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Anno 115 - N. 29-30
27 luglio 1979 - L. 250
ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
10066 TORRE PELLICE
Spedizione in abbonamento postale
Gruppo bls/70
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERVISTA AL MODERATORE
L'evangelizzazione
al centro
del dibattito sinodale
Costretti a rifiutare
« Un uomo fece una volta un grande banchetto e invitò
molta gente. All’ora del pranzo mandò uno dei suoi servi a
dire agli invitati: Tutto è pronto, venite » (Luca 14: 16).
Il bilancio del settennio di moderatura e alcune valutazioni suH’imminente assemblea in una lunga conversazione con Aldo Sbaffi
Mi riceve, con un sorriso, nel
suo ufficio estivo alla Casa Valdese di Torre Peliice. Ambiente
fin troppo sobrio: mobili stile
anni ’30, una scrivania con pile
di documenti e alie pareti grosse foto dei passati moderatori.
Aldo Sbaffl ha 67 anni ed è arrivato alia fine della moderatura — questa la prima impressione — senza logorare Timmagine di un uomo sereno e vivace. Anche se la conversazione è
spesso interrotta dagli squilli
del telefono non perdo il filo di
quest’intervista.
— Per la prima volta metodisti e valdesi siederanno in un
unico Sinodo poiché il « patto
d’integrazione », sottoscritto nel
1975,. si conclude quest’anno. Come valuta, in breve, il cammino
percorso?
Valdese è espressione nei confronti della Chiesa e dello Stato ».
Questi tempi lunghi nel cammino delle trattative indicano
con quanta serietà sia stato affrontato il problema dei rapporti valdo-metodisti; da una parte
e dall’altra vi è stata sempre
chiarezza di posizioni e rifiuto
di soluzioni di compromesso.
— Come ha vissuto, personalmente, la fase dell’integrazione?
— Il cammino percorso è stato molto lungo; esso ha infatti
avuto inizio nel lontano' 1942
con la proposta da parte della
Chiesa Metodista Wesleyana di
una unione con la Chiesa Valdese. Questo progetto non si è
potuto attuare per vari motivi
contingenti fra i quali va ricordato che nel 1946 la Chiesa Metodista Episcopale si univa alla
Chiesa Metodista Wesleyana,
creando quindi una situazione
completamente nuova.
Una svolta decisiva per le trattative con la Chiesa Metodista
Unita avviene nel Sinodo 1955
ed è allora che ci si orienta su
un « piano di unione » fondato
sui concetti di « unione di chiese e di autonomia ecclesiastica».
Nel 1969 viene istituita una
Commissione di studio con il
compito di confrontare le rispettive regolamentazioni.
Giungiamo così al 1974 quando
la Commissione è stata in grado
di presentare al Sinodo e alla
Conferenza Metodista un « progetto di integrazione globale fra
le chiese valdesi e metodiste »
contenente anche il piano di
gradualità per l’applicazione del
« progetto di integrazione ». Detto progetto è stato approvato
definitivamente nel Sinodo congiunto del 1975; i tempi proposti
per l’applicazione graduale del
progetto sono stati rispettati e
siamo ora in grado, quest’anno, di avere un Sinodo unico.
allo Stato.
IT secondo punto che ha creato per lungo tempo notevoli difficoltà è collegato al primo e riguardava la rinuncia al nome
«valdese». Il Sinodo del 1955 —
legge in un documento — « confessa di ' non poter ripunciare
ai valori vocazionali ed ecumenici conteputi nel nome di
’’Chiesa Evangelica Valdese” e
ai valori di cui l’Ente Tavola
— Per quanto concerne la mia
esperienza in questi ultimi sette
anni posso dichiarare che i rapporti tra la Tavola Valdese e il
Comitato-Permanente Metodista
sono stati improntati a franchezza, rifiuto di ogni forma di tatticismo, e reciproca fiducia.
Ora si tratterà di « vivere » a
livello di comunità locali il « dono » che è stato concesso alle
Intervista a cura di
Giuseppe Platone
(continua a pag. 8)
Chi può significare questo servo se non Gesù mandato nel
mondo a dire a tutti gli uomini
« Venite a Dio »? Possiamo senz’altro affermare che tutta la predicazione di Gesù non è stata altro che un continuo ed insistente invito ad ogni umana creatura a venire a Dio per avere la vita vera.
« Venite a me »... diceva Gesù
alla gente del suo tempo. E così
va ripetendo da quasi duemila
anni, mediante l’evangelo rivolto a tutta l’umanità così tanto
disorientata e che non sa più
verso quale direzione vivere.
Ma, come nella parabola, tutti rispondono con un rifiuto più
o meno rispettoso. Palesemente
o sfacciatamente, singoli individui e masse intere si lasciano
adescare dalle molte parole dei
« mass media » pubblicitari, politici ed anche ecclesiastici, e rifiutano la parola di Gesù. Respingono l’appello di Gesù sollevando le più svariate scuse:
« L’evangelo — si dice — è orinai superato, è una dottrina
delle anime deboli, mentre noi
uomini moderni e progrediti tendiamo verso le conquiste più audaci mediante le tecnologie più
avanzate e secondo i programmi
politici più progressisti ».
Ma l’invito di Gesù non vuol
dire diventare deboli; non è un
invito a pesanti sacrifici, a rinunciare alla vita. Tutt’altro! La
parola dell’evangelo è un invito
alla vita! Alla vita vera, cioè ad
una vita su questa terra di vera
gioia, di vera pace, di vera giustizia, che Gesù presenta sotto
un
banchetto con Dio
DAL 18» « KIRCHENTAG » DI NORIMBERGA
La volontà di capire
Ê difficile
Kirchentag,
— E riguardo alle difficoltà
incontrate in questo « lungo cammino »...
— Esse riguardano principalmente due punti, il primo Torientamento della Chiesa Metodista Unita di creare in unione
con la Chiesa Valdese ima « Chiesa Evangelica Italiana »• Al riguardo da parte valdese si faceva presente come creando una
nuova Chiesa sarebbe sorta l’esigenza di un riconoscimento giuridico da parte dello Stato, il
che avrebbe comportato una situazione di dipendenza dallo Stato, mentre la Chiesa Valdese,
esiste di fatto e di diritto con
ordinamento autonomo di fronte
tradurre la parola
ma non è difficile
descrivere le impressioni che
suscitano queste « giornate della chiesa », che sono un’enormè
manifestazione-convegno dei protestanti tedeschi. In cifre: 70-80
mila persone che si radunano
in una città — quest’anno Norimberga 13-17 giugno — e che
vengono incanalate in parte nelle chiese e la maggioranza nei
padiglioni della Fiera. Una partecipazione giovanile imponente
che faceva scrivere a un giornale: quésti giovani hanno scambiato il Kirchentag per un festival della gioventù! L’organizzazione, per altro sperimentata
(è il 18° Kirchentag), riesce a
mala pena a far fronte. La manifestazione è divisa in due parti: circa quattrocento « stands »
più o meno grandi presentano
tutto quello che la chiesa in
qualche modo fa (associazioni,
editoria, diaconia, ecc. eco.); altrove si svolgono contemporaneamente studi biblici e conferenze, seguite da discussione.
Quattromila per sentire uno studio biblico. Poi vengono chiuse
le porte e chi è fuori va a cercarsi .un altro posto. Käsemann
ripete due volte il suo studio
sulla santa cena: ogni volta la
chiesa di S. Lorenzo, imponente costruzione gotica ricostruita
nei minimi particolari dopo la
guerra, è strapiena. Ma succede
così anche a Hollenweger, a
Zahrnt, a Pannenberg, per non
parlare della Solle (dove per
assicurarci a mala pena un po
sto siamo andati quasi due ore
prima). Questi nomi sono tra
quelli più famosi nel cielo della
notorietà teologica ed ecclesiastica del momento.
Norimberga: la città dei grandi raduni nazisti. Città protestante che fa da contrappeso
alla cattolica Monaco, capitale
della Baviera. Nel dopoguerra
vi si svolse il processo ai criminali di guerra nazisti. Dopo la
serie televisiva Olocausto l'attenzione si concentra di nuovo
sulTantisemitismo e il rapporto
tra ebrei e cristiani. Tutto questo non poteva sfuggire al Kirchentag che infatti vi ha dedicato una buona parte dei lavori.
La necessità di ripensare alla
comune responsabilità viene
sottolineata anche dalla esposizione di documenti preparata
con la solita efficacia dalla biblioteca cittadina: vi si rivedodono i risultati delle elezioni del
1933 quartiere per quartiere (il
partito di Hitler riceve i voti
più numerosi nei quartieri abitati da ricchi e da intellettuali),
nonché il progresso della propaganda antisemita. Le polemiche sono tutt’altro che inutili.
Per le strade riceviamo un ambiguo volantino intitolato « sette
tesi contro i giudei ». Vi si accusa la chiesa di parlare troppo dei crimini contro gli ebrei
e non ricordare quelli perpetrati dalla Riforma contro spirituali e anabattisti. Appello ad
abbandonare la chiesa ufficiale,
dichiarata perversa.
Quali sono le ragioni del suc
cesso del Kirchentag, di Norimberga, il più numeroso che si
sia mai avuto? Il Kirchentag è
un momento di massa, ma chi
ci viene indubbiamente è in cerca di qualche cosa. Il Kirchentag è tutt’altro che un’oasi di
pace; anzi sembra che non si
possa fare un passo senza trovarsi faccia a faccia con testimonianze dei problemi aperti
dell’umanità. Il desiderio dei
partecipanti non è che la chiesa eviti questi problemi, ma che
li affronti con dibattiti nei quali chi parla si senta obbligato
verso un'istanza superiore a
quella solita del partito, o di
un interesse troppo particolare.
La chiesa riesce così ad esser il
luogo di un dibattito che fa appello a quella che crediamo, in
fondo, esser la parte migliore dì
noi stessi: la volontà di capire e
il desiderio di offrirsi per qualcosa che ne valga la pena.
Chi gestisce il Kirchentag sa
di dover mantenere un equilibrio oscillante aperto a degli
apporti assai diversi. Naturalmente non è facile. Alle due
estreme fioccano le proteste: i
giovani di sinistra vorrebbero
prese di posizione più precise;
quanto alla destra, evita di apparire e, come sempre, recrimina. Ma tutto sommato il visitatore straniero se ne va con la
impressione che la chiesa sia in
Germania leggermente più a si
Sergio Rostagno
(continua a pag. 8)
forma di
Padre.
Se è così (come è così), perché
il richiamo di Gesù non è accettato? La risposta ce la dà l’evangelo stesso dove è scritto — secondo la parabola — che tutti
gli invitati erano impediti da diversi loro impegni. Infatti non si
può dire che quelle scuse avanzate dagli invitati della parabola
fossero proprio dei pretesti per
sfuggire ad un obbligo. No, non
erano bugie. Possiamo invece affermare che essi furono « costretti» a rifiutare quell’invito.
Proprio come l’attuale nostra
società civile ed industrializzata,
la quale è come « costretta » a
non accettare l’invito che il Signore le rivolge. Senz’altro tutta
la gente è convinta che se ogni
persona ed ogni nazione accettassero la parola di Gesù, tutto
il mondo potrebbe vivere davvero nella pace e nella giustizia e
non avrebbe più bisogno di trattati diplomatici (SALT primo o
SALT secondo) per evitare una
catastrofe nucleare. Non credo
del tutto che agli uomini (credenti e non credenti) manchi il
desiderio di vivere secondo
l’evangelo. Ma è il sistema sociale, politico, economico, culturale che ci siamo costruito, che
ci impedisce di mettere in pratica seriamente e radicalmente
l’evangelo. « Non si può, come è
possibile — dice l’uomo d’oggi
— vivere da cristiani nel vero
senso della parola? Sì, si possono seguire i riti religiosi, accettare i sacramenti, sottomettersi
anche alla autorità ecclesiastica... ma non si può mettere in
pratica — ad esempio — l’insegnamento del " Sermone della
montagna”! Ci sono gli impegni
familiari, professionali, commerciali, politici da rispettare... (Proprio come nella parabola nella
quale c’era chi aveva comprato
un terreno, chi un paio di buoi,
chi aveva preso moglie, e perciò
era impedito di accettare l’invito). E così, alla chiamata del Signore, praticamente tutti rispondono uno dopo l’altro: « Signore,
ti prego di scusarmi ».
E allora? « Allora, pieno di
sdegno, il padrone di casa — racconta la parabola — ordinò al
suo servo: Esci subito e va’ per
le piazze e per le vie della città
e fa venire qui, al mio banchetto,
i poveri, 'gli storpi, i ciechi e gli
zoppi. Va’ per i sentieri di campagna e lungo le siepi e spingi
la gente a venire ».
Oh, sì, contro un mondo che
sottovaluta e rifiuta l’appello
dell’evangelo il quale chiama ad
una vita nuova in Dio, vi è lo
« sdegno » del Signore il quale
non condanna né punisce i renitenti superbi e presuntuosi dei
loro sistemi di vita, ma manda il
suo servo, ovvero rivolge il suo
messaggio di salvezza a quelle
categorie di uomini che la moderna società dei consumi disprezza ed emargina, cioè — secondo la paràbola — i poveri,
gli storpi, i ciechi, quelli, che
stanno lungo le siepi ed i sentieri delta campagna, ovvero ai
margini della città.
Secondo la nostra fede e la nostra speranza, noi crediamo che
Gesù va tuttora alla ricerca della gente da condurre alla vita
eterna, alla vita vera. Ed ancora
si rivolge non più a coloro che sì
reputano i padroni del mondo,
non più ai bigotti che si illudono
di trovare la pace nelle cerimonie religiose più o meno fastose,
non più a quelli che rifiutano
Giuseppe Anziani
(continua a. pag. 2)
2
27 luglio 1979
VALDESI IN AMERICA LATINA - 1
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Cinquant’anni dopo Personaggi protestanti
Queste « note di viaggio », si
riferiscono al viaggio che ho fatto recentemente nell’America
del Sud e più precisamente in
quella regione che denominiamo Rio de la Piata e che ci interessa in modo particolare perché in quella regione « esiste »,
vive ed opera la chiesa evangelica valdese del Rio de la Piata.
Di quella chiesa, chi ne ha scritto
per ultimo, su queste colonne, è
il pastore Bruno Rostagno e desidero, qui, esprimergli la mia
personale e sincera riconoscenza.
Come « vecchio » pastore che
ha svolto quasi tutto il suo ministero in quell’area e che, cinquanta anni la, è partito dall’Italia per iniziare il suo ministero nella Pampa argentina,
nella chiesa di Colonia Iris, ho
creduto che potesse interessare
i lettori qualche semplice e non
impegnativa « nota di viaggio ».
Cinque novembre. Domenica.
Arrivo, in aereo, a Ezeiza, a 30
km. da Buenos Aires. Tralascio
tutto quello che si riferisce al
viaggio, al primo contatto con
la enorme e caotica capitale argentina, alle prime impressioni
che sono sempre personali e
soggettive.
La mèta del mio viaggio non è
Buenos Aires, il mio interesse
non è turistico. La prima méta,
e la più lontana, è Colonia Iris,
nella Pampa, a 800 km. da B.
Aires. Dopo appena 11 ore di
pullman eccomi a Bahia Bianca
la bella e grande città del sudargentino. Qui vi è, da una ventina d’anni, rma comunità valdese costituita nella sua quasi
totalità da famiglie provenienti da Colonia Iris. Nel periodo
di tredici anni che trascorsi a
C. Iris il viaggio a Bahia Bianca
— 130 km. — era o poteva essere
avventuroso. Ci si andava quasi
soltanto per necessità. Ora, grazie ad una magnifica strada asfaltata — un solo rettilineo —
si percorre quella distanza in
un’ora e mezza! Allora il treno,
il mezzo più sicuro, «ci metteva »
quasi quattro ore!
Con una sosta di quattro
giorni visito varie famiglie —
tra i quaranta-cinquantenni e in
su chi non è stato alunno della
scuola domenicale, o catecumeno, o non è stato battezzato nel
periodo del mio primo ministero pastorale? — Un amico, excatecumeno, mi «porta» a J.
Arauz. La campagna è bellissima, il raccolto, ormai vicino, si
annuncia abbondante. Questa comunità ha conosciuto anni di
crisi economica acuta dovuta alla siccità ed alla conseguente
mancanza quasi totale di raccolto e si deve a questa crisi il fatto che negli anni 30-40, e ancora
dopo, molte famiglie si sono
trasferite in questa città. Oggi
la commiità ha 250 membri.
A C. Iris la comunità ha più
di 800 membri, dispone di cinque luoghi di culto, quattro sale per le attività varie e nel concistoro ci sono 22 diaconi e 4
anziani; i predicatori laici non
mancano e siccome il pastore
non ha il dono della ubiquità
CORPO PASTORALE
Il Corpo Pastorale è convocato per
SABATO 28 LUGLIO
alle ore 9 nell’Aula sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice con il seguente ordine del giorno:
1) Passaggio da straordinari a ordinari
dei Professori Paolo Ricca e Sergio
Rostagno, a norma dell'art. 28 del
Regolamento della Facoltà Valdese
di Teologia;
2) Risultanze dei coHogui pastorali di
Palermo, Ecumene e Milano;
3) Varie.
SINODO
DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE
Il Sinodo, secondo quanto disposto
dall atto n. 40 della sessione sinodale
europea 1978, è convocato per
DOMENICA 29 LUGLIO
I membri del Sinodo sono invitati
a trovarsi nell'Aula sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice, alle ore
15. Il culto di apertura con inizio alle
tS.30, nel Tempio di Torre Pellice, sarà
presieduto. dai Past, Sergio Aquilante.
• Lunedì 30 luglio, alle ore 21, avrà
luogo nell’Aula Sinodale della Casa
Valdese a Torre Pellice, una seduta
sinodale dedicata alla
EVANGELIZZAZIONE
diversi culti, ogni mese, sono
presieduti da laici.
Cinquanta anni fa quella comunità era isolata — lo era ancor
di più il pastore! — con pochissimi contatti con la comunità
metodista di Bahia Bianca, mentre oggi incontri a livello comunitario, resi più attuabili
grazie alla rete stradale, si svolgono con una certa regolarità e
con -risultati molto positivi, tra
valdesi, metodisti, evangelici-luterani ecc.
Questi contatti con evangelici
di altre denominazioni — molto
positivi e significativi — non
hanno escluso che sia sentito il
bisogno di contatti con altre chiese valdesi, specie deiruruguay, e
questo bisogno, questo desiderio di contatti all’interno ha
spinto — pochi mesi fa — il
concistoro ad organizzare un
viaggio collettivo in pullman
per partecipare all’ultimo sinodo, a C. 'V'aldense. Più di 40 persone, non tutte giovani, affrontarono i mille duecento km. che
separano C. Iris da C. Vaidense
(percorso più lungo del -normale, è vero, dovuto al fatto che,
invece di attraversare il Rio de
la Piata tra B. Aires e Colonia,
oggi, grazie alla recente costruzione di un magnifico ponte sul
Rio Uruguay tra Gualeguaychù
e Fray Bentos, si può lare il
viaggio senza trasbordi di nessuna specie). Con quale scopo?
Per partecipare « in tote » o in
parte, al Sinodo della chiesa
valdese (area rioplatense). Viaggio che risultò più complicato
del previsto ma che ci aiuta a
capire quale sia l’interesse che
regna in quella comunità per
seguire i problemi della chiesa
nel -suo insieme.
(continua) s. Long
Dalle chiese
NOVARA
Domenica 17 giugno ha avuto
luogo a Vintebbio, un incontro
delle Comimità di Novara, Vercelli, Biella e Omegna. Dopo il
culto tenuto dal fratello Sergio
Margara della chiesa di Vercelli, il teologo Amilcare Giudici,
che lavora nelle Comunità di
Base, ha presentato l’Enciclica
di Giovanni Paolo II, Redemptor
Hominis, facendone una lettura
critica, ed evidenziandone gli aspetti positivi e negativi, è seguito un interessante dibattito
che dal testo dell’enciclica è
risalito anche alla -figura e all’opera dell’attuale papa.
Nel pomeriggio è stato chiesto
al teologo Giudici di illustrare
il lavoro delle Cdb e cosa ci
può oggi affratellare.
A se^ito di un’interessante
ed ampia spiegazione è emerso
1 interesse con cui le chiese evangeliche guardano alle Cdb. Tra
i molti interventi, quello del fratello Gustavo Burat della chiesa di Biella che ha espresso il
vincolo fraterno che ci lega alle
Il convegno ha avuto quindi
un buon esito e anche grazie
al notevole contributo del teologo Giudici ha pienamente soddisfatto tutti gli intervenuti.
MILANO
rino.dove fu chiamata a posti di
grande responsabilità soprattutto nella Fabbrica Carello. Ivi divenne capo del personale e vi fu
apprezzata per la sua dirittura
morale e per la comprensione
degli operai e dei loro familiari
per lunghi anni.
_ Profondamente solidale con
l'opera di testimonianza evangelica, nelle varie chiese e presso
l’Esercito della Salvezza, sostenne con generosità la diffusione
della stampa evangelica, come
strumento di evangelizzazione.
Lettrice assidua della Bibbia,
volle che, nel giorno del suo funerale, la comunità meditasse
sul passo del Salmo 21, vers. 4:
« Ti avevo chiesta Vita e tu glie
l’hai data: lunghezza di giorni
perpetua ad eterna ». Si è spenta il 30/6/79, all’età di 81 anni.
Il ricordo della Sua persona rimane per noi un invito alla fedeltà all’Evangelo.
I doni in memoria di Marta
Morando Rabaglio saranno destinati all’Asilo Valdese per Anziani di Luserna San Giovanni.
ROMA
La mattina di lunedi. 18 giugno un gran numero di fratelli
e di amici affollavano il tempio
valdese di Milano per recare il
saluto della riconoscenza e delsperanza alle spoglie mortali
ui SiinoncttE MbiU© Pinardi, ch6
ci ha lasciati dopo otto mesi di
dura malattia affrontati con cristiana fermezza.
Piglia del pastore Giovanni
Enrico Meille e della poetessa
Ada Meille (nota come l’autrice di « o paese, paese, paese »),
Simonetta Pinardi aveva sempre
considerato, con naturalezza,
che la sua vita doveva essere
vissuta in stretto contatto con
la chiesa: membro del Concistoro fin dal 1965, aveva spesso
offerto il suo servizio volontario sia per la segreteria del Concistoro che per la segreteria,
più pesante, della chiesa. Attiva
nella locale unione femminile,
aveva fatto parte per vari anni’
del comitato della federazione
femminile valdese. Con lei scompare, presto (aveva 66 anni),
una figura caratteristica della
chiesa di Milano, una persona
amata, che sarà ricordata da
molti.
TORINO________________
È mancata Marta Morando Rabaglio. Figlia delle prime comunità evangeliche della provincia di
Asti e precisamente di Castagnole
Lanze, visse sempre a Torino.
Partecipò con entusiasmo e costanza alla vita delle comunità
evangeliche con autentico spirito ecumenico.
Non solo visse, ma lavorò a To
« Dal padre pastore protestante — così commenta "D Giornale" dell’ 1,5. rievocando la bel^ figura del prof. Bernardo
Cacciapuoti scomparso a Roma
il 27.4. all’età di 66 anni — e dalla madre anglosassone, Cacciapuoti aveva ricevuto un’educazione severa e puritana. Profondo esperto dell’energia nucleare
e padrone delle principali lingue avrebbe potuto utilizzare
queste sue qualità dal punto di
vista professionale nel mondo
industriale internazionale a fini
di lucro. Non volle mai farlo ».
Membro della Chiesa Metodista di ’Via Firenze era ultima,
mente direttore dell’Istituto di
Fisica e della Facoltà di Scienze a Pisa. Fisico insigne: già da
giovanissimo fu chiamato da
Emilio Segre (Nobel per la Fisica) a collaborare alle sue ricerche. Alla moglie, alla figlia e
ai numerosi familiari esprimiamo la nostra solidarietà in Cristo.
Costretti a rifiutare
(segue da pag. 1)
l'evangelo di Gesù perché si sono fatti un loro vangelo ad uso e
consumo dei loro interessi. Gesù, fedele al mandato ricevuto
dal Padre, si rivolge a chi vive e
soffre la vita quotidiana moralmente oltre che materialmente;
cioè gli umili, gli afflitti, gli angosciati, i miseri, che egli raccoglie lungo i sentieri infangati di
questo mondo, ai margini della
vita civile, forse fra coloro che
non praticano i riti delle chiese,
ma che però sentono il bisogno
della pace interiore e delta pace
fra tutti i popoli, e che credono
nel vero amore, nella vera vita,
quella vera che Dio ha pronta
per tutti quelli che credono in
Cristo Gesù.
G. Anziani
L’Eco di Padova del 22 giugno
dedica larga parte della sua terza pagina ad una rievocazione
di Ferdinando Geremia, studente nei tardi anni venti alla
Facoltà Teologica, repubblicano, confinato politico, collaboratore di Protestantesimo e di
Gioventù Evangelica (da cui
viene ripreso un profetico articolo).
Hi
Il Gazzettino del 1° giugno
dedica un ampio articolo alle
fortune di Billy Graham. Con
toni spesso entusiastici viene ricordata la solidità della organizzazione creata dal Graham,
la sua eccezionale capacità oratoria dotata di un vero e proprio carisma, e la sua stretta
collaborazione con quella parte
dell’establishment statunitense
rappresentata dal partito repubblicano (Eisenhover e Nixon).
He * H:
Con il suo ultimo libro «Il
Testamento di Dio » Bernard
Leyy, il più famoso dei nouveaux
philosophes di Parigi, spezza
una lancia in favore del monoteismo di origine ebreo-cristiana contro il politeismo « creatore di mostri». Il Giorno del 30
giugno riferisce sulla tavola rotonda tenuta a Milano per la
presentazione del libro, e già
nel numero del 26 aprile gli dedicava un articolo e una intervista di Ugo Ronfani. Da cui
appare che la conseguenza sociopolitica di questo ritorno al
monoteismo si è che « non c’è
umanità se c’è oltraggio alla
Legge unica per tutti, come l’avevano concepita il giudaismo
e il cristianesimo delle origini »
al di fuori della quale «c’è soltanto la barbarie. E l’uomo è
lupo all’uomo ». Dalla intervista
e dall’articolo del Ronfani sem
bra di capire che il Levy si è
fermato all’Antico Testamento e
non ha afferrato bene cosa intendeva dire Gesù quando affermava di non essere venuto a
rifiutare la Legge, ma a completarla.
* * *
Sembra si facciano sempre
più frequenti le citazioni di personaggi e teologi protestanti
nella stampa, cattolica e non,
più aperta ai problemi ecumenici. La Difesa del Popolo di
Padova rievocando le persecuzioni naziste non manca di ricordare Niemòller ed altri esponenti della Chiesa Confessante;
a Bonhoeffer si riferiscono lo
Avvenire del 30 maggio parlando del concetto della libertà in
Cristo ; su Bonhooffer è impostato un articolo di Giannino
Piana in Dimensioni Nuove del
maggio ; di Karl Barth, rievocato come un profeta «che fa
intendere ai suoi contemporanei la Parola di Dio », scrive Angela Adamo sul Diario di Venezia del 15 giugno. E infine della influenza del protestantesimo sulla formazione della complessa^ civiltà statunitense parla
sul Giorno del 24 giugno Julia
Kristeva. D’altro canto in ima
intervista a Vittorio Messori
pubblicata da Jesus del giugno
il noto studioso marxista Ambrogio Donini «guarda con ironia a teologi come l’ex prete
portoghese Fernando Belo o a
valdesi come Giorgio Girardet,
con le loro letture "matèrialiste" o "politiche” del Vangelo»,
accusandoli di voler tentare di
conciliare ciò che è inconciliabile; il marxismo negatore di
ogni trascendenza e il cristianesimo che sulla trascendenza è
basato.
Niso De Michelis
TRIVENETO
Nuova teologia del bambino?
Organizzato dalla Federazione
regionale delle Chiese evangeliche del Triveneto, si è tenuto
domenica 24 giugno u.s. — nei
locali della chiesa battista di
Pordenone — il preannunciato incontro sul tema: « Una nuova
teologia del bambino? ».
La relazione introduttiva è
stata tenuta dal dott. Franco
Girardet del Servizio IstruzioneEducazione della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia, dopo il culto avuto in comune con la comunità di Pordenone. Erano presenti oltre una
quarantina di persone delle comunità, oltre quella di Pordenone, di Venezia-Mestre e diaspora e Vicenza.
Franco Girardet, si è dichiarato contrario ad una « celebrazione » dell'anno del fanciullo e
dopo avere citato i passi più
significativi dell’A.T. e N.T. che
parlano dei bambini e nei quali
si riflette la posizione di emarginazione in cui si trovavano in
quei tempi, ha esposto una serie di considerazioni sul bambino: - esempio:
— non produce e quindi la
società lo valuta negativamente;
— è proiettato verso l’avvenire;
— ha attitudine al cambiamento, ecc.
Si sono susseguiti numerosi
interventi con domande volte a
conoscere, tra l’altro, chi deve
dare un insegnamento biblico
ai nostri figli: la comunità o la
famiglia? È stato chiesto un parere sulle «armi-giocattolo » e
sul loro peso sulla formazione
aggressiva del bambino. Le risposte non erano facili; sulla
comunità e sul come intenderla
F. Girardet ha citato gli esempi
di Pachino e di Cinisello; qui
la comunità è costituita da gruppi di persone a servizio di altri
come testimonianza di credenti; ha concluso che da parte delle nostre comunità c’è attualmente mancanza di idee utili a risolvere i problemi della società
in cui vivono i nostri figli.
Dopo l’interruzione per il pranzo, al pomeriggio sono stati trattati alcuni problemi riguardanti
la Scuola domenicale e l’istruzione (o educazione) religiosa.
Franco Girardet ha esposto
il pensiero dello psichiatra americano K. Rogers:
— non cristallizzarsi al « si è
sempre fatto così » « si è sempre detto così », ma essere
agenti di cambiamento;
— per interessare e coinvolgere
bambini e ragazzi avere la capacità di mettersi in questione; e poi ancora un pensiero
sulla « genitorializzazione »
(cioè il rovescio dell’istituto
della affiliazione).
Su questo ultimo punto è stata citata la notizia venuta dalla
Svezia lo scorso anno secondo
la quale è possibile il «divorzio »
tra genitori e figli e questi non
solo possono uscire di casa per
vivere da soli, ma è data loro
anche la possibilità di trovarsi
altri genitori!
Il discorso si è così allargato
ed allora è stata posta la domanda: se la famiglia si sta sfasciando che previsioni si fanno? Come risposta, anche in questo
caso, F. Girardet ha riproposto
come valido, a suo parere, il
modello di Cinisello: dove il
gruppo si conosce dall’infanzia è
più facile fare qualcosa assieme
anche nei confronti dei figli; il
ritorno ad un modello di famiglia allargata (con nonni, zii,
ecc.) come un tempo forse potrebbe contribuire alla soluzione dei tanti problemi che in famiglia e nella società oggigiorno coinvolgono anche i nostri
figli.
Sono state- «poi presentate ed
illustrate — sempre dal dott.
Girardet — le « sequenze » per
la Scuola domenicale per il prossimo anno; è stata letta una relazione delle monitrici della S.
D di Mestre. Si è quindi parlato di questo nuovo metodo di
studio e di lavoro proposto ai
bambini e ai ragazzi (le sequenze) dopo qualche anno di esperienza; i pareri non sono stati
tutti di consenso, nel complesso, però, i monitori presenti e
10 stesso pastore Tuccitto (che
cura l’istruzione religiosa dei
ragazzi «più grandi» della sua
comunità) hanno affermato che
11 metodo delle « sequenze » si
rivela positivo.
Lidia Casonato Busetto
3
27 luglio 1979
A TORRE RELUCE DAL V AL 4 NOVEMBRE DI QUEST’ANNO
Verso la 5‘ Assemblea della Federazione
delle Chiese evangeiiche in Italia
« Gli evangelici in Italia: una
proposta alternativa»: questo il
tema generale scelto per la prossima Assemblea della Federazione che si terrà dal 1” al 4 novembre a Torre Pellice. Un tema impegnativo che implica la
riaflermazione del ruolo primario della Federazione: quello di
« luogo di incontro e di confronto al servizio delle chiese » e di
conseguenza il proposito di dare all’Assemblea di novembre
un valore decisivo per il futuro
della Federazione. Ma perché
l’Assemblea segni un vero rilancio occorre riconsiderare, alla
luce del lavoro svolto, delle difficoltà affrontate e degli elementi di crisi presenti all’interno e
all’ esterno della Federazione,
quanto è accaduto negli ultimi
anni. La proposta che il Consiglio ha elaborato in vista della
Assemblea è il risultato di una
attenta riflessione che investe
sia gli aspetti pratici e organizzativi delTattività federale sia
la sua strategia sia il suo rapporto con le chiese aderenti e
con quelle non federate. La proposta è formulata in un documento che dovrebbe offrire alla
Assemblea di Torre Pellice l’occasione di una scelta motivata
e realistica per il futuro più immediato.
La sfida de! momento
La considerazione di fondo su
cui si basa l’analisi della situazione contenuta nel documento
è che molte difficoltà di funzionamento della FCEI e delle incertezze attuali dipendono dal
fatto che ci troviamo in una fase storica nuova e diversa rispetto al momento in cui la Federazione nacque 12 anni fa. Dal
’68 ad oggi l’impatto con la politica da un lato e gli apporti
del « rinnovamento biblico » dall’altro hanno arricchito la vita
delle nostre chiese ma hanno
portato anche conflitti e tensioni e reso più diffìcili i rapporti
con i non federati, ancorati ad
una lettura biblica di tipo più
fondamentalista.
Quale linea strategica ha seguito la Federazione, come ha
tentato di rispondere alla sfida
del momento, su quali iniziative si sono concentrati gli sforzi
dei « servizi » federali?
Si è scelta una linea di predicazione che fosse sensibile al
travaglio in cui le chiese erano
coinvolte, avvalendosi in particolare degli strumenti rivelatisi
più efficaci ed efficienti e cioè
dei mass-media.
Predicazione
attraverso i
’’mass-media”
In questa scelta è implicita
l’attenzione particolare che si è
dedicata in questi anni ai problemi dello sviluppo del servizio radio-tv e al rilancio, in termini nuovi, del servizio stampa.
Si è trattato di affrontare, nello
stesso tempo, questioni organizzative (definizione degli incarichi
specifici per i componenti della
piccola équipe che realizza i
programmi televisivi e radiofonici) questioni di «linea» teologica e politica delle trasmissioni (stabilizzazione del complesso
rapporto tra Comitato dei rappresentanti delle chiese, servizio e gruppo operativo e definizione della « convenzione » con
la Rai che, per la prima volta
nella storia del servizio pubblico radio-televisivo, sancisce ¡1
principio importantissimo della
totale autonomia della gestione
dei programmi da parte di una
minoranza religiosa e della conseguente totale libertà d’espressione) questioni professionali ed
estetiche relative alla affermazione della nostra capacità di
ottenere un « prodotto » televisivo e radiofonico di qualità e
di livello almeno pari a quello
di altre trasmissioni affidate a
programmisti di lunga esperienza e l’organizzazione di « laboratori» in varie zone per garantire per i nostri predicatori radiofonici un rendimento sempre più adatto alTascolto di un
largo ed eterogeneo pubblico;
la ricerca costante di un nuovo
rapporto di collaborazione del
nostro servizio con le chiese non
federate. Infine l’idea nuova di
avviare una « agenzia di stampa » evangelica capace di aprire
nel nostro paese una nuova area
di informazione e di rapporto
con l’opinione pubblica, servendosi di uno strumento che non
tolga spazio alla nostra stampa
ma accresca il peso reale delle
chiese evangeliche nel dibattito
religioso e culturale e, in prospettiva, sviluppi il dialogo con
il Consiglio ecumenico. D’altra
parte Tidea-guida della Federazione di essere « luogo d’incontro e di confronto » aU’intemo
delle chiese federate ha trovato la sua espressione anche nello sviluppo e nella razionalizzazione del « servizio istruzione
educazione ». Ciò dimostra che
l’iniziativa federale si è espressa
nel modo più vivo soprattutto
attraverso i « servizi ».
Costante rapporto
con la base
Ciò rende oggi ancora più necessario ridare vigore alle prospettive che riguardano le relazioni
con le chiese-membro (soprattutto dopo Formai completa applicazione del Patto di integrazione valdo-metodista), di stabilire un rapporto permanente e
concreto con la base delle nostre chiese e di collegare il lavoro delle federazioni regionali
finora esistenti e di quelle che
potranno costituirsi con le nuove strutture che si sono venute
a creare in conseguenza dell’integrazione valdese-metodista. Da
queste considerazioni nasce una
proposta di riassetto della Federazione che sarà presentata
all’Assemblea di Torre Pellice.
Tale proposta può essere così
riassunta:
Nuovi strumenti
di collegamento
Per quanto concerne i nuovi
strumenti di collegamento con
le chiese locali si propone di
istituire un « raduno triennale »,
una sorta di « Kirchentag », per
soddisfare l’esigenza, solo in
parte ricoperta dall’attuale « assemblea », di im più efficace collegamento tra le chiese locali.
Tale « raduno » sostanzialmente
libero da compiti formali, avrebbe come fine primario il dibattito sui temi della testimonianza evangelica nel nostro paese.
Per tale « raduno » si dovrebbero fissare criteri di partecipazione tali da garantire la presenza delle varie componenti
della Federazione e delle chiese
locali di tutte le regioni italiane. Si tratterebbe inoltre di un
incontro aperto anche alle chiese che non fanno parte della
Federazione. Accanto a questo
« raduno » che rappresenta la
novità più importante del riassetto si avrebbe un notevole
snellimento della struttura federale. Si prevede una « assemblea annuale » rappresentativa e
garante della continuità e della
politica generale della Federazione. Questa assemblea assorbirebbe anche gran parte delle
funzioni attualmente affidate al
PER UNA PRESENZA EFFICACE ALLE RADIO E TV LOCALI - 5
Nuova organizzazione,
nuovi strumenti tecnici
Per ottenere dei risultati brillanti è chiaro che l’ideale sarebbe poter contare su un gruppo redazionale radio (o TV)
particolarmente numeroso, in
modo che ognuno abbia un ruolo preciso e sia possibile un
adeguato ricambio. Purtroppo,
anche in questo campo, dobbiamo fare i conti con la realtà
dei soliti « quattro gatti » ; anche perché il problema non è
di predisporre una o due trasmissioni estemporanee (la gente in tali casi si trova), bensì
di organizzarsi per resistere
sui tempi lunghi, con un lavoro
sistematico, faticoso, a volte
frustrante. Non c’è nulla di peggio che partire in quarta e fermarsi dopo alcune trasmissioni,
magari anche ineccepibili dal
punto di vista tecnico.
Uno dei due gruppi radio milanesi, ad esempio, è formato
da quattro persone, pomposamente definite « capi-servizio »,
che si impegnano ciascuna a
gestire una trasmissione al mese. Quando esiste la possibilità,
i capi-servizio si fanno accompagnare da qualche volontario
per alternarsi alla lettura; altre volte viene richiesta la collaborazione degli speakers della radio. Forse la soluzione non
è brillante, ma sicuramente è
realistica e consente di evitare
l’usura degli uomini, con impegni troppo assidui. Avendo un
minimo di attrezzatura tecnica
(in pratica un buon registratore) è certamente preferibile preregistrare su cassetta, compresi
sigla e stacchi musicali. Facendo circolare opportunamente le
cassette è anche possibile operare contemporaneamente su
radio diverse.
Tutta la comunità
deve collaborare
Un concetto fondamentale è
che tutti, in una comunità, possono e debbono collaborare. Il
problema infatti non è soltanto di scrivere i testi o leggerli
al microfono, o registrarli. Sono estremamente importanti anche il semplice ascolto sistematico, le critiche, i suggerimenti.
Inoltre ognuno può dare il suo
apporto alla comune opera di
testimonianza semplicemente invitando amici e conoscenti non
evangelici all’ascolto. Nel complesso, il sistema di lavoro che
abbiamo cercato di delineare in
questi articoli è senza dubbio
artigianale e « garibaldino » ;
nondimeno esso può dare ugualmente ottimi risultati. Ma è certo che bisogna fin d’ora guardare avanti, prepararci a fare
in un futuro prossimo quello
che i cattolici, certo con ben altri mezzi, fanno ormai da tempo. Quando finalmente partirà
l’agenzia stampa nazionale, tutti i gruppi locali che operano
nel settore della comunicazione
dovranno abbonarvisi, per disporre sistematicamente di notizie e commenti da diffondere
con tempestività. Ma non basta.
Anche per sopperire alle eventuali carenze di quadri qualificati a livello locale (pensiamo
agli enormi problemi che sorgeranno con la Terza Rete RAITV) occorrerà centralizzare
parzialmente la preparazione
del materiale, in modo da rifornire i singoli gruppi che gestiscono ie trasmissioni.
Ognuno di questi è sempre in
grado di espletare i ruoli più
semplici (come la lettura dei
notiziari e delle schede di presentazione delle novità librarie
preparate dalla Claudiana); non
sempre invece, anche solo per
problemi di tempo, di preparare programmi o parti di programmi dotati di un minimo di
spessore culturale.
Centralizzare
la produzione
del materiale
Cosi., per la radio, il servizio
centralizzato potrà realizzare
delle audio-cassette, di durata
standard (esempio; mezz’ora),
con meditazioni bibliche o schede informative (storia, denominazioni, argomenti dottrinali,
ecc.). Queste cassette, in sede
locale, potranno essere trasmesse integralmente o, cosa più probabile, venir riversate parzialmente nella cassetta del programma da mandare in onda,
formato da diverse parti.
Analogamente, per le emit
Consiglio mentre il « consiglio »
diventerebbe un organismo assai più agile e con maggiori possibilità operative.
La proposta di riassetto, elaborata e definita in tutti i suoi
aspetti giuridici, sarà al centro
del dibattito a Torre Pellice.
Sarà una delle occasioni per verificare in concreto la volontà
di rilancio della Federazione.
Fulvio Rocco
Le proposte
del Consiglio
1) « Incontro degli Evangelici italiani, con periodicità triennaie, sui temi
deiia testimonianza evangeiica nel nostro paese; aperto a tutte le componenti dell’evangelismo italiano e con
la partecipazione di almeno un membro per ciascuna chiesa locale.
2) « Assemblea della Federazione »,
con periodicità almeno annuale, composta: dai membri eletti dalle assemblee rappresentative delle Chiese; da
rappresentanti delle Federazioni Regionali; dai rappresentanti degli organismi settoriali e dei Servizi; dai rappresentanti delle Chiese non federate
(osservatori); da un rappresentante
per ciascun esecutivo delle Chiese
membro (complessivamente circa 50
membri).
Compito dell'Assemblea sarà quello
di elaborare le linee generali dell’attività della Federazione, di eleggere 11
Presidente, i membri del Consiglio e
Commissioni varie.
3) « Consiglio della Federazione », per
adempiere ai mandati ricevuti dall’Assemblea e per coordinare le varie
attività della Federazione.
tenti televisive, si potranno realizzare videocassette: il loro costo, con le apparecchiature oggi in commercio, è abbordabilissimo.
Il sistema del materiale video
preregistrato è già da tempo
ampiamente usato dalla editrice cattolica « Famiglia Cristiana », che ogni settirriana diffonde contemporaneamente su numerose emittenti (anche laiche)
Formai famosa rubrica « Parliamone, padre », condotta da
don Charles Velia; tali programmi vengono sistematicamente
pubblicizzati sui principali quotidiani.
Per loro natura, salvo rare
eccezioni legate in modo particolare all’attualità, gli argomenti religiosi non « invecchiano »
come le notizie di cronaca. Questo è un grosso vantaggio, perché lo stesso materiale può essere fatto circolare a lungo, in
poche copie, attraverso la Penisola.
Anche se vi sono evidenti difficoltà (soprattutto di organizzazione, assai meno di costi) da
superare, è evidente che, per
restare alla pari coi tempi e soprattutto all’altezza del livello
medio dei programmi, occorre
incominciare fin da adesso ad
impostare un serio studio sul
come organizzare concretamente un servizio centralizzato ;
sembra logico che del problema debba farsi carico la Federazione delle Chiese, anche se
la sede operativa non necessariamente dovrà essere ubicata
a Rom^
Nei limiti del possibile, è necessario adeguarsi al più presto alle nuove tecnologie, alle
nuove strutture comunicative
che da esse scaturiscono ; in
una parola, alle nuove rilevanti
possibilità che oggi ci sono offerte per diffondere FEvangelo.
Aurelio Penna
Facoltà
di Teologia
Sono aperte le iscrizioni al r
anno dei corsi di Licenza teologica
e di Diploma.
■Per il corso di licenza, richiesto
per il ministero pastorale, occorre
fare una domanda scritta e motivata al Consiglio della Facoltà. Insieme alla domanda si deve spedire:
Il certificato di nascita; il diploma di
maturità classica o altro diploma
di scuola secondarla superiore;
un certificato medico sulle condizioni di salute dello studente; due
fotografie formato tessera.
La domanda e la relativa documentazione (eventualmente anche in fotocopia) vanno inviate alla Segreteria della Facoltà di Teologia (via
Pietro Cossa 42 , 00193 Roma).
Per iscriversi ai corsi per il Diploma in teologia protestante occorre
spedire alla suddetta segreteria la
domanda motivata, indicante anche
il titolo di studio che si possiede.
Gli altri documenti necessari saranno richiesti in un secondo tempo.
La frequenza è obbligatoria per il
corso di licenza. La tassa d’iscrizione è di lire 20.000 ed è unica. La
tassa di studio è di lire 48.000 annue per la licenza e di lire 15.000
annue per il diploma. Per il versamento servirsi del c.c.p. 24717001 Intestato a Facoltà Valdese di Teologia - Segreteria, Roma.
Per gli studenti funziona il Convitto annesso alla Facoltà (camere
a due letti). I costi della pensione
completa possono variare di anno
in anno. L’ammontare va pagato alla
direttrice all’inizio del mese.
Borse di studio. Gli studenti che
si preparano al pastorato possono
richiedere un aiuto finanziario. Le
domande vanno indirizzate al Consiglio unitamente alla domanda di
iscrizione.
Roma, 30 giugno 1979.
La SEGRETERIA
4
27 luglio 1979
S^ICiUA: DUE INTERVENTI NEL QUADRO DELL’AHUALE DIBATTITO SULLA DIACONIA NELLE NOSTRE CHIESE
Cosi abbiamo lavotato
“Servizio Cristiano” di
nel
Riesi...
Iniziava 18 anni fa il lavoro del ’’Servizio Cristiano”, ora è venuto il
momento di tentare un bilancio critico
Sono passati quasi 18 anni da
quando abbiamo iniziato il lavoro del « Servizio Cristiano » di
Riesi (4 novembre 1961) ed è forse il momento di tirare le somme di quanto è avvenuto ed avviene per fame una critica serena dall'intemo e non superficiale come può farla, in positivo o
in negativo, il visitatore che vi si
ferma un giorno o due e, a volte,
poche ore.
Andando a Riesi ci eravamo
proposti innanzitutto di rendere
una testimonianza al « nuovo
mondo di Cristo » che è il solo
vero servizio della chiesa. È inutile ripetere che la testimonianza
va resa con parole ed atti, ché
dopo tutto vuol dire cercare coerenza con quel che si annunzia.
Le origini
Un altro proposito abbiamo
avuto fin dall’inizio: cercare un
modo diverso di essere « chie.
sa ». Ne^ anni cinquanta, un po’
dovunque, era vivo il dibattito
ecclesiologico e del modo di essere chiesa nella società d’oggi
così fortemente cambiata con la
rivoluzione industriale. Ricordiamo gli scritti di Hans Rudi Weber. Abbiamo tante volte ripetuto che il posto della chiesa è là
piazza dove si manifesta e pulsa
la vita degli uomini. Modo diverso, non alternativo, perché
non si è mai voluto negare la
funzione normale delle parrocchie purché il raccogliersi nel
tempio non fosse in funzione di
se stessi, per la propria salvezza,
già realizzata da Cristo, ma in
funzione della testimonianza fuori, dove siamo chiamati a vivere
col popolo, per assumere insieme ad esso le responsabilità comuni nelle circostanze storiche
in cui viviamo.
La comunità
La comunità è lo strumento
della testimonianza. I suoi pimti
essenziali si leggono nello Statuto approvato dal Sinodo: a)
confronto continuo con la Parola; b) lavoro inteso come servizio e non come formazione di
sé; c) la decisione comunitaria
prevale su quella individuale; d)
vivere insieme in uguale situazione economica. Questi punti si
spiegano da sé ed hanno una logica che li connette. Storicamente bisogna aggiungere che per
darci ima persona giuridica nei
confronti dello stato avevamo
deciso di costituirci in cooperativa, non lo abbiamo fatto perché alcuni giuristi dissero che
non era possibile. Di ciò non
sono convinto almeno secondo
le leggi tuttora in vigore. Siamo
così divenuti ente autonomo nel
seno della Chiesa Valdese. Ciò
non è importante, lo è invece il
sistema assembleare adottato per
cui non vi è un « direttore » ma
un presidente, eletto ogni anno,
che presiede le assemblee settimanali, nelle quali sono prese
tutte le decisioni: ognuno ha il
proprio settore di lavoro, ma di
questo riferisce aH’assemblea.
Sul piaf economico è importante che i membri della comunità
non percepiscano uno stipendio,
ma, oltre al mantenimento, un
modesto « argent de poche » ciò
che ci permette di realizzare un
risparmio molto rilevante, senza il quale i doni, pur generosi
di molti amici, non basterebbero
mai a mantenere un’opera cosi
complessa. Infine occorre rilevare che la solidità della comunità
è data dal fatto che due terzi di
essa è composta da persone che
hanno deciso di dedicare la loro
vita « sine die » a quest’opera.
Ad essi si aggiungono altri che
vi rimangono per alcuni anni e
che apportano un contributo di
particolare vitalità. Se vi sono
delle difficoltà feste sono da
attribuirsi ai diversi caratteri,
ciò che del resto avviene in ogni
aggregazione umana. Anche qui
bisogna tener fortemente conto
fi relativismo di tutto ciò che
è umano. Istituzione o movimento? La comunità avverte il
pericolo di staticità ed è per
questo che ogni anno si rivedono le posizioni criticamente, anche se è sempre pur vero che
l’evento che giustifica l’istituzione non dipende da nostre decisioni, ma dall’intervento dello
Spirito...
La presenza in città
Il Senatore Simone Gatto, siciliano, che conosceva bene il nostro lavoro, ci disse un giorno:
« avete scelto la via giusta: il
linguaggio dei segni, perché i siciliani non amano essere indottrinati ». In effetti le varie opere
vogliono essere dei « segni » di
quel che si può fare anche nelle
circostanze non facili. Il primo
anno, come tutti sanno, lo abbiamo trascorso nell’ osservare
la vita della città, nel fare inchieste, nel chiacchierare con la
gente, soprattutto nello stare coi
bambini. Comprenderli serve a
conoscere gli adulti, poi abbiamo concepito un progetto «globale » che tenesse conto dei vari
settori della vita cittadina. Seguendo queste linee abbiamo
realizzato successivamente le varie opere. Diamo l’elenco delle maggiori, perché ognuna porta con sé attività derivate che
hanno la loro importanza.. Nel
settore dell’educazione: scuola
materna, scuola elementare, scuola professionale per meccanici,
una biblioteca; infine, una delle
ultime attività in questo settore
è quella realizzata fra bambini e
mamme nel quartiere molto povero della « Croce » dove senza
gravare sul bilancio del gruppo
si hanno dei risultati di grande
rilievo; nel settore dell'assistenza: un ambulatorio pediatrico,
un consultorio familiare (il primo in Sicilia) un ufficio di assistenza sociale; nel settore economico: un centro agricolo, una
fabbrica di meccanica di precisione; una cooperativa vinicola
con cantina sociale, questa fatta
insieme alla popolazione contadina per la quale abbiamo iniziato i colloqui settimanali nella
casa di un agricoltore già nel
1968, e che ora funziona con soddisfazione di tutti. Sta per essere realizzato, anche insieme ai
produttori una cooperativa per
l’oleificio, ed infine una cooperativa di ricamatrici; nel settore
socio-politico non vi sono opere
particolari (anche se per un
tempo f biamo avuto un centro
dibattiti che ora abbiamo lasciato per la riduzione dei membri
del gruppo). In questo settore vi
sono state molte battaglie ma
ognuna può incidere solo nella
necessità delle circostanze storiche sia che riguardino direttamente Riesi, sia la politica nazionale o internazionale. Non
abbiamo mai preteso di citarci a
modello o ad esempio, ma di
perseguire una ricerca insieme
alla gente del posto e nelle ricerche le vicende possono essere varie, ora positive ora negative.
Basta esserne coscienti.
Abbiamo detto « segni »: come? Segni di vita vissuta con gli
altri, di quel che loro e noi possiamo fare secondo le circostanze storiche non facili nelle quali
viviamo, coscienti che solo un
mutamento integrale della politica nazionale e internazionale
può risolvere certi secolari problemi, però dall’altro lato è pericolosa la inattività che distrugge la creatività umana, indispensabile premessa di una rivoluzione (capovolgimento della situazione generale). In questo senso
le nostre opere possono esser
considerate « segni » perché dicono quel che può esser fatto anche nell’ingrato terreno dell’interno della Sicilia. Se per l’iscrizione alle scuole vi è la fila sette
ore prima dell’apertura, quest’anno per la scuola materna è ini
ziata alle 3 di notte!) si può ben
concludere che la popolazione rileva una differenza consistente
fra le scuole statali e le nostre!
Queste oltre a tutto hanno varietà di attività particolari, come i corsi di musica Orff ohe
danno risultati che lo .stesso Ministero della Pubblica Istruzione
farebbe bene a conoscere! Gli
allievi della Scuola professionale
son sempre fra i primi all’esame
di Stato. Il Centro agricolo che
per molti anni ha contribuito a
mantenere il gruppo, ha da molto tempo la funzione di stimolo
per l’agricoltura locale al mutamento della quale (soprattutto
per la vite e l’ulivo) ha fortemf te contribuito, ciò che tutti
gli onesti riconoscono. La cooperativa di ricamo che per molti
anni ha avuto come scopo preminente la promozione sociale
della dònna, non essendo più
prioritario questo scopo dovrebbe ora riuscire economicamente,
ma in questo settore sia per il
mercato nero dilagante che per
quello somnierso, non ha un
cammino facile: è stata un segno, dovrebbe ora divenirlo diversamf te. Invece la fabbrica di
Meccanica di precisione procede
molto bene. Si pensi che l’IRFIS
(Istituto Regionale Finanziamento Industrie, Siciliane)' le era
contraria, sostenendo che non si
può industrializzare l’interno
della Sicilia. La fabbrica ora
esporta in Olanda, in Inghilterra,
in Francia, in Svizzera, in Germania, in Grecia, oltre a tenere
il mercato nell’Italia del Nord.
Siamo stati costretti a prendere
la decisione di raddoppiarla per
tener dietro al mercato! Non è
un segno di quel che si può fare?
Ma di simili esempi si potrebbe
parlare di quasi tutte le opere
avviate, non certo ultime quelle
come il consultorio familiare la
cui attività è in continua crescita e l’ambulatorio pediatrico.
Contatti
con la popolazione
Sul tema dei contatti con la
popolazione vorrei rilevare tre
punti:
1) Da molto tempo abbiamo
ricevuto la critica di aver costruito fuori città. Dopo tutto
non più di 5-600 metri datFabitato. Ma lo abbiamo fatto non
per star meglio, ma per spingere
la città ad aprirsi verso la campagna. Quando siamo andati a
Riesi la città era come chiusa da
mura. Nessuno avrebbe costruito a 50 metri dall’ultima casa!
La popolazione contadina doveva, e deve ancora, comprare la
verdura perché i campi sono
troppo distanti. Rompere la chiusura a ghetto del borgo medioevale ed aprirlo al magnifico
panorama delle colline vicine
era economicamente e socialmente di rilievo \ I fatti ci hanno dato ragione perché le costruzioni sono avanzate Verso il nostro Centro e lo hanno sorpassato! E ciò sarebbe avvenuto 10 anni prima se il Comune avesse
fatto il piano regolatore, poiché
noi abbiamo comprato dei terreni a monte del « Servizio Cristiano » per darli a prezzi di costo
(100 lire al m^!) ed evitare la
speculazione edilizia (15.000 lire
al m^, ora),! Sennonché ormai
è tardi per mantenere la promessa, poiché col. passaggio alla
Tavola Valdese i prezzi non, possono esser più fissati da noi, ma
dalla prefettura!
2) Una seconda critica da visitatori superficiali: ci vien detto che non abbiamo contatti con
la popolazione. Niente di più falso. Abbiamo abitato fino al 1966
in città ma non per questo i
contatti erano maggiori/ questi
avvengono attraverso il lavoro
sia che la sede del lavoro sia,
come per cinque casi, in città
sia al « Monte degli Ulivi ».
Ho sempre sostenuto che le nostre relazioni si estendevano ad
un terzo della popolazione, ultimamente ho voluto verificare tale idea chiedendo a tutti i membri del gruppo con quanti avevano relazione, evitando le sovrapposizioni dovute ad un medesimo settore: 3.700 circa. Non ho
contato le mie relazioni perché
da tre anni, quando sono a Riesi,
sono impegnato quasi esclusivamente col gruppo, tuttavia se si
considera che nella sociologia locale la relazione con una persona
si estende alla famiglia, la statistica ci dice che i contatti sono con
più di mézza città. Qualche membro del gruppo conosce tutte le
persone di più quartieri. Assai
spesso, in quel che si pubblica,
il Servizio Cristiano è più conosciuto sotto l’aspetto tecnico,
perché di certi fatti personali o
difficili non si può parlare o scrivere, tuttavia ciò non toglie che
le relazioni con la popolazione
non siano fitte, ciò che non avverrebbe in notevoli fascie della
popolazione se ci si limitasse a
discussioni o a dibattiti.
3) Vi è dunque progresso in
Riesi? Non vorremmo né illuderci né dare illusioni ad altri. Esteriormente è molto cambiata, ma
cambiamento non è sviluppo. Il
primo è esteriore ed i mass media vi hanno avuto grande influenza. Riesi sotto questo aspetto non è più quella del 1961, ma
lo sviluppo, il progresso, è ben
altra cosa: è mutamento di mentalità, nuova cultura, nuova società. Tranne che in pochi, che
hanno ricevuto il messaggio, la
mentalità della massa è quella
di 18 anni or sono. Ma sotto questo aspetto si esamini anche la
vita delle nostre chiese: fino a
qual punto la predicazione delTEvangelo ha creato un mutamento nello stile di vita, ha aperTullio Vinay
(continua a pag. 8)
IL RAGGIO DI ATTIVITÀ* DEL CENTRO DIACONALE ”LA NOCE”
Palermo: solitudine delie opere
o solitudine delle chiese?
Non avrei voluto replicare a
quanto scritto da Manocchio su
« La Luce » n. 26 del 26.6.’79 che
porta sulla stampa i nostri precedenti, incresciosi dissensi. Ho
compreso da quanto egli scrive
che si può avere guardato senza vedere e udito senza condividere. Desidero intanto rassicurarlo che quanto dico e scrivo sulla diaconia è espressione
delle mie più sincere convinzioni e non già un pretesto per
«far pasare un orientamento
antioper^o e un atteggiamento
paternalista » di cui generosamente egli mi gratifica.
Ognuno comprende quanto
sia difficile, anche in un centro
di servizio cristiano come il nostro che ha tanti settori di attività e recluta tanti collaboratori
di nazionalità diversa, di estrazione religiosa e politica diversa,
evitare che si verifichino talvolta
delle tensioni e anche delle confiittualità nei rapporti di lavoro,
dovuti, il più delle volte, a
scarso rendimento, scarso senso
di responsabilità, assenteismo.
Bisognerebbe che, almeno quelli
che hanno a cuore la buona testimonianza della chiesa, si adoperassero a moderare e non a
provocare ed alimentare eventuali malcontenti, animosità, ingiustificate rivendicazioni.
Si sa che le nostre opere non
hanno fini di lucro. Mi rattrista
essere considerato un esigente
datore di lavoro. Sono e mi considero un operaio, un diacono.
Il mio stipendio è inferiore a
quello di alcuni miei collaboratori e non me ne dolgo e non
mi sognerei di tacciare la mia
Chiesa di « orientamenti antioperai ». Posso anche assicurare
i nostri lettori che tutto il personale del nostro Centro riceve
in atto un trattamento economico notevolmente superiore a
quello previsto dal C.C.N.L. per
le scuole private, che regola i
nostrùTapporti.
La proposta di incanalare gli
aiuti che vengono dall’estero si
può certo prendere in considerazione, ma non si può generalizzare. Nell’ordinamento della
nostra Chiesa il Centro Diaconale di Palermo ha im inquadramento diverso da quello che hanno altre opere, come è previsto
dal suo Statuto. Della progettazione, costruzione, e gestione
hanno assunto il carico e la responsabilità vari enti stranieri
cui sarebbe curioso volere imporre vedute personali. I nostri
sostenitori non sono anonimi,
assenti benefattori, ma « partners » che condividono in pieno
il nostro impegno e le nostre
responsabilità. Ma è anche vero
che la loro generosità e il loro
amore verso la nastra Chiesa e
le sue opere si estende da Rorà
a Capo Passero.
Occorre qui ricordare che nel
dopoguerra, anche per merito
di letterati, scrittori, giornalisti,
sociologi, che ne denunciarono il
sottosviluppo, le secolari piaghe
sociali, le distruzioni della mafia, i danni della disoccupazione
e dell’emigrazione, le periodiche
calamità naturali... la Sicilia si
trovò ad essere al centro dell’interesse delle Chiese Evangeliche
d’Europa. Per la prima volta
nella nostra storia l’asse ottico
dei nostri fratelU d’Oltralpe si
spostò dalle Valli del Piemonte
alla Sicilia.
Da Portici in giù non esisteva
p.e. alcun centro educativo al di
fuori della Casa Materna. Le
famiglie evangeliche e le chiese
del Sud dovevano inviare, fino
a Firenze o a Torre Pellice, i
loro figli. In quest’anno internazionale del bambino, l’esistenza e l’opera della Casa del Fanciullo di Palermo, nella ricorren
za del 20° anniversario della sua
fondazione, avrebbe potuto essere motivo di allegrezza per
tutta la Chiesa e non di diatribe che ci portano via tanto tempo e occupano tanto spazio sulla nostra stampa.
Benché il discorso su l’assistenziale e il politico sia alquanto
ermetico, si comprende che Manocchio, fra le opere sociali della Chiesa, privilegi il Centro di
Emigrazione Siciliana in Europa
(CESE) che gli è stato affidato
per 8 anni. Per le altre opere
egli vede oscuro, sia perché non
politicizzate, non facilmente rioonvertibili, sia perché (egli prevede) si verificherà a breve scadenza, la perdita degli utenti.
Non sto a ripetere qui quanto
ho scritto già sull’incidenza della
nostra opera e della nostra testimonianza nel quartiere della
Noce.
Mi limiterò a dire che l’attività del nostro Centro che consiste nel combattere l’analfabetismo, il sottosviluppo, la mafia,
la violenza, nel dare ai fanciulli
e alle loro famiglie una visione
nuova della vita, nel partecipare
a quanto accade nella città, mi
pare sia bene una azione politica, anche se non condizionata
da una scelta di partito.
AH’espressione « cattedrali nel
deserto » Manocchio sembra voler sostituire quella di « solitudine delle Opere ». Io parlerei
piuttosto della « solitudine delle
chiese » non solo nel vasto territorio della regione, ma nella
stessa città, essendo quasi inesistente ogni loro collegamento.
Quanto alla trovata del fiore
all’occhiello vorrei dire solo che
non sono abituato a raccogliere
dove non ho seminato, né a fregiarmi di ciò che non mi appartiene.
Pietro Valdo Panasela
5
27 lugUo 1979
PARERI A CONFRONTO SULLA VITA SPIRITUALE DELLE NOSTRE CHIESE
Ma la nostra fede
sì è inaridita?
Paolo Ricca e Valdo Vinay nel rispondere alla lettera di Perla de
Rosa (a fianco riportata) sollevano nuovi interrogativi e diverse questioni che non possono essere lasciate cadere
Le nostre chiese starebbero
perdendo la fede? O l’avrebbero già perduta? È questa, senza mezzi termini, la domanda
inespressa ma abbastanza trasparente che è aH’origine di
questa lettera e l’ha, per così
dire, dettata. « Tiepida fede »,
« ambiguità con cui si interpreta la Bibbia », « crescente aridità », « intiepidimento dei predicatori e purtroppo anche dei
credenti ». Una diagnosi allarmante. Ma è giusta? A qualcuno sembrerà di sì, anzi la considererà ancora troppo indulgente; altri invece diranno che è
troppo severa, che è parziale e
anche un po’ farisaica, che comunque non si può generalizzare, che la chiesa è da sempre
una comunità in cui grano e
zizzania, fede e incredulità, crescono insieme, ecc. ecc.
La tentazione maggiore davanti a lettere di questo genere
è di mettersi sulla difensiva. Ma
l’intento di queste righe non è
di accusare e neppure di giudicare; è di dar voce a uno stato
d’animo di « apprensione » riguardo alla vita spirituale delle nostre chiese, cercando di capire, da un dialogo sul nostro
giornale,, se e fino a che punto
è condiviso da altri e, soprattutto, se è giustificato.
Poiché il Direttore dell’« EcoLuce » e l’Autrice stessa della
lettera mi hanno chiesto una ri
sposta, la darò come meglio
posso. Eccone alcune linee.
1. Anzitutto è bene ripetere
quello che tutti sanno, e cioè
che qualunque chiesa può « perdere la fede » e diventare una
chiesa apparente, in cui tutto,
forse, continua a funzionare,
ma non più « per fede ». Il Nuovo Testamento parla di « scadere dalla grazia » (Gal. 5, 4), di
« fede morta » (Ciac. 2,26), e interpella una chiesa, quella di
Sardi, così: « Tu hai nome di
vivere, e sei morta» (Apoc. 3,1).
L’eventualità che le nostre chiese (cioè noi tutti) stiano attraversando una specie di inverno
della fede non può essere esclusa né per le comunità nel loro
insieme né per i singoli credenti. Qui però nessuno è chiamato a esaminare gli altri; ciascuno può solo esaminare se stesso, e « chi si sente sicuro, stia
attento a-non cadere » (I Corinzi 10,12).
2. Non bisogna confondere fede critica (e autocritica) con fede dubbiosa o vacillante. Questa confusione è frequente da
parte di quei « cristiani entusiasti » (come anche si definisce
LAutrice'dèlia lettera); per i quali la fede è molto una esperienza interiore vissuta con particolare intensità emotiva. Ma non
tutti vivono la fede così. La fede cristiana è una (Ef. 4,5;
Crisi della
predicazione?
Perla de Rosa si lamenta della
poca fede di alcuni pastori. Un
tempo i pastori che sentivano
venir meno la loro fede e vocazione si dimettevano; oggi invece rimangono al loro posto e
sostituiscono il messaggio evangelico con considerazioni storiche, politiche e « spunti teologici ». Sarebbe meglio per loro e
per le comunità che seguissero
l’esempio dei loro predecessori.
La crisi della vocazione pastorale viene molte volte perché si
è pensato di portare un nostro
messaggio, mentre in realtà il
predicatore porta un messaggio
non suo, che deve attingere dalla parola di Dio. Il Vangelo del
regno — diceva Gesù — è come
un tesoro nascosto in un campo, e per trovarlo bisogna scavare e scavare profondo. Il campo è la S. Scrittura... Il messaggio per noi non è alla superfìcie,
è nascosto in profondità. Per
predicare bisogna trovarlo, ascoltando ciò che la parola dei profeti e degli apostoli dice a noi
oggi nella nostra situazione.
Nelle prediche si parla troppo
della situazione di un tempo e
dei nostri giorni, invece di annunziare ciò che oggi il Signore
vivente dice a noi nella nostra
situazione.
La teologia è messa pure sotto accusa. Certo vi è oggi e vi è
stata nel passato cattiva teologia (e perciò cattiva predicazione), ma per ciò non dobbiamo
svalutare questa funzione vitale
della Chiesa. Teologia è in fondo un ripensare i pensieri di
Dio a nostro riguardo: la croce
e la risurrezione di Gesù Cristo.
Quando non si vuol fare teologia, si fa soltanto cattiva teologia. « La teologia è una scienza
— diceva Carlo Barth — la più
bella delle scienze, la si può e
la si deve fare con' gioia. Chi
non fa teologia con gioia, sia
cattolico o protestante non è
teologo». Perciò anche la predicazione va fatta con gioia. Il suo
centro dev’essere l’annunzio del
pensiero buono di Dio per noi
in qualsiasi nostra situazione,
anche pessima. Anche il giudizio di Dio, in quanto è di- Dio e
non nostro, « ristora Tanima »,
perché è pur sempre un segno
della sua presenza nella nostra
vita e nella nostra storia. È tolta la solitudine che spaventa
l’uomo.
Comunità cattoliche e ambienti ecumenici molto vivi. Ormai
sono numerosi in Italia. Alcuni
anni or sono un pastore tedesco venne a Roma a studiare alla nostra Facoltà teologica le
origini valdesi. Dopo un semestre
di studio intenso, gli feci conoscere la comunità S. Egidio di
studenti cattolici che lavora oggi in dodici borgate di Roma e
attinge forza e ispirazione dallo
studio quotidiano della parola
di Dio e dalla preghiera. Il pastore, considerata la fede evangelica e l’opera della comunità,
mi disse: « Ora vedo che qui,
fra questi giovani, continua il
movimento originario valdese».
Quanto agli ambienti ecumenici, essi si vanno oggi moltiplicando nel nostro paese. Ricordiamo soltanto il Segretariato
Attività Eciimeniche (laico), diretto da Maria Vingiani. Esso
ha gruppi attivi in molte città
italiane. Col suo lavoro evangelico, con i suoi convegni e le
sessioni annue ha saputo creare
una nuova fraternità fra evangelici e cattolici, sulla solida
base della parola di Dio.
Da 130 anni noi valdesi abbiamo preso a evangelizzare l’Italia, ma la nostra predicazione
ha una ragion d’essere soltanto
se può offrire agli Italiani qual
cosa di più e di meglio di quan
to oggi offrono questi centri cat
telici di autentica fede cristiana
Si tratta di una questione stan
tis vel cadentis ecclesiae vai
densìum.
Valdo Vinay
« v’è... una sola fede ») ma i modi di viverla sono tanti. C’è anche chi vive la propria fede in
maniera problematica e non entusiasta. Questo non vuol dire
che non si tratti di fede né che
si tratti di fede intiepidita. Vuol
solo dire che la sua autenticità
non si può misurare in base al
suo « calore ».
3. A proposito di interpretazione della Bibbia non bisogna
confondere complessità con ambiguità. C’è una lettura immediata (cioè senza mediazioni
culturali e storiche) e, per così
dire, ingenua, della Bibbia, che
ha una sua legittimità ma che
non è Tunica legittima possibile. C’è una lettura critica della
Bibbia che, in sé, non è né irriguardosa né infeconda, al contrario contribuisce a mettere
meglio in luce la specificità del
messaggio biblico. Certo, se in
questa lettura « il substrato spirituale viene ignorato», allora
il messaggio resta sepolto e la
fede si dissolve in cultura. Questo però non è da imputare al
metodo bensì al cattivo uso che
se ne può fare. È evidente che
una lettura critica della Bibbia
sarà meno semplice, (o sempli
\ cistica), più articolata (ò complessa) di una lettura non critica. Ma non sarà ambigua, e neppure titubante o dubbiosa. In
altri termini non credo che nelle nostre chiese, in cui è generalmente praticata la lettura
critica della Bibbia, si dubiti
della sua ispirazione o se ne ricavi un annuncio equivoco o
privo di sostanza cristiana.
4. L’A. della lettera parla dell’esigenza « di meditare e riflettere (più che di interpretare) la
Verità della Parola ». Questo rilievo mi sembra pertinente, anche se nessun testo (biblico o
di altro genere) può essere
« meditato » senza essere in
qualche modo interpretato. Ma
è vero che nelle nostre chiese e
nelle predicazioni che vi si odono il momento della meditazione della Parola è sovente sopraffatto da quello della sua
spiegazione. Abbiamo sempre
troppa fretta di parlare. Non
sappiamo abbastanza tacere davanti alla Parola, e ascoltare.
Se meditassimo di più, parleremmo di meno e diremmo di
più (ora invece parliamo molto
e diciamo poco).
5. L’A. della lettera si chiede
se la « crescente aridità » delle
nostre chiese non sia dovuta
« alTassorhimento della teologia
moderna che cerca di abbassare Gesù all’uomo e non invece
elevare l’uomo a Gesù ». Non
so bene a quale delle teologie
moderne si faccia qui allusione,
né so che cosa TA. intenda veramente dire. Nessuna teologia
può « abbassare Gesù all’uomo »
più di quanto egli stesso non si
sia abbassato « prendendo forma di servo» (Filip. 2,7)! E nessuna teologia può « elevare l’uomo a Gesù » più di quanto non
siamo già stati elevati, se è vero che Dio « ci ha fatto sedere
nei luoghi celesti in Cristo Gesù » (Ef. 2,5). Ma forse TA. vuol
dire che la teologia moderna
nel suo insieme presenta Gesù
troppo come uomo e troppo poco come Dio, e questo, prima o
poi, inaridirebbe la fede. Anche
questo rilievo merita considerazione. A dire il vero non è
che la teologia moderna (ma ce
ne sono tante!) voglia «abbassare Gesù all’uomo »; vuole
semplicemente comprendere perché e a che scopo Gesù si è abbassato fino all’uomo, vuole cioè
comprendere fino in fondo l’umanità di Gesù (senza peraltro
negare la sua divinità), « utilizzando » al massimo la sua figura storica concreta. È però vero che la fede cristiana non può
nutrirsi solo della umanità di
Gesù: la fede vive in rapporto
Vorrei una risposta
Caro Direttore,
scrivo questa lettera perché sento l’esigenza di chiarire
il mio pensiero e anche di testimoniare la mia fede cristiana,
per cui la pregherei di pubblicarla in ogni modo. Ciò che mi
preoccupa e forse scandalizza è la tiepida fede che constato
e l’ambiguità con cui si interpreta la Bibbia.
Non frequento molto le chiese ufficiali ma quel tanto che
mi hanno convinta dolorosamente di questo.
...Un pastore a proposito del secondo culto domenicale
mi diceva: « ...ci vuole coraggio ad andare in chiesa... ». Ma
perché? Non siamo mica persegmtati! Mi è venuto da pensare:
« Quando si crede è una necessità ima esigenza gioiosa... ».
Una moglie di pastore, alla mia sicurezza sulla salvezza
che Cristo ci ha dato, mi rispondeva che questa sicurezza
non sempre si può avere. Ad uno studio biblico a, Bologna, si
è analizzato il lato storico, politico, gli spimti teologici che
il brano suscitava ma delle analogie col piano di salvezza
evangelico, il substrato spirituale contenuto veniva ignorato,
non so quanto inevitabilmente e si arrivava a mettere in
dubbio perfino l’ispirazione divina dei libri Sacri.
Ma ciò che più mi ha sconvolta è stata la disattenzione
di due pastori presenti a rimettere sulla giusta careg^àta
o integrare lo studio con quello che per me era l’essenziale.
Mi chiedo e le chiedo, direttore, e vorrei che mi rispondesse su questo, se la crescente aridità nelle nostre chiese
non sia dovuta alTassorbimento della teologia moderna che
cerca di abbassare Gesù all’uomo e non invece elevare l’uomo a Gesù.
Io come cristiana entusiasta posso ora ben dire che comunità cattoliche e ambienti ecumenici rivelano molto meglio quella fame e sete di verità, quelTesìgenza irresistibile
di meditare e riflettere (più che interpretare) la Verità della
Parola che le chiese metodiste e valdesi stanno perdendo.
Vorrei che in ogni modo lei mi rispondesse (o per lei il
pastore Paolo Ricca o il prof. Valdo Vinay) a queste noie
apprensioni e suggerire come poter combattere questo intiepidimento dei predicatori e purtroppo anche dei credenti.
La ringrazio per ora e la saluto con profonda stima.
Perla de Rosa, Roma
a Dio e se questo rapporto si
offusca, la fede prima o poi si
dissolve. Un Gesù solo uomo lo
si può ammirare o imitare, ma
non lo si invoca né lo si confessa come Signore. Detto questo
però non bisogna temere una
raffigurazione o comprensione
« troppo umana » di Gesù; al
contrario bisogna temere una
sua raffigurazione troppo poco
umana. Gesù è sempre più umano di quel che pensiamo! Non
siamo noi più umani di lui, è
lui più umano di noi! La sua
umanità è piena e vera. Ed è
proprio in questa pienezza di
umanità che prende forma anche la sua divinità.
6. La domanda però resta:
stiamo perdendo la fede? Le
molte parole sin qui profuse non
devono farci perdere di vista
questa questione di fondo o indurci a eluderla, come se ne
avessimo paura. La risposta va
cercata a due livelli diversi, anche se tra loro strettamente collegati.
Anzitutto a livello personale,
dato che la fede è in fin dei conti un fatto personale. I singoli
valdesi e metodisti stanno perdendo la fede? Qui — come già
s’è detto — nessuno può rispondere per gli altri, ciascuno dovrà rispondere per sé. « Or provi l’uomo Se stesso» (I Cor. 11,
28). Bisogna dire che noi valdesi in particolare non siamo, appunto, degli entusiasti e proviamo una specie di pudore (forse
’ eccessivo) a esternare le cose
della fede. Ma può anche darsi
che ci siamo davvero impoveriti
spiritualmente, per aver trascurato di radicare sempre di nuovo e con un forte impegno personale la nostra fede nella parola biblica, per esserci illusi
che la fede vivesse di energia
propria, per cui non Tabbiamo
alimentata ogni giorno con la
parola di Dio — l’unico alimento che ne assicura l’esistenza.
Troppo presto ci siamo considerati ricchi o « arrivati », e ci
è capitato o ci sta capitando come alla chiesa di Laodicea
(Apoc. 3,17): siamo, per così dire, pubblicamente • svergognati.
Ma forse c’è un altro motivo per
cui ci siamo impoveriti: la nostra inerzia, il nostro essere dei
fannulloni rispetto alTevangelo.
Assenza di opere produce assenza di fede. Chi non fa nulla diventa lui stesso nulla.
C’è poi il livello comunitario.
L’A. della lettera ha l’impressione che « comunità cattoliche e
ambienti ecumenici » manifestino più delle nostre chiese quella fame e sete della parola di
Dio che è un sintomo tipico di
salute spirituale. In certi casi è
così, e si avvera, per la nostra
confusione, la parola di Gesù; i
pi'imi saranno ultimi, e gli ultimi primi. I paragoni sono sempre antipatici ma anche l’apostolo Paolo occasionalmente vi
ricorre « per veder di provocare
a gelosia i miei connazionali »
(Rom. 11,14). Qui però davvero
non bisogna generalizzare. I
gruppi ecumenici e alcuné comunità cattoliche non sono rappresentativi della situazione generale del cristianesimo in Italia; sono piuttosto delle eccezioni. E anche in questo caso, una
rondine non fa primavera. Non
lo dico per consolarmi, ma perché, se si vogliono fare paragoni, occorre farli tra realtà omogenee, altrimenti il paragone
zoppica.
Comunque, una certa inappetenza biblica nelle nostre chiese c’è. D’altra parte, proprio
nelle nostre chiese più che in
qualsiasi altra, tutto dipende
ancora dalla Sacra Scrittura
che resta il fulcro della vita comunitaria. Con tutti i loro limiti, le nostre comunità restano
quelle nel cui ambito il sola
Scriptura è (o cerca di essere)
preso sul serio.
7. Ma al di là di tutte queste
considerazioni più o meno interessanti, mi chiedo se alla radice del nostro malessere — là
dove esso effettivamente c’è —
non vi sia un rapporto difettoso
tra noi e Gesù Cristo. La mia
impressione (che può naturalmente essere errata) è che noi
non riceviamo abbastanza da lui.
Gesù è rimasto, si, al centro della nostra fede ma è diventato
un « punto di riferimento » (come sovente oggi si dice), sia pure fondamentale. « Facciamo riferimento a Gesù Cristo » — sentiamo dire e diciamo. D’accordo, ma basta? Gesù diventa una
specie di stella polare, importante fin che si vuole, ma irrimediabilmente esterna a noi. Ci
sono però dei doni di Cristo,
quelli che una volta si chiamavano i suoi « benefici », che devono essere ricevuti: così Cristo non resta tutto e solo esterno a noi. Ma se questi doni non
sono ricevuti, il rapporto con
Cristo resta sbilanciato ed egli
resta lontano. Ecco allora una
domanda che potrebbe risultare
importante per questa nostra
riflessione; quale dono abbiamo
realmente ricevuto da Cristo?
Finché non riceviamo i suoi doni, lui resta lontano. E la nostra povertà sarà semplicemente la somma dei doni suoi che
non abbiamo saputo o voluto
ricevere.
Paolo Ricca
6
27 luglio 1979
ALLE VALLI OGGI
Non
abbiamo
il cavallo
vincente
L’ultimo numero dell’Eco del
Chisone, settimanale della diocesi di Pinerolo, intitola il suo editoriale: « I valdesi a un bivio ».
Il discorso è impostato con tono
fraterno; anzi, direi che ci tratta
anche troppo bene, col rischio di
alimentare quell’antipatico spirito da « primi della classe » che
nasce così facilmente nelle minoranze d’opinione, spesso un po’
troppo fiere delle loro non facili
scelte (non è mai facile non seguire la corrente). Nella conclusione si afferma che nei rapporti
con il cattolicesimo il prossimo
Sinodo, si troverà davanti a un
bivio: « Si tratta di chiarire se
vogliamo che gli altri siano conte piacerebbe a noi, oppure se
li accettiamo come sono, per
aiutarli a riformarsi; se vogliamo che gli altri cambino, prima
ancora di dialogare con loro, o
se scegliamo di dialogare per fare assieme un cammino di conversione. Sólo in questa seconda
ipotesi ha senso parlare dei “vaidesi” come di lievito per la pasta italiana. Il lievito non discute in via preliminare sulla bontà della pasta; piuttosto vi si
scioglie dentro “finché tutta sia
fermentata”. Ci sono due condizioni: che il lievito non abbia
perduto la sua forza, e poi che
accetti di sciogliersi nella pasta ». Credo che nell’imminenza
del sinodo dobbiamo accogliere
quest' ammonimento, domandarci come abbiamo saputo rispondere alla chiamata che ci è stata
rivolta. Ma non dimentichiamo
che lo Spirito soffia dove vuole
e che quel Dio che può far nascere dalle pietre dei figlioli
d'Àbramo non permette a nessuna chiesa di identificarsi superbamente con il Suo lievito. Inoltre, dal contesto pare che la pasta in cui il lievito valdese dovrebbe sciogliersi sia la chiesa
cattolica. Invece il testo evangelico parla di lievito e sale della
terra, del mondo.
E in questa Italia pagana o
atea, indifferente o angosciata,
in cui i credenti di qualsiasi confessione sono in ogni caso una
minoranza, che il lievito deve
sciogliersi perché essa possa lievitare. Questo è il compito comune a cui sono chiamati cattolici del consenso e del dissenso,
battisti o metodisti, valdesi o
pentecostali. E direi che proprio
per questa convinzione finora il
nostro sinodo ha dimostrato fraterna simpatia al dissenso cattolico. Don Trombotto è sicuro che
lo abbiamo fatto per due ipotesi: sul suo futuro successo e sul
suo previsto confluire nell’area
protestante. Io sono convintq che
non è statò cosi: non abbiàmo
fatto i furbi puntando sul cavallo che credevamo vincente e che
si sarebbe poi rivelato un brocco da macello. Abbiamo visto in
loro, come in tanti cattolici del
consenso, dei fratelli che cercavano di vivere con dolorosa coerenza la loro missione di sale
della terra. Non è stata una manovra politica: è stata, giusta o
sbagliata che fosse, una scelta di
fede. E se è vero, come dice don
Trombotto, che oggi questa minoranza sperimenta l’abbandono
e la croce, questo è un motivo
di più per esserle vicini e per domandarci umilmente se proprio
questo non sia un segno di una
sua maggior fedeltà a quel Maestro che non ha promesso successi e trionfi ufficiali, ma sofferenze e persecuzioni.
Marcella Gay
■ Hanno collaborato a questo
numero: Bruno Bellion - Anna Bosio - Giorgio Bouchard
- Lidia Casonato Busetto Giuseppe Castiglione - Giovanni Conte - Ivana Costabel - Dino Gardiol - Carlo
Gay.
cronaca delle valli
UN RAPPORTO SUL MONDO CONTADINO IN SUD-AMERICA
Anche in Uruguay
se ne vanno dai campi
Pubblichiamo volentieri una sintesi del rapporto che la « Commissione di promozione
agraria » della Chiesa Valdese del Rio de La Piata ha presentato all’ultimo Sinodo in
Uruguay. Le considerazioni presenti in questo rapporto — fattoci pervenire dalla nostra
corrispondente Mireille Gilles — riguardano la situazione degli agricoltori e le cause
della migrazione dal mondo rurale alla città. Per legare maggiormente tutto questo
discorso alla nostra realtà (poiché i problemi che il rapporto solleva non sono certamente estranei al mondo contadino delle Valli) abbiamo chiesto un commento «a caldo » a Mauro Gardiol, agricoltore a San Secondo.
La chiesa valdese al di là del
l’Atlantico è nata circa 120 anni fa e continua ad esprimersi
prevalentemente attraverso il la
voro delle sue comunità rurali
Di qui la necessità di analizzare le cause di una migrazione
che la tocca, sia perché allontana dall’attività nella chiesa per
proprietà alle dimensioni richieste per im razionale impiego dei mezzi meccanizzati.
Gli altri emigrano, dopo aver
venduto la terra a chi è stato
in grado di comprarla, talvolta
gli stessi vicini. Questo è sempre successo, ma finora chi vendeva andava a fondare nuove
Lavori agricoli a Colonia Vaidense nell’anno 1916.
sone che si perdono nelle folle
anonime delle città, sia perché
un’istituzione come la nostra,
che si sente impegnata a collaborare nella ricerca di soluzioni
ai problemi del mondo in cui è
posta, non può evitare di avvertire che l’emigrazione dalla
campagna avrà come conseguenza un impoverimento generale
in im paese prevalentemente
agricolo come l’Uruguay.
Il discorso avrebbe dovuto
estendersi all’Argentina, ma la
mancanza di dati altrettanto
precisi ha indotto ad esaminare
solo la realtà meglio conosciuta,'
nella speranza che, confrontandola con -la propria esperienza,
ognuno sia spinto a trarre direttamente le sue conclusioni.
Ieri e oggi
La piccola e media proprietà
agraria ha dovuto meccanizzarsi per sopravvivere di fronte
alla diminuzione dei prezzi dei
prodotti agricoli, e ciò è stato
possibile solo nella misura in
cui i produttori disponevano
del capitale necessario, ed erano
anche in grado di ampliare la
colonie, in occasione dei frazionamenti di territorio, che procuravano altre possibilità di lavoro.
Oggi queste condizioni non
esistono più, e la gente va in
città, anche perché stanno via
via diminuendo le possibilità di
ottenere crediti per la meccanizzazione, che permetterebbe loro
di rimanere sulla loro terra.
Quindi, uno dei problemi attuali dei contadini è la mancanza di crediti agevoiati accessibili ai piccoli proprietari.
Le linee recenti
deiia politica
economica
La tendenza generale degli ultimi governi è stata quella di
ampliare gli scambi commerciali con l’estero esportando i prodotti naturali e sfruttando il
basso costo della manodopera
agricola. Ciò ha portato una
sempre maggior dipendenza dall’estero, una riduzione nel numero dei consumatori, e il loro
rivolgersi all’acquisto dei beni
« a buon mercato » cioè quelli
Al Colle della Croce
Si è svolto domenica 22 il 45°
incontro al Colle della Croce.
Il tempo splendido ha favorito
la partecipazione di più di duecento persone, in parte arrivate la mattina, in parte la sera
precedente. Oltre a francesi e
italiani erano presenti un belga,
alcuni tedeschi della Bassa Renania che hanno accompagnato
con le loro trombe gli inni durante il culto. Erano presenti
anche il sig. D. Abate e la sig.na
Niel, veterani delle rencontres;
quest’ultima ci ha intrattenuti
durante il pomeriggio illustrandoci i risultati di sue recenti ricerche sulla storia degli incontri e sottolineando il fatto che,
benché gli incontri organizzati
siano iniziati nel 1934, già nel ’29
si era avuto un incontro fraterno al colle.
Al mattino si è tenuto il tradizionale culto con la liturgia
affidata ai pastori Tourn e Billion e la predicazione del pastore Pivot di Briançon che ha
sottolineato due punti molto importanti: l’abuso e la manipolazione della Bibbia che la comunità cristiana ha fatto e fa,
e la superiorità della Parola di
Dio e della persona di Gesù rispetto all’istituzione della chiesa. È seguita la santa cena, disposti in cerchio con calice comune.
All’incontro è stato presentato l’opuscolo, curato dai giovani di Torre Pellice, che con articoli, interviste e fotografie illustra la storia degli incontri al
Colle dal 1934 al 1979. Ne sono
ancora disponibili delle copie,
chi è interessato si rivolga al
gruppo giovanile di Torre.
COMUNICATO TEV
Sabato 28 corr., alle ore 15,30
a Torre Pellice, nel tempio dei
Coppieri, avrà luogo la Terza
Assemblea plenaria del Movimento di Testimonianza Evangelica.
Dopo il culto, presieduto dal
pastore Giovanni Scuderi, verrà letta e messa in discussione
la relazione annua.
Non essendoci intorno al tempio posto per parcheggio, si pregano gli automobilisti di lasciare le macchine sullo stradone.
prodotti estensivamente, riducendo il consumo degli alimenti
«cari » come frutta e verdura,
coltivati intensivamente. Questo
fatto a sua volta ha causato una
caduta dei prezzi di questi ultimi prodotti e la conseguente
diminuzione degli ettari destinati a colture permanenti, come vigneti e frutteti.
Il secondo problema è perciò
questa riduzione nel consumo
di alcuni prodotti per il diminuito reddito dei consumatori.
La mancata
informazione
Di fronte a questa politica di
apertura economica ai mercati
esteri, è mancata una parallela
politica di informazione capillare rivolta ai produttori, che
li avrebbe messi in grado di
adeguare i loro impianti al cambiamento. Questa impreparazione ha disorientato e creato un
diffuso scoraggiamento.
Per aiutare i contadini a non
fuggire dalla loro terra è quindi indispensabile una chiara politica agraria.
Cause
dell’emigrazione
Secondo la commissione, proprio questi tre elementi: man
canza di crediti adeguati, un
mercato in crisi, e l’assenza di
un chiaro programma politico
che orienti i piccoli proprietari
terrieri, sono le tre maggiori
cause della fuga in città.
Così il contadino va in città
perché, in questa situazione di
instabilità e vedendosi bloccati
alcuni sbocchi vitali, non ottiene
in campagna un reddito adeguato alla sua fatica.
Inoltre la città offre ancora
un maggior livello di vita, spesso conseguito con maggiore facilità e con minori responsabilità e rischi.
Così non tornerà mai più in
campagna: nel migliore dei casi
andrà a lavorarvi dalla sua abitazione in città, che gli offre
maggiori cure mediche, la possibilità di seguire direttamente
gli studi dei figli, occasioni di
divertimento o per coltivare le
sue aspirazioni culturali e sociali.
I mutamenti necessari per avviare una ripresa deH’agricoltura non dipendono da chi vorrebbe avviarsi a questo lavoro. Lo
dimostra anche il fatto che si
possono dedicare al lavoro nei
campi solo i giovani che hanno
ereditato i terreni dalla famiglia. Neppure i tecnici agricoli,
una volta terminati gli studi,
trovano possibilità d’impiego, e
così emigrano all’estero. D’altra
parte i lavoratori anziani si trovano in condizioni economiche
tali, se non hanno potuto meccanizzarsi, che non possono
smettere di lavorare lasciando
il posto ai giovani. Tutto ciò riduce i posti liberi, in rapporto
anche al diminuito bisogno di
mano d’opera, e i giovani si mettono alla ricerca di un altro lavoro, che richieda minor fatica
e dia maggior sicurezza. Non
si può dimenticare che un produttore agricolo ha im orario
di lavoro assai più lungo di
quello di un qualsiasi dipendente, e un guadagno più irregolare
di un salario, talvolta complessivamente inferiore e spesso insufficiente, ma percepito regolarmente ogni mese. Già un vecchio
proverbiò spagnolo affermava:
«Meglio una fettina di pane ogni mese, che una grossa pagnotta alla fine dell’anno».
UN COMMENTO VALLIGIANO
E da noi lè cose
vanno meglio?
Queste considerazioni della
Commissione rioplatense fanno
pensare alla situazione venuta a
crearsi nelle Valli negli anni del
boom industriale e avranno sicuramente delle ripercussioni
sulla vita della chiesa come è
avvenuto da noi.
Per quanto riguarda le cause
politiche dell’abbandono, sarebbe interessante sentire qualche
conoscitore della realtà uruguaiana, perché solo leggendo queste
considerazioni le cause di questo
fenomeno non sono molto chiare.
Tuttavia cercando di fare un
confronto debbo dire che a noi
adesso non mancano i crediti
agevolati, non manca Tinformazione (almeno in grandi linee), il
nostro mercato se pensiamo al
settore zootecnico non è in crisi
perché non siamo autosufficienti (vedi bilancia dei pagamenti).
Comunque la gente se ne è andata dalle campagne e le montagne sono rimaste deserte. Questo vuol dire che anche da noi
è mancata l’informazione o la
programmazione? Penso di no.
Vi era e vi è da noi una programmazione ben precisa: serviva qui
alle Valli un serbatoio di manod’opera per l’industria. Con questo non voglio dire che nessuno
doveva scendere a lavorare nelle
fabbriche e che tutti dovevano
rimanere a portare la gerla o coltivare le patate in certi posti,
certamente no, non tutti potevano rimanere. Bisognava che la
classe politica dominante guardasse l’agricoltura collinare e
montana come qualcosa di produttivo e non di subordinato,
organizzarla in modo efficiente e
non da sottosviluppo.
Fino ad alcuni anni fa non
c’era la volontà politica degli amministratori locali di fare qualcosa. Qra che le cose sono cam
biate, i fili della nostra agricoltura si tirano a Bruxelles e di là
facendo delle scelte a livello generale per settori adoperando gli
stessi parametri di valutazione
per la pianura e la montagna, le
piccole aziende di montagna saranno sempre di più svantaggiate. Qccorrono altri modi di vantazione produttiva. Un’altra strada è quella di stipendiare gli uomini della montagna a fare i custodi di parchi o di riserve, ma
queste cose non succederanno
ma non per mancanza di programma, piuttosto perché tante
piccole aziende sempre in crisi,
servono per« aiutare » le grandi
a fare certi investimenti produttivi di specializzazione. Solo per
questo da noi non sono ancora
sparite le piccole aziende. In
Uruguay invece pare il contra
rio.
M. Gardiol
TORRE PELLICE
XXX MOSTRA D’ARTE
Sabato 28 corr. sarà inaugurata alle ore 18 nei locali scolastici di Viale Dante la Mostra d’Arte Contemporanea di Tot re Pellice, che quest’anno celebra il suo
primo trentennio.
Come al solito il livello della
rassegna è a carattere nazionale
e internazionale. L’edizione 1979
sarà espressamente dedicata al
disegno giovanile, mentre un’altra sala presenterà l’opera grafica contemporanea e una personale del nostro Filippo Scroppo
che presenta tempere e multigrafie del periodo 1969-’79.
Saranno in mostra le ultime
acquisizioni della civica Galleria
d’Arte contemporanea di Torre
Pellice.
7
27 luglio 1979
CRONACA DELLE VALLI
In ncordo di una nostra infermiera
L’hanno sepolta nel cimitero
di Bovile, un pezzo di terra
cinto da un alto muretto, un cimitero valdese, non ancora contaminato dal culto dei morti.
L’avevo conosciuta nel 1968,
quando era stato ricostruito
l’Ospedale di Pomaretto.
Qualche anno prima. Alice
Genre Bert, aveva con le sue
compagne, catalogato ed imballato tutto il materiale sanitario
ed alberghiero; poi era andata
all’Ospedale di Torre Pellice.
Ma ormai, terminati i lavori,
l’apertura pareva imminente.
Ritornò a Pomaretto, riaprì le
casse, rammendò decine di lenzuola. Non avevamo denari: delle più lise, ne fece asciugamani.
Tolse la polvere e lavò in terra
non so quante volte: fece la lavandaia, la rammendatrice, l’ausiliaria, ia strumentista e la centralinista. Nella sua vocazione
non esisteva il « mansionario».
Avevo avuto dalla CIOV il compito di studiare il piano di riapertura e le inerenti questioni
organizzative.
Per questo motivo salivo frequentemente airOspedale e ia
trovavo sempre aflacendata in
mille mestieri: ma sempre con
la sua divisa azzurra e con il
grembiule bianco, perché, anzitutto, si sentiva infermiera.
Mi colpì la sua serenità. Pareva non percepire tutte le difficoltà del momento: nessun soldo, ma molti debiti, due sole
infermiere, nessun medico, attrezzature insufficienti.
Le piacevano i bambini: con
particolare cura aveva preparato il nido, le pezze, i chaussons.
Dovetti darle la prima delusione: la nuova legge ospedaliera non avrebbe più consentito
il funzionamento' del repài-tó di
maternità. Tutto il materiale,
nuovo di zecca, sarebbe andato,
quindi, a Torre Pellice, dove il
futuro dell’Ospedale non era ancora noto.
Passarono circa tre mesi di
incertezza. Lei e Serre Walter
attendevano che qualcosa si muovesse: ma non chiedevano nulla, perché sapevano che le cattive notizie dispiacciono, non solo a chi le riceve ma anche a
chi le dà. Poi, la buona notizia!
Il Dr. T. Peyrot aveva accettato il peso della direzione Sanitaria ed il Prof. Feruglio, Direttore della Cattedra di Geriatria
deU’Università di Torino, aveva
ottenuto l’autorizzazione per un
reparto di geriatria distaccato
a Pomaretto con un assistente
medico. Tre infermiere stavano
per prendere servizio e Suor
Helga, diaconessa tedesca, sarebbe giunta dopo pochi mesi.
MASSELLO
Il tradizionale Bazar avrà luogo domenica 5 agosto alle ore
14.30. Tutti sono cordialmente
invitati.
• La riunione quartierale al
Colle delle Fontane del 5 agosto è sospesa, perché in detta
località si terrà la Pesta del
XV agosto.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Da! 28 luglio al 3 agosto
Doti. MARINARO
Telefono 90036
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
Domenica 29 luglio
FARMACIA INTERNAZIONALE
(Dr. Imberti)
Via Arnaud, 5 - Tel. 91.374
Martedì 31 luglio
FARMACIA MUSTON
(Dr. Wlanassero)
Via della Repubblica, 25 - 91.328
Domenica 29 luglio
FARMACIA VASARIO
(Dott.ssa Gaietto)
Via Roma, 7 - Tel. 90031
Luserna San Giovanni
AUTOAMBULANZA
Torre Pellice ; Tel. 90118 - 91.273
Croce verde di Porte tei. 74197
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice ; Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. G. Tel. 90.884 -90.205
Le telefonai la data d’arrivo
della prima paziente: una pralina, e non volendo mancare all’avvenimento tanto atteso, raggiunsi l’Ospedale.
Giunta l’autoambulanza, la paziente venne adagiata sulla barella. La signorina Genre, la
spinse nell’ascensore; chiuse
le porte e sorrìse, ma non disse
nulla.
Quel sorriso, profondamente
umano, fu una predicazione. Ed
in esso scorsi anche un fraterno rimprovero per le preoccupazioni e le incertezze che, nei mesi precedenti, le avevo procurato. Compresi cosa significava
evangelicamente, « riprendere il
proprio fratello ».
Dopo poche settimane, i pazienti raggiungevano la quarantina; e vi fu, anche, un parto, ii
primo e l’ultimo dopo la riapertura deirOspedale.
A fine ottobre, durante la notte, mi telefonò: voleva parlarmi,
subito.
Aveva avuto, con un medico,
un diverbio; di quelli che per
sostanza e forma non paiono dar
adito a conciliazione.
Mi raccontò, angosciata, quanto era avvenuto e tutto il lavoro che aveva compiuto per il
suo ospedale, ove, mai, avrebbe
pensato di poter essere insultata. Se ne andava, quindi. Aveva
accettato Tofferta di un medico,
per fare l’infermiera in uno studio privato.
Le dissi la stima e Tapprezzamento di noi tutti, la solidarietà del personale, la necessità
che, non ostante quanto era accaduto, dovesse continuare il
suo servizio agli ammalati della
valle. Fu irremovibile.
Ritornai a casa amareggiato.
Una nostra infermiera, una delle
migliori, persa così improvvisamente!
Ma sbagliai ancora una volta.
Il giorno dopo, mi telefonò.
Rinunciava aU’offerta privata e
avrebbe preso servizio presso
l’Ospedale di Torre Pellice.
Qui rimase ancora per cinque
anni La medicheria del primo
piano era sempre perfetta e nessuna infermiera trovò mai qualcosa fuori posto. Poi, la pensione: ed, ancora, per tre anni, fu
disponibile per i turni notturni,
quando mancava personale.
Non volle più parlare di quanto era accaduto: solo una volta,
ed ormai si era ritirata definitivamente, mi accennò al passato.
La permanenza a Torre Pellice
le era stata gradita, ma ogni
sabato quando tornava a casa
— abitava a Pomaretto — il vedere l’ospedale le riapriva la ferita che credeva rimarginata.
Pochi giorni fa mi telefonarono. Alice era gravissima per
complicanze di un intervento
chirurgico. Voleva essere portata all’Ospedale di Pomaretto
per chiudervi la sua esistenza.
E voleva parlarmi, subito.
Non arrivai a tempo: spirava
quando l’autoambulanza si fermò
nel cortile del suo ospedale.
Non so cosa avesse voluto
dirmi.
Ma io le avrei detto, a nome
di tutti, la nostra riconoscenza-,
non solo per quello che aveva
fatto, ma anche e soprattutto
per quello che ci aveva insegnato.
Dario Varese
S. GERMANO
Assemblea di Chiesa sulla Scuola Latina
• La comunità si è riunita in
assemblea di chiesa (che avrebbe potuto e dovuto essere maggiormente frequentata), il giorno 2 luglio U.S., per esaminare il
problema delle iscrizioni alla
Scuola Latina, in rapporto con
quanto affermato dall’ ultima
Conferenza distrettuale di Pinerolo e con la relazione fattane
dalle nostre delegate.
Come è noto, i membri della
Conferenza di Pinerolo, avevano
votato a maggioranza un o.d.g.
secondo il quale si esprimeva il
parere che, per le iscrizioni alla
Scuola Latina « il criterio di
priorità geografico, pur presentando alcuni inconvenienti, sia
l’unico adottabile ».
Tale non è stato il parere dell’assemblea di chiesa sangermanese, alla quale sono intervenuti
come osservatori membri del
Comitato del Collegio Valdese e
Scuola Latina e dell’Associazione
Amici della Scuola Latina.
Dopo un’animata discussione,
a larga maggioranza, è stato votato il seguente o.d.g.; che desideriamo portare a conoscenza
delle altre comunità:
La comunità di San Germano,
riimita in assemblea di chiesa il
giorno 2 luglio ’79,
udita la relazione delle delegate alla Conferenza distrettuale di
Pinerolo, a proposito della questione delle iscrizioni alla Scuola Latina
esaminato l’o.d.g. votato su
questo argomento da detta Conferenza
ricorda che la Scuola Latina è
stata creata e vive tuttora in primo luogo per i ragazzi valdesi
delle Valli Chisone e Germanasca
afferma con forza che è desiderio di tutti che tale scuola possa svolgere il suo servizio per
tutti i ragazzi che lo desiderano
ritiene tuttavia che il criterio
di priorità geografica proposto
per le iscrizioni a tale scuola non
sia accettabile:
a) perché trasformerebbe la
nostra scuola in un piccolo ghetto locale;
b) perché il criterio geografico non è un criterio che abbia
rilevanza teologica. Noi siamo
chiamati a ragionare in termini
di « comunità dei santi » e non
in quanto membri di questo o
quel comune;
c) perché questo criterio privilegia una chiesa rispetto alle
altre;
d) perché non si può chiedere a quanti sostengono la Scuola
Latina di continuare a farlo qualora, in pratica, assumesse
l’aspetto di una scuola del comune di Pomaretto
ritiene perciò che, qualora le
domande di iscrizione superino i
posti disponibili, sia data la precedenza ai ragazzi valdesi, senza
distinzione geografica e, in caso
di necessità, si tiri a sorte fra
tutte le domande di iscrizione.
domanda ai delegati della chiesa di San Germano al Sinodo, di
farsi portavoce di quanto sopra
in quella sede e di esprimere col
loro voto il parere della loro
comunità.
Ci auguriamo che, nel frattempo, leggendo questo ordine del
giorno e riflettendo un po’ a tutta la questione vi sia chi giunga
al Sinodo con la volontà di evitare che si compia un passo falso nei confronti dei nostri istituti di istruzione.
RORA*
Domenica 5 agosto il culto si
terrà all’aperto in località Bric
(Parco Montano) alle ore 10.30.
Nel pomeriggio, a cominciare
dalle 14, apertura del bazar della comunità. Minestra di verdura, pane casareccio e torte per
chi salirà sin dal mattino.
Un cordiale invito a tutti!
BOBBIO PELLICE
Il 23 giugno, presso la sua abitazione a Luserna San Giovanni, è deceduta Vera Creste nata
Pasquet, all’età di 48 anni.
Il 5 luglio, nella sua residenza al Ciampas è deceduto Giovanni Giacomo Mondon, di 55
anni.
Il giorno 8 luglio al Bidone è
deceduto Paolo Navache, di 43
anni.
Durante i giorni scorsi abbiamo ancora dovuto prendere commiato da due nostri fratelli: Paolo Melli, deceduto presso la nipote al Parau, all’età di 80 anni
e Giovanni Davide Baridon deceduto al suo furèst di Sapichiot, di 77 anni.
La chiesa ha testimoniato l’affetto e la solidarietà cristiana
ai familiari di questi fratelli e
ripete ancora la parola di speranza dell’apostolo Paolo: « Io
sono persuaso che né morte né
vita ci potranno separare dall’amore di Dio che è in Cristo
Gesù ».
Festa dei
XV Agosto
Dopo parecchi anni di assenza dalla Val Germanasca,
la festa del XV Agosto si
terrà quest’anno al
COLLE DELLE FONTANE
Il culto avrà inizio alle ore
10 e sarà presieduto dal pastore Giorgio Bouchard di Cimsello Balsamo.
Seguirà una tavola rotonda alla quale sono stati invitati alcuni amministratori locali sul tema: « Problemi delle
amministrazioni comunali delle Valli ».
Nel pomeriggio, oltre a messaggi vari, un dibattito sulle
opportunità o meno di finanziamenti pubblici alle opere
diaconali della chiesa e in che
forma questi finanziamenti
possono eventualmente essere
accettati.
Parteciperanno anche alcuni
amici ospiti di una chiesa delle valli per una campagna di
evangelizzazione.
Informazioni pratiche: il
Colle delle Fontane si può raggiungere prendendo la strada
di Rodoretto, poco oltre la
Gianna, e deviando quindi sulla destra dopo un centinaio
di metri, verso Fontane. Possibilità di parcheggio sulla
piazza di Fontane (poi circa
15 minuti) o su un lato della strada di accesso al colle.
Non vi sarà alcun servizio
di buffet, per cui ognuno è
invitato, se vuole mangiare,
a portarsi il proprio spuntino!
LUSERNA
SAN GIOVANNI
È mancataL. ,impr0vvisamente
nella sua abitazione ai Marauda,
all’età di anni 74, la sig.na
Yvonne Alilo.
La sua dipartenza lascia nella comunità un vasto rimpianto
perché con lei scompare una
sorella da tutti amata per il
suo carattere affabile e buono.
La ricordiamo assidua segretaria del Concistoro di cui fece
parte per oltre un quarto di secolo, solerte collaboratrice nell’Unione Femminile, attiva consigliera nel Comitato delTAsilo
Valdese per il quale ha lavorato
per anni con grande dedizione.
Ricca di una profonda fede
cristiana, ha sempre amato la
sua chiesa attraverso una testimonianza attiva e concreta.
Ai parenti nel dolore vada la
espressione della nostra simpatia cristiana e sia loro di conforto ,Ja certezza de],la risurrezione in Cristo.
POMARETTO
Società
di Studi
Valdesi
L’assemblea annuale dei soci avrà luogo domenica 29 luglio alle ore 20.45 nell’Aula Sinodale.
Accanto alla relazione morale e finanziaria, vi sarà una
conferenza del pastore Antonio Adamo sul tema: La chiesa valdese di fronte alla prima guerra mondiale.
’Tutti sono cordialmente invitati.
____________PRAMOLLO
A rallegrare le loro famiglie
sono giimti: al ristorante Grand
Truc Alessandro di Rino Sappé
e Adriana Busseglio, ed ai Bosi
Emanuela di Franco Beux e
Delia Bleynat. Mentre diamo il
più affettuoso benvenuto ai neonati ci congratuliamo vivamente con i loro genitori.
• Ringraziamo il dott. Ugo
Zeni che ha presieduto il culto
del 22 luglio.
FFV: nuovo numero
di c.c.p.
La Federazione femminile valdese
informa che per il servìzio automatizzato del conti correnti postali,
Il numero del proprio conto è ora
21286109 sempre intestato alla cassiera Maria Tamietti, V. Gay 21,
10066 Torre Pellice.
Prega di non più usare il vecchio
numero di conto 2/23008.
Gita a Freissinière - 5 agosto
1979 - Si comunica a tutti coloro che si sono iscritti alla gita
che la partenza del pullman
avverrà: per quelli della Val
Pellice a Torre Pellice davanti
alla Foresterìa alle ore 6 precise; per quelli di Pomaretto e
Valle a Pomaretto davanti al
Convitto alle ore 7 precise.
Munirsi di documento valido
per Tespatrìo. Il costo della gita
è di L. 4.500 a testa.
Sono ancora disponibili alcuni
posti. Chi fosse interessato telefoni a Luigi Marchetti al n.
0121/81084.
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comunitario. Stipendio, vitto, aRoggio ed assicurazioni di legge.
Le amiche dell’YiW.C.A. - U.C.D.G.,
con le amiche di c< Casa Nostra », Torino, ricordano con infinito affetto la
socia
Lina Dagna
chiamata improvvisamente nella Casa
del Padre.
Torino, 17 luglio 1979.
RINGRAZIAMENTO
« O Eterno: Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza, il mio
Dio in cui confido »
(Salmo 91: 2)
Il 12 luglio 1979 è serenamente
spirato
Giuseppe Casparotto
I familiari esprimono la loro gratitudine ai medici, al personale dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice e
all’amico Dott. Martinengo.
Un ringraziamento particolare al
Pastore Giorgio Tourn e a tutte le
persone ohe hanno preso parte al loro
dolore.
Torre Pellice, 13 luglio 1979.
«Ma io per la grandezza della
tua benignità entrerò nella tua
casa e, volto al tempio della tua
santità, adorerò nel tuo timore »
(Salmo 5 V. 7)
II Signore ha voluto presso di Sé
Yvonne Allio
Lo annunciano con profondo dolore
coloro ai quali lei dedicò affetto e dedizione materna : la figlioccia affezionata Niny Jouvenal-Boër e Piero; Davide Allio con Laura; Roberto Jouvenal con Germana, Michelle e Danielle;
Enrico Jouvenal con Bianca, Marco e
Elisa; i pronipoti: Claudio Boër con
Cristina e Alessandra; Silvio Boër con
Maura e Mattia; la cognata EmiUa
Ayassot ved. Allio; i cugini e parenti
tutti in Italia, Francia e Stati Uniti.
I nipoti desiderano ringraziare il
medico di famiglia Dott. Enrico Gardiol, i pastori Bogo, Taccia e Adamo,
il personale tutto dell’Asilo Valdese di
S. Giovanni ed in modo particolare
Livio Gobelin e Mariuccia Barbiani
per l’assistenza amorevole dedicata a
casa della cara zia nei suoi ultimi momenti.
Per espressa volontà dell’estinta, nessun fiore, ma eventuali offerte in memoria potranno essere devolute all’Asilo Valdese di S. Giovanni.
Luserna San Giovanni, 20 luglio 1979
(Via Ai Marauda, 8)
8
8
27 luglio 1979
[la settimana internazionale
a cura di Tullio Viola
Alle frontiere della Cambogia
)
♦ Cerchiamo ormai di vincere in noi ogni tentazione di
esprimere facili giudizi sull’immane tragedia indocinese, della
quale ci giungono ancor sempre
scarse notizie, tendenziose, anzi
contraddittorie.
Un gruppo di sventurati cambogiani, sfuggiti dapprima alla
invasione vietnamita sconfinando nella Thailandia, ma respinti
poi da questa brutalmente entro i loro confini, ha fatto pervenire nell’Europa occidentale
uno straziante appello. Lo riportiamo, quasi integralmente, da
« Le Monde » del 7 c.
« A voi che siete pieni di carità, lanciamo in gran distretta
il nostro appello. Siamo stati
respinti nella Cambogia, per ordine^ del governo thailandese, il
12.6.’79. Attualmente ci troviamo sul ripidissimo versante del
monte Preah-Vihear, la cui cima segna il confine fra la Cambogia e la Thailandia. La fortissima pendenza del terreno rende pericolosissimo ogni nostro
spostamento.
Mia minima imprudenza, alla
minima distrazione, noi rischiamo di precipitare a valle e di
romperci le ossa. Così le persoHe ’Unziane sono nell'impossibilità di seguire la nostra marcia,
ed essendo impossibile portarle,
siamo costretti ad abbandonarle
via via. Esse non possono neppure procurarsi dell’acqua. Avvolte dalla nebbia, inzuppate
dalla pioggia, esse restano là,
senza cure e senza aiuti, senza
sapere se la morte è vicina o
lontana, prive (come sono) persino della forza di pensare.
Noi stessi siamo circondati da
pericoli insidiosi d’ogni genere.
Lungo tutto il nostro percorso,
sono disseminati cadaveri a pezzi, dai quali non possiamo che
distogliere lo sguardo. Siamo
più di mille persone, in preda
all’angoscia e in situazione tragica.
I malati non ricevono né medicine, né alimenti. Piove molto. Il suolo è inzuppato d’acqua,
e noi non possiamo riposarci né
di giorno, né di notte. Anche noi,
pur avendo abbandonato la cima della montagna, siamo avvolti dalla nebbia e inumiditi
fino alle ossa: anche se noi fossimo di ferro o d’acciaio, non
potremmo sopportare una tale
umidità. Ascoltate il nostro grido d’aiuto! » (Da « Le Monde »
del 7.7.’79).
La lettera, scritta in cinese
alla data del 22.6, conferma le
notizie giunte da persone provenienti, attraverso vicende inenarrabili, da quella stessa regione, e riuscite nuovamente ad
entrare in Thailandia. Ma dalla
capitale thailandese (Bangkok)
giungono ripetute notizie di un
progressivo inasprimento della
situazione. « Il generale Kriangsak, primo ministro, in un discorso alla Camera dei deputati
(5.7.’79), ha annunciato la sua
politica, di non dare più asilo
ai profughi, anzi d’impedire loro ogni possibilità di passaggio
delle frontiere ».
Leggendo tali notizie, il nostro pensiero ha spontaneamente rievocato le vicende di tanti
valdesi, in tempi lontani, arroccati sulle cime delle loro montagne. La tragedia indocinese
non è solo sul mare, come molti italiani credono, ma anche in
ogni chilometro quadrato (si
può dire) dello stesso territorio,
fatta eccezione di una non vasta zona intorno ad Hanoi.
Tutto il mondo è in attesa
ansiosa della conferenza sui
profughi indocinesi, convocata a
Ginevra per il 20-21 c. dal segretario generale dell’ONU. « Il
Vietnam parteciperà nella speranza che, in questa sede, si
giunga a risultati “concreti e duraturi’’. Questa è l’impressione
espressa dal segretario di Stato
agli Esteri francesi Olivier Stirn,
al termine di un incontro di
un’ora, il 12 c., col primo ministro vietnamita Pham Van Dong.
Stirn ha confermato che le autorità di Hanoi sono “aperte a
tutte le soluzioni, escluse quelle politiche”.
Un primo punto sulla riunione di Ginevra è stato fatto dal
portavoce dell’Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati:
dei 12 paesi invitati a partecipare, sinora solo 26 hanno annunziato ufficialmente di aver
accettato. Dieci dei governi che
hanno dato il loro accordo, saranno rappresentati dai ministri degli Esteri. Tutti i paesi
della CEE e delTASEAN (:= Associazione delle nazioni del SudEst asiatico) parteciperanno, oltre alla Cina e agli USA, e un
rappresentante della Comunità
europea ».
Un’ultima notizia: « Il sindaco di Mongins, sulla Costa azzurra, ha proposto di requisire
la villa del principe cambogiano Sihanuk, in quella località,
per accogliervi famiglie di rifugiati del Sud-Est asiatico ». (Da
« La Repubblica » del 14.7.’79).
La volontà di capire
(segue da pag. I)
nistra che l’insieme del paese.
È poco, ma è molto.
Possiamo fare due esempi di
questa capacità, della chiesa di
mettere in gioco qualcosa di più
degli altri. Ci riferiamo alle cose che ci son sembrate tra le
più importanti. La prima riguarda l’atteggiamento della facoltà
teologica di Erlangen (nei pressi di Norimberga) sulle leggi naziste e la seconda la conferenza
di Kasemann sulla cena del
Signore.
Nel settembre 1933 una delle
prime leg^ razziste prescriveva
che la chiesa non dovesse avere pastori discendenti di ebrei
0 sposati con donne ebree. La
facoltà teolo^ca di Erlangen rilasciò a richiesta di un sinodo
un commento teologico che in
sostanza giustificava l’applicazione di detta legge. A sua volta, l’attuale facoltà teologica di
Erlangen si è espressa in merito. Hanno cominciato gli studenti ponendo tutta una serie
di domande. Poi i fatti sono
stati ricostruiti con cura dagli
storici e le cattedre di antico e
nuovo testamento si sono espresse, seguite da quelle di teologia
pratica e sistematica. Che si
condannassero le argomentazioni del 1933 era un fatto scontato. Tuttavia il dibattito, molto serio, si è subito orientato
sulle motivazioni teologiche del
sostegno delle chiese al programma antirazzista del Consiglio Ecumenico delle chiese.
Qualcuno pensava che si sarebbe arrivati al linciaggio figurato dei teologi (ora defunti) che
nel 1933 sottoscrissero l’infausto
documento. Ma questo non è
avvenuto. Si è solo chiaramente detto che le loro argomentazioni erano insostenibili; e mentre si diceva questo, per non
esser accusati di giocare a fare
1 giudici imparziali, si apriva
un dibattito sul tema del programma antirazzista del CEC,
facendo in mòdo che , questo
coinvolgesse fino in fondo la responsabilità degli attuali teologi. Non vi erano quindi accusatori che non fossero a loro volta, seppure in modo diverso,
compromessi.
Un’ultima cosa a proposito
della santa cena. Si dibattono
un problema di fondo e alcuni
di forma, che però non sono secondari a nostro avviso. La questione della santa cena agli adolescenti è tra questi. Inoltre la
liturgia della s. cena sta subendo modifiche inimmaginabili mediante l’introduzione della cosiddetta s. Cena da seduti, o
rneglio « a tavola ». Qualcuno
dirà che sono problemi formali
che non rinnovano nulla. Quante volte abbiamo ormai sentito
questa frase! Certo chi pensa
così ha sempre ragione. Certamente la chiesa ha bisogno di
rinnovarsi più profondamente
di così. Non siamo più nel medioevo, quando si tenevano concili sul problema se dare o no
il vino ai laici e il povero Hus
si lasciava bruciare per una
causa che, dopotutto, era ’formale’. Dico questo in senso ironico, si capisce. Nella forma però qualche volta si può esprimere, se non un nuovo contenuto, almeno qualche cosa che
ci faccia desiderare un nuovo
contenuto. Il rinnovaménto vero, poi, sappiamo che viene dal
Signore Crocifisso e non da noi.
Per questo ci sembra opportuno chiudere con le parole di Kàsemann sulla S. Cena.
Kasemann ha riunito in uno
solo il problema della forma e
quello del contenuto. « La mensa del Signore non dev’esser più
celebrata come un’appendice del
culto, in modo impettito e quasi spettrale ». Che fare per renderla più vivente? Secondo Kàsemann gli invitati alla mensa
del Crocifisso non possono sen- tirsi già "celèsti ed escludere la
terra: « come si può celebrare
la mensa del Signore, quando in
mezzo a una società del benessere ci si accomoda sempre più
alle condizioni dominanti? ». Ogni mensa del Signore dovrebbe
esser celebrata nel nostro tempo solo « in penitenza e protesta ». « La mensa del Signore è
ecumenica o non è la mensa del
Signore ». In essa la presenza
del Signore possiede una forza
tale da far « saltare in aria i
confini delle classi e dei popoli
e delle razze e dei sistemi economici » e tale da « rendere la
comunità aperta un segno di libertà per tutti coloro che sono
oppressi da forze e poteri ».
'' Sergio Rostagno
“Servizio Cristiano”
(segue da pag. 4)
to gli animi ad una cultura diversa che si concretizza nelle
azioni giornaliere?
Quanto alla popolazione non
vogliamo esprimere né euforia
né scoraggiamento. Il nostro
compito è di seminare. Verrà il
tempo opportuno in cui ci sarà
il raccolto, anche se i mietitori
non saremo noi. Il Signore è fedele e compirà egli stesso la sua
promessa. Altrimenti perché ci
avrebbe chiamati? Poi non siamo
soli, perché con noi, accanto a
noi, in ogni paese ci sono molti
fratelli e molte sorelle che condividono le nostre ansietà e le
nostre speranze. E pregano. In 18
affili di lavoro quante^volte .abbiamo dovuto constatare con stupefatta meraviglia e con timore
le liberazioni di Dio. Perché dovrebbero venir meno? Abbiamo
ora bisogno di altri collaboratori: se sarà necessario, ce li manderà.
Il prof. Gollwitzer mi diceva
un giorno parlando del nostro
lavoro: « Se la situazione di
qualcuno oggi è migliore di quella di prima, già questo è un servizio a Cristo ». Fu per me una
grande consolazione, ma T ansietà per l’annunzio del Vangelo
è prioritaria (a Riesi come al
Senato) perché questo annunzio
è la bussola nel cammino della
vita.
Concludo: guardando addietro, a questi 18 anni, posso rilevare degli errori e dei successi,
ma se dovessi ricominciare, con
gli altri membri della comunità,
non credo che imposterei anche
oggi il lavoro in maniera diversa, sia perché l’analisi della situazione non è molto modificata, sia perché iP? senso di tutto
sta in Cristo e non abbiamo scoperto altra via concreta per annunziarlo. Tullio Vinay
^ Un grande sociologo, il prof. Land,
olandese, ci diede circa 15 anni orsono
un giudizio del tutto favorevole. Disse : « la vostra decisione non è sociologicamente ortodossa, ma nel caso specifico è la sola giusta! ».
L’evangelizzazione
al centro del
dibattito sinodale
(segue da pag. 1)
chiese valdesi e metodiste di potere insieme rispondere alla comune vocazione di testimonianza e servizio nel nostro Paese.
— Per antica tradizione è la
commissione d’esame suU’operato dell’esecutivo che, nella sua
relazione d’apertura ai lavori,
evidenzia e propone alcune linee
di discussione. Ma da parte
vostra (della Tavola e del Gomitato metodista) quali sono i
problemi che vi sembrano più
urgenti e che senz’altro sottoporrete all’attenzione dei membri del Sinodo?
— L’impostazione stessa della
relazione della Tavola al Sinodo per quanto concerne la vita
delle chiese è stata quest’anno
centrata sulla rinnovata esigenza della evangelizzazione nel
nostro Paese.
Noi chiederemo al Seggio del
Sinodo di avere a disposizione
una intera serata per dibattere
questo problema. In questa riunione riprenderemo anche la tematica già dibattuta in vari incontri: «Essere protestanti oggi in Italia. Perché e come».
Il Sinodo sarà certamente
chiamato a dare delle precise
direttive per quanto concerne il
problema della « Intesa ». Come abbiamo recentemente precisato in una conferenza stampa nonostante i numerosi solleciti fatti pervenire alla Delegazione nominata dal Governo italiano per la Intesa non è stato
ancora possibile addivenire alla
firma ufficiale del protocollo e
quindi non è avvenuta la presentazione al Parlamento del
progetto di legge per rendere
esecutiva l’Intesa e la sua approvazione.
Inoltre il Sinodo dovrà valutare l’iniziativa di un nuovo rapporto con l’Unione delle Chiese
Evangeliche Battiate in Italia
ed anche fornire orientamenti;
le comunità locali infatti sono
state impegnate a dibattere questo problema e ad esprimere liberamente il proprio pensiero.
Infine l’assemblea sinodale dovrà quest’anno dibattere a fondo il problema della Diaconia
nella Chiesa nella sua globalità,
onde stabilire — come è indicato
nella relazione della Tavola al
Sinodo — « una politica assistenziale» da una parte coerente con i principi dell’Evangelo
e dall’altra adeguata alle esigenze di un servizio aggiornato, rispondente a necessità effettive
e aperte a ogni innovazione programmatica e strutturale nell’ambito delle disposizioni legislative in materia. Andrà anche
esaminato attentamente dal Sinodo il problema del rapporto
Diaconia-Enti pubblici ed esso
dovrà dare delle^-chiare direttive sul così dibattuto problema
delle « sovvenzioni pubbliche ».
— Ma nella vostra relazione
al Sinodo si parla anche di rapporti ecumenici...
— Sì certo. Nel corso dell’anno abbiamo comunicato a vari
organismi ecumenici il nostro
punto di vista critico in alcune
determinate situazioni, come
pure invece la nostra solidarietà
in altre decisioni del Consiglio
Ecumenico.
Il Sinodo sarà chiamato a valutare le nostre prese di posizione.
Per quanto concerne i rapporti delle chiese valdesi e metodiste con la Chiesa cattolicoromana, ci rendiamo conto che
nel mutare delle situazioni, decorre precisare chiaramente la
nostra linea. Riteniamo siano
state vali4? le prese di posizionò'dei sinodi 1971 e 1973. Occorre ora verificare lo stato attuale dei rapporti con i cattolici e il cattolicesimo del nostro
Paese. È necessario che nella
sessione sinodale di quest’anno
SI abbia un dibattito aperto sul
come deve essere oggi un rapporto evangelicamente corretto
con il cattolicesimo romano.
— Dopo sette anni giunge al
termine del suo ufficio di moderatore e si appresta a rientrare,
come pastore, in una chiesa locale. ^al è stata, per così dire,
ia «linea» che ha cercato di seguire m questi sette anni?
— AU’inizio della moderatura
avevo indicato una linea: «il
rinnovamento della Chiesa». A
questo orientamento ho cercato
di attenermi in questi sette anni. Mi sono subito reso conto
quanto diffìcile sia operare validamente in questa direzione.
In ogni modo ecco le esigenze
cui ho cercato di attenermi. Primo: Comprendere il movente di
determinate prese di posizioni, e
questo nella consapevolezza che
i fratelli in fede, anche nei loro
giudizi severi, sono anch’essi come delle « sentinelle » che mettono in guardia contro determinati pericoli di cedimenti alle
ideologie del momento o anche
di infedeltà alTEvangelo. Secondo: Lasciare spazio alle nuove
sperimentazioni, alle iniziative locali, alle diverse formulazioni
ed accentuazioni del pensiero
teologico, delle prese di posizione
nei riguardi dei problemi scottanti del nostro tempo; mai emarginare alcun credente per i
suoi impegni, mantenere ad ogni
costo il dialogo, la ricerca in
comune.
Infine penso che la linea seguita in questi anni possa essere esemplificata dalle « introduzioni » alle varie relazioni della Tavola al Sinodo: « La nostra
testimonianza oggi e domani »
« Seguire il Signore vivente, og
gi »; « il domani del centenario »
« Proclamazione e servizio »
« L’esigenza di un serio impe
gno teologico »; « La Chiesa d
fronte al potere costituito»
«Tempo di dialogo e di ricer
ca » e quest’anno l’esigenza di
fondo per la nostra Chiesa e per
il Protestantesimo italiano, quello della « Evangelizzazione ».
— Un’ultima domanda e poi
chiudiamo. Come ha vissuto la
esperjenz^ della moderatura?
Come un dono del Signore.
Ora evidentemente tutti i doni
che il Signore ci elargisce comportano da parte nostra grande
responsabilità.
I primi tempi sono stati davvero diffìcili e non nascondo che
vi sono stati momenti di sgomento: troppi e di così varia natura sono i problemi che subito
vanno affrontati, prima ancora
di potere acquisire una conoscenza non superficiale di questi
problemi.
Ma posso dire che l’esperienza del lavoro «collegiale » nella
Tavola è stata veramente positiva. Pur nella diversità di orientamenti, sempre sì è manifestata
una fiducia reciproca ed una collaborazione valida.
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