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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 13 GENNAIO 1995
ANNO 3 - NUMERO 2
SETTIMANA PER L'UNITA DEI CRISTIANI
LA COMUNIONE
ECUMENICA
LUCIANO DEODATO
!
Puntuale ogni anno, come
il Capodanno e la befana,
se ne arriva anche la «settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani»; preceduta, ormai da un po’ di tempo, da
una giornata dedicata al dialogo con gli ebrei.
Non credo che si sia lontani
dal vero nel riconoscere che
da parte delle nostre chiese
non suscita un grande entusiasmo. A parte alcune lodevoli eccezioni, viene più subita che stimolata; si gioca, come si dice «di rimessa», piuttosto che andare all’attacco.
Dà in parte fastidio il moltiplicarsi di iniziative da parte
cattolica, alle quali rappresentanti qualificati delle nostre chiese vengono invitati;
talvolta si ha l’impressione
che si tratti dell’apertura di
una breve e intensa «stagione
di caccia», finita la quale tutto rientra nella normalità.
Ma la nostra è un’ironia
amara. 11 problema è grave da
una parte come dall’altra. E
grave per la Chiesa cattolica
perché, per dirla fuori dai
denti, non può accorgersi di
noi solo quando si tratta di
organizzare gli incontri di
preghiera, ignorando per il resto dell’anno quelli che sono i
nostri problemi in questa Italia dove molte cose restano
ancora da fare per costruire
un vero pluralismo religioso.
Non è sufficiente trovarsi per
un'ora in duomo accanto al
vescovo e continuare poi, tanto per fare un esempio, a prevaricare nella scuola con
l'ora di religione.
Peraltro è grave anche per
noi; non ci si può lasciare trascinare passivamente a compiere un balletto, .senza assumere invece un ruolo più propositivo e costruttivo. Certo
abbiamo in questo delle grosse remore perché, alcuni di
noi per secoli altri per decenni, siamo stati costretti ad assumere una posizione difensiva; e i presupposti dogmatici
che ci dividono dal cattolicesimo (e anche dagli ortodossi) continuano a rimanere in
piedi. D’altra parte la causa
dell’ecumenismo va ben oltre
la salvaguardia dei nostri spazi difficilmente conquistati o
le cerimonie che talvolta sanno più di facciata che di sostanza messe in piedi per
l’occasione.
Il tema scelto per la «settimana» di quest'anno è «Koinonia», comunione in Dio e
tra noi, spiega il sottotitolo,
con un riferimento preciso a
Giovanni 15, 1-17; il discorso
di Gesù sulla vite e i tralci.
Scrive Paolo Ricca: «Questo
capitolo è la magna charla
della comunione che Cristo
offre, istituisce e alimenta.
L’immagine forte, viva, scelta da Gesù per illustrarla è il
rapporto di intima compenetrazione tra la vite e i tralci. 11
verbo che governa tutto il discorso è “dimorare”. Il frutto
del tralcio in realtà è della vite, ma la vite è feconda solo
attraverso i tralci. I frutti dell’
unica vite sono ciò che accomuna i tralci, che li collega
gli uni agli altri. Cercare
l’unità significa cercare i frutti di Cristo nella vita nostra e
in quella delle nostre chiese».
In questa prospettiva «ecumenismo» non è né sincretismo religioso, né annacquamento dell’Evangelo, ma soprattutto ricerca di Cristo nell’altro. Ricerca che può andare incontro a delusioni, ma
che talvolta fa anche sorprendenti scoperte. Ricerca che
parte dalla certezza che nessuna delle nostre chiese contiene la pienezza della verità,
perché Cristo è veramente più
grande di noi. La parola
«ecumenismo» contiene un
significato che si dilata ben
oltre il rapporto tra le chiese.
In greco significa «la terra
abitata», comprende cioè
l’umanità intera e il creato nel
quale stiamo.
Dobbiamo fare cadere i
muri che ci dividono gli uni
dagli altri e l’umanità dal
creato, sapendo che in Cristo
sono già caduti. Questo è
l’ambizioso programma dell’ecumenismo per il quale,
tutto sommato, vale la pena
impegnarsi.
Alle radici della nostra fede:
La fede non è
___________PAOLO T. ANOELERI________
«Allora Abramo si prostrò con la faccia in terra e rise»
«E Àbramo disse: "Ecco prendo l'ardire di parlare al Signore"»
«E Abramo stese la mano e prese il
coltello per scannare il suo figliolo»
(Genesi 17, 17; 18, 27; 22, 10)
Più tenti di capire il paradosso di
Abramo più ti riempi di paura: non
di «tremore», ma del più meschino timore che nasce dal buon senso, dalla caduca melma di cui siamo fatti. Anche
Kierkegaard ne parla: «Abramo - scrive
- può essefe una “trappola” per i deboli». Si può cercare di essere simili a lui
solo con la fede, non con l’assassinio: è
difficile parlarne senza correre il rischio
«che qualcuno si smarrisca» e creda di
poterlo imitare uccidendo. In epoca di
fanatismi, come la nostra, occorre tener
conto dei deboli e forse ci aiuterà in questo compito l’esame delle ipotesi più ovvie, utili a rendere comprensibile il comportamento di Abramo.
La prima cosa che ci viene presentata
di solito risolutiva, è quella storica: Dio
in quel modo, si dice, voleva suggellare
con un segnale forte il divieto del sacrificio rituale dei figli; ma, osserva il buon
senso, possibile che non ci fosse altra
via? Il testo francamente lascia poco spa
li patriarca Abramo e la testimonianza delTamore di Dio
fanatismo ma dialogo
zio: Abramo è con chiarezza lodato per
la sua obbedienza; inutile cambiare le
carte in tavola. Dal testo è ricavabile un
messaggio tremendo: occorre far ricorso
a bizantinismi ermeneutici per trovare altre interpretazioni. Dio insomma può
chiedertelo, questo sacrificio, e tu sei tenuto a obbedire; se arriva in tempo l’angelo a fermarti la mano, bene, ma se non
dovesse arrivare? Se come ad Auschwitz
e dintorni dovesse tardare anche di un
solo istante? No, non è convincente.
Passiamo ad altra ipotesi; quella della
fede. Se Dio lo vuole, devi uccidere persino tuo figlio in nome della fede! Ecco
il punto: i «deboli» potrebbero ritenerlo
un incitamento al fanatismo e i capisetta
approfittarne. E allora? Qual è Palternativa? Forse ce n'è una buona anche per i
deboli. Esaminiamola: la fede di Àbramo non è fanatica (la fede autentica non
lo è mai!); nasce e concresce con il dubbio. Si prenda il primo episodio della
sua storia; di fronte alla promessa di un
figlio (Gen. 17) egli abbassa il volto fino a terra; finge reverenza, per nascondere il riso. Sinistro, di scherno, dice un
teologo. No, invece! Era solo di dubbio
e di sconforto: «Dio vuole prendersi
burla di me!».
Secondo episodio (Gen. 18): Abramo
ticeve da Dio l’annuncio dell’iinminente
castigo di Sodoma e reagisce, discutendo. Nella trattativa con Dio scopre mise
ricordia e giustizia. Giustizia senza misericordia non è forse ingiustizia? Abramo
sta crescendo nella relazione e ha scoperto il dialogo. Fede non può essere fanatismo né scetticismo, ma discussione.
Prima aveva riso di nascosto e Dio aveva
finto di non vedere; ora discute e Dio
preferisce lasciare in sospeso il dialogo.
Terzo episodio (Gen. 22): Abramo non
discute più. Perché? Il dialogo era appena iniziato e l’argomento era lo stesso.
Insomma, si può scannare il proprio figlio in nome di Dio senza discutere? lo
(ma sono debole) dico di no: dovrei essere convinto come Abramo che Dio ritirerà l’ordine (e se non dovesse ritirarlo
sarebbe mio dovere non obbedire). Ma
Dio, nel ca.so di Abramo, interviene e in
sostanza dice (o dovrebbe dire?): «Àbramo, ti premio per la tua obbedienza, ma
soprattutto per la tua fede (fiducia!) nella
mia misericordia. La tua fede ha avuto
inizio quando hai dubitato della mia promessa e hai dialogato con me davanti a
Sodoma. Io ho sospeso il dialogo solo
per darti modo di giungere alla conclusione, dialogando con te stesso. Nel
cammino verso il monte Moria, hai capito; Dio è misericordia! Non potevo es.sere io quello che ti chiedeva un sacrificio
del genere! Quando c’è misericordia, ci
sono io; se manca, io non ci sono. Ma
soprattutto ricordati, Abramo: non esiste
fede senza dialogo!».
Julia EsquiveI
Lottare per
la giustizia
Il 3 dicembre scorso Julia
EsquiveI, nota pastora protestante guatemalteca, ha ricevuto il dottorato honoris causa dell’Università di Berna.
La proposta era stata avanzata dal decano della Facoltà di
teologia protestante e appoggiata dal «Coordinamento per
l’ecumenismo, le missioni e
l’aiuto allo sviluppo», organizzazione protestante che
opera a favore della solidarietà con i popoli del Sud.
«Ricevo questo premio come
una dimostrazione profonda
di solidarietà e di ecologia tra
il primo e il terzo mondo.
Sappiamo che l’ecologia e la
natura non sprecano nulla, ma
al contrario ci uniscono tutti»,
ha dichiarato la EsquiveI al
momento del conferimento.
Julia EsquiveI, nata nel
1930, ha studiato teologia al
Seminario biblico di San José
(Costa Rica). Per via del suo
impegno instancabile a favore
dei più poveri, ha subito la
persecuzione e la repressione
da parte dei vari governi dittatoriali del Guatemala. Nel
febbraio ’71 ha ricevuto una
prima minaccia di morte per
avere firmato una petizione
contro la violenza istituzionale. Nel ’78 è stata costretta al
suo primo esilio insieme ad
altre personalità culturali e
politiche del Guatemala. Nel
69-70 ha fatto studi di teologia presso l’Istituto ecumenico di Bossey, e ha partecipato
a numerose attività del Consiglio ecumenico delle chiese.
Tre ragioni hanno spinto
l’Università di Berna a conferirle questo dottorato: «Anzitutto, la lotta instancabile per
una maggiore giustizia nel
Guatemala; lo sforzo per integrare vecchie tradizione indios nella sua visione della
teologia e della liturgia, e la
volontà di onorare la poetessa
teologica che con il suo lirismo spirituale illustra il cammino di un popolo, le sue sofferenze e il suo destino».
(Eni)
Ecumene
La teologia
della liberazione
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
Credo in Dio
onnipotente
pagina 6
Villaggio
La guerra in Cecenia
pagina 7
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2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
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Il pastore metodista Miguez-Bonino è uno dei maggiori esponenti di questa teologia
«La teologìa della liberazione è sempre vìva»
Finché prevarranno la disuguaglianza e la polarizzazione sociale, la teologia della liberazione conserverà tutto il
suo valore, afferma José Miguez-Bonino, professore all’
Istituto di studi teologici (Isedet) di Buenos Aires e teologò di fama continentale.
Pastore metodista argentino
(fu uno dei presidenti del
Consiglio ecumenico delle
chiese, Cec, ,dal 1975 al
1983) José Miguez-Bonino
ha partecipato in quanto rappresentante eletto, durante la
prima metà dell’anno 1994,
all’Assemblea costituente incaricata di riformare la Costituzione argentina.
Secondo alcuni osservatori
la teologia della liberazione,
che si è sviluppata in America Latina e che chiedeva un
cambiamento sociale radicale
di fronte alle disuguaglianze
tra ricchi e poveri, sembra
avere perso una parte della
propria vitalità. D’altra parte
essi ricordano la condanna al
silenzio imposta dal Vaticano
ad alcuni membri della Chiesa cattolica, partigiani di questa teologia, e la rimessa in
questione delle prospettive
socialiste dopo la caduta dei
regimi comunisti nell’Europa
dell’Est. «La teologia della
liberazione esisterà fintantoché ci sarà necessità di liberazione», afferma José Miguez-Bonino; egli accetta di
riformulare alcune tematiche
«perché sono cambiate le
condizioni oggettive esterne»,
ma ribadisce il suo giudizio
critico nei confronti del modello economico esistente in
America Latina. La logica
dominante, afferma, «sta
creando una grave situazione
di emarginazione, così profonda da distruggere la stessa capacità di organizzazione, di partecipazione e di
protesta organizzata».
Dietro alle sue parole, si intravede la realtà di un paese
travolto da immensi contraddizioni sociali che hanno poco
a che vedere con l’immagine
esportata dai governanti. Questa realtà della miseria, crescente in quasi tutto il continente latinoamericano, crea
nuove sfide teologiche. Così
lo intende Miguez-Bonino,
per il quale è giunta l’ora di
«riflettere sulla forma dell’interpretazione dell’Evangelo,
in modo da non creare soltanto la tensione necessaria per
un cambiamento di struttura
ma anche per creare le condizioni necessarie a una sosta».
Da qui deriva l’ipotesi del
concetto di una «teologia della sosta» che permetta, secondo il ragionamento di José
Miguez-Bonino, un accompagnamento e un appoggio «psicologico e spirituale dei settori marginali». Questa problematica, sottolinea, appare come un tema centrale dell’attuale pensiero teologico.
Questa riflessione, a prescindere da ogni aspetto polemico, mette in questione le
posizioni di altri settori deifi universo protestante argentino: questi ultimi diffondono
un messaggio «che esalta i
benefici materiali, spirituali e
psicologici della conversione,
minimizzando il significato
profondo di quest’ultimo in
quanto impegno». Per il professor Miguez-Bonino, il gusto ma anche la disponibilità
a mettere la propria vita al
servizio degli altri devono caratterizzare il cristiano.
Secondo J. Miguez-Bonino,
questa posizione, che può essere chiamata «teologia della
prosperità», esprime una visione equivoca della missione
della Chiesa e della stessa vita cristiana. Tuttavia, spiega.
Una «favela» di San Paolo del Brasile
«molta gente è convinta, perché questa teologia è semplice e la esonera dall’impegno». Questa visione è condivisa da una serie di gruppi e
di chiese indipendenti che
hanno conosciuto una rapida
crescita utilizzando abusivamente potere e denaro e che,
come spiega J. Miguez-Bonino, «commettono anche distorsioni dottrinali che somi
gliano più a pratiche di guaritori e a miti popolari che
non alla fede cristiana». Si
tratta di settori estremamente
attivi, promotori di un’evangelizzazione «massiccia», per
la quale utilizzano mezzi elettronici e fanno appello a giornalisti lautamente retribuiti,
così come in altri paesi e regioni dell’America Latina.
Questo fenomeno non favo
risce sempre una maturazione
teologica indispensabile, né i
rapporti con altre chiese «istituzionali». «Molti sono coloro che ci attaccano con pres-,
sioni e con l’uso deliberato
del concetto impreciso di setta che porta ad equivoci e
che viene usato per togliere
legittimità ad altri gruppi religiosi protestanti seri» dice
Miguez-Bonino. (Eni)
Una dichiarazione comune del patriarca ortodosso e del muftì
Appello per la pace in Cecenìa
Il patriarca Alessio II, primate della Chiesa ortodossa
russa, ha lanciato un nuovo
appello alla pace in Cecenia,
questa volta sotto forma di
una dichiarazione comune
con il muftì Alsabekov, responsabile musulmano della
Repubblica dissidente. I "due
responsabili hanno avvertito
che il conflitto in Cecenia ha
raggiunto il suo «punto più
critico e fatale», e che vi è un
«rischio reale» che il conflitto possa estendersi. «Facciamo appello a tutti quelli che
sono al potere affinché facciano tutto quello che possono per impedire che il numero delle vittime e delle sofferenze si moltiplichi, e rinuncino all’uso delle armi per
regolare i problemi.
Lo spargimento del sangue
in Cecenia deve cessare immediatamente. Gli abitanti di
questa regione devono ritrovare la pace e andare d’accordo fra di loro, in armonia
con tutti i popoli della Federazione russa - affermano i
due responsabili -. È neces
sario ristabilire l’ordine legale con mezzi pacifici fondati sul mutuo consenso».
Il patriarca e il muftì pensano che la ripresa di negoziati tra responsabili ceceni e
russi sia indispensabile per
giungere a «una pace giusta»
che potrebbe consentire ai
ceceni «di organizzare la loro vita liberamente». Hanno
inoltre esortato i credenti delle due comunità a pregare per
la pace.
«Respingiamo categoricamente ogni affermazione secondo la quale il conflitto
potrebbe diventare un conflitto tra cristiani e musulmani - hanno precisato -. I veri
credenti delle due religioni
vogliono soltanto la pace.
L’uso di simboli e di concetti
sacri per i cristiani e i musulmani tendenti a creare tensioni e a provocare un conflitto tra le regioni è un peccato e un atto inaccettabile
davanti a Dio».
Questa dichiarazione è la
prima fatta dal patriarca
Alessio dopo l’entrata delle
truppe russe in Cecenia. In
una dichiarazione separata,
resa nota prima dell’inizio
delle ostilità, Alessio aveva
lanciato un appello per un regolamento negoziato conforme alle «speranze legittime»
degli abitanti della Repubblica, e aveva aggiunto che la
Chiesa ortodossa russa era
«pronta al dialogo con i fratelli musulmani».
Il portavoce della Chiesa
ortodossa russa, Alexander
Buljekov, ha dichiarato che
non esistono statistiche esatte
circa il numero dei cristiani
ortodossi nella regione. Ha
precisato però che in Cecenia
vi sono diverse parrocchie
ortodosse registrate, di cui
una nella capitale Grosny,
sotto la supervisione del metropolita Gideon di Stavropol. «La Chiesa continuerà a
ricordare ai russi e ai ceceni
che non c’è alcun motivo di
spargere il sangue, e che tutti
i problemi devono essere risolti per vie pacifiche», ha
precisato Buljekov.
(Eni)
Germania: appello comune delle chiese protestanti e cattolica
Per una società giusta e solidale
Misure radicali sono necessarie per fare fronte ai problemi come la disoccupazione, la
povertà, la situazione dei senzatetto, la xenofobia e il deterioramento dell’ambiente.
Questo l’appello lanciato il 22
novembre scorso, a Bonn,
dalle chiese protestanti e cattolica romana della Germania.
Il testo di un documento
«sulla situazione economica
e .sociale in Germania» mira
a rilanciare il dibattito avviato da un anno all’interno della chie.sa e della società sul
futuro dello stato assistenziale e delle politiche economiche. Seguirà una dichiarazione ufficiale dei responsabili
di chiesa, in nome della Conferenza episcopale tedesca
della Chiesa evangelica
Germania (Ekd).
Oltre alle soluzioni che
possono dare al problema
della disoccupazione, il documento chiede che i più
svantaggiati della società siano protetti nel quadro di una
necessaria riforma dello stato
assistenziale. «Sono i più for
e
in
SI
ti che devono assumersi il carico dei più deboli», precisa
il documento che sottolinea
che le chiese devono assumere la responsabilità di rispondere a queste sfide.
Il documento chiede «un
ordine sociale che offra allo
stesso tempo nuove soluzioni
e una condivisione equa nel
nostro paese e che permetta
una giusta definizione delle
relazioni economiche internazionali aperte a tutte le nazioni».
(Bip/Eni)
Austria: Consultazione
metodista internazionale
VIENNA — Teologi e laici delle chiese metodiste in Europa si sono incontrati lo scorso ottobre a Vienna con rappresentanti metodisti provenienti dagli Stati Uniti per una consultazione intemazionale sui problemi della presenza metodista nel
nostrocontinente alla luce degli avvenimenti degli ultimi anni.
È stato trattato particolarmente il problema dei rapporti con la
Chiesa ortodossa, soprattutto nei paesi dell’ex Unione Sovietica. Il vescovo metodista di Mosca, Rüdiger Minor, ha sottolineato come per la Chiesa ortodossa sia-inconcepibile l’evangelizzazione portata avanti da altri cristiani là dove esiste una
chiesa di popolo ortodossa. Gli evangelici (secondo gli ortodossi) dovrebbero portare il loro impegno evangelistico esclusivamente in terra pagana. Secondo il vescovo Minor la missione dei metodisti, nei paesi a maggioranza ortodossa, dovrebbe avere quattro caratteristiche: 1) insistere sulla comprensione della fede come rapporto personale con Cristo; 2)
presentare con chiarezza il concetto protestante di giustificazione per fede in contrapposizione alla giustificazione per
opere tipico dell’ortodossia; 3) inserire ogni presenza missionaria in un quadro ecumenico; 4) annunziare un Evangelo totale, che sappia distinguere fra salvezza e progresso sociale
ma non separi l’uno dall’altro. (Emk aktuell)
Polonia: restituita
una proprietà ai battisti
LODZ — Il 1° settembre scorso l’amministrazione comunale di Lodz, la seconda città della Polonia per numero di abitanti, ha restituito alla Chiesa battista locale parte di una proprietà
di consistente valore situata nel centro cittadino. La proprietà
era appartenuta fino al 1945 alla Prima chiesa battista di Lodz,
che era costituita da una comunità di lingua tedesca. Dopo la
guerra l’edificio., di propozioni notevoli, era stato confiscato in
quanto appartenente a cittadini tedeschi e assegnato alla polizia locale che lo aveva destinato a uffici, a un centro ricreativo
con un bar e perfino un ristorante. L’edificio apparteneva alla
Chiesa battista di lingua tedesca sin dal 1882 e a quei tempi
conteneva la più grossa sala battista del continente, con circa
1.600 posti a sedere. La restituzione della proprietà è stata effettuata sulla base del principio che la religione non ha nulla a
che fare con l’identità nazionale: vale a dire che essa era appartenuta non a dei tedeschi, ma a dei battisti, e che quindi ad
essi andava restituita. La Chiesa battista di Lodz ha voluto festeggiare l’avvenimento con un culto speciale al quale sono
state invitate le autorità cittadine e le rappresentanze delle altre chiese cristiane, compresa la Chiesa cattolica. Altre proprietà appartenenti un tempo ai battisti polacchi dovrebbero
essere restituite prossimamente. (Ebps)
Chiesa luterana del Camerún
verso il pastorato femminile
MEIGANGA — Anche la Chiesa luterana del Camerún si
sta aprendo al ministero pastorale femminile. Infatti quest’anno, per la prima volta, cinque studentesse .sono state immatricolate nella facoltà di teologia di Meiganga. Secondo le previsioni, es.se dovrebbero terminare i loro .studi nel 1999. Per
quella data il Sinodo della Chiesa evangelica luterana del Camerún dovrebbe già aver risolto il problema della «ordinazione» femminile. (Lwi)
Georgia: Assemblea generale
dell'Unione battista
TBILISI — I battisti della ex Repubblica sovietica della
Georgia hanno tenuto la loro Assemblea generale nell’ottobre
scorso procedendo al rinnovo di alcuni incarichi. Il nuovo presidente dell’Unione è Malkhaz Songulashvili, docente universitario di arte e storia della chiesa, profondo conoscitore di
greco ed ebraico, uno dei traduttori della Bibbia in georgiano
moderno. Ai battisti georgiani che vivono in condizioni di
estrema difficoltà, come del resto tutto il paese che si dibatte
in una profonda crisi economica, la Federazione battista europea ha donato in questi due ultimi anni la somma di oltre 50
milioni di lire per l’acquisto di undici piccole ca.se-chiesa per
le comunità locali. (Ebps)
La chiesa battista di Cori (Georgia), una delle undici case-chiesa acquistate grazie ali’aiuto delia Federazione battista europea. Cori è ia
città in cui è nato Giuseppe Stailo
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VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
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Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
Verso il 26- Kirkentag dei protestanti tedeschi
«Egli ti ha fatto conoscere il bene»
GIUSEPPE PLATONE______
In questo nuovo anno che si
affaccia si terrà a Amburgo dal 14 al 18 giugno 1995 il
26° Kirchentag, ispirato alla
parola biblica di Michea
«Egli ti ha fatto conoscere ciò
che è bene». Il programma
del grande raduno, stampato
in 460.000 esemplari, arriva
in questi giorni alle persone,
ai gruppi e alle chiese evangeliche interessate.
Guardando un po’ più in là,
al 1996, esattamente dal 21 al
■28 luglio, si svolgerà a
Gmunden in Austria il primo
Sinodo europeo delle donne.
E per concludere la rassegna
aggiungiamo ancora che nel
maggio del 1997, in una città
ancora da stabilire (al momento si parla di Berlino,
Belfast, Copenaghen, Amsterdam...) si terrà la seconda
Assemblea ecumenica europea sul tema «Riconciliazione, dono di Dio» (la prima si
era svolta a Basilea nel maggio ’89 con oltre 10.000 partecipanti). Siamo dunque di
fronte, per i prossimi anni, a
tre importanti occasioni di
approfondimento e di impegno a cui, volendo, si può
prendere parte attivamente.
Il primo di questi incontri è
quello di Amburgo. La grande città del Nord della Germania riunificata si prepara
già (e in particolare le sue
209 chiese evangeliche) ad
accogliere la grande festa del
protestantesimo tedesco: a
Amburgo, rasa completamente al suolo durante la seconda
guerra mondiale, sono presenti praticamente tutte le
confessioni religiose; la città
è anche sede dell’episcopato
cattolico ed è una delle più
cosmopolite d’Europa. Tutte
le espressioni del protestantesimo saranno attive a Amburgo per il Kirchentag e se a
Monaco, nel 1993, la partecipazione dall’estero per lo
stesso incontro superava a
stento le 3.000 inscrizioni,
qui si prevede che il processo
di internazionalizzazione segnerà un record.
Anche l’Italia sarà presente
con una delegazione che si
muoverà, per così dire, su due
piani. Il primo è quello sperimentato dal 1983, di organizzare uno stand (tra i 490 pre.senti) alla «fiera delle possibilità» che questa volta sarà incentrato sul lavoro diaconale
in Sicilia. Il secondo livello di
impegno riguarda la realizzazione di materiale documentaristico sulla realtà del protestantesimo in Italia da esporre, al centro della città, negli
ampi locali della Chiesa riformata di Amburgo. Si prevede
anche di animare culturalmente almeno due serate, con
tavole rotonde su temi di attualità visti nell’ottica di una
minoranza come la nostra.
Chiunque può iscriversi al
Kirchentag (il programma, gli
ingressi e l’ospitalità presso
famiglie o edifici pubblici costano all’incirca 120.000 lire
a testa) entro e non oltre il 15
marzo: eventuali informazioni possono essere richieste direttamente al past. Platone,
presso Servizio cristiano,
93016 Riesi (Cl).
«I prìncipi fondamentali del
protestantesimo storico - ha
osservato la teologa Margot
Kaessmann, segretaria generale del Kirchentag - hanno
oggi bisogno di due correttivi:
l’ecumenismo e il movimento
delle donne. E a Amburgo
questo nuovo orizzonte comincerà ad apparire». I grandi incontri europei che abbiamo ricordato hanno e avranno
il pregio di reimmettere in circolo la ricchezza teologica,
spirituale e sociale che è pur
presente nelle chiese ma che
spesso non appare perché
soffocata da localismi, protagonismi, miopie culturali.
Per i prossimi tre anni siamo di fronte a un crescendo.
Se i primi due incontri sono
comunque di tipo confessionale il terzo che si terrà nel
1997 sulla riconciliazione,
per il quale c’è già attesa alla
base delle chiese, sarà totalmente ecumenico anche nel
lavoro organizzativo. L’urgenza di riflettere sulla riconciliazione oggi in Europa è
fuor di dubbio insieme alla
palese impotenza che proviamo ogni giorno di fronte alla
violenza che regna in molti
luoghi del nostro vecchio
continente e in molte mentalità mosse, soprattutto, dalla
libido del potere.
Primo incontro tra le chiese pentecostali e riformate in Campania
È stato piantato un albero
______LUCIANO DEODATO______
V
Estate piantato un albero;
non un seme, come ha
precisato Remo Cristallo del
movimento Nuova Pentecoste
«perché abbiamo già una storia dietro le nostre spalle e sta
a noi ora proseguirla, svilupparla in modo che cresca, si
radichi sempre più, si espanda». Con questo gesto simbolico si è voluto esprimere il
senso dell’incontro che si è
svolto presso il «Villaggio
evangelico» di Monteforte
nella giornata del 17 dicembre che ha visto insieme per
la prima volta evangelici delle chiese pentecostali libere
della Campania ed evangelici
delle chiese «storiche»: vaidesi, metodisti, battisti, più
altri nati dal Risveglio e
dall’ evangelizzazione, come
gli apostolici e i liberi.
L’iniziativa dell’incontro
era stata presa dal Xlll circuito valdese metodista e dalla
«Consulta» alla quale aderiscono numerose chiese pentecostali, da quelle della valle
del Seie (una ventina diffuse
tra Avellino e Battipaglia), ad
altre sparse nella provincia di
Caserta, in Napoli, nei Comuni della fascia vesuviana e in
quelli della pianura. Luogo
d’incontro, come si diceva, il
«Villaggio» della Federazione
delle chiese evangeliche,
espressione della solidarietà
ecumenica e internazionale,
nato all’indomani del terremoto che colpì rirpinia circa
15 anni fa. «11 tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino»: intorno a queste parole
che nell’ Evangelo di Marco
inaugurano l'attività pubblica
di Gesù, Sergio Aquilante, sovrintendente del circuito, ha
sviluppato una predicazione
forte e densa di suggestioni.
«Siamo all'alba del gran
giorno dell’Eterno - ha detto
Aquilante -. Tra le ombre si
comincia a scorgere una
realtà radicalmente nuova;
l’alba nella quale viviamo,
pur non essendo ancora la
pienezza del giorno, mette in
crisi le tenebre della notte.
Dio è alle porte e con lui il
suo Regno, i nuovi cieli, la
nuova terra...». Le strutture e
la mentalità del vecchio sono
messe in crisi; da qui l’appello a vivere, anticipandolo,
nelle chiese e nella società il
nuovo che avanza. In questo
contesto rincontro che possiamo definire «storico» tra
rami diversi dell’evangelismo acquista il sapore delle
cose nuove di Dio.
«Questo è un giorno che
l’Eterno ha fatto», hanno detto diversi rappresentanti delle
chiese pentecostali e riecheggiando il salmo 133 hanno
aggiunto: «...quant’è buono e
quant’è piacevole che fratelli
dimorino insieme!». L’olio,
simbolo dello Spirito Santo,
che nel salmo è sparso sul capo di Aronne e scende fino
all’orlo della sua veste, non si
perde. La benedizione di Dio,
abbondante, fa risplendere
l’intera vita dei suoi eletti.
In piena sintonia con queste
voci anche la predicazione di
Romolo Ricciardiello, leader
carismatico delle chiese della
valle del Seie, che ha dato
un'originale chiave di lettura
della giornata alla luce dell'antica ostilità tra la tribù di
Giuda e quella di Efraim (cfr.
Isaia 11,11 ss.). Giuda ha lo
scettro che, secondo la parola
del Signore, non gli sarà rimosso; ma Efraim ha la fecondità. «In altri tempi - ha
detto Ricciardiello - abbiamo
invidiato Giuda e in questo
modo abbiamo favorito il
gioco del filisteo. Abbiamo
insegnato la guerra; la guerra
contro il valdese, contro il
battista, contro il metodista...
ma insegnando la gueiTa, abbiamo raccolto guerra. Abbiamo fabbricato lance e spade;
ma ora è venuto il tempo di
non insegnare più la guerra e
di trasformare le nostre spade
in vomeri e le nostre lance in
roncole. Va ricercata l’unità
dello Spirito. Abbiamo bisogno gli uni degli altri per potere battere il filisteo». Nessuno ha voluto sottovalutare le
diversità che esistono tra questi rami diversi dell’evangelismo; ma esse vanno'relativizzate, non assolutizzate. Risposte diverse al medesimo
Evangelo non significano automaticamente divergenza o
contrapposizione né tanto meno ostilità, inimicizia.
Il salmo 150 invita i credenti, anzi «ogni cosa che re-spira» a lodare Dio in tutti i
modi: «col saltèro e la cetra,
con la tromba e le danze, con
il flauto e il timpano»: forse a
Monteforte questi vari strumenti hanno cominciato ad
andare a tempo, per suonare
insieme una grande sinfonia;
una sinfonia di lode al Signore per la pace e la riconciliazione, la salvezza e la vita
che in Cristo ci ha dato.
La Spezia
La «Doulos»
è partita
ROBERTO MONTANARI
Molti evangelici di La
Spezia e dintorni si
sentono in questi giorni orfani di una nave; la «Doulos» è
partita, salutata da una piccola folla schierata sul molo Italia con striscioni, canti, urla,
fischi e qualche lacrima. Si è
voluto così esprimere il ringraziamento per il servizio
svolto e l’affetto per i membri
dell’equipaggio. E significativo che fossero molti di più
coloro che salutavano la partenza della nave rispetto a
quelli che l’avevano accolta
al suo arrivo, a dimostrazione
del fatto che si è trattato di
un’esperienza coinvolgente.
È impossibile fare il lungo
elenco dei «miracoli» compiuti dal Signore nel periodo
di permanenza della nave, dal
diffieile ormeggio nel luogo
più ameno e aceessibile del
porto alla soluzione di un problema tecnico, all’accesso a
bordo con alcune chiatte messe a disposizione dalla Marina
militare; dalla decisione dell’
Agenzia marittima, curatrice
degli aspetti burocratici, di
non richiedere nessun compenso, al prezzo simbolico pagato all’impresa di affissioni
per la pubblicità murale; dalla
disponibilità del responsabile
per il dialogo della diocesi,
che ha pubblicizzato l’evento
attraverso una rete televisiva
della curia a qualche parroco
che dal pulpito ha invitato i
fedeli a visitare la nave, o vi si
è recato per acquistare delle
Bibbie in lingua inglese. Ma
sicuramente i miracoli più
grandi sono quelli compiuti da
Dio nelle vite delle persone:
alcuni sono stati toccati dalT Evangelo, altri sono cresciuti di più negli ultimi giorni
che negli ultimi anni.
Fra i credenti locali e l’equipaggio si sono creati rapporti straordinariamente ap-'
paganti, una vera e propria
«internazionale dello Spirito», emblema di realtà future
entusiasmanti e molto stimolanti. L’afflusso all’esposizione di libri ha superato le
più rosee previsioni: 12.779
persone sono salite a bordo,
acquistando circa 7.000 libri,
la metà a carattere cristiano;
inoltre ciascuno ha ricevuto
in dono un Evangelo di Giovanni e altri .stampati che invitano alla riflessione, con un
ringraziamento per la visita e
gli indirizzi delle comunità
coinvolte nell’iniziativa.
Circa 6.500 persone hanno
assistito a bordo ai programmi
per operatori dei mass media,
per le autorità, per uomini
d’affari, per donne, giovani,
responsabili di chiese, programmi che avevano scopo
evangelistico e di informazione sulle missioni. Numerose
comitive da molte città del
Nord e del Centro Italia, e anche della Svizzera sono salite
a bordo; quotidiani, televisioni locali e due reti nazionali si
sono interessati all’evento.
Tutto bene allora? Devono
far riflettere le reazioni della piccola realtà evangelica spezzina (forse 300 persone in una città con più di
100.000 abitanti, distribuite
in quattro comunità, due storiche e due evangelicali); alla
comunità promotrice non se
ne sono unite altre, si sono
aggiunte quattro comunità
dei dintorni e alcune adesioni
individuali.
La nave ora, con il suo carico di sorelle e fratelli, culture
e denominazioni diverse, ha
lasciato La Spezia per Malta,
Tunisi, l’India e il Golfo Persico, dove porterà un potente
annuncio dell'Evangelo.
VIAGGIO IN URUGUAY E ARGENTINA-3
S. IGNACIO MINI
GIORGIO TOURN
Dopo il fragore delle cataratte delTIguazù S. Ignacio, dopo la natura, la storia
sudamericana. La strada che
vi conduce attraversa lo stato
di Missiones per centinaia di
km, diritta e asfaltata come
ogni strada moderna; ma 1’
asfalto qui è poco più che un
pellicola di modernità stesa
sulla pista di terra rossa che
ha segnato l’avanzata della
«civiltà» nel cuore del continente, pennellata di moderno
sul mondo impenetrabile della foresta. E la strada va in un
saliscendi continuo che l’autista affronta con l’arte di qui,
in folle nelle discese e giocando di cambio in salita, la
routa va attraversando paesi
deserti, crocevia di strade
sterrate aperte sul vuoto, con
la loro gomeria e il negozietto. Guardandola scorrere diritta sotto il sole penso alle
strade romane, alla rete viaria
che imbrigliò province e città
in una unità organica e segnò
l’affermarsi della società sulla natura.
Qui è l’opposto, la «routa»
è ferita aperta nella natura su
cui la storia diventa irreale: i
carretti traballanti e i ruderi
meccanici stracarichi di jerba
mate, la caserma della Policio, le piantagioni di pini destinati a diventare pasta da cellulosa in Finlandia, le villette
tedesche o svizzere circondate
da pelouse, una strada destinata a non essere strumento di
comunicazione ma puro tracciato sulla terra rossa, segno
grafico sulla carta geografica
per gente senza meta.
Noi, come tutti i turisti, una
meta l’avevamo: il pueblo di
Ignacio Mini, la Pompei di
Missiones. Confronto eccessivo! La città campana non è
forse un unicum per la vicenda e la ricchezza di materiali?
Qui restano alcuni muri di
edifici distrutti, il portale di
una chiesa, pochi oggetti raccolti in locali modesti. Pure
quelle scarne rovine documentano un’avventura della
storia e un sogno culturale
immensamente più affascinante della vicenda di una
città romana del I secolo. Sono la traccia ancora visibile
delle poche esistenti, di una
delle grandi reductiones che i
padri gesuiti organizzarono
nel cuore del continente americano e gestirono dall’inizio
del ’600 alla fine del ’700
quando l’Ordine venne espulso qui come dai principali
stati europei. Le reductiones
erano vere e proprie repubbliche di indigeni, organizzate
con un sistema misto di cultura guarany e spagnola, rette
dai loro capi, a cui sovrintendevano due padri gesuiti. Minacciate dai coloni in cerca di
terre, dagli avventurieri in
cerca di tesori, sospette ai governatori portoghesi e spagnoli non sopravvissero alla
partenza dei padri e furono
devastate, saccheggiate e poi
sepolte dalla foresta sparendo
nell’oblio fino alla loro effimera risurrezione nel film
«Missione».
A dischiudermi il mondo
delle reductiones non furono
però le rovine e le letture ma
l’incontro con l’esploratore di
quel mondo, l’uomo ehe le ha
visitate tutte, quelle conosciute e quelle di cui nessuno cono.sce più l’esistenza, che ha
esplorato le migliaia di documenti dimenticati negli archivi di Argentina e Brasile, Gustavo Maggi, che insegnando
a Missione incontrò quel
mondo e se ne innamorò.
Sentirglielo rievocare con la
passione dell’artista era come
precipitare nel mondo di quegli indios misteriosi e di quei
padri altrettanto misteriosi
che nel cuore della giungla
tracciarono impianti urbanistici degni di città europee, vi
impiantarono tipografie che
produssero testi esemplari e
laboratori astronomici di
avanguardia, che costruirono
monumenti e produssero infinità di oggetti di oreficeria di
cui il poco sopravvissuto attesta la perfezione, che crearono lingue e dalle loro nude
cellette organizzarono scientificamente la vita di decine
di migliaia di uomini.
A sentirlo narrare e rievocando mentalmente le rovine
di S.. Ignacio non potevo sottrarmi al fascino di una riflessione: la prima delle reductiones è del 1610, dieci anni prima dello sbarco dei Padri Pellegrini e quindici prima della
fondazione di Nuova Amsterdam, la futura New York.
Questo significa che le due
grandi avventure della modernità coloniale (prima c’è
solo la conquista dei predoni)
iniziano contemporanee e gli
uomini che le realizzano hanno doti, qualità e spirito di
dedizione del tutto identici:
anzi la statura intellettuale dei
padri gesuiti è superiore a
quella dei bravi borghesi del
Massachusset; ma poi le due
vicende divergono in modo
così radicale da creare due civiltà. Una approda agli States, all’impero che conosciamo, l’altra al silenzio di S.
Ignacio. Non c’erano i porti,
è vero, ma il Paraná vale il
Mississippi. Che la storia
dell’età moderna possa ridursi al nudo conflitto di gesuiti
e puritani di cui tutto il resto
è poco più che contorno? Terribile, appassionante, affascinante ma solo contorno?
Perché il valde.se Maggi si
butta nella storia delle reductiones, nel loro tragico silenzio, spende 10 anni di vita a
penetrarne il segreto per poi
tornare alla sue faccende?
Non è un caso, gli disse il vescovo di Posada (un tedesco)
presso cui visse anni: solo i
protestanti se ne sono interessati, il cattolicesimo sudamericano, vescovi e gesuiti, le
hanno cancellate.
Erano avventure dello spirito troppo grandi per il tran
tran della pietà popolare; o
forse perché gli uomini dell'
impero spagnolo avevano coscienza di gestire il mondo
mentre i coloni degli States
volevano fare la storia? Forse da questa visione del mondo nasce l’assenza di memoria (cioè di storia) della cultura rioplatense, quel vivere
nell’oggi senza ieri, il cancellare l’avvenuto senza mai
assimilarlo, buttare nell’oblio
la guerra civile e la dittatura
militare.
1 monumenti a San Martin
in tutte le città argentine e di
Artigas in quelle uruguaiane
non sono storia, sono come le
statue dei santi, immagini di
una politica in equilibrio fra
la retorica e lo strumentale.
Le madri dei desaparecidos
continuano a sforzarsi di «ricordare», mute e silenziose,
fra la Casa Rosada e la statua
dell’indipendenza nella plaza
de Mayo, diventate monumento vivente della mancanza di coscienza storica nella
cultura del loro paese.
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RIFORMA
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
venerdì 13 GENNAIO 1995
Dopo la presa di posizione del Sinodo e le centinaia di lettere al Comune
L'uliveto del Servizio cristiano è salvo
LUCUNO DEODATO
A che punto è la vicenda
dell’esproprio dell’uliveto del Servizio cristiano di
Riesi? Dopo le lettere (numerose) giunte al Comune di
Riesi da ogni parte d’Italia e
dall’estero, e dopo la presa di
posizione del Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste,
qualcosa si è messo in movimento.
11 Consiglio comunale del
13 ottobre scorso ha dato disposizioni per una revisione
del «piano di zona» per «evitare danni a una coltura protetta come l’ulivo» e, si dice
ancora nel dispositivo, per
«non penalizzare oltremodo il
Servizio cristiano che, per il
compito speciale svolto, riveste particolare importanza per
la collettività riesina». Si tratta di due affermazioni importanti: la prima attiene a questioni di ordine generale; la
seconda è praticamente un riconoscimento ufficiale di un
ruolo che ormai da anni il
Servizio cristiano svolge a favore della città di Riesi. Come
a dire che esso è ormai entrato
a fare parte costitutiva del tessuto sociale e non può essere
rimosso senza produrre danni
a quest’ultimo.
Il dispositivo contiene poi
un ulteriore elemento tecnico
che sconsiglia vivamente l’edificazione di case di civile a
II cassiere della chiesa di Pinerolo
Roberto Mathieu
ELSA ROSTAN
Nel mese di novembre la
comunità di Pinerolo è
stata dolorosamente colpita
dalla morte di Roberto Mathieu, avvenuta improvvisamente mentre tornava a casa
da Torino. Siamo rimasti
sconvolti e profondamente
addolorati perché un grande
vuoto si apriva non solo nella
sua famiglia ma anche nella
comunità.
Ho conosciuto Roberto Mathieu giovane catecumeno, timido ma zelante, e l’ho ritrovato più di vent’anni dopo,
uomo maturo che, pur passando la settimana a Bergamo
per il lavoro, era sempre presente la domenica al culto a
Pinerolo. Quando si avvicinò
per lui il tempo della pensione il Concistoro, che era alla
ricerca di anziani, pensò subito a lui; a questo proposito un
giorno lo interpellai, così alla
buona, avendo sempre avuto
profondi legami con la sua famiglia: non respinse affatto la
mia richiesta, mi disse solo di
non avere i doni di suo padre
(il dottor Italo Mathieu, per
lunghi anni anziano autorevole della chiesa di Pinerolo);
io gli risposi che ne aveva
certamente altri. Infatti quando fu nominato anziano e poi
cassiere ci accorgemmo che
questi doni erano veramente
tanti: alcuni più visibili ma
tanti tanti invisibili, dai più
umili ai più impegnativi. Nella comunità Roberto era una
presenza non solo sempre disponibile ma vigile, precisa (i
conti della chiesa aggiornati
fino al giorno precedente alla
sua morte). Credo che amasse
molto là sua chiesa per occuparsene in tante piccole cose;
metteva certamente in pratica
l’antica esortazione dell’Ecclesiaste: «Tutto quello che la
tua mano trova da fare, fallo»
(Ecc. 9, 10).
In questo lascia un monito
prezioso che la comunità, pur
nel dolore della sua perdita,
dovrebbe far suo per continuare ad operare fiduciosamente nelle vie in cui il Signore la vorrà condurre. E
méntre diciamo grazie a Roberto per tutto quello che ci
ha dato, desideriamo esprimere, anche sulle pagine del
nostro giornale, a Fernanda
Mathieu, Maria Luisa e Nanni la nostra simpatia profonda
e il nostro affetto fraterno.
bitazione nell’area interessata
all’esproprio. «Occorre evidenziare - si legge - che i lotti di terreno in questione, data
la natura orografica dei terreni, si affacciano su un versante opposto a quello in cui si
dovranno realizzare le fognature e tutte le altre opere di
urbanizzazione primaria...»
pertanto si dovrebbe procedere «nella parte maggiórmente
depressa, alla realizzazione di
un impianto di sollevamento
delle acque nere e meteoriche
con un notevole aggravio di
spesa per il Comune, sia per
la loro realizzazione che per
la gestione e manutenzione».
E sperabile dunque che in
considerazione di tutti questi
elementi siano reperite altre
aree diverse da quelle prese in
esame in un primo tempo, e
più idonee per la costruzione
di alloggi. Naturalmente soddisfatto per questo primo risultato il direttore del Servizio
cri.stiano, past. Giuseppe Platone: «La protesta internazionale che abbiamo sollecitato
contro il tentato esproprio di
parte del nostro uliveto ha
avuto a mio avviso l’effetto di
bloccare la questione e di riesaminarla. Perfino l’ing. Cannizzaro, incaricato con altri
tecnici di redigere il nuovo
piano regolatore di Riesi, ha
voluto sottoscrivere la nostra
petizione per salvare l’uliveto
da una nuova assurda cementificazione. Significativo poi
in tutta questa vicenda è stato
l’appoggio di gran parte della
popolazione di Riesi, che ci è
stata vicina in questi mesi».
Anche il sindaco. Lino Carruba, che in Consiglio comunale ha riportato l’eco positiva del suo intervento nel corso del Sinodo e dell’accoglienza ricevuta, ha reiterato
il proprio impegno nel fare
approvare una modifica al
piano regolatore, in modo da
salvare l’uliveto. Tutto fa ben
sperare, ma non è ancora detta
l’ultima parola; alle parole ora
dovranno seguire i fatti e i fatti sono que.sti: entro giugno
dovrà essere approvato il nuovo piano regolatore. 1 tecnici
dovranno reperire nuove aree
fabbricabili e il Consiglio comunale dovrà pronunciarsi. Il
sindaco, unico eletto di una li
sta progressista, non può contare su nessuna maggioranza
precostituita, dal momento
che in Consiglio non conta
neppure un consigliere della
propria lista, ma ha a che fare
con una maggioranza anomala, costituita da 14 consiglieri
eletti in una lista civica e 6
del Partito popolare che già lo
ha messo in minoranza su più
di una questione. E possibile
che di qui a giugno succeda
tutto e il contrario di tutto.
Anche se, ovviamente, sarebbe scandaloso che di qui a
giugno il consenso ampio raggiunto su questo punto venisse rimesso in discussione.
Tuttavia non è realistico affidarsi alle previsioni e sperare nel meglio: da qui una certa
cautela di Platone che dice:
«Canterò vittoria solo il giorno in cui verrà finalmente approvato il piano regolatore».
Come a dire che è bene che la
vigilanza continui.
Chiesa metodista di Trieste
Il senso del Natale
MARIA CRISTINA VILARDO
LILIANA DE LUCA
I^T otte silente, notte benigna», notte del
cuore e notte déll’anima, a
lume di candela, di tante piccole candele rosse che ognuno teneva in mano, accompagnando col canto la melodia
del più familiare inno dell’
Avvento, e che tre bambine
hanno unito in un’unica fiamma, quasi a suggellare l’autentica comunione di anime
in atto. Semplice eppure
profondamente significativo
è stato il rito della vigilia di
Natale per quanti, tra gli amici della comunità metodista
di Trieste, hanno voluto essere presenti nella loro chiesa
appena prima dell’immancabile rituale (quello sì, sentito
e celebrato da tutti) dei cenoni e dei regali da aprire sotto
l’albero. Considerata la frenesia degli acquisti dell’ultima ora e, per la nostra città,
la bora gelida e sferzante che
certo scoraggiava qualsiasi
fuga dal tepore del guscio domestico, non erano poche le
persone che quel tardo pomeriggio hanno voluto nutrirsi
di un breve messaggio spirituale per affrontare l’arrivo
del Natale. Nplla danza degli
auguri festosi e di un solare
«Buon Natale, amico!» che
ha salutato un giovane ospite
venuto a trovarci per la prima
volta, si è poi intessuto il clima di attesa del mattino successivo, quando si è svolto il
culto vero e proprio per la
nascita di Gesù.
Entrambe le liturgie si sono
accese di momenti di alta spiritualità. Uno di questi lo si è
percepito senz’altro durante
la predicazione del pastore
Claudio H. Martelli, che ha
reso compartecipi i presenti
di alcune occasioni di testimonianza di fede, offerta o ricevuta in dono, anche e soprattutto da persone sconosciute comparse nella''vita di
ogni giorno. Come rincontro
da lui avuto (il giorno della
vigilia) con una ragazza diciottenne, seduta sulla scalinata che lambisce i giardini
della chiesa, rannicchiata nel
dolore e nel pianto a causa di
gravi problemi familiari. Episodi narrati per dimostrarci il
valore sempre vivo e vibrante
della promessa che il Signore
rivolge ad ognuno di noi at
traverso le parole di Isaia, lette in questi giorni assieme al
passo racchiuso in Luca 2, 820. Agli scoraggiati è detto,
in Isaia 35: «Siate forti, non
abbiate timore! Il vostro Dio
viene a liberarvi». E dovrebbe annidarsi, questa certezza,
non soltanto nel sorriso della
ragazza consolata dal pastore
Martelli, ma in tutti noi poiché «Gioia e felicità rimarranno con loro, tristezza e
pianto scompariranno».
La celebrazione della Santa
Cena, nel corso del culto dedicato alla nascita di Gesù, è
stato particolarmente intenso,
in quanto seguiva Fammissione alla nostra chiesa di un
«compagno di strada» al quale tutti noi ci sentiamo vicini.
La storia della fede di Paolo
nasce da un’esperienza di dolore avvenuta due anni fa, la
morte della donna da lui amata, sua moglie, che gli ha lasciato la più preziosa delle
eredità, l'amore di Dio. Paolo
stesso ce ne ha dato testimonianza con le sue parole, sincere e commosse, pronunciate nel silenzio di un ascolto
attento e accorato: «Chi è
quell’uomo che vedo andar
tra la gente che pace in cuor
non ha? Per chi quaggiù la
sua vita dà e ogni male lo
muove a pietà?». Lo Spirito
di Gesù, nascendo a nuova
vita assieme a noi pulsava anche negli inni scelti, che respiravano non solo aria di tradizione ma anche ritmi moderni, quali appunto «Egli è il
Cristo, il re dei re» (tratto
dall’innario americano),
«Passalo», l’inno argentino
«Santo, Santo, Santo» o la
versione ritmata del celebre
«Bianco Natale».
Per tutti valga l’augurio regalatoci dal pastore Martelli
al termine della Santa Cena:
che il passato riesca davvero
a morire in noi affinché, nascendo davvero in modo nuovo, noi possiamo camminare
guardando sempre avanti.
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Il campo invernale di Santa Severa parla di musica
Imparare a esprimersi in musica
VINCENZO MARZIALE
PAOLA GARBUSI
usica!», questo era
XVIVA il tema apparentemente leggero del campo invernale che si è tenuto a Santa Severa a cavallo di capodanno. Presenti una settantina
di giovani provenienti da varie parti d’Italia: nuovi e vecchi amici. «Musica!» si diceva, e musica è stata dal primo
all’ultimo giorno.
Si sono iniziati i lavori interpretando, a.scoltando e cantando musiche afroamericane
ormai ben note nelle nostre
chiese, rappresentando uno
dei pochi elementi di novità
nello scenario musicale immobile del protestantesimo
italiano. Il canto è stato il vero protagonista di questo
campo: in gruppi si è lavorato
su testi di canzoni e inni tradizionali nel ri.scrivere le musiche e nell’adattarle alle
nuove sensibilità musicali.
Una parte dei partecipanti si è
unita in un coro imparando ed
eseguendo spiritual e inni
della nuova raccòlta curata
dal «Grume» (gruppo musica
evangelica). Una ricchezza
sono stati gli interventi, apprezzati, di alcuni specialisti.
Ute e Silvestro Dupré hanno parlato della loro esperienza come insegnanti di musica
ai bambini e di come questi
ultimi scoprano ritmo e musicalità. Loro è il merito di aver
stimolato la creatività i)iusicale dei campisti mettendoli
davanti al compito di comporre una melodia e scrivere
un testo su un argomento a
scelta. Carlo Leila, con la sua
chitarra e con la sua voce, ci
ha accompagnati in un viaggio critico partendo dalla musica sacra del ’600 fitìo a
quella attuale contenuta nei
nostri innari. 11 tutto coinvolgendoci nel canto al punto da
trasformarsi in danza.
A Maurizio Girolami il me
rito di averci coinvolti in
un'analisi di canzoni politiche
a partire da quella della propaganda fascista, per toccare
poi quella della guerra e della
Resistenza, fino a giungere a
quella della contestazione del
’68. Anche il culto della sera
del 31 è stato ricco di musiche
e canti chg hanno fatto da cornice a una predicazione di
Elia Piovano centrata sull’invito ai credenti a non stare a
guardare, ma a impegnarsi socialmente e politicamente. Un
messaggio che ha dato vita a
un dibattito in plenaria al termine del campo, nel coFso del
quale è emersa la varietà dei
modi secondo cui ognuno di
noi concepisce ed esprime la
propria spiritualità.
Un sentito ringraziamento
va alla direzione e a tutti i
collaboratori, senza il servizio e l’impegno dei quali tanti
giovani non avrebbero potuto
trascorrere questi giorni così
diversi dagli altri.
5
venerdì 13 GENNAIO 1995
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Intervista al pastore Bertolino, responsabile italiano della Missione contro la lebbra
Tre milioni di lebbrosi attendono aiuto
EMMANUELE PASCHETTO
Domenica 29 gennaio nelle chiese evangeliche si
ricorda il lavoro della Missione evangelica contro la lebbra. «Riforma» ha intervistatoli pastore Archimede Bertolino, responsabile per l’Italia di questa organizzazione.
- Pastore Bertolino, che
cos’è la Missione evangelica
contro la lebbra?
«La Missione evangelica
contro la lebbra è un’organizzazione medica cristiana interdenominazionale (ramo
italiano della «The leprosy
Mission International) che ha
lo scopo di venire incontro
nel nome del Signore Gesù
Cristo ai bisogni fisici, sociali
e spirituali degli ammalati di
lebbra, senza distinzione di
razza o di credo religioso, e
di assisterli, a guarigione avvenuta, perché si reinseriscano nella società.
Sorta ad opera di un missionario evangelico (Bailey)
nel 1874, iniziò in India e oggi opera in 35 paesi afroasiatici: ha 50 centri propri e ne
assiste altri 100. Inoltre dirige
scuole, programmi di riabilitazione, di ricerca e formazione e cura di circa 300.000
ammalati di lebbra».
- Qual è il suo compito in
questa missione?
«Nel mondo vi sono 24
Comitati nazionali che hanno
il compito di far conoscere
nel proprio paese il lavoro
svolto dalla Missione e i suoi
bisogni. Anche in Italia abbiamo un comitato e io sono
stato scelto come segretario
nazionale onorario. I miei
compiti specifici sono di
informare attraverso il Notiziario che inviamo quattro
volte l’anno, visitare gruppi e
comunità per far conoscere
l’opera che la Missione svolge e le sue necessità, mantenere i rapporti con i sostenitori, visitare periodicamente i
Centri dove la Missione lavo
ra, ecc.».
- Quali risultali ha raggiunto la Missione contro la
lebbra?
«Risultati grandiosi: pensiamo che le statistiche dell'
Organizzazione mondiale per
la Sanità (Oms) davano 15
anni fa 20 milioni di ammalati di lebbra e oggi ne danno
circa 3 milioni. Questo forte
calo è dovuto alla lotta senza
quartiere sferrata alla lebbra e
all’uso della Mdt (la nuova
cura chemioteramica) che
porta a guarigione in modo
abbastanza rapido; la nostra
Missione è stata tra le prime a
usare correttamente questa
cura. Óra la Missione ha un
programma specifico in India
01 paese che da solo ha il
30% dei casi di lebbra del
mondo, I milione 600.000 affetti dal morbo su 800 milioni
di abitanti): distribuire entro
il Duemila la Mdt a tutti gli
ammalati di lebbra. E una
grossa sfida; durante l'ultima
Conferenza internazionale, in
Inghilterra nel novembre '94,
i partecipanti hanno ribadito
l’impegno a continuare questa lotta senza lasciarsi distrarre da altri problemi».
- Dov'è presente la malattia?
«In Asia, principalmente
nel Sud-Est asiatico, in Africa
e in Brasile, mentre in Europa
le statistiche parlano di
30.000 casi e in Italia di qualche centinaio di casi, tutti di
persone che provengono da
zone endemiche. Ora se pensiamo che quando in una zona endemica si scende al tasso di l/l0.000 la zona non
viene più considerata endemica, qualche centinaio di casi
su 57 milioni di abitanti non è
Il dott. John Annamma, della Missione evangelica contro la lebbra, esamina un paziente a Calcutta
nemmeno da considerare».
- Che legame c’è fra la
missione e l’evangelizzazione?
«La Missione è medica ma,
come si legge nel suo statuto,
“opera nel nome del Signore
Gesù Cristo’’, il che vuol dire
che cura sì il corpo, ma annunziando la vera guarigione
che è in Cristo Gesù. La Mis
sione partecipa alla vita delle
comunità cristiane dove lavora: in ogni centro v’è una
cappella e la giornata lavorativa comincia sempre con un
culto».
- Che cosa si può fare per
aiutare la Missione?
«Anzitutto pregando per
coloro che lavorano in prima
linea e per gli ammalati, e poi
sostenendo finanziariamente
quest’opera; bastano 50.000
lire per guarire un ammalato.
Colgo l’occasione per segnalare i conti intestati alla Missione evangelica contro la
lebbra; conto corrente n.
18725, Istituto bancario San
Paolo, agenzia di Pinerolo, e
conto corrente postale numero 26340109, Temi».
Genova: notevole successo di pubblico
La Bibbia in mostra
DANIELA BOUCHARD
MAURO CENTANARO
Il cinquecentesco atrio del
palazzo Doria-Spinola, attuale sede della Provincia di
Genova, ha fatto da cornice,
dal 5 al 10 dicembre, a una
mostra sulla Bibbia. Preparata e allestita lo scorso anno
nei locali del Centro civico di
Sampierdarena, l’esposizione
comprende 35 pannelli esplicativi sull’origine dei libri
che compongono la Bibbia e
sul loro contenuto, un discreto numero di Bibbie, tra le
più antiche e particolari che
siamo riu.sciti a reperire, e soprattutto persone pronte a testimoniare l’importanza che
la Bibbia ha per un credente.
In questo quadro è stata inserita una tavola rotonda, patrocinata dalla Provincia, sul
tema «Il significato della
Bibbia oggi». Il prof. Bruno
Corsani ha esposto che cosa
rappresenti la Bibbia nel
mondo protestante: il punto
di partenza della riflessione è
stato inevitabilmente colui
che ha avviato la Riforma nel
XVI secolo, Lutero, che come esegeta cattolico, studiando l’Epistola ai Romani si liberò dal concetto tipicamente
medievale di giustizia punitiva per arrivare a quello di
giustizia imputata: l’essere
umano è giusto perché Dio lo
dichiara tale, grazie all’evento salvifico di Gesù Cristo. È
questo l’Evangelo della buona novella per l’umanità: ma
oggi? Secondo il prof. Corsani, tentando una schematizzazione, quattro sono i punti
che vanno tenuti ben presenti:
- ricercare l’annuncio in
ogni pagina, ricordandoci che
Renato Maiocchi
Franco Scaramuccia
L’Intesa battista
Claudiana
lire 16.000
la chiave è ciò che ha Cristo
per finalità;
- la Bibbia rappresenta un
robusto conforto nelle avversità, proprio perché è lieto annuncio;
- nelle Scritture non dobbiamo ricercare una rigida
precettistica, ma una parola
che ci interpella, in risposta
alla quale dovremmo orientarci nella vita sociale;
- la Parola di giudizio che
risuona nei testi biblici riguarda innanzitutto noi stessi.
Per parte cattolica padre
Roberto Fornata, dopo aver
riconosciuto l’importanza del
protestantesimo nelTaver
mantenuto viva la familiarità
con la lettura della Bibbia, in
tempi in cui la venerazione
dei cattolici era tale da non
osare neppure toccarla, ha
evidenziato come, dopo il
Concilio Vaticano II, ci sia
stato un approccio volto a una
sempre maggior divulgazione. La Bibbia è quindi al centro, ma la sua comprensione
non può avvenire se non nella
cultura e tradizione vivente
della Chiesa romana, in quanto Scrittura e tradizione sono
inscindibilmente legate.
Né dalla mostra né dagli interventi sono emersi spunti
particolarmente nuovi, anche
perché nostro intento era
quello di dare un piccolo contributo per la diffusione di
quella Parola contenuta nel libro più venduto al mondo ma
ancora così poco letto. Un’
ennesima «goccia cinese» in
continuità con quanto, come
protestanti, tentiamo di fare
da qualche secolo, a dispetto
di coloro che in questi giorni,
attraverso messaggi pubblicitari, ci hanno comunicato che
grazie a loro la Bibbia è «finalmente un libro aperto». Ci
è sorto un dubbio: erano distratti loro o siamo stati poco
convincenti noi?
Ipotizzando il secondo caso
ci proponiamo di insistere
con questa e altri tipi di iniziative, che la nostra «fede
fantasiosa» ci spingerà a organizzare volte, non dimentichiamolo, a evangelizzare anche noi .stessi.
Siena
Ciao Awum
GIOVANNA PONE
Awum Nyorh è ritornata in
Camerún, dove è nata:
l’avevamo vista arrivare lo
scorso gennaio insieme alla
mamma Evelyn. Aveva poco
più di un mese. Evelyn e vissuta nella nostra casa, l’abbiamo vista crescere giorno
dopo giorno, sempre gioiosa
e pronta a comunicare con
chiunque le facesse un sorriso: si addormentava solo un
po’ tardi la sera perché aspettava la mamma che tornava
dalla biblioteca dell’ospedale
dove preparava i suoi esami
per la laurea in medicina.
Qui da noi Awum Nyorh ha
imparato a camminare, ha imparato a pronunciare le prime
sillabe, ha reso la nostra comunità una famiglia, la nostra
chiesa una casa. Il 9 dicembre
ha compiuto un anno e le abitiamo dedicato una festa:
c’era l’albero di Natale, palloncini e ghirlande, la torta
con una candelina... alla festa
hanno partecipato la comunità
camerunese, la nostra comunità e almeno una decina di
bambini africani ed europei e
tutti hanno portato il loro dono. Ci è voluto molto tempo
per aprire tutti i pacchi, poi i
bambini hanno fatto un corteo
e ognuno ha portato un dono.
In giorno successivo era il
giorno del rientro per Evelyn
e Awum, così finalmente anche Jonathan rivede la figlia e
la moglie dopo un anno di assenza. Presto rientrerà anche
Ake, la zia di Awum, che si
assicurava ben stretta la nipotina sulla schiena, mentre cuciva a macchina abiti per tutti. Abbiamo imparato molte
cose da queste nostre amiche
e sorelle: la serenità, la pazienza, la costanza, la resistenza... le salutiamo con affetto e auguriamo loro una
gioiosa ripresa nel loro paese.
Siamo riconoscenti al Signore per tutti gli studenti
africani che hanno trovato
nella nostra casa un punto di
riferimento, un punto di incontro tra culture diverse e
soprattutto un luogo dove
raccogliersi intorno alla parola di Dio.
AVIGLIANA — Villa Grazialma ha perso recentemente due
suoi ospiti: la sorella Ada Landi, della Chiesa battista di
Roma di via del Teatro Valle, e il fratello Davide Rossi della Chiesa metodista di Intra. Desideriamo ricordare entrambi
per la loro lunga e appassionata militanza evangelica.
VILLAR PELLICE — Quattro appuntamenti hanno sollecitato l’interesse della comunità che, nel mese di dicembre, si è
riunita 1’ 11 e il 17 nella sala unionista per la rappresentazione di quattro atti unici offerta dalla filodrammatica locale, il
18 nel tempio per l’apprezzato concerto della corale e del
coro alpino Vaipellice e il 23, sempre nel tempio, in occasione della proiezione di una serie di diapositive su Villar e
la vai Pellice presentate da Enrico Jahier. Molto buona la
partecipazione ai culti, uno dei quali curato dai bambini e
dalle monitrici della scuola domenicale. Ringraziamo il signor Albert Lazier per il culto in francese che ha presieduto domenica 8 gennaio. Al culto di domenica 15 gennaio
parteciperà la corale.
• Non sono mancati, purtroppo, i momenti tristi: la comunità si è stretta intorno ai familiari di coloro che ci hanno lasciato. L’Evangelo della risurrezione è infatti stato annunciato in occasione dei funerali della sorella Anna Piene, dei
fratelli Daniele Berton, ospite della casa Miramonti, e Giovanni Frache, morto improvvisamente a causa di un incidente sul lavoro e del quale ricordiamo il prezioso servizio
svolto per la chiesa.
ASTI — Iniziano venerdì 13 gennaio i corsi della «scuola biblica ecumenica» organizzati dalla locale Chiesa metodista
e dal Centro cristiano ecumenico. Il programma del 1995
affronterà il tema «Profeti e profezie». La prima lezione, a
cura di Paolo De Benedetti ( Università di Milano), affronterà il tema «Elia e i profeti non scrittori». Informazioni tei.
0141-294184.
SCIAFFUSA — Domenica 23 ottobre è stato un giorno molto
particolare e gioioso per la nostra comunità, che ha avuto
un duplice motivo di festeggiamento. Infatti si è dato il benvenuto al pastore Daniele Campoli, che dal mese di ottobre
ha incominciato a svolgere il suo ministerio nella nostra comunità che da molti anni mancava di cura pastorale, e abbiamo avuto l’inaugurazione dei nuovi locali di culto
deirOchseschüür. Il culto ha avuto inizio con il benvenuto
dell’anziano di chiesa che, dopo una breve esposizione della storia della comunità, ha con un gesto simbolico abbandonato la vecchia valigia portabibbie che oramai da molti
anni aveva accompagnato la comunità nei diversi locali di
culto utilizzati precariamente. Dopodiché sono intervenuti il
rappresentante del 9° circuito, pastore Christian Gysin da
Basilea, e il presidente dell’Acelis, Renato Diibendorfer,
che hanno dato un caloroso benvenuto al nuovo pastore.
All’Agape fraterna ci hanno raggiunto anche il pastore
Emidio Campi da Zurigo e il rappresentante del Kirchlicher
Protestantischer Hilfsverein, pastore Hasler, che ci ha rinnovato l’impegno di supporto e collaborazione.
• Il mese di novembre è stato segnato dalla gioia e dalla
speranza portata dai bambini; infatti è nato Michele di Carla Caspar e Daniele Campoli, ed è stato amministrato il battesimo a Elisa di Tarja e Michele Lamorte. Tutta la comunità si rallegra con i genitori e dà un fraterno e caloroso
benvenuto ai due bambini.
• Sabato 10 dicembre la comunità ha organizzato una giornata di «caffetteria-spaghetteria» dove sono stati offerti al
pubblico dolci, bevande e per pranzo un bel piatto di spaghetti all’italiana (raro da queste parti). L’incasso della giornata è stato devoluto in sostegno delle opere valdesi in Italia.
TORINO — Il 6 novembre è deceduta presso Villa Grazia a
San Carlo (Ciriè) la sorella Matilde Grua vedova Croia, per
molti anni membro della Chiesa battista di via Caluso poi
avvicinatasi al movimento carismatico. I funerali si sono
svolti l’8 novembre, presieduti dal pastore Renzo Turinetto,
alla presenza di diversi membri delle nostre comunità.
VI CIRCUITO — Il Consiglio ha deciso di condurre un’indagine sulla realtà giovanile delle chiese e di organizzare per
il 28 gennaio (ore 10 presso la chiesa metodista di via Porro
Lambertenghi a Milano) un incontro di tutti i responsabili
giovanili per stabilire un piano di lavoro comune.
Abbonamento annuo L. 23.000 - Estero L. 28.000
Sostenitore L. 30.000 - Una copia L. 3.000 da versare su c.c.p. n. 14603203 intestato a «L’amico dei
fanciulli - Tavola Valdese» - 20159 Milano - Via
Porro Lambertenghi 28
'£Sa.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
CREDO IN DIO
ONNIPOTENTE
MARIO CONETTI
Possiamo conoscere Dio?
Sì, ma solo per la fede
nella Rivelazione. Conosciamo Dio perché egli ha voluto
farsi conoscere da noi, rivelandosi a noi, e il nostro conoscere è limitato al rapporto
che egli stabilisce con noi. 11
nostro parlare di Dio si appoggia sulla sua Rivelazione,
di cui la Sacra Scrittura costituisce il documento fondamentale, la testimonianza più
autorevole.
Il Credo, o Simbolo apostolico, è tra le più antiche espressioni della fede nel Dio
rivelatosi in Cristo Gesù (risale al II secolo); la sua importanza però è dovuta, più anco^
ra che all’antichità, all’eccezionale peso che ha avuto
lungo la storia del cristianesimo. Ricordo solo che il Catechismo di Heidelberg (1563),
un testo fondamentale della
tradizione riformata (e del
protestantesimo nel suo insieme) lo introduce come «la
somma di tutte le promesse
che ci vengono fatte nell’
Evangelo... il sunto della fede
universale é non messa in
dubbio da tutti i cristiani».
Per noi è ancora così? L’abbiamo ricevuto attraverso
quasi duemila anni durante i
quali ha ispirato la riflessione
e la vita della chiesa; ma per,
noi ha ancora un vero significato? O ha perso la capacità
di farci capire qualcosa di
Dio, e di esprimere la nostra
sensibilità teologica? Non
credo che sia inevitabile abbandonare le espressioni tradizionali della fede cristiana,
come qualcosa di ormai superato e lontano dalla nostra
comprensione di Dio. Possono ancora essere piene di significato, anche per noi, se
riusciamo a ripensarle alla luce del nostro percorso di fede.
DÌO onnipotente
redo in Dio padre onXV nipotente»; il Credo
apostolico inizia proponendo
aila nostra riflessione questa
immagine di Dio. L’onnipotenza di Dio non è un’estensione, un superlativo della
potenza, o meglio del potere,
in senso umano. Non vuol dire che Dio può fare tutto
quello che vuole, senza conoscere ostacoli, andando contro l’ordine naturale della sua
creazione. Questa sarebbe solo un’orribile caricatura. Il
simbolo dell’onnipotenza di
Dio ha senso rispetto ai problemi del significato della
nostra vita, e della nostra salvezza.
Dolore
e mancanza di senso
Anche se le realtà, le emozioni, i sentimenti, le riflessioni che attraversano la
nostra vita sono molte e diverse, quella del dolore è una
presenza ineliminabile. Pensiamo alla quotidianità della
sofferenza fisica, che ci fa
«Nel deserto mi sono dimostrato benevolo verso un popolo sfuggito alla morte
violenta. Mentre Israele camminava ancora cercando riposo^ gli sono venuto
incontro da lontano e gli ho detto: “Ti
ho sempre amato e per questo continuerò a mostrarti il mio amore incrollabile^\ Gente d^Israele, ti ricostruirò di
nuovo e tu riprenderai forza. Suonerai
di nuovo i tuoi tamburi e ti unirai alle
danze di gioia. Pianterai di nuovo le vigne sulle colline di Samaria e chi le ha
coltivate potrà goderne i frutti. Sì, è vicino il giorno in cui le sentinelle grideranno sulle montagne di Efraim: “Venite, saliamo al monte Sion, per stare vicini al Signore, nostro Dio”».
Il Signore dice: «Cantate di gioia per il
popolo di Giacobbe, rallegratevi con la
prima tra le nazioni! Cantate le vostre
lodi a Dio e dite: “Il signore ha salvato il
suo popolo, ha liberato i superstiti
d^Israele”. Infatti io li riconduco dalle
regioni del nord, li raduno dai punti piu
lontani della terra. Ritorneranno con loro anche i ciechi e gli zoppi, le donne incinte e quelle che hanno appena partorito; insieme formeranno una folla immensa. Sono partiti piangendo, li farò ritornare con lacrime di gioia. Li condurrò
a torrenti ricchi d^acqua, per una strada
comoda, dove non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, ed
Efraim è il mio primogenito»
(Geremia 31, 2-9) (Tilc)
sentire consapevoli della nostra fragilità. A come le nostre forze, su cui contiamo
tanto, siano una cosa precaria
e inaffidabile. O al sentimento di abbandono, di vuoto, di
impotenza, che si accompagna alla morte di una persona
che ci era in qualche modo
vicina; e la nostra paura di
morire, il terrore sottile ma
non èliminabile al pensiero di
non esserci più, della nostra
vita ridotta al nulla.
E altre forme di dolore. 11
dolore morale, il disagio psicologico. Il senso di come la
nostra vita sia così incerta, di
quanto sia difficile e faticoso
vivere: e ne vale la pena?
«Andiamo in giro, vediamo
gente, ci muoviamo, facciamo cose» (come dice Nanni
Moretti in uno dei suoi film).
Siamo immersi in cose da fare, travolti dalle persone che
incontriamo; ci facciamo assorbire dalla realtà attorno a
noi, senza riuscire a comunicare, senza capire chi incontriamo.
Perché? Alla fine della
giornata, cosa ci resta? Che
senso ha? Ecco il punto. Da
tutto il dolore, da tutta la fatica il male di vivere, veniamo
fuori con questa domanda:
che senso ha? Sono molte le
risposte che potremmo dare
ma in fondo alla nostra ricerca n'e troviamo una sola, e
terrificante: non ha alcun senso. Ci rendiamo conto che
tutto il nostro esistere manca
di un significato profondo.
È vero che tutto quello che
siamo e che facciamo ha un
senso, ma è un senso tutto
sommato provvisorio, troppo
debole e incerto per poter dare una risposta forte e profonda ai nostri interrogativi più
brucianti. Questa è una delle
radici fondamentali dell’angoscia: rendersi conto della
mancanza di senso della nostra vita, e d’altra parte sentire un disperato bisogno di
senso. Anche senza esserne
sempre perfettamente consapevoli, ci sforziamo di trovare delle motivazioni profonde, di dare una ragione al nostro esistere: ma questi tentativi falliscono sempre, determinando un’angoscia sempre
più irrimediabile.
Di fronte a questi aspetti
drammatici si pone il mes.saggio di salvezza che viene
da Dio. Siamo esposti continuamente al pericolo del
nonsenso ma nella fede ascoltiamo e riceviamo con
gioia stupefatta l’annuncio
della speranza, come in questo brano de libro di Geremia. C’è una via d’uscita, che
non viene da noi, non può venire da noi, perché ci manca
la forza per superare il vuoto,
la mancanza di senso: viene
da Dio, che prende parte alla
nostra realtà.
La Parola
della speranza
Il senso del nostro esistere
può es.sere trovato solo al
di là di noi stessi, in Dio. In
quel «deserto» che è la nostra
vita, segnata dal dolore, dalle
contraddizioni, viene annunciata la parola profetica della
speranza. Questa speranza
non si fonda sulla nostra capacità di trovare un significato ma è determinata dall’
amore di Dio, dal suo volere
essere coinvolto nella nostra
realtà, dal suo intervento salvifico. Il messaggio profetico
della speranza di salvezza per
Israele proclama che il dolore
e la mancanza di significato
non sono l’ultima parola sulla
vita umana; Dio si riserva di
pronunciare quest’ultima parola, ed è la parola della salvezza: «Gente d’Israele, ti ricostruirò e riprenderai forza». Non dobbiamo lasciarci
prendere dall’angoscia, se per
fede abbiamo la certezza che
Dio ci offre il significato
profondo del nostro esistere,
e solo Dio può farlo. Questa
certezza sfugge a ogni dimostrazione razionale, perché
appartiene all’ambito della
fede, che è «la dimostrazione
delle cose che non si vedono»
(Ebrei 11, 1), delle cose che
vanno al di là della nostra
esperienza, della razionalità
del nostro mondo. La fede è
solo un dono di Dio.
Dio inlerviene
nelle contraddizioni
Geremia 31 ci presenta un
Dio che non si tiene
lontano, separato, dal mondo
e dagli esseri umani ma
ascolta il dolore, il pianto e
interviene in mezzo alle fratture e alle contraddizioni della vita umana. Allo stesso
tempo, Dio è al di là della
realtà in cui ci troviamo ed è
presente in questa realtà. Il
messaggio profetico ci parla
di un Dio che si fa trovare,
proprio in mezzo alle contraddizioni, alle esperienze
più dolorose, più angoscianti.
Non come una consolazione
facile e a buon mercato; la
Parola non è un messaggio
consolatorio. La mancanza di
senso non viene liquidata, rimossa; è presa sul serio, ma
viene detto chiaramente che
non si tratta di qualcosa di
definitivo. In mezzo al dolore
e al pianto c’è la pre.senza di
Dio, magari enigmatica e nascosta ma non per questo meno reale. A chi si sente prigioniero della propria angoscia viene chiesto di guardare
all’amore di Dio presente in
mezzo alle contraddizioni,
che dà significato ai frammenti del nostro esistere.
Onnipotenza
e salvezza
Quando noi affermiamo:
«Credo in Dio padre onnipotente» confessiamo la nostra fede nell’azione salvifica
di Dio. Il simbolo dell’onnipotenza di Dio esprime che
Dio non abbandona a se stessa la sua creazione, la nostra
realtà, ma è presente, controlla la sua creazione. Di fronte
a dolore e al vuoto, alla mancanza di senso, confessare
Dio onnipotente vuol dire
non negare il dolore, non rimuovere le contraddizioni;
accettarle, affrontarle ma proclamando che non sono la parola definitiva, che il significato della nostra vita non si
esaurisce nella negatività. Per
fede abbiamo la certezza che
la parola definitiva è nell’
Evangelo, nel messaggio di
salvezza che viene da Dio.
Nella prospettiva del piano di
salvezza di Dio per la sua
creazione, il male è già sconfitto. Non dobbiamo negare la
realtà della presenza del male
nel nostro mondo ma troviamo il coraggio di affermare
che questa presenza è, in ultima analisi, solo provvisoria:
«Il Signore ha salvato il suo
popolo, ha liberato i superstiti di Israele».
Per la sua grazia Dio interviene, per liberarci dalla
mancanza di senso. Nel simbolo dell’onnipotenza di Dio
troviamo quello che Paul Tillich chiama «il coraggio di
esistere». Dio è al di là dei limiti della condizione umana,
oltre la mancanza di senso e
proprio per questo è possibile
per noi trovare in lui, e solo
in lui, il senso del nostro esistere. Troviamo il coraggio
per affrontare l’angoscia e il
nonsenso, non lasciare che ci
paralizzino, perché in Dio il
vuoto che determina la nostra
angoscia è superato.
Riceviamo questa liberazione come un dono immeritato
da parte di Dio. Solo un Dio
onnipotente può fare questo,
perché solo un Dio onnipotente è al di là dei limiti e delle
contraddizioni, e può allo
stesso tempo intervenire in
mezzo a queste contraddizioni
per superarle. La risposta
all’angoscia del nostro esistere può essere trovata solo per
fede nella Rivelazione, solo
nella speranza di salvezza che
viene da Dio. Noi abbiamo bisogno di esprimere questa
speranza, di comunicarla, con
il nostro linguaggio. L’abbiamo fatto, lungo i secoli della
tradizione cristiana, con le parole del Credo.
Preghiera
Il sole non è stanco di splendere dopo seimila anni;
Dio non può essere stanco di fare il bene.
Dio stesso non può essere nel buio
né può lasciare coloro che sono suoi nel buio.
Se Egli è con te ti farà vedere che è con te
e non uscirà dalla tua vista
finché non ti avrà condotto
là dove tu non potrai mai uscire dalla sua.
John Donne
(Sermone di Natale, Cattedrale di S. Paolo, 1624;
trad. it. di Mario Conetti)
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Spedizione in abb. postale/50 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l'Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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Al rientro dalle vacanze natalizie studenti e famiglie si
troveranno di fronte a una scadenza molto importante: è
giunto infatti il momento di iscriversi all’anno scolastico
successivo. Nessuna novità e nessun problema per chi passa da un anno all’altro nello stesso ordine e grado di scuola, mentre è mólto più impegnativa la scelta di ragazzi e
genitori che dovranno entro la fine di gennaio, a partire da
questa settimana , decidere se e quale tipo di scuola secondaria frequentare dopo la terza media. Quest’anno poi non
si tratta di preiscrizioni ma, in base a una recente ordinanza ministeriale, di iscrizioni vere e proprie, che effettuate
in quest’epoca dell’anno scolastico dovrebbero garantire,
almeno si spera, una più agevole formazione delle classi e
degli organici dei docenti.
venerdì 13 GENNAIO 1995
ANNO 131 - N. 2
LIRE 2000
Nella sarabanda di cattive
notizie e di chiacchiere
televisive che ci entrano in
casa tutti i giorni, non fa notizia chi cerca di fare il suo
dovere. Non fa notizia chi,
nonostante i guai nazionali e i
problemi quotidiani, cerca di
andare avanti con un po’ di
serenità e di fiducia, cerca di
risolvere le difficoltà senza
scaricare sugli altri i propri
problemi. Non fa notizia chi
va a lavorare tutti i giorni,
magari con qualche ora di treno all’andata e al ritorno, per
portare a casa a fine mese
quel magro milione e mezzo
con cui far quadrare i conti
della famiglia, della casa, dei
figli, delle bollette. Non fa
notizia l’insegnante che entra
in classe ogni mattina e cerca
GENTE DI CUI NON SI PARLA
NON FA NOTIZIA
MARCO ROSTAN
di far sì che quelle ore con i
ragazzi siano un momento
positivo, di crescita, di formazione, di educazione.
Anche nelle nostre chiese,
spesso, non fa notizia il pastore che prepara con cura il
sermone di ogni domenica,
che dedica pomeriggi e serate
ai catechismi, alle riunioni,
alle visite. Non fa notizia 1’
anziano che recapita fedelmente a casa dei membri di
chiesa la circolare. Non fa
notizia chi frequenta il culto e
si domanda come vivere giorno dopo giorno l’Evangelo
che gli viene predicato. Non
fa notizia chi volontariamente
dà una mano in una delle nostre opere o visita i malati
all’ospedale dedicando tempo, energie e qualche volta
soldi alla chiesa, spesso senza
che qualcuno gli dica «grazie». Non fa notizia la comu
nità o l’opera ih cui si affrontano insieme le difficoltà, in
cui ci si dà una mano, in cui
si è capaci di vedere chi ha
bisogno e di aiutarlo.
Non fa notizia la famiglia o
la coppia dove la volontà di
camminare insieme è più forte
degli ostacoli e degli egoismi
personali. Non fa notizia la
«normale» attività, la riunione
tutte le settimane della corale,
del gruppo giovanile, dei monitori, che pure richiede impegno. Tutte queste persone,
queste sorelle e fratelli, e sono
tanti, non fanno notizia.
A loro vogliamo dedicare
invece questa notizia, per augurare loro, anche da queste
pagine, un buon 1995, ricco
di benedizioni e di gioia nel
Signore.
Pinerolese
Terremoto
molta paura
niente danni
Erano le 1.47’ di mercoledì
notte quando tutto il Pinerolese è stato scosso da un sisma
valutalo di 3,8 gradi della scala Richter. Una sola scossa,
con epicentro fra Villar PeroSa e San Germano ma avvertita in tutta la zona. Non poche
persone, sia a Pinerolo che in
vai Chisone, sono scese in
strada e lì hanno trascorso alcune ore, malgrado il freddo.
Non si sono registrati danni
alle persone o alle cose: tutto
si è limitato a un po’ di paura.
La zona non è nuova a fenomeni sismici; quando una
ventina di anni fa la Regione
fece predisporre una carta del
rischio sismico, sulla base di
studi scientifici e di quanto
accaduto in passato, venne
evidenziata tutta la zona a sud
della vai di Susa. fino alle Alpi liguri, come area a rischio,
tant’è che da allora ogni edificio costruito deve tener conto della «sismicità» dell’area.
A Pinerolo un ufficio decentrato della Regione Piemonte
deve valutare i progetti di costruzione nella zona ma i ter
Cattolici e valdesi del Pinerolese alla vigilia della «Settimana di preghiera per l'unità)
Vivere la fede in modi diversi è una ricchezza
CARMELINA MAURIZIO
remoti non mancano in assoluto nella storia delle Valli.
Nel 1808 si verificava in tutto
il Pinerolese uno stranissimo
terremoto: la terrà tremò per
mesi e quando, nel 1810, il
fenomeno ebbe termine, si
contavano ben 15.000 scosse.
Fra i paesi più colpiti fu
Torre Pedice: la scossa arrivò
accompagnata da un boato e
come un soffio di vento, fenomeni che si sono rivisti in
altri terremoti. Una commissione guidata dal fisico
Vassalli Eandi fece una relazione sull’accaduto sostenendo trattarsi di un normale
assestamento della crosta terrestre e che comunque «il fenomeno lascerà tranquilli per
secoli gli industriosi abitanti
delle Valli del Pellice, del
Chisone e del Po». Speriamo
che le previsioni di quella
commissione si confermino.
Dal 18 al 25 gennaio si
svolgerà la «Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani»; l’iniziativa è ormai un
appuntamento tradizionale eppure l’impressione è che interessi a poche persone anche
nel Pinerolese dove protestantesimo e cattolicesimo romano si confrontano quotidianamente. Le chiese valdesi hanno due donne laiche come delegati fraterni al Sinodo diocesano: Marcella Gay e Ada
Gardiol. Chi vive concretamente l’ecumenismo? Solo le
coppie interconfessionali che,
come dice il presidente del distretto, pastore Tom Noffke
«possono aver maggiormente
bisogno di sentire alle loro
spalle due chiese in dialogo»?
Oppure come si snoda un rapporto importante ma mai semplice? Abbiamo sentito alcune
persone impegnate nella vita
delle rispettive chiese, siamo
anche andati davanti ai luoghi
di culto.
Su sette persone intervistate
davanti alla chiesa di San
Martino a Torre Pellice, nessuno si è detto a conoscenza
Torre Pellice: all’uscita dal culto
della «settimana», mentre fra
quanti uscivano dal culto abbiamo registrato una conoscenza dell’iniziativa ma anche disincanto se non addirittura diffidenza. Diverso l’atteggiamento delle persone
che hanno maggiori responsabilità nelle chiese.
Don Antonino Buffa, parroco a Perrero, ritiene «molto
importanti le iniziative che
vengono preparate insieme
dai sacerdoti e dai pastori
della vai Germanasca. È un
percorso che potrà andare
avanti nella misura in cui ac
cettiamo di confrontarci con
la parola del Signore. Dovremmo essere capaci di parlare di Cristo a quelle persone che sono cristiane più di
nome che di fatto; ma lo
scandalo maggiore sono proprio le nostre divisioni».
Sostanzialmente sulle stesse posizioni anche don Aldo
Rolfo di Luserna San Giovanni che ricorda come sia
«più facile lavorare insieme
sul piano pratico e sociale» e
afferma: «Non mi pare per altro che nella mia parrocchia
ci sia un grande interesse per
iniziative come la settimana
per l’unità dei cristiani».
Per Silvana Marchetti, vicepresidente della Commissione esecutiva del primo distretto valdese, «è un’iniziativa che di deve fare, perché
non è più possibile ignorarsi
o fingere di farlo. Bisogna
partire dal riconoscimento
che l’altro è simile a me eppure diverso; così possiamo
confrontarci serenamente anche sulle divisioni e imparare
a conoscerci. L’ecumenismo
dovrebbe portare alla libertà
di scegliere, senza sensi di
colpa e senza costrizioni,
quale chiesa preferire nel senso che è più consona alle proprie aspettative».
«La testimonianza evangelica, le idee forti della cultura
cristiana - aggiunge Sergio
Turtulici, valdese proveniente
dal cattolicesimo - possono
spendere molto nel mondo
che cambia. La pluralità di
apporti di fede e di doni mi
sembra una ricchezza; l’unità
delle chiese cristiane non può
essere la notte dove tutte le
vacche sono nere, deve essere
unità di intenti; c’è ancora
molto da pregare e lavorare».
Nel 1994, come è nolo, si è ricordato il
centenario dell’Unione cristiana delle
giovani (Ucdg) con una mostra e una
bella trasmissione di «Protestantesimo».
Di che cosa si discuteva, 100 anni fa,
al!'Ucdg? Ecco, a titolo di esempio, la
cronaca della III Conferenza generale.
IL FILO DEI GIORNI
UNA SCUOLA
X I 6 maggio 1897 si tiene a S. Gio
« X '
BRUNA PEYROT
MARIELLA TACLIERO
vanni la terza Conferenza generale delle Unioni Cristiane delle Giovani.
Sono presenti le Unioni del Serre e San
Lorenzo di Angrogna, di Bobbio, di
Massello, di Saint-Jean, di Saint-Germain, di Torino, di Torre Pellice, di Villar, di Genova. Le Unioni di Pinerolo,
Pramollo, Prali, Chiotti e Villasecca inviano qualche parola per dire che in quel
giorno pensano a tutte.
Fra i vari argomenti trattati, quelli che
paiono più interessanti perché si citano
per la prima volta sono la lettura da parte
della sig.na Meynier di qualche frammento di un rapporto della sig.na Celli
sulle domestiche e il soggetto stesso della Conferenza: “Sviluppo delle Unioni e
modo di attirare e trattenere le giovani
all’Unione’’. Il tema suggerito per la
Conferenza successiva è: “La giovane
nella chiesa e nella famiglia”.
Viene presentato, inoltre, uno stimolante progetto su proposta della federazione delle Unioni: la fondazione a Torino di una scuola modello per le domestiche: “Pour leur apprendre le,s premiers éléments du Service ”, Questo progetto, ritenuto un’opera molto utile e necessaria, dopo essere stato ampiamente
e approfonditamente discusso, è approvato all’unanimità. Nel settembre dello
stesso anno, ad una conferenza speciale
tenuta dalla sig.ra Schalch alle presidenti e alle segretarie delle Unioni, la scuola
per domestiche è esposta dettagliatamente: il corso durerà tre mesi, sei settimane saranno dedicate alla cucina e .sei
a imparare a lavare, stirare e rammendare; il costo sarà di 20 fr. ai mese e si potrà approfittare delle borse messe a disposizione dalle Unioni, nella misura
minima di una mezza pensione ciascuna.
Le frequentanti, a fine corso, .saranno
impiegate “avec avantage” da un ufficio di collocamento.
Accanto alla scuola per domestiche si
aprirà una “pension pour dames”, un
primo luogo di lavoro per alcune corsiste
e nello stesso tempo utile per le signore
di passaggio a Torino che non hanno
nessuno in grado di ospitarle e che non
amano andare in hôtel».
(da La beidana n. 3/86)
In Questo
Numero
Senza neve
La neve si fa aspettare, e
la sua mancanza porta con
sé i consueti problemi per
T industria del turismo invernale. Ne abbiamo discusso con alcune persone
che a Prali, a vario titolo,
sono coinvolte.
Pagina II
Ristoratori
Chi vuole intraprendere
un’attività commerciale
nel settore della ristorazione deve ormai veder chiaro
in molti campi, da quello
legale e fiscale a quello
delle normative igieniche.
Per rispondere a questa
esigenza l’Associazione
commercianti della provincia di Torino ha indetto un
corso di formazione per i
commercianti del ramo.
Pagina II
Comunità alloggio
Sta forse per incominciare una nuova fase nell’ormai lunga storia della
Comunità alloggio per minori di Torre Pellice. Le
difficoltà tuttavia ci sono,
e sono di ordine prevalentemente economico.
Pagina 111
Libri per il quartiere
A colloquio con Sergio
Benecchio, barista a Torre
Pellice, che nel suo locale
ha predisposto una vera e
propria biblioteca con testi
di storia valdese, riviste e
documenti sulla Resistenza, con particolare riferimento alle Valli.
Pagina III
Perrero
Il Consiglio comunale
ha esaminato la relazione
previsionale per il triennio
1995-97 e ha dovuto con
statare la scarsità di risorse
che minaccia le proprie
casse.
Pagina 111
É?
8
PAG. Il
E Eco Delle ^lli %ldesi
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
La locanda «Pomo d’oro» a Angrogna
CHIUDE L’ULTIMO BAR DI ANGROGNA — Con la fine
del 1994, dopo 25 anni della stessa gestione, la locanda
«Pomo d’oro» di piazza Roma ad Angrogna ha chiuso i battenti. Era Pultimo bar del paese, punto di vendita di sali e
tabacchi nonché posto di telefono pubblico; mentre i monopoli di Stato sono passati al negozio Vecco, il telefono viene a mancare, a parte la cabina sotto l’ala. La licenza è stata
depositata in Comune mentre lo stabile che ospitava il bar
risulta ora in vendita.
BRICHERASIO: SÌ ALL’INTERVENTO SULLA PROVINCIALE — Quale soluzione dare al collegamento fra la
strada provinciale 161 della vai Pellice e quella verso Bibiana? L’incrocio è da anni un punto critico della viabilità della valle, si sono raccolte anche più volte delle firme per
chiedere un semaforo o comunque di regolare diversamente
il traffico. Recentemente è esplosa una polemica che ha
coinvolto r amministrazione comunale di Bricherasio accusata da molti cittadini di non aver accettato un progetto della Provincia che voleva creare una soluzione di continuità al
traffico al ponte di Bibiana con una rotonda. Di fronte al no
la Provincia avrebbe dirottato altrove i fondi. La giunta di
Bricherasio ha recentemente voluto puntualizzare con un
pubblico manifesto che all’inizio di agosto, alla richiesta di
parere della Provincia, venne invece risposto affermativamente, salvo verifiche della fattibilità tecnica.
FURTO A VILLASECCA — La scorsa settimana ignoti ladri
hanno visitato l’abitazione usata per la vacanza dalla famiglia di Claudio Carducci, abitante a Torino ma con radici
valligiane. Come spesso accade in questi casi sono stati
maggiori i danni per lo scardinamento della porta che quelli
direttamente derivanti dal furto.
TORRE PELLICE: LA BIBLIOTECA CAMBIA ORARIO — Con il 1995 la biblioteca comunale di Torre Pellice cambia parzialmente i suoi orari di apertura al pubblico;
non è più prevista la poco utilizzata fascia serale del lunedì
so.stituita da un ampliamento il giovedì dalle 16 alle 19 in
analogia con il martedì; confermata invece l’apertura mattutina, fra le 10 e le 12, al mercoledì e al sabato. Nei sette
mesi trascorsi dalla riapertura la biblioteca ha avuto circa
800 utenti con 1.200 prestiti; circa 200 ragazzi sono stati
tra i fruitori. Circa 400 volumi sono stati donati alla biblioteca da cittadini che hanno così voluto manifestare il loro
interesse per la struttura. Gli spazi sono un po’ limitati;
proprio per questo l’amministrazione ha in progetto la
ricollocazione dei libri presso l’ex laboratorio dell’istituto
Capetti in via D’Azeglio, accanto alla Galleria d’arte contemporanea.
MALAN ADERISCE AI REFERENDUM PANNELLA —
Il deputato di Pinerolo Lucio Malan, recentemente uscito
dalla Lega Nord, col cui simbolo era stato eletto a marzo,
per passare al gruppo liberal-federalista, è stato ricevuto
dal presidente Scalfaro quale rappresentante del comitato
dei referendum Pannella che abolirebbero la quota proporzionale alla Camera e al Senato. «Sarebbe un modo per garantire la governabilità - ha detto Malan - dando all’elettore la possibilità di scegliere fra due o tre coalizioni». Intanto Malan ha aperto una linea diretta telefonica per gli elettori al n. 0121-794979.
RIPRENDE «PINEROLO CHE SCRIVE» — Dopo la pausa
natalizia riprende l’iniziativa dell’assessorato alla Cultura
di Pinerolo, in collaborazione con la biblioteca e altre associazioni, «Pinerolo che scrive». 11 prossimo incontro, mercoledì 18 gennaio alle 17,30 presso la saletta Pro Loco a palazzo Vittone, vedrà Bruna Peyrot presentare il suo libro
«Oltre le nuvole»; introdurranno l’incontro Roberta Mazzanti, direttrice della collana Strea, e Graziella Bonansea,
ricercatrice di storia e insegnante.
CAMPIGLIONE RICORDA I SUOI CADUTI — Anche
Campiglione Fenile ricorda i suoi caduti durante la lotta di
Liberazione; lo farà domenica 15 gennaio con un ritrovo alle 10 davanti al municipio; dopo il saluto alle lapidi dei caduti, alle 11,45 il momento ufficiale della manifestazione
con i vari interventi sarà in piazza San Germano accanto alla lapide ai caduti e a quella di Renato Geymet, fucilato a
Campiglione il 31 dicembre del 1944. Saranno anche ricordati Lino Dagotto, caduto a San Secondo, Firmino Ricca,
morto a seguito dei maltrattamenti subiti, il 2 febbraio ’45,
e Dario Girardi, fucilato al Martinetto nell’agosto del ’44.
Hanno potuto funzionare solo le piste per specialisti e quelle per i bambini
Tempi duri per Frali in mancanza di neve
PIERVALDO ROSTAN
Quando si pensa a Frali, a
quel piccolo paese dell’
alta vai Germanasca che all’inizio del secolo era veramente un pugno di case attorno alla chiesa ed oggi è un
agglomerato che ospita 1.700
seconde case oltre ai suoi 348
residenti, si pensa immediatamente ad Agape negli ambienti valdesi e alle piste di
sci per la massa delle persone.
Saliamo a Frali alla fine delle
vacanze di Natale per vedere
com’è andato il periodo ma
anche per cercare di capire
quale potrebbe essere la. prospettiva di un centro che non
può permettersi di dipendere
troppo dalla neve. Quest’anno
infatti è nevicato solo ad ottobre, in alto, poi per Natale è
arrivata addirittura la pioggia.
Momenti duri per le 16 persone impiegate stabilmente intorno alla seggiovia: Orlando
Fioretto, che degli impianti di
sci segue la parte tecnica, illustra il problema.
«Definirei la situazione disastrosa; abbiamo avuto un
po’ di neve naturale al Bric
Rond che ci ha consentito di
utilizzare quella pista e di
ospitare anche le squadre nazionali di sci, ma le elevate
temperature ci hanno messo
in grande difficoltà con la neve artificiale. A salvare in
parte la stagione sono stati i
vari Sci Club (Sestriere, Sansicario, BardoneccAia, Sauze,
Pragelato) che vengono qui ad
allenarsi ma le piste in alto
non sono certo le più adatte ai
normali turisti».
- A Frali la gente c ’era o
vista la mancanza di neve non
è neppure venuta?
«C’è stata presenza solo nei
giorni di Capodanno; anche
chi ha lo stagionale non viene
a sciare sui due baby che abbiamo innevato. Volevamo
anche innevate la nuova pista
Selei ma la mancanza di freddo ci ha impedito di lavorare,
anchéHi assumere quelle per
Prali senza neve
sone che di solito ci danno
una mano stagionalmente: abbiamo una lista di venti persone ma la stazione è ferma».
- Lm. società ha in previsione investimenti per cercare di
ovviare all’eccessiva dipendenza dal tempo?
«L’amministrazione ha voglia di fare; entro la primavera del ’95 ci dovrebbero essere i progetti per rinnovare
decisamente la stazione, da
presentare in Comune. Stiamo cercando il capitale magari ricorrendo a possibilità
di prestito a livello Cee; dovremmo comunque preoccuparci di pagare i mutui. Per il
momento non si parla di un
rifinanziamento».
- Com’è il rapporto con il
paese ?
«Una grave perdita sotto
tutti i profili è stata la morte
prematura dell’amministratore delegato, Danilo Peyrot; a
prescindere da ciò che lui
aveva saputo impostare, oggi
i rapporti con il Comune sono
migliorati e anche nel Consiglio di amministrazione della
società ci sono tre persone
della zona. Abbiamo impostato anche una politica di
agevolazione a favore dei
bambini dello Sci Club Frali
il che ha consentito un forte
aumento di giovani alla pratica dello sci. E un momento
molto delicato per la stazione
ed è importante sapersi spie
Iniziativa deH'Associazione commercianti
Corso per operatori
della ristorazione
DAVIDE ROSSO
Sono molte ormai le conoscenze che deve avere chi
vuole intraprendere un’attività commerciale, conoscenze
che devono spaziare dal campo legale a quello fi.scale, alle
normative igieniche e sanitarie ecc. E necessario quindi
che il commerciante oggi sia
preparato e che abbia gli strumenti per svolgere con «qualità» il proprio lavoro. Il
For.Ter Piemonte (istituto di
formazione dell’associazione
commercianti di Torino e
provincia) ha deci.so di organizzare a Pinerolo, in collaborazione con l’associazione
commercianti di Pinerolo, un
corso «abilitante per la somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande».
Il corso abilitante, che inizierà il 17 gennaio e sarà riconosciuto dalla Regione
Piemonte e dalla Camera di
Commercio di Torino, prevede 120 ore di lezione, che si
terranno in via Chiapperò 15
a Pinerolo, con un programma che spazia dalle
informazioni legali, fiscali e
commerciali alle normative di
tipo igienico e sanitario.
gare e rapportare con tutti,
compresi i proprietari dei terreni su cui sorgono le piste».
Un altro osservatore privilegiato della situazione di Frali
è senz’altro Carlo Raviol, oggi presidente della Pro Loco,
consigliere della Seggiovia e
comproprietario di alcuni locali pubblici tra cui l’albergo
Le Alpi e la discoteca recentemente aperta. Secondo Raviol «la stagione è iniziata
con una forte richiesta di prenotazioni sotto la spinta pubblicitaria della presenza negli
ultimi anni delle squadre nazionali di sci. Il nostro problema è stato ovviamente l’innevamento; malgrado il buon lavoro fatto sulla neve naturale
in alta quota abbiamo visto
che i turisti vorrebbero maggiori scelte. Il periodo natalizio ha comunque registrato il
tutto esaurito ma con vacanze
molto brevi, il che comporta
maggiore impegno. Il fatto di
avere molte seconde case ci
-penalizza poiché si tratta di
turisti del fine settimana che
non acquistano in loco».
- Quali prospettive ci sono
all’orizzonte?
«L’innevamento artificiale
si è fatto con molte difficoltà
in termini di costi e di lavoro;
dobbiamo però fare ancora
moltissimo per l’immagine di
Frali. Manca professionalità
nell’accoglienza. Come Pro
Loco investiremo quest’anno
in un depliant che presenta la
località con le possibilità che
Frali offre; sempre la Pro Loco farà l’illuminazione del
campo di pallone».
- Un problema non sempre
semplice è il rapporto fra la
gente del paese e chi viene da
fuori come operatore; come
vede questo aspetto?
«È un problema non certo
semplice: in queste località
montane c’è una certa diffidenza e, diciamolo pure, anche una forma di gelosia, che
rendono difficile operare.
L’anno scorso abbiamo dovuto rinunciare al Cantavalli o a
una cronoscalata perché abbiamo ricevuto dei no. Con
questa mancanza di collaborazione non si può convivere
per cui ho messo in vendita
l’albergo, porterò alla fine
l’incarico della Pro Loco poi
possibilmente me ne andrò,
dopo aver lavorato qui 15 anni arrivando da Perosa».
Il sindaco. Franco Grill, afferma che il turismo invernale
ha il grande limite di dipendere moltissimo dalle condizioni
atmosferiche.
- Il turismo invernale è
dunque la sola chance per
Frali?
«Non credo che la neve artificiale possa risolvere i problemi: è troppo costosa e il
gioco non vaie la candela, può
al massimo servire a garantire
un’immagine. Dunque se non
nevica, come accade spesso
negli ultimi anni, fino a febbraio, è un problema pesante.
Si potrebbe pensare a scaglionare diversamente le vacanze
invernali come avviene all’
estero perché questo non è un
problema solo nostro.
Dove si potrebbe invece intervenire di più è sul turismo
estivo, legato all’ambiente,
con gite organizzate, accompagnatori, vendita di prodotti locali; ecco in questo
senso mi sento di fare un rimprovero ai pralini: finora è
mancata troppo la cultura
dell’imprenditorialità. Anche
il progetto di turismo minerario redatto dalla Comunità
montana ha un certo interesse
ma dobbiamo attrezzarci per
dare ai turisti maggiori offerte
e maggiori risposte alle loro
richieste. Rischiamo di trovare in vendita dei prodotti col
talco provenienti da Taiwan».
Ma questa cultura non si inventa e ci vuol tempo, formazione e fantasia; il lavoro
sicuro è sempre più una chimera e per un Comune che
impiega oggi tre dipendenti
oltre a tre a part time con altri
paesi le prospettive non sono
certo nel pubblico impiego.
I principali destinatari di
questa iniziativa sono quelle
persone che sono interessate,
per il futuro, a indirizzare la
loro attività nel campo della
ristorazione o della somministrazione di bevande al pubblico, ma ciò non toglie che
anche chi non ha diretti interessi in questo settore del
commercio non possa trovare
utili spunti o acquisire nuove
conoscenze dalle lezioni che
si terranno al corso abilitante.
Di fonte al moltiplicarsi nel
Pinerolese della grande distribuzione, supermercati e centri commerciali, la qualità del
servizio offerto dai commercianti acquista una notevole importanza e i corsi di
formazione possono essere
visti in quest’ottica come uno
strumento utile per migliorare
la qualità. Se però i corsi di
formazione sono importanti
per accrescere la qualità del
commercio pinerolese è anche importante che vengano
fatti investimenti in questo
settore e che vengano fatti dei
progetti che diano impulso a
questa parte dell’economia
sia da parte dei diretti interes,sati che da parte delle va,rie amministrazioni.
Pinerolo: lo sconcerto delle famiglie
Cantiere sempre
fermo in via Bignone
Le case popolari di via Bignone a Pinerolo sono ormai
diventate uno scandalo per la
ragione, il buon senso e soprattutto il diritto di quanti
nel luglio del 1992 si videro
assegnato uno di quegli alloggi sulla base di una regolare
graduatoria. Invece il cantiere
è fermo, sono trascorsi due
anni, non si è riusciti a fare
un appalto e ora si parla di
una nuova graduatoria che riguarda altri 40 alloggi in costruzione in via dei Martiri
del XXI, che potrebbero essere messi in un unico calderone rimescolando tutti i giochi
e i diritti acquisiti. Il coordinamento dei gruppi della par
rocchia di San Lazzaro ha voluto per il Natale ’94 esprimere con una lettera la propria solidarietà alle famiglie
che da anni attendono una risposta e nel frattempo hanno
organizzato una serata per venerdì 13 alle 20,45 al centro
sociale di via Lequio. Vengono chieste allo lacp e aH’amministrazione comunale notizie circa le prospettive di ripresa dei lavori, di ultimazione degli stessi e sulle modalità di assegnazione. Si tratta
di interrogativi «pesanti» per
un’opera progettata nei primi
anni '80 e che non ha dato le
risposte che 61 famiglie si
attendevano.
9
venerdì 13 GENNAIO 1995
E Eco Delle ^lli moESi
PAG,
III
Torre Pellice: i problemi maggiori sono cronicamente legati all'aspetto finanziario
Una fase nuova per la Comunità alloggio
CARMELIWA MAURIZIO
Forse non tutti sanno che
da circa due anni la Cojnimità alloggio di via Angrogna a Torre Pellice, unica
opera valdese per i minori che
si trova nel territorio delle
valli, sta vivendo una nuova
fase che sembra produrre buoni risultati, senza però aver risolto, almeno fino ad oggi, i
vecchi problemi. «Per l’anno
appena trascorso - dice Gianni Genre, pastore di Villar
Pellice e membro da qualche
mese del comitato della Comunità - il bilancio si è chiuso iti pareggio dopo diversi
anni che questo non accadeva
e anche per quel che riguarda
il gruppo dei cinque educatori
le notìzie sono positive, visto
che ci sono affiatamento e alcuni anni di lavoro in comune, Sicuramente è servito dimezzare la comunitc) che attualmente ospita otto ragazzi
e per quel che ho potuto verificare da quando sono nel comitato il lavoro svolto nel
córso di questi ultimi anni è
molto buono».
Se dunque siamo di fronte
una sorta di rinascita di
questa opera dalla storia assai
antica, che forse oggi soffre
di un isolamento maggiore rispetto al territorio valligiano,
è anche vero che i travagli
economici e finanziari di
questa struttura non sono pochi. «Abbiamo bisogno di
molta solidarietcì - dice ancora Gianni Genre - sia dalle
chiese sia da chiunque, anche all'esterno del mondo
valdese, possa comprendere
che la Comunitìi alloggio
continua ad avere un ruolo
La sede della Comunità alloggio
importante per i minori. Durante lo scorso Sinodo è stato
approvato un ordine del
giorno, diventato l'atto n. 89,
per cui si richiamavano tutte
le chiese al massimo impegno di solidarietà nei confronti di quest’opera. Non ci
possiamo lamentare, infatti
alcune risposte ci sono state
\i.'
e tuttavia un deficit pregresso di oltre 100 milioni non si
può sanare se gli sforzi non
aumentano e se non ci si rende conto che troppo spesso ci
si dimentica dei minori, soprattutto di quelli che hanno
dei problemi».
A conferma di un presente
buono ma di un futuro con
tanti problemi da risolvere ci
sono anche le parole di Anita
Tron, da anni impegnata a vario titolo nella gestione della
Comunità Alloggio: «Siamo
molto contenti di fronte a iniziative come quella che recentemente ha messo in piedi
l’Unione musicale di Inverso
Rinasca che ha devoluto due
serate di incassi alla nostra
comunità o di fronte cdla risposta molta buona che abbiamo avuto la scorsa estate
quando abbiamo fatto una
colletta per acquistare una
macchina per la comunità afferma Anita Tron tuttavia mi permetto di dire che
siamo ancora molto lontani
dalla possibilità di sanare il
nostro deficit e al tempo stesso stiamo per affrontare alcune incognite che potrebbero,
speriamo, rivelarsi positive
per noi, ma che ci lasciano al
momento nell’incertezza.
Per esempio non sappiamo
ancora chi sarà il nostro
prossimo interlocutore, se la
nuova Ussl 10 o la Comunità
montana, non sappiamo se
riusciremo ad ottenere l’aumento delle rette secondo i
tassi di inflazione ; inoltre
non abbiamo ancora un
direttore, anche se molti sono i nomi disponibili, e anche la nostra attuale presidente di comitato, chiamata
a svolgere un altro incarico
molto impegnativo, sta per
lasciarci. Siamo sereni ma al
tempo stesso consapevoli che
la sopravvivenza della comunità non è solo legata all’impegno del comitato e degli
educatori, ma anche in modo
fondamentale alla solidarietà
di tutti».
centri di assistenza fiscale
Jorre Pellice e il combustibile ecologico
L'uso del «cìppato»
per scaldare le scuole
______ALBERTO CORSANI_______
Le scuole di Torre Pellice
saranno probabilmente
scaldate, a partire dal prossimo anno scolastico, utilizzando come combustibile la
legna. Non si torna alle vecchie stufe di qualche decennio fa, ma sono proprio le
nuove tecnologie a consentire
di utilizzare un prodotto
tipicamente montano quale è
il legname. È in corso di
definizione il rapporto fra il
Comune di Torre Pellice e la
cooperativa Agriforest incaricata di realizzare l'opera. Come funzionerà il nuovo riscaldamento'.’
«Il calore nelle aule - spiega l’assessore Granerò verrà distribuito con l'acqua
calda nei termosifoni; ciò che
cambia è il combustibile: la
legna al posto del gasolio o
del metano. Una caldaia di
adeguate capacità verrà alimentata con il cosiddetto
cippato”, cioè legname tritato finemente, producendo il
calore; la legna utilizzata non
sarà di pregio bensì di scarso
valore quale ramaglia proveniente da potature, gli alberi
che crescono nel Ietto del Pellice, scarti di segherie ecc.».
La cooperativa che ha redatto il progetto ha già installato analoghi impianti in nunierosi Comuni del Piemonte
ricorrendo a una tecnologia
^he viene dai paesi del Nord
Europa. Tutto il controllo del
Sistema è computerizzato e
t^Omunque affidato alla ditta
per la gestione; il Comune
non avrà costi supplementari
per le spese di adeguamento
degli impianti né per la
manutenzione; semplicemente dovrà corrispondere il valore del calore erogato.
L’iniziativa si segnala poiché dovrebbe permette di avviare una pulitura sistematica
del torrente Pellice e nel contempo di ipotizzare altri interventi di as.sestamento forestale nel territorio comunale
dando anche ad alcune persone la possibilità di lavorare in
questo settore, con indubbi
vantaggi per Tambiente. Sarebbe anche importante poter
creare un punto di raccolta
dei residui delle potature anche dei singoli cittadini che
spesso hanno problemi di
smaltimento e che invece potrebbero portare il tutto in un
unico posto dove successivamente la cooperativa produrrebbe il «cippato» per il riscaldamento.
Interessante segnalare la
possibilità, già contemplata
dal progetto esecutivo, die altri edifici, pubblici o privati,
possano allacciarsi a questo
impianto mediante il cosiddetto «tcleriscaldamento»,
cioè riscaldamento a distanza,
con l’acqua calda portata dalle scuole agli edifici che si
vogliono scaldare. 1 lavori per
la posa della caldaia e del deposito interrato per la legna
dovrebbero partire in primavera in modo da concludersi
in tempo utile per il prossimo
anno scolastico.
Dissensi in Consiglio comunale a Perrero
Mancano i soldi
LILIANA VIGLIELMO
Una lasga parte del Consiglio comunale di Ferrerò
che si è svolto il 29 dicembre
è stata dedicata alla lettura
della relazione previsionale e
programmatica per gli anni
1995-97, predisposta dalla
giunta. La situazione del Comune di Ferrerò sotto il profilo finanziario, come si desumeva dalle parole del sindaco, è a dir poco catastrofica, per una mancanza oggettivq di risorse a cui si aggiunge una diminuzione dei
contributi di Stato e Regione.
Non si prevede neppure la
possibilità di contrarre mutui
oltre quelli già in corso o di
aumentare le imposte che sono sufficientemente elevate.
Scarse le entrate correnti previste per Tanno appena iniziato, che raggiungono gli
819 milioni di fronte a una
spesa di 713 milioni e mezzo.
Con l’avanzo di amministrazione si prevede di sistemare
le fognature del capoluogo,
quando saranno iniziato i la
vori per la metanizzazione.
Critiche e astensioni hanno
accompagnato la discussione
su questo e sugli altri punti
all’ordine del giorno, che
comprendevano le tariffe per
i pasti della mensa scolastica
a Ferrerò e la previsione dell'indennità di carica e del gettone di presenza per il 1995.
Senza negare l’evidente difficoltà di amministrare il Comune con pochi mezzi, i consiglieri dissenzienti (uno di
maggioranza, uno di minoranza e il consigliere di Riclaretto che aveva consegnato la
lettera di dimissioni alTinizio
della seduta), hanno criticato
duramente i metodi usati dalla giunta nel far eseguire i lavori di pubblica utilità nelle
borgate, le decisioni prese
dall’alto senza consultare la
popolazione e la scarsa considerazione in cui vengono tenute le opinioni dei consiglieri. Un’altra parte del Consiglio, si è invece dichiarata in
accordo con gli amministratori e ha approvato senza commenti tutte le deliberazioni.
Quale modulo per
dichiarare i redditi?
DAVIDE ROSSO
Modello 740 o modello
730? Questo sembra
essere anche quest’anno il
quesito davanti a cui si trovano molti lavoratori dipendenti
e pensionati che intendono richiedere rimborsi al fisco
(rimborsi per interessi sui
mutui, tasse scolastiche, spese mediche, assicurazioni vita
e infortuni, spese funerarie).
L’alternativa per molti sembra risolversi a favore del secondo modulo, il 730, visto
che i rimborsi con il 740 ora
si aspettano per 5 o 6 anni
mentre con il 730 arrivano direttamente sulla busta paga o
sulla pensione di giugno.
Qual è l’iter da seguire per
avvalersi del modello 730? Ai
vari Caaf (centri autorizzati di
assistenza fiscale per lavoratori e pensionati) dei sindacati
spiegano che chi intende avvalersi del modello 730 dovrà
comunicare entro il 15 gennaio al proprio datore di lavoro la sua intenzione in proposito. Entro la fine di febbraio,
in ogni caso, riceverà dall’
azienda o il modello lOT o
una dichiarazione sostitutiva,
nel mese di aprile poi si dovrà
provvedere ad inoltrare il mo
dello 730 al fisco e a comunicare al datore di lavoro le trattenute e i rimborsi che dovrà
effettuare al lavoratore; nel
mese di giugno il datore di lavoro opererà infine le trattenute 0 effettuerà i rimborsi al
lavoratore interessato.
Fer la compilazione dei
moduli ci si può avvalere di
professionisti o di studi fiscali o ancora dei Caaf dei vari
sindacati; molte sono state le
persone lo scorso anno che si
sono rivolte a questi ultimi. I
servizi che i vari Caaf offrono
vengono svolti da esperti e
con l’ausilio del computer e
prevedono oltre alla compilazione del modulo anche l’invio dello stesso al fisco, la restituzione di una copia del
modulo all’utente del servizio
e la comunicazione al datore
di lavoro delle trattenute e dei
rimborsi dovuti al lavoratore.
I servizi dei centri di assistenza fiscale sono gratuiti per i
tesserati, a parte le £ 15.000
per la modulistica, e sono
aperti anche ai non tesserati.
I Caaf quindi si presentano
come un appoggio per chi deve districarsi nella matassa
della burocrazia fiscale, il
730 come mezzo per superarne le lentezze
La volontà di documentare il passato
Libri per il quartiere
Il municipio di Perrero
PIERVALDO ROSTAN______
Potrà sembrare strano o insolito, ma dietro l’insegna «Bar sport» di via Arnaud di Torre Fellice, da
qualche settimana, oltre all’
aperitivo «maison» o più
semplicemente un caffè, possiamo trovare un’interessantissima raccolta di libri e documenti, una vera e propria
piccola biblioteca che il proprietario, Sergio Benecchio,
barista ben noto anche al pubblico «sinodale», ha significativamente chiamato «Biblioteca di quartiere».
La passione per i libri ha
radici lontane, in particolare
quella per la storia valdese e
per la Resistenza, ma è nei
primi anni ’80, quando Benecchio rileva il bar a Torre
Fellice, che prende corpo il
progetto. «Inizialmente fu Roberto Malan a suggerirmi
questa raccolta aiutandomi
concretamente con molti volumi - racconta Sergio Benecchio -; poi via via hanno
contribuito fra gli altri Frida
Malan, Giovanni Oditi e molti altri. Gli scaffali erano collocati nello scantinato di un
altro edifìcio che veniva utilizzato anche per riunioni. Allora, per un “vecchio” militante socialista come me,
c’era maggior voglia di occuparsi di politica».
I libri sulle scaffalature aumentano col tempo: «Ho dedicato a questa passione molto del mio tempo e perciò devo anche ringraziare mia moglie che .sta al bancone al posto mio quando mi immergo
nei libri - continua Benecchio -. Una fonte non indifferente negli anni scorsi sono
stati i depositi di carta da
macero della chiesa: lì ho
trovato intere enciclopedie
buttate via. Mi viene quasi
spontaneo rivòlgere un pensiero ai tempi in cui per un libro magari si veniva uccisi, o
si doveva cercare all’estero i
soldi per pubblicarli...». I libri diventano alcune migliaia;
c’è un patrimonio di storia in
quella cantina; raccolte complete della rivista «Il ponte»,
una collezione originale del
«Fioniere», Bibbie, la raccolta completa dei Bollettini del
XVII Febbraio, guide, libri di .
scuola su cui hanno studiato
decine di generazioni, raccolte di giornali, volumi del
1600 che sono passati attraverso i secoli mantenendosi
in buone condizioni; insomma, un mondo tutto da scoprire. Non mancano inoltre i
romanzi, la letteratura varia.
Alcuni libri vengono anche
dati in prestito, altri per evidenti ragioni di valore storico, possono unicamente essere consultati in loco; la sezione per molti versi più interessante, quella sulla Resistenza,
è ricca anche di testi e testimonianze; un patrimonio di
volantini e documenti in molti casi stampati nella vicina tipografia Subalpina posta a
suo tempo proprio davanti al
comando nazista.
Un patrimonio non certo
comune, che vale la pena di
studiare e riscoprire: «Il bar è
aperto tutti i giorni eccetto il
lunedì; dunque è possibile
accedere ai libri quasi tutti i
giorni - conclude Benecchio
la mia .speranza è che molti giovani vogliano utilizzare
il nostro materiale per ricerche scolastiche o per il loro
studio. Abbiamo già avuto un
giovane di Luserna che redigendo una tesi su Willy Jervis
ha attinto anche a informazioni trovate qui».
La biblioteca di quartiere è
lì, nel retro accogliente di un
bar dove non pochi hanno trascorso diverse serate a discutere, di politica come di storia, altri semplicemente a sorbirsi una cioccolata senza sapere che a pochi metri si stava costruendo un vero e proprio luogo della cultura e della memoria.
10
PAG. IV
E Eco Delle Valli
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
Accoglienza in vai PeHice
Per Í profughi bosniaci
LUCILLA BORGARELLO
Da un anno si è costituito
in Torre Pellice il comitato prò famiglie bosniache,
sorto in seguito alla decisione
presa dalle associazioni, in
collaborazione con le amministrazioni comunali di Torre
Pellice e Luserna San Giovanni, di ospitare in valle una
famiglia di profughi bosniaci.
Tale famiglia (una signora
con due bambini provenienti
da Sarajevo) è giunta nel febbraio scorso e risiède tuttora a
Angrogna, in una casa di proprietà della Chiesa valdese.
Le associazioni hanno aderito all’iniziativa sia dando
disponibilità a versare mensilmente un contributo per la
durata di un anno, sia organizzando concerti e manifestazioni per raccogliere fondi. Anche la cittadinanza ha
partecipato all’accoglienza
versando contributi in denaro
o dando beni di prima necessità. 1 soldi, versati su un
conto aperto con la firma di
tre garanti presso la Cariplo
di Torre Pellice, sono stati
spesi per il mantenimento
della famiglia in attesa di trovare un lavoro per la signora
(finora, malgrado numerosi
appelli, si sono trovate solo
poche Ore di pulizie; inoltre
la signora sta svolgendo un
servizio di volontariato presso la Casa delle diaconesse) e
per affitto, riscaldamento, cure mediche, un’Ape Piaggio e
una lavatrice.
Con il 1995 scade l’anno di
impegno che avevamo richiesto a cittadini e associazioni,
ma il conflitto in Bosnia prosegue e soprattutto a Sarajevo
è sempre grave; è quindi impossibile pensare che questa
famiglia possa tornare al proprio paese e diventa perciò
indispensabile continuare ad
aiutarla. Chiediamo pertanto
a tutti di: aiutarci a trovare
un’attività lavorativa (soprattutto pulizie o assistenza agli
anziani), in modo da rendere
la famiglia autosufficiente;
continuare a versare un contributo (sarebbe bello che
ogni famiglia si quotasse
mensilmente) sul conto n.
1143/1 (Cariplo Torre Pellice); organizzare, se rientri
nelle possibilità'di gruppi e
associazioni, concerti o manifestazioni; aiutarci a trovare
un alloggio nel più breve
tempo possibile.
Chi volesse ulteriori notizie
può telefonare a Marcello
Gaietti (932994) o Lucilla
Borgarello (91521).
Un collaboratore
Remo Nicali
Il suo nome probabilmente
non dirà molto alla maggioranza dei lettori del nostro
giornale; eppure Remo Nicali, scomparso nei giorni scorsi all’ancor giovane età di 55
anni, ha rappresentato per chi
confeziona settimanalmente
l’Eco delle Valli un prezioso
punto di riferimento. Remo
era venuto ad abitare a Angrogna solo dopo la pensione
e aveva con gioia accettato di
collaborare con noi. Grazie a
lui abbiamo avviato molti
contatti con associazioni e
gruppi, e abbiamo informato
i lettori su molti appuntamentijlel Pinerolese; se ne è andato improvvisamente in una
domenica prenatalizia: il nostro ufficio ora è un po’ più
vuoto, (pvr)
Nelle
Chiese Valdesi
COLLETTIVO TEOLOGICO «G. MIEGGE» — Sabato 21 gennaio, alle 17, presso i locali della chiesa valdese
di via dei Mille a Pinerolo, proseguono gli incontri teologici
«G. Miegge» sul testo di Dietrich Bonhoeffer «Etica». Sarà
preso in esame il terzo capitolo, «Eredità e decadenza».
MONITORI III CIRCUITO — Il periodico incontro
dei monitori del terzo circuito si svolgerà domenica 15 gennaio a Pomaretto, nelle sale adiacenti il teatro.
ASSEMBLEA DELLE CORALI — L’assemblea si
riunisce domenica 15, alle ore 15, nei locali di via dei mille
a Pinerolo.
I DISTRETTO — Domenica 22 gennaio, al Convitto di
Villar Perosa, si svolgerà una riunione dei concistori sul tema «gestione stabili»: inizio ore 15.
BOBBIO PELLICE — Martedì 17 gennaio si svolgerà
la riunione quartierale ai Cairus.
VILLASECCA — Domenica 29 gennaio, nel corso del
culto ai Chiotti, si terrà l’assemblea di chiesa finanziaria di
inizio anno.
PINEROLO — Domenica 15 gennaio, alle 10, l’assemblea di chiesa procederà all’approvazione del preventivo ’95 e all’elezione dei revisori.
• L’assemblea elettiva del nuovo pastore si svolgerà il 29
gennaio e sarà presieduta da alcuni membri della Commissione esecutiva distrettuale.
ANGROGNA — L’assemblea per eleggere il nuovo pastore della comunità si svolgerà domenica 15 gennaio sotto
la presidenza della Commissione esecutiva distrettuale;
sarà necessaria la presenza della maggioranza dei membri
elettori.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Martedì 17, alle 20,30,
si svolgerà la riunione quartierale ai Boer Priorato.
POMARETTO — Venerdì 20 gennaio, alle 15, si svolgerà la riunione a Inverso Clot.
• Domenica 22 dopo il culto, al teatro, è convocata l’assemblea di chiesa.
RORÀ — Venerdì 20 gennaio, alle 20,30. alla sala Morel, si svolgerà lo studio biblico.
SAN SECONDO — Le prossime riunioni quartierali si
svolgeranno alle 20,30 il 18 gennaio a Lavoretto e il 19 al
centro.
TORRE PELLICE — Le riunioni quartierali saranno
all’Inverso (17 gennaio) e ai Chabriois (19 gennaio).
Giovanni, un
credente vero
«La memoria del giusto è
in benedizione» (Prov. 10, 7).
Questo verso nei Proverbi mi
fa riflettere sul ricordo che ho
di Giovanni Brache, ora non
più fra noi. Lo conobbi 20 anni fa e subito fui profondamente colpito dal suo parlare
pacato da cui traspariva una
fede profonda. Anche alla
Tev la sua testimonianza fu
preziosa: ogni volta che ci vedevamo si rafforzava in me la
certezza che Giovanni era un
vero credente, zelante nella
testimonianza; parlava a tutti
delle sue certezze e spronava
tutti a cercare Cristo soprattutto col cuore, sempre pronto
ad accorrere presso chiunque,
a incoraggiare, esortare e anche a dimostrare tangibilmente l’amore per il prossimo.
L’amore fraterno lo dimostrava visitando i fratelli in ogni
parte della valle: considerava
tutti i credenti suoi fratelli,
che come lui pellegrini e figli
di Dio camminano verso il
cielo, e li amava tutti. Fu zelante nella fede, nella speranza e nella carità per la gloria
di Dio e nella certezza del futuro godimento dell’eredità
celeste che ora sta contemplando; era un puro di cuore:
nessuna ombra albergava né
sopra né dentro di lui.
Riconobbe in tutta la sua
vita l’assoluta autorità della
parola di Dio, sottomettendosi incondizionatamente ad essa; credente sicuro ed equilibrato, liberato da ogni dubbio
o incertezza, gustava e trasmetteva la pace di Cristo,
che è la calma profonda che
riempie il cuore di chi sa e si
sente riconciliato con Dio ed
è oggetto dell’amore suo in
Cristo. Giovanni Frache affrontò anche le prove con fede calma, confidando in uno
spirito di vittoria, certo di
quello «che sta scritto», senza
vergognarsi mai dell’Evangelo perché sapeva che
esso procede dall’eterno amore di Dio.
Lo vidi il giorno prima della sua improvvisa morte e ancora nel salutarci mi trasmise
come sempre la sua serenità:
ringrazio Dio di aver conosciuto e avere per fratello un
vero credente che mi fu sempre di esempio e «la sua memoria in benedizione».
Chi lo ha conosciuto sa che
di lui ho detto poco; chi non
lo ha conosciuto penserà: chi
era Giovanni? Semplice: un
vero credente, il cui nome è
scritto non solo in un libro di
chiesa ma nel libro della vita
eterna. Arrivederci Giovanni:
fratelli in terra, fratelli in cielo, fratelli in Cristo per
l’eternità.
Mario Goletti
Bobbio Pellice
Musica popolare a Inverso Rinasca
Folk e istrionismo
«Musicanti» è il titolo della
rassegna di musica popolare
che la Cantarana sta proponendo ogni 15 giorni in vai
Chisone. Sabato 14 gennaio,
alle 21,15, agli impianti della
Pro Loco di Inverso Pinasca
si esibiranno i «New Bushbury mountain daredevils». I
«temerari della montagna»
sono una formazione interamente acustica, giocata su
una base ritmica di chitarra e
contrabbasso sulla quale si
inseriscono i disegni sonori di
mandolino, banjo, fisarmo-nica e armonica a bocca, oltre
alle due voci soliste. La loro
musica si inserisce bene in
quel filone del «progressive
folk» d’oltre Manica; la montagna diventa luogo d’origine
Eric Barlow
e di sviluppo di un country
ruspante e vitale non disgiunto da un pizzico d’istrionismo. L’ingresso per la serata
costa 10.000 lire.
PER IL PINEROLO DUE
PUNTI NEL DERBY — Il
Pinerolo dei giovani si prende
una bella rivincita sui cugini
del Nizza Millefonti che
all’andata ribaltarono in dieci
minuti un punteggio di 0 a 2.
Questa volta i biancoblù non
si sono fatti sorprendere; hanno realizzato una rete per
tempo con Ceddia e Schina e
solo nel finale hanno dovuto
subire il ritorno degli ospiti, a
rete ancora una volta su rigore.-Con i due punti di sabato i
biancoblù ritrovano una più
tranquilla posizione in classifica; sabato affronteranno in
trasferta la Colligiana.
PER IL LUSERNA È ANCORA VITTORIA — Ancora un successo di misura
per il Luserna nel campionato
di calcio Promozione; domenica sul campo amico i valligiani hanno superato per 1 a 0
la Borgonese confermandosi
così la quarta forza del campionato. Domenica prossima
il Luserna ospiterà la capolista Cavallermaggiore.
CHIARO SUCCESSO
PER IL VOLLEY PINEROLO — Rinviata la partita
di serie C femminile del Magic Pinerolo, la squadra maschile ha invece ritrovato lo
smalto dei tempi migliori superando nettamente per 3 a 0
il Plastipol Ovada.
RIPRENDONO I CAMPIONATI DI TENNIS TAVOLO — Dopo la lunga
pausa natalizia riprendono i
campionati di tennis tavolo;
mercoledì 11 la Valpellice ha
affrontato il Moncalieri nel
torneo di D2; sabato 14 alle
16, sempre a Torre Pellice, le
squadre di CI nazionale e di
C2 regionale affronteranno rispettivamente le Poste di Torino e la Fiat Torino. Buone
le possibilità di affermazione
in entrambi i confronti. Durante la pausa alcuni atleti,
dimostrando una buona volontà di impegnarsi, hanno
partecipato a un corso di perfezionamento a Bra nell’intento di migliorare le tecniche
di gioco.
12 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: Appuntamento alla Scuola mauriziana, alle 15,30, con la storia
dell’arte per le lezioni dell’Unitre con diapositive sull’
ellenismo.
13 gennaio, venerdì —
PEROSA ARGENTINA;
Per il Videoforum, alle 21
presso la saletta Ussl, verrà
proiettato il film «Blow up»
di M. Antonioni.
13 gennaio, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle
20,45, presso la sede della
Comunità montana, il gruppo
di studio Val Lucerna organizza una serata con Mario
Cignoni che parlerà sul tema
«Splendore e fine della Bibbia
medievale in Italia».
13 gennaio, venerdì —
VILLAR PEROSA: Presso il
Grande albergo, dalle ore 20,
serata musicale abbinata a cena o consumazione; il gruppo
artistico «La chimera» presenterà un recital.
13 gennaio, venerdì —
SAN GERMANO: Alle
20,30, in borgata Turina
presso l’ex municipio di Inverso Porte, Giancarlo Bounous presenta «Giardini e
paesaggi».
14 gennaio, sabato — PINEROLO; Prende il via, al
teatro-incontro di via Caprini
31, la stagione teatrale pinerolèse. Alle 20,45 verrà proposto «Paesaggio con amante»
da Harold Pinter, con Duilio
Del Prete e Ida Di Benedetto,
regià di Agostino Marfella.
14 gennaio, sabato — POMARETTO: Alle 20,30, nel
tempio valdese, il Gruppo polifonico Aosta si esibirà in un
concerto a favore del restauro
dell’organo.
14 gennaio, sabato — RINASCA: Il Cai organizza una
serata di diapositive e musica
con la partecipazione del coro
Eiminal: inizio ore 21.
15 gennaio, domenica —
PINEROLO: Alle 14,30,
presso il tempio valdese, avrà
luogo rincontro delle coppie
interconfessionali con all’odg
la «preparazione di un documento di informazione per le
“nuove” coppie interconfessionali».
15 gennaio, domenica —
TORINO: Si conclude, presso Palazzo Carignano, la mostra storica «Una stretta di
mano. Le bandiere della solidarietà». Orario feriale 918,30, domenica 9-12,30; lunedì chiuso.
17 gennaio, martedì — PINEROLO: L’amministrazione comunale organizza, a partire dalle 15, una serie di
commemorazioni di caduti in
occasione del 50° anniversario della morte. Verranno ricordati Pietro De Bernard,
Luigi Tessore, Domenico
Schierano, Alberto Camusso,
Ignazio Re.
19 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: I gruppi
Sae di Torre Pellice e Pinerolo, neH'ambito della Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani organizzano, presso
la Foresteria valdese, un incontro di preghiera con la partecipazione di Maria Vingiani, presidente del Sae, e del
pastore di Torre Pellice, Bruno Rostagno.
19 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: L’Unitre propone, alle 15,30, presso
la scuola Mauriziana, un incontro musicale con Daniele
Colombo (violino) e Maria
Teresa Lusso (pianoforte) che
eseguiranno brani di Prokof’ev e Beethoven.
21 gennaio, sabato —
SAN SECONDO: Alle 21,
nel tempio valdese, il quartetto d’archi «Borciani» esegue
musiche di Beethoven e
Schubert.
VALLI
CHISONE • GERM ANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 15 GENNAio
Viiiar Perosa: Farmacia De
Paoli - Via Nazionale 29, tei.
51017
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde. Porte : tei. 201454
VALPELLICE
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 15 GENNAIO
Bobbio Pellice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice. tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento propone, giovedì e venerdì, ore 21,15, Il
toro, di Diego Abatantuono;
sabato, ore 20 e 22,10, domenica ore 16, 18, 20 e 22,10 e
lunedì, ore 21,15, S.P.Q.R..
CONOMICI
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200 e 96.500
tei. Ü121/91.5G7
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via PioV, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Via Repubblica, 6 - 10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped, in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg, Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
PINEROLO — La multisala Italia propone, alla sala
«5cento» Sirene.; feriali
20,20 e 22,20, sabato 20,20 e
22.30, domenica 14,30 16,20.
18,20, 20,20 e 22,20. Alla sala «2cento» è in programma
Miracolo sulla 34“ strada;
feriali 20 e 22,20, sabato 20 e
22.30, domenica 15, 17,30,
20, 22,20.
BARGE — 11 cinema Comunale ha in programma, venerdì Dove siete, io sono qui;
sabato. Prestazione straordinaria; da domenica (ore 15,
17, 19, 21) a giovedì,ore
19,30 e 21, Il re Leone. Gli
altri giorni l’inizio è alle 21.
PRIVATO acquista mobili
vecchi-antichi e oggetti vari.
Tel 0121-40181.
PRIVATO acquisterebbe
casa monofamiliare con quattro camere, salone, cucina e
servizi in Torre Pellice o Luserna San Giovanni. Tel.
0121-902184.
11
y£HERDÌ 13 GENNAIO 1995
^ALI
PAG. 7 RIFORMA
Una delegazione di sindacalisti a Ginevra
Salvador: la difficile
via delia democrazia
Intervista a Jean-Christophe Römer, specialista della Russia e dell'Europa centrale
Gécenia, una guerra fatale per Boris Eltsin?
RÉMY HEBDING*
Jeto-Christophe Römer è
un docente dell’Università
di Strasburgo: è specialista
della Russia e dell’Europa
centrale. L’intervista che segue è Stata pubblicata sul n.
2593-2594 del 24/31 dicembre 1994 del settimanale protéjante francese Reforme.
- Quali sono gli antecedenti del conflitto caucasico?
".«Esiste un vecchio antagonismo tra russi e caucasici
che risale almeno al ’700 e
all’espandersi della presenza
russa in quella regione. La situazióne si è acutizzata durante la seconda guerra mondiale, quando diverse repubbliche 0 regioni, Caucaso del
Nord o Caucaso del Sud, e in
modo, particolare i ceceni
hanno proclamato la loro indipendenza. Per rappresaglia,
Stalin deportò i ceceni e gli
ingushi, uniti in un’unica Repubblica di Cecenia-Ingushia, nel Kazakhstan; tale
operazione coinvolse circa la
metà della popolazione cecena. Nel 1957, dopo il XX
congresso del Pcus, essa
tornò nella propria regione
autonoma.
Più di recente, nel settembre 1991, i ceceni hanno proclamato la loro indipendenza
nei confronti della Russia. In
quel periodo confuso che va
dal golpe dell’agosto '91 fino
alla proclamazione della fine
dell’Unione Sovietica nel dicembre dello stesso anno, Boris Eltsin si prefiggeva di
mandare l’esercito contro il
generale Dudaev. Tuttavia si
poneva un problema istituzionalev in quale misura Eltsin,
presidente della Russia, pote> va inviare truppe dipendenti
dal presidente dell’Urss, ossia
Gorbaciov? Il presidente russo poteva fare uso dell’esercito sovietico? Si tratta di una
questione istituzionale che dimostra come tra Eltsin e Dudaev, generale dell’aviazione
dell’esercito sovietico, presidente della Cecenia, esiste
una controversia che risale al
1991. Nel novembre scorso la
situazione è peggiorata: di
fronte alla ribadita volontà di
Du^ev di uscire dalla Federazione di Russia, Eltsin decise di inviare truppe sul confine della Repubblica».
~Qual è la natura del conflitto? Quali ne sono le principali cause? I russi si trovano nell’ambito culturale ortodosso mentre i ceceni sono
musulmani... Al di là della
questione dell'integrità del
territorio nazionale, è possibile parlare di un conflitto religioso?
,, «Non confondiamo le cose.
Troppo spesso, quando si parla dell’ex spazio sovietico, si
insiste sulla questione religiosa; questa può venire fuori
ma soltanto a posteriori, diventa una posta in gioco soltanto dopo l’inizio delle ostilità. AH’origine, quello ceceno non è un conflitto religioso bensì istituzionale (!’integrità del territorio della Federazione), economico (importanti giacimenti di petrolio), e
militare (il controllo delle
frontiere della Federazione).
Se dovesse prolungarsi, allora
l’aspetto religioso potrebbe
assumere una dimensione diversa nella misura in cui la
Cecenia sarebbe sostenuta dai
paesi islamici quali l’Iran o
l’Arabia Saudita, ma per ora
non siamo a questo punto.
È un rischio ulteriore qualora le tensioni dovessero aggravarsi, qualora il conflitto
dovesse impantanarsi, qualora ci fosse rifiuto dell’indipendenza, qualora le relazioni
tra Mosca e Grozny non dovessero normalizzarsi. L’esempio più qualificante è
quello della Bosnia; in origine non aveva nulla di uno stato islamico ma il conflitto
l’ha portato ad avvicinarsi ai
paesi che l’appoggiano. L’atteggiamento attuale degli Stati Uniti nel conflitto bosniaco
si spiega indirettamente per
via della loro alleanza con
l’Arabia Saudita e dei loro interessi petroliferi».
- Un simile conflitto rivela
la capacità di resistenza della
Russia. Questa è abbastanza
potente per .sostenere un conflitto che rischia di portare a
una nuova guerra di logoramento, come in Afghanistan ?
«Anche se è molto disorganizzato, l’esercito russo rimane uno dei più potenti del
mondo. Si parla molto della
sindrome afgana, e ciò per
due motivi: a) il rischio di
impantanarsi perché, per motivi geologici, non si può pensare a una grande offensiva di
blindati appoggiati da bombardamenti aerei. Ciò porterebbe necessariamente a una
guerra di guerriglia; b) la presa di decisione: come in Afghanistan nel 1979, ad avviare il processo sarebbero stati i
politici, per non dire gli
“ideologi”; e non i militari
che erano molto reticenti perché consapevoli dei rischi
dell’impàntanarsi».
- Esiste un pericolo di
estensione del conflitto all’insieme della regione?
«Mosca può difficilmente
accettare di abbandonare
quello che considera come
parte integrante del territorio
della Federazione russa. Ci ritroviamo in un processo simi
le a quello che, quattro anni
fa, ha portato allo smembramento dell’Urss. Oggi si tratterebbe dello smembramento
della Federazione di Russia
con i suoi 89 “sudditi”, 89 entità locali, regionali. Se concedesse l’indipendenza a uno,
perché non dovrebbe concederla agli altri... e, come quattro anni fa, ritroviamo la stessa cautela nelle reazioni degli
occidentali che considerano
che “si tratta di una questione
interna russa”. Impedire questo processo con la forza armata non farebbe altro che attizzare le idee di indipendenza
nella parte nord del Caucaso.
Eppure esistono, lo dimostrano gli esempi tataro o iakuta,
possibili arrangiamenti ma
può darsi che il conflitto tra
Eltsin e Dudaev sia giunto a
un punto di non ritorno».
- È possibile sperare in
una soluzione di questa vicenda cecena che non sia un
logoramento distruttore?
«L’operazione militare è
iniziata male. Era possibile
un’offensiva “pugno di ferro”
contro Dudaev, rapidissima.
di 48 ore; ora però le cose si
sono messe male. Le implicazioni politiche di questa operazione militare mi sembrano
estremamente gravi: sarà un
ulteriore elemento di dissociazione tra l’esercito e il potere politico.
Tradizionalmente, sia sotto
l’impero russo sia durante il
periodo dell’Unione Sovietica, e perfino dopo il 1991,
l’esercito ha sempre giocato
il gioco del legittimismo ma
dopo la presa della Casa
Bianca, nell’ottobre ’93, ha
fatto sapere molto chiaramente che era l’ultima volta che
si impegnava nel gioco politico. Se, nel caso ceceno, la
presa di decisione è stata politica, contro il parere dei militari, ciò rischia di aggravare
il dissenso tra esercito e potere. Se l’esercito cessa di rispettare il potere politico e
cessa di essere al servizio dello stato, diventando un’entità
autonoma all’interno di questo, credo che tutte le derive
siano possibili. Comprese le
peggiori».
* Caporedattore di Réforme
Jorge Calderon, membro
della direzione del Comitato
degli impiegati licenziati e
dei disoccupati del Salvador
(Codydes), faceya parte di
una delegazione di quattro
persone che hanno preso contatto con vari organismi svizzeri e internazionali, nel novembre scorso.
«Stiamo vivendo l’imposizione di un modello neoliberale rigido, dettato dal Nord,
che propone la privatizz.azio-<
ne dei servizi pubblici e la
“deregulation ” del mercato
del lavoro, e questa politica
ha avuto conseguenze negative per la popolazione», ha
dettò il giovane sindacalista
che ha menzionato alcuni dei
principali ostacoli alla costruzione di una piena democrazia: estrema disuguaglianza
economica e mancanza di libertà reale per il movimento
sindacale. «Ad esempio - ha
detto - un decreto vieta ai
sindacati di manifestare nelle
strade».
Analizzando l’attuale dinamica socio-politica del paese,
Calderon ha sottolineato il
ruolo significativo delle chiese nel consolidamento della
pace. «Nell’87, il nostro sindacato è stato invitato a partecipare al “Dibattito nazionale per la pace ’’. La Chiesa
cattolica è stata promotrice
di questo dibattito, che poi
ha assunto un carattere ecumenico».
Rappresentanti di varie organizzazioni popolari, della
Chiesa cattolica romana e di
varie chiese protestanti partecipano al «Dibattito». Il vescovo luterano Medardo Gomez, che fu uno dei principali promotori, continua a giocare un ruolo attivo. «E una
personalità che ha un grande
prestigio all’interno del movimento popolare, perché difende un pensiero libero e
progressista che non viene
strumentalizzato da nessuno», ha sottolineato Calde
ron, che ha riconosciuto anche la forte influenza della
Chiesa cattolica sulla popolazione rurale. Oggi, dice, la
gerarchia cattolica critica il
governo e i partiti politici,
nonché la situazione sociale e
il modello economico.
Il Codydes, che raggruppa
oltre LOCÒ affiliati e che è
gestito da 40 militanti, offre
un’assistenza giuridica e un
accompagnamento diversificato in dieci province del
paese. La ricerca di forme alternative di lavoro e la volontà di migliorare la legislazione del lavoro sono le due
priorità attuali del movimento. Nei prossimi quattro mesi
si prevede di lanciare un dibattito all’interno del movimento sindacale e della società civile nel suo insieme,
in vista di presentare all’Assemblea legislativa una nuova legge sullo statuto dei lavoratori, l’indennità.di disoccupazione e le borse per il lavoro. J. Calderon, che ha la
responsabilità di gran parte di
questo progetto, ha insistito
sugli sforzi del movimento
sindacale per acquistare «autonomia» di pensiero e di
azione.
Il programma di lavoro
della delegazione, comprendeva una visita alla Federazione luterana mondiale
(Firn) a Ginevra. Da tre anni
quest’ultima aiuta una clinica
popolare amministrata dal
Codydes a San Marcos, un
quartiere periferico della capitale salvadoregna. È stato
molto interessante per i rappresentanti della Firn conoscere a fondo il funzionamento di questa clinica, ha
sottolineato Calderon, e capire «che molti disoccupati e
abitanti di San Marcos hanno accesso alla salute pubblica grazie alla solidarietà
di lavoratori europei che appoggiano questo tipo di progetto sostenuto dai luterani».
(Eni)
L'azione viene portata avanti da un movimento diretto da un discepolo di Gandhi
Lotta contro gli allevamenti dei gamberetti
ANNA LUISA LEONARDI
Nel Tamilnadu (India) si
sta conducendo una lotta
nonviolenta contro gli allevamenti dei gamberetti. La guida di questo movimento è Jagannathan, fedele discepolo
di Gandhi e Vinoba Bhave,
compagno e sostenitore di
Krishnammal l’animatrice del
Lafti (Terra per la libertà dei
braccianti). Questa organizzazione, sostenuta anche dagli
obiettori alle spese militari
italiani, opera nel distretto
Quaide-e-Milleth di quello
stato, al servizio degli ultimi,
gli «intoccabili» e le classi
«arretrate», provvedendo loro
terra, bestiame e corsi di alfìibetizzazione e di addestramento a varie attività (tessitura di stuoie, falegnameria,
edilizia, ecc.). Jagannathan sta
lottando strenuamente nello
spirito della nonviolenza, contro i «colossi» della finanza
che per interessi economici
stanno diffondendo anche in
India il flagello costituito dagli allevamenti dei gamberetti
che, come si è visto nelle Filippine e altrove, inquinano la
terra, finora fertilissima (che
produce riso e alimenti di prima necessità), rendendola ste
rile e tolgono l’uso stesso della terra e l’occupazione in attività agricole alla misera manodopera locale. In seguito a
questo, le donne restano del
tutto disoccupate, gli uomini
al 90%. A causa delle infiltrazioni di acqua marina dai bacini in cui vengono allevati i
gamberetti, anche le fonti di
acqua potabile vengono inquinate, creando un grosso problema idrico nella zona. Essendo inoltre considerate attività «industriali» questi allevamenti sono esentati dalla
legge di riforma agraria (Ceiling Act), facendo rinascere il
latifondo. Queste imprese sono economicamente molto
redditizie e, poiché i gamberetti servono per l’esportazione in paesi ricchi, portando
così in India valuta straniera
pregiata, vengono sostenute in
vari modi dal governo.
Fino al 4 agosto la lotta è
stata portata avanti in modo
del tutto nonviolento dalla
popolazione locale che offriva, come dice Jagannathan, il
«Sathyagraha» attraverso
blocchi ai lavori di scavo e di
preparazione dei bacini. Jagannathan si è adoperato in
tutti i modi per far conoscere
a tutti il problema nei suoi
vari aspetti, in particolare ai
capi politici responsabili a livello nazionale e locale, ma
anche agli stessi imprenditori
con cui ha avuto incontri personali. Purtroppo, recentemente, la risposta di chi detiene il potere è stata estremamente violenta: gli imprenditori degli allevamenti di gamberetti hanno ingaggiato dei
«picchiatori» che il 9 agosto,
nel villaggio di Thennampattinam, hanno lanciato pietre
contro i 400 abitanti della zona che si erano recati sul luogo dove, giorni prima, erano
quasi riusciti a far sospendere
i lavori. Molti di loro sono
stati feriti; di fronte al sangue
i manifestanti, in assenza di
Jagannathan, non hanno resistito più e hanno risposto nello stesso modo con cui erano
stati attaccati: nella rissa un
poliziotto è stato ferito e la
polizia ha sparato in aria per
disperdere la folla.
1 teppisti ingaggiati dagli
imprenditori hanno poi incendiato le abitazioni di coloro
che protestavano contro gli
allevamenti. La polizia ha falsificato tutto denunciando addirittura i manifestanti e i sostenitori del Lafti come responsabili di aver appiccato il
fuoco. Lo stesso Jagannathan
è stato arrestato mentre si recava dalle autorità e dalla polizia a testimoniare sulla verità dei fatti. Dopo 20 ore è
stato rilasciato, ma hanno
però incriminato e incarcerato
i suoi più stretti collaboratori,
come i giovani segretari Ravi
e Dhanapathy, persone che
conosciamo personalmente e
a noi molto care. E stata colpita la stessa organizzazione
Lafti. Tutto questo mette allo
scoperto una connivenza tra i
proprietari di allevamenti di
gamberetti e la polizia locale;
la popolazione è minacciata
allo scopo di sopprimere il
movimento nonviolento di
protesta.
Ben 54 famiglie hanno perso la casa e sono rifugiate in
villaggi vicini; gli uomini sono stati falsamente e assurdamente accusati di aver incendiato essi stessi le loro case.
Le donne non osavano rientrare nei loro villaggi finché
gli uomini non venivano liberati dalle false accuse. Jagannathan si è adoperato per far
emergere la verità e la giustizia inviando comunicati stampa con la corretta versione dei
fatti e chiedendo che venissero ritirate le accuse infondate.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
Saint-Exupéry in tenuta da voio
Nel cinquantenario della scomparsa
Kaj Munk pastore
poeta e drammaturgo
Cinquant’anni fa moriva
nei pressi di Maribo, in Danimarca, lo scrittore, drammaturgo e pastore danese Kaj
Munk, fucilato dalla Gestapo
per aver partecipato attivamente alla Resistenza. A dire
il vero nella stessa Danimarca
ranniversario è stato ricordato abbastanza tiepidamente, o
distrattamente, eppure si tratta di una figura eroica della
Resistenza danese, forse il
suo leader spirituale, che fu
pure uno scrittore di rilievo.
In Italia è stato Teodoro
Balma a farlo conoscere, nel
dopoguerra; prima pubblicando nelle sue Edizioni del Candeliere (che avrebbero meritato ben altro successo ma che
dopo pochi titoli si spensero)
un schizzo biografico di
Munk scritto da Gudrun Cavin Olsen, e poi, nella sua collana di lavori teatrali «La scena e la fede», Ordet («La Parola»), il dramma («leggenda
d’oggi in quattro atti») dal
quale il regista Cari Theodor
Dreyer, danese anch’egli,
trasse un film indimenticabile.
Kaj Munk, rimasto orfano
ancora piccolo, visse l’infanzia sballottato fra zii e zie,
per lo più in ambienti segnati
da una severa religiosità luterana di impronta pietista. Formato alla scuola di due professori di tendenze luterane
rivali, risentì profondamente
di questa situazione conflittuale: da un lato gli furono inculcate le idee austere della
«Missione interna», dall’altro
i principi del cristianesimo
«gioioso» di Grundtvig, e
quest’ultimo lo entusiasmò.
E quello stesso conflitto
che, appunto, egli fece poi rivivere in Ordet, scritto nel
1925 e rappresentato per la
prima volta nel 1931. Lo
scrittore ricevette così l’impronta di una fede profonda e
di una passione per la vita e
la trasfuse sia nella propria
predicazione sia nella ricca
opera letteraria e drammaturgica: in essa Dio è sempre
presente, ora nel suo aspetto
più grave e severo, ora e più
spesso, misericordioso e familiarmente vicino.
Eugen Drewermann affronta il racconto di Saint-Exupéry
Una lettura psicoanalitìca
del «Piccolo principe
»
GINO CONTE
Il 31 luglio 1944 scompariva nei cieli, nel suo ultimo
volo di guerra, Antoine de
Saint-Exupéry, aviatore in pace e in guerra, scrittore, universalmente noto per il suo II
piccolo principe: fine misteriosa di una vita avventurosa.
Il piccolo principe viene spesso declassato a delizioso libretto per l’infanzia, mentre è
un piccolo classico che merita
ben altro approfondimento.
L’autore stesso vi scrive:
«Non mi piace che si legga il
mio libro alla leggera».
Non lo prende di certo alla
leggera Eugen Drewermann,
il teologo e psicoanalista cattolico tedesco, in odore d’eresia ma che va oggi per la
maggiore, anche in Italia dove
l’editrice Queriniana sta pubblicando molte opere di questo autore assai prolifico. Ap
punto la Queriniana ha pubblicato nel 1993 un volumetto
apparso in Germania nel 1984
e che ha già conosciuto una
quindicina di edizioni e ristampe; L’essenziale è invisibile. Una interpretazione psicanalitica del Piccolo principe {Quenniam, 1993).
Il saggio, di grande vivacità
e intelligenza, si compone di
due parti. Nella prima l’autore legge capitolo per capitolo
il libro e vuol chiarire il ruolo
delle figure incontrate dal
Piccolo principe, cogliendo e
sviluppando gli aspetti «religiosi» della storia, «quando
narra di un figlio di re apparso tra noi, giunto da una lontana stella; solo breve tempo,
assicura Exupéry, sostò questo figlio di re nel nostro
mondo» (p. 17).
Nella seconda parte, valendosi di strumenti tratti dalla
mitologia, dalla storia delle
Il «figlio di re»
Desta stupore il fatto che sempre, quando i poeti hanno
da dire l’essenziale, attingano alla sorgente dell’immaginario religioso: così nasce la figura del «Piccolo principe» di Exupéry.
In tutto il mondo i popoU narrano di figli di re che da
remote parti della terra giungono agli uomini e sono capaci di vedere tutto con altri occhi. Questo motivo archetipico possiede già di per sé una qualità religiosa ma
Exupéry si accosta ancor più al linguaggio religioso
quando narra di un figlio di re apparso tra noi, giunto da
una lontana stella; solo breve tempo, assicura Exupéry,
sostò questo figlio di re nel nostro mondo, che già entro
l’anno lo attendeva la morte ed egli doveva far ritorno alla luce delle stelle. Eppure la sua venuta non fu inutile,
perché da allora noi possiamo attendere il suo ritorno e le
stelle brillano di altra luce nel buio della notte. Il mondo
non è mutato da quando il «Piccolo Principe» vi ha posto
piede, ma è possibile osservarlo con i suoi occhi e molte
cose che ora ci sembrano serie ci appariranno poi ridicole, molte cose che ci sembrano ridicole appariranno serie,
molte cose grandi risulteranno allora piccole, tante non
appariscenti, grandi e molto si potrà ancora scoprire in
quell’ambito di umanità che è stato rinnegato; fra l’altro,
in particolare, il sognare, l’attendere e l’amare.
religioni e dalla psicanalisi,
Drewermann vuol «fare i
conti» con il libro e con l’autore, cercando i punti di contatto tra il libro, la biografia
e gli altri libri di SaintExupéry. Si scoprirà un autore che non è tutto innocenza e
semplice candore; non tutto
convincerà pienamente, soprattutto nei frequenti raffronti con testi biblici, ma
d’altra parte si resta pure colpiti da intuizioni penetranti.
Del resto Drewermann non
forza davvero il parallelo fra
il «bambino regale» e Gesù, e
osserva la profonda differenza
fra la prospettiva evangelica e
quella di Saint-Exupéry, che
pur con tutta la sua intensità
resta nella dimensione del sogno e della nostalgia. D’altra
parte Dio ha «dato nelle mani» degli uomini il Figlio, come si afferma ripetutamente
negli Evangeli e negli Atti: lo
ha dato anche nelle mani degli
scrittori, degli psicanalisti, dei
teologi e di quella singolare
ibridazione che sono i teologi
psicanalisti o gli psicanalisti
teologi. E ha dato a noi la parola dei suoi testimoni, invitandoci a esaminare ogni cosa
e a ritenere il bene, alla luce
di quella testimonianza: di coloro che hanno udito, visto
con i loro occhi e toccato con
le loro mani la Parola della vita (I Giovanni 1,1) fatta uomo, non sogno né nostalgia.
(da Diaspora evangelica)
SCHEDA
Estetica
e morale
di un pilota
Antoine de Saint-Exupéry è
nato a Lione nel 1900 ed è
morto abbattuto da un aereo
tedesco in un luogo non precisato del mar Tirreno nel 1944.
Proveniente da una famiglia
aristocratica e legata a un cattolicesimo tradizionalista, nel ’
1921 iniziò l’attività aeronautica come pilota militare per
poi dedicarsi all’attività civile, in particolare lavorando
per le linee postali. L’esperienza del volo fu materia di
quasi tutta la sua produzione
letteraria, dalla novella d’esordio L’aviatore ( 1926) e dal
primo romanzo. Corriere Sud |
(1928). Tuttavia la sua visione del mondo, volta all’azione ma al tempo stesso amara i
e disincantata, si concretizzò ì
soprattutto con Volo di notte
(1931), che fu pubblicato con
prefazione di André Gide, e
con il romanzo filosofeggiante Terra degli uomini (1939),
che rivalutava l’eternità dei
valori come l’amicizia e il sacrificio a scapito della modernizzazione.
Nel corso della guerra
Saint-Exupéry scrisse Pilota
di guerra (1942, in cui emerge il suo cattolicesimo), la
favola II piccolo principe
(1943) e la tragica Lettera a
un ostaggio (1944), indirizzata dall’autore esule a un
amico ebreo nella Francia di
Vichy. Sono postumi la raccolta di pensieri Cittadella e i
Taccuini.
Un disegno di Saint-Exupéry per «li piccoio principe»
Televisione: né accettazione né rifiuti di principio
Il training dello spettatore critico
DAVIDE ROSSO
Sono cambiati i tempi. Fino
a pochi anni fa si diceva
«tv finestra sul mondo», oggi
la frase sembra essersi trasformata in «tv falsificatrice della
realtà». La verità probabilmente sta nel mezzo, come al
solito: non tutto ciò che vediamo in televisione è vero,
ma non tutto è falso; tutto
questo fa parte del gioco, sta a
noi al di qua dello schermo
(spettatori) discemere, distinguere, guardare e valutare.
Ultimamente siamo stati
messi di fronte a una quantità
impressionante di falsi televisivi o presunti tali: dalle rivelazioni su alcune puntate del
programma «Stranamore», a
cui avrebbe partecipato un
falso innamorato che sperava
nel ritorno di una inesistente
fidanzata, alla conduttrice di
«Non è la Rai», Ambra, pare
radioguidata dal regista-suggeritore Gianni Boncompagni, dalle scommesse impossibili (truccate?) di «Scommettiamo che?» alla tombola
forse truccata di Pippo Bando, per arrivare alle rivelazioni di un ospite di varie trasmissioni giornalistiche e
talk-show tedeschi che ha di
chiarato di aver inventato, per
soldi, storie di cui sarebbe
stato protagonista.
Il versante delle notizie non
sembra star meglio. In un suo
recente saggio sull’informazione' Claudio Fracassi, a
scopo peraltro esemplificativo, sottolinea tra l’altro come
le notizie giornalistiche non
siano sempre la realtà e come
questo fatto venga poi a volte
ingigantito dalla tv; tra gli altri esempi portati dall’autore
ricordiamo il «massacro di Timisoara» durante i moti rivoluzionari del 1989 in Romania
(massacro che pare non essere
mai avvenuto ma che tuttavia
ci fu propinato da giornali e
televisioni): «Le tv avevano
trasmesso immagini, nient’altro che immagini. E tuttavia
la realtà non fu vista né raccontata. Furono raccontate le
notizie; ma le notizie erano
del tutto diverse dalla realtà.
Erano un ’altra realtà».
Allora che fare? Spegnere
l’elettrodomestico scomodo?
La macchina inventata dall’
uomo per comunicare si è trasformata da potenziale strumento educativo in strumento
diseducativo, come ha sostenuto il filosofo Karl Popper’
poco prima di morire? No, da
più parti ci viene l’invito a
imparare a difenderci, a essere critici, a imparare a riconoscere i meccanismi della tv.
Forse la nostra difesa migliore
è il telecomando, la nostra libertà di scegliere, ma la libertà è piena solo quando è
informata, quando dietro c’è
un sapere che la fonda. Allora
ben vengano le «messe in
piazza» (se non sono strumentali) dei retroscena della tv;
anche questo è un modo di
educare il pubblico a non essere passivo, a essere diffidente e a distinguere.
Nel gioco a due che si instaura tra telespettatore e tv
occorre che il primo si liberi
di quel carico di passività che
si porta dietro da anni. Quindi: non più «tv finestra sul
mondo» ma tv fatta di verità
e falsità, pro e contro; non un
mito, ma uno strumento comunicativo in.serito nel mondo (con tutto ciò che questo
comporta).
( 1 ) C. Fracassi, Sotto la notizia niente. Saggio sull’informazione planetaria. Roma, I libri
dell’Altritalia, 1994.
(2) K. PoppER-J. Condry,
Cattiva maestra televisione.
Suppl. al n. di sett. '94 di «Reset», Roma, Donzelli.
La Rai e una rete francese di fronte ai documenti bellici
Il solo filmato non è una garanzia
ALBERTO CORSANI
Basta un filmato d’epoca
per garantire l’obiettività
di informazione su avvenimenti che ormai fanno parte
della storia? La risposta è negativa: il filmato non basta,
per diversi gradi può discostarsi dalla realtà, o addirittura stravolgerla, o più spesso
presentarla sotto forma ambigua. È quanto si può ricavare
dal secondo ciclo di «Combat
film», andato in onda in dicembre, e da alcune trasmissioni analoghe o a queste avvicinabili.
Abbiamo visto l’autopsia al
corpo del duce, l’ingresso degli inglesi in Ferrara, l’arrivo
degli alleati a Pomigliano
(Napoli, 27 settembre 1943),
l’approvvigionamento idrico
con tubazioni volanti approntate dagli americani in una
Roma senz’acqua, Trieste e le
foibe. I curatori e i testimoni
hanno commentato le immagini, ma qualcosa disturbava
profondamente; le musiche
posticce che, senza aggiungere nulla alle immagini (insufficienti in sé, queste ultime,
ma abbastanza ben spiegate
prima e dopo), sottolineavano
in maniera ridondante i filma
ti. Non.è pleonastico l’uso del
mandolino quando si arriva
nei dintorni di Napoli? E le
«musichine» da commediola
quando le ragazze italiane abbracciano e baciano i soldati
Usa? Sembra quasi che si voglia avvalorare il documento
(perché pur sempre di documenti si tratta) per mezzo della tradizionale oleografia di
un cinema nazional-popolare
che ha una sua dignità se non
ha altre pretese che di esser
se stesso.
La musica era certo indispensabile quando altri filmati
venivano realizzati, con intento opposto, dai governi in
guerra. Se ne ha una dimostrazione nella serie di trasmissioni della rete culturale
franco-tedesca Arté, che con
il titolo «Histoire parallèle»
segue il calendario di 50 anni
fa per proporre i cinegiornali
d’attualità di produzione giapponese, tedesca e statunitense.
La musica è qui presente dall’origine, sotto forma di marce, di melodie ora eroiche ora
tragiche, a commento delle
immagini prodotte dalla Paramount sull’offensiva delle Ardenne, che prese alla sprovvista le forze alleate.
Tutto a posto dunque? No:
lo chiarisce (ma dallo studio,
dall’interno della trasmissione stessa) Marc Ferro, il più
autorevole studioso europeo
dei rapporti fra cinema e storia; il paesaggio non è quello
delle Ardenne, e il commento
parla dell’attacco tedesco come di un evento previsto dagli americani, per mostrare
quale sia stata la pronta risposta (in realtà fu un disastro!).
Eppure, dice Ferro, «dal punto di vista informativo la musica tragica tradisce l’intenzione di chi ha realizzato il
filmato». C’era dunque stato
davvero uno sconcerto e un
orrore che si è trasfuso nel
commento sonoro malgrado
le intenzioni trionfalistiche e
propagandistiche.
Possiamo ancora citare
L’occhio di Vichy. film di
montaggio di documenti realizzato da Claude Chabrol nel
1993 e trasmesso poche settimane fa da Raitre: esso utilizza il sonoro, doppiato, di quei
cinegiornali apologetici e
eventualmente le musiche
dell’epoca: sono tutti casi diversi, scelte operative diverse,
che testimoniano però tutte
della necessità di valutale con
cautela ciò che sembra essere
«nient’altro che la verità».
13
venerdì 13 GENNAIO 1995
Cultura
Un ricordo della poetica di un artista dotato di grande sensibilità spirituale
PAG. 9 RIFORMA
Leonardo Ricci e il suo progetto
un^architettura che sia percorso
per
di vita
■■
MIRELLA LOIK
Leonardo Ricci, nel ricordo che ho di lui, appare
uomo di pensiero, profondamente attento e accorto alla
visceralità delle manifestazioVni umane nella sua vita terrena, sempre presenti nel suo
inomento di ideazione progettuale.
Eccomi allora a ripercorre're quel suo diario del Ferragosto 1983, quando seduto al
bar veneziano «Roberto» a
■ Campo San Marco, Leonardo
-Ilicci si compiace che tutto
quello che gli sta attorno è un
■ gioco meraviglioso di bambini e piccioni: «1 bambini giocano a palla. Quando la palla
invade la zona dei piccioni
^ questi si alzano in volo. Non
si sa .chi vincerà la partita. In
questo stupendo parco architettato ci sono mamme, carrozzine, cani, turisti, pensioj^nati. C’è anche un pazzo,
pensionato dalla vita prima
del tempo. Pensionati. Coloro
'’ che si avvicinano, più di altri,
alla morte. Dolcissima morte.
Amica e sorella, o amico e
fratello. Né padre né madre.
Questa è la radice. Fare archi.'tettura come prepararsi alla
morte. Prepararsi alla morte
'non significa dimenticare la
• vita. L’unica cosa che vera^ mente mi ha interessato»,
ji. Ricci parla di «segnali nuovi», che ha cercato in tutti i
modi di «nominare» come
Uf combattuto pur sempre fra
«frammenti di spazi nuovi»
. , che facevano bene al suo es"¿ sere uomo e «frammenti vecchi» che invece lo laceravano
„^spiritualmente, non rasseA^gnandosi al fatto che, anche
all’ interno degli specialisti
. come lui, si alternassero le
"'posizioni tra sostenitori di
un’utopia per una città di una
società diversa e conservatori
di sorpassate situazioni e superate ideologie.
Le sue opere progettuali
entrano ora nel grande museo
intemazionale dell’architettuja contemporanea. E venuta a
mancare con lui quella poeti
.ÉH^ <
Lo sviluppo di Agape nel paesaggio circostante
cità di cui l’architettura attuale ha tanto bisogno, e a cui la
società sembra invece non
credere e concedere nulla; ma
rileggendo i suoi pensieri, dove con «i frammenti dello
spazio» costruito emergono
«frammenti di sogni» per una
nuova architettura che verrà,
si può riconoscere la sua speranza per una collettività diversa.
Il suo è stato un percorso di
vita intensa, vissuto con un
riferimento progettuale preciso, che non fosse solo tecnico
ma anche altamente dimostrativo, nello studio del rapporto
tra uomo e ambiente, tra uomo e società, tra uomo e cultura, tra l’uomo e se stesso.
Tra i lavori di Ricci più importanti, non si può non ricordare i due capolavori- ideati
per la .Chiesa valdese, a Frali
e a Riesi: il primo. Agape,
realizzato dal 1946 al 1951,
in quel clima iniziale della
Ricostruzione che architettonicamente si dibatteva tra una
produzione edilizia di maniera moderna e la ricerca di
nuove istanze propositive (ad
esempio il Neorealismo progettuale) che a Roma vedeva
impegnati Ludovico Quaroni
e Mario Ridolfi, con Bruno
Zevi quale teorico organico, e
che a Firenze aveva appunto
Ricci quale esponente più
emergente, per quanto distaccato ma ugualmente esplicito.
Esplicito soprattutto ad
Agape, dove la disposizione
dell’intero impianto compositivo e lo stesso impiego locale dei materiali costruttivi,
organizzati in una rigida geometria espressiva, dichiaravano questa sua entusiastica
adesione alla nuova realtà italiana da edificare; che non è
soltanto il riflesso di una fede
religiosa, ma costituisce invece il concreto riscontro di una
convinzione operativa, poi difatti sviluppata, subito dopo,
nelle varie tipologie sperimentali del Villaggio di Monterinaldi.
Una concezione in fondo
lucidamente laica (nonostante
tutte le forzate interpretazioni
che su questo aspetto ideologico si sono diversamente
volute fornire) che si può riscontrare sempre confermata
nelle idee e nell’azione, per
tutta la sua vita e anche in
punto di morte.
Una laicità illuminata che
anche a Riesi lo ha portato a
provocare un progetto di socializzazione intenso e rappresentativo, carico di tensione, ovviamente religiosa, per
il rapporto spirituale con il
«Servizio cristiano» valdese,
ma altrettanto denso di novità
linguistica architettonicamente, quale proposta di rinnovato messaggio compositivo per
l’intera disciplina progettuale
e infatti nuovamente attuato
in sintonia con le trasformazioni plastiche dell’iniziante
architettura post moderna (il
cambiamento espressivo dell’ultimo Le Corbusier soprattutto), la proposta di Riesi
(1959-64) elabora un’immagine completamente diversa
da quella della comunità di
Agape (quasi conventuale e
piuttosto isolata), confomiandosi in una complessa frammistione di forme elaborate,
curvilinee e intersecate, come
la cultura siciliana, ma del
tutto liberate dalle rigide scatolarità della tecnica costruttiva; forme plastiche avvolgenti, relazionate al paesaggio e
agli aspetti naturali, alla distensione della pace e aH’irregolarità del caso.
Nelle ultime opere, infine,
quelle degli anni Ottanta,
l’esuberanza di Ricci esplode
in altre e differenti tipologie
espressive, di piena contemporaneità architettonica, in
cui la secca volumetria geometrica si collega al complicato strutturismo delle virtuosità tecnologiche e alle articolazioni spaziali rapportate alla
fase conclusiva di Carlo Scarpa e all’organicismo maturo
di Frank Lloyd Wright.
, L’architetto Ricci appartiene a quei tecnici costruttivi
che non si limitano alla primaria e indispensabile fase
tecnico-pratica, ma che giungono a quella complessissima
elaborazione spirituale che lo
ha distinto, che lo fa amare e
che non lo fa dimenticare ai
sensibili contemporanei per
una felice continuità dell’architettura.
Trieste: una conferenza d'attualità organizzata dalla Chiesa valdese e «Italia nostra»
Il degrado può uccidere Tanima delle città
marie-frange maurin coìsson
Oltre i concerti organistici
organizzati dal Centro
culturale elvetico-valdese
,«Albert Schweitzer» di Trieste, fra le varie conferenze
prevalentemente a carattere
biblico e teologico, ultimamente ha avuto luogo nella
nostra chiesa romanica un incontro sul tema: «Degrado di
una città», in collaborazione
con l’associazione Italia no' stra, con l'obbiettivo di sensibilizzare alla tutela del patrimonio architettonico. Anche
se a volte si tratta di architettura «minore» infatti, angoli
caratteristici di una città,
spesso nascosti, rimangono
testimonianza di un'identità
culturale da salvare dall’abbandono o dalla distruzione.
Antonella Caroli ha rievocato, utilizzando le diapositive raffiguranti vie sbarrate
. perché pericolose e vecchi
quartieri che sarebbero suggestivi se ripristinati, alcuni
aspetti storici che si possono
celare dietro un frontone di
porta, un pozzo pubblico dell’
I . ^oca in cui non c'era acqua
Il vecchio e il nuovo nel centro storico di Trieste
corrente nelle case, un canaletto in mezzo alla strada, costruzioni sulle vecchie mura
della città, botteghe medievali: tutte strutture da salvaguardare e non da eliminare.
Discutere su alcuni nuovi
problemi (la nuova tipologia
edilizia riesce a rispettare e a
non contaminare il carattere
originale della città? Ricostruire o restaurare?) può aiutare a non fare una «storia
statica» ma a valorizzare an
Un ricordo del drammaturgo inglese
Scomparso Osborne
mise in scena Lutero
LYDIA SCHROPP
che i cambiamenti avvenuti
sia nei metodi di costruzione
sia nei materiali utilizzati; è
importante seguire gli studiosi, per esempio, quando dicono: «Qui arrivava il mare, la
locanda offriva ristoro ai marinai, altrove c’era il ghetto
ebraico».
Questo sforzo di porre in
primo piano un recupero rispettoso di luoghi che hanno
costituito il cuore vitale di
una città interessa non solo
Trieste, importante per la sua
posizione mitteleuropea i cui
resti sette e ottocenteschi del
periodo austroungarico costituiscono un «unicum» in Italia, ma può essere di stimolo
per elaborare altrove dei documenti di divulgazione affinché istituzioni, privati e associazioni di volontari possano impegnarsi per restituire
questo patrimonio a tutta la
città. Antonella Caroli sta per
pubblicare un libro dal titolo
«Trieste che scompare» e ritiene che una ricerca simile al
fine di censire elementi architettonici da conservare potrebbe essere ripresa in incontri parlamentari.
Il 24 dicembre è morto in
una clinica inglese John
Osborne. Nel breve necrologio televisivo che gli è stato
dedicato è stata ricordata la
sua prima opera Look back in
anger («Ricorda con rabbia»)
che, messa in scena a Londra
nel 1956, segnò una rottura
con il teatro tradizionale e
spinse altri autori, gli «Angry
young men» (giovani arrabbiati) a comporre drammi su
argomenti di attualità, in cui i
personaggi principali manifestavano apertamente e senza
eufemismi la.loro protesta nei
confronti della società. Opere
successive furono Prova
inammissibile (1965), e Albergo ad Amsterdam (1968).
Nel 1962 fu messo in scena
per la prima volta il dramma
Lutero*. Nei tre atti che lo
compongono Osborne rievoca i momenti più significativi
della vita del riformatore, dalla consacrazione a monaco
nel convento degli Eremiti di
sant’Agostino a Erfurt (1506)
alla sua polemica con il domenicano Giovanni Tetzel
per la pratica delle indulgenze, alTaffissioné delle «95 tesi» sulla porta della chiesa di
Wittenberg, alla distruzione
in pubblico della Bolla papale. È un Lutero irato, che si
scaglia contro un’istituzione
che con il passare degli anni
sembra sempre più autoritaria
e disumana, priva di fondamento biblico.
In questa lotta impari con
l’istituzione Lutero riesce a
strappare delle concessioni
che gli garantiscono la sopravvivenza personale e la facoltà di diffondere il proprio
messaggio, ma non riesce a
cambiare l’ordine sociale perché l’ultimo della gerarchia.
Lutero
il contadino, viene sacrificato
nella guerra. Lutero vede nel
caos della guerra la conferma
dell’esistenza del diavolo,
mentre il cavaliere, suo antagonista, gli rimprovera di
aver tradito la causa dei poveri e anche la sua stessa fede.
Il dramma quindi mette in
scena gli attimi decisivi della
sua vita; diventato personaggio pubblico, coinvolge nelle
sue scelte il destino di tutto
un popolo. E" solo, e si basa
unicamente su quanto ha appreso dalla Bibbia, ma il dubbio lo corrode intimamente,
tanto che nel 3° atto Osborne
gli fa raccomandare dal priore agostiniano e confidente
Giovanni von Staupitz di non
mostrarsi troppo violento e di
non esser convinto di avere
sempre ragione. Il dramma
tra l’altro si presta anche bene
alla discussione sull’eventuale responsabilità di Lutero nel
massacro dei contadini, e sul-'
la questione della decisione
personale dell’individuo.
(*) Il dramma era stato pubblicato, insieme con altre opere,
nella collezione di teatro Einaudi, nel cui catalogo tuttavia è a
tutt’oggi reperibile il solo Ricorda con rabbia.
Televi:
Una rete per i giovani
Dalla metà di dicembre ha iniziato la programmazione un
nuovo canale televisivo francese, la Cinquième, che si rivolge’
essenzialmente a ragazzi e giovani. Si tratta di un canale sorto in
collaborazione con la rete franco-tedesca Arté, che di quest’ultima condivide la frequenza fino alle 19. La prima parte della programmazione della rete culturale Arté viene infatti diffusa per
via cavo, e proprio fino alle 19 si possono seguire i programmi
della Cinquième: caratteristica di questa rete è di offrire una programmazione a carattere pedagogico-educativo e culturale in
senso lato (abbondano i documentari, ma non noiosi) senza far
pesare a chi guarda il tipo di pubblico a cui essenzialmente si rivolge. Così, al di là dei programmi informativi più specifici
(sulla salute, sui diritti e le procedure per i giovani alle prese
con il primo impiego e i relativi contratti), la visione è interessante per chiunque e non assume né toni predicatori né modi didascalici. Non mancano in queste prime settimane i programmi
di valore sociale, che affrontano per esempio i problemi di chi
cerca di uscire dalla droga, o quelli di informazione preventiva
sul problema Aids. Spiccano poi, nell’ambito di una moderna
televisione educativa, i programmi destinati all’insegnamento
delle lingue straniere; la Cinquième, fra i cui responsabili c’è
anche il filosofo Michel Serres, utilizza tra l’altro a questo scopo i vecchi telefilm della serie Rintintin. Spiccano poi, nelTambito di una moderna televisione educativa, i programmi destinati
all’insegnamento delle lingue straniere: la Cinquième, fra i cui
responsabili c’è anche il saggista Michel Serres, utilizza tra l’altro a questo scopo i vecchi telefilm della serie Rintintin. La Cinquième (che non ha ovviamente più nulla a che vedere con
l’esperienza di breve durata della Cinq berlusconiana).
Per i vostri acquisti, per gii abbonamenti ai periodici evangeiici
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14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
Agenda
MILANO — Al Centro culturale protestante, conferenza del prof. Bruno Corsani
su «Itinerario cristologico; il Gesù di Giovanni»; ore 17, via Francesco Sforza 12/a.
RAPALLO — Si tiene TAssemblea
straordinaria del Coordinamento delle
chiese battiste in Liguria; ore ore 15,30, presso la chiesa
battista in via Betti 231.
TORINO — A cura del Centro evangelico di cultura
Arturo Pascal, dibattito su «L’occidente e le nuove forme di religiosità» con il prof. Giovanni Filoramo e il pastore Fulvio Ferrano; ore 15,15, nella sala di corso Vittorio Emanuele 23.
GENOVA — Il Corso di voci bianche del
Convitto nazionale «Cristoforo Colombo», diretto dal maestro Paolo Vigo, presenta nella chiesa battista di via Dattilo
30, alle ore 15,30 una rassegna di canti natalizi europei.
MILANO — Si tiene l’incontro con il rabbino G. Laras
che commenterà il suo messaggio inviato alle chiese cristiane milanesi; ore 16, in via Sambuco 13; informazioni
02-6886612.
ROMA — Sesta «giornata dell’ebraismo» a cura
dell’Amicizia ebraico-cristiana. Alle 17 nell’aula magna
della Facoltà valdese di teologia, via Pietro Cossa 40, con
la partecipazione del rabbino capo di Roma, Elio Toaff, e
del prof. Andrea Riccardi, della Comunità di S. Egidio.
TORINO — La «scuola di pace» dei «beati costruttori
di pace» propone la lezione; «L’Onu ha 50 anni; può salvarci dal flagello della guerra?». Relatore il prof. Antonio Rapisca, di Padova; sala di via Magenta 29, a partire
dalle ore 9,30 fino alle 17,30.
NAPOLI — In occasione della giornata
ebraico-cristiana si tiene alle ore 17, presso
la chiesa di Santa Maria di Piedigrotta, una
conferenza sul tema «La coscienza cristiana di fronte all’elezione di Israele». Introducono la pastora Teodora Tosarti e il padre gesuita Saturnino Muratore.
GENOVA — Si tiene una conferenza
dell’on. Domenico Maselli sul tema «Le
radici comuni bibliche e teologiche del
mondo cristiano»; ore 21, presso il circolo
valdese di via Assarotti 21.
TORINO — Nel quadro della Settimana
per l’unità dei cristiani padre Giorgio Vasilescu tiene la
liturgia ortodossa (inno akathistos).; ore 18,30, presso il
santuario della Consolata.
TORINO — Presentazione del volume di Giorgio Merlo «Cattolici democratici in “settegiomi”» partecipano
Sandro Fontana, Ruggero Orfei, Gian Giacomo Migone,
Michele Torre; ore 21, presso il Circolo della stampa in
corso Stati Uniti 27.
FIRENZE — Inizia il convegno «Per una cultura della
convivenza democratica e della solidarietà». Intervengono P. Ricoeur, S. Lukes, G. Zincone, A . Nesti, S. George, P. Barcellona, S. Zamagni, G. De Rita. Alle ore 15
al Palazzo dei Congressi. Informazioni 055-2760234.
TORINO — Sul tema «La musica protestante nella storia e nel culto» la Corale
della Chiesa valdese tiene un concerto
presso la parrocchia di Santa Rita; ore 21,
in piazza Santa Rita da Cascia. Informazioni 011-6692838.
PADOVA — Il Centro di studi «Marco
Salizzato» organizza un dibattito su «Un
testimone della Parola; Dietrich Bonhoeffer». Introducono il past. Eckart Schultzerberg della Chiesa luterana di Abano Terme
e il prof. Carlo Scilironi dell’Università di
Padova; alle ore 21, presso la Chiesa metodista di corso
Milano 6.
TORINO — Nel quadro della Settimana per l’unità dei
cristiani il teologo Carlo Molari parla sul tema «Cristiani
disuniti di fronte alle altre religioni»; ore 21, sala don
Bosco della chiesa di Maria ausiliatrice a Valdocco.
TORINO — Nel quadro della Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani si tiene la liturgia ecumenica a cura del Sae; ore
18,30, nel tempio valdese di corso Vittorio
Emanuele, 23.
MILANO — Il Centro culturale protestante organizza alle ore 18, presso la Libreria
Claudiana di via Francesco Sforza 12/a, la
conferenza del prof. Paolo Ricca sul tema
«La paura del vuoto nel nostro tempo».
CULTO EVANGELICO; ogni domenica
mattina alle 7,30 sul primo programma radiofonico della Rai. 15 gennaio; predicazione del pastore metodista di Genova,
Valdo Benecchi; inoltre notizie dal mondo
evangelico italiano ed estero, appuntamenti
e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva realizzata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne da Raidue alle 23,30 circa e, in
replica, il lunedì della settimana seguente
alle 8,30.
Un viaggio organizzato da «Confronti» alla scoperta della storia contemporanea
In Europa senza dimenticare il passato
PIETRO ROMEO
FEDERICA TOURN
Nel corso del viaggio organizzato da «Confronti» siamo arrivati a Dachau il
mattino presto; una cittadina
brutta, di palazzi uguali e
squadrati, tristemente conosciuta per il campo di concentramento allestito dai nazisti nella seconda guerra
mondiale. Un testimone inaspettato ci racconta, in tedesco, molti particolari di quel
luogo: «Io ero un prigioniero
politico nel campo e, dopo la
Liberazione, ci torno ogni
giorno, facendo da guida alle
scolaresche, se mi capita». Ci
mostra alcune tombe nascoste
e un muro dove si possono
ancora vedere i buchi dei
proiettili delle fucilazioni.
Il campo di Dachau non era
deputato a luogo di sterminio
per gli ebrei ma era un campo di concentramento dove
gli internati venivano fatti lavorare in condizioni disumane: i primi ad essere rinchiusi
e a morire qui sono stati tedeschi dissidenti e scomodi al
regime nazionalsocialista.
Visitiamo anche le camerate
dove i deportati vivevano
ammassati, i forni crematori
e la camera a gas che però
non fu utilizzata grazie all’arrivo degli americani. All’interno del campo sono stati
successivamente costruite
una sinagoga, una chiesa cat
II muro di cinta del campo di concentramento di Dachau
tolica e una chiesa evangelica, tre strutture molto piccole
e simboliche.
Dopo la desolazione di Dachau visitare Strasburgo, sede del Parlamento europeo,
ha il senso di un collegamento, di un raffronto fra la
rivisitazione storica di quegli
anni e anche la presa di coscienza della realtà odierna
della nostra Europa. Alla visita all’emiciclo durante una
sessione del Parlamento, è
seguita una «conferenza» con
alcuni parlamentari europei
italiani e una spagnola, ai
quali abbiamo potuto chiedere non solo spiegazioni ma
esporre proposte e idee per
una sensibilizzazione sempre
maggiore, soprattutto dei
giovani, alla vita politica e
sociale europea. «Se vi chiedono a cosa serve il Parlamento europeo - dice Fon.
Imbeni, del Partito socialista
europeo - potete rispondere
molto semplicemente che
senza l’Unione europea in
soli cinquant’anni l’Europa è
stata capace di scatenare due
guerre mondiali e un olocausto razziale». Inutile ricorda
re a questo proposito che non
si può smettere di vigilare,
che parlare di speranza non
basta. Lo diceva bene Primo
Levi ne «I sommersi e i salvati»; «L’uomo e il genere
umano, noi insomma, sono
potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di
dolore e il dolore è la sola
forza che si crei dal nulla,
senza spesa e senza fatica:
basta non vedere, non ascoltare, non fare».
2 - Fine. Il precedente articolo è stato pubblicato sul n.
1/95 a pag. 5
Discutiamo il documento Leuenberg-battisti in vista dell'Assemblea-Sinodo
I battisti hanno origine dalla Riforma
SALVATORE RAPISARDA*
ABensheim, Germania,
una anno fa, si tenne un
incontro tra rappresentanti
delle chiese della Concordia
di Leuenberg (luterane, riformate, luterane-riformate unite) e delle Unioni di chiese
b'attiste europee. Di recente
«Riforma», n. 40 del 21 ottobre ’94, ha pubblicato il documento finale e sollecitato
osservazioni da parte di chiese e lettori, specialmente in
considerazione degli attuali
rapporti tra chiese battiste,
metodiste e valdesi e in vista
dell’Assemblea-Sinodo che si
terrà il prossimo agosto. Scopo dell’incontro di Bensheim
e della diffusione del documento è quello di una reciproca conoscenza in vista di
un maggiore e migliore lavoro comune.
Da battista desidero intervenire col presentare i battisti, a
cominciare dal dibattito che
tra battisti si ha a proposito
dei battisti stessi. Per alcuni, i
battisti non sono protestanti,
perché si riallaccerebbero ai
movimenti ereticali che hanno
accompagnato la storia della
chiesa, quindi la loro origine
va ricercata nei movimenti
settari (nel senso sociologico
di Troelscht) precedenti la
Riforma. Altri, ma li ricordiamo per dovere di cronaca, riconducono l’origine dei battisti a Giovanni il Battista. Altri
ancora pensano che i battisti,
ancorché non in modo diretto,
vadano fatti risalire agli anabattisti e all’ala radicale della
Riforma del XVI sec. Per finire, abbiamo quanti collocano
l’origine dei battisti nel flusso
riformatore inglese che va
sotto il nome di puritanesimo,
separatismo, dissidenza.
Se è assodato oggi che l’origine dei battisti va collocata
in Inghilterra agli inizi del
XVII secolo, una non piccola
complicazione si ha nel fatto
che agli inizi i battisti si presentano come due famiglie
separate, come due denominazioni distinte. Esse hanno
in comune il battesimo dei
credenti ma danno accentuazioni diverse alla dottrina della chiesa, della fede, della
grazia. Per quanto riguarda la
dottrina della salvezza, gli uni
sostengono la validità universale del sacrificio di Cristo, si
chiameranno «generali» e militeranno nel fronte teologico
arminiano; gli altri sostengono la dottrina della predestinazione, quindi della limitata
validità dei benefici dell’opera di Cristo, limitata, o riservata, agli eletti. Per questo si
chiameranno «particolari» e
militeranno nel fronte teologico calvinista.
La storiografia battista oggi
non dà alcun credito alla teoria che vorrebbe collocare
l’avvento dei battisti in epoca
anteriore alla Riforma; quell’origine va collocata a pieno
titolo nella Riforma del XVI
secolo. Infatti non si spiegherebbero altrimenti il Sola
Gratia, il Sola Scriptura, il
Solus Christus, il sacerdozio
universale di tutti i credenti
che, nelle loro confessioni di
fede, i battisti ribadiscono
continuamente. Va sottolineato che per Riforma, nella
storiografia battista, non va
intesa soltanto la Riforma appoggiata dallo stato (Germania, Ginevra, Zurigo, Olanda), ma anche l’ala radicale
disseminata e perseguitata in
tutta l’Europa.
Nell’Inghilterra del XVll
secolo, dal punto di vista sociologico e politico, i battisti
sono vicini ai presbiteriani e
militano nell’esercito di
Cromwell, contro l’assolutismo monarchico, a favore del
Parlamento; dal punto di vista
ecclesiologico sono per la costituzione di chiese di creden
ti confessanti, chiese separate
dallo stato, chiese che praticano il battesimo dei credenti. La loro collocazione socio-politica ed ecclesiologica
li pone in conflitto con la corona e con la chiesa d’Inghilterra alleata della corona. Per
questo saranno perseguitati,
prima e dopo la rivoluzione di Cromwell, e saranno
costretti ad emigrare nelle
colonie americane. In questo
la loro sorte non sarà diversa
da quella di molti compagni
di avventura: presbiteriani,
quaccheri, mennoniti.
Se si eccettuano alcune iniziali scaramucce nel Massachusetts agli inizi del XVII
secolo, tra battisti nuovi arrivati e coloni presbiteriani già
insediati a proposito della libertà di coscienza, in generale i rapporti tra battisti e chiese della Concordia di Leuenberg (luterane e presbiteriane)
non sono stati conflittuali.
Nel Nuovo Mondo le chiese
si sono unite o divise su questioni teologiche, sulla loro
partecipazione ai grandi risvegli wesleyani, sulla loro
stratificazione socio-politica,
sulla questione della schiavitù
ecc., ma tale dialettica va vista in senso orizzontale, non
verticale. Si tratta di una dialettica che ha attraversato le
denominazioni, non che ha
schierato le denominazioni su
fronti contrapposti. In questo
senso si può ben dire che tra
chiese battiste e chiese della
Concordia non vi sono stati
conflitti, non c’è nessun conflitto o rancore atavico dovuto a persecuzioni che debbano essere digeriti, perdonati,
riconciliati.
Il battismo italiano, sorto
tramite missionari inglesi e
americani, non ha co.scienza
di tali conflitti. Il Dna dei
battisti italiani è immune dal
virus del martirio o della rivincita. Anzi, proprio perché
cosciente della sua matrice
protestante e riformata, il battismo italiano preme per il
dialogo e, perché no, per la
condivisione del proprio specifico nella misura in cui ha
validità storica, teologica e
costituisce un passo avanti
nell’evangelizzazione, cioè
nella comunicazione del messaggio cristiano alla società
di oggi.
Certo, altre unioni battiste,
per esempio quelle deH'Europa centrale, possono avere
avuto momenti di conflitto
con le chiese della Concordia.
Ma si tratta di conflitti teologici o. se di carattere sociologico, non molto diversi da
quelli che le chiese protestanti
italiane hanno conosciuto in
un contesto di chiesa di stato
quale è la realtà italiana con la
sua forte presenza cattolica.
Non possiamo confondere il
pregiudizio dottrinale, legato
a un’epoca di mancanza di
dialogo, con la persecuzione.
Questa è stata praticata nei
confronti degli anabattisti, dei
mennoniti, in epoche quando i
battisti non esistevano, ma
non nei confronti dei batti.sti. |
Il Documento di Bensheim
pone una serie di domande a
cui bisognerà rispondere tanto
a partire dal proprio specifico
ecclesiastico, quanto con un
riesame della nostra lettura biblica e della nostra posizione
teologica, quanto ancora dal
nostro rapporto con la società
e in vista di una sua evangelizzazione. Mentre ringrazio
«Rifórma» per l’apertura del
dialogo, voglio sperare che le
chiese, proprio in vista dell’
appuntamento del prossimo
agosto, vogliano mettere insieme gruppi di dialogo e di
ricerca che non facciano cadere nel dimenticatoio' le questioni qui sollevate.
* Segretario del dipartimento di Teologia delTUcebi
15
venerdì 13 GENNAIO 1995
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Posta
Le ragioni dei
repubblicani
americani
Il beH’articolo di Jean-Jacques Peyronel «Come hanno
votato gli americani» (Riforma àù 9 dicembre) apre una
finestra di modernità sul nostro giornale presentando una
tabella, parzialmente rilevata
dal New York Times, nella
quale compare una statistica
finalizzata all’analisi sociologica di cui gli americani sono
maestri.
X’interesse ai numeri di
quella società pragmatica sta
nel voler offrire ai ricercatori
elementi validi alla formulazione di ipotesi da verificare
correlando le variabili opportunamente quantizzate. Per
noi italiani queste sono cose
di un altro pianeta, non perché slamo insensibili al voler
conoscere in profondità il significato di eventi, per certi
aspetti, paradossali o sorprendenti ma perché, coniugando
le nostre radici umanistiche
con la nostra creatività, pretendiamo di spiegare le cose
prescindendo dalla ricerca
empirica ovvero, come seguaci di Machiavelli, di non
volerle spiegare affatto.
Se l’autore dell’articolo mi
consente l’osservazione, io
avrei tentato di interpretare il
maggior voto delle chiese ai
repubblicani, cioè a chi privilegia l’economico sul sociale,
per l’esigenza di ottenere un
sostegno migliore alle proprie
opere benefiche; mentre i ceti
più ricchi, verosimilmente
appartenenti alla costa occidentale, più moderna e cosmopolita ma forse più fortemente inquinata dalla devianza* hanno votato di più per i
democratici perché, con il loro maggiore impegno nel sociale, possono rimuovere alcune importanti forme della
devianza stessa.
È chiaro che a queste ipotesi altre potrebbero sostituirsi
e che, comunque, nessun fenomeno del comportamento
collettivo è privo di motivazioni. L’autore dell'articolo
CONTRAPPUNTO
Si
può governare la complessità italiana?
SERGIO PA3ETTO
Dopo l’apertura della crisi
di governo, gli sviluppi
delle consultazioni per la sua
soluzione, gli ultimi interventi pubblici del presidente
del Consiglio, ritengo sia ancora più chiaro che cosa significhi il «fenomeno Berlusconi». Ravviserei tre incocrenze, incongruenze 0 anche
anomalie:
IXBerlusconi si riferi.sce al
voto popolare del 27 marzo
’94 come investitura a governare senza intoppi parlamentari; abbiamo una disinvolta interpretazione del voto, forzando anche i numeri,
inducendo il pubblico a
prender per buoni quelli for. niti dal premier; Forza Italia
ha ottenuto alle ultime elezioni circa il 20% dei voti.
Alleanza nazionale il 13%,
Ccd e Lista Pannella un 3%.
Totale; 36%.
Mi pare che non si possa
dire che questa sia una percentuale con la quale si governa senza problenai, avendo ricevuto un’investitura
piena dal popolo. È chiaro
che nel calcolo non si pqò
più contare la Lega dopo la
nota rottura della coalizione
da parte di Bossi e, finora, la
modèsta consistenza parlamentare del dissenso antibossiano tra i leghisti.
Allóra Berlusconi induce
non a un’analisi realistica
della situazione ma a una
presentazione di opinioni già
confezionate alle qual i va data adesione senza ragionarvi,
del tipo; chi comanda pensa
per te, non mettere in dubbio
il manovratore, altrimenti si
rema contro, ecc. Pertanto
nessun rapporto con il consenso ragionato che contraddistingue una democrazia.
2) Il potere va occupato, le
regole sono adattabili a chi
comanda, bisogna <<lasèiar
lavmare senza disturbare».
Se il governo non ha più la
maggioranza in Parlamento,
il Parlamento è «delegittimato» (parole del premier), chi
abbandona la coalizione è un
«traditore», il presidente della Repubblica deve accettare
l’opinione del capo del governo e limitarsi a fare il notaio che registra la necessità
(ritenuta tale dal presidente
del Consiglio) di andare a
nuove elezioni, sciogliendo il
Parlamento ingrato e traditore. È una logica da capo di
azienda, che considera le
istituzioni repubblicane suoi
uffici da manovrare e usare a
proprio esclusivo vantaggio.
Ciò impedisce anche di
cogliere quelle significative
distinzioni dialettiche che
avvalorano una democrazia,
consentendo pluralismo e
tolleranza; al punto che persone legate a una logica di
fede molto integralista come
la presidente della Camera,
Pivetti, e il presidente della
Repubblica Scalfaro possono divenire, come è accaduto nella seduta sulla Rai e
nel messaggio di fine anno,
difensori della tolleranza e
della laicità.
Penso che a nessuno sia
sfuggito il riferimento di
Scalfaro‘al pontefice e ai
«pastori delle altre confessioni», cosa non di poco
conto per un cattolico della
sua formazione. Che dire allora, anche in casa protestante, circa il favore espresso non da pochi al laico «liberale» Berlusconi, che ora
si dimostra essere né laico
né liberale?
3) Da quanto detto sopra e
dalle recenti «esternazioni»
dei vari Previ ti. Dell’litri,
Meluzzi, ecc. emerge una
visione del paese e del suo
sviluppo economico del tutto aziendale, riprendendo un
vecchio luogo comune che
vede la conduzione del paese come assimilabile alla logica dell’azienda: una sana
economia non significa trattare la complessità e le molte articolazioni del governo
dell’Italia come si trattasse
di far quadrare i conti di
un’azienda, ignorando i prò-,
blemi di morale (e quindi di
libertà, solidarietà, responsabilità, per citarne solo i fondamentali) che vanno affrontati senza dilazioni. O
riteniamo che sia prevalente
l’amministrare comunque,
con rigidi schemi, senza una
ragione che illumini come,
per chi, a qual fine si amministra?
E se si amministra facendo
prevalere l’interesse del singolo o di un gruppo non si è
fuori della democrazia laica,
’ liberale, che consente autocritica e correzione? Non
credo si possa dire che questo sia invitare al dirigismo
anticapitalistico, ma mi pare
sia aprire la porta alla realizzazione di una democrazia
come riconoscono molti teorici attuali sostenitori del capitalismo.
probabilmente non tarderà a
scoprirle dalle colonne del
New York Times e vorrà
esporle a beneficio dei propri
lettori.
Romano Contini - Ivrea
Grazie
pastore Tourn
Ho letto sul n. 49 di Riforma l’articolo del pastore
Giorgio Tourn, Le identità
nascono dai grandi progetti,
in cui parla dell’America Latina, in particolare di Argentina e Uruguay. Devo confessare che sono rimasta impressionata dalla chiarezza dei
concetti. Come latinoameri
Riforma
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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DIRETTORE: Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI; Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Luciano
Cirica, Alberto Coreani, Avernino Di Croce, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo,
Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca
Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Gian Paolo Ricco, Giancarlo
Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piervaldo Rostan,
Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
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PiMHmión» settimanale unitaria con L’Eco delle velli veldéal:
non può essere rnidutaeeparatamet^
Tariffe inserzioni pubbiicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000
Fartecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
dol l'gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
oon ordinanza in data 5 marzo 1993.
fi numero 1 del 6 gennaio 1995 è stato consegnato per l'inoltro postale airUfficio CMP Nord,
Tia Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 4 gennaio 1995.
cana posso dire che non ho
mai letto niente, scritto da un
europeo, che esprima idee così chiare sulla nostra realtà.
Sono nata a Montevideo da
genitori italiani immigrati; attualmente abito a Firenze, dove frequento il Centro di formazione diaconale. Sono in
Italia da quattro anni e mi sono sempre trovata di fronte
alla difficoltà di spiegare agli
italiani come siamo noi popoli del Rio de la Piata. Argentina e Uruguay sono uniti da
questo fiume immenso che ci
serve da braccio comunicante
e ci amalgama soprattutto
nelle disgrazie, che spesso accadono nell’area del Rio de la
Piata, senza distinguere una
nazione dall’altra.
Gli abitanti vengono massacrati insieme dalle stesse
dittature e dalle stesse catastrofi atmosferiche. Ogni volta che gli amici italiani mi
chiedono di un particolare cibo, di una canzone gioiosa, di
qualunque cosa caratteristica
del nostro folklore, devo spiegare che il nostro cibo è quasi
uguale quello italiano, solo
un po’ più ricco di carne rossa, che abbiamo un unico
piatto tipico, l’asado, e che la
nostra musica non assomiglia
per niente al resto della musica sudamericana, che non
esprime mai gioia ma una tristezza infinita, come racconta
bene Tourn nel suo articolo.
Devo sempre chiarire che il
nostro modo di vivere, le nostre abitudini sono molto simili a quelle italiane o spagnole e che gli abitanti sono
tutti discendenti da italiani o
spagnoli.
Provo una grande invidia
per gli abitanti del Perù, Cile,
Venezuela, Paraguay, che
hanno un passato vivo e ricco, hanno ancora tribù indigene con un’identità propria,
una storia, a volte gioiosa a
volte triste, ma si tratta sempre di loro esperienze, del loro modo di vita, mentre noi
siamo popoli trapiantati: i nostri antenati sono stati ammazzati fino all’ultimo e attualmente siamo solo persone
che sembrano solo passeggeri
transitori con gli occhi verso
l’altra sponda dell’Atlantico,
stupiti di fronte a qualsiasi
cosa che viene dal Vecchio
Mondo, anche se non ci serve
a nulla, purché abbia il marchio «made in Europe» o
«made in Usa».
Voglio ringraziare vivamente il pastore Tourn per il
suo interesse verso la nostra
realtà e l’intelligenza con la
quale ha identificato i problemi. Vorrei capire di più le cose che mi hanno sempre ferito
profondamente, il disagio che
mi ha causatoci non capire
appieno i miei connazionali,
sentirmi sempre in minoranza
non solo per la fede protestante ma anche per il mio orgoglio profondo di essere nata in un continente straordinario al quale così pochi vogliono bene. Infine vorrei qualche
suggerimento di letture su
questi temi, non solo per curiosità personale, ma anche
per condividerle con i miei
colleghi del Centro di formazione diaconale. Cari saluti
Susana De Mattia
Firenze
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Senza avvenire?
«Il cinema è un'invenzione senza
avvenire». Così, poco dopo aver messo a punto il cinematografo, si esprimeva uno dei suoi primi autori. In
realtà nel 1895 nasceva la macchina
che avrebbe incantato e fatto sognare
generazioni su generazioni. Ora, messa in crisi dal dominio televisivo, l’invenzione dei fratelli Lumière conserva
ancora il proprio fascino, anche se
cerca una sua nuova identità. Nella foto: un manifesto dei primi anni.
Ricordando
Silvio
Apprendo da Riforma del 9
dicembre che il caro amico e
fratello in fede Silvio Di Pietrantonio, della chiesa di Civitavecchia, ci ha lasciati.
Desidero far pervenire alla
famiglia e a tutta la fratellanza di quella chiesa le mie
condoglianze più sincere,
consapevole che siamo sorretti dalla fede in colui che è
la nostra vita.
Silvio per me era un amico
molto caro. Ci incontrammo
bambini all’orfanotrofio «G.
B. Taylor» quando ancora era
a Monte Mario; oltre a ciò
eravamo compagni di scuola
e di banco e facevamo parte
della corale che ogni domenica mattina cantava gli inni
nella Chiesa americana di via
Nazionale, a Roma. In questi
ultimi anni ci incontravamo a
Santa Severa in occasione di
qualche assemblea.
Non sapevo che fosse malato, la notizia mi ha colto di
sorpresa e mi ha addolorato
maggiormente. Silvio ci ha
lasciati: l’Eterno ricolmi il
vuoto che egli ha lasciato nella famiglia e in noi tutti che
lo avevamo conosciuto, stimato e amato. Con affetto
Vittorio Canfori - Milano
Testamento
partigiano
Ricordo che da partigiani,
quando si doveva sotterrare
un compagno caduto, prima
di ricoprire la salma con la
terra, tutti i compagni che si
erano adoperati al triste lavoro volgevano gli occhi su di
me e io, senza bisogno che
mi chiedes.sero di fare il mio
dovere, rompevo quel silenzio assoluto, ricordavo ai presenti le generalità, le principali azioni a cui aveva partecipato il caduto e gli porgevo
l’ultimo saluto a nome dei
presenti e di tutti i compagni
della brigata, che promettevano di essere fedeli ai suoi e
ai nostri principi di libertà,
pace e giustizia, fino all’ultimo battito del nostro cuore
come aveva fatto il nostro
compagno. Ebbene ora, quando ci viene a mancare un
compagno sopravvissuto alla
lotta armata, purtroppo chi
gli porge l’ultimo saluto a
nome dei compagni di lotta e
di idee non è molto informato
delle azioni principali a cui
ha partecipato il compagno
che ci ha lasciato. È doloroso
per l’oratore dover chiedere
ai parenti del defunto informazioni su di lui.
Noi della sezione Anpi di
Moncalieri Borgo San Pietro
(To), proponiamo a ogni partigiano di fare, per così dire,
un «testamento» da partigiano sul quale oltre alle sue generalità risultino i principali
fatti della sua vita e una breve
storia della sua lotta per la libertà. Forse le sezioni o i vari
gruppi partigiani potrebbero
stampare dei moduli sui quali
siano scritte le varie domande
che possono interessare i
compagni superstiti. Questi
fogli, che diventano documenti, dovranno essere tenuti
da un responsabile di ogni
gruppo, affinché quando sia
necessario possa farli leggere
a chi fa il necrologio del
compagno che non è più.
A volte, dopo, che avevo
porto l’ultimo saluto alla salma di un compagno, dei giovani parenti mi hanno stretto
la mano e chiesto se i partigiani erano ancora ben presenti e organizzati e una
mamma, una volta, appoggiò
la testa alla mia spalla e una
lacrima cadde sulla mia giacca. Questa è la medaglia a cui
tengo di più.
Lionello Gaydou
Moncalieri (To)
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«Dio è per noi
un rifugio e una forza, un aiuto
sempre pronto nella distretta»
Salmo 46, 1
I familiari di
Giovanni Frache
(Jeannot)
addolorati per l'improvvisa
scomparsa del congiunto, ringraziano commossi tutti coloro che
si sono prodigati o sono stati loro
vicini nella triste circostanza con
presenza, parole di conforto e
scritti.
Ringraziano in particolare i vicini di casa, i volontari della Croce Rossa di Torre Pellice, i carabinieri, il personale gli ospiti e i
volontari della Casa Miramonti, i
pastori Genre e Pons e i numerosi amici di Giovanni.
vaiar Pellice, 27 dicembre 1994
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Eymond Giordan
ringraziano coloro che hanno
affettuosamente espresso la propria partecipazione con fiori, scritti, parole di conforto e presenza.
Un ringraziamento particolare
al pastore Bruno Rostagno.
Torre Pellice, 27 dicembre 1994
RINGRAZIAMENTO
«E fattosi sera Gesù disse:
passiamo all'altra riva»
Marco 4, 35
I familiari tutti della cara
Alice Peyrot Tourn
riconoscenti per la grande dimostrazione di affetto e di stima
ringraziano quanti sono stati loro
vicino in questo momento.
Un ringraziamento particolare
al personale tutto dell'Asilo valdese di San Giovanni per le cure
prestate in questi ultimi anni.
Luserna San Giovanni
11 gennaio 1995
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lu*
nedl. Telefonare al numero Olf-655278 - fax
011-657542.
16
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 13 GENNAIO 1995
Nel 1994
Sono state 648 le diverse persone che durante il 1994 hanno firmato
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Il nostro è un settimanale comunitario e vuole documentare sempre più
le speranze e i sentimenti, la storia e la vita dei protestanti in Italia.
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