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Anno 115 - N. 9
2 marzo 1979 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1® Gruppo bis/70
ARCiUVÌO TAVOLA VALDESE
10066 TORRE FELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
4 MARZO - DOMENICA DELLA GIOVENTÙ’
DAL LIBRO DI OSEA - 1
La Federazione giovanile
verso gli anni ’80
Per un rilancio della Federazione -La necessità di una formazione teologica e di un impegno sociale e politico
Profeta di
misericordia
«Non di geni né di cinici né
di gente che disprezza gli uomini né di tattici raffinati abbiamo bisogno, ma di uomini
aperti, semplici, diritti ».
Queste parole di D. Bonhoeffer mi sembrano dire con molta chiarezza quell’esigenza che
noi tutti oggi sentiamo nei confronti del nostro cristianesimo.
Nella generale tendenza al disimpegno politico, al ritorno nel
privato, alla rinuncia alle lotte
per una nuova società, per la riforma della chiesa, non sono i
geni che contano, né ci serve
gente che guarda gli uomini e
le cose con distacco, con fredda
distanza; il tutto si gioca nella
costanza, nella perseveranza, nella resistenza della nostra vita rispetto alle cose in cui crediamo.
È vero che il protestantesimo ha
spesso giocato le sue carte sulle
capacità di pochi illuminati.
Qualche volta è andata bene,
qualche altra volta un po’ meno. Si sa, i geni sono imprevedibili, sono come i jolly nel mazzo di carte; se hai un buon gioco hai chiuso, se no sono una
carta come le altre. Vorrei dire
che il nostro tempo, segnato da
una grande crisi di riferimenti,
cerca la genialità nella semplicità della gente, cerca la sua genialità nel dimostrare a chi crede che tutto sia inutile, vano,
che l'impegno, le lotte, la testimonianza, hanno, oggi come ieri
e come domani, il loro pieno significato: « La testimonianza
deH’Eterno è verace, rende savio il semplice » (Salmo 19: 7).
Tra il 28 aprile ed il 1° maggio
la Federazione giovanile evangelica terrà il suo V Congresso nazionale a S. Severa. Il tema
orientativo è: la EGEI negli anni ’80: un ambito in cui vivere la
fede cristiana.
Vorrei qui, molto brevemente, toccare quattro punti di riflessione,
<1 La Federazione giovanile è
■■ uno strumento a cui non
si può rinunciare; anche i più
giovani devono poter capire il
valore di questo strumento di
collegamento che compie quest’anno i suoi dieci anni di vita.
Valore che non sta innanzitutto
nella sua storia passata, nelle fatiche che la generazione che ci
precede ha compiuto per giungere a questo momento unitario
della gioventù evangelica in Italia, ma nelle possibilità che si
aprono per il futuro e che esistono oggi per un comune impegno di testimonianza a Cristo.
Riscoprire tutta la portata del
significato di una Federazione;
non soltanto perché non esiste
una alternativa credibile alla
FGEI, ma soprattutto perché la
crescita di fede delle nuove generazioni non può e non deve
avvenire nel ghetto delle singole
parrocchie denominazionali, in
uno spazio in cui il vuoto spirituale è, salvo eccezioni, ciò che
quotidianamente riscontrano pastori e catechisti impegnati nel
lavoro di formazione. Una Federazione significa anche mantenere e riaffermare la volontà di
unità del protestantesimo italia
no, unità che nasce da una comune vocazione in vista dell’evangelizzazione.
n Una Federazione giovanile:
perché avvertiamo con rinnovata energia la volontà dei
giovani di cercare spazi di impegno, di ricerca, di incontro e
di dialogo, in questo tempo di
discredito generale delle organizzazioni, sia politiche che ecclesiastiche. Non si tratta della
rinascita di uno spirito "giovanilistico”, ma di un emergere con
nuova forza di esigenze del tutto normali e da non respingere,
del mondo giovanile. Questo
vuol dire che, pur restando l’impostazione di lavoro della nostra
Federazione globale e non settoriale, non riferito unicamente
al settore giovanile, è chiaro che
l’esigenza e la richiesta dei giovani oggi va verso la riappropriazione di uno spazio proprio,
uno spazio che va precisato in
quanto a contenuti, a iniziative,
ma che non può essere soffocato
con l'alibi della comunità in cui
tutti si incontrano o dovrebbero potersi incontrare.
31 Una Federazione evangelica: perché al centro della
nostra ricerca sta l’Evangelo di
Cristo. L'impegno politico dei
giovani evangelici non prescinde
da questo riferimento centrale
anzi, è proprio a partire dalla
speranza che l’Evangelo ci dà,
che è possibile oggi resistere e
combattere la generale tenden
za al disimpegno politico penetrato abbondantemente anche in
mezzo a noi. Non si può nascondere che numerosi pastori e laici
mantengono tuttora nei confronti della FGEl un atteggiamento
molto simile a quello dei democristiani verso il partito comunista: mentre qui si aspettano
« prove » di democraticità, da
noi si attendono « prove » di
evangelicità. È giustificabile questo atteggiamento? Io non credo. Perché nella maggior parte
dei casi è frutto di una non volontà di informazione e di attenzione a quanto succede nella
FGEI. Infatti, che cosa abbiamo
fatto in questi anni se non un
lavoro di formazione evangelica
e teologica? Qual è stato il nostro maggiore sforzo se non
quello di cercare insieme delle
risposte di impegno evangelico,
rispetto ai problemi che tutti
vivono quotidianamente nella
nostra società? È precisamente
nella prospettiva di questa ricerca che la FGEI rimane questo ambito di formazione e di
dialogo fra i giovani; certo, con
l’impegno che questa ricerca
mantenga ed intensifichi i rapporti con le comunità locali.
A Infine, è bene non dimenticario, lo spazio ed il luogo
del nostro lavoro è l’Italia del
1979, di Zaccagnini e di papa
'Wojtyla. Un paese in cui resta
Ermanno Genre
{continua a pag. 2)
Così venne chiamato Osea, il
profeta che proclamò la Parola
di Dio nel regno d’Israele, detto
anche 'regno di Samaria, circa
otto secoli prima di Cristo. Non
già che il motivo della misericordia divina non fosse presente
nella predicazione di altri profeti, ma perché- il tema della misericordia di Dio fu e divenne
fondamentale nel messaggio che
Osea rivolse al suo popolo, nel
suo tempo.
Della vita del profeta ben poco sappiamo, se non che egli conobbe un’esperienza coniugale
travagliata e significativa. Sposò
una meretrice, di nome Corner,
che venne meno al suo dovere di
fedeltà e lo abbandonò per prostituirsi ai suoi amanti; tuttavia
il profeta non la condannò e non
la respinse lungi da sé, anzi,
quando essa tornò a lui umiliata
e pentita, la prese ancora con
sé, perché rifluì in lui un’ampia
onda di misericordia e di allegrezza, capace di travolgere il
profondo senso di indignazione e
di pena che lo aveva accompagnato lungo gli anni dell’abbandono.
Oggi ancora ci si domanda se
il racconto delle esperienze coniugali del profeta costituisca o
no un fatto realmente avvenuto
ovvero se non si tratti di una
finzione letteraria per cui tutto
il discorso contenuto nei capitoli primo e terzo si riferirebbe
alla storia del popolo d’Israele
nei confronti del suo Dio.
Il problema rimane aperto anche se gli studiosi dell’Antico Testamento sono in maggioranza
propensi a considerare i fatti
nella loro realtà e non semplicemente come un’azione simbo
IV BOZZA: TRIONFA IL CONFESSIONISMO CATTOLICO DI STATO
Dalla revisione del Concordato
alla revisione della Costituzione
Tra il 22 dello scorso dicembre e le prime settimane di gennaio le due delegazioni, governativa e vaticana, si sono velocemente incontrate in più sedute ed hanno siglato una quarta
bozza per la revisione del Concordato. Pochi invero si attendevano una così improvvisa virata di bordo. L’enunciato infatti
— tranne per gli artt. 6, 12 e 13
(che concernono le festività religiose, i beni culturali e le catacombe) che sono rimasti invariati — è notevolmente peggiorato sia nel contenuto sia nella
portata politica.
Si potrebbe dire che ci si trova ora dinnanzi ad un ripiegamento involutivo su posizioni
tendenti ad acquistare qualche
pxmto in più sullo stesso Concordato del 1929 quanto ad impianto di potere ecclesiastico
nella società civile e a confessionismo cattolico di stato.
Involuzione
Questa quarta bozza contraddice quella che l’aveva immedia
tamente preceduta in quanto,
in tema di principi, tende non
solo a marcare il carattere costituzionale del nuovo testo (a.
14) ma ad annullare la caduta
del concetto di religione di stato contenuta nell’art. 1 nel quale, sparito ogni riferimento al
II Concilio Vaticano, si afferma
che « non è più in vigore il riconoscimento del principio» della
religione di stato. Il riconoscimento quindi cade, ma la religione di stato in pratica resta, e
lo si nota bene leggendo gli articoli che seguono.
Tralasciando i minori puntigliosi ritocchi operanti la riconquista cattolica di vari pimti
pur rilevanti (si possono contare 34 punti in cui si è fatto marcia indietro verso il confessionismo), sorprende che le parti
abbiano potuto accordarsi dimenticando tra l’altro tutti i rilievi mossi alla terza bozza in
Senato e sui quali il governo si
era pur impegnato ad insistere,
specie in merito alla condizione
degli enti ecclesiastici, circa il
matrimonio, le scuole, l’assistenza religiosa presso le forze ar
mate, l’insegnamento religioso
soggetto ora a più severo controllo.
Non v’è qui lo spazio per entrare nel merito di ciascuno dei
14 articoli e porre così in risalto le singole innovazioni involutive o rìnimciatarìe che 11 nuovo testo esprime. Dalla terza
bozza si traeva l’impressione che
vi era pur stata una operazione
di difesa della spesa pubblica,
delle funzioni proprie dello stato, di una certa quale politica
di laicità. Tutto all’opposto, questa nuova bozza pone in risalto
l’eventualità di uno stato che,
quasi in un ritorno giurisdizionalista, si offre per gestire in proprio e a sue spese il fine spirituale dell’assistenza religiosa nei
confronti della popolazione dalla scuola alle carceri, dagli ospedali alle caserme.
Come mai?
Come mai questa involuzione
improvvisa? Non si può dimenGiorgio Peyrot
(continua a pag. 3)
lica. Nel contesto biblico il peccato d’Israele e della chiesa è
quasi sempre paragonato alla
rottura del vincolo matrimoniale, cioè all’infedeltà. Tra i due,
Yahveh e il popolo, è sempre
stato quest’ultimo a rompere il
patto di fedeltà: Israele ha voltato le spalle a Dio, è venuto meno alle promesse fatte, si è lasciato sedurre dall’idolatria, attirando su di sé il giusto castigo
dell’Eterno.
Il peccato del popolo in questo caso è di una gravità eccezionale ed è concepito come una
vera e propria « prostituzione ».
Nei santuari’dei Cananei dove si
perpetuava il culto idolatrico
della fertilità della natura, si
praticavano varie forme di prostituzione sacra e di aperta sensualità. Perciò il linguaggio del
profeta è duro e severo: « Io non
avrò pietà dei suoi figliuoli », dice l’Eterno, « perché sono figliuoli di prostituzione; la madre loro
si è prostituita; colei che li ha
concepiti ha fatto cose vergognose, poiché ha detto: Andrò dietro
ai miei amanti, che mi danno il
mio pane, la mia acqua, la mia
lana, il mio lino, il mio olio e le
mie bevande». Tuttavia, l’indignazione di Dio verso il suo popolo non annulla la sua misericordia. Così dice ancora l’Eterno: « Io la punirò a motivo dei
giorni dei Baali, quando offriva
loro profumi, e s’adornava dei
suoi pendenti e dei suoi gioielli,
e se ne andava dietro ai suoi
amanti e me dimenticava. Perciò,
ecco, io l’attràrrò, la condurrò
nel deserto e parlerò al suo cuore ».
Nell’Antico Testamento il «deserto » è lo sfondo solenne, maestoso, nel quale si svolgono molti importanti avvenimenti. Il deserto significa povertà, privazione di riserve, solitudine con Dio;
è il luogo dove si cammina per
fede, non per visioni, dove s’impara ad aver fiducia soltanto in
Dio e a sperare nelle sue azioni
potenti. Molte vite umane potrebbero affermare d’aver udito
la parola dell’Eterno nel deserto.
Il linguaggio di Osea è molto
espressivo nel rievocare la misericordiosa azione di Dio nei
primi eventi della storia d’Israele sotto la guida dell’Eterno, senza concorrenti, in una situazione
di piena dipendenza da Lui:
« Quando Israele era fanciullo,
io l’amai e fin dall’Egitto chiamai il mio figliuolo... Sono io che
insegnai ad Efraim a camminare, sorreggendolo con le braccia;
ma essi non hanno conosciuto
ch’io cercavo di guarirli... Io li
attiravo con corde umane, con legami d’amore... Il mio popolo
persiste a sviarsi da me; lo si
invita a guardare in alto ma nessuno d’essi alza lo sguardo... Io
non sfogherò l’ardente mia ira,
non distruggerò Efraim di nuovo, perché sono Dio, e non un
uomo, sono il Santo in mezzo a
te ».
Nella solitudine e nel silenzio
del deserto riprenderà il dialogo
confidenziale tra Dio ed il suo
popolo. A pensarci bene, dovremmo dire la stessa cosa anche riguardo al dialogo che si stabilisce tra Dio e noi. Ci sono e ci
debbono essere nella nostra, esistenza dei tempi di solitudine e
di verifica della nostra fede. « Colui che non sa trovare nel suo
cuore quella solitudine », diceva
Alexandre Vinet, « non la troverà
Ermanno Rostan
(continua a pag. 8)
2
2 marzo 1979
NAPOLI
Le comunità Valdesi-Metodiste di Napoli hanno celebrato la
giornata del 17 febbraio in fraterna comunione nei locali di
Via Cimbri 8. Ha introdotto rincontro il prof. Elio Rinaldi presentando una sobria riflessione
sul tema; «Il significato storico
ed evangelico della celebrazione
per noi evangelici oggi », evidenziando la fede, la testimonianza
e la tenacia con la quale, gli avi
Valdesi, lottarono per acquisire
quella libertà che veniva loro negata a motivo della loro fede.
In un secondo momento, il pastore Giulio Vicentini, con una
ampia documentazione storica,
ha riferito sulla « Condizione degli evangelici negli Stati italiani
dopo il 1848 ».
Le due presentazioni sono state intervallate da canti di lode
al Signore. Ha destato viva impressione fra i presenti il canto
del « Giuro di Sibaud » eseguito
dalla corale del Vomere magistralmente guidata dal pastore
Vicentini.
È stata poi presentata dal fratello Pane un’indagine sulla situazione socio-sanitaria della
Campania — e quindi di Napoli
— seguita da un documento votato dall’assemblea, che riportiamo qui di seguito.
Nel corso della riunione
delle Chiese Evangeliche Vaidesi e Metodiste di Napoli —
tenuta il 17 febbraio, in occasione della celebrazione del
131” anniversario della promulgazione dell’Editto di emancipazione dei Valdesi —
è emerso un vuoto di operatività politica dovuto all’indirizzo antipopolare seguito finora dalle classi dominanti,
per cui gli evangelici di NapoU,
considerato lo stato di
emarginazione in cui versa un
ampio strato di popolazione;
analizzata la inadeguatezza delle strutture socio-sani
Dalle chiese
tarie esistenti sul territorio
regionale ;
visto che le forze finora
preposte a livello regionale
alla soluzione di tali problemi hanno indirizzato il loro
intervento nell’area clientelare al solo scopo di lucro;
esaminato alla luce dell’Evangelo quello che deve essere l’impegno del cristiano
nella società che lo circonda;
fanno appello e danno
mandato a quelle forze politiche e democratiche inserite
nell’arco costituzionale che
lottano per la trasformazione della società, di promuovere iniziative atte alla realizzazione della riforma sanitaria secondo le linee tracciate dalla legge approvata a larga maggioranza il 21-12-’78 che
è il frutto di 30 anni di lotte
popolari per la tutela della
salute pubblica.
VERBANIA - INTRA
Un discreto numero di fratelli e sorelle di Luino Domodossola e Omegna si sono dati convegno domenica 4 febbraio a
Intra per trascorrere con la
chiesa locale una giornata comimitaria. Dopo il culto e una
àgape che è stata un momento
di vera comunione fraterna, il
sovrintendente del VI circuito,
past. Valdo Benecchi, ha parlato su « La posizione dei cristiani nei paesi socialisti ». Il past.
Benecchi, che è membro della
Conferenza Cristiana della Pace
(CCP) era reduce da numerosi
viaggi nei paesi dell’Est europeo.
Davanti ai fratelli convenuti
— e ai rappresentanti del PCI e
PSI di Vertaania che avevano
accettato l’invito a partecipare
— il past. Benecchi ha esordito
dicendo che non era sua intenzione dare dei giudizi sulla realtà di questi paesi, ma solo riferire esperienze e interviste raccolte nei suoi viaggi in Ungheria, Cecoslovacchia, Germania
Orientale e URSS. A ciascuno
poi il compito di trarre le proprie conclusioni. Benecchi ha
illustrato anche quali siano i
compiti che la CCP, insieme alle
chiese, deve espletare, tra cui
quello di testimoniare al mondo
il valore dell’essere umano, la
inammissibilità di ogni ingiustizia, manifestata in ogni forma.
Dalla interessante esposizione,
corredata da numerose testimonianze di cittadini, leader di partito e personalità religiose, è
emerso l’appello rivolto al mondo occidentale affinché si astenga non solo dal giudizio « viscerale » (vedi per es. la campagna
anticomunista del past. Wurmbrand e dei suoi discepoli) ma
anche dal trarre gravi conclusioni scaturite da una informazione superficiale e poco seria.
Benecchi ha inoltre sottolineato la consapevolezza che i credenti dell’est hanno del proprio
passato (compromissione con il
potere capitalistico). Da questo
passato negativo deriva oggi lo
scarso credito che la chiesa ha
nella vita associata. Secondariamente, la quasi assenza di una
sensibilità politica da parte dei
credenti, dovuta non tanto a restrizioni esterne, ma al fatto che
questi non sentono il bisogno,
come chiesa, di un dialogo, di
un confronto, con la realtà circostante. Questo secondo aspetto della vita delle comunità del
paesi dell’est ci lascia certamente perplessi, ma ci stimola a dare il nostro contributo fraterno
e disinteressato a questi nostri
fratelli per la soluzione di tale
problema. Al termine dell’esposizione il past. Benecchi ha am
piamente risposto a numerosi
interventi.
A giudizio di molti fratelli e
sorelle questa giornata è risultata molto positiva sotto ogni
aspetto; ci proponiamo perciò
di organizzare altre manifestazioni di questo tipo non solo
per rallegrarci insieme, ma anche per « rendere ragione della
speranza che è in noi ».
"Protestantesinio"
Lunedì 5 marzo sulla II
rete ore 22.45
PUNTI
INTERROGATIVI
SU PUEBLA
Di ritorno dal Messico
Maria Sbaffi Girardet di
Idoc e Luigi Sandri, giornalista ANSA, riflettono
sul significato e conse^enza della conferenza episcopale latino-americana svoltasi recentemente in Messico.
ASSEMBLEA DEL X CIRCUITO
Evangelizzazione
Ha avuto luogo, domenica 28
gennaio, nei locali della Chiesa
Valdese di Firenze un’Assemblea
del X Circuito. Dopo un breve
culto, presieduto dal pastore Giovanni Lento, il pastore Luigi
Santini ha introdotto il tema
« Evangelizzazione » con un resoconto storico dell’evangelismo
toscano fino ad oggi, sottolineando i problemi attuali ed accennando alla necessità di superare
il « conservatorismo » e la chiusura che caratterizzano la nostre
comunità. Le chiese non possono
limitarsi ed esprimere la propria
vita solo nella fraternità, bensì
anche nella testimonianza evangelica.
L’evangelizzazione — è stato
messo in evidenza — riassume
gli aspetti positivi della testimonianza, della propaganda e del
proselitismo; si rivolge in particolare a chi vive senza speranza,
senza Dio nel mondo (ed è responsabilità delle comunità come dei singoli membri di chiesa),
ha per scopo la conversione a
Cristo e la compartecipazione di
chi si converte, alla crescita del
Corpo del Signore.
Dopo la presentazione del tema, Tassemblea si è divisa in tre
gruppi di studio per esaminare
il problema deU’evangelizzazione
sotto tre aspetti diversi: 1) la società in cui operiamo; 2) le comunità che formiamo; 3) evangelizzazione — perché, come, quando. Erano state preparate delle
tesine e posti dei quesiti per
guidare la discussione dei gruppi.
Nelle ultime due ore i tre gruppi si sono riuniti per esaminare
le conclusioni raggiunte e per
prendere delle decisioni operative. Nonostante la volontà d’impegno da parte dei presenti, non
sono state prese decisioni concrete per risolvere il problema
deH’immobilismo. Solo vi è stato
un invito a partecipare ad una
« festa della Bibbia » programmata a Livorno, nella speranza
di ripetere l’esperienza l’anno
prossimo a Firenze. Per questa
attività si conta sulla collaborazione di tutte le chiese del X
Circuito.
Erano presenti all’assemblea
rappresentanti delle chiese battiste di Firenze, Livorno e Pistoia. La chiesa valdese di Firenze ha organizzato per l’assemlea
un pranzo in comune permettendo così di avere una giornata intera di lavoro e di fraternità.
PUNTI
INTERROGATIVI
Ho letto solo ora l’articolo di T. Vinay pubblicato sull’Eco del 19.1 .’79.
Stimo molto il Pastore Vinay per averlo conosciuto negli anni (ormai sembrano tanto lontani!) della mia gioventù e non mi permetterei mai di mettere in dubbio la sua onestà e la sua
buona fede. Ciò premesso, senza pretendere di fare un’analisi del suddetto articolo, vi sono tuttavia alcune affermazioni ed alcune diagnosi che, nella mia ignoranza, mi riesce difficile
accettare ad occhi chiusi anche se,
per « comprendere » mi sono sforzato
di « pensare ».
Cercherò di sintetizzarle in alcuni
punti essenziali:
1) Vietnam: purtroppo sappiamo
tutti (non è mancata l’informazione al
riguardo) la terribile situazione del
Vietnam alla fine di una guerra decennale condotta prima contro le forze
La Federazione
giovanile
verso gli anni ’80
(segue da pag. 1)
inalterata la necessità di vivere
la nostra testimonianza in quanto "protestanti", senza falsi pudori, apertamente, mantenendo,
nonostante tutte le disillusioni a
cui andiamo incontro, una ferma fiducia nel dialogo ecumenico con il cattolicesimo. Un paese in cui continuiamo a credere sia fondamentale il nostro impegno politico di credenti, che
noi riteniamo debba rimanere
orientato a sinistra e non al centro o a destra. Ciò non significa,
come qualcuno ama insinuare,
con aperta falsità, che la FGEI
dà indicazioni di partito, perché
alFintemo della FGEI esistono
e si confrontano diverse posizioni, talvolta in aperta polemica,
che ci fanno toccare con mano
le nostre contraddizioni di uomini e di credenti. Ma crediamo
fermamente che le nostre divisioni di ordine politico non debbano spezzare la nostra fraternità e la nostra comune vocazione che ci vengono da Ge,sù Cristo. E. Genre
imperialiste francesi e poi americane.
A questo punto il Vietnam aveva bisogno di aiuti, aiuti sostanziosi (economici, prestiti, eoe.), aiuti che, a
quanto pare, non sono giunti, in partilare per quanto riguarda gli U.S.A.
Aiuti che, in questo caso, avrebbero
dovuto essere inviati per un preciso
accordo (art. 21 degli Accordi di Parigi). Il risultato qual è stato? Gettare
Il Vietnam nelle braccia dell’U.R.S.S.
A questo punto T. Vinay si chiede,
giustamente, ohe cosa sarebbe avvenuto dell’Europa, se, dopo l’ultima
guerra mondiale non fosse intervenuto il Piano Marshall. E a questo punto
io mi chiedo, fermo restando quanto
sopra, qual è il piano Marshall made
in U.R.S.S. per II Vietnam: carri armati? forniture belliche? (ecc.). Dato
per scontato che il Vietnam è comunque, per ideologia ed affinità varie,
assimilato alla sfera d’influenza sovietica, non penso che una nazione come l’U.R.S.S. avrebbe, volendo, difficoltà particolari a finanziare e sviluppare l’economia e la ricostruzione del
Vietnam.
Sempre riguardo il Vietnam, c’è infine una frase di T. Vinay che mi è
difficile comprendere. Ed è quando afferma che « Sono stato sempre dell’avviso che la democrazia si difende
con lo stato di diritto, ecc. ». Evidentemente tutto sta ad intendersi su
quello che è il concetto di democrazia. Per me è un governo di diretta
emanazione popolare in cui, seguite
libere elezioni, siano rappresentate la
maggioranza e le minoranze espresse
dalle suddette elezioni. È questa l'attuale situazione del Vietnam? 0 forse
non ho capito niente e la democrazia
è un’altra cosa? E nel caso attuale del
regime vietnamita che cosa vuol dire
« lo Stato di diritto »?
2) I profughi: T. Vinay afferma
che « i più ricchi... fuggono su navi
ed aerei che pagano a caro prezzo ».
Dal contesto generale di quanto esposto dobbiamo arguire che per questi
profughi (o almeno per quelli che sopravvivono) non esistano problemi economici in quanto tutti già dispongono di ricchi conti all’estero (infatti si
tratterebbe di profughi « economici »
non « politici »).
Questo vuole dire Vinay? 0 si tratta di profughi « ricchi » solo perché,
vendendo tutto quello che avevano
sono riusciti (a differenza di tanti altri) a pagare alle autorità vietnamite
il « pedaggio » necessario a fuggire da
un paese retto da un regime totalitario dove il principio dell’autodeterminazione dei popoli è del tutto sconosciuto?
Resta comunque il terribile contributo di sangue pagato: le Nazioni Unite
hanno calcolato che dal 1975 al dicembre 1978 oltre 80.000 vietnamiti abbiano abbandonato il Paese, e che di costoro 30.000 circa siano morti.
3) Cambogia: dal 1977 in poi il
regime di Pol-Pot è stato analizzato,
denunciato e condannato dalla stampa (Panorama ed Espresso, per fare
un esempio). Perché il genocidio cambogiano, denunciato non solo da organi di destra ma anche, per esempio,
dalla “ New York Review of Books »
(il non plus ultra del radicalismo) viene esaminato da Vinay in sei righe?
E viene esaminato solo per giustificare
o spiegare i’intervento vietnamita?
A parte qualsiasi considerazione sul
regime di Pol-Pot resta un fatto: il
Vietnam ha armato ■ un corpo di liberazione » di 20/25.000 esuli cambogiani che ha invaso la Cambogia con
l’appoggio di circa 14 divisioni vietnamite (Espresso 14.1.’79). La Cambogia
è caduta e, con il Laos, è sotto il
diretto controllo del regime di Hanoi.
È la base di una prossima Federazione Indocinese? Di una nuova forma
di imperialismo?
A parte tutto ciò ritengo inderogabile ed indiscutibile il principio dell'autodeterminazione dei popoli (condivido pienamente quanto scritto dal
Direttore dell’Eco sull’argomento).
Oppure è considerato un principio
superato?
Ho scritto queste poche righe in
modo interlocutorio, cercando di evitare ogni accenno polemico e ponendo
tanti punti interrogativi che tuttavia
(almeno secondo esperienze passate)
penso non avranno risposta.
Ritengo comunque (sarò tacciato di
« semplicismo » o magari di « qualunquismo ”?) che secondo le nostre convinzioni e secondo la nostra coscienza.
come cristiani, con umiltà e tolleranza, possiamo e dobbiamo cercare di
comprendere; ma mai approvare e giustificare ia violenza e la guerra come
mezzo di sopraffazione.
0 anche in questo caso non ho capito niente e la realtà è completamente diversa?
Ernesto Giampiccoli Torre Pellice
SASSATE
Caro Direttore,
Nell'Eco-Luce del 16 febbraio ho rilevato un certo contrasto fra le lettere
pubblicate sotto il titolo « Dibattito sul
Vietnam » e l’articolo in ultima pagina sulla ricostruzione del Vietnam.
Quest’ultimo, dopo alcuni dati che
appaiono attendibili sui perfezionamenti con i quali in quel paese si è ucciso, torturato, defoliato, sterilizzato il
terreno, bruciato, avvelenato, indica le
vie che si seguono per ricostruire e
formula anche proposte. Un discorso
positivo.
Neile tre lettere non trovo nessun
dato, nessun riferimento a notizie accertate in qualche modo. Piuttosto si
tace sul fatto delle enormi quantità di
armi ohe gli S.U. hanno lasciato nel
paese, ma si dice scio dell’enorme
costo di quelle armi; si tace sui rifugiati di altri paesi nel Vietnam (e
secondo notizie recenti sarebbero intorno ai 400.000 solo della Cambogia)
e si pària solo di quelli dal Vietnam
senza riferimento ài decreti Vietnamiti
del marzo e dell’aprile 1978 che sono
illuminanti sulle cause di quell’esodo
stimato intorno alle 100/150.000 persone.
Più severe osservazioni si possono
fare sul linguaggio. Si rimprovera a
Vinay di aver scritto un articolo troppo lungo e poi si dice che liquida
la questione dei profughi, falsando le
sue osservazioni, si dice ch’egli minimizza, scivoia, dice cose che sembrano (a chi?) non rispondere a verità,
si afferma che vuoi far credere e là
dove tenta di spiegare si dice che giustifica.
Questo non è un dibattito sul Viet
nam. È solo una sassaiola contro Vinay che indica molto bene chi sta
dalla parte dell’agape.
Cordialmente
G. A. Comba, Torre PelMce
COI LORO SOLDI E
SOLO CON QUELLI
Signor Direttore,
Mi riferisco aM’articolo di P.V. Panascia (Diaconia della Chiesa e finanziamenti pubblici. La Luce del 19.1.’79),
in cui si difende il fatto che la nostra
chiesa « ha ritenuto non solo di potere, ma di dovere accettare dei contributi dovuti da pubbliche amministrazioni per servizi resi alla collettività »,
per esprimere il mio completo dissenso sulla tesi deH’articolista. La tesi
(che è la stessa che, nei miei verdi
anni, mi veniva propinata dai preti cattolici per giustificare la richiesta di sovvenzioni per le loro scuole, e che ritenevo sbagliata allora, come la reputo
sbagliata adesso), contrasta nettamente col fondamentale principio della separazione della Chiesa dalio Stato, col
quale ultimo sarebbe bene avere a
che fare il meno possibile, e, meglio
ancora, per niente. L’espressione «servizi resi alla collettività », inoltre, è
un po’ troppo ampia: non rientra in
essa, forse, anche l’assistenza religiosa? E allora, perché non chiedere, alla moda cattolica, contributi per le
chiese e stipendi per i pastori? Né è
molto pertinente, a mio avviso, il fatto
che non « si possa provare e dimostrare che lo stato e le regioni siano
in grado di spendere meglio... il danaro del pubblico erario ».
Appunto per questo, e visto che la
Pubblica Amministrazione di un paese
dai gloriosi trascorsi controriformisti e
sabaudi non è mai stata in grado di
cavare un ragno dal buco, è bene che
gli evangelici, coi loro soldi, e solo
con quelli, facciano ciò che sanno fare.
Che non mi sembra poi tanto poco.
Distinti saluti.
Stefano Sodano, Torino
Raccomandiamo a tutti i lettori di
contenere il più possibile i loro contributi in modo da conseiitire ad altri
di intervenire.
3
2 marzo 1979
_______IN UNA PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE PRESENTATA DA DEMOCRAZIA PROLETARIA
Riproposta la soppressione deirarticolo 7
I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sarebbero ricompresi nell’art. 8 opportunamente modificato
ricalca quella presentata da Lelio Basso esattamente 7 anni fa
La proposta
Roma, 23 febbraio. Giovedì 22
febbraio il Gruppo parlamentare
di Democrazia proletaria alla Camera ha presentato in una conferenza Stampa una proposta di
legge di revisione costituzionale
con la quale si prospetta la soppressione dell’art. 7 della Costituzione repubblicana (abolendo
così ogni condizione di favore
per la Chesa romana); la caduta
dell’ espressione « diverse dalla
cattolica » dal secondo comma
deH’art. 8 (allo scopo di estendere la portata deH'articolo relativo alle intese a tutte le confessioni religiose, la cattolica compresa) e raggiunta dei seguenti due
comma al predetto articolo:
« La regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e le singole
confessioni religiose non deve in
ogni caso ledere la libertà religiosa, l'eguaglianza e la pari dignità delle diverse confessioni,
nonché i diritti costituzionali garantiti a tutti i cittadini ».
« Le attività ecclesiastiche, in
quanto afferenti ad interessi diversi da quelli propriamente spirituali, sono disciplinate dal diritto comune, nel rispetto della
indipendenza delle confessioni religiose ».
La suddetta proposta di legge
si inserisce nella linea espressa
dalla legge costituzionale presentata dall’allora deputato Lelio
Basso sul finire della 5“ legislatura come proseguimento della via
aperta dal disegno di legge costituzionale che il sen. Albani (ex
responsabile delle AGLI lombarde
e poi eletto quale indipendente
nelle liste del PCI) aveva presentato nel febbraio del 1969. In memoria di Lelio Basso la nuova
proposta di legge — che riproduce testualmente l’enunciato
della proposta Basso nei due
comma surriportati — viene presentata alla Camera nel settimo
anniversario della data in cui
Basso presentò la sua il 23 febbraio 1972.
Che pensare di questa nuova
iniziativa che appare a così breve distanza dal cinquantesimo
anniversario dei Patti lateranensi
e dalla presentazione della quar
PISA
Convegno FDEI
Una quarantina di rappresentanti delle Unioni Femminili vaidesi e metodiste di Pisa, Firenze, Livorno, Lucca, La Spezia e
Carrara si sono incontrate nei
locali della comunità di Pisa
per uno scambio di informazioni sulle reciproche iniziative anche in relazione agli studi proposti quest’anno dalla FDEI,
che si ispirano all’anno mondiale del fanciullo.
Dai diversi interventi si è avuto modo di apprendere che
tutte le Unioni presenti hanno
iniziato gli studi e che la maggior parte vi ha coinvolto —
almeno in parte — la comunità.
L’analisi della vita delle Unioni ha posto poi alcuni punti interrogativi. Ha un senso l’Unione femminile nella vita della coniunità? C’è bisogno di essere
organizzate per una migliore
presenza nella vita sociale?
Il dibattito è stato vivace senza dare l’impressione di risposte ultimative e uguali per tutti.
Talune sorelle ritengono che in
una comunità viva ed impegnata non abbia senso l’attività femminile, anzi — affermano — si
corre il rischio di ghettizzare le
donne. Altre però — la maggioranza — sostengono la validità
delle Unioni Femminili e le considerano parte essenziale del
nucleo vitale delle comunità. La
organizzazione distinta — si è
fatto osservare — è funzionale
e quindi non fine a se stessa.
In questa problematica si è brevemente rivisto lo scopo della
FDEI per riaffermarne la validità sia ai fini organizzativi che
di testimonianza. Un nuovo incontro è stato programmato
per il 21 aprile p.v. sempre a
Pisa
C. B.
ta bozza per la revisione del Concordato preparata dalle delegazioni che, per conto dello Stato
e del Vaticano, hanno trattato
l’operazione in questi ultimi anni? Nel presente momento si
tratta solo di un segno, di un gesto che si vuol compiere per affermare a nuovo un principio, o
vi sono delle possibilità anche
lontane che il tema venga portato avanti in sede parlamentare?
E arduo rispondere a tali interrogativi. Sembra tuttavia poter considerare che tale proposta ha un significato politico che
va oltre la portata simbolica della richiesta. Certo al momento
mancano ancora, come mancavano al tempo delle proposte Albani e Basso, le condizioni ner aggregare una maggioranza parlamentare sufficiente (i due terzi)
per procedere alla revisione costituzionale di quel punto chiave
della politica ecclesiastica italiana che è l’art. 7. Tuttavia la proposta si inserisce tra le risposte
che tutti i partiti al momento
dato dovranno pur dare non solo
sul merito dei contenuti, ma sulla portata politica della quarta
bozza per la revisione concordataria.
Un punto ci interessa partico
larmente porre in risalto anche
in questa nuova proposta di revisione costituzionale in materia
ecclesiastica. Come già nelle precedenti proposte Albani e Basso
anche in questa, mentre si sopprime il ricorsp al Concordato,
per la disciplina dei rapporti tra
Stato e Chiese si mantiene il
principio della bilateralità rinviando allo strumento della intesa prevista dall’art. 8. Ciò è molto significativo sul piano politico.
Si tratta di un appiattimento totale della precedente situazione
privilegiaría cattolica, creato da
quella disposizione espressa nel
primo comma dell’ art. 8 (pur
essa di origine DC) per cui tutte
le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla
legge. La volontà dei proponenti
in sede di Costituente, ovviamente non mirava alTappiattimento, ma intendeva limitare
l’eguaglianza al solo campo della libertà. Ma ora le cose si cominciano a chiarire in termini
diversi per via deH’interpretazione evolutiva delle norme.
Al tempo delle proposte Albani e Basso, il rinvio alla intesa,
ritenuta valida per tutte le confessioni per la disciplina dei loro
rapporti con lo Stato, era stato
un rinvio teorico che si richiamava ad un istituto giuridico non
sperimentato. Era difficile giustificare il mantenimento delIntesa e la contemporanea soppressione del Concordato. Ora le
cose si sono venute chiarendo.
Come è stato precisato, rispondendo ad una domanda nel corso della conferenza stampa, oggi
v’è un precedente che fa testo;
v’è un’esemplificazione concreta
che indica la differenza sostanziale e formale deH’Intesa e del
Concordato e cioè l’intesa raggiunta con la delegazione della
Tavola Valdese. Negli ambienti
politici italiani comincia a far
presa il fatto che cambiando l’interlocutore ecclesiastico anche le
cose che si trattano assumono
una diversa portata ed un diverso significato oltre che contenuti
differenti. Non si tratta di sopprimere il rapporto bilaterale
tra Stato e Chiese; si tratta di
sopprimere quello strumento e
la politica ecclesiastica che esso
esprirpe in funzione dei quali si
sono commessi tanti abusi, taluni persino secolari. Oggi si
comprende che la tutela delle
minoranze si esprime anzitutto
mediante la loro partecipazione
diretta alla vita politica del pae
Eucaristia
ad ecumenismo
« La festa eucaristica domenicale non può essere sostituita.
Non può essere equiparata ad
un culto della Parola. Perciò non
può essere sacrificata a favore
di un culto ecumenico ». Questa
posizione della chiesa cattolica
è stata sottolineata dal vescovo
di Augusta, Josef Stimpfle, nel
corso di una intervista col giornale della sua diocesi.
È una risposta al sinodo della chiesa evangelica bavarese che
aveva domandato alle autorità
ecclesiastiche cattoliche di rendere possibile la celebrazione di
culti ecumenici anche di domenica, qualora vi fosse l’impegno
da parte dei cattolici di partecipare anche, prima o dopo, alla celebrazione eucaristica.
Per il vescovo Stimpfle questa
richiesta urta contro difficoltà
non trascurabili per i cattolici,
che sarebbero costretti a partecipare, nella stessa giornata, a
due diversi servizi religiosi. Inoltre non tutti i cattolici si lascerebbero facilmente convincere
che sia necessario partecipare
anche alla messa accanto al culto ecumenico. E se lo si richiede come « dovere » (precetto festivo), non si corre il rischio di
considerare il culto ecumenico
« come di minore importanza
e insufficiente »?
Sempre secondo le stesse fonti, la pazienza è la virtù più importante nel lavoro ecumenico.
Occorre avanzare con prudenza in vista dell’unità della Chiesa, quando tutti insieme prenderemo la Cena comune nella unica Chiesa di Gesù Cristo.
lechi dal mondo cristiano
a cura di BRUNO BELLION
È deceduto il teologo
Heinrich Schlier
È deceduto a Bonn, all’età di
78 armi, il professor Heinrich
Schlier. È stato uno degli studiosi del Nuovo Testamento più
conosciuti e le sue opere hanno avuto ed hanno tuttora molto ascolto. Nato e cresciuto in
ambiente protestante, aveva fatto i suoi studi teologici ed era
diventato professore di teologia, lavorando in particolare
sulle lettere di Paolo. Suo importante contributo un commentario dell’epistola ai Galati.
Aveva poi iniziato lo studio della lettera agli Efesini e nel travaglio di scoprire a fondo il
pensiero dell’autore (per Schlier
la lettera agli Efesini è autenticamente paolinica) era stato portato a considerare gli sviluppi
del pensiero paolinico nella chiesa romana. Conseguente con le
sue ricerche aveva, negli anni ’50,
abbandonato il protestantesimo
per entrare nella chiesa cattolica. Il suo commentario alla lettera agli Efesini rimane una tappa fondamentale per la conoscenza e lo studio di quello scritto
del cristianesimo primitivo.
Inaugurato l’ospedale
“Lamharenè II”
Il 14 gennaio scorso, il giorno
in cui era nato nel 1875 a Kaiserberg (Alsazia) il « medico
della giungla » Albert Schweitzer,
è stato inaugurato a Lambarenè
(Gabon) il primo settore del
nuovo ospedale «Ltimbarenè II».
L’opera è finanziata dal governo del Gabon e comprende per
ora 230 posti letto per malati
acuti. Contemporaneamente si
è aperto il nuovo reparto di ginecologia e ostetricia, mentre si
sono ultimati i lavori per la clinica pediatrica e dentistica che
sono state completamente rinnovate ed ampliate.
I lavori proseguiranno, tra l’altro, con la costruzione di un asilo-nido e di una scuola elementare per i circa 150 figli dei dipendenti dell’ospedale.
I costi per la costruzione e la
dotazione scientifica di tutti questi impianti sono a carico delle autorità governative, mentre
la gestione continuerà ad essere possibile solo grazie al contributo sostanziale e sostanzioso
dei gruppi di amici e di chiese
europei.
Festa di canto
I Metodisti e l'energia
Come ogni anno un pomeriggio domenicale di primavera vedrà riuniti a Torino i bambini
delle Scuole domenicali di Torino e dintorni per la festa di canto. Si tratta di un appuntamento sentito da molte Scuole domenicali che a questo scopo si
preparano con alcuni mesi di
anticipo imparando ogni anno
nuovi canti. Il programma della
festa prevede alcuni canti d’insieme, cantati da tutte le Scuole domenicali presenti, e uno o
due canti scelti da ciascuna
Scuola domenicale e presentati
a turno.
Sono ben 35 le Scuole domenicali che potenzialmente potrebbero partecipare alla festa di
canto e a cui è stato inviato l’invito; tra queste, diverse Scuole
domenicali battista, valdesi, dei
fratelli, pentecostali. Di solito la
partecipazione è limitata ad un
certo numero di Scuole domenicali che hanno ormai l’abitudine e il gusto a questo appuntamento annuale, ma si spera ogni
volta che la cerchia si allarghi.
L’appuntamento per quest’anno è per il 22 aprile alle ore 15.30
(ritrovo dei bambini ore 15) alla Chiesa ev. battista di via Viterbo 119. G. F.
■ Hanno collaborato a questo
numero: Bruno Bellion - Carmela Bozza - Giovanni Conte - Renato Coisson - Franco
Davite - Dino Gardiol - Arnaldo Genre - Rosetta Mannelli - Raffaele Pane - Giorgio Peyrot - Teofilo Pons Aldo Rutigliano - Bruno Rostagno - Giorgio Tourn.
Il « Gruppo di lavoro per la
protezione dell’ambiente della
Chiesa Evangelica Metodista » di
Heidelberg (Repubblica Federale di Germania) ha espresso
in un documento la convinzione
che sia necessario e urgente procedere sulla via del risparmio
energetico. Tra l’altro si dice
convinto dell’opportunità di rinunciare all’uso dell’energia atomica finché non siano prese
maggiori misure di sicurezza.
Il gruppo di lavoro propone
di limitare la velocità sulle strade e autostrade, di stabilire tariffe progressive per l’uso di energia nelle abitazioni private,
di iniziare una politica dei trasporti che dia la precedenza ai
mezzi pubblici, alla bicicletta
per i trasporti a breve distanza
e per il treno sulle lunghe distanze. « Dobbiamo imparare
oggi a vivere senza un continuo
sviluppo economico », dice letteralmente il documento.
se, consentendo loro di recare un
apporto nelle vie della trasformazione democratica della società civile e politica verso mete
future.
P.G.E.
Revisione del
Concordato
{segue da pag. 1)
ticare che gli emendamenti costituenti la terza bozza erano
stati ufficialmente presentati come testi «che si ritengono accettabili dall’altra parte contraente ». Lo stesso Presidente
del Consiglio il 6 dicembre in
Senato si era sbilanciato affermando che « su questi emendamenti (la terza bozza) la delegazione della S. Sede si era espressa in maniera favorevole». Ora, invece degli ultimi ritocchi si è avuto l’attuale dietrofront. Come mai tutto ciò? Non
è pensabile che la delegazione
governativa e lo stesso Andreotti siano stati così sprovveduti
da presentare in Senato fischi
per fiaschi. Né è possibile ritenere che essi con disinvolta leggerezza abbiano montato una
banale presa in giro parlamentare. In politica queste cose non
si fanno. E allora? Allora l’unica ragione attendibile a cui far
ricorso per cercar di comprendere l’accaduto è accreditare le
voci che circolano secondo le
quali dopo il dibattito in Senato si sia levata dalla Curia vaticana e da quella della CEI
una voce così autorevole sul pericoloso andamento che la trattativa concordataria stava prendendo, da ottenere quelTobbediente consenso da parte dei sei
cattolici impegnati nella revisione concordataria da far precipitare la soluzione in un accordo rinunciatario e confessionista. Se così è, risulterebbe comprovata ancora una volta, dopo
il 1929, l’incapacità dei cattolici
di trattare per conto dello Stato nei confronti della S. Sede.
Nuovi strumenti
Una prima eco di questo spiacevole risultato che praticamente viene ad annullare tre anni
di discussioni e di ¡esami nei
susseguentesi tentativi di raggiungere un nuovo accordo tra
Stato e Chiesa romana la si è
colta nell’occasione del 50" anniversario dei Patti. Si leggeva nella chiusura di un articolo di un
autorevole giurista apparso sull’Avanti che questa revisione del
Concordato, per la piega che va
assumendo conduce direttamente alla revisione costituzionale. È quanto era stato precisato
in una relazione presentata nel
marzo dello scorso anno in un
convegno svoltosi nell’Aula Magna della Facoltà valdese di teologia sulle procedure inerenti
la revisione concordataria. Si diceva: « non sembra quindi ozioso il cominciare a riflettere nuovamente su di un possibile ricorso ad altri strumenti, diversi
dal presente tentativo di revisione per risolvere finalmente il
problema della confliggenza in
atto tra le norme pattizie e quelle costituzionali, già resosi palese in sede di Costituente 31
anni or sono ».
Questa quarta bozza in sé
inaccettabile, non può non condurre i diversi partiti ad analoghe riflessioni. È quanto si andrà a vedere nei prossimi mesi
allorché in presenza di un nuovo governo, la partita verrà nuovamente esaminata in sede parlamentare.
È tempo però che anche quei
cattolici che cercano di ripensare in termini di fede il loro
cattolicesimo si avvedano che
quella gerarchia e quelle Curie,
da cui non sembra sapniano liberarsi, non fanno Chiesa, ma
rimangono col passar dei secoli sempre legati alla ricerca della gloria e della potenza dei regni di questo mondo (Luca 4:
6) e che non nrovenvono dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore.
G. Peyrot
4
2 marzo 1979
BREVE STORIA DEL METODISMO - 3
L'Evangelo
sulla piazza del mondo
Esclusa dai pulpiti anglicani, la predicazione metodista esce all’aperto
e si espande rapidamente nel vecchio e nel nuovo mondo
Riconoscimento della propria
impotenza umana, rinuncia alla
ricerca di una propria giustizia
meritoria, sicurezza della propria giustificazione in Cristo:
questa la scoperta che Wesley
fece la sera del 24 maggio 1738
ascoltando la lettura della introduzione di Lutero all’Epistola ai
Romani, nel corso di una riunione alla quale era andato senza
grande entusiasmo. E la scoperta del significato intimo del messaggio contenuto nel Nuovo Testamento risolse il problema
della sua decennale ansia spostandone il bersaglio. Non più
ansia per la propria salvezza,
ma per la salvezza degli altri;
non più offerta di rimedi scritturali, ma diffusione della conoscenza biblica affinché tutti ne
ricevano l’annuncio e ne traggano la concezione innovatrice e
feconda di sviluppo per il credente e per la società.
Da questo momento, ma soprattutto dalla assunzione di
questa scoperta come una affermazione, una dichiarazione aperta di impegno religioso personale nel mondo, ha origine la
successiva opera di Wesley, e si
usa datare la nascita del Metodismo.
Fare religione
sul serio
Una predicazione rinnovata in
tal senso non poteva essere accettabile e neppure contenibile
dalla chiesa ufficiale — come forse da nessuna chiesa costituita.
Il risveglio iniziò quindi con la
coagulazione di gruppi di credenti che reclamavano nel seno
stesso della loro chiesa di stato
il diritto di « fare religione » sul
serio; ma finì ben presto coll’essere escluso anche materialmente dalle mura ecclesiastiche, e i
pulpiti anglicani furono rifiutati
a Wesley ed ai pastori che si erano raccolti attorno a lui. La predicazione fu allora continuata
all’aperto, e due o tre mila persone in un prato non erano un
uditorio raro, ma nelle città più
la gente vi si interessava, più il
clero la ostacolava; e spesso la
vita stessa dei predicatori fu se
Appunti di viaggio attraverso il grande Paese
Cosa imparare
dai battisti USA
Preghiera, Bibbia
e fraternità
La prima costante, che emerge
dagli svariati incontri che ho
avuto, è la pratica diuturna della preghiera. Non si tratta di un
fatto liturgico o di una disciplina ascetica, ma dell’espressione
cordiale e collettiva del ringraziamento al Signore. E’ una caratteristica interessante, questa.
Ovviamente molte preghiere sono d’intercessione, ma la lode e
il ringraziamento sono predominanti. Raramente ho sentito preghiere di pentimento e di umiliazione. Ciò si spiega, forse, con
l’osservazione che la teologia della croce è molto rara fra i nostri
fratelli.
A ciò va aggiunto un interesse
straordinario per lo studio della
Bibbia. Questo studio viene condotto in privato da ogni singolo
credente, ma lo studio collettivo
è di gran lunga più importante.
Lo studio biblico, però, è costantemente finalizzato a due fuochi
d’interesse predominante, da una
parte la formazione di un carattere cristiano neo^puritano e fervente, dall’altra la missione con
particolare sottolineatura dell’evangelizzazione. Lettura storicocritica, lettura « teologica », lettura « materialista » della Bibbia, non sono opzioni nemmeno
immaginabili in questi ambienti.
Un’altra osservazione pertinente, a questo punto, riguarda la
pratica della fraternità. È difficile, secondo me, trovare tanta
cordialità, affetto e reale interesse nelle persone quanto se ne
trova nelle chiese battiste del
sud. Intendiamoci, non si tratta
di uno « stile », ma di una realtà.
Ogni chiesa è attentissima ai problemi dei singoli e li affronta con
estrema praticità. Si parte dalla
cura che si deve avere per gli
ospiti, i visitatori, i nuov'i venuti,
si passa attraverso le varie categorie di bisogni singoli e normali (il giovane, le persone ohe vivono sole, nubili e celibi, vedovi,
divorziati, ecc.) ner arrivare ai
casi specialissimi come i drogati, i ciechi, i sordomuti, gli
spastici, ecc. Per ognuna di queste persone o gruppo di persone,
vi è un’équipe che se ne occupa
costantemente e relaziona periodicamente al consiglio di chiesa.
Tanto è grande l’attenzione per
questi vari settori di bisogno,
che si sono svilup.pati una congerie di ministeri diversi e specializzatissimi.
E infine, vorrei menzionare un
fatto che qui da noi abbiamo
equivocato sovente. Non è tanto
vero, cioè, che i battisti americani abbiano la mania di settorializzare le attività ecclesiastiche.
Certo, per venire incontro ai bisogni particolari, come ho detto,
devono pur creare occasioni d’incontro e organismi appropriati,
ma la realtà più vera è certo che
la chiesa locale è fra i pochi, se
non l’unico posto dove la famiglia nella sua interezza possa ritrovarsi nelle ore libere.
In una società, che offre pochissimo in termini di impegni
pubblici, dove il divertimento o
è individualizzato o è « domesticizzato », la famiglia tende o a
suddividersi nelle ore libere nei
suoi vari componenti o a rinchiudersi in casa. È chiaro allora che
la chiesa, offrendo ampie possibilità d’incontro per tutta la famiglia, possiede un grande potere aggregante.
In conclusione direi che dai
nostri fratelli battisti degli Stati
Uniti del sud non possiamo
aspettarci la teologia, e nemmeno una spinta profetica. Ma da
loro abbiamo tutto da imparare
quanto a pastorale, a diversificazione e specializzazione dei ministeri, allo spirito di dedizione,
alla serietà d’impegno e alla capacità di realizzazione dei propositi.
Mentre l’aereo si .staccava dalla pista e con ampio giro si lasciava sempre più sotto e sempre più incerte nei contorni le
calme lagune e le coste orientali
degli USA, ho sentito come un
crampo di precoce nostalgia. Non
era per il benessere e nemmeno
per persone o situazioni particolari ohe mi lasciavo dietro per
sempre, ma era quel pizzico di
spiritualità e di praticità seria
nelle cose del Signore ohe so essere materiale assai scarso tra
di noi. Ma si sa, laggiù la Riforma l’hanno vissuta e quasi dimenticata, da noi se ne fa un
gran parlare ma ancora non c’è
stata. La differenza, forse, è tutta qui.
(3 - fine)
Paolo Spanu
riamente messa in pericolo finché il 20 ottobre 1751 vi fu il
primo martire: William Seward.
Eppure l’originalità, per non
dire lo scandalo, della predicazione all’aperto aveva fatto perdere alla predicazione cristiana
quell’appretto che le si era incrostato addosso nel chiuso delle arcate gotiche, e le ridava la
schiettezza del parlare al popolo
là dove il popolo era, e nella sua
lingua. Naturalmente, per vari
motivi, la cosa non potè continuare — anche se fino nel metodismo attuale è sempre presente
una sorta di nostalgia per questa esperienza giovanile — e nel
maggio del 1739 Wesley dovette
decidersi ad inaugurare a Bristol la prima cappella metodista
del mondo.
L’intrepido ardimento dei primi missionari metodisti in patria, mentre empiva di entusiasmo i loro seguaci, ebbe anche
ragione sia della furia della plebaglia scontenta perché capiva
solo che le si voleva togliere la
possibilità di ubriacarsi regolarmente, sia degli anatemi del clero che subodorava un pericolo
per la propria serenità e sia delle minacce dei magistrati che temevano sommosse. Ma oltre a
questo, la rapidità della espansione del risveglio in Inghilterra
deve essere attribuita anche alla
saggezza della sua organizzazione.
Divenuto Movimento, il metodismo si costituì in gruppi di
convertiti affidati alla cura di un
conduttore preparato, uomo o
donna. In tal modo nàcque nel
1742 quella schiera di predicatori laici che sono tuttora uno
dei suoi maggiori vanti. L’unità
poi dei gruppi che nel frattempo si andavano moltiplicando
nel paese, venne, assicurata da
un organo democratico centrale
che fu la Conferenza.
il ramo episcopale
Dal 1750 i progressi divennero
ancora più rapidi ed intorno al
1760 due predicatori laici irlandesi, trasferitisi in America, si
contesero l’onore di aver predi
Giovanni Wesley
predica all’aperto
cato il primo sermone metodista nel Nuovo Mondo e di avervi fondato alcune « società » di
credenti. I metodisti si radunarono poi regolarmente nel New
Jersey, nella Pensylvania, nel
Maryland e in Virginia, finché
nel 1786 fu aperta a New York
la prima chiesa metodista americana.
La storia di questo ramo del
metodismo, che diventerà poi la
Chiesa metodista episcopale, seguì e soffrì nel suo nascere le
successive vicende politiche del
popolo americano fino a sfociare nella indipendenza dal ceppo
materno inglese. L’indipendenza
fu sanzionata da Wesley stesso
nella Conferenza del 1784, nominando Thomas Coke Sovrintendente delle società americane
con l’incarico di consacrare a
sua volta, giunto sul posto, a
quella stessa carica Francis Asbury già da tempo in America.
Tre anni dopo, per ragioni di
maggiore fedeltà alla terminologia biblica, ma forse anche come segno di maggiore indipendenza, comunque con grave disappunto di Wesley, assunsero il
titolo di vescovi, equivalente a
quello di Sovrintendente. Infatti il titolo fu, ed è tuttora, un
semplice attributo di ufficio e
non di ordine.
« Il mondo è
la mia parrocchia »
Intanto, in patria, Wesley continuava a percorrere, a cavallo
o a piedi sulle impraticabili vie
dell’Inghilterra di allora, quei
363.000 chilometri che gli calcolarono poi, alla fine della vita, i
suoi biografi. E continuava a
scrivere quelle 233 opere originali di suo pugno e quelle 50 in
collaborazione, oltre a curare
l’edizione di un altro centinaio.
Questo rude predicatore, piccolo e tozzo, andava proclamando il suo evangelo di fronte a
tutti; la II a Tim. direbbe « a
tempo e fuor di tempo ». Abbiamo visto che non c’era nulla che
lo potesse fermare: né le sommosse, né la polizia, né le restrizioni che la chiesa gelosa e formalista imponeva al suo slancio.
Sappiamo che predica in piedi
sulla tomba di suo padre perché
lo avevano tolto dal pulpito, dall’alto di un dirupo a una folla di
migliaia di persone, alla bocca
dei pozzi carboniferi da dove
sgusciavano come talpe i minatori per consumare il cibo portato loro dalle mogli. E a chi si
meraviglia risponde con la frase diventata celebre: non questo
o quel gruppo di persone soltanto, ma « il mondo è la mia parrocchia ».
Parola profetica se pensiamo
ai 50 anni della sua spossante attività apostolica ed alla diffusione mondiale della chiesa metodista che con i suoi quasi 80 milioni di aderenti sparsi nei cinque continenti è diventata nei
soli due secoli della sua storia,
una delle maggiori denominazioni protestanti.
(continua)
Sergio Carile
LA SCOMPARSA DI ROLAND DE PURY
Libertà più che obbedienza
Ripensare a Roland de Pury
vuol dire ripensare a Marc Boegner, Pierre Maury, Denis de
Rougemont, Madeleine Barot,
Wilhelm Vischer, Visser’t Hooft,
Pierre Burgelin, Albert Pinet;
amici francesi o svizzeri, compagni di un pellegrinaggio segnato da una visione protestante della vita, da una sete ecumenica e dalla coscienza dei limiti
dei potenti di questo mondo
davanti alla coscienza dell’uomo
e davanti alla coscienza della
chiesa. Nel Semeur, periodico
della Federazione francese delle
Associazioni Studenti cristiani,
nel 1945 Roland de Pury scriveva su un tema essenziale: « L’Eglise, maquis du mondo ». Segnato dalla partecipazione alla Resistenza e dall’esperienza del
campo di concentramento, Roland de Pury, cittadino svizzero
di Neuchâtel, ma pastore riformato in Francia, non si era sottratto sotto l’usbergo della neutralità elvetica ai rischi della
pazzia europea. Parlava con autorità. Fiduciosamente attribuiva alla chiesa il compito di rendere a Dio quello che è di Dio e
di restare così « fermento della
libertà, fermento della resistenza alla tirannia ».
Da queste premesse de Pury
concludeva: «Non si potrà più
predicare agli uomini incondizio
natamente l’obbedienza e la disciplina. Si è visto troppo che l’essenziale, nelle ore della crisi, non
sta nell’obbedire, ma nell'essere
liberi, nel sapere cioè a chi si
obbedisce, perché gli si obbedisce e fino a che punto gli si obbedisce. Conoscere il senso e i
limiti della propria obbedienza,
questa è libertà. Ogni autorità
umana, che ci domandi una
sottomissione assoluta, deve essere respinta come tirannica e
idolatrica. La sottomissione in
condizionata ad una qualsiasi
autorità è la sottomissione dello schiavo, la fonte delle più
tristi sciagure... Indubbiamente
molti grideranno: ”Ma dove andremo a finire se ognuno si mette a discutere gli ordini?” Rispondo: Dove sono andati a finire i popoli, che non li hanno
discussi? E quale disordine più
infernale può esistere di quello
che nasce daH’a,bdicazione della
propria responsabilità? ». Nel
tempio di Prali Roland de Pury
predicò, in occasione di un campo di Agape, sul brano biblico
deff’asina di Balaam. Chi era
presente ricorda la frase: « il raglio dell’asina risuona attraverso i secoli contro i pretesi tiranni. Quello che conta è che la
chiesa lo sappia avvertire... ».
Roland de Pury era nato il 15
novembre 1907 ed ha terminato
la sua corsa il 24 gennaio 1979.
Dopo gli studi liceali a Neuchâtel, aveva studiato teologia a
Parigi e a Bonn. Pastore a Moncoulant, a Lione, a Aix-en Provence, cappellano degli studenti
a Aix e a Marsiglia, diede tempo
e studi nell’Africa (Cameroun)
e in Madagascar. Scriveva su «La
vie protestante». Il rigore riformato di Pury, il suo stile di lealtà e di fraternità, la sua schiettezza umana sono doni che ricorderemo. Carlo Gay
5
2 marzo 1979
Critica della nostra civiltà suicida e prospettive per una politica della speranza nel pensiero di R. Garaudy
Roger
Garaudy
Roger Garaudy è nato a
Marsiglia nel 1913. Ha studiato alla Sorbona di Parigi dove si è laureato in
lettere nel 19S2; ha conseguito inoltre la laurea in
scienze presso l’Accademia
delle scienze dell’ünione
Sovietica. È professore
universitario.
Uomo di grande indipendenza, Garaudy, dopo esser stato uno dei maggiori teorici dei Partito Comunista Francese, fu espulso dal PCF per la sua decisa condanna dell’invasione sovietica n Cecloslovacchia nel 1968.
A differenza di molti
marxisti che pur dialogando con i cristiani hanno
conservato la tranquilla
certezza che, una volta ricondotti alla razionalità i
rapporti sociali, la « protesta » della coscienza religiosa Si esaurirà automaticamente, Garaudy ha rimesso in questione questo
dogmatismo ideologico. Il
suo cammino è approdato
così alla fede, una fede a
carattere non confessionale ma innegabilmente cristiana, nutrita dalla lettura di larghi settori della
teologia contemporanea e
in particolare della teologia della liberazione latinoamericana.
La sua posizione attuale
può essere sintetizzata nella complementarietà della
posizione marxista e cristiana. La fede cristiana
può impedire al marxismo
di rinchiudersi e di esaurirsi nel suo umanismo, e
l’impegno marxista può
impedire al cristianesimo
di evaporare riducendosi a
sola pietà personale.
OPERE IN ITALIANO
(Cittadella Editrice)
L’alternativa : cambiare il
mondo e la vita, 5“ ed.,
pp. 250, L. 3.000.
« Non si può cambiare il
mondo senza cambiare se
stessi e non si può cambiare Se stessi senza cambiare il mondo» (R. Garaudy).
Parola di uomo, 2” ed., pp.
184, L. 3.000.
« Questo libro di Garaudy è una specie di testamento. Non nel senso di
testamento politico o filosofico, ma in senso religioso, profetico» («Le Monde »).
Progetto speranza, pp. 152,
L. 2.300.
« Questo libro... chiama
ad una riflessione di fondo sui principi stessi della nostra società e sulle
ragioni per cui quei principi ci hanno portato ad
un vicolo cieco...» (dalla
prefazione dell’Autore).
Danzare la vita, pp. 192,
L. 2.500.
« Questo libro per me
costituisce il prolungamento della mia riflessione politica, ralternativa dell’azione politica di tutta la
mia vita» (R. Garaudy).
Fede cristiana e
liberazione delPuomo
« La crisi delle chiese e delle
religioni non è una crisi di fede
ma una crisi della cultura nella
quale questa fede si esprime •>.
Pur affondando le sue radici nel
mondo ebraico, greco e romano,
è a partire dal Rinascimento che
la nostra civiltà riceve un’impronta particolare che si sviluppa nella crisi culturale del nostro tempo. Il Faust di Marlowe
(fine ’500) dà l’indicazione programmatica di tutta una civiltà;
« con il tuo cervello potente diventa un dio, padrone e signore
di tutti gli elementi ». Questo
« progetto faustiano » si concretizza in tre postulati.
Il progetto
faustiano
1. Il primato dell’azione e del
lavoro come valori fondamentali.
In questo senso tutte le rivoluzioni borghesi sono faustiane e
su questo stesso terreno nasce il
marxismo. La nostra civiltà sta
così perdendo la spontaneità, la
poesìa, la libera creazione, il
gioco.
2. Il primato della ragione.
Questo postulato, che ha generato lo scientismo e la tecnocrazia,
segna il trionfo del « come » sul
« perché », dei « mezzi » sul « fine ».
3. Il primato del « cattivo infinito » e cioè di un infinito puramente quantitativo che sta alla
base dell’illusione di un aumento
illimitato dello sviluppo.
«Una civiltà fondata su questi
tre postulati — commenta Garaudy — una civiltà che riduce
l’uomo al lavoro e al consumo,
che riduce lo spirito all’intelligenza e l’infinito al quantitativo,
una tale civiltà è attrezzata _per
il suicidio ».
Che rapporto si è creato tra la
fede cristiana e questa « religione dello sviluppo »? Un rapporto
di antagonismo in cui l’uomo
faustiano ha sentito le concezioni tradizionali di Dio come un
grave ostacolo alla siìa libertà.
Non per questo però egli è privo
dell’esigenza della fede. Essa sorge da esperienze negative nel
campo della politica e dell’ecpnomia.
a) L’assioma individualista
dell’economia borghese classica
( « se ciascuno persegue il suo interesse individuale l’interesse generale sarà realizzato ») ha fatto bancarotta sul piano del crescente distacco delle classi tra
loro, del crescente distacco dei
paesi industrializzati da quelli
colonizzati e di uno sviluppo cieco e senza finalità.
b) La tecnocrazia capitalistica e il sedicente « socialismo
scientifico », ponendo solo la domanda del « come? » e mai quella del « perché? » ha condotto ad
una manipolazione degli uomini
simile a quella della natura.
c) La concezione individualistica della democrazia ha porta
Quale fede
Poiché la critica radicale di uomini come Marx, Nietsche, Freud,
ha reso un grande servizio alla
fede cristiana facendo piazza pulita del dio falso di Costantino,
dei filosofi e della Santa Alleanza, è possibile riscoprire la fede
come rottura rispetto ai nostri
istinti biologici, ai nostri desideri e interessi. Questa rottura
si esprime nel modo più sconcertante e seducente negli atti e
nelle parole di Gesù « in cui nulla è semplicemente la risultanza
del passato, ma dove tutto è li
II 4 febbraio ha avuto luogo a Torino un seminario organizzato daile
AGLI sul tema « Cristiani e marxisti oltre il dialogo: per un progetto comune che dia senso e speranza ai popoli dell'Europa e del
mondo »i Più che per il dibattito,
a tratti confuso e farraginoso, il
seminario è stato interessante per
la presenza viva e stimolante di
Roger Garaudy che ha tenuto la
relazione principale. Riteniamo utile prendere lo spunto da questo
seminario per riproporre ai nostri
lettori la figura e il pensiero di
questo marxista credente, guarda
to con circospezione dai marxisti
e in fondo anche dai credenti, la
cui carica ideale umana e politica sembra situarsi su un altro
pianeta, o avere un anticipo di decenni, rispetto ai piccoli passi da
« mosca cieca » dell’attuale momento politico e culturale. Pubblichiamo in questa pagina una sintesi
della relazione tenuta a Torino, una
recensione dell'ultimo libro di Garaudy tradotto in italiano e una
scheda biografica. Gli atti del seminario di Torino sono in corso
di pubblicazione da parte della Coop.
Don Milani, via Perrone 3, Torino.
to ad un modello di democrazia
statistica, delegàta e alienata, in
cui gli individui non possono
avere se non un valore quantitativo.
Il « 68 » è stata una clamorosa
esplosione di protesta contro
questa civiltà faustiana che sta
giungendo al termine di un vicolo cieco. Caratteristiche di questa protesta sono state l’esigenza
comunitaria della priorità del
« noi » sull’« io », la messa in questione della razionalità disumanizzante e la rivendicazione di
una democrazia partecipativa, associativa, autogestionaria.
È solo a partire da queste rivendicazioni che è possibile porre il tema fondamentale della
nostra epoca: Quale fede? Per
quale socialismo?
bera scelta ». Vivere secondo la
« poetica » {e cioè la creatività)
di Cristo significa quindi prendere coscienza che « la mia vita
personale così come la società
o la storia nella quale vivo, non
sono anelli di una catena dì cause e di effetti: essi sono ciò che
sono in ranvorto al fine ultimo
al quale essi sono confrontati e
che dà ad essi il loro significato ». Questo riferimento è il
senso profondo del « Regno ». La
fede è così prima di tutto porre
la domanda del « perché? » e non
soltanto del « come? ».
Ma al di là di questo la fede è
un atto di denudamento e di
svuotamento. Nella fede cristiana si esprìme nell’esperienza della Croce.
« Riconoscere Dio in quell’im
_____________L’ULTIMO LIBRO DI GARAUDY IN ITALIANO
L’Occidente è un accidente
« Chiese monsieur Dubois a
madame Nozière quale fosse il
giorno più funesto della storia di
Francia. Madame Nozière non lo
sapeva. È, disse Monsieur Dubois, il giorno della battaglia di
Poitiers, quando nel 732 la scienza, l’arte e la civiltà arabe indietreggiarono dinanzi alla barbarie
franca ». L’aver citato questo
passo de « La vie en fleur » di
Anatole France in una conferenza a Tunisi nel 1945 costò a Roger Garaudy l’espulsione dalla
Tunisia per propaganda antifrancese.
Questo episodio, citato nel suo
ultimo libro tradotto in italiano ( 1 ), può essere considerato un
po’ come il biglietto da visita di
Garaudy. Anzitutto vi si esprime
la sua tesi di fondo che afferma
la necessità di ridimensionare la
civiltà occidentale. Non è vero
che a partire dal periodo greco
essa sia stata un « miracolo » rispetto al resto dell’umanità: ci
si dimentica — o si nasconde —
quanto gli inizi della civiltà europea siano debitori della civiltà
orientale mesopotamica e quanto abbiano nutrito l’Europa civiltà esterne come quella cinese
e quella araba.
In secondo luogo l’arrogante
provvedimento preso dalle autorità coloniali nei confronti di Garaudy è un esempio del fatto che
se la civiltà occidentale si è imposta su altre, magari più anti
che e più progredite, ciò si è attuato unicamente per mezzo della forza e della violenza. « Una
storia veramente degna del suo
nome — non più centrata cioè
sull’Occidente — sarebbe una
"storia delle occasioni perdute”
dall’umanità a causa di una supremazia occidentale non dovuta
tanto ad una superiorità di cultura, quanto piuttosto a un’utilizzazione aggressiva delle tecniche
militari di terra e di mare » (5).
Garaudy accenna per sommi capi
a questa storia dell’arroganza occidentale che va dagli immani disastri compiuti dai conquistatori spagnoli in America all’accumulazione originaria del capitale
occidentale resa possibile dalla
deportazione e dallo sfruttamento schiavistico dei negri africani
alla spartizione — in tanti casi
veramente disumana — delle colonie fino al neo-colonialismo,
che non è altro che un modo aggiornato di continuare il secolare saccheggio del Terzo Mondo.
In terzo luogo l’episodio ricordato illustra l'interesse di Garaudy per le civiltà non occidentali, non solo per la loro storia
passata ma per la loro importanza nel nostro tempo. E di queste
civiltà — da quella indiana a
quella africana, da quella araba
a quella cinese — il libro presen
ta i tratti essenziali, in modo forzatamente sintetico ma penetrante. L’Occidente non è che un ac
cidente della complessa avventura umana che abbraccia 3 millenni. Ricondurlo alla sua realtà
modesta e parziale apre la porta
alla valorizzazione delle culture
non occidentali il cui interscambio con quella occidentale rappresenta la speranza per il futuro dell’umanità. Questo dialogo
delle civiltà rappresenterebbe il
contesto storico per una terza alleanza tra Jahvè e gli uomini;
dopo la prima col popolo ebraico e la seconda con la chiesa (degenerata in una pretesa dell’Occidente di essere l’unico depositario della presenza divina) si annuncia la terza che « riprenderà,
in una nuova tappa, il progetto
di Gesù, il quale abbatte le frontiere del “popolo eletto" per andare verso tutti, e non per “convertirli" a un dogma, ma per
metterli sulla via di una vita più
autentica». (197).
Un libro vivo, intenso, dagli
orizzonti vastissimi. Si potrà non
condividere tutto, ma come occidentali lo si richiude alla fine
con un senso di profonda confusione. Un impegno per il socialismo alla ricerca di una società
più giusta non è ancora nulla se
è ristretto nei limiti angusti dell’Occidente e non si allarga al
contesto ampio del dialogo delle
civiltà.
Roger Garaudy, Per un dialogo
delle civiltà, Cittadella editrice,
1977, pp. 202, L. 3500.
piccato, in quel fallito, in quell’escluso, in quel disperata, così
debole da essere abbandonato
dagli uomini... così debole da
essere abbandonato persino dal
Padre... L’atto di fede non è una
meditazione sulla Croce, è vivere questa esperienza terribile e
liberatrice ».
In questa esperienza, e al di là
di essa, si apre il cammino nuovo della resurrezione di Cristo:
« La resurrezione del Cristo e la
nostra non sono un avvenimento
biologico o storico. E un avvenimento della fede, la nascita ad
una nuova vita che non si misura più con il tempo degli orologi
e degli astronomi. Una nuova vita dominata da questa gioiosa
certezza, che non vi è situazione
senza via d’uscita o senza speranza. Noi abbiamo inteso l’appello della Buona Novella: è possibile; e allo stesso tempo noi
abbiamo ricevuto la forza di rispondere a questo appello perché Gesù Cristo non vive in noi
soltanto allo stesso modo con
cui Mozart rivive in ogni musicista che lo esegue o lo ascolta.
Egli non è soltanto ricordo, nostalgia o speranza, ma forza vivente ».
Quale socialismo
Come ricreare un tessuto sociale a partire da un autentico
rinnovamento della fede? Garaudy non formula un programma
politico ma definisce le condizioni dell’invenzione di un « avvenire dal volto umano ».
1. Sul piano dell’economia. È
indispensabile superare una organizzazione in cui, non avendo
ogni impresa altro fine che la sua
crescita, la società è votata ad
uno sviluppo cieco e anarchico
senza finalità umana. Il superamento può avvenire in una fase
di transizione in cui invece di
« una associazione di capitali
che affittano il lavoro degli uomini », si abbia « una associazione di uomini che affittano dei capitali », regolarmente retribuiti,
nel quadro di imprese comunitarie in cui siano risolti daH’insieme di coloro che lavorano nell’ambito dell’impresa i quattro
problemi fondamentali: — che
cosa costruiamo insieme? — come organizziamo il lavoro? —
chi dirige? — secondo quali regole sarà ripartito il frutto del
lavoro?
2. A livello politico. La politica
da arte di accedere al potere e di
mantenerlo deve passare ad essere « una riflessione sui fini della società nel suo insieme e la
messa in opera di metodi che
permetta alla base di elaborare
questi fini e partecipare alla loro
realizzazione ». Che il popolo diventi soggetto e creatore della
sua storia e non oggetto manipolato dall’alto è quindi la condizione prima di un vero mutamento.
3. Al livello della cultura. L’insegnamento non può più avere
come fine l’adattamento del bambino e dello studente ai bisogni
economici e politici del sistema;
« nella prospettiva aperta dalla
fede l’educazione ha come oggetto essenziale quello di preparare i giovani all’invenzione del
futuro ». Per questo le arti e l’estetica devono avere lo stesso posto della scienza e della tecnica;
la prospettiva (riflessione sui fini e sull’avvenire) uguale peso
che la storia; l’iniziazione alle
culture non occidentali deve demolire il monopolio della cultura occidentale.
Solo così sarà possibile creare
nuovi rapporti tra l’uomo e la
natura, tra l’uomo e l’uomo e tra
l’uomo e il suo avvenire e il sacro.
« Queste sono, a mio avviso, le
prime condizioni da realizzare
per articolare in un unico tutto
la fede cristiana e la liberazione
dell’uomo e per aprire la via ad
una politica della speranza ».
Pagina a cura di
Franco Giampiccoli
6
2 marzo 1979
cronaca delle valli
PINEROLO: DIBATTITO SULL’ABORTO
A CHIOTTI E VILLAR PELLICE
Dalla parte del bambino Giornata mondiale
Dalla parte della donna
La Giornata mondiale di pre- tostino (Roc); 13.50 S. Secondo
Organizzato dal Centro sociale protestante, con i contributi di Don V.
Morero e del prof. P. Ricca - La grossa partecipazione del pubblico ha
confermato l’utilità di questa iniziativa
« Non sono sposata ed ho abortito clandestinamente, senza anestesia né metodo Karman: non
volevo il bambino, benché lo
amassi già e benché lo rimpianga disperatamente, perché sono
una vigliacca e non osavo affrontare l’ironia e il disprezzo della
gente, il dolore dei miei cari,
l’impegno di tirarlo su da sola.
La legge suH’aborto non mi interessa: se mi trovassi di nuovo nelle medesime condizioni,
temo che farei di nuovo lo stesso, di nascosto, perché vorrei anche stavolta mantenere il segreto.
Ma, nonostante la mia indegnità, sono cristiana, credo in Dio e
ho bisogno di appartenere alla
Chiesa, di vivere con i miei fratelli, di accostarmi ai sacramenti. La prego di chiedere a nome
mio ai due oratori del dibattito
se mi concederebbero, così come sono, di fare la comunione ».
Con questa lettera di una sconosciuta, Marcella Gay ha aperto
la discussione sul tema « Credenti di fronte all’aborto » rivolgendosi al pubblico che affollava
l'Auditorium comunale di Pinerolo. Avevano introdotto il dibattito il direttore delV«Eco del
Chisone » don Vittorio Morero e
Paolo Ricca. « Credenti, e non
chiese » ha sottolineato don Morero, perciò non si sarebbe dovuto cercare nelle sue parole
l’esposizione del pensiero ufficiale della Chiesa cattolica: il suo
intervento, molto meno perentorio delle varie prese di posizione
comparse sulle pagine del suo
settimanale, avrebbe potuto essere intitolato: «Dalla parte del
bambino » e quello di Paolo Ricca: « Dalla parte della donna ».
Posizioni contrastanti o che si
completano a vicenda? Difficile
dirlo e difficile anche riassumere in poche parole il contenuto
dell’esposizione di don Morero
senza, schematizzarlo troppo o
travisarlo. Citando un passo del
Deuteronomio, l’oratore ha dichiarato che la fedeltà a Dio produce una vita che si sviluppa
con pienezza. Le statistiche sulla
diffusione dell'aborto diagnosticano una situazione di crisi nella
fede. L’aborto e una violenza
contro una creatura vivente, anche se non ancora nata. Le circostanze nelle quali si palesa
questa violenza non contano, sia
essa autorizzata o punita dalla
legge.
La coscienza dell’indisponibilità della vita umana va esaurendosi, anche lo sfruttamento e la
sete di dominio sono in questa linea. La crisi sta nell’impossibilità di mantenere i rapporti umani, nella mancanza di accoglienza e di disponibilità verso chi
nasce. Anche le condanne ecclesiastiche senza appello non sono
accoglienti verso chi sbaglia.
L'aborto è un segno della mentalità consumistica ed egoista, che
considera la vita umana un bene
d'uso di cui ci si può sbarazzare
quando fa comodo.
In termini positivi, il cristiano
deve opporre l’amore che dà la
vita a questo sistema di morte.
Deve ricordarsi, senza tuttavia
idolatrare la vita terrena, che la
nostra esistenza non ci appartiene, né ci appartiene l'esistenza di un altro. Ma che posto occupa la croce di Gesù nella nostra vita?
Il discorso di Paolo Ricca, invece che dai principi astratti, è
partito dalla realtà concreta della situazione esistente: nel mondo in cui viviamo i bambini non
trovano più posto e non per con.sumismo od egoismo, ma perché
una nascita crea dei problemi
che la società attuale non aiuta
a risolvere. Ma prima di processare le donne che abortiscono
dovremmo renderci conto che
ben sovente sono esse stesse vittime di una violenza precedente.
I vescovi cattolici non sembrano
accorgersi che spesso anche il
matrimonio non è che una li
cenza di violenza legalizzata.
Se non si può negare a nessun essere umano il diritto di
nascere, non si può anche imporre a nessuna donna il dovere
di mettere al mondo dei figli. Se
lo fa, deve essere per sua libera
scelta. La legge sull’aborto è stato un concreto atto di giustizia
verso chi è più vittima che colpevole: è una legge di emergenza, ma una legge morale perché
limita un male maggiore, cioè la
clandestinità. Depenalizzare l’aborto non significa tuttavia approvarlo, anzi è più che mai necessario combatterlo, ma nell’unico modo possibile, cioè con
una seria campagna per la regolazione delle nascite.
Dopo questi interventi, il dibattito non è stato molto acceso: la lettera della donna sconosciuta che abbiamo citato all’inizio ha riportato brutalmente nella realtà un tema che rischiava
di essere soltanto oggetto di analisi esteriori. Ma in ultimo ancora una donna, che si è dichiarata
non credente e impegnata nel la
voro del consultorio, ha evocato
la tragedia di chi abortisce non
per leggerezza o egoismo, ma
perché porta il peso dell’egoismo
e dell’incoscienza altrui. Ed ha
chiesto appunto ai credenti di
fare qualche cosa di utile e non
di limitarsi a farisaiche condanne o a dotte disquisizioni.
Il merito di aver organizzato
questo dibattito, veramente opportuno e coinvolgente, è del
Centro sociale protestante, nato
da poco a Pinerolo. La sala affollata e l'interesse del pubblico
sono stati un segno positivo per
l’iniziativa. Molto efficacemente
gli organizzatori avevano anche
provveduto a riprodurre gli articoli più significativi relativi all’aborto comparsi sui settimanali locali: « Eco delle Valli » ed
« Eco del Chisone ». Questo confronto di posizioni è stato molto
utile per capire come può procedere la stessa riflessione in due
chiese cristiane che hanno però
una diversa teologia e soprattutto una diversa visione ecclesiologica. L. V.
ghiera delle donne, che si terrà
domenica 4 marzo, prevede due
incontri: il Primo Circuito si incontra a Chiotti alle ore 14. Tema della giornata: La crescita
spirituale. I testi indicati sono
i seguenti: II Pietro 1: 2-8; Efesini 2: 4-10; 1: 11-23; I Corinzi 13.
Servizio di pullman: da Frali
ore 13.15; Ferrerò 13.45; Pomaretto 13.45.
Il Secondo e terzo Circuito si
incontrano alle 14.30 nel tempio
di Villar Penice.
Servizio Pullman:
primo pullman: ore 13.15 parte
da Villar Perosa; 13.20 S. Germano Chisone (Ponte); 13.40 Pra
Luserna
San Giovanni
SALA ALBARIN
Sabato, 3 marzo, alle ore 20,30
il « Collettivo Teatro Roletto »
presenta il suo favoro teatrale:
« Morte e vita d'n povr diao ».
Tutti sono cordialmente invitati.
IL 17 FEBBRAIO ALLE VALLI
PRAMOLLO
Il culto del 17 è stato presieduto dal prof. Corsani il cui messaggio è stato riassunto in questa pagina. La Corale ha contribuito all’edificazione del culto.
La colletta, che ha fruttato L. 150
mila è stata devoluta alla Facoltà di Teologia. Come negli anni
passati i bambini hanno ricevuto la tradizionale « brioche » offerta dalla panetteria filane, che
ringraziamo.
• L’agape fraterna ha avuto
luogo al ristorante "Gran Truc”.
Alla fine del pranzo, dopo il saluto del pastore, sono stati ascoltati con interesse i brevi messaggi del dott. Ugo Zeni, del prof.
Arturo Genre, del sindaco dott.
Maccari, del sig. Alberto Long,
del prof. Corsani e dello studente teol. Gianni Genre.
• La giornata si è chiusa con
una serata preparata dalla nostra Filodrammatica, che ha rappresentato una commedia in 4
atti di E. Quattrini dal titolo
« L’ostacolo ». La recita è stata
ripetuta la domenica 18 e forse
lo sarà ancora prossimamente.
Ringraziamo gli attori e la Corale per le belle ore di comunione fraterna che ci hanno offerto.
• Amnesty International esprime la sua riconoscenza alla nostra Comunità per l’offerta di
di L. 135.000.
• Auguriamo alla nostra solerte collaboratrice Ivana Costabel,
tuttora ricoverata presso l’ospedale evangelico di Torino, un
pronto ristabilimento.
La corale, diretta da Elio Rostan, ha cantato la « Complainte
des prisonnières de la Tour de
Constance » ed i ragazzi « lottiam
lottiam con Cristo ». Il pastore
Gustavo Bertin e la signora sono stati nostri graditissimi ospiti per tutta la giornata. Abbiamo tutti ascoltato con gioia il
messaggio che il pastore Bertin
ha rivolto ai presenti, subito dopo il pasto fraterno consumato
in sala da oltre 210 persone. Un
grazie sincero a quanti, cuoco,
anziani, sorelle dell’unione femminile, giovani volenterosi di ogni genere, hanno permesso che
il pasto fosse servito e gustato
in letizia, senza il minimo inconveniente. Un grosso rammarico:
il pastore Enrico Tron non si è
sentito di unirsi a noi, dato il
cattivo tempo. Tutti gli inviano un saluto affettuoso e si augurano di averlo l’anno prossimo!
La sera, la commedia della
sig.ra Quattrini « 5000 maialini
rosa » ha riscosso un largo successo di pubblico che speriamo
premi anche la seconda rappresentazione di questo lavoro. Un
sincero grazie ai bravi attori!
• La riunione al centro sul tema: « in che modo si manifesta
la nostra uguaglianza in Cristo »
ha riscosso vivo interesse nei
presenti e si è deciso di proseguire il discorso mercoledì 28
febbraio, alle ore 20.30.
TORRE PELLICE
Una cinquantina di persone la
sera di giovedìi 22 febbraio ha
potuto seguire a Pinerolo il dibattito sul tema : « Credenti dinanzi all’aborto ». La larga partecipazione di Membri della nostra Comunità è stata possibile
grazie all’interessamento del
Gruppo Giovanile che aveva predisposto un pullman.
Chi ha potuto ascoltare i due
oratori e, successivamente, riflettere sui contenuti delle due
tesi esposte, potrà più facilmente inserirsi nella riflessione che
la Comunità condurrà sullo stesso tema in una assemblea di
Chiesa.
L’iniziativa dei giovani è stata
apprezzata perché ha contribuito anche a rompere un tipo di
isolamento e ci auguriamo che
possa ripetersi in altre occasioni.
• In vista dell’Assemblea di
chiesa di domenica 11 marzo per
reiezione dei deputati al Sinodo
e Conferenza chi ha nominativi
da proporre è pregato di scriverli sull’apposito cartellone all’entrata della sala unionista entro giovedì 8.
• Sabato sera la filodrammatica della Piantà di Villar Penice darà nella sala dei Coppieri
una serata, tutti sono cordialmente invitati a partecipare.
• Giovedì. 1“ e sabato 3 marzo
alle 18 riprende il lavoro di studio Biblico sul tema « i profeti
da Elia ad Osea ».
(piazza Tonello).
Secondo pullman: ore 13.30
parte da Pinerolo (Chiesa valdese); 13.50 Luserna S. Giovanni
(Bras); 13.55 Lus. S. G. (Airali);
14: Torre Pellice (Appiotti); ore 14.05: (Foresteria); ore 14.10:
(S. Margherita)
Il ritorno è previsto con partenza ore 17.30 da Villar Pellice.
Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi a Niny Boer, tei. 90367
Lu CÜCÜC
Lu CÜCÜC, nella lingua della Val
Germanasca, è il cuculo: l’uccello che a primavera annuncia che
è arrivata la bella stagione col
suo canto. Ma è anche il titolo
del giornalino delle scuole elementari della Valle, che è uscito
già due volte. Si presenta come
tutti i giornalini scolastici: ciclostilato, con brani, indovinelli,
proverbi e giochi scritti da vari
alunni, con qualche errore qua
e là, che i maestri si sono dimenticati o, più probabilmente, non
hanno voluto correggere perché
non si desse Fimpressione di
bluffare sulle capacità letterarie
dei bambini. Ci sono, naturalmente, anche i disegni tremolanti, incisi con gli stiletti che ogni
tanto sembrano inciampare sulle matrici, lasciando ora una
traccia più larga, ora una più
stretta. Il quadro, dicevamo, è
quello solito dei giornalini scolastici; diremmo, anzi, di quelli
tecnicamente ben riusciti.
Due cose, però vorremmo segnalare. Innanzitutto il fatto che
il giornalino, contrariamente a
quello che capita normalmente,
non è di una classe o di una
scuola, ma della Valle Germanasca. È un segno di un lavoro
svolto in collaborazione tra tutti i maestri: lavoro che non riguarda solo il giornalino, ma
tanti aspetti del loro impegno.
Un piccolo segno di vita tra queste scuole che muoiono.
In secondo luogo dà un senso
di nostalgia leggerne il contenuto. Accanto alle notizie sulla
Francia visitata da uno durante
le vacanze e a quelle sui lavori
di contenimento della frana di
Perrero, c’è ancora un gran parlare — e disegnare — di capre,
di mucche, di lavorazione casalinga del latte, di vita montanara. Vien fatto di chiedersi: per
quanti anni ancora? Due, quattro, dieci? Per quanto tempo
questo parlare sarà ancora esperienza vissuta e non si limiterà
a essere « la storia dei minimi »?
Storia, sì, e non solo folklore;
ma storia passata di luoghi abitati ormai solo dal cücüc e da
altri animali selvatici.
C. Tron
Doni CIOV
S. GERMANO
I sangermanesi hanno vissuto
una bella, intensa giornata il
17 febbraio.
Se la banda non ha potuto
allietare il corteo fino alla Casa
di Riposo a causa della pioggia
battente, tanto i suonatori quanto la corale e i ragazzi della
scuola domenicale si sono ampiamente rifatti nella nuova veranda-sala da pranzo, circondati dagli ospiti e dal personale.
La banda musicale ha ulteriormente ampliato il suo repertorio.
II culto, particolarmente ben
frequentato, ci ha permesso di
meditare sulle parole dell’apostolo Paolo: « poiché non colui
che raccomanda se stesso è approvato, ma colui che il Signore raccomanda» (II Cor. 10: 18).
L. 10.000: Florelisa Long VinCon In
mem. Long Alice; Elsie Bert in occasione battesimo Erich Costantino
(Villar Perosa): Resiale Teresa ved.
Ribetto (S. Secondo); Cristiano Anna in Genre (Pinerolo); Giacchetto
Maria in Tesi (Roletto); Cianalino
Lorenzo (Perrero); Mara, Livia e Michela Long in mem. dei nonni degli
Arvuar (Pramollo); Grill-Genre Germana in mem. del fratello Grill Enrico (Perrero); Lavarino Viola (Villar Perosa).
L. 15.000; Patta Giuseppe (Vigone).
L. 20.CO0: Costabello Tina in mem. del
marito Dino (Novara): Silvano e
Rina Forneron in mem. della mamma Angiolina (S. Secondo); Ribetto
Luigi (Villar Perosa); Meynier llda
Long (S. Germano); Bounous Giacomo (Perosa Argentina); Alliaud Virginia (Roreto): Galliano Alberto (Rinasca): Famiglia Tron Augusto in
mem. della mamma Tron Adelina
(Pomaretto); Barbiere Luigi (Perosa
Argentina); Balmas Giovanni (S. Germano); Clot Giovanna e Alberto
(Riclaretto); Chiesa Evangelica Valdese di Como.
L. 25.000: Barberis Giuseppe (Pineroi|o; Balmas Adelina (Pramollo).
L. 40.000; I vicini di casa In mem. di
Grangetto Giuseppa (Villar Perosa).
L. 40.000: I cugini dalla Svizzera in
memoria di Galliano Enrico.
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Rosalia (Torre Pellice); Colombo Benedetto (Perosa Argentina) ; Costabello Nella (Bricherasio); Bianciotto
Teresa (Pinerolo).
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mem. di Menusan Giulio (Pinerolo).
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mem. di Busso Maggiorine. Filseta
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7
2 marzo 1979
CRONACA DELLE VALLI
Il 17 febbraio la « gente di fuori » osserva e commenta le esteriorità della
commemorazione valdese: i falò, i cortei,
i pranzi. È difficile che anche sui giornali
più seri si parli della testimonianza valdese, del senso di questa presenza protestante in Italia. L'osservatore esterno si
arresta a queste manifestazioni esteriori.
Lasciando stare la questione se ciò sia
colpa nostra, cioè carenza di incisività
della nostra testimonianza, mi domando
piuttosto se anche per noi che siamo andati in chiesa il 17 o il 18 la commemorazione è consistita solo nei fatti esteriori.
Oppure — come dice il testo citato —
se lo Spirito di Dio ci consente di vedere
nel 17 febbraio, al di là delle esteriorità,
qualcosa di più profondo: le cose che ci
sono state donate da Dio.
Certo la storia valdese si può studiare
da molti punti di vista: da quello della
storia militare a quello della storia economica. Ma anche questo fa parte delle
« cose che si vedono » di cui parla Paolo
in II Cor. 4: 18.
Può essere istruttivo il parallelo con la
storia d’Israele. Anche questa si può studiare dal punto di vista delle leggi economiche o per interessi diversi (politici, militari, di storia delle religioni, di antropologia comparata). Le confessioni di fede
dei credenti d'Israele, come quella conservata in Deuteronomio 26, scorgono invece in quella storia, specialmente nel
IL 17 FEBBRAIO ALLE VALU
l'episodio dell'Esodo, la mano potente di
Dio che ha liberato il suo popolo dal duro
servaggio e lo ha condotto nella Terra
Promessa perché lo servisse.
I credenti d'Israele vedono nella loro
storia, al di là degli aspetti esteriori investigabili dalla scienza, una testimonianza
della fedeltà di Dio alle sue promesse, e
della sua infinita misericordia.
Anche noi possiamo vedere nella storia
no tenuto la linea che sappiamo, chissà
se non ci direbbe proprio questo, cioè
che per lo Spirito di Dio essi vedevano
(nella fede) «le cose che Dio ci ha donate », quelle cose per cui hanno resistito,
lottato e spesso sono morti: la rivelazione
di Dio nella sola Scrittura, la salvezza
nella sola grazia e non nei meriti dell'uomo, la cura del Padre celeste per quelli
che confidano in lui, la certezza della sua
« Noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo Spirito cbe viene
da Dio, afiBncbé conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio ».
valdese « le cose che Dio ci ha donate »,
ed è questo che dà un senso al nostro andare in chiesa e celebrare il 17 febbraio
con un atto di culto e non solo con del
folklore.
ie * ie
Ma il testo citato sopra ci dà anche,
io credo, una chiave di lettura per capire
le gesta stesse dei nostri padri. Se uno di
loro potesse dirci per quale motivo han
(I Cor. 2: 12).
presenza dovunque due o tre sono radunati nel suo nome...
Vedere ciò che è invisibile è stato sempre il grande movente degli uomini di fede, da Abramo a Mosé. Ricordiamo il cap.
11 della lettera agli Ebrei! Abramo antivedeva « la città che ha i veri fondamenti e
il cui vero costruttore è Dio »; quando non
esitava a offrire Isacco, antivedeva la risurrezione dei morti; Mosé « stette co
stante come vedendo colui che è invisibile ».
Si potrebbero citare molte parole di
Gianavello, di Arnaud e di altri valdesi
che li accomunano alla schiera dei credenti che hanno camminato, ossia vissuto
«vedendo» qualcosa (o Qualcuno) di invisibile.
Forse c’è una differenza fra noi e loro;
che anche noi (forse) sappiamo queste
cose, le crediamo — ma non siamo pronti
come loro a trasformare la nostra esistenza e l’organizzazione delle nostre cose
perché diventino un’applicazione fedele e
coerente di quei principi di fede. Penso
in particolare come essi hanno vissuto
con coerenza la povertà, la fraternità e la
solidarietà, oltre naturalmente all’intransigenza sulle questioni di fede.
Eppure, queste cose Dio ce le ha donate. Non dobbiamo né fabbricarle né cercarle né inventarle. Quello che Dio ci domanda è solo di riconoscerle, e quindi logicamente di viverle perché egli ce le ha
donate (Ef. 2: 10).
Se il nostro culto del 17 febbraio ha
avuto questo significato, esso non è stato
invano.
Bruno Gorsani
(dalla predicazione tenuta il 17 febbraio
a Pramollo).
POMARETTO
« Conducetevi in modo degno
delI’Evangelo di Cristo »; queste
parole dell’apostolo Paolo ai
Filippesi sono state proposte come spunto di riflessione perché
il nostro ricordo del 17 febbraio
possa continuare in un impegno
concreto; impegno di fede, di
testimonianza e di solidarietà.
Il past. Becchino ha poi situato
il fatto deirEmancipazione nella
sua verità storica, ricavandone
diverse indicazioni per la vita
delle nostre chiese — metodiste
e valdesi — oggi. La tradizionale delegazione delle chiese svizzere, purtroppo ridotta nel numero, ci ha portato la concreta
solidarietà di questi fratelli, solidarietà che continua già da
30 anni. Abbiamo avuto anche
la gioia di avere con noi all'agape fraterna il dott. Salvetti presidente della Provincia di Torino
il cui discorso è stato molto apprezzato per il suo richiamo ad
una responsabilità costruttiva.
L’esperimento di organizzare
nell’ambito della comunità l’agape fraterna ha visto impegnati, con successo, un buon numero di volontari ed i 220 commensali ne hanno apprezzato i
risultati. Siamo riconoscenti alla
disponibilità del Convitto che ha
facilitato la buona riuscita dell’esperimento.
Il nuovo impianto di riscaldamento ad aria calda del Teatro
ha anche superato con soddisfazione generale il suo « debutto ».
Piccolo però il passo in avanti
per... pagare i conti.
Le due bande musicali dell’Inverso e di Pomaretto e la Corale
hanno portato a diverse riprese
il loro contributo di gioia.
Anche la filodrammatica ha
raccolto meritati applausi per la
recita.
Vogliamo infine segnalare alcune iniziative per concretizzare
la nostra solidarietà: la colletta
al culto per l’istituto E1 Sarandì
dell’Uruguay, una raccolta di Arme per un’amnistia politica in
Uruguay, e la vendita di dolci
all’agape in favore di Amnesty
International.
VILLAR PEROSA
Il 17 febbraio una bella assemblea s’è riunita per il culto,
al quale hanno partecipato il
gruppo Trombettieri, la Corale e
la Scuola Domenicale. Il pastore
ha rivolto un messaggio centrato
su Calati 5: 1 e l’assemblea ha
cantato il « Giuro di Sibaud ». Al
termine è stata effettuata la colletta in favore dell’Asilo « E1 Sarandì » (Uruguay) ed i bambini
hanno ricevuto una « brioche »,
dono di membri di chiesa che
ringraziamo vivamente.
Il pranzo, organizzato con molta cura e capacità nella sala sottostante al tempio da un gruppo di sorelle e di fratelli a cui
va il più caldo ringraziamento,
ha riunito un centinaio di commensali. Erano presenti, fra gli
altri, la famiglia del pastore E.
Geymet, i coniugi A. e L. Panerò, il Sindaco di Pinasca ed il
sig. Minoli e signora in rappresentanza dell’Amministrazione
Comunale di Villar Perosa. Ogni
cosa s’è svolta in un clima di
grande fraternità.
Alla sera una trentina di persone hanno ancora consumato
insieme la cena.
Un numeroso pubblico è intervenuto per partecipare alla
serata, preparata da un gruppo
di giovani che hanno rappresentato con impegno la commedia
di L. Brasseler « Lottando Ano
all’alba », ed alla quale ha portato un valido contributo la Banda Musicale d’inverso Pinasca,
che ringraziamo ancora di cuore
insieme ai nostri giovani attori.
Al termine ha avuto luogo la
estrazione dei numeri vincenti
della « lotteria pro tetto del tempio », che ha avuto buon esito
grazie alla preziosa collaborazione di tutti.
• Una rappresentanza dell’Un.
Fem.le ha partecipato a Pomaretto all’incontro organizzato
dalla locale Unione in occasione
della visita del pastore G. Cadier. Un grazie alle sorelle ospitanti.
• Il culto di domenica 11 marzo sarà presieduto, D. v., dai giovani aderenti alla EGEI
• A quanti sono visitati dalla
malattia e sono sofferenti a casa o negli ospedali giunga la
solidarietà della Chiesa: il Signore dia loro forza e speranza.
• Domenica pomeriggio, 25 febbraio, abbiamo accompagnato al
suo ultimo riposo le spoglie
mortali del fratello Mensa Lorenzo, deceduto all’Ospedale Civile di Pinerolo all’età di 78 anni. Alla vedova, alle figlie ed a
tutti i familiari rinnoviamo la
nostra simpatia fraterna.
____________VILLASECCA
Ancora una volta i bagliori dei
vari falò hanno ugualmente segnato e comunicato l’unità della nostra comunità di Villasecca, sparsa nelle vallate circonvicine.
La mattina del XVII parte
della comunità si è ritrovata nel
tempio di Villasecca per celebrare insieme il culto con S. Cena.
Incisiva ed attuale la predicazione del prof. S. Rostagno.
Eravamo oltre 120 presenti all’àgape preparata con cura dalla sig.ra Anna, validamente coadiuvata da alcuni membri del
Concistoro e da giovani. È stato
battuto il record di presenze. La
prevista sistemazione delle venti persone nella sala inferiore ci
ha fortemente rammaricati perché questo gruppo non ha potuto partecipare a quell’unità visibile con le oltre cento altre
riunite nella sala superiore. Il
prof. Rostagno ha fornito alcune notizie sulla vita della Facoltà di teologia. Ci è stato comunicato un segno incoraggiante e
rallegrante : l’aumento del numero degli iscritti sia interni, in
vista del ministero pastorale a
pieno tempo, sia esterni, in particolare per svolgere un servizio
a tempo parziale in una comunità. La notevole partecipazione
di giovani è stata molto rallegrante, ma vorremmo fosse estesa anche ad altri momenti che
formano ugualmente la vita della comunità.
La recita di domenica 18 ha
richiesto un grosso impegno. Se
si tiene presente che l’età media
del gruppo Filodrammatica è di
soli 17 anni, si può tranquillamente affermare che hanno recitato benissimo ; ne sono prova
il forte incoraggiamento e le svariate richieste dell’attento e numeroso pubblico. È stato deciso
che domenica 11 marzo alle ore
14, nel tempio-teatro di ViUasecca, vi sarà ia replica de « La miniera » di Marco Ayassot, seguita dalla farsa « Scarpe strette ».
Notevole è stata anche la volontà di partecipazione da parte
del Gruppo Trombettieri di Pomaretto. Molto probabilmente
sarà presente anche alla replica,
occasione in cui diremo loro un
« Grazie » particolare.
Come vogliamo dire « Grazie »
al simpatico nostro Gruppo di
servizio ed a quanti altri hanno
collaborato.
____________ANGROGNA
Il culto del XVII, con l’attiva
partecipazione dei catecumeni
delle scuole domenicali e della
corale è stato un -momento di
forte riflessione sul senso della
nostra storia e della nostra presenza oggi in Italia. La predicazione del prof. Paolo Ricca è praticamente proseguita sia al termine del culto quando i catecumeni gli hanno rivolto delle domande sugli scopi della Facoltà
teologica, sia dopo il pranzo fraterno che ha registrato un afflusso record. E qui ringraziamo
l’Unione Femminile che ha preparato un pranzo eccellente (e
una cena) con stile impeccabile.
Tra domande, conversazioni e
canti si è rapidamente arrivati
alla serata musicale con i « Sunaires Usitans » che hanno dato
una nota di folklore alla giornata di festa. Una troupe della televisione tedesca ha filmato alcuni aspetti del nostro XVII,
mentre gli amici della « Evangelisches Jugendwerk » di Stoccarda (conosciuti per il loro campo di lavoro al Serre) hanno portato in dono una quindicina di
tavoli, costruiti da loro stessi,
per la nostra Sala Unionista.
• Sono aperte le iscrizioni (precedenza agli angrognini) per la
gita comunitaria « Valdismo a
Firenze » dal 27 aprile alla sera
del 1° maggio; costo circa L. 45
mila, la caparra di 15.000 L. è da
versarsi agli anziani o al pastore.
• Prossimo Concistoro sabato
10 marzo alle 20 al Presbiterio.
FRALI
L’unione femminile ringrazia
la Signora Sitta Campi-Drùecke
che nell’ultima riimiòne ha presentato il lavoro della comunità
di Ginevra.
Il prossimo appuntamento è
per giovedì 15 marzo a Villa.
Avremo con noi un’assistente sociale della Comunità Montana
che ci parlerà dell’affidamento
familiare, dell’adozione e del lavoro della Comunità Montana
in generale. Tutte le sorelle sono invitate a partecipare ed a
intervenire.
• Siamo contenti di avere nuovamente tra di noi la sorella
Mafalda Barus-Grill che è tornata a casa dopo una lunga degenza negli ospedali di Torino
e Pomaretto.
SAN SECONDO
• Domenica 11 marzo un gruppo di Anziani della Casa di Riposo di S. Germano- trascorrerà la
giornata con noi. Gli anziani della nostra Comunità sono invitati
in modo particolare a prendere
parte a questo incontro. Esso
prevede la partecipazione al culto alle ore 10,30;; l’incontro pomeridiano organizzato dall’Unione femminile e dalla Corale, alle
14,30. Al pranzo, con gli ospiti di
S. Germano, invitiamo i fratelli
e le sorelle di S. Secondo che sono nati prima del ’900, o intorno
al ’900 pregandoli di dare subito
la propria adesione. A tutti auguriamo fin da ora una giornata
serena e lieta.
• La settimana scorsa ignoti
sono penetrati nei locali della
Chiesa cattolica di S. Secondo
asportandovi oggetti di antiquariato fra cui le porte di un armadio barocco _ piemontese. Per
ora non si hanno tracce dei ladri.
BOBBIO PELLICE
Pioggia e neve non hanno impedito ai falò di brillare dal prato di Sibaud o dalla Roccia del
Pin, così; come non hanno impedito a quasi duecento bobbiesi
di partecipare al pranzo comunitario che era stato preparato con
molta cura e grande impegno da
parte di alcune sorelle di chiesa
e servito egregiamente da una
schiera di giovani entusiasti.
Grazie.
Al termine del pranzo a nome
di tutti i « biibbiarèl » è stato
consegnato al dottor Alberto
Coucourde un piccolo ricordo
per testimoniare a lui e alla Signora la riconoscenza della popolazione per il suo servizio di
medico condotto durato oltre 26
anni. È stato un momento commovente per tutti, di cui il « Dottore » e la sua Compagna hanno
ringraziato con un breve messaggio, assicurando che non dimenticheranno « le ore tristi e
liete che hanno vissuto in mezzo
a noi ».
La sera abbiamo avuto ancora
un momento di fraternità con
una « soirée » organizzata dall’Unione della Piantà, mentre il ’17’
si è concluso con il culto della
domenica seguente che è stato
presieduto dal Moderatore ed al
quale ha partecipato anche la
Corale.
Durante il culto per i bambini avevamo raccontato alcuni
aspetti della vita del pastore Alessio Muston, a testimonianza
di come fosse difficile essere vaidesi prima del 1848.
La settimana precedente avevamo avuto con noi nella riunione del Centro il pastore Gérard Cadier, il quale ci aveva
« dipinto dal vivo » per mezzo
delle sue diapositive la Palestina
e i suoi problemi.
Il culto del 25 febbraio, poi, è
stato presieduto dallo studente
in teologia Walter Michelin Salomon, un « oriundo ». La comunità si è molto rallegrata di
ascoltare il suo messaggio e gli
formula tanti affettuosi auguri
di buon lavoro.
BORA’
Quest’anno non abbiamo corso il rischio che i nostri falò potessero provocare incendi nei boschi: un’abbondante nevicata (a
Pian Prà un metro abbondante)
ha reso difficoltoso il momento
di « accensione ». Dopo un’ora
e mezza di marcia una quindicina di giovani si sono aperti una
pista per raggiungere Rocca Sera dove si era preparato il falò.
Erano le 21.30 e si godeva la vista fin verso Torino.
Il pastore Giorgio Bouchard
ha tenuto la predicazione del
XVII e, insieme a Toti, ci ha presentato con la consueta vivacità
ed efficacia, il lavoro del centro
Jacopo Lombardini di Cinisello
Balsamo, destando grande interesse per questo tipo di iniziativa. Desideriamo ancora ringraziare Giorgio e Toti per il contributo che hanno dato alla nostra giornata comunitaria.
La colletta è stata inviata alla Tavola a favore del centro per
handicappati E1 Sarandì, dell’Uruguay.
Un ringraziamento particolare
alle sorelle e ai fratelli che hanno offerto il loro lavoro per la
preparazione del pranzo.
• Domenica 4 marzo, il culto
sarà tenuto dal gruppo giovanile in occasione della domenica
della gioventù.
• Sabato 17 marzo nella Sala
della gioventù il Gruppo Teatro
Angrogna presenterà: Pralafera
1929, le vicende dell’occupazione
della fabbrica Mazzonis. Vogliamo ricordare, in questa occasione, Fiorine Durand, ora ricoverata all’Asilo di S. Giovanni, che
ha fornito numerose testimonianze utilizzate per questo spettacolo.
Inizio alle ore 20,45.
AVVISI ECONOMICI
VENDESI Bibbia Diodati (32x8,20)
commentata con salmi in rima e
apocrifi, edizione 1641. Scrivere offrendo cifra a Ivano Ferrari presso
Ditta Gualerzi Tonino - 43010 Pilastro di Langhirano (PR.).
RINGRAZIAMENTO
Le sorelle e i nipoti della compianta
Albina Reynaud ved. Ricca
profondamente commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di stima
e di affetto tributata alla cara Estinta,
ringraziano di vivo cuore tutti coloro
che con la presenza hanno preso parte
al loro dolore. Un particolare ringraziamento al Pastore Antonio Adamo,
alla signora Bellion e ai Medici e Personale Infermieristico dell’ Ospedale
Valdese di Torre Pollice.
Luserna S. Giovanni, 19/2/’79.
RINGRAZIAMENTO
« Giustificati gratuitamente per
la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù »
(Rom. 3 : 24)
Il 16 febbraio, in tristissima circostanza, ci lasciava :
Adriana Ame.lotti ved. Platone
anni 68
Il figlio e la nuora ringraziano tutti
coloro che hanno cristianamente condiviso il loro grande dolore. In particolare esprimono la propria riconoscenza al past. Franco Giampiccoli e alla
comunità valdese di Angrogna.
Torino, 19 febbraio 1979
8
8
2 marzo 1979
DIBATTITO IN UN CONVEGNO EGEI DEL LAZIO
La questione cattolica
nelle tesi del PCI
li PCI tiene conto del problema religioso ma lo assume senza valutazioni critiche e senza riconoscervi la presenza di impostazioni diverse
Il PCI e la questione cattolica nelle tesi preparatorie al XV
congresso nazionale del Partito
Comunista Italiano: come reagiamo in quanto protestanti di
fronte alla posizione del PCI?
Questo il tema su cui ci siamo
confrontati nel corso del convegno 'TB^ionale organizzato il
18 febbraio dalla Federazione
Giovanile Evangelica Italiana a
Ecumene, relatori Emilio Nitti
e Giorgio Peyrot. Il problema
scaturisce dall’impostazione della tesi 14, (ma è generalizzabile
a tutte le tesi che affrontano il
problema religioso), in cui si
afferma tra l’altro « il principio
del rispetto della religione e di
tutte le libertà religiose e il ruolo centrale della salvaguardia
della pace religiosa per assicurare la convivenza e lo sviluppo
democratico ». Viene inoltre
riaffermata la necessità della
« ricerca di un accordo con il
mondo cristiano e cattolico » e
la necessità di « un dialogo, di un
reciproco riconoscimento di valori e di un incontro con movimenti e forze cattoliche in cui
sono presenti esigenze e tendenze di rinnovamento sociale, civile e morale».
Con questa apertura, nuova
per il PCI e possibile nel quadro della sua attuale politica
delle alleanze, il Partito comunista ha dimostrato di saper
guardare alla realtà partendo soprattutto dalle matrici da cui i
fenomeni scaturiscono. Il problema religioso viene affrontato,
anche se in modo molto generico, a partire dalla consapevolezza che la religione è una linea
trasversale che spacca e rende
molto più complesso il tessuto
sociale, e che è necessario tenerne conto perché esso ha una
forte incidenza nelle possibilità
di trasformazione sociale.
Facciamo però fatica, come
protestanti, a riconoscerci nel
modo in cui viene presentata
questa questione. È chiaro che
al PCI interessa, nel quadro
della politica delle alleanze, evitare che questa spaccatura si verifichi in tutta la sua contradditorietà, ma per far questo rinuncia a porsi criticamente nei confronti di questo fenomeno religioso, lo assume un po’ dogmaticamente nella misura in cui
esso lo può aiutare nella sua
battaglia. Questo si vede ad esempio sulla questione della pace religiosa: in realtà si tratta
di una pace solamente ecclesiastica, in cui le battaglie sul divorzio, sull’aborto ecc. non portino ad una lacerazione del quadro sociale.
Ci sono anche altre cose che
ci lasciano perplessi. Ad esempio, la comprensione della coscienza cristiana di cui si parla
nel documento del PCI. Esiste
una profonda diversità tra la
coscienza cattolica, che tende
normalmente a risolversi in un
disimpegno, come nel caso dei
medici che non praticano l’aborto, e quella protestante, che è
invece sinonimo di coscientizzazione, di impegno e partecipazione. Oppure il problema della laicità, giustamente posto dal
PCI: anche qui esiste una grossa differenza. Noi infatti riteniamo di poterci proporre in
campo politico con degli argomenti di fede, perché sappiamo
che questo non produce integrismo, ecclesiologizzazione ecc. ma
essenzialmente laicismo. Ma come fare per dire tutto questo?
Come fare perché il protestantesimo italiano, che è una piccola minoranza, riesca a rendersi presente nella società, con la
consapevolezza di essere una
matrice diversa?
Un esempio di questa presenza lo si è già avuto sul problema del concordato dove, con le
« intese », la chiesa valdo-metodista ha posto in chiaro un modo diverso di impostare la questione. Tuttavia questo non basta: occorre impegnarsi per trovare una via, volta per volta,
attraverso cui poter essere presenti e propositivi nei problemi
della nostra società.
Marco Davite
44
Il digiuno di cui
mi compiaccio
« Il digiuno di cui mi compiaccio non è egli questo... che tu
divida il tuo pane con chi ha
fame...?» (Isaia 58: 6-7)
Pannella ha iniziato un nuovo
digiuno da una decina di giorni
( ora sospeso fino al 5 marzo per
coordinare le iniziative di consenso ).
Chiede che nelVanno internazionale del fanciullo si trovi anche in
Italia qualche briciola di pane tra
le pieghe del bilancio statale (ove
sono scandalosamente alte le spese
militari) f a favore dei 15 milioni
di bambini sotto i 5 annU che ogni
anno muoiono di fame nel mondo.
Ufficialmente si stende sulViniziativa una deliberata cortina di silenzio, ma tra la gente si sentono
commenti: ironici^ ammirati appassionati, scettici, c’è di tutto. evidente che questo fatto disturba^ è
qualcosa che dà un suono diverso
dagli altri, che costringe a riflettere
ed a prender posizione oppure a
tapparsi occhi e orecchi ed a passare oltre. E noi credenti, cosa diciamo? Noi che abbiamo alle spalle
antiche tradizioni di digiuno (i profeti d’Israele, i Valdesi), noi che
siamo seri e realistici, noi che
« prendiamo piacere ad accostarci
a Dio » (come dice Isaia nel testo
citato), che cosa diciamo? Certo, si
potrebbero considerare tante obiezioni, sia sensate (« non e il momento giusto » — neanche per la
nostra coscienza?! —), sia meno
(« non è che esibizionismo » — difficile da provare quando comunque
le cellule delVorganismo si consumano e distruggono —).
Ci sembra però che invece di
giudicare questo utopista, dobbiamo esaminare le nostre vie e riconoscere che proprio lui dà un segno che non abbiamo saputo dare
noi^ con un gesto non da palcoscenico (checché se ne dica), ma
da sofferta partecipazione alla sorte
di tanti miseri ed infelici.
Per piacere, non diciamo: a che
cosa serve? Potremmo diventare
noi, inutilizzabili nelVeconomia del
Regno. Piuttosto ricerchiamo insieme che cosa lo Spirito richiede concretamente da noi in questo particolare momento per poter parlare
ed agire con discernimento; discutiamone nel corso delle nostre assemblee cultuali e vediamo quale
impegno prendere che possa, insieme ad altri gruppi già coinvolti,
scuotere questo atroce muro di indifferenza e quest’abitudine alla
sofferenza (degli altri) che stanno
diventando la norma di questo
mondo distorto.
Dice Isaia: « Se Tanima tua supplisce ai ’bisogni deiraffamato e tu
sazi Tanima afflitta, allora la tua
luce si leverà nelle tenebre e la tua
notte oscura sarà come il mezzodì;
l’Eterno ti guiderà del continuo,
darà vigore alle tue ossa e tu sarai
come un giardino ben annaffiato ».
Questo è il progetto di Dio per la
terra delVuomo.
(testo preparato da un membro di
chiesa e fatto proprio dall'assem
blea cultuale di Torino - Corso
Oddone, 25.2.79).
Í
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Il conflitto cino - vietnamita
Chiamare questo conflitto,
che è in corso da pochi giorni,
una vera e propria « guerra », è
forse soltanto un abuso di linguaggio: noi speriamo ardentemente che il conflitto possa ancora farsi rientrare, o meglio
che rientri effettivamente per
una supposta (non sappiamo
con quanto fondamento) buona
volontà dei cinesi.
In realtà siamo allo scuro delle ragioni profonde che causano
il terribile antagonismo cinosovietico (evidentemente il « deus
ex machina» di tutto), come pure degli stati d’animo che effettivamente muovono, nel loro interno, sia i cinesi che i vietnamiti. Nessuno può permettersi
di far altro che delle congetture
in proposito.
A titolo d’esempio, citiamo le
congetture seguenti per quel che
possono valere, congetture che
però ci sembrano, in ogni caso,
particolarmente acute. Sono della signora Rossana Rossanda,
sul « Manifesto » del 18 corr.
« Deng Xiaoping lo ha detto,
con grande chiarezza, negli Stati Uniti e prima: la Cina considera insopportabile che l'URSS
conduca la sua politica di espansione militare per interposti paesi, Cuba in Africa e il Vietnam
in Indocina. Ha dunque deciso
di obbligare i sovietici a scoprire le proprie carte. L’URSS infatti ha ora, di fronte a sé, due
scelte altrettanto difficili: la prima è di protestare, ma non fare nulla di concreto, con ciò perdendo di credibilità di fronte a
tutto il suo sistema di alleanze,
Vietnam in primo luogo. Non si
può dimenticare infatti che un
recentissimo patto d’alleanza la
lega ad Hanoi, che Hanoi ora
le sta chiedendo aiuto e che
Mosca dovrebbe, in linea di accordi, darglielo. Se non lo fa^ la
sua influenza nel Sud-est asiatico subisce un duro colpo e, come nel domino, tutti i rapporti
politici in Vietnam, Cambogia e
Laos, possono cambiare. Per non
parlare di altri scacchieri mondiali.
Se invece l’URSS risponde, verosimilmente può farlo in un sol
modo: sfondando, a sua volta, la
frontiera cinese nel Sinkiang.
Questo, per Deng, dev’essere il
rischio calcolato: avere un conflitto aperto in una regione di
frontiera, strategicamente non
importantissima e, dal punto di
vista della popolazione, quasi deserta. Ma l’attacco dell’URSS alla Cina, dopo quello del Vietnam
alla Cambogia, se costerebbe alla Cina dei guasti, sicuramente
isolerebbe l’URSS di fronte ai
suoi due alleati e interlocutori
economici principali, USA e
Giappone. Conseguenza, per Mosca, rovinosa. Si può comprendere che il gruppo dirigente sovietico stia prendendo tempo in
queste ore, per decidere che fare: in ambedue i casi si trova
messo alle corde da una mossa
abilissima e spericolata che punta duramente al suo isolamento. (...)
Oggi si misura l’ampiezza della sconfitta del tentativo maoista di rovesciare i meccanismi
profondi di cui anche la Cina
sarebbe stata, prima o poi, vittima, se non avesse trovato un
modello di sviluppo interno, e
quindi una possibilità di egemonia sui paesi terzi, capace di rappresentare, di fronte alla strada
su cui veniva trascinata da Breznev l’URSS, una potenza leva di
mutamento storico.
Così non è stato e, se una considerazione si può fare, essa riguarda la lungimiranza del vecchio presidente. Forse il suo tentativo era immaturo, forse l’assalto al cielo impossibile. Quel
ch’è certo è che oggi la Cina, per
difendersi, ha bisogno di attaccare; lo fa sul piano militare con
avvedutezza, come già sperimentato con l’India, sul piano politico con consumato senso dei
tempi e delle relazioni internazionali. Ma è una politica tradizionale, che si limita a moltiplicare abilmente il potenziale d’impatto d’un paese militarmente
ben più debole dei suoi avversa
ri. Il socialismo, in tutto questo,
ha poco a che vedere. Se non in
uno sfondo lontano: forse questa dura riduzione dell’arbitrio
sovietico, questo fermo alla marcia della strategia brezneviana,
ne lascia almeno aperte per il
futuro le possibilità. Ma occorrerà sgombrare molte macerie,
prima di ricostruirne il volto ».
La problematicità di queste,
pur molto interessanti, valutazioni, è sottolineata dal mutarsi
della situazione di giorno in
giorno (si può dire). Oggi come
oggi, non sembrano infatti doversi escludere altre eventualità:
che l’Unione Sovietica intenda
sostenere il Vietnam con le sue
forze militari di cielo e di mare, non con quelle di terra, che
la Cina vada incontro a un isolamento internazionale ben maggiore di quello dell’URSS, che il
Vietnam abbia una preparazione militare ben superiore a quella che comùneraente si crede,
ecc.
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Milano,
Profeta di
misericordia
{segue da pag. 1)
neppure altrove». Talvolta è necessario che Dio stesso ci conduca nel deserto e nella solitudine,
lungi dalle nostre illusioni e dagli
inganni di una vita religiosa superficiale o falsa allo scopo di
farci rientrare in noi stessi come
accadde al ftgliuol prodigo della
parabola evangelica, in una confessione di peccato profondamente sentita, in cui si avverte che la
misericordia divina è più grande della nostra infedeltà. È necessario che Dio, nella sua misericordia, infranga i nostri silenzi colpevoli e i nostri ingiusti lamenti per farci gustare la bontà del suo perdono realisticamente espresso per bocca del profeta Osea in questi termini: « Come farei a lasciarti, o Efraim?
Come farei a darti in mano altrui? O Israele, torna al tuo Dio;
ditegli: perdona tutta l’iniquità e
accetta questo bene ». La risposta di Dio è ancora l’espressione
della sua misericordia: « Io guarirò la loro infedeltà, io li amerò
di cuore, perché la mia ira s’è
stornata da loro ».
Ermanno Rostan
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