovi compagni di viaggio, o
chissà cos’altro. In ogni caso,
se trenta giovani sembrano
pochi, e forse lo sono, occorre essere ottimisti, di un ottimismo forse cinico, ma salutare: almeno quei trenta, là
c’erano, a porsi qualche inteiTogativo.
La giornata è stata suddivisa in due parti: la prima prevedeva la discussione intorno
alla struttura del culto: che
cosa del culto si vorrebbe
cambiare, che cosa del culto
quindi non va, che cosa fa sì
che al culto di giovani se ne
vedano davvero pochi. Complessivamente si sono evidenziate alcune mancanze: la
cronica mancanza di entusiasmo; la mancanza di collaborazione tra la comunità e il
pastore e la conseguente fmizione passiva del messaggio;
la mancanza di stimoli a sentirsi parte di un gruppo... Tutte carenze che hanno come
denominatore comune una
scarsa attenzione nei confronti dei giovani, soprattutto
durante gli anni del catechismo, sempre e comunque visto come una cosa che bisogna fare ma poi basta. Nella
seconda parte della giornata
si è invece cercato di concepire una possibile «chiesa del
futuro», una chiesa, si è discusso, che si vorrebbe più
umana, malleabile, aperta
agli interessi di tutti. È stato
difficile, poi, individuare in
concreto quali siano le attività da proporre, gli slanci
per proiettare la chiesa nel
Duemila. Una condizione comunque indispensabile: sono
i giovani a doversi muovere e
non aspettare la pappa preconfezionata che arriva da
chissà chi e chissà dove. Il
prossimo appuntamento: convegno Fgei del 7-8 febbraio
sull’«Arte».
In vai Pellice
Predicazione
e missione
La piccola comunità di salutisti presente sul territorio
della vai Pellice ha la sua sala
di adunanza e i suoi capitani a
Torre Pellice, dove da circa
diciotto mesi vivono Allister e
Lesley Du Plessis con i loro
due bambini. «La nostra comunità conta una cinquantina
di membri, fra aderenti, amici
e salutisti; si tratta per lo più
di anziani, ma non disperiamo
di avere prima o poi anche dei
giovani», dice il capitano Du
Plessis. La giovane coppia sta
con successo integrandosi nel
territorio ed entrambi si dicono soddisfatti della partecipazione alle attività proposte: la
riunione di santificazione della domenica mattina, la riunione di preghiera del martedì
pomeriggio e il quindicinale
incontro dell’Unione femminile del mercoledì. «Ci dispiace non avere avuto sino ad
oggi successo con la proposta
avanzate a mamme e bambini
per creare un club, un punto
di incontro presso la nostra
sede per far stare insieme
bimbi e madri - dice la capitana Lesley - tuttavia rilanciamo l’invito a ritrovarsi, sperando in qualche adesione».
Tra i progetti a Torre Pellice
al momento c’è quello di aderire e proporre quindi anche
sul nostro territorio il Banco
alimentare, già sperimentato
con successo a Torino, per
raccogliere cibo per i poveri.
Nelle
Chiese
Valdesi
I DISTRETTO — Sabato
31 gennaio dalle 9,15 alle 12
alla chiesa valdese di Pinerolo incontro delle chiese del
I distretto, con meditazione
a cura di Paolo Ribet e introduzione di Yann Rédalié sul
tema «Le pastorali».
ATTIVITÀ SCOUTISTICHE I DISTRETTO
— Sabato 24 gennaio e domenica 25 dalle 16,30 fine
settimana sulla neve con i
gruppi riuniti presso il centro dell’Esercito della Salvezza di Bobbio Pellice.
CASA DELLE DIACONESSE — La Casa delle
diaconesse cerca volontari/e
per eseguire i lavori di pulizia dei locali ristutturati della casa in viale Gilly; chi è
disposto ad offrire qualche
ora di lavoro è pregato di rivolgersi all direzione presso
l’Hôtel du Parc, tel. 91254.
r CIRCUITO — Ve
nerdì 23 gennaio alle 20,45
alla Foresteria valdese incontro ecumenico, di riflessione e preghiera, organizzato dal 1° circuito delle chiese
valdesi e dalla zona pastorale della vai Pellice della
Chiesa cattolica, con tavola
rotonda sul tema «Essere
chiesa tra storia e riconciliazione e perdono», intervengono don Mauro Roventi
Beccari e il pastore Pasquet.
CULTO ALL’OSPEDALE — Giovedì 22 gennaio
culto all’ospedale di Torre a
cura dalla chiesa di Rorà,
giovedì 29 culto a cura della
chiesa di Bobbio Pellice.
YWCA-UCDG — A Villa Elisa, alle 15,15 venerdì
30 gennaio. Laura Nisbet e
Elena Ravazzini presentano
«Ditaolame ripopola il mondo, 15 racconti del popolo
dei Basotho».
ANGROGNA — Domenica 1° febbraio nella sala
unionista assemblea di chiesa alle 10, all’odg le finanze.
BOBBIO PELLICE —
Domenica 25 gennaio culto
con insediamento dei nuovi
anziani.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali alle 20,30: venerdì 23
agli Airali, martedì 27 alle
Vigne, mercoledì 28 ai Peyrot, giovedì 29 al Fondo San
Giovanni. Giovedì 29 gennaio alle 20,45 ultimo appuntamento dello studio biblico sui profeti minori a cura del pastore Berutti.
POMARETTO — Riunioni quartierali: venerdì 23
alle 20,30 a Perosa, mercoledì 28 alle 20,30 ai Maurini. Giovedì 22 gennaio incontro di cultura religiosa
deU’Unitrè. Unione femminile: incontro all’Inverso venerdì 23 gennaio. Culto al
Centro anziani venerdì 30
gennaio.
PRALI — Riunione quartierale venerdì 23 alle 20 a
Ghigo. Lettura del libro degli Atti degli Apostoli mercoledì 28 gennaio.
RORÀ — Giovedì 22
gennaio studio biblico alle
20,30 alla sala Morel. Giovedì 29 gennaio riunione
quartierale alle Fucine.
TORRE PELLICE —
Riunioni quartierali: martedì
27 gennaio ai Simound, venerdì 30 agli Appiotti. Domenica 25 gennaio culto con
colletta per la Missione
evangelica contro la lebbra.
L’Unione femminile andrà
in visita all'Asilo valdese di
San Giovanni lunedì 26 gennaio, sarà organizzato il trasporto in macchina, appuntamento alle 14 agli Appiotti.
Lunedì 26 ultimo incontro di
discussione sul documento
sinodale suH’ecumenismo,
alle 20,45 al presbiterio.
VILLAR PELLICE —
Riunioni quartierali; venerdì
23 Serre, lunedì 26 Teynaud
e mercoledì 28 al Centro.
10
PAG. IV
« E Eco Delle ^lli "^jldesi
VENERDÌ 23 GENNAIO 1998
HOCKEY GHIACCIO
La Valpe esce male dalla
lunga trasferta di Boscochiesanuova; come nella prima fase del campionato, anche in
questo incontro di play-off i
valligiani si trovano in vantaggio all’inizio del terzo tempo ma crollano nel finale.
Questa volta però alla base
della sconfitta finale ci sono
anche delle ragioni extrasportive. L’arbitraggio, affidato a
una terna del paese della
squadra di casa, è risultato assolutamente non all’altezza:
fischi a senso unico, (2 soli
minuti ai locali e oltre 20 ai
torresi), un gol inesistente ai
Falchi concesso sul 4-4, fuorigioco mai segnalati. Per carità, le partite non si vincono
o perdono mai soltanto a causa degli arbitri; la Valpe, in
vantaggio per 2-0 in apertura
con due reti di Sbicego ha
ben replicato al 2-1 dei veneti
realizzando con Doglio e successivamente ha tenuto a distanza la squadra locale salita
a 2 reti con la quarta segnatura, ad opera di Ermacora. Gli
ultimi sei minuti sono tutti da
dimenticare: poca incisività
in attacco, errori in difesa
malgrado un Tovo super e gli
aiuti dell’arbitro Drizzante
portano i Falchi al successo.
Domenica sera, ore 20,30, a
Torre, arriverà il Como, squa
dra che punta alla promozio
ne in serie A.
una sola sconfitta si sono aggiudicati il campionato. Nelle
varie partite si sono alternati
Ghirardotti, Reynaudo, Mauro Cesano e Simone Odino.
Ottimo quinto posto per Alberto Picchi a Moncalieri in
un torneo riservato ai non
classificati, mentre Franco
Picchi e Andrea Girardon sono stati eliminati nei sedicesimi di finale.
Una minitournée
Il Coro
argentino
di Rafaela
CALCIO
Inutile pari del Pinerolo:
due volte in vantaggio, due
volte raggiunto; il Pinerolo
non riesce a battere neppure
la Valenzana in casa e pregiudica ulteriormente la propria
classifica. Il 2-2 conclude una
partita che nessuno avrebbe
meritato di vincere e soprattutto lascia strascichi pesanti
con risse fra giocatori e dirigenti delle due società.
VOLLEY
TENNIS TAVOLO
Con il nuovo regolamento
il campionato di D3 provinciale si è svolto a Torino in
due giornate; hanno partecipato le squadre dell’Enel Torino, il Rivoli, la Valpellice,
il K2 Torino e il Valledora di
Alpignano. Buona la prestazione dei valligiani che con
Prosegue il momento buoio
del Magic Traco in B1 femminile; le pinerolesi sono state battute in casa per 3-0 dal
Pink volley; netta invece la
vittoria del Body Cisco in B2
a Massa per 3-0. Nei settori
giovanili una sola sconfitta
per il 3S e tante vittorie: nel
derby fra 3S e Body Sistem
del campionato Allievi, il 3S
ha battuto l’altra compagine
pinerolese per 3-0; fra i ragazzi il 3S ha battuto il San
Paolo per 3-1, nel settore júniores il 3S ha superato il
Valli di Lanzo per 3-2, fra le
allieve successo del 3S per 30 sul Volverá, in 2“ divisione
maschile successo per 3-2 del
3S sul Villafranca e nel campionato ragazze vittoria del
3S per 3-0 sul Porte; unica
sconfitta in 2“ divisione femminile, per 3-2 a Volverá.
Martedì 27 gennaio, alle
ore 21, a Bobbio Pollice nel
tempio valdese, e venerdì 30
gennaio sempre alle 21 a Luserna San Giovanni, chiesa
del Sacro Cuore di Gesù, si
esibirà il Coro de la municipalidad de Rafaela (Santa Fe)
proveniente dall’Argentina.
Il Coro è stato fondato nel
1968 con l’obiettivo di dare
alla comunità la possibilità di
esprimersi attraverso il canto
corale. Dal 1989 è diretto da
Luis Alberto Anseimi, coadiuvato da Susana Bruno per
la preparazione delle voci. Il
Coro svolge un’intensa attività presentandosi periodicamente in diversi centri culturali della sua città, partecipando a recital e incontri musicali in diverse località del
paese, in particolare a Buenos
Aires, Santa Fe e Cordoba.
Ogni anno organizza una rassegna corale alla quale hanno
partecipato i più prestigiosi
cori dell’Argentina e direttori
di livello internazionale; numerosi i premi ricevuti in vari
festival internazionali di cori,
tra i quali quello di Villa Carlos Paz nel 1991.
Il Coro de la municipalidad
de Rafaela, che era già venuto in vai Pollice nel 1992, è
anche gemellato con i cori
«Valpellice» di Torre Pollice
e «Aulas de la torcerà edad»
di Viteria, nei Paesi Baschi
(Spagna). Il repertorio del coro comprende brani della polifonia classica, del canto popolare internazionale, della
canzone latinoameri'cana e
del folclore argentino.
22 gennaio, giovedì — TORRE PELLICE: Presso la biblioteca della Casa valdese, alle
15,30, per l’Unitrè, conferenza
sul tema «11 barocco in Piemonte»; relazione della professoressa Annia Albani.
23 gennaio, venerdì — PEROSA ARGENTINA: Al Centro aperto per anziani, alle 21,
per «Videoforum» verrà trasmesso «Dillinger è morto», di
Marco Ferreri.
23 gennaio, venerdì —
TORRE PELLICE: «Curdi, un
popolo senza stato», è il titolo di
una serata alla Bottega del possibile, in viale Trento 7; inizio
ore 21. Intervengono Masti Fatah
e la giornalista Laura Schrader.
23 gennaio, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alla scuola «De Amicis» alle
17,15 relazione di Enrico Fumerò su «Primo Levi, scrittore per
caso». Alle 21 letture di testi di
Primo Levi «La fatica della memoria» con Marina Bassani.
23 gennaio, venerdì — PINEROLO: Alle 20,45, all’Hótel Cavalieri, Fon. Gianfranco
Morgando, relatore alla Camera
dei deputati sulla legge finanziaria, parlerà sull’argomento.
24 gennaio, sabato — PINEROLO: alle ore 21,30 all’associazione culturale Stranamore,
in via Bignone 89, concerto del
contrabbassista pinerolese Aldo
Mella e dei corsi musicali. Ingresso solo con tessera Arci.
24 gennaio, sabato — PEROSA ARGENTINA: Nella
sala consiliare della Comunità
montana, alle 16,30, presentazione del libro «La bella lavanderina. Ricordi e poesia dal piccolo mondo di Rodoretto» delle
sorelle Breusa, con proiezione
di diapositive della zona di Rodoretto a cura di Claudio Tron.
25 gennaio, domenica — PINEROLO: La compagnia Assondelli Stecchettoni presenta
«4 fiabe in punta di mani», alle
16 aH’auditorium comunale di
corso Piave. Ingresso lire 6.000.
28 gennaio, mercoledì — PINEROLO: Al cinema Ritz, per
Cineforum, proiezione di «Nuvole in viaggio» del regista finlandese Aki Kaurismaki.
29 gennaio, giovedì — TORRE PELLICE: Alla biblioteca
della Casa valdese, per l’Unitrè,
alle 15,30, concerto con Fabio
Buonarota, tromba, e Simona
Premazzi, pianoforte. Musiche
di Honegger, Bernstein, Bozza,
Spriano, Brand.
30 gennaio, venerdì — PINEROLO: alle ore 21,15, l’associazione culturale Stranamore
in collaborazione con «Cinema
giovani» presenta alcuni video
dell’ultima edizione: «È andata
via», di G. Selva, «Luoghi inagibili in attesa di ristrutturazione», di D. Gaglianone, «Borderline», di G. Gebbia, «Pelouche»,
di M. Borgarello e «L’ultimo
paninaro», di A. e G. Marzano.
Per l’ingresso è necessaria la
tessera Arci (lire 15.000).
VALU
CHiSONE > GERMANASCA
Guardia medica:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 25 GENNAIO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - tei. 81261
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica: tei. 932433
Guardia farmaceutica:
TORRE PELLICE — 11 cinema Trento ha in programma,
giovedì 22 gennaio e venerdì
23, ore 21,15, Hana-Bi, Leone
d’oro al Festival di Venezia; sabato 24, ore 20 e 22,10 e domenica 25, ore 16, 18, 20 e 22,10,
lunedì 26, ore 21,15, martedì
27, ore 21,15, Il matrimonio
dei mio migliore amico.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì
23, La dodicesima notte; sabato
Chinese box; da domenica (15,
17, 19, 21) a giovedì. Tre uomini e una gamba. Feriali ore 21.
PINEROLO — La multisala
Italia (tei. 393905) ha in programma, alla sala «5cento» Sette anni in Tibet; feriali 19,45 e
22,2p, "sabato 19,45 e 22,30, domenica 14,45, 17,15, 19,45,
22,20. Alla sala «2cento» è in
visione Punto di non ritorno.
DOMENICA 25 GENNAIO
Bobbio Penice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
PRIVATO acquista mobili vecchi-antichi e oggetti
vari: tei 0121-40181.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
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non può essere venduto separatamente
Reg, Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
Assemblea aperta su:
IRAPe novità creditizie
per le imprese artigiane
Lusema San Giovanni
martedì 27 gennaio 1998alle ore 21
Sala Mostre del Municipio di Lusema - Via Ex Deportati ed Internati
Introduce: Renato Alberti, Direttore CO.G.ART. di Pinerolo
Interverranno: Dott. Antonio Malgeri, Direttore Regionale Artigiancassa
Geom. Mauro Prot, Responsabile sede CNA di Pinerolo
Confederazione Nazionde <ferAitigianato
della Piccola eMedia Impresa
CO.G.ART. Pinerolo
Cooperativa Artigiana di Garanzia
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VENERDÌ 23 GENNAIO 1998
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La Sindone e le prospettive
L'annuncio delle ostensión!
L’annuncio del cardinale Saldarini
di due prossime ostensioni della Sindone, è stato accompagnato da dichiarazioni che sembrano allontanarci dall’impostazione che aveva
dato il cardinale Ballestrero nel 1988.
E intanto è ripresa la campagna
stampa e televisiva fatta di non-notizie, sensazionalismi, dati scientifici
vecchi, discussi e discutibili, fatti
passare per nuovi e definitivi.
Domande
franche e fraterne
Da qui una serie di domande che
esprimiamo con grande e fraterna
franchezza:
- Le ostensioni del 1998 e del 2000
saranno affiancate da una campagna
tesa a dimostrare essenzialmente
l’autenticità della Sindone e a screditare i circoli scientifici e laici e le
Chiese evangeliche che negano questa autenticità fino a quando non sia
dimostrata?
- Le ostensioni saranno affiancate
da una campagna che la celebrerà come un grande evento religioso che
possa fare di Torino una sorta di seconda Roma (e una seconda tappa
dei pellegrini che accorreranno a Roma per l’anno santo del 2000)? In
questo caso la questione dell’autenticità è essenziale perché è difficile
pensare che tanta gente venga a Torino per vedere solo un’immagine, per
quanto affascinante possa essere.
- Oppure, il cattolicesimo torinese
saprà fare delle ostensioni della Sindone un evento più discreto, soprattutto dopo i risultati scientifici del
1988, che, pur non rinnegando la tradizionale devozione per le immagini
e le reliquie che è parte integrante
della prassi e della spiritualità cattolica, la riconosca tutt’al più come semplice sacra immagine con volto di
Cristo (Ballestrero) che invita, credenti e non credenti, alla fede, ma
anche, per esempio, alla riflessione
sulle sofferenze e le ingiustizie del
tempo presente.
cedenti
o
tti
Solo così si spiega il fatto che non
sia stato conservato neppure un
getto appartenuto a Gesù nel cordella sua vita terrena e di cui sa)be stato facile verificare l’autentià. Per la stessa ragione non si capi3 come sarebbe stato possibile
nservare il sudario di Gesù.
1) Non esiste alcuna notizia sulla
idone di Torino prima della metà
[Trecento: questo telo faceva pardei bottino dei crociati che aveva' liberato la città di Smirne dai turi nel 1346, e fu assegnato a GoffreI di Charny, piccolo feudatario di
rey (Francia).
e) Le origini della Sindone in Frana sono state ricostruite su docuenti originali d’archivio, mai constati, da un grande storico cattolico
ledievalista, il canonico prof. Ulisse
hevalier tra il 1899 e il 1903. In una
¡rie di testi (pubblicati in Francia e
portanti tutti regolare «imprimar» della diocesi di Valence e coniltabili alla Biblioteca Nazionale di
nino), Chevalier dimostrò che:
- Goffredo e i suoi eredi sapevano
le si trattava di una copia o riproizione («figure ou représentation»)
ilTautentica Sindone di Gesù;
- ci fu l’opposizione del vescovo di
rey quando la vedova di Goffredo e
;anonici del luogo pensarono di
'Stenderla»;
■ quando, nel 1390, ci fu l’autoriz
/ problemi da
ajfrontare si
situano dunque
sia sul piano
storico, teologico
e scientifico, sia
(e vorremmo
che i cattolici
prendessero
molto sul serio le
preoccupazioni
di parte
evangelica) sul
piano della
L'ealizzazione
pratica delle
ostensioni
('htroduzione al documento)
zazione all’«ostensione» del papa
avignonese Clemente VII fu posta la
condizione che non si accendessero
candele e che si dicesse ad alta voce
al popolo che si trattava solo di un
«imitazione o copia » della vera Sindone di Gesù; furono poi i Savoia a
richiedere con insistenza e ottenere
nel 1506 da Giulio II l’approvazione
della «Messa della Sindone».
Lo stesso Chevalier, in un suo testo
del 1903, ricorda che nella primavera
del 1902 papa Leone XIII chiese un
parere alla Congregazione vaticana
delle indulgenze e delle reliquie che
diede un responso negativo sull’autenticità («non sustinetur»), parere
che non fu divulgato, sembra, per
non turbare i già difficili rapporti con '
i Savoia.
f) La Sindone potrebbe essere stata effettivamente fabbricata da abili
artigiani bizantini specializzati in
icone (e reliquie) con il metodo del
rilievo bronzeo riscaldato. Perché
stupirsene? In Oriente si producevano bellissime icone (e reliquie) per la
venerazione e la pietà personale e
collettiva. Ricordiamo che dopo la
quarta Crociata (1205-1206), deviata
su Costantinopoli, l’Europa fu inondata da una tale massa di false reliquie, tanto che il fV Concilio Lateranense del 1215 dovette emanare
norme molto precise al riguardo («Il
fatto che alcuni espongano qua e là
le reliquie dei santi per venderle ha
causato frequenti attacchi contro la
religione cristiana ... Quanto alle
nuove reliquie nessuno potrà venerarle pubblicamente prima che siano state approvate dalTautorità del
romano Pontefice», cap. 62, Denzinger n.818-819, p.467).
Le prove di laboratorio
del prof. Pesce Delfino
A questo proposito le prove di laboratorio effettuate dal prof. Vittorio
Pesce Delfino, medico chirurgo e
specialista in Anatomia e Istologia
patologica e docente di Antropologia
presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Bari sono veramente interessanti e il fatto che non se ne parli
non ne diminuisce il valore e significato scientifico proprio perché
sull’argomento - duole dirlo - hanno
vinto gli interessi più forti e non il serio dibattito storico scientifico. Il suo
lavoro è pubblicato in E l’uomo creò
la Sindone, Dedalo, Bari 1982.
Più rispetto per le scienze
Da tutte queste considerazioni si
ricava che la Sindone non è avvolta
affatto da un mistero, ma semplicemente da una serie di elementi che
rendono difficile anche solo ipotizzarne l’autenticità. Noi abbiamo
proprio la sensazione che ci sia un
accanimento nella ricerca di prove a
sostegno e, contemporaneamente,
una denigrazione costante e violenta
delle tante prove contrarie (bibliche,
storiche, scientifiche...). Dopo che la
Chiesa cattolica ha riconosciuto lo
sbaglio commesso con Galileo, ci
aspettiamo che su tutte le questioni
ci sia un grande rispetto per le varie
scienze e per la loro autonomia.
L'analisi del Carbonio 14
Finalmente, nel 1988, dopo innumerevoli resistenze e polemiche, i risultati delle analisi del Carbonio 14
effettuate da tre laboratori di ricerca,
molto noti per la loro serietà e indipendenza (sono gli stessi che hanno
«datato» i famosi e importanti manoscritti del Mar Morto), a Tucson in
Arizona, a Oxford e Zurigo, stabilirono concordemente che il telo della
Sindone era stato fabbricato tra il
1260 e il 1390. L’annuncio fu dato
pubblicamente il 13 ottobre 1988 nel
chiostro di Maria Ausiliatrice dal cardinale Ballestrero alla presenza anche di Joaquin Navarro Valls, direttore della Sala stampa vaticana. In
quell’occasione, il cardinale disse:
«L’estensione della Sindone conserva il suo valore come oggetto di culto, sacra immagine con volto di Cristo ... la Sindone ha una sua autenticità come immagine, il cui valore è
preminente rispetto all’eventuale valore di reperto storico». Per noi il discorso sull’autenticità era chiuso.
Altre verifiche
Ma nell’agosto del ’90, lo stesso
Navarro rende noto che il Vaticano,
in accordo con il nuovo arcivescovo
di Torino, Saldarini, ha in programma altre verifiche perché, secondo
Navarro, l’esame del carbonio 14 «è
un dato sperimentale tra gli altri, con
la validità e anche i limiti degli esami
settoriali, che sono da integrare in
un quadro multidisciplinare». Il fatto
è che questo«dato sperimentale tra
gli altri» è l’ultimo di una catena di
evidenze contrarie all’autenticità
della Sindone.
Conclusione
Che senso ha preoccuparsi di rintracciare segni e oggetti materiali appartenuti al Figlio di Dio fatto uomo?
Il Cristo vivente ha lasciato a coloro
che lo amano e osservano la sua parola non degli oggetti, ma il dono
dello Spirito Santo e la promessa che
egli stesso e il Padre dimoreranno
presso di loro (Giovanni 13, 25).
Poiché siamo chiamati a riporre la
nostra fede in Gesù Cristo e in colui
che lo ha mandato, ricercare dei segni o degli oggetti per avvalorare il
nostro credere non è sfiducia? La venerazione della Sindone si trova in
contraddizione con la sovranità di
Dio che ha scelto una sola via per comunicarci la salvezza e la riconciliazione: Cristo Gesù e la sua croce,
scandalo e pazzia per coloro che non
credono. Questo è l’unico segno che
ci è stato lasciato, per la nostra fede.
Non è dal vedere un volto raffigurato
in un lenzuolo che può nascere o aumentare la nostra fede in Gesù Cristo, ma dall’attenersi fermamente alla testimonianza della Bibbia, la parola di Dio che ci ammonisce: «...le
cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne» (2 Corinzi 4, 18).
In alto
Copia tedesca
della Sindone di
Lirey-Chambery
Sopra
Il castello sabaudo
di Chambery
A sinistra
La più antica
immagine della
Sindone
A destra
Il punto della
Sindone (vedi
freccia) da cui
vengono estratti i
campioni per
l’esame al
carbonio
Noi preghiamo il Signore che sospinga tutti gli uomini e le donne a
riprendere con forza e con gioia l’annuncio che «Dio ha tanto amato il
mondo, che ha dato il suo unigenito
figlio, affinché chiunque crede in lui
non perisca, ma abbia vita eterna»
(Giovanni 3, 16). Gesù ha detto: «Io
sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo
di me» (Giovanni 14, 6) e ancora: «Io
sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente» (Matteo 28,20).
Con questa certezze e fidando su
queste promesse, volgiamo lo sguardo non al passato, ma al futuro di
Dio, vivendo coerentemente il presente, nella grazia del Signore Gesù
Cristo, nell’amore del Padre e nella
comunione dello Spirito Santo.
Torino 15 gennaio 1998
Per gli evangelici torinesi:
Antonio Rocca
(Assemblee di Dio in Italia)
Sergio Scarni
(Centro di unione cristiana)
Emmanuele Paschetto
(Commissione evangelica
per recumenismo)
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 23 GENNAIO 1998
VEN
L'impegno della Fcei nelle zone terremotate
Un viaggio infinito
Si rimane colpiti dalla dignità delle popolazioni locali
e dal loro impegno per la ricostruzione dopo il sisma
EUGENIO RIVOIR
TI sembra di avere visto
tutto, ormai: invece devi
ricominciare da capo. Le
strade che attraversano le zone colpite dal terremoto vanno in tre direzioni. Partendo
da Foligno puoi salire a Colflorito e poi buttarti nella vai
di Chienti (verso Camerino):
oppure puoi piegare verso
Norcia e Cascia, oltre Sellano,
e arrivi in vai di Nera. L’ultima direzione, che non avevamo ancora percorso, è quella
della via Flaminia, che incontra l'Adriatico nei pressi di
Fano: è la strada che sale a
Nocera Umbra.
Nocera è una cittadina di
poco più di 5.000 abitanti; la
città vecchia è appollaiata su
un colle e di lì si gode un bellissimo panorama verso la
valle del Topino. Ma il comune di Nocera è vastissimo, ci
sono frazioni lontanissime
una dall’altra. Noi stiamo andando verso Gaifana, a una
decina di chilometri sulla
strada che porta a Fabriano.
Siccome il traffico è intensissimo (autocarri, ambulanze,
mezzi dei vigili del fuoco,
enormi Tir che portano container) ci sembra di non arrivare mai; sulla sinistra e sulla
destra, ogni tanto, accampamenti, baracche sistemate
meglio che si può. Poi, tutte
avvolte su se stesse, le case di
Gaifana. Naturalmente, siccome questo è l’ultimo posto
del nostro giro tra l’Umbria e
le Marche, i lavori di ricostruzione e di sistemazione sono
già cominciati da un bel po’.
Ci aspetta, presso la scuola
elementare e materna, una
signora del posto, preoccupata perché la ditta che si è
impegnata per i primi lavori è
in ritardo di alcune ore; con
lei, alla ricerca delle chiavi di
una casa abbandonata dopo
le prime scosse, un geometra
mandato lì dall’amministrazione provinciale a sorvegliare le varie tappe dei lavori da
fare. Intorno, nel silenzio
■ Genova
L'impegno
cristiano
per il Natale
ERMINIO PODESTÀ
scosso ogni tanto dal rumore
delle macchine che scavano e
che «fanno ordine», tutto
sembra aver ripreso il proprio ritmo: i bambini nella
scuola, che è sistemata in
una baraccopoli a poche centinaia di metri, gli adulti, decisi a superare l’emergenza, a
piccoli gruppi discutono e si
danno da fare.
Se si guarda con superficialità sembra che non sia
successo niente (le baraccopoli non si vedono quasi, se
passi in fretta; le strade sono
anche qui rimesse a posto
quasi completamente; la
gente sembra sapere che cosa fare ed è impegnata nel
proprio lavoro come se avesse sempre saputo come farlo). Insomma, ti sembra di
trovarti accanto a gente che
non ha perso la testa; c’è da
fare qualcosa, e lo facciamo
(se poi qualcuno ci aiuterà,
ne saremo grati e lavoreremo
insieme: non è gente che
chiede elemosina, anzi accoglie chi viene da fuori con
grande dignità). Noi, inviati
in queste zone colpite come
rappresentanti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, naturalmente
cerchiamo di capire e di vedere; ascoltiamo le proposte
di amministratori e di tecnici, portiamo solidarietà ma
cerchiamo anche di intervenire usando dei soldi che, in
tutta Italia, si stanno raccogliendo.
Perciò, mentre torniamo
verso Perugia, che è il luogo
da cui partiamo ogni volta, riflettiamo, analizziamo le proposte, discutiamo anche molto animatamente e formuliamo progetti che sottoponiamo al Consiglio della Fcei; poi
ritorneremo a vedere, a capire meglio, a discutere con
amministratori e con tecnici,
di nuovo, senza stancarci e
cercando di non stancare chi
è sul posto, che ha già tante
cose da fare. Agli amici lettori
cerchiamo almeno di fare capire; prossimamente, in un
articolo conclusivo, diremo
quali sono i progetti che la
Fcei ha deciso di finanziare.
Martedì e gennaio, nella chiesa battista di via
Vernazza, si è concluso il periodo natalizio con la tradizionale Festa dell’albero. Al
cospetto di un centinaio di
persone, vari gruppi, dai più
piccoli agli adulti, presentati
dal pastore Mark Orde, si sono improvvisati attori. Fra
una recita e l’altra la corale
ha eseguito alcuni canti di rara maestria. Anche l’organista, maestro Carlo Corsani,
ha allietato i presenti con un
interludio molto bello.
Si è trattato di una mattinata trascorsa all’insegna
della fraternità e della gioia di
stare insieme in serenità alcune ore. Le recite dei ragazzi
erano impostate sui valori
importanti del Natale che
non sono quelli del consumismo, ma piuttosto quelli consistenti nello spezzare le barriere fra bianchi e neri, fra
poveri e ricchi all’insegna di
quanto hanno cantato gli angeli sulla grotta di Betlemme:
«Gloria a Dio nel più alto dei
cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà».
Gli adulti invece hanno
presentato una recita allegra
a dimostrazione del fatto che
fraternizzando si può anche
scherzare. La corale ha concluso il trattenimento con il
seguente canto molto bello:
«C’è una candela in ogni
cuor/ Qualcuna brilla qualcuna no;/ lo Spirito viene Faccende e poi/ vi entra‘dentro
lo scalda ognor...».
Tutti i presenti hanno capito che l’impegno di un cristiano, con la nascita di Gesù, è quello di contribuire a
far brillare la luce della verità
e dell’amore nel mondo intero. C’è stato in tutti i presenti
il desiderio che il Signore
venga di nuovo a rinascere
su questa terra, su questo
suolo di miseria dove manca
la verità, venga come la luce
dell’aurora dopo la lunghissima notte, venga a illuminare
le strade dove gli uomini non
si conoscono.
■A Costituito ili 3 gennaio scorso
Anche a Milano un Consiglio
delle chiese cristiane
Si è costituito il 13 gennaio
alla curia arcivescovile il
Consiglio delle chiese cristiane di Milano, il secondo nel
suo genere in Italia dopo il
Consiglio delle chiese cristiane di Venezia (1993); presenti le delegazioni di tutte le
chiese del capoluogo lombardo, una dozzina in tutto,
rappresentate da una cinquantina di persone. Tutti i
presenti hanno firmato l’atto
costitutivo del Consiglio, che
vuole essere una «comunione di chiese che confessano
il Signore Gesù Cristo come
Dio Salvatore secondo le Sacre Scritture», come si legge
nello Statuto. Ne fanno parte: la Chiesa anglicana, la
Chiesa cattolica ambrosiana,
la Chiesa copta ortodossa di
Egitto, la Chiesa copta ortodossa di Eritrea, la Chiesa cristiana protestante (luterana e
riformata), le chiese evangeliche battista, la Chiesa evangelica metodista, la Chiesa
evangelica valdese, la Chiesa
ortodossa romena, la Chiesa
ortodossa russa (Patriarcato
di Mosca), la Chiesa veterocattolica e l’Esercito della Salvezza. Per gli evangelici erano
presenti all’atto costitutivo
tutti i pastori della città.
Le finalità del Consiglio sono, tra le altre, testimoniare
insieme il Vangelo di Gesù
Cristo: coltivare nelle chiese
una mentalità ecumenica; favorire la corretta e reciproca
conoscenza delle chiese; studiare e sostenere insieme delle attività ecumeniche; prestare attenzione alla correttezza dell’informazione sulle
chiese nei mezzi di comunicazione sociale: il Consiglio
come mezzo e come luogo,
dunque, per un ecumenismo
reale, concreto. L'Assemblea,
costituita dalle delegazioni
delle chiese, dovrà ora procedere alla elezione del Comitato di presidenza, che sarà
composto da tre membri appartenenti a confessioni diverse. La presentazione del
neocostituito Consiglio delle
chiese cristiane di Milano alla
comunità dei fedeli, che volutamente si svolge nell’ambito
della Settimana di preghiera
per l’Unità dei cristiani, avverrà il 24 gennaio, alle ore 21,
nella chiesa valdese di Milano, (via Sforza 12a), con gli interventi del card. Carlo Maria
Martini e del teologo cattolico
Gianfranco Ravasi. Saranno
presenti i rappresentanti di
tutte le chiese di Milano.
A 150 anni dalle Lettere Patenti
Torino: «Giovedì valdesi» per
ricordare una storia di libertà
Si è aperto giovedì 15 gennaio, con una lezione del
prof. Umberto Levra (docente di Storia del Risorgimento
presso la Facoltà di Lettere)
sul tema «Il 1848 in Europa e
in Italia» il «viaggio» nella
storia del nostro paese nella
prospettiva della minoranza valdese che nel 1848 ottenne i diritti civili. La serie
di incontri, organizzati dalla
Chiesa valdese di Torino e
dal Centro evangelico di cultura «Arturo Pascal», prende
le mosse dalla considerazione che i valdesi e gli altri
evangelici hanno «saputo
trasformare questo atto di
tolleranza nel punto di partenza per affermare nel nostro paese il principio della
libertà di coscienza, oggi accolto dalla Costituzione» (art.
35 del Sinodo 1997).
I «Giovedì storici valdesi»
dunque esprimeranno il
punto di vista di una minoranza che aveva ricevuto la
«libertà» di predicare l’Evangelo ma cbe, per coscienza
evangelica, si è trovata a lottare per la libertà in senso
globale. I valdesi scommisero contro tutto: contro la tradizione e contro la religione,
perché si appassionarono a
un progetto secondo il quale
l’Italia poteva nascere come
paese civile: un paese che, allora, nel 1848, ancora non
esisteva. Questo fu un segno
che tuttora si vuole mantenere vivo.
Gli incontri, coordinati dai
pastori Giuseppe Platone e
Mauro Pons, si tengono nel
salone di corso Vittorio Emanuele II, 23 (ore 16) e nel salone di via Pio V, 15 (I piano) alle 20,45 con il seguente calendario: 22 gennaio, I valdesi
tra fine ’700 e metà dell'SOO: la
teologia valdese tra razionalismo e pietismo (G. Tourn); 29
gennaio. Lo Statuto alhertino;
l'avvio del processo costituzionale italiano (G. Pene Vidali);
5 febbraio. La costituzione
deiritalia: risorgimento, liberalismo, e socialismo (M. L.
Salvadori); 12 febbraio, / vaidesi e l’Italia (M. Pons); 19
febbraio, L’Italia tra le due
guerre (G. Rochat); 26 febbraio, Valdesi, fascismo e Resistenza (G. Rochat); 5 marzo.
Dalla Liberazione alla Seconda Repubblica (N. Tranfaglia);
12 marzo, / valdesi tra Liberazione e Seconda Repubblica
(G. Bouchard); 19 marzo. Vaidesi e ebrei centocinquanta
anni dopo (D. Garrone).
SETTIMANA DELLA LIBERTA 1998
Scheda di prenotazione
La libertà degli altri
1848-1998,150“ anniversario
delle libertà civili a valdesi ed ebrei
scheda di prenotazione dei materiali
a cura della Fcei e della Uicca
Vogliate inviarmi:
n.....copie dell’opuscolo La libertà degli altri a lire
10.000 cadauna più spese postali
n....copie dell’opuscolo La libertà degli altri, che riti
rerò presso il corrispondente regionale da voi indicato, a tire 10.000 cadauna, franco spedizione.
n....copie del manifesto con il motto e il logo della Set
timana a lire 2.000 cadauno (oppure a lire 1.000 cadauno per
ordini di almeno 10 copie), più spese postali (oppure senza
spese per chi ritira presso il corrispondente regionale).
Nome e cognome.....
via........•.......
codice postale e città.
Pagherò al ricevimento, utilizzando il conto corrente postale allegato al pacco.
Inviare questa cedola di prenotazione a:
Settimana della Libertà, c/o Confronti
via Firenze 38, 00184 Roma fax 06-4827901 o 4828728
In occasione del 150° anniversario delle Lettere Patenti, la
Fcei e l’Unione Italiana delle chiese cristiane awentiste (Uicca) hanno prodotto congiuntamente una serie di materiali sul
tema della libertà religiosa; un opuscolo di 96 pagine (La libertà degli altri), un manifesto a colori e un calendarietto tascabile (in omaggio a chi acquista opuscolo e/o manifesto).
Per ordinare i materiali servitevi di questo tagliando, oppure
telefonate ai numeri 06/4820503 oppure 4825120.
Chiesa battista di Siracusa
Dicembre ricco di iniziative
per la testimonianza
ENRICO MALTESE
UN dicembre da non dimenticare per la chiesa
di Siracusa. È iniziato con la
visita di Bruna Peyrot che,
nel corso di una piacevole incontro, organizzato dal Centro culturale M. L. King, ci ha
presentato il suo libro Prigioniere della torre. Nel quadro
dei rapporti ecumenici già
consolidati, due incontri con
Carmine Di Sante, esperto di
letteratura e cultura ebraica,
ci hanno dato l’occasione di
ripensare le radici ebraiche
della fede cristiana. Un culto
in comune a Fioridia ha visto
le due comunità raccolte per
la preghiera delle «donne
battiste». Ottima la conduzione della giornata, ad opera
delle donne, e buona anche
la colletta per i vari progetti
proposti. L’assemblea annuale di chiesa ci ha consentito di aggiornare il regolamento di chiesa, di ammettere due sorelle quali nuove
componenti della comunità e
di svolgere con gioia tutte le
altre incombenze che una assemblea prevede.
Accogliendo l’invito dell’Istituto di studi mediterranei
universitari, una realtà cittadina di punta, abbiamo partecipato all’incontro-conferenza con Abdessalom Najjar, Daphna Schwartz e Bruno Segre, rappresentanti di
Nevé Shalom-Wahat al Salam, il villaggio che in Israele
vuole essere un’oasi di incontro fra palestinesi e israeliani e una scuola di pace per
tutti. Lea Barreca, con una
piacevolissima lezione-conferenza, ci ha ottimamente
documentati e stimolati a
pensare in maniera nuova il
problema della bioetica con
particolare riferimento alla
maternità assistita. Il coro al
completo ha risposto all’invito giunto dalla chiesa battista
di Catania e si è esibito nel
corso di un seminario che vari organismi catanesi antirazzisti, e sensibili al problema
dell’immigrazione, tenevano
nei locali della chiesa. Con la
consueta visita mensile, nel
corso della quale il pastore
Salvatore Rapisarda ha tenuto un sermone di Natale anti
cipato, si è voluto risponde«
all’invito della chiesa filippi
na di Reggio Calabria.
L’assenza del pastore ha visto ancora le donne, specialmente Teresa Ferro e Claudia
Patané, impegnate nella conduzione del culto e della predicazione. Il culto di Natale,
come pure le altre «normali»
attività di chiesa, sono stati
tutti momenti forti di spiritualità e di servizio a Dio e a
chi ci sta accanto. Per accogliere l’invito di don Carlo
D’Antoni, parroco della parrocchia con cui nel corso degli anni sono stati tenuti significativi momenti di collaborazione, l’ultima domenica
dell’anno abbiamo partecipato, con i nostri canti, alla
messa pomeridiana. Nel corso della predicazione il past
Rapisarda, predicando sul tema proposto, ha fatto rilevare
la centralità della famiglia
(casa) per lo sviluppo della
chiesa primitiva, e ha sottolineato come non si possa parlare di un’etica per celibi o
nubili e di un’altra per chi vive la realtà della famiglia.
Tempio e famiglia, ha detto,
si completano nella misura in
cui il tempio-chiesa viene
vissuto come una famiglia e
non come luogo per attività
liturgiche saltuarie; la famiglia, a sua volta, va vista anche come luogo di preghiera,
di servizio e di educazione alla fede. L’anno si è chiuso
con un’agape ecumenica e
interreligiosa di fine anno a
cui, oltre ai cattolici, hanno
partecipato curdi, singalesi,
indiani e immigrati di varie
nazionalità. Le collette delle
due attività ecumeniche sono
state devolute a progetti di
sviluppo in Africa.
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venerdì 23 GENNAIO 1998
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Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
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Giornata di solidarietà con la Missione evangelica contro la lebbra
Una battaglia per la dignità umana
L'attività di medici e infermieri non vuole ottenere la sola guarigione fisica
ma cerca di favorire il pieno reinserimento dell'ammalato nella società
ALBERTO CORSANI
COME aiutare gli ammalati di lebbra? 11 quesito è
al tempo stesso semplice e
complicato. Semplice perché,
come dice Archimede Bertolino, pastore a Terni e diaspora e da anni colonna del
Comitato italiano della Missione evangelica contro la
lebbra, si tratta di pregare
«perché il Signore sostenga
chi lavora in prima linea e
per gli ammalati»; complicato perché questi due requisiti
non sono propriamente al
centro delle nostre preoccupazioni, e quand’anche vi
siano la nostra inadeguatezza
sembra comunque tale da
scoraggiare. Tanti sono i problemi, infatti, che gli operatori e i sostenitori della Missione, con la quale le chiese
metodiste e valdesi si sentiranno in comunione domenica 25 gennaio, affrontano
ogni giorno nello svolgimento della loro vocazione. Problemi anche d’attualità politica e addirittura bellica: «La
disastrosa situazione politica
nell’ex Zaire - prosegue Bertolino - ha coinvolto direttamente anche la nostra Missione; il dottor Booth, responsabile per l’Africa, ha
scritto che è miracoloso che
le persone possano sopravvivere in tali condizioni; ma è
miracoloso anche come il
personale continui a lavorare
con dedizione. Quando poi
alcuni missionari furono presi in ostaggio ii personale europeo fu evacuato; si ebbe
anche notizia che a Lamara i
ribelli al governo avevano uc
Jean Watson e la fisioterapista Wei neii’ospedaie cinese di Tai Xing
clso anche alcuni ammalati
ricoverati nel nostro Centro,
portando via auto e medicinali e distruggendo le apparecchiature mediche». Altre
difficoltà vengono dalle situazioni ambientali: in maggio un terribile ciclone ha
provocato la distruzione di
una clinica a Potiya e delle
abitazioni del personale a
Chittacong, nel Bangladesh.
Non mancano tuttavia i segnali di speranza, che incoraggiano a proseguire questa
battaglia, che ha come obiettivo, lo ricordiamo, non solo
la guarigione clinica degli
ammalati ma anche e soprattutto il loro reinserimento sociale e la piena riappropriazione della loro dignità. «In
Cina, dove la Missione collabora da anni con il governo,
la fisioterapista Jean Watson
ha ricevuto per la sua attività
il premio internazionale
Gandhi, e ultimamente prosegue il pastore Bertolino
- lo stesso ministero della Sanità ha invitato la nostra missionaria Angelika Piefer a sviluppare in sei mesi un programma di riabilitazione degli ammalati. Anche in Vietnam le autorità governative
hanno chiesto alla Missione
di collaborare alla lotta contro la malattia mentre in Indonesia, dove in questi ultimi
anni l’attenzione era puntata
di più sui programmi di cura,
cerchiamo di responsabilizzare le chiese locali a interessarsi al problema lebbra adoperandosi a far cadere i pregiudizi, che sono ancora tanti, dando corrette informazioni sulla lebbra e organizzando in loco associazioni di
aiuto a chi ne è colpito».
Anche in India, che storicamente è il paese più coinvolto dal problema, con il suo
miliardo di abitanti, il lavoro
progredisce, nella linea che
evidenzia il dottor Babu: «Nel
1874 W. Bailey iniziò l’opera
della Missione contro la lebbra in India con la piccola
somma di 30 sterline. Questo
piccolo seme ha portato molto frutto, oggi la Missione vi
possiede o sostiene 69 ospedali, inoltre ha 32 progetti in
16 stati delTIndia...».
Fin qui l’aggiornamento
che ci dà Bertolino. E da altri
dati forniti dai dirigenti della
Missione si evince che il numero dei nuovi casi è purtroppo aumentato, mentre si
è potuto estendere il lavoro
di ricerca degli ammalati in
nuove zone. Nel 1999 si ricorderanno i 125 anni di attività
dell’organizzazione e si studieranno le strategie per il
nuovo millennio; si tratterà
di accettare molte sfide; prevenzione, riabilitazione, educazione sanitaria, ricerche
scientifiche, usando ogni risorsa nei progetti più urgenti:
il Programma polichemioterapico per l’eliminazione della lebbra (AmpleJ, in collaborazione con il governo indiano, un programma di servizio
nelle carceri e uno di costruzione di unità abitative con
garanzie di igiene per gli ammalati. Quest’anno la Tavola
valdese ha contribuito con 60
milioni (presi dall’otto per
mille) al sostegno di due programmi, mentre le Assemblee di Dio in Italia hanno
contribuito con 10 milioni: a
livello di comunità locali 54
chiese valdesi, 21 metodiste e
23 battista hanno indirizzato
le loro collette alla Missione,
così come 31 Assemblee dei
Fratelli, 12 apostoliche oltre a
scuole domenicali e unioni
femminili. L’opera continua.
Si è svolto a Santa Severa il campo famiglie tra il 22 e il 28 dicembre
L'importanza del canto nella comunità dei credenti
ROSSANA DI PASSA
La musica è il mezzo di comunicazione per eccellenza perché supera le barriere della lingua e della cultura utilizzando canali che
hanno a che fare non con la
superficie, ma con la sostanza dell’essere umano. Alla
musica aggiungiamo le parole, magari quelle che scaturiscono dalla Parola, e avremo
il mezzo di comunicazione
principe per la chiesa: il canto. E proprio «Il canto e la lode» è stato il tema del campo
famiglie che si è svolto al Villaggio della gioventù di Santa
Severa dal 22 al 28 dicembre.
I campisti, guidati dal pastore Claudio Musto, hanno riflettuto sull’importanza del
canto nella chiesa, partendo
da un excursus storico, teologico, esegetico e filologico.
Si è appreso che il canto è
stato sempre una componente importante del culto a Dio
fin dall’antichità. Nell’Antico
Testamento troviamo i Salmi
e i racconti dei canti danzati
dal re Davide. Anche nel
Nuovo Testamento compaiono canti bellissimi; la chiesa
primitiva nel III secolo accoglie la riforma ambrosiana e
gregoriana per avvicinare il
canto alle esigenze della
chiesa. E Lutero riscoprirà
' importanza del canto: tutti i
credenti possono rivolgersi a
Dio, e nella propria lingua. Il
riformatore stesso scrive degli inni partendo dal messaggio evangelico, mentre Calvino teme che il canto sia elemento di «distrazione» dalla
Parola. Con il metodismo il
canto viene potenziato (Wesley scrisse ben 7.420 inni), e
nuovi inni vengono scritti
nell’Italia protestante in epoca risorgimentale.
Si è rilevato che il contenuto degli inni rispecchia la riflessione teologica e la situazione storica dei tempi in cui
essi sono stati scritti e che la
chiesa ne produce in maggior
quantità quando è più entusiasta e attiva. A tale proposito, il fatto che l’Innario cristiano in uso nelle chiese della Fcei, risale al 1969 e che la
maggior parte degli inni che
contiene erano già presenti
nell’edizione del 1922, può
essere colto come un segno
di crisi. In realtà dal 1959 a
oggi la chiesa non è stata
sempre silenziosa, o meglio
non ha solo cantato inni prodotti da altri. Negli Anni 70,
anni in cui i giovani evangelici provocarono nelle loro
chiese una riflessione sulla
coerenza al messaggio evangelico, furono composti nei
campi giovanili molti canti
inneggianti all’amore del
prossimo e alla libertà; si co
Per la pubblicità
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tei. 011-655278, fax 011-657542
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municavano con il canto le
tematiche dibattute, relative
al rapporto fra fede e politica;
si cantavano con la chitarra
spiritual e gospel, in lingua
originale o tradotti; essi furono raccolti in canzonieri fatti
«alla buona», che ci si portava a casa dopo i campi e nelle
nostre chiese furono anche
usati nelle scuole domenicali
e nei gruppi giovanili.
In ambito battista negli Anni 80 furono prodotti dal Dipartimento di evangelizzazione due canzonieri, frutto
del lavoro di un pastore battista italiano (coordinamento e
testi) e di due musicisti americani, che hanno svolto anche la funzione di filtro rispetto al materiale innologico inviato al Dipartimento da
giovani musicisti delle chiese
battiste italiane. Pur riconoscendo al Dipartimento il
merito di aver tentato di rispondere alle esigenze di rinnovamento del canto, si è rilevato che un pastore non è
un tuttologo e quindi non
può condurre con profitto un
lavoro che non gli compiete.
Perciò i campisti hanno concordato sulla necessità che
nella chiesa sia dato spazio a
tutti i ministeri: oggi ci sono
validi musicisti, direttori e direttrici di corali, animatori e
animatrici musicali e sottovalutare l’apporto che possono dare alle comunità è perdere una grossa opportunità
di crescita; il canto è un ottimo veicolo della Parola: arriva dove non giunge la parola
e riesce a raggiungere anche
chi ha meno strumenti culturali, va diretto al cuore. Qualcuno dei campisti ha rilevato
che la musica tocca delle corde non facilmente controlla
bili (emoziona), per cui certi
tipi di musica mettono paura
e spesso abbiamo difficoltà a
lasciarci andare al canto e alla musica.
Il campo ha previsto anche
spazi per tre laboratori curati
da due musicisti, Luana Pallagrosi e Carlo Leila, e da
Bruna Milazzo. La prima ha
insegnato vari canti e ha fatto
la storia di spiritual e gospel;
il secondo, animatore musicale, ha animato il gruppo,
dimostrando praticamente
quanto cambia, in meglio,
una liturgia e la lettura di un
salmo, con l’inserimento del
ritmo e/o della musica. Ha
mostrato anche come il «lasciarsi andare» al ritmo e alla
musica di un inno migliori la
partecipazione e la resa del
canto. Un terzo laboratorio è
stato quello della lavorazione
della pasta di sale, che ha
eseguito oggetti e decorazioni, facendo scoprire ai partecipanti le loro nascoste capacità artistiche. Le meditazioni
mattutine sul tema dell’avvento e del Natale, curate dal
pastore Musto, hanno riempito di contenuto i bei giorni
del campo famiglie, come
pure l’ottima cucina. Le proiezioni serali di film in tema e
vari giochi comunitari sono
stati le ciliegine sulla torta.
Nei partecipanti, oltre alla
gioia, è rimasta una consapevolezza: la necessità che le
chiese riscoprano l’importanza del canto come mezzo
d’espressione della propria
gioia e della propria testimonianza e che si impegnino a
valorizzare il ministero della
musica e del canto quale
strumento valido non tanto
per animare quanto per «riaI nimare» le nostre chiese.
Agenda
23 gennaio
RAPALLO — In occasione della Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani, alle ore 20,30, presso la Chiesa cristiana evangelica (via Gorizia 6) si tiene un incontro con
parrocchie cattoliche, chiese evangeliche e con la chiesa
greco-ortodossa di Genova.
SONDRIO —Alle ore 21, al Centro evangelico di cultura
(via Malta 16), don Battista Rinaldi e il pastore Alfredo Berlendis parlano sul tema: «L’unità della chiesa».
^gennaio
LAVAGNA — Alle ore 15, nel salone parrocchiale di Santa
Maria madre della chiesa (corso Genova) si tiene un incontro con partecipazione del vescovo di Chiavari e di pastori
evangelici e membri della chiesa greco-oprtodossa di Genova; testimonianza di Maria Vingiani, fondatrice del Sae,
su: «Ecumenismo, cammino di riconciliazione ecclesiale in
fedeltà aU’Evangelo per annunciare Cristo al mondo».
UDINE — Alle ore 18, nella sala della chiesa metodista
(piazzale D’Annunzio 9), il pastore Pasquale Castelluccio
parla sul tema; «La morte di Gesù, un contributo al dialogo
ebraico-cristiano».
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale protestante (via Tasso 55, I p.), il pastore Thomas Soggin parla
sul tema: «Gesù, Spirito Santo e nome di Dio».
25 gennaio
FERRARA —Alle ore 15, in via Carlo Mayr 112/a, si tiene
un seminario di formazione sulle relazioni interpersonali,
a cura delle chiese battiste di Ferrara e Rovigo e della Chiesa valdese di Felonica, sul tema: «L’innamoramento».
Coordinatori i pastori Lidia Giorgi e Carmine Bianchi; relatrice la psicopedagogista Iolanda Marsiglia.
TORINO — Alle ore 17, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele II 23, l’organista Paolo Guardiani, per il ciclo
«Musica e preghiera», esegue musiche di Bach, Buxtehude, Marchando, Frescobaldi.
26’30 Gennaio
ROMA — Presso la Facoltà valdese di teologia il prof. ALberto Gabella tiene un seminario aperto sul tema «Identità
e federalismo», articolato in 5 lezioni: Identità nazionali sacralizzate e identità religiose; Crisi degli stati nazionali e
globalizzazione; La lezione di Hannah Arendt: razzismo
vecchio e nuovo; I modelli federali; Pluralismo federalista e
cittadinanza universale. Per informazioni tei. 06-3210789.
30 gennaio
BERGAMO — Alle ore 17,30, presso il Centro culturale protestante (via Tasso 55,1 p.), il pastore Thomas Soggin parla
sul tema: «Una grande intuizione su Dio» nell’ambito degli
incontri sul Vangelo di Giovanni.
Radio e teleoisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa. Domenica 25
gennaio (replica 8 febbraio, ore 9 circa); «Cuba: i cristiani
in un paese al bivio; Incontri (rubrica biblica)».
Cronache
TORRE PELLICE — Fiocco azzurro al presbiterio dei Coppieri:
è nato Carlo Anseimo Marottoli. La nostra chiesa si unisce
con affetto alla gioia del pastore Marottoli e della sua signora e invoca sul loro piccolo la benedizione del Signore.
• Con cristiana simpatia siamo vicini alle famiglie di Luisa
Paschetto Collet, di Milly Rivoira e di Stefano Bertinat che
ci hanno lasciati nelle scorse settimane.
PINEROLO — Il culto del 21 dicembre, proposto e condotto da
monitori e bambini della scuola domenicale, centrato sul
racconto evangelico della nascita di Gesù, e a cui hanno
partecipato tanti genitori e nonni, ha dato inizio alle celebrazioni del Natale che si sono poi susseguite in modo tradizionale. Anche il culto del 31 dicembre, in ora serale, ha
raccolto un buon numero di presenze e un gruppo dei partecipanti ha poi aspettato insieme l’anno nuovo.
• Paola Geymonat, Franco Siciliano e Wanda Peyronel sono
stati rielette anziani per un nuovo quinquennio, mentre
Paolo Ferdinando Ribet, Antonella Zordan e Lucetta Rostan sono stati nominati controrelatori per questo anno ecclesiastico.
• 1 predicatori locali pinerolesi Franco Siciliano, Sergio N.
Turtulici e Gianni Long hanno presieduto ultimamente alcuni culti per i quali li ringraziamo molto.
• I migliori auguri di benedizioni celesti vanno a Roberto
, Morbo, direttore della nostra corale, che si è unito in matrimonio con Cristina Pretto il 7 dicembre scorso.
• Condoglianze di tutta la comunità alla moglie e ai figli di
Ludovico Vola che ci ha lasciati dopo lunghe sofferenze.
SAN GERMANO — Caterina Castagna ved. Bounous ci ha lasciati alla soglia dei 97 anni; era ospite da parecchi anni della Casa di riposo «Miramonti» di Villar Pellice. Il suo funerale ha avuto luogo a San Germano dove la nostra sorella ha
trascorso la maggior parte della propria esistenza. Un’altra
sorella. Alina Avondet ved. Morucci, spentasi lontano dalla
terra d’origine, aveva espresso la volontà che l’annuncio
della resurrezione in Cristo in occasione del suo funerale
venisse dato a San Germano, dove era nata nel 1909. Ai familiari di queste nostre sorelle la comunità rinnova
l’espressione della propria sincera e fraterna simpatia.
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PAG. 10 RIFORMA
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Riforma
Il rogo della margherita
Luciano Kovacs
«Vorrei essere come questa margherita, perché le margherite sono fiori tutti uguali»; «Non è vero, le margherite
sembrano uguali quando le guardi da lontano. Se però ti
avvicini, ti accorgerai che sono diverse le une dalle altre.
Una è più piccola e l’altra più grande; una ha i petali più
folti, l’altra li ha più radi; i petali di una pendono a destra e
quelli di un’altra a sinistra. Vedi, molte brutture di questo
mondo dipendono dal fatto che molta gente che è diversa
permette ad altra gente di considerarla uguale».
Roma Termini, 14 gennaio 1998: sono seduto su una
panchina della stazione in attesa di prendere il treno. Ho
partecipato alla riunione che ha dato il definitivo via alla
rete di collegamento nazionale di uomini e donne appartenenti a varie denominazioni evangeliche, omosessuali ed
eterosessuali, che ritengono importante lottare per i diritti
dei gay e delle lesbiche nelle chiese e nella società. Ho in
mano il giornale che ho appena acquistato, i miei occhi cadono sul titolo. «Gay si da fuoco dal Papa». Mi viene subito
in mente il dialogo sulle margherite tratto da un film degli
Anni 70 dal titolo «Harold e Maude». Il mio cuore inizia a
battere all’impazzata e divoro sgomento il contenuto dello
scritto che dà la straziante notizia di un uomo siciliano di
40 anni, Alfredo Ormando, che si è dato fuoco in piazza San
Pietro a Roma per protestare contro l’atteggiamento del
Vaticano nei confronti degli omosessuali. Un gesto denso
di significati simbolici sia per il luogo fisico in cui Alfredo si
è tolto la vita, sia per ciò che esso rappresenta in questa Italia clericale e bacchettona che si appresta a festeggiare la
fine di un miUenniaed il Giubileo in vista del successivo.
Termino di leggere'l’articolo con sentimenti alterni di
dolore, rabbia ed incredulità. Dolore per la vita spezzata di
una margherita che aveva per forza di cose accettato che
gli altri gli imponessero di essere uguale; rabbia per l’impotenza che provo di fronte a questi gesti estremi di chi
non ce Tha fatta a vivere con serenità la propria omosessualità; incredulità perché alle soglie del Duemila la nostra
società manda ancora al rogo chi non accetta espressamente di conformarsi alla normatività di un sistema che
annulla le molteplicità di cui noi esseri umani siamo fatti.
Non posso fare a meno di pensare allo scopo principale
del mio viaggio romano e alla coincidenza assurda di trovarmi a Roma per mettere a punto insieme ad altre persone il tentativo (già in passato fatto dal collettivo Capernaum) di spezzare i silenzi a riguardo nelle nostre chiese e
Turlo lacerante di chi, nella stessa città, questo silenzio lo
ha voluto spezzare in un modo così dilaniante. E mi sono
venuti in mente i volti sconosciuti dei tanti Alfredo Ormando che partecipano attivamente alle attività delle nostre comunità, ma che nascondono accortamente il proprio orientamento sessuale, i propri desideri e i propri sogni, pur di continuare a vivere la propria fede senza pregiudizi morali e biasimi collettivi. L’urlo dell’uomo in
fiamme non può non aver avuto eco fra i banchi delle nostre chiese e fra i membri delle famiglie evangeliche dove
spesso si coltiva la stessa repressione che ha favorito il rogo di piazza San Pietro.
Vorrei che si rispettasse l’ultimo gesto disperato di Alfredo Ormando non liquidandolo come semplice frutto di un
imprecisato squilibrio psichico. Certo, non doveva essere
nel migliore delle sue condizioni psichiche, ma il motivo di
tale squilibrio non risiede (come ancora qualcuno per ignoranza, faciloneria paura di se stesso non stenterebbe a dire) nelle «cause» deH’omosessualltà. 11 motivo del suo gesto
risale alla sua condizione di emarginato, ripudiato dalla famiglia e dalla società circostante, obbligato a vivere nella
clandestinità affettiva, nella paura del pregiudizio, nel terrore di essere incessantemente additato come diverso da
una società che omologa e annienta nel nome del presunti
valori cristiani. Vorrei ricordare i gay e le lesbiche che hanno pagato con la vita il loro essere diversi da una maggioranza che legittima se stessa reprimendo con violenza l’altro da sé (che a volte è il sé non riconosciuto e aborrito).
Vorrei poterli/e nominare per dar loro un tributo di coraggio e di onore, vorrei che nessuno dimenticasse la Schindler’s lisi degli omosessuali morti ammazzati o suicidi.
Riforma
E-Mail: Riforma @ Alpcom.it
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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al sensi di legge), Fulvio Ferrano, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nidi, Jean-Jacques
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AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia.
ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis -10125 Torino.
MtMIcwàone settimanale unUarta con L’Eco delle valli valdesi:
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Riforma è il nuovo tito|p della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1- gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono
state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 3 del 16 gennaio 1998 è stato consegnato per l'inoltro postale aH'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 14 gennaio 1998.
Continua la riflessione sui valori da condividere
I fondamenti del vivere comune
Solidarietà, giustizia sociale, pace, legalità, responsabilità
individuale: le stesse parole ma con significati diversi
SERGIO N. TURTULICI
PENSIAMO, ha invitato Alberto Corsani, alcuni fondamenti condivisibili del vivere comune. Bene, è giusto
nel più ampio contesto civile
e in quello ristretto delle
chiese cristiane e degli ambienti delle altre fedi discutere di idee-forza che accomunino politicamente destra,
centro e sinistra. Corsani dice
valori e certo è consapevole
che il termine valori va trattato con le molle, assomiglia
troppo a virtù, sa troppo di
morale cattolica. Sia pure,
nel paese della Controriforma non mi scandalizza se anche noi diciamo «valori».
Cerchiamo dunque valori accomunati ma cerchiamo anche di vedere se su ciascuno
di essi abbiamo un sentire
comune.
C’è Fini, dice Corsani, che
pensa di rinnovare An e tenta
un restyling di alcuni valori
di riferimento della destra:
Dio, patria, famiglia, onore;
c’è Buttiglione che pensa che
i post-comunisti come i postfascisti debbano farsi una radicale revisione autocritica in
questa fase di rinnovamento
della democrazia in Italia.
Per amor di dialettica passo a
Corsani quello che non credo
affatto. Che la sinistra italiana si sia caricata in passato di
meno peccati, non dico della
destra post-fascista che dopo
la Liberazione ha avuto poche occasioni di peccare perché tenuta fuori dall’«arco
costituzionale» ma anche dal
centro a egemonia De. E che
sia vero quello che Corsani
pensa e forse vagheggia, che
il leader del fronte contrapposto al centro-sinistra sia
destinato a essere Fini.
Se così fosse, se i fondamenti del vivere insieme intesi ad accomunare gli italiani fossero quelli che Corsani
dice che Fini vuole rivisitare,
ci sarebbe poco da discutere
di valori condivisibili. Dio
non lo cerco oltre le nuvole
nei cieli della metafisica ma
in Cristo e nell’uomo: patria
nell’età della globalizzazione
mi sembra roba vecchia,
buona per sanfedisti e bacchettoni (per inciso, a me la
globalizzazione non fa così
paura, la vedo anzi come
spazio che si apre ai poveri
della terra per entrare nel circuito del benessere); quanto
alla famiglia, se vissuta come
isola chiusa, esclusiva e all’onore il mio apprezzamento
tende a zero.
Discutiamo pure di valori
accomunati ma vediamo se
le stesse parole nel dizionario
LI incontro di tanto in tanto, quando esco di sera,
accovacciati sotto il portico
di piazza Santa Maria Novella
0 sotto quello degli Uffizi,
presso l’Arno. Sono ragazzi e
ragazze tossicodipendenti
che vivono solitari la propria
esperienza. Non vogliono essere curati, non vogliono entrare nelle comunità terapeutiche. Continuano a procurarsi la droga con piccoli furti, continuano, giorno dopo
giorno, a versare fiumi di denaro nelle tasche della criminalità organizzata, la quale
poi al primo sgarbo o al rifiuto di pagare non esita a eliminarli 0 a ricattarli facendone
dei piccoli spacciatori.
Secondo stime recenti, in
Italia, sono oltre 110.000 i
tossicodipendenti attualmente in cura o nelle comunità o presso varie strutture;
ma sono più di 150.000 quelli
che non ricevono o non vo
II presidente di An, Fini
politico delle parti in campo
hanno lo stesso significato.
Vediamone alcune, le più
consumate dall’uso ma sempre importanti. Solidarietà.
Lasciamo perdere il fatto che
questa parola sa anch’essa di
Compagnia dei Gesuiti, che
nella Bibbia non la incontriamo mai, sicché personalmente preferisco dire condivisione, aiuto, attenzione all’altro, servizio, diaconia. Ma
insomma, che cosa intendiamo per solidarietà e quindi
ricerca della giustizia sociale?
L’assistenza dello statalismo
burocratico-patemalista promessa ai bisognosi a parole e
nei fatti negata, per cui io
posso scaricarmi del dovere
dell’aiuto agli altri in prima
persona, chiudermi nell’orto
del mio particolare perché
tanto a chi è nel bisogno pensa lo stato? O piuttosto è l’at
tenzione, la mano d’aiuto
che do in prima persona,
spendendo di mio, col sacrificio, il rischio, la croce? Perché se è questa seconda lettura quella giusta, allora ci
corre obbligo di coerenza. Il
pasto dell’affamato che bussa
alla nostra porta ha un costo
per noi che abbiamo la tavola
imbandita.
Vediamone un’altra. Etica
di responsabilità individuale,
dovere civile. Giriamo sempre
lì, siamo più propensi a parlare di diritti che di doveri, anche noi riformati. Si discute
almeno da un quindicennio
della necessità di rivedere il
sistema delle pensioni, equilibrato nel rapporto costi-benefici, nel rapporto garantitiesclusi e solo da pochissimo
tempo l’evidenza delle cose
ha cominciato a diffondere
anche nel popolo di sinistra e
in quello che frequenta le
chiese, evangeliche nel nostro caso, la consapevolezza
che razionalizzare il sistema è
dovere etico di ciascuno e di
tutti. Vediamo una quarta parola, un quarto valore. Giustizia come legalità.
Dimentichi della lezione
evangelica di Giovanni 8,
amiamo stare coi giustizialisti
dell’accusa che scagliano le
prime pietre e la nostra bilancia della giustizia pende sempre a sfavore dell’adultera,
delle ragioni della difesa. Pacifismo, costruzione di pace.
Chi, a destra o a sinistra, non
dice pace? Pace, pace, avvertiva l’antico profeta (Gr. 6,14)
ma anche costruire la pace ha
dei costi e (intanto che non li
paghiamo, pace non c’è.
protestantesimo - raidue
in occasione dei 25- anniversario della rubrica
vi invita
venerdì 30 gennaio 1998 - ore 17
Aula Magna della Facoltà valdese di teologia
via Pietro Cossa, 40 - Roma
alla tavola rotonda
Dai recinti all’agorà:
religioni nella televisione che cambia
con Giorgio Bouchard pastore evangelico
Nuccio Fava direttore Progetto Giubileo Rai
Federico Sciano direttore Rai Educational
Mario Marazziti dirigente Raidue
presiede Fulvio Rocco giornalista, Fcei
Intervengono Mahmoud S. El Sheikh, Carlo Freccero,
Giorgio Girardet, Domenico Maselli, Andrea Melodia,
Italo Moscati, Federica Olivares, Orazio Petrosilio, Giovanni Tantino, Domenico Tomasetto, Fabrizio Truini.
/•
PIERO bensì
gliono alcuna tutela. Nessuno si occupa di loro, quasi
non ci appartenessero.
E invece, che ci piaccia o
no, sono una parte di noi
stessi. Ed è proprio pensando
a Iqro che il procuratore generale della Cassazione, Galli
Fonseca, nella sua relazione
di alcuni giorni fa ha suggerito di tentare una nuova via
(già all’opera in Svizzera e in
altri stato europei), quella
della somministrazione dell’eroina a carico dello stato,
sotto controllo medico. Una
proposta sensata che pone al
centro delle preoccupazioni
le persone e non principi filosofici. Bloccate tutte le altre
strade, l’unica rimasta è quella di somministrare l’eroina
sotto controllo, evitando così
le siringhe infette, adattando
le dosi alle persone e riducendole progressivamente,
evitando di sovvenzionare la
criminalità organizzata.
Ovviamente si sono alzate
alte le proteste dei soliti bacchettoni, molto più preoccupati dei loro principi morali e
gìlipi*!
LA STAMPA
San Bartolomeo
Intervenendo nel dibattiti
in corso sulla «memoria» dei
partiti postcomunisti europei
Barbara Spinelli (11 gennaio]
si rifà a Voltaire: «Raccontani
gli storici che ogni anno,]]
giorno anniversario della not
te di San Bartolomeo, Voltairt
accendeva una candela pei
non dimenticare l’orrore dell
guerre di religione, e il grandi
massacro di protestanti per
petrato il 24 agosto 1572 dalli
cattolicissima Francia di Ca^
terina de’ Medici. Da quel
l’evento fondatore occorrevi
partire, per meglio vedere i
fabbricare il presente (...).!
crimine (...) non era stati
compiuto con l’intenzione d
fare del male (...). Lo stesso s
può dire delle ideologie totali
tarie di questo nostro secolo,
che promettevano rigenera
zioni umane radicali...»./
Voltaire, scrive l’autrice, i postcomunisti oppongono Erne
st Renan, che diceva: «Essenziale per una nazione è che]
cittadini abbiano molte cosi
in comune, e che tutti dimentichino il maggior numero di
cose (...) Ogni cittadino francese deve dimenticare la notte di San Bartolomeo».
AAenire
Italiani e protestantesimo
In occasione della presei
tazione a Milano del libro /
Giorgio Tourn Italiani e pra
stantesimo, Francesco Ante
nioli (10 gennaio) interpellai
biblista mons. Gianfranco Ri
vasi e il prof. Francesco Tra
niello, storico del cristianesi
mo. Dice il primo: «È un libri
crudo, provocatorio dall’inizio alla fine. Ma preferisci
questa spigolosità, che metti
subito di fronte al pensieri
protestante, a certi “minuetti’
talvolta presenti neU’ecumenismo». E sull’ostilità cattolica verso la cultura del libro:
«A Milano, tanto per citati
l’Ambrosiana, già nel Seicenti
erano a disposizione del pub
blico almeno 18 copie delli
Bibbia evangelica». Traniello
non crede che la storiograf»
italiana abbia ignorato li
Riforma, e cita Giorgio Spini!
Ruffini, ma anche il Gobetti
della Rivoluzione liberale^
poi Tazionismo, sottolinean;
do che «gli evangelici liberali
erano gruppi considerati quasi eretici dagli stessi protestanti, una realtà che stava
mettendo In crisi la loro scelta
della chiesa di stato, ancor oggi presente in Europa».
filosofici che non della salvezza delle persone. La preoccupazione di Gesù era
sempre quella di salvare la
creatura umana, non i principi. Un giorno incontra un povero mendicante, cieco fio
dalla nascita. Splendida occasione per i discepoli po'
imbastire una discussione
teologica: «Chi ha peccato:
lui o i suoi genitori perché sia
nato cieco?». Gesù non cade
nel tranello, non gli importa
nulla stabilire delle responsabilità; gli importa la persona
umana: avvicina il cieco, gl'
parla, lo guarisce. Questa dovrebbe essere la nostra unica
preoccupazione.
(Rubrica «Un fatto, un coni'
mento» della trasmissione di
Radiouno «Culto evangelieO''
curata dalla Federazione dell^
chiese evangeliche in Italia andata in onda domenica 18 gennaio).
Sul
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l’ott
Santi
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venerdì 23 GENNAIO 1998
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I Separazione tra
Stato e Chiesa
Sul n. 48 del 1997 ho letto il
resoconto del convegno sull’otto per mille tenutosi a
Santa Severa. Vorrei quindi
entrare nel merito della proposta del pastore Spanu di
creare, ad hoc, una fondazione battista che ne gestisca i
proventi.
Comprendo il «fine politico» della proposta ma, devo
confessarlo, essa trova il mio
disappunto. Le nostre scelte
in merito all’otto per mille
devono essere chiare: non
possiamo, e non dobbiamo,
pretendere di creare dei sotterfugi, dei compromessi solo per ottenere dei soldi per
finanziare, si dice, «la promozione del bene dei bambini», in altre parole, per finanziare alcune nostre istituzioni (vedi, a titolo di esempio,
l’istituto Taylor).
Con tutto il rispetto che
nutro verso i fratelli e le sorelle di altre confessioni che
hanno accettato di aderire
all’otto per mille sia per scopi umanitari che, con o meno, esclusione del finanziamento delle attività di culto e
del sostentamento dei pastori, ritengo che come battisti
dobbiamo rivendicare oggi
più che mai la netta separazione tra stato e chiesa. Vogliamo finanziare alcune istituzioni che operano nel sociale? Ebbene, siamo liberi di
farlo privatamente in modo
individuale senza che, per
questo, si scenda a compromessi con lo stato.
Proprio in virtù delTinterrogativo che ci pone il pastore Spanu: «Vogliamo essere,
come battisti, una minoranza
significativa o una chiesa alternativa?», dobbiamo rispondere con un netto e inconfondibile «no» a uno stato
che, con la scusante delle Intese stipulate con le confessioni religiose diverse dalla
cattolica, vorrebbe poi far
passare un accordo concordatario firmato con la Chiesa
cattolica sotto un governo di
craxiana memoria e, con il
patto di un’eventuale adesione all’otto per mille, anche il
finanziamento della scuola
privata... cattolica, guarda caso. Mi trovo quindi perfettamente in linea con il pensiero
del fratello Maurizio Girolami, che ci ricorda che per ri
solvere i problemi finanziari
della nostra Unione non basta, e non è più sufficiente, rivolgersi a una terza persona:
dovremmo, con profonda
umiltà, rivedere e riconsiderare non solo la nostra identità di battisti italiani ma anche il senso della nostra vocazione che, scusate la battuta, passa anche tramite il nostro tanto caro quanto amato
portafoglio.
Vittorio Pallagrosi
Isola del Liti (Fr)
‘ Lettera aperta
a Giorgio Bocca
Egr. dott. Bocca,
quale membro di una chiesa evangelica che si rifà alla
tradizione teologica riformata (cioè calvinista), vorrei
esprimerle il mio rincrescimento per l’accostamento
indiscriminato da Lei fatto
tra i calvinisti e Torquemada
nel Suo articolo comparso
nel Venerdì di Repubblica il 9
gennaio u.s.
Sono d’accordo sul fatto
che la Ginevra teocratica di
Calvino non possa essere additata quale fulgido esempio
di democrazia e di pluralismo, ma stiamo parlando
della metà del ’500, quando
di democrazia e pluralismo
in giro per l’Europa non vi
era traccia. Tuttavia Calvino,
pur con tutti i suoi difetti personali ed ideologici, ha lasciato un’eredità spirituale
ben diversa da quella di Torquemada, ricordato solo per i
massacri da lui ordinati e
giustificati teologicamente.
Oggi, nel mondo, vi sono più
di quaranta milioni di persone che appartengono alle
chieseriformate, e nessuno di
loro va in giro vestito di nero
fustigando i peccatori, anche
senza motivo (per rifarsi al
Suo articolo).
Come appartenente alla
minoranza protestante italiana, non posso che stigmatizzare il Suo riferimento generico ai calvinisti, che dimostra ancora una volta che in
Italia regna l’assoluta ignoranza (mi scusi il termine forte, ma lo ritengo necessario)
di tutto ciò che riguarda il
protestantesimo.
Vorrei invitarLa quindi a
documentarsi in merito, per
evitare in futuro di ricorrere a
stereotipi sorpassati.
Cordialmente
Gianluca Migro
Castelnuovo Belbo
Ricordando
KEditto di Nantes
Siamo alla fine del XVT secolo e in Francia regnava Enrico IV, re della dinastia borbonica dal 1589. Nacque di
fede ugonotta e si dedicò
all’opera pacificatrice tra le
opposte fazioni: protestante e
cattolica. Il 13 aprile 1598
emanò l’editto di Nantes cercando di farsi perdonare il
suo passaggio al cattolicesimo e ponendo fine, almeno
temporaneamente, alle sanguinose guerre di religione in
Francia culminate nella strage di San Bartolomeo a Parigi
il 24 agosto 1572. Questo editto fu dichiarato perpetuo e irrevocabile! In Spagna moriva
nello stesso anno (12 settembre 1598) il re cattolicissimo
Filippo II, grande nemico della Riforma che si era guadagnato l’odio di tutta l’Europa
protestante per l’appoggio
dato all’Inquisizione. Morì lasciando il suo paese sull’orlo
del dissesto finanziario, paralizzato in ogni settore specialmente nella cultura oppressa
dai suoi rigidi controlli.
Con l’editto di Nantes si
concedeva ai protestanti la libertà di coscienza e di culto,
e inoltre la parità dei diritti
civili con i cattolici. In Francia destò altissime reazioni
negative da parte delle autorità cattoliche e in seguito dai
regnanti successivi come Luigi XIII, finché Luigi XIV lo revocò con l’editto di Fontainbleau il 18 ottobre 1685. Questa revoca rappresentò per i
valdesi l’inizio di nuove e più
terribili persecuzioni culminate con l’assalto alle Valli da
parte delle truppe sabaude e
dei francesi segnando la fine,
dopo quattro secoli, di un
mondo testimoniato con la
purezza dell’Evangelo. Ma
Iddio volle diversamente e
con il Glorioso Rimpatrio i
valdesi si riprenderanno la
terra dei loro padri.
In Francia questo 4° centenario dell’emanazione dell’
Editto sarà degnamente celebrato con la presenza del
presidente Chirac unitamente a tutto il mondo protestante. La nostra speranza è ora
quella di vedere lavorare cattolici e protestanti uniti per
ristabilire la pace nell’Ulster.
Quale miglior celebrazione
poter ricomporre finalmente i
sanguinosi dissidi che stanno
dilaniando questi popoli dello stesso Dio!
Ermanno Aimone - Torino
Riforma
L'occhio attento ai fatti...
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I principi ispiratori furono un frutto della Resistenza
I valori della nostra Carta costituzionale
GIUSEPPE PIACENTINI
Le considerazioni di Alberto Donati su
Riforma del 9 gennaio scorso sulla Costituzione mi trovano decisamente dissenziente e mi sorprendono per la loro gravità specialmente quando si vorrebbe mettere in capo alla Carta costituzionale, accusata in ultima analisi di essere il frutto della volontà
prevaricatrice della maggioranza (relativa)
cattolica in assemblea, addirittura tutti i
mali del nostro paese; salvo poi chiedere a
conclusione che il paese rimuova decisamente quella carta e si dia invece, di nuovo,
un’etica religiosa (quale a questo punto?).
La nostra Costituzione è invece il frutto
preziosissimo di tutto un popolo, ü nostro,
maturato nel crogiolo delle sofferenze e delle scelleratezze alle quali lo aveva trascinato
il nazifascismo con i suoi orrori e la sua volontà di potenza, e che per questo porta in
sé il giudizio nettissimo e inequivocabile su
quello e più in generale su ogni guerra. Si
può affermare che essa è il frutto della Resistenza ma che nello stesso tempo, in un
anelito veramente universale alla pace, ne
supera in un qualche modo la prospettiva.
Valori del tutto laici e del tutto democratici del patto costituzionale, come quelli della
solidarietà e del bene comune, nulla hanno
a che vedere con il (del tutto presunto prima
del ’483 predOininio cattolico nella società
italiana, e per questo furono condivisi (per
convinzione e non certo per imposizione) da
una maggioranza del 90% dell’Assemblea
costituente, ivi compresi tutti i partiti popolari. Come possa l’enunciazione di un principio religiosamente ispirato quanto si vogli
ma etico e razionale, e quindi perfettamente
laico, come quello della solidarietà costruire
una sorta di ipoteca di predominio clericale
sulla società civile e democratica (Dio ce ne
scampi), rimane un mistero.
Quanto alla sussidiarità, si tratta di un
principio cristiano senza aggettivi, iri antitesi allo stato etico hegeliano, e quindi veramente democratico: in La Pira, per esempio, che ne fu uno dei più convinti proinotori, si trattava del fatto che gli organismi di
carattere superiore dovessero riconoscere e
promuovere quelli di ordine inferiore, la famiglia e le comunità intermedie, come già
esistenti e antecedenti, e quindi soggetti a
una loro propria autonomia funzionale iiisindacabile. E cioè anche nei cattolici ispiratori della Costituzione tale principio era
perfettamente inteso proprio nel senso che
gli si vuole negare. Dalla Carta costituzionale non emerge affatto uno stato confessionale, che nessuno volle, neppure dall’articolo 7, al di là dei modi operativi e storici
con i quali in seguito esso è stato applicato
che sancisce, come nella migliore tradizione liberale, la reciproca libertà dello stato
italiano e della Chiesa cattolica (lo stesso
vale, a maggior ragione, per le altre chiese)
nei propri rispettivi ordini e ruoli, evidentemente ben distinti, non sovrapponibili e inconfondibili.
Un ultimo punto mi preme: sottoporre a
referéndum istituzionale la Carta costituzionale sarebbe stato, per la complessità e l’articolazione del documento, non un serio atto democratico ma un puro plebiscito su chi
l’aveva redatta, o peggio ancora sul governo
pro tempore, aUo stesso modo di chi, molto
più recentemente, avrebbe voluto, contando sul monopolio dei media, inconsulte e
non meditate modifiche, e come capita normalmente nelle «democrazie» tali solo di
nome e non di fatto delle repubbliche delle
banane sparse per il mondo.
Il furgoncino
e il fuoristrada
Ho ammirato la pagina di
Riforma con la quale la Tavola rende conto dell’utilizzo
delle somme «otto per mille»
incassate nell’anno 1997, relative alle dichiarazioni Irpef
94, per redditi ’93. Oltre alla
chiarezza, completezza e precisione del rendiconto - elementi che vanno comunque
evidenziati - impressiona il
numero, la diversificazione e
la caratteristica dei progetti
finanziati all’estero con la
«congrua» porzione di risorse
a ciò destinata dal Sinodo.
Sono ben 26 le iniziative
concretizzate e 3 quelle ancora da formalizzare con il coinvolgimento di sette partner
internazionali e la distribuzione di 1.400 milioni di lire.
Se teniamo poi conto dell’impegno che, presumibilmente, ha richiesto la selezione di 24 progetti finanziati in
ambito nazionale, c’è veramente da complimentarsi
con la Tavola e l’apposita
commissione tecnica per avere, in così breve tempo, portato a termine tutto questo lavoro. Ci saranno sicuramente
tempi e modi per proseguire
nella discussione sulla diaconia «pesante» e su quella «leggera»; sul significato del «fine
di cultura» o sulla necessità di
privilegiare l’impegno verso
le persone piuttosto che la
dotazione di strutture o infrastrutture. Quelle che a me
sembrano chiare sono le potenzialità dello strumento otto per mille; da una parte permettere la nostra concreta
presenza nel dramma della
fame nel mondo al fianco degli altri paesi europei, dall’altra la possibilità, nel medio/
lungo periodo, di consolidare
e potenziare i settori della
diaconia e della cultura della
nostra chiesa.
Mi sia concessa una chiusura
scherzosa (ma non troppo) che fa
riferimento alla controrelazione
al Sinodo; dobbiamo trasformare
il furgoncino in robusto fuoristrada che viaggia, anche sobbalzando, non nel deserto ma su tutti i
sentieri, bene in mano al conducente, senza perdere soldi dai buchi della cabina; gli uccelli neri
non sono degli avvoltoi, sono delle aquile con la vista acuta (e lungimirante) con molta «voglia di
otto per mille».
Luciano Giuliani - Genova
L Chiese e opere
Il sostentamento delle nostre chiese è un problèma
vecchio e sempre nuovo.
Tuttavia ritengo che non se
parli mai abbastanza per risvegliare la consapevolezza
che la chiesa e le sue opere
vivono solo della disponibilità dei credenti a farle vivere.
Trovo scritto nella «Voce da
Palermo» che «in Italia è aumentato il numero dei donatori, ma è diminuito l’importo
totale dei doni». Devo ammettere che anch’io, negli ultimi anni, vedendo la mia
pensione diminuire nella sua
capacità d’acquisto, ero tentata di ridurre i contributi alle
varie opere; tanto sono importi così piccoli che un po’
più un po’ meno non se ne
accorgono neppure... Ma poi
mi sono detta che se io, per
vivere bene, adopero somme
maggiori, tanto più le nostre
opere ne hanno bisogno. E allora è giusto risparmiare sulle
necessità degli altri? Vogliamo
vivere a spese di pastori, bimbi, anziani, ammalati, ecc.?
No, cari sorelle e fratelli. La
maggior parte di noi che ci
diciamo credenti abbiamo
ancora molto più del necessario. Se crediamo in Dio Padre non possiamo lasciare gli
altri senza pane. Cristo non ci
chiede di sfamare noi tutto il
mondo, ma di amare il nostro
prossimo come noi stessi.
Jolanda Schenk-Merano
W II «sacro telo»
Ho letto sui quotidiani di
oggi [16 gennaio, ndr] il servizio sulle obiezioni degli evangelici torinesi alle estensioni
della Sindone previste per i
prossimi mesi e poi, di nuovo, per l’anno 2000. Le autorità religiose cattoliche, con
l’appoggio delle autorità civili, invitano calorosamente i
fedeli a visitare il «sacro telo»,
di cui si esalta il valore spirituale di ricordo della passione di Gesù anche nel caso
che la scienza dovesse stabilire definitivamente la sua
origine medievale.
Mi permetto di segnalare il
diverso esempio fornito 2500
anni fa dalle autorità di Israele in un caso abbastanza simile. Nel II libro dei Re, cap.
18, si parla del «serpente di
rame» che Mosè aveva innal
zato su un palo durante la
traversata del deserto, per
salvare gli israeliti morsi da
serpenti velenosi (Numeri 21,
6-9). Quando il re Ezechia si
rese conto che quel reperto
diventava oggetto di culto,
tanto che i fedeli gli bruciavano incenso, «fece a pezzi il
serpente di bronzo eretto da
Mosè» (II Re 18, 4). Cioè, invece di incoraggiare una devozione che rischiava di deviare in idolatria, preferì eliminare ogni fraintendimento
distruggendo l’oggetto, sia
pure di grande valore storico
ed evocatore di una grande
protezione divina in un frangente gravissimo, perché favoriva un culto rivolto non a
Dio ma a una «cosa» (al di là
delle intenzioni di chi lo aveva conservato fino ad allora).
Bruno Corsani - Pinerolo
RINGRAZIAMENTO
«La mia grazia ti basta, perché
la mia potenza si dimostra
perfetta nella debolezza»
Il Corinzi 12, 9
I familiari di
Bruno GardioI
deceduto il 14 gennaio all’età di
69 anni, ringraziano tutti coloro
che con presenza, scritti, parole
di conforto e opere di bene hanno
preso parte al loro dolore. Un grazie particolare a tutti coloro che si
sono prodigati assistendo Bruno
in ospedale.
San Secondo, 18 gennaio 1998
RINGRAZIAMENTO
«Beati quelli che sono integri
nelle loro vie. Che camminano
secondo la legge dell'Eterno»
Salmo 119, 1
La moglie, la figlia e i familiari
tutti del caro
Giuseppe Gönnet
vicepresidente del Comitato
«Casa valdese Miramonti
di Villar Penice»
commossi e riconoscenti per la
dimostrazione di stima e di affetto
tributata al loro caro, nell'impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutte le gentili persone
che con presenza, scritti, parole
di conforto e offerte hanno partecipato al loro dolore.
In modo particolare ringraziano
tutto il Comitato della «Casa valdese Miramonti di Villar Pellice» e
il pastore Gianni Genre.
Villar Pellice, 23 gennaio 1998
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PAG. 1 2 RIFORMA
venerdì 23 GENNAIO 1997
Chiesa evangelica valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste)
GESTIONE DELL'OTTO PER MILLE (Opm) - ANNO 1997 (dichiarazioni del 1993)
I FONDI RICEVUTI NEL 1997 si riferiscono all'anno '93, dichiarazioni presentate nel '94
ORGANI COMPETENTI .
• IL SINODO DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE definisce le politiche ed i criteri di gestione delTOPM
• LA TAVOLA VALDESE è l’organo preposto alla decisione finale sulle assegnazioni dei fondi
ai vari progetti
• La COMMISSIONE OPM è incaricata di analizzare tutti i progetti pervenuti e di formulare
raccomandazioni alla Tavola
POLITICHE E CRITERI DI GESTIONE definite dal Sinodo
• l’OPM non può essere utilizzato per finanziare le attività della chiesa, sia per pagare il compenso ai pastori e ai diaconi, sia per costruire o mantenere locali di culto, sia per fìrtanziare
attività di evangelizzazione: tutte queste attività devono essere finanziate dalle contribuzioni
dei membri di chiesa:
• i fondi devono essere assegnati a progetti sociali, assistenziali e culturali;
> una congrua porzione, valutata nel 30%, deve essere assegnata a progetti per “combattere la
fame nel mondo’’
' le spese di pubblicità e di gestione dei fondi non devono superare il 5% dei fondi ottenuti per
ogni anno.
• Il ministero delle Finanze ha comunicato che hanno sottoscritto per la Chiesa valdese
144.240 cittadini pari alTl,13% delle dichiarazioni dei redditi;
' la Chiesa valdese partecipa all’assegnazione dei fondi, a differenza di altre confessioni religiose, solo per la quota di assegnazioni diretta in quanto ritiene che senza una esplicita assegnazione, i fondi dovrebbero essere gestiti dallo stato e non da una chiesa;
' sulla base di questo criterio sono stati attribuiti alla Chiesa valdese, per il 1993, lire 5.200 milioni che sono stati incassati: lire 1.000 milioni in agosto 1997 e lire 4.200 milioni nel mese di
novembre 1997.
IL PROCESSO DI VALUTAZIONE E ASSEGNAZIONE è avvenuto secondo questi passi
> I fondi sono assegnati solo inbase a progetti, anno per anno;
' la Commissione ha valutato: tutti i progetti e ha espresso delle indicazioni di priorità e di
congmenza alle finalità delTQPM;
‘ la Tavola ha esaminato e approvato i progetti nelle sedute del 19 e 20 agosto 1997;
■ il Sinodo ha approvato le assegnazioni della Tavola nella settimana del 21-25 agosto 1997.
RENDICONTO SULL'ASSEGNAZIONE DELL'OnO PER MILLE DEL 1993 - IMPORTO TOTALE INCASSATO: £ 5.200 milioni nel 1997
ASSEGNAZIONI del 1997
0 - Somma disponibile £ 5.200 milioni
1 - Recupero spese pubblicitarie e di gestione anni ’93 e ’94 500
2 - Somma netta disponibile 4.700 100% così impiegata, secondo le indicazioni espresse dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste
2.1 Per il sostentamento dei pastori e dei diaconi =0%
2.2 Per la costruzione di locali di culto =0%
2.3 Per attività di evangelizzazione =0%
3 - PER PROGETTI ÌN ITALIA. Totale Italia 3.300 milioni = 70%
TEMI GENERALI
BAMBINI E GIOVANI: ISTRUZIONE E ACCOGLIENZA
Ucdg_ 100 accoglienza
Agape 50 accoglienza
College valdese 35 istruzione
Servizio cristiano di Riesi 170 istruzione
Associazione «Lou cialoun» 20 accoglienza
Asilo di Scicli 100 istruzione
Centro diaconale La Noce di Palermo 500 istruzione
Casa Materna di Portici 161 istruzione
ANZIANI
Rifugio Re Carlo Alberto 130
Casa delle diaconesse 200
Casa Miramonti 55
Mesa valdese (Sud America) 200
casa per anziani
casa per anziani
casa per anziani
case per anziani
SANITÀ (CURA-PREVENZIONE)
Ospedale valdese di Torino 750 sanità
Servizio cristiano di Riesi 100 consultorio
Centro diaconale La Noce di Palermo 207 assistenza
CULTURA
Editrice Claudiana
Edizioni protestanti
Associazione Lo Bue
Centro culturale
55
15
30
49
libri
giornale
radio
museo
ristrutturazione stabile
borse di viaggio
borse di studio
borse di studio
sala d’incontri
ristrutturazione asilo
sostegno alla gestione
ristrutturazione stabile
totale 1.136 =34%
sostegno alla gestione
ristrutturazione stabile
sostegno alla gestione
sostegno alla gestione
totale 585 = 18%
ristrutturazione ospedale
sostegno alla gestione
sostegno alla gestione
totale 1.057 = 32%
diffusione libri a biblioteche
diffusione settimanale Riforma
miglioramento impianti radio
rinnovo museo di Torre Pellice
totale 149 = 4%
4 - PER PROGETTI ALL'ESTERO. Totale estero 1.400 milioni = 30%
TEMA : LA FAME NEL MONDO
paese partner località del progetto importo OPM tipo progetto
SVILUPPO AGRICOLO
Romania Heks distretto di Covasna 75 sviluppo economia rurale
Albania Heks regioni di Elbasan e Korca 45 sviluppo economia rurale
Ex Jugoslavia Heks regione di Sanski Most 44 dono di bestiame
Brasile Gaw 3 villaggi indiani sradicati dal loro territorio con 1200 famiglie
Salvador Università luterana ^4 sviluppo agricolo integrato
area De Napaja y E1 Painal 80 sviluppo agricolo integrato
Nigeria Chiesa metodista area di Ondo 75 sviluppo agricolo
TEMA: I PROBLEMI DEL MONDO
RIFUGIATI, MIGRANTI, NOMADI
Servizio rifugiati e migranti
Naga
50
70
assistenza sociale sostegno alla gestione
assistenza sanitaria rinnovo attrezzature
e cure sanitarie a nomadi
tot. 120 = 3%
100 sostegno all’occupazione = 3%
OCCUPAZIONE
Meccanica Riesi
CRIMINALITÀ
Fondazione Lelio Basso 50 sostegno convegno intemazionale su criminalità minori = 2%
PACE - INCONTRO TRA POPOLI E CULTURE
Rivista Confronti 103 iniziative per la pace e rincontro tra i popoli e le fedi = 3%
TOTALE: mi 3.300 = 100%
di cui per: ristrutturazioni stabili rinnovo impianti 1.600 = 48%
sostegno alla gestione dell’ente e alle sue iniziative 1.700 = 52%
PARTNER INTERNAZIONALI che assicurano la progettazione, l’esecuzione dei programmi
di intervento e il controllo in loco sulla destinazione dei fondi:
Heks Eper: organizzazione di assistenza della Chiesa riformata svizzera;
Gaw: Gustav Adolf Werk, organizzazione diaconale della Chiesa evangelica tedesca;
Cevaa: Comunità evangelica di azione apostolica;
Agra: Organizzazione italiana non governativa che opera in Africa e in America Latina con
progetti di sviluppo rurale;
Aidrom: Organizzazione diaconale ecumenica ortodossa e protestante che opera in Romania;
Ceas: Association civil centro ecumenico di accion social di Buenos Aires:
Brot für Welt (Pane nel mondo): Organizzazione della Chiesa evangelica tedesca;
PROGETTI FUTURI: La Commissione Opm e la Tavola hanno espresso l’intenzione di ricevere e valutare con favore:
• progetti di diaconia e di assistenza che privilegino l’impegno verso le persone bisogno
se, non solo la dotazione di infrastrutture;
• progetti innovativi nella lotta al problemi nel mondo;
• progetti culturali per l’incontro di popoli, fedi, razze e per lo sviluppo della pace.
Bolivia Agra dipartimento del Pardo 180 uso ecocompatibile della foresta equatoriale
Madagascar Cevaa dipartimento diaconale
della Chiesa di Cristo 5 allevamento conigli
totale 528 = 38%
PROGRAMMI DI ASSISTENZA SOCIALE
Albania Heks movimento femminile Nè dobi tè
Grúas Shqiplare 22 centro di assistenza a Tirana
Romania Heks bambini di strada di Bucarest 80 casa di accoglienza
e vari programmi di assistenza
Ungheria Heks centri sociali a Debrecen e Misckolc 15 supporto a centri sociali
Ex Jugoslavia Heks Novisad 44 consulenza psico-sociale
Uruguay Gaw periferia di Montevideo 45 istruzione e cura bambini e loro famiglie
Argentina Gaw bassifondi di Buenos Aires 40 istruzione e cura bambini e le loro famiglie
Argentina Ceas periferia di Buenos Aires 46 assistenza a ragazzemadri indios
Madagascar Cevaa dipartimento diaconale 13 dotazione medicinali a 13 farmacie
della Chiesa di Cristo di villaggio
Sud Africa Chiesa Unita Maryland center 56 istmzione prescolare e assistenza alle famiglie
totale 361 = 26%
TOSSICOMANI
Ungheria Heks missione Kimm 15 assistenza tossicomani
Ungheria Heks centro di riabilitaz. a Pecs 30 assistenza ai tossicomani
totale 45 = 3%
GIOVANI (formazione e accoglienza)
Ungheria Heks casa i della gioventù Berekfurdo 30 casa di accoglienza
Camerún Cevaa centro di Ntolo 65 casa di accoglienza e alloggio
Madagascar Cevaa dipartimento diaconale
della Chiesa di Cristo 40 3 progetti di formazione
totale 135 = 10%
LAVORO
Madagascar Cevaa dipartimento diaconale della Chiesa di Cristo 10 creazione di un centro di produzione di tegole
Cevaa idem 10 dotazione di strumenti per sartoria a una cooperativa di donne
Cevaa idem 6 dotazioni di bilance a 15 consorzi agricoli
totale 26 =2%
ECOLOGbV e AMBIENTE
Romania Heks Aidrom 30 programma ecologico
Madagascar Cevaa dipartimento diaconale della Chiesa di Cristo 11 rimboschimento
LEBBRA
India, Missione internazionale contro la lebbra
DA ASSEGNARE
totale 41 =3%
60 2 progetti di cura, riabilitazione
e riavvio al lavoro
totale 60 = 4%
E.K. Westfalia, diaconia (50); Brot für die Welt (pane nel mondo),
diaconia (150); altri fondi disponibili (4): totale 204 = 14%
TOTALE: mi 1.400 = 100%