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Spett, Biblioteca Valdese
TORRE PELLICE i ;^Ì?
Circolare della Commissione Distrettuale
ai Concistori del 1" Distretto
Cari fratelli,
5;.
In mezzo all’infuriave della tempesta,
U nostro culto del 17 febbraio avrà quest’anno quel carattere di austerità e di
raccoglimento òhe è dettato dati’ ora
storica che attraversiamo.
In oomunione con tutti i marrtiri
delle nostre Valli, che hanno suggellato col sangue e coll’esilig la loro fede;
-in comunione con tutti quelli che ancora oggi soffrono per essere fedeli all’Evangelo, in comwmcme con l’infinita
angoscia di una umanità dolorante, noi
ci. riuniremo nei nostri, templi per ringraziare Iddio della gloriosa libertà spirituale accordata cH sitoi figli; per ringraziarlo anche per l’\nestimabìle privilegio di non essere più perseguitati
per la nostra fede, per implorare le sue
henedizioni sulla nostra Patria, che i
Valdesi, al pari di ogni altro Italiano,
hanno amato e servito fino al sacrifizio
supremo.
Animati da questi sentimenti di riconoscenza, noi non esitiamo a ricordare
XVII FEBBRAIO
« Chi è savio ponga mente a que,ste cppe», , Salmo J07 43
XVII febbraio...: quanti ricordi s¡ affollano alla nostra mente, o Valdesi ’
Visioni di cortei giovanili chiassosi e
festanti, e culti solenni che la stessa
fiamma di entusiasmo accendevano nel l'animo dei ' vegliardi; liete e commoventi serate; banchetti fraterni; pii pellegrinaggi con fuochi di gioia... « Allora la nostra bocca era piena di sorrisi e
la nostra lingua di canti d’allegrezza;
allora fu detto fra le nazioni: l’Eterno
ha fatto cose grandi per levo ! » (Salmo 126).
Gioia e riconoscenza: tali erano le
note fondamentali delle nostre celebrazioni.
Oggi i tempi son cambiati.
La riconoscenza, certo, rimane. Essa
non verrà mai meno. Sgorga irresistibile da cuori commossi verso l’Iddio dei
padñ.
Ma « gioia »? Come, invero, rallegrarsi sotto l’incubo immenso che opprime
l’umanità e minaccia la Chiesa?
Ecco: ferma restando per noi, credenti, la possibilità di « rallegrarci sempre nel Signore » per mezzo di quella
» fede nostra che vince il mondo», la
che scaturisce dall’evocazione del
pesato è pero tutta speciale, in questo momento; è, didaim, più calma interiore; st trasforma, oggi, in sermità
d animo dt fronte agli eventi; equivale
insamma, a fiducia. u le,
Eiducia in Dio che può liberare ancora, ac^e tante volte liberò i padri;
che può proteggere e salvare, sempre’.
iM nostra storia non è forse tutta, quan
0 un seguito di interventi Dwini, e le
ene tizioni del passato non son desse
garanzia p^ il presente e promesse ancora per l avvenire? «La mano dett’Er non e raccorciata», purché come
i padñ, Í figli sappiano confidare in Lui.
, Ma in qual maniera?
1 in un’ora di angustia estrema in cui
venuto a trovarsi il Popolo di Dio
, ci è detto che il pio monarca Ezechia
ricevette una lettera minatoria tale, da
prostrare il più valoroso nella disperazione. Orbene, il re non disperò; non implorò nemmeno con grida laceranti il
Cielo; ma semplicemente, ci riferisce lo
Scrittore sacro (Il Re 19: U, 16) ■« spie,
gò la lettera davanti all’Eterno e pregò, eosì: 9 Sterno, guarda... ».
alla vostra generosità crisitiana la colletta della Rinunzia, che sarà certamente, anche quest’annb, all’altezza del vostro amore per la Chjiesd, e in proporzione alle gravi necessità imposte dalle
circostanze.
Alle parrocchie più particolairmente
provate e a tutte le altre, noi raccomandiamo di continuare il loro lavoro con
quella serenità inalterabile che ha le
sue sorgenti nella coscienza di servire
il Signore. Ciascuno sia al suo postò di
responsabilità, « facendo attenzione gii
urti agli altri per incitarci a carità e a
buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza ».
Che la pace di Dio, che sopravanza
ogni intelligenza; guardi i vostri cuori e
i vostri pensieri in Cristo Gesù.
Torre Pellice,* 15 febbraio 1944. ,
La Commisàione Distrettuale:
Nisbet Roberto
Bertolè Leopoldo
Bertin Gustavo.
'Valdesi, mi sembra che, in questa celebrazione, il nostro atteggiamento non
debba essere diverso: tanto nella luce
dei gloriosi eventi che commemoria/mo,
;. quanto nella caligine paurosa che ci avvòlg'é;..f~«"ò'"Eternò, gvc^da T »."’TnqumP'"
to a noi, « aspetteremo in silenzio la
salvezza dell’Eterno ».
Silenzio di fede, in cui si elaborano
energie novelle per l’ora della ripresa.
Allora, il capitolo che la Chiesa Valdese va così scrivendo non sarà indegno della sua storia.
Lmgi Marauda.
Ritorna, anche que.st’anno, il 17 febbraio.
L’a.tmosfera in cui esso ci trova è
quanto mai oscura, pesante, angosciosa.
Forse dal giorno stesso della tanto attesa Emancipazione non v’è più stato
un 17 febbraio celebrato, come questo,
col cuore pieno di ansietà e di tristezza
per le sorti del mondo, della Patria,
della Chiesa e della nostra stessa fa
A dir vero, c’è da chiedersi se i Vaidesi possono ancora oggi pensare seriamente a quella data, pur tanto cara, assillati come sono da molti altri pensieri e da molte altre preoccupazioni, la
cui import^a trascende i limiti della
loro quotidiana, normale esistenza.
Com,uniqUie sia, il nostro dovere è di
reagire con l’animo dei forti a quel
senso di stanchezza, di timore, di oblio
■ che spesse volte, oggi, ci assale; malgrado tutte le difficoltà dell’ora presente,
malgrado gli avvenimenti di più vasta
portata che si svolgano sulla scena di
questo mondo, il nostro dovere è di ri^^J'^tare con gioia il 17 febbraio e di
celebrarlo, se non sulle pubbliche piazze o nella serena festività dei nostri
^ templi, certo nelllntimo del nostro cuore, sotto lo sguardo di Dio.
Guai a noi, se le nubi che gravano
minacciose sulla nostra Chiesa, i dolori
che solano tanti cuori, i quotidiani
problemi della vita riescono a farci perdere di vista il senso luminoso, inestimabile, fecondo, di ogni 17 febbraio veramente Valdese!
Non saremmo più degni del nome che
portiamo I Potrarm^ anèh« scomparirt
in mezzo alila folla anonima, dopo
smarrito una parla di gran prezzo !
I nostri padri lottarono durante secoli, affinchè spuntasse l’aurora del gior^ no della Emancipazione. La loro conquista fu il coronamento glorioso d’uno
.'sforzo eroico, di una costante resisteii’ za airoppressione ed aUa -persaStlzione.
’f>g»;ciò, non per ula int^esfie^materiale,’
■ttìa per 'l’iaffermazione di un {Principio,
; per un’ideale, per una fede. _ >•
ì A novantasei anni di distanza da quel
j giorno, oseremmo noi irimaner silenzióisi e metter ’quella data tra le cose vec, chie, insignificanti? Potremmo noi per' mettere che il tempo, le difficoltà, i ti^ mori, le minacce, gli sconvolgimenti e
le rivoluzioni attenuassero nella nostra
coscienza e nel nostro cuore l’eco delle
voci commosse e grate a Dio che, negli
umili villaggi delle nostre Valli come
^ nelle vie della capitale piemontese, salutarono l’alba radiosa del 17 febbraio
1848?
Così non sia, fratelli Valdesi ! '
E’ quando le tenebre si fanno più fitte attorno a noi che dobbiamo alimentare in noi la luce, quiella luce che i nostri padri, crédenti in Dio anche nei
tempi più burrascosi, ci hanno trasmessa affinchè la comunicassimo, viva e risplendente, ai nostri figli.
Oggi, nel quarto anno di guerra, in
presenza di tante desolazioni e di tanti
dolori, non è il caso di celebrare irumor
rosamente il 17 febbraio; è giunto invece per noi, Valdesi di nascita e di elezione,, il tempo di rientrare in noi stessi
e di meditare. ,
Meditare sulla misericordia di Dio,
^CQsì chiaramente manifesta e sperimentata itol còrso der'secóli dalla Chiesa e
dai popolo Valdese. A Dio, al Signore
della nostra vita, autore e supremo ordinatore della Storia Valdese, ci riconducé innanzi tutto la commemorazione
del 17 febbraio.
Meditare sul profondo significato di
quella libertà di coscienza che, ai nostri
padri oppressi e fuggiaschi, ha restituito la dignità di uomini, di cittadini, di
credenti, liberi di celebrare il loro culto
e di professare la loro fede secondo la
loro coscienza, cioè secondo quanto Id- ,
dio ordinava alla loro coscienza mie
diante l’autorità unica ed insùj^abile
della Sua divina parola, , .i, , .,
Meditare sullg ijecessità di considerare quella libertà di Coscienza non’già
come un capitale 'ereaitato diai padri e
di cui possiamo, annualmente 'e senza
siforzi;^ rLsouolere giit ^interessi, ’ bensì
come un bene che deviti esserè quQtidìa-,
‘ nmivenbc riconquistato.'q difeso, a dènti
stretti, se necessario; ~ perchè una coscienza che non vigili e non lotti, una
cosciènza che s’adàtti al quieljO .vivere,
alla viltà interiore, alla mèrizogna,, al
compromesso, alla pigrizia spirituale,
alla prosperità m.ateriale, làU’inìquità ed
all’amore del mondo, finisce tosto, o tardi per iperdere la sua libertà, là più preziosa e la più sacra di tuUe le ìibertà,
quella religiosa, e per ricadere in uno
stato di interiore, opprimente servitù.
Meditare sul valore deEa fede vera,
cioè della fede in Dio. 11 miglior esempio, a questo proposito, ci viene dai no- stri padri. Essi aspettavano tutto da
Dio; il pane quotidiano come la liberazione dai loro oppressori, la salvezza
dalla loro anima come la forza di. confessare davanti al mondo il nome glorioso di Cristo e la potenza del. suo
Evangelo. A noi dunque, nel tempo presente, il compito di imitare la loro fede.
Meditare sulle condizioni presenti della nostra Chiesa © poi pregare.
Pregare, perchè le sia conservata ia
• sua libertà di coscienza e di culto; perchè- neU’ora della bufera essa possa rimaner ferma, così sui suoi monti come
nella' lontana Sicilia; perchè, dovimque
vi sono dei Valdesi, il nome di Dio sia
glorificato e santificato; perchè, in qual-;,siasi situazione politica e civile, il; can-'
deliere dalle sette stelle possa continuare a rìsplendere in noi ed attorno a
noi.
Pregare perchè quando a Dio piacerà e dopo le tremende lezioni deirora
attuale la nostra cara ChieSa, oggi divisa dalla mano degli uomini, possa ri-,
prendere il suo compito in ima Italia
libera ed unita, nella concordia degli
animi, nel reciproco rispetto delle idee,
nel comune sfor^jo di recare agli uomini la parola della fede, della speranza,
della carità. E. Rostan.
STA »SCRIT
• e •
Voci d&l mare...
Sua Maestà Cristianissima, Luigi XIV
re di Francia, ama l’ordine in ogni
cosa; nelle cose di mare, della fede; anche nella contabilità; quella delle « bastonnades » per esempio.
In ciascuna delle sue basi navali vi
è im registro apposito dove, scrupolosamente, vengono annotati tutti i dati
caratteristici dei marinai, degli ufficiali, dei galeòtti.
Ogni galera ha il suo registro.
L’Eclaitante
La Renommée
La Dauphine
La Galante.
Bei nomi sonanti di belle navi da
guerra su cui la bandiera di Sua Maestà Criistianissima onde^ia superba.
Quando il vento non soffia, a fòrza di
remi avanzano le belle navi; a forza di
braccia arrancano sfiniti gli uomini inchiodati sui banchi; a forza' di nerbate
i capi ciurma rinnovano le forze degli
uomini. Veramente uomo è la creatura
che un nome distingue da un’altra creatura, il nome che padre e madre han
bisbigliato davanti a Dio ed agli uomini. Ma qui, neiranno di grazia 1700, il
registro della reale galera La Renommée non accoglie più nomi; registra dei
numeri. i '
11.686: un numéro: un galeotto.
Una volta, ftno al 1689, era un uomo:
Berru Jean « Vaudois de S. Jean, Vallée de Luzerne, condamné a Grenoble
pour partécipatiùn à l’expédition des
Vaudois ».
11.688. un numero; un galeotto.
Anche questo, una volta, fino al 1689,
era un uomo: Jean Pierre Bonnet, du
bourg de Jouvet, d’Angrogna. Ed ’ anch’egli, annota il compilatore, è stato,
a Grenoble, condannato « aux galères »
per aver preso parte alla spedizione dei
Valdesi.
Due numeri: due creature umane su
cui scendono senza pietà le nerbate dei
capiciurma delle galere regie.
D&ll’EclaÈante passa sulla Renommée
il numero 11.686, le dall’Eclatante sulla
Dauphine; gli ufficiali del porto annotano senza retorica; 27 settembre 1700:
il numero 11.686 ha riceìmto una «bastonnade » di 53 colpi, su rapporto del
signor cappellano. Il 27 dicembre 1700,
Jean Berru è ancora una volta sbarcato dalla Dauphine per ricevere una
nuova « bastonnade ».
Più tardi, molto più tardi, nell’anno
1713, troviamo Jean Berru graziato, per
l'intervento dei principi protestanti, a
Rotterdam, dopo 20 anni d’inferno sulle
galere di Sua Maestà Cristianissima Luigi XIV, re di Francia. La carità dei fratelli Valloni gli coiicede un sussidio
straordinaria di 25 fiorini.
♦ • •
Era partito nel 1689 per marciare,
con i fratelli, verso la terra promessa;
le Valli amate, la piccola patria,
chiamavano, e chiamavan con lui J
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P.
Bonnet, l» memorie degli avi sepolti
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ntìle spelonche dei, niò^lì; che .^evsin
conosciuto il siangue, là ino^e/il eacirìilzio, la fedieltà dei padri. • ^
Éd il lago Lemano aveva sorriso lóro,
" lieto presagio ad un’inoipi^a disperata;
ed i primi erano passati^ ^ aspettavak ' no sull’altra sponda-..; ed'i harcaioli ebhnró-paurargli ultjtmi atoasero^ vittirne
. del iiemico dtè incailza. ,
Dal lago sereno Jean Berm a J. P*.
- Bonnet giungcnb alle galere <die solcano il mare.
E soffrono, e lottano e stringono i
denti, per non ricordare, par non sognare. I sogni sono un tormento. Non bisogna pensare ai compagni che combattono, non bisogna sognare le Valli; bisogna dimenticare, farsi un cuore nuovo, una vita nuova. ,
Era pur dolce il tritomo: i pini di Frali, il mormorar della Germanasca, i
campi solatii della collina di San Giovanni, le sacre-rocce del Vahidalino, e il
crinale della Vaccera, il santùario di
■’Pradeltomo !
Era dolce, era umano. Era tropp>o dolce, era troppo umano ! Ora che le catene fissate alle membra diventano il
segno di catene che devono tenerli maledetti nel fondo cupo di ima sentina
senza speranza, ora i due galeotti Vaidesi comprendono:
Vi è qualcosa che conta più che tornare alle Valli ! Forse quel sogno, a lungo accarezzato, era ancora una tentazione ed una debolezza; forse la loro fede
non era ancora pura di ogni scoria; forse essi non avevano ancora ben compreso che in loro l’amore delle Valli era
quasi tutto, mentre ehe Tamore di Dio
è un amore geloso.
Ora comprendono che nella galera è
una patria nuova ed una luce nuova: .
una sparanza sempreviva; fra la ciurma dissennata vi è una testimonianza
da dare, im combattimento da combattere che é più aspro e più duro e più
spietato di quello che Amaud combatte sui monti della piccola p>atria!.
Una testimonianza che costa sangue:
in una vola sola una « bastonnade » di
53 colpi ! Che può costare gli anni più
belli: 20 armi di galera, Jean Berru !
Che può costare la vita, J. P. Bonnet.
Un inferno dal quale si può fuggire
per tornare alle Valli: il sogno che diventa realtà: basta una parola sola. Ma
questa parola Jean Berru e J. P. Bounet non possono pronunziarla. Sta
scritto:
« Non temete coloro che ' uccidono il
- corpo, ma non possono uccider Vanima;
temete jnuttosto colui che può far perir l’anima e il corpo nella geenna ».
Perciò J. P. Bonnet galeotto sulla Galante rimane fedele fina alla morte, in
un kzzareto di Maisiglia nell’ anno
1707.
Perciò avendo perduto la vita loro
per cagion del loro Dio, hanno ritrovato
la vita.
Voci dal monte.
Il mese di ottobre 1089 porta giorni
di crisi per i Valdesi che, sfidando fi re
di Francia e il duca di Savoia, sono accampati nel Val San Martino. Son rotti
i collegamenti con il reparto che s’è rifilato in Val d’Angrogna; i viveri
nfencano; i capi tradiscono.
Il capitano Turel è fuggito il 15 ottobre per salvare la vita con pochi compagni e il 23 novembre la giustizia del
re di Francia l’ha rag^unto: a Grenoble egli viene « roué vif » e gli fan de,gna corona dodici forche da cui pendono dodici compagni.
E’ il mese dei tradimenti: anche il
capitano Fonfrède è partito con 21 compagni per salvar la vita.
E la situazione è grave: il marchese
de Barelle ha incendiato Villaseooa e
tutto rinvierà}, su, su, fin verso Berrero
è saccheggiato: ancora si parla,„e sempre, di tradimento.
Il caipitano Antonio Beiiion, di San
Giovani, che comanda la seconda compagnia di San Giovanni, nel Rimpatrio
epico, da Rodoretto è ¿unto alla Bi^ziglia. Sono uomini che hanno sfidato
la morte cento volte, che non temano il
pericolo, che sono stati i primi in ogni
combattimento aperto: che amano le
loro Valli, le loro case più di ogni cosa.
EJd ora nella notte serena, le cime assumono contami strani: è tutto uno scenario di sogno in cui la voce del torrente e il sussurrar dei pini parlano ai
rudi cuori stanchi un linguaggio suadente ché commuove, che vién di lontano, di laggiù dove essi han lasciato 11
loro tesoiro ed il loro cuore: « Tornate,
tornate ».
Non è forse giunta una lettera di im
capitano svizzero, in aervizio preeao al
vi'’
i ^
'duca,' ^ Perosa, che annunzia la ipsce e
^■promiette un ritorno, salva la inipi, alla
casa diei padri? E-’ vero che di Dio non
si' parla, ,ma, l’importante,'.prima dii
tutto non è forse di tomaire? '-v =-i
* « Non sognare, capitano BeUion; apri
gli occhi;, p?*ima di tutto: Dio. Foiraie che
non sta scritto: Dove è il vostro tesoro,
qttiwi eziandio sarà il vostro cuore? E'
in cielo il tuo tesoro, o sulla terra, nelie
rÉ^^Ue tue Valli? E’ in cielo il tuo cuore,
o sulla terra, nelle tue Via^? E’ per
Dio che monti la gualrdia e per il suo
onore, o per te e per il tuo onore? ».
Ma la voce idei monti, la voce del
sangue è forte, sempre più forte e corpre tutta le voci: egli vuol tornare; e
da*’“ Massello, il 22 ottobre egli scjende
a valle, a riprendersi il suo tesoro, a
calmare i sogni del cuore. Ed a valle le
guardie del re lo fermano a Perosa: un
caroare lo attende e, nel carcere, la
morte.
La morte del corpo. DeH’anima sua
nessun documento ci parla; dell’anima
sua agli non parla mai. Il 17 febbraio
1690, dalle carceri di Pinerolo egli scrive una lettera al fratello Bartoloimieo
che, alla BalzigUa, tenta l’ùltima difesa; idi una sola cosa egli parla: salvare
la vita; ad una sola cosa egli pensa:
alla sua casa. Ma ha un senso questa
vita nella sua casa, se questa casa non
è la casa di Dio?
Che vale ad un uomo di guadagnare
il mondo se egli perde Vanima sua?
Il capitano Antonio Béllion non ha
guadagnato il' mondo ed ha perso l’anima sua'. Cl.
LA VISIONE
Il fratello Felice ha avuto una visione
giorni fa (1), e quella visione mi è siembrata così espressiva e terrificante, che,
dopo averla salutarmente meditata, ho
pensato di raccontarla ancora ai leittori
deU’Eco.
AI culto di quella domenica mattina
si era meditata la parabola delle dieci
vergini (Matt. cap. 25). Turbato dalla
tragica condizione delle vergini pazze
(anch’esse pure, anch’esse invitate aUe
nozze, partecipi in tutto e per tutto dell’attesa delle cinque savie), Felice si domandava, tornando a casa sua, coifi una
crescente, angosciosa inquietudine, se
I>er caso egli non si trovasse poi ad essere nella loro stessa condizione.
Questo esame introspettivo, fattò con
lacrime e supplicazioni al Signore, lo
tenne gran parte della notte in preghiera, fin quando ad un tratto i suoi occhi
videro le acque rapide di un fiume che
scendeva verso una voragine profonda.
Nel mezzo delle acque era una pietra
che mandava bagliori di fuoco. Di fronte, una strada larga giungeva al fiume
e questa strada era pefcorsa da una
moltitudine di persone, ognima delle
quali, volendo attraversare l’acqua, poggiava i piedi sulla pietra; ma questa cedeva, inclinandosi, e i traghettanti cadevano nell’acqua e sparivano nell’abisso.
Una voce invitò Felice ad attraversare ancor lui il fiume, ma egli, terrorizzato. si rifiutava, resisteva, gridando
che non voleva caidiere nell’abisso, ma
invece andare col Signore. Tuttavia la
sua inesistenza dovette cedere aU’ordme
perentorio, onde anch’egli, tremando e
pregando, poggiò i piedi sopra la pietra
fluorescente la quale invece lo sostenne, ond’egli passò all’altra riva. Alzati
gli occhi al cielo, lo vide aperto ed ecco
il suo nome stava scritto nel Libro della Vita.
Oh ! Beato fratello Fehce Î
Vogliamo meditare il senso profondamente grave di questa visione?
Gesù Cristo, la roccia dei secoli, la
pietra angolOire che gli edificatori han
riprovata è-diventata il capo del cantone... e chi caderà sopra questa pietra
sarà tritato e ella fiaccherà colui sopra
cui ella caderà (Matt. 21: 42, 44).
Gesù, speranza suprema di tutti i
credenti neirora estrema del trapasso,
pietra splendente nelle acque tetre del
lugubre fiume, è rocca di salvezza ina
altresì pietra che trita e che fiacca.
Perchè Gesù risponderà un giorno a
coloro che hanno sì predicato e operato
nel Suo Nome, ma che non hanno osservato i Suoi comandamenti: « lo non
vi conobbi giammai» (Matt. 7: 23). Ed
alle vergini pazsse che han lasciato spegnere le lor lampade e non sono state
trovate pronte per entrare con lo sposo;
« lo non vi conoscx) » (Matt. 25: 12).
(1) Non si tratta di un nwooato immafiaailo ma (h «a fatta nsdit.
^ Ecco, nella visione, la pietra lùnunò^
sa che rifiuta il sostegno ! > ‘
' Quale tremenda condizione Tesser
cacciati dalla pnesenza del Signore a
causa della nostra inconseguenza e della nostra infedeltà !
Molto si è predicato le compassioni
-‘del Signore e troppo taciuto la severità
itdel Suo giudicio ! Ma invano gli uomi‘ ni cercano di accomodare la Parola di
Dio ai loro gusti o preconcetti, chè neppure un iota, di essa può trapassaire.
Anzi, ne avranno a render ragione costoro di aver così insegnato agli uoimni.
E’ l’ora di risvegliarsi e di accendere
le lampade; è Tara di gridare a tempo
e fuor di teilipo che la salvezza deve
esser presa sul serio e la conversione
deve trasformare i cuori; è l’ora di vivere fedelmente TEvangelo.
Larga è la via che mena alla perdizione ma, stretta e angusta è la via della salvezza e pochi entrano in quella.
La via larga è la Chiesa mondanizzata, è il compromesso, è l’etichetta, è
la superficialità, è Tinfedaltà.
Il Signore abbisogna di profeti che
osino gridare nel deserto: « Progenie di
vipere, fate dunque frutti degni di penitenza » (Matt. 3: 8-10).
Gli uomini hanno bisogno di guarda, re la verità in faccia.
Gesù Cristo sarà Egli per noi la rocca di salvezza o pietra di giudicio?
, « Lasci l’empio la sua via, e l’womo
iniquo i suoi pensieri; e convertasi al Signore ed egli avrà pietà di lui; e all’Iddìo nostro, perciocché egli è gran perdoThatore » (Isaia 55: 7). A. Ch.
PAOLO PANTAIEO
Nel novembre scorso, a 75 anni, ha
chiuso in Cranona il suo pellegrinaggio terreno il prof. Paolo Pantaleo,, noto
pubblicista, miambro della Chiesa Wesleyana e del Comitato direttivo della
stessa.
Breve malattia lo aveva già costretto
a interrompere la sua feconda attività
di pensatore, la sua valorosa collaborazione a riornali le riviste, sino a che la
sera del 9 novembre ricevette la suprema chiamata ed entrò nella Casa del
, Padre per la quale ri eiià preparato con
la sua chiara, illuminata esperienza cristiana ed il servizio reso fedelmente
per lunghi anni alla causa dell’evangelismo italiano. Per cui la sua terrena
dipartenza è grave perdita non solo
per la Chiesa Wesleyana, ma per tutta
la Chiesa Evangelica d’Italia che perde
con lui un ardente patriota mazziniano,
uno strenuo difensore dei genuini valori cristiani per il rinnovamento religioso della nostra Patria, un acuto e
chiaro scrittore sempre al corrente con
le più moderne correnti di pensiero, un
cristiano che ad una fede illuminata
univa una rara modestia.
La cerimonia religiosa celebrata dal
pastore Em,anuele Bufano fu un vero
plebiscito, di stima e di cordoglio della
cittadinanza cremonese ed una-'magnifica affermazione di fede evangelica.
Il lutto della Chiesa sorella è il nostro lutto, tanto più sentito quanto più
vivo è in noi il ricordo della sua fattiva collaborazione ad un’unione feconda
di tutte le forze evangeliche d’Italia.
Ricordiamo le sue parole cosi schiette
neila riunione che vide affratellati i
membri del Comitato Permanente direttivo della Chiesa Wesleyana e della
Tavola Valdese. Ricordiamo il .suo interesse per l’opera nostra e come egli
avesse in animo uno studio sull’opera
assistenziale svolta dalla Chiesa Valdese. a traverso i secoli. Egli ha lavorato
fedelmente fino all’ultima ora: la chiamata del Maestro lo ha trovato con la
lampada accesa: egli aspettava.
Alla Chiesa sorella esprimiamo la nostra simpatici. Red.
La Scuola Domenicale
ottava Lesione - 20 febbraiò 1944
parabola delle dieci vergini
Lettura: Matteo 25: 1-13 - Imparare vers. 113 - Vers, centrale: vers. 11-12.
Questa parabola e la seguente del talenti fanno parte dell’insegnamento intorno al
ritorno di Cristo. Sia Tuna, sia l’altra ripetono con varietà di particolari l’insegnamento dì 24: 42: « Vegliate, perchè non sapete
nè il giorno nè Torà»... Perciò «ntramb« ai
appUoMke l»«cie aneh« al memento solenne
in cui ciascuno di noi, terminata ia sua ce«T
nera terrena, sarà invitato a raggiungwe ìl.i
suo Signore. > ■ »
Il giorno del ritorno di Cristo è un gior^ no solepne e lieto come una festa di nozze.
I Ma qual giorno -può tardare. Nel frattempo è
quaw inevitabile che la vigilanza dei credenti SI alienti un poco: tutte le vergini, le savie come le stolte, si addormentano, cessano
c.oe di vegliare, di attendere con l’animo
teso. Ma quando lo Sposo arriva airimproTviso, coloro che avevano drite riserve mlri
’ àUmentata dal
le fonti inesauribili della grazia dello Spirito Santo* si riprendono prontamente e vanno incontro allo Sposo. Gli altri oeràaio invano di improvvisare qualche cosa’in sosti-,
tuzione drila loro deflderite vita spirituale. I
credenti più maturi, purtroppo, non pomoao
aiutarli in questo frangente. Le profonde riserve della vita spirituale non si possono ottenere nè concedere in prestito. Viene un momen'to, in cui ognuno di noi deve stare, davanti a ^ Dio, armato delle sue sole risorse
personali. E quel momento può essere il momento decisivo, che non si ripete e non ha
ritorno. Non addormentiamoci duimue in
una falsa sicurezza. Pensiamo, che" come
avremo vissuto, cosi saremo trovati aU’ora
strema, e che i ripieghi dell’ultimo momensostituiscono la preparazione pei»g-„
varante e savia di tutta una vita.
Nona lezione - 27 febbraio
PARABOLA DEI TALENTI
Lettura: Matteo 25:. 14-30 - Imparare vers.
14-21 - Vers, centrale; vers. 21.
Cronaca Va/dese
BOBBIO PELLICE
Il 31 gennaio u. s. un lunghissimo cortes
accompagnava al cimitero la salma di Daniele Davit, del Capoluogo, deceduto all’atà
di anni 64.
Il defunto godeva di particolare stima nel
paese per l’integrità del suo carattere e per
la sua apprezzata opera di conciliatore.
Alla famiglia, di cui il figlio minore è in
Germania, rinnoviamo ^ sensi del nostro fimterno cordoglio.
PINEROLO
Sabato 12 corrente si- svòlsero ,1 fu«««li
del nostro fratello Giacomo Rivoiro,
frazione Castagne, deceduto all'età di anni T8.
La nostra simpatia cristiana è assicurata all«
vedova, alle figlie e alle loro famiglie e ai
parenti tutti dèll’^tinto.
— La festa della nostra Emancipazione
sarà celebrata con un culto speciale aU*
ore 16 di giovedì 17 corrente e da un culto
di consacrazione domenica 20.
SAN GERMANO CHISONE
Un culto di Rendimento di gptei« per
l’Emancipazione avrà luogo, a Dio piacendo,
domenica 26 corrente, alle ore 10.10.
VILLAR PELLICE
Quattro famìglie della nostra eemuaité
sono state improvvisamente visitata dal lutto per la tragica dipartenza, awenuWf H 4
febbraio; di: Carlo Alberto Talmon ài Giovanni Bartolomeo, in età di anni 48} Davide
Carlo Travers fu Giov. Giaconpo. in età di
anni 31; Giovanni Daniele RiVoira fu Otovanni Pietro, in età di anid 51; e Giuseppe
Roux fu Giovanni Daniele, in età di anni 4J.
Il «Dio che ci consola in ogni nostra afflizione» sia la forza dei genltoft, delle tre
giovani vedove, dei nove orfani, dei pareoti
tutti, nella loro grande prova. A'
f>rof. OiNO COSTABII,, Direttore raspontaHle
AutoriaMziona Min. cultura PoftoJlP* ìt- I*
dal 1 gaOliAio ÙM4>XXII
ARTI eRAPlCHE " L’ALPINA „ - Terre PellÏM
1
Si può fare qualche cosa di meglio che
dormire, nell’attesa della venuta del Signore. Il problema, per i cristiani è di occupare bene il tempo loro concesso, fino alTara
solenne del loro incontro con lui, mettendo
m valoer i doni che Dio ha loro affidati.
Questi sono diversi, ma sempre notevoli (nella parabola, circa 125.600. 50.006, 25.000 Lire).
Dio conosce la ragione di questa disuguaglianza, che non deve essere per noi’ un mb-^
orgoglio nè di scoraggiamento; perchè la disuguaglianza del punto di partenza può ^ere pareggiata ai punto di arrivo.
L attività dei servitori fedeli riesce nei due
primi casi a raddoppiare Tefficienza del
amo ricevuto, e la lode che ne ricevono è
pari per entrambi. Ma chi s’indispettisce o
SI scoraggia par la piccolezza del suo dono o
delle sue responsabiUtà, e rinuncia a metterli in valore, ncai sarà nemmeno in grado
di restituire al suo Signore, alla resa dei
conti, il prestito che ne ha ricevuto: in realta i talenti inattivi (intelligenza, volontà,
tede, amore,, speranza) non si conservano ai
dissipano e si intorpidiscono. Perchè la conclusione della parabola: « A chi ha sarà
dato », esprime anzitutto una legge costante della vita spirituale: chi si prodiga per il
bene, vedrà i suoi « talenti » moltiplicarsi, e
non potrà nemmeno onestamente compiac«
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dfel suo iSVòTo, ma dovrà riconoscere in questo accrescimento un « dono », una benedizione di Dio, che dopo avergli dato inizialmente continua a colmarlo con «sovrabbondanza ». L’Evangelo cl insegna a concepire
anche ia retribuzione eterna in conformità
di questa legge spirituale.
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