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Anno 120 - n. 14
6 aprile 1984
L. 500
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a: casella postale - 10066 Torre Pollice.
Sig. FELLEOniNI Elio
Via Caìuti Liberta* 3
I00Ò6 fCSaE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
I
t:
I
I RAPPORTI CHIESE E STATO IN USA E ALTROVE
Washington vale una preghiera
L’auspicato rilancio della CEE
deve ancora avvenire.
Fallito il tentativo di rattoppo dei buchi apertisi tre mesi
fa, durante l’incontro ad Atene,
la Comunità europea continua
a imbarcare acqua. Riesce difficile credere che l’esperienza comunitaria stia, ora, semplicemente attraversando una di quelle fasi cicliche, temporanee, segnate dalla prevalenza di taluni
interessi in gioco rispetto ad altri.
Nell’ultima sessione del Consiglio, i Dieci (meglio, i Nove più
la (Iran Bretagna) hanno, ancora una volta, messo alle strette
il meccanismo di cooperazione
su base associativa.
Dietro alle discussioni dì natura finanziaria, su chi debba e in
che misura tirare fuori i soldi,
sono rispuntati i dubbi sul ruolo
economico e politico della CEE.
L’integrazione europea sarà pure un dato acquisito che nemmeno l’intransigenza inglese può
contraddire, ma pacifica è anche
la crisi istituzionale del complesso comunitario. Una crisi i cui
fattori negativi, intrinseci al sistema, sono evidenziati, p.e., dalle misure interne di protezione
commerciale, dalla guerra del vino, della carne, dell’acciaio, dalla « chiusura » nei confronti dì
Spagna e Portogallo. Bruxelles
parla chiaro: i summit dei Capi
di Stato e di Governo sono diventati una prassi per nulla adatta a risolvere le questioni. Oltretutto, essi rischiano di privare
gli organi comunitari dei loro
poteri e di ostacolare ogni prospettiva dinamica del controllo
parlamentare. Appunto qui sta
un altro termine del problema:
il Parlamento europeo.
Francesi, Tedeschi, Inglesi,
almeno a livello governativo,
vorrebbero togliergli la terra sotto i piedi. Ridurlo, insomma, a
un salotto di conversazione, dove nessuno decide un bel niente. Questo mentre la strada per
l’unità politica dei Dieci passa,
a conti fatti, da Strasburgo.
Il paradosso è che proprio
Mitterrand e Kohl, due dei sostenitori dell’esigenza di limitare l’intervento comunitario sulle
singole sovranità nazionali, sono
i portavoce dei paesi più avvantaggiati dalla CEE. L’agricoltura
francese è abbondantemente foraggdRita dall’Europa verde; l’industria tedesca vede restituiti
con gli interessi ì propri contributi. Dalla sua, l’Italia, pur pagando anche per il benessere di
coloro che abitano oltre frontiera, rimane, all’unanimità, europeista. Il che, come princìpio,
non è sbagliato. Semmai discutibile è il continuo cacciarsi, del
nostri politici, neUe sabbie mobili degli incontri, « ad alto livello », tra premlers.
Le differenze economiche vengono approfondite dal carattere
verticistico e tecnocratico della
CEE. Per coprire il divario tra
la burocrazia di casa nostra e
le agguerrite amministrazioni di
oltralpe, occorrerà forse guardare, in modo meno egoistico. In
una direzione che offra giusta tutela alle diverse comunità umane: quella dì un Parlamento europeo «con voce in capitolo»,
diviso a seconda delle convinzioni politiche e non del passaporto dei deputati.
Marco Bomo
Esiste una forte richiesta di « religiosità di stato » che molti uomini politici sono pronti a percepire e ad accogliere - Reagan gioca questa carta nella campagna per le elezioni presidenziali
I giornali hanno riportato recentemente la notizia di rm voto
al Senato degli Stati Uniti che
ha visto la presenza del 100%
dei senatori. Anche Gary Hart,
impegnato altrove per la campagna presidenziale, è tornato
appositamente per votare contro. Qual era l'argomento di una
votazione di tale importanza?
La proposta dì un emendamento costituzionale tendente a reintrodurre la preghiera nelle scuole pubbliche. E i rappresentanti
del popolo statunitense, seppur
di misura, hanno risposto no,
riconfermando la linea della separazione tra stato e chiese.
La questione è dibattuta da
quando due sentenze delia Corte Suprema degli Stati Uniti,
negli anni '60, decretarono che
« non fa parte dei compiti del
governo comporre preghiere ufficiali per qualsiasi gruppo di
americani da recitarsi come parte di un programma religioso
svolto dal governo » ed esclusero ugualmente l’apertura della
giornata scolastica fatta con
una lettura biblica e con la recitazione alLunisono del Padre
nostro. « Riconosciamo la saggezza e Tautorità di questa decisione », ha affermato il Consiglio delle Chiese di Cristo negli USA (NCCC), che già a suo
tempo aveva affermato che « né
la chiesa né lo stato devono usare la scuola pubblica per imporre l'accettazione di qualsiasi cre
do e il conformarsi a qualsiasi
pratica religiosa specifica ». Ora,
nell’imminenza del voto, il NCCC
ha inviato a tutti i senatori una
lettera ribadendo la propria posizione che ha rmo dei propri
pilastri in un principio che l’Intesa valdese-metodista ha cominciato a rendere noto anche
in Italia: « la crescita cristiana
e lo sviluppo e la pratica del
culto cristiano sono responsabilità esclusive della chiesa e della famiglia ». Con il NCCC, che
raggruppa le grandi chiese storiche protestanti e ortodossi, si
sono schierati una parte degli
ebrei e dei cattolici.
Perché questa spinta
A favore dell’emendamento
stava la « Moral Majority », la
vasta schiera dei fondamentalisti, gli ebrei osservanti, gruppi
cattolici laici, e il presidente
Reagan che nell'80 ha ricevuto
soprattutto dall’ambiente fondamentalista il sostegno decisivo
che lo ha portato alla Casa Bianca e che non a caso nel 1984 si
è fatto promotore dì im progetto confiuito poi con altri due
nella proposta di emendamento
costituzionale.
Reagan non sì trova a competere con una banda di atei,
notava James Reston, uno dei
maggiori commentatori polìtici
americani, sul New York Times
Eritrea
Giovani di 12-15 anni al lavoro nei campi dopo le lezioni. Sull'Eritrea servizio a pag. 7.
del 7.3: Mondale è figlio di pastore, Gary Kart ha cominciato
con teologia prima di passare a
legge e lesse Jackson, primo predicatore nero in lizza per la pre
GALATI 3: 28
sidenza, è un pastore battista.
Come mai si verifica quindi im
confronto politico sulla preghiera nella scuola pubblica tra concorrenti che non si contrappongono quanto a sfondo e provenienza religiosi? Ovviamente per
il fatto che — oltre a credere
nella preghiera nelle scuole
Reagan « ritiene che questo sia
)oìir
Una parola coraggiosa
un buon argomento politico e lo
spinge a fondo ».
« Non c’è qui né giudeo né greco; non c’è né schiavo né
libero; non c’è né maschio né femmina; poiché voi tutti
siete uno in Cristo Gesù ».
E’ forse una delle parole più
coraggiose di tutto il Nuovo Testamento, che ne contiene parecchie, più di quanto forse noi
pensiamo. Il Nuovo Testamento
è un libro coraggioso e questa
è una delle sue affermazioni certamente più radicali e come tale
ha creato parecchi problemi non
tanto al di fuori della comunità cristiana quanto piuttosto
proprio a noi che vogliamo mettere in pratica VEvangelo. Se la
lasciassimo semplicemente come
una grande affermazione di principio, ideale, non turberebbe
granché le nostre coscienze. Ma
Se n&i vogliamo concretare un
poco che cosa significano queste
parole, allora cominciano i problenti e cominciano anzi i tentativi di aggiramento di questa
come di altre parole.
In realtà questa parola va presa nel suo senso più proprio e
più normale. E’ chiaro che l'umanità è distinta in vari ruoli.
Non siamo certo tutti uguali,
siamo diversi perché gli uni sono
uomini e le altre sono donne,
alcuni appartengono a un popolo e altri appartengono a un altro, alcuni hanno una cultura,
altri ne hanno un'altra. Ma su
questo non c'è problema. Il problema nasce quando questo appartenere a una cultura piuttosto che a un'altra diventa criterio per la fede, per essere figli
di Dio, da fatto culturale diventa fatto religioso. Allora ciò che
importa non è tanto il fatto che
noi siamo uomini o donne bensì
un certo ruolo della donna, un
certo ruolo dello schiavo o dell'uomo libero diventa importante, un certo ruolo del giudeo o
del pagano. Cosa sta succedendo in Sud Africa adesso? Proprio il fatto che questo appartenere a una o all'altra categoria di persone addirittura diventa importante ai fini dell’appartenenza non solo allo stato ma
anche alla chiesa. Non siamo
stati forse abituati proprio a vivere anche in questa divisione
tra mondo occidentale e mondo
orientale, per cui tutto quello
che succede in Russia è di per
sé sospetto, insidioso?
Un adulto si presenta davanti
alla sua comunità per essere battezzato, ma per il fatto che si
presenta come omosessuale la
comunità non si sente di passar
sopra a questo fatto e il battesimo gli viene negato. Ecco dunque il problema. Cosa significa
che noi siamo uomini e donne
di fronte a Gesù Cristo? Non
significa niente. Noi non possiamo dare a queste caratterizzazioni, che fanno parte della nostra natura, una portata rispetto alla salvezza. Sono cose irrilevanti ai fini della salvezza, ai
fini della fede in Cristo. E così
sono irrilevanti le differenze etniche e culturali. Il cristianesimo per primo ha avuto il coraggio di dichiararlo di fronte a una
religiosità che ha sempre qualche cosa di nazionale, ha saputo
dichiarare che esiste un solo
Dio.
Ma se questo è vero c’è un secondo punto da mettere in evidenza. Se è vero che le divisioni
di questo tipo sono irrilevanti,
allora deve anche essere vero
che la comunità cristiana fa in
modo di superarle là dove si
presentano. L’essere membro
della comunità cristiana significa cioè in qualche modo situarsi veramente al di là della differenza dei popoli, delle razze, al
di là dei condizionamenti legati
alle nostre diversità. Le nostre
diversità restano perché fanno
Sergio Rostagno
(continua a pag. 6)
E perché la richiesta della
preghiera nelle scuole è « un
buon argomento politico » che
Reagan cavalca con una buona
dose di demagogia? Dietro alla
« spinta per la preghiera »j osserva lo scrittore Arthur Miller,
sempre sul New York Times
(12.3), c’è il disorientamento di
una società che non sa più come preservare l’ordine e cerca
un’autorità che il bambino non
possa contestare. « Dal momento che i suoi genitori hanno perso ogni controllo su di lui per
il loro divorzio o per il loro disinteresse. gli insegnanti sono
sommersi dal lavoro, i poliziotti sono occupati altrove, solo
Dio può aiutarci ».
C’è dunque una spinta religiosa, o meglio di delega religiosa,
da parte di larghi strati della
popolazione e una pronta disponibilità a ricevere e canalizzare
questa spinta da parte del potere costituito. La saldatura tra
queste forze non si è operata
perché l’emendamento richiede
due terzi dei voti per essere approvato, ma la domanda irrisolta non mancherà di giocare a
favore di Reagan. Tuttavia l’interesse della questione non è limitato aH’andamento della campagna elettorale americana. La
questione è piuttosto; esiste solo negli Stati Uniti una convergenza tra spinta (o delega) religiosa e potere costituito? Sarebbe strano pensarlo.
Franco GlamificcoU
(continua a pag. 2)
-i\ì
2
2 fede e cultura
6 aprile 1984
CINEMA
Il giorno dopo,
un titolo sbagliato
« The day after » è uno tra i
film di maggiore successo in questo periodo, e ha già suscitato
innumerevoli discussioni.
Alcuni l’hanno giudicato brutto, superficiale, inadeguato alle
reali proporzioni di una catastrofe atomica, addirittura pericoloso.
_ Altri l’hanno seguito con silenziosa attenzione e ne sono rimasti impressionati, indotti ad
iinpegnarsi per evitare la follia
di una guerra nucleare.
Certo si tratta di un lavoro
che può provocare anche in chi
lo apprezza reazioni assai diverse e addirittura opposte. L’attaccamento alla vita, la paura
di quel che potrebbe succedere,
ci possono spingere a fabbricarci un rifugio sicuro, ben difeso
daH’invasioiie di gente indesiderata, rifornito di provviste per
un assedio di mesi, in modo da
prevedere di rièmergeme, insie
me ai nostri cari, solo quando il
peggio sia ormai passato. Ma
non possiamo incolpare un film,
tutto considerato abbastanza
realistico, delle reazioni egoistiche che può suscitare in noi. Il
confronto fra i colori freschi e
luminosi del giorno prima e il
grigiore opaco e ^sante dopo
le esplosioni atomiche può anche indurci a capire la gravità
dei rischi che corriamo, la cecità con cui. come i personaggi
del film, ci ostiniamo a pensare
che certe cose non possono succedere davvero.
Personalmente, però, ho avuto l’impressione che in fondo il
titolo del film sia sbagliato. Il
confronto non è tanto fra un
oggi, tutto sommato, abbastanza sicuro e piacevole, almeno per
alcuni, e im possibile domani
causato dalle armi nucleari.
Anche senza bisogno di una
guerra atomica, le città distrutte, il crollo della vita organiz
Marcella Gay
Washington vale una preghiera
(segue da pag. 1)
Facciamo qualche esempio. Se
Washington vai bene una preghiera, Roma vale im Concordato, Parigi una scuola privata e,
domani è probabile, Varsavia un
crocifisso. Se cioè da parte del
potere politico in situazioni diverse vi è una disponibilità più
o meno disinibita a gestire la
spinta religiosa è per il fatto
che questa viene percepita, dalle
finissime antenne dei politici,
come un elemento di forte legittimazione politica del potere.
Enzo Mazzi ha fatto alcuni di
questi accostamenti in un articolo molto interessante (« Il potere vai bene una messa », Paese
sera 13.3) in cui afferma che
« Reagan, Jaruzelski..., Craxi,
nonostante la grande diversità
dei rispettivi ordinamenti politici, haimo tutti ugualmente im
gran bisogno di compromessi e
patti, concordatari o di altro tipo, con i vertici delle Chiese ».
Tuttavia ritengo che l’analisi debba fare un ulteriore passo avanti.
Non stiamo infatti assistendo,
mi pare, ad una nuova edizione
dell’alleanza tra trono e altare,
tra potere politico e religioso,
mediante accordi di vertice. Ciò
che in forme diverse il potere
politico sta elaborando è una gestione in proprio della spinta religiosa, naturalmente ovunque è
possibile con l’accordo con la
parte più conservatrice della religione istituzionalizzata. E’ chiaro che ciò che interessa al potere non è oggi avere una religio
ne di stato. _ E’ invece avere una
religiosità di stato gestita in proprio, ovviamente pluralista, egualitaria, estremamente disponibiIs .nei confronti della spinta religiosa. Pretendendo di essere e
rimanere laico, il potere tende
significativamente non ad essere aconfessionale, bensì pluriconfessionale. Lo si vede negli
Stati Uniti nel dibattito sulle
forme di preghiera che vadano
bene per tutti, lo si vede in Italia nel dibattito suirinsegnamento religioso cattolico nella scuola pubblica che tenta di coinvolgere abilmente le altre confessioni.
Responsabilità
personaie
Che dire, e fare, di fronte a
queste tendenze? Credo che non
riaffermeremo mai abbastanza il
valore della laicità dello stato
che deve nrogrammaticamente
rinunciare a svolgere qualsiasi
ruolo religioso, e la necessità che
gli uomini del nostro tempo siano posti di fronte alla responsabilità di rispondere personalmente alle questioni fondamentali deU’esistenza senza delegare
questa responsabilità a istituzioni religiose o statali. E’ su questa
responsabilità personale che si
può fondare la salute spirituale
di una società. Lo stato deve certo contribuire, nella sua opera
educativa, a preparare i cittadini
all’assunzione personale di questa responsabilità, ma deve guardarsi dal predeterminare le risposte canalizzandole in senso
religioso o antireligioso. Diciamolo con la bella testimonianza
data da James Reston nel suo citato articolo:
« Dietro a questo emendamento costituzionale c’è una nozione benintenzionata ma falsa che
è stata messa in luce dal NCCC:
e cioè che se i nostri figli pregassero ogni mattina nelle scuole
pubbliche poi si comporterebbero molto meglio dopo la scuola.
Può darsi; ma come vecchio calvinista di origine scozzese che
crede sia nella preghiera che nel
peccato originale, non credo proprio alla saggezza di uno stato
che imponga pratiche religiose
alla gente ».
Franco Giamplccoli
Gioventù
Evangelica
anno XXXIV . n. 85 - febbraio 1984
NOVITÀ’
« Chiamati ad essere testimoni
deii’Evangeio oggi »
Un invito alia riflessione e all’azione
daH’Alleanza Riformata Mondiale (Ottawa ’82)
Introduzione di Gino Conte
pp. 80, 9 ill.ni, L. 2.900
II documento dell’A.R.M. che le chiese valdesi e metodiste sono invitate a studiare.
In distribuzione:
W. TROBISCH
Ti ho sposato
(ed. G.B.U.) - pp. 186, L. 8.000
I colloqui del noto consulente matrimoniale.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
c.c.p. 20780102
Editoriale; Concordato e Intese: libertà della chiesa o libertà per tutti?, di
Giorgio GardioI
Studio biblico; Resi liberi, di Helmut
Goliwitzer
PACE E DISARMO
I missili a Comiso: un’arma da primo colpo contro... la Costituzione,
di Bruno Gabrielli
GIUSTIZIA
Dissociazione e soluzione politica, di
Carlo Oliva — Piccola guida al processo penale, di Nicoletta Gandus —
Per una riflessione sulle carceri —
Lealismo e trasgressione.
INTERVENTI
La sofferenza è mia, di Claudio Canal — Dialogo semiserio sulle uova.
CONGRESSO EGEI
Non è nel mio arco che io confido,
non è la mia spada che mi salverà,
di Eugenio Bernardini — L’impegno
delle donne, di Bruna Peyrot — Le
parole e i gesti della fede — Energia
e uso delle risorse — Teologia e
soggettività — Lo Statuto della Egei.
gioventù evangelica, via Luigi Porro
Lambertenghi 28 . 20159 Milano —
sottoscrizione per il 1984: annuale L.
12.000 - estero L. 15.000 . sostenitore
L. 20.000 - versamenti sul c.c.p. n.
35917004.
zata, le epidemie, la mancanza
d’acqua, di viveri, di un ricovero, di notizie dei nostri cari, la
gente ridotta a scheletri inebetiti, sono già stati ieri una realtà per gli Europei che hanno
vissuto la seconda guerra mondiale, sono oggi la realtà del Libano e di tanti altri paesi.
Mi pare, insomma, che il confronto proposto dal film non sia
tanto, o non soltanto, fra il giorno prima e il giorno dopo, ma
fra alcune isole di salute, di benessere, di relativa sicurezza
econ9mica, in una parola di privilegio, e la tragica realtà che
ci sta intorno e che forse finirà
col travolgerci, ma che preferiamo ignorare, chiusi nelTindividualistica ricerca della felicità, del piacere, del divertimento,
pronti ad eseguire gli ordini, o
ad accettare le suggestioni, senza domandarci se è giusto vivere così.
Se questo è il nostro oggi, allora è ovvio che, assistendo ad
un film come questo, sapremo
solo pensare a costruirci un rifugio antiatomico. Ma lo scandalo non_ comincia a questo punto, è già nel nostro modo di vivere, qui ed ora.
A colloquio con i lettori
PER IL GUATEMALA
Dall’Associazione Amicizia ebraicocristiana di Roma riceviamo la lettera che qui di seguito riportiamo. Pensiamo di far cosa utile ai lettori, nella
linea qui indicata, riproducendo in questa pagina, come uno dei possibili strumenti di intervento, la lettera che
Amnesty International sta distribuendo
tra i suoi aderenti per un’azione di
sostegno dei guatemaltechi oggetto di
repressione.
Egregio Direttore,
ebrei e cristiani- desideriamo esprimere ia nostra protesta per ia strage
degii ■■ indios » che avviene in Guatemala e in altri paesi deii’America Latina. e la nostra indignazione per ii silenzio che la circonda.
Quando il nazismo eliminò nei campi di sterminio milioni di ebrei, zingari e slavi, tutti. Alleati compresi, si
difesero dicendo che non sapevano.
(Oggi sappiamo ohe non era vero. Sapevano e come!). Del massacro di ind'ios tutti sono al corrente. Ma nessuno si muove veramente per creare nel
mondo una corrente di opinione pubblica che induca le sanguinarie dittature
iatino-americane a cessare ia strage.
Non si muove seriamente la stampa,
non si muovono affatto né i Capi di
Governo, né le Associazioni religiose,
né le Nazioni Unite. E neppure i partiti politici, pur tanto attivi nel suscitare
« proteste di massa ».
La vita degli indios non sembra interessare nessuno e la storia Insegna
che nulla quanto il disinteresse dell’opinione pubblica dà mano libera alle
peggiori efferatezze.
Vorremmo Lei avesse la gentilezza
di pubblicare che a noi la vita degli
indios interessa.
Il Talmud dice: « Chi salva una vita
salva il mondo » e il Vangelo: « Quello
che avete fatto al più piccolo dei miei
lo avete fatto a me ». In nome delle
nostre fedi ebraica e cristiana, chiediamo a tutti gli uomini di buona volontà di suscitare nel loro ambiente
iniziative in favore degli indios e in
appoggio ai pochi che i|n loco si battono per loro.
Inviamo valanghe di lettere al Governo messicano (o all'Ambasciata del
Messico in Italia) perché non rimandi
in Guatemala, dove saranno sterminati, i 30.000 indios rifugiati sul suo
territorio.
Sommergiamo le redazioni di giornali e televisioni con richieste di servizi continuamente aggiornati che denuncino all’opinione pubblica mondiale
le efferatezze dei regimi totalitari, siano essi fascisti o comunisti.
Ogni uomo inerme ucciso nel mondo, sia esso indio, afghano, ebreo o
palestinese, ci riguarda personalmente.
Ma occorre parlare sempre di tutti,
non solo dei casi abilmente strumentalizzati dalla politica.
E sembra che per il momento ai
politici gli Indios non interessino. Perciò possono morire In pace.
Noi non siamo d’accordo e chiediamo a tutti gli italiani di dare II loro
contributo, piccolo o grande secondo
le passibilità di ognuno, perché dal
Brasile ai confini del Messico cessi la
strage degli innocenti.
Ringraziandola Le inviamo i nostri più
cordiali saluti.
La responsabile: lea Sestieri
La Coordinatrice: Annie Cagiati
Seguono altre 60 firme
UN IMPEGNO DA ASSUMERE
Per il Guatemala
Chiunque voglia dare un contributo concreto all’aflermazione dei diritti umani in un paese tormentato come il
Guatemala può copiare questa lettera distribuita da Amnesty mandandola al Capo di Stato del Guatemala e per conoscenza alTAmbasciata del Guatemala, via Archimede 35,
00197 Roma.
General Oscar Humberto Mejia Víctores
Jefe de Estado y Ministro de Defensa
Palacio Nacional
Guatemala, GUATEMALA
Excelencia,
Como ciudadano italiano y miembro de Amnistía Internacional (la organización que, como Vd. sabe, se opone a todas las violaciones de los Derechos del Hombre, incluso la
tortura y la pena capital), he decidido escribirLe desde aqui
sobre los abusos de los Derechos Humanos, ocurridos en
Guatemala antes de la presente administración.
Las fuerzas regulares de seguridad y las militares se han
hecho responsables, durante^ los anteriores Gobiernos, de numerosos ejemplos de violaciones de los Derechos Humanos,
inclusas "desapariciones’’ y ejecuciones sumarias, contra personas de todos los sectores de la .sociedad guatemalteca.
Con relación a las leyes internacionales, creo que las presentes autoridades tienen la responsabilidad de investigar
cumplidamente sobre estos casos, como establecido en la
Resolución 15 (XXXTV) del 10 de Septiembre 1981 en la 34”
sesión de la Subcomisión sobre la Prevención de la Descriminación V Protección de las Minorías de las Naciones Unidas, que determinaba el derecho de los familiares de los "desaparecidos" de conoceré lo que ha pasado a sus parientes.
Apelo a Vd. para que, en los casos en los que es posible
saber que las personas desaparecidas han realmente sido
ejecutadas sumariamente por parte de las fuerzas de seguridad, se de una explicación de los hechos a la familia, y que
a ésta sea pagada una indemnización, y que los ejecutores de
estos crímenes sean enjudiciados.
Su intervención en este sentido será acogida con gratitud en todo el mundo, por todos los que creen en los mas fundamentales derechos del hombre.
AgradecendoLe de antemano. Le saluda.
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6 aprile 1984
fede e cultura 3
è.
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UNA RICERCA CONDOTTA A ROMA, PIAZZA CAVOUR
Omosessualità: 16 tesi
per una discussione
La Chiesa valdese di P.za Cavour ha dedicato tre riunioni al tema dell'omosessualità cogliendo lo stimolo fornito
dall'articolo « Omosessualità e fede cristiana » (G.E. ott. ’83)
e nel tentativo di elaborare una risposta alle domande che
dall’estemo vengono poste agli evangelici su questo tema.
In una prima riunione, informa il « Bollettino di P.za
Cavour » del 15 marzo u.s., Ezio Ponzo ha introdotto il tema
con una descrizione della condizione omosessuale sottolineando particolarmente i cambiamenti culturali intervenuti
con la fine della clandestinità omosessuale e la necessità di
un atteggiamento di ascolto. In seguito Evelina Girardet ha
riassunto gli articoli di G.E. suU’argomento e la prefazione
di Paolo Ricca al volume « Omosessualità e coscienza cristiana » edito dalla Claudiana alcuni anni_ fa. Infine Sergio Rostagno, tenendo conto delle discussioni delle riunioni precedenti, ha formulato 16 tesi per la discussione che riproduciamo in questa pagina, insieme alle « conclusioni » che Evelina
Girardet e Jean Elliot hanno redatto « per un maggior approfondimento del problema che è fonte di serie e vere sofferenze e incomprensioni tra gli stessi credenti ». Una nota
alle tesi precisa che con esse « non si è certo esaurito l’argoI mento ed anche nel gruppo stesso ci sono state delle differenti valutazioni ed interpretazioni dei versetti citati ».
1. Qui non c’è né maschio né
femmina, ma tutti siete uno in
Cristo Gesù (Calati 3; 28). Questo
è il passo da cui deve cominciare
la nostra riflessione.
2. Con questo messaggio il cristianesimo si presenta come una
forza nuova nella storia, di fronte alle religioni per le quali il
rapporto con Dio è realizzato
mediante l’osservanza di norme
etiche, etnicamente e storicamente determinate. Il campo eticoculturale, connesso con le tradizioni e le loro relative norme,
viene dichiarato irrilevante ai fini dell’essere in Cristo.
3. Con questo messaggio il cristianesimo si presenta altresì
come forza di rinnovamento, in
grado di saltare al di là di vec
chie strutture e suscitare comportamenti nuovi. Questo è da
intendere come caratteristica
strutturale e permanente. Alla
luce di Calati 3: 28 non solo non
è più vincolante per il cristiano
alcuna norma legata a una particolare cultura, ma Oigni comportamento deve cercare di trasferirci in una realtà nuova.
4. Uno dei primi rilevanti esempi di tale rinnovamento è dato
dalla questione della circoncisione, che suscitò non pochi problemi nella chiesa primitiva, poi
superati. Tuttavia non sembra
potersi sostenere che la chiesa
primitiva, nel corso della traduzione pratica del” suoi principi
etici, abbia sempre offerto al
mondo modelli di comportamen
LA SPEZIA
Il frutto della pace
sarà la giustizia
I
Per la prima volta, cattolici
ed evangelici, hanno promosso
congiuntamente due manifestazioni, nell’ambito della campagna del « referendum autogestito » sui missili a Comiso, di sensibilizzazione della cittadinanza
sul problema della pace.
La prima di esse, organizzata
dal « Centro Evangelico », ha visto la partecipazione di un testimone del calibro di Salvatore Rapisarda, attivamente impegnato, insieme alla Chiesa Battista di Catania e alla segreteria
P.G.E.I., nella lotta quotidiana
per impedire la nuclearizzazione
della Sicilia orientale. Una battaglia che ha visto impegnati
fianco a fianco pacifisti di diversa estrazione politica e sociale.
Rapisarda ha documentato la
«minaccia atomica» rappresentata, primariamente, dagli Stati
Uniti che, negli anni 50 e 60,
hanno sbandierato il loro « arsenale atomico » come difesa dal
comunismo sovietico, pur sapendo di essere solamente degli « aggressori » (vedi Vietnam).
A questo punto, chiedendosi
quali sono i compiti delle chiese cristiane, Rapisarda, rifacendosi ad Uppsala e a Vancouver,
ha ricordato la frase del profeta Isaia: «il frutto della pace
sarà la giustizia» (32:17): le
chiese del primo e del terzo
mondo devono levare alta la loro voce in favore della giustizia
sociale e del disarmo unilaterale.
In particolare, ha ricordato
Rapisarda, la riunione di Uppsa
la (aprile 1983), convocata dalla
Chiesa Luterana Svedese, ha
rappresentato una vera « assise
mondiale di cristiani per la pace»: cattolici (per l’Italia era
presente Mons. Bettazzi, vescovo di Ivrea), luterani, riformati,
chiese libere ed evangelicals,
hanno redatto un documento finale dove si invitano le chiese
ad una educazione permanente
alla pace e si auspica la creazione di un « Centro interconfessionale di studio » sui problemi inerenti la pace e la giustizia.
La seconda iniziativa, di carattere pratico, promossa dal
« Centro studi e documentazione contro la guerra», presieduto dal prof. Pietro Lazagna, consigliere nazionale delle A.C.L.I.,
è consistita in una «ora di silenzio » in una via del centro
cittadino, come protesta « non
violenta » in una città che fa
del commercio « di morte », rappresentato dalle armi convenzionali e dai missili, la sua principale fonte di lavoro e quindi
di reddito.
Questa « ora di silenzio » ha
avuto il senso, motivato biblicamente, di una confessione di
peccato al Signore, per questo
« mercato di morte », al quale
partecipano, in beata coscienza,
molti cristiani spezzini.
Il prossimo anno i due centri
(evangelico e cattolico) promuoveranno, tra le altre cose, un
« seminario quindicinale », sugli
aspetti storico-teologici legati alle problematiche pacifiste.
E. S.
to nuovi ed esenti da retrocessioni e compromessi. Ma poco
importa: non dobbiamo infatti
imitare le sue specifiche realizzazioni, che appartengono ad
un’epoca remota, bensì vivere il
messaggio già da essa predicato,
cercando di renderlo anche oggi predicabile e produttivo.
5. Rientra nella prospettiva qui
ricordata la questione del peccato che viene ad assumere im
aspetto nuovo, in quanto si dichiara che tutti sono peccatori
(Romani 1 - 3). Il peccato non è
più legato alla trasgressione di
una norma religiosa e quindi
non distingue più gli uomini tra
di loro, in base ad osservanze legate alla cultura di ognuno, ma si
generalizza e si approfondisce
come fondamentale condizione
delTesistenza, come peccato contro Dio, che « ha rinchiuso tutti
nella disubbidienza per far misericordia a tutti» (Romani 11:
32; vedi anche Calati 3: 22 e Romani 3: 23 s).
6. Anche Tinterpretazione biblica è guidata dalla distinzione
fondamentale tra l’essere nuove
creature in Cristo ed i condizionamenti etnico-religiosi ed eticosociali (confronta 2“ Corinzi 3).
Ogni ’’fondamentalismo”, il quale non abbia la sua radice proprio in questa distinzione va perciò evitato.
7. Non è più possibile alla chiesa cristiana utilizzare testi biblici senza distinguere tra un uso
legittimo e un uso legalistico,
reintroducente un presupposto
di tipo culturale ed etnico nella
comprensione del vangelo.
8. Il fenomeno deH’omosessualità è visto tanto nell’Antico
quanto nel Nuovo Testamento
come una manifestazione particolarmente grave del peccato e
del disordine deH’umanità.
9. L’antropologia attuale ci fa
vedere l’omosessualità in ima luce diversa.
10. Mentre la comunità cristiana, da una parte, confessa il proprio peccato e dichiara che tutti
sono peccatori, essa d’altra parte,
è libera di considerare in una
luce nuova, non legata a determinati schemi e culture, ogni
fenomeno umano, vedendolo come obiettivamente si presenta in
se stesso.
11. La comunità cristiana dichiara irrilevante la questione
dell’omosessualità nel campo
della fede sulla base di Calati 3:
28 e, nello stesso tempo, assume
a livello etico, le responsabilità
che derivano da tale dichiarazione di principio.
12. Tali responsabilità si concretano nella ricerca di modelli
di comportamento in cui il fenomeno dell’omosessualità, in quanto problema antropologico (etico, psicologico, giuridico), riceva le soluzioni più idonee e più
rispondenti al dono della libertà
fondata sull’agape di Cristo, senza vincoli predeterminati, né fughe in avanti libertarie od irresponsabili.
13. Il senso della purezza di costumi d’obbligo nella comunità
non è quello di precludere alla
comunità stessa Tesercizio della
libertà e della responsabilità dichiarato nelle due tesi precedenti.
14. La comunità cristiana fraintende il senso della libertà in
Cristo, quando suppone di poter
ricavare nel proprio ambiente,
proteggendolo mediante nuove
regole etiche, uno spazio in cui
o si sarebbe al riparo dalle contraddizioni del mondo, o si sarebbe trovata per esse una soluzione che le aimullerebbe.
15. La comunità cristiana illude se stessa e il mondo, se elabora modelli validi soltanto al
suo interno e mediante essi si
sottrae alla solidarietà con il
mondo.
16. La comunità cristiana può
evitare di illudere se stessa e il
mondo sul senso dei propri
comportamenti etici, se questi
tendono ad offrire al mondo modelli reali di soluzione di problemi aperti di cui la chiesa si
fa carico.
Conclusioni
Si è fatto notare che quando
le Scritture parlano delTomosessualità sia mettendola in rapporto alTintervento di Dio nella creazione (Romani 1: 18-27), sia in
rapporto ai Dieci. Comandamenti (I Timoteo 1: 9-10) ed infine in
rapporto al Regno di Dio (I Corinzi 6: 9), c’è sempre la sua condanna.
Per quanto doloroso possa
sembrare occorre prenderne atto per non far dire alla Bibbia
solo ciò che è valido per noi oggi secondo i modelli di vita che
ci siamo creati.
Si è fatto notare, inoltre, che
sono sempre gli atti omosessuali
ad essere condannati e non l’omosessuale come persona che,
in quanto persona, è sotto il
peccato e la grazia come tutte
le creature ed il creato.
Il problema resta aperto. Il
gruppo ha ritenuto, comunque,
estremamente utile aver rotto il
tropno lungo silenzio sulTargomento e concordemente ritiene
che lo studio andrebbe ampliato
al tema più vasto della « sessualità e comunità cristiana».
Per tutti, omosessuali ed eterosessuali, vale l’esortazione di
Paolo (Romani 12: 1-2): «Dio ha
manifestato la sua misericordia
verso di noi. Vi esorto dunque,
fratelli, a offrire voi stessi a Dio
in sacrificio vivente, a lui dedicato, a lui gradito. E’ questo il
vero culto che gli dovete. Non
adattatevi alla mentalità di questo mondo, ma lasciatevi trasformare da Dio con un completo
mutamento della vostra mente.
Sarete così capaci di capire quale è la volontà di Dio, vale a dire
ciò che è buono, a lui gradito,
I>erfetto ».
Diverso, perchè
Sul mensile battista « il testimonio » è in corso da tempo un dibattito su fede e omosessualità a partire dal caso del giovane di
Cagliari, a cui si fa cenno anche nella meditazione di questo numero, sulla cui domanda di battesimo la comunità si è divisa dolorosamente. Nel numero di marzo Fabrizio Oppo interviene personalmente e riteniamo utile riportare ampi stralci del suo articolo
per la discussione che è in corso anche sul nostro giornale.
Dopo aver affermato di non
voler discutere la legittimità o
meno deH’amore omosessuale,
F.O. prosegue: « non vorrei dare
l’impressione di voler giustificare teologicamente il mio stato
affettivo. Non credo che questo
sia un tentativo legittimo e non
mi preme intraprenderlo. E’ un
fatto che l'omosessualità segni il
mio corpo e il mio sentimento,
così come pure è un fatto che
la fede in Gesù Cristo è un appello a tutto il mio essere... di fronte alla persona di Gesù di Nazareth devo affermare anch’io:
"conosco quell’uomo’’. Non posso
fare altrimenti, non posso fare
diversamente ».
A partire da questa doppia
constatazione, F.O. sottolinea la
centralità del Cristo in questo
problema, centralità che spesso
invece lascia il posto ad altre
centralità. « Veramente il "solo
Cristo", punto decisivo della fede evangelica, sta diventando insostenibile tra noi? Quando vedo
il Signore presentato come chiave di volta di un sistema morale,
come il maestro di una nuova
"qualità della vita" mi chiedo dove sia l’inevidente e scandaloso
uomo della croce abbandonato da
Dio e da ogni certezza, capace
solo della speranza... e in questo
capace di raccogliere le speranze
dei disperati della terra.
Mi sembra, purtroppo, che questo "Cristo solo", unico senso
della nostra vita, venga, attraverso vari tentativi, assicurato, reso
stabile fondamento di sicurezze
certe, evidente principio di morali indubitabili, di speranze produttive, qualcosa insomma di cui
ci si possa arricchire.
Ma voler assicurare il Cristo
non sta all’inizio della sua dimenticanza? ».
L’autore affronta poi l’argomento della necessità della conversione che è stato più volte
avanzato e prosegue: « Mi chiedo di quale conversione si tratti. Di un semplice "cambiare la
vita"? Perché non riconoscere
che nel momento stesso in cui ci
si rivolge a Cristo si è già cambiati? Da quando ho riposto la
mia speranza nel Signore io sono
effettivamente cambiato, e raggiunto questo punto la mia situazione sessuale non costituisce ormai più un problema primario
perché so che è davvero cambiato l’insieme del mio essere, la
realtà che vivo e che ora ha il
suo centro in Lui. Ogni altra conversione che non riguardi Lui come il primo e il più importante è
conversione ad altra cosa, degna
quanto si vuole ma altra...
E credo che di questo si tratti:
di ribadire che il problema della
conversione è cristologico molto
prima che morale. Una conversione raggiunta con il perfezionamento morale è ancora un curvarsi su se stessi, riconoscendo
in sé e nella propria purificazione
la realtà più importante; questa
conversione è abissalmente distante da quella richiestaci dal
Vangelo e deriva da una flessione moralistica della verità della
fede. Il "solo Cristo" in tal caso
non basterebbe più, ma con ciò
si rinuncia al cuore stesso della '
fede cristiana riscoperto e riaffermato dal secolare insegnamento della Riforma ».
In conseguenza F.O. si dice
conscio del proprio peccato ( « so
di essere peccatore e mi confesso
abbandonato, disorientato, espropriato ») insieme agli altri, eterosessuali e non, e afferma: « Dentro questo vuoto, nello stato di
questo allontanamento, affannarsi a voler calcolare la quantità di
imperfezione contenuta in ogni
singola condizione esistenziale
per costruirne maeari una gerarchia, è compito in cui ha primeggiato la più tradizionale teologia
della chiesa cattolica romana,
con il risultato di aver contribuito alla formazione e alla diffusione del fenomeno che è stato studiato come "nevrosi cristiana".
Non posso quindi negare la realtà del peccato, del mio peccato;
ma se da auesto stato mi è concesso di affidarmi in speranza
posso allora dire che anche in
questi spazi è possibile innalzare
canti di lode ».
Dopo un accenno all’opinione
secondo cui « ci sono situazioni
di peccato in cui è impossibile
porsi domande su Dio », F.O.
conclude:
« Tutto ciò comnorta anche
che accanto alla parola "peccato"
non mettiamo niù principalmente la parola "giudizio" ma la
realtà della speranza. Cristo ha
scelto l’avvicinamento e la condivisione di vita con chi fa esperienza di espropriazione e di rifiuto. Ha scelto l’abbassamento
solidale e non il giudizio che
l’uomo della separazione pronuncia, vittima dell’ossessione della
purezza. Ha scelto l’amore. Noi
che guardiamo a Lui non abbiamo bisogno di indugiare nel pensiero per affermare che è meglio,
molto meglio l’amore che la purezza ».
4
4 Vita delle chiese
6 aprile 1984
Dipartimento diaconale
Sabato 24 marzo si è tenuto
a Pomaretto un incontro organizzato dal Consiglio di Circuito sul tema dei Dipartimenti
Diaconali. Nell’invito, il Consiglio richiamava l’attenzione sul
fatto che l’adozione di questi dipartimenti diaconali avrebbe dato un nuovo volto a tutto il settore dell’assistenza della nostra
Chiesa ; prendere conoscenza
dunque di questa materia diventa atto di responsabilità nei confronti della vita della propria
Chiesa. Ad introdurre l’argomento è stata chiamata Anita
Tron, la quale, oltre a dirigere
il Convitto di Pomaretto, è anche membro della commissione
che ha il compito di riferire in
Sinodo sull’argomento.
Nella sua breve esposizione,
Anita Tron ha voluto innanzitutto richiamare l’attenzione dei
presenti sui due argomenti controversi sui quali la commissione stessa non si pronimcia, ma
attende lumi dalle chiese: a) le
opere sono obbligate ad aderire
al dipartimento diaconale o l’adesione è puramente volontaria“?
b) Se un’opera non si attiene
alle « linee » di azione previste
dal Sinodo, il dipartimento ha
il diritto e la potestà di bloccare
le decisioni prese dal comitato
9 Hanno collaborato a questo
numero: Gustavo Bouchard, Ivana Costabel, Dino Gardiol, Roberto Giacone, Antonio Kovacs,
Vera Long, Sergio Ribet, Bruno
Rostagno, Elsa Rostan, Eugenio
Stretti, Franco Taglierò, Dario
Tron.
che regge quell’opera? Insomma,
il Dd (questa è la nuova sigla da
imparare) è semplicemente un
organo di collegamento molto informale o deve poter assumere
anche delle iniziative? In pratica
la discussione di tutta la serata
ha «girato» su questi due problemi di non facile soluzione. Se
si può riassumere in due parole
una discussione abbastanza articolata, mi sembra di poter dire
che tutti i presenti hanno riconosciuto come giusta l’esigenza
espressa dal comitato, di creare
un coordinamento tra le diverse
opere che lavorano nel campo
della diaconia della Chiesa; ciò
che non ci ha trovato consenzienti è il modo previsto per attuare questo collegamento. La
proposta della commissione è
quella di avere due volte all’anno un incontro di tutti i rappresentanti delle opere: alle Valli
questo significherebbe far incontrare una cinquantina di persone. Non è una struttura che possa operare, si è detto. Se questa
proposta non ha trovato il favore degli intervenuti, occorre
però trovarne un’altra, perché,
come detto, l’esigenza espressa
è giusta ed è quanto mai necessario che le opere cessino di lavorare in modo non coordinato
(per non dire anarchico) ed inizino a mettere insieme forze e
risorse per operare meglio, risparmiando. Il cammino da percorrere non è facile : occorre
fantasia e buona volontà. Una
espressione di questa buona volontà potrebbe già essere, ad
esempio, vedere i rappresentanti delle opere partecipare alla
Conferenza distrettuale.
Paolo Ribet
Pentecoste ’84
« Insieme oggi per costruire il futuro »
Ferrerò 25 maggio 1980
« Insieme per costruire la pace »
Frali 30 maggio 1982
«Responsabili in Cristo del nostro futuro»
Fomaretto 10 giugno 1984
Il nostro concorso per un bozzetto per l’incontro delle Comunità delle Valli Chisone e Germanasca ha avuto una buona
accoglienza. Abbianio ricevuto ben 18 bozzetti, presentati da 8
concorrenti, tutti di notevole interesse e molto belli. Verranno
tutti esposti il giorno della festa.
La scelta è caduta sul bozzetto di Daniela Libralon Pons:
rappresenta un ramo di ulivo che manda in frantumi una spada, secondo lamica parola del profeta Isaia (41: 2) « Egli riduce la loro spada in polvere, e il loro arco come pula portata via
dal vento ».
La nostra fede in Cristo non ci lascia indifferenti davanti
ai grossi problemi del nostro tempo: in particolare vogliamo
impegriarci perché il nostro futuro sia costruito sulla pace
e sul diritto al lavoro per tutti.
Prepareremo ora degli autoadesivi e delle spille con il simbolo ed il motto di « Pentecoste 84 » che saranno posti in vendita per l'autofinanziamento della festa.
La Commissione coordinamento
Laboratorio linguistico al Collegio
Finalmente anche il Collegio
potrà utilizzare un sussidio didattico importante quale il laboratorio linguistico. Gli amici
tedeschi dello Jugendwerk e della Michaelsgemeinde di Stuttgart-Zuffenhausen hanno provveduto a revisionare un laboratorio in loro possesso ed a trasportarlo fino a Torre Pellice,
per farne dono al Liceo.
Nella breve e simpatica cerimonia di consegna dei dodici
posti-allievo e della consolle-insegnante (che costituiscono appunto lo strumento- laboratorio),
il sig. Gustav Armengeon ha
detto ad allievi ed insegnanti che
questo dono rappresenta come
un ponte tra le comunità evangeliche tedesche da lui rappresentate e quella valdese. Un ponte che grazie soprattutto al fratello Armengeon, i cui antenati
erano originari di Villar Perosa,
dimostra l’amicizia che lega al
Collegio la comunità di Zuffenhausen, la quale lo scorso settembre aveva già ospitato una
ventina di allievi del Liceo Linguistico.
Durante il soggiorno a Torre,
uno dei giovani tedeschi che ha
partecipato al trasporto ed alla
installazione del laboratorio, ha
esposto (naturalmente in lingua
madre!) agli allievi della seconda Linguistico la sua condizione
di obiettore di coscienza in Germania.
Incontro catecumeni Incontro confermandi
Assemblea dì chiesa
RORA’ — Avrà luogo domenica 8 aprile la Assemblea di
Chiesa, con la presentazione di
un piano di lavoro per l’estate
e l’autunno, durante l’assenza
del pastore S. Ribet, e l’elezione dei deputati per la Conferenza Distrettuale ed il Sinodo.
LUSERNA san GIOVANNI
— Venerdì sera, 6 c. m., alle ore
20.45, nel locale della ex Scuola
Materna avrà luogo un incontro
dei catecumeni del IV anno con
i membri del Concistoro per un
colloquio in vista della confermazione.
Saranno anche presenti i genitori dei confermandi.
Gioia e dolore
TORRE PELLICE — Sabato
7 aprile, alle ore 20,45, alla Casa
Unionista avrà luogo rincontro
dei catecumeni confermandi con
il Concistoro. I giovani che hanno presentato domanda di ammissione in chiesa sono, a tutt’oggi, 25: l’elenco nominativo è
pubblicato sulla Fiaccola, che è
in distribuzione nella presente
settimana. All’incontro sono anche invitati i genitori.
• A Dio piacendo, si confermerà, a Pasqua, Marina Martina, delle Fucine.
CERCASI
persona pratica e capace di
assicurare pasti in « Casa vacanze » per 30 persone anziane
presso Nyon - Svizzera, luglio
agosto, Fr. 450 settimanali, 1
giorno libero. Telefonare 0121/
932043 di Torre Pellice.
PRAMOLLO — Dopo un breve culto ha avuto luogo, domenica 25 marzo, l’Assemblea di
Chiesa, nel corso della quale sono state esaminate le relazioni morale e finanziaria riguardanti il 1983. Sono stati nominati Vanda Long e Remo Travers quali revisori dei conti.
Alla prossima Conferenza Distrettuale la nostra comunità
sarà rappresentata da Ornella
Costabel e Dante Long, mentre
per il Sinodo è stata delegata
Miriam Mariotti. Si è constatato ancora una volta quanto sia
diffìcile prendere delle decisioni,
degli impegni che coinvolgono
tutti i membri di chiesa, quando solo una piccola percentuale
è presente alle assemblee.
PINEROLO — Tutta la comunità e in particolare l’Unione
femminile porgono i migliori auguri a Carla Rivoire che si è
sposata, giovedì 22 corr., con
Cesare Turati.
• Purtroppo continua la serie
dei lutti. All’Ospedale Cottolengo è deceduto Emilio Cardon, di
81 anni, che era stato per vari
anni aliano del quartiere di
S. Martino. Siamo vicini, in questa triste ora, alla moglie Delfina, ai figli e a tutti i parenti.
• Sono deceduti Pierino Sapei
e Caterina Leeber De Beaux. La
comunità esprime la sua fraterna simpatia alle famiglie.
Villar Perosa:
Unione Femminile
• L’Unione femminiie deil’Inverso (che non si è potuta riunire il 1.4 a causa della concomitanza con la giornata dei confermandi ad Agape), si troverà
l’8.4 alle ore 14.30.
Retraite
• I giovani della Filodrammatica di Villasecca verranno a replicare la loro recita a Ruata,
sabato 7 aprile alle ore 21.
• Un’altra scomparsa ci ha,
rattristati ultimamente; si tratta di Edmondo Jahier (Ruata)
deceduto improvvisamente alla
età di 82 anni. Ai familiari esprimiamo la solidarietà cristiana
della Comunità.
ANGROGNA — Da venerdì, a
domenica 8 avremo la ’retraite’
annuale dei catecumeni a Borgio Verezzi. L’incontro vuol essere un momento di ’ricupero’
delle ore perdute e svago nella
cornice della Casa Valdese. Proseguono intanto le riunioni quartierali a cura del gruppo FGEI
del Prassuit-Verné : alle ore 21
lunedì 9 al Baussan, martedì, 10
ai Jourdan, mercoledì, 11 a Cacet.
• Lunedì 26 si sono svolti a
Pradeltorno i funerali di Giovanni Giacomo Long (Giacche)
dell’Eissart-Crota, mancato alla
età di 82 anni. Rinnoviamo ai familiari il senso della nostra solidarietà in Cristo risorto.
• L’Unione femminile del Cen.
tro si riunirà mercoledì 11.4 alle
14.30, per preparare l’organizzazione della giornata del 15.
Sabato 7 aprile
□ TELEPINEROLO
CANALE 56-36
Alle ore 19 va In onda la trasmissione « Confrontiamoci con l’Evangelo »
[a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribet).
Domenica 8 aprile
□ STUDI STORICI
La seduta della Società di Studi Vaidesi preannunziata per la giornata di
domenica 8 avrà luogo presso la Casa
Unionista di Torre Pellice con inizio alle ore 15.
M programma è H seguente:
Relazione del Seggio e prospettive
di attività future.
Relazioni di studio: Renato Bertot:
L’architettura rurale di Angrogna (con
diapositive); Maria Grazia Caffaro: L’istruzione valdese in vai Pellice nel
XIX secolo; Marco Pasquet: La legislazione ginevrina del XVII-XVIII sec.; Lucilla Pellenco: La storiografia valdese
medievale.
Lunedì 9 aprile
□ INCONTRO PASTORALE
VILLAR PEROSA — Alle o<re 9.15
presso il Convitto Valdese ha inizio
l'incontro pastorale del r Distretto.
Programma:
— Riflessione biblica;
— Dio nella teologia femminista (introduce Erika Tomassone);
—■ Questioni organizzative.
Sabato 14 aprile
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
n CENTENARIO DI
PIERO JAHIER
TORRE PELLICE — Alle ore 16 presso il Salone Comunale di Viale Rimembranza, conferenza del prof. Marziano
Guglielminetti sul tema « Piero Jahier
intellettuale e scrittore ».
Organizzano la Società di Studi Vaidesi, il Collegio Valdese e il Comune
di Torre Pellice.
Domenica 15 aprile
□ INAUGURAZIONE
NUOVE STRUTTURE
LUSERNA S. GIOVANNI — Alle ore
15 presso ruiiveto, Strada Vecchia S.
Giovanni 93, avrà luogo la presentazione dei nuovi lavori effettuati aH’im-mobile finalizzati alla graduale abolizione delle barriere architettoniche. E'
un momento per valutare insieme il
lavoro che viene svolto in questo Istituto a favore di handicappati che hanno
anche bisogno della nostra solidarietà.
□ LAVORO TEATRALE
PRALI — Nella sala valdese di Ghigo,
il gruppo giovani presenterà un lavoro
teatrale dal titolo « Maritiamo l'Elvira ».
inizio alle ore 20.30 precise. L'ingresso
è libero.
n RICORDO DEL
PAST. CEYMET
VILLAR PEROSA — Durante il culto
in cui avrà luogo la confermazione di
dieci giovani, sarà inaugurata una lapide nel tempio, che ricorda l'attività
del pastore Enrico Geymet a Villar Perosa. Saranno presenti la Signora Geymet e la Signora Amalia Geymet Panerò. Dopo il culto è previsto un pranzo
comunitario al convitto; chi desidera
partecipare, è pregato di comunicarlo
al pastore Rostagno (tei. 51372) entro
martedì 10 aprile (prezzo: L. 5.000).
Per i vostri soggiorni a:
FIRENZE
Pensione Donatello
VIA ALFIERI, 9 - TEL. 055/245870
# Zona tranquilla e centrale
# Ambiente familiare
# Pulizia rigorosa
Gestione: Luca Costanzo e Silvia Bensi
a.
5
6 aprile 1984
vita delle difese 5
UN BREVE MA RIUSCITO CONVEGNO PER LE CHIESE DEL 2° DISTRETTO
Condizione giovanile e predicazione evangelica
I
Circa 90 partecipanti, provenienti da quasi tutte le chiese del
secondo distretto (Italia settentrionale, con l’eccezione delle Valli
valdesi), si sono dati appuntamento a Milano il 24 e 25 marzo
presso la chiesa metodista di Via Porro Lambertenghi. Molti giovani, ma anche un buon numero di persone già abbastanza in là
negli anni, a significare ohe ci si era incontrati per trattare di un
problema che tocca tutte le chiese, e le chiese nel loro complesso.
Il tema era stato scelto su indicazione della conferenza distrettuale del giugno ’83; in quella occasione, dopo ima lunga ed
animata discussione (che era
stato il momento più interessante di un dibattito per il resto abbastanza deludente), si era votato Un ordine del giorno che incaricava commissione distrettuale e FGEI di organizzare congiuntamente un convegno su « evangelo e giovani ». « Le chiese
— si diceva — sentono questo
tema come importante per la loro esistenza? Se si, che risposta
decidono di dare? ». A dire il vero qualcuno pensava già che il
tema fosse stato accantonato,
come se ne accantonano a volte
anche di importanti; ma, riprendendo con decisione l’iniziativa,
alcuni — tra cui la commissione
distrettuale — si son messi di
buzzo buono al lavoro e ci si è
dati da fare perché un primo
incontro avvenisse.
Perché il convegno
Tre relazioni, di cui qui si può
solo dare qualche riferimento
(ma che il convegno ha deciso
che siano il più presto possibile
mandate alle chiese), hanno aperto il convegno. La prima di
queste relazioni, letta da Bruno
Mathieu per incarico della commissione distrettuale, si proponeva di spiegare il perché del
convegno. Si è trattato di un
tentativo di inquadrare il lavoro
delle chiese allo stato attuale
nel campo della scuola domenicale (problemi di linguaggio, di
ricerca di monitori e loro preparazione, momenti di aggregazione, rapporto famiglie/SD, orari,
ecc.), del catechismo (età, rapporto tra catechismo e confermazione, contenuti, colloqui con
i consigli di chiesa, rapporto con
la predicazione delle chiese e sua
comprensibilità), e del postcatechismo (rapporti tra generazio
Dalla lettera alle chiese
1. Rapporti giovani-chiese.
Un’acquisizione fondamentale
del convegno, affrontata nelle relazioni introduttive e ripresa da numerosi interventi,
riguarda il modo di comprendere la questione giovanile e
di collocarla nel quadro dei
problemi delle chiese. Il convegno si è trovato concorde
nel riconoscere che la cosiddetta « questione giovanile »
non può essere considerata
come il problema di un settore della vita e delle attività
delle chiese alla cui soluzione
basta una strategia particolare e specifica. L’inserimento
dei giovani nel tessuto della
vita comunitaria o il loro rifiuto interrogano piuttosto il
modo in cui la chiesa esprime
la propria fede e la propria
testimonianza e vive la propria vita comunitaria. Per affrontare correttamente il problema giovanile le nostre chiese dovranno quindi interrogarsi sulla teologia e sull’ecclesiolcgia che le fonda piuttosto che sulle « esigenze » dei
giovani. Da ciò che le chiese
sapranno esprimere in termini di predicazione e di testimonianza dipende la possibilità di evangelizzazione anche
nei confronti dei giovani che
sono cresciuti nel loro ambito.
2. Culto: di fatto il luogo in
cui la comunità si incontra
con regolarità e si raccoglie
intorno alla Parola di Dio
predicata. Ma il culto è anche uno dei momenti meno
frequentati dai giovani evangelici... Si tratta di ripensare
il culto nel quadro di un più
generale riesame della vita
comunitaria e della ricomprensione di ciò che il culto
rappresenta nella vita della
comunità dei credenti.
3. Scuola domenicale e catechismo: ...il catechismo deve
essere assunto dalle chiese in
un’ottica di oredicazione e di
evangelizzazione.
4. Cura pastorale: ...la chiesa non è chiamata a trasmettere ai giovani in primo luogo
la propria memoria storica,
l’ansia per la continuità dell’istituzione o la paura di non
riuscire a coinvolgerli attivamente, ma piuttosto la determinazione ad essere testimone vivente della Parola del
Signore.
5. L’animazione come strumento: ...sembra importante
sviluppare quelle tecniche di
animazione, biblica ma non
soltanto, che possano favorire le dinamiche di gruppo.
6. Definire nuovi progetti.
Questo convegno ha alle spalle una serie di analisi e di
iniziative tese alla aggregazione e alla formazione di
gruppi giovanili nell’ambito
delle comunità evangeliche
lombarde che, ner il carattere eccezionale e Tinvestlmento di energie che hanno richiesto, abbiamo definito «prò.
getto». Questa impostazione
che abbi-’mo riconosciuta positiva ed efficace può utilmente riproporsi in altre aree del
Distretto nelle quali, per un
certo periodo di tempo, si potrebbero concentrare le energie tese a sviluppare incontri,
aggregazioni ed occasioni di
formazione e ricerca biblica
e teologica specificatamente
rivolte ai giovani (si chiede
quindi un inserimento nei lavori della conferenza distrettuale e opportuni contatti con
le chiese battiste; molti hanno sottolineato l’importanza
di avviare un progetto Torino).
7. I centri giovanili e la
FGEI. Si sottolinea l’importanza di incoraggiare la partecipazione a questi importanti
momenti di incontro.
L’intera esperienza del «progetto Lombardia» e questo
stesso convegno sono state
importanti occasioni per costruire un confronto ed una
collaborazione tra la EGEI e
le comunità locali che tutti
auspichiamo possano ripetersi
e farsi ancora più intensi.
I partecipanti al convegno
Milano, 25 marzo 1984.
ni, lo spàzio offerto e gli spazi
da creare, rapporti giovani/famiglie/culti). La conclusione, che
riprendeva im articolo di Giorgio
Guelmani pubblicato pochi numeri fa sulla Luce, indicava la
necessità di elaborare un progetto complessivo da parte delle
chiese senza delegare questo settore ai giovani.
La questione
giovanile oggi
La seconda relazione, sulla questione giovanile oggi, era di Paolo Naso, segretario nazionale della EGEI. Dopo alcune premesse
iniziali (non esiste « il giovane »
ma un universo giovanile molto
frammentato; è necessario nel
nostro discorso fare i conti con
altre analisi, perché molto si è
detto e si continua a scrivere su
questo problema). Paolo Naso
ha provato a indicare alcune tendenze di cui bisogna tener conto
(mercato del lavoro, la famiglia,
la politica, Tetica e il senso della
vita) da cui emerge im quadro
di grande dispersività; è importante quindi cercare di individuare gli atteggiamenti possibili (il
giovanilismo superficiale, il sociologismo esasperato, il « classismo giovanile », il catastrofismo). Di fronte a questa situazione bisogna vedere quali sono
le domande possibili oggi? per
es., come recepiamo le caratteristiche dei giovani di oggi? quali
luoghi di formazione individuiamo (strada, scuola, chiesa, ecc.)?
chi e che cosa ha prodotto l’attuale universo giovanile?
Predicare ai giovani
Maria Bonafede ha qualificato
il suo intervento sulla predicazione ai giovani come le osservazioni di un membro di chiesa e,
confrontando la nostra situazione di chiesa con le indicazioni
neotestamentarie, si è fermata
particolarmente su un aspetto
che può dar da pensare: allora
la comunicazione ai bambini era
l’eccezione (la fede era questione
di adulti); se comunicazione della fede vuol dire predicare ai
pagani, come consideriamo i
bambini a cui dobbiamo « annunciare l’evangelo? »; il catechismo è predicazione ed evangelizzazione o luogo di riproduzione della comunità? Dobbiamo
interrogarci sulla fede per parlare ad altri della fede; ma si
può forse solo provare a dire
che cosa fede non è: non è cultura, non è il nostro passato, non
è l’appartenenza a un gruppo,
non è politica. Il nostro compito potrebbe essere quello di prendere sul serio l’incredulità dei
giovani (parole poche, serie, essenziali); più che delle cose da
fare c’è da riscoprire un atteg
giamento (la confessione della
fede). Predicare ai giovani è predicare a una parte fragile della
chiesa; tutto deve essere rielaborato, con gli strumenti che
abbiamo o ohe dobbiamo crear
re.
Dopo tre interventi grandemente stimolanti e pieni di questioni, la discussione è iniziata, prima un po’ stentata — come si
può ben capire, anche perché il
tempo a disposizione non era
molto — poi sempre più vivace,
sempre più ricca. Dopo il culto
con la comunità metodista milanese, si è discusso ancora un po'
e si è quindi deciso di concludere questo incontro (che da tutti
è stato giudicato positivo) con
una lettera alle chiese da parte
del convegno stesso, che indichi
i problemi su cui bisognerà rifiettere insieme. Si è appena accennato, nel dibattito generale,
ad alcuni progetti (al progetto
Lombardia, con l’esperienza raccolta in anni di lavoro, ed al progetto Torino, a cui la conferenza distrettuale dell’anno scorso
ha accennato e che è ancora in
alto mare): anche di questo bisognerà continuare a parlare. Ragioni di spazio ci impediscono
di pubblicare tutta la lettera alle chiese del II distretto; ne segnaliamo qui nerò i punti essenziali. Non abbiamo fatto che un
oiccolo passo; si tratta di andare avanti, insieme.
Eugenio Rivoir
CORRISPONDENZE
“Quale Dio?” :fede e idolatria
SAMPIERDARENA e SESTRI P.
— Anche quest’anno è venuto in
mezzo a noi il fratello Pietro
Grua recandoci un messaggio
stimolante per le comunità e
con testimonianze sempre preziose per i credenti quali segno
di intervento dello Spirito nella
vita Quotidiana.
Il dr. Franco Bigatti di Savona ha presentato interessanti diapositive su Lutero nella Chiesa
luterana e con un commento
molto ricco e appropriato.
La sorella Ammenti, moglie
del rimpianto Pastore Ammenti
per lunghi anni in servizio a Sestri P. è venuta a farci visita
con la figliola Fabiola Ferreri
una domenica mattina, recando
mi affettuoso saluto ed una parola di incoraggiamento pur essendo ormai nelle vicinanze dei
cento anni. Il ricordo indimenticabile del ministero Ammenti è
stato ricordato dal fratello Mario Rizzi.
I giovani delTUnione giovanile
hanno collaborato con la scuola
domenicale per una recita biblica molto apprezzata dalle comunità, hanno preso parte ai collettivi su « fede e sessualità » e su
« specifico giovanile » nei confronti della comimità. Su «fede
e sessualità » si è fatto riferimento ai temi scottanti delTomosessualità, amore e sessualità e
l’amore verso Dio; il dibattito nei
grupni ha consentito Tapprofondimento degli argomenti senza
peraltro gi':ngere a precise conclusioni e lasciando quindi lo
snazio per un altro convegno.
Un ciclo di Conferenze sul tema « Quale Dio? » si è tenuto a
Palazzo ducale con la partecipazione di vari oratori tra i quali
ricordiamo Renzo Bertalot sul
tema « psicanalisi e fede », Gino
Conte e Gustavo Bouchard sulle idolatrie e cioè sulle false immagini che ci si fa di Dio con
riferimento all’Antico e Nuovo
Testamento ed agli idoli moderni sostitutivi deiriddio che si
è rivelato in Gesù Cristo, vera
immagine del Padre.
II dibattito su quest’ultimo te
ma è stato molto animato e con
interventi del numeroso pubblico fatti con molta franchezza
anche su temi teologici eh© attualmente dividono ancora le
chiese nel rispetto della verità e
della carità.
Colonie di Borgio
TORINO — La Commissione
colonie della Chiesa valdese comunica che sono ancora disponibili dei posti per tre dei quattro turni della Colonia marina
di Borgio Verezzi, E’ completo
il 2° turno (dal 6.7 al 26.7). Sono
disponibili posti per il 1° turno
(15.6 - 5.7), il 3° (27.7 - 16.8) e il
4“ (17.8 - 6.9). Occorre affrettarsi
e far pervenire le richieste alla
Commissione, via Pio V 15,10125
Torino, entro il 30 aprile.
Parole e gesti di pace
in una cultura di guerra
1° Convegno suU’educazione alla pace, organizzato dalla
Commissione delle Chiese Battiste, Metodiste e Valdesi
per la pace e il disarmo
Ecumene (Velletri) 29 aprile - 1“ maggio 1984
PROGRAMMA
Domenica 29 aprile:
ore 10; Apertura dei lavori;
ore 11; Conferenza: «Aspetti specifici e generali sull’educazione alla pace », relatrice Prof. Giuliana Martirani, dell’Università di Napoli;
ore 15: Discussione generale;
ore 16.30; Presentazione dei laboratori e lavoro in gruppi:
Favole della pace (Ezio Ponzo)
Audiovisivi (CEDIP, SPAV)
Esperienze didattiche (Irene Wigley)
L’insegnamento della storia (Bruna Peyrot);
serata; Meditazione biblica.
Lunedì 30 aprile:
ore 9: Conferenza: « Esperienze globali di educazione alla
pace: Università, centri giovanili, centri sociali », relatrice Prof. Anna Maria Marenco del CIDI;
ore 11: Discussione:
ore 15: Laboratori;
serata libera.
Martedì 1° maggio:
mattinata: conclusioni;
ore 13: pranzo e partenza.
Costo: 18.000 lire al giorno.
Iscrizioni: presso Ornella Sbafiì - Via Firenze 38 - 00184 Roma
- tei. 06/474.03.76; oppure: Luciano Deodato ■ Via dei Mille 1 - 10064 Pinerolo - tei. 0121/76.0.84.
6
6 bibliche
6 aprile 1984
EDIZIONI CLAUDIANA
Dairascolto, la fede
Una parola coraggiosa
(segue da pag. 1)
Ecco un libro scritto a modo
Bruno Rostagno fornisce, finalmente, ai predicatori locali uno
strumento snello e piano per impostare il loro lavoro di preparazione della predicazione e alle
chiese una griglia importante
per valutare il messaggio che ricevono da loro e che, in maniera _ forse meno sistematica e ufficiale ma tanto più importante,
sono a loro volta chiamate a ritrasmettere.
Il volumetto segue le linee dei
classici protestanti su questa
materia: la predicazione è predicazione di un testo biblico
analizzato nel suo contesto, nel
suo tempo, nel suo pensiero,' con
tutti gli strumenti che ognuno
può avere a disposizione (traduzioni varie, chiavi bibliche, dizionari, atlanti, commentari); in
altre parole la predicazione non
è una riflessione personale sulla
fede, né l’esaltazione di un santo o di un fratello che ci ha lasciato, al momento del suo funerale, ma anmmcio di un messaggio che il testo scelto ci porta. In secondo luogo la predicazione è annunzio di Gesù Cristo
nel tempo presente. Anche la
scelta di un passo dell’Antico Testamento non può limitare il
messaggio alla realtà del passato, della storia, del popolo eletto, ma deve portare a individuare il rapporto che Gesù instaura
col nostro oggi. Ancora, la predicMione è evangelo e legge,
cioè buon annunzio dell’opera di
Dio per noi e invito all’obbedienza nostra nei confronti della sua
volontà. Infine, la predicazione
deve essere comunicativa cioè
deye parlare il linguaggio degli
uditori, deve essere ordinata divisa in punti chiari che ne facilitino la comprensione e il ricordo.
Alcune osservazioni. Innanzi
tutto il libro è nato in Sud America, come i precedenti «quaderni di formazione » scritti da
Thomas Soggin. L’unità della
chiesa valdese al di qua e al di
là dell’Oceano è fruttuosa, non
è solo una questione sentimentale o regolamentare.
Seconda osservazione. Negli
anni prossimi andrà sviluppata
la riflessione che è abbozzata nel
paragrafo « La scelta del testo ».
Dovremo in qualche modo giungere a un progetto di chiesa per
il duemila che ispiri non tanto
la scelta del testo di tma singola predicazione o di im piano
di qualche mese o di qualche
anno, quanto piuttosto il disegno globale del mosaico che andrà a costituirsi con la somma
delle tessere dei singoli sermoni
o dei piani personali di ogni predicatore.
Infine Bruno Rostagno non si
arrabbierà se per l’ennesima volta sottolineeremo per lui e per
tutti coloro che nella chiesa lavorano per produrre materiale
per la formazione dei credenti
che se il libro è scritto a modo,
non lo è stato a tempo. Nell'attesa della sua pubblicazione
L. Deodato ha ciclostilato delle
dispense sullo stesso tema; S. Ribet ha scritto per Diakonia degli
appunti sullo stesso tema; se
non sbaglio a Genova sono state
ristampate dispense di Paolo
Ricca sempre sullo stesso tema:
una dispersione di energie imperdonabile in una chiesa come
la nostra, in cui i compiti andranno in futuro divisi in modo
che tutti ne abbiano qualcuno,
nessuno sia sovraccarico, a tutti
sìa chiesto di essere puntuali.
Claudio Tron
^B. Rostagno: La fede nasce dall’ascolto - Guida per la predicazione.
Torino, Claudiana - L. 3.800.
parte della nostra umanità. Ma il
compito della comunità cristiana consiste nel situarsi al di là
dei condizionamenti che queste
diversità recano con sé, riuscire
ad esprimere questo nuovo che
sta ai di là dell’annuncio evangelico per cui siamo tutti uno
in Cristo. Se siamo tutti uno in
Cristo è necessario cercare di
esprimere una cultura che sia
conseguenza di questo annuncio,
cercare di esprimere dei comportamenti concreti che rendano giustizia a questa nuova umanità e a questo annuncio evangelico e non rendano inutile la
venuta di Gesù Cristo.
Questo è il punto che crea problema per la chiesa cristiana.
Perché ci sono molti modi di difendersi da questo impegno dell’andare al di là dei ruoli e inventare quindi una umanità
nuova in cui rimangano magari
le differenze ma senza essere cariche _ di quella maledizione legalistica che hanno. Uno di questi consiste nel ristabilire in
qualche modo la legge che c’era
prima, cercando cioè di creare
all’interno della chiesa un luogo
protetto in cui i problemi, affermiarno, sono risolti. E’ questa la
furbizia che noi credenti abbiamo escogitato molto presto: affrontare il problema delle divisioni non come problema del
mondo da assumere fino in fondo in piena responsabilità, bensì come un problema da risolvere nella comunità, intesa come
ambito in cui sperimentare la
nuova umanità. Qui, nella comunità, perché ci conosciamo
tutti, qui perché non ci facciamo certo del male gli uni gli altri. Ma raffrontare questo problema solo nella comunità e non
nel mondo significa produrre
una nuova edizione della legge.
Connesso a questo modo di
comportarci è il problema della
nostra identità che noi sentiamo
molto forte. Come protestanti
italiani abbiamo il problema
dell’identità, lo portiamo dentro
anche se non vogliamo sempre
confessarlo e molte delle cose
che facciamo sono determinate
inconsciamente dal problema
della nostra identità. E’ chiaro
che è molto più semplice mantenere la propria coesione interna e la propria identità come
piccolo gruppo, minoritario, se si
bada soprattutto al proprio interno. Se cerchiamo di rimanere solo tra di noi, di far girare
quelle determinate idee e non
altre, di aprire le nostre chiese
a determinate persone e non altre, insomma se battezziamo tutte le cose prima di farle entrare
in chiesa, è facile mantenere la
nostra identità. E’ più facile
mantenere la nostra identità se
creiamo dell’entusiasmo di fronte a delle bandiere, a delle parole d’ordine. Molto più difficile
invece creare la propria identità a partire dalle contraddizioni
aperte schiavo-libero, uomo-donna. Molto più difficile creare la
propria identità facendosi carico dei problemi aperti come problemi veri che la comunità cristiana può solo aiutare a risolvere ma non illudersi di risolvere neppure all’interno di se stessa. La comunità cristiana si illude e insieme illude anche il
mondo se crede di aver trovato
al suo interno un ambiente protetto in cui tutto funziona. Si
capisce che funziona all’interno!
Ma non è quella la soluzione,
non è questo che ci è chiesto da
Gesù Cristo. Se la comunità cristiana riflette al fatto che Cristo
è venuto ed è morto in croce come promessa a tutta l’umanità
— promessa che è veramente al
di là dei nostri condizionamenti
storici e culturali — allora non
può fare altro che farsi carico,
prendersi cura dei problemi che
sono aperti. Forse in questo modo. potrà dare effettivamente un
esempio e quindi anche contribuire a risolvere i problemi della divisione che portiamo in noi,
far vedere come possono essere
effettivamente affrontati e risolti.
Il problema della nostra identità si pone così in modo diverso. Siamo veramente evangelici,
affermiamo veramente noi stessi quando abbiamo ricostituito
un certo numero di regole e di
norme in base alle quali noi ci
riconosciamo, oppure siamo veramente noi stessi quando abbiamo preso le contraddizioni
aperte in cui l’umanità soffre e
ne abbiamo fatto il nostro carico? Io credo che questa sia l’identità della comunità cristiana.
Allora non sarà tanto importante che si dica « guardate come
sono uniti tra di loro », ma sarà
importante che dei cristiani si
dica « guardate come hanno saputo farsi carico di questo problema ». Oggi, nel mondo, ci sono diverse occasioni per farlo.
Sergio Rostagno
TILC
T raduzione
ultimata
Nel corso dell’incontro ecumenico di venerdì 30 marzo svoltosi a Pinerolo riguardo ad una
prima valutazione del documento di Lima 1982 su « Battesimo,
Eucarestia, Ministero », è stata
data notizia — da parte di un
sacerdote che fa parte del comitato dei traduttori — che la
traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua italiana (traduzione ex novo dell’Antico Testamento e revisione del Nuovo Testamento: TILC) è finalmente conclusa ed è stata consegnata in tipografia.
GIOBBE - 5
STRANA RISPOSTA,
QUELLA DI DIO
« L’Onnipotente mi risponda! ». Così
si conclude la difesa (e accusa) di GiobM, al cap. 31: 25, e l’autore annota «Qui
fimscono i discorsi di Giobbe». Il lungo, estenuante dibattito con i suoi amici non ha proprio più ragione di essere,
SI gira in tondo, si rimestano sempre gli
stessi argomenti, come ci capita non di
rado nelle nostre discussioni, anche, ma
non solo, ecclesiastiche.
Appare chiaro che i cap. 32-37, che riportano i quattro discorsi di Elihu, sono un inserto secondario: non solo presentano un motivo sconosciuto al resto
del poema, quello del carattere pedagogico, formativo della sofferenza, non solo Elihu spunta come im fungo (e poi
sparisce, cfr. 42: 7-9), ma il flusso del
poema continua armonioso saltando dalla fine del cap. 31 all’inizio del cap. 38.
a cura di Gino Conte
Dal fondo del suo dolore, Giobbe prorompe nella sua confessione di fede: « Eppure io so che il mio Vindice vive... e lo vedrò! » (cap. 19). Ma la confessione di
fede — lo sappiamo ben tutti — non ci mette una volta per tutte al sicuro dall’inquietudine, dal dubbio, e magari dalla rivolta. E’ comimque cosi per Giobbe, che
resta nella sua atroce situazione; e mentre i suoi amici continuano a parlare, a parlare, Dio continua a tacere, a tacere. Un silenzio che si fa sempre più insopportabile.
Basta coi discorsi
« su » Dio!
Di una cosa non si è stancato, Giobbe: di appellarsi a Dio, di cercare Dio,
g volerlo ascoltare, vedere, incontrare.
Ha subito i "conforti religiosi" dei suoi
amici e, come càpita, si è anche lasciato trascurare a discutere oon loro, a
scendere sul loro terreno di argomentazione, ma ne ha misurato tutta la vanità.
I SUOI religiosi amici volevano placarlo
spiegandogli tutto, ma Giobbe rifiuta
queste spiegazioni", non sa che farsene
m questi discorsi su Dio, vuole che Dio
in persona gli parli, vuole ritrovarlo, finalmente; che finalmente Dio esca dal suo
silenzio, dalla sua assenza, che gli appare colpevole assenteismo, collusione con
II male. Ed ecco che, finalmente, questo
accade:
«Allora l’Eterno rispose a Giobbe dal
seno della tempesta, e disse:
’’Chi è costui che oscura i miei disegni
con parole insensate? Su, ti farò delle domande, e tu Insegnami! Dov’eri tu quando
lo fondavo la terra? Chi ne fissò le dimensioni? — tu lo sai! Chi chiuse con porte il
mare, balzante fuori dal seno materno?
— quando gli dissi: Verrai fin qui e non
oltre, qui si fermerà l’orgoglio dei tuoi
flutti! Sai tu la via che porta alla sede
della luce? Hai tu visto la morte? Sei tu
che stringi i i^ami delle Pleiadi e potresti tu sciogliere le catene di Orione? Sei
tu che, a suo tempo, fai apparire le costellazioni e guidi la grande Orsa con i suoi
piccini? I fulmini partono forse al tuo
comando? Sai tu quando figliano le capre
selvagge delle rocce, hai tu osservato
quando partoriscono le cerve, conti tu i
mesi della loro pregnanza? Chi manda libero l’asino selvatico, al quale ho dato
per dimora la solitudine della steppa? Sei
tu che dai al cavallo il coraggio? E’ la tua
intelligenza che allo sparviero fa spiccare
il volo e spiegare le ali verso mezzogiorno, controluce? E’ forse al tuo comando
che l’aquila si leva in alto?...’’».
(dai capp. 38 e 39).
Un interrogatorio
serrato e sconcertante
gisce a questa bordata di controdomande
paradossali? Chi di noi ripete o sente ripetere le domande angosciose di Giobbe
sul senso delTesistenza, della sofferenza,
della morte, dello spreco di vita, della distruzione assurda e atroce, e sulla giustizia di Dio, sul suo amore, sulla sua potenza, sulla sua realtà stessa, che se ne fa di
pagine come queste? Così ci prende sul
serio, Dio?
Ci vediamo, con questa «• risposta » dell’Eterno, al capezzale di un morente che
soffre atrocemente, o ohe non vuole morire? o accanto a una donna che ha perso, magari alTimprovviso, il marito, il figlio? o davanti a un sopravvissuto di
Auschwitz (o di qualsiasi altro luogo orribile dell’« universo concentrazionista »)?
o davanti a qualcuno che ha perso tutto
ciò che aveva, e soprattutto tutti i suoi
sotto le rovine di un terremoto? Perché
questa è la situazione di Giobbe. Ci vuole
proprio il coraggio di Dio, per dire cose
simili in casi come questi.
chiesto conto con passione della sua giustizia, della sua acquiescenza al male, delle sue intenzioni incomprensitaili. E Dio
gli è arrivato addosso come un tifone, in
tutta la sua maestà creatrice, e lo ha
schiacciato. Una domanda suH’altra, gli
ha fatto passare davanti una fantasmagoria di immagini del creato: immenso,
grandioso, inesauribilmente vario e ricco
a profusione; e senza altra ragion d’essere che la libera creatività del Signore, fantasiosa e generosa: non è così che ama?
Tutto è cosi stupendamente « gratuito »,
nel creato: a che, a chi servono le Pleiadi e Orione? e l’asino selvatico e l’ippopotamo? A che serve la pioggia su terre disabitate: fatte rinverdire per chi? In questa fantasmagoria, che ci fa pensare ai
nostri documentari tv « Quark », Dio sembra dire a Giobbe: Amico mio, non sai
da dove vengono le stelle, né come si è
formata la terra, non sai che cos’è la
morte, come la vita, del resto. Gli stessi
animali, attorno, vicino a te, sono pieni
di misteri; certo, alcuni ne scopri, ma te
ne ritrovi davanti di sempre nuovi.
Giobbe, non ti rendi conto che anche la
tua esistenza è altrettanto « gratuita »?
Sei inutile, superfluo anche tu, come le
costellazioni, come l’asino selvatico e come la capra selvaggia che figlia fra le rocce — eppure, come e più di loro, amato
da colui che ti ha voluto e fatto — e che
ora si sofferma a risponderti, non sdegna
— lui, il Signore — di chinarsi a risponderti, «dal seno della tempesta ».
Vinto, o convinto?
Giobbe « abbozza »?
Si resta frastornati. Giobbe aspettava
ima risposta, chiara, semplice. Ed eccolo
invece sottoposto, lui, a un fuoco di fila
di domande paradossali, che sembrano
più un esame di scienze naturali, con qualche acuta puntata nell’etologia, che la risposta a un angoscioso interrogativo esistenziale.
Schiettamente, chi di noi vive, in qualche modo, in prima persona o vede vivere accanto a sé la tormentosa esperienza
di Giobbe da parte di un familiare, di im
amico, o di intere popolazioni, come rea
Conoscendo Giobbe, ci aspetteremmo
una nuova fiammata di rivolta; ma non è
così: « L’Eterno continuò a rispondere a
Giobbe: ’’Il censore dell’Onnipotente vuole ancora contendere con lui? Colui che
censura Dio ha una risposta a tutto questo?’’.
Allora Giobbe rispose: ’’Ecco, io sono
troppo meschino, che risponderei? Mi metto una mano suUa bocca. Ho parlato una
volta, ma non riprenderò la parola” ».
(40: 1-5).
Giobbe ha intentato causa a Dio, gli ha
Schiacciato da questa maestà di Dio,
più piccolo ad ogni colpo di maglio che
Dio dà oon ciascuna delle sue domande
paradossali, Giobbe tace: che altro potrebbe fare? Che altro possiamo fare? Però lo fa ancora a denti stretti. Lui che
non si è rassegnato davanti agli uomini,
alle ’’spiegazioni” della gente religiosa, si
rassegna davanti a queste sconcertanti
non-spiegazioni di Dio? Tace, ma appunto,
la sua è una ”risposta’’a bocca chiusa. Prima è stato muto Dio, adesso è muto lui.
E’ vinto: ma è convinto?
A Dio però non basta zittirci, non basta turargli la bocca, non è questo che
vuole; e così continua a incalzarlo, a incalzarci con le sue domande.
Gino Conte
7
6 aprile 1984
otíéttívo aperto 7
DA DOVE VENGONO GLI STRANIERI CHE SONO TRA NOI
I
Eritrea: la difficile crescita di un popolo
Una guerra che dura da 23 anni, sostenuta per affermare il diritto all'autodeterminazione, non impedisce al popolo
eritreo di sviluppare trasformazioni sociali e di avanzare serie proposte politiche per il superamento del conflitto
Qualsiasi passante distratto ha ormai notato
che nelle nostre città maggiori c’è una presenza
consistente di africani e di asiatici, donne e uomini, giovani e meno giovani. Li vediamo raccolti numerosi per nazionalità in determinati giorni di "libera uscita”, o li incontriamo isolati. Alcuni sono
studenti, ma la maggior parte sono degli emigrati
dai loro paesi in cerca di un lavoro qualsiasi, ma
spesso anche in cerca di un po’ di respiro dalla
persecuzione poliziesca dei loro governi.
L’Italia, paese tradizionale di emigrazione e anche di esiliati, li ha accolti, tutto sommato, con indifferenza. Tutt’al più fra la gente "per bene” comincia a serpeggiare un po’ di malcontento e qualche riprovazione che trova eco sia in alcuni giornali che, di recente, fra organi di Stato.
Pochi però si sono occupati e preoccupati dello
sfruttamento di cui questi immigrati sono vittime,
né si cerca di rendersi conto seriamente delle cause complesse che hanno spinto questa enorme
massa umana fuori dai paesi d’origine verso i
paesi ricchi dell’occidente.
Da questa parte una strana economia dalla logica apparentemente incomprensibile: crisi e fiorire di lavoro nero... Dall’altra, nei paesi di origine:
povertà, sottosviluppo, o sviluppo distorto, ma anche spesso insieme a tutto questo ima situazione
politica di dittatura, di repressione, di negazione
dei diritti umani e talvolta di vero e proprio genocidio.
Il nostro giornale inizia oggi un servizio inteso
ad informare i suoi lettori. L’ignoranza delle situazioni reali facilmente ci può fare cadere in luoghi comuni pericolosamente discriminatori e razzisti e per noi in aperta contraddizione con la
Scrittura che coerentemente ci presenta lo strar
niero che è fra di noi come colui che ci dà la misura della nostra obbedienza di fede (Esodo 22:
21; Deuteronomio 10: 18, 19 e Matteo 25: 35).
Cominciamo dall’Eritrea, un paese che nel bene
e nel male è stato legato per un lungo periodo
all’Italia. GU articoli che ospitiamo ci sono stati inviati da amici eritrei impegnati in prima persona
nella lotta per la liberazióne del loro popolo.
In Eritrea, colonia italiana dal
1890 al 1941, si sta combattendo
la guerra di liberazione nazionale più lunga del continente africano e, senza dubbio, una delle
più sanguinose del mondo.
Dal 1961, infatti, questo piccolo paese del Corno d’Africa,
che conta 3,5 milioni di abitanti
di cui circa l’80% dediti ad una
attività agricola di sussistenza e
alla pastorizia nomade e seminomade, è impegnato in una dura lotta armata per la liberazione nazionale dall’occupazione coloniale dello Stato etiopico appoggiato dagli USA in passato
e dall’URSS oggi.
La guerra che da oltre 23 anni il popolo eritreo sta combat
tendo per il suo diritto legittimo all’autodeterminazione è una
guerra che molti cercano o fingono di « dimenticare » nonostante continui a causare decine
di migliaia di vittime umane e
centinaia di migliaia di profughi
(450.000 in Sudan, dei quali solo
110.000 assistiti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i Rifugiati, UNHCR) nonché danni materiali incalcolabili. A questi si aggiungono, inoltre, gli oltre 650.000 profughi che
vivono nelle zone liberate.
Nel 1965, l’imperatore Haile
Selassié ebbe a dire pubblicamente che « ...Noi non abbiamo
bisogno degli eritrei, ma dell’Eritrea». In effetti, questa è la
SCHEDA
I dati essenziali
Popolazione: 3,5 milioni (80% dediti al'l'agrico'ltura).
Posizione geografica; è situata all'imbocco del Mar Rosso nel nordest dell'Africa, in un'area di notevole interesse strategico, con 1060
Km. di coste. Capitale; Asmara (200
mila abitanti). Porti principali: Massawa e Assab.
Superficie: 120.000 Km^ Strade
principali: 3016 Km.
Prodotti agricoli; cereali, legumi,
agrumi, banane, cotone, tabacco.
Bestiame: ovini, bovini, dromedari. Pesca.
Minerali: rame, oro, ferro, petrolio, potassio.
'MOMENTI ESSENZIALI
DELLA STORIA ERITREA
1557 . I turchi occupano le coste
eritree del Mar Rosso.
1865 - Gli egiziani spodestano i
turchi e assumono il controllo delle
coste, senza spingersi aH'interno
per la forte resistenza.
1890 - L'Eritrea è dichiarata colonia 'itaiiana.
1936 - L'Eritrea viene incorporata
nell'Africa Orientale italiana. Fino
allora l'Eritrea aveva avuto una storia a sé.
1941 - In seguito alla sconfitta
dell'Italia, l'Eritrea passa sotto l'Amministrazione britannica.
1950 - La Commissione deH'ONU
per l'Eritrea (Birmania, Norvegia,
Guatemala, -Pakistan, Sud Africa)
non trova un accordo.
1952 - Viene ufficialmente proclamata la « federazione ■ tra l'Eritrea
e l'Etiopia.
1958 - Ondata di scioperi in segno di protesta per le continue vio
lazioni dei diritti civili e politici previsti dall'atto federale. La polizia
reagisce violentemente; 32 morti e
550 feriti.
1961 - il Fronte di Liberazione
Eritreo inizia la lotta armata.
1970 - Da una scissione deH'FLE,
a causa delle divergenze sulla linea
politica, nasce il Fronte Popolare di
Liberazione dell'Eritrea (FPLE), che
si propone non solo rindlpendenza
nazionale, come l'FLE, ma anche la
trasformazione dei rapporti sociali
ed economici della società eritrea.
1974 - Un colpo di stato militare
rovescia il regime feudale di Halle
Selassié. I -militari del DERG continuano la -politica del -loro predecessore, malgrado le promesse.
1976 - Il DERG presenta una proposta di « soluzione pacifica In 9
punti », dove si parla di una • autonomia regionale » per l’Eritrea,
proposta respinta dalla resistenza
perché in-soddisfacente.
1977-78 - La resistenza -controlla
ormai II 90% del territorio.
1978 - L’esercito etiopico appoggiato da sovietici, cubani e sud-yemeniti inizia una serie di offensive
su vasta scala.
1980 - A novembre l'-FPLE avanza
una proposta di referendum -per l’Eritrea su tre opzioni: indipendenza,
federazione, autonomia.
1982 . A febbraio II DERG sferra
la sesta offensiva, « Operazione
Stella Rossa ». L'operazione fallisce
dopo quattro mesi.
1982 - A ottobre l’Ufficio Politico
dell’FPLE avanza una importante
proposta di coalizione (Assemblea
Nazionale) -alle altre forze della
-resistenza eritrea.
Dal ’78 sono state
respinte 6 offensive
Alcuni orfani in un collegio del Fronte per la liberazione dell'Eritrea.
logica sulla quale i regimi etiopici hanno sviluppato la loro azione politica e militare in Eritrea in questi ultimi 20 anni, una
azione mirante allo sterminio
degli eritrei in quanto popolo.
La caduta del regime arcaico
di Haile Selassié e la presa del
potere dei militari del DERG,
che avevano demagógicamente
promesso giustizia, aveva suscitato in molti, in particolare tra
le forze democratiche europee,
la speranza di vedere finalmente risolta pacificamente e con
mezzi politici la questione eritrea.
Tuttavia, le aspettative furono deluse: col passare del tempo si è assistito, infatti, ad una
intransigenza militare sempre
più crescente da parte della giunta del DERG nonché all’internazionalizzazione -del conflitto. La
giunta militare capeggiata -dal
oolonn. IVIenghistu H-ailemariam
non solo ha ereditato la politica
della «terra bruciata» ed i metodi repressivi di Haile Selassié, ma ha portato il conflitto
ad una escalation senza precedenti.
successo un processo di trasformazioni sociali. Nei villaggi è arrivato qualcosa che non era stato mai visto prima: le strutture
sanitarie (ospedali, ambulatori,
farmacie, équipes mediche incaricate delle terapie e dell’educazione sanitaria), la scuola per
bambini e adulti, la riforma
agraria, l’assemblea di villaggio
eletta a suffragio universale alla
quale, per la prima volta nella
storia dell’Eritrea, partecipano
anche le donne, per secoli emarginate da una società feudale e
semifeudale.
tracciato oltre 2000 chilometri
di nuove piste in aggiunta alla
rete stradale preesistente, garantendo cosi, la continuità dei rifornimenti e il normale svolgersi delle attività commerciali delle popolazioni civili nelle zone liberate, in particolare laddove
sono limitati i rischi del bombardamento aereo.
Riforma agraria,
sanità, scuola
Dal mese di giugno ’78 ad oggi, l’esercito etiopico ha lanciato sei offensive su vasta scala,
di volta in volta definite « decisive », contro le aree liberate del
Pronte Popolare di Liberazione
dell’Eritrea (FPLE). )VIa per sei
volte l’armata di Menghistu, forte di 120.000 uomini bene armàti
e diretti da generali e consiglieri militari sovietici a tutti i livelli e con la collaborazione logìstica di sud-yemeniti e libici,
è stata costretta a ripiegare.
Tuttavia, ingenti sono i danni
alle popolazioni civili inermi.
L’aviazione militare etiopica
effettua bombardamenti indiscriminati al napalm, al fosforo, con
bombe a frammentazione e perfino con il gas nervino sui villaggi senza alcun obiettivo militare. Centinaia di villaggi sono
stati rasi al suolo, il raccolto
viene deliberatamente bruciato
con l’uso di bombe incendiarie
e sostanze chimiche defoliantì.
L’esercito avvelena i pozzi d’acqua, compie rappresaglie, saccheggi e ogni sorta di ruberie ai
danni delle popolazioni contadine. Nelle città occupate gli arresti in massa, le torture e gli
assassini politici sono all’ordine del giorno.
Nonostante una situazione difficilissima, nelle aree liberate
(circa r80“/o del territorio)
l’FPLE ha avviato da anni con
Le masse dei contadini senza
terra dispongono oggi del loro
appezzamento. La riforma agraria attuata daH’FPLE si basa
sull’esproprio delle terre ai feudatari e l’assegnazione ai contadini poveri. L’assegnazione dei
poderi è individuale, e non per
capi-famiglia come nella tradizione. I poderi rimangono però proprietà comunale del villaggio e
quindi soggetti alle decisioni dell’assemblea popolare. Questo tipo di riforma garantisce alle
donne, e questo è un fatto nuovo
in Eritrea, il diritto alla terra
indipendentemente dal marito.
In campo sanitario i progressi registrati sono importanti anche se insufficienti a far fronte
alle esigenze. Il Dipartimento
della Sanità conta oggi 20 medici e 15 farmacisti laureati, alcune decine di infermieri e tecnici di laboratorio diplomati, diverse centinaia di «medici scalzi », squadre mobili, quattro
ospedali grandi e numerosi ambulatori. Il Dipartimento è in
gravi carenze per quanto riguarda attrezzature sanitarie e medicinali.
Tutto questo intenso processo di trasformazioni e di edificazione sociale, che ha caratterizzato la lotta dell’FPLE a partire dai primi anni ’70, sembrava avere subito un freno con
l’intervento di forze esterne
(l’URSS in particolare) in appoggio al regime militare di
Addis Abeba e in seguito alle ritirate strategiche del Fronte
dalle città (Keren, Dekemhare)
nel ’78-79. Il processo è però tuttora in atto anche se non mancano difficoltà dovute soprattutto all’intensificarsi delle attività
militari rispetto al periodo precedente il 1978 e alla siccità che
persiste da ormai quattro anni
consecutivi e che ha colpito praticamente tutto il paese.
La guerra voluta dai regimi
etiopici ha causato gravi sofferenze non solo al popolo eritreo,
ma anche a quello etiopico. Ciononostante, Addis Abeba continua a preferire la soluzione militare ignorando le disponibilità
della resistenza eritrea a ricercare una soluzione politica alla
questione che è politica e di autodeterminazione .
La proposta
di un referendum
Anche nel campo dell’istruzione sono state compiute esperienze importanti. In quasi tutti i
villaggi delle zone liberate sono
sorte scuole sia per i giovani che
per gli adulti. Lo sforzo del Dipartimento dell’Educazione è diretto non solo ad un ulteriore
sviluppo del settore, ma anche a
realizzare il massimo della creatività neH’insegnamento : abolizione del metodo ripetitivo e introduzione di quello della discussione e della critica in modo da formare uomini capaci di
comprendere a fondo e di trasformare la realtà oggettiva che
li circonda.
Importanti i progressi registrati anche in altri settori, ad
esempio in quello del trasporti.
I combattenti dell’FPLE hanno
L’FPLE ha avanzato, a più riprese, proposte politiche concrete e realistiche, come ad esempio quella del novembre 1980 sul
referendum. (Questa proposta
consiste in un referendum, preceduto da un cessate-il-fuoco,
controllato da organismi internazionali quali rONU, l’OUA, la
Lega Araba o il Movimento dei
Paesi Non-Allineati. Il referendum dovrebbe sottoporre al popolo eritreo tre opzioni: piena
indipendenza, collegamento federativo con l’Etiopia, autonomia
regionale. Ma il DERG non si è
mai pronunciato in merito.
E’ da sottolineare, comunque,
che il sostegno militare sovietico (oltre 3,5 miliardi di dollari
in cinque anni) e gli aiuti finanziari dei governi europei, aiuti
che vengono motivati con «assistenza alle popolazioni colpite
dalla guerra e dalla siccità » ma
che il DERG utilizza per scopi
militari, incoraggiano Addis Abeba a volere una soluzione
esclusivamente militare.
8
8 ecumenismo
6 aprile 1984
DUE INTERVENTI SULL’INDISPONENTE E PENOSO CULTO DI MARIA DI PAPA WOJTYLA
Paganesimo impuro
La religione deHuomo (di Maria) viene elevata al rango di religione
del Cristo, benché priva di un fondamento biblico anche minimo
Quel che è successo domenica 25 marzo in Piazza San Pietro a Roma: il cosiddetto « affidamento» del mondo alla Vergine Maria da parte del ponteflce romano Giovanni PadlcT^
potrebbe apparire, a prima vista, come puro paganesimo. Ma
se tale fosse il nostro giudizio,
recheremmo offesa al paganesimo, che è in genèraie qualcosa
gassai più dignitoso di quanto
si è visto accadere nella « capitale della cristianità » (coméaHcora viene Tncautàmèhtè~~nTrra.mataT, intorno e ai piedi di una
statua che ha occhi mj. non vede, ha .orecchi manQn~~5gg7~la
bocca r^non parla — la statua
della Aiadonna di' Fatima portata apposta dal Portogallo, vero vitello d’oro esposto come già
nell’antico Israele « in onore dell’Eterno» (Esodo 32, 5) alla
ri^ragione del popolo i^ajo. cite
SI fida delle sue «guide cieche»
(Matteo 23, 16). Il paganesimo,
almeno, sa essere se stesso. Non
pretende oT coinvolgere nelle sue
manifestazioni il nome santo di
Dio, rivelato a Mosè nel primo
ardente (Esodo 3, 4) ed invocato da Gesù alla vigilia della sua
morte (Giov. 17, 1). Il paganesimo puro_ non vuole aiDoarlfB
cnstiafió, nonsTìrnvesIp
stianesimoT~E' pagano ma°p^U.fo. Quello di Wojtyla invece! .
Ub ibrido Jnconcepihilp, un miscuglPjpguaUfip.a,bile-di crisgà:
nesimo e marianesimn? di f-ììTFTì
^1 Cre^ore_e ciiìtò'della crBar
tura, di religione della~TiiIàBnag
Udì mi§tica_della Donna Tcéle^
ste, s’intende ^=^amo più fervida quanto più la donna terrem è tenuta a dl5tmila7r~un
miscuglio di fSde e sunerstizione7 di devozione e alienazione.
QÌ pietà e illusione, di candnré
dolci emozioni che possono ispirarla o che essa può suscitare —
alcuna plausibile legittimità cristiana. Quel che indispone è l’arbitrio quasi insolente con cuilìii
pontence rìtiehé ài poter spadroneggiare in casa cristiana. mF
^nenao ~k ttìffa unaT'cìQésa (la
sua) le proprie inclinazioni devozionali. Quel che indispone è
la volontà ostinata e la pretesa
di legittimare, finalizzandolo a
Cristo, il culto di Maria — essa
stessa vittima di questa sfrSìra?
ta passione feligiSsaT^fopriSTèìr
rumile « ancella Sei Signore »
(Luca 1, 38), il cui tratto saliente era e resta il nascondimento
in Dio! Quel che indispone è la
fatua jjresunzione di poter tutto
ricuperare, tutto trasfigurare,
tutto cristianizzare, anche a costo di «chiamare dolce l’amaro
e l’amaro dolce» (Isaia 5, 20),
nel quadro di un cristianesimo
ormai in. balìa .deijapi e7!pi
mass media : i\prìffi^t^formano il jaÌstiane^sirnó~ìn~HaTÌmI6:
in spettacòIoTìI
tacolo del móndo.
piü-grande snet
La religione dei papi
impostura, di sip’cérità"è~~ìaF[onfr Ed-fe questo?' a TìSì“gùar
[are, che urta maggiormente:
non il paganesimo schietto e sincero, antico e moderno, ma questa sintesi impura, questo paganesimo riattizzato come cristiano da colui cfié~ si T5i'eseiita~~gr
.mondo cnTne-inncai^ dicrF
^o ». è^o.è, nSr^n del T^rìj^
biblico. PflJéstinese.~che confasaiflmn nPllg ma~at-Tron~sO
quale « Cristo r^ahò »"Tggnie
ebbe a chiamarlo" '=invocandolo — anche Paolo VI), cbeljioi.
non conosciamo né vogliamo colmile]----------------------------
Quel che indispone è l’impudenza solenne e fastosa cofTcuì
’ la relìgionè~c[èiruomo (quT^^
trata su Maria) viene elevatà~àT
rango di religione di CrisI5715er>~
ché sia priva, come tuttilanno,
di qualunque fondamento biblico — anche minimo, anche solo
Implicito — e quindi non abbia
— al di là dei sentimenti pii,
della spiritualità soave e delle
SAE
Incontro di
Che dire di più? Potremmo dire che è ingenuo, quasi patetico,
scandalizzarsi ancora, come se
lo spettacolo mariano di domenica fosse incongruo con la religione dei papi, mentre ne è una
limpida (anche se per noi indigesta) espressione. Lo spettacolo di domenica è ipcoiigruo-£Qn
IJlvangelo — questo si: secondo la T;estimonianza biblica, Gesù, gli apostoli, i primi cristiani.
Maria stessa, non hanno nulla a
che fare con il marianesimo dei
papi (ma non solo dei papi, purtroppo). Lo spettacolo di dome
nica è, naturalmente, iricongruo
con l’ecumenismo, non'~p^ché
nel movimento ecumenico ciascuno non possa e debba essere
pienamente se stesso, ma perché fatti come 1’« affidamento
del mondo a Maria » esaltano,
quasi con ostentazione, ciò che
ci divide e dividerà sempre, allargano i fossati tra le confessioni, calpestano le speranze di
un cristianesimo più evangelico,
più biblico, feriscono e incrinano comunioni interconfessionali
faticosamente costruite. Incongruo con l’Evangelo, incongruo
con l’ecumenismo, lo spettacolo
mariano di domenica è però perfettamente in linea con la religione dei papi che da sempre
promuovono e garantiscono l’equilibrio della celebre complexio
oppositorum, la « sintesi degli
opposti » che è, appunto, il cattolicesimo romano cosi come lo
intendono e vivono i pontefici.
Si dirà che Giovanni Paolo II
è polacco. Ma Pio XII, che nel
1950 dogmatizzò 1’« Assunta »,
non era polacco. La pietà mariana di Wojtyla è certo più appariscente e smodata di quella di
Paolo VI: ma quest’ultimo pagò
un tributo dottrinale, oltre che
devozionale, a Maria di grande
rilievo.
L’ecumenismo andrà avanti,
malgrado tutto. Non sono i pa^
pi che l’hanno fatfo nàscere, noiT
^iràfino—T'paprfaTTarloTtìorire.
Esso è, dagli inizi, (^speranza
contro speranza». Ma la speranza non è cieca e la carità non è
ottusa. Molti credenti cattolici
— lo sappiamo — vedendo domenica scorsa lo spettacolo mariano di Piazza S. Pietro, hanno
patito anche più di noi. La nostra comunione con loro non
solo non è intaccata ma, paradossalmente, quasi irrobustita,
nella comune resistenza a una
religione — quella mariana —
estranea alla fede biblica e apostolica. La nostra speranza è
che essi dicano «sui tetti» (dei
cosiddetti «palazzi apostolici»),
e non solo «in segreto» il loro
disagio e la loro protesta. Uno
degli aspetti più allarmanti dell’odierna figura del papa (ma sono secoli che è cosi) è che pù^
blicamente nella sua chie.sa. nes¿imo lo critica nia£ Egli gode
di unalspeHè''3PìBmiunità pastorale, che nessun apostolo e
neppure Gesù hanno mai avuto.
Qualunque cosa il papa dica o
faccia, nessuno dei suoi osa fiatare in pubblico. Non c’è, in altre parole, nella chiesa cattolica, un S. Paolo individuale o collettivo che, quand’è necessario,
sappia «resistere in faccia» a
Pietro «perché era da condannare» (Galati 2, 11). Manca insomma del tutto quello che nella Bibbia si chiama « riprensione fraterna». Noi speriamo che
questo aspetto essenziale della
vita comunitaria cominci a essere praticato anche e proprio nei
confronti del papa. In Piazza
S. Pietro ci vuole un S. Paolo!
Paolo Ricca
ROMA
Proteste
per i ritardi
primavera
Radici profonde
Il Convegno nazionale di primavera del Segretariato Attività
Ecumeniche che si tiene ogni anno in una regione diversa è ospitato quest’anno dalla Liguria. Si
terrà a Sestri Levante presso
1’« Opera Madonnina del Grappa», via Antica Romana 35 dal
27 aprile al 1° maggio. Il tema:
« Credibilità ecumenica oggi; Impegno delie chiese e dei cristiani». Per informazioni e iscrizioni telefonare al più presto a Maria Martinetti 0174/42708 o a Donatella Saroglia 011/383409.
Il marianesimo, insomma, ha
radici profonde e remote e non
è frutto soltanto di religiosità
mediterranea (Madonne ce n’è
dappertutto e la Polonia non è
propriamente sul Mediterraneo!); un papa può essere più
0 meno marianamente devoto e
di conseguenza nella chiesa cattolica la religione mariana avrà
1 suoi alti e i suoi bassi, ma il
fatto fondamentale è che la dottrina e il culto di Maria fanno
parte integrante del cattolicesimo romano. Certo, c’è modo e
modo di essere mariani, ma sul
L’agenzia della Federazione
«nev» informa che il presidente Aurelio Sbaffi ha inviato un
telegramma di protesta ai dirigenti della RAI e alla Commissione vigilanza sulle trasmissioni televisive per protestare per
i continui ritardi nella messa in
onda della rubrica televisiva
« Protestantesimo ». Tali ritardi
creano di fatto una progressiva
« emarginazione delle minoranze religiose nella programmazione televisiva ». Il direttore
della Struttura 3 della II rete,
Leonardo Valente, ha risposto
di essersi fatto interprete della
protesta presso i responsabili
della programmazione.
Devozione mariana
di uomini celibi
fatto di esserlo, in casa cattolica, non si discute più. Ed è questo il punto. Molti cattolici deplorano, quanto meno in privato, gli « eccessi » di Giovanni
Paolo II: egli sarebbe troppo
mariano. Ma Giovanni Paolo II,
a sua volta, penserà che molti
cattolici lo sono troppo poco.
Anche per questo, forse, raddoppia il suo zelo e, come se non
ce ne fossero abbastanza in Italia, fa venire una statua della
Madonna addirittura dal Porto' gallo. E’ un circolo vizioso. Se
si vuole uscirne, la scure andrebbe posta alla radice delPafaero,
non ai rami.
Contemporaneamente all’articolo di Paolo Ricca — e
quasi a rispondergli — abbiamo ricevuto questo articolo che
don Franco Barbero ha inviato ai giornali del Pinerolese.
Una protesta analoga è stata
fatta dal presidente della «Amicizia Ebraico-Cristiana» per la
collocazione oraria delle rubriche « Sorgente di vita » e « Protestantesimo ».
L’Osservatore Romano, quotidiano della Città del Vaticano,
sabato 24 marzo annunciava, in
prima pagina, la « accoglienza
della statua della Madonna di
Fatima » con un programma preciso e dettagliato di celebrazioni.
Arrivata a Fiumicino alle ore 15,
accompagnata dal vescovo di
Lieria-Fatima, veniva accolta dal
cardinale Poletti e, trasportata
in Vaticano, dallo stesso pontefice. La statua, dopo essere stata esposta alla venerazione, fu
introdotta nella Cappella ’ dell’appartamento privato del papa
e lì trascorse la notte. Turni di
venerazione si sono susseguiti
per tutta la giornata di domenica 25 marzo, dopo che il papa
aveva compiuto il solenne atto
di « Affidamento a Maria » della
chiesa e del mondò.
A partire da questo avvenimento vorrei aggiungere qualche annotazione.
1) Molti argomenti mi hanno
personalmente convinto che Fatima e Lourdes, come molte altre apparizioni, appartengono al
mondo delle legende religiose.
Tra gli stessi caìionci c'e cm crède che si tratti di « fatti veramente successi » e chi è assai
dispiaciuto di queste espressioni devozionali che facilmente inclinano alla superstizione. Costoro si domandlìKJrTTiilto questo in che rapporto sta con il
messaggio biblico? ». Il papa
propone questa devozione con
slancio sincero e molti cattolici
accolgono questo invito. Con intenzioni oralmente rette moltissimi altri cattolici e cristiani
(tra i quali mi colloco anch’io)
non danno più spazio alcuno nella loro esperienza di fede ad
apparizioni e « segreti » di vario
genere, a Madonne e angeli custodi. Tutto questo appartiene
ad una legittima diversità e non
riguarda per nulla i cardini della fede cristiana che, evidentemente, risiedono altrove. Siamo,
assolutamente senza drammi, sul
terreno dell’opinabile.
2) Ma vorrei aggiungere una
osservazione di natura diversa.
Tanto ardore mariano degli ecclesiastici celibi (papa, vescdw.
sacerdoti) mi solleva qualche
perplessità sul terreno psicologico. Non può darsi che, a volte,
si trasferiscano sul piano della
devozione anche delle energie affettive e sessuali che non hanno trovato Sbocco concreto in un
rapporto reale con una donna?
Non può darsi che si investano
nella devozione verso la Vergine
Maria, Assunta ih cielo, con una
operazione di trasferimento e di
sublimazione, quelle energie ’amorose’ che non hanno potuto
esprimersi con una donna in
carne ed ossa? Ha proprio tutti
i torti chi sostiene che certa devozione mariana dei preti e di
molti cehj^ può, in qualche misura, èss^ semplicemente il
surrogato della moglie? Più radicalmente ancora, qualcuno potrebbe domandarsi in quale misura certe forme di devozione
alla Madonna non siano sostanzialmente degli inconsci camuffamenti devozionali di problemi
affettivi e sessuali.
Il fatto, poi, che il papa ritorni, con insistenza leggermente opessira, su temi come « Maria-OonniiSessualità ». ha indotto più d’uno a pensare (con pieno rispetto per la persona del
pontefice) che questo linguaggio
ricorrente, ciclico, continuamente ripreso possa eventualmente
costituire la spia per segnalare
traumi personali, problemi esistenziali e conflitti non risolti
dell’umiiqKarql^Wolt^. Il linguaggio eTippìTJaffrrche carat
terizzano papa Wojtyla per quanto riguarda le teniatiche connesse alla donna, alla sessualità e
a Maria rivelano soltanto un tipo particolare di teologia, sono
analizzabili soltanto sotto il profilo teologico oppure evidenziano
anche che chi parla ha una « questione aperta» su questi terreni?
Non ho mosso critiche, ma sollevato problemi. Sono convinto
che non serva a nessuno evitare
gli interrosfativi o censurare le
domande. Esse emergono da una
fetta di credenti che desiderano
sentire le considerazioni e gli interrogativi di altri fratelli e sorelle nella fede.
Franco Barbero
I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Notizie in breve
Continua l’attività ecumenica
con molte presenze di nostri ora.
tori a manifestazioni di vario genere. Il ricordo di Lutero è ancora importante motore di tali
riunioni. Da segnalare tra le altre una conferenza del prof. Gönnet a Trieste ed una sua intervista sul rapporto cattolici-protestanti sul Corriere di Reggio (Calabria); una serie di incontri a
Torino su « Crisi o rinascita del
sacro »; e ima informazione del
Giornale secondo cui in molte
chiese cattoliche è stata inserita
nella liturgia della Messa la preghiera di Lutero per l’unità, recitata a Roma nella recente visita
papale alla chiesa luterana.
Il Manifesto recensisce con aperta simpatia il libro che raccoglie gli scritti religiosi di Lelio Basso che, come molti sanno, ci fu, nella sua posizione intellettualmente marxista, ottimo
amico.
Popoli e Missioni dedica un
articolo alla riscoperta dell’ebraismo come radice del cristianesimo: « dagli ebrei abbiamo da imparare prima di evangelizzarli »
dice significativamente il sottotitolo.
Su Jesus V. Messori pubblica
un servizio sull’Assemblea degli
Avventisti del Settimo Giorno, tenutasi in un convento francescano (proprio così) vicino a Firenze. Come sempre apprezzabile la
capacità dell’autore di comprendere nell’altro il fratello in Cristo, pur con tutti i suoi limiti.
Interessante il resoconto del
Mattino di Padova di una conferenza di Leonardo Sciascia su
invito dei gesuiti locali. Una severa critica della religione cattolica, che si può estendere, per
come è formulata, anche ad altre « religioni » in via di spinta
secolarizzazione; una riaflermazione in positivo dei valori che
il cristianesimo si è sforzato di
diffondere nel mondo, la non violenza in primo luogo. Sembra
però che Sciascia veda un cristianesimo solo e totalmente secolarizzato, sia pure in direzione
ben diversa da quella che rimprovera alla chiesa cattolica.
'l':
vé
Niso De Micheli»
I ,
9
6 aprile 1984
cronaca delle Valli 9
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Si
I
VILLAR PEROSA: I LAVORATORI NONOSTANTE 3 MESI DI LOTTA NON SI DANNO PER VINTI
Esserci
Attorno alla lotta degli operai
FIAT di Villar Perosa si è creato un vasto tessuto di solidarietà, che coinvolge sia gli enti locali che le chiese.
La domanda che gli operai, il
CdF, i sindacati ci hanno rivolto
era di essere presenti'in quanto
istituzione: le chiese valdesi a
loro fianco nella lotta. E questo,
bene o male lo abbiamo fatto
con positivi risultati (i volantini
congiunti con la chiesa cattolica,
le lettere, la presenza davanti ai
cancelli, ecc.). B. Rostagno, pastore a Villar Perosa e altri 5 o
6 pastori sono stati sovente davanti ai cancelli e questo, è stato
utile.
Se questo è vero siamo però
convinti che in auanto comunità
di credenti dobbiamo necessariamente porci alcuni interrogativi:
1} Davanti ai cancelli della
FIAT vi è stata la presenza di alcuni pastori; vi è stato però un
vero coinvolgimento delle comunità della zona? dei membri di
chiesa, dei concistori? A noi
pare che al di là di alcuni episodi in Febbraio, lettera del Concistoro di Villar Perosa) questo
non ci sia stato. E’ quindi possibile parlare di solidarietà delle
comunità quando queste, nel loro insieme, non la esprimono
concretamente se non con la presenza di alcuni pastori e di alcuni laici impegnati politicamente?
2) E' sufficiente per noi rispondere alla richiesta che gli
operai ci fanno (essere presenti
in quanto istituzione), senza portare però anche quella parte non
richiesta, ma per noi centrale,
motore della nostra azione e cioè,
la predicazione di Gesù Cristo?
E’ cioè sufficiente rispondere
(seppur in modo incompleto) alla richiesta che ci fanno gli operai senza rispondere alla contemporanea chiamata che Dio ci fa
di testimoniare il suo nome?
Questi due problemi di non facile soluzione, non devono sminuire il senso e la validità della
nostra attuale presenza, devono
però essere presenti e interrogarci per non cadere in tentazioni autogratificanti per il ruolo che stiamo giocando. Infatti:
a) In certi momenti più che
parlare è importante essere presenti. Questo nostro esserci, è il
pulpito da cui domani (e forse
già oggi) potremo rivolgere una
predicazione non vana a uomini
e donne concreti, in carne ed ossa. Per noi protestanti esserci
vuol però dire esserci in quanto
comunità; non è cioè possibile
delegare la nostra presenza ad
un rappresentante, al pastore. Se
solo il pastore è presente, risulteremo forse presenti nella storia degli uomini, quella dei libri,
ma risulteremo assenti nella storia della fede, nella storia della
risposta alla chiamata che il Signore ci ha rivolto.
b) Il problema della predicazione va posto in stretto rapporto con la presenza della comunità; la predicazione è possibile in quanto la comunità vi è,
condivide e riflette su questa sua
presenza alla luce della Parola di
Dio. Solo da questo intrecciarsi
di impegno e riflessione può scaturire una testimonianza al Signore vivente.
Solidarietà e predicazione quindi; due problemi inscindibili, pena il cadere nella secolarizzazione o in una predicazione disincarnata.
In questa vicenda si rivela così
la tentazione di essere presenti
in quanto componente della società senza rendere conto del perché della nostra esistenza.
Coordinamento FGEI Valli
FIAT: si aggrava la situazione
Cresce la tensione tra l’azienda e i lavoratori che hanno perso con gli scioperi il 30% del salario - Le chiese valdesi e cattoliche, solidali coi lavoratori, chiedono correttezza di informazioni
« La scorsa settimana è stata
importante perché si sono precisate le posizioni delle varie parti, questa sarà sicuramente decisiva perché dovremo verificare la
nostra tenuta e quella delle forze che ci hanno sinora appoggiato. La Fiat infatti ha annunciato che — se finora ha tollerato —
da quesla_ settimana farà sul serio e smantellerà la fabbrica »:
mi dice un giovane operaio davanti ai cancelli dello stabilimento, mentre un gruppo di persone
attende il Gruppo Teatro Angrogna per uno spettacolo, che non
si farà causa la pioggia (lo spettacolo è rinviato a sabato).
La settimana infatti era cominciata con il blocco del pullman
dei giocatori della Juventus che
si recavano dal ritiro di Villar
Perosa allo stadio di Torino per
giocare la partita. Uno striscione che teneva tutta la strada diceva « Agnelli; a Villar non esiste solo la Juve. La valle deve vivere ». Il pullman si è così fermato e cosi i giornali sportivi e
per la prima volta anche le edizioni nazionali dei telegiornali
hanno parlato (ner una ventina
di secondi) del problema dei lavoratori della Fiat di Villar.
Lo smantellamento
comincia
Lunedì noi la Fiat comunicava
il piano di smantellamento dello
stabilimento con un comunicato
in bacheca: entro fine anrile 92
dipendenti saranno trasferiti a
Rivalta, 140 a maggio, 74 a giugno, una cinquantina a luglio e
gli ultimi 22 a settembre.
Il martedì, la gru caricava su
un autocarro le prime macchine
da portare via. Subito l’assemblea dei lavoratori decideva lo
sciopero e i blocchi dei cancelli.
Una delegazione si recava in comune chiedendo precisi impegni
delTamministrazione.
Intanto la direzione Fiat con
un comunicato dichiarava che, vista 1'« occupazione » della fabbrica, l’attività produttiva veniva
sospesa.
I cancelli rimanevano aperti e
gli operai erano costretti alla sorveglianza dell’intera fabbrica per
evitare provocazioni e possibili
furti.
I dirigenti però andavano e venivano come volevano. Al punto
che qualcuno di loro ha pensato
bene di approfittare della situazione e facendo nascondere nel
bagagliaio delTauto due operai
di una ditta esterna, li portava
all’interno ed ordinava loro di
continuare lo smantellamento
della fabbrica. Gli operai se ne
accorgevano e invitavano poi
questi altri due operai ad uscire.
Mercoledì si svolgevano le assemblee. A queste voleva partecipare anche il vescovo di Pinerolo, che però non poteva entrare in fabbrica visto il divieto
dell’azienda.
Venerdì avveniva un incontro
con la direzione Fiat che ribadiva il proprio piano di smantellamento, senza comunicare chi
avrebbe acquistato lo stabilimento per far lavorare 180 persone,
nonostante le richieste dei sindacati e del consiglio di fabbrica.
Preoccupate di questa situazione le chiese valdesi e cattoliche
avevano scritto una lettera alla
direzione Fiat e aU’aw. Agnelli
(vedi sotto) in cui chiedevano
spiegazioni ed esponevano la loro
posizione.
In precedenza avevano scritto
alla stampa chiedendo una informazione corretta sugli avvenimenti. Ricevevano una risposta
ed ottenevano un qualche risultato: 15 righe sulla pagina di
cronaca piemontese.
Nella giornata di sabato arrivava agli operai una lettera della
direzione Fiat che spiegava genericamente la situazione.
L’incontro
coi poiitici
Il consiglio di fabbrica approfittando che il segretario del PCI
era a Torino per la « convenzione » sul futuro della città incontrava Berlinguer cui esponeva la
situazione. Dal segretario comunista venivano impegni a seguire
in ambito parlamentare la situa
zione e nessun consiglio su come
condurre la lotta: « siete voi i
protagonisti e dovete decidere
voi queste cose ».
I sindaci invece incontravano
il ministro per Tlndustria, Altissimo che era a Torino per il congresso del suo partito, il PLI.
Esponevano la situazione della
valle, della Filseta di Perosa che
è in grande difficoltà, della Talco e Grafite e della Fiat. 11 ministro assicurava l’interessamento per i problemi generali della
valle, del tessile e del minerario.
Sulla Fiat invece non diceva nulla: « il ministro può intervenire
sulla ristrutturazione globale
della Fiat, non sui problemi di
un singolo stabilimento ».
Sulla situazione, il PCI si è fatto promotore di un incontro tra
le forze politiche, cui finora hanno aderito DP e DC, che dovrebbe tenersi mercoledì prossimo.
Giorgio Gardiol
Lettera alla direzione FIAT
Innanzitutto vorremmo ribadire i principi che per noi sono irrinunciabili e
ai quali non possiamo né ci sentiamo
in coscienza di abdicare:
1) l'uomo da parte di tutti deve essere messo al primo posto nella scala
dei valori;
2) il lavoro deve essere a servizio
deil’uomo e non viceversa, così come
devono essere a servizio dell’uomo le
leggi economiche e di mercato;
3) il lavoro non può e non deve
sottrarre all'uomo il tempo necessario
per dedicarsi alla famiglia e ai vari
impegni in campo sociale ed ecclesiale;
4) una società che non tenga conto di
questa serie di valori non può reggere
a lungo ed è destinata allo sfacelo.
La decisione di chiudere lo stabilimento di Villar Perosa, trasferendo a
Firenza la lavorazione e a Rivalta le
maestranze ci sembra rientrare in quei
oasi in cui le necessità puramente tecniche ed economiche sono preposte alle esigenze primarie dell'uomo e questo per i seguenti motivi:
1) La situazione occupazionale delle
Valli Chisone e Germanasca è grave e drammatica;
2) in questi ultimi anni c'è stata una
diminuzione drastica dei posti di lavoro e questa situazione non può
essere ulteriormente aggravata;
3) lo stabilimento FIAT di Villar Perosa,
voluto daH’Awocato Agnelli proprio
per tamponarr una situazione che
già 15 anni fa si stava via via deteriorando, ha oggi più che mal la
sua ragion d’essere.
Ma particolarmente grave ci pare il
modo con cui tale decisione si sta,
realizzando.
Abbiamo infatti potuto direttamente
rilevare;
1) che i trasferimenti di personale da
Villar Perosa a Rivalta sono attuati all’Improvviso senza prima essere concordati;
2) che le operazioni di smontag.gio dei
macchinari sono state tentate di sorpresa, quasi ci si trovasse in una
situazione di guerriglia e non di
rapporto tra parti sociali in un paese democratico.
Prendiamo atto della proposta di una
lavorazione sostitutiva che occuperebbe 180 persone.
Tuttavia non ci sembra che a questo
proposito si possa parlare di una garanzia, finché non si conosce esattamente
il nome della ditta e il tipo di lavorazione che verrà installata. Conoscere
questi dati ci sembra essere un diritto
non solo dei lavoratori ma di tutti gli
Enti Locali che rappresentano la popolazione.
Tenuto conto della situazione occupazionale della Valle e del disagio al
quale andrebbe incontro un numero considerevole di operai, siamo convinti che
la lavorazione proposta dalla FIAT dovrebbe occupare ben più delle 180 persone previste e salvaguardare il posto
di lavoro a Villar Perosa per un congruo numero di operai attualimente in
forza allo stabilimento, numero che certamente non spetta a noi quantificare,
ma che non può nemmeno essere irrisorio.
La lotta che i lavoratori e le famiglie,
con l'appoggio di tutti gli Enti Locali,
portano avanti da mesi per salvaguardare oltre il posto di lavoro anche il
futuro delle Valli non può essere elusa come finora lo è stata sia dal mezzi di informazione sia dalla stessa Direzione 'FIAT ed è anche per questo
che come comunità cristiana siamo solidali con gli operai.
Mentre da parte nostra continueremo ad Impegnarci per informare l'opinione pubblica su una situazione che
pur essendo locale non è irrilevante,
ci auguriamo che la Direzione FIAT
si decida a rompere il silenzio circa
la ditta che dovrebbe installarsi a Villar Perosa e si dimostri nel contempo
più disponibile ad una trattativa che
porti ad una soluzione positiva e soddisfacente della vertenza.
Bruno Rostagno,
Presid. Comm. Esecutiva I Distrétto
della Chiesa Valdese
Sac. Antonio Buffa,
Resp. della Pastorale del Lavoro
della Diocesi di Pineroìo
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10
10 cronaca delleì^Ui
6 aprile 1984
BETTAZZI A BIBIANA
La pace:
primo impegno
SAN GERMANO CHISONE
Il neo Centro Culturale di Bibiana con il patrocinio del Comune e della Comunità Montana ha
avviato, nella realtà locale, il primo confronto pubblico sulla problematica della pace invitando a
■parlare il vescovo Mons. Bettazzi
di Ivrea, presidente italiano della
Pax Christi.
Nel suo lungo intervento, arricchito di dati storici e politici,
Bett^zi si è attenuto a punti di
riferimento umani e di fede
quanto mai interessanti per il
numeroso pubblico presente in
sala.
Ha citato ima lettera dei vescovi giapponesi nella quale scrivono che « nella storia non sono
mai state costruite armi che non
siano state usate ». Hiroshima
può essere una prova. Sembrerebbe che la resa del Giappone
fu chiesta dall’Imperatore prima
ancora dello sganciamento deUa
bomba atomica. Era necessario
studiare Teffetto della nuova arma.
Ha riferito le impressioni di
tm amico imiguayano per il quaIp le valutazioni che noi diamo
sono tutte convergenti verso l’Europa come centro del mondo,
mentre il primo grande conflitto
mondiale (con le sue 150 guerre)
è iniziato solo ora e la effettiva
guerra mon'diale è rappresentata
dalla morte di 50 milioni di uomini all'anno per fame. Le superpotenze penalizzando le nazioni
dipendenti sottraggono al loro
sviluppo immense ricchezze.
A (Ère di Bettazzi è necessario vedere con obiettività l’attualità del problema della pace e
della guerra per giudicare su un
piano di realismo. La vera contrapposizione è giocata fra i popoli poveri e ricchi.
Non è mancato l’accenno al nostro paese, quarto in graduatoria per vendita di armi, seguito
dall'Inghilterra. L’Italia nel vendere armi non none condizioni
politiche, le vende tanto all’Iraq
che all’Iran a salvaguardia della
sua bilancia dei pagamenti.
All’ideologia della « siciuezza
nazionale » che è all’origine di
tanti conflitti in America Latina,
ha continuato a dire Mons. Battei, si contrapponga il messaggio di Cristo onde le comunità
cristiane sappiano darsi tutte al
prossimo (Luca, 16: 25-37).
Agire, è l’attuale dovere. Agire
con coraggio e con la denuncia
come fece Romero in Salvador.
Agire contro tutte le manipola
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zioni attraverso l’assidua ricerca
del dialogo, la testimonianza non
violenta e il volontariato.
I movimenti per la pace devono avere più forza per incidere
con più efficacia, perciò si moltiplichino i collegamenti con i
Comitati pace, ha detto terminando il vescovo Bettazzi.
Altri spunti sono stati offerti
dalle domande rivolte all'ospite
perché potesse chiarire la sua
limpida posizione di credente.
A. K.
Convegno
PINEROLO — Organizzato da D. P. si
terrà sabato 7 aprile presso il salone
deirAuditorium comunale di corso Piave, un convegno interregionale sul tema « Quale democrazia per quale sindacato? ». 11 convegno avrà inizio alle
ore 9.30 e terminerà alle 18. Interventi
di sindacalisti e militanti dei consigli
di fabbrica.
CONCORSO STORICO
La Comunità Montana di Bassa Valle
Cervo e Valle Oropa e quella di alta
Valle Cervo « La Bursch » bandiscono
un concorso per una borsa di studio
annuale di L. 1.500.000 nette per una
tesi di laurea in storia contemporanea
da discutersi in una qualsiasi Università entro i'anno 1984-85 od una monografia od una ricerca originale, inedita.
Tra i temi d’interesse vengono segnalati il movimento cattolico o protestante
e Chiese e il movimento degli evangelici valdesi in Valle.
Il preriodo storico dovrà essere compreso tra il 1848 ed i nostri giorni. Le
domande devono pervenire entro il 31
gennaio 1985 presso le due Comunità
Montane rispettivamente presso Piazza
San Germano 1, Tollegno (VC) e Palazzo Scuole Tecniche di Campiglia
Cervo (VC) a cu: ci si può rivolgere
per maggiori informazioni.
TRAPIANTI DI ORGANI
Attività dell’AlDO
Sono in molti ad essere convinti che
il futuro della medicina è legato alla
chirurgia. Nell'ambito dello sviluppo della chirurgia, i trapianti rappresentano
un campo ancora pieno di incognite,
ma è già carico di promesse e di speranze. Attualmente si realizzano con
successo due tipi di trapianti: quello
delle cornee e quello dei reni. Il trapianto delle cornee non presenta grosse
difficoltà. Molto più impegnativo è invece Il trapianto renale, sotto ogni punto
di vista.
li trapianto renale rappresenta però
un motivo di speranza per molte persone. infatti le complicanze delle malattie renali costituiscono una tra le frequenti cause di morte.
Fino a pochi anni fa finsufficienza
renale grave era incurabile; oggi c’è
una possibilità di cura attraverso l’emodialisi (o rene artificiale). Tuttavia
in italia le strutture sono insufficienti.
Oltre 12.000 sono i dializzati, molti
di loro sono costretti a sottoporsi alla
dialisi tre volte alla settimana. Probabilmente altri per vari motivi non hanno
invece la possibilità di utilizzare la
dialisi.
Il trapianto renale può essere uno
dei modi per salvare queste vite umane. Per qualcuno, per coloro che non
sopportano l’emodialisi, è Tunica spe
ranza di sopravvivenza.
Però in Italia ci sono difficoltà per
realizzare i trapianti e quindi se ne
fanno pochi. Mancano strutture ospedaliere adeguate, manca la volontà e
l’informazione, ma soprattutto mancano i donatori.
L’A.I.D.O. (Associazione Italiana Donatori Organi) è nata per promuovere
il rafforzamento della solidarietà umana: in particolare determinare nei cittadini la coscienza e la conoscenza
delTutilità della donazione di organi del
proprio corpo a favore di pazienti che
necessitano del trapianto terapeutico,
nel rispetto delle vigenti leggi. Chi desidera informazioni può rivolgersi presso le sedi dei Donatori di Sangue della
Val Pellice:
— Torre Pellice; venerdì dalle ore
20.30 alle 22;
— Lusema San Giov.: seconda domenica del mese dalle 11 alle 12, oppure nei giorni dei prelievi;
— Bricherasio: alla domenica dalle 10
alle 11;
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o telefonare a Luserna S. G., Sig. Minetto Franco, tei. 909027 (ore pasti) ed
a Torre Pellice, Sig. Secchino Pietro,
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15 anni all’Asilo
Rievocate dalla signora Michelin Salomon le
vicende e le trasformazioni di questi anni
A pochi giorni dalla conclusione del suo incarico all’Asilo di
S. Germano, in qualità di direttrice, abbiamo incontrato la signora Delia Michelin Salomon
per porgerle molto fraternamente alcune domande sulla sua
esperienza nell’Istituto. Anche se
non è sempre facile fare il bilancio di un lavoro così difficile
e svolto con spirito di servizio,
abbiamo tentato con lei di ripercorrerne le tappe più significative.
Parliamo nel suo studio dopo
una giornata domenicale di lavoro e di visite.
— Come giunse 15 anni fa alla
decisione di accettare l’incarico
di dirigere l’Asilo?
— Era già stato chiesto a mio
marito poiché suor Velia doveva
lasciare la direzione. Poi lui non
ha voluto accettare perché lavorando nella CIOV si rendeva conto che non avrebbe avuto più
tempo per la famiglia, essendo
questo un lavoro che assorbe
completamente. In punto di morte chiese però al pastore Aime se
c’era ancora quel posto per me,
ed è così che sono venuta a S.
Germano.
— Aveva già svolto incarichi in
questo settore?
— No, assolutamente. Avevo
frequentato a Losanna ima scuola per applicazioni tecniche e fino allora avevo lavorato coi giovani.
— Quali furono i maggiori problemi che dovette affrontare nei
primi anni?
— A quel tempo avevo parecchi dormitori comuni; mi ricordo
che quando di notte andavo a
cambiare gli anziani, per me era
una cosa terribile sentire i loro
lamenti. Il personale era molto
ridotto, oltre a un paio di persone interne, c’erano per lo più
delle donne ad ore. Spesso mi
sono sentita sola, con l’appoggio
di pochi, e non è certo stato facile. Auguro alla nuova direzione
di non venirsi a trovare in queste condizioni.
— Penso che abbia certamente
dovuto sacrificarsi per sopperire
alle molte difficoltà. Che cosa ricorda in particolare?
— Dovevo sempre essere presente di notte poiché mancava il
personale, spesso ho anche avuto
paura. Avevo solo una mezza
giornata di libertà e praticamente non potevo mai uscire dall’Istituto senza aver trovato una
sostituzione.
— L’ospite dell’Asilo è cambiato in questi 15 anni?
— Moltissimo, prima gli ospiti
erano quasi tutti autosufficienti,
generalmente venivano di loro
iniziativa perché non potevano
più badare a loro stessi, ma davano ancora una mano in tanti
lavori. Oggi questo tipo di anziano sta scomparendo. Sono generalmente i familiari, che quasi
sempre lavorano fuori, a portare
in Istituto gli anziani che in gran
maggioranza non sono più autosufficienti.
Non è detto, che un regalo di prestigio
debba sempre essere costoso.
La Ditta
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— Durante la sua permanenza
all’Asilo, l’Istituto ha avuto delle trasformazioni?
— Sono stati soppressi i dormitori ed ampliati il refettorio e la
cucina; si è creato l’ambulatorio
che prima non esisteva; si è costruita la pensilina coperta ed è
stata installata una nuova centrale termica. Il personale inoltre dopo i primi anni è stato più
che raddoppiato.
—^ E’ difficile dare una ricetta
valida per tutti, tuttavia secondo
quanto ha potuto sperimentare,
che cosa ritiene sia più importante per la conduzione di unIstituto come l’Asilo?
— Avere tanta pazienza con
tutti, non dare confidenza e non
essere troppo comprensivi verso
il personale come sono stata io.
— Ha dei rimpianti per qualcosa che non è stato possibilefare?
— Non potere vedere l’Asilo
nuovo. Se ne parla già da molto
tempo, ma si è decisa solo ora la
ristrutturazione in seguito alle
recenti disposizioni legislative in
materia socio-assistenziale (legge
23-8-1982). Prima nessuno si è mai
interessato all’Asilo. Le necessità
e i problemi che sentivo e che hO'
sempre fatto presenti, sono sovente stati messi da carte poiché
la CIOV negli anni passati ha dovuto dedicare tutte le sue energie
agli ospedali. Così con la prospettiva di una futura ristrutturazione non si è più fatto niente
a livello di manutenzione.
Trovandomi sola, spesso mi
sono sfogata con i miei figli. Penso che il mio lavoro abbia certamente interferito molto nella loro vita, perché prima che a loro
ho sempre badato agli ospiti.
— Quali sono i ricordi più
belli?
— Sono quelli dell’inizio, quando c’era ancora il signor Manfredini che ha aiutato molto l’Asilo ed anche me nel mio lavoro
dandomi molti consigli. A quell’epoca c’erano molti ospiti attivi;
si poteva anche fare qualche festicciola e c’era soddisfazione a
lavorare con loro. Oggi le soddisfazioni sono di altro tipo.
— 15 anni sono tanti?
— Sì, forse troppi, a causa dei
tanti problemi si finisce per non
rendere più e perdere l’iniziativa.
— Dopo l’Asilo che cosa farà?
— Per il momento mi riposerò
un po’ e poi si vedrà.
— Al momento di lasciare l’Asilo, come vede il futuro dell’Istituto?
— Io ho molta fiducia nel nuovo direttore e spero che con la
ristrutturazione dell’edificio si
aprano nuove prospettive per un
lavoro migliore. Il progetto è
magnifico e può anche sembrare
grandioso, bisogna però vedere
l’Istituto proiettato nel futuro e
i soldi si troveranno senz’altro.
— Che cosa porterà dentro di
sé degli anni vissuti a San Germano?
— Conserverò un buon ricordo,
soprattutto degli ospiti, ognuno
di loro mi ha dato qualcosa, sul
piano umano ho avuto con loro
dei rapporti molto validi. Io devo
molto al mio lavoro che mi ha
permesso di vivere e di avere
con me i miei figli.
Con queste ultime considerazioni ci congediamo dalla direttrice augurandole un meritato
riposo e vorremmo che il nostro
saluto potesse anche esprimerle
la nostra riconoscenza per tutto
ciò che ha fatto all’Asilo, in un
periodo di transizione non certofacile.
Clara Bounous Bouchard
ÌP]
Dì
l;,,
11
6 aprile 1984
cronaca delleYaUî 11
I.
SCUOLA MEDIA DI LUSERNA S. GIOVANNI
Una cultura
transdisciplinare
Il pomeriggio di martedì 20
marzo 1984, nel quadro del settimanale impegno dei docenti per
attività non di insegnamento, sono stati trattati tre argomenti
ugualmente importanti e tra loro
variamente collegati. E’ stato anzitutto presentato il libro « La
Battaglia di Pontevecchio » sulla Resistenza nella zona. Il Prof.
S. Abate e l’ex partigiano Sig. A.
Guglielmone (che ha precisato di
non considerarsi affatto un «ex»)
hanno anche illustrato un progetto della locale sezione dell’ANPI, per una raccolta di testimonianze tra la gente della valle
che visse e assistette di persona
alle vicende degli anni ’43 e ’44,
affinché la memoria storica di
tante vicende significative non
vada perduta. Il testo sulla battaglia di Pontevecchio verrà intanto diffuso nella scuola.
La seconda e terza parte del
programma è stata aperta anche
al personale non docente ed ai
genitori degli alunni.
E’ intervenuto dapprima un
esponente della sezione torinese
di Amnesty International che si
occupa del coordinamento scuola,
illustrando esaurientemente le
molteplici attività dell’associazione nella drammatica realtà di
violazioni dei diritti umani, di
esecuzioni capitali, di torture in
quasi tutti i paesi del mondo. (E’
stata ricordata la condanna a
morte di una donna adultera che
dovrebbe essere lapidata fra due
mesi in un paese arabo, per cui
si attuerà un programma urgente di intervento e protesta).
Si è fatto presente che la Valpellice è stata la culla di Amnesty
(nata per iniziativa di G. Comba
agli inizi degli anni Sessanta) ed
è stato distribuito materiale illustrativo.
Sono pure state commentate
alcune iniziative didattiche di
scuole medie collegate con l’at
tività di Anmesty.
L'ultima parte del pomeriggio
è stata occupata dalla presentazione, a cura della Preside, del
libro « Genitori, figli e droga »
edito a cura del gruppo Abele e
frutto dell’esperienza compiuta
dal gruppo stesso.
Purtroppo solo im piccolo
gruppo di genitori era presente.
Stupisce l’indifferenza di molti
di fronte a problemi così reali e
a pericoli tanto vicini.
La presentazione non ha posto
tanto l’accento sugli aspetti tecnici e descrittivi del fenomeno
quanto sulle situazioni psicologiche che, nell’età evolutiva, possono determinare un terreno favorevole all’ iniziazione all’ uso
delle droghe (fra cui va anche considerato l’alcool).
Infatti non va sottovalutata
rìncidenza dell’ambiente in cui
vive l’adolescente dove soprattutto i rapporti genitori-figli giocano un grosso ruolo.
Mancanza di dialogo, atteggiamenti autoritari e distaccati, lassismo e indifferenza o, al contrario, presenza ansiosa e ossessiva
come pure preoccupazione di risparmiare ai figli ogni minimo
sacrificio, sono altrettante strade
sbagliate che incidono negativamente suUa formazione della
personalità dei ragazzi.
Una visione completa delle problematiche affrontate si ricava
comunque dalla lettura del testo che sarà posto a disposizione
degli insegnanti.
A nostro avviso è importante
che i docenti (e, parallelamente,
i genitori) si facciano carico di
approfondire e documentarsi sui
temi di attualità che costituiscono gli obiettivi formativi e
« transdisciplinari » di una scuola che voglia « fare cultura » nel
senso più autentico del termine.
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COMPROMESSI
AMBIGUI
Caro direttore,
ho letto sul suo periodico del 2 cjm.
l'articolo « Povero Eco » con attenzione.
Circa i citati « compromessi ambigui »
a mio parere li puntualizzo in due tematiche:
1) Si sventola con tanta energia il
problema la cui soluzione è la pace.
Quale pace? Quella del mondo che si
basa su di una ingiustizia sociale e
che vive al l'ombra delle armi e i cui
missili di Comlso sono una componente equilibrante, oppure la pace che solo Gesù può dare? Un po' delTuno e un
po' dell'altro forse (in pratica è così)
per cui si vive in un ■■ compromesso
ambiguo ».
2) Si parla dell’omosessuale come
di un «povero diverso» che ha bisogno
di comprensione e di tanta carità cristiana, ma finora non c'è stato ancora
fra lei e il « diverso » che un distacco
perché sa bene ohe l'omosessuale è
in abominio agli occhi dell’Eterno per
cui non volendo sconfessare né l'uno
né l’altro soggetto, rimane a metà strada, al bivio, vivendo anche per questo
problema insoluto in un « compromesso ambiguo ».
Analizzando ancora l’articolo citato,
si deve ammettere che da anni si predica il messaggio di Cristo Inquinato
da problemi socio-politici, in antitesi
ai principi oristiiani dell'era apostolica.
Ecco perché le chiese diventano sempre più deserte!
E’ stato anche constatato che 11 suo
periodico diventa sempre meno oapibile dalla massa dei lettori. Basta leggere, per esempio, » punti di vista » del
9 c.m. redatto da Bruna Peyrot. Dopo
aver letto e riletto molti si domandano:
Ma cosa voleva dire? Ohe differenza
di linguaggio con la semplice e toccante Parola esposta nei Vangeli! Ecco
perché il numero degli abbonati decresce. Ciò a parte di argomenti trattati
che non hanno nulla a che vedere con
la Parola di Dio!
Biasimo l'anonimo che ha scritto
l'articolo perché non ha voluto identificarsi. Ha forse temuto di essere messo da parte come « voce scomoda »?
Certo il mondo, in cui tante chiese
si sono conformate, è cattivo e fa parte di una generazione perversa.
Con la speranza che tale scritto possa essere considerato quale critica costruttiva atto a far muovere le acque
della indifferenza, gradisca distinti saluti in Lui.
Giuseppe Fiorentino, Roma
QUESTIONE
PALESTINESE
Caro Franco,
ho già avuto l’occasione di esprimerti la mia perplessità dinanzi alla
pubblicità concessa in vari numeri dell’Eco/Luce ad un ambiguo personaggio
come Monsignor llarion Capucci, già
corriere di armi ed esplosivi per conto
dell’OLP in Israele, armi destinate a
seminare vittime tra la popolazione civile di quel paese.
Un lettore del giornale mi ha preceduto nel rilevare l'enormità della cosa. Ma vedo che si è andati più In là
e che al prelato si è data anche la parola in un articolo nel quale 11 redattore sembra appoggiare i discorsi di questo artefice di morte, ohe ha il coraggio di presentarsi come messaggero di
pace! I suoi trascorsi terroristici vengono d'altronde pudicamente presen
tati come « appoggio anche ntateriale,
dato all'OLP ».
Non intendo polemizzare con una
persona come Monsignor Capucci, le
cui parole appaiono intrise di falsità e
di ipocrisia (« Non sono antisemita.
Perché in quanto arabo sono un semita... »: anche i bambini sanno che antisemita significa antiebreo e che non
è mai usato nel suo significato etimologico; « Il governo di Israele è sionista ed è questo che combatto », in
cui evidentemente II termine « sionista » è usato al posto di ■■ ebreo »;
chi ha II coraggio oggi di proclamarsi
« antisemita »? nessuno! tutti amici degli ebrei!).
Una sola cosa desidero fare presente: lo Stato d'Israele ed il sionismo
sono vicini (anche se in gradi e modi
diversi) al cuore della stragrande maggioranza degli Ebrei del mondo intero,
dei non credenti come dei credenti,
compresi quegli Ebrei cristiani che non
hanno rinnegato la loro identità ebraica.
Per cui dar voce a persone come
Monsignor Capucci e fare da cassa di
risonanza ai discorsi fatti da esponenti
QLP ad uso e consumo degli ascoltatori
europei in netto contrasto con 1 loro
documenti ufficiali e con i loro discorsi interni (ad esempio a p. 3 dell'Eco/
Luce un palestinese membro dell'OLP
dichiara che scopo dell’OLP è « di creare uno Stato laico, libero, democratico con uguali diritti per tutte le componenti etniche, religiose, sociali e
politiche... », una formula che piace
molto alle sinistre europee e che viene servita loro da quindici anni senza
-che la maggior parte si sia presa la
briga di confrontarla con la Costituzione deirOLP, che dice cose molto diverse!) e tutto ciò senza che sul giornale ci sia traccia di contatti diretti e
di feconda collaborazione con gli organismi ebraici e sionisti, questo significa chiudere la porta a quel rapporti
con gli Ebrei che si auspicava di instaurare nel documento ecumenico sinodale del 1982.
Per un ebreo isolatamente approdato
nella Chiesa Valdese come 11 sottoscritto tutto ciò è naturalmente causa di
riflessione.
Elia Boceara
L’articolo in questione era la cronaca di un dibattito pubblico e come
tale va valutato.
Sulla questione palestinese e sui diritti del popolo palestinese credo che
sul nostro giornale debba anche essere
presentata la posizione di questi ultimi, sapendo coglierne anche gli elementi di novità. Non ci si può arroccare sulla costituzione dell’OLP senza
vedere il dispiegarsi oggi di diverse
strategie in seno all’OLP diviso. Sarebbe come accettare il vocabolo ’’semita”
nella sua accezione semantica, o come
considerare Israele solo attraverso la
politica di Begin e Shamir.
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« L’Eterno è il mio pastore
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
Il giorno 22 marzo 1984 è mancato
ai suoi cari
ring. Antonio Canobbio
Ne danno il triste annunzio la sorella e i parenti tutti.
Firenze, 23 marzo 1984
RINGRAZIAMENTO
« Beati i mansueti perché essi
erediteranno la terra »
(Matteo 5: 5)
I familiari di
Giovanni Giacomo Long
di anni 82
eommossi e riconoscenti, sentitamente
ringraziano tutti coloro che, con scritti,
fiori, parole di conforto e presenza si
sono uniti al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al
medico curante dr. G. Bevacqua e al
pastore di Angrogna sig. G. Platone.
Pradeltorno, 26 marzo 1984
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno e la mia luce e la
mia salvezza »
(Salmo 27: 1)
II 10 marzo 1984 in Alençon (Franeia) è mancata
Flora dalla ved. Sagnier
di anni 82
Ne danno il doloroso annuncio i nipoti, i quali ringraziano sentitamente
la Casa di Riposo di Carrouges, i medici ed il personale dell’Ospedale di
Alençon, il Pastore di Alençon, ed in
modo particolare il sig. Femand Chevreuil e Signora, che hanno seguito e
circondato di affetto la loro cara.
Lusema S. Giovanni, 14 marzo 1984
RINGRAZIAMENTO
« Io mi coricherò in pace e in
pace ancora dormirò, perciocché
tu solo Signore, mi fai abitare
sicuramente »
(Salmo 4: 9)
Nel ricordo di
Emilio Gardon
di anni 81
I familiari riconoscenti per la grande
prova d’affetto e di stima tributata al
loro caro esprimono un commosso ringraziamento a tutti coloro che in qualsiasi modo sono stati loro vicini in
questa triste circostanza.
Un grazie particolare ai pastori Deoda to e Ayassot, al dottor Gillio, ai vi>cini di casa, agli amici e ai parenti
tutti.
Pinerolo. 2 aprile 1984
USL 42 - VALLI
CHI80NE-GERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde)
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 8 APRILE 1984
Pinasca: FARMACIA BERTORELLO - Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USL 44- PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USL 43- VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese)
Prefestlva-festlva: tei. 90884 (Ospedale Matirlzlaiio).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 8 APRILE 1984
Bìbiana: FARMACIA GABELLA - Via
Pinerolo, 21 . Telef. 55733
Bobbio Penice: FARMACIA MEYNET - Via Maestra 44 - Tel. 92744
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pelllce: talefeno 91.996.
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6 aprile 1984
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BRASILE
Il genocidio degli Yanumami
Gli interessi economici hanno indotto il governo ad un^ voltafaccia
che minaccia la vita di un intero popolo - Invito a scrivere a Pertini
Il rapporto bianchi-indios in
Brasile è tragicamente ri^lssunto in questi dati:
— anno 1500: Indios 5 milioni;
bianchi, zero;
— anno 1800: Indios 1 milione;
bianchi, 4 milioni;
— anno 1980: Indios 220 mila;
bianchi, 120 milioni.
Di questi 220.000, la quasi totalità è lontana dai territori originari, e sta morendo come rifiuto della società dei consumi.
L’ultima resistenza è rappresentata dagli Yanumami, occupanti tma vasta area di foresta
tropicale nella regione di frontiera tra il Brasile ed il Venezuela
(rispettivamente, 8.400 e circa 12
mila). Praticano un nomadismo
intermittente, con l’esercizio di
un’agricoltura a regime di rota_ zione neriodica, e di caccia, pesca e raccolta, attività tutte che
richiedono l’utilizzazione di aree
considerevolmente vaste, per permettere il rinnovamento delle
terre e del 'potenziale della faima
e della flora. Unico popolo dell’Amazzonia rimasto isolato sino
al 1974, Im in quell’anno il primo
tragico impatto con la società
«civile»: la strada perimetrale Nord (BR 210), ha infatti tagliato, dieci anni or sono, per la
limghezza di 225 km. fi Sud dell’area Yamunami, nel Territorio
Federale di Roraima. Lungo i
primi 100 km., 13 villaggi si ridussero a 8 piccoli gruppi familiari di sopravvissuti, affamati ed
ammalati per il contatto con i lavoratori della ditta appaltatrice,
assunti senza alcun controllo sanitario. Due epidemie di morbillo uccisero nei tre anni seguenti
alla costruzione della strada 80
Yarrumami; i casi di malattie infettive ebbero un aumento dell’800%. Particolarmente gravi i
focolai di TBC e di malattie veneree.
Storia recente
Fin dal 1969, si sono succedute numerose proposte e sollecitazioni al governo militare brasiliano perché venga riconosciuto
e gar^tito il diritto degli Yanumami a vivere in pace nelle loro
terre. Le violenze, le pressioni
dell’oninione pubblica intemazionale (Survlval International
e gruppi spontanei di appoggio
agli YEUiumami, sorti anche in
Italia) convinsero finalmente le
autorità federali ad intervenire:
il decreto ministeriale GM n.
025 del 29.3.1982 dichiarava interdetta im’area di 7.700.000 ettari
come « zona di studio »; fu cosi
ordinata la sospensione dello
sfruttamento minerario nel territorio indigeno e l’evacuazione
dei bianchi dalla regione. Ma il
provvedimento, già di per sé generico e transitorio, non fu rispettato: gli invasori sono rimasti e continuano a propagare malattie che porteranno all’estinzione rapida di questa nazione indiana. Anzi il Governo brasiliano sta ora modificando la legislazione, a scapito degli Indios,
con i soliti pretesti: l’interesse
generale, la pianificazione del territorio. i problemi sociali, la zona di frontiera, eoe. ecc. Una volta ancora, la demarcazione del
territorio indigeno è tolta dal
contesto culturale del popolo rosso, e rimessa ad un’entità statale
e « nazionale » per lui priva d’ogni significato positivo, per entrare nei miti bianchi dello « sviluppo » e della « sicurezza nazionale ».
Cosi, il decreto n. 88118 del 23
febbraio 1983 revoca le disposizioni precedenti, con pericolosi
emendamenti: esso infatti trasferisce la competenza della delimitazione del territorio dalla FUNAI (Ufficio governativo per gli
affari indiani) al Ministro del
ITntemo e degli Affari fondiari.
La lepge 88985 (ottobre) apre il
territorio indigeno allo sfrattamento minerario; il 23 novembre
si approva il progetto di legge
MO 634-75 che autorizza in particolare (art. 3, par. IV) la ricerca
in tutto il territorio compreso
quello indiano.
Il nuovo clima è ben rappresentato dai progetto di modifica
del Codice Civile (che sarà messo in votazione in questo mese
di marzo 1984): l’Indio, sino ad
ora « relativamente incapace »,
diverrà a tutti gli effetti « completamente incapace» e quindi
sarà praticamente interdetto nell’esercizio dei suoi diritti! Militanti indios di altri gruppi, sono
minacciati e perseguitati. Il 15
novembre è assassinato il leader
Margal Guranv; il 23 novembre,
Amnesty International denuncia
l’assassinio del farmacista Marcel de Scusa, dirigente indio nella riserva « Campestre » (Municipio Antonio Joao, Mato Grosso). Il deputato indio del Brasile, Mario Jeruna, il 26/27 novem
bre denuncia pubblicamente lo
aggravarsi della situazione per
tutti gli Indios del Brasile, dei
quali ben 11 leaders sono stati
massacrati negli ultimi sei mesi. Il «Consiglio Missionario Indigeno », organo della « Commissione Nazionale dei Vescovi del
Brasile », denimcia la FUNAI (30
dicembre 1983) ritenendola responsabile di più della metà dei
25 assassini d’indiani avvenuti
nel 1983 (Jurnal do Brazil, 31.12.
1983).
Per gli Yanumami, malgrado
le assicurazioni, non funziona
neppure l’assistenza sanitaria: è
lo stesso ufficio della FUNAI di
Boa Vista (competente per la
maggior parte degli Yanumami)
a lamentare la mancanza di fondi per l’acquisto anche di comunissimi antelmintici.
Da oltre 15 anni, gli esperti
sollecitano la creazione del parco
indios Yanumami: pur non essen.
do la soluzione ideale, è però la
migliore forma possibile prevista dalTordinamento giuridico
brasiliano per la salvaguardia
dei diritti degli Indios, affinché
possano gestire le proprie risorse, e mantenere con la loro cultura le lingue (quattro) che l’esprimono. E’ l’unica alternativa
che possa garantire la sopravvivenza della piccola nazione di
quella foresta tropicale che la
nostra « civiltà » vuole sradicare*. Fino ad oggi, si sono avuti
soltanto promesse e rinvìi; gli
ultimi avvenimenti, mostrano addirittura un Brasile che nemmeno intende rispettare la propria
legislazione. Chi conosce da anni questo orobica, come il vaisesiano Carlo Zacquini che da
19 anni vive con gli Yanumami
ed al loro servizio, essendone anche « l’ambasciatore » in Europa
in questi giorni, si sente umiliato
ed impotente di fronte ad orna
situazione che può renderci partecipi di un ennesimo genocidio.
Sono stati ora spediti due appelli: al Presidente della Repubblica brasiliana, ed all’on. Pertini perché appoggi con la sua nota sensibilità la richiesta di lasciare agli Indios la loro foresta.
Hanno firmato sindaci, comunità
montane, USL, Comprensorio,
CGIL del Biellese, amministratori regionali piemontesi. Guido
Aghina assessore alla cultura del
Comune di Milano, docenti dell’Università di Torino. Invitiamo
anche i nostri lettori a spedire
al Presidente Pertini, Roma (senza affrancare, poiché la posta
per il Capo dello Stato è ih franchigia) lettere f)er chiedere il
suo intervento in favore della
causa degli indios Yanumami del
Brasile. Lettere potranno anche
essere mandate al Presidente della Repubblica Brasiliana, Joao
B. Figueiredo, Palacio d’Alborada, Brasilia D.F., alla FUNAI
(SAS Q-1, Bloco A/7 Andar,
7007A, Brasilia D.F.), di solidarietà al deputato indio d’opposizione, Mario Jeruna, Camara dos
Deputados, Congresso National,
Gabinete 521, Anexo IV, 70.160
Brasilia, Brasile.
Promotori dell’iniziativa sono:
— Gruppo d’appoggio agli Yanumami del Brasile, c/o Paola
Fiorio Ceria, via De Amicis
14; 13051 Biella (Ve);
— Survival International c/o
Giuseppe Vassallo, via Melegari, 4 - Milano;
— Rivista ETNIE, viale Bligny,
22 - Milano;
— Associazione Intemazionale
per la Difesa delle Lingue e
delle Culture Minacciate (AIDLCM), via Firenze, 28/A Biella (Ve).
Tavo Burat
* La foresta primaria nel mondo è abbattuta al ritmo di 30 ettari al minuto,
pari a 160.000 km* all'anno, per ottenere legname pregiato o per impiantare
monoculture di rapina destinate a degradare la foresta a deserto. I territori un tempo fertili ed oggi aridi, per
la distruzione delle foreste e l'uso irrazionale del suolo, sono aumentati
dal 1882 al 1952 del 140%, rendendo
sempre più drammatico il 'rapporto tra
la popolazione mondiale in aumento ed
il calo tragico delle risorse.
NICARAGUA
Dramma Miskitos:
■ '%
e responsabile?
A proposito dell’articolo « Il
dramma dei Miskitos » apparso il
24.2.84 sul n. 8 ritengo opportuno
dare ai lettori altri elementi per
capire meglio il nroblema e nello stesso tempo rispondere alle
accuse lanciate dal signor Nietschmann. Poiché l’articolo parla
spesso di Miskitos trasferiti dalle loro terre di origine, presumo
che si riferisca alla situazione
venutasi a creare in questi ultimi tempi, ma originata dai trasferimenti di 37 su 250 comunità
di Miskitos e Sumos, dalla zona
di confine con l’Honduras, in località più lontane dalla zona degli scontri armati tra ex-somozisti e sandinisti. La falsità delle
gravi accuse di Nietschmann a
proposito di torture, violenze
carnali, saccheggi, uccisioni ed
altre brutalità, è dimostrata dal
rapporto di Amnesty International che dice: « Mentre le notizie
di fucilazioni di civili e di altre
deliberate brutalità si sono in
seguito dimostrate false..., è pur
vero che la maniera improvvisa
e nerentora con cui tutto si è
svolto ha causato grandi disagi
e sofferenze per gli abitanti delle
comunità del Rio Coco, e rimane
un motivo di risentimento per
molti indios Miskitos nei confronti del governo nicaraguense».
nel 1983. Basta legger la pubblicazione della Chiesa Morava in Nicaragua: « Superscopio », 1981 n.
3 che dopo un’accurata analisi
dei vari settori deH’economia
della zona così conclude: « In
sint^i, la situazione trovata dalla rivoluzione popolare sulla costa atlantica è caratterizzata da
una profonda depressione econo.
mica con alti tassi di disoccupazione e mancanza di prodotti alimentari basici ». Inoltre tutti
sanno che il razionamento dei
generi alimentari basici (riso,
mais, farina, fagioli) riguarda
tutto il Nicaragua ed è una conseguenza del blocco economico
da parte degli U.S.A., che mirar
no a ridurre alla fame il popolo
del Nicaragua per screditare la
rivoluzione agli occhi della gente. Per non narlare poi dei danni enormi causati all’agricoltura dalle aggressioni provenienti
dairHonduras (più del 40% del
raccolto è andato distrutto).
La ricerca di
un’antropologa USA
Rapporto Amnesty
Circa il nroblema degli arresti
di Miskitos, Amnesty International continua a tenere sotto osservazione la situazione sulla costa atlantica del Nicaragua, «con
particolare riguardo alla violazione dei diritti umani nel contesto degli scontri armati che si
verificano in quella regione... Speciale attenzione sarà rivolta ai
modi di applicazione della legge
per l’Ordine pubblico a carico
delle minoranze indios » (A.I. Index: AMR 43). Va aggiunto che
il recente decreto di amnistia
(cfr. Eco-Luce n. 7) ha rimesso
in libertà anche chi aveva combattuto con le armi contro il regime sandinista.
Circa il capitolo « la fame »,
sempre dello stesso articolo,
Nietschmann, che ha soggiornato per parecchi anni tra i Miskitos, dovrebbe sapere e dire che il
problema economico della costa
atlantica non è « scoppiato »
Vi sono ancora molte altre accuse circa la limitazione della
libertà, anch’esse smontate dal
rapporto di A.I. cui s’è già fatto
riferimento, ma tornando ai « disagi » che hanno spinto alcuni
Miskitos alla lotta armata, chi
è dunque il vero responsabile
del loro cosiddetto « dramma? ».
Ce ne parla la dott. Rosanna D.
Ortiz. docente di storia ed antropologia sugli indios alla stessa
Università della California. Oltre
a pubblicare le riviste « Mondo
indigeno » e « Lingua indigena »,
ha pubblicato nel 1983 un libro
sui Miskitos. Dopo le denunce di
Nietschmann ha rilasciato una
intervista da cui sono tratti i
brani sottocitati.
« La sconerta di un piano degli
Stati Uniti per reclutare e manipolare i Miskitos è attualmente ben nota. Tale piano non è una
novità per i militari statunitensi
che lo hanno usato nel Laos,
Vietnam, Cambogia e Tailandia
negli anni ’60. La C.I.A. sviluppò
un programma per reclutare ed
addestrare gli indigeni « Humongs » da ■usare come esercito
segreto alle proprie dipendenze...
Nel libro « Torbido lavoro » P.
Agree parla della tragica alleanza dei Curdi con la C.I.A. contro
il regime progressista iraqeno
dei primi anni ’70 e del successivo abbandono dei Curdi al loro destino (200.000 profughi e
massacri vari). Un’azione simile
venne svolta in Angola da un alto ufficiale CIA che mi parlò anche di un documento sul Nicaragua dal contenuto simile ai precedenti. Le posizioni che i programmi militari CIA tendono a
proiettare nelle comunità di frontiera prese in mezzo, fanno sì
che si giochi sulla loro pelle, mistificando la realtà e strumentalizzandole pesantemente. Il popolo Miskito fu reclutato ed arruolato dalla CIA come gli Humongs, per aprire un fronte il
cui fine massimo è di abbattere
il governo sandinista. E’ evidente
che quindi sono gli USA e non i
sandinisti ad essere gli autori
delle violazioni dei diritti umani del popolo Miskito. Tale piano noto col nome di « Natale
Rosso » fu però scoperto dai
Sandinisti che ne arrestarono i
capi, ma ciò provocò disordini e
attentati e scatenò una propaganda terroristica da parte degli exsomozisti (anche essi finanziati
e addestrati dalla CIA nei campi di Miami e in Honduras) nei
confronti dei Miskitos, invogliandoli ad espatriare in Honduras
« per non essere massacrati dai
sandinisti ». Fallito il piano separatista la CIA iniziò una campagna di propaganda, annunciando
falsi massacri, distruzioni, torture e campi di concentramento.
Una delegazione di « Helsinki
Watch » venuta di recente in Nicarasua confermò l’operato del
Governo, smentendo così in blocco la propaganda USA... ».
Concludendo vorrei dire che
Nietschmann non spende ima parola sulla condizione dei Miskitos che hanno passato il confine
e sono tuttora nel campo profughi di Mokoron in Honduras.
Come mai molti di essi erano
già tornati in Nicaragua anche
prima dei decreti di amnistia?
E’ infine recentissima la notizia
del massacro di oltre 200 Miskitos da parte di una pattuglia
deH’esercito honduregno che li
ha sterminati mentre cercavano
di rientrare in Nicaragua, il 6
gennaio scorso, a 60 Km. dal
campo di Mokoron. La denuncia
viene dal premio Nobel per la
pace Perez Esquivel ohe ha effettuato un viaggio in Honduras
e Nicaragua tra il 30.12.83 e T8
1.84. Il Governo nicaraguense ha
chiesto un’indagine rigorosa sul
fatto. Le preoccupazioni del Nicaragua sulla sorte dei Miskitos
sono aggravate dal fatto che
l’Honduras non ha mai concesso
ad una commissione ufficiale di
visitare gli accampamenti dei Mi.
skitos in territorio honduregno
E>er spiegare l’obiettivo delTamnistia. Enrico Costantino
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