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LI BUOIVA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PHBZZO D’ASSOCIAZIOXE
(i domieilio)
Torino, per un anno L. C,00 L.7,00
— per sei mesi « 4,00 » 4,50
Per ie provincie e i’eslero franco sino
ai coqIìqI, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
A i>:6£'jovT£C Si Èv iyaKi;
Segu^■nl^o la verità nella cariti
Efes. IV.
L’UfBcio della BUONA NOVELLA è in
Torino, presso la libreria Evangelica
diGLVCOMO BIAVA, viaCarlo Alberto,
dirimpello al Caffè Diiei.
Le associazioni si ricevono in Torino allo
stesso Ufficio.
Gli >4ssociaij delle Provincie potranno provvedersi di un raglia poetale,
• ' inviandolo franco alta libreria lìiara.
s^msQAiaiKi)
L’Indirizzo dei Vescovi Subalpini al Senato. — Il giorno di Pasqua. — Lettere
al mio Parroco IV. — I Clericali in America. Notizie religiose. — Cronachetta
politica.
L INDIRIZZO DEI VESCOVI SUBALPIM AL SENATO
Airindirizzo dei vescovi savoiai al
Senato del Regno per la reiezione
della legge sulle modificazioni ed
aggiunte al Codice penale, ha tenuto
dietro l’indirizzo dei vescovi subalpini
e liguri sotto la data di Sai uzzo 50
marzo 1854. Ventun vescovi e quattro vicari parlano nello indirizzo a
nome di tutta la Chiesa Subalpina e
Ligure, che è quanto dire a nome di
tulta la pof)olazione, e costituiscono
così una rappresentanza in opposizione alla rappresentanza legale della
Nazione, che già si è espressa legalmente a grande maggioranza nella
Camera elettiva. L’indirizzo dei vescovi 0 è basato sopra una menzogna,
0 mette la Nazione in contraddizione
con se stessa. 1 deputati eletti dalla
Nazione e legittimi rappresentanti di
essa hanno esternato il loro voto
nella Camera elettiva, ed i vescovi a
nome della Nazione esternano im
volo contrario. Ma lasciamo ai legali
simili argomenti; noi seguiamo l’indirizzo nella parte religiosa. Sebbene
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i vescovi dimostrino di avere non
solo la fiducia, ma la consolante certezza che il Senato respingerà l’abborrita legge, ciò nonostante non trascurano di fare travedere una minaccia di portare sino a piè del trono
le lamentevoli loro supplicazioni.
Questa minaccia dimostra che essi
non sono abbastanza sicuri del Senato.
Incominciano a lamentare in essa
legge una tendenza a restringere la
libertà della divina parola. La libertà
di predicare la divina parola, noi
crediamo che sia la libertà di predicare il Vangelo, almeno noi non conosciamo altra parola divina fuori
del Vangelo: ma quando, ma dove
il progetto di legge in discorso restringe ai minislri del culto una tale
libertà 1 Riandando sugli articoli di
quel progetto noi sfidiamo il clericale
ii più arrabbiato a trovare una parola
0 una allusione che impedisca o restringa la libera predicazione del
Vangelo. Il progetto non impedisce
che la censura delle istituzioni e
delle leggi dello Stato. Ora censurare le istituzioni e le leggi dello
Stato non è predicare il Vangelo, il
quale insegna di rendere a Cesare
quello che è di Cesare, di non resistere alle potestà, ma di essere sottomesso ad esse non solo per timore,
ma anche per coscienza.
Essi lamentano che quel progetto
mira a proibirgli il dovere che loro
incombe di difendere la verità contro l'errore. Ci duole il dirlo, ma anche qui i vescovi si mostrano menzogneri. La verità che essi devono
difendere è la verità religiosa, e devono difenderla colle armi spirituali,
non già collo eccitare i popoli alla
insubordinazione , alla ribellione.
L’errore che debbono impugnare è
solamente 1’ errore religioso , ed il
progetto non dà neppure il minimo
appiglio alla malignità per poter dire
che ai vescovi ovvero ai preti è vietato
di combattere l'errore religioso. Combattano pure la incredulità, il razionalismo, e se vogliono anche il Protestantesimo , ma combattano nei
debiti modi, colle armi di Cristo e
degli .^postoli, e non con quelle di
Torquemada; e se venisse un progetto
di legge perimpedirneli, noi saremmo
i primi a levare la voce in favore
della libera discussione.
La Chiesa, essi dicono, non potrà
più sotto l'impero di queste leggi
esercitare la divina sua missione con
quella pienezza di latitudine che
Iddio le ha dato. La missione dunque
della Chiesa cattolica, secondo i vescovi piemontesi, sarebbe di opporsi
alle istituzioni ed alle leggi dello
Stato. Noi sapevamo che tale è la
dottrina della fazione clericale, ma
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ora i vescovi piemontesi confessano,
che questa dottrina è quella della
Chiesa cattolica. Non sappiamo quanto questa confessione possa essere
gradita a quei buoni cattolici che
compongono il Senato.
Passano poscia i vescovi a lamentare i trionfi dei Protestanti, che dal
fondo delle Valli subalpine irruppero a bandiera spiegata nel mistico
campo della Chiesa caltolica ; e
dicono che sono fatte dalla detta
legge, sotto il nome di tolleranza civile, iNFijiiTE LARGHEZZE 3i Protestanti. I senatori che hanno in mano
il progetto di legge non si lascieranno
imporre dalla sonora menzogna dei
vescovi, e vedranno quali sono quelle
infinite larghezze accordate ai Protestanti. Tutte queste larghezze consistono di potere spiegare le loro
dottrine senza incorrere punizione
allorché celebrano pubblicamente il
loro culto. La seconda infinita larghezza è di essere puniti cogli arresti
0 con multa estensibile a lire 500 sè‘
fuori dell’esercizio del loro culto ardiscono di attaccare direttamente od
indirettamente la religione dello Stato.
Se qualcuno avesse a lagnarsi di quel
progetto giustamente, saremmo noi,
perchè ci crediamo ancora negata
quella completa libertà di coscienza
che si addice ai tempi, ed alle massime del Vangelo ; ma noi non solo
non ne facciamo lamento, chè anzi
siamo lieti di testimoniare la nostra
riconoscenza al Governo per il buon
volere che ci ha mostrato nello accordarci quel poco che poteva, a cagione della ostinata opposizione dei
reazionarii clericali.
Vorrebbero i vescovi in quell’indirizzo che fosse tolta la libertà della
stampa, almeno per gli erelici, e lasciata illimitata soltanto per loro ,
imperciocché i giornali protestanti
(non vi è che il nostro piccolo giornaletto settimanale) con tutta scaltrezza stillano il più fino veleno che
possa essere alle anime dei fedeli
mortalmente propinato. A sentir loro
sembrerebbe che il progetto in discorso impedisse loro di porgere il
contravveleno. Essi dicono di avere
per loro la verilà, non hanno dunque
che a mostrarla per distruggere Terrore. L’indirizzo previene questa nostra difficoltà e dice che Vapologia e
la polemica di dotti e ferventi cattolici non lasciano senza risposta le
false imputazioni, o gli errori manifesti dei nemici della Chiesa ; ma il
povero popolo che non è a portata di
comprendere i sottili e difficili argomenti della discussione, cade nella
eresia. Se noi av.jssimo ben pagati i
monsignori per fare una simile confessione, non ci potevaao servire in
miglior modo, in questo periodo ili
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sostanza essi confessano che le dottrine della Buona Novella sono chiare e lampanti, che le risposte dei
dotti e ferventi cattolici sono sottili
e sofistiche ; che il popolo comprende
noi poveri ed ignoranti Barbetti,
mentre non può comprendere i loro
grandi dottori. Noi non ci aspettavamo un sì grande elogio dall’Episcopato Piemontese.
A dimostrare poi la sottigliezza e
la sofisticheria di loro dottrine, ci
porge ampia messe l’indirizzo. Ci è
impossibile in un articolo di giornale
rilevare tutti i sofismi dei vescovi piemontesi; ne indicheremo soltanto alcuni siccome per un saggio. Essi pretendono provare che in forza di quel
progetto di legge i dissidenti sono
autorizzati a fare tutto ciò che loro
piace in fatto di culto, e ciò lo deducono dal discorso fatto dal Ministro
nel presentare la legge, nel quale discorso il Ministro diceva che non era
conveniente dare una intera libertà di
coscienza , affinchè tale libertà non
eccedesse, e non trascorresse ad un
proselitismo intollerabile fra noi. Dedurre da un discorso ove sono tali
sentimenti, che i dissidenti sono autorizzati a fare quello che loro piace,
è tale un sofisma da degradarne un
zoccolante del secolo decimosesto.
Noi crediamo poi che sia un vero
insulto al Senato il voler sostenere
che lo Statuto nel proclamare la tolleranza dei culti, la proclamò ristretta
in quei con^ni in cui era per lo passato. Dunque Io Statuto per i vescovi
è una menzogna: dunque, se crediamo
ai vescovi, Carlo Alberto avrebbe ingannato la nazione; difatti, poche righe sotto essi dicono: lo Statuto che
cosa ha dato di più ai dissidenti
colla pror larnata tolleranza di quello
che avea loro concesso il Codice Albertino'? Noi crederemmo insultare i
nostri lettori, trattenendoci a rilevare
simili sofismi.
Ma dove i vescovi fanno mostra
della impareggiabile loro logica, è in
quella parte deU’indirizzo ove pretendono provare che la libertà di coscienza non è un diritto naturale all'uomo. La ragione che essi ne danno
non ammette alcuna replica; se così
fosse, essi dicono , qualunque culto
sarebbe parificato al Cattolico. Non
è quesla una ragione evidente per
escludere il dritto naturale alla libertà
di coscienza?
Ma se i vescovi si mostrano cattivi
logici, non si mostrano migliori cattolici in quell’indirizzo. È una massima incontestabile fra i teologi romaoi, che la loro Chiesa non può mai
temere nulla dall’errore, perchè applicando a loro le promes.<e di Cristo,
Gesù sarebbe con loro fino alla consumazione dei secoli, e lo porle del-
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r interno non potrebbero prevalere
coutro di lei. J vescovi piemontesi
sembrano non credere troppo a tali
promesse, imperciocché dicono, che
ammessa la libertà di coscienza, il
danno per la nostra santissima religione sarà pur troppo immenso. Sembra dunque che dilTidiDO della verità
di loro religione, se per sostenersi
hanno bisogno della intolleranza e
della inquisizione. Una religione che
s’impone per forza non viene da Dio
che ha creato l'uomo libero. Una religione che teme la libertà di coscienza, che la nega, è degna sollanto
del Medio Evo.
Attaci'ano poscia 1 vescovi l’eguaglianza dei cittadini innanzi alla legge,
eguaglianza consacrata dallo Statuto,
e pretendono dedurre che da questa
eguaglianza non ne viene in conseguenza il libero esercizio di un cullo
uon cattolico.
Dopo di avere cosi attaccata la libertà di coscienza , i vescovi si lagnano di non averne abbastanza per
loro. Essi vorrebbero la libertà di censurare le leggi dello Stalo, e di eccitare i popoli alla rivolla,ed il progetto
di legge si oppone a tale abuso di libertà. Ma le ragioni addotte dai vescovi dimostrerebbero la loro crassa
ignoranza, se non si vedesse in essi
una profonda malizia diretta a gettare la polvere negli occhi a qualche
imbecille. Essi dicono che la parola
di Dio non è legata, che non è subordinata all’approvazione di Cesare, che
non è sottoposta ad umano sindacato;
ma altro è la parola di Dio, altro è
la censura delle leggi di uno Stato.
Predicale quanto volete, nessuno vi
legherà : nessuno vorrà sindacare o
approvare i vostri discorsi se sono di
tema puramente religioso ; ma lasciate
a Cesare quello che è di Cesare, imperciocché Cesare in quel progetto
lascia a Dio quello che è di Dio.
Niuno vuol troncarvi la parola sul
labbro Cnchè voi predicate il Vangelo,
ma il Governo ha diriito di esigere
dai suoi sudditi (e voi lo siete come
noi) che sieno rispettosamente obbedienti alle leggi. Ci supreste voi dire,
signori vescovi, il perchè noi non abbiamo mosso il minimo lamento per
quella legge? Perchè essa non ci riguarda punto, perchè noi predichiamo
il Vaogelo e non la politica, perchè
noi ci limitiamo nello esercizio del
nostro culto a pregare per il Re, per
i Ministri, pel Parlamento, senza in
teressarci nè punto nè poco di criti-'
care le leggi che emanano dai poteri
costituiti.
Conchiudono il loro indirizzo i vescovi pregando il Senato a rigettare
la proposta legge, come legge d'ingiuriosa eccezione a carico del clero.
Ma le parole della conclusione deb.
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bono essere riportate tali quali affinchè non perdano nulla del loro altissimo significato; eccole:
« Nella legge del matrimonio civile,
« 0 signori, voi avete dato ragione
« alla Chiesa, ed avete salvato l’Al« lare. Ora in quesl’ultima date ra« gione al Cattolico contro il Settario,
« e salvate la patria dalla minacciata
« scissione dal capo supremo della
•I Chiesa. Questa scissione sarebbe il
« più terribile dei mali, e voi coHMm« predirla avrete procurato alla patria
« il maggiore fra i beni, giacché nella
« professione della cattolica fede e
« nella intima comunione colla santa
V
« Romana Sede sta la felicità della
« nazione, la quale.da quel centro di
« religiosa unità^ trae spiritualmente
« Tessere e la vita ».
Ogni commento ulteriore non servirebbe che ad indebolire i concetti
dei ve.scovi. Il Senato e la Nazione
prendano in serio esame l’indirizzo,
cTEpiscopato Piemontese è giudicato.
IL D! vmm.
La parola Pasqua signifiua passaggio
dalla parola ebraica pesa<;h, e fu istituita
in memoria dell’uscita degli Ebrei dalTEgitto e del passaggio del Mare Rosso. La
Pasqua degli Ebrei è venuta nel Cristianesimo, imperciocché la pasqua giudaica
non era che una figura della noslra Pa.squa nella quale TAgnello di Dio si è im
molato per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustiflcazione.
Sebbene non vi sia alcun monumento
certo, ciò non ostarne si vuole che questa
festa sia stala celebrata fino dai tenipi apostolici. Però sebbene la Chiesa celebrasse
la festa di Pasqua, pure verso la metà del
secondo secolo incominciò a sollevarsi
una queslione ohe porlo gravissime conseguenze intorno al giorno in cui dovesse
celebrarsi una tal festa. S. Policarpo vescovo di Smirne e discepolo delTApostolo
ed Evangelista s. Giovanni, recatosi a Roma per altre cose, trattò con Aniceto vescovo di quella città anche intorno al
giorno della celebrazione della Pasqua.
S. Policarpo sosteneva che la Pasqua dovesse celebrarsi nel giorno in cui la celebrano gli Ebrei, cioè il decimoquarto
giorno della luna di marzo, ed appoggiava le sue pretensioni sull’uso di tutte le
Chiese deH’Asia, uso stabilito dall’Evangelista san Giovanni e per conseguenza
autorizzalo dalla tradizione apostolica.
Aniceto dal suo lato volle sostenere l’uso
della Chiesa Romana di celebrare la Pasqua la domenica dopo il plenilunio, uso,
che anch'egli diceva autorizzato dalla tradizione apostolica. E qui osserviamo di
passaggio, che se in tempi quasi apostolici, la tradizione apostolica anziché togliere le contraddizioni le faceva nascere,
cosa vi dovrà dire dei nostri tempi lontani tanti secoli dagli apostolici? Però la
controversia fra Aniceto e Policarpo non
ebbe conseguenze per allora, e ciascuno
restò nel suo sentimenlo.
Ma quando fu vescovo di Roma Vittore,
mise di nuovo la questione sul tappeto.
Scrisse delle lettere veementi contro tutte
le Chiese dell’Asia e voleva che quei ve-
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scovi si uniformassero al suo sentimento,
raa I vescovi asiatici si opposero con non
minor calore al vescovo di Roma, e sebbene santi anche essi siccome Vittore, rescrissero delle lettere fortissime. Sant’Ireneo, che era allora vescovo di Lione e
l’oracolo di tutta la Chiesa, prese la parte
degli asiatici uon sul fondo della questione, mu rimproverò fortemente 11 vescovo
di Roma per l’alterigia che usava verso i
suoi collpghi dell’Asia. Vittore scnninnicò
i vescovi dell’Asia, I quali non ostante ta
scomunica del vescovo di Roma seguitarono a celebrare la Pasqua nel plenilunio,
e sebbene morti scomunicati dal papa, ciò
non ostante molti di essi sono santi. La
queslione fu decisa definitivamente nel
Concilio Niceno.
Sebbene da principio non si convenisse
sul giorno della celebrazione di questa festa, si conveniva non pertanto nel celebrarla con grande solennità. San Gregorio
Nazianzeno chiama il giorno di Pasqua il
re dei giorni, lu festa delle feste, giorno
che supera tutti gli altri in isplendore,
quanto 11 sole supera le stelle. San Giovanni Grisostomo chiama la Pasqua il
giorno salutevole nel quale si è ristabilita
la pace e la riconciliazione, si è distrutta
la morte, e si è riportata lu vittoria sul
demonio. Gli antichi scrittori ecclesiastici
chiamano il giorno di Pasqua la domenica dell’allegrezza.
Tale era la puliblica gioia che si osservava in tal giorno nella Cristianità, che
gli imperatori cristiani pubblicavano in
quel giorno un indulto, che si chiamava
indulgenza pasquaìe. Primo a pubblicare
un lale indulto fu l’imperatore Valenliniano, comesi può vedere nel codice teodosiano uel libro IX, Ut. XXXVIII de in
dulgpntiiscriminum,kg. 3. Questo indulto pubblicato l’anno 367, portava la liberazione di tulli I prigionieri ocondannati o
sotto processo ad eccezione dei sacrilegi,
dei rei di lesa maestà, dei violatori dei
sepolcri, degli avveleuatori, dei malefici,
degli adulteri, dei rapitori, e degli omicidi. Gl’imperatori seguenti pubblicavano
anche essi una tale indulgenza, ma oltre
i siiddelti escludevano i falsificatori di
moneta ed i recidivi.
San Giovanni Grisoslomo dà questa ragione per giustificare quella indulgenza.
Come Cristo ci ha liberato per la sua
morte e per la sua risurrezione, cosi l’imperatore libera dalle pene temporali i
rei, per imitare la misericordia del Signore Dio nostro.
In quei primi tempi la schiavitù esisteva perfino tra i Cristiani, ma i buoni
cristiani nel giorno di Pasqua spezzavaao
le catene ai loro schiavi, e li restituivano
alla libertà, e siccome la legge vietava di
fare un atto legale in quel giorno, cosi
l’imperatore Teodosio ordinò che il solo
atto legale permesso fosse la emancipazione degli schiavi.
Eusebio ci narra nel libro quarto della
vila di Costantino, che questo imperatore
nel giorno di Pasqua provvedeva che fossero sovvenuti largamente tulli I poveri
in tutte le provincie del vasto impero.
Tale uso si è osservato per molto tempo
fra I Cristiani, talché nel giorno di Pasqua
per molti secoli non vi era povero che
non fosse dai ricchi soccorso.
L’imperatore Teodosio il giovane stabilì con una legge, che non solo nel giorno di Pasqua, ma neppure nella settimana
seguente vi fossero spettacoli di sorta alcuna 0 pubblici divertimenti. Quesla proi-
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bizione si estendeva non solcai Cristiani,
ma anche ai Giudei ed ai Gentili, aiBnchè, dice la legge, anche essi sapessero
distinguere quando è ii tempo delie preghiere, quando quello dei divertimenti,
imperciocché in quei giorni i Cristiani
erano occupati continuamente in opere di
pielà.
Gli antichi Padri ci rendono testimonianza, che negli otto giorni avanti la
Pasqua, e negli otto giorni seguenli si
celebrava pubblicamente nelle Chiese il
servizio divino, ed il popolo assisteva ai
sermoni che in quei giorni si facevano. La
Pasqua cristiana adunque non consiste in
una festa carnale, siccome l’apjtrende il
mondo, ma é una festa tutta spirituale che
ci ricorda i trionfi di Gesù Cristo. Sembrava, è vero, che gii Scribi ed i Farisei
avessero trionfato di Gesù allorché lo videro morto e sepolto, ma nella risurrezione il cristiano vede che Gesù Cristo
soffre la morte per disarmarla, scende nel
sepolcro per toglierne l’orrore, e montando sul patibolo della croce ne fa una
scala per salire alla destra di Dio. A! vedere Gesù risuscitato, il cristiano debbe
rallegrarsi, imperciocché può accostiirsi
con fiducia al trono della Grazia, e sa non
esservi più alcuna condanna per coloro
che sono in Crislo Gesù, essendo egli
morto e risuscitato per la sua salvezza
(Hebr. IV, 10. Rom. Vili, 1, 34). L’incredulo insulta a Gesù Cristo che muore,
ma alla risurrezione di Cristo la incredulità crolla dai suoi fondauienti, ese il cristiano ha conosciulo nella morte di Cristo
che egli era un uomo, conosce uella sua
risurrezione i;be quegli che era morto per
Ini era anche Dio.
Lii PaP(|ua crisliiUKi (liuiqut devi' i>
sere una gran festa, ma tutta spirituale.
Ecco come c'insegna a celebrarla la parola di Dio: n Purgale dunque il vecchio
lievito, acciocché siate nuova pasta, secondoché siete senza lievito: conciossiacosaché la nostra pasqua, cioè Cristo, sia
stata immolata per noi. Perciò facciamo la
festa non con vecchio lievito, nè con lievito di malvagità e di nequizia, ma con
azioni di sincerità e verilà » (l.a Corint.
V, 7, 8J.
Gli Apostoli e gli antichi Cristiani non
hanno mai pensato che la festa di Pasqua
consistesse nell’ornare i templi e nel costringere i popoli a formalità che non venendo dal cuore sono per lo più sacrilegii.
L’antica Chiesa e specialmente la Chiesa
Apostolica noo si fermava per nulla alle
formalità, ma cercava la sostanza; non
voleva le cose esteriori, ma la vera e la
soda pietà; non allettava il popolo con
apparenze, ma cercava di renderlo migliore con una religione pura ed immacolata. È questo ii vero modo di celebrare
la Pasqua cristianamente. Purgare il vecchio lievito, cioè esaminare seriamente
noi stessi al lume della parola di Dio per
vedere se siamo conformi al nostro capo
Cristo. Gesù; togliere da noi tutlo ciò che
vi è di male, emendare i nostri difetti,
correggere i uostri vizii, e presentare a
Dio un cuore mondo. Ma ciò neppure basta. Dobbiamo celebrare la Pasqua con
pielà e con carità, pielà verso Dio, carità
verso i nostri simili, e senza perdersi in
formalità, il più delle volte inutili, celebreremo una Pasqua più gradita al Signore di quella che si fa consistere in
pompe esteriori e formalità.
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LETTEKE AL MIO PARROCO.
LETTERA IV.
Stimatissimo sig. Parroco
E mio dovere augurare a V. S. una
Imona Pasqua, tanto più io quest’anno
nel qunie penso non venire ad iacomodarla per la comunione pasquale.
Non vorrei però che credesse che il
non venire alla parrocchia a comunicarmi indichi in me mancanza di religione : inn> posso assirurarla che non
sono mai stalo cosi religioso come lo sono
in quest’anno; ed è appunto perchè ho
ietto il Vangelo, percbè lo ho creduto,
perchè l’ho a cuore, perchè voglio osservarlo che io mi astengo dal comunicare da lei in quest’anno.
Io desidererei ardentemente accostarmi
alla Tavola del Signore; ma dacché bo
letto il Vangelo, io desidero essere cristiano secondo il Vangelo, e seguire il
cullo prescrilio da quello senza aggiungervi e senza togliervi nulla. La Cena del
Signore la trovo nel Vangelo e vorrei riceverla come la ricevetiero gli Apostuli nel
cenacolo, come essi la davano ai primitivi cristiani : ed ecco il perchè questo
anno noo vengo a riceverla alla parrocchia, perchè lei non mi sembra che la
dia come la davano gli Apostoli. Però io
noo sono ostinato nella mia opinione; e
sono pronto a comunicarmi alla parrocchia se lei mi scioglierà in modo soddisfacenle le difflcoltà che le propongo, e mi
dimostrerà che Gesù Cristo e gli Apostoli
davano la comunione come la dà lei nella
sua chiesa.
In prÌTiio luogo leggendo il Vangelo, io
Irovi) chi? Gct-ù Crislo ha dato la comu
nione due volte, uoa volta ai dodici nell’iiltima cena, e l’altra ai due Discepoli
in Enimaus, ed in lutte due le volte l’ha
dala di sera e dopo mangiato : ma lei volendo darla di mattina ed a digiuno non
fa una cosa interamenle opposta a quello
che faceva Gesù Cristo? Noti bene, signor parroco, io non attacco una grande
importanza a questa circostanza; se lei
mi dicesse essere cosa indilTererote comunicarsi a digiuno o dopo mangialo, saremmo facilmente d’accordo ; ma impormi
sotto pena di sacrilegio di comunicare a
digiuno quando Gesù Crislo communicava
i suoi Discepoli dopo cenato, io non posso
capirla, ed adendo dalla sua gentilezza
una spiegazione.
Un’altra circostanza alla quale non attaccherei in vero una grande importanza
se non mi si dasse come obbligatoria, è
quella della posizione del corpo. Io leggo
il Vangelo, e trovo che Gesù Cristo dava
la comunione ai suoi Discepoli a tavola ;
essi erano seduti, o coricati secondo Tuso
di quei tempi; e noo trovo mai cbe lì
abbia fatti inginocchiare. Se lei mi dicesse cbe per essere più raccolti, più
disposti alla preghiera é cosa buona inginopcbiarsi, potrei anche passarcela; ma
obbligarmi sotto pena di peccata a fare
quello che Gesù Crislo non mi ha comandato, anzi a fare diverstmenle da quello
che Gesù Cristo ha fatto, posso sbagliarmi , ma a me sembra almeno un volerla
far da maestro al Signore.
Io leggo nel Vangelo che Gesù Cristo
istituì il sacramento nel pane; prese il
pane comune che era io tavola, lo benedisse, lo ruppe, e lo distribuì ai suoi Di*
scepoli. Anche qui tra la comuDÌone
data da Gesù Cristo e quella che ella dà
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nella sua chiesa, trovo una grande differenza. L’ostia che lei dà non è pane, sebbene sia composta di farina: diffalli ad
eccezione della comunione, non ci serviamo mai delle oslie per mangiarle, ma
ce ne serviamo per allri usi. In non anderoi tanto alla sotlile se si tratlnsse di
comiinirare in pane azimo o fermentato,
purché fosse pane comune ; ma comunicare con una cosa che non é pane mi sembra che sia conlro l’iptituzione del Signore. Attendo con impazienza i suoi
schiarimenti.
Io leggo nel Vangelo che Gesù Cristo
ruppe il pane e lo distribuì ai suoi Discepoli: e questa rotlura del pane la trovo
un segno cosi caratteiislico della comunione che essa nel Nuovo Testamento
è chiamata quasi sempre la frazione o
rottura del pane: desidererei sapere da
lei perchè si è derogato a quest'uso stabilito da Gesù Cristo , osservato dagli
Apostoli e da tutta la primitiva Chiesa?
Perchè invecs di rompere il pane nella
comunione con tutto il rispetto e la riverenza fimperciocchè, come ci dice il Vangelo, la rottura del pane signilìca il corpo
di Gesù Cristo che è stato rotto per noi),
si taglia con un ferro nella sacrestia dai
ragazzi che ne fanno un giuoco ed un’occasione di disputa per mangiare i cosi
delti ritagli ?
Gesù Cristo dando la comunione ai
suoi Discepoli, dice: prendete c mungiate:
non si può prendere una cosa se non che
colle mani. Egli è certo che i Discepoli
presero colle mani quel pane, se lo posero in bocca e lo mangiarono : così noj
leggiamo che facevano gli Apostoli quando distribuivano la s. Cena : cosi ha fatto
per tanti secoli tutta la Chiesa: ma nella
sua parrocchia non si fa così : Gesù Cristo
ha detto prendete, e lei non lo fa prendere, anzi stima un gran delitto se un
cristiano non prete tocca la sua ostia : se
10 fa per inavvertenza soltanto, quel pover
uomo è condannato a sentirsi raschiare
con un vetro o con un coltello la pelle di
quel dito che ha ardilo toccare l’ostia.
Mi perdoni, ma questo mi pare castigare
un uomo perchè ha voluto osservare un
comandamento di Gesù Cristo. Il Signore
ha detto mangiate : il mangiare non è
ingoiare, ma porta necessariamente che
si passi sotto i denti la cosa che si mangia : ed io mi ricordo che lei m’insegnava
nel catechismo della prima comunione di
badare a neppure toccare coi denti l’ostia.
Ma la diversità che più mi fa pena fra
la comunione data da Gesù Cristo ai
suoi Discepoli, e quella che lei dà ai suoi
parrocchiani, è questa. Gesù Cvisto non
solo ha dato a’ suoi Discepoli il pane ed
11 vino, ma come dandogli il pane gli ha
detto prendete e mangiate, così dandogli
il calice gli hn detto prendete, e bevete.
Questo precetto di Gesù Cristo mi sembra
così chiaro che io non posso capire come
una chiesa che si dice crisliana, mentre
Gesù Crislo ha detto bevete, possa dire
non ne bevete e se voi ne bevete commet
tote un sacrilegio : e perciò prego la di
lei gentilezza a volermi spiegare questa
difficollà che per me è ìnsoluìtile: come
cioè possa conciliarsi l’ordine di G. C,
colla [iroibizione della Chiesa.
Mi rammento bene che uua volta presentandole questa difficoltà a voce, mi rispose che Gesù Cristo parlava agli Apostoli • e che quindi l’obbligo della comunione sotto le due specie è per i
soli preti. Io allora non aveva lette le
11
Scritture e ini tasciava facilmeote persuadere da questa ragione; ma dopo letto
it Nuovo Testamento, trovo questa ragione di niun valore. Diffatti se questo
argomento valesse, o dovrebbe valere per
tutto 0 per nulla ; Gesù Cristo parlava
agli Apostoli solamente; dunque, dico io,
la comunione è istituita per isoli Apostoli, 0 se volete per i soli preti : io non
so vedere nello stesso discorso di (¡. C.
la ragione per cui quando diceva mangiate, voleva obbligare tutti, e quando
diceva bevete, voleva significare un privilegio dei preti.
Ma per non fare uua dissertazione mi
limiterò a citarle un solo passo del Nuovo
Testamento, sul quale la prego essermi
cortese di una spiegazione. S. Paolo uella
prima Lettera ai Corinti, al capo XI, istruisce i laici, non i preti, di Corinto, intorno
al Sacramento della Cena del Signore,
ne riporta l’istituzione come è registrala
nei Vangeli, ed insegna come hanno da
fare quando si accostano a quel sacrameulo, e dice così ai cristiani di Corinto,
non ai preti; «Ogni volta che voi avrete
mangiato di questo pane, e bevuto di
questo calice, voi annunzierete la morte
del Signore, finché egli venga : perciò
chiunque avrà mangiato questo pane, o
bevuto il calice del Signore indeanamente
sarà colpevole del corpo e del sangue del
Signore. Or provi 1’ uomo se stesso, e
così mangi di questo pane e bea di questo calice : conciossiacosaché chi ne mangia e beve indegnamente ecc. jj. Vede
dunque che s. Paolo intendeva le parole
di Gesù Cristo tutto aH’opposto di quello
che lei le intende.
Un’altra sola difficoltà e lìnisco. Io mi
rammento che lei un giorno in una pre
dica, per provare che realmeute nell’ostia
vi è il vero corpo reale e vivo di G. C.,
citava iu latino un passo del Vangelo, e
mi ricordo che era nel capo VI di s. Giovanni : avuta la Bibbia in italiano sono
andato a cercare quelle parole e le ho
trovate nei versi 55, 5i: « In verità, io
dico, che se voi non manciate la carne
del Figliuolo dell’uomo, e non bevete il
suo sangue, voi nnn avete la vita in voi:
chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ba vila eterna i>. Lei sosteneva
cbe in quel passo Gesù Cristo parlava
dell’Eucaristia : ma se è cosi non vede
lei in quel passo la necessità assoluta di
dare a tutti l’Eiicarislia nelle duespecie?
Queste, signor parroco , sono alcune
delle ragioni per le quali non credo potere in quest’ anno comunicarmi alla
parrocchia; io voglio sperare che lei,
parroco dolto e zelante siccome è, voglia avere la bonlà di sciogliermi queste
dilficoltà in modo chiaro, ed allorché mi
avrà dimostrato che la comunione che
si dà nella sua parrocchia è la stessa di
quella che Gesù Cristo ha dato ai suoi
Discepoli, allora io sarò da lei, ma fino
a che vedo lante diversità, lante contrarietà, rni permetterà di starne lontano,
temendo di far cosa contraria alla volontà di Gesù Cristo. Intanto ho l’onore
di dirmi ;
Suo dev. servo.
Filibebto.
1 CLEIUCAIJ l.\ AMERICA.
Quale sia la critica posizione dei clericali negli Stali Uniti lo dimostrano abbastanza i recentissimi avvenimenti, ed i
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trìuDlì otteDutl dall’arcivescovo di Tebe
Monsignor Gaetano Bedini nunzio del
papa. Ma lall avvenimenti avendo piuttosto uu principio politico, non han dato
e non daranno materie alle pubblicazioni
esclusivamente religiose della Buona Novella, la quale per la sua posizione deve
tenersi lontana da qualunque politica discussione. Noi uon ci vogliamo nel presente arlicolo occupare che della lotta
religiosa avvenuta nella repubblica tulta
cattolica della Nuova Granata tra il governo ed i clericali.
La Nuova Granata si è liDalmente emancipata dalla soggezione del clero senza divenire protestante, senza cessare di
essere cattolica. Dopoché la costituzione
proclamò la eguaglianza dei cittadini, gli
uomini di senno cbe da queslo principio
vollero trarre le conseguenze, perchè il
paese fosse logico nella sua condotta, dichiararono che in un paese ove la legge
riconosce la eguaglianza dei cittadini è
una orribile inconsegueoza vedere nel
suo seno una corporazione ricca, numerosa, e potente che non ha alira relazione
co! resto dei cittadini cbe quella di dominarli dispoticamente esercitando un
impero assoluto ed esclusivo sui corpi e
sulle anime: uua corporazione che non
vuol riconoscere altre leggi che le sue
proprie, o quelle dello Stato solo quando
sono in armonia con le sue, che provengono da un. potentato straniero al quale
quella corporazione professa la più cieca
obbedienza e dal quale riceve lutti gli ordini. Una corporazione inoltre che ha i
suoi tribunali, i suoi giudici, le sue leggi
diverse dai tribunali, dai giudici, dalle
leggi delio Stato sembrò ai granatini una
anonialia mostruosa; in un» parola quello
cbe I granatini chiamavano nella loro
lingua fuero ecclesiastico, lo credono ud
male tale cbe a lungo andare avrebbe ricondotto alla inquisizione; e quello che
è pili, gli sembrava uno Stato nello Stato,
che avrebbe portato la perdita di tulle le
libertà, ed avrebbe soffocato ogni progresso. Per tali considerazioni il ii maggio 1881 il fuero ecclesiaslico fu interamenle abolito in tulta la estensione della
repubblica.
I preti spiegarono tutto il loro spirito
sedizioso, da essi chiamato zelo, e predicarono contro la provvida legge; ed
abusando della libertà della stampa cbe
la legge aveva accordata, malgrado tutti gli sforzi del clero per impedirla, si
scagliarono con tutla violenza contro I
nemici della loro dominazìnne, e chiamarono la legge empia, eretica, alea,
sovversiva della religione cattulica, quasiché la religione caltolica consistesse
nel dominio dei preti; chiamarono empi,
atei, i legislatori, ed eccitavano il popolo
alla rivolta, per difendere, essi dicevano, la santa chiesa, e scacciare gli eretici cento volte peggiori di Lutero e di
Calvino. L’arcivescovo Mosquera dirigeva le operazioni del suo clero.
II governo, forte nella sua coscienza e
nella giustizia della sua causa, non diviso nelle sue convinzioni, uon desideroso
di rompere con Roma, ma solo geloso
dei suoi diritti inalienabili, lasciava che
i clericali gridassero; solo di tanto io
tanto colpiva secoodo le leggi i più fanatici. Ma il papa avendo raunato un concistoro secreto in settembre 4852, manifestò nella sua allocuzione le pretensioni
di Gregorio VII: colmò di elogi il ribelle
Mosquera, lodò il clero sedizioso, e con-
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dannò il governo perrhè si era mescolato
di cose di chiesa, annullando, come se
fossn slato in pieno medio evo, tutti gli
atti e decreti del governo: Goalmente dichiarò cbe la dottrina della libertà religiosa era una dottrina assurda, falsa, distruttiva ed assolutamente intollerabile.
(I papa ed i clericali credevano che la
voce del capo della chiesa fosse accolla
dal popolo granatino con entusiasmo, e
già Torse si beavano al pensiero di vedere
una guerra civile cbe avesse aflbgato nel
sangue Tudiato governo; ma la bisogna
andò diversamente. Il popolo granalino,
fiero delle sue liberlà, e rammentando i
vezzi della inquisizione, accolse l’allocuzione papale colla più viva indegnaziune.
I fanalici però non mai mancano in uo
paese: Mosquera ordinò al suo clero di
agire su di loro, ed esso obbedì: allora il
governo non crelè di dover più tollerare,
ed esiliò il ribelle Arcivescovo cagione
principale della rivolta che si tentava.
Questi si diè l’aria di martire, e di vittima
della intolleranza religiosa del governo:
in ogni paese i clericali lo chiamavano il
martire, ed in Nuova York, quando non
erano bene conosciute le questioni tra il
papa, ed il governo riscosse simpatie anche dai protestanti, che lo credevano
realmente vitiima della intolleranza religiosa. Allorché poi venne in Europa poco
mancò non fosse adorato dai bigoiii: egli
andava a Roma a prendere forse il cappello cardinalizio in premio del suo zelo,
ma a Marsiglia morì.
.Ma quali sono stali i risultati delle ribellioni? La repubblica di Nuova Granata
ha rotto interamente con Roma; e senza
dichiararsi protestante ha dello e dichiarato di voler esser libera in casa sua: che
riconoscerà il papa nelle cose puramente
religiose, ma non vuole che uo potentato
straniero sotto pretesto religioso domìni
nella Nuova Granata. L’esempio della
Nuova Granata è stato seguito dalla repubblica dell’Equatore, e se continua
così, il pepa per le sue esorbitanze perderà tutla l’America.
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino. — I Vescovi piemontesi sono
stali dichiarati calunniatori nella Camera
elettiva. Ecco come sla il fatto. Dopo il
celebre indirizzo dei Vescovi al Re, il deputato Farini, ex-Minislro della pubblica
islruzione, mosse interpellanza al Ministro attuale e prese a dimostrare che le
accuse fatte dai Vescovi al Re nel loro indirizzo erano calunniose. I Vescovi dicono che s’insegna sopra libri cattivi, e
Farini dimostrò che i libri d’insegnamento
0 sono composti da preti o da persone
ineccezionabili: i Vescovi dicono neH’indirizzo cbe la scuota di disegno serve ad
insinuare il panteismo^ e Farini disse
che s'insegna appena il disegno lineare,
e l’ornato secondo i precetti compilali da
un fratello delle scnole cristiane. Gli individui preposti alla pubblica istruzione,
continuava il Farini, sono per lo [tiù preti: quasi tutti i presidi dei collegi sono
preli; nel consiglio superiore vi sono
preti, preti vi souo nel consiglio permanente, e nei consigli provinciali; ed un
buon numero di profes.sori .sono preti. E
di questo passo il deputalo Farini dimostrò che lutie le accuse dei Vescovi nelrindirizzo al Re erano calunnie. Domandò
poi al Ministro se egli avesse riceviilo
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qualche lamento dai Vescovi a cui non
avesse dato ascolto, per autorizzare i Vescovi a ricorrere al Re. Il Ministro ris|)cse che non gli era stato mai fatto alcun richiamo, e che tutte le cose esposte
dai Vescovi erano insussistenti. Il depataio Mellana, dopo di avere detto che le
interpellanze sarebbe stato meglio averle
fatte al Guardasigilli acciò si fosse provveduto come di ragione, conchiude con
queste parole: «La voce dell'episcopato è
autorevole quando parla la parola del Vangelo, o quando si fosse rivolta alla Camera; ma quando l’episcopato si mette
nella via de’calunniatori, allora non poteva muoversi altra interpellanza che al
Ministro di grazia e giustizia percbè provvegga ». Un fatto rimarchevole in quella
seduta è che neppure uno dei deputati
clericali e della estrema destra sorgesse
a discolpare i Vescovi dalla tacc'a di calunniatori.
Mentone. — La Gazzetta del Popola,
appoggiata ad una corrispondenza dellMvintr, narra chea Mentone un soldato del
distaccamento piemontese è stato arrestato, incatenato e incarcerato per essersi
trovato possessore di alcune copie della
Bibbia, e di altri opuscoli evangelici. Noi
attendiamo notizie per tornare su questo
fatto, che non possiamo ancora credere
vero, e vogliamo sperare che sia falso.
Ginevka.—Giovedì scorso un ora dopo
il mezzo giorno è stata ricevuta nel vasto
tempio di s. Pietro l’abiura di cinquantatre cattolici che hanno abbracciato la
fede evangelica: altri dieci sono rimandati ad un’altra volta, non essendo stati
trovati sufficientemente istruiti. In questi
giorni 30 cattolici hanno domandalo di
essere i.scritti per ricevere la istruzione
evangelica, ed eccone così altri 40 pronti
ad abbandonare il cattolicisnio ed entrare
uella comunione evangelica. Daremo in
seguito i dettagli.
Prussia. — Siamo assai lieti di poter
lodare gli esempi di tolleranza religiosa
ovunque si trovino. Una lettera da Dulken (provincia della Prussia Renana) iu
data del 31 marzo riportala dai giornali
tedeschi, e tradotta dal Lien ha quanto
segue:
Il La comune calvinista della nostra
città, la quale è lutl’allro che ricca, non
avendo potuto pagare interamente le spese
di culto dell’anno scorso, ed avendo aperta una sottoscrizione per pareggiare
il deficit, la comune caltolica ha sottoscritto immediatamente per 500 talleri
(Í900 fr.), e gl’israeliti hanno sottoscrit
to per 25 talleri (95 fr ). Questi atti di
tolleranza religiosa meritano di essere
pubblicati, tanfo più che in Germania nei
tempi attuali divengono sempre più rari«.
Cosa dicnno di questo fatto i clericali?
La diversità di religione in uu paese è cagione di di.scordia? Quei cultolici prussiani così tolleranti hanno un callolicismo diverbio da quello dei clericali piemontesi, che dicono che il cattolicismo
non può essere tollerante'!
CRONACHETTA POLITICA
Piemonte. — Il progetto di legge per
l’imprestilo è stalo accettato dal Senato
a grandissima maggioranza, sebbene la
relazione della commissione fosse contraria non solo, ma acerbissima.
Napoli. —Scrivono al Diritto, che le
notizie di quel pae.'e non sono ra.ssicu-
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raiiM sul re di Na|iuli. Alle coDtiniie congiure militari, per ci'i da un anno in r|ii>i
seguono tra le triipp. napolilane arresti
ed espi azioni, si ai;yiuiige era che quindici Svizzeri furono fucilati e quaranta
espulsi diil regno per cospirazioni.
Toscana. — Si'rivono da Fiienze al
Corr. Mer. " Nel mese prossimo avremo
un altro clanioroi-o processo religiosi) sul
fare di quello dei Madiai Ora irattasi di
un muratore e di un barbiere del contado
passati al protestantismo. Il più grande
propagiindista prole>lante è il iiimislro
Lauducci, il quale colle persecuzioni e
vessazioni, die ora sono crudeli ed ora
ridicole, invoglia airopposizione, lanlo
più die avendo volulo pigliarsela anche
cogl’inglesi, mostrò l’impotenza del governo granducale, e procacciò una specie
di celebrilà ai perseguitati.
<1 Le molestie soflerte dal conte Guicciardini crebbero forza alla propaganda,
la crebbe il processo dei coniugi Madiai e
la cacciata di rpiella giovinetta inglese,
della quale si preoccupò assai la diplomazia; ed ora questo nuovo processo aggiungerà esca alla fiamma, quantunque non
vi pigli parie nissun ingleíe come avrebbe
voluto il sig. Landucci die fece i conti
seuza il sig. Scarlett ».
Francia. — Il Courrier de la ürúme,
annuncia la concentrazione di un <’or(io
da 20 a 2?> mi'a uomini nei due dipartimenti di Dròmo e d’Isèie.
— Il Toulonmis annuncia che altr'
10,000 Francesi s’imbarcheranno enlroil
mese per l’Oriente.
Parigi, 12 aprile. — Il principe di
Cambridge e lord Uaglan col numeroso
loro seguilo vennero ieri rivevuti dairiiiiperatore. Assistono in queslo momento
ad una splendida rivista.
Lo.ndra. — Lord Kussell alla Camera
dei Comuni, ha annunzialo essere vero
cbe il Governo austriaco sta concentrando
una forte armala sulle frontiere della
Servia, ma non volle far conoscere le intenzioni dell’Austria verso la Turchia ed
il vero scopo di tali considerevoli apparecchi militari.
Spagna. — Il Débats reca i ragguagli
suirinsurrezione di Barcellona. Da priiicipio erano i soli operai che insorsero,
essendo ivi numerosissimi, sotto pretesta
di salario; ma tosto agauiugendosi ad
essi altri agitatori, la rivolta prese carattere politico. Si fecero riunioni armale e
minacciose in diversi punti
La guarnigione si reeò con baionella
in canna contro gli insorti, che opposero
subilo viva resistenza. La lolla iiicominciò
il 20 marzo e durò He giorni. Al HI si
spense dopo multi morti e feriti dall’una
e dall’altra parte, restando vincitrice la
truppa.
CopcNACHEN. — Dopo la visita fatta da
Niipier ili re, il gabinello intero ha dala
la sua di'iitissione È noto che il gabinetto
caduto (iiirieggiava per lo czar e per la
restrizione della Costituzione.
Grecia. — Il palazzo del ministro di
Francia sareiibe stalo oggetto di unu inunifeslazione ostile, e dopo un uliiiiio colloquio col re Ottone , 1’ ammiraglio Le,
Barbier de Tiuan avrebbe creduto dover
prendere un atteggiamento minaccioso.
Anche l'ambasciatore inglese avrebbe
seriamente minaccialo il governo per indurlo a fare l’impossibile, vale a dirfc
ad opporsi all’incendio generale. Ciò che
è positivo, Si-rive da Atene un corrispondente dell’/ndepeniionce, si è che il moviiiienlo non è russo, ma puramente nazionale ; prova ne sia che llnora in nessun
paese insorto si è veduta una sola moneta russii. Questa mancanza assoluta
d’oro russo dovrebbe illuminare l’Europa
sulla natura del movimento greco. Queslo fatto ha una grande importanza, ed
è aflatfo favorevole: al sentimento che
anima i Greci ; sentimento che all’epoca
della prima guerra d’indipendenza si ebbe la simpatia di tutta l’Europa civile.
— All hascià, con 3,000 uomini di
truppe regolari, disperse gl’lnsorli presso
lannina. - Grivas è fuggito.
L’ insurrezione guadagna terreno
ogni giorno. Si fanno arruolamenti di
volontari sulla pubblica piazza d’Atene.
COSTANTINOI'OI.I.—Si è tenuto un gran
consigli;) nazionale. L’assemblea, dopo
avere interamente approvalo la politica
del governo ed i suoi progetli di riforma,
risolse che sarebbe aperta una soscrizione
nazionale. 1 membri presenti soscrissero,
seduta slaute , per più d’un milione di
16
franchi. Non si dubita cbe fra pochi
giurui la soscrizione ascenda a 10 io
milloDi.
M*n Nero. — Gli ammiragli hanno
spedilo una divisione di fregate a Kusteodie, pumo del Mar Mero ove termina il
vallo di Traiano. Asseverasi che cotesta
dimostrazione ba per iscopo di appoggiare Tala dritta di Omer pascià.
Nessuna nave da guerra è uscita da
Sebastopoli.
Prussia. — 1 corpi che in Prussia rappresentano i grandi interessi del commercio, fanno Tuno dietro l’altro dimostrazioni contro la Russia. Dopo le Camere
di commercio di Dantzig, Königsberg,
Elbing, Stellino ecc., la Camera di Breslavia inviò anch’ essa una petizione al
governo, aQìncbè respinga non solo l’alleatiza colla Russia, tona eziandio la neutralità.
Baltico. — Un messaggiere speciale
avrebbe recato airammiraglio Napier l’ordine di aprire le ostilità il più presto
possibile e di spingere innanzi per quanto
permetterà la stagione.
Paesi Bassi. — Leggesi nel Journal de
Liège. « Il goferno e 1’epi.scopaio olandes>! sono in procinto di accordarsi, e la
buona intelligenza regnerà fra loro sintanto che il potere civile si terrà nelTuraile posizione che si è rassegnato a prendere. Imanlo l’impazienza dei reverendi
padri gesuiti si traduce in atti caratteristici. Ieri l'aliro il figlio di un onorevole
nostro concittadino si era presentato a
uno dei confessionali di s. Catterina, e
non poca fu la sua sorpresa quanc^o per
la prima cosa si senti interrogare, quale
istituto d’educazione egli frequentasse.
Appena indicalo l'aieoeo di Liegi, il con
fessore dichiarò nnn poterlo assolvere se
non prometteva forinaltnenle di non ricevere più istruzione a spese dello Stato.
Così procedono i gesuiti ai preliminari
della conciliaziiine. Il giovane messo in
una lale alternativa raggiunse immediatamente sua madre che lo aveva accompagnato in chiesa e le rivelò l’atto di violenza morale cui non volle cedere >>.
AVVISO.
Libreria Evangelica di GIACOMO BIAVA,
via Carlo Alberto, dirimpetto al Caffè
Dilej.
Il Direttore di questo Stabilimento volendo annuire al desiderio di molte persone, si propone di attivare una piccola
libreria circolante composta di buoni libri evangelici, di sana morale, ed atti
alla coltura del cuore e dello spirito. 1
primitrenta sottoscrittori sarebbero i fondatori, e godrebbero un vantaggio nel
prezzo deH’abbonamenlo, che sarebbe di
12 franchi per un anno, di fr. ì, SO per
un mese, e di cent. 50 per una settimana.' i 30 fondatori non pagherebbero che
10 franchi all'anno.
La utilità delle biblioteche circolanti,
e specialmente di una biblioteca circolante evangelica, fa sperare al sottoscritto
che I suoi correligionari evangelici, ai
quali specialmente è diretto queslo invito,
vogliano incoraggirlo nella impresa.
Le basi dell’associazione sono ostensibili nella suddetta libreria ove si ricevono
anche le firme dei socii. Appena avute le
firme di trenta fondatori, comincierà ad
attivarsi il progetto.
G. Biava.
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A cagione del digiuno del
Venerdì Santo, il giornale non
si è pubblicato ieri.
Direttore P. G. MEILLE.
Gbosso Domenico gerente.
TIP. SOC. DI à. PONS K COMP.