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ECO
DELLE mm VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOaKS PEtLlCE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno li 1 - Num. 39
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TORRE PELLICE - 4 Ottobre 1974
'mm.: Via Cavour. 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
L’EVANGELO PER IL MONDO E PER LA CHIESA
Un annuncio pericoloso
« Che cosa significa evangelizzare un
continente come l’India, che muore di
■farne? Non sarebbe vergognosa alienazione? E che significherebbe evangelizzare la Cina, un popolo che in una
rivoluzione globale ha trovato la strada per risolvere problemi che la civiltà cristiana e i missionari altro non
avevano fatto che aggravare? In questo caso, non solo l'evangelizzazione è
stata una facoltativa e innocua cosa
“in più”; è stata un obiettivo nemico
da battere.
« Ma anche nei paesi della vecchia
Europa o in America, l'evangelizzazione
è in crisi. Il mondo è diventato adulto.
Le vecchie favole non interessano più.
E la carica prorompente che potrebbe
scaturire daU’evangelo le chiese storiche hanno cercato di soffocarla... La
chiesa istituzionale è il maggior ostacolo all’annuncio dell'evangelo. Come
_ si può, infatti, dirsi discepoli del Figlio
del falegname, ed essere una potenza
economica di tutto rilievo come il Vaticano? Come si può parlare di giustizia, e calpestare i più elementari diritti civili ed ecclesiali, come hanno fatto
i vescovi italiani in occasione del referendum?.. »
E questa la parte centrale di un articolo comparso sul « manifesto » del
26 settembre scorso alla vigilia dell’apertura del 4" sinodo dei vescovi cattolici convocato intorno al tema « L’evangelizzazione nel mondo d’oggi ».
Aldilà di certe affermazioni sommarie
e anche semplicistiche, l’interesse indubbio di questo articolo sta nei giudizi di fondo che esprime e nella domanda che pone. I giudizi di fondo
sono due. Il primo è che l’evangelizzazione, così com’è stata sin qui praticata dalle chiese -storiche, è stata complessivamente un fenomeno più negativo che positivo. Il secondo è che
l’evangelo contiene una « carica prorompente ». è come dice il titolo dell’articolo del «manifesto», un «annuncio pericoloso », dunque — si può
osservare — non oppio dei popoli ma
il suo contrario.
Non intendiamo riprendere qui e valutare criticamente questi due giudizi,
degni entrambi, ci sembra, di seria
considerazione. Ci limitiamo a segnalarli all’attenzione dei lettori, con questa semplice (e non nuova) osservazione: negli odierni ambienti secolarizzati non è raro udire giudizi negativi
sulla chiesa e positivi sull’evangelo.
Questo è un fenomeno almeno in parte nuovo. In altri momenti della storia
della chiesa — ad esempio nel tempo
deirilluminismo — la critica al cristianesimo fu essenzialmente critica all’evangelo e alla figura storica di Gesù, e assai meno critica alla chiesa.
Oggi accade il contrario. Molti pronunciano un giudizio negativo sul cristianesimo come fenomeno storico ma
mantengono un giudizio positivo sull’evangelo e su Gesù. Se il bilancio di
2000 anni di storia cristiana è deficitario, è perché la chiesa è stata incoerente e infedele, non perché l’evangelo è insignificante o irrilevante. Esso è
al contrario, anche secondo « il manifesto », un « annuncio pericoloso ».
C’è poi la domanda, legittima e pertinente, sul senso e sulla natura dell’evangelizzazione. Che senso ha evangelizzare un continente come l’India
che muore di fame? La risposta biblica non è difficile: Gesù ha sfamato
le folle moltiplicando i pani, poi ha
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiMiniiiMii
RIPRESA SCOLASTICA:
esenzione dalle lezioni
di religione cattolica
All’inizio dell’anno scolastico è bene
che sia ben chiara la posizione dei nostri figli; chiedete’al direttore o al preside della scuola la esenzione dalle lezioni di religione.
Accade delle volte che vi trovate davanti a resistenze mascherate: nessuno
vi dirà chiaro e tondo di «no», ma è
facile imbroccare la maestra zelante
della salvezza eterna e pronta subito a
obbiettare che « non c’è nulla di male
sé... in fondo, ecc. »; anche il prete-insegnante potrà dire che « in fondo è la
stessa cosa ». ecc. Non difnenticate che
la scuola italiana è stata clericalizzata
dal sottogoverno democristiano, che —
conservando una libertà formale — si
cerca di livellare e riassorbire. È scuola di conformismo.
In coscienza, per diritto-dovere di
coscienza, e senza paure!, liberate i yostri figli dalla ipoteca clericale, vigilate perché possano invece essere condotti al Cristo dell’Evangelo. S.
annunciato loro il pane della vita, il
cibo che non perisce. La chiesa, su
questo come su altri punti, non sembra aver seguito l’esempio di Gesù;
ha predicato il cibo che non perisce
anche senza essersi prima preoccupata
di fornire il cibo che perisce, che
invece Gesù aveva procurato. E la Cina? Cosa significa evangelizzare un
paese che ha fatto la rivoluzione e cerca di viverla come fatto permanente,
sia pure in mezzo a difficoltà, contrasti e cedimenti? Si tratta di situazioni
storiche relativamente nuove, che esigono metodi e discorsi anch’essi relativamente nuovi. Non li si può preventivare in astratto, fuori contesto. Certo, l’evangelo è l’annuncio non delle
onere dell’uomo, neppure di quelle migliori, ma delle opere di Dio in Gesù
Cristo. Sarà co.sì anche in Cina. Ma sia
pensando alla situazione cinese sia alia nostra e in genere al compito dell’evangelizzazione in luoghi e contesti
umani, politici, culturali tra loro diversissimi che si trovano nel mondo
contemporaneo, si può fare una constatazione di ordine generale che assume la forma di una domanda; il rifiuto dell’evangelo così frequente nel nostro tempo è proprio soltanto rifiuto
del messaggio o anche, in misura più
o meno grande, rifiuto di colui che
pretende recarlo? Quanto pesa, nel rifiuto del messaggio, il rifiuto del messaggero? La gente, pensiamo, respinge
revangelo; ma forse, in non piccola misura, più che l’evangelo, respinge semplicemente noi.
Se così fosse, il vero problema a
proposito di evangelizzazione, non sarebbe quel che dobbiamo dire (infatti
« non siate in ansietà del come parlerete o di quel che avrete a dire »: Matteo 10, 19), ma quel che dobbiamo essere rispetto a Colui che annunciamo
(« un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo signore »; Matteo 10, 24), anche se è
chiaro che non saremo mai all’altezza
del messaggio che portiamo. Ma oggi
c’è una forte esigenza di coerenza che
non può essere disattesa, specialmente
da chi vuole evangelizzare. L’annuncio
evangelico è pericoloso per tutti, anzitutto per chi lo porta. Paolo Ricca
iiiiiiiiiiiNiiiiiimiiimmiiiiniiiiiiiiiiiiiniiiiiiimiMiimiMiiiii
Il nostro inserto
Pubblichiamo, curato come i precedenti da Giorgio Tourn e da Ermanno
Genre, un 8" « inserto » relativo al Centenario Valdese. Introdotto da un testo di Dietrich Bonhoefler — da « Sequela » — offre per l’indomani delle
manifestazioni centenarie ulteriore materiale di riflessione e discussione. I
lettori delle Valli troveranno questo
inserto nel « Bollettino distrettuale », in
distribuzione in questi giorni.
La Conferenza delle Chiese europee, fra est e ovest
Un ponte sni qnale si pmcede
essai circnspetti, iinnra
Quando fu fondata, nel 1959, la Conferenza delle Chiese europee (KEK),
si era in piena guerra fredda, nel periodo di più aspra tensione est-ovest.
E allora la KEK era uno dei pochi, pochissimi luoghi d’incontro al di sopra
della ’’cortina di ferro”, sia per i cristiani, sia in assoluto. Oggi la situazione è fortunatamente diversa, una notevole distensione si è gradatamente
manifestata, giocando motivi politici
ed economici complessi. Tale atmosfera più distesa si riflette senz’altro, e da
tempo, anche nel lavoro della KEK e
in particolare nella sua assemblea.
Non si può che rallegrarsene ed esserne grati. Non si deve, però, neppure
idealizzare. Le tensioni sussistono e ci
vuol poco per riportarle alla luce. Si
fila l’idillio finché si resta sulle generali, ma le cose si guastano appena si
toccano certi tasti.
Non starò tanto a insistere sul fatto,
osservabile non si sa se con divertita
ironia o con tristezza, della disciplina
OVUNQUE I CRISTIANI CERCANO LA PROPRIA IDENTITÀ’
La Chiesa evangelica
e la decolonizzazione
togolese
■ « Non vogliamo portare in Africa le
nostre abitudini e la nostra cultura;
vogliamo rispettare quelle dei nostri
fratelli africani. Vogliamo portare loro
soltanto l'annunzio della salvezza che
Gesù Cristo ha acquistato anche per
loro ». Queste parole scritte nel 1835
nell’atto di fondazione della Missione
di Brema dimostrano la chiarezza di
pensiero dei primi missionari evangelici scesi a lavorare, e spesso a morire, nel Togo, allora una delle regioni
dal clima più temibile per gli europei.
Infatti quando, nella seconda metà
del secolo scorso, la Missione di Brema
estese la sua azione nel paese Ewé
(Togo e Ghana) i primi missionari non
si occuparono solo della traduzione in
lingua indigena della Bibbia, del catechismo e dei cantici, ma raccolsero
anche i documenti della cultura locale, le antiche leggende che costituiscono ancora oggi un elemento culturale
non indifferente nei testi scolastici togolesi e ghanesi. Questo non toglie che
il primo e più importante dei 5 templi
protestanti di Lomé (la capitale del
Togo) sia costruito in puro stile tedesco e che al suo interno, a parte i grandi ventilatori appesi al soffitto, ci si
potrebbe credere trapiantati in un pap
se della Westfalia o della Germania
del Nord. Non toglie neppure che i
membri delle corali tradizionali, anche
nelle chiese sperdute nella foresta, indossino la toga, il tocco e la stola della corale londinese di Westminster! E
non toglie che i programmi attuali delle facoltà e delle scuole di teologia
africane sono redatti sul modello di
quelli occidentali, spesso fin nei minimi particolari, per cui i nostri colleghi africani sanno tutto sui padri della chiesa o sui movimenti ereticali della chiesa antica, ma non hanno un corso od un seminario che li prepari ad
affrontare la violenta rinascita del paganesimo africano, con la sua magia,
1 « conventi » vudù che sorgono in molti villaggi dell’interno; non una parola
che li aiuti a risolvere il grave problema posto dalla poligamia, problema la
cui mancata soluzione crea una delle
maggiori difficoltà all’espansione della
fede cristiana.
Questo è il dramma della missione
che in perfetta buona fede, a prezzo
di sacrifici molto gravi ha annunziato
revangelo nel resto del mondo, ma
non è riuscita a realizzare sufficentemente quei principi e quegli ideali per
cui molti credenti hanno dedicato e
sacrificato la loro vita.
Scrivo questo con molto rispetto
perché nonostante questi errori il lavoro fatto ha portato dei frutti molto
positivi e dalla predicazione della missione sono sorte delle chiese e dei credenti il cui impegno e la cui fede hanno molte, ma molte cose da insegnai
ci. Lo scrivo anche con timore perche
la strada della « decolonizzazione » che
le nostre chiese hanno intrapreso in
Europa e nel resto del mondo è una
via irta di difficoltà anche se lavoriamo oggi con una consapevolezza critica nata dal confronto con gli errori
del passato. È anche una strada appena iniziata (la CEvAA ha soli due anni
di vita) e quindi gli errori e gli atteggiamenti « colonialisti » sfuggono senza che nessuno se ne accorga, né gli
europei e neppure gli africani! Alle sedute del Consiglio della CEvAA a Lomé
abbiamo avuto la fortuna di ospitare,
come osservatore, il pastore metodista
uruguaiano Emilio Castro, responsabile del dipartimento della evangelizzazione e missione del Consiglio Ecumenico. La sua presenza ci è stata molto
utile perché la sua critica di uomo non
occidentale che ha una grande espe’-ienza in questo campo, unita ad uno
spirito veramente fraterno, ci ha fat
Una corale africana, con tanto di toga e tocco
da college anglosassone...
to notare in diversi casi come si rischiasse di ricadere, senza volerlo e
senza accorgercene, in modi d pensare
e di giudicare non compatibili con la
volontà di superare j vecchi errori. E
con questa collaborazione ci è stato
possibile ridiscutere certi problemi e
modificare certe decisioni che altrimenti ci sarebbero sembrate sagge,
cristiane e non so che altro ancora.
In questo anche i credenti e le comunità togolesi ci hanno dato un aiuto
non indifferente. Con la cacciata dei
tedeschi dal Togo dopo la prima guerra mondiale, i protestanti togolesi hanno dovuto arrangiarsi ed hanno costituito, dal 1918, una chiesa autonoma
che si è amministrata per vari anni e
la cui « identità » è stata rispettata
dalla Missione di Parigi quando ha
mandato suoi missionari dopo il 1922.
Questa lunga esperienza di chiese africane dirette da responsabili africani
ha permesso di fare parecchia strada
e di ottenere risultati positivi. Questo
avviene anche per molte altre chiese
africane, ma la mia conoscenza diretta si limita per il momento a questo
Paese. Mentre, tanto per citare qualche esempio, la maggioranza degli uomini di un certo ceto sociale a Lomé
e nel resto del Togo ama vestirsi all’europea, almeno la domenica, i pastori
che ho conosciuto hanno riadottato da
pareccchio tempo l’abito africano che
li amalgama con la gente del popolo e
della comunità. Ogni chiesa ha in genere tre corali: quella « ecclesiastica »
con gli abiti alla Westminster, quella
delle Sorelle, e quella « africana » che
ha adattato le parole degli inni a musiche e ritmi africani, accompagnati
dai tamburi e da strumenti a percussione.
Il confronto fra queste corali e la
partecipazione della comunità ai vari
tipi di canto è altamente istruttivo.
Mentre le melodie europee, anche se
molto più ritmate e cantate con maggior slancio che nei nostri culti, rimangono in fondo estranee all’assemblea, quando canta la corale africana,
ritmando il canto con tutto il corpo
(anche se in modo estremamente composto) tutta l’assemblea segue il ritmo
e dopo un momento tutti cantano assieme alla corale con una partecipazione così globale che difficilmente possiamo immaginare se non l’abbiamo
vista.
Un altro elemento, che mi sembra
molto importante, è quello della africanizzazione dei nomi. Fino ad una
diecina di anni or sono i cristiani (e
molti altri) davano nomi « cristiani »
ai loro figli. Ho conosciuto un ragazzino che si chiama Crisostomo! Attualmente, a cominciare dai figli dei pastori, si è ritornati a nomi africani,
avendo cura che essi non si riferiscano al culto pagano, a pratiche magiche e CQSÌ via. È un altro segno di
« autenticità » da non sottovalutare e
che ha preceduto di un decennio una
analoga presa di posizione che i vari
governi stanno ora prendendo. Lo Zaire ne ha fatto ultimamente una legge
di stato, nel Togo vi è una ferma campagna da parte del partito al governo.
Naturalmente succede anche che in vari Paesi la propaganda governativa evita accuratamente di ricordare che questa iniziativa è stata presa dalle chiese
ormai da un decennio! Anche in Africa
i cristiani sono chiamati a servire e
non a mietere onori. Così anche l’uso
della lingua ewé nelle scuole protestanti ha ormai una lunga tradizione
e così via.
Senza dubbio i nostri fratelli togo'esi hanno compreso la loro responsabilità in questo campo e la stanno portando con coraggio nelle molte difficoltà esterne ed interne. E con questo
non solo costituiscono un elemento vitale per il lavoro della CEvAA, ma anche un aiuto non trascurabile per le
nostre chiese alle prese con problemi
che hanno certamente forme diverse,
ma sorgono da problemi assai simili a
quelli cui ho accennato ora.
Franco Davite
di gruppo che regola gli atteggiampiti
e i voti delle delegazioni delle chiese
orientali: i capofila — gli ortodossi russi — danno il la, e il "blocco” si allinea,
cosa che invece non avviene davvero
per le delegazioni occidentali, tutt’altro. Difficile interpretare questo unanimismo: le delegazioni sono accuratamente selezionate? o rigorosamente
controllate? Sono domande spiacevoli,
ma come evitarle?
Desidero citare un momento, un episodio, in sé modesto, ma significativo.
In una delle sessioni plenarie dell’ultima giornata. Caroline Burgess, una
giovane presbiteriana scozzese (come ho scritto la scorsa settimana, la
delegazione britannica era, con quella
olandese, una delle pochissime che
avessero una nutrita percentuale laica,
giovanile, femminile), tutt’altro che
reazionaria, chiede la parola e presenta una proposta di risoluzione; l’assemblea avrebbe dovuto chiedere al
governo della Repubblica Democratica Tedesca la grazia per una giovane
britannica, Susanne Ballantine, condannata nelle ultime settimane a 5 anni di
carcere per aver cercato di favorire la
fuga, da Berlino Est verso l’Ovest, del
fidanzato, un giovane tedesco. I termini della vicenda non erano totalmente chiari; chiaro comunque il fatto che la giovane inglese, che aveva
sinceramente lavorato in un organismo di Berlino Est, aveva subito una
condanna relativamente pesante per
aver cercato di infrangere la legge che
drizza quella che pur resta, anche sotto i rivestimenti di marchi e di dollari, una cortina di ferro. Di qui la fresca reazione della giovane scozzese.
Corto circuito, scatta il dispositivo d’allarme. Un rappresentante evangelico
della RDT interviene e deplora che la
questione sia così portata ”in piazza”,
mentre sarebbe stato più utile e opportuno parlarne in via più riservata; a
parte i lati discutibili della vicenda, la
giovane britannica è stata legalmente
condannata, in base alle norme vigenti e non si può in alcun modo biasimare gli organi che Thanno incriminata e
condannata; la « uscita » della Burgess
sa più di propaganda anticomunista
che di volontà di aiutare la giovane
connazionale. La tensione sale nell’assemblea, da varie parti si chiede la parola, si prevedono scontri verbali... Navigati probiviri guidano sulle acque subitamente agitate la barca deH’assemblea e propongono un incontro di rappresentanti delle due delegazioni, quella britannica e quella tedesco-orientale. Così avviene.
Di lì a un po’. Caroline Burgess chiede nuovamente la parola e dichiara
che l’incontro fra le delegazioni è stato cordiale e fruttuoso; i fratelli tedesco-orientali hanno fatto presente che
una dichiarazione pubblica di appoggio avrebbe solo aggravato le cose,
mentre si impegnavano a intervenire
a favore della giovane inglese presso
le autorità competenti del loro paese;
e poiché ciò ohe le stava a cuore era
solo tentare di aiutare la giovane collega, essa ritira la sua .proposta di moj,,^
zione. Grandi applausi delTassemblea: "
Non mi sono sentito di uitiiÉmi a questo entusiasma. ,;\Goij, ogni 0ÌiDbabilità,„
era questa, effMii^^^iibente la via in|-*
gliore per ai'ùtaffe*'il sìngolo caso cotìcreto. È stato tuttavia ben chiaro che
di certe cose, anche nella KEK, non
si può apertamente parlare. Si può
stigmatizzare lé leggi ingiuste con
cui si condannano uomini e donne in
vari paesi "occidentali”, ma non è
lecito mettere pubblicamente in discussione le leggi ingiu.ste di paesi
’’orientali”. Non mi pare infatti possa
esserci ombra di dubbio che, se Susanne Ballantine è stata "legalmente" condannata a Berlino Est, la legge che
colpisce un diritto e una libertà umana fondamentale qual è quella di movimento e di espatrio, è una legge ingiusta. Si possono addurre tutte le motivazioni politiche, sociali economiche
più realistiche — la legge è e rimane
ingiusta. E se un fratello tedesco dell’est, come prima e più profonda reazione, risponde a chi contesta quella
legge che così facendo si vuol solo fare
pt-opaganda anticomunista, mi sento in
diritto di metterlo accanto al cristiano sudafricano che accusi (ce ne sono!) di propaganda comunista chiun
Gino Conte
(continua a pag. 6)
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pag. 2
N. 39 — 4 ottobre 1974
dÌtófTlfÓ?‘ÀVVIATO DA UNA PROPOSTA FATTA ALLA CONFERENZA
DI BANGKOK, INTERVIENE UN AFRICANO DELLA CEvAA
Sospendere o no l’aiuto occidentale
alle Chiese del terzo mondo ?
ISel gennaio 1973, alla Conferenza ecumenica di Bangkok, era stata lanciata Videa, già avanzata qua
e là, della ’’moratoria”, cioè della sospensione, temporanea o definitiva, dell’aiuto in uomini e in
mezzi da parte della Chiese ’’bianche”, occidentali alle Chiese del terzo mondo, perché queste ultime
siano stimolate ad assumere tutte le proprie responsabilità e a ricercare la propria vera identità, in vista di una vita e di una testimonianza cristiane più autentiche ed efficaci. L’idea ha già suscitato ampia e vivace discussione. E’ interessante ascoltare quel che dice un responsabile di una Chiesa africana, che è membro con la nostra della Comunità evangelica di azione apostolica: la linea di quest’ultima pare a molti (anche se erano minoranza alla Conferenza di Lusaka delle Chiese di tutta l’Africa)
una alternativa valida alla proposta della ’’moratoria”
Predicare con franchezza
Negli ambienti impegnati nell’opera
missionaria della Chiesa Cristiana nel
mondo, una proposta fatta con forza
durante la Conferenza di Bangkok del
1973, e ribadita di nuovo con insistenza durante la Conferenza di tutte le
Chiese Protestanti dell’Africa a Lusaka nel giugno 1974, consiglia il ritiro
di tutti i missionari e la sospensione
di tutti gli aiuti finanziari provenienti
dall'Occidente per un tempo indeterminato.
Nel novembre 1973 a Lusaka (Zambia) nel quadro delle attività della
Chiesa Unita dello Zambia, venne organizzato un pubblico dibattito su questo problema. Parlò per primo il pastore M. Tempie, missionario metodista inglese avente ql suo attivo 30 anni di profìcua attività nello Zambia,
ardente sostenitore della necessità di
privare il più presto possibile la Chiesa Unita dell’aiuto in personale e denaro proveniente dalle Chiese Europee
che l’hanno fondata e sostenuta fino ad
oggi. Non intendo riprodurre qui gli
argomenti da lui esposti per appoggiare questa tesi, perché sono stati ripetuti spesso anche dalla nostra stampa, e si possono riassumere dicendo:
« soltanto così le chiese fondate dai
missionari, potranno diventare veramente indipendenti e assumere pienamente le loro responsabilità e una individualità propria ».
Mi sembra invece interessante, per
la nostra informazione riprodurre quello che fu detto in quell’occasione da
chi si oppone alla tesi del Tempie, e
cioè il segretario generale della Chiesa Unita, il pastore Joyce Musunsa che
alcuni di noi hanno avuto la possibilità di incontrare a Torre Pellice nel
settembre 1973, quando il Consiglio
della CEVAA era riunito qui per la
sua seduta annuale. Egli ha detto:
« Io non sono d’accordo. Innanzi
tutto quale è il significato della parola
’missionario'? Vi sono varie definizioni possibili, ma possiamo dire che un
missionario è una persona mandata in
un paese diverso dal suo, per predicare il Vangelo o per qualche altra attività religiosa. Può essere cristiano o
appartenere ad un’altra religione, sarà pur sempre un missionario. Un missionario è una persona che è scelta,
preparata, consacrata e mandata.
« Non è scelto soltanto perché è un
■cristiano. Non perché ha servito la sua
chiesa iedelmente per un tempo e la
sua comunità pensa che egli dovrebbe
essere mandato in un altro paese come missionario. Si tratta anzitutto di
una vocazione di Dio rivolta a questa
persona, che dice in cuor suo: “Sento
che Dio mi chiede di partire". Forse
non ha la minima idea del paese o del
luogo in cui il Signore vuole mandarlo, ma egli sente la voce del Signore
che gli dice: “Svi stato scelto fra tante altre persone, e ti mando". (Qui il
Musunsa allude al fatto che così il suo
oppositore e i suoi genitori — già missionari in Cina — furono mandati da
Dio lontano dai loro paesi di origine).
« Se questo è ammesso, allora possiamo ora parlare della nostra Chiesa
Unita. Io credo che la presenza dei
missionari è ancora necessaria in questo paese, non perché dobbiamo ancora essere nutriti col cucchiaio, ed anche se alle volte i missionari possono
essere un ostacolo sulla via del nostro
progresso, ma perché sono persone
chiamate da Dio per venire in questo
paese a far qualche cosa. Sono qui,
uomini e donne, per partecipare all'opera di Dio.
« Può darsi che si tratti di un pastore. E qui per predicare il Vangelo
del Signore Gesù Cristo. Non c’è limite imposto alla predicazione della Parola di Dio. Non si può dire: abbiamo
predicato abbastanza, ora dobbiamo
fermarci e ritirarci. Non c’è limite, perché il mondo è pieno di malvagità.
Tanto più grande è la famiglia e la
popolazione di un paese, tanto più vi
Il post. loyce Musunsa, segretario generale
della Chiesa Unita dello Zambia
è malvagità, e tanto più sono necessari
cristiani pronti a consacrarsi al servizio del Signore per la predicazione del
Vangelo della Salvezza.
« Noi non limitiamo soltanto ai pastori la qualità di ’missionari’. Dobbiamo capire che ci sono altri missionari
che servono questo paese in qualità di
professori, dottori, infermiere e tecnici. Poiché Dio li ha mandati qui ad
aiutare gli Zambiani, io mi oppongo
fortemente alla proposta che sia venuto il momento in cui i missionari devono partire dallo Zambia, perché la
chiesa possa fa.re da sé senza aiuto
esterno.
« Siamo collaboratori nel Regno di
Dio. Siamo collaboratori in questo paese. I dieci anni della nostra indipendenza non sono poi tanti. Non si misura il Regno di Dio con il tempo o le
ore o in qualche altro modo.
« Quando parliamo dei missionari
come “gente che ha lasciato la propria
patria" (in inglese ’expatriates’) suppongo che abbiamo in mente soltanto
gli occidentali. Ma potete avere dei
missionari provenienti dall’Africa. Se
uno viene nello Zambia dalla Tanzania
o dal Ghana, può essere un missionario. Infatti ce ne sono qui: vengono
per servire il Signore, sono servi del
Signore, sono qui per servire. Perciò
nessuno dovrebbe dire al Signore, come Elia: “Basta, non sono migliore dei
miei padri". Egli si trovava di fronte
a un dilemma, pensava che il Signore
era stato sconfitto. Pensava di avere
fatto abbastanza. Ma il Signore disse:
“Elia, devi continuare l'opera, e vedrai
che ci sono altri che non hanno adorato Baal". Il Signore non ha simpatizzato con Elia e non ha detto: “Sta
bene, hai lavorato abbastanza, riposa
I lettori ci scrivono
Sono un pastore
piuttosto vecchio...
Signor diréttore,
Sono un Pastore piuttosto vecchio e l’articolo del giovane studente in teologia, pubblicato da questo giornale, ha destato in me
qualche preoccupazione. Egli spiega di volere
diventare Pastore per occuparsi dei problemi dei membri di chiesa « soprattutto quando questi esulano dal ristretto ambito ecclesiastico ». E’ questa espressione che mi ha
consigliato di fare un esame di coscienza e
domandarmi se la mia vita non sia stata
tutta sbagliata.
Infatti io non avevo mai immaginato —
chiedo indulgenza ai lettori — che 1 annunzio dell’Evangelo ai malati e ai moribondi,
l’insegnare ai giovani a leggere la Bibbia,
l’adorazione di Dio insieme ai fratelli nel culto domenicale, in una parola compiere nella
Chiesa tutti i doveri del ministero, significasse rinchiudersi nel « ristretto ambito ecclesiastico ». Al contrario, dalle comunità che
ho servito, insieme a qualche delusione, ho
ricevuto un immenso arricchimento spiritua
le. ho avuto la gioia di vedere delle anime
che nella Chiesa si sono aperte a una nuova
visione della vita e ho sempre pensato che
una comunità, articolata nelle sue varie attività, fosse qualche cosa di estremamente vivo
e stimolante per chi prende sul serio la sua
vocazione cristiana.
E allora sarò grato a chi avrà la pazienza
di spiegare a quei vecchi Pastori che hanno
trovato nella Chiesa la loro ragione di vita,
che hanno preso un colossale abbaglio, che
hanno sprecato tempo e fatica curando la
« Chiesa di Dio » secondo l’espressione dell’apostolo Paolo ai Corinzi, mentre avrebbero
meglio servito il Signore impegnandosi nelle
lotte di classe e di partito.
È vero che posso invocare delle circostanze attenuanti, e cioè che quando studiavo
alla Facoltà di teologia non ci insegnarono
nulla in fatto di scienze politiche e problemi sindacali. Speriamo che finalmente si rimedi a questa grave lacuna, in modo che i
futuri Pastori non sieno più ridotti a portare il conforto dell’Evangelo a qualche vecchietta all'ospizio o al manicomio o a fare
' studi biblici nel ristretto ambito ec
degli
clesiastico.
Roberto Nisbet
ti". Noi dobbiamo proseguire fino alla
fine.
«Infine il fratello Tempie non ha ragione, la Chiesa Unita non si trova
nella situazione che egli ha prospettato, non dipende finanziariamente dalle chiese di oltremare. Le nostre entrate stanno aumentando; se si paragonano le cifre al momento in cui siamo diventati indipendenti con quelle
degli anni successivi fino ad oggi, vediamo che le entrate aumentano regolarmente, e aumenteranno ancora. Non
aumentano perché ci sono i missionari; non aumenteranno né diminueranno perché ci sono dei missionari. Quel
che conta è che la gente si converta a
Dio, e allora daranno fedelmente ciò
che possono e sosterranno l’opera della Chiesa. Non c'è alcun dubbio che
potremo andare avanti con le nostre
sole forze; infatti la Chiesa Unita dello Zambia, per quanto concerne la sua
opera è interamente nelle mani degli
Africani. Non c’è alcun ostacolo. Nessun missionario si sforza di giungere
a una posizione di comando. Tutti dicono: “E dovere degli Africani dirigere la Chiesa, ed è giunto il momento
giusto per questo".
« Alcuni dei nostri missionari sono
tornati in patria per ragioni personali
o per l’educazione dei figli; altri sono
ancora qui perché sentono che c’è ancora per loro un lavoro da compiere,
e il Signore li chiama ancora e vuole
che continuino ad operare.
« Sono assolutamente contrario a ciò
che dice il fratello Tempie, cioè che i
missionari devono tutti tornare al loro paese di origine qualunque esso sia.
Ciò significa che egli combatte contro
Dio, che ci chiama ad essere tutti fratelli e collaboratori al suo servizio »
Quando alla fine del dibattito i presenti furono invitati a votare sulla
proposta di una moratoria fatta dal
Tempie, ci furono 53 voti favorevoli,
64 contrari, 40 astenuti. 40 persone rifiutarono di partecipare alla votazione.
* * *
Per completare quanto detto dal pastore Musunsa è interessante citare
quel che il direttore del « Journal des
Missions Evangéliques », pastore M. A.
Wolf, ha scritto nel Bollettino di informazioni spicciole che il Dipartimento Evangelico Francese di Azione Apostolica pubblica ogni mese.
« Alla Conferenza di Lusaka si è parlato spesso in modo enfatico del problema della moratoria. Certamente ci
sono chiese che attraversano momenti
difficili per quanto concerne le relazioni fra di loro. La collaborazione coi
missionari spesso non è priva di pressioni esercitate da coloro che danno o
che mandano. Queste pressioni esistono tanto nel campo del pensiero e della fede, quanto in quello dello sviluppo a cui aspirano le giovani chiese. Ne
siamo pienamente coscienti. Spesso
questo problema s’impone a noi e al
la nostra riflessione, perché disgraziatamente questo può essere il lato negativo di un certo modo di aiutare,
pur ben intenzionato. E un rischio per
gli uomini più generosi e fedeli alla loro missione. Quante volte ciò appare
nelle conversazioni che abbiamo con
queste o quelle persone che vogliono
aiutare, vogliono sviluppare, vogliono
annunziare il Vangelo, secondo il loro
modo di vedere che solo considerano
vero. Ora nella Comunità Evangelica
di Azione Apostolica siarno decisi a vivere qualche cosa di diverso: essere
una comunità. Essa non viene edificata come una torre composta da cubi
affiancati o sovrapposti l’uno all’altro,
ma nella ricerca comune di scambi e
di collaborazione. Questo può comportare difficoltà non trascurabili. Siamo
decisi ad affrontarle perché esistono
fra noi dei legami e una volontà di vivere insieme nata dall’amore che ci è
stato dato ».
Il fatto che il pastore Musunsa è segretario della Chiesa Unita e come tale ha potuto partecipare a tutte le sedute del Consiglio della Comunità
Evangelica di Azione Apostolica, può
spiegare in parte il suo NO alla proposta di una moratoria; egli ha sperimentato concretamente che lo scambio e la collaborazione fraterna auspicati da questa organizzazione, che ha
sostituito la Società delle Missioni di
Parigi, è possibile ed è un dono del Signore della Chiesa a chi lo chiede con
fede. Roberto Coisson
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• Nel prossimo numero pubblicheremo una deUe doppie pagine curate
periodicamente dalla Federazione
Femminile Valdese. Proseguendo
l’incontro con la nostra diaspora
nelle varie regioni, si parlerà dei
Valdesi in Valle d’Aosta.
Atti 4: 1-31
I primi capitoli degli Atti apostolici narrano la storia della chiesa cristiana alle sue origini e nella sua espansione missionaria; ma
ci parlano anche delle tensioni e
dei conflitti che i discepoli dovettero affrontare a causa della loro
fede in Gesù Cristo.
In una situazione di conflitto
come quella che è descritta nel
capitolo quarto, come reagì la comunità cristiana nascente? Con lo
spavento per ciò che poteva accadere ed in realtà accadde (si pensi alla prigionia dei discepoli ed
al martirio di Stefano) ovvero con
prudente silenzio? Il testo biblico non accenna a nessuna controffensiva da parte della chiesa
di Gesuralemme, ma dice espressamente che la comunità si unì in
preghiera a Dio. La comunità prega e la sua preghiera è fondata
sulle promesse di Dio e sulla sua
potenza sovrana. La preghiera della chiesa non è che un commento
al salmo secondo; « Le nazioni tumultano e i popoli meditano cose
vane; i re della terra si ritrovano
e i principi si consigliano insieme
contro l’Eterno e contro il suo
Unto. Colui che siede nei cieli ne
riderà; il Signore si befferà di loro ». Tutto è rimesso nelle mani
di Dio; prima di agire la comunità attesta la sua fede in Colui che
regna sovrano sul mondo e sulla
chiesa; la causa dell’ Evangelo
non è alla mercè dei potenti; i
credenti lo sanno e ne traggono le
conseguenze. « Di pari consentimento, alzarono la voce a Dio e
dissero: Signore, adesso considera le loro minacce », cioè le minacce degli avversari. Dio ne conosce l’entità e gli effetti; perciò i
credenti giudicano la situazione
non in base alle minacce del Sinedrio, ma prima di tutto contando sulla fedeltà di Dio. Nessun
sentimento di odio o di disperazione emerge dal racconto; la comunità prega, non per la propria
pace e per vivere in sicurtà, ma
per predicare l’Evangelo: « Concedi o Dio ai tuoi servitori di annunziare la tua parola con franchezza ».
La parola « franchezza » (in greco « parresia ») si trova nel Nuovo Testamento, con una sfumatu
ra di significati, ma il pensiero
centrale è sempre quello della testimonianza e della predicazione
dell’Evangelo.
Paolo scrivendo ai Filippesi dalla sua prigione di Roma, dice così: « La mia viva aspettazione e la
mia speranza è di non essere svergognato in alcuna cosa, ma che
con ogni 'parresia ( cioè con franchezza) ora come sempre Cristo
sarà magnificato nel mio corpo,
sia con la vita, sia con la morte ».
Ed è significativa anche questa
constatazione; « Essi (i membri
del Sinedrio) veduta la franchezza
di Pietro e di Giovanni è, avendo
capito che erano popolani senza
istruzione, si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con
Gesù ».
Infine, dopo che ebbero pregato, il luogo dov’erano riuniti tremò, e tutti furono ripieni dello
Spirito Santo, e annunziavano la
parola di Dio con franchezza ».
Quando ci avviciniamo a Dio con
« franchezza », allora Dio ci dona
anche l’altra franchezza, cioè il
coraggio di confessare il nome di
Cristo, senza complessi e senza timori. L’evento pentecostale, cioè
la Pentecoste cristiana è quella
che fa sorgere la chiesa confessante e missionaria, ben diversa
dalla chiesa che vive soltanto per
sé e per la propria gloria.
Ora dobbiamo avere la franchezza di riconoscere che non abbiamo sempre reso testimonianza
a Cristo con franchezza. Abbiamo
avuto paura del mondo invece di
combattere con franchezza il
buon combattimento della fede.
Abbiamo operato secondo i nostri
schemi ed i nostri regolamenti e
non abbiamo invocato lo Spirito
Santo, senza il quale le nostre
possibilità sono estremamente
precarie, anche se apparentemente buona, a nostro giudizio.
Lo Spirito Santo e la Parola di
Dio predicata con franchezza conferiscono alla comunità dei credenti i segni inconfondibili di una
comunità che vive e prega; prega
affinché le minacce o le lusinghe
non siano più forti della fede, vive e opera senza mai sprezzare Io
Spirito Santo che dona forza ai
credenti e guida la chiesa nella
via della fede e della testimonianza cristiana. Ermanno Rostan
NUQVl STUDENTI IN TEQLQGIA
Daniele Garrone, di Torino
((Percliè vado in FaEoltà»
Alla base della mia decisione di intraprendere gli studi presso la Facoltà Valdese di teologia sta la certezza
die la testimonianza deH'Evangelo,
l'annuncio di Cristo, « nostra speranza », non possano essere in alcun modo elusi o sottovalutati da chi cerchi
di vivere la propria fede non come
qualcosa di astratto e personalistico,
« interiore », ma come un rapporto
con Dio che coinvolga il proprio prossimo. Tutto questo può farsi soltanto
a partire dalla conoscenza e dalla continua meditazione della Parola.
Principale motivo per cui vado in
facoltà è dunque questo ; approfondire la mia conoscenza della Scrittura
e la mia preparazione teologica.
Certo non mi illudo che questo della testimonianza dell'Evangelo sia un
compito facile; innanzitutto perché
coinvolge tutta la vita, non soltanto
in senso temporale, ma soprattutto
nel senso che è richiesto continuamente un riscontro pratico di quanto si afferma, un continuo « pagare di persona ». Di qui la necessita di condividere le lotte e le sofferenze degli
oppressi e degli sfruttati. Tuttavia per
testimoniare l'Evangelo non bastano
le buone intenzioni : bisogna saper
discernere i modi e i tempi. E questo,
penso, il problema che più impegnerà me ed i miei compagni negli anni
che trascorreremo in Facoltà. Si tratterà di capire se questo è il tempo di
tacere o il tempo di parlare (perché
vai meglio il silenzio che una parola
antievangelica), se è il tempo dell'annuncio e non invece quello della
confessione di peccato, della preghiera, dell'ascolto. Soprattutto, però.
si tratterà di capire in che modo annunciare quest'evangelo che motiva le
nostre scelte, in che modo rendergli
testimonianza nella realtà del nostro
tempo, che è una realtà di lotta di
classe per un mondo migliore e più
umano, una realtà aliena da Dio e dalla problematica della fede (questi
pensieri non sono miei originali, ma
li ho scritti perché sono quelli che
sento maggiormente al momento di
andare in facoltà e perché mi pare
siano condivisi anche da altri, cfr.
G. E. n. 28, relazione P. R.).
La vastità e profondità di questi
problemi, le soluzioni che si troveranno influiranno sul modo in cui
svolgerò il mio ministero. Sarò un pastore nel senso tradizionale della parola, sarò un credente che vive del
proprio lavoro, condividendo la condizione della maggior parte dei suoi
fratelli, e che svolge anche compiti di
predicazione all'interno della comunità o sarò qualcos'altro ancora? Non
so. La riflessione e le esperienze, non
solo mie, dei prossimi anni, porteranno certo una risposta.
Daniele Garrone
Personalia
E mancato, a Torre Pellice, Renato
Giampiccoli. Per lunghi anni egli è stato, in passato, membro capace e attivo della Chiesa di Torino e del suo
Concistoro, mettendo a servizio con
generosità le sue doti. I fratelli di Torino lo ricordano con gratitudine assai viva. A tutti i familiari e in modo
speciale alla sua compagna, che condivideva il suo impegno nella comunità,
la nostra fraterna simpatia.
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4 ottobre 1974 — N. 39
pag. 5
UiHODiste valdesi in Alsada
Restituendo una visita alle sorelle d’oltralpe, un gruppo di unioniste valdesi ha trascorso alcune belle giornate di incontro e di ricerca
biblica e di piacevole scoperta della terra alsaziana
Un gruppo di unionista delle Unioni
femminili di Torre Pellice, Luserna
S. Giovanni, Torino, Firenze, Genova,
Trieste sono andate nelTAlsazia dal 24
al 27 settembre per restituire la visita
che le alsaziane avevano fatto Tanno
scorso a noi nelle Valli Valdesi. Il viaggio è stato organizzato molto bene e
con minima spesa dalla Presidente della F.F.V., signora Ade Gardiol.
Partite da Torre Pellice alle cinque
del mattino in pullman, la prima tappa è stata a Basilea verso le quattro
del pomeriggio, dove siamo state accolte con afetto dal pastore Liborio
Naso e signora, insieme ad un gruppetto di svizzere, tra le quali alcune
di noi hanno riconosciuto persone delle Valli. Guidate dal pastore Naso abbiamo visitato la maestosa Cattedrale
di Basilea che si affaccia sul Reno, ed
in particolare la Cappella, dove si radunano ogni domenica gli italiani della
città per il culto, molto graziosa, sempre piena di fiori, perché è frequentemente adooperata per matrimoni, e
nella quale un organista gentile ci ha
suonato la famosa toccata di Bach. Un
ottimo tè in un accogliente tea-room
ci ha riconfortato, mentre s’intrecciavano fitte conversazioni tra noi e il
gruppo italo-svizzero: il pastore Naso
ci ha detto, tra l’altro, che a causa della crisi industriale europea, purtroppo, molti operai italiani che lavorano
in Svizzera saranno quasi certamente
rimandati a casa in autunno.
La sera arriviamo a Strasburgo sotto la pioggia, e siamo accolte per la
cena al « Séminaire Protestant » e per
dormire al « Foyer Paroissial St. Thomas ». È stata una gioia per molte di
noi, che già le conoscevano, ritrovare
le amiche dell’impegnatissimo gruppo
delle « Femmes responsables » delTAlsazia, presieduto dalla pastoressa signora Hoffet, che si affaccendavano in
tutti i modi intorno a noi per renderci
più confortevole e gradito il soggiorno.
L’indomani mattina abbiamo udito
un’interessante conversazione sulla storia della Chiesa di St. Thomas, sulle
sue Facoltà teologiche, protestante e
cattolica, e sulle sue due Biblioteche;
in questa chiesa il dottor Schweitzer
suonò l’organo dal 1908 al 1913. In seguito siamo andate a piedi a fare il
giro della parte più vecchia di Strasburgo, detta « Petite France », dove vi
sono ancora le fortificazioni e le vecchie torri di guardia fatte costruire da
Vauban, il grande architetto militare
di Luigi XIV; più tardi in pullman abbiamo fatto un giro turistico attraverso tutta la città: vediamo, passando,
le prigioni femminili, dove vi sono soltanto due prigioniere e sei carceriere;
alcune chiese adibite sia al culto protestante che a quello cattolico — vi
sono 40 di queste chiese nelTAlsazia —,
dette « chiese simultanee »; il suggestivo monumento ai Caduti di questo
naese particolarmente martoriato dalle guerre, dove è rappresentata la madre Patria che tiene fra le braccia due
corpi dei suoi figli completamente nudi, a significare che essa non fa alcuna
differenza tra coloro che sono caduti
con l’uniforme francese e coloro che
sono caduti con l’uniforme tedesca; poi
il Palazzo d’Europa, costruito da 25
anni, secondo un’idea di Churchill, per
un primo Parlamento europeo, dove i
membri del personale sono 650, e dove
si tengono continue Conferenze e Congressi. La nostra tappa finale è la meravigliosa Cattedrale, dall’unico prestigioso campanile, che svetta alto nell’azzurro, e sembra, con le sue torri le
arcate i pinnacoli le ogive, tutta una
cascata di trine. La leggendaria asimmetria della costruzione ci trattiene a
lungo in contemplazione; così, più tardi, sostiamo alquanto nell’interno del
tempio di fronte al caratteristico orologio, con le sue strane e complesse
allegorie allo scoccare delle ore.
Strasburgo è una città di 284.000 abitanti e conta più di 4.000 posti letto negli ospedali, dove operano chirurghi
famosi; circa 24.000 studenti d’ambo i
sessi nelle Università, di cui il più illustre nel tempo fu Goethe; 1.400 allievi nel Conservatorio musicale, celebre
quasi quanto quello di Parigi; infine
TAlsazia è molto avanzata nel servizio
sociale, l’assicurazione sociale esisteva
qui assai prima che in Francia. Invano
cerchiamo sui comignoli i nidi delle
cicogne; ormai esse sono scomparse,
sospinte via dal puzzo delle città moderne e dalla mancanza del loro cibo
preferito, le rane; rimangono soltanto
alcuni nidi vuoti per ricordo, e poche
melanconiche cicogne dalle ali spezzate in un parco cittadino.
Verso sera il nostro gruppo lascia
Strasburgo; attraversiamo chilometri
di folti boschi e foreste di pini, dove
vivono cinghiali daini e scoiattoli, e
ci dirigiamo verso Aubure, un paesino
dei Vosgi alsaziani, dove siamo attese
dal Centro d’incontro protestante, annesso al presbiterio locale. Arriviamo
di notte, sotto una pioggia torrenziale,
per una stradina buia piena di ciottoli;
ma un allegro fuoco di caminetto ed
una buona cena ci ristorano rapidamente. Ad Aubure trascorriamo una
giornata intensa di studio e di raccoglimento insieme con « les femmes responsables » provenienti un po’ da tutte
le parrocchie protestanti dell’Alta Renania, e sotto l’esperta guida della pastoressa Hoffet impariamo un nuovo
metodo di lavoro biblico, interessante
e proficuo, che desidereremmo poter
applicare anche nelle nostre unioni in
futuro.
L’ultima sera visitiamo — sempre
sotto una specie di bufera di pioggia
e vento! — la piccola cittadina di Riquewihr, un caratteristico borgo medioevale, dove le case sono tutte del
1400-1500-1600, in ottimo stato di conservazione, con i portali scolpiti secondo il mestiere del proprietario, maniscalco falegname ramaio; le facciate
operate artisticamente; le strade e i
cortili dal selciato risonante; i vecchissimi pozzi, ora traboccanti di fiori; gli
antichi monumentali torchi per l’uva
— questa è una zona di vigneti e di
vini pregiati —; le anguste finestre con
i vetri piombati; le piccole verande sospese, da cui lo sguardo può spaziare
ovunque senza essere sospettato; i vicoli strettissimi, dove le case, corrose
dall’usura del tempo, sembrano appoggiarsi Tuna contro l’altra, sfinite; i pesanti archi dei ponti levatoi, che incombono misteriosi e sorprendenti sulTodieino viandante; questa è Riquewihr, la perla delTAlsazia, la mèta ambita di tutti i turisti. A pochi passi vi
è la cittadina di Beblenheim, dove « les
femmes responsables » ci hanno preparato un ricco pranzo, seguito da festosi trattenimenti.
L’ultimo mattino del nostro soggiorno la pastoressa Hoffet ci raccoglie
tutte nel tempietto di Aubure per un
culto di S. Cena, il primo culto a cui
assisto presieduto esclusivamente da
donne: è un culto comunitario, tutte
hanno una parte ben definita di lettura biblica e di preghiera; non vi si pronuncia una sola parola di troppo, non
una stonata; vi è soltanto l’essenziale,
in grande semplicità e raccoglimento.
Poi — ahimè! — è l’ora degli addii;
ma il nostro rincrescimento è temperato dalla promessa delle nostre sorelle alsaziane di ritornare presto alle
Valli. Arrivederci, dunque, amiche, e
grazie della vostra ospitalità così generosa, delle vostre premure per noi,
della vostra bontà, e soprattutto di
tutto quello che ci avete insegnato, che
ci è parso tanto buono ed importante, per cui, se il direttore del nostro
giornale lo permetterà, ne parleremo
in dettaglio in un prossimo articolo,
nella speranza di fare cosa utile e gradita alle nostre unioni.
Il ritorno in Italia avviene attraver
so Ginevra, Chamonix e il traforo del
Monte Bianco, con il tempo finalmente
di nuovo al bello, che ci dà la possibilità di contemplare un fiabesco tramonto rosato sull’imponente catena alpina, tutta scintillante di neve appena
caduta.
Nel pullman, intanto, le non più giovani viaggiatrici riesumano tutti i vecchi canti unionisti, in un’atmosfera di
serena fraterna amicizia.
Edina Ribet
PINEROLO
Che cosa il Cemone ha fano
per gli anziani e i servizi snciali
SAN GERMANO CHISONE
Inaugurato il nuovo edificio scolastico
L’inizio delTanno scolastico, per le
classi delle elementari di San Germano ha avuto quest’anno un aspetto
particolarmente festoso. Si trattava infatti, per maestri ed alunni, di prendere possesso del nuovo edificio scolastico che da tempo era in fase di allestimento.
Diciamo subito che tutti sono stati
gradevolmente impressionati dalTefficienza e dalla bellezza dello stabile,
che renderà senza dubbio molti servizi alla comunità scolastica locale. Le
aule, vaste e luminose permetteranno
ai ragazzi di svolgere la loro attività in
condizioni assai favorevoli.
Se pensiamo con riconoscenza a
quanti hanno per lunghi anni svolto la
loro opera educativa in altri locali ed
in altre condizioni generali, non possiamo che rallegrarci vivamente con
l’amministrazione comunale per aver
saputo e voluto condurre in porto
un’opera di queste dimensioni, malgrado le innumerevoli difficoltà alle quali è andata incontro. Ed ora; « buon
lavoro » ad insegnanti ed alunni, nella
speranza che i genitori potranno dare
la loro collaborazione in modo sempre più largo e continuo.
Dopo un breve discorso del sindaco,
Sig. Bouchard, che ha ricordato le tappe della costruzione e lo scopo che
Tammministrazione comunale si è prefisso creando tale edificio, scopo formativo nel senso più profondo c più
vasto del termine, un genitore ed un
insegnante hanno espresso la loro riconoscenza per quanto è stato raggiunto, auspicando che ciò permetta
di raggiungere dei risultati sempre migliori nel quadro dello sforzo educativo dei nostri ragazzi.
— Numerosi lutti hanno colpito la
nostra comunità in questi ultimi tempi: pensiamo in particolare alle sorelle Lilli Jahier e Luigia Long vedova
Bouvier, al fratello Armand Beux, che
ci ha lasciati dopo lunghe sofferenze
durante le quali il Signore gli ha accordato di non perdersi d’animo nella fede. A tutti coloro che sono stati così
colpiti dal lutto va il nostro pensiero
fraterno e la nostra preghièra di intercessione. Ringraziamo i pastori
Appello per l'Uliveto
L’Istituto Uliveto, che sulla ridente
collina di Luserna S. Giovanni, ospita
26 minori variamente handicappati,
vive normalmente in una situazione di
fragile equilibrio finanziario, a causa
dei forti ritardi della Provincia, nel pagamento delle rette dei minori.
Ora, alla ripresa scolastica, succede
che il ben noto pulmino giallo, adibito
al trasporto dei bambini (a scuola, alle
visite specialistiche, ecc.) si è rivelato
completamente... incapace di riprendere le sue mansioni, a causa dei suoi
molti anni di servizio.
La Commissione sta cercando il_ tinanziamento necessario per sostituirlo
e spera di trovarlo anche tra i lettori
àeWEco-Luce che siano sensibili alle
esigenze di dare a questi ragazzi, già
svantaggiati in partenza, le massime
possibilità di ripresa e riuscita nella
vita.
Le offerte possono essere versate sul
c.c.p. 2/12889 intestato alla Chiesa Valdese, Via Pio V, 15 - 10125 Torino con
Tindicazione « per il pulmino dell’Uliveto ».
Pubblichiamo un primo elenco di offerte pervenute a questo scopo.
In memoria del prof. Arnaldo Eynard: Mariuccia Barbiani 10.000; Mariuccia Grill 5.000; Evelina Pons 5.000;
Louise e Daniele Rochat 10.000; Lalla
e Gino Conte 10.000.
Teofilo Pons, Gustavo Bertin e Bruno
Bellion, che hanno presieduto questi
funerali.
— Ringraziamo assai il professor
Adriano Donini e il pastore Emilio
Ganz per gli apprezzati messaggi che
hanno rivolto alla comunità in occasione di due culti domenicali.
— La nostra scuola materna ha. ripreso il suo lavoro sin dalTinizio di
settembre ed ha ormai assunto un ritmo pieno. Siamo riconoscenti di poterci valere dell’opera delTinsegnante
Ivana Costabel, di Pramollo, ,che ha
iniziato il suo lavoro con entusiasmo.
Ricordiamo ai parenti dei piccoli che
il giorno lunedì 7 ottobre, alle ore 20,30
avrà luogo una breve riunione onde
decidere coi parenti l’effettuazione o
meno . della mensa. È assolutamente
indispensabile che almeno un parente
per ogni bambino sia presente a questa riunione. Nel caso questo non si
verifichi saremo costretti a rinviare la
decisione ad altra data, nell’attesa di
veder riuniti tutti gli interessati. Sarà
comunque un’occasione per fare più
ampia conoscenza con l’insegnamento
e per prendere visione della nuova disposizione della sala della scuola.
D’altra parte, siccome permane in
molti la convinzione che tale scuola
materna sia interamente pagata dallo
Stato, compreso magari lo stipendio
delTinsegnante, ricordiamo che in realtà l’impegno finanziario, la responsabilità per il reperimento delTinsegnante ed ogni altro elemento legato al
buon andamento di questa attività
educativa gravano interamente sulle
spalle della comunità, fatta eccezione
per un piccolo sussidio annuale che
viene concesso alle scuole materne
private. Quesito perché ci si renda conto che non tutto Quello che si vorrebbe
fare si può sempre realizzare. Tuttavia
rimaniamo convinti che si tratta iii
questo caso di un’attività che ha molti
elementi positivi per la nostra comunità.
____ Ecco l’elenco delle prossime riunioni quartierali'. Martedì 8 ottobre
Gondini, Giovedì 10 Bert, Giovedì 17
Gianassoni, Domenica 20 Martinat,
Martedì 22 Balmas, Giovedì 24 Costabella, Mercoledì 30 Garossini.
Attenzione: tutte le riunioni avranno
luogo alle ore 20, eccezion fatta per
quella dei Martinat che si terrà alle 15.
— Il culto d'inaugurazione della
Scuola domenicale avrà luogo domenica 13 ottobre alle ore 10,30, in comune con gli adulti. I ragazzi sono convocati alle ore 10 nel tempio. Lanciamo
un appello affinché due monitori o inonitrici si presentino al più presto. Siamo grati a Giancarlo Baret che ha accettato di unirsi a noi in questo servizio.
— 7 corsi di catechismo riprenderanno sabato 12 ottobre alle ore 14,30,
con un breve culto in comune nel tempio.
I catecumeni che devono effettuare
gli « esami di riparazione » sono pregati di prendere al più presto contatto
col pastore.
Giovanni Conte
Portiamo a conoscenza della cittadinanza che cosa ha saputo fare fino ad
oggi il Comune per l’assistenza agli
anziani; sempre promesse e mai conclusioni.
E gli anziani devono sempre attendere?
Elenchiamo che cosa c’è attualmente:
— Tamministrazione comunale ha esentato recentemente i nuclei familiari con reddito inferiore alle 70.000
lire dal pagamento della tassa raccolta rifiuti.
Tuttavia ci chiediamo: è in vigore
fin da settembre la delibera comunale
oppure dovremo aspettare il nuovo
anno?
Gli anziani che intendono usufruire
dell’esenzione devono presentare una
domanda in Comune?
— Esenzione del pagamento del metano (120 metri cubi all’anno) per i
nuclei familiari che hanno un reddito inferiore alle 90.000 lire. Chi consuma più della cifra citata deve pagare il resto del consumo.
— L’esenzione per l’acqua è in progetto...
— DalTinizio di settembre è stato istituito un servizio infermieristico gratuito per gli anziani. In Comune,
tutti i giorni, dalle ore 10 alle 12,
una infermiera pratica le iniezioni
agli anziani.
Ci facciamo a questo proposito alcune domande. Gli anziani soli e ammalati come possono recarsi in Comune
per farsi praticare le cure necessarie?
Sappiamo che l’infermiera preposta a
questo servizio è la stessa che va per
due ore nella zona di S. Lazzaro per
il servizio domiciliare. Ci pare ovvio
constatare che in questo modo questa
persona non è in grado di svolgere adeguatamente il servizio..,
— E iniziato a maggio di quest’anno
un servizio (di nuovo in via sperimentale) nella zona del Centro storico. Le assistenti domiciliari attualmente sono soltanto due (contro le 15 richieste e le 5 promesse)
e sono costrette ad un super-lavoro.
In quattro ore di servizio al mattino capita loro di dover assistere 4
o 5 persone anziane.
È superfluo notare che questo servìzio non corrisponde alle esigenze degli anziani, non per colpa delle assistenti, ma per gravissime carenze dell’organizzazione. Se poi pensiamo alla
stagione invernale quando ci saranno
molte più richieste le cose diventano
sempre più buie.
Di tutte le richieste presentate al Comune nella piattaforma del luglio 1974
dopo la mostra di piazza Fontana, e
prima ancora in tre anni di lotte, di
assemblee, lettere, incontri con gli amministratori, l’esito è questo.
In questi giorni di settembre gli a.nziani del Centro storico si sono riuniti
e hanno discusso alcuni urgenti problemi, tra i quali il riscaldamento.
Le richieste che presentiamo al sindaco sono queste:
— Il Comune deve garantire mediamente 4 fustini di cherosene la settimana, per la durata di sei mesi, al
prezzo politico di L. 1.000 il fustino
per i nuclei familiari che hanno un
reddito inferiore alle 150.000 lire
mensili.
— Prezzo politico a L. ,2.000 il quintale
per la legna e il carbone per coloro
che hanno un reddito inferiore alle
150.000 lire.
— Rimborso di una parte delle spese
per gli anziani che hanno il termosifone e reddito inferiore alle 150
mila lire.
— Agevolazioni sulle installazioni degli
impianti a metano.
Se teniamo conto dell’aumento spaventoso dei prezzi, delle pensioni che
sono sempre le stesse, delle case in cui
abitano gli anziani del Centro Storico
(fessure dalle finestre, porte sconnesse, difficoltà di riscaldamento degli am
bienti ecc.), il costo per riscaldarsi ingoia completamente la pensione. Se la
matematica non è un’opinione, calcolando 4 fustini di cherosene alla settimana a L. 2.000 ciascuno si ottiene una
spesa di L. 32.000 al mese. Se poi aggiungiamo il deposito del fustino da
pagare al commerciante..., quanto rimane della pensione?
Stiamo dunque chiedendo delle cose
che ci permettano di continuare a vivere e di poter mangiare. Ci pare di
avere miti pretese.
per il gruppo Anziani Centro
Storico
per la F.I.P.
per il Comitato di base
Con 1‘Esercito
della Salvezza
a Torre Pellice
Dal 22 al 29 settembre, nella saletta
dell’Esercito della Salvezza a Torre
Pellice, si è svolta una campagna speciale, presieduta dai Col. Tzaut, venuti espressamente dalla Francia.
I Col. .Tzaut sono ben conosciuti a
Torre Pellice dai Salutisti e dai loro
amici, perché più volte hanno partecipato a Missioni speciali, ed è sempre
con gran piacere che li vediamo ritornare fra noi. , ,
Giorno dopo giorno la saletta si e
riempita di giovani ed anziani, bambini e loro genitori. Le adunanze dell’Esercito della Salvezza non sono mai
noiose o monotone. Vi si respira una
atmosfera di gioia, di fede profonda e
comunicativa.
I canti si alternavano alle testiinonianze, ed ogni giorno un coro speciale, cantato dai Col. Tzaut, precedeva
il messaggio del Colonnello.
Messaggi vivaci, pieni di fede e di
ardore, di spiritualità e di pratiche applicazioni, e fondamentalmente biblici.
Oltre alle adunanze pomeridiane ci
sono state tre adunanze serali: una a
Bobbio Pellice e due a Torre, anche
queste ben frequentate.
Adunanze, benedette, in cui si sentiva
la presenza del Signore e che lasciano,
in chi ha avuto il privilegio di parteciparvi, impressioni profonde e durature. Sono riunioni e messaggi, questi,
di cui abbiamo bisogno nei tempi di
crisi e di disorientamento in cui viviamo.
Voglia il Signore benedire quanto è
stato fatto nel Suo Nome.
Selma Longo
Pomaretto
Don Rino Girotti, ben noto come animatore diocesano della gioventù cattolica è il nuovo parroco di Porosa
Argentina. Egli viene coadiuvato dal
diacono Virgilio Gelato. Ambedue sono stati presentati dal Vescovo alla comunità di Porosa domenica 15 settembre. Mentre auguriamo loro un lungo
e proficuo periodo di lavoro, desideriamo anche inviare un saluto a Don
Brun che lascia Perosa.
L’Unione femminile invita cordialmente tutti a partecipare alla sua vendita « pro facciata del tempio » che
avrà luogo domenica 20 ottobre iniziando alle ore 14,30 a Pomaretto. Tutti coloro che possono offrire oggetti
vari sono pregati di mettersi in contatto col pastore.
Assemblea di Chiesa per la relazione dei deputati al Sinodo e l’elezione
di deputati alla conferenza distrettuale straordinaria: domenica 27 ottobre
ore 10,30 nel tempio.
Riunioni quartierali: 23 ottobre Masselli; mercoledì 6 novembre. Lausa;
giovedì 7, Combavilla (ore 20); venerdì
15, Pons; giovedì 21, Clot Inverso (ore
20); venerdì 22, Pomaretto.
Il cassiere ricorda che la chiusura
dei conti avviene il 31 dicembre.
S. R.
AVVISI ECONOMICI
CERCASI guardiano per custodia villa in
Luserna San Giovanni. Rivolgersi Geom.
Geymonat, - Via Repubblica 3 bis. Torre Pellice - Tel. 91437.
I familiari del compianto
Armand Beux
ringraziano sentitamente tutti coloro
che durante la lunga malattia del loro
caro gli furono di aiuto e conforto e
tutti coloro che, con la presenza o gli
scritti, hanno manifestato la loro simpatia alla famiglia in lutto.
In particolare ringraziano; il medico curante dott. Bertolino, la direzione, i medici ed il personale dell’ospedale valdese di Pomaretto, i Pastori
Conte e Bertin, i membri della corale
di S. Germano.
« Io alzo gli occhi ai monti.
Donde mi verrà l’aiuto?
li mio aiuto vien dalTEterno
che ha fatto i cieli e la terra... »
(Salmo 121)
Il 22 settembre 1974 il Signore ha richiamato a sé
Mario Cignoni
di anni 83.
La famiglia ringrazia commossa tutti coloro che hanno preso parte al suo
lutto.
« I vostri nomi sono scritti nei
cieli» (Luca 10: 20)
« Il salario del peccato è la morte ;
il dono di Dio è la vita eterna»
(Rom. 6: 23)
È mancato all’affetto dei suoi cari
Renato Giampiccoli
Ne danno il doloroso annunzio la moglie Luigina Mûris, i figli Ernesto con
la moglie Clara Sibille, Giorgio con la
moglie Mirella Loik, i nipotini Anna,
Marco, Valeria ed Andrea, la sorella,
i cognati e parenti tutti.
La famiglia Giampiccoli ringrazia
tutti coloro che con la presenza o gli
scritti hanno preso parte al suo dolore.
Torre Pellice, 29 settembre 1974.
6
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
N. 39 — 4 ottobre 1974
VITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti
La questione comunista
« Il problèma comunista è di quelli
che interessano il mondo politico internazionale al pari del mondo politico italiano ed è quindi naturale che se
ne parli in quadro di scambio informativo ».
Così ha dichiarato il presidente Leone nel corso della conferenza stampa
tenuta prima del suo ritorno in Italia dagli Stati Uniti. Davvero non può
meravigliare alcuno che, trattando dei
principali problemi del nostro Paese
con l’alleato americano, il nostro presidente abbia « spiegato a Ford il problema comunista ».
Ma alcune dichiarazioni di Kissinger
apparse lo stesso giorno sul New York
Times fanno pensare che l'interesse
americano per il nostro Paese va ben
oltre Viniormazione e data da ben più
lungo tempo che da questo viaggio del
presidente Leone a Washington. Kissinger avrebbe difeso la CIA e la sua
ingerenza negli affari interni di molti
stati sovrani del vecchio e del nuovo
continente, confermando che vi è stato un grosso impegno di denaro e di
energie profuso per abbattere in Cile
il governo di Allende « minoritario e
antidemocratico ». E per sostenere che
questa ingerenza è un diritto-dovere
degli USA, respingendo i rimproveri
sempre più diffusi anche nell’opinione
pubblica americana, avrebbe affermato: « Ma non ci rimproverereste ancor
più duramente se noi non facessimo
nulla per impedire l’arrivo dei comunisti al potere in Italia o in altri paesi dell’occidente Europeo? ».
Affermazioni di questo tipo gettano
un’ombra sulla serena dichiarazione
del presidente Leone circa la naturalezza di certi scambi di informazione.
E le stesse promesse di aiuti economici per venir fuori dall’attuale crisi fini
scono per avere il sapore di sottintese
contropartite che solo eufemisticamente sono state definite « stabilità di governo, fedeltà alla democrazia, disponibilità alla collaborazione atlantica ».
(Ci viene in mente a questo punto che
i prestiti e i crediti degli USA e dei
Paesi occidentali al governo di Unità
Popolare di Allende in Cile in tutto il
1972 sono ammontati a 35 milioni di
dollari, ma che nei primi ire mesi del
1974 la giunta golpista stabile, fedele
e disponibile ha avuto un credito di
740 milioni 662 mila dollari!).
Ma poiché l’Italia non è ancora il
Cile il problema ci sembra potersi presentare in questi termini. Che gli USA
esercitino la loro politica imperialistica per la difesa dei loro interessi economici e di quelli delle grandi società
capitalistiche multinazionali è cosa del
tutto naturale; ingenuo o ipocrita è
ammantare questa politica di benemerenze anticomuniste. Su questo certamente gli americani hanno bisogno di
essere informati: il PCI per il popolo
italiano non è più un mostro con le
corna che è bene distruggere comunque; e quando parliamo di popolo intendiamo ormai non più solo le masse
operaie e contadine, ma anche vasti
settori di intellettuali e ceti medi. Nel
1947 De Gasperi, tornando da un viaggio negli USA sciolse il governo del
CLN per escludere dalla gestione del
potere i comunisti ed ebbe molti consensi, confermati dal 18 aprile 1948...
Questi tempi sono lontani! Ed allora
ecco l’altro aspetto del problema: se si
possono giustificare gli americani, molto meno si possono giustificare i nostri
governanti democristiani, subordinati
costantemente aH’imperialismo USA
ed incapaci, per paura o servilismo di
garantire l’autonomia nazionale e la
FIRENZE
Nel trentennale della Liberaziane
Il 22 settembre a Firenze si celebrava il trentennale della liberazione della
Toscana: bandiere e gonfaloni in testa, al busso dei tamburi, i partigiani
e le rappresentanze dei comuni, delle
città decorate, dell’esercito, ecc. sono
sfilati attraverso la città.
Abbiamo partecipato a questa festa
di popolo con quella convinzione che
« allora » condusse tanti — anche fra
noi — alla resistenza e alla lotta di liberazione.
Vorremmo dire qualcosa a tante persone, a dei fratelli, a delle sorelle che
« allora » si esposero, si opposero. Alla
anziana, cara sorella Rina Silvestri,
che a rischio della vita condusse a salvamento tanti ebrei, vorremmo dire la
stima affettuosa con cui la ricordiamo.
Alla Elena Fanfani (e con lei alle giovani che allora non esitarono a rischiare la vita nella resistenza) vorremmo
ricordare, se ve ne fosse bisogno, che
la lotta, il confronto, continua, deve
continuare. Ai pastori di « allora » —
E. Corsani e T. Vinay — vorremo ripetere la parola della gratitudine da
una comunità che dal loro coraggio e
jiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinim*’
Aperto Tanno scolastico
nei nostri istituti
Un po’ dovunque, nel nostro paese,
anche i nostri istituti scolastici evangelici hanno iniziato il loro lavoro annuale. Pensiamo a tutti gli insegnanti
e agli allievi con il nostro augurio migliore; nella fiduciosa speranza che
l’attività e la vita scolastica abbia, nei
nostri istituti, una impostazione orientata daH’Evangelo. Nel numero prossimo riferiremo sull'apertura dell’anno
della Scuola Latina di Pomaretto e del
Collegio Valdese di Torre Pellice: la
ristrettezza di spazio ci impedisce di
farlo questa settimana.
iiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiìimiiiim
Cercansl libri
Ai fini di una ricerca storica documentata
sul Valdesi in Calabria, necessitano due opere di fondamentale importanza, oggi quasi
del tutto irreperibili; chiunque possedesse le
seguenti opere:
— G. L. Pascale, Lettere d’iin Carcerato
1559-1560, a cura di A. Muston, Torre
Pellice 1926.
— Davide Jahier, I Calabro-Valdesi. Le Colonie Valdesi in Calabria (Quaderno XVII
febbraio 1929)
è pregato di mettersi in contatto col pastore
Vincenzo Sciclone, Via Frugiuele, 2 - 87100
Cosenza, tei. 0984/23624.
dalla loro umanità, dall’impegno che
« allora » assunsero per la difesa delle
creature e la libertà, ha tratto una predicazione che ancora dura fra noi.
Però, finite le celebrazioni, ammainati i ricordi, dobbiamo essere certi,
consapevoli che nulla è finito, e « resistenza e liberazione » restano obbiettivi vitali, testimonianza richiesta ancora oggi alla chiesa del Signore. Cambiano situazioni e modi, ma resta sempre il sistema di questo mondo, un sistema al quale ’bisogna’ resistere, un
sistema avverso al quale si deve lottare per la liberazione d’una umanità
destinata a crescere avendo in vista la
statura di Cristo. S.
sua reale indipendenza e di svolgere
una politica veramente popolare. È
giusta l’osservazione dell’on. Nenni che
nuovi eventuali impegni politici con i
nostri alleati atlantici non possono essere precostituiti dal presidente della
Repubblica né dal ministro degli esteri, ma devono essere discussi e deliberati dal Parlamento: ma vi è da affermare fermamente che comunque non
è possibile vincolare la soluzione della
nostra crisi economica all’accettazione
di pressioni esterne e di condizionamenti di politica estera ed interna. Il
costo sarebbe maggiore di quello della
stessa crisi!
Questa crisi richiede piuttosto un.a
ampia solidarietà popolare, che può
essere anche mediata dalla sinistra
politica, ma che si realizzerà in modo
sincero e pieno solo se vi sarà una modifica sostanziale del tipo di sviluppo
economico del nostro Paese, finalizzandolo agli interessi dei lavoratori, facendo toccare con mano i vantaggi di
quelle riforme di cui da troppo tempo
si parla. La questione comunista è ancor più la questione della crisi della
DC e la questione di una reale politica
alternativa popolare al malcostume e
al servilismo.
nord-sud-est-ovest
I Migliaia di studenti thailandesi hanno
svolto una massiccia ma pacifica manifestazione in un parco di Bangkok chiedendo 1 abbassamento a 18 anni del limite di età
per gli aventi diritto al voto; i loro rappresentanti hanno presentato la richiesta al presidente deirAssemblea nazionale, che sta discutendo il progetto di nuova Costituzione.
I La Società italiana resine (SIR ha vinto
un concorso internazionale indetto dallo
Stato del Qatar (sul Golfo Persico) per la
fornitura di un dissalatore di acqua marina
da 1850 l’ora di acqua dolce. 11 disssalatore sorgerà accanto a una centrale termoelettrica : il complesso dei due impianti — con
un investimento di circa 38 miliardi di lire
— fornirà insieme energia ed acqua per usi
civili e industriali.
■ Un aereo appositamente predisposto dalla NASA, l’ente spaziale statunitense,
ha iniziato una serie di ricerche relative al
traffico; il ’’laboratorio volante” dovrà consentire fra l’altro, lo studio dei problemi connessi con le operazioni in vicinanza degli aeroporti.
H Secondo le ricerche di un giovane astronomo dell’Osservatorio di Palomar in
California, le ’’lune” del pianeta Giove sarebbero 13 e non 12.
■ Nelle università algerine sì è avuto, negli ultimi cinque anni, un aumento di
studenti del 25%; saranno quest’anno oltre
35.000, fra cui circa 7.000 donne; l’incremento è particolarménte forte nelle facoltà
scientifiche e tecniche.
H È stata abrogata, in Grecia, la legge che
38 anni fa aveva messo al bando il partito con^unista; esso parteciperà quindi alle
prossime elezioni.
I 11 dollaro neozelandese è stato svalutato
del 9%, quello australiano del 12%.
Un ponte sul quale si procede
assai circospetti, finora
(segue da pag. 1)
que metta in discussione l’ingiusta legislazione dell’apartheid. Le situazioni
non sono identiche, ma sono analoghe.
Sia esso intimamente condiviso, sia
esso penosamente subito, l’atteggiamento del regime condiziona manifestarnente, in modo pesante, non dico
tutti i fratelli dell’est europeo, ma molte delle loro espressioni puljbliche, anche nella KEK. Mi rendo perfettamente conto che è facile, a me, dire que- '
sto, rnentre per loro è in gioco lo spazio vitale. Ma non mi pare neppure
giusto tacere questa situazione. Così
come non penso affatto che questa vanifichi il senso e il lavoro della KEK,
ai due lati del fosso: la KEK resta invece un ponte utile, sotto molti riguardi unico e insostituibile, anche se su
di esso si procede e ci si incontra,
spesso, con troppa circospezione.
Un altro aspetto, meno appariscente,
di questa ’’pressione ideologica” si è
avuto nei documenti che hanno incensato la Conferenza per la sicurezza e
la Dace in Europa (ve n’è un accenno
anche nel « Messaggio alle Chiese »).
Ora tutti noi sappiamo benissimo che
questa Conferenza, voluta dall’Unione
Sovietica, è stata finora — e promette
di restare — un gran buco nell’acqua,
veramente un ’’nulla di fatto”, anche in
seguito al rigido rifiuto sovietico di liberalizzare la circolazione delle idee
oltre cortina e nell’URSS in particolare, come chiedevano (pura propagan
da?) gli occidentali. Sappiamo tutti benissimo che è così, e invece si è continuato a rallegrarsi, a congratularsi,
ad augurare e ad auspicare: una gran
sbavatura. Una certa ’’distensione” è
una realtà: da salutare e apprezzare
con gratitudine, da valutare sobriamente nei suoi limiti e condizionamenti, da "sfruttare” per un incontro
e un confronto seri ovunque possibile.
Ma non si elogi ciò che veramente è
tattica e propaganda, e non vi si riponga speranza. E farina che va in crusca,
quella.
Dedico — un do’ scherzosamente —
queste riflessioni in modo particolare
a quelli che forse non avessero atteso
a leggere fin qui per accusarmi di propaganda, e a quegli altri-che invece volessero utilizzarle proDrio come materiale da propaganda. Gli uni e gli altri
mi avrebbero frainteso e malamente
"utilizzato”.
Il grande confronto fra la giustizia
e la libertà non ha bisogno di propaganda, anzi ne muore; ha bisogno di
verità.
L’Evangelo penetra e spazza via le
propagande; è la verità, preme per una
giustizia e una libertà che vadano abbracciate, le proclama e le promette
come la realtà definitiva. Nonostante
tutto la KEK resta un luogo d’incontro vivo, perché questo Evangelo vi è
cercato e ascoltato e i più rigidi condizionamenti di tutti noi gli resistono solo fino a un certo punto...
UN PROBLEMA APERTO GIÀ’ TRENT’ANNI FA
lantonomia dalla Valli Valdasi
Proseguendo il dibattito avviato nelle ultime settimane, Roberto Nisbet,
allora sovrintendente del I Distretto, precisa perché non si lottò per quello
che a molti pareva un ghetto
Il nostro settimanale si è già varie volte
occupato della proposta, ventilata alla fine
dell’ultima guerra, di creare una regione autonoma delle Valli Valdesi, proposta ostacolata, si dice, dalla Tavola Valdese, e, in
definitiva, dal Sovrintendente dell’epoca.
Ho letto con interesse i vari interventi e
« dei dì che furon m’assalse il sovvenir ».
Penso di dover intervenire anch’io sia perché
chiamato in causa, sia perché nella Tavola
allora in carica (Moderatore Virgilio Sommani; Vice Moderatore Luigi Marauda; membri: A. Deodato, A. Ribet, R. Nisbet, E. Rollier, O. Scaccioni) avevo la sovrintendenza
delle Valli.
Nella impostazione del problema alcuni
particolari vanno messi in giusta luce.
Anzitutto Rollier e Nisbet non erano che
gli esponenti, il primo di un piccolo, sia pure rispettabile, gruppo di intellettuali; il secondo esprimeva il sentimento della quasi totalità della popolazione Valdese. Lo dice lo
stesso Viallet, quando scrive che « la Chiesa
OPERAI
STAGIONALI
IN SVIZZERA
Nuovi indirizzi
Il pastore emerito Alfredo Scorsonelli,
avendo coneluso il tempo della sua temporanea ripresa di servizio attivo presso le comunità metodiste di Gorizia, Trieste ed Udine,
comunica che con il 1° ottobre il suo indirizzo torna ad essere il seguente: Via S. Marta. 17 - 56100 PISA, - tei. 500197.
Il pastore metodista Enos Mannelli comunica il suo nuovo indirizzo, a partire dal 1°
ottobre: Via G. Galilei 4. 19100 La Spezia,
tei. 0187/37.189.
« Voce Evangelica », mensile
per le Chiese Evangeliche di lingua
italiana della Svizzera, nel suo n. 7-8
di luglio e agosto scorsi recentemente
pervenutoci, riporta dal « Kirchenbote » del cantone di Zurigo, in data
16.5.’74, il seguente articolo (La traduzione è da noi ritoccata soltanto in
qualche parola).
« Per la verità non si è molto al corrente sulle condizioni di vita degli stagionali (Qperai che soggiornano in
Svizzera per lavoro, non durante tutto l’anno ma soltanto per un periodo
più o meno breve dell’anno). Sappiamo sì che il loro numero è andato aumentando negli scorsi anni; che il Consiglio Federale ha ridotto il contingente del 1973 a 192.000 unità; che la gran
parte di essi lavora nell’edilizia e nell’industria alberghiera; ma per il resto essi vivono separati da noi, per lo
più in baracche fuori dall’abitato.
A loro sono negati molti diritti di
cui possono invece usufruire altri. Non
hanno diritto di cambiare il posto di
lavoro, non hanno il diritto di vivere
con la propria famiglia, non hanno il
diritto di affittare un alloggio. Pagano
tutti i premi di assicurazione invalidità, ma in caso d’invalidità non percepiscono nessun aiuto per poter imparare un altro mestiere e poter di
nuovo inserirsi in altra attività. Così
pure essi pagano per intero i premi di
assicurazione vecchiaia, ma non hanno diritto a prestazioni complementari.
Durante il periodo di sosta OBBLIGATA tra un contratto stagionale e l’altro. essi non hanno alcun diritto alla
assicurazione della disoccupazione e,
se per caso si ammalano durante questo periodo, la cassa malattie non risponde con nessun contributo. Gli stagionali pagano le tasse normali di tutti gli altri lavoratori, ma sono esclusi
dal benefìcio di molte infrastrutture,
come le scuole.
Un italiano lavorò per 11 anni, dal
1962 al 1973, presso la stessa ditta di
Winterthur: per cinque anni quale stagionale, poi col vermesso annuale. Un
inverno che egli, dopo nove anni di lavoro in Svizzera, si trattenne in Italia
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
più a lungo del previsto, perse il diritto al permesso annuale e dovette ricominciare da capo come stagionale. È
poi successo il fattaccio: nel corso di
una tempesta di neve, una settantina
di operai edili si rifiutò di continuare
il lavoro, egli venne preso di mira come esempio d’intimidazione e fu licenziato sui due piedi. L’Ufficio Cantonale del Lavoro gli vietò di lavorare in
altro posto e la polizia degli stranieri
gli comunicò che doveva lasciare la
Svizzera.
Ne il consolato né il sindacato poterono intervenire dato che era uno stagionale. In teoria sarebbe stato possibile far ricorso al Consiglio Cantonale, ma per far questo egli avrebbe dovuto essere in possesso di un permesso di lavoro e di soggiorno anche provvisorio, cosa che in quella circostanza
non aveva.
È vero che altri stagionali sono trattati meglio dai loro datori di lavoro,
ma è anche vero che questo non è il
caso singolo e mette in luce quanto
uno stagionale straniero dipenda dall’atteggiamento del padrone-senza possibilità di difendersi. (Ci sono pure
molti svizzeri con contratti di lavoro
stagionale, ma questi godono di pieni
diritti pari a quelli di tutti gli altri lavoratori) ».
CHE COSA LEGGONO
if « Nel 1783 Giorgio Washington si
riposava leggendo le lettere di Voltaire
e il saggio “SùlVintelletto umano” di
Locke; Eisenhower leggeva racconti di
cow-boys e romanzi polizieschi. Per gli
uomini che oggi riescono nelle alte
sfere della politica, dell’economia e
dell’esercito, sembra che il "briefing’’
( = rapporto informativo riservato) e
l’ordine di servizio abbiano sostituito
non soltanto il libro serio, ma persino
il giornale. Questo è forse un fatto
normale, data l’immoralità del successo, ma l’aspetto sconcertante di questo
fenomeno è che questi uomini sono
al disotto del livello culturale minimo, necessario per potersi un po’ ver
gognare della mancanza di cultura
nelle loro distrazioni e della mancanza di nutrimento
spirituale ».
Quanto sopra è
tolto dal libro di
C. Wright Mills, « La classe al potere »
(ed è riportato nel « Nouvel Óbservateur » del 12-18.8.’74). È chiaro: l’autore non pretende che un presidente
USA arrivi alla saggezza di un Socrate
(« Io so una cosa sola, che non so niente »), ma ragionevolmente vorrebbe
che egli arrivasse almeno ad avere un
po’ di pudore della propria ignoranza.
Dallo stesso libro, pensiamo che possano interessare ai nostri lettori anche le citazioni seguenti.
« Una società in cui le alte sfere e i
gradini intermedi sono generalmente
considerati posti da conquistare per
mezzo di trucchi astuti, non può produrre uomini dotati d’un senso morale profondo. Una società la cui arte è
soltanto quella di sapersi arrangiare,
non può produrre uomini di coscienza. Una società che attribuisce al verbo “riuscire" unicamente il significato
di “sapersi accumulare grandi ricchezze”, e che da questo punto di vista condanna il fallimento come il più grande dei vizi, elevando il denaro a livello
di valore assoluto, produce il furbo
imbroglione e il losco affarista. Beati
i cinici, perché essi soli hanno i mezzi necessari per riuscire. (...)
Certo vi possono essere degli uomp
ni corrotti nel bel mezzo di istituziÒ-'
ni sane. Ma, quando le istituzioni sono
corruttrici, molti degli uomini che vi
vivono e che vi lavorano, sono necessariamente corrotti. Nell’era della società anonima, le relazioni economiche divengono impersonali e i dirigenti si sentono personalmente meno
responsabili. Negli ambienti anonimi
degli affari, della guerra e della politica, la coscienza individuale s’attenua
e l’alta immoralità s’istituzionalizza.
Non si tratta solo di un problema di
amministrazione corrotta nell’impresa,
nell’esercito o nello Stato: si tratta del
costume delle persone ricche che fanno l’impresa, cioè delle persone che
formano la classe capitalista profondamente radicata nello Stato militare ».
venne presa di sorpresa per la novità ». E
difatti la popolazione Valdese, ancora stordita per le ferite della guerra, a tutto pensava tranne che chiedere una autonomia amministrativa. Non ci fu nessun Concistoro,
nessun Pastore che in nessuna sede abbia
pensato di sollevare il problema. Quindi, giustamente aggiunge il nostro autore, « nessun
dubbio che il Sovrintendente nell’esporre la
sua perplessità sulla validità della soluzione
autonomista non abbia rappresentato, in reaita, Popinione della grande maggioranza ».
Non posso invece condividere il commento di Gustavo Malan secondo il quale « la
responsabilità del rifiuto deH’autononiia fu
in buona parte della Chiesa (non tutta) e
della Tavola Valdese e della valdese borghesia ». Non ho mai sentito, né allora né poi,
che i contadini e gli operai Valdesi si sieno
interessati all’ipotesi di una autonomia dello
Valli Valdesi. Non solo, ma le egregie ])crsone che avevano affacciato la proposta dell'autonomia erano quasi tutte e probabilmente
tutte esponenti della cosidetta « borghesia »,
Non entro in merito all’aspetto politico
della proposta. Non era né è mia competenza. Rilevo solo che si trattava di una proposta abbastanza vaga, e mi domando su quali
basi economiche una regione « Valli Valdesi »
avrebbe potuto sussistere. Mi domando anche se il veto, scontato, della Curia vescovile, e probabilmente dello stesso Vaticano,
non avrebbe senz’altro fatto naufragare il
progetto. Teniamo presente che il fatto nuovo, indicativo, di quest’anno è stato il rifiuto del popolo italiano al Referendum della
Chiesa Cattolica, ma fino a poco tempo fa, e
in larga misura ancor oggi, non muove foglia, in Italia, se quelli non vogliono.
Ma la visuale della Tavola Valdese non
poteva essere che quella religiosa, e da questo
punto di vista l’obiezione contro cui Eric Rollier polemizzava era perfettamente valida. Se
1 Valdesi avessero ricreato, con le loro stesse mani, quell ghetto che l’Editto di Emancipazione aveva spazzato via, la loro testimonianza non ne avrebbe ricavato il benché
minimo vantaggio, anzi sarebbero stati ancor più spinti alla periferia del corpo sociale di cui fanno parte. La storia non fa che
ripetere la volontà dei Valdesi à essere considerati parte della nazione, rifiutando solo le
imposizioni contrarie alTEvangelo. Ci fu. è
vero, una eccezione quando nel 1704 i Vaidesi e i Cattolici della Val Germanasca e Inverso Pinasca crearono la cosidetta Repubblica del Sale con capitale a Ferrerò, ma si
tratta di una vicenda che si legge con animo
divertito. Certo Gesù era un Galileo — un
emarginato — ma ciò non gli ha impedito di
proclamarsi completamente solidale con il
suo popolo, come .sarà vanto delTapostolo
Paolo di essersi fatto « servo a tutti, per
guadagnarne il maggior numero » (1 Corinzi 10: 9).
Sono perciò grato ai miei egregi interlocutori per avermi dato l'occasione di rilevare
che la Chiesa Valdese non ha mai voluto
identificarsi con un gruppo etnico e meno
che mai con una zona territoriale, ma che
ha sempre considerato il baluardo delle Valli
come una provvidenziale testa di ponte da
cui portare l’annunzio dell’Evangelo fino alle
estremità della terra, a cominciare da Gerusalemme, cioè dalla nostra stessa patria. Intorno a queste Valli non andava creato un
« muro di Berlino ».
Roberto Nisbet
Direttore responsabile; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)