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Anno 127 - n. 39
11 ottobre 1991
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA LEGGE FINANZIARIA
SUD AFRICA
Manca la fiducia Noti abbandonateci!
drpirrrapporto'pfÌ%dtidin!"rio'Tm U" da parte di chi vive giorno PP^.f
di transizione - La complessa posizione delle chiese indipenaenti
Chiunque, seppure distrattamente, ha ascoltato in questi ultimi giorni i vari notiziari radiotelevisivi o ha sfogliato le pagine dei quotidiani, si è visto assalito da cifre, conti, allusioni
a miliardi di miliardi, ha Ietto
o sentito parlare di deficit,
ticket, condoni, bilanci...
Tutto questo gran parlare ha
un nome: è la Finanziaria, una
legge varata non senza conflitti
e polemiche, che rischia di portare nelle nostre case ed evocare neU’immaginario collettivo
paure e timori e soprattutto la
sensazione di essere stati ancora una volta beffati e delusi.
Se andiamo ad osservarla un
po’ più da vicino, questa Finanziaria che l’autunno ci ha fatto
piovere addosso ci rivela, tra
una cifra e un’altra, li suo volto ghignante e beffardo, che
prende in giro gli onesti, quelli che vorrebbero uno stato capace di prendere provvedimenti
efficaci, uno stato che punisca
chi sbaglia e incoraggi chi, pur
dovendo pagare e pagare, ha ancora fiducia negli uomini che lo
amministrano.
Niente di tutto questo. Se
prendiamo, tra i tanti provvedimenti varati nella Finanziaria
’92, quelli che riguardano il settore della sanità o il fisco ci accorgiamo che le aspettative del
cittadino onesto e rispettoso
vanno a finire in fondo ad un
profondissimo buco nero. Così,
per esempio, ci viene chiesto di
pagare un ticket più alto; sappiamo che se avremo bisogno
degli antibiotici dovremo pagarli con una maggiorazione del
40% e che ogni prescrizione del
nostro medico costerà tremila
lire. Ma se allo stato, ai suoi
ministri andiamo a chiedere perché ci chiedono di pagare sappiamo già che dì certo i nostri
soldi non serviranno per avere
un servizio migliore ed efficiente. Tutto rimarrà come prima,
e i nostri soldi finiranno per tappare delle falle, per arginare un
deficit colossale, accumulato dopo anni e anni di errori a profusione.
Forse da questo stato e dai
suoi politici potevamo pretendere almeno un po’ più di saggezza o, forse, almeno, dì furberia. Come dire: vi togliamo dei
soldi e vi facciamo pagare i servizi sanitari (che non funzionano) ma puniremo gli evasori.
Niente da fare. Anche in materia di fisco la Finanziaria ’92 si
rivela una bella doccia fredda
per le aspettative degli onesti.
Non solo gli evasori non saranno puniti, ma saranno perdonati
e in modo molto semplice, non
dovranno nemmeno fare troppi
conti. Basterà che chi non paga le tasse da cinque anni, chi
ha ’’dimenticato” di presentare
il suo modello 740 paghi il 25%
della vecchia imposta o presentì ora le dichiarazioni mancate.
Così lo stato, che beffa e stanga chi paga le tasse e perdona
c ’’condona” chi non le ha pagate, spera di sanare i propri
bilanci in rosso. Con un colpo
di spugna il peccato fiscale viene cancellato per ridare a clii
pagherà una rinnovata ’’verginità fiscale”.
Eccola allora, allo scoperto, la
logica paradossale della Finanziaria: se paghi continuerai a pagare anche per chi non paga, se
non paghi sarai perdonato, anzi sarai ancora più bravo, perché quando lo stato non avrà
soldi si ricorderà di te e grazie
a te e alla tua evasione potrà
sperare di risanare i suoi conti.
Ci provino i vari Formica,
Carli, Cirino Pomicino o Andreotti a dire che non è così,
‘che la Finanziaria era necessaria cosi come è stata fatta, che
il maxicondono è solo una misura di emergenza, che senza
tappare il buco di 61.500 miliardi (tanti sono quelli che si spera di incamerare con i vari provvedimenti) rischiamo di perdere
il treno per l’Europa e di retrocedere in una penosa serie B
economica.
La Finanziaria, con i suoi tagli e i nuovi balzelli, si annuncia come una grande minaccia
non solo per le nostre tasche,
ma anche per chi vuol conservare qualche briciolo dì fiducia
nello stato, nel suo potere di
operare innovazioni e riforme.
Al cittadino che continuerà a fare la fila dal dottore, che pagherà più cari i suoi medicinali,
il senso della morale di politici
e governanti che premiano il disonesto e offendono colui che è
retto nei confronti dello stato
sembrerà sempre meno credibile.
Carmelina Maurizio
La lotta per un Sud Africa migliore non è ancora terminata. I provvedimenti governativi, che hanno abbattuto
parte dell’edificio dell’apartheid, non hanno ancora potuto
garantire un vero diritto di voto ad ogni cittadino, indipendentemente dal colore della pelle.
A questa situazione si devono aggiungere le profonde
disparità sociali, acuite dai gravi squilibri economici tra le
diverse fasce della popolazione.
E poi c’è la violenza. Violenza fra diverse etnie, violenza
che si esprime al livello di scontri di massa, con un gran numero di morti.
In questa situazione molto resta da fare, e c’è bisogno
dell’aiuto di tutti i credenti. Lo dice Dennis Chetty, pastore
pentecostale in Sud Africa, che parla di questi giorni di speranza e di angoscia, del ruolo delle chiese, di dure esperienze e di prospettive. Occorre far tesoro di questa testimonianza.
Un quadro chiaro della realtà
sudafricana attraverso l’opera delle chiese e le loro contraddizioni e
problematiche interne ed esterne:
questo il frutto positivo della visita del pastore pentecostale Dennis Chetty, ospite per qualche giorno a Roma della Federazione delle chiese evangeliche.
Le chiese sudafricane si suddividono in tre gruppi principali:
le chiese che fanno capo al SACC
(Consiglio sudafricano delle chiese), le chiese indipendenti, di cui
il pastore Chetty fa parte, e le
chiese indigene, le quali cercario
di mediare il messaggio della Parola alla luce della cultura e delle
tradizioni sudafricane. Le chiese
cattoliche (SACCB) rappresentano
infine circa il 10% del totale dei
credenti.
Prima che l’African National
Congress (ANC) fosse nuovamente legalizzato e che i movimenti
di opposizione, sia pure parzialmente, potessero riprendere la loro
attività, le istanze sociali e politiche della popolazione per lunghi
anni sono state fatte proprie dalle
chiese del SACC, che ha finito per
identificarsi con l’opposizione.
DIO, PAROLA VIVENTE
Uincontro e Vattaccamento
La Bibbia ignora le nostre tristi contrapposizioni fra la passione e la fedeltà, fra il corpo e il
cuore, fra eros e agape, fra ciò che chiamiamo
amore possessivo e amore oblativo (che si dona).
Tristi contrapposizioni, dico. Perché in fondo esaltano ciò di cui dovremmo invece diffidare e celebrano ciò che non è affatto attraente. Separano
così, con saggezza mediocre, da un lato la fiamma,
che non dura, dall'altro le ceneri che quelle sì,
durano.
Queste contrapposizioni diffamano l’amore, che
ridiventa, come presso i greci, il farfallone, smarrito fra l’attrazione e il senso di mancanza, d’incompiutezza. Forse queste contrapposizioni sono
culturalmente e psicologicamente realistiche; forse, con la saggezza del ’’saper fare”, addestrano
il cuore umano per la traversata della vita. In
ogni caso non sono bibliche. Non descrivono il
comportamento di Dio. Eppure è a immagine di
quel Dio, appunto, che siamo stati creati, tutti
noi, che siamo credenti o non credenti, donne o
uomini, non sposati o sposati, vecchi o giovani,
uomini del XX secolo o uomini del neolitico, e
forse già del paleolitico, a partire dal momento
nel quale l’affettività ha avuto il sopravvento, in
noi, sugli impulsi istintivi del coito, quale esiste
prèsso tutti gli animali salvo che, appunto, nell’uomo. E’ meglio, per vivere, consultare la Bibbia piuttosto che la natura umana!
La Bibbia non conosce contrapposizione, ma
piuttosto una successione fra 1 incanto e 1 attaccamento che, insieme, costituiscono l’amore. Adamo è incantato di Èva! « L’uomo gridò: Ecco,
stavolta, l’osso delle mie ossa e la carne della
mia carne! » (Gen. 2: 23). Poi le si attacca; «Cosi
l’uomo lascia suo padre e sua madre per attaccarsi a sua moglie e diventano una sola car
ne » (Gen. 2: 24). Naturalmente si deve
dire la stessa cosa di Èva in rapporto ad Adamo,
perché « entrambi erano nudi, l’uomo e la donna,
e non se ne vergognavano» (Gen. 2: 25). Che cos’è
l’amore? E’ la fine della vergogna, la gioia della
scoperta e della fiducia. L’interesse dello scambio,
il desiderio e il piacere di condividere. La semplicità del Paradiso, davanti a noi. Che un incanto
sbocchi in un attaccamento, che un amore sfoci
in una relazione e in un legame!
Proprio così: Dio s’incanta del popolo d’Israele,
senz’altro motivo che il beneplacito, non arbitrario, della sua elezione; proprio come un innatnorato non ha alcun motivo migliore di quello di
ritrovarsi innamorato. E anche Dio si attacca a
questo popolo, unico, per indicare chiaramente che
si tratta di un vero amore fra due esseri, e non
di una vaga disposizione generale alla benevolenza. In termini teologici, lo chiamiamo il Patto,
l’Alleanza, dopo l’elezione, la scelta. Come definire colui che, solo, è Dio? Non con l’assoluto, né
con l’infinito, ma con l’elezione e il patto, l’incanto e l’attaccamento che, insieme, costituiscono
l’amore.
Dio si attacca al suo eletto, del resto fino al
punto di soffrire attraverso lui, senza di lui, contro di lui, per lui. Le cose vanno forse altrimenti
negli amori umani? Ma non siamo Dio, anche
se cerchiamo di vivere a sua immagine. In ciascuna delle nostre storie ci sono anche dei disincanti e dei distacchi, segni di morte e di necessità.
La vita non è sempre quella che vorremmo che
fosse. Ecco perché, d’altronde, la vita non è Dio,
ma Dio è una parola vivente per vivificare, guarire, alleviare, consolare e rialzare la vita.
André Dumas
Tuttavia ora, secondo Dennis, la
gerarchizzazione sta allontanando
questo organismo dalla realtà degli oppressi. Inoltre, a causa del
rientro dell’ANC in patria, esso si
trova ora nella necessità di ridefmire il proprio ruolo.
In eñetti già eravamo stati testimoni, non senza sorpresa, della
mancata partecipazione dell’arcivescovo Desmond Tutu al Congresso dell’ANC (2-6 luglio 1991)
e, attraverso i mass media, avevamo potuto ascoltare e leggere i
suoi ripetuti richiami ad una chiesa che dovrebbe, innanzitutto, dedicarsi alla « predicazione ». Dennis è ancor più critico verso le
chiese indipendenti: « All’interno
delle mie chiese non si può parlare
di oppressione o miseria. Non si
può parlare di nulla che turbi le
coscienze. Ciò per due motivi. Primo: al loro interno è stata recepita la propaganda di stato che
vuole sovrapposte l’immagine della lotta contro l’apartheid a quella
del tanto temuto comunismo. Secondo: delle chiese indipendenti
fa parte tutta la classe borghese,
la più ricca, tutti coloro che da
una vera fine dell’apartheid avrebbero veramente qualcosa da perdere. Io milito al loro interno perché ho lanciato a me stesso una
sfida: quella di combattere contro
l’apartheid in questo difficile contesto. Dopo anni di lotta — in cui
sono stato anche arrestato e selvaggiamente picchiato — qualcuno comincia a capire. Questo è
importante, tanto più in quanto
ora stiamo raccogliendo anche la
popolazione delle aree rurali ».
Trattandosi di chiese conservatrici, il fenomeno è quanto meno
sorprendente, ma Dennis lo spiega
chiaramente: le sue chiese hanno
reso facile la partecipazione corale
al culto e la comprensione della
Parola; inoltre promettono benessere e danno cibo. Interrogato
sulla violenza, il suo sfogo è amarissimo: « Sono stanco di raccogliere corpi, di far fronte a genitori che cercano figli, di testimoniare di tragedie come quella di
Mariam Mhlungo. Nel giro di due
mesi, e sto parlando di poco tempo fa, rinkata ha ucciso prima il
marito di Mariam, poi le due figlie
di 18 e 22 anni. Infine il suo terzo ed ultimo figlio: un bimbo di
tre anni. E di casi come questo ce
ne sono tanti ».
Dunque su un piatto della bilancia le grosse conquiste politiche; sull’altro un aggravamento
del peso di sofferenza, paura, morte.
« Abbiamo bisogno di sostegno
economico — ha concluso Dennis
— ma anche spirituale e psicologico, e voi avete il dovere morale
di non abbandonarci, di proseguire nella politica di pressioni fino a
quando non avremo conquistato
il voto e il nostro paese non sarà
uscito dal tunnel della violenza».
Laura Carlodalatri
2
fede e cultura
Il ottobre 1991
FILOSOFIA E TEOLOGIA
Le sfide dall’Impegno
I rapporti tra ambiente filosofico italiano e correnti di pensiero
straniere - Dialogo tra scienze umane, filologia e critica biblica
Come si è posta la filosofia
italiana del dopoguerra di fronte
alle correnti di pensiero che si
sono sviluppate in Europa e negli Stati Uniti? Come ha reagito
il nostro ambiente accademico,
editoriale, culturale, e anche politico, alle sollecitazioni filosòfiche che si sono susseguite fino
ad oggi?
Sono queste le domande alla
base del convegno organizzato
dal Dipartimento di filosofia dell'Università di Torino, nel 1988,
che ha originato un volume collettivo edito oggi da II Mulino
(1). L’impressione generale che
scaturisce dai vari contributi,
che in 350 pagine ripercorrono
l’arrivo e lo sviluppo in Italia
di esistenzialismo, spiritualismo,
fenomenologia, pragmatismo,
neopositivismo, filosofia della
scienza, psicoanalisi, marxismo,
strutturalismo, ermeneutica, ma
anche teologia, è che vi sia stato un atteggiamento peculiare
dei nostri studiosi, che taglia trasversalmente un po’ tutto il panorama delle varie correnti filosofiche.
In che senso? Nel senso che
di fronte a molte di esse l’atteggiamento della nostra cultura
fu sj>esso di accoglimento tramite la mediazione, di sincretismo. Paolo Rossi, nel suo contributo dedicato alla storiografia
filosofica, parla, in maniera drastica, di « eclettismo; gusto per
la combinatoria delle idee altrove incompatibili; propensioni
per la retorica; (...) rigidità ideologica (...) della cultura cattolica
e di quella marxista » (p. 329).
Quanto ai nostri intellettuali si
sarebbero troppo spesso pK>sti
come vati, profeti, educatori,
« consiglieri politici del principe ». Parole dure, ma verificabili da tutti nell’accanimento polemico con cui molti pensatori
si fronteggiano a colpi di corsivi
sui quotidiani e di dibattiti televisivi.
Fifosofia e scienza:
rapporto difficile
Ci sono poi altre questioni, a
cui è possibile solo accennare:
per esempio la difficoltà, da parte dell’ambiente filosofico italiano, di rapportarsi con la scienza. Un fattore, questo, che ha
rallentato la comprensione di nuovi angoli visuali, di nuove prospettive che da tempo si andavano affermando in altre parti
del mondo. Del resto, anche
un'indagine condotta in vista del
Salone del libro di Torino, e dedicata ai rapporti tra scienza e
divulgazione, aveva evidenziato
come ci sia una diffusa consapevolezza che per ’’cultura” debba intendersi in senso stretto
quella umanistica, indubbiamente ricca nel nostro paese, ma
che ormai non si può più considerare come unica sede del sapere.
A questo proposito, nelle speranze di Gabriele Lolli, autore
del contributo intitolato "Dalla
filosofia alla scienza della logica”, « l’ambizione della filosofia
della scienza dovrebbe essere
quella di produrre dei filosorfi
competenti di scienza, in grado
di discutere non solo di metaproblemi di verità e di razionalità, non solo di problemi generalissimi di metodo (...) ma dei
problemi della ricerca scientifica, quella di oggi, non quella di
Galileo » (p. 185).
Auspicio importante perché
questo dibaftito manca, e in Italia soprattutto c’è la tendenza a
scavalcare questo genere di ricerca, per arrivare subito, senza
mediazioni concettuali adeguate,
al discorso morale, all’istanza
etica, allo scannarsi sulla bioeti
ca o sull’eutanasia partendo da
preconcetti che bloccano la discussione, pur essendo rispettabilissimi.
Altro fenomeno curioso è quello relativo alla scoperta italiana
dell’ermeneutica, cioè della scienza dell’interpretazione, che oggi
domina il paesaggio filosofico
anche da noi. E’ curioso che,
proprio in una disciplina che mira a considerare un testo in
perenne e continua interazione
con le diverse letture che ne
vengono fatte, si ponga attenzione quasi unilateralmente ad un
particolare approccio (quello che
si fa risalire a Martin Heidegger).
« Dell’ermeneutica — scrive Franco Bianco — (...) si può e si deve
(...) parlare in molti modi».
L’impressione che si ricava dal
dibattito filosofico italiano è invece quella che « la prospettiva
ermeneutica si esaurisca in una
forma di pensiero legata intrinsecamente alla tematica della crisi della filosofia e del nichilismo »
(pp. 255-256).
Il rapporto
con la prassi
Quel che è sicuro è invece che
lo sviluppo di questa corrente
si ha nel momento in cui crollano tutte le ipotesi e le istanze
’’metafisiche” della filosofia, crollano i ’’massimi sistemi”, le teorie sistematiche ’’globali”, e — ci
viene ripetuto fino alla nausea — crollano le ideologie.
Qui si pone, allora, un ulteriore problema, che è quello dell’impegno del filosofo, del suo rapporto con la prassi. La consapevolezza, maturata proprio con
le filosofie della crisi, che ogni
impresa umana ha dei limiti già
nella formulazione del pensiero
e nelle possibilità della conoscenza (e non solo nella loro traduzione in prassi) « può davvero — si chiede ancora Franco
Bianco — significare l'abbandono di ogni sforzo volto alla giustificazione della prassi e della
vita vissuta »? (p. 272).
Tutto quel pensiero che si qualifica di postmoderno, basato su
un accurato lavoro di analisi,
di smantellamento a volte geniale e ineccepibile di false certezze, miti, verità preconfezionate,
non rischia di portare con sé
un appallo volto sì alla demistificazione, ma anche alla rinuncia?
Pare proprio di sì, e pare che
in pochi reagiscano. Per noi assume allora un rilievo tutto particolare l’intervento di Mario
Miegge, dedicato all’« Apertura
alle nuove teologie ». Non è il
caso di riassumere le tappe cui
fa riferimento il testo: da Gangale e dalla ”Doxa”, da Giovanni
Miegge e ’’Gioventù cristiana”
alle giornate teologiche del Ciabas; dagli editori laici (Feltrinelli, Bompiani) che tradurranno
Barth, Bonhoeffer, Bultmann a
quelli cattolici che in anni più
vicini a noi pubblicano testi teologici ed esegetici di autori protestanti.
Ma che cosa caratterizza, che
cosa qualifica come decisamente
nuovo l’approccio teologico delVEpistola ai Romani di Karl
Barth? E’ la singolarità — scrive
Miegge — « di una congiuntura
culturale, impersonata da un autore che era nello stesso tempo
un colto allievo ed erede della
scienza accademica liberal-protestante, un pastore svizzero e un
militante socialista» (p. 230). E
ancora, ciò che accomunerà
Barth, Bultmann e Bonhoeffer
sarà la loro azione di « ’critica
della religione’ a partire da presupposti teologici ». Una critica
della religione che, a differenza
di quanto accadde nell’Ottocento
si sviluppa « all’interno della comunità ecclesiastica, in un lavoro culturale sempre intenzionalmente riferito ai compiti dell’esegesi, dell’ermeneutica biblica e
della predicazione pubblica »
(pp. 231-232).
Oltre il conflitto
e la gerarchia
Il contributo di Miegge affronta poi il ritardo con cui l’Italia,
dopo la crisi modemistica, ha
rinnovato i rapporti tra filosofia
e teologia. Se per secoli essi si
erano risolti o nelle reciproche
subordinazioni gerarchiche o nell’aperto conflitto, e se l’epoca moderna aveva portato con
sé gli studi filologici e storicocritici dei testi sacri, nonché lo
studio antropologico e sociologico del fenomeno religioso, il panorama italiano dei primi decenni del ’900 era bloccato.
Le ’’coincidenze” relative alla
figura di Barth, di cui parla
Miegge, sono state una novità
per tutto l’ambiente: una omogeneità tra pensiero e impegno
che può essere un esempio per
lambiente filosofico anche odierno.
Alberto Corsanì
‘ AA.VV., Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, a cura di
P- Rossi e C. A. Viano. Bologna, Il
Mulino, 1991, pp. 359, l, 38.000.
Appuntamenti
Mercoledì 16 ottobre —- TORINO: Il
Centro evangelico di cuitura "Arturo
Pascal” e il gruppo di studi ebraici
organizzano con orario 17-20, presso il
Salone dell'Istituto bancario San Paolo (via Santa Teresa, 0) il primo di
due incontri sul tema "Immigrazione,
diversità, razzismo”. Intervengono: Rav
Sergio Sierra ("La diversità nella prospettiva ebraica"); Letizia Tamassone
("La diversità nella prospettiva cristiana"); Stefano Levi Della Torre ("L’antisemitismo come fenomeno esemplare
del razzismo europeo”).
Mercoledì 16 ottobre — MILANO:
Il Centro culturale protestante organizza per le ore 21, nella sala attigua
alla libreria Claudiana (via Sforza, 12/a)
una conferenza del prof. Daniele Garrone sul tema "Protestanti ed ebrei
dopo la Shoah: i nomi del dialogo”.
18-19 ottobre — MILANO: L’Associazione "Hans Urs von Balthasar” promuove un convegno, unitamente alle
editrici Morcelliana e Jaca Book, sul
tema: ’Solo l’amore è credibile, Hans
Urs von Balthasar, una teologia dagli
spazi illimitati”, che si svolgerà presso il Centro culturale San Fedele.
Sabato 19 ottobre — RIESI: Il Consultorio familiare UICEMP organizza un
convegno-dibattito che si svolgerà
presso la sala "Monte degli ulivi" a
partire dalle ore 15 sul tema: "Il parto e dintorni; per una nuova nascita”.
Introduce la dott.sa Miriam Pisani; interventi dei dott. Di Vinci, Raso, Trainito, Turtuiici, Arisi, Leonti, Ancona,
Domenica 20 ottobre — BOLOGNA:
bC®,,®®''ie di associazioni, tra cui "Biblia e il SAE, organizzano presso la
Sala absidale di Santa Lucia (via Castiglione, 36) un convegno nazionale
sul tema ”11 libro assente; Bibbia, cultura e scuola in Italia”, Intervengono
il bibiista Luis A, Schoekel S. J„ l’itaiianista Ezio Raimondi, il filosofo Salvatore Natoli, il pedagogista Mauro
Laeng, lo storico del cristianesimo
Mauro Pesce, il biblista Piero Stefani,
UN LIBRO DI SERGIO AOUILANTE
Un itinerario per
la «società giusta»
Sono pagine in cui prendono corpo vita ed
esperienze dell’autore. Una via per il domani
Raramente un libro traccia il
percorso e la genesi delle idee e
direzioni di vita del suo autore:
in genere ce le ritroviamo già
confezionate, non vediamo il loro nascere, lottare, combattersi, elidersi o rafforzarsi -prima
di trovare un accordo e una
composizione. Ho in mente per
ora un unico esempio, ed è quell’affascinante autobiografia del
profondo, il racconto del nascere, da esigenze forti delTinconscio, delle proprie teorie che è
Ricordi, sogni, riflessioni di Cari
Gustav Jung, Ma questo Per un
socialismo cristiano - Testimonianze da un osservatorio meridionale (1) di Sergio Aquilante,
uscito durante Testate nella collana promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche e in
particolare dalla Commissione
di studio sul Mezzogiorno, con
una densa prefazione di Paolo
Naso, lungi dall’essere il manifesto politico-programmatico che
il titolo può suggerire, rivela
invece tutto l’affascinante ’’itinerarium mentis” di una ricerca
di verità al tempo stesso teorica, pratica, esistenziale.
L’utopia e
la democrazia
« Le nostre rivendicazioni sono
semplici: abbasso la proprietà
privata, al popolo tutti i mezzi
di produzione, al popolo tutto
il potere, che il lavoro sia obbligatorio per tutti... Il nostro lavoro vuol liberare il mondo dagli
spettri e dai mostri generati dalla
vostra menzogna, dall’odio e dall’avidità, vuol liberare il popolo
da questo terrore. Avete staccato l’uomo dalla vita e l’avete
distrutto; il socialismo ricompone il mondo da voi distrutto in
un mondo nuovo. E cos) sarà... ».
L’utopia millenaristica nelle pagine de La madre di Gor’kij, che
commuove l’autore sedicenne
"fino alle lacrime", costituirà
uno dei poli di questo itinerario,
per tutta la vita, subendo via
via le modificazioni e gli scarti
della realtà e della storia: « Ma
questa risposta di me sedicenne,
diciassettenne non sarebbe più
stata quella di me trentenne,
quarantenne: a quell’età non
avrei più ripetuto queste parole,
che pur continuano a commuovermi. Avevo cominciato a cogliere, certo con dolore (e talora
rimuovendoli), i tratti ’’illiberali"
delle ’società socialiste’. Per carità! La mia scelta di campo era
la stessa di prima, non faceva
una grinza, ma cominciavo ad
essere aggredito dalla questione
della ’democrazia’ ».
A confronto con
Bibbia e teologia
Perché, come si nota dall’intensità emotiva del linguaggio, questa ricerca è vita vissuta, è incarnata di passione, è luogo di
amore. Aquilante discute con se
stesso e gli altri (in appendice
sono raccolti significativi documenti stilati insieme a Mario
Miegge in momenti diversi nell’arco di un quindicennio, e un
recente intervento in dialogo con
Biagio de Giovanni), in un continuo raffrontarsi anche con la
teologia, con la riflessione biblica, con le proprie letture in
vari campi. La costruzione della
’’società giusta” diviene il centro
vitale e l’orizzonte di senso, occupando « uno spazio grande, se
non immenso, nell’orizzonte della mia vita », e varie teorie via
via sorreggono questo percorso.
sempre in un coinvolgimento appassionato, di testa e di visceri:
« Da qualche tempo mi ha riafferrato l’interesse per il ’socialismo cristiano’... Un impulso me
l’ha sicuramente dato la sensazione che una ricerca aggiornata in questa direzione possa aiutarci a ridefinire il contributo
delle nostre chiese nel processo
di costruzione della democrazia
in Italia, e, dentro gli organismi
ecumenici (per esempio là Conferenza delle chiese europee),
in quello della stessa Europa
unita ».
L’amore per il
Mezzogiorno
Ed ecco il secondo polo di
questo itinerario, e luogo di amore: il Mezzogiorno: «E’ vero, io
’parteggio’ per il nostro Mezzogiorno, per questa società meridionale in cui ho scelto di vivere
(di predicare, di pregare, di lavorare, di leggere) » e ancora:
« Questa è la società che osservo, da cui mi vengono indicazioni per la mia riflessione. Alle
volte, proprio per il legame profondo che ho con essa e per quell’amore che provo per essa e che mi coinvolge in
tutto me stesso, sono preso dall’antica voglia della ribellione,
dalle antiche- e nuove proposte
’rivoluzionarie’: ma queste alla
fine mi si rivelano fuori del reale, semplici espressioni di un ’rivoluzionarismo’ parolaio, che tutto vuole cambiare, ma che in
pratica non cambia nulla. E allora mi chiedo: se mi è tolto
anche questo, se mi è tolto il
sogno della ’rivoluzione’, se mi
è tolta la possibilità della lotta
sociale antagonista, che cosa mi
resta? ».
”11 cristiano è sempre
in cammino”
La risposta è di nuovo un percorso: umile, quotidiano, colloquiale, perché « il cristiano è
sempre in cammino, nel pensiero e nella prassi della sua vita »:
un cammino di costruzione di
’soggetti rinnovati’, opere di diaconia, paziente, reciproca ’interrogazione ecumenica’. Così che
può accadere noi che, dalle macerie dell’antico sogno e con negli occhi le immagini delle tante
situazioni di sofferenza del nostro Sud, l’autore ci possa ricordare infine « l’entusiasmante confessione di fede del salmista:
"Beati quelli che hanno in te
la loro forza... Quando attraversano la Valle di Baca, essi la
trasformano in luogo di fonti” »■
Piera Egldl
' Sergio AQUILANTE, Per un socialismo cristiano, Torino, Claudiana, 1991.
pp. 128, L. 15.000.
PER I VOSTRI ACQUISTI
LIBRERIE
CLAUDIANA
• TORRE PELLICE ■ Piazza deila Libertà, 7 - Tele!.
(0121) 91.422.
• TORINO ■ Via Principe
Tommaso, 1 - ’Telef. (011)
66.92.458.
• MILANO - Via Francesco
Sforza, 12/A - Telefono
+ fax (02) 76021518.
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11 ottobre 1991
commenti
RIFLESSIONI SICILIANE
C’è speranza
Una grande tradizione evangelistica e
il lavoro teologico che occorre fare
L’auto corre tra le colline argentate di Canicattì.
E’ domenica mattina e c’è
poco traffico. I riflessi, da
paesaggio lunare, sono violenti; le vigne, tutte le vigne, sono ricoperte da immensi lenzuoli di plastica
trasparente tenuti da corde saldamente ancorate a
terra. Sotto quella plastica c’è r ’’uva Italia” che
continua a gonfiare, prima
di arrivare sulle tavole
imbandite del Nord. Ancora un po’ di chilometri e
si arriva a Grotte. Sulla
grande piazza del municipio incontro un vecchietto,
pieno di rughe e di movimenti, che sembra uscito
da un film di Pasolini.
Prima 'il caffè con le paste (non c’è verso di pagare: ’’parrinp” non paga)
poi il culto. Poche persone e tutte anziane. L’edificio ecclesiastico, ubicato
su di un lato della grande
piazza del paese, potrebbe
contenere duecento persone.
Ma noi siamo in pochi;
prima di ripartire per Agrigento visitiamo i grandi
locali ecclesiastici restaurati dal Comune per attività sociali. Il vecchietto mi
racconta gesticolando dei
tempi in cui la scuola valdese ospitava centinaia di
bambini. La comunità
evangelica, nata sull’onda
dello scisma del 1884 di
un gruppo di preti che coraggiosamente si misero
contro il vescovo di Agrigento. fu per tanti decenni punto di riferimento importante in questa cittadina di cinquemila abitanti.
Qualche chilometro più
in là, Agrigento. Nella via
Esseneto il tempio valdese
con la sua grande sala
recentemente rinnovata. E’
tutto pulito, decoroso. E
ci sono più persone.
Alla fine dql culto una giovane coppia di sposi si avvicina, hanno una gran voglia di parlare, di sapere.
Mentre torno a Riesi penso a questi gruppi della
diaspora siciliana che comincio a conoscere, e ci
metto dentro anche Caltanissetta, antica roccaforte
dei gesuiti dove abbiamo
un gruppo fedele, anche
con qualche giovane. E
Denso al lavoro che si potrebbe fare, di più e meglio, in questi grandi centri urbani schiacciati dal
conformismo e messi a tacere dalla ”pax mañosa”.
Un lavoro di evangelizzazione, forse non più a colpi di opuscoli polemici
come nel secolo scorso ma
condividendo i processi di
rinnovamento e di democrazia, che pure qui esistono. E’ vero che le comunità debbono imparare
a camminare con le proprie gambe ma occorre
pure Un approfondito lavoro teologico formativo
della comunità e propositivo nella città. Di recente
chiacchieravo con un giovane che trascina, stancamente, i suoi studi universitari; « Mi piace... però
sento che non è la mia
strada ». Quanti come lui
si lasciano infinocchiare
da questa quotidiana mediocrità. Ma perché non
prendere in considerazione, seriamente, la libertà
e la profondità del ’’mestiere di pastore”, uomo
o donna che sia?
C’è qui, in quest’isola
dominata dalla solitudine
e da astratte speranze di
un mondo nuovo, un lavoro immenso da fare. Esso è già iniziato, più di un
secolo fa, con i colportori che giravano queste contrade vendendo Bibbie negli anni dell’unità d’Italia.
C’è una grande tradizione
evangelistica di libertà, di
lotte intrecciata a sacrifici che rischiano di rimanere semplice memoria
museografica.
Qccorre che nuove donne e nuovi uomini entrino
con decisione in questo
grande lavora teologico e
di libertà; c’è voglia di
sentire voci diverse da
quella di Ruini o da quelle,
su altri versanti, del settarismo fondamentalista.
C’è voglia, moralmente, di
andare al di là della libido del denaro facile, del
potere, voglia insomma di
uscire dalle grinfie fameliche dei boss rastrellatori di voti e di persone.
Ma per narlare con credibilità occorre ampliare ed
approfondire il nostro essere comunità di fede e
di liberazione anche attravei'so il paziente lavoro pastorale.
Non vale forse la pena
di investire tutta la nostra
esistenza in questo programma di speranza e di
libertà che ha in Cristo
il suo principale riferimento?
Giuseppe Platone
IL, SERVIZIO CRISTIANO DI RIESI HA
30 anni
Per ricordare la storia, riflettere sufi’oggi, discutere gli impegni futuri, il Servizio organizza per il 26
e 27 ottobre al Monte degli Ulivi una festa di gioia e
ringraziamento col seguente programma
Sabato 26 ottobre
ore 18,15: saluto di Franco Giampìccoli, moderatore
della Tavola valdese;
ore 18,15: Irene Wigley « Trent’anni a Riesi» (presentazione del libro fotografico);
ore 18,30: Paolo Ricca: «Diaconia e predicazione...
l’esempio di Riesi » ;
Domenica 27 ottobre .
ore 10,30 : Culto di riconoscenza nella chiesa di via Paraci ; predicazione del past. Giuseppe Piar
tone; . . , ,
ore 15,00 : Porte aperte : incontro con gli operatori del
Servizio cristiano ;
ore 19,00: Concerta di chiusura.
Per informazioni; Servizio cristiano, tei. 0034/928123
UNITA' POLITICA DEI CATTOLICI
Don Camillo
è in piena salute
Sul tema dell' "unità politica dei cattolici” in seguito alla
presa di posizione della Conferenza episcopale italiana (GEI)
pubblichiamo due primi interventi.
Peppone è morto, ma don Camillo non è mai
stato cosi bene. Più chiaro di cosi, il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale
italiana, non poteva essere. Anche se il comuniSmo
è morto, e dunque non richiede più la famosa « diga »
democristiana, i cattolici sono tenuti a votare lo stesso partito di sempre, l’unico che garantisce i loro
« valori ». Uniti, non contro, come diceva uno slogan
dei lontani anni Settanta, ma con e nella DC. E, al
di là delle chiacchiere, la CEI non pensa a ima DC
ideale, casta e pura, ma all’unica che esiste realmente,
quella di Gava e Salvo Lima, quella che Poletti, illustre predecessore di Ruini (quella di Roma è veramente la chiesa della continuità... ), trovava « ripugnante » ma da sostenere comunque. Come evangelici
italiani, l’uscita del cardinale ci riguarda per almeno
due ordini di motivi. Anzitutto, possiamo star certi
che questo seryizietto al partito di maggioranza relativa non è gratis. I vescovi presenteranno il conto:
quando si parlerà di ora di religione, di intese con le
confessioni non papiste e con gruppi come i testimoni di Geova, di legge sulla libertà religiosa, di sostegni alle scuole private, magari di revisione della legge
194 suU’interruzione della gravidanza, si aspetteranno
di vedersi adeguatamente assecondati dai loro protetti; prepariamoci, dunque, a vederne delle belle. In
secondo luogo, fatti come questo non devono essere
ignorati nel confronto ecumenico, se questo vuol essere concreto. Con fraternità, ma anche con franchezza, vorremmo dunque chiedere ai nostri partner,
quelli con cui lavoriamo quasi quotidianamente, con
cui organizziamo incontri di preghiera, conferenze,
studi biblici, cosa pensano di questo tentativo (non di
Pinco Pallino ma del vicario del papa ) di rimettere
te zampe sull’Italia attraverso il braccio secolare democristiano. Fulvio Ferrano
(circol. chiese metodiste di Alessandria e Bassignana)
Ora basta
Devo dire che non mi sconcerta l’intervento del
card. Ruini quanto piuttosto la preoccupazione e la
sorpresa con cui partiti politici e mass media hanno accolto questo intervento.
Forse a costoro sfuggono i continui interventi
della gerarchia italiana suli’unità politica dei cattolici intorno alla DC, espressi in modi diversificati,
con linguaggi a volte espliciti, altre volte ovattati,
alcune volte addirittura netti e pesanti. Comunque
sempre tesi a far quadrato intorno alla DC.
Insomma, nonostante alcune affermazioni di
principio, il più delle volte generiche e caute, sul
pluralismo delle scelte politiche dei cattolici, la ge
rarchia cattolica nella sua ufficialità e sul piano delle scelte concrete non ha cessato di orientare, esortare, indicare la necessità dell’unità politica dei cattolici intorno alla Democrazia cristiana.
Non risultano, infatti, dichiarazioni altrettanto
ufficiali di distacco o di presa di distanza dalla DC.
I 43 anni di dominio democristiano ne sono una evidente testimonianza. C’è da domandarsi come mai
i partiti laici, di sinistra, progressisti si straccino
le vesti per l’intervento di Ruini se hanno concesso
tutto alla gerarchia ecclesiastica: Concordato, inse
gnamento della religione cattolica nella scuola pub
blica, 8 per mille dell’Irpef, interferenze, sovvenzio
ni, finanziamenti, esenzioni, privilegi, poteri.
D’altra parte è lo stesso articolo 1 del Concordato che fa della Chiesa cattolica un soggetto politico riconosciuto nella società italiana, e per di più
finanziato alla stessa stregua dei partiti. Né tanto
meno si può fare riferimento al Concilio Vaticano
II, dal momento che non se ne risente l’eco neanche nei meandri delle aule del Vaticano e di moltissimi episcopi.
Certo non si può che essere indignati per l’irresponsabile e gravissimo intervento del presidente
della CEI — che va respinto in modo assoluto —
dal momento che i parametri sono sostanzialmente
e profondamente mutati e la maggior parte del
popolo di Dio è cresciuta e maturata.
Da una lettura attenta dell’intervento si evince,
quindi, la volontà di un maggiore e più diretto controllo politico 0 sociale sullo stato italiano, se non
sullo stesso partito della DC. Come pure le parole
pronunciate da Ruini sulla lotta alla mafia, alla camorra e al degrado, in tale contesto, non acquistano pregnanza, credibilità, incisività e coinvolgimento dei fedeli stessi.
Bisogna affermare, allora: basta con la storia
dell’unità politica dei cattolici!
Sono vent’anni che le comunità di base, insieme
con altre realtà ecclesiali, attraverso analisi storiche,
riflessione teologica, approfondimento dei documenti
conciliari, si sono impegnate in tal senso anche sul
piano delle scelte concrete, senza ricondurre con ciò
l’impegno di fede nel privato.
E’ sicuro il presidente della CEI che tutto quel
lo che ha detto in proposito giova all’incremento e
alla visibilità della fede e all’annuncio di liberazione
del Vangelo?
Ciro Castaldo, Segreteria naz. comunità di base
(ADISTA)
DOPO IL CASO BOFF
I nostri compiti
I recenti fatti ecclesiali
dell’America Latina ci costringono a ripensare a
fondo i nostri compiti nella comunità cristiana. La
pubblica sconfessione del
teologo Leonardo Boffnori
è che il coronamento di
una strategia vaticana che
è stata perseguita con
grande lucidità e sagacia.
II progetto di normalizzazione della chiesa latinoamericana è stato raggiunto. Il papa lo aveva
promesso agli inizi del suo
pontificato e ha mantenuto
le promesse. I vescovi sono stati ridotti al silenzio
(quei pochi che erano davvero ’sovversivi’) e i teologi dissenzienti sono stati
estromessi in nome della
’pace e comunione ecclo
La teologia della liberazione, anche in esponenti
di punta come Gustavo
Gutierrez, ha operato in
pi'ogressivo ribasso. Le
stesse comunità di base
brasiliane sono, in larga
misura, rientrate nei ranghi e clericalizzate.
Intanto...
la solidarietà
Prima di tutto, come cristiani di base, non possiamo restare un solo mo^
mento esitanti: ai fratelli
e alle sorelle che vengono
colpiti dalle pubbliche
sconfessioni o da nascoste
manovre di emarginazione
deve andare tutta la nostra solidarietà, senza paura di esporci o di schierarci troppo unilateralmente
da una parte.
Non è proprio il caso
di misurare la nostra solidarietà con il contagocce.
Spesso abbiamo rinunciato ad alzare la voce
con chi viene calpestato e
ci stiamo abituando a subire l’emarginazione ecclesiale come un fatto
vante. Difendiamo i diritti
umani nella società, ma
accettiamo facilmente che
vengano calpestati nella
chiesa.
Sembra che davvero non
esista attenzione a questa
sistematica violazione.
Una struttura
irreformabile?
Esistono violazioni dei
diritti che sono imputabili alle persone che nelle
chiese occupano detenninate posizioni qualora esse intendano far valere come normativa una certa
teologia, una certa visione
delia fede. Anzi, esistono
violazioni dei diritti da parte di quelle persone che
sono affette da sindrome
autoritaria, da ossessioni
dogmatico-teologiche, da
grettezze personali. Ma non
si può mettere tutto sul
conto delle deviazioni o
delle resDonsabilità delle
persone. Qccorre verificare
se certe stmtture, proprio
in forza della loro realtà
or^nfettiva, non inclinino o
addirittura non conducano
alla repressione.
Nel dossier ”/ diritti
umani nella Chiesa cattolica” (Claudiana) che curai
parecchi anni or sono, tentai di evidenziare come la
struttura della Chiesa cattolica in sé contenga elementi che conducono alla
violazione dei diritti inalienabili delle persone. Finche si riconoscerà ad un
magistero il controllo dell'ortodossia e lo si legittimerà come fornito di ’’autorità e autorevolezza di
vina”, ci troveremo sempre in presenza di meccanismi autoritari. Ciò avverrà non tanto perché le persone sono grette, ma anche in presenza di persone aperte. Qccorre rimettere in discussione non solo i comportamenti delle
persone, ma anche i nodi
strutturali, cioè i cardini
dell’istituzione ’’sacralizzata” che legittimano precisi atteggiamenti autoritari.
Una nuova coscienza
di chiesa
Dentro la Chiesa cattolica, anche nelle componenti conciliari più significative, permane una concezione teologica che fa discendere la propria ecclesialità da un esplicito riconoscimento da parte della
gerarchia. Per molti (quasi per tutti) il fatto di non
godere del ’placet’, cioè dell’approvazione della gerarchia, comporta l’impossibilità di potersi ritenere cristiani/e. In sostanza, si fa
dipendere la propria esperienza di fede da una valutazione che viene dall’esterno, da una ’autorità sacra’ senza il cui riconoscimento noi riteniamo come
’incompleta’ o 'mancante
di legittimità’ la nostra sequela di Gesù.
Qui, se vedo bene, deve
avvenire una crescita evangelica ed umana; su questo
terreno va acquisita una
nuova coscienza. Non esìste alcuna ragione teologica per cui noi non possiamo essere cristiani se non
abbiamo il riconoscimento
delle gerarchie (che sono
forme storiche e di potere).
Non è affatto detto che
chi ha tutti i riconoscimenti ufficiali sia più cristiano
di chi è addirittura sconfessato dalle gerarchie. Mi
sembra che sia essenziale
confrontarsi con tutti, ma
non aspettarsi legittimazioni da nessuno.
Se non cresciamo con
questa nuova coscienza
aspetteremo sempre un papa o un vescovo che 'approvi’ la nostra dottrina e
le nostre scelte. Questi continueranno ad essere i padroni della nostra fede,
coloro ai quali riconosciamo il potere di una necessaria ’supervisione’ e approvazione.
Il problema, semmai,
non è di natura teologica,
ma politica e culturale, nel
senso che un teologo, una
comunità o un movimento
che siano ’sconfessati’ dalla gerarchia riescono a farsi sentire molto più difficilmente perché l’opinione comune della gente è ancora
assai legata e dipendente
dal riconoscimento ufficiale. Del resto le gerarchie
hanno il potere, che deriva
loro dai mezzi di comunicazione che possiedono o
che condizionano, di chiudere i rubinetti della comunicazione con molta
gente. Inoltre, gli stessi
giornali laici sono assai
più ’religiosi’ di quanto si
creda!
Ma forse la fede dovrebbe spingerci a vincere le
nostre paure ed esitazioni.
Per noi il problema non
dovrebbe consistere nel garantirci almeno qualche
spazio, ma nel ricercare
costantemente ciò che è
gradito a Dio, cioè la sua
volontà e la sua approvazione.
Avremo questa fede semplice e radicale?
Franco Barbero
4
4 vita delle chiese
Il ottobre 1991
PADOVA
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
La predicazione bibiica studi biblici
Non è una pratica ’’inattuale”: casomai stiamo perdendo di vista la
sua centralità - Un incisivo richiamo al principio ’’Sola Scriptura”
Non è infrequente oggi sentir
parlare dell’inutilità della predicazione, quasi fosse un ferrovecchio, ormai destinato a sparire
davanti a forme di comunicazione più moderne e sofisticate. L'incontro di studio organizzato dall’IFED di (Padova il 13 e 14 settembre, sul tema appimto della
« predicazione biblica » poteva
far supporre — a chi confonda
ancora fondamentalismo e neofondamentalismo — una definitiva liquidazione del problema e
il rilancio di qualche nuovo tipo
di mass media. Niente di tutto
questo. Nelle sue nutrite e impegnative ’’lezioni” il prof. Hywel
R. Jones — preside del Seminario teologico di Londra — non solo ha insistito sulla validità intramontabile di questo « strumento
dello Spirito », ma ha rovesciato
l’opinione corrente: non già superata la predicazione, ma piuttosto i predicatori e gli ascoltatori che, abbandonata la centralità
della Parola, ne hanno perso di
vista l’autentica dimensione.
Esiste un nesso inscindibile fra
predicazione, Parola di Dio, chiesa e Spirito. La predicazione ha
un suo preciso « fondamento »
nelle Scritture, che dalla Genesi
aH’Apocalisse pongono al loro
centro la Parola detta, annuncia
ta e proclamata. Ed è del resto
attraverso la Parola e il suo ascolto che, come dice Paolo, la stessa
fede nasce. Il predicatore deve
perciò essere franco e autorevole
in quanto in lui opera non l’uomo, ma lo Spirito di Dio. Nell’Antico come nel Nuovo Testamento
alla « parola » dei profeti, dei
discepoli e degli apostoli è affidato l’annuncio del castigo e della salvezza. Segni e prodigi restano subordinati ad essa: la confermano, senza sostituirla. I secoli del passato, quelli della grandezza della chiesa, sono sotto il
suo segno: da san Francesco a
Pietro Valdo, da Lutero a Calvino, da Wesley a Whitefield, da
Spurgeon a Moody.
Per opera dello Spirito, nella
chiesa sono sorti — e continuano
a sorgere — gli « anziani » dotati
del dono della Parola; e se lo Spirito è presente, vano e sterile è
ogni dubbio circa la corretta interpretazione della Scrittura. Nella conferenza aperta al pubblico
il dr. Jones ha ribadito queste sue
convinzioni, ponendole in rapporto con l’ecumenismo.
Dopo aver tracciato le linee e
gli sviluppi di quésto movimento
da Edimburgo (1910) a Canberra
(1991), Jones ne ha individuato i
limiti nel rifiuto dell’assoluta
Il metodismo italiano
1861 -1991
Convegno storico internazionale
sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica
ROMA, 17-18-19 ottobre 1991
FACOLTA’ VALDESE DI TEOLOGIA
Organizzato dal Comitato permanente dell’Opera per le
chiese evangeliche metodiste in Italia in collaborazione con la
Facoltà valdese di teologia e l’Associazione amici della Biblioteca Piero Guicciardini.
Programma :
ore 18
Giovedì 17 ottobre
Apertura dei lavori, past. Claudio H. Martelli, presidente del C.P. dell’OPCEMI;
— Il metodismo inglese nel XVIII secolo, rev. dott.
Donald English, Londra, presidente del Consiglio
mondiale metodista;
— La Chiesa metodista episcopale italiana, prof. Franco Chiarini, Roma.
Venerdì 18 ottobre
ore 9 — 11 grande disegno di William Burt e l’Italia laica,
prof. Giorgio Spini, Firenze;
— Teofilo Gay, dott. Augusto Comba, Torre Pellice;
— Enrico Caporali filosofo e pastore metodista, prof.
Gian Biagio Furiozzi, Trieste;
— Ernesto Buonaiuti e il metodismo italiano, Lorenza
Giorgi, Firenze;
— Documenti inediti su Francesco Fausto Nitti, prof.
Aldo A. Mola, Cuneo.
ore 15 — Enrichetta Caracciolo, prof. Alfonso Scirocco, Napoli;
— L’inizio del metodismo itaiiano nel lavoro della Società missionaria wesleyana, prof. W. Peter Stephens, Aberdeen;
— La giustificazione per fede come impegno sociale nel
metodismo, past. Sergio Carile, Padova;
— La Favilla, gli italiani nella Chiesa unita del Canada,
prof. Antonio Roberto Gualtieri, Ottawa;
— La Chiesa metodista di lingua italiana in Svizzera,
prof. past. Emidio Campi, Zurigo;
— Note attorno aile Comunità metodiste di lìngua italiana in USA. prof. rev. Deadra Kriewald, Washington D. C.
Sabato 19 ottobre
ore 9 — L’opposizione cattolica al metodismo negli anni
Trenta, prof. Renato Moro, Camerino;
— La stampa metodista inglese e il fascismo, prof. Aldo Berselli, Bologna;
— La legge sui culti ammessi del 1929 e la Chiesa metodista, prof. Giorgio Rochat, Torino;
— Il Patto di integrazione globale tra le Chiese valdesi
e metodiste, 1974-75, past. Sergio Aquilante, Palermo.
Per informazioni: OPCEMI, via Firenze 38, 00184 Roma,
tei. 06/4743695.
inerranza della Scrittura e nell’accoglimento di un sincretismo
strisciante. La vera predicazione
evangelica è stata sostituita da
un accornodante collaborazionimo: ne è prova la recente richiesta, da parte dell’arcivescovo
di Canterbury, di rinuncia al proselitismo, in quanto « aggressione » nei confronti delle altre fedi.
La finalità della predicazione
è stata ridotta in tal modo a pura
proposta di impegno sociale contro ingiustizia, razzismo, miseria,
droga, malattie e tutti i mali del
mondo, mettendo da parte ogni
contenuto evangelico di condanna e di salvezza. L’unità autentica dei cristiani non può avvenire
che nel Cristo annunciato dalle
Scritture; e perciò la sfida che i
« nati di nuovo » lanciano all’ecumenismo è quella stessa dell’Evangelo: annuncio di condanna
del peccato; proclamazione della
salvezza gratuita per tutti; nuova nascita, redenzione; attesa del
ritorno del Signore e resurrezione della carne.
■ Le due magistrali lezioni del
prof. Borrelli (Università di Milano) e del prof. Maselli (Università di Firenze) si sono inserite in
questo contesto, a documentazione del ppsto che nella storia
della chiesa ha avuto, appunto
da Cristo ad oggi, la predicazione.
Se la sua funzione è stata centrale per la nascita di risvegli ancor prima del XVI secolo, ha assunto sempre maggior rilievo con
Lutero, Zwingli, Calvino, gli anabattisti (Borrelli) e in seguito
con i puritani, i pietisti, i metodisti e le Assemblee libere dei
fratelli (Maselli).
Nello scorso secolo in Italia il
soffio dello Spirito ha fatto sorgere credenti come il conte Piero
Guicciardini e Teodoro Pietrocola
'Rossetti: gli effetti della loro opera di predicazione si avvertono
ancora ai giorni nostri.
Importante la tavola rotonda
conclusiva (Maselli, Bolognesi,
Jones) e il vivo dibattito che
l’ha accompagnata.
Si potrà, come osservatori,
aver dubbi e perplessità circa gli
esclusivismi e le assolutizzazioni
impliciti in questa visione « fondamentalista » della fede: ma sarebbe oltremodo ingiusto non riconoscerne la forza dirompente
nell’ appassionato richiamo al
principio del « Sola Scriptura »,
inteso nel senso del rifiuto
di ogni mediazione estranea alla
« Parola di Dio », in modo da offrire a « chiunque creda » il contatto diretto con Dio attraverso
l’unico mediatore possibile: il suo
figlio Gesù.
Paolo T. Angeleri
IFED: Istituto per la formazione
evangelica e la documentazione diretto dal prof. Pietro Bolognesi, via J.
della Quercia 8, Padova.
TORRE PELLICE — Riprendono gli incontri di studio biblico, che nei mesi di ottobre e
novembre saranno dedicati alla
lettura del libro del profeta Ezechiele. Gli incontri si svolgeranno settimanalmente in due orari diversi, il lunedì alle 20,45 ed
il sabato alle 16. Il primo appuntamento è per sabato 12 ottobre.
• Un gruppo di giovani di
Walldorf sarà per qualche giorno in visita alle valli. Essi desiderano avere, la sera di domenica 13 ottobre, alla Foresteria,
un incontro con i giovani della
nostra comunità, che invitiamo
ad intervenire numerosi.
• Per domenica 20 ottobre la
società di cucito organizza una
gita a S. Marzano Oliveto (Asti),
a cui tutti possono partecipare.
Per informazioni e iscrizioni telefonare ad Alma Paschetto (tei.
91497) o a Valdesina Vigna (tei.
932098) entro il 13 ottobre.
Inizio di attività
VILLAR PEROSA — La corale ed i gruppi di istruzione religiosa hanno ripreso la loro attività, sabato e domenica scorsi.
Lo studio biblico riprenderà invece il 16 ottobre a mercoledì
alterni.
• Le prossime riunioni quartierali avranno luogo: venerdì 11,
ore 20,30, a Chianaviere e giovedì 17 ottobre, ore 20.30, ai ’Tupini.
Festa dei raccolto
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Con un culto di riconoscenza e
di ringraziamento, alle ore 10
nel tempio, domenica prossima
13 ottobre avrà luogo la Festa
del raccolto.
Al pomeriggio, con inizio alle
ore 15 nella sala Albarin, una
esposizione-vendita di prodotti
agricoli sarà a disposizione del
pubblico per l’acquisto di questi prodotti che provengono dai
campi, dagli orti, dai frutteti,
dai boschi e dalle vigne della
nostra collina.
La sera, alle ore 18,30, una
semplice e frugale merenda sinoira ci consentirà di trascorrere ancora insieme alcuni momenti e di fraternizzare con i
fratelli e sorelle tedeschi di
Walldorf, nostri ospiti durante
la giornata.
Per la cena prenotarsi al più
presto presso l’Asilo valdese o
presso uno dei pastori.
Sempre nel pomeriggio di domenica, alle ore 14,30, nel giardino dell’Asilo valdese, si esibirà per il pubblico un quartetto
di ottoni.
• Con l’inizio del mese di ottobre la corale ha ripreso i suoi
incontri settimanali per la preparazione degli inni da eseguire durante il culto domenicale.
Già molto impegnata gli anni
scorsi a cercare fondi per la revisione dell’organo, la corale sarà quest’anno ancora più vincolata per l’apporto che dovrà dare nella guida del canto ai culti
durante i tre mesi in cui non
Facoltà valdese di teologia
Inaugurazione del
CXXXVII anno accademico
Sabato 19 ottobre 1991 ore 17,30
Aula Magna della Facoltà
Via P. Cossa, 40
Prolusione:
dr. DONALD ENGLISH
presidente del Consiglio Mondiale Metodista
Storia e teologia della missione metodista
Culto d’apertura: domenica 13 ottobre alle ore 10,30
Chiesa battista di Civitavecchia - Via dei Bastioni, 16
Predicazione: prof. Paolo Ricca
si potrà disporre dell’accompagnamento musicale, causa i lavori di riparazione all’organo.
Matrimonio
ANGROGNA — Sabato 28 settembre, nel tempio di Pradeltorno, si sono uniti in matrimonio
Patrizia Rivoira e Giampiero
Bertalot. Agli sposi, ai loro genitori, al piccolo Marco e a tutti i loro cari esprimiamo la par
tecipazione, la gioia, l’affetto di
tutta la nostra comunità.
• Domenica 13 ottobre vivremo la giornata di inizio attività del nuovo anno ecclesiastico
1991-1992. Alle ore 10,30, nel corso del culto presso il tempio del
Serre, saranno presentati alla comunità i responsabili delle varie attività della nostra chiesa
e sarà consegnata la Bibbia ai
catecumeni del primo anno. Seguirà, alle ore 12,30, un’agape
fraterna nella sala unionista del
capoluogo. Successivamente, alle ore 14,30, i monitori, i catechisti, i membri delle varie commissioni, i responsabili delle nostre strutture e dei vari gruppi
di attività e tutti coloro che prestano un servizio nella chiesa si
incontreranno con il concistoro
presso la scuola grande.
Solidarietà
PERRERO-MANIGLIA — Il 1«
ottobre, nel tempio di Maniglia,
ha avuto luogo il funerale della
sorella Amelina Pons, deceduta dopo lunghe sofferenze. Alla famiglia che soffre per questa dura separazione va il pensiero di tutta la comunità.
Concistoro
RORA’ — Dopo la pausa estiva il concistoro si è riunito il
24 settembre provvedendo all’elezione delle cariche interne e
facendo il punto sulla situazione delle finanze con particolare
attenzione alle contribuzioni.
Il calendario delle attività prevede: domenica 13 ottobre rincontro tra monitori e genitori
dei bambini della scuola domenicale, dopo il culto; sabato 19,
alle ore 15, l’incontro dei ragazzi del catechismo e del precatechismó; domenica 20 il culto di
ripresa delle attività con pranzo
comunitario; venerdì 25 è prevista la riunione del concistoro
e domenica 27 il culto con assemblea di chiesa.
• E’ nato il piccolo Michel di
Eleonora e Enzo Morel. Rallegramenti vivissimi.
Venerdì 11 ottobre
□ SEMINARIO BIBLICO
PINEROLO — Alle ore 15,30, nei
locali di via dei Mille, ha luogo un
incontro di preparazione per il seminario biblico defila FFEVM sul tema
"Gesù missionario", a cura delle pastore Lucilla Peyrot e Erika Tomassone.
_______Sabato 12 ottobre
□ CONCERTO
TORRE PELLICE — Alle ore 21, nel
tempio valdese, organizzato dal Centro culturale, ha luogo un concerto del
coro "Gloriae Dei Cantores”, proveniente dagli Stati Uniti. La serata viene replicata domenica 13, alle ore
20.30, nel duomo di Pinerolo.
Domenica 13 ottobre
n INCONTRO GIOVANI
1“ DISTRETTO
PINEROLO — Alie ore 14,30, presso
i locali della chiesa valdese in via dei
Mille 1, si svolge il primo incontro
dei gruppi giovanili del r distretto.
Il gruppo giovanile locale si è reso
disponibile per preparare il pranzo, ore
12.30. Per eventuali informazioni rivolgersi a Pierpaolo Long, tei. 73318.
5
11 ottobre 1991
vita delle chiese 5
RICORDO DI UN TESTIMONE DELL’EVANGELO
John Ross
I primi anni di cappellania nella marina australiana, poi il lavoro in Italia: alla nostra realtà rimarrà affezionato per molti anni
A meno di sessant’anni se n’è
andato John Ross, personalità
ecumenica ben nota agli evange^
lici italiani. Era nato in Australia
vicino a Melbourne, in una casa
di allevatori di pecore, suo padre discendeva da una famiglia
scozzese emigrata verso il 1840
durante la grande ’’carestia delle patate”, la mamma invece era
pronipote di un detenuto della
Cornovaglia, deportato verso la
’’riva fatale” in quegli stessi anni.
Di questa complessa eredità familiare, John conservò sia un
umile senso della sua ’’australianità”, sia un vivissimo amore
per le sue radici presbiteriane
e scozzesi. .
Ragazzo ’’difficile”, si fece notare già negli anni dell’adolescenza per la sua capacità di protestare contro l’ingiustizia, contro un’autorità iniqua; ma in
quegli stessi anni, al Wesley College, lo raggiunse la ’’chiamata”:
una ■ predicazione di George
MacLeod (1) lo condusse alla
fede, e più tardi al pastorato.
Laureato in lettere, ottimo musicista John Ross rinunciò alla
carriera di insegnante e, pagandosi gli studi con la musica,
diventò pastore.
Consacrato nella Chiesa presbiteriana d’Australia, anche qui
non scelse una via facile: fu
per tre anni cappellano nella
marina militare, a contatto con
uomini ben lontani dalla chiesa;
poi, prima di esercitare un regolare pastorato a Sidney, volle
partecipare per tre anni alla vita
della comunità di Iona, in Scozia: qui ritrovò il suo maestro
spirituale MacLeod, ne apprese
il gusto per la preghiera pubblica regolare, per la meditazione,
per la disciplina intellettuale.
Qui incontrò anche Violet, futura compagna della vita; un amore lento, profondo, fatto di dialogo e di consonanza spirituale.
Nel 1966 arriva la grande occasione: il Consiglio ecumenico
cercava una persona capace di
coordinare i gruppi (’’teams”) di
volontari (’’fraternal workers”)
che operavano in Italia, in Gre
cia ed a Cipro. Per sette anni
John Ross sarà l’infaticabile animatore di questi gruppi, all’opera in situazioni talvolta difficili;
la sua sede sarà prima Catanzaro, infine Roma. A differenza
di tanti anglosassoni, John saprà imparare perfettamente l’italiano. Di più: saprà amare la
cultura italiana, capirla; quanti
di noi si sono stupiti nel vedere che questo australiano era
capace di sostenere un dibattito
su Gramsci, e nella nostra lingua! Per noi, John era il simbolo di un ecumenismo impegnato
sul fronte della giustizia sociale,
del conflitto Nord-Sud, della ricerca appassionata della verità;
perciò Io incontravamo volentie
n.
Cappellania
industriale
Concluso dopo sette anni il
’’servizio italiano”, John e Violet
decisero di stabilirsi in Scozia;
prima un lungo pastorato a
Glasgow, poi tre anni di ’’cappellania' industriale” a Dundee.
Nei due casi, John seppe dare
il meglio di sé: pastore capace
di ascoltare il suo prossimo,
egli era però anche capace di
parlare, se necessario ad alta
voce. Non aveva paura di suscitare dei conflitti, pur di aiutare
la chiesa a recuperare un ministerio profetico nel mondo moderno. Il ’’ragazzo difficile” di
Melbourne era diventato un pastore impegnato e significativo;
per molte persone, a Glasgow
come a Dundee, furono gli interventi pubblici di John Ross —
talvolta le sue polemiche — a
far trasparire la carica di attualità che è contenuta nell’Evangelo.
capitava di incontrarlo; così,
nel 1988, egli diventava pastore
della chiesa presbiteriana scozzese di Roma (2), la prima ”kirk”
(31 da lui visitata quando aveva messo piede in Europa, trent’anni prima. Anche qui, il suo
ministerio si contraddistinse per
l'efficacia della predicazione, per
la sua capacità di stimolare la
discussione. Ma per poco; l’anno
scorso lo raggiunse la ’’malattia
del secolo”, e le appassionate
cure di Violet non poterono far
altro che dare una straordinaria
profondità spirituale al lento distacco. L’estate scorsa, in Scozia, ci ha lasciati.
John Ross è morto nella fede,
con coraggio, come era vissuto:
martedì scorso eravamo in molti a dargli un ultimo saluto nella sua ”kirk" di via XX Settembre: quasi tutti i pastori di Roma, la Facoltà di teologia, la
comunità scozzese, il coro degli
allievi coreani di Santa Cecilia,
diversi cattolici. Con noi c’era
anche Violet, venuta apposta
dalla Scozia: le abbiamo detto
la nostra riconoscenza, il nostro
amore per un uomo che aveva
saputo coniugare il gusto per
la lotta e T’amore per la spiritualità, l’azione per la libertà e
quella per la giustizia, il legame
profondo con la sua chiesa e l’attenzione agli orizzonti ecumenici di tutta la cristianità.
Abbiamo anche pianto, come
dice il Signore di quelli che
sono beati. Addio John: tu risorgerai. Ma intanto non ti dimenticheremo.
Giorgio Bouchard
Intanto, nella vita di John e
di Violet erano arrivati Scott
e Samantha: una ’’scelta a quattro”, una adozione piena d’amore e di fecondità. Ma a John
era rimasta nel cuore l’Italia,
e ce lo diceva ogni volta che ci
' Il pastore George MacLeod fu il
fondatore e l’infaticabile animatore della comunità di Iona, l’Agape scozzese.
^ St Andrews, in via XX Settembre,
a cinquanta metri dalla chiesa metodista.
^ Così gli scozzesi chiamano la chiesa,
(Riassunto del discorso commemorativo tenuto il 17 settembre nella chiesa presbiteriana di Roma durante il
”memorial” di John Ross).
IVREA
Una settimana
per l’evangelizzazione
Da molto tempo ci stavamo
pensando. Adesso la data è fissata dal 16 al 22 novembre,
presso la sala Santa Marta, nel
Centro storico di Ivrea, cercheremo di presentare al maggior
numero di persone (e nel modo
più semplice ed immediato possibile) in che cosa consiste la
nostra ’’diversità” storica, teologica, ecclesiologica e qual è la
nostra proposta di chiesa protestante oggi.
L’obiettivo è ambizioso e avremo bisogno dell’aiuto di molti,
ùi tutti nella comunità per pubblicizzare la settimana, per allestire la mostra, per essere presenti ogni sera e così via.
Ecco, almeno a livello provvisorio, ciò che vorremmo proporre e a cui stiamo lavorando.
. Sabato 16, alle ore 17, verrà
inaugurata una mostra con dei
pannelli dove ci sarà un po’ di
storia (valdismo e protestante
simo), un po’ di teologia (soprattutto idee chiave della Riforma protestante) e un po’ di attualità (chi siamo, cosa facciamo, cosa proponiamo in Italia
e ad Ivrea), L'inaugurazione sarà
accompagnata da un rinfresco.
La mostra rimarrà aperta ogni
sera dalle 17 alle 19.3()-20 con la
presenza di alcuni di noi, disponibili ad illustrare il tutto e a
rispondere alle eventuali domande dei visitatori.
Una lettera a tutte le scuole
con un invito a visitare la mostra (anche al mattino) sarà spedita fra pochi giorni.
Sarà a disposizione un dépliant
dal titolo ’”Valdesi ad Ivrea” preparato da Gianni Genre, l’opuscolo di Giorgio Tourn sui vaidesi ed un nutrito banco-libri,
non solo Claudiana.
Durante le ore di apertura della mostra verranno presentati
degli audiovisivi sul protestante
simo.
In una serata ancora da definire avremo un dibattito sull’identità protestante (forse con
il pastore Tourn) ed il venerdì
conclusivo, sempre alla sera una
predicazione pubblica del pastore Genre sull’argomento ’’Protestantesimo e libertà”. La corale
parteciperà con alcuni canti e
si deciderà in seguito se avere
altre predicazioni pubbliche a
Santa Marta.
Per il momento il lavoro è
appena avviato. L’assemblea di
chiesa ha deciso di sospendere
gli incontri biblico-teologici del
rnercoledì sera per permettere
di preparare e di prepararci al
meglio in vista di questa settimana, che consideriamo estremamente importante per fare
conoscere meglio la nostra realtà e per un tentativo di ’’evangelizzazione”: termine che utilizziamo sovente ma a cui è difficile dare contenuto.
(dalla circolare di Ivrea-Biella)
CORRISPONDENZE
Partono i corsi
di formazione
Un’iniziativa ambiziosa per presentare le nostre specificità: una
mostra, l’invito alle scuole, l’audiovisivo, un dibattito e i canti
TORINO — Nel quadro della
collaborazione valdese-battista è
iniziato un corso per la formazione di ministeri locali in vista
di una migliore preparazione biblico-teologica per il compimento dei diversi servizi nella chiesa. Il corso dura due anni con
due corsi all’anno. La direzione
è stata affidata ai pastori Emmanuele Paschetto e Eugenio
Bernardini. Sono iniziati i due
primi corsi: ambiente del Nuovo Testamento (Tomasetto) e
storia di Israele (Bernardini).
Una trentina gli iscritti.
Una riunione congiunta del
Concistoro valdese con i Consigli di chiesa delle comunità battiste di Torino e cintura ha fatto il punto sugli altri temi di
collaborazione comune: rapporti
con il cattolicesimo (Commissione evangelica per l’ecumenismo),
bollettino informativo unificato,
un dépliant di presentazione delle chiese per una larga diffusione, scambi di predicazione e visite reciproche di comunità, attività di assistenza agli immigrati, preparazione comune settimanale dei pastori in vista della predicazione. *
• Domenica 29 settembre hanno avuto inizio le attività della
chiesa di Torino, con culto unificato in corso Vittorio e partecipazione della Corale. Alta la
presenza della comunità-. Due
momenti significativi: la consegna della Bibbia ai catecumeni
di 1° anno, oltre una ventina i
ragazzi dell’età stabilita più alcuni recuperi; e la presentazione e l’intercessione per i monitor i/trici (10) più due insegnanti di canto e due catechisti, oltre ai pastori. Ancora una volta
si ripropone la difficoltà degli
orari: quattro diverse località,
in quattro giorni e ore diverse,
sembra non siano sufficienti per
accontentare tutti. Gradualmente tutte le attività iniziano il loro lavoro riempiendo la settimana.
• Il Concistoro, nella sua riunione iniziale, ha eletto quale
suo presidente Bruno Mathieu,
recuperando felicemente la tradizione di un presidente non pastore che nel passato ha sempre caratterizzato il nostro Concistoro.
• Lunedì 30 settembre sono
stati ripresi gli incontri sul problema del matrimonio, tra alcuni preti cattolici qualificati, alcuni pastori evangelici e alcune
coppie interessate. Il cancelliere
arcivescovile, canonico Giacomo
Maria Martinacci, ha svolto il
tema relativo ai casi suscettibili di dichiarazione di nullità. Dal
dibattito che ne è seguito sono
emerse con maggior chiarezza le
esigenze della Chiesa cattolica
in coerenza con la concezione
sacramentale del matrimonio in
cui tutto o nulla si costituisce
al momento della celebrazione
Nessuna revisione è possibile do
po quel momento, salvo ricerca
re motivazioni invalidanti sem
pre legate però all’atto costitu
tivo. Questa concezione, che da
una parte sottolinea la grande
serietà, da noi pienamente condivisa, del reciproco impegno
matrimoniale ’’per la vita”, appare tuttavia estremamente meccanica ed automatica e incapace di riconoscere nuove situazioni che possono presentarsi, per
quanto gravi e dolorose esse siano.
• Anche quest’anno la ”Bar
riera di Milano” ha dedicato alcuni giorni di settembre per una
serie di manifestazioni folcloristiche-popolar-culturali. Anche la
Corale evangelica, forte di una
quarantina di coralisti, ben diretta dal maestro Flavio Gatti
ha avuto uno spazio per un breve concerto. Non molto numerosi i partecipanti, ma molto apprezzata l’esecuzione. La presentazione dei canti storici e religiosi è stata ancora una volta
occasione propizia per far conoscere la nostra storia e i contenuti della nostra fede.
• Si è conclusa a Torino la
rassegna musicale ’’Settembre
musica”, un fortunato programma di concerti che ancora una
volta ha raccolto il più alto successo di partecipazione e di consenso da parte della popolazione. Cinque di essi sono stati eseguiti nel tempio valdese, quasi
sempre con il tutto esaurito.
Sempre in tema di concerti, la
seconda rassegna internazionale
di Corali universitarie si è conclusa nel nostro tempio con la
presentazione di alcuni brani di
Claudio Merulo (1532-1604) da
parte della Corale universitaria
di Torino diretta da Dario Tabbia e di una serie di composizioni dal classico al moderno da
parte del Coro da camera del
Conservatorio di Utrecht diretto
da Krijn Koetsveld. Ottimo il
livello tecnico e artistico delle
esecuzioni.
Inizio delle
attività
CATANIA — Il culto di apertura di quest’anno ha visto la
presenza in mezzo a noi di numerosi amici, con i quali abbiamo vissuto un anno di lavoro
in comune nella neonata ’’Casa
delle associazioni culturali catanesi” di via Cantarella. Membri
della comunità valdese, attivisti
del Movimento per la pace, dell’Associazione catanese contro la
mafia, della locale sezione di
Amnesty International, della Lega italiana lotta contro l’Aids,
giovani della lista universitaria
contro la mafia, del Coordinamento catanese studenti medi e
amici di Adelfia, si sono ritrovati — e per molti di loro è stata la prima esperienza — a partecipare attivamente al nostro
culto. Il testo scelto dal pastore Mauro Pons per la predicazione, Giovanni 8: 31-38, si è rivelato quanto mai adatto al particolare momento: ”...la verità
vi farà liberi...” è stato il fulcro
del messaggio che ha coinvolto
credenti e non. Al culto è seguita im’agape fraterna e un pomeriggio comunitario, fatto di
discussioni fitte fitte, a gruppi
piccoli e grandi, che hanno permesso a tutti i partecipanti —
circa un centinaio — di familiarizzare, di entrare in un contatto un po’ più profondo, ma anche di pensare a cosa ci aspietta, come impegno e programmi,
per il nostro futuro immediato.
E’ stata un’esperienza positiva
per tutti perché ha permesso ai
membri della chiesa di Catania
di conoscere tutti coloro che frequentano i nostri locali, ’’compagni e compagne di strada” che
hanno potuto incontrare la comunità valdese, non solo attraverso le fisionomie e le idee dei
pochi sempre presenti a tutte
le attività della ’’Casa”.
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE
DELLA LIGURIA E DEL PIEMONTE
Domenica 20 ottobre
ore 15
Assemblea annuale
Genova, presso la Chiesa valdese di via Assarotti
6
6 prospettive bibliche
Il ottobre 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Il profeta secondo Habacuc
Un anno fa stava tuonando il temporale della crisi Iraq-Kuwait. Nel
cuore dell’estate, addormentate da
false assicurazioni distillate dal maestro di Baghdad, le nazioni rimangono stupefatte. Non credono ai propri occhi quando l’iracheno passa
agli atti. Spietato e impietoso, egli
attraversa vaste distese di territorio
per appropriarsi di dimore che non
son sue. Egli è formidabile e terribile.
Il suo diritto e la sua grandezza emanano da lui stesso. I suoi carri sono
più veloci dei leopardi, più agili dei
lupi nella sera. Si dispiegano, provenienti da lontano, e volano come
l’aquila che piomba sulla preda. Pieno di violenza, egli arriva con la faccia tesa in avanti. Egli ha ammassato
prigionieri senza numero come la rena. Si fa beffe dei re e i prìncipi sono
per lui oggetto di scherno.
Un oscuro predicatore
di 2.500 anni fa
Chi è l’autore di queste righe? Il
generale Schwarzkopf? Un poeta
kuwaitiano? Niente affatto. Si tratta
del profeta Habacuc (cfr. Habacuc 1;
5-10), un oscuro predicatore che svolse la sua attività circa duemilacinquecento anni fa e di cui la Scrittura
ci ha trasmesso la testimonianza.
Sappiamo poche cose di quest’uomo. Non abbiamo notizie sulla sua
biograha. Gli esegeti discutono molto dei vari strati di redazione e delle
varie origini del suo messaggio. I
predicatori sono raramente ispirati
dalla sua profezia. Eppure questo
piccolo profeta sconosciuto ha una
grande importanza, per almeno due
ragioni.
Prima di tutto Habacuc è un profeta che corre il rischio di dire una
parola in un tempo di ingiustizia e
di disordini intemazionali. Si sta
cercando un « nuovo ordine », le potenze cambiano: la geopolitica non è
più quella che era. In quel contesto
Habacuc parla e, nel contempo, si interroga sul proprio molo. Abbiamo
quindi una testimonianza insostituibile su ciò che è un’attività profetica
autentica, fatta cioè in nome del Signore.
Inoltre Habacuc è in qualche modo
alla radice dell’identità protestante.
Se Martin Lutero fu l’iniziatore di
una Riforma essenzialmente fondata
sulla comprensione paolina dell’Evangelo, se al cuore della letteratura
paolina si trova l’epistola ai Romani, se il nocciolo dell’argomentazione
di questa epistola si trova al versetto
17 del capitolo 1, tale versetto è costruito su un pezzo forte, una citazione di Habacuc: « Il giusto vivrà
per la sua fede » (Hab. 2: 4).
In un tempo di rivolgimento mondiale degli equilibri diplomatici non
è inutile rileggere questo libro profetico, piccolo di mole ma grande
di impatto.
Affronteremo i tre capitoli del libro non con l’intento di fare opera di
erudizione o di innovazione esegetica, ma con quello di ricevere una luce sulla nostra vocazione. Perché se
Habacuc fu profeta nel suo tempo,
noi lo siamo oggi. Un profeta infatti
non è né un indovino, né un grande
mistico, né un uomo dotato di poteri
sovrumani. Come indica l’etimologia,
e come attesta la Scrittura, il profeta
è un portavoce di Dio. Egli è inca
II messaggio del profeta Habacuc risale a circa duemilacinquecento anni
fa, nel momento in cui Israele sta per cadere sotto l’egemonia neobabilonese. Un periodo moltq confuso, di grandi mutazioni, pieno di violenza e di ingiustizia. Il profeta cerca di capire cosa sta succedendo e interroga Dio. Come dice il prof. Michele Sinigaglia nel suo libro sull’Antico
Testamento « Si può dire che con Habacuc nasce la teologia dei perché ».
Proprio questo rende il messaggio di Habacuc così moderno: il profeta
è colui che si pone in ascolto di Dio ma anche del mondo e degli uomini.
Dopo un lungo procedimento giunge la risposta, paradossale, di Dio, in un
versetto fondamentale per il pensiero teologico successivo: « Il giusto vivrà per la sua fede ». (red.)
ricato, in un tempo preciso, di rendere udibile e visibile la parola del
Dio vivente ai suoi contemporanei.
Nell’antico Israele vi furono profeti
di genere molto diverso: professionisti o dilettanti, di corte o di strada,
permanenti o provvisori, membri di
comunità o solitari. Proprio come
oggi. Rimane l’appello lanciato: quello di essere portavoce. La vocazione
dei cristiani è di essere, nel loro tempo e nel loro luogo, portavoce del Dio
vivente, testimoni della Parola incarnata, messaggeri di un regno aperto
anche.se è nascosto.
Lungo i tre capitoli del libro di
Habacuc, scopriremo tre insistenze
essenziali per capire, e quindi per
compiere, questa missione profetica
a cui siamo chiamati: prima di tutto,
il profeta è un uomo che interroga,
interroga Dio e gli uomini; secondo,
il profeta è un testimone compassionevole. Infine, se il profeta viene
chiamato giusto, non è per meriti
suoi, ma perché egli si tiene, in ogni
circostanza, davanti a Dio. E’ in questo modo che « il giusto vivrà per la
sua fede ».
Habacuc alle prese
con Dio e con la realtà
La prima parte del libro di Habacuc (da 1: 2 a 2: 1) è composta da
tre paragrafi: il profeta prega (1:
2-4), Dio gli risponde (1: 5-11), il profeta riprende a pregare (1: 12-17),
affermando la propria risoluzione
(2: 1).
Nella sua prima preghiera (w. 2-4),
Habacuc si lamenta. Egli si rivolge a
Dio in un modo classico, convenzionale, che ricorda il tono di alcuni
salmi. Il motivo della sua lamentela è
l’ingiustizia, la violenza. Il diritto è
beffeggiato, la legge del più forte domina e pertanto la violenza si stabilisce in Israele. Habacuc se ne lamenta con Dio. Ciò ci permette di
fare un’ipotesi sull’epoca in cui è vissuto Habacuc. Potrebbe trattarsi del
periodo immediatamente precedente
all’esilio in Babilonia, nel VI secolo
a.C. Alcuni elementi della risposta di
Dio sembrano confermare quest’ipotesi.
Dio risponde alla preghiera del
profeta (vv. 5-11). Risponde richiamando l’attenzione di Habacuc sulle
imprese dei caldei. La Caldea è uno
dei nomi della regione babilonese.
Negli anni 600 i babilonesi si creano
un impero in Medio Oriente. A Sud,
l’Egitto tenta di spingere le proprie
truppe verso il Nord; a Nord, l’impero assiro moribondo si muove ancora ma viene rosicchiato dai babilonesi che stanno avanzando. Tra Nord
e Sud, tra incudine e martello, sopravvive la metà di Israele, divisa
sulla scelta che conviene fare. Una
enorme esplosione sta per avvenire.
In risposta alla preghiera di Habacuc
che lamenta la mancanza di giustizia
e la violenza, Dio risponde sostanzialmente così: caro Habacuc, è solo
l’inizio; ancora non hai visto nulla.
Il nemico sta arrivando. Il profeta
viene incitato da Dio ad allargare il
suo sguardo, la sua osservazione. Lui
che finora si limitava ad una analisi
dei problemi specifici di Israele viene invitato a porre la sua analisi
in un contesto più vasto, un contesto
internazionale, noi diremmo oggi:
un contesto planetario.
Colpito da questa risposta, Habacuc non tace. Non si accontenta di
recare ai suoi concittadini un messaggio che non capisce. Nel terzo paragrafo di questo capitolo (w. 12-17)
rivolge di nuovo la sua preghiera a
Dio, partendo dal punto in cui Dio lo
ha portato: il livello universale. E
qui insiste. Si rivolge a Dio in modo
più intimo, confessa la propria fede
con più forza, ricorda che in passato
Dio fu un Dio liberatore e che egli
creò l’uomo diverso dagli animali.
Signore, chi sei oggi e a che gioco
stai giocando? Queste sono le domande che formano la seconda preghiera di Habacuc. L’altro, il nemico,
il caldeo, sappiamo bene chi è il suo
dio: è la sua forza e la sua ’’pancia”,
egli cerca la potenza e il possesso;
ma tu. Signore che pensavo di conoscere, che sei e che cosa fai?
Ecco ciò che fa il profeta: si immerge sempre di più nella sua relazione con Dio. Non è ancora al chiaro, il suo sguardo e la sua parola
non sono ancora maturi. Quindi continua a interrogare. Interrogare Dio,
interrogare la realtà. E aspetta, tiene duro, osserva (2: 1).
Il profeta, un uomo che
interroga Dio e gli uomini
(...) che dire, da parte di Dio? In
un primo tempo nulla. Habacuc prega due volte il Signore. Prega anche
quando ha ricevuto un messaggio.
Perché non si può essere portavoce
di Dio presso gli uomini senza essere,
prima, portavoce degli uomini presso
Dio. In questo sta il primo tempo
del procedimento proposto: per due
volte, Habacuc intercede per il suo
popolo; presenta a Dio le disgrazie
degli uomini che lo circondano. Presenta a Dio la sua realtà e quella dei
suoi simili. Il profeta non è uno che,
dall’alto della sua mistica o delle sue
convinzioni, dall’alto del suo sapere
o dei suoi principi, dall’alto della sua
rivelazione o delle sue regole di vita,
getta imprecazioni contro i poveracci
che gli stanno accanto. Egli è il loro
portavoce, egli è solidale, è con loro.
Non si può essere portavoce di Dio
presso gli uomini senza essere, prima
e con insistenza, portavoce degli uomini presso Dio.
Secondo tempo del procedimento
profetico descritto nel primo capitolo di Habacuc: non si può essere portavoce degli uomini senza essere os
servatori attenti della loro situazione. Il profeta non si accontenta di
lamentarsi presso il Signore, presenta argomenti. Egli ha osservato, analizzato e sottopone la sua analisi a
Dio. Spesso i profeti vengono chiamati veggenti, non come i nostri chiromanti, ma come osservatori della
realtà. Nessuno è profeta senza questo sforzo dello sguardo e della comprensione. Infatti si è portavoce degli uomini presso Dio non genericamente né in teoria; lo si è in una
situazione precisa, concreta, reale.
Non si può essere portavoce degli
uomini senza essere osservatori attenti della loro situazione.
Il terzo tempo del
procedimento profetico
Ma — e qui si tratta del terzo tempo del procedin.lento profetico — non
si può essere portavoce di questi uomini presso Dio senza chiedersi: chi
è il loro dio? Chi è il mio dio? Un dio,
nel senso più comune e più generale
del termine, è il valore, la persona,
1 istanza che io pongo al di sopra
degli altri e che, in questo modo, unifica e guida la mia visione del mondo, degli altri e di me stesso e quindi mi sostiene nella mia esistenza.
Chi gioca nella mia vita questa parte
di dio? E quali sono gli dei che agiscono fra gli uomini che sto osservando e che presento- al Signore? Il
compito del profeta è quindi un com.pito di svelamento. O meglio: di sospetto. Non prendere per denaro
contante i discorsi in gesti e in parole, le apparenze, ma andare al di là
per discemere le motivazioni soggiacenti. Non si può essere portavoce
degli uomini presso Dio senza portare a sé e agli altri la domanda: chi
è il tuo dio?
Ecco dunque i tre tempi del procedimento profetico secondo Habacuc,
tre tempi che non hanno perso nulla
della loro pertinenza. Infatti, come
Habacuc, non possiamo essere portavoce di Dio presso gli uomini senza
essere, prima, portavoce degli uomini presso Dio: il nostro primo compito di profeti è la preghiera e la solidarietà. Non possiamo essere portavoce degli uomini senza essere osservatori attenti della loro situazione: il
nostro secondo compito di profeti è
la comprensione sociale, politica, culturale dei nostri contemporanei.
Non possiamo essere portavoce degli uomini presso Dio senza porci la
domanda: quali sono i loro dei, i nostri dei, e chi è il padre di Gesù Cristo? Il nostro terzo compito di profeti è il sospetto teologico. Interrogare
il Signore, interrogare gli uomini,
interrogare gli dei che sono all’opera
nel mondo; ecco il procedimento, la
missione del profeta secondo Habacuc.
Come Habacuc che veglia, possiamo anche noi stare sulla soglia: sulla soglia di Dio e sulla soglia degli
uomini. La chiesa, la comunità
cristiani, è una comunità che sta sulla soglia. I profeti che siamo invitati
ad essere oggi non sono uomini e
donne che impartiscono verità, risposte o dogmi. I profeti sono coloro
che, senza sosta, interrogano Dio e il
mondo.
Laurent Schlumberger
( Riforme)
7
r
Il ottobre 1991
obiettivo aperto
UN ARGOMENTO TROPPO TRASCURATO DAGLI STORICI
L'abbandono dei bambini in Europa
Attraverso fonti di diversa origine l’autore ripercorre attraverso i secoli un dramnria a lungo ^
stre coscienze - li mondo romano, il cristianesimo e le città rinascimentali - L oblio socia e e mi r
La storia deU’infanzia spesso è stata una triste storia di
violenza, di gravi abusi, di
sfruttamenti nei confronti
dei bambini che o non venivano considerati come persone o erano ritenuti cose di
proprietà dei genitori o venivano pensati come materiale
informe da plasmare secondo un modello precostituito
dall'adulto. John Boswell, docente di storia in un'università americana ed autore
di saggi, dedicati particolarmente ai problemi della tolleranza sociale delle minoranze, in una recente opera '
affronta un tema colpevolmente trascurato dagli storici: l'abbandono dei bambini.
L’autore, prevedendo che
il tema in esame potesse suscitare rinteresse di persone
appartenenti a categorie tanto diverse e quindi con opinioni molto disparate, si è
sforzato di fornire informazioni di base su molti aspetti
deH’argomento; informazioni
queste che possono risultare
superflue, nel caso degli specialisti. Ecco allora l’introduzione pensata soprattutto per
coloro che non hanno mai
avuto occasione di riflettere
sul problema del rapporto
tra fonti letterarie e fonti
storiche.
Boswell, mentre raccoglieva dati sui costumi sessuali
nella prima età cristiana per
un suo precedente saggio
(dal titolo: Cristianesimo, tolleranza, omosessualità ) scoprì che i neonati venivano
abbandonati da coppie sia
pagane che cristiane. Incuriosito dai numerosi riferimenti
a questa pratica nella letteratura cristiana del primo millennio, decise di approfondire le sue conoscenze sul problema. Da ciò nasce questo
saggio, davvero sconvolgente
perché rivelatore di comportamenti e mentalità di un
passato da noi troppo mitizzato ed ancora poco esplorato.
L’autore, essendo uno storico, utilizza numerose e disparate fonti, offrendoci una
interessante investigazione
sull’evoluzione della mentalità, della demografia, del diritto e della morale occidentali dall’antichità al Rinascimento.
Le opinioni giuridiche e
morali dei romani, in materia di abbandono, appaiono
piuttosto indulgenti. Tanto la
legge che l'opinione pubblica
non ponevano alcuna barriera ai genitori che intendessero abbandonare o cedere i
propri figli. Non c’è motivo di
supporre che i romani fossero diversi, per questo aspetto, da tutto il resto dell’umanità.
Per comprendere come potesse accadere che delle persone con reazioni normali ar
Ancora una pagina che non vorremmo
dover scrivere. I segnali che in Italia e nel
mondo ripropongono all’attenzione la violenza sui minori continuano ad essere allarmanti. Pensiamo a quanto emerge dalle esperienze del «Telefono azzurro»1 alle dispu
te tra coniugi separati per l’affidamento dei
figli, addirittura al loro sequestro. Pensiamo ai bambini che divengono attori di violenza. Pubblichiamo un articolo su una realtà odiosa dell’oggi e una recensione su un
libro di storia, (a.c.)
rivassero a considerare l’abbandono dei bambini con serenità, occorre comprendere
la necessità biologica che li
spingeva ad una simile scelta,
l’ambiente morale in cui vivevano e le circostanze che
si presentavano sullo sfondo:
« Cosa era dei bambini? Era
davvero quello un destino
peggiore della morte o era
invece migliore? ».
I romani abbandonavano
i figli perché, se desideravano mantenere una certa qualità della vita per se stessi e
per gli altri, dovevano controllare le dimensioni della
loro famiglia; non conoscendo i metodi di limitazione
delle nascite non restava che
l’abbandono, che per loro era
preferibile airinfanticidio.
Come spiegare il comportamento di quei genitori cristiani che adottavano questa
pratica? Interessante è la documentazione che l’autore offre, al capitolo terzo, per cercare una risposta alla domanda.
E’ bene sottolineare che la
maggior parte dei bambini
abbandonati riuscivano a salvarsi e venivano allevati o come membri adottivi di altre
famiglie o come servi. Sembra che nell’antichità i bambini abbandonati morissero
: con una frequenza solo di
poco superiore al normaje
tasso di mortalità dei bambini del tempo ». La « gentilezza degli estranei » che trovarono ed allevarono bambini è altrettanto importante
dello stesso abbandono; infatti sembra che in ogni epoca la « gentilezza degli estranei » sia stata sufficiente a
salvare gran parte di questi
bambini. Mai le diverse po
polazioni dell’Europa si sono
preoccupate di comminare
pesanti sanzioni contro questa pratica; quasi tutti i sistemi etici la tolleravano o la regolavano. Essa, nell’antichità
e nei primi secoli dell’era cristiana, era condannata solo
come conseguenza di una sessualità non responsabile o
come un atto di negligenza
nei confronti di un dovere
più generale verso lo stato
e la famiglia.
Il cristianesimo, con l’insistere sul fine procreativo di
ogni atto sessuale ed offrendo modi relativamente più
umani di abbandonare i neonati nelle chiese e nei monasteri, può aver contribuito ad
innalzare il tasso di abbandono.
Il fenomeno dell’abbandono rimase sostanzialmente
invariato dalTantichità roma
UNA DRAMMATICA DENUNCIA
Il turismo del sesso
Uno studio sulla prostituzione giovanile
compiuto dall’organizzazione ’’Terre des hommes” denuncia che sempre più bambini nepalesi vengono venduti nei bordelli dell’India. Secondo la stessa fonte circa 7.000 prostitute di
14 anni vengono sfruttate nell’industria del sesso, con la promessa ingannevole di un lavoro,
di una miglior qualità della vita, e forse anche
di un matrimonio.
Le fabbriche di tappeti, spesso già luogo
di sfruttamento minorile, sono i serbatoi privilegiati delle organizzazioni che commerciano
in carne umana.
Il costo medio di una bambina nepalese,
che viene comprata a famiglie in condizioni
quasi sempre di estrema povertà, è di circa
sei dollari: essa viene poi rivenduta ai bordelli
indiani per 8-10.000 dollari. Le possibilità per
lei di abbandonare il bordello sono scarsissime, i contatti con la società naturalmente impossibili, e anche se le autorità nepalesi ufficialmente vietano la prostituzione, non esiste nessuna iniziativa, nessun impegno sociale
né repressivo nei confronti di queste organizzazioni che ripropongono, con una discriminante sessista, il mercato degli schiavi.
Ma ciò che più fa rabbrividire, in questa
ricerca, è che la maggior parte dei clienti dei
bordelli indiani provengono dalla civilizzata,
ragionevole, vittoriosa civiltà occidentale, e in
particolare dalle regioni del Centro e del Nord
Europa.
Lungo la strada verso l’Himalaia, meta ambitissima dai turisti occidentali, esistono decine di migliaia di bordelli. Ragazzi e ragazze
sono a disposizione dei turisti, per poche migliaia di lire.
Lo studio curato da ’’Terre des hommes”
verrà prossimamente analizzato a Ginevra in
gruppi di lavoro dell’UNESCO relativi alle nuove forme di schiavitù.
Un appello alla lotta contro la prostituzione
giunge dalla rappresentante dell’UNESCO a Ginevra, Wassyma Tamzlay; si condanna il comportamento degli stati occidentali che, di fronte al problema della prostituzione, non sono
stati in grado di far altro che legalizzarla
più o meno come qualsiasi altro commercio.
Le conseguenze che ne derivano sono disa
strose, in quanto il commercio di ragazzi e ragazze dal Sud e dall’Est del mondo si diffonde sempre più; proprio per questo Wassyma
Tamzlay chiede, insieme a un gruppo di donne parigine, che si metta fuorilegge la pratica
dei viaggi a scopi sessuali organizzati da agenzie dei paesi occidentali. Sotto processo è in
particolare la Germania, dove centina,ia di ragazze thailandesi sedicenni si prostituiscono
pei cosiddetti ’’eros center”, e dove aumentano
vertiginosamente opuscoli e agenzie per viaggi sessuali in Thailandia e in India.
Il più delle volte le ragazze portate negli
’’eros center”, o fatte venire in Germania dalle sedicenti agenzie matrimoniali, vivono in stato di cattività; senza nessun tipo di ^luti, spesso costrette a spostarsi da un bordello all altro a causa delle retate della polizia, obbligate
per la maggior parte a turni di ’’lavoro massacranti (fino a 15 ore al giorno), soffrono di
disturbi psicosomatici dell’apparato riproduttivo, di depressioni e deperimento organico.
Un numero incalcolabile risulta essere sieropositivo all’Aids, anche perché è scarsa la
contrattazione con i clienti circa 1 uso del preservativo. „ . . i j
Un’indagine di un gruppo femminista tedesco rileva che alcune agenzie matrimoniali
danno la possibilità ai clienti di ’’provare” le
future mogli prima di sposarle. Il nuovo ordine mondiale tanto declamato dai paesi ricchi e dalla stampa occidentale non tiene conto
di questo fenomeno per motivi di interesse
economico e di ’’collaborazione” con i paesi
in via di sviluppo.
Di fronte a questo nuovo (o vecchio.) colonialismo è necessario far sentire tutto il peso di una condanna per un problema che è
innanzitutto etico, e che riguarda la dignità
umana.
La rappresentante dell’UNESCO lancia un
appello per ’’l’obiezione alla prostituzione”,
che deve incontrare in primo luogo un cambiamento radicale, una ’’metanoia della cultura e della sessualità maschile”. Si tratta, conclude Wassyma Tamzlay, di estirpare questa
barbarie, che trasgredisce ogni elementare principio etico. „
(da ’’Reformiertes Forum’,
trad. di Manfredo Pavoni)
na alla fine del Medioevo.
Nel XIII secolo, per una
serie di nuovi motivi che inducevano all’abbandono (va
ricordato che, a partire da
questo secolo, il matrimonio
per i preti fu proibito in ogni
parte d’Europa; che per la
Chiesa dissuadere i preti dal
procreare si dimostrò impresa assai ardua, e che allora essa adottò l’espediente di rendere la vita difficile ai figli,
sia nella speranza che ciò
avrebbe finalmente dissuaso
i padri, sia come punizione
dei genitori), si verificò un
incremento del numero di
abbandoni.
Nel giro di un secolo o due
tutte le grandi città europee
ebbero i loro ospizi, che sottraevano i piccoli abbandonati alla strada ed alla vista.
Ma « dietro i muri » né i genitori che li avevano abbandonati, né i loro concittadini
dovevano più aver cura di
loro. E in effetti nemmeno
gli ospizi dovevano occuparsene a lungo per l’alto tasso
di mortalità che tra quelle
mura si verificava.
Nelle città rinascimentali i
neonati sparivano nella più
assoluta tranquillità ed efficienza, fuori dalla vista, nell’oblio sociale; venivano allevati lontano dalla società e
dalle famiglie, morivano tra
estranei o entravano nella società come estranei. Morivano quasi tutti; una sorte maligna aveva alla fine unito
veramente due destini: l’abbandono e la morte.
Penso che queste brevi righe sul saggio siano più che
sufficienti a stuzzicare la voglia per una lettura attenta
ed impegnativa di un lavoro
in cui lo storico opera da paleontologo e da detective, in
mezzo ad una massa sconfinata di materiale eterogeneo,
che va dalle testimonianze
sulla tradizione ebraica durante i primi secoli dell’era
cristiana alle testimonianze
giuridiche e letterarie delrislanda, dalle questioni etimologiche e filologiche circa
il termine « abbandono » alla
variabilità semantica delle
parole che designano i bambini e l’infanzia, dalla consultazione di fonti giuridiche romane a quella di opere morali e filosofiche, dalle fonti
narrative ed epigrafiche ai
materiali letterari, dalle lettere private alle opere teatrali. Si tratta del poderoso
lavoro di un brillante erudito
e studioso, che utilizza un
inedito metodo di indagine
storica e che ha prodotto un
saggio che può suscitare l’interesse di persone appartenenti a categorie molto diverse.
Fernando lachini
' John BOSWELL, L'abbandono dei
bambini in Europa occidentale, Milano,
Rizzoli, 1991, pp. 526, L. 62.000.
8
8
ecumenismo
Il ottobre 1991
assemblea DELL’ACELIS 16-20 SETTEMBRE: INCONTRO IN AUSTRIA
Il protestantesimo
di lingua italiana
I rappresentanti delle chiese aderenti hanno discusso delle nuove
prospettive dell’Associazione - Una collaborazione fra i giornali
Le donne nella
casa europea
Una conferenza tra luterane e riformate - La
diaspora confessionale e nazionale nell’Est
L’ACELIS (Associazione delle
chiese di lingua italiana in Svizzera) ha 25 anni. Creata nel settembre del 1966 l’associazione
raggruppa chiese storiche della
Svizzera italiana (Bondo, Brusio,
Castasegna, Maloggia, Poschiavo,
Soglio, Stampa) e chiese sorte
tra l’emigrazione italiana in Svizzera (Ginevra, Losanna, Basilea,
Berna, Frauenfeld, Lucerna, San
Gallo, SciafEusa, Zurigo).
L’appuntamento per l’Assemblea annuale è stato quest’anno a
’Thasmgen (SciafEusa), una cittadina nota soprattutto per essere
la sede delle industrie Knorr e
perché lì, 700 anni fa, si era combattuta la battaglia decisiva per
l’indipendenza della Svizzera dagli Asburgo. A Thayngen esiste
um Chiesa riformata che ha buoni rapporti coi riformati di lingua italiana di SciafEusa, che non
hanno ancora un locale di culto.
Così, il 21 e 22 settembre, sono
confluiti a Thayngen i rappresentanti delle chiese dell’ACELIS e,
in rappresentanza del II Distretto delle chiese valdesi, Mara
Bounous e Sandra Rizzi.
Non c’è stata nessuna celebrazione dell’anniversario. Anzi ci si
è interrogati se l’ACELIS abbia
ancora senso. Una lettera del pastore Bogo (assente per impegni) poneva la questione fondamentale. Nel ’66 era necessaria
una struttura di collegamento ; vi
erano numerosi gruppi di lavoratori che formavano chiese interdenominazionali (valdesi, batti
sti, fratelli, pentecostali, evangelici indipendenti) e si ritrovavano insieme per il culto e per la
scuola domenicale. Oggi invece
alcune di queste chiese si sono
consolidate ed hanno aderito all’Unione delle chiese valdesi e
metodiste ( Ginevra, Losanna, Basilea, Zurigo, San Gallo, Sciaffusa) ; altre, quelle della Svizzera
italiana, sono ben collocate nel
Sinodo retico e hanno una propria organizzazione trilingue nel
Ticino. Rimangono alcune chiese, Berna, Frauenfeld, Lucerna,
per le quali bisognerà trovare opportune forme di collegamento;
ma questo giustifica l’ACELIS?
Pur non prendendo una decisione l’Assemblea ha respinto nei
fatti l’interrogativo del past Bogo.
Esiste im protestantesimo di
lingua italiana in Svizzera fin dai
tempi della Riforma, hanno detto i delegati delle chiese. Che
l’attuale composizione sociale
delle chiese possa far ipotizzare
un’integrazione nella Chiesa riformata svizzera è cosa da prendere in seria considerazione, ma
ciò non deve impedire forme di
collegamento tra il protestantesimo di lingua italiana. L’ACELIS
può avere un’altra funzione. Non
deve scomparire.
Sulle proposte di modifica allo
statuto si discuterà l’anno prossimo, come dell’adesione alla
CEPPLE (Conférence des églises
protestantes des pays latins d’Europe). Il ’92 sarà dedicato allo
CEVAA
Vivere ranimazione
Ogni 4-5 anni gli animatori
teologici CEVAA, nominati in
ogni chiesa membro, si riuniscono per discutere e confrontare
le proprie esperienze nel campo della formazione dei laici.
Nel 1986, a Vallecrosia, l’incontro intemazionale aveva posto le basi per una serie di corsi di formazione all’animazione
di gruppo in vista della preparpione di ’’formatori” all’animazione teologica. Queste sessioni,
tre per ognuna delle regioni
CEVAA (Europa, Africa occidentale, Africa australe. Pacifico) si
sono svolte negli anni seguenti
e, inflne, dal 1° al 14 settembre
scorso a Sanary-sur-Mer (Francia meridionale).
La sessione internazionale, intesa anche come momento di
formazione, è stata, come sempre nella CEVAA, molto ricca e
produttiva soprattutto sul piano
delle relazioni interpersonali.
Tuttavia l’animazione teologica,
così come è intesa dalla CEVAA,
in molte chiese rimane ancora
un oggetto incompreso, poco
sfruttato, messo semplicisticamente da parte come ’’novità”
non necessaria e poco seria
(sic!). In realtà si tratta di ’’restituire ravangelo al popolo di
Dio”, secondo una definizione
dovuta al pastore Ametefé Nomenyo della Chiesa evangelica
del Togo, ritenuto il teorico dell’animazione teologica.
Dare la Parola in mano ai laici perché la meditino ed elaborino, nella loro situazione, nel
loro paese, in vista della crescita di una coscienza teologica
genuina ed originale: questo lo
scopo dell’animazione teologica,
che utilizza metodi di animazione di gruppo efficaci a ’’far parlare” la gente. E’ comprensibi
il
le che le chiese europee, nelle
quali l’animazione di gruppo è
alla base di molta formazione
biblica e teologica, grazie anche
alla disponibilità di mezzi e di
luoghi di formazione adatti, abbiano un approccio, a dir poco,
tiepido ai principi CEVAA. Anche per quanto riguarda la Chiesa valdese si può dire che una
forma di animazione biblica venga da anni portata avanti soprattutto in ambito giovanile
(Centri giovanili, EGEI, gruppi
locali) e nei gruppi femminili.
In altre chiese, in cui i direttivi ecclesiastici hanno avuto ..
coraggio di nominare un anima
tore teologico nazionale a tempo pieno, si sono avuti frutti
concreti. Per esempio nella Chiesa evangelica del Togo, dove i
gruppi di donne hanno elaborato una loro teologia che li ha
portati a far riconoscere alle
donne un ruolo attivo nella chiesa. Oppure nella Chiesa evangelica della Nuova Celedonia, dove l’animatore teologico nazionale, che svolge un intenso lavoro di formazione spostandosi
continuamente da un’isola all’altra, ha fatto crescere la coscienza politica dei canachi fino a portare il Sinodo ad esprimersi ripetutamente per l’indipendenza
dalla Francia.
La sessione ha, inflne, avuto
modo di valutare e completare
un libretto in cui, oltre ad una
esposizione delle linee di fondo
dell’animazione teologica, si trovano esperienze di animazione
biblica prodotte in molte chiese CEVAA. Il libretto è in via
di traduzione da parte del Comitato valdese per la CEVAA e
costituirà anche per noi un valido strumento non solo per apFranco Taglierò
studio del problema dei giovani.
Molto importante l’attività di
aiuto fraterno che l’ACELIS ha
org^izzato in occasione di calamità che hanno colpito ITtalia (terremoto a Carlentini) e per
programmi di azione delle chiese
(albanesi). L’ACELIS vuole essere l’organizzazione svizzera per
questo tipo di aiuti.
Altro appuntamento organizzato per il ’92 è quello dell’Ascensione : un’occasione di confronto
e conoscenza reciproca.
Le chiese si preoccupano anche
della precUcazione evangelica in
lingua italiana in televisione. Dall’ACELIS è venuto un ringraziamento al past. Otto Rauch che
dopo 16 anni ha lasciato il suo
incarico ed un augurio al past.
Urs Jäger che gli succede.
Al termine si è eletto il nuovo
comitato : ne fanno parte Renato
Dubendorfer, Giuseppina Grasso, Anna Maria Gimini, Bartolomeo Larucci, Gaetano Reale.
Assemblea di
Voce evangelica
Voce evangelica (1.200 abbonati) è un mensile che si sta qualificando tra quelli più importanti
delle chiese in Svizzera. Così, in
Svizpra, ci si è un po’ dispiaciuti
dell’idea italiana di chiamare il
nuovo settimanale delle chiese
valdesi, battista e metodiste con
lo stesso nome.
Giorgio Gardiol ha chiarito che
nessuno voleva sopprimere o fagocitare qualcun altro. Sempliceniente si cercava una collaborazione. Collaborazione che è stata
accettata con entusiasmo da parte degli svizzeri. Il ’93 ci chiede
di essere europei : forse è possibile cominciare a costruire un
settimanale che sia espressione
di tutti gli evangelici che comunicano nella lingua italiana.
Anna Maria Omini
Giorgio Gardiol
La prima conferenza delle donne luterane e riformate dell’Europa centrale ha avuto luogo in
Austria dal 16 al 20 settembre
1991, a Deutschfeistritz, presso
Graz, incentrata sul tema del loro apporto alla costruzione della ’’casa europea”.
Vi hanno partecipato 58 donne provenienti da tredici diverse nazioni (tra cui la Lettonia,
la Lituania e la Jugoslavia) e
da 23 chiese evangeliche.
Il documento conclusivo della
conferenza dichiara che in ’’questa particolare fase, in cui molte nazioni europee e la formazione politica dell’Europa si
trovano ad un punto di rottura e di mutamenti radicali, è
necessario stabilire di nuovo
quale debba essere l’impegno e
il ruolo dei cristiani e delle cristiane nella chiesa e nella società”.
La maggior parte delle partecipanti provenivano da una situazione di diaspora vissuta su
diversi fronti. In quanto cristiane vivono in una società che in
questi ultimi anni le ha emarginate, come appartenenti a minoranze evangeliche. Per lo più
però le donne appartenenti a
minoranze evangeliche appartengono anche a minoranze etniche. Per queste donne quindi è
assolutamente necessario creare
relazioni con le altre donne europee, di modo che la loro esperienza possa concretizzarsi in
una fede vissuta. Da queste relazioni può nascere un movimento che faccia da supporto a nuove situazioni, nuove visioni, nuove idee.
Iniziare questo cammino comporta molto coraggio, tuttavia la
decisione di intraprenderlo o la
coscienza di averlo già intrapreso traspare chiaramente dalle richieste e dai desideri che sono
stati espressi nel già citato documento conclusivo, dove le
partecipanti alla conferenza rivolgono all’Assemblea mondiale
luterana, all’Assemblea mondiale riformata e alle chiese delle
nazioni rappresentate l’invito a
garantire e sperimentare i con
tenuti di questa conferenza attraverso le loro strutture.
All’inizio della conferenza Maria Kern, teologa di Budapest,
diceva nella sua relazione introduttiva che ’’l’immagine della
casa europea trae in inganno”.
Infatti ella vorrebbe prima di
tutto paragonare l’Europa ad
un organismo vivente. ’’Questo
organismo non esiste ancora, deve nascere dal dolore, e le donne hanno il compito di essere
le levatrici di un’Europa riconciliata, unita e libera”.
Un cantiere...
troppo angusto
Martha Schàdelin, del Forum
ecumenico delle donne cristiane
in Europa, paragona l’Europa
ad un cantiere che è diventato
troppo angusto. Inge Schintlmeister, direttrice del lavoro delle donne evangeliche in Austria,
auspica una più attiva e vissuta vicinanza in Europa.
Ricchi i lavori di gruppo che
ci hanno portato esempi concreti e vissuti di situazioni limite,
come quella dei pastori evangelici in Jugoslavia, dove le comunità sono quasi interamente evacuate a causa della guerra in
Croazia ed in questa situazione
si devono raggiungere villaggi
solitari, percorrendo lunghe distanze a piedi. Oppure la situazione polacca che rispecchia in
modo ancora più evidente
le difficoltà che incontriamo in
Italia con l’insegnamento della
religione a scuola.
In genere le donne dell’Est
vivono una doppia situazione di
diaspora: quella confessionale e
quella nazionale; mantenere
quindi un’identità evangelica è
una responsabilità che le donne
sentono in modo vocazionale.
D’altronde diventare europei
vuol anche dire abituarsi ad una
doppia identità: quella nazionale e quella europea, vuol quindi
dire abituarsi a vivere in posizioni di frontiera.
Giovanna Fons
CAMPO DELLE CDB A MONTEFORTE IRPINO
Noi e la Bibbia
^P^l^t)orazione tra la Camu
Ulta di base del Cassano di Napoli e il Centro evangelico di
Monteforte Irpino (AV) è ormai
consolidata da alcuni anni. Testiinonia questa collaborazione
1 amicizia che si è realizzata tra
gli adulti e specialmente i ragazzi della comunità e i dirigenti e i collaboratori del Centro.
E’ nota la difficoltà che spesso le comunità di base incontrano nell’usufruire di spazi istituzionali nella Chiesa cattolica;
questa difficoltà non c’è con i
fratelli evangelici che hanno
sempre messo a disposizione
questa struttura rispondendo, a
nostro parere, anche alla necessità e al dovere dei cristiani di
oggi, di tutti i cristiani, di porre in rilievo il discorso ecumenico. Ecumenismo non fatto di
contrapposizione ideologica, di
pietismo ipocrita, di preghiere
concordate a tavolino per non
urtare la suscettibilità delle
chiese, ma un ecumenismo fatto sì di confronto teologico ma
vissuto prima di tutto nell’amore e nell’accoglienza fraterna,
neH’impegno per la pace, per
la giustizia e per la salvaguar
dia del creato.
Ed è proprio sull’onda del
processo ecumenico di Basilea
che Monteforte nel settembre
'89 ha accolto il primo campo
ragazzi della comunità dal titolo ’’Per capire e rispettare le
differenze tra cristiani”, con l’intervento del pastore Bouchard,
del pastore Leila, di Gerardo Capone.
A giugno del ’90 secondo campo "Incontro con le altre grandi religioni”, con l’introduzione
della teologa Adriana Valerio e
gli interventi di Ciro Moses D’A
vino della comunità ebraica, di
Gino Sansone, maestro di yóga,
di Franco Leccese e Ahmed della comunità islamica, di Marisa
Manno di "Time for peace”.
A giugno '91, terzo campo,’’Noi
e la Bibbia”, con la partecipazione di Giovanni Franzoni della Comunità di S. Paolo di Roma; il campo, inoltre, ha avuto
due momenti importanti quando i ragazzi hanno visitato la
Cooperativa di ex detenuti di
Tufo (incontro interessantissimo
suggerito dalla direzione del Centro) e con la realizzazione di un
grande murale all’ingresso
del
Centro evangelico, che sta là a
testimoniare la partecipazione
di questi ragazzi che hanno lasciato un segno e un messaggio
guidati da quel ’folle maestro’
e carissimo amico che è Felice
Pignataro.
Se tutto questo è stato possibile si deve all’esistenza del
Centro e alla sempre disponibile gestione che ha fatto di tutto
per venire incontro alle nostre
esigenze.
I nostri ragazzi non dimenticheranno mai i giorni trascorsi
a Monteforte; hanno allacciato
ottimi rapporti con i collaboratori, tali che sono ritornati a
fare loro stessi da collaboratori e a offrire il loro lavoro
gratuitamente per altri campi
e per sistemare alcuni locali
sotto la vigile e carissima supervisione di Emanuele Casalino.
La nostra speranz.a è che questa collaborazione continui; continui l’impegno di tutti per la
costruzione del regno di Dio al
di là di ogni controversia dottrinale messa in piedi dalla storia.
per la Comunità cristiana
di base del Cassano
Corrado MafBa
9
Il ottobre 1991
valli valdesi
Quale
tutela ?
Da più di 10 anni sono state
introdotte nella nostra regione
normative per la tutela del patrimonio e dell’assetto ambientale.
Con queste leggi si sono tutelati gli ambienti montani prevedendo il divieto di transito
con mezzi motorizzati su sentieri o piste forestali, si è posto
un limite alla raccolta della flora spontanea, dei frutti dei boschi, dei funghi, si è posto un
limite nel tempo alla cattura di
animali come lumache o rane,
si è ribadito il divieto di abbandonare rifiuti in luoghi pubblici e corsi d’acqua, si è posto
anche il divieto di accensione
di fuochi nelle vicinanze dei boschi nei periodi invernali.
Tutte cose importanti, anche
se talvolta amministratori e più
ancora i cittadini hanno avuto
l’impressione che queste norme
fossero state inserite da persone che non disponessero di una
reale conoscenza del territorio
e delle sue problematiche.
Che senso ha, per esempio,
stabilire come limite di raccolta
il mezzo chilo di fragole ed il
chilo di mirtilli quando questi
ultimi si trovano nei boschi a
quintali fal contrario appunto
delle fragole)? Ovvero, con il
progressivo avanzare del bosco
anche laddove 20 anni fa si trovavano prati, dove si trova quell’area che disti almeno 100 metri dal bosco stesso su cui si
possano accendere dei fuochi?
Ma il problema di fondo era
e resta quello della vigilanza.
E’ ben vero che sono chiamati
ad esercitarla i guardiacaccia
provinciali, le guardie forestali,
i vigili urbani, le guardie ecologiche volontarie, e forse anche
i carabinieri, ma la realtà è un’altra.
Guardacaccia e pesca, forestali,
hanno anche altre incombenze
e specifiche prerogative, così come i vìgili comunali; restano
le guardie ecologiche volontarie.
A parte il fatto che per la loro
stessa posizione di volontariato
hanno generalmente un altro lavoro, dopo che negli anni ’80
si sono fatti corsi di formazione, esami e verifiche, oggi la
situazione è per certi versi preoccupante: nella sola vai Pellice
hanno conseguito il diploma di
guardia ecologica, nei corsi che
si sono effettuati, alcune decine di persone; prestano attualmente servizio non più di 14
volontari il che, se si considera
la vastità del territorio della valle e le competenze che la legge
attribuisce, lascia intuire una
grande carenza.
Lo si è visto nelle scorse settimane quando la grande abbondanza di funghi ha portato nei
boschi molte centinaia di persone.
Erano tutte dotate del tesserino obbligatorio che si ottiene
versando alla Comunità montana 25.000 lire? Tutti si sono limitati alla raccolta dei 15 esemplari che la legge prevede? La
risposta, senza tema di smentite, è no. E questo amareggia
in particolare quei coltivatori diretti, sempre ultimi cittadini di
una montagna povera, che potrebbero effettivamente ricavare
dai funghi un reddito significativo. Allora di fronte a queste
'spoliazioni', oggi dei funghi e
domani delle castagne, c’è chi
reagisce di brutto, magari tagliando i copertoni alle ruote
delle auto, reazione non certo
■civile ma dimostrativa della necessità di serio e ragionato riordino di tutta la questione.
Plervaldo Rostan
ANGROGNA
s»,';
E’ di nuovo «Autunno»
Al centro dell’iniziativa i dibattiti sui servizi socio-assistenziali,
sulla prevenzione del disagio giovanile e difesa della risorsa acqua
L’« Autunno in vai d’Angrogna »
è giunto alla tredicesima edizione; si rinnovano i tradizionali appuntamenti con dibattiti, spettacoli, incontri pubblici nei quartieri.
Alcune edizioni sono state caratterizzate da un tema guida;
non è così quest’anno dove tuttavia vi sono alcuni momenti pubblici di notevole interesse, anche
al di fuori dei confini del comune: verranno infatti affrontati
problemi che vivono analogamente tutti i paesi alpini.
Affrontiamo i temi dell’attuale
edizione dell’« Autunno » con il
consigliere comunale che segue
da anni l’organizzazione di questa manifesiazione, Jean-Louis
Sappè.
« Il primo di questi dibattiti,
mercoledì 16 ottobre, nel tempio
del Serre, farà il punto sulla situazione e sulle prospettive dei
nostri servizi socio-assistenziali;
è un tema su cui a suo tempo
anche il consiglio comunale ha a
lungo dibattuto.
Il Comune di Angrogna è stato
uno dei primi, in collaborazione
con la Comunità montana, ad istituire un servizio di visitatrice domiciliare; in seguito è stato
creato il servizio del foyer del
Serre. Il comune ha investito annualmente in questo settore parecchi milioni, ma ormai da alcuni anni questo impegno è ulteriormente cresciuto fino a diventare difficilmente sostenibile. In
sostanza il Comune di Angrogna
si è trovato, avendo meno abitanti e una popolazione anziana,
ad avere gli aggravi maggiori in
tutta la valle ed è per questo che
si è proposta una visione maggiormente solidaristica fra i nove
comuni, cercando di affrontare i
problemi insieme. Da notare che
ad Angrogna abbiamo comunque
già dovuto rinunciare ad una parte del servizio di visitatrice domiciliare, mentre sono totalmente infondate le voci di una chiusura del foyer del Serre ».
Non verrà solo dedicato spazio
ai problemi degli anziani, ma si
Per l’« Autunno » è ormai il tredicesimo compleanno. Nella foto la
borgata-capoluogo di S. Lorenzo.
parlerà anche di giovani; sono
almeno due i momenti in cui si
presenterà l’occasione per riflettere sul mondo giovanile, pur ridotto, di Angrogna...
« Potrebbe sembrare strano che
l’amministrazione decida di incontrare i giovani del comune
per individuare un terreno adatto
per attività sportive; ad Angrogna
lo sport è già praticato sotto
l’egida di un’ottima società sportiva, ma la serata che abbiamo
previsto potrebbe essere un primo passo per fare, anche da noi,
un discorso sulla prevenzione del
disagio giovanile. Rispetto ai giovani esiste poi un ulteriore problema, che per altro non affrontiamo in questa edizione dell’ ’’Autunno”, e cioè quello della scolarizzazione; da noi, come in rrìolti
altri comuni di montagna, quasi
tutti i ragazzi terminano gli studi con la fine delle scuole dell’obbligo: credo siano pochissimi gli
angrognini che oggi frequentano
una scuola superiore ed in futuro
in qualche modo dovremo occuparcene ».
Fra gli altri argomenti che verranno discussi nel corso di queste settimane troviamo il cosid
COMUNITÀ’ ALLOGGIO DI TORRE PELLICE
Insieme per conoscerci
Per farsi conoscere, per cercare di intrecciare un rapporto
sempre più stretto con il territorio e con la voglia di trascorrere qualche ora insieme ad amici, compagni di scuola, concittadini, i ragazzi e gli operatori
della Comunità alloggio di via
Angrogna, a Torre Pellice, hanno organizzato un pomeriggio di
festa per l’ultima domenica di
settembre.
Diversi sono stati i momenti
che hanno contrassegnato la festa e nonostante la pioggia, che
ha costretto in parte a modificare il programma, gli appuntamenti più importanti sono stati
conservati. In particolare è stato proiettato più volte il video,
che i ragazzi hanno realizzato
l’anno scorso sulla loro vita in
Comunità alloggio e che ha consentito a molti di avere l’occasione per entrare all’interno dell’edificio che ospita la Comunità, per vedere dove vivono i ragazzi e le ragazze ospiti e come
e dove lavorano i due gruppi di
educatori che di loro si occupano.
Non sono poi mancati gli appuntamenti classici di una festa
che si rispetti, come la pesca,
il piccolo mercatino, i giochi e
il buffet, con torte e dolci offerti dalle signore della Chiesa val
dese di Torre Pellice.
A conclusione del pomeriggio
poi tutti a teatro, a vedere lo
spettacolo del gruppo ”La Rocca”, che ha allestito in una delle sale della Comunità alloggio
il suo cartellone per presentare
il programma ’91-’92.
Complessivamente, pioggia a
parte, il bilancio della festa è
stato positivo per tutti e i ragazzi per primi, e con loro gli
educatori e i membri del comitato, si augurano che il colloquio aperto con l’esterno possa
continuare ed essere sempre più
costante e cordiale.
C. M.
detto disegno di legge ’’Galli” sul
riordino della gestione del patrimonio idrico (sul tema si rimanda a pag. 10, ndr) che rischia di
espropriare la montagna di una
delle sue poche risorse.
«Ad Angrogna — precisa J.-L.
Sappè — abbiamo dei consorzi
per la gestione degli acquedotti
che funzionano benissimo, non
sono in passivo, anzi, e forniscono l’acqua ad un prezzo più che
accessibile senza che esso sia ’’politico”, bensì è reale. Secondo le
prime analisi condotte sulla proposta di legge si rischierebbe di
far più che triplicare i costi dell’acqua all’utente sottraendo la
gestione del settore ai comuni:
credo che gli enti locali montani
debbano preoccuparsi grandemente di questa prospettiva ».
L’ultimo degli appuntamenti, a
carattere culturale, del mese di
ottobre ad Angrogna sarà rappresentato dalla presentazione dell’undicesimo ’’quaderno” del Centro di documentazione.
« Il ’’quaderno" di quest’anno fa
parte di una serie dedicata alla
ricerca dei toponimi della nostra
valle. Il territorio era stato diviso in tre settori corrispondenti
all’antica suddivisione della chiesa valdese di Angrogna (San Lorenzo, Serre e Pradeltorno); il
"quaderno” n. 11 è dedicato alla
zona da Chiot dl’aiga al vallone
di Pradeltorno, fino al Roux e alla
Sella, ed è stato da me redatto
sulla base delle informazioni
avute da Emilio Buffa di Pradeltomo; sarà in distribuzione dai
prossimi giorni anche presso alcune librerie della zona. Il nostro
Centro 'ha effettivamente raccolto
in questi anni moltissimo materiale in grado di raccontare sotto
differenti aspetti la storia civile
di Angrogna; purtroppo non possiamo, come comune, dedicare a
questa attività risorse di cui ci
sarebbe grande bisogno, e dobbiamo confidare molto sul lavoro
volontario ».
Ma è proprio contando anche
sul coinvolgimento volontario di
molte persone che da ormai tredici anni ad Angrogna si rinnova
questo ricco ed importante appuntamento.
P.VJR.
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esposizione e laboratorio ;
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(di fronte alta caserma alpini)
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
250 milioni di
mutuo per lavori
alla rete fognaria
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Fra le poche decisioni prese
dall’ultima seduta del Consiglio
comunale va segnalata la decisione di assumere im mutuo di
250 milioni dalla Cassa depositi
e prestiti per lavori di potenziamento alla rete fognaria.
Verrà potenziato, in pratica
raddoppiandolo, il tratto di corso Matteotti.
Una nuova
soprattassa
sul metano?
TORRE PELLICE — La Co
munità montana vai Pellice, di
fronte all’ipotesi che da parte regionale si intenda istituire una
soprattassa sul metano a partire
dal gennaio 1992, ha assunto una
posizione negativa su questa
possibilità.
’’Ancora una volta si danneggerebbe la gente di montagna,
non tenendo conto del fatto che
in queste zone il periodo di utilizzo del metano è più lungo che
altrove” dicono gli amministratori della vai Pellice che, nella
delibera assunta sul tema, chiedono alla Regione di prevedere
una riduzione nella tassa per le
zone montane e nel contempo
chiedono un piano regionale per
estendere anche alle zone più disagiate la rete di metanizzazione.
Proseguono i
lavori sulla tratta
Pinerolo-Torre Pellice
TORRE PELLICE — Mentre
proseguono i lavori di ammodernamento sulla linea Pinerolo-Torre Pellice (automatizzazione passaggi a livello e rifacimento linea aerea di alimentazione
da Bricherasio) le FS hanno istituito una nuova corsa che, partendo da Torre Pellice alle 6.30,
fa coincidenza con il treno che
da alcuni mesi parte da Piner<>
lo per Torino alle 7.12; il servizio è in funzione da lunedì 7
ottobre e viene incontro ai pendolari che, specialmente ora con
l’anticipo deH’orario del pullman
alle' 6, erano costretti a rinunciare ogni giorno ad una ulteriore mezz’ora di sonno.
Le FS hanno inoltre confermato la data del 17 marzo ’92
per la riapertura del traffico su
tutta la linea, nonché l’interesse per la risoluzione dell’annoso problema della stazione di
Pinerolo che, se resa ’passante’,
eviterebbe le attuali perdite di
tempo nelle manovre.
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10 v^alli valdesi
1
Il ottobre 1991
ALLARME PER UN NUOVO DISEGNO DI LEGGE
ELEZIONI
Acqua: affare del 2000 n test di Pineroio
Le zone montane rischiano un’ulteriore penalizzazione - Una nuova
distribuzione sarebbe affidata a poche società: e gli enti locali?
Dopo la decisione del Prefetto si è avviata
la macchina elettorale: ma si voterà davvero?
Un altro provvedimento di legge penalizzerà le zone montane?
E’ quanto temono molti amministratori delle valli dopo aver
letto il testo di un disegno di
legge (Galli, dal nome del primo
firmatario) circa il riordino in
materia di risorse idriche. Il testo di questo disegno di legge
è stato già approvato dall’apposita commissione della Camera
dei deputati ed è ora in esame
al Senato.
La proposta prende le mosse
da alcuni dati di fatto: la situazione deH’approvvigionamento
idrico in Italia è estremamente
grave; ci sono circa 11.000 acquedotti in tutto il paese, in molti
casi di piccolissime dimensioni
con alti costi di gestione; la
rete idrica è in molti casi fatiscente, al punto che gran parte dell'acqua captata alla fonte
in realtà viene persa lungo il
percorso, causando quei preoccupanti fenomeni di carenza nell'approvvigionamento in particolare nei periodi estivi. La stessa qualità delle acque non è eccelsa.
Eppure, nella sua globalità, il
nostro paese è fra i più ricchi
d'acqua; è dunque la gestione di
questo immenso e vitale patrimonio che fa difetto.
Ecco dunque che nasce la proposta di legge che vuole regolamentare l'intera materia.
L'acqua è particolarmente abbondante e di buona qualità nelle zone di montagna; dunque si
vada a prelevarla lì, dice la legge, e siccome bisogna razionalizzare, occorre che a gestire
l'intero ’pacchetto’ siano poche
società, con una competenza specifica. \
Apparentemente tutto ha una
sua logica; allora perché da alcuni mesi gli amministratori delle valli sono in allarme?
« La montagna sarà privata di
una delle poche risorse di cui
ancora dispone — dicono gli amministratori locali —; il fatto
che a gestire tutta la materia
siano chiamate società di grande dimensione ma lontane dai
problemi del territorio preoccupa, così come il fatto che, in
base ad una visione della solidarietà nazionale, la pianura si troverebbe ad avere l’acqua di cui
ha bisogno, senza alcun ritorno
alla montagna ». « I prelievi di
acqua devono essere determinati insieme alle comunità locai
e dare luogo a corrispettivi adeguati » — aggiunge l’Uncem
(Unione comuni e comunità montane) in una sua nota.
Da più parti si teme poi che
il nuovo tipo di gestione risponda prevalentemente agli interessi di alcuni grandi operatori eco
nomici, poco o affatto tutelando
i comuni, ed in effetti già ci
sono le società che si stanno
muovendo, avendo fiutato l’affare e prospettando una gestione
del settore acque che, oltre agli
acquedotti, metta insieme anche
depurazione acque reflue e magari anche produzione di energia elettrica.
A fronte dunque di questo rischio di sostanziale violazione
dell’autonomia degli enti locali,
al di là dei pronunciamenti che
vorrebbero tutelata invece la
montagna, comuni e comunità
montane stanno muovendosi; lo
ha fatto da tempo la Comunità
delle valli Chisone e Germanasca, lo hanno fatto gli occitani
del MAO, lo ha fatto di recente
la Comunità montana vai Penice, chiedendo che vengano introdotte modifiche al testo, attualmente al vaglio del Senato, che
prevedano maggiore considerazione per gli enti locali e che
una pai’te dei canoni per le
utenze di acque pubbliche nei
territori montani venga versata
a favore delle rispettive comunità montane, con l'obbligo di
utilizzare tali fondi alla realizzazione di opere idriche nei relativi territori.
Esiste infatti un altro rischio
e cioè che, determinando un unico prezzo per l'erogazione di
acqua in tutta un’area geografica, ci si trovi davanti a fortissimi aumenti dei costi anche in
quelle zone da cui l’acqua stes
I comuni e la pace
Cossato è un comune del Biellese, con 16.000 abitanti, che fin
dal 1982 ha sviluppato iniziative
a favore della pace e della comprensione reciproca, ora organizzate e coordinate in un assessorato alla difesa popolare nonviolenta.
Venerdì 4 ottobre, il Comitato
pace vai Chisone e Germanasca
ha invitato l’assessore di Cossato, Giuseppe Paschetto, ad un
incontro informativo che si è tenuto nella sala consiliare di Perrero. L’assessore ha illustrato i
motivi che hanno indotto l’amministrazione del suo comune a
dedicare tempo e risorse a questioni di vitale importanza quali il rifiuto di una difesa armata in caso di aggressione, l’educazione alla pace e alla tolleranza, l’appoggio agli obiettori di
coscienza e all’obiezione fiscale,
la lotta al razzismo e l’interesse per il Terzo Mondo.
Molte sono state le domande
su queste iniziative che di regola sono affidate al buon volere di gruppi ed associazioni e
che molto più raramente godono dell’appoggio delle amministrazioni comimali o di altri enti pubblici. Infatti, un paio di
amministratori erano presenti
al dibattito, che pure era stato
richiesto come conclusione del
sa proviene.
Come si vede il dibattito su
questo tema sta partendo proprio in questi giorni, vi saranno
altre occasioni di discussione;
non ultima quella proposta dal
Comune di Angrogna nella serata del 23 ottobre.
Piervaldo Rostan
Il Prefetto di Torino ha deciso. A Pineroio si voterà il 24 e
25 novembre. Nonostante il ricorso presentato dal consigliere
Francesco Camusso al Consiglio
di Stato, tendente ad ottenere la
"revocazione” della sentenza con
la quale lo stesso Consiglio
aveva annullato le elezioni del
maggio ’90 (ricorso che si discuterà il 14 novembre) il Prefetto
Carlo Lessona ha rotto gli indugi e ha ordinato di rifare le
elezioni. Tutto da capo; liste
nuove, candidati nuovi, elezioni
nuove.
Su questo procedimento pesa
la possibilità di altri ricorsi: sull’interpretazione data dal Prefetto alla prima sentenza del Consiglio di Stato, sulla necessità
di attendere la nuova pronuncia.
E, ancora, se la sentenza del
Consiglio di Stato fosse favorevole a Camusso potrebbe accadere che le elezioni vengano
nuovamente annullate. Insamma
c’è il rischio di un nuovo pasticcio. Pasticcio che sì può evitare se tutti gli attori politici eviteranno di intraprendere nuove
vie giuridiche per difendere le
loro "ragioni”.
Non pare proprio che la ragionevolezza sia di casa a Pineroio.
La DC, venerdì scorso, ha approvato un documento in cui si
afferma che la responsabilità
della crisi amministrativa della
città è tutta di coloro che hanno fatto i ricorsi (la lista per
l’alternativa, il liberale Fiammotto, il DC Camusso, n.d.r.), dimenticandosi che all’origine di
tutto vi è un conflitto tra personaggi democristiani, che si era
concluso con la presentazione di
due liste DC.
Il documento della DC pinerolese esclude la possibilità della candidatura di Francesco Camusso, mentre il suo "rivale”,
l’on. Mauro Chiabrando, ha già
fatto sapere che sarà capolista.
Ciò non faciliterà il comitato del
segretario provinciale Zanetta
che dovrà materialmente compilare la lista.
Un altro litigio è in corso nel
PSI per il posto di capolista;
Eugenio Maccari o Pietro Rivò?
Per il resto si annunciano numerose liste ed il comune, previdente, ha predisposto 16 spazi elettorali sui tabelloni, per altrettante liste. Possibile che le
idee per amministrare una città siano così tante e differenti?
Certamente no. Ma le elezioni a
Pineroio sono un importante
test nazionale per le prossime
elezioni politiche.
G. G.
VALLI CHISONE E GERMANASCA
La semaine du français
In passato molti valligiani avevano padronanza della lingua - Nei
futuro sarà importante la conoscenza di almeno due lingue straniere
PERRERO
"La semaine du français” nelle valli Germanasca e Chisone;
un’iniziativa episodica con due
obiettivi fondamentali: richiamare l’attenzione di tutti (dagli
adulti ai bambini) sul fatto che
in passato molti valligiani, per
ragioni diverse, sapevano esprimersi con grande correttezza e
fluenza in francese e avvicinare
alla lingua francese, che è la lingua-cultura dei nostri vicini, la
generazione che vivrà nell’Europa del dopo 1992.
la mancata approvazione di una
mozione contro la guerra, ma
la convinzione espressa dal sindaco, che tutto ciò fosse poco
avvertito dalla popolazione di
Perrero, pressoché insensibile ai
temi pacifisti, era difficile da
smentire.
La discussione è cosi deviata
sulle possibilità di partecipazione che vengono offerte alla popolazione, giudicate quasi inesistenti, e su una richiesta agli
amministratori di consultare a
volte anche la gente su questioni di interesse comune.
L. V.
Quando ci si richiama al passato non possiamo dimenticare
il ruolo centrale che la lingua
francese ha giocato vuoi perché
è stata la lingua ufficiale della
vita della comimità valdese,
vuoi perché è stata per gli abitanti delle due valli la lingua da
capire e da parlare per trovare
lavoro come emigranti. Capire
ed esprimersi in francese ha rappresentato per i valligiani una
esperienza unica e arricchente:
accorciando le distanze linguistiche e culturali con la Francia,
gli abitanti del Pinerolese hanno
avuto accesso all’Europa e al
progresso.
Molto è già stato detto nel capitolo che parla di rapporti culturali e sociali con la Francia
ma molto resta da conoscere:
la corrispondenza di famiglia, i
fondi delle biblioteche pubbliche
e private, le fonti orali, il repertorio canoro e di teatralità possono aiutarci a capire la portata storica della lingua francese
nelle nostre valli.
Per quel che riguarda il futuro a nessuno sfugge quanto
può essere formativo di personalità apprendere e praticare
una seconda lingua. Mentre un
tempo l’inglese sembrava occupare una posizione privilegiata
ora tutti riconoscono che le nuo
ve generazioni, con l’aumentata
scolarizzazione obbligatoria, debbono venire a contatto con almeno due lingue straniere. E
nel nostro caso il francese si
impone, non fosse altro che per
una questione di vicinanza.
, "La semaine du français”: da
fatto episodico a spontanea pràtica quotidiana. La via per diventare protagonisti dell’Europa passa, anche dal colle del Sestriere.
F. C.
^VbeiUe
Assicurazioni
AGENZIA GENERALE DI TORRE PELLICE
Via Repubblica 14 • tei. 0121/91820
UNA SETTIMANA DI ATTIVITÀ’
Programma
Sabato 12 ottobre, ore 21: cinema Edelweiss di Pomaretto: la cantante
Pascale Charreton presenta il recital ’’Souvenir de Paris”.
Domenica 13 ottobre, ore 15-16,30: Perosa Argentina, villino nel parco
della Comunità montana: esposizione "Grands yeux, grandes oreilles : esposizione di lavori degli alunni delle scuole elementari e
medie: mostra di libri francesi per ragazzi; ore 17: cinema Edelweiss di Pomaretto: proiezione de! film a cartoni animati "Les aventures fabuleuses du Baron de 'Münchausen", di J. Image.
Lunedì 14 ottobre, ore 21: sala consiliare della Comunità montana: Tavola rotonda: Il francese oggi", con la partecipazione di: R. Bermond,
maestro sperimentatore di francese; T. Boella, ispettrice lingue straniere: F. Mangenot, direttore del Bureau Linguistique; L. Sozzi, docente dell Università di Torino; G. Tourn, direttore del Centro culturale valdese.
Da lunedì 14 a venerdì 18 ottobre, tutti i giorni: nelle scuole elementari
di Perosa, Pomaretto e Perrero: video in francese e incontro con
"L'heure du conte" con la partecipazione di M.me -M.F. Friang:
scuola media di Perosa: video in francese e giornata di animazione
in lingua con la prof.ssa V. Burke.
Venerdì 18 ottobre, ore 21: cinema Edelweiss di Pomaretto:
del film "La trace", di B. Favre.
Sabato 19 ottobre, ore 21: cinema Edelweiss di Pomaretto: la compagnia teatrale Les classiques presenta "Le grand bain”, una produzione del Théâtre de Nice, scritta e diretta da Thierry Vincent.
Domenica 20 ottobre, ore 15,30: cinema Edelweiss di Pomaretto: in concerto, il repertorio di canti francesi dei Gruppi corali delle valli
Chisone e Germanasca.
proiezione
11
r
Il ottobre 1991
lettere
11
IL ’’DOPO
OTTO PER MILLE”
Caro Direttore,
nel numero 35/'91 l'articolo di J.-J.
Peyronel, che traccia il bilancio della
sessione sinodale, fa riferimento, a
proposito della questione dell'8 per mille, alla "posizione contraria delia Tavola", senza specificare che due membri avevano espresso il loro parere
favorevole, anche attraverso interventi nell’assemblea sinodale facendo, così, risultare una posizione unitaria non
corrispondente alla situazione reale.
Nell'articolo in questione non si è
offerto, così, il modo di riflettere su
un fenomeno che mi pare significativo: l’acceso dibattito sui rapporti chiese-stato (di cui l’8 per mille è parte
integrante) ha prodotto, in questi ultimi anni, nelle nostre comunità, una
polarità di opinioni che si è poi riverberata anche a livello dell'esecutivo, determinando al suo interno una
dialettica di posizioni contrapposte.
D'altronde, la diversità di opinioni
non va forse considerata un'occasione
per un proficuo confronto e per un
arricchimento reciproco?
Gian Paolo Ricco, Legnano
LO DARÒ’ ANCORA
ALLO STATO
Caro Direttore,
di fronte alla decisione sinodale
concernente l'otto per mille, non mi
sembrano sufficienti il rincrescimento
0 la nostalgia per una chiesa "straniera e pellegrina”.
Secondo me la decisione presa dal
Sinodo è fondamentalmente errata e
portatrice di preoccupanti conseguenze per le nostre chiese. Essa poggia,
nonostante tutte le buone intenzioni,
1 distinguo e le attenuanti invocate,
su un privilegio di fatto, di tipo concordatario, di cui si chiede di beneficiare.
E questo, in assenza di ogni qualsivoglia progetto di utilizzo dei fondi
che vada al di là di un generico aumento della nostra diaconia o della
nostra beneficenza.
Questo meccanismo cancella un tratto caratteristico della nostra differenza, come protestanti italiani: ci appiattisce e ci conforma. Ed è grande la
rabbia e la delusione di chi, come
me, è uscito dalla Chiesa cattolica per
constatare dopo anni che la Chiesa
valdese, nel suo piccolo, fa le stesse cose. No, il rincrescimento non basta; bisogna passare alla non collaborazione. Quando, dunque, questo perverso meccanismo diventerà operante
anche nei nostri confronti, continuerò
a destinare alio stato la mia quota
Irpef come ho fatto sinora ed a consigliare in tal senso gli incerti, dentro e fuori dalla chiesa.
Saverio Merlo, Torino
PER LA LAICITÀ’
CONTRO I PRIVILEGI
In seguito all’esito delle votazioni
avutosi in occasione del recente Sinodo, devo confessare che mi sento
di appartenere a quella piccola minoranza che ancora si illude di portare
avanti una battaglia che si basa su
dei principi, su degli ideali. Tutto ciò
non mi spaventa né mi scoraggia: sono abituato e consapevole di appartenere da sempre ad un piccolo gruppol
In modo esplicito intendo affermare
il mio no all'8 per mille. In Italia, la
presenza della Chiesa cattolica Influenza non solo il nostro stato ma anche
le chiese evangeliche: nel nostro ambiente ricorre spesso la frase "la Chiesa cattolica... ma noi... ", il confronto
è cioè all’ordine del giorno e, nelle
nostre scelte, molte volte ci facciamo
condizionare. Con la presente vorrei
tentare di dimostrare a chi è favorevole ad accedere al finanziamento pubblico l'incoerenza che vive. Chi è favorevole aH’8 per mille è spesso contrarlo, per principio, all'insegnamento
religioso a scuola adducendo come
spiegazione il principio della laicità dello stato: ora, mi chiedo: se per l'insegnamento religioso abbiamo sempre
fatto battaglie di laicità dello stato,
di libertà, di non volere privilegi, perché lo stesso discorso non può essere
applicato aH’8 per mille? Perché usiamo un peso e due misure diverse?
Qualcuno potrebbe obiettarmi che,
vuoi per un motivo vuoi per un altro.
alla Chiesa cattolica una parte dei nostri contributi rientrerebbe comunque
nelle casse e che usufruendone anche
noi potremmo risanare il deficit di molti nostri istituti e/o centri. Tutto ciò
è comprensibile, vero e in un certo
senso anche accettabile, e Senerchia,
Monteforte, Ponticelli stanno lì ad avallare quest’ipotesi ma, nello stesso tempo, faccio notare che anche i nostri
figli per un certo tempo sono stati costretti a rimanere a scuola durante
l’ora di religione per svolgere una fantomatica "attività alternativa" di cui,
a tutt’oggi, ancora non è chiaro il contenuto. Eppure si è ricorso diverse volte al TAR, senza invece pretendere che
anche il nostro pastore svolgesse
un'ora di insegnamento ché, tanto, il
ragazzo deve "comunque restare a
scuola e tanto vale allora approfittarne!".
Da buon battista sono per l'assoluta separazione tra stato e chiesa e
sono fermamente convinto che ogniqualvolta scendo a patto con lo stato
e questi mi concede un privilegio, le
nostre chiese ne escono impoverite.
Così sono ad esempio contrario anche al riconoscimento del matrimonio
contratto in chiesa a tutti gli effetti
civili perché, con tutti questi privilegi, si va ad intaccare l'indipendenza
della chiesa e la laicità dello stato e
quest'ultimo potrà sempre dirmi: "Sei
bravo a parlare, ma anche tu...”. Noi
cioè non chiediamo più libertà ma privilegi e nel momento in cui accettiamo il privilegio, che il Parlamento
ci concede con la spartizione del finanziamento pubblico alle chiese, da
una parte critichiamo il patto StatoChiesa cattolica firmato dal governo
Craxi, dall’altra però avalliamo tale sistema concordatario.
Più incoerenza di questa!
Termino con le parole del fratello
S. Pietra che in un articolo pubblicato
sul n. 7 di ■■ Confronti « chiede: "L’accettazione della 222 non può costituire l'avallo di un rapporto ritenuto distorto tra chiesa e stato? Non può
dare la sensazione che tutte le chiese siano uguali e che le differenze
siano solo retaggio di un polveroso
passato?”.
"Una minoranza religiosa che crede
ancora nei motivi della sua 'protesta'
ha il dovere di esaltare le sue differenze e sfuggire a tutti i tentativi di
omologazione, compresi quelli che si
presentino allettanti”.
"Vittorio Pallagrosi, Castellirì
IL LIBRO ”30
ANNI A RIESI”
Caro Direttore,
qui a Riesi in molti abbiamo apprezzato l'articolo-recensione di Irene
Wigley, accurato e tempestivo, del
nuovo libro 30 anni a Riesi, edito
dal Servizio cristiano in occasione dell'imminente trentennale di fine ottobre. Vorrei aggiungere che il libro può
essere richiesto direttamente al Servizio cristiano (casella postale, 93016
Riesi) o acquistato presso le tre librerie Claudiana, mentre alcune chiese lo hanno già richiesto in deposito,
li libro costa 20.000 lire, si compone
di 90 pagine con 120 foto in bianco
e nero. Su esplicita richiesta al libro
può essere allegata la traduzione del
testo in inglese o francese o tedesco.
La tiratura è limitata.
Attilio Caristia, Riesi
IL DIO ’’VASAIO”
E LA CREAZIONE
Caro Direttore,
ho letto con vivo stupore le disquisizioni sottili che il pastore Alain Houziaux — vedi ''All'ascolto della Parola" del n. 36 del giornale —• pone
tra "Padre onnipotente" e "creatore
del cielo e della terra”, arrivando a
porgerci l'immagine di un Dio "vasaio” che avrebbe modellato l’uomo
con la creta esistente, ma senza aver
partecipato alla creazione dei difetti
del mondo: i suoi microbi, le sue catastrofi naturali.
A me sembra che chi riesce a pensare e a divulgare tali peregrine idee
sia soprattutto malato di protagonismo,
di spasmodico desiderio di dire cose
diverse, a qualunque costo, per mettersi in evidenza.
A parte l'enorme presunzione di chi
ritiene di poter classificare, nel mondo, le creature buone e quelle cattive — perché, per esempio, i microbi
sarebbero tra le cose cattive? — un
concetto del genere significa ammettere implicitamente l'esistenza di un
pitto Dio, quello che ha creato l’argilla e i microbi. Ma allora perché —
a parte il fondamento della nostra fede basata su un unico Dio — non ci
rivolgiamo direttamente a quest’ultimo,
certamente più bravo e potente, dato
che ha saputo creare l’argilla dal nulla!
Se invece si intendeva riproporre
l’antico dualismo tra Dio e il demonio quale creatore delle cose cattive
non si poteva attribuire a quest'ultimo
il potere, enorme, di aver prodotto il
materiale utilizzato daH’Onnipotente Padre buono per creare il cielo, la terra
e l’uomo.
Secondo me, comunque la si rigiri,
si tratta di una immagine dell’onnipotenza e creazione di Dio da dimenticare.
Cordialmente.
Reto Bonifazì, Terni
Autunno in vai d’Angrogna
ANGROGNA — Sabato 12, nel tempio valdese di Pradeltorno, con inizio
alle ore 21, concerto del Coro alpino
Val di Susa; domenica 13, mostra dei
funghi; mercoledì 16, alle ore 21, nel
tempio valdese del Serre, dibattito sul
tema; "Prospettive per i servizi socioassistenziali in Angrogna" con interventi delTassessore della Comunità
montana Ezio Borgarello e della coordinatrice dei servizi dell’USSL 43, Mariens Gaietti.
Convegni
EVANGELIZZAZIONE
E ACCULTURAZIONE
L’ "obiettivo aperto” che il nostro
settimanale (n. 37 del 27.9.’91) ha
puntato su Guardia Piemontese si presenta con un titolo che fa riflettere:
Per una presenza valdese non strumentale. Che cosa vuol dire? L'autore —
il pastore Cesare Milaneschi, già di
Dipignano-Cosenza — ce lo spiega con
il suo contrario; « Se la nostra presenza in questo paese non sarà strumentale ma sarà dettata da una volontà di dialogo che rispetti profondamente questa popolazione con la sua
identità complessa e difficile da capire, i risultati non mancheranno ».
Ma quali risultati? Se la risposta è
difficile, per altro l’autore mette le
mani avanti avvertendoci che non ci
si deve illudere « in casa valdese »:
« A Guardia Piemontese non sorgerà
una comunità da iscrivere nei registri
di chiesa ».
Ma allora? Perché si è voluto tornare sui luoghi dell’eccidio del 1561
creando addirittura, proprio accanto alla "Porta del sangue”, un Centro di
cultura intitolato espressamente al
martire Giovan Luigi Paschale? Certo,
un apporto culturale c'è stato e c'è
tuttora, ma in quanto ad un apporto
religioso-spirituale il parlarne apertamente è quasi tabù. Ricordando i nomi di coloro che nel 1990 si sono offerti per accogliere i visitatori al "Paschale" (Comba, Crucitti, Laganà, Parisa. Ribellino, Zatti), Milaneschi scrive che si tratta, sì, di persone .« sensibili aJ problema deH’evangelizzazione », ma aggiunge subito che esse « si
sono distinte tuttavia anche per la
delicatezza nel rapporto con i visitatori, facendo prevalere la fraternità su
ogni progetto proselistico, ben sapendo che l'evangelizzazione è annuncio di Cristo e che le nostre chiese,
benché evangeliche, non sono l’Evangelo ».
Grazie per avercelo ricordato ma, anche qui, che cosa vuol dire? Il problema sta tutto nel rapporto dialettico tra attività culturale e testimonianza: se l'attività culturale si esaurisce
nell'incentivare l'identità occitana dei
guardioli (cosa in sé ottima), allora II
"Paschale" può chiudere i battenti con
su scritto "missione compiuta”, dato
che nel frattempo è nata una "Associazione culturale occitana guardiola
(ACQG); ma se quell’attività culturale continuerà a valorizzare gli aspetti
storico-religiosi, sempre drammaticamente presenti con la "Porta del sangue”, allora si dovrà giocoforza passare ad una vera e propria opera di
evangelizzazione, secondo 1 Cor. 9: 16
e il noto monito del Beckwith.
Qui davvero ie cose si fanno più
delicate. Milaneschi ricorda . la storica riserva dei guardioli verso ia pratica religiosa che in qualche modo potrebbe diminuire la libertà dell’uomo »,
e tale riserva egli la pone addirittura
a confronto con Luca 17: 10. Ma —
è bene tenerlo presente — ogni opera di evangelizzazione è rottura con
l'ambiente, è "risveglio" all’interno delle nostre chiese, ma è anche "fermento" all'esterno, purché non si svuoti
vin quel tipico fenomeno di acculturazione a cui accenna lo stesso Milaneschi quando, concludendo il suo articolo, asserisce che <■ il messaggio e
i contenuti culturali che potremo trasmettere verranno assimilati in un contesto ben diverso da quello delle chiese ».
Giovanni Gönnet, Roma
SALUZZO — Venerdì 11 ottobre, dalle ore 10, si svolgerà, presso la sala
d'arte "A. Bertoni”, un convegno su:
’’L'ora del Partito d’Azione: la nascita
del sistema dei partiti nell’età della
Costituente”. Interverranno con due
relazioni Vittorio . Eoa e Giovanni De
Luna; verrà ricordata anche la figura
di Mario Andreis, nato a Saluzzo, che
del Partito d’Azione fu esponente di
rilievo,
Amnesty International
TORRE PELLICE — Mercoledì 16 ottobre, alle ore 20,30, il Gruppo Italia
90 Val Pellice di A. I. promuove un
incontro alla Foresteria valdese: Carla Gottardi, responsabile dell’incarico
speciale donne, presenterà il Rapporto di A. I. sulle violazioni dei diritti
umani contro le donne.
Seguirà un aggiornamento sulle attività del Gruppo e sulla disponibilità
dei soci della vai Pellice per il futuro programma di lavoro.
Concerti
POMARETTO — Il gruppo giovani
della Chiesa valdese invita a partecipare ad un concerto per organo e
flauti, nel tempio valdese, domenica 13
ottobre alle ore 20,30.
Manifestazioni
TORRE PELLICE — Da venerdì 11
ottobre a domenica 13 si svolgerà la
seconda edizione della festa della castagna. Venerdì alle ore 21, nella sala
consiliare, pubblico dibattito sul tema:
"Mercatini biologici: l’esperienza di
Torre Pellice. Quale futuro per l’agricoltura biologica?"; sabato, nell'isola
pedonale, mercatino biologico; domenica, esposizione e vendita di prodotti
agricoli ed artigianali. Nel pomeriggio
concerto e sfilata della banda municipale, distribuzione di caldarroste in
piazza Muston ed esibizione del cantante chitarrista "Curro Savoy”.
Eugenio Stretti, Cannaregio 6091,
30121 Venezia, tei. 041/5227549.
Francesca Cozzi, corso Mameli 19,
28044 Verbania (No), tei. 0323/42653.
Giuliana Gandolfo, via Roma 14,
18038 Sanremo (Im), tei. 0184/577178.
Teodora Tosatti, Frazione Doviziosi,
87045 Dipignano (Cs), tei. 0984/621490.
Thomas Elser, via Santa Barbara 23,
67060 Villa S. Sebastiano (Aq), tei.
0863/678137.
Thomas Josi, via Umberto I 16, 10065
S. Germano Chisone (To).
Donato Mazzarella, via C. Alberto 43,
10063 Pomaretto (To), tei. 0121/81730.
Paolo Tognina, Casa valdese, via Col.
Aprosio 255, 18019 Vallecrosia (Im),
tei. 0184/295551.
Giuseppe Ficara, via Paraci 63, 93016
Riesi (CI).
Claudio Martelli, Pendice Scoglietto
16, 34127 Trieste.
Laura Leone, via Orlandini 14, 91100
Trapani, tei. 0923/20951.
Dorothea Müller, via Val d'Arno 7,
50127 Firenze, tei. 055/417068.
Salvatore Carcò (in emeritazione),
via insorti d'Ungheria 15, 86100 Campobasso.
Franco Taglierò, Chiesa evangelica,
via Fecia di Cossato 9, 13051 Biella
(Ve), tei. 015/403186.
Claudio Tron, Chiesa ev. valdese di
Villasecca, 10060 Riclaretto-Chiotti (To)
tei, 0121/808817.
Ludwig Schneider, Danziger Str. 12,
D-W, 6200 Wiesbaden, tei. 0049/611/
544453.
La figlia Lilly, i nipoti Denis e Lnisa, i familiari, i coUeghi della Tipografi? Subalpina, redattori e collaboratori
dell’Eco delle valli valdesi, profondamente addolorati, annunciano l’improvvisa scomparsa di
Enzo Jouve
e ne ricordano la serenità, la bontà
d’animo e la carica umana.
Il funerale avrà luogo giovedì 10
ottobre, ore 15, presso il Tempio di
Torre Pellice, partendo dall’Ospedale
valdese.
Torre Pellice, 9 ottobre 1991
AVVISI ECONOMICI
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via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06/
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Monte Amiata 2, Cerignola, tei. 0885/
429177.
NUOVI INDIRIZZI
La Tavola valdese comunica i nuovi indirizzi dei pastori in seguito ai
trasferimenti effettuati:
Luciano Deodalo, via G. B. Vela 170,
isolato 6, 80147 Napoli.
Letizia Tomassone, Agape, 10060 Frali (To), tei. 0121/807514.
Sergio Ribet, via Balziglia 44, 10063
Pomaretto (To), tei. 0121/81288.
Renato Co'isson, via Monte Peralba
36, 34149 Trieste.
Cesare Milaneschi, vìa Pio V 17,
10125 Torino, tei. 011/684298.
Giovanni Carrari, via Porro Lambertenghi 28, 20159 Milano, tei. 02/6886612.
Valdo Benecchi, via Curtatone 2/5,
16122 Genova, tei. 010/887225.
Alfredo Berlendis, via Monte Grappa 62/B, 20092 Cinisello Balsamo (Mi),
tei. 02/618080.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: pres'
so Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 13 OTTOBRE 1991
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto I, 1 - Tel. 83904.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo; Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
tono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 13 OTTOBRE 1991
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Brlcheraslo: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, ellcoltero: tei. 116.
12
12 villaggio globale
Il ottobre 1991
GENOVA: UNA TESTIMONIANZA DI RIGOBERTA MENCHU’, INDIA GUATEMALTECA
Un genocidio lungo cinquecento anni
La tragedia continua a perpetrarsi sul popolo indio: povertà, repressione, uccisioni e ’’desaparecidos” - Una cultura millenaria rischia di scomparire a causa della politica tendente aH’assimilazione perseguita dal governo
GENOVA — Alla vigilia del
1992, cinquecentesimo anniversario della "scoperta” dell’America,
la capitale italiana delle "Colombiadi" non vede solo manifestazioni celebrative, ma anche qualche lettura critica della storia
passata e presente del Nuovo
Mondo.
Il 17 settembre la sala Cambiaso del Palazzo della Meridiana era gremita di persone venute ad ascoltare Rigoberta Menchù, india del popolo quichè, una
delle 22 etnie discendenti dai
maya che popolano il Guatemala.
A vederla non si direbbe che
questa timida trentaduenne sia
un’attivista politica, uno dei capi del Comitato di unità contadina del Guatemala. Eppure il
suo nome è famoso in tutta
l’America Latina e per molti
indios è uno dei simboli di una
resistenza che dura ormai da 500
anni. Ci parla del suo paese
dove gli indios, pur costituendo
la maggioranza della popolazione (65%), non sono rappresentati in Parlamento, dove l’80% della terra è nelle mani del 3%
della popolazione (naturalmente
bianca), dove negli ultimi due
anni il livello di povertà estrema è aumentato del 20%.
La scoperta del
ruolo dèlie donne
In Guatemala, in 30 anni, la
repressione militare ha prodotto più di sessantamila vedove,
ognuna con cinque o sei figli
a carico, e il numero dei desaparecidos continua ad aumentare in modo impressionante. E'
proprio in questa drammatica
situazione che le donne hanno
preso coscienza del loro ruolo.
Vistesi strappare mariti, fratelli
e figli hanno compreso che solo
loro potevano condurre la lotta
per rivendicare i più elementari
diritti umani.
« Quando si parla di democrazia in Guatemala — dice Rigoberta — si aggiungono sempre aggettivi come fragile o delicata,
ma la verità è che in Guatemala
la democrazia non esiste ».
Il lavoro di coscientizzazione
iiiiziato dalle donne nei villaggi,
già di per sé difficile a causa
della varietà degli idiomi, è stato ampiamente ostacolato dall’esercito che le diffamava accusandole di essere delle prostitute, mogli di comunisti morti o
in prigione, il cui vero scopo era
quello di rubare i mariti alle
donne che ancora li avevano. Ma
i militari non si sono limitati
alle calunnie.
Rigoberta è troppo umile per
parlare di se stessa o della sorte
della sua famiglia, ma chi ha
letto la sua biografia (tradotta
in italiano nel 1987 con il titolo:
Mi chiamo Rigoberta Menchti,
e pubblicata dalla Giunti) ricorda certamente l’orribile fine di
sua madre, violentata, torturata,
tagliata a pezzi e lasciata agonizzante nella foresta con i militari
che ne sorvegliarono il cadavere
per ben quattro mesi, fino alla
completa scamificazione, affinché non fosse seppellito.
Non si tratta di un caso isolato: questi sono i rischi che corrono quotidianamente le attiviste del movimento. Molte di loro
hanno assistito alle torture e alle esecuzioni dei loro familiari,
ma ciò nonostante continuano
coraggiosamente la lotta.
La politica demagogica del regime riguardo agli indigeni si
preoccupa di educarli, di integrarli, di assimilarli, ma si scontra con la loro volontà di conservare un’identità culturale millenaria.
« 500 anni di oppressione non
sono riusciti ad annientare il popolo indigeno — ricorda Rigoberta —; la resistenza indigena non
è venuta meno ed uno dei suoi
strumenti è stato la trasmissione orale delle tradizioni maya;
tradizioni che ci fanno interpretare la vita come passaggio e ci
insegnano a vivere in comunione
con gli animali e la natura.
Ci accusano di essere contro
il progresso. Ma ci hanno mai
interpellati su questo? Noi non
siamo contro la tecnologia, ma
contro il suo cattivo uso che
distrugge la natura e rende schiavi gli esseri umani ».
Gli indigeni vogliono che il
1992 sia un’occasione per riflettere criticamente su questi 500
anni. Chiedono la parola. Non
cercano colpevoli. Su Cristoforo
Colombo, Rigoberta fa una battuta: « Non ce l'abbiamo con lui.
Non lo colpevolizziamo. Lui, poveretto, scoprì solo di essersi perso ». Poi si fa più seria e aggiunge: « Noi indigeni possiamo perdonare il male che ci è stato
fatto nel passato, ciò che non
possiamo tollerare è che questa
situazione continui nel presente.
C’è come una cortina di silenzio
sulle violazioni dei diritti umani compiute nei paesi latinoamericani e questo non deve conti
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio. Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Penice - telefono 0121/61334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoll
REDAZIONE a AMMINISTRAZIONE: via Pio V. 15 - 10125 Torino ■ telefono
011/655278, FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubblica. 6 - 10066 Torre Pollice - telefono 0121/832166.
EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Roberto Peyrot (presidente), Silvio ReveI
(vicepresidente). Paolo Gay. Marco Malan, Franco Rivoira (membri).
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Italia
Ordinario annuale
Semestrale
Costo reale
Sostenitore annuale
Da versare sul c.c^>.
10125 Torino
ABBONAMEISITI 1992
Estero
L. 52.000 Ordinario annuale L. 85.000
L. 27.000 Ordinario (via aerea) L. 150.000
L. 75.0CX) Sostenitore L. 170.000
L. 90.000 Semestrale L. 45.000
n. 20936100 Intestato a A.l#. • via Pio V. 15
rmare. Da qualche tempo ci è
data la possibilità di far udire
la nostra voce in incontri internazionali, ma questo diritto ci
viene negato nel nostro paese.
Negli ultimi sei mesi, solo in
Guatemala, ci sono stati più di
mille_ tra desaparecidos e assassinati ».
Conoscersi tra
diverse etnie
Intanto per il '92 gli indigeni
hanno lanciato una campagna di
"autodescobrimiento” (autoscoperta) per conoscersi tra loro e
raggiungere l'unità nella lotta.
Conoscersi tra etnie diverse e
contarsi è necessario. A tale scopo era previsto in Guatemala per
il 7 ottobre un incontro intercontinentale delle popolazioni
indigene sul tema: « 500 anni di
resistenza indigena e popolare ».
L’impresa non è priva di rischi.
Rigoberta, che vive in esilio in
Messico, dice che per lei il problema non sarà riuscire ad entrare in patria, ma uscirne viva.
Alla domanda in che modo abbia influito in Guatemala la recente caduta dei regimi comuni
sti nei paesi dell’Est risponde
che se ieri gli indios potevano
essere uccisi in nome dell’anticomunismo, oggi, dato che il
pericolo comunista sembra essere svanito, si cercano altre scuse per eliminarli, come quella
della lotta al narcotraffico.
Riguardo al ruolo delle chiese
nel processo di lotta per i diritti
degli indios, Rigoberta Menchù
afferma che l’opera delle comunità di base è stata determinante e che tra le vittime del regime si contano anche catechisti,
sacerdoti cattolici e suore. La
chiesa ufficiale, comunque, fino
a tempi recenti non ha assunto
posizioni di aperta denuncia, soprattutto dopo che molte diocesi erano state chiuse.
Al loro posto si sono affermate
numerose sette fondamentaliste,
le quali hanno contribuito note^
volmente a smorzare le spinte
verso la lotta. Da diversi anni
gli indios sono rappresentati alle
-Nazioni Unite, ma anche lì i
progressi sono piuttosto lenti.
Avevano chiesto che il 1992
venisse dichiarato "anno internazionale di solidarietà con la lotta e la resistenza dei popoli indigeni”, ma la Spagna si è oppo
sta con tutte le sue forze. Cosi,
come contentino, è stato deciso
che il 1993 sarà proclamato "anno internazionale dei popoli indigeni", una formulazione che, non
a caso, ha escluso' le tre parole
fondamentali: solidarietà, lotta
e resistenza.
Ma Rigoberta e i suoi non si
arrendono, e mentre l’America
e l’Europa si ureparano a celebrare i 500 anni di un genocidio,
si organizzano per elaborare un
documento da presentare nel ’93:
la Dichiarazione universale dei
diritti dei popoli indigeni.
Quando, parlando della lotta
per l’emancipazione degli indios,
Rigoberta ha detto: «Abbiamo
un grande sogno per il futuro »
ho avvertito come un brivido.
Quelle parole rievocavano alla
mia mente il discorso pronunciato da un uomo a Memphis,
nel 1968: « Ho fatto un sogno... ».
Anche quell'uomo era un leader
che si batteva per i diritti negati del suo popolo, proprio come
Rigoberta. Ma non visse abbastanza per vedere il suo sogno
realizzato.
Spero che il destino di Rigoberta Menchù sia diverso.
Sergio Manna
CONSORZIO
PINEROLESE
ENERGIA
AMBIENTE
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Ciao,
sono solo uno
piccola goccia
d'acqua, ma ci
siamo già visti un
socco ai voltel
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accio ogni giorno
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e è un servizio del
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dell'ACEAI
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sono forti, lo mio
chioma è bello e
folto perché gli
operatori ecdoqici
dd CONSOLO
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servizio di
raccolta e
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