1
ECO
DELLE mu VALDESI
BIBL IOTECA V ^^5
10066
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 45
Una copia Lire 100
___Í L. 5.000 per l’interno
ABBONAMENTI » » ¿ nnn t
I L. 6.000 per Testerò
Spedizione in abbonamento postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
Torre Pellice, 15 novembre 1974
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
“Cristiani per il socialismo,,
Il Ggmngio II Napoli
ha affrontato il proMema centrale?
Il movimento « Cristiani per il socialismo », costituito soprattutto da
cattolici ma seguito anche da non pochi evangelici — nei due casi prevale,
almeno per ora, l’elemento giovanile —
ha tenuto a Napoli dal 1° al 4 novembre il secondo convegno nazionale. Il
tema era: « Movimento operaio — questione cattolica — questione meridionale ». Numerosi i partecipanti: oltre
duemila. Folta la rappresentanza di
partiti e movimenti politici sia della
sinistra storica che della « nuova sinistra » (extraparlamentare).
Leggendo i resoconti dei lavori e in
particolare il documento finale approvato dall’assemblea « per acclamazione » (ma non c’era un modo migliore
di votare?), si ricava l’impressione che
il convegno sia stato vivo e vario e che
il movimento sia ricco di energie e anche di prospettive — se mediterà bene
i suoi passi futuri. È chiaro che il movimento deve ancora maturare. In fondo « Cristiani per il socialismo » è un
movimento giovane che affronta 0 meglio rivive un vecchio problema: quello del rapporto teorico e pratico trà
cristianesimo e socialismo, o se si preferisce fra fede cristiana e militanza
socialista. In Italia il problema, di per
sé già abbastanza complesso, si complica ulteriormente a motivo della cosiddetta « questione cattolica »: cattolicesimo e cristianesimo non sono la
stessa cosa e « cristiani per il socialismo » non può significare semplicemente « cattolici per il socialismo »!
Su questo problèma — il significato
e le implicazioni del termine « cristiani » sia nei confronti del cattolicesimo
romano sia nel contesto di un impegno
per il socialismo — che costituisce
uno dei nodi cruciali delTintero movimento e in un certo senso la sua stessa
ragion d’essere, a Napoli non ci pare si
siano fatti molti passi avanti. Si sa
quello che non si vuole: battezzare la
rivoluzione, dar vita a un nuovo integrismo di sinistra, giustificare teologicamente il progetto rivoluzionario, e
via dicendo. « La fede — si legge nel
documento finale — non ha un contributo specifico, né di analisi né di strategia, da apportare al progetto rivoluzionario. Non lo rende né più giusto né
più radicale. Non ci sono particolari
valori socio-politici cristiani da conservare o da combinare con il progetto rivoluzionario ».
E già qualcosa che si sia giunti a
questi livelli di chiarezza teologica e
politica. Paiono felicemente scongiurate le posizioni che tendono a una sintesi tra cristianesimo e marxismo, così
da avere un marxismo cristianizzato o
un cristianesimo marxistizzato. Non
vogliamo né un mezzo cristianesimo
né un mezzo marxismo! Ma poste queste pregiudiziali, il discorso positivo è
tutto da costruire. Qui il documento si
limita a esprimere delle giuste esigenze ma non fornisce indicazione alcuna
su come rispondervi. « Sentiamo la necessità di continuare in modo più approfondito... la ricerca sull’originalità
e la "spregiudicatezza" della fede... In
questa ricerca il convegno di Napoli
ha sottolineato la necessità di una nuova lettura della bibbia, di tutta la bibbia e non soltanto dei paesi più facili
a essere interpretati a conferma delle
nostre posizioni ». Come sì vede, non
si va oltre i buoni — anzi ottimi — propositi. Ma è un pò' poco.
Non mancano, nel documento finale,
punti oscuri che dovranno essere precisati, come quello — ad esempio —
in cui si dichiara di voler « approfondire il problema della religiosità popolare » che una volta spogliata dalle
sue forme alienanti rappresenterebbe
« nell’esperienza di molte lotte e comunità, espressioni autentiche di fede e
esigenze di liberazione ». Che la religiosità popolare possa esprimere esigenze di liberazione è indubbio; ma
che possa costituire un’espressione autentica di fede è dubbio. A meno che
non si tratti di fede cristiana.
Ma il problema più grosso, che a Napoli è stato posto (tra l’altro in una
’’tavola rotonda”) ma non veramente
dibattuto dall’assemblea, resta quello
accennato prima: cercare di chiarire
la fisionomia e la portata della fede
cristiana nel quadro di una militanza
socialista. Se la formula « Cristiani per
il socialismo » ha un senso, bisogna
che Labbia in ogni sua parte; altrimento è meglio rinunciarvi.
Lo sforzo per porre nei gruppi (e
non soltanto in una tavola rotonda nel
corso di un convegno) e svolgere in
tutta la sua ampiezza il discorso di fede non può essere rimandato, senza
compromettere seriamente l’avvenire
del movimento. L’editoriale delTultimo
numero di « Com-Nuovi Tempi » (del
10 novembre) osserva che a Napoli si
è evitato che il dibattito « si esaurisse
sui temi teologici e ideologici tanto cari a chi vorrebbe spingere il movimento verso un ghetto di vuote discussioni
accademiche ». La nostra impressione
però è che non di rado il dibattito si è
esaurito non sui temi teologici e ideologici ma prima di averli realmente affrontati! Certo, bisogna sempre evitare
11 ghetto di vuote discussioni accademiche. Ma bisogna anche evitare le
semplificazioni sommarie, come quella
di relegare nel limbo delle astrazioni i
problemi di fede non immediatamente
traducibili in termini politici.
Riteniamo essenziale perseverare
nella ricerca avviata, che concerne uno
dei problemi cruciali dell’esistenza cristiana nel nostro tempo. Bisogna probabilmente ancora chiarire il senso
delle parole « per il socialismo » e bisogna certamente chiarire la portata
della parola « cristiani ». Ne vale la
pena! Ai « cristiani per il socialismo »
non meno che a tutti gli altri giunge
Timbarazzante domanda di Gesù: il
quale, dopo aver detto « Voi siete il
sale della terra », aggiunge: « Ora se il
sale diviene insipido, con che lo si salerà? » (Matteo 5, 13).
Paolo Ricca
Fra riformati
del Sudafrica
e d’Olanda
Dissensi nel vslutere
rapartheid
Città del Capo (spr) - La Chiesa riformata
olandese (Nederduitse Gereformeerde Kerk),
nel suo sinodo quadriennale tenuto qui a fíne
ottobre, ha minacciato di rompere i legami
con le Chiese riformate (Gereformeerde) di
Olanda, se queste continueranno a sostenere
fínanziariamente il fondo speciale del Consìglio ecumenico delle Chiese per il Programma di lotta contro il razzismo.
Il moderatore uscente di questa Chiesa sudafricana, il past. J. D. Vorster (fratello del
premier di Pretoria), che già nel marzo scorso
aveva proposto tale rottura, ha detto al Sinodo : (c Se le Chiese olandesi danno più spazio
alla solidarietà con i terroristi che ai legami
fraterni con la nostra Chiesa, faremmo meglio a separarcene ».
Il prof. Ridderbos, uno dei tre osservatori
inviati dalle Chiese riformate d^Olanda, ha
messo in guardia contro rargomentazìone passionale del past. Vorster e ha ribattuto :
« Non incoraggiamo il terrorismo; sosteniamo gente in distretta, sottoposta alla pressione
di condizioni disumane, contro le quali ci rivoltiamo ».
Un « colloquio » organizzato dal C.E.C.
le ClHiise e I IrlttI leH'ioiio
La Dichiarazione universale dell’ONU è troppo limitata: ora è necessario lavorare per i diritti sociali dei poveri, violati dai sistemi economico-sociali nazionali
e internazionali
Cinquanta partecipanti, giunti da 34 paesi hanno affrontato su
scala mondiale i problemi collegati ai diritti dell uomo, e, fra essi, un
certo numero di questioni prioritarie, quali il diritto fondamentale alla
vita, allo sviluppo e al mantenimento della propria identità culturale,^
alla partecipazione al potere di decidere nella comunità, il diritto di
dissentire, quello alla dignità personale ed alla libertà religiosa.
Su questo Colloquio, organizzato dal Consiglio ecumenico delle
Chiese in Austria dal 21 al 26 ottobre scorsi, è stato diramato un comunicato da parte del CEC stesso, dal quale stralciamo le notizie che ri
portiamo qui appresso.
L’interesse che i cristiani dimostrano verso i valori umani fondamentali
ha consentito ai vari gruppi riuniti a
S. Pölten di sottoporre alle Chiese sei
questioni-chiave da studiare, mentre il
CEC intensifica il suo impegno al servizio dei diritti dell’uomo.
Il diritto aUa vita comprende tutta
la questione della qualità dei diritti
umani e delle violazioni effettuate da
sistemi politici, sociali ed economici
ingiusti. Senza garanzie fondamentali
di vita: lavoro, cibo, casa, sanità, educazione, non è possibile alcun diritto.
La Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo delle Nazioni unite è stata
elaborata dalle grandi potenze, hanno
sottolineato i partecipanti. Ora è necessario lavorare per i diritti sociali
dei poveri, dato che i loro diritti sono
stati violati dai sistemi economici nazionali ed internazionali.
Il diritto allo sviluppo ed al mantenimento della propria identità culturale comprende anche la questione dell’identità nazionale, è stato affermato.
Inoltre il rapporto insiste sulla neces
I cristiani del Lesotho chiedono aiuto!
Una lettera è giunta qualche tempo
fa dai Lesotho ai Consiglio delle Chiese del Sud-Africa e ci giunge ora, corredata da una inchiesta, per mezzo
della CEvAA.
LA LETTERA
Cari fratelli in Cristo,
il Consiglio delle Chiese del SudAfrica è uno strumento importante per
mezzo del quale i cristiani attirano la
attenzione suH’ingiustizia in Africa australe. Recentemente il governo del Lesotho ha emanato una legge che permette di imprigionare le persone per
60 giorni senza motivazione. (È una
legge simile a quella del Sud Africa,
detta « legge dei 90 giorni ») e che autorizza la polizia a uccidere e a ferire la gente senza essere sottoposta ad
un processo.
Vi chiediamo di verificare questi fatti e in seguito di dar loro la maggiore
pubblicità possibile. Con questo incoraggerete i cristiani che fanno parte
del governo del Lesotho a continuare i
loro sforzi per impedire ai loro colleghi di votare leggi ingiuste e crudeli.
Inoltre, una grande pubblicità data a
questi fatti permetterà all’opinione
pubblica di fare pressioni sul governo
del Lesotho.
Dal gennaio 1974, la polizia del Lesotho ha ferito e ucciso molti innocenti;
numerose case sono state bruciate e
dei beni distrutti. Non parliamo dell’arresto giustificato di coloro che attaccano i posti di polizia, ma dell’assassinio perpetrato dalla polizia, dei parenti delle persone sospettate di aver
preso parte a questi attacchi e dùl’azione della polizia contro chiunque è sosoettato di opporsi all’attuale regime
del Lesotho. I fatti più crudeli sono avvenuti a Mapoteng. Siamo coscienti che
vi sarà difficile verificare tutti questi
fatti, anche se resoconti su queste leggi e sulle violenze sono stati pubblicati dal giornale “The Friend" sul numero del 22 febbraio, dalla rivista ’Drum’.
Se potete controllare questi fatti date
loro la maggiore pubblicità possibile.
Bisogna che i credenti del Lesotho
siano incoraggiati e che pressioni siano esercitate sull’attuale regime, altrimenti gli abitanti del Lesotho dovranno subire sempre più gravemente questa crudele dittatura poliziesca. Non
osiamo firmare questa lettera, potrebbe capitare in mani estranee.
Grazie. Pregate per noi!
Siamo figli del Lesotho.
L’INCHIESTA
Il dipartimento missionario delle
chiese protestanti della Svizzera remanda, rappresentante la CEvAA nei
cantoni francesi della Svizzera, ha pubblicato il resoconto deU’inchiesta effettuata nel Lesotho, come richiesto
dalla lettera pubblicata sopra.
Non ci sono ragioni per dubitare
dell’autenticità dei fatti menzionati
nella lettera. Le informazioni sulle
atrocità nel Lesotho sono state largamene diffuse tanto in questo Paese
quanto nel Sud-Africa. Cittadini del Lesotho le hanno confermate. Tuttavia
ci è sembrato saggio cercare sul posto altre informazioni su quanto è successo in questo Paese.
Questa inchiesta ha rivelato che i
racconti tragici che sono filtrati fuori
del Lesotho sono autentici. Un pastore
protestante riferisce che "la vista di
(continua a pag. 2)
Più di metà dei mondo ha fame
Dal 5 al 16 novembre si tiene, a Roma, la Conferenza inondi^
sull’alimentazione, organizzata daÙ’ONU e in particolare FAO,
con la partecipazione di rappresentanti di 130 Paesi. Partic^armente notata la secca requisitoria del presidente messicano Echeyerria
contro l’inerzia burocratica e l’inefficienza deU’organismo internazionale, di fronte alle dimensióni tragiche del problema. Parlare di
alimentazione, infatti, significa in fortissima misura parlare di FAME: fame di cui si muore, a centinaia di migliaia, denutrizione e
malnutrizione in cui si vegeta e ci si abbrutisce, per decine di milioni di esseri umani. La geografia, la geopolitica della fame sono
state tracciate e illustrate molte volte ; ma con magri frutti. Periodicamente, flagelli (anche questi in parte almeno prevedibili e imbrigliabili) come la siccità nel Sahel, come alluvioni nel^ Banglac
desh, rendono più catastrofiche situazioni comunque cronicamente
tragiche. Il papa ha rivolto ai membri della Conferenza un discorso
che è stato notato; accanto a una rappresentanza cattolica, segue
i lavori una delegazione del CEC, guidata dal past. Potter, il Quale
aveva invitato le chiese a pregare per i lavori e a far lievitare i.
problema nell’opinione pubblica nazionale. Uno studio sulla crisi
alimentare, condotto dalla Commissione di assistenza e servizio del
CEC, raccomanda alle Chiese le azioni da intraprendere di fronte
alla crisi attuale. Ne riparleremo.
r. p.
sità di rispettare le pluralità culturali, religiose, ideologiche ed etniche per
un pieno sviluppo dei diritti culturali.
Altro problema è quello dato dall’ingiustizia razziale.
Il diritto di partecipare al potere di
decidere in seno alla comunità comprende tutta la questione della democrazia effettiva — ha fatto rilevare il
rapporto. Le strutture di governo debbono rispondere maggiormente alla
volontà di tutti gli individui e proteggerli contro le manipolazioni da parte
dei grossi interessi. «Le chiese devono dedicare una attenzione del tutto
particolare alla violazione dei diritti
dei popoli».
Il diritto di pensarla diversamente
preserva la comimità o il sistema da
una rigidità autoritaria, hanno dichiarato i partecipanti. Tutte le comunità,
ivi comprese le chiese, devono trovare
i mezzi per rispondere a chi dissente e
fare in modo che essi vengano trattati
umanamente.
Il diritto alla dignità della persona
umana comprende la condanna della
tortura e del ricovero forzato in ospedali psichiatrici. Parecchi governi —
di carattere politico diverso — si mantengono al potere soffocando la libertà d’espressione e impiegando la tortura. Si tratta di un problema molto
urgente per le chiese che cercano di
proteggere le vittime di queste violazioni della persona.
II diritto alla libertà religiosa deve
comprendere il diritto alla pratica religiosa e la libera scelta di una religione o di una credenza. Nel riconoscere che la libertà religiosa ha sovente servito a incitare o a scusare le violazioni dei diritti dell’uomo, il Colloquio ha insistito sulla necessità per la
Chiesa di tenere una certa distanza
dalle posizioni culturali e sociali della
società potenti. « La Chiesa ha un ruolo profetico e critico che si può esercitare solo liberandosi dai modelli culturali e ideologici dominanti ».
Fra le azioni che sono state proposte per la difesa dei diritti dell’uomo
da parte del movimento ecumenico ricorderemo :
— raccogliere e diffondere informazioni;
— aiutare moralmente e materialmente le chiese e gli altri gruppi che
si occupano delle violazioni dei diritti
umani a livello locale ed internazionale;
— fare visite pastorali, in occasione
di situazioni particolari, per dimostrare la solidarietà dei cristiani colle vittime delle violazioni dei diritti umani;
— denunciare queste violazioni, in
modo particolare in situazioni dove le
chiese locali o gli organismi regionali
non possono farlo;
— collaborare con tutte quelle organizzazioni non governative che lavorano in questo campo.
Il Colloquio ha avuto la possibilità
di studiare dieci rapporti teologici ed
altri 21 sull’argomento. Inoltre, sono
state presentate cinque relazioni nel
corso della riunione. Il segretario generale del CEC Potter ha parlato dei
«Diritti dell’uomo come elemento della responsabilità ecumenica dei cristiani»* l’ambasciatore svedese Dahlen ha
parlato dei «Diritti dell’uomo e della
responsabilità cristiana; una sfida all’avvenire»; il delegato del Ghana,
Sekiyiamah, ha parlato sulle « Prospettive di una miglior cooperazione internazionale per la difesa dei diritti dell’uomo»; il segretario generale di Amnesty International Ennal ha trattato
dell’« Organizzazione non governativa
come strumento di difesa dei diritti
dell’uomo»; infine il canonico Jenkins, di Manchester, ha parlato dei
«Diritti dell’uomo in una prospettiva
teologica ».
2
pag. 2
N. 45 — 15 novembre 1974
I msdani M itaiihi aiPiiiM «imi
3 - Andate e predicate...
Nel 1848 i Valdesi ottennero da re
Carlo Alberto libertà di coscienza e di
fede, di modo che poterono riprendere la predicazione evangelica fra i loro concittadini, dapprima in Piemonte,
poi in tutta l’Italia. Ricevettero questi nuovi impulsi missionari dai vari
movimenti di risveglio religioso nella
Svizzera, in Francia, Germania e Inghilterra. Lo spirito missionario era
allora vivo ovunque nel protestantesimo europeo. Poteva essere diversamente tra i Valdesi?
Ma il territorio della loro predicazione, l’antico paese dei papi, aveva
un carattere particolare, e così pure
la coscienza della propria vocazione
attraverso l’interpretazione della loro
storia. Il loro numero era esiguo e nel
tempo della persecuzione fu loro salvata la nuda vita, come un tizzone
strappato dal fuoco. Che cosa significava questo passato? Perché Dio li
aveva conservati in vita fino a quel
tempo?
il mito valdese
Il mito era già vivo nel cuore del
popolo. Lo storico Alexis Muston, a
metà del secolo, gli diede un nome;
L’Israele delle Alpi (18). Così i Valdesi comprendevano la loro storia. Un
fenomeno analogo si era già verificato
nella Francia meridionale più di un
secolo prima, tra i Camisardi delle Cevenne. Tutta la storia valdese ricevette, nell’atmosfera del Risveglio, il significato di storia sacra. Dio ha conservato il popolo valdese attraverso
tutte le persecuzioni fino a oggi, perché predichi il puro Vangelo agli Italiani e li liberi dalla servitù della superstizione e del papato.
I Valdesi avevano allora questa chiara coscienza missionaria. Anche un
umile contadino o un operaio sapeva
dire, con la Bibbia in mano, perché
egli era evangelico e doveva respingere gli errori del papismo. Per assolvere il loro compito i Valdesi dovettero imparare di nuovo l’italiano. Durante tre secoli erano rimasti esclusi dalla vita culturale e civile del popolo
italiano e ne avevano dimenticato il
linguaggio. La traduzione italiana delle Bibbia, dovuta a Giovanni Diodati,
del principio del XVII secolo, fu di
grande aiuto alla predicazione evangelica in Italia.
E la spiegazione della S. Scrittura?
Essa era molto simile all’esegesi del
Risveglio nella Svizzera romanda e in
Francia, con un’accentuazione fortemente polemica contro Roma. La vita
dei Valdesi si orientava in quel medesimo senso con un’esplicita volontà di
guadagnare i cattolici al Vangelo, come dicevano.
La Chiesa romana era allora ostile
al protestantesimo e del tutto chiusa
a un dialogo con esso. I Valdesi, come
gli altri protestanti italiani, potevano
rivolgersi soltanto a singoli cattolici
per convertirli alla fede evangelica.
Così sono nate, fuori delle Valli Valdesi, tutte le comunità evangeliche del
nostro paese.
II numero dei pastori e dei maestri
crebbe rapidamente nei due primi decenni di evangelizzazione. Zelanti erano specialmente i giovani pastori preiiiiinHiiiiiiiiiiiitiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimp'
•51^ Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Giovanni Conte, Franco Davite. Roberto Peyrot, Sergio Rostagno, Luigi Santini, Franco Taglierò, Giorgio
Tourn, Elsa e Speranza Tron.
Marco 16, 15
parati a Ginevra e a Losanna. I predicatori, che fra il 1861 e il 1880 fondarono tutte le comunità valdesi della
Sicilia, avevano un’età fra i 22 e i 27
anni.
la parola d’ordine
La parola d’ordine di quegli anni
fu il comandamento della missione:
« Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura » (Me.
16: 15). Si trattava di rendere ragione
della speranza che è in noi (I Pietro
3: 15). Il pastore Giovanni Pietro Metile di Torino osservava: « Non si tratta più di predicare a montanari, a
umili agricoltori... no, noi siamo inviati nelle grandi città d’Italia, in una
società ignorante dal punto di vista
religioso, ma colta, scettica, imbevuta
di idee papistiche; dovremo rendere
conto della nostra fede a uomini che
possiedono tutte le finezze della cultura mondana e tutti i sofismi della filosofia; dovremo farci tutto a tutti per
esprimere a tutti sotto tutte le forme
la mirabile luce del Vangelo» (19).
Forse questo giudizio era poco differenziato. Gli zelanti predicatori evangelici non hanno riconosciuto la fede
cristiana assopita nel popolo, sotto
molta superstizione e pietà non illuminata. Forse il carattere riformato
presbiteriano dei pastori valdesi era
troppo duro ed estraneo alla natura
degli Italiani, perché questi potessero
accogliere con franchezza e gioia la
nuova predicazione evangelica.
L’evangelizzazione non fece grandi
e rapidi progressi, come i Valdesi e
gli altri evangelici italiani avevano
sperato. Fors’anche si è predicato
troppo a lungo l’esperienza religiosa
personale del Risveglio. Negli ultimi
decenni del secolo, quando il movimento socialista si diffondeva rapidamente nella pianura padana, si proponeva ancora l’interiore esperienza cristiana della borghesia ginevrina della
prima metà dell’Ottocento. Oltre a tutto ciò, non è possibile importare una
Riforma in un paese e in una chiesa.
Si possono trasmettere soltanto degli
impulsi, ma (g chiesa stessa deve attuare la propria riforma, nel capo e
nelle membra, della fede e dei costumi.
Dopo il Risorgimento il popolo italiano aveva bisogno di un nuovo ethos
politico e civile. Ma l’efficacia della
predicazione evangelica non era forse
troppo debole per produrre un tale
effetto? E questa debolezza non era la
debolezza di tutto il protestantesimo
nell’epoca della forte industrializzazione del nostro continente?
le comunità
evanqeliche
L’Italia del XIX e XX secolo non ha
conosciuto una nuova Riforma. Il risultato dell’evangelizzazione fu una
estesa diaspora di piccole comunità.
Esse erano e sono segni della verità
e della grazia di Dio in mezzo al popolo, Con esse sta e cade il protestantesimo italiano. Sono deboli e delicate, quasi fiori di serra, e non possono
sopportare forti tensioni e crisi, come
una compatta chiesa nazionale svizzera o una chiesa territoriale tedesca.
Tuttavia soltanto sul fondamento di
queste comunità e per mezzo di esse.
i Valdesi possono oggi sviluppare una
attività sociale e un dialogo con i cattolici.
Il compito principale è e rimane la
edificazione delle comunità, in modo
che queste non Si chiudano in una
pietà interiore contenta di sé e disinteressata alle sorti del popolo, rha che
rendano con franchezza la loro testimonianza evangelica con la parola e
l’azione. È un compito modesto, ma
importante. Se le comunità vogliono
assumere un mandato che non è il loro, possono venire asservite e strumentalizzate da potenze straniere.
Queste erano nel secolo passato anticlericalismo, nazionalismo, massoneria; oggi portano altri nomi, ma non
sono meno pericolose. Costituiscono
per le comunità sempre una tentazione, di scambiare cioè la causa del Vangelo con la causa di qualche moderna
ideologia.
Il discorso e l’azione di un protestante in Italia può avere un significato soltanto se egli ha dietro di sé le
comunità evangeliche e in qualche modo le rappresenta. Senza di esse la
sua parola e la sua testimonianza rimangono senza rilievo e senza efficacia.
il mandato
particolare
L’Italia ha numerosi uomini politici, benefattori sociali, pensatori e rivoluzionari. Non ha bisogno di andarli a cercare fra i protestanti. Se vuole
qualcosa dai Valdesi è certamente ciò
che non può trovare tra i cattolici e
gli anticlericali, tra gli umanisti e i
marxisti. Se i Valdesi hanno ciò
che da loro si richiede, sapranno anche esprimerlo e trasmetterlo; se non
l’hanno, essi stessi sono divenuti inutili e insignificanti per la vita del popolo. Alcuni anticlericali di più o di
nieno, alcune centinaia di marxisti di
più o di meno che si agitano sulle
piazze d’Italia, non hanno assolutamente alcun peso e nessuno si accorge di loro.
I Valdesi non sono numerosi e possono avere un significato in Italia soltanto se rimangono fedeli al loro particolare mandato. Hanno essi da offrire al popolo qualcosa di meglio dei
cattolici nella spiegazione della Scrittura e nella predicazione? Illumina la
loro predicazione il pensiero sociale e
politico o è essa stessa un discorso sociale e politico? In questo punto si
decide della legittimità e del senso
della nostra diaspora evangelica.
Valdo Vinay
A. Muston, L’Israël des Alpes, Parigi
1851.
V. Vinay, Facoltà Valdese di Teologia,
1855-1955, Torre Pellice, 1955, p. 57.
Per chi lo fate?
Leggendo
il sermone
sul monte
Il Signore Gesù continua ad insegnarci nel suo sermone della montagna: « Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere osservati da loro; altrimenti non ne
avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli » (Matteo 6: 1-18) e invece gli uomini, ingiusti per natura, quando sembra loro conveniente ostentare un po’ di quella giustizia di cui
sentono, qualche volta malgrado la loro natura egoista, la necessità irresistibile, fanno di tutto per essere lodati e ammirati.
Se danno una parte minima dei loro beni a qualcuno, vogliono che il fatto sia pubblicato nei giornali e scolpito sulle lapidi; se pregano — quelli che hanno ancora qualche idea sulla
preghiera — cercano i primi posti nelle chiese; se digiunano —
c è ancora, forse, qualcuno che lo fa — vogliono che della cosa
sia esattamente preso atto nei registri dei cieli. Così riescono,
qualche volta, ad essere lodati dai loro simili; « ma — dice il
Signore Gesù — questo è il solo premio che ne hanno ». Le loro
azioni apparentemente pie servono, ancora una volta, soltanto
a nutrire il loro essere naturale: fingono di dare qualcosa a Dio,
ma m realtà danno agli altri uomini per ricevere da loro un
arricchimento del loro benessere morale.
Non c’è quindi in loro un senso vero della giustizia, che è
un'esigenza superiore, un'aspirazione a quello che deve essere
solo perché deve essere, perché Dio lo vuole. La stima superficiale ed usurpata degli altri è il solo risultato che raggiungono:
lode, gloria nella peggiore delle ipotesi, che non vanno oltre la
vita del mondo; niente che duri per l'eternità, che apra la porta
del regno dei cieli. Per entrare in questo, bisogna assumere l’atteggiamento umile che non si cura della propria persona, ma
compie quello che sà essere giusto solo perché è giusto, perché
è necessario, perché è la volontà giusta e perfetta del Padre celeste.
Lino De Nicola
Chi ci separerà
daii’amore di Cristo?
(Romani 8: 35)
Ci sono persone che si portano
dietro — nel cammino della vita — i loro morti tutti i giorni. Ce
ne sono altre che hanno un ricordo a data fissa: i primi di novembre. Questo lo sappiamo tutti.
Sappiamo anche che tra i suoi
morti ben di rado ognuno di noi
mette le centinaia di migliaia di
creature che ogni anno, ovunque,
muoiono per fame, per violenze,
per sofferenze indicibili « perdono » la vita.
La morte, qualunque cosa ci dicano i saggi di questo mondo, è il
segno definitivo di una sconfitta
dell’umanità. La morte è « l’ultimo nemico ».
Per questo non crediamo nella
morte ma nella resurrezione, non
adoriamo un idolo morto ma l’Iddio vivente.
Vi sono espressioni cariche di
contenuto che non sappiamo capire fuori dell’annunzio di Gesù
Cristo: redenzione, resurrezione,
vita...
Oggi, quando per antica tradizione si ricordano i morti, il cristiano partecipa a una sofferenza
che coinvolge l’umanità intera, e
conferma la sua certezza che la
vita trionferà su violenza e morte. Oggi l’umanità sembra impegnata in una corsa selvaggia alla
violenza, a una sempre più rapida
autodistruzione: noi crediamo, ci
battiamo per un domani che sia
di redenzione, noi portiamo speranza a un mondo desolato, assetato di speranza. Nelle ore lunghe
e buie della sofferenza mortale
portiamo in noi per fede una forza, una capacità di recupero: nulla potrà separarci dall’amore di
Cristo. E Cristo è pace e vita, è
vittoria sulla morte. L. S.
(segue da pag. 1)
ossami umani e di cadaveri decomposti giacenti nei villaggi è cosa normale”. Questo stesso pastore afferma
di aver visto alcuni suoi parrocchiani
messi contro ad un muro e fucilati
dalla polizia.
Per comprendere la situazione attuale, bisogna risalire alle elezioni generali fallite nel 1970. Il primo ministro,
il capo Leabua Jonathan, ha preso il
potere nel momento in cui divenne
evidente che il suo partito perdeva le
elezioni a favore dell’opposizione: il
‘‘Basuntoland Congress Party" (BCP)
diretto da Ntsu Mokhele. Il primo ministro decretò lo stato d’assedio e sospese la costituzione.
Queste misure sono state seguite
dall’arresto massiccio dei sostenitori
del partito de) congresso (BCP). Mokhele stesso fu imprigionato per un
certo tempo. Si sono espulse sistematicamente dall’amministrazione le persone sospettate di simpatie per il BCP
e sostituite dai fedeli al partito al potere.
Le tensioni sono aumehtate progressivamente nel Paese. Il governo sospese lo stato d’assedio, ma proibì la prima riunione che il partito del congresso cercò di organizzare poco dopo. Già
pesante, l’atmosfera divenne irrespirabile e si giunse alla rivolta del 7 gennaio con l’attacco a posti di polizia.
Le rappresaglie sono state immediate
e feroci. Un episodio: un poliziotto è
ucciso. I partigiani del BCP sono accusati dell’assassinio ed alcune decine
di loro sono massacrati dalla polizia.
Tuttavia, negli ambienti della chiesa,
si pensa che il poliziotto sia stato ucciso da uno dei suoi colleghi che lo sospettava di simpatie per il partito del
Congresso.
La rivolta del 7 gennaio ha provocato la creazione di un nuovo organismo,
molto temuto e che si chiama "Lebotho la Khotso” (Commando della pace)! I suoi membri, più che le forze di
polizia, sono sospettati di essere i responsabili delle uccisioni, delle violenze, dei saccheggi ed incendi delle capanne e della sparizione di coloro che
sono noti come simpatizzanti per il
partito del congresso.
È chiaro che il “Lebotho la Khotso”
non è sottomesso ad alcun controllo e
che collabora strettamente con la polizia del Lesotho, il cui nome è stato
strettamente legato alle atrocità. Il
ministro incaricato delle relazioni fra
la chiesa e lo stato, il capo Selbourne
Letsie, che ha condotto una inchiesta
personale sulle atrocità ammette che
"certe persone, che non agiscono in
conformità alle direttive del governo,
sono responsabili di questi torbidi”. Il
capo Letsie ha detto che il governo si
adopera perché queste brutalità cessino.
Tuttavia, dopo un incontro con una
delle vittime di questi attacchi, siamo
giunti alla conclusione che è impossibile mettere sotto accusa un membro
del “Lebotho la Khotso”. Un’accusa
condurrebbe soltanto ad altri disastri,
dice quest’uomo che sembra essere
l’unico sopravvissuto di un gruppo di
sei fucilati contro il muro di un posto
di polizia. Ricevette solo una ferita al
collo e potè raggiungere il villaggio
più vicino poiché era stato dato per
morto. Ora vive nascosto e non sa se
sua moglie ed i due bambini sono ancora in vita.
Un pastore che lavora nelle regioni
del nord travagliate dai disordini, parla della sparizione quotidiana di gente
sospettata di sostenere l’opposizione.
Un certo numero dei suoi parrocchiani non viene più al culto perché la polizia li ha avvertiti di non frequentare
una "chiesa comunista”. Parla anche di
un uomo al quale furono inferte gravi mutilazioni: dei simpatizzanti del
BPC furono convocati per constatare
"come si trattano i cani”.
Un rappresentante del Marematlou
Freedom Parti (MFP) cita il caso di
due uomini che affermano essere stati
attaccati dal “Lebotho la Kothso”,
l’uno di essi aveva delle terribili cicatrici su tutto il corpo. La polizia lo
aveva percosso al punto che non sentiva più il dolore.
Sulla base di queste informazioni
raccolte nel Lesotho ed in risposta alla lettera dei "Figli del Lesotho”, John
Rees, segretario generale del Consiglio
delle Chiese del Sud-Africa, afferma:
« E evidente che gli appelli di aiuto
lanciati dai credenti del Lesotho, sono
legittimi. Noi pensiamo — continua
Mr. Rees — che è dovere del governo
del Lesotho di agire sul piano politico
e di venire in aiuto di quelli che hanno perso i loro beni ed i loro mezzi
di sussistenza ».
« Il mondo ha gli occhi fissi sul Lesotho — continua ancora il segretario
del Consiglio delle chiese sudafricane.
— Nessuno può vivere oggi in un universo chiuso ed il Lesotho non deve
offendersi se ci preoccupiamo di quello che avviene all’interno delle sue
frontiere. Noi preghiamo perché una
vera pace ritorni nel Lesotho ».
(Traduz. dì F. Davite)
UN NUOVO FILM SULLA BIBBIA
La Genesi
Parigi (bip/snop) - Un nuovo film
sulla Bibbia è stato realizzato ed è apparso sugli schermi parigini a fine settembre. « La Genesi » traduce in disegni animati i primi capitoli della Bibbia; il testo è quello della versione del
can. Osty. Produzione: Lès Films du
Cyprès; realizzazione; Pierre Alibert;
sceneggiatura: Jacques Jourdan, Bernard Hue; musica: André Chini.
L’opera rappresenta un avvenimento
religioso di primaria importanza, perché rinnova le immagini religiose e costituirà per il pubblico un mezzo autentico per accedere alla conoscenza
della Bibbia. La catechesi vi troverà
un’occasione di formazione biblica che
da tempo cerca di rinnovare. Perciò il
Centro nazionale dell’insegnamento religioso, la Federazione protestante di
Francia, il Fondo sociale ebraico unificato, il Comitato interepiscopale ortodosso di Francia hanno dato alla
realizzazione di questo film un contributo e un appoggio senza riserve.
(N.d.r.: è augurabile e sarà interessante vedere anche da noi questo film;
non dubitiamo della serietà dell’intento
e della realizzazione; ma non condividiamo quest’entusiasmo, per i motivi
che abbiamo ripetutamente espresso:
il passaggio dalla civiltà della parola
parlata e scritta alla civiltà dell’immagine, sia pure parlata, costituisce un
rischio di cui bisogna esser coscienti,
valutandone la gravità come pure il
carattere problematico dei risultati.
Tutto dipende da questo: la parola —
la Parola — domina l’immagine (è tutt’altro che facile e naturale) o viceversa?)
iiiiiiiniiiiiiiii!ii(i)iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiit)iiiiiH
Una nuova trasmissione
alla radio romanda
Lausanne (spp) — Qgni domenica
alle 11,05 la radio svizzera romanda
trasmette sul primo programma una
rubrica di nuovo genere intitolata
« Toutes latitudes » (A tutte le latitudini), ideata da André Pache, già operatore radiofonico e ora al servizio di
informazioni del Dipartimento missionario romando.
Paradossalmente, malgrado lo sviluppo costante dei mezzi di comunicazione l’europeo non è sempre informato a sufficienza di ciò che ogni giorno accade in altri paesi, a tutte le latitudini. Per far cogliere all’uditore ciò
che accade presso i suoi vicini di Brazzaville o di Papeete, la rubrica utilizzerà documenti di ogni genere realizzati dalle radio francofone o da altri
organismi. Illustrata da musiche di
svariata provenienza, la trasmissione
ha lo scopo di interessare e divertire
l’uditore, proponendogli al tempo stesso un concorso che gli faccia avvertire
quanto il nostro mondo rassomiglia a
un grande villaggio.
miiiiHMiMiiiiiiMiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiii
V A U D
15 nuovi pastori e diaconi
per la Chiesa riformata
Lausanne (spp) — Non meno di 15
licenziati e licenziate in teologia, diaconi e diaconesse sono stati consacrati
o associati al corso pastorale nel corso del culto inaugurale del Sinodo della Chiesa evangelica riformata del Cantone di Vaud, tenutosi il 29 ottobre
nella cattedrale di Losanna. Per la prima volta, nel Cantone, cinque diaconesse di Saint-Loup hanno ricevuto
una consacrazione pubblica, mentre finora sono state consacrate nel quadro
della loro comunità. Inoltre, come già
lo scorso anno, due donne hanno ricevuto la consacrazione pastorale. Oltre
alle cinque diaconesse, anche un diacono è stato consacrato al suo ministero specifico.
I Luterani nel mondo
La crescita nel Terzo mondo non compensa le perdite
in Europa e nel Nordamerica
Nella Scandinavia, mentre i luterani
svedesi, finlandesi e danesi sono lievemente aumentati, quelli norvegesi sono diminuiti di circa 235.000.
In Asia l’aumento globale è stato di
circa 105.000 membri, dei quali oltre
60.000 nella sola Indonesia. Le Chiese
luterane in Africa hanno segnalato circa 150.000 nuovi membri e quelle nell’America latina circa 110.000.
Secondo dati forniti dalla Federazione luterana mondiale, i luterani sono
diminuiti, ne) mondo, nello scorso anno, da 73.316.258 a 72.901.799. Continuando la situazione già verificatasi l’anno
precedente, gli aumenti registrati in
Asia, in Africa e in America latina non
sono stati sufficienti a compensare le
perdite segnalate dalle Chiese europee
e nordamericane.
Infatti, mentre la diminuzione dei
rnembri delle Chiese luterane nell’America del nord hanno lievemente superato i 50.000, le Chiese luterane nella
Germania federale hanno perduto quasi un milione di membri e quelle della
Germania est circa 400 mila membri.
I paesi del mondo che contano oltre un milione di luterani sono: Germania occidentale 25,5 milioni, USA
8,7, Germania orientale 7,9, Svezia 7,7,
Danimarca 4,9, Finlandia 4,6, Norvegia
3,5, Indonesia 1,5.
3
15 novembre 1974 — N. 45
pag. 3
TACCUINO DI UN VIAGGIO IN OCCASIONE DI UN SEMINARIO TEOLOGICO
SULL’EVANGELIZZAZIONE, A GRAVINA
Fra gli evangelici di Puglia
Studenti ottantenni
Un gruppo di laici e pastori della
Puglia e delia Lucania hanno seguito
dal 16 al 18 ottobre, nella chiesetta battista di Gravina un corso di studi sulla Bibbia e sui metodi dell'evangelizzazione per l'uomo del nostro tempo.
Organizzato dal Comitato « Evangelizzazione in atto », nelle persone di
Franco Bono e Domenico Maselli, le
lezioni e le conferenze serali sono state tenute dal Presidente dell’opera battista in Italia dr. Piero Bensi, da Franco Bono, dal dr. David Calhum e dal
sottoscritto.
Tra gli uditori l’assidua presenza di
un gruppo di fratelli piuttosto anziani
della comunità di Gravina e la loro
partecipazione attiva alla discussione.
Ognuno di loro aveva un passato di testimonianza sofferta e di fedeltà al Signore; specialmente tra i neo-convertiti, una sorella è molto attiva nel far
conoscere nel suo quartiere, in qualunque momento della giornata, la ricchezza dell’Evangelo poiché « nel suo
cuore c’è un fuoco ardente e non lo
può contenere... ».
La comunità battista è sorta come
tante altre in seguito alla testimonianza d'un emigrato che ha portato nel
suo paese la Bibbia; poi il lungo ministero d’un pastore originario del posto
ha dato consistenza e robustezza alla
chiesa. Di quando in quando si svolgono campagne evangelistiche all’aperto, nella piazza, con distribuzione di
opuscoli e vendita di libri.
Il mercato delle braccia
È tempo di vendemmia: carretti ricolmi d’uva con biblici grappoli percorrono le strade di Gravina trainati
da « ciucciarielli » o da muli; c’imbattiamo in un gruppo di « cafoni » intenti a consumare la colazione con pane vero, salsiccia e vino. « Favorite »,
è il saluto e l’invito cortese ad un tempo. Si parla dell’annata buona dell’uva, ma con l’amarezza nel cuore: infatti c’è chi ha offerto la misera cifra
di 70 lire il Kg., il che annulla e disprezza la fatica di lunghi mesi... « Per
lortuna — esclama uno del gruppo —
mio figlio è nella polizia ed è stato promosso ufficiale in questi giorni... », ed
è per molti l’unica strada, l’unica prospettiva...
Verso sera m’inoltro nel cuore di
Gravina e vicino al viale alberato sostano i contadini: simile ad un gregge
di pecore, son tutti uguali nel volto e
nell’abito grigiastro; discutono, trattano cogli inviati dei padroni il « contratto » di lavoro che l’ufficio di collocamento dovrà sanzionare per un tempo sempre breve, come racconta Gesù
nella parabola dei lavoratori delle diverse ore...
15 agosto:
le cambiali scadono
Converso coi veterani della chiesa e
mi confessano: « Qui a Gravina quando l’annata è grama è una sciagura.
tessere accordi con quei del Nord, con
quelli di Roma ».
Rocco Scotellaro
e l’Evangelo
Sono ad Alt amura, cittadina agricola di origine medioevale su di una posizione elevata delle Murge dove grandeggia la cattedrale romanico-gotica,
iniziata da Federico IL Con Franco
Bono e David Calhum sostiamo in casa di B. Colombo, pastore delle due comunità di Gravina e di Altamura;
quattro frugoli dagli occhi nerissimi
animano il « presbiterio » del collega...
Siamo ai confini della Lucania e si ricorda volentieri il poeta e scrittore
Rocco Scotellaro, per i suoi scritti ormai ben noti: Uva Puttanella e Contadini del Sud. In quelle pagine si parla
« dei mali di sempre: la miseria, la fatica, l'angoscia, la pozzanghera nera
dell'abbandono, del tradimento, del dolore che è anche nelle cose... »; e la nota triste sull’emigrazione si condensa
in quella frase: « Un padre che ama i
suoi figli può solo vederli andar via... ».
Il poeta lucano consacra un capitoletto a Chironna Francesco di Altamura, la cui famiglia appartiene alla comunità di Colombu. Scotellaro fa dire
a Chironna: « Da quando imparai a
leggere, la mia passione è stata la lettura... dapprima leggevo tutto ciò che
mi veniva tra le mani: giornali, riviste,
la Bibbia; ma più avanti mi è rimasto
solo la Bibbia base fondamentale e
qualche giornale evangelico... ».
Il collega mi racconta che il poeta
andava spesso da Chironna: l’uno incredulo, l’altro credente e tutti e due
con un gran cuore; lo scrittore ha dato il suo talento, il suo tempo, il denaro della sua povertà ai più poveri
di lui e senza risparmio, specialmente
a quei di Tricarico dove fu anche sindaco; ma le sue visite a Chironna erano forse segno che Rocco cercava
qualcosa, per non dire Qualcuno, del
qual l’eretico parlava volentieri e il
cui messaggio traspariva nel dialogo
tra i due.
Cerignola
Se gli
emigranti
tornano?
La chiesa valdese di Corata
ma quando il raccolto è abbondante
è una sciagura ancora! ». « Perché? »,
domando stupito ai miei interlocutori.
« Purtroppo — esclamano — succede
ora con l’uva che è abbondante e perciò deprezzata; e intanto in Italia si
continua a produrre il vino sofisticato
e perciò a buon mercato, s’intende! Intanto le cantine son piene di vino dell’anno passato e al Nord bevete veleno! Ma la cosa più grave per noi, caro
fratello — essi affermano — sono le
scadenze delle cambiali; infatti al 15
agosto le cambiali scadono perché si è
dovuto comperare vestiti, scarpe ecc.;
perciò i mediatori, simili ad avvoltoi,
sanno bene come ci troviamo e ci comperano il grano non ancora trebbiato
ad un prezzo misero; qualche settimana dopo i prezzi salgono alle stelle, ma
noi non abbiamo più il grano da vendere. Il guadagno ce l’hanno loro, quei
pochi che non hanno faticato se non a
Michele Anelli mi porta la domenica
mattina a Cerignola dopo aver salutato la comunità coratina ed il suo Pastore Enrico Corsani; anche qui la
chiesa è traboccante di gente soprattutto giovani; dopo il sermone un fratello cattolico dà un breve messaggio,
mentre il Pastore G. Castiglione espone il quadro della vita comunitaria.
Giandonato Russo mi accompagna nella zona moderna, poi il pranzo da Giandonato Scorano, l'anziano fedele alla
sua terra ed alla chiesa mentre le figliole sono impegnate al laboratorio di
maglieria. Nel pomeriggio la comunità
si sposta in campagna dal fratello
Giuseppe Scarlatella, sempre presente
ai culti, con la sua bibbio sotto il braccio; un brevissimo messaggio e poi
il canto possente, gioioso che rallegra
i cuori ed è per la gloria di Dio; dopo,
ancora in chiesa coi giovani ed anziani,
guidati da Mimmo Scorano, sempre a
cantare, a discutere, a ragionare sui testi biblici.
La comunità presenta, come a Corato, un quadro di attività sociale sempre
interessante: l’Asilo, guidato da Arcangelo Russo esprime un clima di vita
Un gruppo davanti
alla chiesa valdese
di Cerignola
diverso dagli altri asili per quelTimpronta evangelica che lo contraddistingue; la scuola-laboratorio consente ad
una decina di persone di lavorare e
in uno spirito che incoraggia anche se
le difficoltà non mancano. L’opera che
Emma e Giuseppe Castiglione dirigono, mette in pratica quello che è riportato nel bollettino di Cerignola tratto
dagli scriti di Dag Hammarskjiold:
« la faccia dell'altro è più importante
della tua ». La faccia dei bambini, dei
poveri di Cerignola come di Corato è
più importante della nostra, per amarli e spendere del tempo per loro.
La macchina di Ciro Loconte mi porta a Foggia dove ci sono altri fratelli
tra i quali manca l’amico carissimo
Pietro Antonio Loffredo, bruscamente
mancato qualche settimana fa; purtroppo mi manca il tempo di visitarli
e così pure la comunità di Orsara.
/smche ai fratelli di Cerignola un saluto ed un affettuoso ringraziamento
per l’accoglienza ricevuta.
Gustavo Bouchard
Antonicelli, coscienza inquieta
È la domanda angosciosa che alla
vigilia del terzo referendum svizzero
ci si poneva nell’angusta chiesetta di
Altamura coi nostri amici. Mentre
scrivo lo spauracchio è scomparso; fino a quando? La comunità di Altamura avverte il dramma economico e ha
cercato delle vie per soccorrere i servi della gleba: una copisteria moderna
è già in funzione da qualche anno; un
doposcuola è diretto da una sorella
che ha consacrato tutto il suo tempo
ai bambini; Tosservo accanto ai suoi
alunni, mentre con i doni delTeducatrice e soprattutto con la gioia della
vocazione comunica qualcosa di vivo
e di costruttivo per la vita di quei ragazzi.
In prospettiva per chi deve tornare
dall’estero si pensa ad una cooperativa tendente a liberare la gente dalla
schiavitù della scadenza delle cambiali; soprattutto si pensa alTallevamento
di bestiame (maiali ecc.) con criteri
moderni, come indicazione preziosa
per la città e testimonianza all’amore
di Cristo del lavorare insieme; questo
comporta l’inevitabile scontro con le
potenze « misteriose ed occulte » che
operano a danno dei poveri.
« Tutto questo — mi dice il collega — non è fine a se stesso ma è collegato con una vita spirituale, sia nell’incontro domenicale al culto, su settimana, nel confronto scritturale, cercando di recare nel provvisorio dei segni del Regno di Dio che viene.
L’agape coratina
alla Foresteria
Brevissima sosta alla « Vailisa » di
Bari ripensando all’ultima visita con
don Vittorio Laurora, nel ricordo degli
« appestati » valdesi medioevali baresi... Poi si va a Corato in casa di Anna
Marinelli, che in un giorno lontano
avevo battezzato; il papà è anziano
predicatore della chiesa; la figliola è
impegnata nella scuola domenicale e
su settimana lavora per gli spastici. In
giornata brevi visite a qualche fratello
e a sera il culto con molti giovani e
un’agape simpatica nei locali superiori con la comunità, dove c’è una foresteria che può accogliere una dozzina
di persone. Funziona sempre bene il
doposcuola ed è sorta una biblioteca
destinata anche all’ambiente esterno
della chiesa quale occasione di testimonianza. L’emorragia migratoria non
ha inciso molto nella comunità perché
essa ha una capacità di ripresa, poggiata su di un nucleo fedele e consacrato.
Con grande gioia ho rivisto Nicolino,
il cassiere sempre presente, l’anziano
Menduni fedelissimo e la sua famiglia,
le famiglie Tarricone, Abbattista, Quercia, Di Bisceglie, Ferrara, Anelli ,Diaferìa, Marcone, Bove, Berardi.
Un pensiero a tutti ed un ringraziamento particolare alla famiglia Marinelli per l’affettuosa ospitalità.
Il 6 novembre è morto a Torino il senatore Franco Antonicelli: lutto grave e doloroso per gli uomini dell'antifascismo e della Resistenza, per gli intellettuali e i politici
torinesi, per tutti i dernocratici.
Nato nel 1902 a Voghera, studente di liceo poi di lettere a Torino, aveva 21 anni quando firmò con altri giovani
una lettera di plauso a Benedetto Croce per il suo discorso contro i Patti Lateranensi. Fu arrestato, incarcerato,
poi al confino. Attivo nella Resistenza rappresentò i liberali nel CLN del Piemonte, di cui era presidente alla Liberazione. Scrittore, organizzatore culturale democratico, nel
'68 era stato eletto al Senato come indipendente nelle liste
del PCI, poi fu rieletto nel '12.
Momento particolarmente significativo della sua attività politica è stata la sua presenza a Genova nel luglio '60,
al momento dei moti contro il tentato golpe di Tambroni.
In tutti questi anni i problemi della continuità e dello sviluppo dell’antifascismo e della Resistenza nella Repubblica italiana, problemi talvolta ardui e tesi, lo hanno sempre trovato partecipe e impegnato.
Forse Gustavo Malan, o altri come lui, rievocheranno
per i lettori di questo settimanale l’uomo della lotta antifascista e gli aspetti della sua esistenza che più ci toccano
come valdesi. La presente nota ha solo lo scopo d’introdurre la trascrizione dell’intervento che Antonicelli ha fat
to alla manifestazione per l’S” centenario valdese che si è
svolta la sera del 15 maggio 1974 alla Galleria d arte moderna di Torino. .
Solo questo vorrei aggiungere: qualche giorno dopo
fummo invitati da comuni amici, passai con Antonicelli
tutta la sera e parlammo del discorso che aveva fatto ai
valdesi. Consenti quando mi parve di dover esplicitare cosi un collegamento fra gli accenni iniziali e conclusivi del
suo intervento: come chiesa noi voldesi sentiamo di aver
peccato, perché nel ventennio non abbiamo capito a tempo cosa si doveva fare di fronte al fascismo; ma ora che
in Italia i semi del fascismo germogliano di nuovo vigorosamente, tanto più possiamo offrire come chiesa, agli altri cristiani, una coscienza inquieta. E speriamo anche —
se del caso — esempi di cosa si deve fare.
Rileggendo ora le parole di Antonicelli si trovano anche altri argomenti di riflessione. Si comprende che il suo
discorso era cosà penetrante perché, su un piano e cori
premesse diverse, anch’egli offriva ai politici e agli Intellettuali italiani soprattutto una coscienza inquieta, l'intuizione che scelte giuste o sbagliate del passato significano soprattutto l’impegno di una scelta giusta nel momento presente.
Augusto Comba
Questo ci ha detto Franco Antonicelli
in occasione dell’òttavo centenario valdese
Alla Comunità Valdese di Torino,
che mi ha invitato a questa tavola rotonda, debbo dire con sincerità che il
mio intervento non può essere più che
un modesto omaggio personale di viva
simpatia umana e di partecipazione
morale a una grande, centenaria presenza storica e a una incisiva testimonianza etica, di cui ho potuto cogliere
alcune espressioni nella mia conoscenza riflessa e nella vita vissuta, nelle
opere in qualche modo condivise.
A capo di tutto, che cosa sta per me
di quanto è propriamente valdese?
Quello che mi fece vedere un libro della mia prima giovinezza. Ragazzo, di
Piero Jahier; ricordo: « Dietro le mie
spalle ribelli, ci sono le nonne calviniste, coi capelli fisci spartiti intorno al
viso austero. Ci sono i pastori, che s’alzavano sul pulpito, rigidi, nella toga
nera, e lasciavan cadere sull’assemblea
genuflessa l’invocazione sicura "notre
aide est au nom de Dieu” ». Letteratura, poesia; ma quell’impressione di severa semplicità e di così raccolta religiosità mi è rimasta nella mente anche quando visitai i lindi paesi di quelle valli.
Poi, molti anni più in qua, l’altra conoscenza dei valdesi Tebbi nella guerra partigiana; che i Valdesi fossero per
tradizione di coscienza antifascisti era
un fatto naturale, spontaneo. Quanto
c’entrasse la loro Chiesa non so dire:
lo scrupolo degli storici ammette da
parte della Chiesa Valdese una comprensibile prudenza di fronte a quel
regime che di fatto la illuse, cioè la ingannò, concedendole in luogo di una
tolleranza albertina, una ammissione
condizionata tra i culti. Ma che la resistenza piemontese avesse nelle valli
valdesi la prima culla, non è da stupirsi. Il fuoco era sotto la cenere. So direttamente, poi attraverso alcuni buoni libri (ricordo lo studio della Gay
Rochat) chi fossero allora, che cosa
abbiano operato, un professore e pastore Lo Bue e un Jacopo Lombardini,
e i Rollier e i Malan tutti e Favout e
Aldo Guerraz, e la V” divisione GL e
tanti altri; non fatemi dire i nomi, che
dovrei farne e anche dimenticarne
troppi. Ma uno, uno fra tutti, sento di
dover fare ed e quello di Willy Jervis,
medaglia d’oro, torturato e fucilato
dai tedeschi il 5 agosto 1944, sulla piazza di Villar Pellice. La piccola Bibbia
che egli ebbe in mano negli ultimi gior
ni, mi ricorda che egli era valdese.
Ma dobbiamo cogliere questa accentuazione religiosa nella resistenza dei
valdesi? Non sono in condizione di
dirlo; se ci fu, ebbe un carattere intimo. La Gay Rochat conclude nel suo
studio che la R«sistenza nelle Valli
Valdesi fu in gran parte opera di protestanti, alcuni dei quali seppero dare
luminosa testimonianza della loro fede; ma la Resistenza non ebbe un’impronta protestante che andasse oltre,
ella dice, una sottolineatura dei valori
etici nella tradizione puritana. In realtà, questi valori etici erano diventati
tradizione e forza comune di molti altri non valdesi; ricordo proprio quegli amici, che ebbero i primi contatti
e le prime sedi partigiane nelle valli
valdesi. Venturi, Agosti, Andreis, Diena, Foa. E non posso dimenticare
Emanuele Artom, un mio scolaro di liceo, un ebreo. Forse bisognerà dire
che per alcuni c’era stato di mezzo il
protestantesimo etico di Piero Gobetti,
ma è certo che la componente valdese
non può essere del tutto sottovalutata
o addirittura negata. Carlo Mussa e
Giorgio Rolli, scrivendo dei partigiani
della Val Pellice, hanno sentito il bisogno di darne una testimonianza: « Noi
di Val Pellice abbiamo trovato una popolazione forse più favorevole che nelle altre valli; certo ebbe una decisa
influenza la disposizione d’animo storica dei valdesi, unici fra gli italiani
che abbiano duramente, lungamente
vissuto la guerra di religione. Tanto
che nella nostra banda l’apporto degli
elementi locali fu più numeroso ed importante sia qualitativamente sia quantitativamente che non nelle bande residenti in altre vallate ». Dal punto di
vista politico è da ricordare la partecipazione valdese al convegno di Chivasso del dicembre ’43: Mario Alberto
Rollier vi sottoscrisse la dichiarazione
dei diritti all’autonomia delle popolazioni alpine che cominciava con una
protesta contro il malgoverno dei fascisti, livellatore ed accentratore, sintetizzato dal motto brutale e fanfarone « Roma doma ». Contro l’oppressione politica subita e la rovina economica e la distruzione della cultura locale, chiedeva per le sue valli il diritto
della bilinguità e la autonomia culturale, scolastica, amministrativa; richieste e speranze in parte fallite.
Ma nel complesso, la domanda che
si pone è questa: la scelta politica degli antifascisti e dei resistenti valdesi
ebbe anche un significato religioso? È
una domanda che va generalizzata, e
se non mi sbaglio essa è da anni, al
centro dei problemi di vita e d’azione
della Comunità Valdese. Non vorrei
essere preda della mia ignoranza; ma
in questo « al di qua » in cui agisce la
religione evangelica, quanto interferisce la distinzione fra Chiesa e mondo,
tra pratica cultuale e partecipazione
politica, la scelta tra la pace e la spada di Cristo e, implicitamente, tra l’azione sediziosa e la compromissione col
mondo e i suoi sistemi? e come tradurre nel mondo profano l’evangelizzatore? Sono temi che per quanto io
conosco sono dibattuti vivamente nelle
assemblee e nei periodici valdesi. Il
grande problema del protestantesimo
odierno viene dunque a essere oggi più
che mai quello del suo rapporto con
la società quale essa è in questi tempi. E si può riassumere in questa ulteriore domanda: modernità e protestantesimo si identificano? Qra, che cosa è, essenzialmente, moderno? Mi
sembra di capire che per i Valdesi
l’impegno di oggi sia Tattenzione, così
ho letto, alla situazione proletaria:
compiere la saldatura tra riforma nella Chiesa e rivoluzione nella società.
Ma c’è chi tra loro afferma che questo
significa semplicemente riqualificarsi
come protestanti, ridiventare in qualche modo se stessi, rivivere il proprio
principio. Dunque quella crisi di identità, allarme che riecheggia in molte
pagine della letteratura militante dei
valdesi, quella crisi di identità si troverebbe a questo modo risolta nel rivivere nella pratica il principio protestante.
Non vorrei aver fatto una pessima
accozzaglia di cose appena leggicchiate; caso mai ho qui accanto chi può
correggermi. Però, a modo mio, sento
di poter avanzare una ipotesi; che la
crisi di identità del protestantesimo,
probabilmente è dovuta al suo incontro con le speranze ecumeniche del
cattolicesimo giovanneo. Vale a dire
che un’eguale istanza di fedeltà al Vangelo, di ritorno al cristianesimo primitivo, sospinge tutte le Chiese cristiane, compresa quella cattolica. Se la deFranco Antonicelli
(continua a pag. 4)
4
pag. 4
N. 45 — 15 novembre 1974
Al di là di incoerenze e rinnegamenti Barmen continua Notiziario Evangelico Italiano
a chiederci; dov’è radicata la tua fiducia, ia tua speranza?
Sono varamene riconoscente a Ermanno Genre che ha proseguito, la
scorsa settimana, la riflessione che
avevo tentato sul n° precedente, a proposito del mancato ricordo del quarantennio della Dichiarazione teologica
della Chiesa confessante, a Barmen.
Per due ragioni: in questi anni, mi è
capitato qualche volta di avanzare dei
problemi, di porre, direttamente o indirettamente, delle domande, ma la cosa è stata raramente degnata d’attenzione; in secondo luogo, lo scritto di
E. Genre è un contributo serio, meditato e documentato. Mi auguro che il
dibattito proceda; intanto vorrei continuarlo un poco.
Anzitutto, sulla tesi: Demitizzare
Barmen. In assoluto, Barmen non è
davvero un mito, se ne è stato così
palesemente trascurato il 40° anniversario; un’altissima percentuale dei lettori, penso, non avrebbero saputo assolutamente dire quello che è stato.
Sicché, ritengo che il rimprovero di
mitizzare Barmen fosse essenzialmente
rivolto a me. Il richiamo mi ha fatto
riflettere; devo comunque essermi espresso con insufficiente chiarezza.
Scrivendo che la Dichiarazione è « un
testo rigorosamente teologico, senza
alcun accenno alla realtà politica » non
intendevo certamente dire (e mi pare
che risultasse dal seguito) che a Barmen non si era voluto far politica o
si prescindeva dalla situazione politica.
Accadeva evidentemente l’inverso; e
del resto credo che sia stato e sia sempre così: proprio perché la fede in Cristo e la confessione di fede coinvolge
tutto l’uomo, la problematica politica
e la responsabilità politica (con tutti
i suoi caratteri problematici, appunto)
sono state e sono sempre presenti, se
pure in misura assai varia, quando la
chiesa ha voluto confessare la sua fede: questo è vero dal tempo delle confessioni di fede cristologiche (Cristo,
non Cesare è il Signore), trinitarie (Stato e Chiesa a confronto, ed est-ovest
pure) alle confessioni di fede della Riforma, cariche indirettamente, e talvolta esplicitamente, della agitata problematica politica del tempo (un es.
per tutti: il modo in cui la Confessio
Scotica affronta, nel quadro della storia scozzese di quegli anni, il problema della liceità o meno della resistenza all’autorità costituita ingiusta), flno ad oggi, agli abbozzi di confessione della fede in America Latina, negli
Stati Uniti, neH’Africa del Sud. Questo
coinvolgimento politico implica tutte
le luci e le ombre, le ambiguità, le mani e soprattutto i pensieri e i cuori
’sporchi’ che il nostro essere uomini
comporta; ma è anche lo sfondo, il
terreno reale, il ’luogo’ e il ’tempo’ nel
quale si confessa (o no) Gesù Cristo.
Se questo non traspariva dal mio scritto, grazie a E. Genre per averlo evidenziato.
Quel che ho inteso dire si può piut
tosto esprimere con queste parole di
Sergio Rostagno, in uno studio presentato a un campo di Agape b « La
Confessione di Barmen può valere come documento di resistenza al nazismo. Ma essa si volge contro un errore ecclesiastico ed è redatta in termini puramente teologici. In realtà la teologia impegnata si era quasi completamente data a sviluppare equivoci
concetti, che in sostanza significavano
accettazione del nuovo Stato. Chi invece a Barmen dava il segno della resistenza, era un gruppo non molto grande
di teologi 'puri'. Questa purezza, cioè
questo loro voler rimanere fino in fondo dei teologi, questo loro voler rigorosamente rimanere all’ ’oggetto’ della
DIBATTITO
teologia fu indubbiamente la loro forza. Gli unici a essere preparati alla lotta che si sarebbe dovuta impegnare
contro il nazismo (a parte socialisti e
comunisti) erano quelli che da più di
un decennio volevano richiamare la
chiesa al suo fondamento specifico.
L’oggetto della teologia, il fondamento
della chiesa, essi dicevano, è la parola
di Dio. L’errore, che ha come conseguenza la debolezza della chiesa di
fronte alla nuova ideologia, l’errore
che già da qualche secolo il protestantesimo cova nel suo seno, è che la chiesa consideri come fonte della sua predicazione, accanto alla parola, altre
verità, o avvenimenti, o idee ».
Prontissimo, quindi, a ’demitizzare
Barmen’: è un fatto che il dopo-Barmen è stato, per la grande maggioranza, anche di coloro che a Barmen hanno partecipato, molto al di sotto della
Dichiarazione, e bene ha fatto E. Genre a ricordarlo. Citando Giorgio Bouchard, in un altro studio al medesimo
campo di Agape: ^ « Con questo (Barmen) la Chiesa confessante tedesca
raggiungeva il suo punto di massima
chiarezza e dobbiamo guardare con riconoscenza a questo avvenimento. La
storia susseguente è stata molto meno
chiara. Mentre 18 pastori si facevano
fucilare e alcune centinaia andavano
in carcere, tra cui Martin Niemdller
che ci rimase otto anni, sotto custodia
speciale, la Chiesa nella sua massa viveva nei tira e molla, nelle discussioni, buone qualche volta, non buone talvolta. Barth veniva espulso dalla Germania: rappresentava l’unico magistero della Chiesa con le lettere puntualmente scritte alla Cecoslovacchia, all’Olanda, alla Norvegia, all’Inghilterra
nei momenti in cui questi paesi erano
investiti dall’avanzare del totalitarismo
tedesco. Ma i pastori confessanti nella
loro maggioranza combatteranno e cadranno nella guerra tedesca, ritenendosi tenuti per lealtà a farlo. Da quel periodo in cui la Chiesa confessante, malgrado molti eroismi, si dissolve nel gri
ilillimilllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllll
Questo ci ha detto Franco Antonicelli
(segue da pag. 3)
mocrazia moderna è nata dal protestantesimo, sembra chiaro che tocchi
al protestantesimo non sentirsi e dichiararsi esaurito e riprendere il suo
rapporto col mondo secolare, l’itinerario del suo sviluppo, del suo combattivo adeguamento, del suo stesso magistero che dalla Controriforma a oggi appare precluso alla Chiesa cattolica. Ma sarebbe errore non intendere
quanto la democrazia abbia operato e
operi nel seno del cattolicesimo, da
Papa Giovanni in poi, e, se vogliamo
consentire con quanto dicono i Valdesi
progressisti, dal fuoco appiccato a tutto Pautoritarismo, cioè dalla contestazione giovanile del 1968 che ha rimesso tutto in discussione. Insomma, un
cammino comune si è aperto a tutte
le Chiese cristiane e, dobbiamo riconoscerlo, tutte sono ferme dinnanzi alle stesse incertezze.
Dov’è la parte della morale in questo, e dove è quella nella religione.'' lo
non so, o non riesco a dirlo, lo sono
un incredulo, o vedo per specuium, vedo m emgmate, cioè contusamente;
dinnanzi alla leue mi arresto, risolvo
tutto nella morale e la mia morale è
cristiana. Di ironie alle chiese come
case della preghiera, so soltanto che
non vi penetro se non per ragioni di
interesse storico o di compiacimento
estetico. Ma nello spazio della morale,
potrei almeno confessare di sentirmi
necessariamente vicino a quel protestantesimo che è il sale della democrazia, a quella secolare posizione di
eretici che nel mondo è stata inaugurata da Cristo. Che nel corpo del cattolicesimo si siano aperte grandi ferite e ferite salutari, deve essere riconosciuto da tutti. Che questo avvenga
sempre più celermente e diffusamente
nei nostri giorni è un fatto straordinario, degno di partecipe attenzione. Che
una simile crisi della Chiesa cattolica
debba svolgersi in certo senso da sé,
con le proprie forze, mi sembra giusto.
Ma che ima spinta innanzi da parte
degli Evangelici, una eterna, inesausta
contesa col mondo sia portata innanzi
da voi, cui parlo, questo mi pare essenziale e per voi stessi e per le altre Chiese e per la cattolica soprattutto.
Voi Valdesi credete nell’agàpe, nella
caritas o amore, che secondo Paolo è
superiore alla fede e alla speranza e
qui è il principio e la forza e il signiflcato di tutto; ma nel contesto secolare voi avete sempre operato testimoniando col sacriflcio personale per i diritti della coscienza, per il rifluto alla
autorità che asservisce la coscienza.
Siete contro il mendacio, siete per la
pace, per la solidarietà con gli oppressi, per la cura di tutti i lebbrosi del
mondo, per lo spirito fraterno in luogo dello spirito paterno, per il precetto di Gesù ricordato da Luca, « chi vuol
salvare la propria vita la perderà »,
cioè per la salvezza di tutti, per la libertà di tutti e, vengo dunque alla pratica politica, per il rispetto delle minoranze. Non è stata un’ottima prova
il 12 maggio? E troppa lode? Certo che
tocca a voi rinnovare nello spirito e
nell’azione la tradizione che ha fatto
di voi un’isola così onorata. Giacché
credo, in questo tempo, non è la Chiesa cattolica la protagonista del rinnovamento; a voi dunque il compito di
procedere, cristiani inquieti e inquietanti, ma anche laici fra i laici, immessi in tutte le componenti economiche, sociali, politiche e religiose del nostro tempo per creare una nuova società. Una nuova società: e quale può
essere? Per quello che si costruisce
con la fede, come ho già detto, non
posso pronunciarmi; ma per ciò che
riguarda lo spazio e il tempo dell’uomo, intendo per nuova società tutto
quello di cui si pongono le basi con
la conquista quotidiana della verità,
della libertà, della giustizia. E poiché,
per creare, bisogna anche distruggere,
credo che una potenzialità dirompente
sia già in quella affermazione che colgo come la più avanzata nel documento dell’incontro di Agape dell’agosto
’69, relativo ai rapporti delle chiese
evangeliche con lo Stato, cioè il rifluto di qualsiasi forma di integrazione
nelle strutture di potere dello Stato o
di altri gruppi sociali.
Il pensiero di Pietro Valdo è così
andato innanzi nei secoli, di esperienza in esperienza. Non così è successo
di quello, per tante parti affine, di
Francesco d’Assisi. Ma è così di tutti
i non integrati: è questo il riscatto di
tutti quelli che conoscono le persecuzioni e i roghi.
giore ecclesiastico, è emerso il protestantesimo del dopoguerra, che è quello che è, che ha nel suo seno una Chiesa confessante, dovunque, anche e specialmente in Germania, ma che non è
una Chiesa confessante. Lo scopo che
si proponeva la nuova teologia, un rinnovamento pieno della Chiesa, non è
dunque stato raggiunto. Tuttavia in
quel momento la fede è stata confessata, e questo documento è posto anche oggi davanti a noi ».
Lo scopo del mio scritto era appunto di confrontarci tutti con quel documento, e in particolare con la seconda tesi, che mi pare quella fondamentale. Penso che ci sia una ragione profonda, e non solo casuale disattenzione, se abbiamo lasciato passare inavvertita la ricorrenza (e così un po’ dovunque). Barmen disturba. Tutti noi.
Sia quelli fra noi che sostanzialmente
continuano per le vecchie strade, sia
quelli che ne tentano di nuove. Perché
i confessori di Barmen, con chiarezza
e coerenza assai varie, dicono che « Gesù Cristo, così come ci viene testimoniato dalla Sacra Scrittura, è l’unica
parola di Dio che dobbiamo ascoltare
e cui dobbiamo in vita e in morte fiducia e obbedienza »; quindi « rigettiala falsa dottrina, secondo cui la chiesa
può e deve riconoscere come fonte della sua predicazione, al di fuori di e accanto a quest’unica parola, ancora altri avvenimenti, forze, idee e verità
quali rivelazione di Dio ». Questo rnessaggiO nessuno lo ha veramente digerito, ma in modi diversi gli uni e gli
altri lo abbiamo respinto. Cioè, da un
lato resta severamente attuale il richiamo a quanti fra noi, fatto il callo attorno alla crisi di ieri e di oggi, continuano a vivere una fede che fa la sua
parte alTEvangelo E la sua parte alla
mentalità borghese e all’ideologia che
le soggiace, religiosa e/o secolarizzata
(due fonti di ’rivelazione’, cioè di visione della realtà, di vita); ma d’altro
lato resta — ritengo — altrettanto severamente attuale il richiamo a coloro
fra noi che vivono la loro fede in un
modo che può parere nuovo, ma che
nel fondo è terribilmente ’vecchio’,
perché ripresenta in termini nuovi il
vecchio errore e cerca le sue fonti di
speranza, di impegno, di vita nell’Evangelo E in un’ideologia ascendente, sia
essa quella marxista (del resto ormai
stagionata) o quella dell’identità di popoli e culture emergenti e così via. Naturalmente non è così in teoria, non
siamo così grossolani, ma nei fatti è
cosi, le fonti di rivelazione e di vita,
di speranza sono dùplici o plurime:
TEvangelo E qualcos’altro.
Come ha scritto recentemente Vittorio Subilia ^ « l’antitesi dell’Evangelo è
soltanto con una forma di società oppure deve essere cercata più in prodità? È indiscutibile che l’accusa a un
Evangelo asservito agli ideali della civiltà borghese è in larga misura fondata. Ma è evangelicamente un gran
guadagno sostituirgli un Evangelo asservito agli schemi e ai metodi della
rivoluzione marxista? Quando eravamo
ragazzi ci avevano raccontato a scuola in sede di letteratura greca una certa favola delle due bisacce... ».
Grazie, quindi, a Ermanno Genre
oerché, integrando validamente quanto scrivevo e situando criticamente
Barmen nel contesto storico, mi ha anche sollecitato a chiarire che vedo
’Barmen’ non certo come un’arma degli uni contro gli altri, ma come un serio richiamo a noi tutti, a cominciare
da me. Sarei tuttavia grato se egli e
quanti fra noi condividono le sue convinzioni, prendessero anch’essi sul serio la domanda che ponevo, magari indirettamente, ma con sufficiente chiarezza. La ’guarigione’, per tutti noi,
passa continuamente per questa dolorosa incisione chirurgica, operata da
quella spada affilata, a due tagli, che
è la parola creatrice del nostro Dio.
Gino Conte
Una nuova ehiesn evangelica è stata costruita a Moncalieri : è la Chiesa
del Nazareno, in Corso Parini, e vi si
tiene il culto la domenica alle 9,30. Il
pastore è Alberto Richiardino.
Evangelizzazione in atto : è del mese di settembre una lettera inviata
alle Comunità evangeliche italiane,
accompagnata da un questionario da
riempire che dovrebbe dare un quadro complessivo del lavoro evangelico in Italia e una graduatoria dei metodi usati per rendere più evidente
questo lavoro. Sarebbe questo l'inizio
di un lavoro in comune che un gruppo di fratelli di varie denominazioni
vuole compiere. Nel gruppo sono
rappresentate le Chiese : Metodista,
Apostolica, dei Fratelli, Battista, Valdese, Pentecostale, Libera.
Giornata della temperanza per gli
Avventisti è stato il 26 ottobre. Gli
Avventisti sono noti per la loro temperanza ; ma questa non è per loro
fine a sé stessa ; la praticano come
autocontrollo, essendo ciò possibile
solo in Cristo. La temperanza non è la
conseguenza di una serie di « non »
(non fumare, non bere, ecc.) ma « è
un piano positivo che deve contribuire al raggiungimento dell'unità di un
individuo con Dio ».
Il problema della libertà del sabato
per motivi di culto nelle scuole elementari è stato risolto per la prima
volta tra gli Avventisti e il Ministero
dell'Istruzione, a Palermo. Ci sono voluti cinque anni di lotta per ottenere
questa libertà.
Inda Ade
Costituita ia Federazione evangeiica
deiia Liguria e dei Sud-Piemonte
Un primo atto che può definirsi storico nella nostra Regione, è stato compiuto a Genova lunedì 4 novembre
presso i locali della Chiesa Valdese di
Via Curtatone.
Dieci Comunità appartenenti a Chiese Evangeliche di diverse denominazioni si sono finalmente strette la mano per formare la Federazione Regionale allo scopo di proclamare insieme
con più forza e credibilità la propria
fede in Cristo mediante la predicazione attiva del suo Evangelo.
Ci siamo trovati più volte in passato
nella situazione vergognosa di ignorarci volutamente; con la scusa delle
nostre diverse provenienze storiche-religiose, delle nostre "debolezze e imperfezioni”, i nostri rapporti sono stati
disturbati con fredda determinazione.
Qggi con questo atto desideriamo
cancellare tutto il trascorso passato, e
quindi iniziare tutto da capo. Iniziare
tutti insieme un nuovo rapporto con il
Cristo, un nuovo rapporto con Dio attraverso il prossimo. Ciò vuol dire
scrollarci di dosso l’egoismo che costringeva il più delle volte a chiuderci
nelle nostre belle Chiese come sepolcri
imbiancati.
Dio vuole ciascuno di noi per sé, ma
non vuole tenerci con sé; Egli ci prende per mano e ci porta in mezzo alle
Comunità dei Fratelli affinché lavorando insieme, aiutandoci l’un l’altro, impariamo in primo luogo ad accettarci
per poi pregare onorando il Suo Nome.
La Federazione Regionale non è però
completa; alcune Comunità non hanno
aderito, ma lo potranno fare in qualsiasi momento. Delle obiezioni sono venute da alcuni che hanno erroneamente diviso l’impegno spirituale della Federazione dall’impegno sociale. La
Federazione si è costituita prendendo
un solo impegno: credere in Dio Creatore del tutto, e predicare Cristo Crocifisso che è il Signore e Salvatore venuto in mezzo agli uomini. Difatti, se
la sua predicazione fosse stata solo rivolta verso le realtà eterne, ai beni spirituali, non lo avrebbero di certo crocifisso, non avendo egli dato tanto fastidio al sistema di allora. Ma al contrario, hanno riconosciuto la realtà, che
tutto ciò che Gesù Cristo diceva del
Regno di Dio, del Cielo, intendeva nello stesso tempo parlare della terra,
prendendo posizione contro le ingiusti
zie sociali e contro la cattiveria umana.
Abbiamo voluto la Federazione, ora
speriamo nell’unione di tutti, riconoscendo che per tutto questo il merito
non sarà mai nostro, ma del Padre misericordioso, come pure Suo è il merito neH’aver designato come primo
Presidente, la persona adatta, il Pastore Paolo Marauda.
Qra che le nostre Comunità sono più
aperte, dobbiamo ricordarci che solo
vivendo e operando in mezzo al prossimo possiamo dire di essere veramente provenienti da Dio e sperare di inserirci nei piani del Suo Futuro.
Emanuele di Natale
A Firenze, a cura
dell’« Amicizia ebraico-cristiana »
Ricordo di Juies Isaac
L’« Amicizia ebraico-cristiana di Firenze », che ha sede presso il centro
comunitario valdese di Via Firenze ed
è presieduta da Ines Zilli Gay, annuncia che domenica 24 novembre (inizio
alle ore 10.30) si terrà in Palazzo Vecchio una commemorazione di Juies
Isaac, alla presenza del Sindaco e con
l’intervento del presidente onorario
dell’« Amicizia », prof. Giorgio La Pira, che dieci anni fa, quale Sindaco di
Firenze, promosse una consimile manifestazione.
Il dr. André Chouraqui, presidente
del Comitato interconfessionale d’Israele, autore di numerose opere storiche, filosofiche e giuridiche e noto
per la sua attività in numerose organizzazioni internazionali per una rnigliore comprensione fra ebrei, cristiani e musulmani, parlerà in francese
su « Juies Isaac e il suo messaggio ».
J. Isaac è stato uno storico insigne,
fondatore delle Amicizie Ebraico-Cristiane.
niiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiiiiiii
Torino; nuova libreria
La Libreria Galassia (Galleria S. Federico 7 - Torino - tei. 51.19.71) di Giorgio Giampiccoli e Mirella Loik, comunica di avere in vendita anche le pubblicazioni recenti della Claudiana.
I lettori ci scrivono
* Il campo invernale di Agape 1963-64 aveva come tema (bei tempi!) <c La grande svolta: dal protestantesimo liberale al rinnovamento teologico », relatori Sergio Rostagno,
Franco Giampiccoli, Mario Miegge, Giorgio
Bouchard, Giorgio Girardet. Le relazioni e
vari documenti sono stati poi raccolti e pubblicati, con quel titolo, in un Quaderno FUV,
in collaborazione con GEM, MGB e MCS. La
citazione di S. Rostagno è a p. 46.
^ Nel citato Quaderno FUV, p. 44.
^ In « Protestantesimo » 2/1974, V. Subilia
analizza e discute in una rassegna un saggio
di Giulio Girardi su 7 presupposti filosofici
della teologia della liberazione. La citazione è
da pag. 100. A p. 99-100 .si legge pure: « Girardi si dice convinto che non si tratta semplicemente di una nuova teologia : ”è un’epoca che si annuncia nella storia della teologia,
anzi nella Storia tout court. Una teologia che
vorrebbe, nella nuova Terra, essere testimone
di Colui che ha detto: Ecco io faccio ogni
cosa nuova”. Molti oggi nei nostri ambienti
cristiani condividono questa convinzione, considerandola l’avanguardia di un’epoca senza
precedenti, nei eui confronti tutta la storia
precedente è preistoria. In nome di questa
convinzione ritengono superate le barriere
confessionali, emarginabile la frattura della
comunione nella fede, rinnovata la comprensione del messaggio cristiano, risolta la questione del suo centro, identificato col motivo
evangelico dei poveri e coneretato nella tesi
della rivoluzione. Non è la prima volta nel
nostro eiclo storico e nella nostra stessa generazione che simili convinzioni fanno la loro
apparizione. Sappiamo bene che ”la relativizzazione universale è una forma più astuta di
Distretti scolastici
Torino, 12 novembre 1974
Gentile direttore,
l’Istituto Storico della Resistenza in Valle
d’Aosta ha pubblicato un interessante studio
di Tullio Omezzoli su Lingua e politica nella
provincia fascista, con un’antologia della
stampa in Valle d’Aosta dal 1927 al 1945. Si
assiste, leggendo il libro, alla lotta contro il
francese, da sostituire nell’insegnamento scolastico magari con il tedesco o l’inglese. Si
trova riportato un articolo significativo : «L’apostolo dell’italianità ». Il problema di una centralizzazione culturale in Valle d’Aosta come
da noi è vecchio, più vecchio che il fascismo,
anche se nel periodo fascista è stato esasperato. Già i pastori che venivano nelle Valli
conservatorismo” e ’’riconcilia con l’ordine
stabilito” (Girardi). Non possiamo tuttavia fare a meno di domandarci : la testimonianza di
Colui che fa ogni cosa nuova deve essere necessariamente vincolata nei suoi temi e nei
suoi metodi agli schemi di una filosofia sociale apparsa in Europa nella prima metà del secolo XIX? Non rischia cosi di esser pericolosamente vicina, pur nella radicale diversità
delle opzioni, alla metodologia teologica di
quei eonservatori i quali in campo cattolico
sono convinti che la testimonianza cristiana
debba ancor oggi essere vincolata agli schemi
di una filosofia (n.d.r.: il tomismo) apparsa nel
XIII secolo? Come è possibile da parte protestante accedere a questi presupposti di principio? Non dev’essere qui ancora scoperto
quel rapporto tra Evangelo e filosofia che Lutero aveva veduto con lucidità travolgente e
che nella nostra generazione qualcuno come
Barth ha rimesso in luce in maniera che
sembrava definitiva? ».
dalla Francia e dalla Svizzera, dal 1600, tendevano a una centralizzazione culturale, di
senso opposto, francese anziché italiana. E
non si può negare il contributo francese né
il contributo italiano alla nostra cultura. Ma
ora la tendenza, una tendenza, va all’incontrario, verso la decentralizzazione, e l’istituzione dei distretti scolastici, per quanto difettosi, ne è una manifestazione. Cerco di
indicare degli argomenti di fondo nella discussione sui limiti di un distretto scolastico
delle Valli.
Sono stato insegnante pendolare, da Torino
proprio con la Valle d’Aosta, 120 chilometri
al giorno, da cinque a otto ore sul treno, più
di venti anni fa. Ho molti insegnanti in famiglia, e credo di conoscere i loro non invidiabili problemi. Eppure qui sta un nodo del
problema principale. Sono questi insegnanti
adeguati alle nostre Valli? Che ne sanno?
Quanti conoscono solo poco più che una stazione ferroviaria, scappano appena possono?
Quanti portano avanti, forse senza accorgersene, un’opera di snaturalizzazione che è stat-T
fascista?
Il distretto scolastico che viene proposto
ha organi di tipo corporativo, con una predominanza del « mondo della scuola », degli insegnanti. Il distretto scolastico americano,
che forse è stato un lontano, molto lontano,
ispiratore o modello, è tutt’altra cosa. Ci sono
là distretti scolastici molto diversi fra loro,
corrispondenti di media a meno di diecimila
abitanti, con comitati dotati di ampi poteri e
propri bilanci, eletti da tutti i cittadini.
Se si vogliono usare i distretti scolastici
che vengono istituiti credo che si debba tener conto di queste considerazioni e tentare
il recupero di una identità culturale insieme a o malgrado gli insegnanti. È innanzi
Gustavo Malan
(continua a pag. 5)
5
15 novembre 1974 — N. 45
pag.
Torniamo al
Ma a quale
culto!
culto?
Il pastore Paolo Ricca, dopo aver
valutato positivamente il caldo invito
di Tullio Vinay, lo commenta molto
saggiamente e pone la domanda: « Torniamo al culto, così com’è? ». E solleva il problema della necessità di « reinventare » il culto.
È chiaro che l’appello di Vinay di
« tornare al culto » è rivolto a coloro
che, per un motivo o un altro, si sono
allontanati da esso. Ora il problema
— se ho ben capito il commento di
Ricca — sarebbe quello di inventare
un nuovo culto nella forma che dovrebbe essere gradita agli attuali assenti.
Pur essendo perfettamente d’accordo
sulla necessità di una continua riforma anche del modo di adorare, non
vedo l’utilità di trovare una forma di
adorazione che possa far piacere a chi
oggi non partecipa al culto. Chi oggi
non viene al culto non lo fa per antipatia alla forma, ma per ben altri motivi! Chi rimane lontano è perché —
nei casi generali — non sente il bisogno della adorazione comunitaria e
spesso anche di quella personale!
Stando così le cose, è ovvio che non
si riuscirà mai a inventare un culto
per chi non intende adorare! Se tutto
dipendesse dalla forma per attirare
gli assenti, basterebbe rivolgersi (mi si
perdoni il volgare confronto!) ad un
esperto « regista » teatrale, il quale ci
indicherebbe forme davvero affascinanti e attraenti! Ma il culto non è una
messa in scena! Il culto, tutti lo sappiamo, è il modo di adorare dei credenti nel modo e nella forma che sono
dettati dalla loro fede. Perciò l’attuale culto è il modo di adorare degli attuali credenti secondo la loro fede,
bella o brutta che sia. Se gli assenti
desiderano un culto diverso dall’attuale, è perché hanno una fede diversa
dagli attuali credenti. Ed allora non
sta a noi « inventarglielo », ma lo debbono esprimere loro stessi.
In conclusione, considerando valido
il pensiero ricordato da Paolo Ricca
che « una vera riforma del culto presuppone la riforma della fede e della
vita della chiesa », ritengo altrettanto
valido Tappello di Tullio Vinay : « Venite, torniamo al culto »! E sia esso
l’espressione sincera di chi partecipa
a questo culto, che forse va bene « cosi
com’è »!
Giuseppe Anziani
« Venite, torniamo al culto ». Un articolo con questo titolo, scritto da un
pastore qualsiasi probabilmente non
avrebbe trovato molti lettori. Ma quello pubblicato sul settimanale « EcoLuce » portava la firma dii Tullio Vinay.
Questo pastore è conosciuto come il
fondatore del villaggio per la gioventù
« Agàpe » a Prali. Da alcuni anni dirige un complesso di opere sociali a
Riesi, in Sicilia. L’anno scorso ha visitato il Vietnam del Sud e ha riferito
sull’inumano trattamento che la passione politica sa sempre suggerire.
Se l’attenzione sull’opera di Tullio
Vinay è stata così viva in tutto il mondo, è stato perché ha indicato alle Chiese dei metodi di azioni aH’infuori di
quelli ecclesiastici normali. « Finalmente — si è pensato — ecco la strada
che si deve seguire. Basta con il ristretto ambito ecclesiastico, andiamo
verso il mondo, occupiamoci dei suoi
problemi concreti: questo sarà il vero
modo di rendere testimonianza allo
Evangelo di Gesù Cristo ».
Ma ecco un fatto nuovo. Tullio Vinay, con la sua esperienza di 25 anni
in attività non strettamente ecclesiastiche, e con la sua indiscussa autorità, rivolge ora alla Chiesa un pressante invito: « Venite, torniamo al culto ».
Non certo con questo che egli voglia
dire che la Chiesa debba disinteressarsi dei problemi sociali, e meno che
mai che il culto fosse assente in questo aspetto della testimonianza cristiana. Ma ormai c’è un problema che si
impone con precedenza assoluta: la
In memoria di Renato Ciampiccoli
Per l’Ospedale valdese
di Torre Pellice
Per l'Ospedale Valdese di Torre Pellice: iamiglie Gioacchino e Danilo Venturi 20.000;
Gianni e Miriam Marcheselli 10.000; alcuni amici di Ernesto 30.000.
BIIIIIOIIE ADIIIillM DI SKini’
L’ìSSmTIB lUlhll
TUTTI I RAMI ASSICURATIVI
Incendio - vita - grandine - furti
- cristalli - trasporti - infortuni responsabilità civile
SUB-AGENZIA di TORRE PELLICE
ATTILIO SIBILLE
Viale Dante 10/4 — tei. 91.840
Assicurarsi vuol dire
garanzia sicurezza tranquillità
vita della Chiesa, di cui il cultó è la
espressione più importante.
Se in una città la Centrale elettrica
si ferma è tutta la vita che rimane
paralizzata: dalTilluminazione alle fabbriche, dagli elettrodomestici ai trasporti. Il culto è per la Chiesa come
una Centrale spirituale. Se questa si
ferma o funziona male, anche tutte le
altre attività rimangono compromesse.
Un’obiezione è stata immediatamente sollevata: a quale forma di culto
dobbiamo ritornare? Infatti c’è chi
pensa che la drammatica diserzione
dai culti dipenda dalla forma tradizionale con cui vengono celebrati e che
non risponderebbe più alle necessità
moderne. Può darsi. E fuori discussione che le forme liturgiche non sono un
articolo di fede. La Bibbia non ci ha
indicato nessuna liturgia, quindi il culto può essere celebrato in modi diversi. Alcune comunità esprimono la loro
vita comunitaria con solenni celebrazioni liturgiche; altri preferiscono le
manifestazioni entusiastiche dei movimenti pentecostali; dagli Stati Uniti
ci sono venuti i canti sincopati con accompagnamento di chitarra. Tutto questo ha una importanza relativa e non
è affatto detto che cambiando una li
turgia vedremo ritornare quelli che si
sono allontanati. Quello che conta è
che l’amore per il Signore torni a vibrare nei cuori, e allora, come immediata conseguenza, si sentirà anche
l’amore per i fratelli e si avrà piacere
di ritrovarsi con loro per celebrare il
culto al Signore.
Tullio Vinay ha avuto un ministero
diverso da quello tradizionale e la
Chiesa gliene è grata. Ma forse la sua
opera migliore è quella di avere avuto
il coraggio — con d tempi che corrono
— di rivolgere alla Chiesa un appello
come questo: « Venite, torniamo al
culto ».
È da augurarsi che questo appello
non rimanga inascoltato.
Roberto Nisbet
Ho letto con profonda riflessione
l’articolo del pastore Tullio Vinay « Venite, torniamo al culto » pubblicato sul
n. 4L
Certamente, ogni Assemblea e ogni
Consiglio di Chiesa dovrebbe discutere a fondo la questione.
Ma soprattutto dovremmo tutti insieme (sia coloro che si sono allontanati per cercare e realizzare una comunione ideale di culto, sia coloro che
sono rimasti e frequentano il culto così come è) fame un costante argomento di preghiera, presentando al Signore la nostra questione non risolta. Perché, nella divisione e separatamente,
sia gli uni che gli altri, non siamo purtroppo riusciti a toccare il fondo del
problema del culto.
Nelly Rostan
Cronaca delle Valli
Il Coretto del Collegio Valdese a Berna
Sabato 2 e domenica 3 novembre il
Coretto del Collegio è stato ospite del
Comitato bernese per la Chiesa Valdese. Il soggiorno degli studenti e dei
loro accompagnatori è stato reso veramente piacevole dagli amici di Berna,
che si sono prodigati in ogni modo
per mettere a proprio agio tutti i componenti la comitiva: non possiamo che
rinnovare loro i nostri più sinceri ringraziamenti.
Il concerto del Coretto, in programma il sabato sera, era stato annunciato alla radio cantonale e sul giornale
bernese, inoltre ogni scuola superiore
della città aveva ricevuto l’invito; così
la sala della Calvin-Haus era gremita
di ascoltatori, che hanno dimostrato
di gradire i vari canti, spirituali e no,
eseguiti con molta vivacità e allegria,
se non proprio con perfezione tecnica.
Durante la serata è anche stata presentata una serie di diapositive sulle Valli
Valdesi e sulle scuole in particolare,
commentate dal past. Bellion. Visto
che le diapositive erano molto belle,
si è pensato di proiettarne alcune al
contrario, tanto per confondere un po’
le idee: vedere Castelluzzo a sinistra
della Valpellice o il campanile a destra
del tempio dei Coppieri avrà certo destato la curiosità dei molti conoscitori
delle Valli presenti, tanto da indurli
a ritornare da noi per vedere se le cose sono cambiate così radicalmente.
Dopo la serata i coristi, a coppie o
da soli, sono stati presi in consegna
dalle famivhe che hanno loro offerto
ospitalità. In questa occasione c’è chi
ha avuto l’onore di indossare la camìcia da notte di una gentile signora, e
questa, a qualche chilometro di distanza, invece delle creme di bellezza ha
potuto usare la crema da barba: cose
che succedono scambiando le valige.
La domenica rnattina il gruppo ha
partecipato al culto nella Thomas-Kirche, e il Coretto ha ancora presentato
due canti. La giornata è proseguita con
la visita del centro medioevale di Berna e dell’interessantissimo Museo di
Scienze Naturali. A pomeriggio inoltrato la comitiva si è nuovamente sciolta
affinché ognuno avesse la possibilità
di conoscere più a fondo le gentili famiglie ospitanti. Durante la cena e-dopo sono continuate le conversazioni
nelle quali ognuno ha preso contatto
con una realtà così diverse dalla nostra, sia sul piano politico che religioso
che .sociale, ma anch’essa con i suoi
problemi insoluti. Qualcuno, temporaneamente meno "impegnato”, si è cimentato con problemi gastronomic^enologici, ma ha subito cambiato interessi quando si è trovato a dover bere,
tè con la fonduta...!
Sotto una fitta nevicata il Coretto ha
lasciato Berna lunedì mattina con la
soddisfazione di aver vissuto un’altra
breve ma certo positiva esnerienza fra
cari amici della Chiesa Valdese e dei
nostri Istituti.
F. T.
Alla Scuola Media
del Collegio Valdese
Il pastore Davite
parla della GEvAA
Nel quadro delle nostre attività extra-scolastiche previste per quest’anno,
abbiamo progettato di dedicare alcuni
pomeriggi a conferenze seguite da dibattiti, a films, a visite di fabbriche,
ecc.
Ad iniziare la serie di questi pomeriggi « un po’ speciali » è stato il Past.
Franco Davite che ha gentilmente voluto accettare il nostro invito.
Il past. Davite è stato nel Togo, e
più precisamente a Lomé, nel settembre scorso quale delegato dalla Tavo
È disponibile
il nuovo calendario mensile
VALLI NOSTRE 1975
con 13 vedute a colori e versetti biblici indirizzario aggiornato edizione in tre lingue,
L. 1.100
CLAUDIANA - Torino
Via P. Tommaso, 1 - tei. 682458
Jacopo Lombardini
verrà ricordato nella sala valdese di Perosa Argentina sabato 23
novembre alle ore 20,30. Prenderanno la parola Ettore Serafino, Donatella Gay Rochat, Giorgio Tourn, e quanti altri vorranno portare la
loro testimonianza. La chiesa valdese di Pomaretto invita cordialmente
la cittadinanza a partecipare a questa manifestazione.
Il Concistoro di Pomaretto
la Valdese per la sessione annuale del
Consiglio della CEvAA.
Egli ci ha parlato del Consiglio della Comunità Evangelica di Azione Apostolica, del suo scopo e dei suoi problemi. Il tutto illustrato da stupende
diapositive. Un alternarsi di fiora tropicale (il past. Davite ha una passione
per la botanica) e di momenti tipici
della vita africana scelti con speciale
cura. Il commento fatto con molto
brio ha reso quelle dispositive molto
«vive». L’interesse dei ragazzi è stato
evidente. Non sempre rispettato il silenzio quando c’erano «gli stregoni»
o qualche tipica pettinatura togolese.
Finita la proiezione sono incominciate le serie dei «perché» da parte
dei ragazzi e alcune domande sono state fatte con vero senso critico.
Ringraziamo ancora il past. Davite
che ci ha promesso altre diapositive
di genere diverso e facciamo nostro
uno dei problemi della CEvAA, quello
cioè di creare una solidarietà tra studenti e studenti, tra allievi e professori, tra scuola e società.
Speranza Tron
-----★------
Al Ginnasio-Liceo
di Torre Pellice
Programmi
di istruzione reiigiosa
Come l’anno scorso lo svolgimento
del programma sarà assicurato dal
prof. Augusto Armand Hugon per le
classi quarta e quinta ginnasio, dal
pastore Bruno Bellion per la I e III,
dal pastore Giovanni Conte per la II
liceo.
Il programma di massima è stato
così concordato con gli alunni ; il prof.
Armand Hugon indirizzerà l’interesse
degli alunni verso i fatti principali della storia valdese e siamo certi che sarà
loro possibile di valersi largamente del
materiale disponibile nella biblioteca.
Il pastore Bellion assicurerà invece
una serie di lezioni sui Padri della
Chiesa, un programma che si ricollega a quello di filosofia e di letteratura
latina e greca delle classi interessate.
In seconda liceo si intende compiere
uno studio critico di varie ideologie,
alla luce dell’Evangelo ; si dedicherà
inoltre una parte del tempo disponibile
allo studio biblico, anche in vista di
una partecipazione diretta degli alunni ai culti del lunedì mattina.
Inoltre si è pensato di esaminare la
questione dei decreti delegati e della
loro attuazione nella nostra scuola, in
modo tale che essi permettano di sviluppare quella « partecipazione » che
era per altro già in atto da tempo.
Abbiamo inoltre in programma una visita approfondita al Museo Valdese
sotto la guida del dott. Enrico Peyrot,
che ringraziamo sin d’ora per la sua
collaborazione, sperando che da questa attività possa nascere un piccolo
gruppo di giovani direttamente interessati a questo aspetto della nostra
« presenza » a Torre e disposti ad assicurare alcuni turni estivi come guide
e sorveglianti durante il periodo di
apertura del museo.
11 gruppo responsabile
Pomaretto
Mozione sulla gestione
della scuola materna
L’assemblea dei genitori dei bambini iscritti alla scuola materna, regolarmente costituita in seconda convocazione il giorno 26 ottobre 1974, dopo aver ampiamente dibattuto il
problema della gestione della scuola, in riferimento in primo luogo alle difficoltà finanziarie presenti,
considerato il fatto che il personale è sottoretribuito e che, indipendentemente da altre
considerazioni, ciò produce una elevata mobilità dello stesso con conseguenze deteriori sul
livello didattico,
considerato altresì il fatto che la scuola
materna, per assolvere il suo vero compito,
deve funzionare con una impostazione didat- .
tica chiara, coerente e possibilmente duratura nel tempo e che questa esigenza è un dato
assolutamente irrinunciabile,
esaminate le possibilità che si presentano di
modificare le rette ed esclusa questa via in
quanto insoddisfacente (sarebbe infatti necessario come minimo il raddoppio degli attuali contributi delle famiglie),
considerato infine che il servizio svolto dalla scuola materna è un diritto del cittadino
italiano che, come tale, deve essere fatto valere,
convinta del fatto che la chiesa abbia ormai esaurito questo compito che si era assunta in una situazione socieilmente, culturalmente e politicamente diversa per cercare
altri modi di essere presente nella società di
oggi.
decide
1) di costituirsi in consiglio permanente,
con funzioni decisionali su tutti i problemi
guardanti :
— la gestione amministrativa ed organizzativa,
— Vimpostazione didattica,
— la collaborazione ed il controllo in merito
all’attività svolta dal personale
e tra i suoi compiti, i rapporti con Vautorità
scolastica.
Il consiglio si riunisce mensilmente.
2) di assumere per l’anno in corso una seconda insegnante in quanto il numero dei
bambini iscritti impone la formazione di due
sezioni.
3) di richiedere agli organi della comunità valdese di Pomaretto regolarmente costituiti e competenti a decidere di rinunciare
alla gestione privata della scuola materna e
di chiedere tramite l’autorità comunale Vistituzione di due sezioni di scuola materna statale nel comune di Pomaretto.
4) di chiedere alle persone facenti parte
dell’attuale comitato di continuare la loro collaborazione partecipando alle assemblee mensili dei genitori.
San Germano
Chisone
— Ci siamo rallegrati di constatare che
parecchi sangermanesi, giovani e adulti, hanno potuto seguire la serie di « corsi per anziani », organizzati dalla Comunità Montana
delle Valli Chisone e Germanasca in collahorazione coi responsabili del nostro Ospedale
di Pomaretto. Si è trattato di un’utile iniziativa che varrà la pena di proseguire. Ci rallegriamo con Giancarlo Bounous che è stato
assunto quale tecnico agrario da quella Comunità Montana e gli auguriamo di poter
svolgere una utile attività in particolare nei
confronti degli allevatori della zona.
— Sabato 9 novembre la Pro loco e l’associazione Rostania hanno organizzato nella nostra sala una serata di canti della montagna.
Per l’occasione era stato invitato il Coro
Edelweiss del C.A.I. di Torino. Il gruppo di
cantori ha riscosso un meritato successo ed è
stato ripetutamente applaudito dal numeroso
pubblico presente. Nel corso della serata sono
anche state presentate alcune diapositive concernenti l’attività sportiva dei nostri giovani
e giovanissimi, sicché ognuno ha potuto rivedersi « in piena azione » (magari con qualche buffa smorfia dovuta allo sforzo).
— Una giovane coppia si è recentemente
stabilita in mezzo a noi, al Ciampas, per
l’esattezza. Si tratta di Franco Bertalot e di
Renata Long. Rivolgiamo un cordialissimo
benvenuto alla sposa che è originaria di Prarostino. Giovanni Conte
Nuovi indirizzi
Il past. Paolo Ribet si è trasferito in Via
Poerio 37, 20129 Milano.
Il Centro Diaconale (Istituto-Convitto Valdese, Casa del Fanciullo) si è trasferito in via
Giovanni Evangelista di Diasi 8-10 (Piazza
Noce), 90135 Palermo, tei. 56.09.41.
Franco Girardet, ex-direttore del Convitto
Maschile Valdese di Torre Pellice, si è trasferito al seguente indiritto: Via Carducci 49,
50018 ScANDicci (Firenze). Telefono (055)
2.57.82.37.
Il pastore Maggi
giunto a Prall da Tarariras
La comunità si è raccolta domenica
scorsa per accogliere il pastore Elio
Maggi e la sua signora giunti nel corso
della settimana a Prali. Nel corso del
culto il past. G. Tourn presidente della
Commissione Distrettuale ha rivolto loro una parola di benvenuto a nome di
tutto il Distretto e un augurio per il
nuovo ministero che iniziano in Italia.
Martedì ha avuto luogo una sed»ata
del Concistoro durante la quale il pastore Davite ha passato le consegne al
collega Maggi e sono state programmate le attività per l’inverno.
Diffusione
stampa evangelica
La Commissione stampa e colportaggio dei I Distretto convoca a San
Germano Chisone venerdì 29 novembre aUe 20.30, tutti coloro che sono impegnati nella diffusione della stampa
evangelica.
Distretti scolastici
(segue da pag. 4)
tutto un problema di delimitazione geografica. M. Bein Argentieri in una lettera sul1’ Eco/Luce dell’8 novembre mette in guardia contro i rischi di essere tagliati fuori da
forze vitali e da movimenti di più ampio
respiro e di cedere in personaUsmi o meschine rivalità. Questi rischi ci sono, ma debbono essere affrontati sul posto e non sfuggiti.
Altrimenti è inutile parlare di distretti, di
autonomie eccetera. AUora perché ci si è
messi suUa strada delle Comunità Montane?
Comunità di Valle — e per me come ente
principale di montagna sono troppo piccole
— si, distretto scolastico intervalli no? Resta
da vedere se, per le sue funzioni quali sono
e quali le vorremmo, e nel contesto degli altri
distretti scolastici, un distretto delle Valli è
quello da proporre.
Se guardiamo la carta dei 19 distretti della Provincia di Torino oltre ai 21 defla Città
di Torino vediamo quasi un mostro, il distretto di Pinerolo di gran lunga il più esteso con 1.243,6 kmq. e ben 116.023 abitanti
nel 1971. Il criterio seguito per delimitare i
distretti è stato di farli corrispondere alle
unità sanitarie di zona tranne soltanto per
queUe di Torre Pellice, Perosa Argentina e
Lanzo. Grossa incomprensione defla montagna anche se da parte di montanari. Basta
dire : grossa incomprensione? Ciò, malgrado
che — e proprio parlando di corrispondenza
o variazioni rispetto alle unità sanitarie —
si dovevano tenere presenti come « prevalenti, e comunque determinanti » considerazioni
come il profilo etnico e l’aspetto culturale. È
una beffa? E se si dice ancora: di fatto sarebbe un distretto bicefalo, con Torre Pellice e Perosa, si può citare il distretto di Strambino/Caluso, con 33.262 abitanti su 247,7
kmq., e a quanto pare un tessuto scolastico
meno ricco di quello delle sole Valli. E si
possono prevedere due sotto-distretti.
Ma il discorso principale non sta su queste
cifre, bensì sull’identità culturale. È un discorso — come si dice ora sovente — di comunità. È un discorso sulla società civile,
che non riguarda solo i valdesi.
Gustavo Malan
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Vinçon e Bouchard commosse e riconoscenti per la grande dimostrazione di affetto e stima tributata alla loro Cara
Jeminà
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano sentitamente tutti coloro che presero parte al loro grande
dolore. In particolar modo ringraziano il Pastore Sig. G. Conte.
S. Germano Chisone, 31 ottobre 1974.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Lidia Jahier
riconoscenti per la dimostrazione di
simpatia ricevuta nella triste circostanza, ringraziano tutti coloro che si
sono uniti nel lutto.
Un ringraziamento particolare alla
Direzione ed al Personale della Casa
Valdese di Riposo di San Germano
Chisone ed al sig. pastore T. Pons.
San Germano Chisone, 4-11-1974.
6
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
N. 45
15 novembre 1974
NOTIZIE DAL SUD VIETNAM
LA GUERRA CONTINUA
« Non sparare su tuo fratello » - « Rispondi all’odio con l’amore » - « Esigiamo l’applicazione completa e corretta degli accordi di Parigi».
Queste sono alcune delle frasi che
si potevano leggere sulle piccole bandiere svolazzanti su tutte le pagode
del paese, in ógni villaggio, distretto,
provincia, il 20 agosto u. s., per il lancio della campagna di pace da parte
della chiesa buddista in tutto il Vietnam.
Essa ha pure largamente diffuso due
importanti messaggi, uno del Patriarca e l’altro del Presidente del consiglio esecutivo centrale.
In essi si afferma che gli accordi di
Parigi seppur imperfetti, furono accolti con gioia, tutti credettero che essi avrebbero fermato quella guerra di
sterminio, senza vincitori né vinti, che
durava da decenni.
Anche per molte genti e nazioni la
guerra vietnamita parve — e pare tuttora — essere terminata. Ma la realtà
è ben diversa; più di centomila persone sono state uccise dopo quella data,
nei combattimenti; ci sono centinaia
di migliaia di nuovi profughi ; « il sangue delle vittime continua a colare come un fiume e le loro ossa si ammucchiano come montagne ». I bambini
continuano a perdere i loro padri e le
mogli i mariti; i prigionieri continuano a rimanere nelle gabbie di tigre. Aumenta il rischio di sterminio e la morte regna ovunque.
In questa situazione il messaggio
chiede : ai buddisti sotto le armi, di rifiutare di battersi contro i propri fratelli del campo opposto; a tutti di evitare azioni o parole nocive alla riconciliazione; ai popoli amanti della pace,
a tutti gli uomini fratelli di esercitare
pressioni sui governi al fine di far
cessare l’afflusso continuo e massiccio
di armi straniere che alimentano il
massacro tra vietnamiti, e di sopprimere qualsiasi aiuto finanziario, perché esso serve a mantenere il sistema
poliziesco, in violazione ai diritti dell’uomo.
A questo riguardo è da riferire la notizia riportata qualche settimana fa
dai giornali, secondo cui, avendo il congresso USA negato ulteriori aiuti al
governo di Saigon, il governo americano si era rivolto alla Banca Mondiale perché concedesse essa stessa quei
finanziamenti. Il 12 ottobre c’è stata in
Parlamento una interrogazione socialista per sapere quale atteggiamento
avrebbe preso l’Italia in quella occasione.
Il bollettino reca inoltre alcune pagine di informazioni sulla attuale situazione dei prigionieri politici; esse fanno parte di una lettera indirizzata ad
un gruppo di amici nonviolenti nordamericani che si fecero incatenare per
sei giorni senza cibo in false gabbie di
tigre, a Washington, davanti al palazzo
del Congresso. Dopo gli accordi di Parigi, il direttore della famigerata isola
penitenziario di Con Son disse: «Gli
accordi non sono per voi, resterete
ancora qui a lungo ». Infatti — come
già è stato scritto — si è provveduto a
trasformare i prigionieri politici in
prigionieri di diritto comune, come tali non soggetti alle norme degli accordi. La loro razione di cibo è di 300 gr.
di riso al giorno, 20 gr. di pesce marcio
ogni due o tre giorni e due litri di acqua al giorno per bere e lavarsi; limitate anche la luce e l’aria. Si capisce
che un amministratore abbia potuto
dire : « Non abbiamo bisogno di uccidervi, per questo sono sufficienti le
vostre malattie ».
Qualcuno leggendo queste notizie,
potrebbe dire: Queste cose le sappiamo già, non sono novità! Ma APPUNTO, si fa presto ad abituarsi alle sofferenze DEGÙ ALTRI e non si reagisce più!
L’appello della chiesa buddista conclude chiedendoci di vegliare nella notte con loro, per spegnere la fiamma
violenta della morte e della distruzione del loro popolo.
Ricordiamo che un piccolissimo contributo può essere dato organizzando
nella propria comunità o paese o città
una raccolta di impegni annuali (lire
3.500 mensili) per un padrinato agli
orfani sudvietnamiti, tramite la delegazione buddista di Parigi (65 boulevard Desgranges - 92330 Sceaux-Paris).
Per informazioni rivolgersi a Evelina
Pons - Via Cialdini 34 - 10138 Torino Tel. 011/445080.
Evelina Pons
URUGUA Y "L'ultimo che esce spenga la luce
II
■ Dieci dei governi del « Gruppo dei Dodici » (CEE, Francia esclusa, più USA,
Giappone, Norvegia e Canada) che raggruppa
i principali paesi consumatori di petrolio, hanno deciso la costituzione di un’agenzia internazionale dell’energia, nel quadro dell’OCSE,
l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: essa avrebbe il compito di
promuovere l’assistenza reciproca tra i vari
membri, in caso di carenza di petrolio. La
Francia continua ad astenersi, il Canada sta
deliberando, con la Norvegia sono in atto laboriose trattative. L’8 novembre, a Bruxelles,
a una nuova riunione del « gruppo » partecipavano pure altri paesi interessati ad aderire
all’agenzia internazionale : Austria, Svizzera,
Svezia, Spagna, Australia e Nuova Zelanda,
illlllllllllllllllllllllllllllllllllinillllllllllllllllllllllllllllillllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllltlllllllllllllllllllllin
STATISTICHE
I reati in itaiia e in accidente
Il moltiplicarsi di rapine, furti, scippi, rapimenti, ecc. in Italia e la temerarietà e spietatezza della « nuova delinquenza », abilmente sfruttata da certa stampa fautrice di « legge ed ordine » (magari imposti da una dittatura),
inducono parecchie persone a ritenere
che ormai qui da noi si sia giunti « al
limite ». Inoltre, larghi strati di cittadini esprimono sfiducia nelle forze dell’ordine e nella loro scarsa decisione
neH’affrontare i malviventi.
Il ministro deH’intemo Taviani ha
ordinato un « aumento di vigilanza » e
« durezza assoluta » ed infatti in questi ultimi tempi si sono avuti diversi
scontri a fuoco con vari morti. Siamo
piombati in una atmosfera da film
western (che la nostra televisione propina così volentieri) e negli « anni ruggenti » del gangsterismo nordamericano.
È chiaro che non è questo il sistema
per far diminuire la criminalità, ma
che è assolutamente necessario risalire
(e curarle) alle origini e alle cause, che
sono numerose e disparate. Basti ricordare lo sradicamento provocato
dall’emigrazione, il desiderio di facili
ed immediati guadagni, alimentato da
ogni sorta di sollecitazione pubblicitaria, la spaventosa lentezza dell’apparato giudiziario, il rituale rinnovarsi delle amnistie, il carcere come scuola di
delinquenza.
Non vogliamo qui fare una disquisizione sociologica, ma solo ricordare
che l’Italia non è il paese in peggiori
condizioni in materia di criminalità.
Ne abbiamo una conferma dai dati che
sono stati recentemente forniti dalla
Interpol.
I delitti complessivi ogni 100 mila
abitanti nel 1973 sono stati: 8303 in
Canada, 7638 in Svezia, 4131 in Germania occ., 3410 in Francia, 3349 in Inghilterra, 2946 negli Stati Uniti (dove
sono rilevati i furti solo superiori ai
50 dollari), 2893 in Italia.
Gli omicidi volontari, sempre su 100
mila abitanti sono risultati: 9,3 negli
Stati Uniti, 4,7 in Canada, 4,3 in Germania, 3,5 in Francia, 3,5 in Italia, 2,7
lllllllllllllllllllllllllllllllllllimillllllllllllilllllllllllllllllMllllf
Ritocchi alla politica
interna sudafricana
Dai lavori del congresso del Partito nazionalista (governativo) sono emersi nuovi orientamenti nella politica di segregazione razziale.
11 Ministro della difesa, Pieter Botha, ha detto che se l’apartheid fosse attuata « con
mano pesante » provocherebbe « il naufragio
del Paese », e si è pronunciato a favore di
una risoluzione, che prevede miglioramenti
nei rapporti fra bianchi e neri.
II Ministro degli esteri Hilgard Muller ha
messo in evidenza la gravità della situazione
e l’urgenza di « trovare soluzioni dei nostri
problemi, senza indugio, perché il tempo è
contro di noi ». Ogni sudafricano ha il dovere
di rinunciare al razzismo e alle « discriminazioni non necessarie », e il Paese deve mutare aspetto rapidamente, se vuol « vivere in
pace con VAfrica ».
in Svezia, 1,4 in Inghilterra.
I delitti sessuali, sempre su 100 mila
abitanti, hanno la seguente graduatoria: 79 in Germania, 59 in Olanda, 55
in Canada, 52 in Inghilterra, 30 in Svezia, 25 in Francia, 24 negli Stati Uniti,
16 in Italia.
Le rapine su 100 mila abitanti, sempre nel 1973, hanno avuto questa incidenza: 4730 in Svezia, 3491 in Canada,
2827 in Inghilterra, 2733 in Germania,
2721 negli Stati Uniti, 2065 in Italia,
1876 in Francia.
■ Si stanno svolgendo a Port Louis, capitale dell’isola Maurizio (Oceano Indiano), i lavori della Commissione paritetica di
rappresentanti della Comunità economica europea e degli Stati africani (Madagascar e
Mauritius associati). Continuando la discussione iniziata a Roma lo scorso gennaio, sono discussi i problemi di una più stretta associazione economica (che del resto dovrebbe anche
includere paesi dei Caraibi e del Pacifico) e
dell’allargamento, da 19 Stati africani già associati ad oltre 40.
■ È morta a Kawasaki, in Giappone, la
centesima vittima per inquinamento industriale. Da quando l’inquinamento è stato
catalogato come malattia, nel paese, le vittime registrate sono state 1992.
I L’ambasciatore americano McCloskey è
stato a Madrid e a Lisbona per trattative
sulle basi militari in Spagna (Torrejon presso Madrid, Saragozza e Rota nella baia di
Cadice) e nelle Azzorrc.
■ Secondo fonti governative statunitensi
vi sono negli USA circa 12 milioni di
stranieri entrati illegalmente nel paese; la loro presenza aggrava il problema della disoccupazione, che si fa sentire.
H Con la maggioranza di un voto il parlamento norvegese ha respinto una legge
tendente a riconoscere lecito l’aborto, a richiesta della donna, entro i primi tre mesi. Il primo ministro Bratteli, il cui governo di minoranza (Partito dei lavoratori) aveva presentato il progetto di legge, dopo il voto negativo
ha dichiarato che il suo governo presenterà
nuove proposte tendenti a liberalizzare le leggi vigenti a proposito dell’aborto.
Dal mensile cattolico « Mondo e missione »,
che nel suo ultimo numero (10/1974) porta
un articolo sulla situazione uruguayana che
si va aggravando, stralciamo questa parte, che
si limita a riportare dati, senza commentarli.
L’economia non dà finora segni di
ripresa, nonostante il ritorno al liberalismo economico più antipopolare:
i capitali stranieri non arrivano a ri, lanciare l’economia uruguayana e dal
paese scappano quasi tutte le forze
produttive.
Questo è indubbiamente il segno
peggiore della situazione. Secondo una
inchiesta condotta dal settimanale brasiliano «Veja» (19.6.’74), negli ultimi
sei anni se ne sono andati dall’Uruguay
circa 500.000 abitanti (alcuni dicono un
milione!), verso diversi paesi. Argentina, Canadá, Brasile, Australia, USA.
Secondo l’Istituto Gallup che ha fatto
l’inchiesta, jl 41% degli uruguayani sono pronti a partire dal paese. Il governo concede 200 passaporti al giorno e
ha ordinato recentemente a una ditta
di Londra altri 250.000 passaporti, avendo esaurito tutte le scorte!
Un segno chiaro di queste fughe in
massa lo si è avuto in occasione del
censimento nazionale fatto nel 1972. I
risultati avrebbero dovuto essere resi
noti nel 1973, ma in pratica il governo
non ha rivelato nulla. Secondo alcuni
studiosi, la popolazione del paese, che
nel 1967 era di 2 milioni e 600 mila
abitanti, nel ’72 è scesa a 2 milioni.
Bisogna anche notare che l’Uruguay
è il paese latinoamericano col minor
indice di crescita demografica, solo
ri,25%, contro la media continentale
che va dal 2,5 al 3%. È un paese quindi che, per prosperare, avrebbe piuttosto bisogno di aumentare le nascite
e di avere degli immigrati, invece di
vedersi fuggire le sue forze migliori.
Partono infatti principalmente tecnici,
insegnanti, personale specializzato, famiglie giovani che possono rifarsi una
vita in un paese più sicuro.
Uno dei settori industriali più robusti, quello tessile, è decaduto rapidamente per mancanza di manodopera:
su trenta fabbriche esistenti nel paese, venti sono paralizzate e tre hanno
definitivamente chiuso le porte. Anche
in campo agricolo non va meglio, parecchi fuggono nei paesi vicini che
hanno ampie estensioni di terreno libero. Le esportazioni di carne, principale ricchezza del paese, sono diminuite da 171.000 tonnellate nel 1970 a 108
mila nel 1973. Negli ultimi due anni
il dollaro è aumentato da 248 a 1004 pesos; la crisi economica è stata poi aggravata dal costo del petrolio, che quest’anno costerà all’Uruguay 150 milioni di dollari. Anche l’assenteismo dal
lavoro causa gravissimi danni: « Noi
uruguayani — scrive il quindicinale
« Patria » (n.d.r.: tutta la stampa è imbrigliata dal regime Bordaberry) — ci
siamo abituati in altri tempi, quando
stavamo bene, a vivere senza lavorare
molto, con tropni burocrati statali
che lavoravano in media tre-onattro
ore al giorno e con un esercito di pen
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiüiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiii.iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiii
IN
CISGIORDANIA
DOPO RABAT
Dal 27 al 29
ottobre si è svolto
a Rabat, la capitale
del Marocco, « un
congresso che ha obbligato Hussein a
rinunciare alle sue rivendicazioni sulla Cisgiordania (la regione ad occidente del Giordano, già facente parte del
regno di Giordania, ma occupata da
Israele nella guerra dei sei giorni), ha
proclamato l'OLP ( = Organizzazione
per la liberazione della Palestina) "unica legittima rappresentante del popolo palestinese" (con il diritto, quindi, di sedere a Ginevra all’eventuale
ripresa della conferenza di pace) e ha
messo praticamente con le spalle al
muro Israele ''Muso nel suo rifiuto di
trattare con il “terrorista" Arafat ».
Togliamo queste notizie da un articolo di Giuseppe Venosta, pubblicato
su « Panorama » del 14.11.’74, col titolo: « Aspettando Arafat ».
Il Venosta scrive:
«Tre settimane fa, nella bottega di
Alì, un mercante di pelli del quartiere
arabo di Gerusalemme, lampeggiava
un grande ritratto di re Hussein di
Giordania. Ora, al suo posto, sulla parete è rimasta solo una chiazza d’intonaco più chiara. "Un giorno o l’altro
Alt vi appenderà la fotografia di Yasser Arafat, il presidente dell’OLP e capo di Al Fatah", commenta amaramente un poliziotto israeliano di pattuglia
nella zona.
L’ascesa di Arafat nel favore popolare è oggi il fatto più evidente nella
Palestina occupata dagl’israeliani nel
giugno 1967 (cosiddetta “guerra dei sei
giorni"), cioè nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza (complessivamente
6.263 km.^: 1 milione e 10 mila abitanti, di cui 230 mila vivono tuttora in
campi profughi), all'indomani del settimo vertice dei capi di Stato arabi a
Rabat.
Per notabili, commercianti e grandi
proprietari terrieri, che nonostante la
occupazione israeliana hanno mantenuto i contatti con la Giordania, le decisioni di Rabat sono suonate come
una campana a martello. Ai loro occhi
l’OLP non è che una banda di estremisti disposti a tutto. Per questo, su
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
bito dopo il vertice di Rabat, i maggiorenti della Cisgiordania si sono consultati segretamente e si è parlato di
una loro emigrazione in massa in Giordania, sotto la protezione di Hussein,
la cui stella, in Cisgiordania, è ormai
al tramonto.
“In realtà", ha spiegato a “Panorama" il direttore di una fabbrica di
mangimi per animali nella zona di Nablus, “è molto difficile predire il risultato di un’elezione generale in Cisgiordania svolta sotto l’egida dell’OLP che,
alla fine, non è che un calderone di
aspirazioni e d’ideologie politiche diverse. Credo che vincerebbe l’ala nazional-progressista, ma bisogna fare i
conti con l’ignoranza della popolazione locale sulla quale la propaganda
può tutto". “Sono sicuro solo di una
cosa", ha detto invece un contadino
della regione di Hebron. “Hussein non
rimetterà più piede in Cisgiordania.
Non gli permetteremo di ripetere qui
i massacri di palestinesi di cui si è
macchiato quattro anni fa ad Amman".
Nonostante le accese discussioni sul
futuro della Palestina, lei vita prosegue generalmente tranquilla nei territori occupati. L’economia della regione, riconoscono apertamente molti abitanti, ha subito un notevole impulso
negli ultimi anni, anche se_ oggi si nota
qualche sintomo d’inflazione. Tra il
1971 e il 1972, per es., le esportazioni
verso la Giordania sono passate da li
a 17 miliardi di Hre. Dal 1967 al 1973,
i salari medi quotidiani sono saliti da
700 a 2.200 lire (Cisgiordania) e da 430
a 2.340 (Gaza). “Il nuovo benessere",
avverte però Abu Omar, un giovane
che ha studiato in Italia, è dovuto in
parte anche al timore degl’israeliani
che la disoccupazione e la fame ci spingessero inevitabilmente nelle braccia
dell’OLP. Ma non è certo per questo
benessere che abbiamo cessato di pensare alla libertà, anche se oggi non
pensiamo più di ributtare gli ebrei a
mare, perché abbiamo imparato a conoscerli meglio" ».
sionati in ancor giovane età (n.d.r.: in
Uruguay si va in pensione a 55 anni)..
Oggi questa tendenza è diventata il
principale male nazionale. (...) Se continuerà la tendenza alle fughe all’estero, l’Uruguay sarà privato della sua
manodopera specializzata; professionale e scientifica. Diventeremo di nuovo un paese di pastori e di pescatori ».
Il settimanale « Ahora » intitola una
sua inchiesta: Quanti uruguayani ci
saranno in questo paese nell’anno 2000?
E risponde che al ritmo di... ’crescita’
degli ultimi dieci anni l’Uruguay non
arriverà al 2000: verso il 1993 sarà un
paese totalmente vuoto! Una battuta in
tal senso la si può leggere sui muri
dell’aeroporto di Carrasco, a Montevideo, da dove parte la maggior parte
dei nrofughi. Uno di questi, prima di
partire, ha scritto: « L’ultimo che esca
spenga la luce e il gas ».
Un numero speciale
di ''Gioventù Evangelica”
sull'America Latina
L’ultimo numero di « Gioventù Evangelica », ora uscito, è un fascicolo doppio (30-31,
p. 66, L. 800; richiederlo a G. E., Via G.
Mantellini 22/A, 00179 Roma) interamente
dedicato all’America Latina. Il sommario : il
saccheggio di un continente - vent’anni di lotte - l’imperialismo USA e il subimperialismo
brasiliano - il ruolo delle multinazionali e della CIA - la lotta di liberazione a livello nazionale e continentale - Cile : poder popular e
politica della giunta - Uruguay : la tortura
per governare - Perù ; la terza via non esiste
- Argentina: dal peronismo alla guerra di popolo - il senso dell’internazionalismo - cattolici e protestanti in America Latina - la teologia della liberazione - Cuba : chiesa e costruzione del socialismo - politica e testimonianza. Quattro quinti del fascicolo sono costituiti
da vari articoli e documenti di carattere politico : utili e importanti come documentazione,
ricca di dati e fatti, indipendentemente dal
giudizio che si può dare dell’ottica marxista
in cui sono visti e interpretati. Il rimanente
esprime lo sforzo che si continua a fare per
situarsi come cristiani in quest’ottica e in
questa esperienza. Molti certo non lo condividono: ma fanno uno sforzo altrettanto appassionato, perseverante per situarsi come
cristiani, nella loro esperienza di vita e nel
loro approccio della realtà?
NUOVI
IMMENSI
GIACIMENTI
DI PETROLIO
I paesi tecnicamente più avan_______________zati sono alla ricerca di nuovi giacimenti di petrolio. Una ricerca sempre
più accelerata, per le difficoltà gradualmente crescenti che la situaziohe politica del M. Oriente oppone a quei paesi.
Sono in alacre ricerca soprattutto
rURSS in Siberia, l’Inghilterra nel
fondo del mare del Nord, e gli USA
in Alaska.
« Da sei anni VAlaska è diventata
uno dei centri di massimo interesse del
globo, a causa degl’immensi giacimenti scoperti sotto la tundra, nelle piatte
distese della Prudhoe Bay, che danno
sull’Oceano Artico. Oggi le undici compagnie petrolifere che hanno pozzi nella zona, stanno spendendo tra 4 e 5 miliardi di dollari per costruire il più costoso e complicato oleodotto che mai
sia stato progettato e realizzato.
Con la sua lunghezza di 1200 km. che
collegherà i pozzi della baia di Prudhoe
con il porto d* Vntdez npt golfo di Alaska (Oceano Pacifico), l’oleodotto non è
certo dei più lunghi. Quelli che portano in Europa il petrolio o il gas naturale russo, lo sono molto di più. Ma
l’oleodotto dell’Alaska viene costruito
in condizioni ambientali straordinariamente difficili. Mentre, secondo i piani
originali, l’oleodotto dovrebbe esser
già finito, .soltanto fra tre anni le vetroliere che attraccheranno a Valdez
potranno cominciare a trasportare un
milione e 200 mila barili di petrolio al
giorno alle raffinerie della California,
e vari mesi più tardi la produzione
salirò a due milioni di barili al giorno. (...)
“È scoccata l’ora dell’Artico. Questa
regione sarà il M. Qriente di domani,
uno de' niù '’''ali e delicati centri strategici dei prossimi decenni. Quesso che
stiamo face”'do 'n Alaska renderà sempre più evidente la straordinaria importanza di questa regione", ha detto
Walter Hickel, il quale, dopo esser stato governatore dell’Alaska, fu seeretario delVInterno finn a quando Nixon
non lo cacciò da Washington ner aver
pubblicamente criticato l’invasione della Cambogia ».
(Da un articolo di Mauro Calamandrei su « L’Espresso » del 20.10.1974).
La formale libertà di stampa
non basta: ci vuole una reale
Libertà
di informazione
Il problema della reale libertà d’informazione si pone un po^ dovunque. Ne abbiamo
spesso parlato. Ecco quanto ha scritto, nel suo
”Taccuino^^ su ”La Stampa^^ (5.11.’74), V.
Gorresio:
Contro eventuali colpi, golpes od eversioni
il migliore deterrent. senza dubbio, è la libertà di stampa. Si dirà che in Italia noi ne abbiamo abbastanza, ed anche troppa secondo
alcuni. In realtà l’abbiamo intera, se per libertà di stampa si intende la libertà di opinione, cioè di esprimere il proprio pensiero
e giudizio sui fatti, le proprie preferenze ideologiche, politiche, religiose, ed altre simili.
Ma non è questa « tutta » la libertà di stampa, che non possiamo restringere nell’ambito
dei commenti e delle interpretazioni; quello
che dobbiamo avere, se ci vogliamo sollevare
a livello di una vera civiltà liberale tutelata
in uno Stato di diritto, è la libertà di informazione.
Tante volte sentiamo dire, quando ci vengono proposti a modello i giornali della grande tradizione anglosassone, che i « faets are
sacred », i fatti sono sacri, mentre il commento è libero, « is free », che ormai dovremmo
aver capito quale sia il senso della citazione.
Il commento è libero, e difatti — più o meno — nessuno ci contesta il godimento di tale libertà : ma sono i a fatti » che ci vengono
nascosti, appunto in nome del loro carattere
sacro. È l’informazione che non dovremmo
fornire, per non violarne la sacertà, riservata
agli dèi sacrali depositari del solo vero: che
essi ci vorrebbero dispensare a loro beneplacito.
Il beneplacito è commisurato al giudizio
che gli dèi depositari — che altri non sono
se non ministri, o funzionari, o magistrati, o
militari — si arrogano di esercitare sulla
maggiore o minore opportunità che una certa notizia sia conosciuta o diffusa. Ne potrebbe andare di mezzo l’ordine pubblico — ad
esempio — e difatti si dice che un ministro
l’allro giorno abbia impartito alla tv l'ordine
formale di non trasmettere se non le notìzie
ufficiali prefabbricate a proposito — per esempio — del caso Miceli.
L’ordine pubblico avrebbe potuto essere turbato da versioni differenti, gli italiani ne
avrebbero probabilmente sofferto nella loro
sensibilità : e infatti sono passati alcuni giorni prima che si riuscisse a sapere qualcosa
delle reali condizioni di salute del generale
Miceli; o quanti chilometri avesse percorso
l’automobile che lo trasportava da Roma verso Padova, prima che fosse insorto Timpedìmento del generale : collasso? Infarto? Malessere di che tipo? Non ci era dato il diritto
di saperlo, perché anche i bollettini medici
di un ospedale militare sono segreti strategici. Sono dati di fatto, e quindi « are sacred »
Vittorio Gorresio
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 . 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pelliee (Torino)