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SKTTIMANALK DKLl.K ( HIKSK KVANiìELICHK BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 18 MARZO 1994
ANNO 2 - NUMERO 11
LA SCUOLA
UN DIRITTO
PER TUTTI
MAURIZIO GIROLAMI
LO Stato è culturalmente
totalitario se non spende
per chi va alla scuola privata
(detta «libera») quanto spende per chi frequenta quella
statale. Questa sarebbe - secondo Scalfaro - la vera
eguaglianza dei cittadini rispetto all’istruzione. E tragicomico: un presidente della
Repubblica che auspica la
violazione dell’art. 33 della
Costituzione repubblicana
(che esclude finanziamenti alla scuola privata). La figura
simbolo dell’unità degli italiani, dunque super partes,
che in campagna elettorale
appoggia uno degli schieramenti. Scuola «libera»?! ma
le scuole cattoliche si ispirano a un magistero - quello
pontificale - che non ha nulla
di democratico e le scuole
private laiche hanno come ragione fondante della loro esistenza il business. Per capire i
motivi della gaffe presidenziale bisogna tener conto di
due fattori. In primo luogo il
sistema maggioritario - di ottocentesca memoria - che ha
come scopo primario il favorire la formazione di maggioranze parlamentari ampie e
pertanto di governi stabili; la
sproporzione fra i voti ottenuti e i seggi conquistati a favore di chi vince e a danno di
chi perde viene accettata, in
altri paesi, sulla base della fiducia che i vincitori non si
serviranno della loro forza
per ledere i diritti fondamentali dei cittadini.
In secondo luogo vi è la
presenza del papato che, da
sempre ostile alle leggi sul divorzio e sull’aborto e da sempre proteso ad ottenere finanziamenti alla scuola confessionale, ora sente odore di rivincita. Questi due fattori
fanno temere che un Parlamento con una netta maggioranza conservatrice possa ledere diritti sanciti dalla Costituzione come quello all’istruzione. Appena Scalfaro si fa
portavoce delle tradizionali
istanze vaticane sulla scuola
confessionale, ecco dichiararsi disponibili esponenti del
Msi, della Lega, di Forza Italia (e l’elenco non finisce
qui). Il sistema scolastico si
dovrebbe, in questa logica, ristrutturare secondo un criterio
ideologico e sociale: per i cattolici scuole cattoliche, per
gli ebrei scuole ebraiche, per
i musulmani..., per gli evangelici..., per gli atei...; per i
ricchi scuole ricche, per i poveri scuole pubbliche.
Quando le sue componenti
si dividono, la maionese impazzisce. Quando i popoli
vengono separati per razze,
nasce l’apartheid. Quando gli
stati si disgregano per componenti etnico-religiose, ecco la
guerra con le sue atrocità. Anche se i pochi che «vincono»
parlano di tutela della razza,
pulizia etnica ecc. Avremo
anche la «pulizia educativa»,
etichettata come «parità»?
Oggi che il controllo dell’informazione, televisiva e
editoriale, si concentra in pochissime mani, è vitale che la
formazione del cittadino seguiti a svolgersi in una scuola
pubblica, in cui culture e idee
diverse convivano e si confrontino, a cui i giovani accedano gratuitamente «senza distinzioni di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Chi sostiene
che l’istruzione possa essere
meglio garantita lasciando libero campo all’iniziativa e alla forza dei gruppi sociali,
teorizza il ritorno a una società gerarchlzzata nei diritti e
nelle opportunità, che non ha
nulla a che fare né con la democrazia né con il mercato. Si
tratta invece di adeguare la
scuola statale agli standard
europei: elevare l’obbligo, aggiornare i programmi, riqualificare tutto il personale delle
secondarie sul piano psicopedagogico, renderlo capace di
portare al diploma il 100%
dei giovani e non il 40%, come accade attualmente. Questo significa spendere di più e
soprattutto meglio. Ma presuppone che il diritto all’istruzione non venga svenduto al
miglior offerente, che la maionese non impazzisca.
L'Evangelo è la potenza che trasforma gli individui e il mondo
La chiesa annuncia I^Evangelo della pace
CARLO GAY
«...a che assomiglieremo il regno di
Dio o con qual parabola lo rappresenteremo? Esso è simile ad un granello di
senapa, il quale, quando lo si semina in
terra, è il più piccolo di tutti i semi che
son sulla terra; ma quando è seminato,
cresce e diventa maggiore di tutti i legumi; e fa dei rami tanto grandi, che
all’ombra sua possono ripararsi gli uccelli del cielo»
(Marco 4, 30-32)
Ancora una volta Gesù parla ai suoi
amici del regno di Dio e lo paragona al granello di senape. Il dizionario di
archeologia biblica di W. Corswant annota: «Nel Nuovo Testamento due volte
Gesù parla di questa pianta molto comune in Palestina. Essa serve a fabbricare il
condimento che ne porta il nome». Il paragone verte sul contrasto fra la sua piccolezza e la grandezza delle sue possibilità. In Luca 17, 6 Gesù risponde alla richiesta dei discepoli, «aumentaci la fede»: «Se aveste fede quant’è un grane!
di senape, potreste dire a questo moro:
sràdicati a trapiantati nel mare, e vi ubbidirebbe».
«Il regno e il grand di senape - Il
mondo e la fede»: sono i due temi e le
due immagini che martellano la realtà
delle chiese e la speranza della loro maturità nel regno di Dio. Li trovate alla
prima Assemblea del Consiglio ecumenico nel 1948 e li ritrovate a Evanston, a
New Delhi, a Canberra. Il tema di Amsterdam era: «Disordine del mondo e disegno (o progetto) di Dio». A Canberra
il tema diventa preghiera: «Vieni, Spirito Santo!». Nel 1948 questa parabola è
stata sentita come parabola di una grande speranza. Il 1948 era un anno che
portava i segni di una guerra terribile:
case e chiese distrutte, fabbriche e maestranze annientate, piazze e spiagge minate. Un mondo di un’Europa incapace
di risorgere. Un mondo sotto l’ombra
delle stragi di Hiroshima, un mondo segnato dalla strage.
Fu allora che si formò la coscienza che
il Regno fosse quel grane! di senape, di
cui la chiesa e il mondo avevano bisogno. Un grane! di senape che aveva cominciato a germogliare in un popolo di
Dio che aveva già combattuto contro
ideologie autoritarie e totalitarie. Una
chiesa che doveva e poteva riflettere più
a fondo sul significato della sua esistenza e doveva e poteva vivere una solidarietà con il mondo. Fra questi fiori primaverili ricordiamoci del significato
dell’apparizione di una chiesa mennonita, contraria a ogni guerra, che portava
all’Europa il grano per aiutarla ad uscire
Cattolicesimo
Nessuna
rivalutazione
di Jan Hus
Nel discorso rivolto il 7
marzo al presidente della Repubblica ceca Havel, in visita
in Vaticano, Giovanni Paolo
II ha anche parlato brevemente del riformatore ceco
Jan Hus. Dopo aver menzionato vari «santi» nei quali
«ha preso rilievo l’aspirazione alla genuinità e all’autenticità della fede cristiana,
propria della loro terra», il
papa ha così proseguito: «E
(...) al di là delle sue dottrine,
questo stesso anelito ha anche mosso l’azione riformatrice di Jan Hus, con esiti
purtroppo infausti per la
Chiesa e per la nazione. Gli
studi in atto sulla sua figura
potranno contribuire ad una
positiva e costruttiva visione
del problema, che ha tanto
turbato la storia del paese».
Il prof. Paolo Ricca, della
Facoltà valdese di teologia,
ha così commentato la dichiarazione: «È veramente
difficile capire come alcuni
quotidiani italiani abbiano
potuto parlare di una “rivalutazione” di Hus (...). Se 1’
anelito di Hus era positivo, la
sua opera è stata, secondo il
papa, negativa (...). Non solo:
ma il martirio di Hus, condannato al rogo nel 1415 dal
Concilio di Costanza con
l’approvazione del pontefice
di allora, non è stato neppure
menzionato e tantomeno deplorato da Giovanni Paolo IL
Insomma: il verdetto su Hùs
continua ad essere negativo,
il valore della sua iniziativa
riformatrice non viene riconosciuto, il significato del
suo martirio per la causa della fede cristiana non viene
neppure preso in considerazione. Siamo purtroppo lontanissimi da quella rilettura
ecumenica della storia che
tutti auspicano ma pochi praticano».
dal disastro. «Il regno e il grand di senape»: siamo nel 1994 e la parola toma
in mezzo a noi con la sua carica di fenomeno straordinario.
Un Evangelo carico di ecumenismo
nelle sue varie e contrastanti espressioni.
Un Evangelo pieno di interpretazioni bibliche fra Facoltà di teologia, centri di
evangelizzazione e assemblee mondiali e
regionali. Grane! di senape in Europa,
America, Africa, Australia, Asia. La
pianta di senape, sulle rive del lago di
Galilea, produce una fioritura straordinaria dopo un tronco legnoso, finché i suoi
rami sono così grandi che gji uccelli vi
fanno i loro nidi. Forse l’immagine può
essere un monito; forse ci siamo troppo
occupati del tronco, troppo poco della
fioritura. Troppo di Giovanni Battista,
troppo poco del Cristo promesso.
Se TEvangelo è la potenza che trasforma il mondo, la chiesa può additare un
Evangelo di riconciliazione dei popoli.
Siamo chiamati a manifestare una fede
che, nella sua piccolezza, sia capace di
dare al mondo nuove dimensioni spirituali, nuovo slancio di solidarietà, nuova
speranza: «A nostra mente la luce/ e al
cuore dona l’ardore/ tu sai che siamo
deboli/ la forza tua c ’infondi/ Vieni con i
sette doni? possente mano del Signor/ del
Padre il verbo a spargere/ per ogni lingua d'uomo» (Martin Lutero).
Meana: i cento anni
della chiesa battista
pagina 3
All’Ascolto
Della Parola
A Dio solo la gloria
pagina 6
Cultura
L’ideologia
del Carlo Magno
televisivo
pagina 8
2
PAG. 2 RIFORMA
j^NERDÌm^Q
Pubblicato un programma di studio a cui il Cec invita le 320 chiese che ne fanno parte
Andare insieme verso una visione comune
del Consiglio ecumenico delle chiese
ALDO COMBA
Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) compirà 50
anni nel 1998. Molte sono le
cose accadute in questo mezzo secolo: dall’ingresso delle
chiese ortodosse a quello delle cosiddette «giovani chiese»
del Terzo Mondo, dalla collaborazione con la Chiesa cattolica romana all’accresciuta
partecipazione delle donne,
dall’impegno antirazzista a
quello per la salvaguardia del
creato. Ma un cinquantenario
non deve essere solo l’occasione per fare un bilancio ma
piuttosto il momento per
guardare al futuro, per andare
«verso una comune comprensione e una visione comune
del Cec»\ questo è il titolo di
un programma di studio a cui
il Cec invita tutte le chiese
che ne fanno parte, ed è anche
il titolo di un opuscolo di una
ventina di pagine che vuol
servire di guida a tale studio.
«Il Cec esiste per servire il
movimento ecumenico - dice
il segretario generale, Konrad
Kaiser, nella prefazione - e
attraverso tale movimento le
chiese si sforzano di avanzare verso l’unità visibile». Ma
subito dopo aggiunge; «Che
sorta di comunione trovano
le chiese nel Cec? Quali sono
gli elementi della vocazione
comune su cui stanno lavorando assieme?».
L’opuscolo si suddivide in
quattro studi, ciascuno con
una introduzione e una serie
di domande idonee a stimolare la discussione.
L'unità delle chiese
Nell’ambito di una stessa
denominazione esiste un certo tipo di comunione ma esistono anche delle divergenze
(per esempio tra i battisti più
progressisti e quelli del Sud
degli Usa, oppure tra le chiese riformate fautrici dei diritti
umani e quelle che a suo tempo sostenevano l’apartheid,
ecc.). Quali sono gli elementi
che mantengono la comunione, e a che momento o in
quali condizioni delle differenze diventano delle divisioni? Il Cec si sforza di lavorare per l’unità tra le chiese; le
147 chiese che originariamente lo costituivano sono
diventate 320, sparse in cento
paesi. Ma che cos’è il Cec?
Come lo vedono i suoi membri? È un Consiglio di chiese,
una federazione, un’associazione, una comunione? O più
pragmáticamente un’organizzazione che facilita scambi e
incontri e promuove il rinnovamento sociale? Si è sempre
detto che il Cec non è una
«super-chiesa», ma allora che
cos’è? Ha una qualche consistenza ecclesiastica (uno
spessore ecclesiale, come dicono alcuni) o è un semplice
luogo di incontro?
Un questionario
per 320 chiese
I diversi capitoli dell’opuscolo propongono inoltre di
affrontare altre questioni: la
vocazione alla comunione
(koinonia) e il Cec; le relazioni all’interno e al di là del
Cec; i rapporti del Cec con
altre religioni, governi. Nazioni Unite e organismi non
governativi. Anche su questi
temi vi sono delle introduzioni e delle serie di domande
per la discussione.
Rispondere a tutte quelle
domande non sarà facile, ma è
importante fare lo sforzo per
trovare risposte adeguate. Il
L’ultima Assemblea generale del Consiglio ecumenico delle chiese si è svoita a Canberra nel 1991
Cec è stato in passato un’immensa speranza di unità e di
rinnovamento; rispondere con
diligenza e sincerità al questionario significa contribuire
a rivitalizzare il Cec, a dargli
un orientamento per i prossimi anni e decenni. Alcune domande e temi di riflessione
potranno apparire singolari o
estranei al nostro contesto: ma
non bisogna dimenticare che
l’opuscolo è stato scritto per
320 chiese di cento paesi.
Ciascuno troverà qua e là delle domande che non si attagliano alla sua situazione, ma
lo sforzo per delineare la nostra visione del Cec del futuro
è in ogni caso importante.
Agli inizi del movimento
ecumenico la Dichiarazione
di Toronto su «La Chiesa, le
chiese e il Consiglio ecumenico delle chiese» è stato un
documento importante per
orientare l’attività del Cec per
decenni. Si spera che l’approfondimento dei temi dell’opuscolo possa aiutare la
prossima assemblea generale
(1998) a formulare un testo
che sarà necessariamente diverso da quello di Toronto,
ma potrà avere uguale funzione orientativa per i primi decenni del prossimo millennio.
Non si può dunque fare a meno di raccomandare aUe chiese di studiare e rispondere a
questo documento; già questo
sarà un atto di impegno per
l’ecumenismo (occorrerebbe
avere al più presto una traduzione italiana del documento,
diffonderlo alle chiese e incaricare qualcuno di sintetizzare
le risposte).
Unità visibile
Naturalmente alla base di
qualsiasi discussione ecumenica rimane il problema di sapere che cosa sia la chiesa: è
il popolo dei fedeli? Sono i
vari cleri e gerarchie? Va pure ricordata la polivalenza
dell’espressione «unità visibile». Che cosa è visibile? La
fede è reale, ma non è visibile: se ne vedono magari i
frutti, così come lo Spirito: se
ne vedono i frutti ma lui stesso «soffia dove vuole e tu
senti il rumore ma non sai né
donde viene né dove va».
L’unità visibile è la sottomissione a un’unica gerarchia,
come pretende la concezione
cattolico-romana? È la professione di un medesimo credo e l’adesione a una medesima tradizione, come vorrebbero gli ortodossi? È unità di
intenti evangelistici e caritativi nel mondo, verso cui sembrano orientarsi i protestanti?
E possibile trovare non già un
compromesso, ma un modo
nuovo di esprimere l’unità?
Cercare infine di definire le
linee future per il Consiglio
ecumenico delle chiese richiede alle nostre chiese un
grosso lavoro di riflessione e
un importante impegno di
sincerità, direi persino di immaginazione: quando diciamo «unità visibile» a che cosa pensiamo? Verso che cosa
tendiamo? E se gli altri hanno
una diversa concezione
dell’unità visibile, che cosa
facciamo? Pensiamoci. E
contribuiamo al dibattito ecumenico.
Romania: si è svolto di recente il Sinodo della Chiesa riformata
Transilvania, bastione protestante
PASQUALE CASTELLUCCIO
Una settimana trascorsa in
Romania tra lezioni a
studenti di teologia, partecipazione al Sinodo della Chiesa
riformata e predicazioni in varie comunità è sufficiente per
dare un’idea deU’attuale situazione in cui versa il paese e
della determinante funzione
delle chiese nella società. La
Transilvania è quel bastione
protestante che divide l’Europa dai Balcani; densamente
popolata, con una forte presenza di riformati, battisti, luterani. Questi fratelli, di lingua ungherese, terribilmente
perseguitati dal regime di
Ceausescu, privati di gran parte di edifici, scuole e chiese,
sono tuttora impegnati a difendere i loro diritti di minoranza contro l’imperialismo
della Chiesa ortodossa e contro il potere di un governo che
continua a proclamare lo slogan del defunto dittatore:
«Una grande Romania».
Del vecchio regime è cambiato ben |K)co; anzi, pare che
esso vada ristrutturandosi in
modo più raffinato; recentemente la Banca nazionale romena ha perfino aperto un
conto di solidarietà per la famiglia Ceausescu. L’intenzione di annientare la presenza
ungherese in Transilvania veniva espressa dal dittatore persino con la costruzione di fatiscenti palazzi, senza acqua né
riscaldamento, sui cimiteri di
questa regione per annientarne
i nomi dei defunti e quindi la
storia: in essi venivano forzatamente trasferiti i romeni per
«mescolare le razze». Il tutto
avveniva con la benedizione
della Chiesa ortodossa che
continua imperterrita a imporre la sua politica sul governo.
Quasi nessuna decisione viene
presa senza aver ascoltato
l’opinione del patriarca di Bucarest. I protestanti in Transilvania non chiamano «chiesa
sorella» la Chiesa ortodossa;
negli ultimissimi anni alla
Chiesa riformata sono stati restituiti pochissimi degli edifici
e chiese confiscati durante
l’era Ceausescu ma, fra il
1970 e il 1989, ben 57 chiese
ortodosse venivano costruite lì
dove di ortodosso non c’è né
gente né cultura.
I giornali romeni conducono
una campagna denigratoria
verso la Transilvania, e di riflesso verso la Chiesa riforma
ta, sostenendo che il pastore
Tokés (l’iniziatore degli eventi di Timisoara) ne vuole la divisione, cercando di far apparire come fratture strutturali
quelle che sono semplicemente idee di democratizzazione
della chiesa. Negli ultimi 40
anni il Sinodo della Chiesa
riformata si era riunito soltanto 5 volte, ma esclusivamente
per spedire telegrammi di ammirazione e ringraziamento al
dittatore. Dal 1990 si riunisce
ogni anno, cercando di ricostruire tutto, dando mandati
quadriennali ai suoi vescovi e
non più vita naturai durante.
La situazione rimane comunque socialmente e politicamente molto tesa, tanto da
indurre il pastore Tokés a
muoversi protetto da guardie
del corpo. Le chiese sono comunque piene di fedeli, la presenza media al culto è di 6(X)
persone, l’atmosfera è edificante e un patto d’unione tra
riformati, battisti, luterani e
greco-cattolici è stato sottoscritto per fronteggiare l’indiscriminato tentativo di rendere
forzatamente romeno ciò che
non lo è. In Transilvania già
nel 1568 veniva proclamata la
libertà di religione.
Dal Mondo
Slovacchia: incontro europeo 11
di operatori diaconali crii"
BRATISLAVA — Un incontro paneuropeo sulla dJ ^
avrà luogo a Bratislava, capitale della Repubblica
nell’ottobre 1994. Questo incontro radunerà circa 180^*’^^^^*'^
panti, fra cui 35
dirigenti di chiese che esercitano il
isoccupati, i migranti, i rifugiati, le#
stero presso i disoccupati
dell’Aids e in altri campi di impegno nella società. Vi#^V^de
peranno inoltre rappresentanti delle agenzie europee di
chiese e di agenzie diaconali delle chie.se. L’incontro è oi2 ih se
zato dalla Conferenza delle chiese europee (Kek) in riu
zione con il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), la2^*^ossa t
zione europea per la diaconia e Eurodiaconia. La confei^P Fu^
prefigge di rinforzare i legami tra coloro che lavorano alMeana >
delle chiese in attività di servizio cristiano in tutte lé|jo scors
d’Europa; di fornire una piattaforma per un dialogo tradjldiffuse
ti, amministratori e militanti; di organizzare un «atelienJgijo di
scussione sulla visione teologica della diaconia in Europa|susa vii
di esaminare i nuovi problemi contemporanei posti datìreligios;
cietà, ai quali le chiese devono trovare risposte, come Smento
to della povertà e l’emarginazione sociale. L’incontro (Mcombat
possibilità ai partecipanti venuti dall’Europa occidealgelica
confrontare la loro esperienza con quella dei loro eJscompa
dell’Europa centrale e orientale, dove stanno nascendoQle (ceni
modelli di servizio cristiano. Il programma prevede anali^in Mear
ciali e politiche sull’Europa e testi teologici sulla diaconiflXV e
Statistiche sul metodismo
e sulle religioni nel mondo
■( dicare
lun prii
i ifine de
I sorsero
tiste: I
i Mattie,
LAKE JUNALUSKA (NORTH CAROLINA) — Il| Vayes,
glio mondiale delle chiese metodiste ha recentemente psi| piccoli
to alcuni dati statistici riguardanti il metodismo nel moni a subir
genere le diverse religioni. Da questa analisi risulta Nel
trentennio 1962-1992 la situazione del metodismo è vai^ venten
tevolmente da continente a continente. Mentre in Eutc|ìiìÌ sai difl
stato un calo della presenza metodista del 33% e nell religic
America la consistenza dei membri è stazionaria, grosi chiese
menti si sono verificati negli altri continenti. In Asia siisi consol
una crescita dei membri del 319%, in Africa del38iniunqi
neH’America Latina del 695%. Tra il 1980 e il 1992 lap^ battisi
zione mondiale è cresciuta del 29,8%. Anche in questo««l paesi c
percentuali di crescita dei diversi gruppi religiosi sono riodo i
testa sono il cristianesimo e l’islamismo, con un auineii poguei
30,5%, seguono l’induismo con il 28,8%, il buddismo, Q vide ui
21,9% e l’ebraismo con il 6%. Coloro che si dichiarano|| sione:
religione sono cresciuti nello stesso periodo del 29%. ' munite
ij I gliana
Traduzione interconfessioné democ
delle n
della Bibbia in arabo
BEIRUT — La Società biblica ha effettuato recentefflÉ
lancio della prima traduzione interconfessionale dell'i
Bibbia in arabo. La nuova versione, a cui è stato dato il(l
di «Bibbia araba della Buona Novella», è stata presenWll
novembre scorso in una conferenza stampa tenuta a Be^
pastore Lucien Accad, segretario generale della SocietàKl
per Libano, Siria, Iraq e stati del Golfo. La nuova traduci
il risultato di 25 anni di lavoro impegnativo condottoi
gruppo di teologi e di esperti linguisti di diverse chiese ai
ne. Nell’approntare questa versione, che non vuole contta|Ì
si alla traduzione Van Dyck che circola correntemente
stiani arabi, si è cercato di usare un linguaggio cornjH®®
non solo nei paesi arabi del Medio Oriente, ma anche itì^
delle altre zone e soprattutto di cercare di farsi compia»
dalle più vaste categorie di persone. La nuova traduzione^
redata di note che forniscono informazione di carattere ctÉ
le e .storico e contiene i richiami ai passi biblici paralleli. |
Me
battisi
Svezia: campo internazionale
dei giovani battisti
ARNÀS — Il Comitato per la gioventù della Fe
battista europea (Ebf) ha informato che dal 16 al 24 i«bsettimana prima del Congresso battista europeo di LiU^
mer) si svolgerà in Svezia, ad Amàs, il campo giovanile^
nazionale battista. Il programma comprende studi biblicit*”
escursioni, sport e altre attività. Amàs è una località nei?l
della città di Karlstadt, dove i battisti svedesi hanno un ItW
campeggio. Ci sono buoni collegamenti, con treno e autOiÌ
Stoccolma e con il sud della Svezia. Il prezzo del cai^J
circa 200.000 lire. Per informazioni contattare la Swedirt
tist Youth Federation, Àlvsjò Gàrdsvag 3, S - 12530 AMI
Svezia. Tel. 468/7491500.
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Inghilterra: corso estivo
di studio ecumenico
BIRMINGHAM — «Affrontare un mondo multicoB
naie»: tale sarà il tema di un corso estivo di studio ecUl
organizzato dal «Selly Oak College» e dalla «Irish Sch®
Ecumenics» dal 14 al 21 luglio prossimo a Birmingh
ghilterra). Il corso intende favorire la reciproca conosc«^
cristiani di differenti provenienze e tra questi e persone
fedi viventi, in particolare ebrei, musulmani, indù. SonoF
ste relazioni di vari esperti, tra cui Christopher Lamb,
no della Commissione per i rapporti interreligiosi del Co^
delle chiese di Gran Bretagna e Irlanda. Il numero dei
sponibili è limitato a 80. 11 costo è di circa 500.000
fosse interessato può rivolgersi al seguente indirizzo:
cal Summer School, c/o President’s Office, Selly Oak
ges, Birmingham B29 6LQ, U.K.
La chie
3
ERDI 18 MARZO 1994
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
DAL 1° ALL'8 MAGGIO I FESTEGGIAMENTI PER LA RICORRENZA
IL CENTENARIO DELLA CHIESA BATTISTA DI MEANA
i II 19 marzo 1994 ricorre il
diai|j;entenario della predicazione
^battista a Meana. È una data
-a 1801
. reimportante, non solo per la
0 d •oi^piccola comunità locale ma
le vi^pej- tutto il movimento riforma. Vi ^^ato della valle di Susa. Già
3eediàìi|ja] 1865 esisteva una Chiesa
atro è oMyaijgse a Susa, che però non
) coll|gfa riuscita ad avere una
se), laB^gj-ossa penetrazione nella val
1 cotifeijijjjg Fu da Mompantero e
'orano a^Meana che alla fine del seco
tutte lèjjo scorso il protestantesimo si
go tra (Mdiffuse in tutta la zona. Nel
<atelier»|gij-o di pochi anni la valle di
1 Europjisusa vide la rottura dell’unità
5osti (^religiosa cattolica e l’insedia■ome l’^jnento di una ristretta, ma
rntro ™combattiva minoranza evanrccideaMgelica che, secoli dopo la
loro ctì scomparsa del valdismo locatscendoflle (centinaia erano i valdesi
'de anal^jn Meana e dintorni nei secoli
diaconifiXV e XVI), ritornava a preT dicare F Evangelo in valle. In
1 .'|un primo periodo, fino alla
■' t- 4 fine della I guerra mondiale,
I sorsero diverse comunità bat
lO ■ ''liste: Meana, Mompantero,
i. i Madie, Gravere, S. Antonino,
0—fl.l||Vayes, S. Giorio, Condove,
ente piccoli gruppi spesso costretti
el mond« a subire tremende vessazioni,
isulta tii Nel periodo successivo del
5 è vai^ ventennio fascista, epoca asn EurojBil sai difficile per le minoranze
e nell religiose, alcune di queste
ia, gròssi chiese scomparvero e altre si
tsia siètl consolidarono; nacque coI del M munque una testimonianza
192 la^ battista a Bussoleno e nei
questo^ paesi confinanti. Il terzo pesonot^ riodo infine, daH’ultimo doI aumetÉ poguerra agli anni Sessanta,
dismo (i ''ide una nuova fase di espanhiaranoiSl sione: sorsero o risorsero co)% ,, munità come quelle di Avi
gliana e di Susa, malgrado il
. capillare controllo politico
democristiano nei confronti
■f delle minoranze religiose.
( Ma come è sorta la chiesa
I battista di Meana? «Il ComucentefflÉ Meana è un raggruppa
le deH'i mento di 17 borgate con una
dato ili popolazione di poco superioesentatti 2.000 anime. Il santo
j a Belai patrono di tutto il paese è
ocietàH Costanzo però ci sono
I traditili borgate, specialmente
ndottoi grandi, che hanno un
'hiese^ pt^^^ano particolare in più
nntiìÉ patrono di tutto il paese.
M esempio, la borgata
nrefii “Carette", che è una delle
più grandi, ha per suo patro® A no locale San Giuseppe...».
Così viene descritto il pae.se
uzion jjgj «Ricordi» del pastore
Scrajber. E la storia prende
proprio le mosse dalla borgaj : taSarette.
ndIC- ^ Meana, come in altri
paesi della valle, c’era una
sorta di partito anticlericale
composto da individui che in
8^f*^re non erano antireligiosi, ma che si erano urtati per
qualche motivo con il parroco. Talvolta riuscivano anche
^ a conquistare le amministraZ zioni locali. Baldassarre PeUssero, compagno di lavoro
J di un battista di Susa, Pietro
Alpe, era a Meana il princi
ittere cti
alleli.
24 lu#l
di Lill^
I cai^j
wedidi
530 ■■
pale esponente di questa ten
denza. Quando il prete, don
Bertela, gli offrì di sovrintendere come priore all’organizzazione della festa patronale
di San Giuseppe, PeUssero si
sentì in obbligo di accettare.
Ma il parroco voleva raddoppiare la tariffa per la processione e, con il consenso di
una parte della popolazione
della borgata, a cui sarebbe
toccato di contribuire economicamente, PeUssero, su consiglio di Alpe, decise che la
festa del patrono sarebbe stata celebrata dai protestanti!
Il 19 marzo 1894, il missionario scozzese WiUiam K.
Landels e il pastore battista
Pier Enrico Jahier arrivarono
in treno a Meana, accolti da
una folta schiera di curiosi,
dalle bandiere e dalla fanfara
del paese. Quel giorno, davanti a circa 400 persone,
predicarono sotto un albero
spiegando le principali differenze fra cattolicesimo e protestantesimo. L’accoglienza
fu buona e i protestanti furono invitati a ritornare. In pochi mesi si verificarono alcune conversioni e si affittò un
locale (il fienile della cascina
del sindaco Bolley) per tenere le riunioni.
Dal settembre 1894 al novembre 1896 il gruppo fu affidato al pastore Pier Enrico
Jahier che, abitando a Susa,
curava anche alcune famiglie
batòste di Mompantero e Susa. Fra le sue iniziative vi fu
anche la fondazione di una
«Associazione onoranze funebri» che doveva garantire
un servizio decoroso a tutti
coloro che, evangelici o non
Festa annuale a Meana alla fine degli anni ’30
credenti, non volessero il funerale cattoUco. I soci, oltre a
contribuire alle spese dei funerali, si impegnavano ad essere tutti presenti alla sepoltura di un consocio.
Dopo Jahier il pastore della
zona fu, per poco più di un
anno, Giuseppe Baratti, anziano e di salute malferma.
Quindi nel febbraio del 1898
il missionario Landels inviò a
Meana il giovane Giovanni
Battista Scrajber, che vi ri
mase fino al 1906, quando si
trasferì a S. Antonino. Sotto
il suo ministero la comunità
si espanse numericamente diversificando le proprie attività: culti, riunioni di preghiera, momenti di riflessione biblica. Tutto avveniva
nelle stalle dove, secondo la
tradizione contadina, ci si
riuniva per passare le serate,
finché il 19 marzo del 1900
venne inaugurata la cappella.
Il ricordo del pastore Scraj
ber, che nei decenni successivi tornò spesso nella valle di
Susa e che morì a Bussoleno
nel 1958, è ancora vivo in
quelle zone. Fu lui che per un
quindicennio diede forte impulso all’evangelizzazione
della valle: principalmente
grazie alla sua opera sussistono ancora le chiese di Meana
e S. Antonino.
La chiesa, che contava una
quarantina di membri e oltre
100 bambini nella scuola do
1^*
menicale, fu curata in seguito
dai pastori Riccardo Zeni,
Vittorio Bertrando, Silvio
Buffa, Giorgio Antonietta,
Eldo Mattone, i quali naturalmente non si occupavano solo di Meana, ma anche delle
comunità dei paesi vicini.
Ora, con il passare delle generazioni, essa è ridotta notevolmente di numero. Lo spopolamento del paese (2.200
abitanti alla fine del secolo
scorso, 800 attualmente),
l’emigrazione, principalmente in Francia e in America, le
difficoltà del periodo fascista
e le persecuzioni della Chiesa
cattolica, i matrimoni misti,
hanno decimato la comunità
che resta tuttavia viva e interessata. La presenza del Villaggio M. L. King e dei suoi
ospiti estivi, l’ospitalità a manifestazioni culturali, specie
di carattere musicale, le scadenze annuali della «Pentecoste ecumenica» e soprattutto della festa anniversaria che
si tiene per tradizione la seconda domenica di maggio
con la partecipazione di
evangelici provenienti da
ogni parte, sono il segno che
il gruppo di credenti rimasto
vuole mantenere l’impegno
della testimonianza.
Quest’anno i festeggiamenti per il centenario della presenza battista, che avverranno nella settimana fra il 1° e
T8 maggio, non saranno soltanto la rievocazione di un
passato ormai consegnato alla storia, ma costituiranno
uno stimolo per guardare alle
sfide del futuro, confidando
nell’aiuto del Signore.
Una figura esemplare di testimone della fede ancora viva nel ricordo dei battisti italiani
Giovanni Battista Scrajber, l'evangelizzatore della vai
Susa
La chiesa di Meana di Susa
Giovanni Battista Scrajber
nacque a Torino il 2 maggio
187T Un suo antenato era un
soldato imperiale del principe
Eugenio di Savoia, rimasto in
Piemonte dopo la battaglia di
Torino del 1706 contro i
francesi e assunto alle dipendenze del duca Amedeo di
Savoia. Dopo la sua morte la
famiglia fu costretta a farsi
cattolica per sopravvivere.
Il padre di Giovanni Battista, avuto in regalo un Nuovo
Testamento da un colportore,
ritornò con tutta la famiglia
alla fede degli antenati. La
conversione gli costò il licenziamento, con gravi conseguenze per tutta la famiglia.
Anche Giovanni Battista, ancora ragazzo, dovette cercare
lavoro. Fu per lui un periodo
difficile, nel quale quasi incolpava i genitori per le scelte che avevano fatto e gli
avevano trasmesso, finché un
giorno («mi succedette come
a Paolo - ricorderà anni dopo
nelle sue memorie - il Signore venne a me in modo improvviso») qualcosa ne cambiò la vita. La sua «strada di
Damasco» fu più modestamente corso Valdocco a Torino dove, una sera, ritornando infervorato da un’adunanza evangelica si fermò improvvisamente e «a terra, inginocchiato ai piedi di un albero, piange e prega, abbandonando tutto se stesso a Gesù». L’episodio ha un divertente epilogo perché una
guardia municipale, accorsa
prontamente, credendo di trovarsi davanti a un ubriaco,
inveisce contro di lui e lo
colpisce con un tremendo
calcio nel sedere.
Il giovane Scrajber parteci
pa con zelo alle attività della
chiesa battista di Torino, distribuisce opuscoli a tappeto,
fa il monitore della scuola
domenicale e il predicatore in
una sala presa in affitto a
Moncalieri. William K. Landels, il pastore della comunità di Torino, nota le sue capacità e lo prepara teologicamente. Nel febbraio del ’98
gli affida la chiesa di Meana
di Susa, sorta qualche anno
prima. Gli inizi sono duri;
pochi i credenti, misero lo
«stipendio» con cui Scrajber
deve vivere. Affitta una stalla
e mangia soprattutto polenta:
«Il primo giorno la mangiavo
calda - racconterà in seguito
-, il secondo la facevo riscaldare, il terzo la mangiavo
fredda». Ma con fede, tenacia
e dedizione, nonostante gli
attacchi del parroco don Bertela, riesce a farsi benvolere
e a raccogliere un nutrito
gruppo intorno a sé, tanto che
ben presto si inizia la costruzione di una cappella nella
frazione Campo del Carro,
che verrà inaugurata il 19
marzo del 1900.
Negli anni passati a Meana
Scrajber .seppe superare con
mano ferma tutti gli ostacoli
quotidiani, l’esperienza accumulata in questo periodo ne
temprò il carattere, quel misto
di tolleranza, dolcezza e determinazione con il quale viene ricordato tutt’oggi da chi
ebbe la fortuna di conoscerlo.
La comunità crebbe e negli
otto anni della sua presenza
vi furono 31 battesimi. La sua
attività si estese a Gravere,
Manie, S. Giorio. Poi, nel
1905, è chiamato a predicare
a S. Antonino da un gruppo
di persone, sindaco in testa.
che aveva litigato fortemente
con il nuovo parroco, proprio
quel don Bettola che il vescovo aveva trasferito perché a
Meana non era riuscito ad arginare i protestanti. Nel 1906
Scrajber si trasferisce a S.
Antonino perché il gruppo
dei credenti cresce; in pochi
anni si forma una solida chiesa con diverse decine di
membri, mentre la testimonianza si allarga ai paesi vicini, Vaie, Villarfocchiardo,
Condove, Frassinere, Mocchie. In breve nella bassa valle di Susa i credenti battezzati
superano il centinaio.
Nel 1912 Scrajber e la moglie, Albertina Revel, sposata
nel 1907, lasciano l’Italia per
la Svizzera, dove resteranno
quasi vent'anni. Scrajber non
accetta le dimissioni imposte
dal missionario Whittinghill,
direttore della Missione battista americana, al pastore Luigi Galassi, accusato di universalismo. Benché faccia
parte della Missione inglese,
per affinità teologica e solidarietà con il collega preferisce
la.sciare il pastorato. Non perde i contatti con la valle di
Susa e spesso è invitato a predicare, ma si mantiene con un
lavoro secolare. Solo nel
1931, cedendo alle insistenze
dell’allora segretario delTOpera battista d’Italia, Lodovico Paschetto, rientra in Italia,
come pastore della Chiesa
battista di Milano in sostituzione del pastore Teubel,
morto improvvisamente. Il
suo è ancora un ministero
consacrato e benedetto, nonostante le ristrettezze economiche degli anni ’30, l’ostilità
clerico-fascista, i pericoli della guerra e le fatiche per cura
re le famiglie della chiesa,
sfollate in tutte le direzioni.
Grazie al suo pastorato
ventennale la chiesa di Milano si ritrovò cresciuta e fortificata. Non solo; nacquero in
quel periodo anche due nuove chiese, a Varese e a Caravate. Nel 1951, a 78 anni, ormai quasi cieco, invece di
godersi un meritato riposo
Scrajber accettò di trasferirsi
a Firenze. E qui per un lustro
ancora fu pastore apprezzato
per la predicazione e per le
doti di umanità, come molte
testimonianze unanimemente
affermano: 45 battesimi in
cinque anni segnarono la sua
presenza in Firenze. A 83 an
ni si ritirò con la moglie a
Losanna, ma dopo poco entrambi non seppero resistere
all’appello della chiesa di
Bussoleno, rimasta senza pastore. Gli ultimi mesi lo videro ancora sui luoghi ai quali
era affezionatissimo, dove
aveva profuso le sue energie
giovanili; Giovanni Battista e
Albertina festeggiarono insieme le nozze d’oro; poi lei
si spense e poco dopo, improvvisamente, anche Giovanni Battista fu colto dalla
morte, il 22 ottobre 1958.
PAGINA A CURA DI
STEFANO MATTONE E
EMMANUELE PASCHETTO
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Ghie
VENERDÌ 18 MAR7ftÆî^
*
mi
Ricordata a Padova la figura di Ferdinando Geremia
Nandin, protestante, antifascista
PAOLO T. ANGELERI
Ferdinando Geremia", detto «Nandin»: protestante,
ecumenico, antifascista; uomo che ha vissuto in funzione
di un ideale religioso e sociale. Uomo «contro», nel Veneto degli anni ’30: quando erano tutti a dir di sì alla Chiesa
e al fascio, lui invece da solo
a dire no. «Etsi omnes, non
ego». A 20 anni già in carcere
per sovversivismo, poi al
confino nel 1926, un intero
anno; e nel ’29 coraggiosamente nella «squallida» - così egli la definisce - chiesa
protestante, lui abituato ai fasti e alle glorie della «trionfalistica» chiesa cattolica; e dichiara che in quella desidera
rimanere fino alla fine.
A Cartura, suo paese d’origine, per iniziativa dell’infaticabile prof. Cavallaro, il 6
marzo si è tenuta una commemorazione «ecumenica» di
questo incredibile credente.
Ulrich Heinzelmann, pastore
luterano a Abano Terme, ne
ha tratteggiato con raffinato
garbo il profilo. «Cartura - ha
detto Heinzelmann - è splendido paese che ha la fortuna
di possedere due pietre preziose: un bellissimo affresco
EUROVISIONE
CtJLTO
DI Pasqua
In eurovisione dalle
Fiandre (Belgio) viene
trasmesso il culto di Pasqua dalla chiesa riformata di Horebeke. Per
motivi di programmazione Rai, in Italia il culto sarà trasmesso il Iu|
nedì di Pasqua, 4 àprile,
alle ore 9 su Raidue.
del Tiepolo nella sua chiesa e
il ricordo del “protestante"
Ferdinarulo Geremia».
Giandomenico Tiepolo, figlio di Giambattista, e Ferdinando Geremia hanno in comune due modi di sentire: la
passione per la povera gente e
il coraggio dell’abbandono
della tradizione familiare alla
ricerca d’altro, di qualcosa di
più personale. Il Tiepolo si lascia alle spalle il trionfalismo
barocco, le gerarchie celesti
ingombranti dei secenteschi
affreschi paterni, per darsi a
rappresentazioni più consone
ai problemi del suo tempo;
Geremia abbandona la «fede»
della famiglia per un nuovo
impegno, per una fede fresca
alla continua ricerca di se
stessa, nutrita di dubbi, di rischi. Fede come scelta dunque
e non come appartenenza.
Due pietre preziose da custodire gelosamente proprio perché anticipazione del nostro
sentire d’oggi.
Il prof. Cavallaro ha accennato a un antifascismo tipico
di Geremia: dopo il 25 luglio
1943, nella piazza del paese,
Nandin fu preso a pugni perché insorto a difesa di due fascisti malmenati. Non un porsi
al di sopra della contesa, ma
piuttosto una prova di autentico antifascismo, di quel disagio avvertito da molti antifascisti, credenti e non, di fronte
a qualsiasi violenza.
Il prof. Paolo Sambin (Università di Padova) ne ha completato il profilo con la lettura
di alcuni brani tratti da lettere
alla cugina. In una (del 1939)
Geremia sosteneva di non avvertire il bisogno di appartenere a una chiesa: mostrava
così di aver ben compreso lo
spirito protestante che privilegia le scelte partecipative.
Valido l’intervento di Salvatore Guargena (Chiesa metodista di Padova). «Geremia
- ha sostenuto - non solo ha
“partecipato” alla vita della
Chiesa metodista, ma ha collaborato a numerose riviste
protestanti italiane fino all’ultimo. Protestante, dunque, a
pieno titolo; e anche combattente per la libertà». Assiduo
alle riunioni clandestine nella
saletta attigua alla chiesa metodista padovana, insieme al
pastore Seta, all’ispettore scoiastico Guargena e a un altro
evangelico di Venezia, il Gervasoni: forse chissà, l’idealista
Geremia sognava di poter seguire quest’ultimo nella sua
fuga al Sud verso la libertà;
ma la morte lo colse anzitempo nel marzo del ’44.
Fra, ha sottolineato monsignor Sartori, un ecumenista
ante litteram, un precursore
deU’ecumenismo. Certo, se
fosse rimasto cattolico, sarebbe stato senza dubbio un fiore
fuori stagione. Ma l’ecumenismo fra gli evangelici di quegli anni era già maturo. Si
preferiva chiamarlo interdenominazionalismo; ma esisteva fin dalle conferenze di
Edimburgo (1910) e di Stoccolma (1926).
Contestare la Chiesa, e le
chiese, di appartenenza in nome di una ideale chiesa in Cristo, trasversale a ogni chiesa
costituita, era e rimane nostra
aspirazione. Forse per qualcuno è manifestazione di «morbus protestanticus», sindrome
da insofferenza alla gerarchia.
Ma Geremia, come noi, amava lo Spirito allo stato nascente. Contestatore, uomo libero,
uomo contro: contro la chiesaistituzione, contro la dittatura,
contro la fede morta, contro
tutte le chiese in quanto, se disobbedienti alla Parola e meri
strumenti di potere, sicuri modi per spegnere lo Spirito.
(*) Cartura (Pd), 1906-1944.
Per maggiori notizie v. Ivano Cavallaro-Paolo Sambin: Macerie
della storia e speranza cristiana.
Atti del convegno commemorativo su Ferdinando Geremia, Padova, Liviana, 1981.
Isola del Uri
I cristiani
nella seconda
Repubblica
Il 19 febbraio la Chiesa battista di Isola del Liri ha organizzato un incontro-dibattito
aperto a tutti sul tema: «I cristiani nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica».
Lo scopo era da un lato di cercare di vedere più chiaramente
il ruolo dei cristiani nella confusa situazione politica attuale, dall’altro di offrire uno
spazio di dibattito alle forze
del polo progressista.
Dopo aver ricordato l’impegno sociale e politico dei battisti nel mondo, il pastore Italo
Benedetti ha rilevato che i cristiani sulla scena politica si
trovano a dover affrontare
problemi di fondo: a) che i
cattolici ripercorrano la storia
della Democrazia cristiana; b)
che scada la qualità della politica in un linguaggio povero
di contenuti e di bassa lega; c)
che i mezzi di comunicazione
siano in mano a pochi.
Filippo Gentiioni si è chiesto se alla base della seconda
Repubblica ci sarà l’antifascismo che fu elemento fondante
della prima. Molti cambiamenti sono avvenuti in Italia
grazie al lavoro dei giudici, alla scoperta di Tangentopoli e
al nuovo sistema elettorale.
Una novità è la fine della De e
dell’unità politica dei cattolici.
Ma il nuovo che è sorto non è
tutto positivo. La Lega, Forza
Italia, il rafforzamento della
destra fanno intravedere un
futuro non proprio roseo. È un
tempo pieno di eonfusione e
di discorsi demagogici che
manipolano le coscienze: c’è
un bisogno di eticità nella politica, perciò più che mai i cristiani devono impegnarsi nella
politica portando i propri vaiori: una forte spinta etica che
non permetta più Tangentopoli, il principio dell’uguaglianza e della solidarietà.
Gemellaggio con i riformati statu
Missione globale U
THOMAS NOFFKE
Come già avvenuto fra il
II distretto e un presbite
rio di Boston della chiesa
presbiteriana Usa, siamo stati
invitati come I distretto delle
chiese valdesi e metodiste a
siglare un gemellaggio con il
presbiterio di Kiskiminetas.
Questo presbiterio, che corrisponde ecclesiasticamente al
distretto nelle discipline della
Chiesa valdese, è situato in
una zona vicino a Pittsburgh
ed è composto di 94 chiese.
Per quali motivi ci viene
fatta questa proposta? Innanzitutto la Chiesa presbiteriana
è impegnata in diverse attività in tutto il mondo e il gemellaggio è un’opportunità
per approfondire in modo
concreto questa «global mission» a un livello più personale. Questo vuole essere
un’espressione dell’unità della chiesa in tutto il mondo
condividendo esperienze simili e diverse in uno spirito
di preghiera e di servizio.
Vuole essere anche l’occasione per vedere altri punti di
vista nel vivere la fede cristiana e la vita della chiesa in
situazioni diverse.
In particolare questo presbiterio vuole conoscere più a
fondo, attraverso uno scambio di informazioni e di visite, l’eredità che il valdismo e
il metodismo italiano hanno
da offrire per arricchire la loro vita di fede. Però l’operazione non vuole limitarsi a un
approfondimento storico:
queste sorelle e questi fratelli
vogliono conoscere il nostro
impegno di fronte alla mafia,
ai rifugiati, alla secolarizzazione, vogliono sapere che
cosa facciamo per i disoccupati, i senzatetto, i giovani,
gli anziani immersi in una
cultura cattolico-romana predominante. Perciò vorrebbero
conoscere quello che facciamo per l’evangelizzazione e
Ancora un ricordo del pastore recentemente scomparso
Carlo Gay amava la cultura
SALVATORE CAPONETTO
Alla notizia dell’inattesa
scomparsa del pastore
Carlo Gay mi si sono affollati
nella mente tanti cari ricordi
che si riferivano a momenti
decisivi della vita della mia
famiglia. Ci eravamo incontrati a Pesaro verso la fine
degli anni Cinquanta in occasione di una sua visita ad alcuni profughi istriani, membri della Chiesa valdese di
Fiume. Fu un incontro gioioso con tutta la mia famiglia la
quale, pur apprezzando la comunità dei Fratelli, che regoliuinente frequentava, si sentiva isolata dalle altre comunità evangeliche.
Gli comunicai gli incontri a
Rimini di Giorgio Girardet
presso la famiglia della professoressa Ada D’Ari Pasini,
ed egli afferrò subito il significato di una presenza valdese
a Rimini e in Romagna senza
tralasciare la collaborazione
fraterna con la comunità
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evangelica pesarese. Qualche
anno dopo, nella costituita
chiesa di Rimini, il pastore
Gay battezzò mia figlia Rina
dopo il culto, celebrato assieme al pastore svizzero Blaser
della Chiesa riformata, che
aveva iniziato una collaborazione fraterna con la Chiesa
valdese, per celebrare il culto
in lingua tedesca per i numerosissimi turisti della riviera
adriatica. Nell’ottobre del
1962, appena arrivato a Firenze, dove ero stato trasferito
come preside dell’Istituto tecnico commerciale Duca d’Aosta, Gay si precipitò a casa
nostra e ci salutò con la sua
bella voce: «Benvenuti in
questa terra di Toscana benedetta da Dio». È difficile capire la mia emozione e quella
dei miei familiari a quell’accoglienza. Gay, fra tutti miei
colleghi e amici, fu l’unico a
incoraggiarmi a chiedere Firenze come prima sede, pur
riconoscendo le difficoltà di
sistemazione e di ambientamento per chi era vissuto per
vent’anni in una piccola città!
Ma anche in que.sto caso egli
seppe guardare lontano pensando all’inserimento della
mia famiglia con quattro figliuoli nella comunità fiorentina e comprendendo per le
mie ricerche storiche il privilegio di risiedere nella capitale della cultura italiana. E i
fatti gli hanno dato ragione.
Fra i tanti doni di intelligenza, di fiducia nella vita, di
amore per la cultura ricevuti
da Dio, Carlo Gay ne ebbe
uno rarissimo: la straordinaria
capacità di immedesimarsi
negli altri, di cercare di capirli, di confortarli, o di spronarli, non con predicozzi ma con
l’ascolto, con il suo indimenticabile sorriso e con qualche
felice battuta! Una dote ormai
smarrita in questa nostra epoca in cui ognuno vuole ascoltare solo se stesso.
Spetterà ad altri, con maggiore conoscenza della mia,
scrivere dei suoi scritti e della
sua preparazione teologica ma
io ricorderò i suoi sermoni,
frutto di una lettura della storia e della realtà quotidiana
alla luce dell’Evangelo senza
deformazioni e forzature
ideologiche: indimenticabile
per me quello pronunciato dopo l’alluvione di Firenze del
1966 sul valore della cultura e
del suo indistruttibile legame
con il protestantesimo, la cui
fede si fonda su un libro che
si presenta come qualsiasi altro libro, che può essere distrutto ma il cui messaggio di
fede in Dio non morirà.
Ristampare oggi quel sermone, nella crisi profonda,
spirituale e culturale del nostro paese, sarebbe un bell’
omaggio all’intelligenza dei
veri valori del caro amico
Carlo Gay.
La Settimana (della libertà a Palermo
Prosegue l'impegno
per fermare la guerra
CHRISTOF FR6SCHLE
Perché non scegliere la capitale bosniaca come
luogo della seconda «Assemblea ecumenica europea»,
che la Conferenza delle chiese europee (Kek) vorrebbe
effettuare nel 1996 sul tema
della «riconciliazione»?
Questa è una delle proposte
emerse durante la «settimana
della libertà» a Palermo, dove le comunità evangeliche
hanno vissuto questo appuntamento nella preghiera per
la pace in Bosnia e nella riflessione comunitaria su questa grande sfida per le nostre
coscienze cristiane.
La predicazione sulle beatitudini (Matteo 5) ci ha interrogati su quale possa essere il
nostro contributo come evangelici italiani alla costruzione
della pace oltre l’Adriatico.
Accanto alla nostra preghiera
e all’aiuto umanitario è necessaria la pressione politica
verso i governi europei perché facciano tutto il possibile
per arrivare a una soluzione
non militare del conflitto. La
comunità di Palermo-Noce
ha anche dedicato il culto del
20 febbraio al tema della
guerra, partendo dalla lettura
di Genesi 4: il fratricidio di
Caino. E sbagliato volere individuare fra i gruppi etnici
jugoslavi chi sia Caino, l’aggressore, e chi Abele, la vittima. Tutti sono Caino e tutti
sono anche Abele, ogni gruppo ha dei motivi storici per
essere «irritato» e avere «il
viso abbattuto» come Caino,
ogni popolo ha subito massacri e perfino genocidi. La riconciliazione in Bosnia, tanto
necessaria quanto difficile,
deve anche tener conto della
lunga storia del conflitto intrecciata nei conflitti degli altri popoli europei. Ecco perché bisogna fare l’assemblea
«Basilea due» a Sarajevo:
perché siamo i fratelli e le sorelle di Caino e Abele, siamo
responsabili anche noi della
storia e del futuro di questo
conflitto.
Le comunità per ora stanno
partecipando a una iniziativa
di studenti e studentesse palermitani, i quali in collaborazione con il Comune hanno
stampato delle cartoline, da
spedire al Consiglio dei ministri, con l’intestazione: «Stop
alla guerra». Il 16 marzo le
chiese palermitane saranno
presenti a una manifestazione
di solidarietà con i popoli bosniaci e per la convivenza
multietnica.
«e a
Pie
la diaconia, che cosd
niamo per lo svilup«{
zona in cui viviamo,*
facciamo per la saìuk_______
Vogliono condividete!
stra vita di chiesa sctail À «
materiale di studio^KiA /
per l’educazione in vftóamo le
fede, conoscere le ¿¿arzo se
turgie, i modi di cete, tra u
culti, insomma conditenze, m
vita di fede con noiyte bensì
più stretto e fraterno, (ione del
Questa attività noB|i>ertà. P
a senso unico. Possiairfolte: an
vere da loro le stes»ost®
mazioni riguardo al llontestc
pegno nella società ¿oneo a
na; vogliono dunqu^Pm^"!^
uniti a noi in preghiàjùato; in
tercessione per tuttefi ™vio
vità che portiamo
una comunione di fedSmonio
disponibili a offrire
lità, aiuto e una manoÌ^P
per valdesi e metoi^ ^
passano nella loro z6ii^? scora
sono offrire aiuto periF*®®
e creare un rapporto
ro Facoltà di Teolo^f®®® Pf
sburgh e la nostra di
La speranza è che«“------
scambio, iniziato a “
più ampio, possa
zarsi in futuro
marsi di amicizie, coir®'!
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Convent
denza individuale,
gi fra comunità, eci
proposta dettagliata
malizzare questa
ship» sarà presenML .
Conferenza distrettffllx\r,;p„.
Villasecca i prossimi 4cSduÌ
giugno.
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Ricordo
Susanna
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nianza i
^ paese. 1:
Alessandria Susannadjy,a
ved. Jouve. Originaliai ap’gvai
mollo, era l’ultima di* Ora i
miglia di 13 figli, #’94 (chi
quali morti nella flje, e do
1915-18; anche il®Comiti
morì pochi anni dopaliPonere
del conflitto a motivolnecessa
grave ferita alla spM curamei
le. Susanna dovette all* mo di u
bandonare il villaggio! mente s
Germano assieme allaS progetti
glia unica Elsa per p*f volta)
vare un lavoro dapj^ecumen
Torino e poi ad Al®* dotte ps
È bene ricordare cheS* anche <■
aveva ricevuto in W
una notevole influen^
tuale, frutto del Ris''^
dove lo spirito di
la lettura della
costituivano il pane
indispensabile; la d
ne di quei tesori fii r
sanna e Elsa sorgente^
de forza per la loro 1®^
nianza in un ambio®*
diverso da quello del*
gio natio.
Oltre all’eredità SP
della famiglia esse^
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NERDÌ 18 MARZO 1994
PAG. 5 RIFORMA
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nterrogativi dopo il rinvio di Pentecoste '94. Che cosa non ha funzionato?
a vìa dell^unìtà degli evangelici è lunga
i accidentata. Le scorciatoie non servono
PAOLO RICCA
A nnullato rincontro di
Pentecoste ’94» abiamo letto su Riforma del 4
larzo scorso. Avverrà, si dii di ceÆ, tra un anno, sempre a Fia condAnze, ma non più a Pentecoon noi yte bensì a febbraio, in occaatemo. iione della Settimana della li>'ità noB’&rtà. Peccato. Peccato due
rolte: anzitutto perché Penteoste era, è e resta l’unico
iontesto biblico e liturgico
loneo a inquadrare evangeliàmente il raduno programlato; in secondo luogo perché
òr tutteil^ rinvio - benché salutare - è
iamo si&r sempre una sconfitta, il
le di fé®***®*”® qualcosa non va.
offrirel^he cosa non va? Che cosa
*ion ha funzionato?
È bene porsi questa domanla scomoda perché l’improvisa battuta d’arresto lungo il
animino che doveva portarci,
;ome per incanto, il prossimo
ese di maggio, alla grande
'onvention evangelica di Fienze - nel suo genere la pria in assoluto nella storia re
• Possi;
le stesi
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preghi!
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uale 3"^’dente di percorso, e quindi
^on è un fatto che si possa ar’ 3:hiviare senza cercare di com6 '^^Wnrenderlo, al di là delle ragioli più che plausibili che lo
. • iiianno determinato. Una cosa
istretMè spiegare perché un fatto è
ros*™“accaduto, un’altra è capire che
.cosa, in realtà, è accaduto.
Tanto più è necessario fare
questo sforzo critico e autocritico in quanto la posta in
gioco è molto alta: non c’è
dubbio infatti che dal rappor,fo tra valdesi, battisti, metodijsti, luterani e salutisti da un
'lato, pentecostali e Fratelli
idaH’altro, dipende in buona
’parte il futuro della testimonianza evangelica nel nostro
paese. In gioco non siamo noi
ma il servizio da rendere
_ all’Evangelo.
ItimafflJ Ora il rinvio di Pentecoste
figlivi’94 (che è apparso inevitabinella ^ g dobbiamo essere grati al
che il*Comitato che si è assunto
ni dopojl’onere di questa decisione
motivo^ necessaria ma dolorosa e siila spinM curamente sofferta) è il sintoivette 0 mo di un deficit che probabildllaggiO" mente sta alla base di tutto il
;me alias progetto: un deficit (per una
a perp^volta) non economico ma
ro dappw ecumenico. Fra le ragioni adad Alesi dotte per il rinvio compaiono
ire che ^ anche «difficoltà economiche
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lei ìdm,
0 diprej
ì parola ®
Un incontro «Fratelli», valdesi e metodisti a Ecumene (1991) sul tema: «Diversi approcci al problema teologia»
generali». Ma la vera difficoltà è stata ed è - pensiamo
- di ordine ecumenico.
E qual è? È che al di là di
ripetute, reciproche dichiarazioni di fraternità, indubbiamente convinte e sincere ma
anche abbastanza generiche, e
al di là di un senso sicuramente presente ma raramente verificato di appartenenza reciproca fondata da un lato sul
primato della Sacra Scrittura
che tutti riconoscono e cercano di praticare e dall’altro su
una fede comune nel suo
orientamento di fondo e nei
suoi contenuti essenziali (si
tratta, per tutti, di «fede evangelica»), al di là di tutto questo, che pure non è poco, il
«protestantesimo federato»
(detto anche «storico», quello
cioè raccolto nella Federazione) e il «protestantesimo libero» (detto anche «non federato» e cioè, in Italia, pentecostali e Fratelli), non hanno finora costruito abbastanza insieme nel senso che non hanno esplicitato le ragioni
profonde della loro reciproca
appartenenza e comune vocazione, pur nella diversità delle
esperienze fatte e dei doni ricevuti gli uni per gli altri.
Pentecoste ’94 era forse un
frutto prematuro. Non certo
nel senso dei tempi incalzanti
di Dio, rispetto ai quali siamo
molto in ritardo, ma nel senso
dei tempi sfilacciati del nostro
ecumenismo intraevangelico,
in particolare tra «federati» e
«non federati», per il quale fino a oggi abbiamo fatto troppo poco. Forse non si poteva
fare di più (ma sarà vero?),
comunque era ed è troppo poco per poter dar vita a un incontro come Pentecoste ’94.
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Abbiamo creduto di poter bruciare le tappe, sperando così
di raggiungere prima la meta:
ottimo proposito, ma i fatti
non ci hanno dato ragione.
Succede sovente che la via
che sembra la più lunga risulta
essere, alla fine, la più breve;
e viceversa. I tempi dello Spirito obbediscono a ritmi diversi da quelli dettati dai nostri
desideri. E una comunione solida, e quindi anche feconda,
non si improvvisa.
È vero che siamo tutti evangelici, ma è anche vero che lo
siamo in modi diversi. Questa
diversità non deve essere esagerata ma neppure sottovalutata. Alla sua base ci sono
problemi reali che non ci devono spaventare e meno ancora dividere, ma sui quali non
si può sorvolare per sempre.
Occorre confrontarsi. Questo
non solo non compromette o
incrina la comunione, al contrario l’arricchisce e la rinsalda. È però indispensabile
chiarire bene insieme e dire
anche insieme sia le ragioni
(profonde, solidissime) della
nostra comunione sia le ragioni (serie anch’esse) delle nostre diversità.
È indispensabile un patto,
un accordo, un consenso, una
concordia, il cui carattere e i
cui contenuti dovremo stabilire insieme, in base al quale ci
possiamo felicemente e consapevolmente dichiarare a vicenda fratelli e sorelle in Cristo e nella fede evangelica. È
indispensabile un atto pubbli
co e solenne con il quale ci
accettiamo reciprocamente in
Cristo, sia per quel che ci accomuna gli uni con gli altri,
sia per quel che ci distingue
gli uni dagli altri. È indispensabile che ci «diamo la mano
di associazione» (Calati 2, 9),
affinché ci si senta e riconosca
parte di un’unica grande opera
- non nostra ma di Dio - accomunati da un’unica vocazione - la sua - e collegati
dalla diversità delle risposte le nostre. Finché tutto questo
non accade, o perlomeno cominci ad accadere, i nostri
rapporti resteranno fragili,
aleatori e in fin dei conti velleitari, perché fondati più sulle
nostre speranze (o illusioni)
che sulle promesse di Dio.
Pentecoste ’94 era e resta un
frutto splendido, quasi miracoloso. Sembrava a portata di
mano, ora si è allontanato.
Non è sfumato, si è solo allontanato: perché? Perché impariamo a costruire la casa partendo dalle fondamenta e non
dal tetto. Oppure (prendendo
un’altra immagine) perehé impariamo a non voler mietere
senza aver abbastanza seminato e forse neppure arato bene
il terreno.
La via dell’unità cristiana
anche tra evangelici è lunga e
accidentata, e le scorciatoie
non servono. ’Va percorsa tutta, con umiltà e fiducia. La costruzione in noi e tra di noi,
nelle chiese e tra loro, dell’
unità che già abbiamo in Cristo è una fatica di lungo respiro che esige preghiera, perseveranza e intelligenza creativa. In altre parole: la tappa del
dialogo paziente e costruttivo,
mediante il quale si prende
progressivamente coscienza
della comunione che Cristo ci
dona e si comprendono e apprezzano in lui le diversità che
ci caratterizzano, non può essere scavalcata. Ma dove sono
i nostri dialoghi, per esempio
fra valdesi e pentecostali, oppure tra battisti e luterani? E
se i dialoghi non ci sono, come possono esserci i loro frutti? L’albero buono, si sa, dà
frutti buoni, ma bisogna che
l’albero ci sia.
La piccola chiesa di Pescolanciano
Una comunità vìva
Chiesa battista di Milano-via Pinamonte
Battesimi dì etìopi
LUCIANO DEODATO
Pescolanciano: un piccolo
paese in provincia di Isernia, che conta oggi un migliaio di anime. Qui, agli inizi
del secolo, cominciò un’opera
di evangelizzazione. Furono
alcuni emigrati che, andati negli Stati Uniti per cercare fortuna e soprattutto lavoro, se
ne tornarono carichi di esperienze, con alcuni dollari in
tasca e soprattutto con la Bibbia che aveva cambiato la loro vita iniziarono a formare
una piccola comunità; fu
aperta una chiesa evangelica,
con annesso alloggio pastorale. La comunità crebbe, ma
poi emigrazione (sempre in
agguato) e decessi (anche la
morte sempre in agguato!) ridussero di molto il numero
dei membri.
Oggi la chiesa è diventata
un piceolo gruppo di pensionati ed ex boseaioli, tuttavia
mantiene le proprie attività,
sia pure con alcuni limiti. E
visitata dal pastore di Campobasso; il culto si svolge la do
Nello spirito comunitario e
di accoglienza, domenica 6
febbraio la Chiesa battista di
Milano (via Pinamonte) ha
ospitato un gruppo di evangelici etiopi in oecasione della
celebrazione del loro culto
battesimale.
Un eulto che è stato certamente molto «diverso» dai
culti battesimali ai quali si è
abituati sia per i momenti di
menica pomeriggio; studia gli
argomenti proposti dal Sinodo. Per esempio ultimamente
ha studiato il documento sui
matrimoni interconfessionali:
un tema importante, perché i
matrimoni qui sono tutti «misti». Ma quest’anno poi c’è
una novità: si è formata una
miniscuola domenicale che si
ritrova regolarmente. 1 bambini vengono una mezz’ora prima dell’inizio del culto. Il pastore, o in sua assenza due
madri, spiegano la lezione e
poi, mentre i «grandi» partecipano al culto, la scuola domenicale prosegue allegramente (nella stessa sala). La
predicazione, in genere, verte
sullo stesso tema della lezione
per i bambini. La prima domenica di quest’anno il culto
è stato condotto da loro, coadiuvati dalle mamme e dal pastore con canti, poesie, letture. Alla fine dolci per tutti! In
questo modo cresce la comunità e cerca di mantenere salda una testimonianza preziosa
lottando contro la disgregazione e l’indifferenza.
(Foto Zibecchi)
dedizione e raccoglimento dei
singoli neobattezzati e di coloro che parteeipavano al culto, sia per la loro tradizionale
musicalità, accompagnata
esclusivamente da una sola
tastiera elettroniea, che riempiva il tempio insieme alle loro voei che in lingua etiope
sottolineavano il particolare
momento dell’immersione
nella vasca battesimale.
SIRACUSA — Venerdì 21 e domenica 23 gennaio, nella ehiesa parrocchiale di via Specchi, cattolici ed evangelici insieme hanno lodato il Signore. La parrocchia era ampiamente
rappresentata: dai catechisti, dalla «San Vincenzo», dagli
scout, dal «gmppo famiglie», dal «telefono rosso» per il recupero dei tossicodipendenti e, in particolare, da quei fratelli e sorelle che (vent’anni fa) iniziarono proprio in questa
città il movimento del «rinnovamento nello spirito». Caratterizzò quel periodo postconciliare un efficace scambio di
rapporti, in particolare con la Chiesa evangelica battista di
via Agatocle. L’incontro di venerdì sera ha visto una serie
di letture, canti, preghiere e testimonianze. Domenica, oltre
a sorelle e fratelli battisti, metodisti e valdesi era presente
anche un gruppo di pentecostali.
PINEROLO — Ospite gradita dell’Unione femminile è stata
la pastora Laura Leone che ha intrattenuto le numerose sorelle presenti alla riunione del 9 febbraio sul suo non facile
lavoro nelle comunità di Trapani e Marsala.
• Domenica 6 marzo, in occasione della giornata mondiale
di preghiera, il culto è stato celebrato da un gruppo di unioniste di Pinerolo che, insieme con numerosissime altre sorelle giunte qui da diverse comunità delle Valli e di Torino,
hanno preso parte al simpatico e fraterno incontro.
• Arnaldo Tronzano, il ben noto Dino delle Gorge, non è
più con noi. Il suo funerale ha avuto luogo giovedì 10 marzo ed è stato presieduto dal past. Josi. La comunità lo ricorda con simpatia dicendo una parola d’affetto alla famiglia
di Claudio Beux che l’ha seguito sempre sia a casa sia
all’Asilo con profondo amore fraterno.
• L’Assemblea di chiesa di domenica 13 marzo ha fatto seguito alla meditazione proposta da alcune monitrici e da
una scenetta avente per tema «La disputa di San Germano
del 1596 sulla Santa Cena», presentata dai precatecumeni.
PRAROSTINO — Durante il culto del 27 marzo confermeranno il loro battesimo Federico Avondetto, Dario Gardiol e Loretta Codino. Che Dio li faccia crescere nella fede e nella loro comunità che li accoglie con affetto.
• Il messaggio della speranza e della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Albino Avondetto,
Elvy Forneron, Emma Fornerone Roman. Esprimiamo
alle loro famiglie la solidarietà delle chiesa.
VILLASECCA — La comunità ha vissuto il periodo del XVII
Febbraio nella consueta atmosfera festosa, con falò la sera
del 16, il culto con Santa Cena nel vecchio tempio di Villasecca e con ragape fraterna. Un sentito ringraziamento al
pastore Renato Coìsson, che ha presieduto il culto e ha presentato nel corso dell’agape alcuni scorci sui problemi della
Bosnia. Un grazie anche al gruppo che ha preparato l’agape
e ai fratelli che hanno eseguito vari lavori per rendere più
funzionale la cucina. I giovani hanno poi presentato nei due
successivi fine settimana la commedia di Franco Roberto
«Che dice il tuo oroscopo?», con meritato succes.so. Grazie
anche a loro e alla banda musicale di Pomaretto che ha par, tecipato all’ultima serata.
• Domenica 13 marzo l'Assemblea di chiesa ha approvato il
conto consuntivo 1993 e il preventivo 1994; ha inoltre rieletto le sorelle Claudine Salma e Rina Menusan come
membri del Concistoro. Auguriamo loro una prosecuzione
del servizio in questo ministero ricco di benedizioni.
ANGROGNA — Lunedì 4 marzo è nato a Pinerolo Boris Sonato, di Wilhelm e di Daniela Bonnet, membro della nostra
chiesa. Invochiamo su Boris la benedizione del Signore.
SAN GERMANO — L’assemblea di chiesa ha eletto quali
suoi deputati alla prossima conferenza distrettuale Annalisa Coucourde, Piero Rivoiro e Andrea Ribet (supplenti
Renato Long, Renato Ribet, Clemente Beux). I presenti
hanno anche discusso sul problema della Cena del Signore
ai bambini.
6
PAG. 6 RIFORMA
Della Parola
VENERDÌ 18
MAR2Q,
A DIO SOLO
LA GLORIA
ANNA MAFFEI
Che cos’è questo frastuono? Campanelli, tintinnii, tamburelli, musiche, canti, grida festose... Il frastuono
cresce sempre più nel campo
immenso sulle rive del Mar
Rosso, il corteo di donne invade ogni spazio, la gioia, le
grida festose si moltiplicano e
per un bel pezzo tutti, ma
proprio tutti, ne sono contagiati. È festa, è festa, è la festa della libertà. È esplosa
all’improvviso dopo un giorno e una notte di tensione e di
paura. È stata Maria la profetessa a dare il la alla grande
festa e tutti insieme ora danzano e cantano e suonano e si
abbracciano e si baciano in
una gioia senza fine.
Il popolo
ritrova la parola
Dopo che tutto è descritto
nel capitolo 14 del libro
dell’Esodo con sobrietà e solennità, dove non c’è spazio
per alcuna parola umana, dove il popolo tace, Mosè tace,
dove Aaronne perfino, portavoce di Mosè per conto di
Dio, tace, ora alla luce del
nuovo giorno, quando l’ultimo israelita ha finalmente
calcato la terra asciutta e il
mare si è rinchiuso dietro di
lui, allora le donne e poi tutto
il popolo hanno ritrovato la
parola.
Molti dicono che solo dopo
aver attraversato il mare e
aver ritrovato la parola, il popolo d’Israele è nato davvero.
L’Eterno si è acquistato un
popolo (v. 16). Se nasce qui,
o se rinasce qui, allora possiamo dire che la prima parola che balbetta è l’unica possibile, la parola della lode. Se
a partire da questi due antichi
e bellissimi cantici di lode di
Miriam e degli israeliti potessimo giocare insieme al gioco
delle associazioni di idee troveremmo delle parole interessanti che si legano le une alle
altre in questi cantici in maniera mirabile.
Le parole sono sei: canto,
lode, ricordo, sconfitta, salvezza, speranza, per poi ritornare a canto e ricominciare
daccapo.
Il popolo
della lode
Il popolo dunque nasce subito col canto e perciò è il
popolo della lode: «Io canterò all'Eterno, l’Eterno è
l’oggetto del mio cantico». Il
popolo di Dio impara a parlare e quando parla si apre alla
lode. Questa semplice constatazione mi porta col pensiero all’esperienza che fece
molti secoli dopo Zaccaria,
padre di Giovanni Battista.
Anche lui rimase muto, anzi
fu reso muto da Dio per un
certo tempo, e quando gli fu
restituita la parola, anche lui
si aprì ad un meraviglioso
«Allora Mosè e i figliuoli d’Israele cantarono questo
cantico all’Eterno e dissero così:
“Io canterò all’Eterno, perché si è sommamente esaltato; ha precipitato in mare cavallo e cavaliere. L’Eterno è
la mia forza e l’oggetto del mio cantico; egli è stato la
mia salvezza. Questo e il mio Dio, io lo glorificherò; è
l’Iddio di mio padre, io lo esalterò. L’Eterno è un guerriero, il suo nome è l’Eterno. Egli ha gettato in mare i
carri di Faraone e il suo esercito, e i migliori suoi condottieri sono stati sommersi nel mar Rosso. Gli abissi li coprono; sono andati a fondo come una pietra. La tua destra, o Eterno, è mirabile per la sua forza, la tua destra,
0 Eterno, schiaccia i nemici. Con la grandezza della tua
maestà, tu rovesci i tuoi avversari; tu scateni la tua Ira,
essa li consuma come stoppia. Al soffio delle tue nari le
acque si sono ammontate, le onde si sono drizzate come
un muro, i flutti si sono assodati nel cuore del mare. Il
nemico diceva: ‘Inseguirò, raggiungerò, dividerò le spoglie, la mia brama si sazierà su loro; sguainerò la mia
spada, la mia mano li sterminerà’. Ma tu hai mandato
fuori il tuo soffio; e il mare li ha ricoperti; sono affondati
come piombo nelle acque potenti. Chi è pari a te fra gli
dei, o Eterno? Chi è pari a te, mirabile nella tua santità,
tremendo anche a chi ti loda, operator di prodigi? Ih hai
steso la destra, la terra li ha ingoiati. Tri hai condotto con
la tua benignità il popolo che hai riscattato; l’hai guidato
con la tua forza verso la tua santa dimora. I popoli l’hanno udito e tremano, l’angoscia ha colto gli abitanti della
Filistia. Già sono smarriti i capi di Edom, il tremito
prende i potenti di Moab, tutti gli abitanti di Canaan
vengono meno. Spavento e terrore piomberà su loro. Per
la forza del tuo braccio diventeran muti come una pietra,
finché il tuo popolo o Eterno, sia passato, finché sia passato il popolo che ti sei acquistato. Ih li introdurrai e li
pianterai sul monte del tuo retaggio, nel luogo che hai
preparato, o Eterno, per tua dimora, nel santuario che le
tue mani, o Signore, hanno stabilito. L’Eterno regnerà
per sempre, in perpetuo”.
Qu^to cantarono gli israeliti perché i cavalli di Faraone coi i suoi carri e i suoi cavalieri erano entrati nel mare, e l’Etemo aveva fatto ritornare su loro le acque del
mare, ma i figliuoli d’Israele avevano camminato in mezzo al mare, sull asciutto. E Maria, la profetessa, sorella
di Aaronne, prese in mano il timpano, e tutte le donne
uscirono dietro a lei con dei timpani, e danzando. E Maria rispondeva ai figliuoli d’Israele: “Cantate all’Eterno,
perché si è sommamente esaltato; ha precipitato in mare
cavallo e cavaliere”»
(Esodo 15, 1-21)
cantico di lode. E l’esperienza della madre, quando dopo
i dolori del parto e la nascita
della sua creatura, la prima
parola che sente salire dal
cuore è la parola della lode
per la vita che vince e il dolore che si placa.
La lode
nasce dal ricordo
Ma la lode nasce dal ricordo : la comunità
che loda è anche la comunità
che ricorda. Il cantico di
Israele ripercorre le tappe
dell’azione di Dio e mentre le
canta le trasmette alle generazioni successive perché le
ricordino per sempre: «La
tua destra, o Eterno, è mirabile per la sua forza». La lode non può sussistere senza
ricordo, perché essa si basa
su ciò che Dio ha fatto nella
storia, si basa su eventi concreti che hanno coinvolto il
popolo e su cui il popolo di
Dio fonda la sua identità, il
suo stesso esistere. Il canto è
memoria per le generazioni
che si susseguono. Il canto
ha infatti questa grandissima
funzione di convogliare 1’
esperienza, individuale o collettiva che sia, nelle comunità che nel tempo si rinnovano.
Così che cantando l’esperienza passata, che era di altri, diventa anche propria, interpreta la propria. Cosa sono
i salmi se non questo? Canti
che ancora oggi interpretano
con parole che sono appartenute a tanti altri prima di noi
anche la nostra esperienza di
fede, ma che in questa non si
esauriscono. Il canto in un
certo senso ci forma e si radica molto profondamente nella nostra psiche. Credo che
abbiamo avuto un po’ tutti
l’esperienza di assistere agli
ultimi tempi della vita di
qualche fratello o di qualche
sorella in fede. Non è forse
vero che anche quando parte
della lucidità della mente se
ne va, i canti della fede restano come le cose più impresse, più difficili da dimenticare? Così anche quando il corpo ci sta lasciando, lo spirito
riesce a cantare ancora le lodi
al Signore.
Il ricordo
della sconfitta
Se la lode nasce dal ricordo, questo ricordo ha in
sé un contenuto. Il contenuto
del ricordo è prima di tutto la
sconfitta. Ripetuto più volte
nel canto d’Israele, anche
troppo per la nostra sensibilità, si tratta della sconfitta di
colui o coloro che si erano
opposti al piano di Dio e alla
sua salvezza. «Egli si è sommamente innalzato, ha precipitato in mare cavallo e cavaliere». Molto concretamente
Dio ha sconfitto Faraone e gli
egiziani che sprezzanti confidavano sulla loro forza, sui
loro carri da guerra, sulle loro
spade (v. 9).
Iddio ha avuto la meglio su
coloro che non avevano dato
ascolto alla voce di Dio, vi si
erano opposti, volevano continuare ad opprimere il suo
popolo, non avevano rinunciato a dare la caccia ai fuggiaschi. La memoria è dunque in primo luogo il ricordo
del giudizio che Iddio pronuncia sul prepotente. È Dio
che impietrisce il mare, lo
rende docile e vulnerabile,
traccia nel mare una strada e
poi la rinchiude sui nemici,
sugli oppressori. E qui la conseguenza è annunciata solennemente e non ha confini: i
popoli l’hanno udito e tremano, i capi di Edom sono smarriti, gli abitanti di Canaan
vengono meno.
Il ricordo
della salvezza
Ma se il ricordo è ricordo di una sconfitta, è
anche e soprattutto ricordo di
una grande vittoria e di una
grande salvezza. Iddio si è
acquistato un popolo, con la
sua forza ha ridato voce a
una massa di schiavi, ha restituito vita e dignità a un insieme di fuggiaschi. L’Iddio,
terrore dei popoli, diviene il
«tu» a cui rivolgersi da ora in
perpetuo: «Chi è pari a te,
mirabile nella tua santità,
tremendo anche a chi ti loda,
operator di prodigi» (v. 1 Ib).
«Tu hai condotto con la tua
benignità il popolo che hai
riscattato» (13a). Quanto
questa consapevolezza del
Dio che salva aprendo una
strada nel mare in favore del
suo popolo sia stata e sia fondamentale per tutta l’esperienza storica del popolo di
Israele, è evidente per chiunque conosca un po’ le Scritture.
L'Iddio
della speranza
Questa memoria è divenuta poi per noi cristiani
anticipazione della fede in
colui che morì, ma fu risuscitato e vive con noi per sempre. Dunque il gioco va da
canto, lode, ricordo, sconfitta,
salvezza, per concludersi con
speranza.
Chi compose questi bellissimi cantici volle dirci che
Israele, nel cantare le lodi al
Signore per quello che questi
aveva fatto in suo favore, si
proiettava avanti, nel futuro.
Anzi riusciva perfino a parlare al passato di cose che ancora dovevano verificarsi:
«Tu hai condotto con la tua
benignità il popolo che hai riscattato; l’hai guidato con la
tua forza alla tua santa dimora». E intravedeva nella lode
un futuro che era già subito
tutto nelle mani di Dio: «Tu li
introdurrai e li pianterai sul
monte del tuo retaggio, nel
luogo che hai preparato, o
Eterno, per tua dimora».
Il canto è dunque lode per
L'Iddio
della salvezza
La memoria della salvezza dalle mani degli egiziani e dalle acque del grande
mare è stata la parola che più
di ogni altra ha dato forza e
speranza a un popolo spesso
stanco, abbattuto, perseguitato, prostrato. La pasqua ebraica, col suo rito semplice ma
intensissimo, ha avuto il ruolo di riportare in tutte le case,
anno dopo anno, generazione
dopo generazione, l’annuncio
di questa salvezza, e la funzione di dire che l’Iddio che
una volta salvò Israele dalle
mani di Faraone, era e rimaneva lo stesso Dio in perpetuo. Era ed è appello a sperare nell’insperabile, ad attendersi l’impossibile.
quello che Dio ha ]
ciò che Dio ha fatto unai
nella storia che diveii
stante fonte di incorali
mento e speranza perii
denti che si succedono fi
gli altri. Nel canto Uria
si rinnova e diventati
propria eredità di fede,|
prio patrimonio, propria«
rienza, propria sperala
canto finisce con l’affii
zione di fede che rim®i
trale anche per noi: «i'i
no regnerà per semptt
perpetuo». '
Attraverso i regni ctó
fermano e crollano, nei»
che si succedono è, M
ogni apparenza, la sigwi
Dio e la sua sovraniàS
marrà stabile in eterno.j
sta è un’affermazione dii
che abbiamo impara»
Israele. Un’ultima cosa:«
lode non c’è posto per*
saltazione di Mosè.J*
stante la sua fedeltà nell
strumento di Dio egli««
neppure nominato. No«'
posto per alcun altro cl»l
il Signore. Nessun alW
Dio solo la gloria.
/era
Amo i’Eterno, mio soccorritor,
poìch’Egli ha udito l’alto mio lamento
e ai miei sospir l’orecchio porse attento;
tutti i miei giorni loderò il Signor!
L’anima mia Tu libera, o Signor;
m’asciuga il pianto, mi rafferma il piede;
catnminerò davanti a te con fede,
T’esalterò fra i vivi con fervor.
Da morte a vita mi condusse aliar
l’Eterno giusto, misericordioso,
poiché protegge gli umili, pietoso,
sempre li guida, forte Redentor.
A Te, Signor, che render mai potrò?
Dei tuoi preziosi doni sovrabbondo.
Vo' salmeggiare e proclamare al mondo
che la tua grazia sola mi salvò.
Spedii
Incas
Casell
U’Editc
il diritti
R
rete
Eur
nel
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(Inno n. 50 dell’Innario cn
Salmo 116, Ginevra 15
7
Spedizione in abb. postale/50
In caso di mancato recapito rispedire a:
Caseiia postaie 10066 - Torre Peiiice
L'Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa
Un seminario a Torre Pellice
Radiofonia evangelica
nel Sud dell'Europa
Rappresentanti della ricca, ancorché molto diversificata,
rete di emittenti radiofoniche evangeliche che opera nel Sud
Europa, si sono incontrati la scorsa settimana a Torre Pellice
nel corso di un seminario organizzato dalla Cepple (Conferenza delle chiese cristiane dei paesi dell’Europa latina) e
dalla Wacc (Associazione mondiale per la comunicazione
cristiana). Durante i quattro giorni di lavoro una trentina di
partecipanti ha potuto confrontare i diversi modi di evangelizzazione mediante la radio in Francia, Svizzera, Portogallo,
Spagna e Italia. Si tratta di attività che si svolgono in paesi
caratterizzati da una predominante presenza cattolica, dove
far radio è sovente un’attività volontaria a fianco di altri lavori 0 servizi nella chiesa. Certo vi sono profonde differenze
fra chi deve produrre settimanalmente una o due ore di trasmissione e chi invece deve fare i conti con la gestione quotidiana di un’emittente; il confronto fra operatori «professionali» e altri «amatoriali», e i temi affrontati, rappresentano
comunque per tutti importanti momenti di crescita.
Fondato nel 1848
Í)
Valu ì^lde
VENERDÌ 18 MARZO 1994
All’inizio degli anni ’70
un pastore provocò un
certo scalpore affermando dal
pulpito di Torre Pellice che
nel giro di pochi decenni anche nelle Valli i valdesi sarebbero diventati minoranza e
le nostre chiese chiese di diaspora. Se a 20 anni di distanza le nostre comunità non sono ancora diaspora, molto
spesso dimentichiamo però di
avere tutta una diaspora «valligiana» ormai di notevole
consistenza, costituita dai
tanti valdesi che per ragioni
di lavoro o di matrimonio sono andati a risiedere nel Pinerolese o nel Saluzzese, e che
sovente sono in grande difficoltà nel vivere la loro fede
sia perché, non abituati a essere minoranza, si scoprono
ANNO 130-N. 11
LIRE 1300
LE VALLI E DINTORNI
LA DIASPORA
RUGGERO MARCHETTI
poi di punto in bianco i soli
protestanti - o quasi - in tutto
un paese, sia anche perché
non sono molto seguiti, purtroppo, dalle nostre chiese.
Non sarebbe il caso di occuparsi seriamente e organicamente di questi fratelli e di
queste sorelle, senza più affidarsi alla sola buona volontà
dei singoli Concistori o dei
singoli pastori? (anche perché
sono convinto che, al di là del
discorso fondamentale della
cura pastorale di questi valdesi «in diaspora», sarebbe possibile - qui più che altrove avviare una campagna di
evangelizzazione). In quale
altra zona del nostro paese infatti si potrebbe impostare
un’iniziativa di questo tipo
facendo leva su una presenza
così diffusa di evangelici e
avendo immediatamente alle
spalle un complesso di chiese
e di pastori come quello delle
Valli?
Lancio questa proposta perché credo che dobbiamo
reimparare a pensare in grande e a sognare, e non più limitarci a difendere faticosamente le posizioni acquisite.
E anche perché questa «avventura» di evangelizzazione
potrebbe portare un salutare
vento di rinnovamento e una
scossa di entusiasmo nelle
nostre comunità, aiutandole a
sollevarsi al di sopra dei tanti
piccoli e grandi problemi che
oggi ci angosciano, compresa
la lenta ma costante diminuzione dei nostri membri di
chiesa che sembra destinata,
col tempo, a dar ragione a
quella previsione di 20 anni
or sono.
ia fa
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incorai
za per.ij
Ito il ria
ventai!
li fede,i
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Tecnomaiera
Ritirata
la richiesta
di fallimento
La vicenda della Tecnomaiera ha fatto registrare
all’inizio della settimana una
evoluzione positiva dopo mesi di trattative, cassa integrazione e minacce di chiusura. I
problemi erano sorti subito
dopo il periodo delle vacanze
dell’estate ’93, quando da
parte della proprietà si erano
denunciati gli esuberi. La fabbrica del marmo della vai
Germanasca, che pure poteva
contare su commesse addirittura negli Stati Uniti e che
aveva notevolmente rinnovato le sue strutture a Inverso
Rinasca, a un certo punto
sembrava sull’orlo della chiusura con drammatiche ripercussioni sui 110 dipendenti.
Dopo una serie di incontri
veniva riconosciuta la cassa
integrazione e i mesi successivi hanno visto l’altemarsi di
giorni di lavoro e altri di
chiusura; nel frattempo però
le maestranze non percepivano lo stipendio. Con l’inizio
dell’anno i dipendenti e alcune ditte creditrici hanno avanzato la richiesta di fallimento
dell’azienda; vi sono state numerose manifestazioni degli
operai che in alcune occasioni sono arrivati a bloccare, almeno parzialmente, la statale
del Sestriere.
Quando l’istanza di fallimento sembrava l’ultima possibilità si è aperto un nuovo
discorso con le banche nel
tentativo di arginare una situazione che economicamente rimane assai difficile. Vista
la possibilità di riprendere la
lavorazione i dipendenti hanno ritirato la richiesta di fallimento e così hanno fatto anche le varie ditte creditrici.
Pare ormai sicuro dunque
che si ritornerà a lavorare la
prossima settimana e che gli
operai riceveranno una parte
degli arretrati maturati in
questi mesi; il resto del dovuto dovrebbe arrivare ai dipendenti entro giugno.
Code, attraversamenti difficili e mancanza di circonvallazioni complicano il problema
Val Chisone: migliorare la sicurezza stradale
MILENA MARTINAT
Viabilità sicura. Non sempre questo binomio
importantissimo si sposa con
le nostre strade: ormai da parecchi anni la popolazione
freme quando si parla di viabilità; la statale 23 che percorre la valle, e anche la provinciale, non paiono adeguate
all’intensità del traffico automobilistico che le percorre,
soprattutto nei fine settimana.
Come la foto evidenzia, i
paesi restano a lungo divisi
da colonne di automobili che
troppo spesso non rispettano i
limiti di velocità: diventa un
problema attraversare la strada soprattutto per i bambini o
le persone anziane; ma anche
chi è in buone condizioni deve fare i conti con un traffico
sovente intensissimo oltre che
con l’inquinamento dell’aria
e quello acustico.
I possibili finanziamenti
potrebbero arrivare dai soldi
da investire nei Mondiali di
sci del 1997 al Sestriere, ma
non ci sono molte certezze,
come spiega Erminio Ribet,
presidente della Comunità
montana valli Chisone e Ger
Traffico in vai Chisone
manasca e sindaco di Inverso
Pinasca: «Dagli anni ’70 fino
al 1989 si sono rinnovate le
promesse per quanto riguarda le circonvallazioni e la
sistemazione della statale;
fatti concreti però non si sono
visti. Nel frattempo la situazione si è ulteriormente aggravata e una soluzione è decisamente urgente».
- Sono stati individuati i
punti più pericolosi su cui occorrerebbe intervenire?
«Porte è il problema cruciale: il paese è spaccato in
due e la domenica è quasi
impossibile attraversarlo.
Salendo, la provinciale presenta situazioni difficili a
Pian Maurin, Fleccia e Bacino nel Comune di Inverso Pinasca; problematico anche il
superamento dell’abitato di
Perosa Argentina. In queste
zone si dovrebbero costruire
delle circonvallazioni anche
se non sempre ciò sarà facile
dovendo superare problemi
di natura geologica, di infrastrutture già esistenti o altro.
La complessa situazione di
i**^*lìl
Perosa può avere diverse soluzioni che vanno dal tunnel
più viadotto al tunnel più
viadotto a raso o ancora un
tunnel lungo oltre cinque
chilometri, ovviamente con
costi molto elevati. Anche
l’alta valle presenta punti di
una certa difficoltà, ma il
peggiore è la “coupure” di
Fenestrelle. L’ipotesi di progetto dell’Ativa e della Provincia sarà presentato nei
vari Comuni con assemblee
pubbliche».
- Come avete cercato di
sollecitare maggiormente Stato, Regione e Provincia?
«Ci sono stati molti incontri nei Comuni della valle;
sono state riunioni affollatissime come non ricordavo da
molti anni: la gente ha capito
che bisogna muoversi. D’altra parte c’è una grande sensibilità per l’ambiente e verso
la sicurezza; abbiamo in previsione una manifestazione in
Regione e successivamente
lungo la statale per sensibilizzare i turisti sui nostri problemi. Il nostro obiettivo è
una viabilità adeguata, senza
spese folli e col minimo impatto ambientale».
I—iiiili
Jacopo Lombardini, commissario politico non armato di Giustizia e Libertà,
fu catturato dalle SS durante il rastrellamento del 21-24 marzo 1944. Da Bobbio
Pellice fu trasferito prima agli Airali di
Luserna dove fu selvaggiamente picchiato, poi a Torino, poi nel campo di concentramento di Fossoli e infine a Mautahusen, dove morì il 24 aprile 1945. Da Fossoli Lomhardini scrisse alla professoressa
Mirella Argentieri Bein questa lettera che
pubblichiamo, tratta da Un protestante
nella resistenza di Salvatore Mastrogiovanni (edizioni Claudiana, 1985).
«Gent. Signora Bein
Mi è stato comunicato il suo indirizzo
per le comunicazioni con gli amici di
Torre che formano come la mia seconda
famiglia, e mi è stato gratissimo. Posso
dire di stare veramente bene e sto rimettendomi dalle sofferenze della prigione.
Si immagini che ero ridotto a 45 chili!
Appena giunto però trovai degli amici di
Milano che si incaricarono di darmi cibi
IL FILO DEI GIORNI
DA FOSSOLI
___________JACOPO LOMBARDINI___________
sostanziosi oltre quanto potevo trovare
nel campo, e in loro riacquistai le forze.
Nel carcere ho fatto delle preziose esperienze religiose che sto fissando in un
quaderno, peccato che non abbia potuto
scrivere immediatamente. Qui sono circondato da amore e da stima da parte di
tutti, speciedmente i milanesi.
Ho trovato una ventina di evangelici,
anche wesleyani del Quadrare di Roma
e ogni domenica facciamo il culto, ma a
contatto lo siamo sempre anche perché
sono stato incaricato dai milanesi della
loro assistenza per gli aiuti che possiamo concedere. Qui vi è anche un Gri
glio di Perosa, Pascal e Peyrot di Prali.
C’è poi, ma non è valdese, un Vola di
Pinerolo, che era con me e che forse
credono morto. 1 milanesi hanno fatto
miracoli i primi giorni per aiutarci, ma
sarebbe bene che da costì pure e da Torino, arrivasse qualcosa, più che in denaro in viveri, e sollecitamente, perché
si parla di una partenza degli abili al
lavoro. Io, personalmente, pur essendo
gratissimo dei medicinali portatimi, ho
bisogno di una Bibbia o almeno di un
Nuovo Testamento con Salmi, di una
cintura da pantaloni, di un paio di forbici e di un paio di sandali per il campo; se è possibile un po ’ di crema gialla
per scarpe. Oltre naturalmente a viveri,
anche in scatola, per un po’ di riserva
nella eventualità di impossibilità di altri
arrivi o di partenze. Grazie e saluti a
tutti. Pregate per me. Io lo faccio per
tutti voi. Avrei tanto da dire ma lo farò
presto a voce. Grazie a tutti voi, di nuovo saluti a tutti. Ossequi a Lei».
¡N Questo
Numero
Cultura
Fra le associazioni culturali presenti a Pinerolo,
una certa rilevanza hanno
raggiunto le istituzioni che
operano nel settore musicale. Ci occupiamo oggi
del Civico istituto musicale «A. Gorelli» e dell'associazione «Amici dell’organo», per capire come operano e come avvicinano la
popolazione alla musica.
Pagina II
Ferrovia
Dal 1° marzo sono cambiate le tariffe ferroviarie.
Per i pendolari c’è una
sensibile novità; è prevista
una tariffa denominata
abbonamento plus»; si
può di fatto viaggiare per
13 mesi pagando il prezzo
di 9 abbonamenti mensili.
Altre formule sono state
previste per gli studenti e
per chi acquista biglietti di
più lunga percorrenza.
Pagina II
Elezioni
Scuola, pensioni, lavoro,
assistenza sanitaria: un
confronto recentemente
svoltosi a San Germano ha
permesso di conoscere le
opinioni dei candidati alle
prossime elezioni del 27
28 marzo
Pagina III
Chiese e democrazia
Un dibattito a Pomaretto
ha permesso di riprendere
una discussione complessa
e impegnativa che era stata
avviata l’anno scorso.
Pagina III
XVII FEBBRAIO
I valdesi della comunità
di Parigi hanno festeggiato
come ogni anno la ricorrenza dei diritti civili. Una
giornata che ha visto anche
delle rievocazioni storiche
su personaggi del passato.
Pagina in
8
PAG. Il
E Eco Delle \àlli ¥ildesi
VENERDÌ 18 MAR7ni.
VENE
L’ingresso al centro di Torre Penice
LA PROVINCIA ALLARGA IL PONTE — Dovrebbero cominciare entro la primavera i lavori di ampliamento del
ponte all’ingresso di Torre Pellice sul torrente Angrogna.
La Provincia ha presentato i progetti e appaltato i lavori;
Tampliamento comporterà il rifacimento del lato a valle,
con un recupero di strada di circa un metro e mezzo, oltre al
nuovo marciapiede.
TRASLOCA L’UFFICIO POSTALE — Da sabato 12 marzo
1 ufficio postale di Inverso Pinasca ha una nuova sede; ora è
situato nei locali del nuovo municipio dove sono già stati
sistemati gli uffici comunali e l’ambulatorio medico.
PRALI: MUORE L’AMMINISTRATORE DELLA SEGGIOVIA — Profonda impressione e commozione ha destato l’improvvisa scomparsa, domenica mattina nella sua abitazione, di Danilo Peyrot, amministratore delegato della società Seggiovie 13 Laghi. Colpito da un malore, Peyrot è
deceduto dopo pochi minuti, malgrado l’intervento dei soccorsi. Quarant’anni, Peyrot lascia la moglie e una bambina
di un anno: era una figura di spicco della società civile di
ftali, avendo in passato anche rivestito l’incarico di vicesindaco; i funerali hanno avuto luogo martedì 15 marzo.
LE UNIONI FEMMINILI PER LA PALESTINA — Durante la recente giornata mondiale di preghiera svoltasi a San
Germano le Unioni femminili del primo distretto hanno generosamente aderito alla proposta dell’associazione «Salaam ragazzi dell’olivo» di Pinerolo acquistando i ricami di
donne palestinesi; il ricavato di oltre un milione di lire è
stato tempestivamente inviato alla cooperativa di ricamo nei
territori occupati.
SELVICOLTURA NATURALISTICA — Indirizzato a tutti
coloro che vogliono coltivare o migliorare i propri boschi
con tecniche rispettose dell’ecosistema e delle evoluzioni
naturali, si svolgerà un corso, organizzato dalla Coap, di
selvicoltura naturalistica. Le lezioni, tenute dal tecnico forestale Paolo Varese, avranno sia teoriche che pratiche sul
terreno e si svolgeranno a cadenza quindicinale nei weekend. II corso verrà presentato venerdì 18 marzo, alle 21, nei
locali della Coap in via Martiri del XXI, 65.
50 ANNI FA, PONTEVECCHIO — All’alba del 21 marzo
1944 ingenti forze fasciste attaccavano le postazioni dei
partigiani che occupavano la vai Lusema; gli scontri iniziavano a Pontevecchio e continuarono per tre giorni in tutta la
valle. Caddero nove partigiani e 40 furono fatti prigionieri e
portati a Torino; di loro molti saranno in seguito fucilati, altri deportati in Germania. In quei giorni molte case vennero
incendiate, altre saccheggiate. Per ricordare quegli episodi
l’Anpi e il Comune di Lusema hanno organizzato per il
prossimo fine settimana diverse manifestazioni, dalla deposizione di omaggi floreali ai monumenti ai Caduti e Internati di Torre Pellice, all’accensione di fiaccole presso la lapide di Pontevecchio. Domenica, alle 9,30 è prevista la
cerimonia a Pontevecchio e alle 11, nell’atrio dell’attuale
istituto tecnico «Alberti», allora caserma in cui furono rinchiusi i partigiani, verrà inaugurata una lapide a memoria
del fatto; seguirà l’orazione ufficiale, tenuta dal comandante partigiano Vincenzo Modica (Petralia). Interverrà il
Gruppo teatro Angrogna.
SAN SECONDO IN FESTA — In occasione di san Giuseppe,
Pro I^co e Comune organizzano come di consueto una sene di manifestazioni: domenica verrà proposta una mostra
di prodotti agricoli e attrezzature per l’agricoltura. Nel potttcriggio, alle 15, ci sarà uno spettacolo folcloristico con
canti e danze del Canavese. Lunedì si svolgerà la tradizionale fiera con merci varie; nelle due serate danze con l’orchestra Arcobaleno.
PINEROLO PROMUOVE LA LETTURA - Nella scorsa
pnmavera Pamministrazione comunale realizzò due iniziative per diffondere la lettura fra i giovani: una mostra e un
concorso rivolto soprattutto ai ragazzi delle scuole. Facendo
seguito a tali esperienze sono stati ora avviati due progetti
sempre attinenti la lettura: un corso di aggiornamento per
gli insegnanti della scuola dell’obbligo sulle principali tendenze e novità dell’editoria per ragazzi e un’inchiesta sul
rapporto fra ragazzi e strumenti di informazione, realizzata
con la distribuzione nelle scuole di tre questionari dedicati
alla televisione, al computer e al libro. I dati di questa ricerca verranno proposti in un incontro pubblico; nel frattempo
1 librai della città stanno valutando altre iniziative per promuovere il libro a un pubblico il più vasto possibile.
REG18TBATORI
^ Ribst, tO ■ uafoma a. movanm
Tel. e fax (0121)90 1824
Fra le associazioni del Pinerolese
Buona partecipazione
all'attività musicale
DAVIDE ROSSO
Tra le varie associazioni
presenti nel Pinerolese
quelle musicali sono di gran
lunga le più numerose. Su
112 associazioni censite recentemente dal Comune di
Pinerolo ben 57 sono musicali. In questo panorama così
vasto siamo andati a sentire
due realtà un po’ particolari,
il Civico istituto musicale A.
Corelli e l’associazione degli
Amici dell’organo.
Il «Corelli» è nato come
scuola, dicono in istituto, a
metà degli anni ’60, fondato
dal maestro Giovanni Toselli;
è diventato civico istituto musicale nel ’67, e solo nel ’69
gli si è dato il nome di Arcangelo Corelli. Il primo anno si
contavano 46 allievi e 8 insegnanti mentre attualmente gli
allievi sono 244, e gli 26 insegnanti. Nella scuola si studiano quasi tutti gli strumenti
(vanno per la maggiore il pianoforte e la chitarra) oltre che
composizione e direzione
d’orchestra. Tra le altre cose,
dal ’92 è nata anche l’esigenza di un corso di scrittura musicale in Braille. Un po’ travagliata la storia dei locali
utilizzati dalla scuola che per
alcuni anni si è servita dei locali delle Magistrali; successivamente la scuola si è trasferita a Palazzo Vittone,
mentre ora si trova a Villa
Turati e prossimamente si dovrebbe trasferire al Palazzo
Acaja.
Il gruppo Amici dell’organo non è una associazione
istituzionalizzata; è nata alcuni anni fa dall’idea di coagulare gli sforzi di andare oltre
18 marzo, venerdì — PEROSA ARGENTINA: Alle 21, nella biblioteca, per l’organizzazione dell’associazione Alidada,
prende il via una serie di serate
con diapositive; tema della serata «Ghandi e l’India».
18 marzo, venerdì — PINEROLO: Alle 21, nella sala dell’
ex comprensorio in via S. Giuseppe, per l’organizzazione del
Museo d’arte preistorica, Renato
Nisbet parla sul tema «Ambiente
e preistoria nelle Alpi Cozie».
19 marzo, sabato — TORRE
PELLICE: In vista di un potenziamento della biblioteca del
Centro culturale valdese è indetta una riunione per le 16, nei
locali in via Beckwith 3, a cui
parteciperanno il direttore e il
presidente del Centro stesso.
19 marzo, sabato — INVERSO PINASCA: Alle 21, presso
gli impianti della Pro Loco si
svolge un concerto di musiche e
canti irlandesi e celtici col gruppo «La lugh».
20 marzo, domenica — POMARETTO: Alle 21, nella
chiesa valdese, Kalman Balogh e
Gipsy Ensemble propongono
una serata di musica gitana
dairUngheria.
20 marzo, domenica —
TORRE PELLICE: Dalle
14,30, presso la Foresteria valdese, si svolgerà il tradizionale
mercatino delle pulci proposto da
Amnesty International.
31 marzo, giovedì — TORRE PELLICE: Organizzato dal
Collegio valdese, prende il via
un corso di alimentazione naturale dal titolo «La ciotola d'argilla». Le cinque lezioni si svolgeranno presso la foresteria valdese a cadenza settimanale fra le
16 e le 18. Per prenotazioni telefonare al Collegio valdese
(0121-91260).
un certo individualismo cbe
purtroppo sembra caratterizzare il mondo dello «strumento organo»; c’era la necessità di creare un punto di
riferimento in città e si è proceduto a fare un elenco degli
organi presenti sul territorio e
del loro relativo stato. Un altro motivo che ha spinto i
fondatori del gruppo a riunirsi è stato il fatto che intorno
all’organo si è venuta a creare
una sorta di aura religiosa, di
convinzione che esso sia uno
strumento adatto quasi solamente alla musica sacra mentre invece è, sottolinea il
Gruppo, anche uno strumento
da concerti e quindi bisogna
ridargli questa funzione. Per
fare questo però è necessaria
una certa qual educazione del
pubblico alle reali potenzialità dell’organo.
Sia il Corelli che il gruppo
Amici dell’organo organizzano e realizzano concerti; abbiamo chiesto loro se hanno
dei problemi con gli spazi. Il
Corelli organizza una media
di 20 concerti l’anno; fino al
’79 era disponibile la chiesa
di S. Giuseppe che ora è chiusa per questioni di sicurezza e
si crea quindi il problema di
trovare sedi adatte per i concerti. Per quel che riguarda
gli Amici dell’organo il discorso è un po’ diverso perché la gestione degli organi è
totalmente affidata alle chiese
e quindi bisogna comunque
affidarsi alla buona volontà
dei responsabili, anche se la
nascita del gruppo «Amici»
ha facilitato i rapporti tra gli
appassionati della musica
d’organo e chi gestisce tali
strumenti.
Lucio Malan, candidato alla
Camera per Lega Nord, Forza
Italia, Centro cristiano democratico e Unione di centro, parlerà
giovedì 17 marzo nella sala comunale di San Secondo, alle
20,45; venerdì 18, ore 20,45
nell’ex chiesa del Carmine a
Piossasco; lunedì 21, ore 18, in
piazza Roma a Pinerolo con
Umberto Bossi; martedì 22, ore
20,45 nelle scuole medie di Cumiana; mercoledì 23 marzo, ore
20.45, al Ristorante di Villar Perosa; venerdì 25 marzo, ore
20.45, nella sala della società
operaia di via Roma a Torre
Pellice.
I canditati progressisti alla Camera Giorgio Bouchard e al Senato Franca Cdisson saranno venerdì ai mercati di Cumiana,
Lusema San Giovanni e Torre
Pellice. Sabato 19 al mercato di
Pinerolo e, nel pomeriggio, alle
17, manifestazione con i giovani
in piazza Verdi; alle 21, presso
l’auditorium di corso Piave, incontro pubblico con la partecipazione dei candidati locali e di Luciano Violante. Domenica 20, alle 10, incontro al mercato di Perosa Argentina e alle 20,45, alla
sala polivalente di Bobbio Pellice, presentazione dei candidati.
L’Associazione per la pace
Valpellice organizza, per venerdì
18, ore 21, presso la Foresteria
valdese di Torre Pellice, un incontro con i candidati alle elezioni che sottoscrivono un patto con
gli elettori per costruire una politica di pace e solidarietà.
La Chiesa valdese di Frali organizza per sabato 19, ore 14,30,
nella sala valdese, un incontro
con i candidati progressisti Franca Coisson e Giorgio Bouchard e
della Lega Nord, Lucio Malan.
Le nuove tariffe ferroviarie
San
Treno: sarà premiato §c
chi viaggia di più
ENRICO FUMERÒ
Itagli alla spesa pubblica
continuano a farsi sentire
sotto forma di aumento del
prezzo dei servizi. Dal 1°
marzo sono state introdotte
numerose novità nelle tariffe
delle Ferrovie dello Stato. Gli
abbonati non trovano più la
tradizionale riduzione di prezzo per lavoratori e studenti:
viene messo in vendita un
unico tipo di abbonamento
mensile che può essere ottenuto senza alcuna formalità.
Per la distanza di 51-60 km,
entro cui è compreso il tragitto Torino-Torre Pellice, l’abbonamento costa 72 mila lire;
per premiare chi utilizza il
treno tutto l’anno sono state
introdotte particolari forme di
sconto.
La proposta più innovativa
è quella denominata «abbonamento plus»: questo biglietto
consente di viaggiare per 13
mesi pagando il prezzo di nove abbonamenti mensili, garantisce la stabilità del prezzo
anche nel caso di successive
variazioni e fornisce particolari forme di assicurazione in
caso di smarrimento, furto o
mancata utilizzazione. Per il
tragitto Torre Pellice-Torino,
r «abbonamento plus» costa
648.000 lire, pari a 49.846 lire
al mese, contro le 53.800 del
vecchio abbonamento ridotto.
Chi non è incline a un versamento così consistente in un
colpo solo può utilizzare la
formula «9 x 12»: dopo aver
acquistato 8 abbonamenti
consecutivi a prezzo ordinario, è possibile acquistarne
uno con validità di quattro
mesi pagando il prezzo di un
Sabato 19 marzo — PINEROLO: Nell’ambito della seconda rassegna teatrale, alle 21.
presso l’auditorium del Liceo
scientifico, la società teatrale
Alfieri presenta Nessuno, storia
di un prigioniero e del suo custode che prede le mosse da un
episodio del libro «Se questo è
un uomo» di Primo Levi.
Sabato 19 marzo — TORRE PELLICE: Nell’ambito
della terza rassegna di teatro
dialettale, presso il salone Opera
gioventù, la compagnia del Teatro stabile di Orbassano presenta
la commedia brillante di Alberto
Rossini Le disavventure del
dottor Bertot; inizio ore 21.
Sabato 19 marzo — SAN
SECONDO: L’Unione giovanile valdese presenta, alle 20,30,
presso la sala valdese, la commedia in tre atti di Franco Roberto Non c’è posto per gli angeli. Stante la capienza della sala è opportuno prenotare i posti
telefonando allo 0121-500435.
Domenica 20 marzo —
TORRE PELLICE: La Com
pagnia degli erranti ripropone,
preso il salone Opera gioventù,
alle 2L il suo spettacolo C’è
una spia russa in mezzo a noi.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tei. 011/655278
Via Repubbiica, 6- 10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp, Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L 1.300
solo abbonamento men8|
questo caso un pendoh!;
Torre Pellice e Torini
54.000 lire al mese; seS
sidera la mancata utilizi
ne durante un mese dife
spesa effettiva sale a S
lire, con un aumento
5.000 lire rispetto allave«!
tariffa ridotta. ^
Agli studenti è riserva
formula «7 x 9»: dopoi,
acquistato sei abbonati,,
Qi
mensili consecutivi se
nej
avere uno con validità d'
mesi pagando il prezzo i
abbonamento mensile (j,
questa circostanza sidjj
presentare un certifica^
frequenza agli studi). Sofc
l’anno scolastico in cìbu
giovani potranno ricevei
abbonamento gratuito è
l’acquisto di tre abbona
consecutivi.
In ogni caso, per averci
to alle agevolazioni bistn
consegnare allo sportello|
abbonamenti utilizzati,d
verranno considerati coaji
tivi se fra la scadenza dell'j
e l’inizio del successivoj
vi saranno più di 5 giorni
Aumenti variabili a secoli
delle distanze per i
corsa semplice. Il
Torre Pellice-Torino passai
esempio da 4.300 a 4.®|
prezzo che si raddoppia^
biglietto di doppia corsa!
sostituisce la tradizionalè«
data e ritorno»: spariscel
sconto del 15% che sioàa
va con questo tipo di bi^
Particolari forme di se®
(carnet di biglietti, tesse®
autorizzazione) sono preii
per chi compie nume»
viaggi o si sposta su luiijl
distanze.
Cinema
TORRE PELLICE-1
cinema Trento propone,ì
nerdì alle ore 21,15,11
baby of Macon; sabato;!
22,10, domenica, 16, lÌl
22,10 e lunedì, ore 21j
Mrs. Doubtfire. s
BARGE — Il cinetfflO
munale ha in program®
venerdì. Tango; sabato 11
innocent, da domenica afi
vedi (chiusura mercolrf
L’ombra del lupo; feti'
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.»toPROl 18 MARZO 1994
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PAG. Ili
San Germano: incontro con i candidati del collegio 19 alle prossime elezioni politiche
'3t(i Scuola, sanità, pensioni, occupazione
Quali idee sceglieremo per l'anno che verrà?
MARCO ROSTAN
’endolati "
orino ^ Germano-Itaìia: così
a utT 3 diceva lo striscione nella
se d'valdese, gremita da quasi
aie persone che hanno parte
entn a-? cipato al primo confronto
I, '4 pubblico dei candidati alle
® elezioni, organizzato dalla
chiesa di San Germano e pre- nserviSj ¡¡eduto dal pastore Paolo Ribel Sono intervenuti Giorgio
ponaoii gouchard (Progressisti), Lu7-do Malan (Lega Nord), AttiaiiOitàdii Ho Sibille (Lista Pannella).
prezzoli ipyiiato ma atteso invano Beronsile(ij ¡lardino Ambrosio (Partito
iza sidèi popolare): un secondo confeonto si è svolto a Pinerolo
idi). Soli) sui temi del lavoro.
'> in CORI «Siamo qui per parlare sencevftn riamente - dice Paolo Ribet
amilo 4j nell’introduzione - ma anche
con quel po’ di distacco che ci
consente di capire le ragioni
T av®H deH’altro. Non ci sono nemici,
ni bis^ [j,a avversari politici». La sesportelloi rata in effetti scorre via liscia
libati,J e tranquilla, a volte (come sui
ati coBsa problemi locali) registrando
nzaddl’ii convergenze notevoli fra i
cessivjiii candidati. All’inizio una breve
> giorni presentazione, in ordine alfaili a secai betico. Giorgio Bouchard vei biglie! de tre impegni prioritari: riII viaj( cordare, riformare, ricostruire,
ino pasa Ricordare la nostra storia, di
a 4.60l)i libertà e di sofferenze. Ricorloppiaca dare la grande politica di Caia corsai vour, perché è stato amniazzazionalea to Matteotti, perché Fermi è
sparisctl dovuto andare negli Stati Unihte si otta ti. Tre nomi fra i tanti per dire
' di bi^ che la nostra storia non è quele di SCO la che racconta Fini. Ricordai, tesseiti re anche la propria identità,
)no preti ma non contro quella degli alnuinen tri. Poi riformare: prima di tuta su liiiijl to non votare più in questo assurdo modo ma fare il doppio
______! turno con ballottaggio e senza
proporzionale. Riformare il si' stema fiscale, farlo più semplice e più equo. Infine ricostruire il paese, sapendo che
siamo coperti di debiti, che
non si risolvono i problemi
con la demagogia e le proropone,! messe facili, ma che si può
1,15,11 costruire un futuro più serio e
sabato,! onesto e che determinati sfor16, 18,1 zi, se non sono insensati, posore 2U sono essere chiesti.
i: Lucio Malan auspica che i
nnemaO confronti fra i candidati pos•ograni® sano anche far cambiare idea
sabato H ® qualcuno; oggi chi non vuo;nicaaji le cambiare le cose è chi trae
nercoP ''^ntaggio dalle cose come
no; fetil stanno, chi approfitta dell’in15, 17,1 giustizia. La Lega vuole libertà e federalismo: non spez. ha tsé l’Italia ma costruire lo
jrograa®* partendo dal basso. Tutte
(La lis®* decisioni dovrebbero essere
spetta^ vicino ai cittadini, le autonomie locali sono l’ingran21,15'1^ dimento del singolo cittadino,
n progB® 7^^ Einaudi pr dire che non
'elican; 1 ^ libertà politica senza quel
lo, sab** . ^^onornica: è contro la masdontcai® ^’Ecazione delle grandi azieni 22,20' agiscono in combutta
‘'9'^ lo stato, a favore della
piccola imprenditoria, a favore anche della libertà dei lavom!Ì\ nell’azienda e della di
niinuzione del peso fiscale sugli Wigiani (oggi il 57% se ne
''e, in tasse e altro, allo stato).
Attilio Sibille rivendica 30
3nni di battaglie radicali sui
•ritti civili: divorzio, aborto,
lezione di coscienza, voto
ale, con*' J diciottenni, giustizia, am;t gesti‘1'* abolizione del nucleantt > del finanziamento pubblico
1 Partiti fino alla riforma delst’i elettorale. In que
' nota ancora molta
confusione e si lamenta per
ai ^ informazione
ta della raccol
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1' è d accordo su molti
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punti proposti dai Progressisti
ma ha voluto dare una mano
alle Liste Pannella perché fossero presenti il più possibile
sul territorio. Tra gli impegni
prioritari c’è quello di abolire
la pena di morte, ridurre gli
armamenti, legalizzare la droga eliminando così i connessi
traffici della mafia.
Il dibattito inizia con le domande di Claudio Tron (vedi
riquadro in questa pagina) e
con molte altre che vanno dai
problemi locali a quelli del lavoro (cassa integrazione e accordo Fiat) al sistema assistenziale, alla scuola, ai conflitti interni negli schieramenti
e alle alleanze future, alle fonti di energia.
Posizioni chiare e diverse
sulla scuola. Malan vuole che
re d’accordo la Lega con Fini,
via Fininvest. Il senso dell’
alleanza progressista è di mettere insieme il meglio della
tradizione liberale e di quella
socialista. Malan conferma di
non avere nulla da spartire
con lo statalismo che fu di
Mussolini, e che i toni duri
della Lega serviranno a far
chiarezza, che Forza Italia al
Sud ha lo scopo di togliere voti al Msi e infine che Bonansea è stato una necessità imposta dai numeri. Sibille ammette che sui referendum Berlusconi ha dato più spazio a
Pannella ma che il suo punto
di vista ambientalista non si
concilia con il mondo di plastica proposto da Berlusconi.
Sull’occupazione e la cassa
integrazione: Sibille e Malan
pensa che si possano estendere i contratti di solidarietà,
perché non è possibile scaricare sugli operai gli errori
della Fiat.
Più generiche, infine, da
parte dei tre candidati, sono
parse le risposte ai problemi
locali. Malan punta tutto sul
rilancio delle piccole imprese,
senza minimum tax; Bouchard è convinto delle capacità creative e tecnologiche
della gente di qui, quando sia
incoraggiata: quindi si favorisca l’artigianato, si faccia
l’autostrada fino a Pinerolo e
si migliori la viabilità verso il
Sestriere con l’occasione dei
Mondiali; Sibille ritiene che
la salvaguardia dell’ambiente
e i lavori di manutenzione
connessi possano dar lavoro
Per una politica di pace
A nome del «Gruppo» pace delle valli Chisone e
Gcrmanasca, Claudio Tron
ha rivolto ai candidati una
serie di domande già inviate
per lettera a tutte-le formazioni politiche che si presentano alle elezioni. Sotto
l’interrogativo generale:
«Come costruire una politica di pace e di cambiamento
per il nostro paese», le quattro domande erano: come
rendere l’Onu veramente democratico per affrontare i
conflitti nel mondo? Quali
progetti per ridurre le spese
militari e destinare le somme risparmiate al sociale,
all’ambiente, alla cooperazione, alla riconversione
delFindustria bellica? Come
attuare veramente l’articolo
11 della Costituzione sul ripudio della guerra per risolvere i conflitti? Quale progetto per il riconoscimento
legale , complessivo
dell’obiezione di coscienza?
Ecco i punti salienti delle risposte:
Onu: «Non si può rendere
l’Onu democratica fino a
quando vi partecipano troppi
paesi in cui sono in vigore
grandi o piccole dittature»,
ha detto Lucio Malan.
«L’Onu va sostenuta nelle
scelte giuste, ma in Somalia
ha sbagliato e in Bosnia sarebbe un errore mandare soldati italiani (la storia non si
cancella) e forse anche di altri paesi» ha invece detto
Giorgio Bouchard. «Per essere forte e autorevole nel
governo del mondo, l’Onu
deve assumere come principio fondamentale la salvaguardia deH’ambiente e delle risorse» è stata la conclusione di Attilio Sibille.
Riduzione spese militari:
«Non si fa a tavolino - ha
affermato Malan - bisogna
vedere nel concreto; intanto
ridurre l’apparato delle forze
armate (ci sono troppi generali rispetto ai soldati), creare un esercito piccolo, efficiente, di volontari». «L’Italia unita si impegni per
un’Europa di pace - ha invece detto Bouchard - allar
gando la democrazia. Si colpisca drasticamente il commercio delle armi, si affronti
la riconversione per le fabbriche del bresciano e si dica
no a un esercito di mestiere». «Attenti all’esercito di
volontari - ha ammonito Sibille - meglio non avere nessun esercito, così non viene
la tentazione di fare la guerra. E inutile cooperare con il
Terzo Mondo con una mano
e con l’altra vendere armi».
Articolo 11 della Costituzione: Su questo punto si
sono mostrati tutti d’accordo: ci vogliono dei parlamentari che studino il problema.
Obiezione di coscienza: I
candidati sono d’accordo nel
sostenere la nuova legge.
Malan ha polemizzato contro l’attuale uso degli obiettori come lavoratori gratuiti,
Bouchard e Sibille hanno invece sostenuto il servizio
militare di leva e quello civile in alternativa, quest’ultimo aperto - per Bouchard - anche alle donne.
la scuola privata costituisca
per le famiglie una scelta sullo stesso piano di quella pubblica, dunque ci sia un buono-scuola o almeno le spese
siano detraibili; Sibille è per
una scuola laica e pluralista e
non vuole spesa pubblica per
le scuole private; Bouchard,
infine, è per il pluralismo nella scuola e non delle scuole:
se si vuole andare nella direzione di Scalfaro, è necessaria la strada della revisione
costituzionale.
Differenze nette anche su
salute e pensioni: per Sibille
ci deve essere libertà rispetto
a Inps o assicurazioni private,
Malan è contro le convenzioni
fra ospedali e enti pubblici
(motivo della chiusura del
Cottolengo), vuole pari opportunità per tutti, anche per
chi si rivolge a una clinica
privata; Bouchard preferisce
un sistema tendenzialmente
pubblico perché con le assicurazioni private ci rimettono i
più deboli e gli anziani, mentre i sistemi mutualistici, come in Svezia, sono molto più
efficienti per tutti.
«Come fate ad andare d’accordo nei vostri rispettivi poli?» si chiede dalla sala. «Con
chi vi alleate dopo? E che cosa ci fa Bonansea?». Bouchard ritiene che sia molto più
agevole trovare un accordo sui
Bot nel polo progressista che
non, in quello di destra, mette
sostengono il referendum
abrogativo della cassa in vista
di modifiche dell’attuale meccanismo; Malan non vuole altre «aggiustature alla Giugni»,
come nel caso Fiat, e Bouchard è contrario ad eliminare
la cassa integrazione se l’alternativa è il licenziamento:
ai giovani, così come certa
produzione agricola locale; è
contrario a qualunque traforo
del Colle della Croce (basta
l’esperienza della vai di Susa), mentre Bouchard e Malan
sono per una decisione in merito presa dalla popolazione
della vai Pellice.
'^m
Nelle
Chiese Valdesi
LUSERNA SAN GIOVANNI — Organizzato dal 1°
Circuito, alle 20,45 di venerdì 18 marzo, presso la sala
Beckwith, si svolgerà una conferenza dibattito sul terna
Cristiani senza Cristo? Intervengono il pastore Sergio
Ribet e la pastora Erica Tomassone.
TORRE PELLICE — I monitori del 1° circuito si incontreranno sabato 19 marzo alle 17, presso la Casa unionista; in discussione la valutazione del materiale e del programma di lavoro delle scuole domenicali e la festa di canto che si terrà il 15 maggio ad Angrogna.
ANGROGNA — Il culto, domenica 20 marzo, in francese, sarà presieduto da Giorgio Toum.
SAN GERMANO — Domenica 20 marzo, alle 15,
presso i locali della chiesa, l’Unione femminile proporrà
ì’aimuale bazar i cui proventi andranno a favore degli istituti della chiesa.
POMARETTO — Con la domenica 27 marzo, domenica delle Palme, il culto riprenderà nel tempio, sempre alle
ore 10.
BOBBIO PELLICE — L’assemblea di chiesa è convocata dopo il culto di-domenica 20 marzo; in discussione
il preventivo per il 1994 e l’elezione dei deputati al Sinodo
e alla Conferenza distrettuale.
Una tavola rotonda a Pomaretto
Le chiese, la verità
e la democrazia
SERGIO RIBET
Già l’anno scorso, intorno al tema «chiese e
democrazia», il III circuito
aveva organizzato un momento di riflessione, guidato
dal pastore Salvatore Ricciardi e dall’avvocato Marco
Bomo.
Anche quest’anno, il 25
febbraio a Pomaretto, si è ripreso questo tema generale,
articolandolo in una tavola
rotonda, moderata dal dottor
Erminio Ribet, con gli interventi di Gustavo Zagrebelsky, docente di diritto costituzionale presso l’università
di Torino, e del pastore Franco Giampiccoli.
Anche il Centro culturale
valdese si è unito al Consiglio di circuito nell’organizzare la serata. L’intervento di
Gustavo Zagrebelsky è iniziato con una citazione biblica, il racconto del processo
di Gesù secondo l’Evangelo
di Giovanni. Zagrebelsky,
laico per cultura e per scelta,
con acuta sensibilità ha rintracciato nel racconto evangelico le grandi questioni
connesse alla democrazia: la
questione della rappresentati
17 Février en présence du Président de l'Association du Luberon
La rencontre des vaudois à Paris
HUGUETTE VIGNE-RIBET
Le décalage de dates des
congés scolaires fait
qu’il est difficile de fixer régulièrement notre réunion du
17 Février. C’est donc le 27
que nous nous sommes retrouvés chez nos hôtes Mr et
Mme Gilmer-Appia, ni trop
ni trop peu car depuis longtemps les migrants des Vallées ont retrouvé en France
leurs racines et se sont réassimilés à la population locale.
Le groupe de fidèles accueillait ce jour le Président
Pons de l’Association du Luberon et la coïncidence voulait que celui de Genève envoyait au nôtre un message
de sympathie, chose rare et
appréciée. Ainsi la Diaspora
Vaudoise entretient-elle des
relations occasionnelles qui
font penser à beaucoup plus
de Vaudoisie dans le monde
que dans les Vallées. La
preuve était apportée par G.
Pons qui contait le voyage à
Valdese de la modeste délégation provençale. Les photographies circulant durant son
allocution nous transportaient
d’un continent à l’autre, les
interventions de quelques uns
apportant complément d’information.
Ce fut ensuite Henry Appia
qui nous informa comment
les documents détenus dans
les Vallées étaient répertoriés
et conservés avec soin pour
permettre aux chercheurs d’y
accéder avec facilité. Félix
Vigne évoquait la brève exis
tence de Félix Neff, si actuel
par ses incitations “au réveil”,
sa volonté d’imposer une instruction publique au plus
grand nombre, d’activer la recherche et la nécessité pour
chacun de se recycler, oui
déjà. Son œcuménisme faisait
fi de nos différences pour
exalter ce qui nous rassemble.
Une brève méditation mettait
fin à la partie informative de
notre réunion.
Nos hôtes avaient dressé
un buffet vers lequel nous
nous dirigeâmes. Samy Odin,
le dernier arrivant, nous parlait de son bonheur d’ouvrir
à Paris un Musée de la
Poupée qui recevra l’accueil
chaleureux de tous. Rien ne
sera négligé pour assurer sa
promotion.
vità e quella della verità. La
sua lezione - perché si è trattato di una vera e propria lezione, quanto ai contenuti,
anche se tenuta con uno stile
discorsivo e piano che ha favorito la comprensione anche
di temi in sé non facili - ha
incluso anche un piccolo e
prezioso excursus sulla questione, oggi scottante, del federalismo: nato per ricondurre i molti all’unità (si veda la
storia della nascita degli Stati
Uniti d’America), oggi utilizzato come parola d’ordine
per una voglia di divisione
appena dissimulata.
L’intervento di Franco
Giampiccoli è stato un commento puntuale e informato
all’ordine del giorno 43 del
Sinodo 1993 (il «Messaggio
alle chiese» che il Sinodo ha
raccomandato alle chiese per
uno studio approfondito). In
apertura e in chiusura, Erminio Ribet ha collegato il travaglio della democrazia
nell’Italia di oggi alle più vaste vicende europee di questi
anni. Interessante il dibattito
(è intervenuto tra gli altri il
presidente della Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia), il pubblico è stato numeroso e attento.
Il momento particolare in
cui il dibattito si è realizzato,
in periodo preelettorale, ha
fatto sì che gli interventi, sia
dei relatori che del pubblico,
tenessero conto del dibattito
politico in corso; ma questo è
stato fatto con molta prudenza e, vorrei dire, con eleganza, cosa sufficientemente
inconsueta in un quadro che
spesso sembra preferire la
rissa al ragionamento. Una
scelta incoraggiante, contro
corrente, che sarebbe bene
venisse apprezzata e appresa.
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Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Intervista a Amid, un giovane immigrato dal Marocco, in Italia da quattro anni Testimonianze ecumeniche a Brescia
[^Europa non è il paradiso sperato a casa
'19
___ RAFFAELE VOLPE___________
Il 3 marzo la Chiesa battista di Lentini ha invitato a
cena nei suoi locali Amid, un
ragazzo di 26 anni del Marocco. È un tentativo di fare
l’le cose piccole che spesso si
trascurano presi dal desiderio
di fare grandi cose. Cose piccole come invitare a cena
Amid per conoscerlo, per diventare amici. Cose piccole
come ascoltare la sua storia,
i suoi progetti, le sue delusioni.
- Amid, quando sei venuto
in Italia?
«Sono arrivato in Italia II 6
luglio 1990. Sono sceso a
Milano, dovevo andare a Torino: erano le due di notte; ho
visto tanta gente dormire per
terra e in un attimo ho capito
che l’Europa non era l’Eden.
Sai, si lascia la propria terra
con l’idea che in Europa si
possa trovare il paradiso: ho
dovuto dormire anch’io per
terra prima di andare dai miei
fratelli a Torino».
- E come ti sei trovato a
Torino?
«Ho trovato i miei fratelli
che abitavano in un garage,
tutto in disordine, tanti letti;
la condizione igienica era al
limite, ho provato terrore:
nella mia testa mi dicevo che
dovevo affrontare tutto. Poi
ho cominciato a cercare lavoro, e non è che lo trovi subito: i miei paesani mi hanno
dato due fazzoletti e due spugnette e mi hanno mandato al
mercato di Ivrea. Era il primo
contatto con la gente, non sapevo parlare italiano; ho
messo la merce per terra
aspettando che qualcuno venisse a comprarla. Quel giorno ho guadagnato 40.000 lire. Poi mi sono messo a ven
Reazioni italiane
L'ordinazione
delle donne
in Inghilterra
A nome delle chiese evangeliche valdesi e metodiste in
Italia il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan,
ha rilasciato il 12 marzo una
dichiarazione sull’ordinazione delle prime donne nella
Chiesa d’Inghilterra.
«Nel giorno in cui la Chiesa d’Inghilterra - ha detto
Rostan - imponendo le mani
a 32 donne nella cattedrale di
Bristol, attua la sua storica e
coraggiosa decisione di ordinare le donne al santo ministero, le chiese valdesi e metodiste in Italia esprimono la
loro gioia per questo evento,
che ricevono come un dono e
una ragione profonda di piià
piena comunione con la Chiesa d’Inghilterra. Esse sono intatti persuase che “il ministero ordinato della Chiesa
natica di pienezza quando è
hmitato a un sesso soltanto”
c che il ministero ordinato
elle donne “è pienamente
^nedetto dallo Spirito San(dal documento su “Battesimo, eucarestia e ministero del Consiglio ecumenico
uelle chiese. Lima, 1982)».
Hai fatto
l’abbonamento
Riforma?
Immigrati nordafricani
dere magliette per il campionato mondiale di calcio: due
napoletani mi davano le magliette e io le vendevo a
20.000 lire Luna; poi, dopo i
mondiali, è venuto un signore
che cercava manodopera, un
muratore. Ho fatto il muratore per un mese e mezzo, poi
il lavoro è finito».
- Com’è che sei finito a
Catania ?
«Nel garage dove dormivamo c’erano più di 100 persone: un giorno la Guardia di
finanza è venuta e ci ha fatto
sgombrare; non c’era un altro
posto dove andare. L’affitto a
Torino è troppo caro e aggiungi a questo il fatto che a
Torino i marocchini sono accusati di spaccio, e ogni giorno ti fermano per controllarti.
Il mio permesso come turista
era ormai scaduto, rischiavo
di ricevere il foglio di via,
anche se in questura mi avevano detto che se mi comportavo bene e non creavo problemi e non frequentavo posti di spaccio, potevo stare
tranquillo».
- Così hai pensato che in
Sicilia potevi trovarti meglio?
«Sì, e così è stato. Qui la
polizia non ti controlla mai e
riesco a vendere fazzolettini
e accendini per mandare dei
soldi a casa».
- Come sono i rapporti con
gli altri del tuo paese ?
«Qui a Catania siamo circa
600. Ma non abbiamo nessun
tipo di contatto tra noi: c’è
troppo isolamento, ognuno
pensa per sé».
- / tuoi progetti?
«Io ho in mente di studiare
e lavorare: io voglio vivere
in un paese democratico;
purtroppo quando sono venuto in Italia la sanatoria era
già chiusa, sono entrato una
settimana dopo: quando arrivi non sai niente, sai solo
quello che ti dicono i tuoi
paesani, che fra un mese ti
daranno il permesso di soggiorno, poi i mesi passano e
tu rimani a mani vuote. A casa non posso tornare; se torno senza soldi tutti penseranno che sono un fallito. Poi
vengo da una famiglia povera che si aspetta da me qualcosa: qui in Italia nemmeno
posso stare perché non ho il
permesso e questa è la condizione di molti immigrati come me, chissà se si riuscirà a
trovare una soluzione».
Palermo si interroga sui molti focolai di conflitto nel mondo
La guerra non deve essere
considerata un male inevitabile
MIRELLA MANOCCHIO
M ostar e Sarajevo, città
simbolo del conflitto
che da circa due anni sta straziando i territori dell’ex Jugoslavia. Palermo, con i suoi
tanti morti e con le sue stragi,
città simbolo dello strapotere
mafioso ma oggi anche città
simbolo della voglia di riscatto, di cambiamento e di
speranza. Ed è proprio la speranza e la convinzione che la
guerra non sia un male inevitabile, un evento troppo grande e disastroso per lasciarlo a
se stesso, che ha spinto tanti
cittadini di Palermo dinanzi
all’albero di Falcone per manifestare la propria determinazione a non rimanere spettatori passivi dinanzi a un
massacro che si va compiendo ogni giorno.
Idea base di questa giornata
è la convinzione che sia importante per il singolo cittadino riappropriarsi della politica
tout-court (quindi anche di
quella estera) divenuta per
troppo tempo off-limits per la
gente comune. Il comitato
promotore della manifestazione, in gran parte studenti medi
e di cui fanno parte anche le
nostre chiese, ha tenuto a sottolineare la costante necessità
di mettere in campo strumenti
di pressione politica nei confronti dei governi europei un
po’ troppo passivi e di sensibilizzazione verso una cultura
Un soldato francese dell’Onu alla frontiera tra Serbia e Bosnia
di pace e di convivenza fra i
popoli.Questo spiega perché
negli stand installati in Piazzale Ungheria non si parlasse
solo della guerra nell’ex Jugoslavia ma di tutti i conflitti dimenticati e della presenza sul
nostro territorio di persone di
culture diverse, e spiega altresì le esibizioni di gruppi etnici
di svariata provenienza (Albania, Ghana, Costa d’Avorio,
Mauriziani) insieme a quelli
siciliani.
Le chiese metodista e valdese di Palermo hanno preso
parte a pieno titolo all’organizzazione della manifestazione e vivendola come un momento di fede e di testimonianza i membri delle due comunità si sono variamente
mobilitati: le donne hanno
preparato dolci e fornito oggetti di profumeria, che insie
Collaboriamo per
conquistare la pace
me a libri sono stati venduti
nel nostro stand; i giovani
hanno preparato cartelloni
informativi e i fratelli ghanesi
e nigeriani si sono esibiti sul
palco; un buon numero di fratelli ha partecipato al corteo.
Secondo la valutazione del
comitato, l’invio di cartoline
«Stop alla guerra» al presidente del Consiglio e la manifestazione non sono che
tappe di un impegno che deve continuare e che si lega
materialmente e idealmente
ai fondi raccolti e destinati a
quattro iniziative pro Jugoslavia, tra cui quella della Federazione delle chiese evangeliche d’Italia. Si intravvede
la costruzione di qualcosa di
stabile, senza nulla togliere
alla spontaneità, alla creatività e all’entusiasmo di quanti lavorano nel comitato.
_______AGOSTINO GARUFI______
AMaguzzano di Fonato,
in provincia di Brescia,
su un’amena collinetta sulla
riva sinistra del lago di Garda
sorge un’antica abbazia, fondata nel IX secolo e attualmente curata dai «Poveri servi» di Verona. Secondo lo
spirito del fondatore, don
Giovanni Calabria, questa
congregazione accoglie qui
persone e gruppi anche di fede diversa per «una pausa di
pace nel silenzio, nella riflessione e nella preghiera».
Quest’abbazia perciò è anche
un centro ecumenico, che organizza e ospita ogni anno
numerosi corsi e incontri.
Uno di questi incontri è
stato quello svoltosi nel
pomeriggio di sabato 26 febbraio su alcune «testimonianze ecumeniche» date in una
tavola rotonda dall’arciprete
ortodosso Milovan Glogovac,
dal prete cattolico Haidu
Sandor, dal pastore evangelico Halac Bela e dal giornalista Miloradovic Zivoslav,
tutti e quattro di Pancevo,
città della Serbia vicina a
Belgrado.
Dopo un momento di preghiera comune per la pace,
svoltosi nella cappella, i
quattro ospiti hanno incontrato nella sala dei convegni
una quarantina di persone
venute per ascoltarli e per rivolgere loro delle domande
sulla situazione molto tribolata delle popolazioni dell’ex
Jugoslavia martoriate dalla
guerra.
Il pastore evangelico ha descritto lo stato di grande povertà e di mancanza di ogni
genere di necessità in cui penosamente versa quella popolazione a causa della guerra e
soprattutto dell’embargo, sottolineando che la povertà di
quella gente non è solo materiale ma anche spirituale, perché non è ancora compietamente uscita dall’oppressione
di un regime che ha cercato
in tutti i modi di alienarla da
Dio e dalla fede.
Il prete cattolico, confermando quanto detto dal pastore, ha messo in evidenza
che questa guerra non è una
vera e propria guerra di religione ma una guerra politica
voluta, promossa e fomentata
dai capi delle diverse etnie,
che cercano di strumentalizzare anche motivazioni religiose; ma i credenti delle diverse confessioni religiose e i
loro capi non vogliono affatto la guerra.
L’arciprete ortodosso ha
molto insistito in particolare
su quest’ultimo punto, invitando i presenti a non credere
a quelli che vanno dicendo
che questa guerra si fa per
motivi religiosi: la verità è,
ha detto, che i capi politici,
già appartenenti al precedente
regime, non vogliono perdere
il loro potere e per conservarlo hanno provocato questa
guerra e la portano avanti con
tanta veemenza fomentando
odi fra le diverse etnie e
sfruttando ove possibile anche la diversità di religione;
la povera gente la guerra non
la vuole, bensì la subisce.
Anche il giornalista ha
confermato queste cose ed ha
aggiunto che là è molto difficile informare esattamente la
gente sui veri motivi della
guerra, cioè fare quella che
noi chiamiamo «controinformazione».
I tre «pastori» hanno pure
parlato dell’ottima collaborazione che regna fra loro e
fra le loro parrocchie, dove
viene vissuto un ecumenismo
pratico, che si manifesta nei
fatti. Così si spartiscono molto fraternamente gli aiuti che
ricevono dalle organizzazioni
caritative delle altre nazioni e
cooperano nell’assistenza
materiale e spirituale da dare
alla gente che, avendo perso
ogni altra speranza, si rivolge
fiduciosa alle chiese, dalle
quali sa che può ricevere
ogni aiuto possibile.
Waldesian Fellowship
A chi ha già sentito parlare dell’associazione inglese
«Waldensian Fellowship», o ne ha letto qualche volta su
queste pagine in occasione di viaggi in Inghilterra, vorrei
far sapere che al di là dello scambiò di visite annuali vi è
un forte legame di amicizia, di solidarietà e di interesse per
la storia e la fede comuni.
Sono decine le chiese della United Reformed Church
(Urc) che ci hanno ospitati nel corso degli anni e molti sono i loro membri che hanno visitato le nostre valli o le nostre comunità sparse per Titalia. Così come numerose sono
state le possibilità offerte a chi era interessato a trascorrere
periodi di studio o di lavoro alla pari presso di loro.
Dunque un filo ininterrotto di relazioni che ho sentito
più vivo che mai leggendo d’un fiato l’ultimo numero della loro lettera circolare. Poche pagine vivaci e ricche di ricordi e racconti che fanno rivivere ancora gli incontri avuti
con le sorelle e i fratelli delle comunità che alcuni di noi
hanno avuto la gioia di visitare lo scorso anno. Per non
parlare della bella relazione della giovane coppia di pastori
che è stata ospite della chiesa di Pinerolo lo scorso agosto
(grazie anche al gemellaggio tra questa chiesa e la Marston
Church di Oxford).
Poi alcune impressioni di nostre giovani che hanno trascorso un periodo presso famiglie inglesi per studio o lavoro. Momenti dì vita in cui condividere abitudini diverse
e una lingua diversa rivelano spesso più lati positivi che
difficoltà. A tutti questi amici inglesi sempre disponibili e
maestri nell’organizzare, vogliamo dire il nostro grazie e
dare già da ora il nostro benvenuto al gruppo che verrà a
visitare in settembre diverse nostre opere in Campania e in
Puglia.
Intanto ci giunge da una famiglia inglese residente a
Bradford un’offerta di lavoro alla pari per una nostra giov^e con esperienza di cura di bambini (ne hanno due, uno
di 4 e 1 altra di 2 anni). Vitto e alloggio e la possibilità di
frequentare una scuola di inglese; il periodo richiesto è dal
prossimo giugno e possibilmente per un anno. Le persone
interessate scrivano subito a Elena Vigliano - via Pio V 15
(chiesa valdese) -10125, Torino. ..
12
PAG. 8 RIFORMA
venerdì 18 MARZO],
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IL CARLO MAGNO TELEVISIVO
UN SOGNO DI
MILLE ANNI FA
LUCIANO DEODATO
Chi lo ha criticato per le
inesattezze (anzi le falsità) storiche, e chi per la regia. Non essendo né storico,
né critico cinematografico
non voglio rubare il mestiere a nessuno. Anzi, mi espongo, e dico che a me,
nonostante tutto, il film su
Carlo Magno ha fatto passare tre gradevoli e distensive
serate davanti alla tivù.
Mi sono tuttavia domandato il senso di questa «rivisitazione»; c’è un elemento
centrale che attraversa tutto il film: è il «trattato di
Quiercy» concluso nel 754
tra Pipino (padre di Carlo
Magno) e il papa Stefano IL
Che cosa prevedeva? Una
cosa molto semplice: Pipino
si impegnava a dare alla
chiesa di Roma i territori di
Ravenna, occupati allora dai
Longobardi e in cambio egli
(che aveva usurpato il trono
all’ultimo re Merovingio)
avrebbe ottenuto l’incoronazione di re dei Franchi. E
così avvenne: nel 756, vinti
i Longobardi, Pipino consegnava alla chiesa di Roma
l’esarcato di Ravenna e la
Pentapoli. Da questo atto,
commentano gli storici, ebbe origine lo stato della
chiesa romana che fu fondato giuridicamente con la
«Donazione di Costantino»,
un falso clamoroso, come
scoprì secoli dopo Lorenzo
Valla.
Nella scena finale del
film si vedono le mani del
pontefice Leone III e quelle
di Carlo Magno, ormai imperatore, intrecciate insieme
per realizzare un grande
progetto: una sola Europa,
un solo re, una sola fede,
una sola chiesa. È quanto si
tentò di costruire con il «Sacro Romano Impero»; è la
raffigurazione visiva della
alleanza tra trono e altare,
dove il primo fra l’altro è
subordinato al secondo.
Sappiamo che chi ci guadagnò, in tutta questa operazione, fu la chiesa di Roma.
Ne fecero le spese i Sassoni, popolo barbaro e pagano
che, al termine di una guerra trentennale, furono sconfitti e costretti ad accettare
il battesimo cristiano. Di loro si ricorda il bagno di sangue della battaglia di Verden, nel 782.
L’unità europea nel film è
costruita secondo una ricetta
precisa: un re generoso e un
po’ infantile, ubbidiente prima alla madre (la famosa
Berta che filava la lana!) e
poi al papa verso il quale ha
una vera venerazione, e che
nei momenti decisivi si affida pienamente al monaco
Alenino; un esercito che
sconfigge i nemici della
chiesa (i perfidi Longobardi
che, proprio perché cercavano di realizzare l’unità
d’Italia, si scontrarono con
la «questione romana» ante
litteram) e la sottrae alla tutela di Bisanzio; un’alleanza tra monaci e potere secolare per espandere la cultura, in un’azione che non si
capisce bene se è conquista
o missione, anzi che è tutt’e
due insieme. Questa ricetta
viene nel film idealizzata,
ripulita di tutti gli elementi
negativi: come i massacri
dei Sassoni, l’annientamento del regno degli Avari, i
tentativi di cacciare i Mori
dalla Spagna (e inizio dunque della «reconquista»), la
rottura dei rapporti con
l’Oriente.
Non voglio certo ignorare che la «rinascita carolingia» con l’istituzione delle
«scuole palatine», la fondazione e il sostegno dato ai
conventi e alle abbazie, permise la sopravvivenza della
cultura durante i successivi
secoli oscuri in cui l’Occidente sembrò precipitare nel
caos e nella barbarie. Il film
è dunque fortemente impregnato di ideologia: c’è da
domandarsi chi oggi abbia
interesse a propagandare
quel tipo di ideologia. Non
credo sia necessario andare
a cercare tanto lontano: sappiamo tutti che tra le difficoltà presenti nell’attuale
costruzione di una unità europea, c’è proprio quella di
trovare un elemento unificante, un patrimonio comune: manca un’«anima europea». La nostra è storia di
lacerazioni e conflitti, guerre spaventose come le ultime due, nazionalismi sempre risorgenti, e così via di
seguito; in questo contesto
la Chiesa romana si propone
oggi come l’elemento unificante di cui abbiamo bisogno, non solo ma è anche la
congiunzione con il passato,
carica com’è di cultura e
saggezza millenaria; il baluardo per il futuro, capace
di far transitare l’umanità
oltre il guado turbinoso della crisi attuale, a somiglianza di quanto i monaci delle
abbazie fecero allo scadere
del primo millennio.
È una ricetta proponibile
per il nostro tempo? Ne dubito perché non possiamo
risalire a ritroso, saltando a
piè pari mille anni di storia
(e che storia!). Insomma,
alla fine mi sono domandato se avevo visto un film su
Carlo Magno, o se avevo
invece assistito a una rappresentazione del sogno di
Karol Wojtyla.
In sottoscrizione presso la Editrice Claudiana, via Principe Tommaso I 10125 Torino
fax n. 011-657542 - Ccp n. 20780102
Il pluralismo nelle origini cristiane
Studi in onore di Vittorio Subilia (1911-1988)
Collana della Facoltà valdese di teologia
A cura di Gino Conte, con scritti di Gino Conte, Paolo Ricca, François
li e
Vouga, Bruno Corsani, Francesco Erasmo Scinto, Brunero Gherardin
messaggi di Oscar Cullmann, Johannes Damine e Geoffrey Wainwright.
Con la bibliografia completa di V, Subilia, curata da M. Berutti, libri, ar
ticoli, recensioni, sermoni, elenco delle opere recensite da V. Subilia
elenco delle recensioni dei suoi libri, bibliografia su V. Subilia.
T'opera di 216 pagine + 8 fotografie può essere sottoscritta prima del 1'
giungo 1994 a lire 39.000, Dopo tale data costerà lire 49.000.
Un libro ó\ uno studioso francese sui nostri modi di vivere in un mondo frenetico
VENEF
Quando ^antropologo viaggia in aereo
fa la spesa al supermercato e usa il bancomn
Apre
Im
ALBERTO CORSANI
Marc Augé è un illustre
etnologo, preside dell’
Ecole des Hautes Etudes di
Parigi, che però da qualche
tempo si dedica a indagini e
studi eccentrici: se per etnologi e antropologi è pras’si comune osservare e studiare
popolazioni lontane dalle nostre civiltà, alla ricerca di
identità ancestrali e primigenie, incontaminate (oppure
trasformatesi proprio in seguito all’impatto con il mondo «civilizzato»), meno frequenti sono studi analoghi
compiuti... su di noi, cioè noi
occidentali, europei, magari
impiegati o casalinghe.
Augé ci aveva già dato un
libretto stimolante. Un etnologo nel mètro (1986, ed. it.
1992, Elèuthera), che come si
intuisce affrontava tutto il
mondo della Parigi che si
sposta per lavoro o per studio
o per turismo attraverso i percorsi dei treni sotterranei.
Ora è arrivato Nonluoghi*
che al di là del sottotitolo
ostico («Introduzione a una
antropologia della surmodernità»), in forma accessibile
espone le riflessioni dello
studioso di fronte al mutare
dei paesaggi urbani e dei costumi apparentemente più radicati e forse banali.
Che cosa c’è di più banale,
infatti, del fare la spesa nel
super o ipermercato? Del
prendere l’autobus, il mètro
stesso o l’aereo dopo aver fatto minuti o ore di attesa nella
hall dell’aeroporto, dell’acquistare (già che si è lì) un ricordo per la famiglia nella
zona franca dell’emporio a
prezzo speciale? Sarà banale,
risponde Augé, ma rispetto al
rapporto che altre generazioni, precedenti la nostra, ebbero con l’ambiente della città,
ci sono delle differenze che
contano, ed esse sono sensibili proprio per quanto riguarda
il legame con il passato.
Dopo aver chiarito, in un’
ampia premessa a carattere
teorico, che «luogo» per l’an
tropologo è «simultaneamente principio di senso per coloro che l’abitano e principio
di intelligibilità per colui che
l’osserva» (da studioso), e
che esso è, per l’abitante di
un certo posto, «occasione
(...) di prendere coscienza
della collettività di cui fa
parte» e di «rammentare le
celebrazioni precedenti» (pp
51, 57), l’autore viene al nocciolo della questione: i luoghi della nostra vita fatta di
spostamenti sempre più veloci, luoghi anonimi (perché
nel supermercato ci si serve
da sé e poi si passa e alla cassa non hanno mai tempo),
luoghi pieni di indicazioni su
ciò che si deve fare (indicazioni stradali, avvertenze, ora
affidate anche alle voci sintetiz-zate dei semafori, dei telefoni, ecc.), ma rivolte a un
pubblico di cui è superfluo
conoscere l’identità, a differenza dei luoghi dell’epoca
moderna (quelli evocati con
tanta maestria per esempio
da Baudelaire) non integrano
in sé i «luoghi antichi». Questi, magari sullo sfondo del
paesaggio moderno, «sono
come degli indicatori del
tempo che passa e che so
pravvive» (p. 73): palazzi,
strade, loggiati, affreschi.
Non che oggi i riferimenti
ai monumenti non esistano:
ma i centri metropolitani (in
particolare Augé segue Parigi), tendono a essere sempre
meno abitati (a vantaggio delle periferie) e ad essere luogo
di produzione di servizi, di
lavoro o di transito: se le indicazioni e le pubblicità relative a mostre, musei, avvenimenti effimeri o durevoli in
ambito culturale sono sempre
più numerosi, essi sono altresì destinati a un pubblico specifico (il turismo di massa),
non sembrano più far parte di
un discorso di coscienza collettiva di appartenenza a una
tradizione.
«Un mondo in cui si nasce
in clinica e si muore in ospedale, in cui si moltiplicano
(...) i punti di transito e le occupazioni provvisorie (le catene alberghiere e le occupazioni abusive, i club di vacanze, i campi profughi, le bidonville...)» (pp 73-74) rappresentano la nostra epoca
che guarda consumisticamente anche alla propria storia. A
meno che, come già accade,
le stesse modalità del vivere
ne
odierno non diventino sé
oggetto di studio, di rifW
ne, di piacere. Andando^_________
al libro di Augé si pot^
pensare al caso, un po’ », %A
dossale ma emblematico^
le cosiddette musiche«ringrazi
aeroporto»: sono elaboiajji ve non f
elettroniche dalla strti^ no certi
semplice, lineare e «mat^ senza t
tica», fatte solo per sposso/
parzialmente, sommessa^ Jahier:
te il brusio dei viaggiato,'poesie),
degli impiegati, fra la rici Le nc
sta di informazioni e l’a| scrittore
dell’imbarco (una situaàa dell’ll
dunque, di quelle privileá portato
dal libro). Ebbene questi scelta re
siche ormai sono oggetiji de vald(
ascolto: vi sono autori püj quistata
ti o meno noti (il più eeH della su
è sicuramente Brian Eli
brani più o meno conosci rosamer
E dire che sembrava solai
musica di sfondo, puro«
pitivo. Chissà, forse il vi| rilorjiav
giatore arrivato a casasj
nostalgia del nonluogo-® Perché f
porto, e ha bisogno di asa
tarsi almeno il disco, ta «P^ese i
per creare l’atmosfera.
^ VaUi de
(*) Marc Augé: Noiili canto a,
ghi. Introduzione a una ah secondi
pologia della surmoderi chiesa
Elèuthera, 199|i
lo, è il c
Piace
in quel
del nov'
Milano
111, £ 16.000.
SUOI oc<
luce ter
cessava
do retto
da
consumi
sofferer
ventata
Salerno: un incontro organizzato óa\ Circolo culturale «Aurelio Cappello)
Metodisti nelhtalia meridionale di fine ^801
GIOVANNI ANZIANI
Mercoledì 2 marzo vi è
stato il secondo incontro del Centro comunitario
«A. Cappello» di Salerno,
con una conferenza di Giovanni Colangelo dal titolo
«La chiesa evangelica vesleiana nell’Italia meridionale dall’unità al 1902». Nonostante le difficoltà organizzative si è avuto un discreto
pubblico: prosegue così il
cammino di questo Centro
culturale che quest’anno sta
cercando di comprendere
l’impegno dei metodisti nella
storia del nostro paese.
Colangelo, studioso delle
problematiche storiche dell’
evangelismo meridionale, dopo aver tracciato le tappe
fondamentali del metodismo
vesleiano in Italia, si è soffermato in particolare sull’opera
evangelistica nel nostro Meridione pre.sentando, pur se in
modo schematico, la strategia
di quest’opera evangelizzatrice, un’opera che si è caratterizzata per il dialogo con la
classe colta delle grandi città
e soprattutto Napoli dove, at
traverso pubbliche conferenze e pubblicazioni di giornali
e opuscoli, si cercò di presentare il messaggio della riforma religiosa con l’invito alla
libertà dal potere papale.
L’impegno dei metodisti non
si fermò al dialogo con i colti
ma si allargò nella lotta
all’analfabetismo allora imperante nelle nostre zone: si
organizzano, alla fine del secolo scorso, scuole con lezioni di inglese e di francese,
asili per bambini, sale di lettura, biblioteche ecc.; un impegno veramente significativo se pensiamo al numero di
analfabeti esi.stenti in Italia:
circa 14 milioni. Colangelo
ha così ricordato, tracciandone le linee principali, due
opere dei metodisti napoletani: l’impegno del circolo
«Galeazzo Caracciolo» e la
significativa azione della .Società di mutuo soccorso: sono
gli anni nei quali si co.struisce
la chiesa di Napoli, proprio
nella parte più povera della
città, a S. Anna a Palazzo, nei
quartieri spagnoli.
Colangelo ha poi parlato
dell’opera dei metodisti ve
sleiani a Salerno: la chiesa
sorge nel 1868 per l’opera
del pastore Spazianti ed è
formata in maggioranza di
operai; nel 1873 il pastore De
Santis riesce a organizzare
una scuola per bambini, con
lezioni gratuite di francese.
L’attività di questo pastore è
concentrata soprattutto nel
raccogliere dalla strada i
bambini e dare loro una «sana istruzione» e a questo proposito qualcuno, nel dibattito,
ha notato una certa somiglianza tra l'opera di De Santis alla fine del secolo e
1 opera di un altro pastore
metodista a Napoli all’inizio
del secolo, Riccardo Santi,
per un’opera a favore dei
bambini: Casa materna.
Accanto all'opera dei pastori, Colangelo ha ricordato
l’azione evangelistica dei
«eolportori» e l’opera di Angelo Castioni che, nel 1879,
tra molte difficoltà e lotte antiprotestanti, riesce in .Salerno a diffondere la Bibbia tra i
militari. Il relatore ha terminato il suo intervento ricordando un altro pastore
ve
sleiano di Salerno: Francesco
Sciarelll, che persegueffll*^
strategia sperimentati
suoi predecessori, opít**
due fronti: quello
culturale e quello assistei»
le. Proprio in quegli ^
apre a Salerno uno dei p
asili per bambine e batí
(circa 80) raccogliendo»
strade e dal porto i l""”'
sfruttati e abbandonati.
II dibattito ha cercate
sottolineare come W
evangelici avessero uof
ra strategia evangelistKtí
ratterizzata dal dialog®'
l’ambiente culturale del
po e con la lotta
tismo imperante.
ha sottolineato che noo^
in quei predicatori uijO ^
ne «parrocchiale» ds*'® j
sa ma un forte
cialc ed assistenziale.
si è fermati alla curasp ,
le degli evangelici est .
ma si è dato ampio sp^j
un’opera a favore dei
e questa è una 'eziojj®^
nostra chiesa oggi! Il ^
mo appuntamento *^«(1
pastore Sergio Aqui*®"
parlerà della diaconia
todisti in Italia.
13
AR20]
'tico
^/FNF.RDl 18 MARZO 1994
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
A proposito delle pagine pubblicate dalla «Voce» sulle valli valdesi
Imperativi di ordine morale e spirituale
„^ ■nell'ispirazione di Piero Jahier
entino
3, di
Rodando J eliobinaldi___________
é si pottjj
unpo’pj a ho ritrovato la mia
lematico j rji chiave/ solo/ ma vi
musiche’m ringrazio/ ma son tornato do3 elabora^ ve non potete venire/dove so'lla stru| no certo che la mia parola/
e e «mate, senza averla gridata/ non
3 'ptx posso/ morire». (Da Piero
»mmessaSi Jahier: «Serata», in Prime
''iaggiatoi
fra la ridi Le note su Piero Jahier
oni e Tate scrittore valdese (su Riforma
la situazi, dell’11 febbraio) ci hanno rile privS portato ai valori della sua
le queste, scelta religiosa, ossia della feto oggea' de valdese, ora persa ora acautoripil, quistata; cioè all’avventura
il più della sua travagliata e lunga
Brian E# giornata terrena, solcata doloio conosi resamente dalla morte prema
ravasoloi tota del
o, puro ti, subito detto che a Jahier
forse ili ritornavano spesso alla mea casasa tootia. oome un leitmotiv,
mluogo-ai perché fortemente radicate, le
gno I a itotttagioi giovanili di quel
disco S <<P^ese morale»', reale e irrea3sfera * *e allo stesso tempo, delle
Valli dei suoi padri dove «acGÉ: NodIi canto ad ma scuola c’è una
e a una M seconda scuola che era la
irmodeni chiesa g ¿ove il primo libro
" ’ 'i di lettura era stato il Vangelo, è il classico: la Bibbia!».
Piace quindi supporre che
in quel drammatico giorno
del novembre 1966, mentre i
suoi occhi si spegnevano alla
luce terrena e il nobile cuore
cessava di battere, non avendo retto dinanzi al triste spet
Piero Jahier (1884-1966)
tacolo dell’Amo che sembrava sommergere la Firenze dei
suoi studi, siano ritornati per
un momento alla sua stanca
mente «le domeniche giubilaci (...) e il testo del sermone
del pastore “Passa all’altra
riva", là dove ognuno vive
secondo il suo cuore e è capito e non ha bisogno di
mentire»^, e sarà, certo, ritornato il ricordo dell’estrema
confessione di fede, che già
aveva espresso all’amico
Claudel: «Se egli dovesse abbandonarmi, io stesso non
abbandonerei lui»^. Del suo
legame con Firenze, tra l’altro, Giuseppe Prezzolini
scrisse: «Un montanaro piemontese che parla toscano e
le sue patrie sono due: la
vallata valdese per i suoi antenati paterni e Firenze per
la lingua e la vita vissuta»’'.
Il centro e la sorgente di
ispirazione nell’arte letteraria
di Jahier stanno certo nelle
esigenze di ordine morale,
che rispondono a un’evidente
necessità spirituale da cui
emergono il senso del dovere
e i tormenti che partono da
una rigida coscienza calvinista; lo stesso Jahier esprime
la genesi dei suoi scritti dove
affiora, in modo più o meno
nascosto, la sua fede biblica:
«Perché ho scritto tre parole
sincere e vorreste il segreto
di questo mestiere (...) se le
ho dette, vuoi dire che avran
traboccato»^.
Si può concludere con una
frase dello scrittore, quasi dimenticata: «... ricordati di fare il bene con disperazione:
se fosse con soddisfazione,
chi non farebbe il bene? E
del resto apri tranquillo il
suo solco e lascia cadere il
tuo seme, tanto il vento e il
sole sono di Dio»'’.
(1) : La Voce, anno IV, n. 36
(5-9-1912).
(2) «Visita al paese», in Ragazzo e Prime poesie, Firenze,
Vallecchi, 1939.
(3) Augusto Armand-Hugon:
«Preghiera solitaria fuori di ogni
chiesa», in La luce, die. 1976.
(4) Giuseppe Prezzolini:
Amici. Firenze, Vallecchi, 1922.
(5) P. Jahier: «Serata», da Ragazzo e Prime poesie .
(6) P. Jahier: Con me e con gli
alpini. III voi. dell’opera omnia.
Firenze, Vallecchi, 1977.
Un libro del predicatore Billy Graham
Una speranza
per i cuori affranti
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cura spi#
lici esis#
liospazij
edeimj
rii
CARMELO INGUANTI________
Dall’origine dell’umanità,
da quando una rottura si
consumò tra l’uomo e Dio, la
sofferenza è entrata ed è diventata il retaggio di tutti gli
esseri umani. Da allora a nessuno è dato sottrarsi al dolore
nei suoi vari aspetti o percorrere il cammino dell’esistenza
senza essere lacerato da doloranti spine. 11 problema della
sofferenza è secolare e universale e, insieme a quelli del
peccato e della morte, ci sta
dinanzi, anzi nell’intemo, come un coltello che affondi nel
nostro cuore.
Il recente libro di Billy
Graham, Speranza per i cuori
Rifranti*, tradotto in modo
impeccabile da Piero Densi,
non solo risponde ai molteplici perché che di generazione in generazione tormentano
tonte menti e anime, ma indiuà ai cuori affranti, in modo
toccante e vivo e in termini
1 fede dove trovare aiuto,
orza e speranza. La sofferenza in tutti i suoi aspetti è il fifo conduttore dei 15 capitoli
to cui l’autore tratta anche
oilateralmente non pochi ar
PROTESTANTESIMO
IN TV
fep/ico; lunedì 21 marzo
ore 8 circa - Raidue
evangelica
•n questo numero:
della Riforma: un
^^uonia donne dd/fl
* Girardet rbpon
telespettatori
gomenti e problemi che a prima vista sembrano non avere
a che vedere con il tema di
fondo (il sesso, il matrimonio, l’Aids e altri). La sofferenza è presentata come conseguenza inevitabile del peccato, e la speranza per i cuori
tormentati non può venire
dall’uomo ma dall’amore di
Dio in Cristo Gesù.
Nel libro troviamo la tipica
caratteristica di Graham, presente in tutti i suoi scritti,
messaggi, articoli: cioè una
ricchezza di esempi, di casi
più vari, di citazioni di poeti
e scrittori, di psicologi e di
persone handicappate che,
rinnovati dall’azione dello
Spirito Santo, hanno sublimato le loro sofferenze in
una missione di consolazione
verso anime stanche e depresse. La trattazione degli
argomenti è poi avvalorata
dai riferimenti biblici: niente
astruserie teologiche o filosofiche, ma le molteplici esperienze dell’autore e di altri
rendono il testo interessante.
L’autore dedica non poche
pagine a quanti vogliono recare conforto alle anime affrante: chi può dire il numero,
nelle grandi città, dei cuori
feriti che trascinano un’esistenza incolore, che vivono
nella solitudine e nella sofferenza fisica e morale, anime
deluse e depresse? Non servono molte parole per consolare, però ci vogliono quelle
giuste; serve pregare più che
predicare. Occorre ascoltare,
comprendere, amare.
(*) Billy Graham: Speranza
per i cuori affranti. Marchirolo,
Ed. Uomini nuovi, 1993, pp 157,
£ 18.000.
Le poesie di un Rom della Bosnia
Il popolo zingaro
di fronte alla guerra
_______SERGIO FBANZESE_______
Sanguina il cuore dei
Rom. Questo il titolo della nuova raccolta di componimenti poetici di Semso Avdic*, poeta zingaro nato a
Banja Luka (Bosnia) che ora
vive profugo in Italia. Semso
Avdic si affaccia al mondo
della poesia per la prima volta nel 1985 con una serie di
versi raccolti e pubblicati dalla casa editrice Primalpe di
Cuneo. Nel 1986 partecipa al
concorso di poesia «Nosside»
dove gli viene assegnato un
premio nella sezione dedicata
agli idiomi minoritari.
Nelle parole di Semso Avdic continuano a susseguirsi
malinconia, ricordi, desideri e
speranze. In questa raccolta
l’autore torna a riproporre
sentimenti che nella giovane
letteratura zingara costituiscono un filo conduttore e
che sono lo specchio fedele di
una realtà dai forti contrasti.
Trovano però posto, in questo
secondo libro, anche componimenti che si ispirano alla
sofferenza legata ai tragici
avvenimenti in corso nella ex
Jugoslavia, tragedia vissuta
dall’autore in prima persona.
«La morte stroncò,/ con il
suo ordigno,/ anche l’anima
mia/...»: così il poeta piange
la tragica morte del padre, ucciso dalla follia della guerra.
Neppure nelle cronache che
ci giungono quotidianamente
dall’ex Jugoslavia attraverso i
mezzi di informazione c’è
posto per i Rom. Essi infatti
non appartengono a nessuna
delle fazioni in guerra, pur
essendo spesso costretti a
prendervi parte; essi sono.
Renzo Arbore, ideatore di «indietro tutta»
nell’inferno balcanico, un popolo-ombra dal cuore che
sanguina.
Ecco allora che Semso Avdic, rivolgendosi a tutti i
Rom, dice: «Preghiamo Dio,
miei fratelli/ perché metta fine a questa guerra/ (...)/ Facciamo tacere ogni arma,/ riprendiamo a suonare lo strumento/ del nostro cuore./
Apriremo le tende della vita/
ogni fratello sia il benvenuto». Ma queste parole sono
anche, al tempo stesso, un invito a lottare contro vecchi e
nuovi odi, e contro quei pregiudizi e quelle incomprensioni che hanno separato troppo a lungo Rom e Gagé (così
nelle lingue zingare vengono
definiti i non zingari).
Le poesie sono scritte in romanés e in italiano. Va però
evidenziato che la trasposizione in lingua italiana molto
probabilmente è stata ottenuta
partendo dal serbo-croato,
versione che purtroppo non
compare, se non nel titolo del
libro. Va comunque riconosciuta al traduttore una notevole capacità per aver saputo
imprimere vigore poetico ai
testi. Non vale dunque la pena soffermarsi su alcune trascurabili imperfezioni, sia relativamente alla traduzione
che all’uso della grafia nel testo romanés, poiché esse passano tranquillamente in secondo piano di fronte alla ricchezza dei contenuti.
U') Semso Avdic: Sanguina il
cuore dei Rom. Forlì, Ed. Forum/ Quinta generazione, 1993,
£ 15.000 (da richiedere direttamente all’editore, piazza Garibaldi 9 - 61038 Orciano di Pesaro - Ps).
¡IONE
Una trasmissione «profetica»?
Che la televisione parodizzi se stessa non è una novità; che
parti di programmi vengano costruiti appositamente sul calco
ironico di altri programmi è abbastanza assodato. Un esempio
che ha fatto discutere è stata la parodia dei «Promessi sposi»
televisivi di qualche anno fa, che andava addirittura in onda
contestualmente (nelle stesse settimane) al programma «serio».
Si trattava, in quel caso, di costruire un «ambiente Promessi
sposi» nel quale, complici i vari apporti di schede tecniche, interviste ai protagonisti, copertine di rotocalchi, i singoli e le famiglie si ritrovavano per un certo numero di settimane.
Un caso analogo di mobilitazione per settimane e mesi intorno a un programma è stato rappresentato da Renzo Arbore con
Quelli della notte (1985) e Indietro tutta (1988), ora andato in
replica. Già di per sé il caso di una replica integrale di un programma del genere è significativo ; ma nel caso di Indietro tutta c’è qualche considerazione in più da fare. Il programma era
manifestamente una parodia di un genere televisivo, il gioco a
premi con pubblico e concorrenti in studio e concorrenti che
chiamano da casa. Tutti gli ingredienti (lo sponsor, le ragazze
del corpo di ballo, il presentatore, il notaio) erano rappresentate; e facile era il riferimento alle banalità che si potevano vedere su questa e quella rete (spacciate per cose serie).
Ora, a distanza di anni, avviene che mentre da un lato c’è un
po’ di delusione: è pur sempre una replica, anche le migliori
battute non possono fare l’effetto della prima visione. Ma è
cambiato anche il contesto, cioè il bersaglio della parodia, e
certo non in meglio. Questo genere di trasmissioni, che ha aumentato gli spazi di programmazione sulle varie reti, presenta
oggi ancor più evidenti quei caratteri che suscitavano la risata
liberatoria della parodia. Certe assurdità, sbeffeggiate da Indietro tutta sono diventate, se possibile, ancora più vistose. Morale? La parodia può essere interpretata, a distanza di anni, come
previsione, come lungimiranza. Alla faccia di chi la considera
fine a se stessa.
L/Ibri
studiare il greco biblico
Recentemente l’editrice Piemme ha contribuito in maniera rilevante alla diffusione di importanti mezzi d’apprendimento
del greco biblico, prima con la traduzione italiana, a cura di
Rosa Calzecchi Onesti, della Grammatica del Nuovo Testamento di Eric G. Jay (pp 448, £ 55.000).
Ora proprio Rosa Calzecchi Onesti, nota grecista, propone a
chi voglia cimentarsi nello studio del greco biblico uno strumento agile e denso, complementare alla grammatica stessa*.
Utilizzando l’Evangelo secondo Marco come base su cui misurare i progressi nella decifrazione e nella comprensione dell’apprendimento della lingua neotestamentaria, l’autrice propone
una metodologia similare a quelle proposte per imparare le lingue moderne.
Il titolo non deve trarre in inganno: il testo ha la serietà di
non proporre facilonerie; occorre un lavoro metodico e costante
che solo potrà ripagare dell’attenzione prestata alle 25 «unità di
lavoro» in cui si struttura il libro, corredato da schede mobili
che riportano utili «specchietti» e disegni che facilitano la memorizzazione, frutto dell’esperienza didattica e della competenza linguistica dell’autrice. (m.a.).
(*) Rosa Calzecchi Onesti: Leggo Marco e imparo il greco. Casale Monferrato, Piemme, 1993, pp 235, £ 40.000.
Appuntamenti
Venerdì 25 marzo — ASTI: Alle ore 21, presso l’Archivio storico
comunale (via Massaia 15), la prof. Elena Bartolini, teologa cattolica,
parla sul tema: «“...della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei’’ (Filippesi
3,5) - Paolo e l’ebraismo».
Venerdì 25 marzo — MILANO: Alle ore 15,30, presso la sala di
via Sforza 12/a, a conclusione del corso di aggiornamento per insegnanti sulla Riforma e l'Europa, il prof. Emidio Campi parla sul tema:
«L’ortodossia protestante nel Seicento».
14
PAG. 10 RIFORMA
SGOMENTI
enero
SCUOLA PUBBLICA E PRIVATA
SENZA ONERI
PER LO STATO
FRANCO SCARAMUCCIA <
Durante un discorso pronunciato di fronte ai
partecipanti al convegno «La
scuola cattolica al servizio di
tutti» il presidente della Repubblica, dopo aver riconosciuto allo stato «il dirittodovere di organizzare la
scuola per tutti», ha affermato che ciò «non può portare a un monopolio della
cultura, che è un monopolio
della dittatura» perché esso
sarebbe «quanto di più negativo e stupido ci possa essere» e si è dichiarato convinto che dobbiamo raggiungere «una situazione di equilibrio tra scuola di stato e libera scuola» per mettere i
genitori «in condizione di fare una libera scelta tra due
strade, ugualmente aperte e
ugualmente percorribili e,
per dirla in termini più chiari, dello stesso prezzo, dello
stesso costo».
Non vale la pena di dilungarsi suH’intera questione: al
di là delle polemiche del
momento, però, è neeessario
mettere l’aecento su aleuni
aspetti problematici della richiesta rieorrente della scuola cattolica di essere finanziata eon denaro pubblico.
Perché questo è il vero noceiolo del problema: un’altra
riehiesta di finanziamento
statale da parte di istituzioni
della Chiesa romana, come
se non bastasse il sostegno
economico già erogato alle
attività cattoliche.
È fuori di dubbio infatti il
diritto di chiunque di impiantare scuole private. Credo che nessuno oggi intenda
negare tale diritto come pure
quello delle famiglie di scegliere fra scuola pubblica e
privata. Anche se qualcosa
forse ci sarebbe da dire
sull’accenno del presidente
della Repubblica al «monopolio della cultura». Il monopolio si combatte con un
vero pluralismo all’interno
della scuola pubblica e non
contrapponendo istituti di
un certo indirizzo ad altri di
indirizzo opposto o comunque diverso. Come ha detto
efficacemente la Cgil-scuola, questo porta a un «pluralismo delle istituzioni» invece che a un più opportuno
«pluralismo nelle istituzioni». Inoltre è inaccettabile la
contrapposizione fra scuola
di stato e libera scuola. Non
è questa la differenza che
esiste fra scuola pubblica e
privata: l’esperienza di tanti
istituti privati italiani potrebbe insegnare che le cose
stanno spesso in maniera
molto diversa.
Il terzo comma dell’art.
33 della Costituzione sostiene ehe «enti e privati hanno
il diritto di istituire .scuole e
istituti di educazione, senza
oneri per lo stato». Dunque
la Costituzione riconosce il
pieno diritto di chiunque di
fondare scuole private, purché ne sopporti i costi. Su
questo ci sono stati molti
tentativi di interpretazione,
spesso abili e accattivanti,
come quello che vorrebbe
l’assenza di sostegno pubblico solo al momento della
costituzione dell’istituto e
non per la gestione successiva. Ma finora tutti gli sforzi
sono stati vani: la «ratio legis» è chiara...
Questa frase sintetica e in
cisiva («senza oneri per lo
stato»), che chiude il citato
comma, è stata voluta e dettata da Luigi Einaudi e ha
un senso inequivocabile: è
espressione di libertà e non
volontà di oppressione. Non
difende quello che Scalfaro chiama «il monopolio
dello stato» ma l’erario: e
forse non solo quello. È una
frase che è ben conosciuta
dagli evangelici italiani, che
l’hanno voluta inserire in diversi articoli delle loro Intese: testimonianza di indipendenza ma soprattutto affermazione che il pubblico denaro deve servire per i fini
istituzionali dello stato.
Ora, si è legittimati a credere che tutto il discorso del
presidente tenda a affermare
il dovere dello stato di mantenere la scuola privata, se
lui stesso ha affermato che
bisogna mettere il cittadino
in condizione di fare la scelta tra due strade «per dirla
in termini più chiari, dello stesso costo». È questa
dichiarazione che ci preoccupa: un’esplicita richiesta
di finanziamento. Anziché
provvedere a potenziare
adeguatamente la scuola
pubblica, da anni in attesa di
riforma e gravemente sofferente per la mancanza di investimenti in un settore tanto vitale per la vita del paese, si sostiene l’opportunità
di andare a impiegare denaro in una scuola concorrente. Cosa potrebbe comportare un provvedimento come
quello auspicato dal presidente? Si pensi solo che attualmente le sole scuole cattoliche sul territorio nazionale sono 12.492 (8.748
scuole materne, 1.246 elementari, 793 medie e 1.705
corsi di formazione professionale), con 61.914 docenti, di cui 23.332 religiosi e
38.582 laici. Se pensiamo
aH’incremento che avrebbe
una scuola privata finanziata
la conseguenza potrebbe essere quella di portare, se non
al progressivo smantellamento, comunque al serio
danneggiamento della scuola pubblica.
A parte la prospettiva negativa per l’occupazione di
coloro che oggi sono impiegati nella scuola pubblica,
ci sembra lecito chiedersi
come, in un momento in cui
da una parte ci si vuole liberare sempre più di uno
stato assistenziale, sia possibile nel contempo andare
a aggiungere allo stato altri
compiti di sostegno a iniziative private. Solo una
scuola pubblica gestita dallo stato, naturalmente sostenuta e protetta e non abbandonata a se stessa com'è
ora, può garantire le esigenze di pluralismo, di equidistanza e di promozione delle pari opportunità formative, quali ci si aspettano in
una nazione moderna e democratica. Naturalmente ò
ovvio che se qualcuno desidera istituire scuole private
e vuole che i suoi figli le
frequentino, deve essere libero di farlo ma non può
pretendere di addossare alla
comunità civile il costo delle sue scelte personali.
* Pre.sìdente dell'Unione
cristiarw evangelica
battista d'Italia
Dibattito sulla cristologia nelle nostre chiese e nel movimento ecumenico
Lo Spirito^ tra eresia e «sana dottrina
»
ALFREDO SONELLI
La dottrina su Gesù è oggi
in discussione nelle chiese. Il dialogo ecumenico e più
ancora l’incipiente dialogo
interreligioso pongono nuovi
problemi ai quali più voci
cercano di rispondere. Il Sinodo 1993 ha avviato un discorso sulla cristologia un po’
affrettato e ha invitato le
chiese a studiare l’argomento
con il sussidio di un dossier
(38,1/Sy93).
La Tavola ha già inviato
una parte dello studio introduttivo del prof. Sergio Rostagno a tale scopo. Dal 20 al
23 febbraio scorso si è svolto
a Roma un seminario sulla
cristologia dal quale si attendono valide indicazioni.
Riforma (n. del 18 febbraio,
pag. 3) dà notizia del «caso
clamoroso» della pastora Tutta Voss e il parere in proposito delle teologhe Elizabeth
Green e Letizia Tomassone,
mentre Stephen Cezanne richiama la fondamentale responsabilità della comunità
dei cristiani nella formulazione della confessione di fede
della chiesa.
A dibattito aperto vorrei
esprimere alcune mie impressioni. Anzitutto mi sembra
necessario che le chiese riflettano e discutano apertamente
la propria confessione di fede: parlando di «confessione
di fede» intendo proprio le
formule mediante le quali
questa fede è espressa tradizionalmente nella predicazione, nel culto e nella testimonianza delle chiese e dei singoli credenti. È mia impressione che ci sia un contrasto
profondo fra la fede quale
sentimento soggettivo e le
formule nelle quali abitualmente il messaggio cristiano
viene annunciato.
In campo ecumenico ci si
richiama al simbolo nicenoconstantinopolitano e alle formule cristologiche dei concili
di Efeso e di Calcedonia. Ma
Una sessione estiva del Sae
quale incidenza hanno realmente quelle formule nella
fede soggettiva dei credenti?
E quale significato hanno oggi le categorie usate? Il documento ecumenico Confessare
una sola fede ne ha tentato
una traduzione moderna, seria, ma piuttosto convenzionale. Le categorie «natura»;
«persona» sembrano rimanere sempre in gioco, presupposte anche nelle cosiddette
«cristologie dal basso», nonostante la loro attuale insignificanza. Credo che servano poco sia per la predicazione sia
per il colloquio interreligioso.
Riferendosi poi più direttamente alla cristologia, si fanno molte affermazioni tradizionali, interpretative dei testi
biblici. Fra queste notiamo
quella più generale relativa
alla «morte vicaria» di Gesù,
che citiamo seguendo il testo
di I Corinzi 15, 3: «Cristo è
morto per i nostri peccati»,
ma di cui è pieno il Nuovo
Testamento. Come va interpretata o tradotta questa affermazione base del messaggio
cristiano? In quale misura è
realmente abbandonata la teoria di Anseimo d’Aosta secondo la quale Gesù avrebbe
dovuto placare con la sua
morte la giustizia di Dio, offesa dal peccato dell’uomo?
Robert Grimm, nel libro
tradotto e pubblicato dalla
Claudiana Senso di colpa e
perdono, spiega che «Gesù è
stato crocifisso a causa dei
suoi comportamenti non
conformisti e provocatori,
con i quali pretendeva di obbedire perfettamente a Dio
Padre» (p. 49). L’interpretazione del Grimm è interessante, ma pone anch’essa
molti interrogativi.
Il problema dell’ispirazione
apocalittica di Gesù, così fortemente posto da Albert
Schweitzer, è generalmente
liquidato con la tesi del «già»
e «non ancora», del regno di
Dio già presente nella persona storica di Gesù, la cui piena manifestazione sarà alla fine dei tempi, quando «si vedrà il Figliolo dell’uomo venire nelle nuvole con gran
potenza e gloria. Ed egli allora manderà gli angeli e raccoglierà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremo della
terra all’estremo del cielo»
(Marco 13, 26-27). Come
spiegare questo, oggi, a 2.000
anni di distanza, a chi è al di
fuori del quadro
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L'istruzione pubblica è uno dei più alti contributi dello stato per la crescita di tutti
La gestione diretta o la regolamentazione
rezza di ri:
Lo stato moderno ha assunto l’istruzione pubblica come
uno dei suoi compiti più alti
e delicati. Storicamente non è
stato sempre così: nel Medio
Evo l’istruzione, e anche l’educazione pubblica, erano
compito della Chiesa romana
(chiesa docente); li pontefici,
dall’anno mille in poi, con
successive disposizioni, confermarono e disciplinarono
l’impegno della chiesa di
istruire e educare; l’obbligo
della frequenza scolastica risale al tempo della Riforma.
Già Lutero, nel 1530, chiese che lo stato assicurasse l’istruzione generale e la rendesse obbligatoria; nel 1560
John Knox elaborò un piano
di scuola unica obbligatoria
per l’istruzione di grado inferiore e per l’istruzione gratuita in tutti i gradi per gli alunni poveri ma dotati. Un analogo piano di scuola preparatoria unica venne elaborato
nel 1630 da Comenio: fu nel
secolo XVIII che, sotto l’impulso dei principi illuministici, e come reazione al giurisdizionalismo della Chiesa
romana, gli stati mossero i
primi passi in materia di
istruzione pubblica. Condorcet, neH’assemblea legislativa, dichiarò che «se ciascuno
ha diritto di ricevere i benefici dell’istituzione, ciascuno
ha diritto di diffonderli»;
inoltre lo stesso Condorcet
preparò un piano di organizzazione scolastica statale che
ancora oggi forma la base
della politica culturale degli
stati più progrediti.
Nelle varie carte costituzionali furono poi affermati
quei fondamentali principi
che nelle moderne Costituzioni hanno trovato sempre
più autorevole sanzione: la
libertà di insegnamento e il
dovere dello stato di fornire
gratuitamente l’istruzione
primaria; la sorveglianza statale sulle scuole è un’inevitabile conseguenza del principio della frequenza scolastica
obbligatoria: ogni stato moderno affida dunque a un sistema di istituzioni e di servizi il compito di assicurare
l’istruzione dei futuri cittadini. Senonché lo stato, come
di fronte a qualunque altro
bisogno della società, anche
di fronte a quello dell’istruzione può assumere posizioni diverse: può voler soddisfare esso stes.so a tale bisogno, ovvero lasciare che a
quest’ultimo provveda l’iniziativa privata, limitando la
sua azione a un’opera di controllo, di sorveglianza e di
stimolo, a seconda della concezione politica alla quale lo
stato si ispira. Nel primo caso
si ha il sistema della gestione
diretta, nel secondo il sistema
della regolamentazione. Quest’ultimo ha il vantaggio di
non rendere necessaria una
pesante e costosa macchina
burocratica ma presuppone
nei privati uno spirito aperto
e fecondo di iniziativa, un
senso diffuso in tutte le classi
sociali dell’utilità dell’istruzione e della cultura, e soprattutto buone condizioni
economiche generali.
Il sistema della gestione diretta ha l’inconveniente di esigere largo dispendio da parte dello stato e presenta il pericolo di limitare la libertà
della scuola, perché lo stato
ha la tendenza naturale all’
uniformità e all’omogeneità;
l’inconveniente del largo dispendio però si attenua quando lo stato, anziché assumere
l’istruzione in regime di monopolio, la assume come un
pubblico servizio ma in regime di libera concorrenza. Allora, accanto alla scuola di
stato, si hanno le scuole private; è pertanto difficile trovare due paesi che abbiano lo
stesso sistema scolastico.
La Costituzione federale
americana, per e.sempio, non
fa riferimento all’istruzione
che è perciò affidata ai singoli stati: solo questi, infatti,
possiedono un ministero del
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^ ^ ^«Soco» si sarebbe sognata e si
r ‘21 realizzato il mondo di oggi
documeiij.hg traveste la crisi economiti diffusila col moralismo, accusa le
rgomentd^jjjgojogie» compattatrici
prossfflijjgjjg ricerche di giustizia, di
iffamare i popoli, gioca d’az'Pegnatoiiardo con la vita dei popoli
¡aerale di^on il più spietato cinismo
ne» a Sganciando proclami umanitari,
I pareri dottando contro la droga proe diyei^ij|,gniente dai paesi del Terzo
riigioso Inondo e imponendo la riconiese dallVersione delle colture, parstanze striando e facendo parlare di
mettonoiietà, di una vita di pace e
ci nelle Continuando a fabbricare e
ntererisijommerciare armi... Si è mai
ono arieuentito parlare di riconversioconfessioiie delle industrie belliche?
modelloii Intanto i giovani sono crej a quesfciciuti e stanno crescendo, le
n ci sospiinemorie degli anziani sono
mo che ¡fiabe, poiché ormai nella culsero nei tura pubblica sono diventate
e cultuieltorie con orchi fascisti e PolConciliolicini partigiani. L’ultima gettato neltoerazione che ha avuto una
Redííiííjcultura «partigiana» è quella
ella alttethe ha fatto il ’68, ma già la
lel Aioj»generazione seguente è stata
)nti delleiegnata da altri miti: le ultitiane: iw>ne sono le generazioni di
ezza delli^bie, dei robot, dei compul'ezza; ^t^r, dei videogame; le generarioni che non creano, imitano, rispondono anzi reagisco'lo agli «imput», hanno prontezza di riflessi «contro»; ma
unpo.
i tutti
me
LEHERA
LA SPIRITUALITÀ
TaUNA COLASANTI
Dibattiti teologici, posizioni diversificate in materia di interventi politici e sociali, saggi, incontri. E ancora
studi biblici, esortazioni all’accoglienza, sagge ghettizzazioni reciproche, prese di posizione sui problemi della scienza. Gruppi e gruppuscoli di studio, interi filoni di pensiero, proposte di lavoro
e scomuniche più o meno formali. E il
rapporto fra i credenti? Che dire delle
innumerevoli difficoltà all’interno delle
chiese, al silenzio tra le diverse generazioni e conventicole?
Spesso ho trovato maggiore solidarietà tra gli «illuminati» (magari spesso
atei dichiarati) con i quali avevo un rapporto ancora più superficiale che tra le
mura chiesastiche. E molto spesso perché non si era in grado di comunicare
(si usava solo il linguaggio standardizzato e impersonale delle citazioni) o
peggio perché si era un altro soggetto
da tenere a bada in qualche modo. Non
mi riferisco solo alla mia soggettività al
femminile, anzi: non sempre i gruppi
che si considerano aU’avanguardia, sia
essa polìtica che teologica, sanno esprimere molto in termini di rapporto. Penso che ciascuno di noi, sia uomo che
donna, abbia patito l’esclusione in una
0 in molte situazioni perché comunque
veniva negata la sua peculiarità di essere umano non astratto e veniva riconosciuto come generico «prossimo».
Nel turbinio del fare e delle mille attività che occupano un membro di chiesa
mediamente impegnato non c’è un vero
spazio di riflessione diretto con se stes
so e con gli altri. Non ci si «coltiva» più
perché magari è più importante dire la
propria opinione, non farsi scavalcare
da qualcuno, essere aggiornati sull’ultima novità editoriale, organizzare qualcosa. Le chiese di stampo fondamentalista sono abilissime a recepire questi bisogni: non per niente le loro comunità
sono in crescita mentre le nostre ristagnano e non solo dal punto di vista numerico. È vero che questa attenzione
personale verso i singoli membri di
chiesa viene strumentalizzata e diventa
una forma di controllo sociale e di ingerenza nella vita privata: spesso però
gliela invidio e la preferisco alla nostra
educata indifferenza.
In passato le questioni dell’amore e
della cura d’anime (non solo pastorale)
erano al centro dell’attenzione, costituivano il perno della vita di molte comunità, alleviavano sofferenze umane, rappresentavano la forma migliore di evangelizzazione nel gramo tempo strappato
a condizioni di vita spesso disagevoli.
Nel ’700 anche molti intellettuali si resero conto della necessità di riscoprire
spiritualità e amore fraterno anche nel
momento in cui la scienza e la ragione
aprivano le porte di una nuova era. Alcuni di essi non seppero resistere alla
tentazione di estraniarsi dal mondo, di
accettare passivamente gli eventi senza
prendervi parte, di usare il misticismo
come chiave di lettura per ogni avvenimento. Altri raccolsero la tradizione
speculativa del Fratelli moravi, rielaborarono in semplici momenti di preghie
ra e di devozione una spiritualità viva e
pulsante e ci fu la grande stagione culturale del kantismo e del romanticismo.
È chiaro che i limiti furono moltissimi:
ma la storia delle letterature ci ricorda
una serie di biografie illustri o oscure di
vite, epistolari di amicizie, opere filosofiche o poesie che testimoniano un’ammirevole capacità di ridimensionarsi e
di accettare l’amore di Dio.
Siamo bombardati da una realtà sostanzialmente ostile alla fratellanza e alla rivalutazione dell’interiorità: lo avvertono in prima istanza le perone giovani che spesso sono schiacciate dai
modelli di vita consumistici e competitivi e che non trovano la forza di migliorarsi attraverso attività (in primis lo
studio e la lettura) che permetterebbero
loro di guardare tutto ciò che accade in
modo più lucido ed equilibrato; o, peggio ancora, che non trovano un dialogo
con gli adulti, spesso (e non da ultimo
anche nelle nostre chiese) oppressi dalle
stesse lacerazioni.
E non ci si può certo lamentare del
calo di interesse dopo la confermazione,
della fuga verso mete più appetibili e
senza dubbio più facili, del numero esiguo di pastori e diaconi, della difficoltà
di raggiungere la serenità anche da parte di chi lavora nelle comunità e nelle
opere. Con tutti i limiti e le precauzioni
che la storia ci propone bisogna tornare
a pensare in termini di spiritualità e soprattutto di dialogo, quello vero, quello
che ci consente di non considerare l’altro o l’altra un «prossimo generico».
il «contro» è valido di per sé,
non ha un oggetto preciso,
può variare di volta in volta.
Basta che chi dà Timput lo
voglia. Ora, a questa generazione la nostra memoria sembra proprio, perché data come reale, un ostacolo ai propri imput ed è perciò considerata trascinamento, invenzione; come si può dire che
l’olocausto è un’invenzione?
Eppure qualcuno lo dice, se
ne discute. Per le giovani generazioni il passato è fiaba e
la realtà sono gli spot pubblicitari della Fininvest.
Lionello Gaydou
Moncalieri
Riforma
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ferici,^ DIRETTORE: Giorgio GardioI
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tema ^ REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Busetto, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Mattel, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Pien/aldo Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
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GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bru- - . no Rostagno
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•ss Romolì 44/11 di Torino mercoledì 9 marzo 1994.
I bambini
e la Cena
Che cosa impedisce a che
un bambino partecipi alla Cena del Signore? Questa domanda, mai come in questi ultimi tempi di «modernismo»
abbisogna di una risposta
esaustiva che solo e esclusivamente la parola di Dio può dare. A nulla servono le argomentazioni contraddittorie di
qualsiasi essere umano se inserite nel contesto biblico della verità evangelica. Possiamo
dare adito ad argomentazioni
pseudo-teologiche di notevole
contenuto eruditivo ai fini di
una discussione filosofica...
ma per un cristiano, per chi ha
scelto di stare in trincea in
qualità di soldato di Cristo
non sono altro che uno stravolgere le Sacre Scritture.
La storia ci è testimone inconfutabile di quante «creature» hanno cercato di sindacare
i disegni di Dio nello sforzo di
sublimare l’intelligenza umana per renderla simile o addirittura superiore all’insindacabile volontà di colui che ne è
il creatore. Quali Adami contemporanei esprimiamo concetti nel tentativo di cogliere
la mela della «conoscenza
perfetta» arbitrariamente arrogandoci il titolo di sapienti al
punto di poter affermare come
certezza passibile di sperimentazione scientifico-reli
m
Il clic
di prima pagina
La penetrazione dell’industria e della cultura dei
paesi ricchi si confronta a
volte con culture tradizionali lontanissime. Il contrasto può essere stridente,
a tutto svantaggio delle
tradizioni e delle economie locali. Siamo sicuri di
esportare il meglio?
giosa mere opinioni prive di
ogni fondamento biblico.
11 quesito in questione, perciò, comporta la lettura della
Bibbia con umiltà, chiedendo
allo Spirito Santo di scendere
nei cuori e nelle menti affinché sia la voce dello sposo,
Dio nostro padre, a rispondere
con estrema semplicità a ciò
che può rappresentare un dubbio nel cammino spirituale del
credente. In Efesini 5, 1 leggiamo: «... siate dunque imitatori di Dio, come figlioli suoi
diletti», e poi leggiamo «affinché siate figlioli del Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5,
45). Noi cristiani, che non rinneghiamo Gesù quale unigenito Figlio di Dio, non siamo
dunque imitatori di Maria, di
Paolo o di Giuda, o di un
qualsiasi altro discepolo... no,
sarebbe il fallimento della nostra fede il seguire l’idolatrica
emulazione del «nostro personaggio biblico preferito»
preoccupandoci se era bimbo
o adulto, battezzato o circonciso, uomo o donna, ecc. al
solo fine di divenirne una parodia che ci consenta di entrare nel Regno dei cieli.
Siamo imitatori di Cristo ed
è Dio che ha stabilito ciò che
noi potessimo o dovessimo
imitare: attraverso la vita terrena di suo figlio; di conseguenza dobbiamo ubbidirgli
ascoltando solamente ciò che
egli ha voluto che noi sapessimo; a meno che abbiamo la
presunzione di sapere meglio
di Dio circa ciò che egli non
ha mai detto. Per questa ubbidienza è impedito a un bambino il partecipare alla Cena del
Signore, perché ciò non corrisponde alla volontà di Dio.
Infatti Gesù non ha istituito
la Santa Cena quando era fanciullo o ancor prima di battezzarsi: da adulto «Gesù dalla
Galilea si recò al Giordano da
Giovanni per essere da lui battezzato» (Matteo 3, 13); «II
primo giorno degli azzimi (...)
Gesù prese del pane e, fatta la
benedizione, lo ruppe, e dandolo ai suoi discepoli disse:
Prendete, mangiate, questo è il
mio corpo. Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro
dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il
sangue del patto, il quale è
sparso per molti dopo la remissione dei peccati» (Matteo
26,17-28).
Del resto, dopo essere risorto, disse; «Andate dunque,
ammaestrate tutti i popoli,
battezzandoli nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro
d’osservar tutte quante le cose
che vi ho comandate» (Matteo
28, 19-20). E Cristo non ha
comandato di accostarsi alla
Santa Cena prima ancora di
essere battezzati, perché egli
prima si è battezzato e poi ha
istituito la Cena.
Il nostro dire che qualcun
altro dei discepoli avrebbe potuto accostarvisi senza essere
battezzato, oltre a essere una
illazione partorita dalla fantasia umana (poiché nulla dicono in proposito le Sacre Scritture), non può e non deve considerarsi fondamento biblico
per scrivere un’appendice di
aggiornamento alla Bibbia
perché o «pratichiamo il non
oltre quel che è scritto», reputandoci superiori a Dio (che
non ci ha fornito l’elenco con
le generalità dei partecipanti
alla Santa Cena proprio per
come sia futile tutto ciò, ma di
come suo figlio abbia spezzato il pane con la sua sposa, la
sua chiesa: e qui sì die forse
si dovrebbe meditare profondamente sul significato di tale
termine), oppure scimmiottiamo qualcun altro, o l’idea che
ce ne siamo fatti, che non è
Dio, ma un essere umano
all’uopo scelto per l’occasione, facendone un feticcio da
venerare perché ciò che lui è o
ha fatto è più degno di imitazione di ciò che Gesù è o ha
fatto. «Perciò chiunque mungerà del pane o berrà del calice del Signore indegnamente
sarà colpevole verso il corpo o
il sangue del Signore. Or provi l’uomo se stesso e così
mangi del pane e beva del calice, poiché se mangia e beve,
mangia e beve un giudicio su
se stesso se non discerne il
corpo del Signore» (I Corinzi
11,27-28).
È pleonastico sottolineare
che «siccome v’è un unico pane, noi che siamo molti siamo
un corpo unico, perché partecipiamo tutti a queU’unico pane» (I Corinzi 10, 17). Discernere il «corpo di Cristo» nella
Santa Cena significa dunque
partecipare alla comunità dei
santi «annunziando la morte
del Signore finché egli venga»
(I Corinzi 11, 26). Non commettiamo dunque l’errore di
sottovalutarne l’importanza riducendola a una sorta di pantomima per fare del facile
pseudo proselitismo, altrimenti non avremmo capito nulla
del sacrificio di Cristo.
Elena Pezzini - Lodi
Partecipazioni
La presidenza. Il Consiglio di
amministrazione, il Collegio sindacale, gli azionisti, il personale e
i collaboratori della Società Seggiovie 13 Laghi, la Pro Loco, lo Sci
Club partecipano con profondo
cordoglio al grave lutto che ha
colpito la famiglia per la scomparsa del geometra
Danilo Peyrot
amministratore delegato della
società Seggiovie 13 Laghi.
Frali, 14 marzo 1994
RINGRAZIAMENTO
«Per me il vivere è Cristo
e il morire è guadagno»
Pii. 1,21
I familiari e la sorella di
Enrichetta Bounous
riconoscenti per le dimostrazioni di affetto avute in questa circostanza, ringraziano tutti coloro
che hanno preso parte al loro
grande dolore.
Un grazie particolare al pastore
Plescan, al dott. Meli, alla dott.
Taraselo, alla figlioccia Laura e
alle infermiere della Comunità
montana.
Frali, 28 febbraio 1994
RINGRAZIAMENTO
Sergio e Irma Nitti ringraziano
quanti sono stati loro vicino facendo giungere espressioni di affetto
e simpatia che hanno rafforzato la
loro fede e fatto sentire il calore
della comunione fraterna nell'ora
triste della separazione da
Gianpaolo
Napoli, 2 marzo 1994
RINGRAZIAMENTO
«In pace lo mi coricherò
e in pace dormirò
perché tu solo, o Eterno,
mi fai abitare in sicurtà»
Salmo 4, 9
«Dolce è il sonno del lavoratore»
Eccles. 5,12
Il marito e i familiari tutti della
cara
Emma Fornerone Roman
profondamente commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di stima e di affetto tributata alla loro cara, nell'Impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano lutti coloro che con presenza, fiori, parole di contorto e
scritti hanno preso parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Klaus Langeneck, alla
Croce Verde di Porte, al dott.
Rollo, alla famiglia GardioI, al Comune di Prarostino, all’Anpi di Porosa Argentina e Valli, all'Associazione alpini di Prarostino, agli
amici e a tutti I vicini di casa.
Prarostino, 8 marzo 1994
I necrologi
si accettano entro
le ore 9
del lunedì.
Telefonare al
numero Oli655278 - fax
011-657542.
16
PAG. 1 2 RIFORMA
JJ
BALE
VENERDÌ 18 MARZO Iqq^
Il governo vietnamita autorizza la distribuzione di 15.000 Bibbie
Le Bibbie sono state come la
pioggia dopo una lunga siccità
EMMANUELE PASCHETTO
Dopo un lungo periodo di
restrizioni, in questi ultimi anni il governo vietnamita
ha dato il permesso di importare 15.000 Bibbie che sono
state distribuite principalmente agli evangelici deì paese.
Su richiesta di diversi pastori,
tra cui Bui Hoanh Thu, vicepresidente e segretario generale della Chiesa evangelica
(Tin Lanh) in Vietnam (regione del Nord) e direttore
della scuola biblico-teologica
di Hanoi e Le Cao Ki, pastore
a Da Nang, è stato possibile
importare, tramite la Società
biblica, 15.000 copie della
Bibbia, divise in tre stock di
5.000, da distribuire nelle tre
regioni storiche del Vietnam,
il Tonchino (Nord), l’Annam
(Centro) e la Cocincina
(Sud). La consistenza degli
evangelici è però diversa nelle tre parti del paese: 20.000
sono i protestanti nel Nord,
50.000 sulla costa centrale e
oltre 200.000 nelle pianure
del Sud. Si pensa quindi che
sia necessario ripetere la richiesta al governo per avere
ancora altre decine di migliaia di copie della Scrittura,
almeno una per famiglia.
Alle richieste degli evangelici si associa anche il vescovo Paul Joseph Fan Dinh
Tung, amministratore apostolico di Hanoi, responsabile
per i 400.000 cattolici delle
due diocesi del Nord; «Avrei
bisogno di almeno 50.000
Bibbie, se volessi provvederne
una copia per ogni famiglia
cristiana della mia diocesi.
La gente ha un gran desiderio
di leggere la Bibbia e noi saremmo felici se potessimo
darne una a ciascun credente!... Si parla molto di ricostruire la nostra società, ma
prima dobbiamo ricostruire
ogni singola persona. Quando
consegniamo una Bibbia a
qualcuno, non aiutiamo solo
la chiesa ma aiutiamo a ricostruire la nostra nazione».
«L'arrivo delle Bibbie - dice il pastore Bui Hoanh Thin
- è stato come la caduta della
pioggia dopo un lungo periodo di siccità». La situazione
in Vietnam per quanto riguarda la libertà religiosa è migliorata rispetto al passato
quando, specialmente durante
la guerra contro gli Stati Uniti, gli evangelici erano guardati con grande sospetto. Poco alla volta sono stati ripresi
i contatti con i protestanti
stranieri, ma le difficoltà sono
ancora considerevoli. «Non
Un villaggio di pescatori in Vietnam
possiamo predicare fuori dalle chiese, ma solo all’interno
degli edifici ecclesiastici - dice il pastore Thu - e questi
edifici sono pochi, anche perché diversi sono stati bombardati durante la guerra e
non ricostruiti». Racconta Vu
Van Chin, 37 anni, tecnico in
una industria metalmeccanica
e anziano di una chiesa evangelica di Haiphong: «La nostra chiesa è stata ricostruita
nel 1989\ prima di allora eravamo in pochi, solo una yen
ecumenica cattolica del Vietnam ed è anche membro del
Parlamento nazionale. Attualmente sta lavorando alla pubblicazione di una Bibbia a fumetti, in accordo con la Società biblica. Ma non é ancora
riuscito a ottenere da parte
delle autorità il permesso di
pubblicarla.
A Da Nang c’è un altro prete cattolico fortemente interessato alla Bibbia: padre
Nguyen Truong Thang; «Nella mia parrocchia di 3.500
Il Vietnam oggi
Nome ufficiale: Repubblica socialista del Vietnam.
Superficie: 331.033 kmq. Il Vietnam si divide in tre grosse
regioni, il Tonchino al Nord, T Annam al Centro e la Cocincina al Sud.
Abitanti: circa 70 milioni, di cui quasi T80% vive in campagna.
Composizione etnica: vietnamiti 87, 1%, tho 1, 8%, cinesi
1, 5%, tai I, 5%, khmer 1,4%, muong 1, 4%, nung 1,1%,
altri 4, 2%.
Città principali: Hanoi (capitale) 2, 5 milioni. Città Ho
Chi Min (ex Saigon) 4, 2 milioni, Haifong 1, 3 milioni. Da
Nang 600.000, Hué 300.000.
Alfabetismo: alfabetizzati al di sopra dei 15 anni (1989)
87,6%.
Lingua: La lingua ufficiale è il vietnamita, parlato dalla
maggioranza della popolazione insieme ad oltre 75 dialetti.
Religione: buddisti 55%, taoisti 15%, cattolici 7%.
tina di credenti, perché la
gente pensava che fossimo filoamericani. Ora le cose sono diverse e non abbiamo più
timore. Ogni settimana teniamo delle riunioni di evangelizzazione e cominciamo a
vedere i risultati: ci sono decine di persone che si avvicinano all’Evangelo. La situazione nel nostro paese sta
cambiando perché il governo
sta attuando un programma
di riforme».
Padre Fan Khac Tu, sacerdote cattolico di Città Ho Chi
Min (l’ex Saigon) è segretario
generale della Commissione
anime - racconta - ho 19
classi di catechismo per i ragazzi, ma non abbiamo Bibbie; i ragazzi devono scriversi tutto. Abbiamo bisogno di
una traduzione interconfessionale della Bibbia, un testo
che sia comune a tutti i cristiani. La traduzione attualmente in circolazione è troppo vecchia». La parrocchia di
padre Nguyen ha una caratteristica quasi unica in tutto il
paese: gestisce uno dei pochi
centri non statali di assistenza, che nel suo caso è rivolta
a circa 700 bambini disabili
al di sotto dei tre anni.
Il Madagascar
dopo il ciclone Geralda
Da una lettera del pastore Edmond Razufìmahefa, presidente della Chiesa di Gesù
Cristo nel Madagascar (Fjkm), riportiamo
le seguenti informazioni:
«Il ciclone Geralda ha devastato quasi tutto il paese. Avendolo attraversato da Est a
Ovest, ha causato enOTmi danni. La Fjkm ha
affidato al Dipartimento per lo sviluppo l’organizzazione delle azioni di soccorso d’urgenza. Le zone più fortemente colpite sono
la Costa Est, gli Altipiani e il Medio Ovest.
Il ciclone ha provocato fmtissime precipitazioni, violentissimi venti, alluvioni e frane.
Molte colture sono state dismitte, interi campi sono rovinati, la gente è minacciata di carestia. Molti sono i senzatetto, le case sono
danneggiate o interamente distrutte.
11 bilancio è il .seguente: .
- case distrutte al 90% ’
- edifici scolastici e chiese danneggiati al
40%
- circa 300.000 sinistrati in tutto il paese
Dopo il passaggio del ciclone, malattie
frequenti colpiscono molte persone, in particolare il paludismo, malattie respiratorie e
diarrea. I bisogni immediati sono: inedicinali, viveri, materiali edili (lamiere, chiodi..,),
vestiti e coperte». Azioni di solidarietà sono
organizzate in molti paesi, vi esortiamo a
parteciparvi: è possibile entrare direttamente in contatto con la Chiesa di Gesù Cristo
nel Madagascar al seguente indirizzo: Fjkìw
- bp 623 - Antananarivo 161 - Madagascar, tel. 261230253 - fax 261227633.
Lettera della direttrice delTospedale San Carlos di Altamira
no
A fianco degli indios del Chiapas
nei giorni della rivolta zapatista
SUOR PATRICIA
S uor Patricia è direttrice dell’ospedale San Carlos di Altamirano, vicino a San Cristobai
De Las Casa, nella provincia
del Chiapas, in Messico. La lettera che segue è stata inviata recentemente a sostenitori delle
chiese svizzere.
ari amici e fratelli,
(...) Ad Altamirano
siamo rimasti per 19 giorni
senza luce né acqua, né telefono, né alcuna possibilità
di uscire dal villaggio, tagliati fuori da ogni comunicazione e senza sapere ciò che i
media del paese stavano trasmettendo. Soltanto una radiolina a onde corte ci permetteva di conoscere le
informazioni date all’estero. Perciò desidero descrivere ciò che i nostri occhi vedono mentre stiamo vivendo
questo conflitto.
1 nostri fratelli indigeni,
come sapete, sono sempre
vissuti in una grande miseria,
frutto dello sfruttamento,
dell’inganno e della discriminazione razziale. Stanchi
di tutto ciò e dopo aver cercato tutte le vie per essere
ascoltati, ricevendo per 30
anni come sola risposta del
governo: “Tornate fra quindici giorni’’, oppure la repressione durante le marce di
protesta, il 1° gennaio hanno
detto: “Ora, basta!’’ e dichiarato guerra all’esercito messicano, pilastro del partito al
potere (Pri), che considerano
illegittimo a causa delle frodi
elettorali.
Noi che abbiamo vissuto
con loro, crediamo che le loro rivendicazioni siano giuste. Gli indigeni hanno esaurito ogni altra possibilità di
farsi sentire ed è per questo
che hanno usato quest’ultimo
mezzo: anehe se personalmente sono contro la violenza, io li capisco... L’esercito
zapatista di liberazione nazionale (Ezln) è un gruppo
disciplinato: i suoi membri
sono perfettamente consapevoli di ciò che vogliono.
Hanno rispettato la popolazione civile, chiedendo un
appoggio alimentare volontario, facendosi imprestare veicoli che poi hanno restituito.
Hanno attaceato soltanto ciò
che apparteneva al governo,
bruciando gli archivi e affrontando con le armi l’esercito messicano.
All’ospedale San Carlos di
Altamirano, abbiamo curato
12 feriti: 3 della Sicurezza
pubblica (governo) e 9 zapa
tisti. Nella notte del 3 gennaio gli zapatisti, temendo
l’arrivo dell’esereito, hanno
portato via i loro feriti e lasciato Altamirano. Nel pomeriggio del 5 gennaio, è arrivato l’esercito messicano e
anche se non c’erano più zapatisti, sono entrati con la
forza, con armamenti, blindati, aerei, elicotteri e soldati.
Ci sono 17.000 soldati nella
zona e malgrado i negoziati
di pace, i rinforzi armati, uomini e mezzi, continuano ad
arrivare nel Chiapas.
L’Ezln ha dichiarato la
guerra, ma è l’esercito messicano che l’ha ingaggiato.
Una guerra di terrore innanzitutto, perché l’esercito ha
bombardato giorno e notte,
senza avere di fronte zapatisti, sia nelle zone spopolate
sia altrove, contro la popolazione civile. Le bombe utilizzate esplodono prima di toccare terra lanciando pezzi di
metallo, ma per terra non rimane altro che tracce di bruciato. Così, visto che non ci
sono buche, l’esercito dice di
non avere buttato bombe.
Soltanto coloro che lo hanno
visto possono testimoniare il
contrario.
Purtroppo, coloro che hanno sempre oppresso gli indigeni approfittano di questa
situazione e una sporca guerra è iniziata; caccia alle streghe, diffamazione nei confronti di tutti quelli che appoggiano gli indigeni; laici,
chiesa e anche l’ospedale
San Carlos. Benché abbiamo
sempre curato l’intera popolazione, ora gli allevatori di
bestiame, poco numerosi ma
potenti economicamente e
politicamente, ci accusano di
essere dalla parte della guerriglia e di appoggiare unicamente gli zapatisti.
Da 3 o 4 anni, la loro discriminazione e la loro voglia di farla finita con gli indigeni e con tutti quelli che li
appoggiano sono andate crescendo. Questa tristissima situazione crea molta confusione. Credo che sia uno dei
problemi che influiranno negativamente sulla riconciliazione e sulla pace.
Una cosa sono i negoziati
di pace tra il governo e 1’
Ezln, un’altra cosa è la vera
guerra che si è sviluppata
aH’interno delle comunità,
frutto del terrore, delle detenzioni arbitrarie, accompagnate dalle torture, dalla fame, dalla disperazione e dal
nuovo inganno dei proprietari di bestiame che cercano di
dividere la popolazione
Questa realtà è una nuova
sfida per l’evangelizzazione
La solidarietà, tanto nazione!
le quanto internazionale, cj
ha dato molta speranza. Ab.
biamo chiesto aiuto perij
popolazione indigena e lari,
sposta non si è fatta attendere. Viveri, vestiti e medicina,
li sono giunti alla nostra casi
madre a Città del Messico;
volontari li selezionano coi
efficacia e con amore e ci
hanno già inviato il carico di
cinque camion.
L’esercito non autorizzala
popolazione civile dispersa
recarsi nei villaggi, néa
quella dei villaggi di uscire,
Però, grazie a Dio e a un in
contro con Camacho Solìs,
abbiamo potuto andare in varie comunità per distribuirei
materiale ricevuto. La prima
impressione, nel vedere gente così ammalata e affamata,
è stata tremenda: in ogni comunità è stata formata una
commissione di distribuziont
a cui tocca ripartire equamente i beni che giungono
tra la popolazione; pensiamo
che questo sia un modopa
favorire l’unione di tutti.
Abbiamo anche ricevuto!
l’appoggio del Segretariato
alla salute, per poter uscirei
andare a gruppi nelle cominità per curare la popolazio
ne, dato che l’esercito nenia
lascia venire all’ospedale;!
mezzo a tanto dolore e tanta
confusione, cerchiamo vici
riconciliazione in ogni comunità e cerchiamo di incoraj
giare la fede e la speranza.!
difficile, ma occorre lavorati
in questo senso.
Se vi è possibile, insienu
ai vostri amici, di sostenerd
finanziariamente per l’acqiiisto di medicinali (ne abbiamo ricevuto meno rispetto ai
altre cose), sarebbe un gr»
de aiuto per la vita di questa
regione in questo momento
Certa delle vostre preghie®
che ci hanno sostenuto, della
vostra amicizia e della vosffl
preoccupazione per questasituazione, di nuovo grazio
Continuate a sostenerci, soprattutto con le vostre prò
ghiere, perché una vitap®
degna per gli indios porti *
pace e affinché, malgrado*
persecuzioni nei confroit'i
della Chiesa, dell’ospedaio
ecc., possiamo continu^ *
nostra missione fra i piò F
veri ed emarginati con
fede viva, una speranza
e un amore ardente».
Altamirano, 7 febbraio 1
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Una recente manifestazione di protesta degli indios dei Chiapas a Città del Messico