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Roma, 24 Ottobre 1908
Si pabbllca ogni Saboto
ANNO 1 - N. 43
LA LUCE
Propugna grînteressî sociali^ morali e religiosi in Italia
ÀBBONÀMENTI
«
«
Italia; Anno L. 2,50 — Semestre L. 1,50
Estero : » » 5,00 — * * 3,00
Un numero separato Cent. 5
I manoscritti non si restituiscono
INSERZIONI
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e.
Per linea o spazio corrispondente L. 0,15
c € da 2 a 5 volte 0,10
c « da 6 a 15 volte 0,05
Per colonna intera, mezza colonna, quarto di colonna e
per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
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Direttore e Amministratore ; B. Celli, Via Magenta 18, Roma
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SOMMARIO
Guardando attorno. — Hanno perduto la fede . —
Il caso Minocchi. — Un giornale socialista cristiano. — Nel segreto di un’anima, Arturo Mmgardi. — Galleria scientiflco-religiosa :
Haller, E. M. — Venga il tuo regno, O. Banchetti.
— Missioni e missioni, G. Weitsecker. — Per la^
pace, Y. — Tragedia e farsa, Enrico Rivoire.
Scuola di Teologia : — inaugurazione dell’annp;
accademico, F. — Sottoscrizione al fondo < Mat-:
teo Prochet j>. — Programma del IV Congresso;
Nazionale delle U. c. d. G. - Salice piangente,;
Enrico Oarrou. — Primavera della Vita, T. G. |
Cinematografia umana : Un Ubro pericoloso, Miles)^
Christi. i
:Gaardar)do attornd
(Noterelle 'e Ôifi)igolâ.tiare)
Pio X teme più i Modernisti che ogni altra sorta
di nemici. Parlando ai pellegrini) milanesi .egli si è
espresso così: .
. Non crediate che io vi dica di guardarvi dagli in« creduli, dai razionalisti, dagli eretici che combattono
. contro la fede, dai libertini^ dai licenziosi che im. brattano di fango la società cristiana; ma vi racco. mando di guardarvi in modo speciale da quelli più
€ insidiosi e più temibili che vengono, coperti dalla
* pelle di agnello,' e “— lo ha detto'anche Gesù Cristo
< — intus autem sunt lupi rapaces *.
Vi faccio grazia del resto, chai sa di linguaggio inquisitoriale di tre 0 quattro secoli addietro.
*
« 4:
Quel che preme a Pio X — papa del XX secolo — non
è altro che quel che premeva ai papi dei tempi andati : la sottomissione cieca. Non basta essere più o
meno ortodossi nel senso romano, bisogna essere anche
disciplinati e obbedienti.
Assisteremo quindi a nuovi provvedimenti contro
i capi più in vista del movimento religioso in grembo
al Cattolicismo. Paiono prossime la scomunica di don
Murri e la sospensione di padre Semerla dalla con
fessìone.
♦
• •
Non crediamo però che Pio X abbia tutti i torti che
si dice, dal suo punto di vista, ben s’intende. Ma, signori Modernisti, se non la pensate più come colui
che rappresenta la Chiesa romana, perchè v incaponite a restare nella Chiesa romana? Il vostro contegno
è illogico.
Le nostre idee circa il Modernismo propriamente
detto son note ormai ai Lettori della Luce. Non lo
approviamo, poiché evidentemente chi dice moder
nismo dice razionalismo.
*
• «
Immensamente più simpatico ci è sempre rleseitoe
ci riesce tuttora quel Modernismo di tutt’altra specie,
quel Modernismo • equilibrato e sano* come lo chiama
la Stampa di Torino, che sembra accentrarsi in Italia
intorno alla nobile figura del padre Bartoli.
. Fra poco — dice la Stampa — scenderà in campo
» l’ex'gesulta P. Bartoli con un poderoso volume che
« darà assai da pensare ai suoi antichi colleghi della
. Civiltà Cattolica. Del resto anche la rivista dei Ge
suiti è in crisi, volendo il papa le dimissioni di due
suoi redattori, il P. De-Santi e il P. Pavissich.
« P. Bartoli, anima ardente d’apostolo, che rivive
con migliòri entusiasmi cristiani la teologia di cui
fu professore per tanti anni nei collegi della Compagnia di Gesù, che cooperò alla stesura di più di
una enciclica, intende adoperare il suo forte ingegno
per mostrare di quanto dannose superfetazioni siasi
ormai coperto il Cristianesimo primitivo ».
« «
Ai seminaristi milanesi il papa ha raccomandato lo
studio della scienza. Ottimo consiglio !
« Per acquistare questa scienza, egli ha soggiunto,
€ non bisogna attendere di essere adulti, ma appli« carsi fin dai primi anni del sòminario ».
Benissimo ! Ma perchè non ci ha egli pensato un
poco prima, perchè chiuder la stalla quando i buoi
sono scappati ?
In occasione del recente pellegrinaggio parmense.
Pio X fece un discorso * ben preparato, che durò 23
minuti ». Secondo' il prete che ebbe la gentilezza di
fornirci qualche notizia circa il ricevimento di lunedì
scorso, l’allocuzione papale avrebbe potuto essere proferita senz’inconvenienti nel nostro tempio evangelico
di Via Nazionale. Ai laici infatti il Pontefice raccomandò di ascoltare con assiduità la predicazione dell’Evangelo, e ai sacerdoti raccomandò di lasciar in
pace gli avversari, predicando l’Evangelo solo.
Ma che cosa intende Pio X per « Evangelo? ». Qui
sta il busillis. Forse il libriccino che in un’altra recente occasione egli raccomandava vivamente, cioè
il... catechismo ?...
E’ da augurarsi, in ogni modo, che i sacerdoti della
Diocesi di Parma prendano a lettera l'esortazione
papale.
Un illustre corrispondente mi scriveva, in una
lettera privata : « Mi sono abboccato con .parecchi
Modernisti, ^ma ho dovuto purtroppo convincerjni
ch’essi hanno perduto la fede I » E l’illustre corrispondente concludeva : « Senza la fede non si fabbrica ».
Proprio in questi ultimi giorni, io ho avuto il
bene d’accostare* due simpaticissimi membri del pellegrinaggio parmense, venuti qui a Roma, più certo
per vedere l’eterna città, che non per visitare 1 Infallibile ; ed anche da queste sincere labbra di umili
e spregiudicati credenti un consimile lamento ho
riadito: « I nostri contadini, e forse più le nostre
contadine della diocesi di Parma frequentano ancora
per formarla chiesa, ma in fondo a quei poveri cuori
c’è l’ateismo : hanno perduto la fede ! »
Perduta ?
' Forse il termine non è del tutto esatto. Quei dotti
Modernisti e quelle agitate popolazioni socialiste non
hanno probabilmente mai posseduto la fede.
Stanchi dell’oppressione autoritaria che li costringeva sotto il giogo della superstizione, i Modernisti
— dopo, aver aperto ranimo a un vivido raggio di
libertà — si sono sforzati di reagire foggiandosi una
nuova credenza più umana, più ragionevole. Se non
che credenza non è fede : ci corre !
Sotto r influsso d’nn socialismo ateo, qual è per
appunto il socialismo del De Ambris e compagni,
gli arditi lavoratori delle campagne parmensi han
buttato a mare il logoro bagaglio delle loro vecchie
credenze ; e privi essendo par di bisogni intellettuali, non si son dati altrimenti la briga di ricostruirsi nn credo qualsiasi, ma — come spessissimo
avviene nelle reazioni ignoranti — spingendosi fino
I agli estremi, essi han fatto piazza pulita d’ogni credenza passata e rinunziato ad ogni credenza per il
presente e per Tavvenire. Se non che io domando :
i lavoratori parmensi, prima del naufragio, possedevano essi una fede ?
Una fede, no, ma solamente una credensa tutta
fatta di superstizioni e di credulità.
Bisogna distinghere ’e distinguere bene : altro infatti è la fede, altro là credensa.
Entrambe sono egualmente iùdispensabili : 1’ una
richiede l’altra ; ma sarebbe errore gravissimo confonderle insieme, come fossero nna sola e medesima
cosa.
\jA fede^ senza una limpida credenza, non è che
nn sentimento mobile e fugace al pari di ogni altro
sentimento. Su tal base, instabile come la rena del
mare, è sogno fantastico il voler fabbricare.
Dall’altro lato, la credensa senza la fede è un’adesione della mente, è nn mero intellettualismo. E
quali frutti ne vengono ? Ecco : in un dato momento,
alla coscienza eccitata la credensa s’appalesa erronea, satura di credulità e di idee superstiziose. Che
farà la coscienza? Se ne libererà al più presto indignata. E che mai resterà? Nulla. Nemmeno!vaporosi ideali onde è fecondo un sentimentalismo poetico. Or perchè ciò? Perchè l’animo era chiuso al
sentimento religioso ; perchè ad essa credenza non
rispondeva una fede qualsiasi. Naufragata la credenza, ecco a fior d’acqua galleggia una tavola sola,
lugubre testimone non d’una crisi d’anima, ma d’una
crisi d’intelletto, e la tavola è \ateismo.
Nessuno più di me è avverso a quel vacuo sistema che si chiama Fideismo ; ma m’è pur forza riconoscere che il Fideismo ha — come ogni altro
falso sistema del resto — un lato veramente ottimo. Il Fideismo non tien conto se non di una
cosa : del sentimento ; non esalta che nna cosa : la
fede. Non si potrehb’ essere più unilaterali ; e qui
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2
sta il madornale «ìrrore del Fideismo. Ma — come
tutti i falsi sistemi — il Fideismo ha un merito
che non bisogna disconoscere, e il suo merito consiste nel pigiar sulla fede (direbbe il Tommasèo)
come si pigia su una cosa di primaria, di capitale,
di fondamentale importanza
Conciliate le due tendenze : quella del Modernista,
che ansiosamente si studia di costruirsi una nuova
credenza meglio atta a sodisfare la sua ragione, sciol
tasi finalmente da vincoli secolari, e la tendenza fideistica, che va con cura alimentando nel cuore la
sacra fiamma della fede ; fate inoltre che l’oggetto
che costituisce la credenza e che vien offerto alla
fede non sia già un’ idea infeconda nè una gelida
dottrina, bensì una persona e una persona riboccante
d’amore e di santità : e allora voi avrete foggiato
un Cristiano genuino, il quale saprà benissimo affron
tare le tempeste frequenti nel pellegrinaggio spirituale, senza naufragare mai
Nei modernisti e nei socialisti divenuti scettici o
atei, la credema andava scompagnata dalla fede ;
la fede — se vi era — non aveva però innanzi a
sè una persona vivente, sovranamente santa e amorosa, una persona amante e degna d’amore ; chè altrimenti il naufragio si sarebbe evitato. Se un bisogno intimo, profondo di perdono e di santità li avesse animati, gli uni non sarebbero andati soltanto
in cerca di dottrine meglio atte a sodisfar la ragione,
e gli altri non si sarebbero accontentati mai delle
sole pratiche esteriori, pompose e talora ridicole, di
una religione; ma quegli uni e quegli altri avrebbero riguardato al Cristo vivente e stretta con Lui
una cosi soave e tenace comunione spirituale da rendere impossibile ogni ulteriore velleità di divorzio.
Tra il Cristo e l’anima cristiana non corrono rapporti sostanzialmente diversi da quelli che passano
tra un amico e un altro : varia soltanto l’intensità
e la purità del sentimento, la dolcezza e la profondità della comunione. L’amico è fuori di noi : lo vediamo, lo sentiam parlare, ne discerniamo il sorriso,
le lacrime ; , mentre il (>isto è qui in noi nel più
intimo della coscienzà è del cuore. Quant’è vera la
sua presenza ! Quanto è vero questo immediato commercio del suo Spirito col nostro spirito 1 Non si può
concedere la fede a una cosa, a una dottrina ; la
fede non può aver per oggetto che una persona e
una persona vivente ; la fede — in sostanza — non
è che l’abbandonarsi d’un cuore ad altro cuore.
Se quei nostri poveri fratelli di cni s’è parlato
ne avessero almeno un poco gustato la dolcezza, possederebbero ancora la fede, ne possederebbero di più
oggi che non ne avessero ieri.
Quei cari fratelli non hanno perduto la fede^ perché essi non l’hanno mai posseduta : hanno perduto
soltanto la credensa in un dato complesso di dottrine più 0 meno giuste ed accettabili, più o meno
false 0 barocche.
« Senza la fede non si fabbrica ».Non si fabbrica
senza un sano e virile misticismo suscitato da un
ardente bisogno di amore, di perdono, di santità ;
« non si fabbrica », ma si perde anche un’ ultima
forma, anche un ultimo rimasuglio di religiosa credenza.
Terribile, ma inevitabile naufragio 1
Il caso Mipoccbi
Il prof. Salvatore Minocchi ha diretto al Giornale d’Italia una lettera sincera, in cui manifesta
il suo pensiero ed il suo proposito rispetto alla dichiarazione che gli si vorrebbe far firmare, per reintegrarlo nei suoi diritti e nei suoi uffici di sacerdote cattolico romano. La dichiarazione avrebbe
ad essere cosi concepita : « Io accetto quello che la
Chiesa cattolica insegna circa la storicità della Genesi ».
Potrà firmare l’abate Minocchi? Si e no. Si, se
per storicità della Genesi s’intende quel che intende
LA LUCE
lui... no, se per storicità della Genesi s’intende quel
che intende la Chiesa. Occhio dunque all’equivoco 1
A mostrarlo e a scongiuiarlo mira per l’appunto la
lettera di cui si tratta e che il Giornale d’Italia
ha pubblicata nel numero del 16 ottobre.
Anzitutto una lode veramente cordiale all’abate
Minocchi. Ci pare ch’egli la meriti, in questi tempi
in cni il cattolicismo romano ci offre il doloroso spettacolo di mezzi caratteri inetti a resistere innanzi
a una pressione qualsiasi veniente dall’alto. Lode
dunque al forte carattere, disposto, sì, alla conciliazione, ma ad una conciliazione fondata non sull’equivoco — che sarebbe un’ipocrisia bell’e buona — ma
sul nobile rispetto reciproco delle opinioni divergenti.
Ciò detto, ci preme d’aggiungere un’osservazione
concernente le opinioni del Minocchi « circa la storicità della Genesi
Egli dice : « Il vero si è che le mie opinioni sulla
mancanza di valore storico nella Genesi sono oggi,
non solo dimostrate in modo assoluto e definitivo,
ma tenute da un numero grandissimo di dotti cat
tolici, che tacciono solo per paura dell’Autorità ; e
domani saranno senza dubbio, per forza, accettate
dalla Chiesa ».
Questo tono da profeta e da pontefice massimo
della scienza non mi va a genio, lo dirò subito: e,
secondo me, ci corre assai tra » il problema della
storicità della Genesi » e quello « fisico-astronomico
agitato al tempo di Galileo ».
Nulla di più antipatico, e certo nulla di più an
tiscientiflco di questo ormai comune atteggiarsi a
scopritori... a Galilei della scienza nuova...
Il problema della Genesi daH’Astruc in qua è stato
fritto e rifritto le mille volte; e non è risoluto nè
* in modo assoluto » nè « in modo definitivo ».
Parlar « di modo assoluto » e « di modo definitivo » è rinnegare la scienza in nome della quale
si ha il coraggio di ^ntenziare.
La Scienza è immensamente più umile dell’abate
Minocchi. La Scienza cerca, esamina, confronta, arrischia un’ipotesi, e su l’ipotesi costruisce una teoria,
e poi cerca di bel nuovo senza darsi nè posa nè
;regua; perchè l’ipotesi deve venir verificata dai
atti, perchè la teoria costruita su essa ipotesi potrebbe essere errata;; e, mentre lo scienziato A, lo
scienziato B e forse anche lo scienziato C s'impancano a infallibili, la Scienza, rappresentata da cento
altri scienziati più genuini, si astiene da ogni af: ermazione recisa e in cuor suo anzi pensa : « Questa
ipotesi per ora serve meglio d’ogni altra ai miei fini;
e la teoria che sopra di essa io sono andata architettando mi pare probabile; ma io non dirò mai che
sia la definitiva; non dirò come direbbe l’abate Minocchi : « domani » questa teoria sarà senza dubbio,
per forza, accettata da tutti » non lo dirò, perchè
io non conosco il « domani » scientifico, perchè anzi
un dubbio mi assale e mi turba, il dubbio — veramente degno di me — che le teorie dell’o^^i abbiano non solo ad essere modificate domani, ma a
rovinare del tutto, per lasciare il posto a nuove
teorie. Quel che è avvenuto in Fisica, per ciò che
concerne l’elettricità, informi e convinca i pseudoscienziati ».
Il Minocchi che profetizza senz’avere neppure il merito ^^originalità, giacché quel che egli oggi ammannisce agli Italiani è scienza di ieri per tanti altri
dotti d’oltralpe, il Minocchi, secondo il mio debole
parere, non parla da nomo di scienza, poiché, come
i pseudoscienziati, si ferma innanzi a un’idea, neppuh
sua, che gli sorride, ed esclama: Ecco le colonne
d’Èrcole 1 Signori nepoti, nec plus ultra-, voi non
andrete più in là: i Galilei dei primi otto anni del
secolo ventesimo hanno finalmente scoperta la scienza
assoluta !
Per chi abbia vaghezza d’apprendere la serietà
delle ricerche ipercritiche, moderne (moderne, per
modo di dii-e) legga la splendida introduzione che
VOltramare, tutt’altro che sospetto di cieca ortodossia, premette al suo magnifico commento in tre
volumi sulle epistole paoline ai Colossesi, agli Efèsi
e a Filemone,
Ah! meschina ricerca del pelo nell’uovo !
Con codesto bagaglio (sia lecito anche a me di
fare un po’ da profeta, poiché oggi non c’è chi non
profetizzi) con codesto bagaglio di razionalismo e
di intellettualismo ipercritico non sarà forse difficile di crearsi fama più o meno duratura e più o
meno meritata di nuovi Galilei; ma non si caverà
mai un ragno dal buco, non si salverà l’Italia cattolica indifferente atea.
Un giopnole socialista Cristian
Il Corriere della Sera, annunziando la prossima
morte del periodico modernista Sova et Velerà, dava
recentemente una più lieta notizia. La riproduciamo
qui con le parole stesse del giornale milanese, .sebbene
le sue parole non siano matematicamente esatte...
« Si annunzia anche per il nuovo anno la pubblica* zione di un giornale socialista-cristiano, intorno al
« quale si unirebbero i socialisti cristiani di varie
« confessioni religiose, vale a dire cattolici come il
« Perroni e il Quadrotta, evangelici valdesi quali il
« Dott. E. G. Meille e il prof. L. Paschetto, Pastori,
« socialisti idealisti quali il Eenzi, il Crespi, e cristiani
« liberi quali Furio Lenzi ed altri. »
In un altro numero il Corriere aggiungeva questo
assurdo particolare :
« Il gruppo che farebbe capo al nuovo giornale ha
« relazione con qualche cenacolo protestante, il che
« importerebbe un orientamento massonico più o meno
« palese. »
Ma l’assurdo particolare veniva rettificato in un
susseguente articoletto, suggerito da un abboccamento
col Quadrotta ; il quale non durò fatica a rimetter le
cose al loro vero posto, mediante poche parole che
onorano noi cristiani evangelici valdesi e per cui gli
siamo sinceramente grati. Le poche parole del signor
Quadrotta, alle quali alludiamo, sono le seguenti :
« Se egli (don Eomblo Murri) avesse posto mente
« ,ai nomi degli evangelici socialisti pubblicati dal
« Corriere della Sera, non avrebbe pronunciato un
« giudizio che per noi è un’ingiuria. Accusarci di
« essere capaci di un oi-ieatameuto palese o nascosto
« verso la massoneria è ingeneroso per chi conosce le
« nostre idee e le nostre persone. Gli evangelici val« desi, ai quali ci lega una fraterna comunanza di ideali
« religiosi e sociali, non hanno nulla a che vedere con
« quei protestanti che, abdicando alle loro migliori con« vinzioni religiose, si sono legati ad una setta che
« rappresenta un anacronismo storico e morale.
« Una intesa fra cristiani di talune confessioni re« ligiose alla luce dei sole per un opera di riunova« mento morale e sociale è utilissima in questo mo« mento. »
*
* *
Anche noi crediamo che un’intesa tra cristiani di
diverse confessioni religiose possa riescire — se non
utilissima » — utile nel momento presente. Essa in
ogni modo, ci si appalesa come un vero seguo dei
tempi. Due o tre anni or sono la cosa non sarebbe
stata possibile. Il mondo dunque progredisce rapidamente, e con lui il cattolicismo romano, che fino a poco
fa si poteva assomigliare ad un’ostrica costretta a
rimanersene perpetuamente appiccicata allo scoglio. Il
linguaggio del signor Quadrotta ci ha edificati, e noi
vogliamo ringraziamelo vivamente da queste colonne.
La cavità, che il divino Salvatore ha sempre predicata
e sempre vissuta, incarnandola, agita adesso anche i
vostri petti giovanili, o cari Fratelli cattolici socialisti.
Dio benedica voi e i vostri compagni cristiani evangelici, e dia col suo Spirito impulso di vita alla vostra
opera generosa e nobile.
Non possiamo parlare a nome di tutta la Chiesa
Valdese (non si deve mai parlare a nome degli altri,
senz averne avuto formale mandato) ma... a nome nostro,
e vi diciamo : Avanti con l’aiuto del Signore ! L’opera
vostra non riescirà perfetta, certo ; ma un po’ di bene
farete ancor voi, se :n Lui fiderete. Se vi verrà fatto,
non diciamo di convertire le moltitudini (non adoperate
mai alla leggera questa profonda spirituale parola « conversione ») ma di cristianizzarle un tantinino almeno
3
LA LUCE
noi, con sentimenti di fraterna simpatia, applaudiremo
a voi, 0 meglio benediremo a Colni dal quale proviene
ogni buon dono ed ogni energia efficace.
• «
Ci sia lecito ora di rivolgere, a quelli di voi che ne
avessero maggiormente bisogno, alcuni suggerimenti,
che ci partono proprio dal cuore caldo d’ amore
per queste turbe immense che, come quelle che s’agitavano d’intorno a Gesù, ci fan l’effetto di pecore sbandate senza pastore.
E non vi meravigliate del nostro franco linguaggio,
che è quello che s’addice a uomini di coscienza, a
cristiani, a fratelli.
Diletti Fratelli, i vecchi, « lodatori del tempo che
fu, brontoloni, fastidiosi », non mancano di difetti, e
voi. Giovani, sapete magnificamente discernerli un
per uno, come se foste armati di microscopio ; ma
anche voi, o Giovani, avete i vostri bravi difetti ; tra i
quali evidentissima la smania d’at.teggiarvi a rinnovatori, a scopritori. Non vi atteggiate a scopritori nè
ora nè mai — ve ne supplichiamo ; non c’è nulla che
dia più ai nervi alle persone assennate, non c’è nulla
di più ridicolo nè di più falso in novecentonovantanove
casi sopra mille. Date retta a chi, nè vecchio decrepito,
nè giovanetto imberbe, vi vuol bene e bramerebbe ardentemente di vedervi compiere opere grandi a gloria
’ di Dio. Non dite, come tanti socialisti cristiani hanno
già detto : « Finalmente s’è scoperto il genuino senso
dell’ Evangelo » non lo dite, perchè vi acquistereste
delle antipatie, senza la sodisfazione nemmeno di potervi vantare vittime. Il conte Agenore di Gasparin,
tra gli altri, protesterebbe di certo contro la vostra
pretesa, gridandovi da oltre la tomba; « Prima assai
che voi nasceste, o Giovani, io avevo appreso, dalle
sacre pagine del Libro, l’amore, anzi la passione dell’eguaglianza ! »
Voi, diletti Fratelli, non avete scoperto infatti nulla
di nuovo; non siete che ripetitori.
Non dite neppure, come tanti cristiani socialisti propendono a dire; « Nelle relazioni sociali, il Cristianesimo si riduce ad un socialismo », Ahimè, il Socialismo non mira se non alla soluzione del gran problema
del pane; ma l’uomo (e voi lo saprete forse già per
propria esperienza, poiché il vostro cuore giovanile
avrà già sanguinato per cagioni diverse, svariatissime)
l’uomo uon vive di pane solamente ! Eidurre il Cristianesimo — sia pure nelle relazióni sociali — "a nii puro
socialismo, perfetto quanto vi piaccia, equivarrebbe
a commettere un errore madornale, indegno della vostra coscienza morale, del vostro nobile cuore, e rovinoso per l’opera a cui coraggiosamente ponete la mano.
Quando scrivete o parlate, non ribadite solamente la
vostra idea prediletta — la quale assumerebbe innanzi ai
critici, anche maggiormente benevoli, l’aspetto di un’idea
fissa, antipatica come sono tutte le idee fisse —; e soprattutto non tradite quel tesoro che è la S. Scrittura,
ove la vostra idea brilla bensì, ma insieme con cento
altre idee e con cento altri fatti abbaglianti di luce
spirituale ; non la tradite, facendole dire sempre e
dovunque la stessa cosa, la cosa che a voi preme, ma
che tuttavia non è se non una delle innumerevoli pepiti
d’oro splendidissime di quella miniera inesausta ed inesauribile !
Ecco — ve lo diciamo franco : se nell’Evangelo voi
scorgete l’idea sociale, siamo con voi; se nell’Evangelo
scorgete il socialismo perfetto, siamo ancora con voi e
con tutto il cuore; ma, se nell’Evangelo non discernete che questo, o poco di più (come pur troppo crediamo che taluni di voi facciano) se in Gesù Cristo
— che è il Salvatore delle anime individuali — non discernete che un socialista perfetto, il quale — riboccante
d’amore — va « di luogo in luogo facendo del bene »
e s’immedesima con le pecore derelitte, col popolo sofferente, oh, allora, no, noi non possiamo, non dobbiamo
più essere con voi. — Vecchia teologia? — No,cari
Fratelli e Signori, non sì tratta qui di teologia nè
vecchia nè nuova, ma di coscienza che si ribella. Noi,
appiedi di Gesù crocifisso abbiamo appreso il nostro peccato e quello dei nostri simili, abbiamo pianto, ci siamo
rialzati con l’amore nel cuore; ed ora vogliamo correre
ai nostri Fratelli diletti per portar loro il cibo c che
perisce » ma più specialmente il cibo « che dimora in
vita eterna ».
Haneènn (o Maestra) evangelico patentato
[eressi InflBSirO ed esperimentato per Scuola Elementare mista per i figli degl’italiani lavoranti al
Lòtschberg. Riehiedesi che possa insegnar canto. Per
informazioni rivolgergi al Sig. Stefano Revel a Kandersteg (Berna) Svizzera ».
Del segreto di uo’aoima
ito
di
Un tale, che si firma « un buon amico ». mi
scrive :
« Ho letto il tuo articolo : Perchè
« lici? stampato sul giornale protesta
« — Roma, 18 ottobre.
« Sono con te nel riconoscere nel p<
* d’Italia un preconcetto non molto ra
« sitivo sul conto delle Chiese Evange
« nere. Forse hai ragione anche quancj
< i modernisti non estremi e i moderpi;
« vrebbero sentire al loro proprio po
« gelismo. Lodo le tue forti parole di
« ammiro la semplicità con cui pensi
« il tuo trasbordo dalla Chiesa Cattoli'
« Valdese citando le parole di Gesù :
€ seguiteranno in una città fuggite in
« Con tutto ciò permettimi di dire
« ticolo quanto sembra sincero e leale
« superficiale.
« Tu ignori, o fingi di ignorare la r^
« delle molte anime travagliate oggi(|i
« religioso e aspiranti alla pace vera
«e non hai misurata l’entità delle ohi);
« fede (Fieri solleva nelle coscienze c
« pure essere libere.
« Avresti fatta cosa più utile pnbb
« cologia e l'evoluzione della tua aninii
« dimostrando a molti per qual via la
« di buon cappuccino, quale fosti fino
« fa, abbia superate le obbiezioni dell^
« fede.
« Tu non hai fatto questo, perciò
« data al fatto tuo, porta nuove tenel
» stione religiosa, mentre era tua intei
« della luce.
« Caro mio, se luce non si fa con
» Ghiere e con della metafisica, la si
V con dei fatti irriflessivi e Violenti.
. Addio ». '
Il buon amico poteva anche prender
■ sabilità della sua lettera, firmandosi;
deve sentirsi quasi, quasi al proprio
gelismo... perciò sta nascosto per m
tere il pane e certe amicizie.
In ogni modo, la ragione è dal suo lato, lo confesso apertamente, tanto più che io non ho pensato
mai che la mossa di un pigmeo, illustrata da tre
colonne di giornale valessero a fare la luce nel caos
religioso dei nostri tempi.
La lettera del buon amico dopo tutto, esaminandola per bene, non è che l’espressione del desiderio
lodevolissimo di vedere pubblicate le auto-psicologie
di molte anime religiose, come più utili a fare della
luce negli studi religiosi che non le dispute intellettuali e le beghe settarie.
Ed io lo voglio compiacere adoprandomi del mio
meglio.
Ma un’auto-psicologia religiosa suppone una religiosità cosciente ed io incomincio subito cól dichia
rare che la mia religione non fu cosciente se non
quando fui all’età di circa venticinqui anni,
Potrà sembrare molto esagerata questa mia affermazione, eppure è la semplice verità. Da bambino
ero stato istruito nel catechismo aU'nso cattolico;
a suo tempo fui cresimato, e poi ammesso alla comunione. A quindici anni venni rinchiuso in un seminario, da cui uscii spontaneamente tre anni dopo
per farmi cappuccino.
A diciannove anni emisi i voti religiosi e li rinnovai solamente a ventidue. Un anno dopo fui ordinato sacerdote e quindi predicai, confessai, adempiendo
con premura anche l’officio di vice-miestro dei no
vizzi : e con tutto ciò la mia religione non era cosciente. Ciò è strano, ma vero.
Allora io mi credevo convihto e cosciente, mi sarei
lasciato scannare per confessare i (i.ogmi e i precetti religiosi; ma più tardi dovetti constatare che
la mia religione non toccava il vero fondo della coscieuza, semplicemente perchè quel fendo era ignoto
a me stesso.
pon hvangente La Luce
lopolo cattolico
zionale e poliche in ge.0 scrivi che
izzanti si donell’evan ■
sincerità ed
coonestare
ica a quella
Qiuando vi perun’altra.
¿he il tuo arè altrettanto
e^le psicologia
dal dubbio
dei figli di Dio
lezioni che la
he vorrebbero
icando lapsia religiosa e
tua coscienza
a pochi giorni
tua vecchia
la pubblicità,
re sulla quenzione di far
delle chiacfa anche meno
e la responma'vià... egli
nell’evancompromet
pjsto
cn
Fu proprio a venticinque anni che nella mia psiche
avvennero dei fenomeni nuovi, per cui si risvegliò
in me quello che io chiamo « il sènso personale
della realtà assoluta e misteriosa di Dio ».
Senza dubbio anche prima avevo confessato e adorato Iddio e il suo Cristo, ma ciò solo in forza di
una fede che potrei paragonare a quella, per cui
ero certo dell'esistenza della città di Pechino e di
alcuni avvenimenti della storia d’Italia.
Dunque io avevo una fede che non era della mia
anima; perchè l’avevo ereditata come si eredita un
oggetto materiale ed accettata passivamente come
un’ipnotizzazione in causa dpi mio carattere giovanile debole e prono aU'ubbidjenza cieca. Nessuno
potrà mai distinguere fede da fede, se non gli si
risveglierà nel fondo della psiche il senso della divinità, il quale solo è fede religiosa : mentre la
fede comune non è che la credenza nelle dottrine
teologiche.
Questa è una verità di capitale importanza per
chiunque voglia sul serio conoscere le cose religiose.
Tornando al fatto della comparsa in me della vera
fede, non potrei enumerarne i precedenti coefficienti,
ma ricordo benissimo quando di questa fede, già
elaboiatasi in me spontaneamente, io divenni cosciente.
Fu in uno spettacolo imponente di luce durante
una perfetta mattinata invernale tra montagne coperte di neve.
Tutti i miei amici sanno che io non sono mai
tanto buono, lieto e intelligente come quando una
luce bianca mi ricrea la vista.
La luce doveva essere la parola della natura, che
valse a maturare il senso del divino nella mia anima.
In quel cielo limpidissimo'pregno di sole e su quei
monti vestiti di candore, seminato di atomi brillanti
come altrettanti piccolissimi figli del gran sole, io
vidi, non cogli occhi di carne, una vita reale, che
palpitava immensa nella sua forza infinita e che mi
diceva : Amore 1 tutto è amore e vita 1
In questo fatto non ci entrò la mia intelligenza ;
era un’altra facoltà della iaiai psiche che per la prima
volta entrava in iscena : infatti da quel giorno mi
innamorai di tutto e di tutti e non mi si nascose mai
più, toltone brevissimi intervalli, quell’infinità, eterna
vita che io sentii in quel fausto di, quando incominciò
quella che io chiamo la mia vita religiosa.
Gli effetti di tale prima rivelazione di Dio seguirono tosto molteplici e svariati, e li rivelavo negli
apprezzamenti, che andavo esprimendo circa il valore intimo delle cose e dell’umane creature e intorno ai principi e alle pratiche della religione ufficiale.
Per citare qualche cosa di determinato, da quel
di mi fu impossile nuocere non solo agli uomini, ma
agli stessi animali che più mi movevano a schifo e
a paura e notai di aver acquistato un carattere
coraggioso. Mentre nutrivo venerazione per tutti e
verso tutte le cose, ero divenuto anche estremamente
geloso della mia libertà personale.
Un giorno fui derubato dell’unico abito nuovo e
dei pochi danari che possedevo e colla massima
spontaneità risposi ad un’amico che imprecava contro
il ladro ; e via, caro amico, quel ladro doveva essere
un uomo bisognoso, un ricco non vorrebbe certo
compromettersi per cosi poco... L’amico e gli astanti
esclamarono stupefatti : quale filosofia ! — Ma
non era filosofia questa, chè io non ho potuto studiare la scienza degli uomini, era semplicemente
una inclinazione spontanea in cui io riconoscevo la
verità e a cui non volevo ribellarmi.
Ho ricordato questi fatti non per altro che per
dilucidare in qualche modo, ciò che era avvenuto
nell’intimo della mia psiche. Ma l’effetto principale
della mia rinascita fu un disgusto, una nausea mortale nel vedere sempre unire il concetto di prezzo
e di merito ad ogni opera buona e giusta dell’uomo
religioso e nel sapere che in nome della religione
un uomo autorità si intromette tra Dio e 1’ uomosuddito. Tale disgusto diede luogo in me ad un
nuovo carattere, a nuove idee, a nuove pratiche di
4
DA LyOE
vita' e forma anche adesso la mia caratteristica quale
uomo religioso. Ogni uomo è obbligato a rendere
tùitto quel maggior bene di cui è stato fatto capace
per natura e per la grazia di Dio ; egli ne ha il
debito imprescindibile davanti a Dio e davanti all’uiùanità : nessuno può esimersi dal cooperare con
tutta la mente e con tutto il cuore al perfezionàlùénto umano e quando avrà adempiuto il possibile a
sè, dovrà escla'nlare, se è un uomo religioso, non
he fatto che il mio dovere, Dio sia ringraziato !...
Pòi : ero testimonio e .soggetto di un'azione divina
senza umani intermediari ; anche in altri Dio poteva
operare cosi, anzi lo aveva operato senza dubbio in
fritti coloro che prima di me e contemporaneamente
erano véramente religiosi, dappoiché io toccavo con
itìaho che la religione per intermediarli è una cosà
vana e falsa, perchè Dio solo crea la religione delle
spirito.
Fu allora chè Còmpresi il mistero di ciò che in
religione si chiama; la rivelazione.
Negli nomini ispirati deve essere avvenuto un
féùemèno del medesitno genere, se nòn della medesìina apècie, dì quello che si era realizzato in me
in miriusfcole proporzioni. Coti ciò èssi avranno iiituito e sentito molto più quel che è Dio, vita eterna
— 0 ihéglio — Dio Si sdrà afifernláto in essi nlblto
ehiaramerite, sicché hàrinò pòtrito ripetere agli altri
colla parola, o collo scritto ciò che avevano appreso
da Dio.
Natriralmerite quésta pdrola degli nomini ispirati,
che si potrà benissimo Chiamare la parola rii Dio,
tìon appartiene esclusivamente a nessun privato e
á nessuna casta ; essa è. pàtrimonió di tutta l’tlmànità, e qualunque anima per essa può giungere al
tégnò di Dio, quando da Dio stesso abbia il dono
■del sénsÒ religioso, òhe àbbiàmo chiamato il senso
pérsóüalé della divinità o dèi divino.
Còloro che abano la parÒlà di Diò pbtranno benissimo unirsi per salvaguardare il tesoro dei libri
santi è per procritarne un còdice il più autentico
pòssibile e il meglio corrispondente in lingua moderna 0 vernacola, al significàto delle lingue antiche,
ili cui i vari libri furono dettati : ma nessuno pòtrà
.bai prescrivere agli altri il sehso spirituale delle
singole frasi, il quale per natura sua resta personale, cioè intelligibile soltanto a quelli che possiedono il senso personale del divino. Tanto più che
tutti i libri degli uomini ispirati non rappresentano unicamente le idee ispirate da Dio a un dato
individuo, ma sibbene le idee ispirate frammiste alle
idee umane delTindividuo, il quale fuori del campo
religioso poteva anche essere un’uomo comune, o
uii’ignoràrite.
lÌei libri santi ci trova la vità solò l’Uomo iniziato
da Dio allá vita dello spirito ; ma là lettera di essi
ùbéide l’uomo incapace di una religione Vera individiliàle. E’ perfettàbente inutile chè un uomo, fosse
jpil'ré un santo, stabilisca il senso perSonalé del Varigelo e poi si sforzi di farlo accettare a migliaia di
individui : àvrà ìfritto nulla, religiósamente parlando,
rie Colóro òbe credono rion possederanno la capacità
pérsonàle di intendere col cuore, o spiritualmente,
quel che dicono di credere,
Ànch’io parevo e mi credevo un nomo religioso
prima dei venticinque anni e, dal punto di vista
clericale, ero anche moralmente migliore : ma. in
Verità non ero che una macchina ; non credevo in
Dio, il quale ignoravo; credevo nell’uomo il quale
’fin da bambino colla suggestione mi costringeva a
pensare, a dire e fare ciò che egli credeva la verità, il bone, la religione.
Ècco perchè la Chiesa romana, l’ Islamismo, il
Buddismo od altre chiese contano molti credenti : semplicemente perchè conquistarono maggior infinenza
sulle plebi e si preoccuparono pochissimo, anzi nulla,
della religiosità intima e cosciente dei singoli membri.
Con tali idee nella mente e nel cuore, lo si capisce
troppo facilmente, io incominciai a sentirmi a disagio
nella Chiesa romana, la quale è la più banale sostituzione dell’uomo al posto di Dio, spinta all’eccesso
di creare un’uomo infallibile proprio nelle cose delicatissime della religione. Anche maggiormente a ’
disagio mi trovai nella mia congregazione religiosa,
dove tutta la perfezione evangelica la si fa consistere nell’nbbidievza cieca aU’uomo.
Dio è Dio e gli nomini sono uomini : così è in
eterno.. Dio è il Padre e noi nomini siamo i suoi
figli naturalmente legati alle leggi di lui.
Dio è il sole eterno delle coscienze e le coscienze
sono le piccole sementi gettate dal Padre nell’umana carne.
Le coscienze buone e robuste, già fatte intere e
virili nel Cristo, hanno il dovere e il piacere di
coltivare la gleba mortale che avvolge il seme divino ;
ma non potranno mai fare le veci del sole vivificante, nè sostituire le libere coscienze individuali.
La Chiesa romana e le congregazioni religiose, che
ne sono il necessario ed unico sostegno, sussistono
proprio in forza di un principio contrario, accettato
ancora da molti, perchè grande è tuttora la superstizione e perchè gli interessi di molti sono ancora
legati alla menzogna romana.
La base fondamentale della Chiesa romana è la
convinzione che Dio non agisca più direttamente
nelle anime umane, ed abbia ceduto le chiavi del
regno di Dio all’uomo, il quale perciò sarebbe divenuto il canale necessario, per cni deve passare
la luce e la grazia, di Dio per comunicarsi a tntti
gli altri. E a consolidare questa idea si adopera
tutto ciò che c'è di santo sulla terra, sagomando
ad usa/n delphini i libri santi, la storia, la filosofia
e financo l’arte.
Ma il sofisma su cui riposa la chiesa romana ha
finito di far vittime. Il regno di Dio è dentro di
Ogni Uomo e domani ogni creatura saprà che esso
nòn consiste in un’accozzaglia di popoli nell’uniformità materiale di una teologia, di un rito e di una
ubbidienza ad un capo terreno.
Qualunque uomo capace e sincero nell’aderire all’ispirazione di Dio in sè stesso e negli altri è un
membro effettivo e legittimo della Chiesa di Cristo,
del Regno di Dio, senza vernn obbligo di strisciare
come verme ai piedi di altri.
Perciò io abbandonai la mia divisa di frate e il
mio convento per rispondere all’ultima lettera pastorale del Ministro generale dei Cappuccini ai suoi
frati parmensi, nella quale troppo male egli nasconde
il vero scopo del suo zelo...
A lui non interessa di presiedere a una congregazione di servi di Dio : vuole dei sudditi del papa,
degli zuavi pontifici, e se li abbia.
fiptuiio £rilngat<di
ÓaìiBPÌà scìBntitteD-relÌgiosa
^liberto Mailer
La Svizzera ha festeggiato solennemente il secondo
centenario della nascita di uno tra i suoi più illustri
scienziati, Alberto di Haller, coll’ inaugurazione di
un monumento in bronzo sulla spianata della Orasse
Sclange in Berna.
Alberto di Haller fu un genio enciclopedico : medico, fisiologo, anatomista, botanico, matematico, geologo e poeta. Fu scienziato nel vero senso della pa-rola, e, nel tempo stesso, un illuminato credente.
Egli lasciò più di 200 lavori tutti assai importanti.
Il suo capolavoro, che gli diede la gloria, pare sia
stato la sua Finologia (8 volumi) nella quale sta->
bili, distinguendo la proprietà dei tessuti viventi da
quella della materia inorganica, la sua nota teoria
dell’irritabilità muscolare.
L’illustre scienziato prese la difesa delle credenze
cristiane all’epoca di Voltaire e degli Enciclopedisti.
Le sue lettere sulle verità più importanti della rivelazione, che furono ristampate a Berna nel 1878,
racchiudono tutta una serie di argomenti apologetici
che hanno tuttora un grande valore.
Il di Haller, mentre prendeva la difesa dellajrivelazione contro Voltaire, combatteva la Mettrie,
che voleva ridurre l’uomo ad un puro meccanismo.
Leggendo le pàgine pubblicate nel suo giornale
intimo si vede quanto si preoccupasse del mondo
invisibile. Lo studio dei corpo umano, di cni ha cercato di penetrare i segreti, non ha mai scossò' irt
lui la ferma convinzione della realtà dello spiritò.
Il di Haller appartiene adunque a quella schièra
non tanto piccola di scienziati protestanti, che hanno
fatto accordare la scienza con la fede. E. m.
\)eoga i( tuo Regoo
Nella Omstisia del 4 ottobre (la Giustizia è il giornale socialista di Reggio Emilia, ispirato da Camillo
Prampolini) c’è un articolo dal titolo ; Pater Poster.
Ésso si tèrma esclusivamente ad una considerazione
suggeritagli da questa domanda; Venga il tuo Regno.
Sentite il redattore.
Adoéniat Regnum tnam vuol dire in italiano « venga
il regno tuo », cioè : « venga il regno di Dio ».
« Chi é, prosegue l’articolista, che non può recitare
tale invocazione?
« Nessuno, t socialisti pure potrebbero recitarla continuamente, perchè il regno di Dio, secondo Cristo, doveva essere il regno della vera giustizia, non soltanto
bandita dai codici, ma praticata nei fatti; il regno delta
vera ugiiagiianza, non soltanto decantata dagli idealisti, ma consacrata nell’amore e nella solidarietà universale di tutti gli uomini, resi non già caini dalla
concorrenza ò dalla lotta fratricida per la conquiàta
personale della ricchezza e del potere materiale, ma
affratellati da un unico interesse ».
Osservo qui che l’affratellamento proveniente da un
unico interesse è piuttosto una società che una fratellanza; ma via, non dobbiamo pretender troppo da un
giòrnaie socialista. Lasciatemi tirare avanti.
« Ma non tutti, continua lo scrittore, intendono a
questo modo il regno di Dio; e, primi fra gli altri, cosi
non l’intendono i preti.
« infatti, ci si presentano due ipotesi :
« 1) 0 i preti credono che il regno di Dio invocato
nel Pater Vosfir sia quello della giustizia e dell’ugnagliàuzà; ed allora essi sono degli ipocriti ». (Immajgino che l’autore voglia dire ; perchè, in tal caso,
nòn lo desiderano, e non fanno nulla per affrettarlo ?
al contrario !).
* 1) Oppure essi non credono che Dio debba volere
il regno della giustizia e dell’uguaglianza; ed allora
offendono la divinità supponendola iniqua, maligna, partigiana, ecc. ».
L’articolista continua a dire che i preti hanno paura
del Pater Poster, e non lo fanno dire tanto spesso;
anzi lo annegano in un gran mucchio di Ave Marie,
apposta, dice lui, per impedire ai fedeli di pensar
troppo a quel regno di Dio e di rendersi conto del suo
significato. Per conto mio, lascio alFarticolista la respons'abilità di questo giudizio, e non me ne voglio mischiare. Voglio invece fare qualche osservazioncella su
ciò che abbiamo letto fin qui.
1) Prendiamo nota del fatto che i socialisti — secondo il nostro articolista — potrebbero recitare continuamente tale domanda : « Signore, venga il tuo
Regno ». Che nella concezione che essi si fanno del
•regno di Dio vi possa essere qualche deficienza od errore, lo voglio ammettere; ma pure, ditemi un po’, non
vi colpisce gradevolmente, non desta in Voi qualche
simpatia, quasi direi qualche ammirazione questa loro
dichiarazione : Poi possiamo continuamente chiedere a
Dio che il suo Regno venga f A me la cosa riesce
dolce, graditissima, commovente.
2) Noi, cristiani evangelici (lasciamo stare i preti che
per ora non ci riguardano), noi, cristiani evangelici, recitiamo spesso il Padre nostro ? E se lo recitiamo, ci
rendiamo conto di quel che chiediamo ? Desideriamo
noi davvero che venga il regno di Dio? Desideriamo
davvero che la giustizia si stabilisca in sulla terra ?
0 non è egli vero che quella domanda: Che il tuo
Regno venga è per noi una cosa vaga, che non significa nulla 0 quasi nulla, che recitiamo senza pensarci
su e senza renderci conto del suo significato?
0 sarebbe forse anche vero (spero di no) che noi,
come molti altri che si dicono cristiani, in fondo siamo
avversari di quel regno, e ad ogni modo non lo desideriamo affatto ? 0 pure saremmo cosi fanatici e gretti
da non voler riconoscere gli sforzi che altri fanno per
realizzare di già, guaggiù sulla terra, qualche carattere
5
LA LUCE
parziale del l’egno di Dio ? Saremmo noi di qnei pazzi
ó malvagi che preferiscono. che una,, cosa buona non
Venga fatta, anziché vederla fatta da qualcuno che a
loro riesce antipatico? Saremmo noi simili a coloro che
benché in fondo desiderassero Roma italiana, pure preferivano che rimanesse al papa anziché vederla liberata
da Garibaldi ?
Oh mettiamoci una mano sul cuore, sulla coscienza,
e umiliamoci ! C’è chi lavora al regno di Dio, e noi
non lo aiuteremmo con tutti i nostri voti, con tutta la
nostra simpatia? Saremmo noi raffigurati, in qualche
modo, da quel fratello maggiore che si adirò nel veder
ritornato alla casa paterna il suo prodigo fratello?
« Egli si adirò... e non volle entrare! » Fa male a
pensarci ; egli non volle entrare 1
Suo padre asci, e lo pregava d'entrare ! Già, il padre
usci, e lo pregava d’entrare
— Su certe vette, io mi sento venir la vertigine;
ridiscendiamo al piano.
Trascrivo due righe di un tal Fogazzaro, ma non
credo che sia Antonio.
c Si può non essere socialisti positivisti; ma se si
è amici della verità, , bisogna ,’ckiarirsi almeno socialisti negativi; riconoscere cioè <Ae nella critica il socialismo ha in gran parte ragione^ ohe una futura trasformazione degli ordini sociali, secondo utilità e giustizia, è certa, in virtù di leggi generali, superiori, come
sono certe le trasformazioni passate; che un’alleanza à
naturale fra quanti, senza distinzione di parte, invo
«ano un riordinamento sociale migliore ».
Giuseppe Banchetti.
Missioni e Missioni
II
(V. N- 38)
Varie sono le Missioni, come precedentemente ab
biam visto, in quanto ad origine. Varie pur anche sono,
in quanto allo scopo, o meglio agli scopi, che si pre
figgono.
Diciamo subito che non vogliamo esporci a calun
uiarne alcuna, e che pertanto ammettiamo che tutte,
cristiane cattoliche, cristiane ortodosse, cristiane evangeliche d protestanti, é" persino àaOmettàne e buddiste,
intendano in buona fede diffondere la propria fede
a salvamento deU’umanità. Ma in quale di esse è quello
il solo scopo, e quante non sono invece quelle che,
praticamente parlando, forse non vi tendono come a
scopo supremo ?
Nella generalità se non nella totalità dei casi, non
ha il missionario cattolico l’intento d’ impiantare, col
dominio della sua chiesa, ch’egli stima l’universale e
sola vera chiesa cristiana, i suoi riti pomposi, il suo
sacerdozio, la sua gerarchia, il suo papa-re ?
Nella generalità, se non nella totalità, dei casi, non
ha il missionario ortodosso l’intento di estendere i confini della sua santa Russia, soggiogandole sempre nuovi
paesi, nuovi popoli, nuove razze?
Nella generalità, se non nella totalità, dei casi, non
ha il missionario protestante, un tal qual bisogno di
estendere l’inflnenza ed i commerci della sua nazione,
od almeno di farne conoscere vantaggiosamente il nome
in nuove regioni ?
Quanto al missionario maomettano, chi non lo vede
agitarsi da fanatico per istabilire l’impero dell’ Islam,
che gli assicuri vivai di schiavi, e di donne per i suoi
arem ?
Quanto allo stesso missionario buddista, chi non lo
sorprende a vagheggiare una rivincita, sia pur lontana,
dell’estremo Oriente sui conquistatori di Occidente?
Saranno da condannarsi, in sé e- per sé, quei moventi, esclusi, s’intende, quelli che offendono la morale ?
No, potrebbesi rispondere. Ma, al punto di vista prettamente e cristianamente missionario, è giuocoforza
rispondere con un si.
Non si può mai calcolare il danno recato alla causa
delle missioni dall’intrusione di scopi politici commerciali, 0 semplicemente suggeriti dall amor proprio naEiouale.
È noto il gran discredito gettato sulle Missioni nella
stampa giornaliera, col solito ritornello: « Prima il
missionario, poi il commerciante, quindi il soldato, ed
infini il colono ». Ritornello però che si suole sempre
applicare agli altri, e non mai a sé stessi!
Ma chi dirà delle antipatie create contro al cristianesimo fra le popolazioni che si vorrebbero cristianizzare, allorché queste vengono a capire, od anche sol
tanto a sospettare che ci possano essere altre mire
che il loro bene morale e materiale in chi le evangelizza ? Chi dirà degli ostacoli suscitati, e perfino delle
persecuzioni accese da tale scoperta o da tale sospetto ?
A mettere in chiaro la mia asserzione, mi sia lecito
valermi più che di ragionamenti o di fatti generici,
d’un episodio che si riferisce all’inizio della mia carriera missionaria. Ma di ciò in un altro numero.
Giacomo Weitzeekcp
MISS. ONORARIO
Per la pace
A Berlino, nell’Agosto scorso, fu tenuta la triennale
Conferenza interparlamentare per la pace. Si può essere un miscredente inconvertibile alla pace perpetua
e universale; si può dimostrare, colla storia alla mano,
con la considerazione della natura umana, colla realtà
dei fatti, che questa della pace perpetua sarà sempre
una santa utopia — coloro però che proseguono 1 alto
fi nobile ideale della ¡pace assoluta meritano la nostra
ammirazione e simpatia. Non vi sono dei mali necessari ; ma ve ne sono di quelli che, non potendosi svellere del tutto, possono però attutirsi, diminuirsi, rendersi meno acuti, più tollerabili, spesse volte evitabili;
e> tra questi è la guerra.
Se dunque la soppressione totale della guerra non
pare nell’ora presente, raggiungibile, ciò vuol dire che
dobbiamo tener la guerra lontana, e che dobbiamo adqpfirare ogni mezzo, ogni forza ,ed i-ndustria jper ^leviarne i danni ed evitarne i dolorosi effetti. B qui,
non ci troviamo più dinanzi a un’utopia, ma dinanzi
ad un fatto, essendo provato, coll’istituto dell Arbitcato, che le guerre, se possono essere inevitabili, altresì possono essere evitate.
Se gli apostoli della pace perpetua ci sembrano talora fanatici, riconosciamo però che i loro sforzi possono limitare i ricorsi della guerra, e che, in ogni caso
il loro apostolato dev’essere benedetto da tutti « Beati
coloro che procacciano la pace » — i pacifisti — dice
il Vangelo.
I convegni internazionali tra^i rappresentanti delle
nazioni mirano a questo scopo,-(fi meritano plauso. La
« santa utopia » ha asceso già I gradini di più di un
trono, ed a quest’ultimo convegno di Berlino fu altamente apprezzato il telegramma pacifista dell’imperator
Guglielmo, specialmente questo inciso : il mantenimento
della pace, che mi sta tanto a cuore.
Ma vi è, secondo un’opinione assai accreditata, una
ragione materiale che sopravvanza ogni ragion morale,
e per la quale sempre men frequenti si faranno le
guerre. La maggiore e più efficente garanzia della pace
sta, dicesi, nella colossale potenzialità degli eserciti, e
delle armate e dei mezzi di distruzione in loro potere.
E’ la traduzione in atto del vecchio Si vis pacem,
para Bellum.
Cotesto argomento è di gran valore ; ma se i popoli
fnggon la guerra a cagion dei danni materiali che ne
conseguono, non veggiamo chiaramente quali sieno i
benefizi di una pace perpetuamente armata, all’infuor
di quelli incalcolabili per verità, del risparmio di molte
vittime e di molti dolori fisici e morali.
Speriamo che la conferenza internazionale del 1911
possa trovar l’Europa e il mondo in pace ; auguriamo
all'arbitrato di far qualche altro passo innanzi nel consenso dei popoli e dei governi ; ma, per ora, il mezzo
più efficace di preservar la pace nel mondo, è ancor
quello di .essere ognora preparati alla guerra. L’uomo
è di tal natura che per un nulla insorge contro a.
prossimo ; non è dunque dalla natura umana che possiamo sperare un’èra di pace. « 0 Signore, disponici la
pace » esclamava il profeta Isaia (26, 12), il quale
chiamò « Principe della pace » (9,5) il venturo Mesaia.
All’infuori di Lui, non avremo mai Pace di nessuna
sorta. « Io vi lascio pace ; io vi dò la mia pace , io
« non ve la dò come il mondo la dà ; il vostro cuore
€ non sia turbato e non si spaveuti » (Giov. 14, 27.)
V.
EROINE VALDESI
BOZZETTI-MONOLOGHI, L. l.
In questo volume il Cav. Dottor Toofilo Gay, pastore a Luserna San Giovanni (Torino) ha raccolto
tutti i Monologhi pubblicati nella Luce e CINQUE
ALTRI DEL TETTO INEDITI. — Per acquistare il
libro, rivolgersi all’Autore.
iRftCEDilX farsa
Un altro di q fotti che ci disonorano e ci fonilo
dubitare di essere in nn paese civile anziché fra
qualche tribù selvaggia, è avvenuto di recente a Salerno.
Un marchese, specie di piccolo feudatario infidioevale come ce ne sono ancora troppi nell Italia meridionale, aveva coraggiosamente, di notte, da una
finestra del palazzo avito, ucciso cou una fucilata un
povero dottore, reo di sospirare platonicamente,
quanto pare, dietro ai begli occhi della signora marchesa, madre di sei figli ’
Qualche passeggiata sentimentale sotto alle finestre della donna amata, qualche occhiata languida e
pare qualche lettera : non c’ era stato altro. Ma il
signor marchese vegliava sul suo onore ; e una sera
in cui il sospiroso dottore se ne tornava tranquilamente a casa, lo freddò con due fucilate, come nn
cane randagio che gli avesse turbato il sonno.
Trascinato in corte d’Assise, subito si delineò una
corrente favorevole all’ i,inp,n,ta.to, benché pulfo di
grave risultasse a carico ded m^Lté ; e ci futenp
testimoni i quedi, giustifiqandò il misfottp coni|>iì*ito,
odarono il signor maiche^ conie vindice del,l onore
oltraggiato e io eressero ad ,esponen.te dtìla ,ffiOra(le
laesana. In omaggio alla consuetudine .ohe pare omai diventata legge, l’imputato fu naturalmente assolto dai giudici popolari, in mezzo agli applausi
del pubblico ; e non contento di questo, il pòpolo
salernitano lo acclamò come nn eroe. Parecchie migliaia di persone, urlanti acclamazioni all’omicida e
ai suoi difensori, si adunarono sotto i balcpni dell’albergo reclamando che il nobile marchese .si affacciasse, per bearsi nella vista del suo sembiante.
Ed egli si affacciò -e scaricò, ahimè ! il suo pistpilotto sulla folla, come in una notte lontana, neljla
sua nativa Briatico, aveva scaricato il fucile nella
schiena del dottore. Cosa abbia detto, poco ci cale
e il suo discorso non ci par degno di essere tramandato alla posterità. Per la cronaca, basti dire
che egli fece a Salerno l’onore ben meritato di proclamarsi suo cittadino, mettendo, diss’egli, la città
che gli dava i natali morali innanzi a quella che
gli aveva dato la vita fisica. Speriamo non abbia a
sorgere nissun conflitto fra le due città che ora si
contendono il vanto di tanta gloria.
Il fare commenti mi sembra inutile : i fatti stessi
parlano da se abbastanza chiaramente e con sufficiente eloquenza. Che cosa si potrebbe dire sul rispetto della vita umana, sul falso concetto del preteso onore e sui costumi troppo primitivi di gran
parte del nostro popolo che non sia stato le mille
volte ripetuto ? E che cosa si è ottenuto fin’ ora ?
nulla. Chi lava nel sangue l’onta ricevuta, é sempre considerato come unjeroe e lo sarà per molfio
tempo ancora. L’ onore, che forse non si é mai ,avnto, difeso col fucile e con il coltello, é costiMue
atavico di nostra gente e ardua impresa é il modificarlo.
Conforta però il vedere che, in presenza di assoluzioni cc's! scandalose e di glorificazioni cosi dissennate e incoscienti, 1’ opinione pubblica comincia
a commoversi, anche là dove l’aberrazione collettiva fece strazio della logica, della giustizia e del
sentimento di pietà verso nn povero morto. Le proteste sarcasticamente amare o sdegnose cominciano
a fioccare sui giornali in forma di articoli brillanti
0 di lettere commosse. La parte del pubblico che
ragiona e che pensa invece di lasciarsi guidare unicamente dalla passione cieca e dall’istinto brutale,
insorge contro tali iniquità sociali, reclama un’opera
intensa di educazione per illuminare quelle masse
guidate ancora da una morale troppo primitiva e
vuole che si metta la vita umana al di sopra di un
problematico onore.
Ma intanto che si raggiungano codesti fini molto
remoti, per ovviare a quelle scandalose assoluzioni
che vanno diventando la regola, é urgente modificare la legge di procedura, escludendo i giudici poI polari, per lo più inetti o impulsivi, dalle cause per
6
LA LÜGE
delitti passionali^ eliminando dai dibattimenti tutta
quella teatralità che li snatura e richiamando l’amministrazione della giustizia a quella austera semplicità che non avrebbe dovuto perdere mai. Da teatri, quali sono troppo spesso attualmente, ritornino
i nostri tribunali a essere templi severi della legge,
dove la giustizia, non disgiunta però dalla pietà e
dall’umana simpatia, venga serenamente amministr&t#3;,
Enrieo f^ìuoive
Scuola di Ceolog^ia
Inaugurazione dell’Anno Accademico
Alle ore 15 di Venerdì scorso, 16 Ottobre, ha avuto
luogo nell’aula magna del palazzo Salviati (51 via dei
Serragli, Firenze) l’inaugurazione dell’Anno accademico
della Scuola di Teologia. Presiedeva la solenne cerimonia il Presidente del Comitato di Evangelizzazione, sig.
A.Mnston, vice-presidente del Consiglio della
Scuola. Sette studenti in teologia e due allievi maestrievangelisti formavano un semicerchio dinanzi alla cattedra, e un centinaio di uditori, tra Signore e Signori,
costituivano 1’ assemblea.
La seduta fu aperta coll’invocazione del nome di Dio,
col canto 229 della nostra raccolta di Inni Sacri e colla
preghiera, pronunziata dal sig. Muston, il quale poi
lesse l’Evangelo in 2 Timoteo II, 15-26. Il sig. Muston,
con parola chiara e precisa, commentò brevemente
quanto vi ha, in queste parole apostoliche, di pratico
ammaestramento per coloro che intendono consacrarsi
all’evangelico ministero : non inutili sfoggi di erudizione, non polemiche astiose, non tenor di vita mondana ; ma uno studio costante e profondo dell’Evangelo,
un tagliar « dirittamente la parola della verità » tanto
di fronte allo scettico che dinanzi al cristiano ; conservando sè stesso puro d’ogni contaminazione di corpo
e di spirito. L’oratore terminò formando i migliori voti
per la nuova Scuola Maestri-Evangelisti, che prende
il nome venerato di „ Matteo Prochet ”.
Il dottor Bosio, decano dei professori della Scuola,
lesse poi la sua prolusione, di argomento opportunissimo : L'Evongelissaziom apostolica. L’egregio professore defini innanzi tutto che cosa sia l’Evangelo ; e
ne* svolse le tre principali caratteristiche : L’Evangelo
è una buona novella.
Come tale ò stato preannunziato dai profeti dell’Antico Patto; come tale è stato annunziato dagli angeli
ai pastori e come tale è stato predicato dagli apostoli
agli Ebre- “dai Gentili. Questa buona novella contiene
in sè un \ nento affatto soprannaturale non suscettibile di spiegazione come tanti altri fatti meravigliosi
della storia.
In esso è giuocoforza riconoscere 1’ intervento del
Padre celeste e l’Evangelo è completo : esso contiene
tutto ciò che è necessario conoscere, credere e pratieare per la salvazione d’ogni anima umana.
Gli Evangelizzatori non furono sacerdoti, filosofi
0 moralisti; ma testimoni, ambasciatori, messaggeri,
apostoli ; in una parola fiii ono ì credenti, tutti i credenti. Pure furono necessari operai speciali, quali i
dodici ed i settanta mandati da Gesù ad annunziare
il Pegno di Dio. Gli Apostoli si elessero dei compagni
doperà, che non frequentarono nè scuola o facoltà di
teologia, ma che sì nutrirono fortemente del cibo spirituale delle S. Scritture ed erano ripieni dello Spirito
di Cristo.
Le Chiese parteciparono al loro ministero, sovvenendoli con le loro offerte ; ed essi dovunque procacciavano tra i fratelli la comunione spiritaaU in Cristo,
p;iovando a ciò il collegio apostolico in Gerusalemme,
e r istituzione degli Anziani e dei Diaconi, in ogni
Chie.sa. Que.sto non impediva nè l’antonomia delle Chiese,
nè l'indipendenza apostolica di un San Paolo.
Tutti erano zelanti per l’avanzamento del Vangelo.
Dalla prima Pentecoste in poi, moltitudini dì uditori ricevettero l’Evaugelo dalla bocca degli Apostoli
e dei loro veri successori. Tre sono le direttive da es.si
tenute. La parola del Vangelo, deve produrre anzitutto
il ravvedimento, e questo va suggellato col battesimo.
Il proselita dev’essere quindi ammaestrato più appieno
nella sana dottrina, e perciò gli apostoli si fermano
più a lungo dove hanno fondato una Chiesa, per organizzarla in comunità. Non tralasciano poi dì visitarla
e di confermarla nella fede. Infine, le Chiese traggono
forza di coesione daH’B«//d spirituale che vige fra esse
e fra tutti i credenti. Non sono ancora i tempi dei
Concilii, dei Sinodi, delle conferenze ecc ; ma niun
mezzo che possa unire vien trascurato, ed ogni causa
di scisma, o di eresia vien allontanata.
I tempi odierni, conclude il prof. Bosio, sono diversi
assai dai tempi apostolici ; ma 1’ Evangelo di Cristo
nulla ha perduto della sua potenza. Predichiamo quel
Vangelo alla nostra generazione come lo predicarono
gli apostoli, ai loro coetanei, e il risultato non sarà
diverso.
Dopo il canto dell’inno 190, il presidente, invita i
rappresentanti di altre Chiese a prendere la parola. Il
Sig, Wood Brown, il sig. Zanini, il sig. Beruatto, il
sig. Jeanmonod espressero, in poche parole, i loro auguri pel prospero andamento deU’autica Scuola Valdese di teologia e della nuova Scuola per Maestri Evangelisti. Il sig. G. Eochat diede agli studenti il
buon consiglio di svagarsi un poco nello studio di ciò
che Firenze offre loro in fatto di bellezze artistiche,
frequentando i musei e le gallerie ; di rendersi conto
deli’ ambiente che li circonda, e di non privare della
loro cooperazione le Scuole domenicali eie Unioni Cristiane. Il pastore sig. Origlio esorta le famiglie della
Chiesa a far buon viso agli studenti, invitandoli in
casa mostrando di interessarsi a loro, incuorandoli alla
loro missione.
La bella cerimonia ebbe termine col canto dell’inno
226, con una preghiera del prof. Eostagno e colla Benedizione.
V.
—V.V—
SgfioscFizionB al fonilo “ Hatteo Frochot „
Per scuola maestri evaugelisti
( Ventinovesima lista).
Somma precedente
Chiesa di Pinerolo, 2' versamento . . . »
Augusto Coìsson, missionario » 5Miss F. A. Morgan and Sister .... > 300,—
Enrico Bounous, Milano > 10,Past. Adolfo Markt, Hessigheim. . . . > 10,Hyde Park Auxiliary, London L.st, 31,- — » 778,10
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Dott. Roberto e Signora Nadine Prochet,
Roma » 500,—
Totale . . . L. 26.921,95
Programma del lY Congresso Naz. delle 0. c. d. G.
Bontà, 4 Via Balbo, 3-7 Novembre
Martedì, 3 Novembre
Ore 14,30. — Culto d’introduzione e d’inaugurazione
della Casa Internazionale presieduto dai Sigg. Dott.
Gray e Pres. Muston. — Ore 20. — Serata offerta dal
Comitato Nazionale. — Ricevimento dello delegate
estere ed italiane.
Mercoledì, 4 Novembre
Ore 9 9,45. — Studio biblico. Past. Melile. — Ore 10*
— Seduta amministrativa. — a) Chiamata delle delegato. — b) Elezione del seggio del Congresso. — c) Elezione delle Commissioni. — d) Lettura del verbale dell’ultimo Congresso di Firenze. — e) Relazione della
Presidentessa nazionale, della Segretaria nazionale,
della Presidentessa del Comitato delle Pubblicazioni.
— Ore 14,30. — Adunanza di preghiera. — Ore 15, —
Discussione sui temi : !• La vita spirituale delle UnioniRelatrice: Signorina L. Stagnitta. — a) Studi biblici'
Relatrici : Signora A, Boldrini, e Signorina P, Sala'
— b) Adunanze di preghiera. Relatrici : Signora Janni,
e Signorina A. Grill, — c) Rapporti tra la vita reli'
giosa e l’attività sociale ed intellettuale delle UnioniRelatrici : Signora Ada Meille, e Signorina C, Costa
— 2' Le Unioni cadette ed intermedie. Relatrici : Signora Clark, e Signorina Genoulhiac.
Ore 17. — Ricevimento offerto dall'A. C. D. G., Via
Consulta 67.
Giovedì, 5 Novembre
Ore 9 9,45. — Studio biblico. Pastore Cervi. —
Ore 10. — !• Relazioni delle Presidentesse dei gruppi.
— Relazioni sulla Casa Internazionale e sui Foyers.
— Relazioni sulle Case estive. — 2' Sulle speciali condizioni della giovane in Sicilia e in qual modo l’Unione
possa contribuire al suo progresso morale ed intellettuale. Relatrici : Signore L. Clerico, e A. Arias. —
Ore 14,30. Adunanza di preghiera. — Ore 15. —
Discussioni sui temi : a) Per una più attiva partecipazione al moderno movimento femminile in Italia.
Relatrice : Signora Schiavoni Bosio. — b) L’Unione e
le studentesse. Relatrici : Signorine E. Pons, e Ruga.
— e) L’Unione e l’operaie. Relatrice: Signorina Pontanieu. — Ore 17. — Ricevimento all’Istituto Crandon.— Ore 2Ó.|— Serata offerta dall’Unione di
Roma. Tratteniniento musicale e conferenza della Prof.
Signorina Amildà Pons sul tema: « S. Cecilia nella storia e nell’arto » illustrata da proiezioni luminose.
Venerdì, 6 Novembre
Ore 9-9,45. Studio biblico. Pastore Comba. —
Ore 10. — Relazioni delle Commissioni, — Ore 14,30,
— Adunanza di preghiera. — Ore 15. — Discussione
sulla relazione della Commissione per la Revisione
della Guida. — Elezione del Comitato nazionale, dei
Comitati di gruppi, del Comitato per le Pubblicazioni..
— Ore 20. Culto di chiusura e celebrazione della Santa
Cena, presieduto dal Dr. Clark e dal Dr. Piggot.
Sabato, 7 Novembre
Escursione a Castel Gandolfo.
N, B. — Nei giorni 4,5,6 Novembre nella Casa Internazionale, 4 Via Balbo, per le Congressiste che la
desiderassero, ci sarà una colazione alie ore 12,30
Dal lunedì sera, 2 novembre, al sabato mattina, 7
novembre, le delegate saranno gentilmente ospitate
da varie amiche di Roma.
Salice Piangente
Dal caro pastore sig. Garrou di M' Donald, Fa. (Stati
Uniti d’America) riceviamo il seguente triste annunzio :
« Sabato scorso, 3 corrente, in compagnia del Dottor
Eibetti, presi la via di Tarentum per compiere un ben
mesto dovére. Quell’ angelo di bambina, che era Maddalena Billour, figlia del caro amico, Alberto Billour
pastore della chiesa francese di Tarentum, era stata
chiamata a prendere il suo posto nella casa paterna
lassù ne’ cieli. Morbo crudele la rapi ai suoi cari nello
spazio di tre giorni, all’età di 4 anni e 4 mesi. La
Domenica ell’era in Chiesa con loro, il Giovedì rendeva
l’anima a Dio. Era un vero fiore. Era amata da tutti.
Che triste cerimonia fu il servizio funebre ! Impediti
dalle autorità, di entrare nella casa, e quantunque il
freddo fosse intenso, parlammo di vita eterna al pubblico radunato nella strada, ed ai parenti che ascoltavano daU’interno della casa facemmo pervenire una
parola di consolazione e di speranza. Cari amici ! avremmo voluto esprimer |loro in privato la nostra simpatia,
e il nostro affetto, ma neppur ciò ci fu concesso. Erano
soli quei poveri parenti straziati dall’angoscia. Ma che
dico?... Non erano soli. Il Signore era ed è con loro,
e con loro adesso piangono molti amici in America e
in Italia ».
Enrico Oarrou
PRIMAVERA. DELLA VlXA
Affrica del Sud
La visita del sig. F. B. Smith di New York ha
ottenuto un grande successo. Il sig. Smith ha insistilo, perchè FUnione si sforzi di trovare un uomo,
adatto a svolgere l’opera unionista dal punto di vista nazionale. A questo scopo gli Unionisti di Diirban (Natal) hanno promesso un’annua contribuzione
di lire 5000.
Indie
Il primo corso d’istruzione per segretari indiani
ed europei ebbe luogo a Madras nell’ottobre del 1907.
Si è riconosciuto allora che la durata di questo
corso era troppo corta e che abbisognava una separazione delle due nazionalità ; poiché i problemi che
le concernono sono troppo dissimili tra loro. Perciò
per quest’anno si sono indette due conferenze della
durata di 3 settimane ciascuna. Quella per gli europei fu tenuta a Landour, dal 15 giugno al 4 luglio ; quella per gl’indiani sarà tenuta a Serampore
dall’ll al 31 ottobre. T. C.
rpnpanfli per un Istituto privato buone insegnanti
Lui uuilul evangeliche munite della patente normale
e con certificati che attestino la loro attitudine a
educare con amore e abnegazione i piccoli e gli
umili.
Rivolgersi alla Presidenza del Comitato Valdese,
107 Via Nazionale, Roma,
rpnpanj un maestro elementare evangelico. RivolLui bUiil gersi come sopra.
7
LA LUGE
CINEMATOGRAFIA UMANA
un LIBICO pei^icoLOSO
{Scena nel palazzo dell’Inquisizione, Seduto sopra una
poltrona di velluto ed oro, un Monsignore della
Santa ed Universale Inquisizione, e davanti a lui
un frate teologo. Sul tavolo, ampio e coperto da
un tappeto verde, un libro : < ìì istoire du Dogme
de la Papauté, par l'Abbé Joseph Turmel. »)
Frate — Dunque, Ella, Monsignore, conosce questo libro ?
Mone. — Sì.
Frate — E Tha letto?
Mone. - Sì.....
Frate — E che ne dice?
Mone. — Che è un libro che si fa leggere, e che è imparziale.
Frate — E perciò è tanto più pericoloso e conviene
quanto prima metterlo a l’Indice. Io lo denunzio formalmente a Vostra Signoria, e domando in modis et
formis la sua condanna.
Mone. — Perchè ?
Frate — Primo, per riguardo alla persona del suo
autore. L’Abbé Joseph Turmel è un modernista occulto:
anzi, di più : è un vero e proprio evangelico. I suoi libri
lo dimostrano a sufficienza. Ne’ suoi volumi di storia
della teologia, parla degli eretici e delle loro opinioni,
se non con approvazione, almeno oon stima ed affetto.
Mene. — Ciò vuol dire che è un uomo dotto, imparziale e spassionato.
Frata — Dotto un corno ! Prima di esser dotto, deve
essere papalino, intransigente, cattolico tutto d’un
pezzo. Il Turmel non è tale : e sarebbe ora di smascherarlo, mettendo all’Indice lui e la sua storia della
teologia. Poffar bacco 1 Un giorno noi si studiava la
santa teologia, e si era reputati dotti: ora, invece,
studiano la storia della teologia e si credono dottis-,
simi. Bestie cornute !
Hons. — Si quieti. Reverendo padre. Il libro dell’Abate Turmel ha tanto d’imprimatur del Vicario Generale di Parigi.
Ffite — Sì, sì, ma ha osservato Vostra Signoria?
UImprimatur non Sta davanti al libro, ma di dietrò,
all’ultima pagina, quasi sia stato carpito di straforo.
Poi, che imprimatur d’Egitto ? Nel l libro del Turmel
vi sono vere e proprie eresie. Io lo denunzio a Vostra
Eminenza ! Ella, come facente funzione del Grande
Inquisitore, proceda giuridicamente contro il libro :
Hittoire du dogme de la Papatée cohtro il suo autoreMons. — Pronunci bene quel Papoté, Reverendo Padre.
Non mi commetta eresia di pronuncia francese.
Fnte — Non importa, Eccellenza, la mia cattiva pronuncia ! Già, io mi glorio di non saper lingue straniere ; così, almeno, non leggo libri pestiferi, antipapali, eretici, luterani, evangelici, Yàldesi ecc., eco.
Dunque, Eccellenza, io accuso il libro del Turmel come
contenente varie eresie.
Moni. — Quali ?
Fnte — Per esempio : egli sostiene nei capitoli quarto
e quinto : intitolati : Saint Cyprien et la Papaté.,,..
Hont. — Pronunci bene : papoté....
Fnte — (con gesto di collera) Accidenti alla Papoté...
Mins. (accigliandosi) — Ohi oh ! che sento ! Proprio
10 dovevo sentire la sua eresia ! Lei bestemmia il Pa
pato, dinanzi al facente funzione del Grande Inquisitore e al Santo Uffizio, in questa sala che sovrasta alle
carceri, dove si chiudevano gli eretici, si attanagliavano, si torturavano, si...
Fnte — Eccellenza, mi perdoni. Sono un po’ collerico;
poi, ho desinato da poco.
Mene. — Che c’entra il desinare ?
Fnti — Ah ! Lo sa bene : si mangia, si alza un po’
11 gomito... ci si scaldano i fegatelli.^.
Ugni. _ lio capito... ho capito... torniamo a bomba.
Dunque Lei ha trovato eresie nel libro del Turmel.
Ma, se non capisce il francese...
ff,tg _ Un mio giovane frate mi ha tradotto i paesi
incriminati. Eccoli qui ! (Cava fuori dalla manica della
tonaca parecchi fogli di carta),
Mons. — Sentiamo.
ffjj, _ Punto primo. Il Turmel sostiene che S. Cipriano non credeva affatto alla supremazia spirituale
del Papa sugli altri vescovi : in una parola, ohe il
Santo Martire di Cartagine non ammetteva il primato
del Papa.
Mons. — E prova il Turmel questo suo assunto?
Fnte — Certamente che lo prova. E qui sta il malanno! Quel furfante matricolato non doveva provarlo.
Mons. - Chi furfante ? S. Cipriano o il Turmel P
Frate — Cibò ! Cibò ! il Turmel ! il Turmel !
Mons. — Ma scusi. Padre. Se veramente S. Cipriano
non credeva al Primato srirituale del Papa, qual
colpa ha il Turmel se lo ha detto chiaramente nel
suo libro ?
Frate -- Ma certe cose non si dicono. Per esempio.
10 so bene che non pochi miei Frati ne fanno delle
cotte e delle crude : ma forse che lo vado a dire a
tutti ? Caramelle ! Dinanzi alla genterella minuta dico
che tutti i miei Frati sono Santi... altrimenti, non si
prenderebbe più, nè olio, nè farina, nè fascine, nè
soldi. Ella mi capisce... Ora io domando: è cattolico
11 Turmel? allora parli da cattolico : so poi é Valdese,
allora vada a far la predica alla Chiesa di via Nazionale ! A me piace il vino buono, schietto, frizzante
Certe annacquature mi fanno proprio stomaco.
Mons. — Ma, insomma, io ho ancora da sapere che
cosa abbia detto questo povero Turmel.
Frito — La contento subito. Ecco che cosa scrive il
francese a pagine 132 : * Roma ! Essa occupa un posto
ben umile nella concezione che ha S. Cipriano della
Chiesa e dell’Episcopato 1 È bensì vero che egli la
chiama la cattedra di Pietro, La Chiesa principale,
donde è uscita l’unità episcopale... Tutto questo è vero ;
ma si deve tuttavia riconoscere che il dogma dell’episcopato ha oscurato agli occhi di S- Cipriano il
dogma del papato... Nè ci urti il tono, insieme imperioso e familiare, col quale S. Cipriano parla al PapaEsso ha la sua spiegazione, ma tuttavia resta sempre
vero che noi ci troviamo in faccia d’una teoria che non è
possibile mettere da parte. Se il testo Tu es Petrus,
è tolto al Papa per essere aggiudicato all’Episcopato,
su quale fondamento il successore di S. Pietro appoggerà la sua autorità ? E con qual diritto imporrà egli
la sua volontà fuori di Roma, se egli non ha ricevuto
in cura, come ogni altro vescovo, che una particella
del gregge di Cristo ? se ciascuno de’ suoi colleghi
non deve rendere conto della sua amministrazione
che a Dio solo ? e se l’unione degli spiriti e dei cuori
è il solo mezzo istituito da Dio per mantenere la
coesione del corpo episcopale P Non si vede in nessuna
maniera come si possano dare a tutti questi problemi
delle soluzioni in accordo col principio del primato
pontificio. E se San Cipriano tiene questo linguaggio
quando è amico di Roma, che cosa dirà contro Roma
quando suonerà l’ora del conflitto ? »
Mont. — È tutto quf?' ”
Prete — E dice poco vostra Eccellenza? Secondo il
Turmel, S. Cipriano nega che il testo Tu es Petrus
provi il primato del Papa : nega che il Papa abbia in
cura tutti i cristiani e tutti i vescovi del mondo; nega
che questi debbano render conto al Papa ; nega che
il governo della Chiesa sia monarchico ; nega implicitamente che il Papa sia infallibile ; insomma, nega
tutto il sistema cattolico, apostòlico, romano, e Vostra
Eccellenza domanda : è tutto qui ? Che cosa vuole di
più ?
Moni. — Ma c’è in favore del Papato il famoso testo
di S. Cipriano del * De Unitate >.
Pr,t, _ C’è, c’è : dica c’era, Eccellenza ! Ora non c’è
più.
Mono. — E dove è andato ?
Frati — Chi lo sa ? Lo domandi ai critici, i quali dicono che S. Cipriano non ha mai scritte quelle parole;
che sono interpolate, inventate di sana pianta ad uso
e consumo del papato.
Moni. — E che cosa dice il Turmel ?
Frate — Si capisce : nega anche lui che S. Cipriano
abbia mai scritte quelle parole : anzi, prova che furono inventate fra il quinto e il sosto secolo da un
amico di Roma, ecc. ecc.
Moni. — E dire che a noi studenti si facevano imparare a memoria quelle parole.....
Frata — Eccellenza, viviamo in tempi cattivi noi 1 Una
volta, con un solo libro si poteva insegnare teologia :
ora, non basta un’intera biblioteca. Dubitano di tutto,
criticano tutto, spiegano tutto.... Potenza in terra 1
Perchè logorarsi tanto il cervello ? Caramelle 1 Mangiate, giovanotti, bevete, divertitevi e poi ubbidite,
ubbidite, ubbidite ! Questi sono i miei principi.
Min. (sopra pensiero) — Ebbene ?
Frati — Vengo «Ila conclusione. Il Turmel è un eretico occulto. Dunque, igni damnetur l
Mani, — Adagio, frate mio ! Non siamo più nel medio
evo 1
Frati — È vero! Purtroppo! Ahi se la Chiesa riavesse
il suo ! Intanto, però Vostra Eccellenza condannerà il
libro e l’autore.
Miai. — Vedremo ! vedremo ! Lo farò esaminare... chiamerò i Consultori..
Frati — Che consultori d’ Egitto ! Non le bastano i
tratti da me recati? Il Turmel prova che S. Cipriano
non credeva al primato spirituale del Papa : e, se non
ci credeva S. Cipriano, quale dei padri antichi ci avrà creduto ? Caramelle 1 caramelle !
Mini. — Basta ! Vedrò. Per ora vada, e lasci qui il
libro. Lo leggerò anch’io.
Fnte (parte e poi si volta indietro) — Eccellenza, lo
vuole proprio leggere anche Lei ?
Mini. — E perchè no I Ci ho dato un’ occhiata]pochi
giorni fa ; ora lo leggo tutto.
Frate — Mi permetta di esser franco. Ad un umile
seguace di S. Francesco è lecito dire la verità anche
ai signori Prelati della Chiesa. Non legga il libro
del Turmel ! È un libro pericoloso, pericolosissimo !
L’ autore è astuto ; non si sa mai che opinione tenga;
mette il pro e il contro in bilancia ; dice e disdice
continuamente___ poi, alla fine, il lettore è costretto a
concludere nel suo cuore che il primato spirituale del
Papa è una grande impostura.
Mini. — Davvero f
Frate — Broprio così ! Faccia la prova, o meglio no,
non la faccia ! perchè anche Vostra Eccellenza potrebbe
perdere la fede.
Miai. — Frate mio, non temere ! Io non perderò la
fede nel primato del Papa.
Frate — E perchè no? Sono caduti tanti altri ! E poi,
ascolti l'Apostolo Paolo : qui stat, videat ne cadat !
Mini. — Frate mio, frate mio, lascia da parte S, Paolo !
S. Paolo poteva perdere la fede perchè non possedeva,
come me un grasso benefizio. Mi hai inteso ?
Frati — Oh si ! oh si ! Eccellenza, le bacio il sacro
anello 1 Eccellenza, la riverisco !
(Il frate esce e borbotta) Stupido che io sono ! e
dire che in convento mi credono furbo come il fistolo !
Questo Monsignore ne sa cento volte più di me. Come !
lui perdere la fede ? Caramelle ! E perdere le laute prebende e il grasso benefizio ? Caramelle ! Caramelle !
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Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dell'Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
Casa Internazionale per le Signorine
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Domenicale cioè i numeri 286 a 318 sono stati completamente rifatti, essendosi aggiunto
ad ognuno le parti del tenore e del basso pel canto a coro e per l’accompagnamento
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ELICOMA-MIGÛNE U.
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aa^n* ACl «vaI 1_ a_^
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nanehe dt porto.
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