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ECO
DELLE YALLT VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PELLICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCVII - N. 25 ABBONAMENTI f Eco; L, 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale . I Gruppo bis TORRE PELLICE —123 Giugno 1967 1
Una copia lire 5 0 , L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 Ammin. Claudiana Torre PeUice - C.CT. 2-17557 |
ANCHE I CINESI H/INNO LA BOMBA H
LA VERA RIVOLUZIONE
Condannerebbero anche Gesù
Glie gli Americani e i Russi abbiano bombe H in buoni depositi,
non inquieta molti, nell’emisfero
ricco e sviluppato. Ma che i Cinesi
stiano raggiungendo il medesimo
traguardo, ecco un fatto estremamente allarmante... Come se non
fosse stato un governo occidentale e
cristiano a lanciare le prime bombe atomiche e, vedi caso, su un
paese giallo, proprio su quello e
non sulla Berlino hitleriana. Come
se non fosse noto che per gli esperimenti nucleari francesi nel Sahara, si era atteso un momento in cui
i venti soffiassero a sud, per ridurre
al minimo i rischi di polluzione atmosferica sull’Europa; a sud... si
aggiustassero.
Non capisco assolutamente perchè, su un piano politico, se si accetta che USA e URSS abbiano la
bomba H, debba fare scalpore che
anche la Cina se la procuri. Potenzialmente è altrettanto grande quanto i due ’grandissimi’, anche se gli
USA e i loro satelliti continuano a
tenerla lontana dall’ONU ; e impostati come sono i rapporti di potenza sul piano internazionale, la Cina
è stata portata dalla logica delle cose a seguire USA e URSS sulla via
che essi hanno tracciato. Anche moralmente, non trovo alcuna giustificazione nell’allarme anticinese da
parte di quegli occidentali che giustificano o comunque accettano la
forza H dei paesi che già ne sono
detentori. Quanto sopra va tenuto
ben presente, per non fraintendere
ciò che ora vorrei notare.
^ ^
E’ divenuto uno slog.an, dire che
la fiaccola rivoluzionaria è passata
dairiRSS alla Cina. La cosa mi pare innegabile, ma mi chiedo se affermirlo non significa leggere la
storia lenendo il naso solo sulla pagina odierna. Penso infatti si possa
avanzare la previsione che fra qualche decennio la Cina avrà conosciuto la stess.a ’involuzione’ che si rimprovera all’URSS attuale e cui nessun regime o assetto sociale, anche
il più rivoluzionario, è mai sfuggito; una involuzione di cui del resto, pur nella grave limitatezza e
discmtibilità delle nostre informazioni, mi pare che la lotta prò e
contro la ’rivoluzione culturale’ denunci qualche aspetto, cui per altro
ha (contribuito il cerchio di ostilità
che da decenni rinchiude la Cina
nelle sue colossali frontiere.
A me pare che la sensibile differenza di temperie rivoluzionaria fra
URSS e Cina — a parte innumerevoli e complessi fattori tecnici, socioeconomici, nazionalistici, di politica internazionale — sia essenzialmente dovuta a uno sfasamento cronologico del momento in cui la rivoluzione si è affermata.
La vera rivoluzione, quella della
pace contro la guerra (della giustizia contro l’ingiustizia, della libertà
contro la schiavitù), delle armi trasformate in trattori, nemmeno i regimi più rivoluzionari l’hanno sin
qui osata; perchè è del tutto al di
sopra delle capacità e della statura
dell’uomo. Non per niente la Bibbia ne parla come dell’opera su cui
c’è il marchio di fabbrica esclusivo
di Dio.
E’ allora scetticismo dissolvente,
pensare che ogni rivoluzione è destinata a conoscere, a breve o lunga
scadenza, un’involuzione che è legata alla natura dell’uomo e della
società umana? Pensarlo, in questo
caso particolare come in altri del
passato, non significa affatto disconoscere tutto ciò che la rivoluzione
marxista ha dato e dà, per azione
o per reazione, alle nostre genera
zioni e alla chiesa stessa, alla chiesa anzitutto ; una tappa che finché
dura questa creazione, non sarà dimenticata nè accantonata, mai. Tuttavia solo la parola del nostro Dio
dura in eterno, solo Gesù Cristo ha
parole di vita eterna, solo il Signore crea, quando e come vuole, un
mondo nuovo.
^ ^ ^
Queste riflessioni mi sono suggerite da un dispaccio deU’agenzia
(( Nuova Cina », relativo all’esplosione della prima bomba H cinese
nel deserto di Sinkiang, il 17 giugno 1967 :
« Nel lontano giugno 1958 il Presidente Mao affermò : ’Penso che
sia possibile, nel prossimo decennio, produrre alcune bombe atomiche e all’idrogeno’. Sulla scia della
decisiva vittoria ottenuta con la rivoluzione culturale, oggi possiamo
annunciare solennemente al popolo
della Cina e a tutto il mondo che
questa luminosa profezia del Presidente Mao è divenuta realtà ».
E’ ancora rivoluzione, questa?
Non ci troviamo di fronte a un regime che arranca —. con successo —
per raggiungere altri che hanno su
di lui un vantaggio tecnico evolutivo, non certo su una linea rivoluzionaria? Un regime che come tutti
gli altri sacrifica le energie migliori
di un popolo — un grande popolo
— a fini di potenza e di dominio,
gabellandoli per gli idolatri di turno come « luminose profezie »?
Del resto, non abbiamo certo al
cun diritto di chiedere moralisticamente a un pojiolo pagano in forte
misura segnato dal buddismo e a un
governo ateo, quello che popoli e
governi ’’cristiani” nei secoli non
hanno mai saputo o voluto fare. E
torniamo a quanto dicevo sopra.
*
Il nostro Signore ci ha dato un’altra profezia, questa sì luminosa:
« Beati i mansreti, perchè crederanno la terra ».
La terra di Cina, attualmente, se
la ereditano le scorie radioattive e
se la divorano le colossali spese nucleari; ma come dimenticare quale
parte di prim’ordine hanno avuto, in questo sviluppo, la egoistica
e sospettosa gelosia dei popoli occidentali, la tremenda ottusità di tanti cristiani? quale esempio abbiamo
dato e continuiamo a dare?
Così, con il velenoso fungo atomico sul deserto del Sinkiang, il Signore svergogna i ’grandissimi’ che
credono di potersi spartire la terra
senza fare i conti con Lui, e il ’medio-grande’ che fa scoppiare le sue
bombette su un atollo del Pacifico,
giusto per sprecare energie in una
corsa perduta ir>. partenza, secondo
una linea sulla (juale il suo paese
rinnega la propria vera ’grandezza’,
soffocando un arcipelago polinesiano sotto le scorie radioattive e sotto
quelle di un eltÈtiero, artificiale e
corruttore boom economico.
Eppure saranno i mansueti a ereditare la terra.
Gino Conte
E’ stata resa nota nei giorni scorsi
la motivazione della sentenza con
cui la Corte di Cassazione aveva
confermato la condanna per ’’vilipendio alla religione dello Stato”
inflitta al pastore della Chiesa di
Cristo Giovanni Giudici, che nel
1961 a Civitavecchia, per mezzo di
manifesti murali, aveva contestato
pubblicamente e in forma energica,
citando anche dei versetti biblici,
alcuni dogmi della Chiesa cattolica.
Nella sentenza, lunga e tortuosa, si
sostiene tra l’altro che la discussione, anche critica, di credenze religiose diverse dalla propria, può certo avvenire nel nostro paese, purché si svolga ’’nell’ambito della sede del culto, che è il luogo normale
ove si possono trattare tali problemi”, oppure in ambienti culturali
o nei libri, ma non per mezzo di
manifesti murali, cioè in sostanza
davanti agli occhi di tutti. Questa
limitazione, come osserva autorevolmente A. Galante Garrone, ”fa a
pugni con la Costituzione” (”La
Stampa” del 18 giugno u. s.).
Non entriamo qui nel merito della sentenza, rinviando per questo
all’analisi critica del Prof. G. Peyrot, in questo stesso numero del
giornale.
Ci limitiamo a esprimere la nostra piena solidarietà al pastore Giovanni Giudici, come evangelico e
come cittadino, e a osservare che,
stranamente, anche Gesù è stato
condannato, in pratica, per vilipendio alla religione dello Stato (ebraico, di allora ) e che — contrariamente a quanto auspicato dalla Cassa
zione — Gesù non si serviva tanto
dei ’’luoghi di culto” e ancor meno
di ’’ambienti culturali” o di ’’libri”
per criticare la religione dello Stato, ma lo faceva pubblicamente, davanti a tutti, per le strade e nelle
piazze, e spesso in forma veemente.
Singolari constatazioni che fanno riflettere. Il fatto è che la nostra Cassazione, se applicasse coerentemente i principi enunciati in questa sua
infelice sentenza al ’’caso” Gesù di
Nazareth, dovrebbe condannare anche Gesù. Il che fa riflettere ancora
di più. Paolo Ricca
A TORRE PELLICE
Designato il Pastore Sonelli
Doimenica 18 giugno TAssemblea di
Chiesa regolarmente convocata si è riunita sotto la presidenza del Presidente della
Commissione distrettuale, past. Franco Davite, per la designazione del Pastore della
comunità. I membri elettori presenti erano
242 e Passemblea era quindi valida; si sono
avute sei schede bianche, quattro voti dispersi e 232 voti per il past. Alfredo Sonelli, il quale viene quindi designato dalla
comunità alla nomina della Tavola. Ci
rallegriamo profondamente con lui per
questa designazione quasi plebiscitaria e
gli auguriamo un ministero benedetto nella comunità di Torre Pellice, confortato
dalla collaborazione effettiva di tutti i
suoi membri. La Commissione distrettuale
I' iimiiiiimiiiiitiiitimiiiiitiimiiiiiiiiimiiiiMnmiuiimi
III..............................................................
UNA DISCUTIBILE DECISIOINE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Il vilipendio della religione di Sialo
e la Cosliluzione
È stata resa nota la sentenza con la
quale il 20 febbraio scorso la Corte di
Cassazione rigettò il ricorso del predicatore cella Church of Christ di Civitavecchia
contro la sentenza del Tribunale di Roma
che, a causa dell’affissione di certi manifesti, l’aveva riconosciuto colpevole di vilipendio continuato della religione dello
Stato e di offesa continuata alla stessa mediante vilipendio dei suoi ministri, dichiarando però i reati estinti per amnistia. 11
ricorso per cassazione mirava quindi solo
a chiarire una questione di diritto; e cioè
gli estremi di quel reato di vilipendio che
il codice penale del 1930 poise a protezione
della sola chiesa romana, in rapporto alle
disposizioni costituzionali che . ass,curano.
anche in tema di religione, la libera diffusione del. pensiero.
VILIPENDIO,
REATO IDEOLOGICO?
Appare infatti legittimo chiedersi se gli
articoli 402/406 del c. p. debbano ancor
oggi essere letti ed interpretati con lo
stesso spirito con cui venivano applicati,
regime imperante, 20 anni or sono. 11 concetto di vilipendio, anche jn materia religiosa, quale reato ideologico, sembra non
potersi sottrarre, nel nuovo clima giuridico
italiano, ad una valutazione che tenga
conto della pari libertà Idi cui debbono godere tutte le confessioni religiose, del riconosciuto diritto di propaganda religiosa,
della riaffermata libertà di pensiero. Principi questi che sia pure nei giusti limiti
del pari diritto altrui e del buon costume,
sembrano essere i criteri a cui ci si debba
ispirare oggi nell’interprelare norme penali che risentono in modo pesante di una
impostazione politica così diversa dai fondamenti di una democrazia; e ohe hanno
ricevuto nel passato applicazioni aberranti.
La Suprema Corte però si è richiamata a
tali principi solo ¡per subordinarli ad una
valutazione del concetto di vilipendio che
non può essere ritenuta soddisfacente.
La Corte, nel motivare il suo giudica'o,
è partita da lontano ricordando anzitutto
che il vigente codice circa » i delitti contro
il sentimento religioso ha accolto una concezione del tutto opposta a quella a cui
si ispirava il codice del 1889, per il quale
oggetto della tutela era la libertà del singolo nel campo delle credenze e della pra
tica religiosa e non la religione in se stessa
considerata come valore insopprimibile
della vita individuale e sociale. La tutela
del sentimento religioso — precisa la Corte — non è rivolta soltanto a quelle che
sono le manifestazioni esteriori, ma anche
a ciò che è l’origine, il fondamento stesso
della fede ».
Di qui la conferma del vilipendio come
reato ideologico, come offesa ad un'idea.
Ora, se è vero che il codice del 1930 ipotizza questo reato, è pur vero che la pretesa di fare di determinate idee (lei tabù
ex lege, contrasta con i fondamenti di una
democrazia, con un ordinamento pluralistico quale è il nostro, con quelle libertà
del pensiero e della coscienza che la Costituzione repubblicana si è sforzata di presentare all’attenzione degli italiani come
base di un rinnovato costume di vita Individuale e sociale.
ALCUNI
CONTINUANO AD ESSERE
PIU’ UGUALI DEGLI ALTRI
Per superare simile contrasto la Corte
afferma che « la Costituzione attraverso la
esplicita recezione dei patti latenanensi
(tesi questa ormai abbandonata dalla prevalente e più autorevole dottrina giuridica), ha assicurato un trattamento particolare alla religione cattolica di fronte
alle altre confessioni ». Per cui « le formulazioni giuridiche esistenti si ispirano appunto alla più intensa tutela riconosciuta
alla religione cattolica di fronte alle altre
religioni; e ciò in riferimento al fatto obiettivo della grandissima maggioianza degli
italiani che aderiscono alla tradizione eid
alla vitalità spirituale della Chiesa cattolica ». Soltanto il privilegio ed il concerto
di quantità giustificherebbero quindi la
configurazione di un tale reato ideologico
a tutela delle dottrine della sola Chiesa
romana. La discriminazione confessionale
in atto è evidente nonostante la riconosciuta eguaglianza di tutti i cittadini davanti
alla legge senza distinzione di religione;
in quanto ai cattolici risulta lecito criticare, censurare e contestare, senza rischio
d’incappare nei rigori della legge, i dogmi
e i fondamenti della fede di altri, che non
hanno la pari libertà di fare altrettanto
nei loro confronti.
Non ci sembra quindi esatto asserire
— come fa la Corte — « che la posizione
di preminenza che l’ordinamento giuridico e costituzionale italiano riconosce alla
Chiesa cattolica non crea alcuna disparità
di trattamento tra cittadini cattolici da un
lato e cittadini di diverse opposte concezioni da-iraltro, e non può essere causa'«fc
limitazioni legislative ».
CONTINUA
IN QUARTA PAGINA
UN APPELLO DEL C.E.C.
Per le vittiioe del confliiio
nel Medio Oriente
GINEVRA (soepi). - Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha lanciato un appello per le vittime della guerra nel Medio
Oriente, per soccorrere tutti coloro che soffrono del conflitto, qualunque sia la loro
nazionalità e la loro religione.
Rivolto a tutte le Chiese membri, comprese quelle dell'Europa orientale, questo
appello urgente è il maggiore che il C.E.C..
abbia finora lanciato.
I doni devono essere inviati alla Divisione delle Chiese per il Servizio di Assistenza Mutua e ai Rifugiati del C.E.C., la
quale studia le varie possibilità di far
pervenire l’aiuto materiale necessario per
applicare programmi di reintegrazione e di
ricostruzione nelle zone devastate.
L’ojiganismo cattolico-romano « Charitas internazionalis », con il quale il C.E.C
è ,in relazione, ha anch’esso lanciato un appello in tal senso ai cattolici romani.
Si tratta di coordinare gli sforzi di tutti
i cristiani affinchè l'aiuto sia efficace.
miiMimimmiiuiiiiiiiiiiiiiiiii
iMiiiiiiiMii limi II Ululili iiimiiiiiiiiiiiiiiiii.
Comunicato Claudiana
A distanza di soli 15 gflorai dalla
pubblicazione, si rende già necessaria
una ristampa dell’annuario « Cristianesimo Evangelico 1967-68 ». Tutti coloro che sono in possesso' della prima
edizione e che vi avessero riscontrato
qualche inesattezza, sono pregati di
segnalarla immediatamente alla Claudiana, via Principe Tommaso 1, Torino; ivi le ordinazioni (L. 600).
PRAROSTINO
Inauguraio il monumento ai Caduti
della Resistenza nel Pinerolese
Sul Colle di San Bartolomeo (Prarostino),
è stato inaugurato domenica 18 c. m., con
la partecipazione di oltre duemila persone,
il nuovo monumento agli oltre 600 caduti
della Resistenza nel Pinerolese. Il pregio
particolare di quest’opera è, come è stato ricordato dall’oratore ufficiale Sen. Ferruccio
Farri, di essere sorto senza tanto <c rumore e
propaganda », ma col lavoro umile e volontario di una numerosa schiera di partigiani
appartenenti a 51 Comuni del Pinerolese.
Il monumento (un’alta torre di granito sormontata da un faro) è stato inaugurato dal
rappresentante del governo, on. Marino Guadalupi, sottosegretario alla difesa.
La cerimonia di inaugurazione è iniziata
con le funzioni religiose : cattolica (mons.
Binaschi, vescovo di Pinerolo), evangelicavaldese (pastore Marco Ayassot), ebraica
(rabbino Schlichter di Torino).
Dopo le parole di benvenuto del sindaco
di Prarostino, Prof. Costantino, che ha letto numerosi messaggi di adesione, tra cui
quello del presidente della Repubblica Saragat e dei ministri Fanfani, Gui, Preti, Pastore, Mariotti, Andreotti, Restivo, Scalfaro,
Bosco e Bo. ha preso la parola il Sen. Ferruccio Farri, il « Maurizio » dei partigiani,
che ha ricordato il sacrificio dei 600 caduti,
alla cui memoria l'opera è dedicata. Il saluto del governo è stato porto dalTonorevole
Guadalupi.
Nel pomeriggio alla lettura di poesie e di
lettere dei condannati a morte della resistenza, si sono alternati canti di montagna
e partigiani, eseguiti dai cori alpini di Pinerolo e di Torre Pellice.
Terminiamo queste scarne note di cronaca esprimendo la speranza e l’augurio che
l'opera, ieri così solennemente inaugurata,
non resti uno dei tanti cc monumenti che
non dicono nulla », ma serva, nel ricordo di
tante stragi, di sacrifici e di morte, come
monito per il futuro, verso una sempre mag.
giore comprensione fra i popoli, nella pace.
A. M.
2
pi».
N. 25 — 23 giugno 1967
LEYTORI CI SCRIVONO
Due interventi suiia preparazione
e sui compito dei pastori
©
Una lettrice, da Pinerolo:
1. La preparazione dei nostri pastori.
Se si vogliono suddividere le persone in gruppi a seconda del tipo di
preparazione tecnico-scientifica od
umanistica, credo che dovrei rientrare nel primo; perciò la lettera in cui
chiedevo chiarimenti sull’ordinamento della facoltà di teologia, è la rea
forse, dato che nessuno dei partiti attuali è perfetto, si creerà un movimento rivoluzionario evangelico?
Se è giusto parlare sui nostri giornali di ogni problema, e quello politico è certo più importante delle minigonne, credo che occorra avere sempre presente che esso è solo uno degli aspetti, uno dei campi in cui portare la nostra testimonianza; ricordando anche che la nostra parola è
valida solo in quanto sia di ascolto del
Vivente e non di Luigi Einaudi (come sembrava a volte ieri) o di Mao
zione contro chi sconfina nei campi peonie sembra a volte oggi).
Sembra invece ' ■
professionali altrui,
che sia stata considerata una affermazione conservatrice antisociale ed
antimarxista da alcuni, oppure la
proposta di formare dei pastori sindacalisti ed agit-prop da altri.
Desideravo semplicemente richiamare l’attenzione sul fatto che se si tutto si deve ricercare la tra
ritiene necessario che oggi i pastori | gfpjjjja^ione degli individui in uomidiano consigli economici, politici e anche il regime che
sociali (domani, chissà, medico-chirur- i assicurare la massima giu
gici o d elettronica) si richieda loro basandosi sui migliori
di studiare almeno i rudimenti i principi non potrà realizzarli, senza
^ Mi pare del resto che Cristo nel
deludere quanti avrebbero voluto
, « strumentalizzarlo », non abbia cercato di eludere i problemi economici,
politici e sociali del suo tempo, ma
I abbia riportato i problemi a un altro
‘ ordine di valori, al fatto cioè che pri
talì discipline, in modo che 'possano
rendersi conto delCampiezza dei problemi che propongono, delle implicanze che risultano dal proporre una
data soluzione. Mi è stato obbiettato
che se alcuni predicatori trincian
giudizi già ora, che cosa succederà
quando si impadroniscano della terminologia tecnica (a volte unico frutto di un corso anche a livello universitario) quanto basta da dare l’impressione di grande competenza?
A me pare si tratti di una questione di limiti da imporre ai propri
interventi. Se si ritiene che l’Evangelo ci possa dare solo una guida per
la retta impostazione della nostra
vita, la verità su cui verificare il nostro pensiero e la nostra azione, ritengo sarebbe auspicabile che ci si limitasse a dire una parola di richiamo
ancdie alla tecnica, come suggeriva
T. Vinay nell'« Eco^Luce » del 2 c.m.,
non una parola tecnica, proponendo
soluzioni particolari ai problemi pratici di qualsiasi campo. Se invece si
considera i’Evangelo o la predicazione dei pastori il testo in cui ricercare
la soluzione di tutti i problemi, di
algebra come di astronomia, di economia come di politica, allora occorrerebbe davvero che i pastori
avessero una cultura enciclopedica :
non sarebbe certo sufficente aggiungere alla teologia qualche corso
di psicologia o d’antropologia, di sociologia o di poUicoltura.
Si può anche prendere in esame la
possibilità di formare dei pastori specializzati ognuno in un campo specifico, come veniva prospettato sulr<( Espresso » per la Chiesa Cattolica :
la creazione di un Preposto generale
alle Rivoluzioni nei Nordest Brasiliano, un Referendario sulla Propaganda Pillula, un Cardinal Legato
alla collettivizzazione degli utili azio
nan.
Se si ritiene invece inutile una, sia
pur approssimativa, preparazione professionale (non ricerca personale, che di ingerenze del potere religioso nella
è un'altra cosa), in quanto è suffi- vita civile
ricorrere ad una costrizione di tipo inquisitoriale. Comunque ciò non significa che possiamo scaricarci di ogni
responsabilità di fronte ai problemi
del nostro tempo, ma neppure sopravvalutare l’importanza delle strutture in cui ci troviamo ad agire : su
« Nuovi Tempi » è stato scritto che
non è più facile essere veramente cristiani a New York che a Mosca o a
Pechino (potremmo aggiungere a Lisbona 0 a Madrid), perchè l’impegno
di essere testimoni di Cristo, aperti
all’opera dello Spirito, facitori della
Parola, è difficile in qualsiasi situazione contingente.
D’altro canto, se lo Spirito opera
nell’interno dell’uomo e non può esse,
re impedito da alcuna legge umana,
è pur vero che tramite l’uomo il testimone si manifesta nel mondo quale
forza di rinnovamento e di giustizia.
Perciò nessuno dei problemi che travagliano oggi il mondo deve esserci
estraneo; quando però la parola anzichè essere di richiamo diviene quella di giudice, di arbitro delle umane
contese, è lecito domandarsi chi ci
abbia rivestito di tale autorità; nella
Chiesa Cattolica questo è un atteggiamento coerente, da parte nostra
mi sembra di no.
3. Clericalismo e vita civile.
Opinioni e giudizi personali di pastori vengono a volte presentati o intesi come espressione della chiesa docente : abbiamo letto tante volte, anche su giornali laici, la precisazione
della Tavola che pastori o laici avevano parlato in tale o tal altra occasione a titolo personale, che, quando
tale precisazione manca, pare una
conferma che il singolo rappresentasse la posizione ufficiale della nostra
chiesa. E’ inevitabile che gli interventi di chi è rivestito di autorità religiosa (anche nel senso più vago) in
questioni tecniche abbiano il sapore
si fa tanto affidamento oggi? come
potrebbero infatti giudicare se la soluzione proposta è la più giusta? Inevitabilmente, se non hanno quelle cognizioni che si acquistano generalmente solo a prezzo di anni di studio
noioso, di quello studio che ci fa digerire tante cose ostiche e apparentemente inutili, si lasceranno sedurre
dagli esperti (o dalle persone che paiono loro tali) che presentano la soluzione forse inattuabile, forse rovinosa,
ma più allettante, quella che pare corrispondere ai loro desideri; come quel
tale che promise ai contadini di Fontamara che l’acqua sarebbe stata equamente divisa fra loro e il signorotto
nella misura di due terzi per ciascuno. Se non si conoscono le frazioni,
come non lasciarsi attrarre dalla soluzione dei due terzi per tutti? Perchè
non lasciare agli « esperti » la respon.
sabilità delle loro soluzioni senza che
la chiesa si senta impegnata ad avallarla con la sua autorità incompetente? Giuliana Gay Eynard
ciente essere mandati, ammettiamolo
anche per il Ministero della Parola e
per coerenza sopprimiamo la Facoltà
di Teologia. In tal caso chi si sente
chiamato a testimoniare anche allevando polli, potrà fare il pollicoltore,
chi a dirigere pensioni l'albergatore,
chi a occuparsi di sindacati il sindacalista e così via nella piena libertà di
tutti, quando si sentono chiamati a ’
predicare, a farlo sulla base della ricerca personale e dell’ascolto del Vivente, come del resto sembra avvenisse nei tempi apostolici. |
Cerchiamo solo di avere una visione chiara di quanto ci sembra auspicabile, tentiamo anche di valutare la
portata delle nostre scelte e traiamone le necessarie conseguenze, sempre
controllando la rispondenza con l’Evangelo delle forme in cui si incanala
la nostra ansia di rinnovamento.
2. Uimpegno politico.
La redazione nel commentare, sul
numero del 2 giugno, la lettera del
Sig. Gardella e nell'aprire il dibattito sulla preparazione dei nostri predicatori, accenna ad un punto che
mi sembra assai importante: quello
del clericalismo. !
Noi che ci ribelliamo alla tendenza della Chiesa Cattolica a ritenersi
dispensatrice di verità in ogni campo, contrari come siamo, o almeno
eravamo, alle interferenze della Chiesa stessa nella vita civile e politica,
chiederemo ai nostri pastori di farci
i commentatori politici dei fatti del
giorno, la guida spirituale per le nostre scelte politiche?
Ricordo che una sorella in fede
mi diceva una volta che in tempo dì
elezioni invidia i cattolici perchè al
meno sanno per chi votare; per ve
nire incontro a queste incertezze sen
tiremo dai nostri pulpiti l'equivalen
te della predica che dicono abbia
fatto un giorno un parroco: «Non vi
dico per chi votare; basta che sia un
partito democratico e cristiano »? 0
Siccome la chiarezza espositiva non
è una mia virtù proverò ad esempli- j
ficare. Certo per ogni situazione o
problema anche di natura schietta- j
mente tecnica esistono soluzioni più
o meno rispondenti ai principi cristia- j
ni, però io mi ribellerei tanto se un '
vescovo^ quanto se un pastore ritenes. |
sero di dover stabilire, chessò, il per- ^
corso delle fognature cittadine o l’area
da destinarsi a mercato coperto : certo sono problemi che avrebbero gravi
ripercussioni sulla situazione economico-sociale e ingiustizie potrebbero ;
essere commesse, ma penso che a tali
eccellenti persone spetti solo il compito dì richiamare gli esperti in fognature o in mercati, chi dovrà decidere in merito e chi eseguirà tali
opere, all' osservanza dell* Evangelo
aiutandoli ad esaminare tutti gli aspetti del problema, tutte le implicanze connesse con l’adozione di una soluzione piuttosto che un'altra.
E*, penso, quanto intende T. Vinay
(cfr. « L'Eco-Luce » 2-6-1967) dicendo che la parola del testimone deve
essere non tecnica, ma di richiamo al
confronto con la croce c la resurrezione di Cristo.
Non credo sia proponendo piani di
fognature che la chiesa può attualizzare il suo messaggio e riprendere la
sua funzione evangelizzatrice nel
mondo di oggi: se un pastore o un
vescovo non riescono, con la loro testimonianza, ad aiutare gli uomini ad
avere una visione cristiana dei problemi in modo che possano scegliere
la soluzione più cristiana fra quelle
tecnicamente possìbili, non serve a
nulla che essi cerchino di ovviare a
tale fallimento mettendosi ad insegnare ai geometri a costruire, ai chirurghi ad operare, ai becchini a sotterrare.
E questo anche se avessero la competenza necessaria, il chè mi pare
per il momento un’ipotesi assurda. Se
poi non rhanno a che potrebbe servir
loro interpellare gli « esperti » su cui
Un lettore, da Torino:
Caro Direttore,
come tacere, dal momento che, conscio della gravità del problema, hai
aperto un dibattito sulla preparazione
dei predicatori? Ho sotto gli occhi la
intelligente (e prima, N.d.r.) richiesta
della Sig.ra Giuliana Gay Eynard e la
interessante (e non breve!) esposizione
del Sig. Mario Gardella, nonché le tue
precisazioni. Mi pare di capire che vi
sia un certo consenso sulla necessità
che la preparazione dei nostri predicatori (cioè dei nostri pastori) sia non
soltanto particolarmente approfondita
ed aggiornata, ma anche opportunamente modificata e integrata onde
renderli capaci di « cercare e propor
re soluzioni concrete ai vari problemi di natura appunto sociale, econo
mica e politica... » (Lettera della signora Gay-Eynard). Il Gardella ri
vendica la necessità che i pastori pos
sano « destare l’attenzione » di ambienti nuovi e spregiudicati, « dialogare » con i fautori di ideologie di
verse, per « indicare » all’uomo la
« dimensione storica » in cui vive
Dunque « accanto alle materie teologiche tradizionali dovrebbero occupare un posto, ovviamente subordinato :
la storia moderna, la sociologia, la
psicologia e l'antropologia ». Ancora
con molta opportunità osserva il Gardella la necessità di corsi, « diretti o
per corrispondenza », anche per i
laici.
Si tratta di esigenze molto sentite
(tra l'altro i Cattolici si adoprano
molto in questo senso); tuttavia dissento sul modo di impostare il problema, pur concordando sulle esigenze presentate.
La cosiddetta « preparazione » ha
perlomeno due aspetti essenziali : uno
è quello che potremmo indicare come
la dimensione spirituale ed esistenziale della fede (cioè la libera azione
di Dio che chiama l'uomo e ne forgia uno strumento, indipendentemente dagli schemi umani), l’altro l’aspetto tecnico, per cui l’uomo, certo
in risposta all’azione di Dio, si prepara mediante l’istruzione e l’acquisizione di una debita competenza. Questi due aspetti sono illustrati assai
bene dal recente scritto dì Vinay,
quando egli parla dì una certa tensione tra « competenza e testimonianza ».
Sinora si è generalmente pensato
che la fede fosse il dono di tutti i
cristiani, almeno in qualche maniera.
ma che la « preparazione » spettasse
a pochi, cioè appunto ai pastori,
spinti da una vocazione precisa e
specifica a prepararsi teologicamente
in vista del servizio e della predicazione. Ne è derivato da parte dei laici
in genere un certo disgusto, o perlomeno disinteresse per le questioni teologiche, considerate eccessivamente
tecniche, I
D’altra parte ancora si è potuto os- |
servare come la preparazione teologica dei futuri pastori sia diventata
sempre più elevata dal punto di vista tecnico, e specializzata, come avviene del resto in tutti gli altri campi della scienza. Proprio questo livello assai alto di preparazione scientifica impedisce attualmente agli studenti in teologia di trovare il tempo
per acquisire ancora altre nozioni in
altri rami del sapere, di cui quasi
certamente nessuno nega l’interesse
anche pratico. Non credo che si possa onestamente chiedere ai nostri studenti di teologia di prepararsi meglio
studiando ancora di più, per lo meno avendo a disposizione solo quattro
anni! Per cui riforma dell’attuale ordinamento dovrebbe intendersi nel
senso di modificare profondamente
l’insegnamento alla facoltà, abolendo
o riducendo certi aspetti attuali a fa- ,
vore dì altri.
Ora io dissento fortemente da una
simile impostazione, che del resto,
come osservi, finisce per echeggiare ^
un certo clericalismo, certo ingenuo ^
(loro, i pastori, devono prepararsi 1
meglio!).
Mi sembra di capire che gli stu- ¡
denti di teologia siano i primi a desiderare una preparazione che consenta loro di penetrare meglio nel vivo dei problemi reati,, ma che una
certa perplessità derivi loro dal non
sapere in realtà esattamente dove sono diretti. Certo verso una Chiesa in
trasformazione. La struttura tradizionale della Chiesa, dunque la stessa
predicazione, è in crisi (e se la Chiesa vive, le sue strutture devono essere
sempre in crisi : questo è il senso del
« semper reformanda » tante volte citato, o se si preferisce della « rivolu- j
zione permanente » che l’Evangelo
deve operare). L’elemento nuovo che
traspare è l’aspetto comunitario della I
testimonianza e del servizio (non che
lo si sia scoperto soltanto ora!). |
Nel contesto attuale la predicazione come fatto personale del pastore, |
come suo affare privato, di cui ri- |
sponde solo davanti a Dio, non ha più
¿molto senso. Il pastore (il predicatore) non ha da essere altro che una
sorta di portavoce della comunità (lo
è in ogni caso, poiché chi oserebbe
sostenere che un pastore non sia fortemente condizionato dall’atmosfera
positiva o negativa della sua comunità?), uno che parla a nome di tutti.
E’ ora di finirla con questa storia, di
concepire il pastore come qualcuno
che dall’alto di un pulpito farebbe cadere sul gregge una pioggia di saggezza e di tesori spirituali ed edificanti!
La preparazione reale del pastore
sì può compiere unicamente nel dialogo fraterno, e reciprocamente umile,
del pastore con i laici della sua comunità. Solo così sì può determinare
quella necessaria osmosi tra la teologia del pastore che può sembrare
astratta e gli aspetti pratici del « rea.
le » che la situazione di ogni particolare laico sottolinea o propone. I laici
allora sono sensibilizzati ai problemi
teologici, a quelli vivi, poiché nulla
è più valido del dialogo comunitario
per decantare i problemi veri dalle
sovrastrutture, e assumono il gusto e
oserei dire l’amore per la ricerca teologica; i pastori a loro volta sono sensibilizzati ai problemi reali dei loro
membri di chiesa, e cercano tutti insieme una risposta. Perciò, per condensare in una formula quanto sopra :
una preparazione comunitaria della
predicazione, la cui base è un incon
tro sulla Parola di Dio, è la migliore
possibilità che si offra oggi alla Chiesa. Il pastore non rinuncerà pertanto
alla sua specifica preparazione teologica (anzi sarà continuamente stimolato ad aggiornarsi) e i laici acquisteranno il gusto della teologia, cioè
della chiarezza nella fede, oltre alla
profonda gioia di sentirsi veramente
partecipi della predicazione, che rimane uno degli aspetti essenziali, anche se non il solo, della vita della
Chiesa.
Enrico Pascal
Anti-ebraismo nel mondo
Un lettore, da S. Germano Chisone:
Caro direttore,
sono d’accordo con te : l’ultimo numero dell’« Eco-Luce » rende per il
momento superflui altri interventi sul
Medio Oriente. Ciononostante, vorrei
attirare l’attenzione su di un fatto
preoccupante. Si insiste sulla distinzione fra Israele come popolo e Israele come Stato; ora accade che in numerosi paesi degli uomini siano imprigionati, torturati e uccisi, non in
quanto cittadini d’Israele, ma in
quanto di religione ebraica. Si sono
avuti anche in Italia alcuni, fortunatamente limitatissimi, episodi di
violenza antisionistica. Non ti pare
che questo fatto andrebbe denuncialo con la massima decisione, indipendentemente dai credi politici, e
non ti pare che sarebbe opportuna
un’azione delle Chiese del Consiglio
ecumenico per ottenere la liberazione
di questi perseguitati? Altrimenti
l’attendismo, l’ambiguità o il silenzio
rischiano di ricalcare, in piccolo, la
politica del « Vicario ».
Pier Luigi Jalla
Abbiamo ricevuto
Per a L'Amico dei fanciulli)):
Unione Femminile Valdese di San
Germano Chisone, L. 20.000.
Pro stampa valdese: Chiesa Vahlese di Pomaretto, L. 10.000.
Ringraziamo e trasmettiamo.
Recapiti
Il past. Thomas Soggin, di Como,
comunica il suo nuovo num. IcLlonico: 273.440,
Il past. Gino Conte, di Torino, comunica il suo nuovo indirizzo dal
lo lug
599.613
o: Via Morosini 20. lei.
I mill II Itili fiiliiiiii III I II III lini iiimimiiii IH II III II III Ululili II III
E’ necessario essere coerenti
Un lettore, da Torino:
Caro Direttore,
la presa di posizione di F. Giampiccoli sul problema del Medio Oriente mi ha lasciato estremamente perplesso. Non desidero entrare in discussione sul problema di fondo : voglio limitarmi alla osservazione che
in questa occasione tutta una certa
corrente di opinione della nostra
Chiesa si è trincerata in una attesa
c in un silenzio che palesemente contrastano con tutta la linea che sinora aveva seguilo. Dove è allora la validità del cosidetlo impegno cristiano
che non ha paura di sporcarsi le mani? Anche in questa occasione, come
in tulle le altre, molli elementi ci
sfuggono per una precisa valutazione
dei fatti : ma anche se giungessimo
ad una minuta e cesellala conoscenza
della situazione arabo-israeliana, la
enormità della posta in gioco (sterminio di un popolo), è più che sufficiente per costringerci a fare una ^
scelta. Certo che se fosse avvenuto un :
nuovo genocidio molti avrebbero spar- |
so lacrime sincere: ma sarebbero sta
le lacrime di coccodrillo. Lasciamo
che queste lacrime le versino gli ipocriti: pure in questa occasione, se
vogliamo essere coerenti dobbiamo di.
re la nostra parola, anche se questa
non ba la pretesa di essere giudizio
divino. Quando si sceglie una linea
bisogna seguirla sino in fondo anche
se ([iieslo costa caro: è il prezzo di
ogni testimonianza.
Lìlllti.
Dario Varese
Noterella
Un lettore ci trascrive ijuesti versi,
relativi ai sacrumenii. dalla Laude
52:’ di .facopone da Todi^ scritta in
carcere a Palestrina. nelVinverno del
1298:
Levossi idolatria - col suo pessimo
errore
puose cn arte magica - li segni del
Signore,
accecò gli popoli : - papa, emperadore
Decisero a dolore - omne messo mandato.
/Vo comment.
¡Cíl
:Og.
ino
•ilf; fc‘
Ecuiiieiiismo con la spada dietro la scliieiiii
Debbo confessare che, dopo averne lette di meno riuscite, la risposta
del Rotondi data su « Grazia » deU’ll giugno mi aveva sorpreso per \ msolìta bonomìa e lo spirito di comprensione che da essa traspariva ver-r. i
protestanti. In quella rubrica, che tratta sovente di matrimoni misi: n
una risposta ad una madre romana preoccupata per il ’fidanzato praiestante’ della sua figliola, il Rotondi infatti scriveva : « Il giovane è /
dista? Se così fosse lei avrebbe motivi per tranquillizzarsi. I metodisti
no buone qualità e dei pastori eccellenti: il dialogo con loro offre tulle le
garanzie di un rispetto reciproco ». Ciò è rallegrante; e di un app*-- amento del genere nessuno più di noi valdesi, che viviamo una fattiva n
grazione ecclesiastica con i metodisti, può rallegrarsene dando conir.'.ia
della sua piena rispondenza.
Ma già in quella stessa risposta appariva il rovescio della medaglia . i
si leggeva infatti: «Non se ne meravigli: purtroppo i protestanti sonj ' 'i
diversi fra loro e il nostro apprezzamento non va egualmente a tutti -ro
che si fregiano di questo generico distintivo ». Ed ecco infatti che ad ‘
settimana di distanza appare su « Grazia » del 18 giugno un lungo so oquio su « I valdesi e il matrimonio ». E già. questi valdesi, non li si po'^ o
« apprezzare » alla stregua dei metodisti, perchè avrebbero sanzionai* ;n
modo « straordinariamente severo » quelli dei loro che si sposano :ì‘»
il rito canonico. Non è esatto però dire che: «Mentre per la Chiesa n© l'ina il fedele che contrae il vincolo matrimoniale secondo il rito acattolico
non realizza il Sacramento ed è ’pubblico peccatore', per il Sinodo ìa^ ‘ se
il fedele che celebra il matrimonio secondo il rito cattolico è senz'altr-- un
apostata ed un rinnegato ». Intanto è risaputo che il cattolico-romano f he
sposa in Chiesa evangelica vi educa di poi spontaneamente i figh ie
quindi ipso facto scomunicato (solo il n. 1 del par. 1 del can. 2319 è
abrogato, lasciando in pratica le cose come stavano prima). La Chiesa aldess invece invita i fedeli a considerare, e non da ora soltanto, che « l<- : elebrazione del matrimonio secondo i riti previsti e le condizioni richl de
dalla Chiesa romana implica un oggettivo rinnegamento della fede orfiiigelica ». Non vi sono quindi scomuniche latae sententiae (come per il . an.
2217); non vi sono ’vitandi’; nè alcuno per il sol fatto della cerimonia anonica del rito matrimoniale, vien condannato come apostata, o conu innegato. La disciplina a cui i pastori ed i Consigli di chiesa debbono i -orrere nei riguardi dei fedeli, anche in questi casi dì matrimoni misti, c
gettivamente « quella che si esercita coi mezzi della persuasione e ù
spirito di carità e di sollecitudine cristiana per le anime ». Solo qua'v
accertata « una condotta riprovevole dal punto di vista morale o religio
come ad esempio nel caso in esame un « rinnegamento soggettivo dei
de evangelica », allora può essere decisa una sospensione o la stessa e?: !iisione dai privilegi ecclesiastici.
Come appare evidente è quanto meno azzardato voler valutare
namentì ecclesiastici diversi prestando all’uno istituti e costrutti pioì'ri
deH'altro; nè è possibile avvicinarsi ad essi con una forma mentis die jl-h
sappia disancorarsi da categorie concettuali precostituìte. A chi sa di
stica’ e dì 'distinzioni', non è poi il caso di spiegare la differenza che cor e
tra ciò che « implica oggettivo rinnegamento » ed una posizione soggettiva
che va valutata alla luce del Vangelo di Cristo su di un piano diverso, die
è quello della cura delle anime.
I giudizi formulati dal Rotondi non dimostrano quindi la « straordinaria severità ». la durezza delle norme sinodali valdesi che condannano, come di giusta ragione, la forma celebrativa canonica così come essa è e la sì
vuole disciplinata, e non già il fedele per il sol fatto che vi acceda. Tali
giudizi pongono in risalto piuttosto l’incapacità ecumenica delì’aiitore di
entrare in sereno rapporto con persone di fede diversa e di valutare onlinamenti ecclesiastici diversi dal proprio, se non con malevoli insinuazioni
sul loro conto. Difatti la conclusione cui perviene il Rotondi conferma
quanto purtroppo siamo stati costretti a rilevare nei suoi confronti. Egli
scrive: « In altri tempi, sapevo anche alzare la voce: questi erano gli ordini
ed io sono un soldato di Cristo (più esattamente andava detto: « della Chi*’sa romana »). Oggi la spada è riposta. Almeno finché, voltando pagina oll Evangelo, non si legga di nuovo: ma adesso chi non ha una spada venda
il mantello e ne compri una ».
Quindi ci è d'obbligo rilevare che oltre ad un afflalo ecumenico sincrro
ed autentico, dettato daH’aperlura della propria coscienza a Cristo, che al>biamo avuto modo di riscontrare in fedeli cattolico-romani ed in prelati
di ogni rango, v’è anche un più meschino ecumenismo di mera obbedienza
agli ordini della gerarchia, quindi insincero di fronte alla propria personale co.scienza. il quale rimpiange ed auspica il tempo delle 'dragonate'.
allorché con la spada in pugno si potevano perseguitare quei caparbi valdesi elle tuttavia non furono e non saranno nè domati nè distrutti nei secoli, poiché le porte dell inferno non possono prevalere contro la Chiesa
di Gesù Cristo. Noi valdesi quelle antiche maniere « slraordinariamcnle
severe » (queste si!), le abbiamo perdonate e non da oggi soltanto; e non
ci piace esser costretti a ricordarle a chi di dovere. Tuttavia, parafrasando
la prosa di tanto autore possiamo a nostra volta concludere così : « Non se
ne meravigli: purtroppo i cattolico-romani sono assai diversi fra loro ed il
nostro apprezzamento non va egualmente a lutti coloro che si fregiano di
questo generico distintivo». . Giorgio Peyrot
Padre Rotondi, giudice e spartitont?
Se l apprezzamento di p. Hotondi fosse da intendersi come una valutazione generale della Chiesa metodista e del suo ministero pastorale, non
potremmo che rallegrarcene. Mi pare tuttavia innegabile ed evidente che
egli si riferisce a un aspetto particolare: quello dei rapporti con il cattolicesimo. E a questo proposito, per quanto sia delicato parlare di un’a/ir«
Chiesa, mi sento assai meno compartecipe di tale cdlegrezza.
Il disorientamento ’ecumenico' postgiovanneo e postconciliare, che ha
CONTINUA IN TERZA PAGINA
3
•23 giugno 1967 — N. 25
pag. 3
La musica nel nostro culto II diavolo e la mitra
fUiiovi tentatii/i r siit^gRrimenti per un più razionale impiego dei valori musicali nella Chiesa
H ritorno, a primavera, delle Feste di
Canto ripropone ogni anno alcune idee ed
abitudini, che siamo propensi piuttosto a
subire che a « vivere » dando loro pieno
-valore e significato. Alcune di tali questioni
riguardano quasi esclusivamente le nostre
comunità delle Valli Valdesi, ove più tradizionale è la presenza delle corali. Ma appunto la situazione dei nostri tempi mette
in discussione addirittura l’esistenza.o almeno una decente consistenza numerica
delle corali stesse; non solo incidono su ciò
i turni di fabbrica e lo spopolamento di
alcuni centri montani, ma anche il fatto
che sono venuti a mancare certi motivi di
fonico per i quali sorsero (fra l’altro) le corali, decenni fa. Altri interessi (non tu'ti
criticabili, d'altronde) attraggono particolarmente i giovani, che inoltre hanno possibilità di spostarsi facilmente e velocemente, e quindi non debbono forzatamente limitarsi ad attività comprese nell’ambito
■della comunità cui appartengono.
Val la pena di notare che la risposta delle corali a lutto ciò è una risposta coraggiosa ed impegnata; alcune ici esse, è vero,
diminuiscono di numero, ma « non mollano »; ed anzi si volgono chiaramente ad
uno sforzo di miglioramento veramente notevole del loro rendimento; talvolta anche
ad un raffinamento del loro gusto. Un decisivo passo avanti potrà essere fatto da
loro, se i direttori di coro accentueranno
i nuovi motivi di fondo per cui le corali
non solo possono, ma debbono esistere tutt’oggi; esse debbono essere la guida delle
comunità, assolvere la loro missione di insegnamento del semplice canto sacro comunitario. che è uno degli aspetti fondamentali del culto evangelico. Ciò non toelie alle corali il piacere di esercitarsi m
campi musicali più interessanti, ai quali le
■assemblee non possono certamente partecipare se non con l’ascolto. Ma la preminenza dev’essere data all’aspetto cultuale
del canto.
E così il mio discorso si sposta su un
aspetto che può interessare tutte le nostre
chiese anche dove non esiste una corale
tradizionale; l'uso della musica nel nostro
culto. Credo si possa dire che da un lato
non si avverte abbastanza l’importanza
■spirituale di questo elemento del culto; dall'altro., tale importanza viene esagerata in
modo sproporzionato alle capacità tecniche ed interpretative. .
Per esempio; non si da peso sufficiente
alla musica nel culto quando si considera
fatto non rilevante un’impresa come 1 elaborazione del nuovo innario; quando si
considerano inutili o « voluttuarie » le spese per la manutenzione degh organi o armonium; quando chi ,p.redica fa cantare
alla comunità inni che o non hanno nulla
da vedere con le letture e la predicazione,
o comunque non vengono richiamati con
sapienti accenni nella predicazione stessa
in modo che gli ascoltatori ritrovino nel
messaggio alcuni concetti da loro stessi cantati poco prima (quasi nessun pastore attua questo procedimento, che cor,ns,ponde
in qualche misura ai metodi della moderna
didattica scolastica); quando non si fa cantare nessun inno durante la celebrazione di
uii funerale, per cui l’assemblea riunita nel
tempio non è comunità, Chiesa, ma solo
pubblico di conoscenti ed amici.
Si esagera invece l’importanza della musica nella chiesa, per esempio; quando la
corale « spara » un polpettone canoro denso di note, fitto di « attacchi ». ™'“'ante d,
«contrasti», ma in cu. nessuno capsce
una sola parola del testo; quando ^te
raccoglie un buon successo (e ®
meritato, conviene aggiungere), dal
laborioso studio di parecchie settmane, ma
non è mai presente al culto ordinano con
qualche semplice inno (nuovo o vecchio d
riproporre all’attenzione ed alla memoria
deH'assemblea); o ancoira quando s,' ^ le
dono ai membri di chiesa o ad amici di
fuori copiosi contributi (peraltro ca.ti generosamente) per installare magari un organo a canne al posto del vecchio armonium. ma poi o nessuno lo sa suonare, opl’assemblea incantata, o impressionata dal mirabil suono dello strumento no
canta nemmeno più gli inni.
« Allora — dirà qualcuno -- tu sei contrario agli strumenti, alla bella musica, a
ciò che costa sacrificio, ma da poi sodd
sfazione? ». No. certo; credo di avere quache titolo per poter sostenere che a tutte
queste cose tengo assai; m.a ad una condìzione, e cioè; pnrcììè rendano, purché diano un contributo sostanzioso e non di
sola esteriorità al culto, nei suoi vari aspet
ti ¿i adorazione e lode, di predicazione, rt,i
testimonianza personale. È un pò conte
quando in un'industria si fa il sacrificio di
rinnovare una macchina frusta, ma ancoia
usabile, purché la nuova macchina renda
tanto da poter rapidamente ammortizzare
il capitate impiegato per il suo acquisto.
Nel campo specifico degli strumenti musicali si dovrebbe poter dotare le varie at
tività che ne abbiano bisogno.di strumenti
diversi e poco costosi, ma di buon rendimento, purché usati al posto giusto. Oggi
giorno esistono armonium elettrici (nt’ti
elettronici!) potenti ma non raffinati, utili
per le sale più grandi; dove si prevede possa esserci qualcuno in grado di tenere un
piccolo concerto si possono avere i modelli
con 2 tastiere c pedate completo; per un
gruppo corate piccolo o una piccola classe
di bambini, ci sono te tastierine da tavolo,
(di 2 o 3 ottave), elettriche, che costano
circa 20.000 lire, pienamente .sufficienti per
dare l'intonazione in un piccolo locate.
Piccole armoniche a bocca, dotate di tasti
recanti il nome o la figura della nota corrispondente, potrebbero essere usate dai
predicatori digiuni di musica, che non sanno come cavarsela per intonare i cantici.
Tutti questi mezzi potrebbero benissimo
essere usati, nelle diverse occasioni, per
rendere più facile, (e quindi più decoroso
e più produttivo) l’etemento musicate di
culti e riunioni. Ciò non significa dare
l’ostracismo ai grandi argani a canne; ma
meditiamo un po’ il fatto che un organo
dovrebbe richiedere una spesa annua minima di 100.000 lire per essere tenuto in
perfetta efficienza e soprattutto per non
deteriorarsi progressivamente! Possiamo
permetterci tali lussi con le nostre ristrettezza finanziarie?
Anche il nostro innario (presente e futuro) potrebbe essere usato con più discernimento in mod'o da farlo rendere di più;
perchè tanti inni pur buoni e facili e popolari continuano ad essere trascurati? (pazienza, si trascurassero soltanto quelli difficili...) Perchè non si farebbero degli studi
biblici basati sul commento seguito di una
serie di inni, logicamente concatenati su
una traccia rigorosamente biblica? (Ciò
sarà indubbiamente più facile col nuovo
innario).
Termino con la citazione di un recente,
bellissimo esempio, già a vostra conoscenza, di utile impiego della musica per l’affratellamento tra te chiese; le feste di
canto delle scuote domenicali nelle città.
Si insegna ai ragazzi a godere cella reciproca conoscenza; ad amare il canto sacro
collettivo; a riunirsi piacevolmente ma
anche seriamente, con uno scopo preciso.
nella casa di Dio; ad arricchirsi nella conoscenza di nuovi inni. È da augurare che
tate bella esperienza si estenda rapidamente ad altre città dove esistono varie comunità evangeliche.
Ferruccio Corsani
iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiii
la Scuola Media P. M. Vermigli di Zurigo a Torre Pellice
I nostri lettori già hanno avuto notizie
nel passato della felice iniziativa sorta a Zu.
rigo per aiutare i lavoratori italiani, colà
emigrati, nella loro elevazione culturale.
Sotto il patronato di quelle chiese evangeliche di lingua italiana, è stata istituita
quattro anni fa una Scuola Media, che svolge i programmi della Scuola Media unificata
d’Italia. La Scuola porta il nome di un emigrato per la fede, il fiorentino Pier Martire
Vermigli (1500-1562) che si spense a Zurigo dopo una vita travagliata, dedicata alla
testimonianza evangelica ed aH’insegnaitiento.
Gli studenti-lavoratori, con encomiabile
zelo, dopo una faticosa giornata di lavoro,
costretti talvolta a percorrere, in ferrovia o
in auto, decine di chilometri per recarsi
dalla loro abitazione alla sede della Scuola,
seguono i corsi serali il martedì ed il giovedì, dalle ore 20 alle 22, ed i corsi pomeridiani il sabato dalle ore 14.30 alle 19.30.
Dei 60 alunni iscritti, 27 hanno potuto ottenere una breve licenza dai loro datori di
lavoro e giovedì 15 giugno sono arrivati a
Torre Pellice, ospiti della Foresteria Valdese. Il giorno seguente hanno avuto inizio
gli esami, per una diecina di giorni.
Essi rappresentano quasi tutte le regioni
dTtalia e la Scuola, oltre rinsegnamento accurato. offre loro la possibilità di incontri
fraterni e dì comuni esperienze. I candidati
di quest'anno provengono dalle provincie di
Varese, Bergamo, Padova, Treviso, Vicenza,
Modena, Pistoia. Ancona, Chieti, Benevento,
Napoli. Foggia. Lecce, Catanzaro, Cosenza,
Messina. Siracusa, Trapani, Sassari.
La Scuola per adulti emigrati, da quanto ci consta, è unica in Europa nel suo car.attere di formazione intellettuale per signorine, signore e uomini (molti dei quali sono
padri di famiglia).
Hanno accompagnato i lavoratori-studenti
il Preside della Scuola stessa, dott. Elio Eynard. ed i professori Franco Ronchi e signora Heidi Frick-Moecetti, che impartiscono ogni pomeriggio lezioni di ripasso.
Mentre diamo il più cordiale benvenuto
nella nostra cittadina al simpatico gruppo
di studenti-lavoratori di Zurigo, esprimiamo
loro il pensiero affettuoso che il loro impegno e la loro perseveranza siano coronati da
Un buon successo. Un amico
Sul numero di giugno de « L’Illustré protestant » è apparso questo articolo di Roland de Pury.
Nessuno lo ignora, mons. Chrisostomos,
arcivescovo di Atene, ha avallato con la propria presenza la prestazione del giuramento,
davanti al re, di K. Kolias, organizzatore e
beneficiario del colfK) di Stato in Grecia.
— Perchè, mi dirà qualcuno, la Chiesa
non dovrebbe esser presente nelle ore cruciali della storia di un popolo, al formarsi di
un nuovo governo?
— Davvero, un nuovo governo! Avete letto i suoi editti?
« Arresto e detenzione preventiva di qualunque persona, senza limiti di tempo.
« In caso di delitto politico, è vietata la
messa in libertà provvisoria...
(c Ogni assembramento o riunione, pubblici o privati, sono vietati...
« Ogni associazione a scopo sindacale è
rigorosamente vietata. Lo sciopero è illegale.
E* autorizzata senza restrizioni la perquisizione nelle abitazioni private, giorno e
notte...
« Ogni pubblicazione, comunicazione, corrispondenza è sottoposta a censura...
« Ogni infrazione è di competenza dei tribunali militari, ecc. ».
A stento il partito nazista avrebbe osato
manifestare un tale cinismo. Siamo di fronte alla legalizzazione dell’arbitrio e al terrore illimitato, di fronte alla liquidazione pura e semplice di tutti i diritti più elementari proclamati da generazioni da tutti gli
uomini liberi e per i quali il popolo greco
ha pagato un tributo spaventoso sotto l’impero ottomano e sotto il terzo Reich. Siamo
di fronte al volto ignobile del fascismo.
Che il re appoggi la presa del potere da
parte di coloro che hanno liquidato tutto ciò
che costituisce la dignità dell’uomo non è,
ahimè, cosa che possa stupirci. Ma che l’arcivescovo riconosca e santifichi il trionfo
dell’illegalità, c’è da esserne sconvolti. Non
vi sarà proprio stata una sola delle ignominie della storia umana, in cui la Chiesa non
sia stata immersa fino al collo! Nè le sarà
veramente stata risparmiata alcuna vergogna!
Ma c’è di peggio. Il Tentatore non si è
impadronito soltanto della mitra dell’arcivescovo, ma dello stesso pane delTEucaristia.
Mentre vengono arrestate e deportate migliaia di persone, fra le quali molte grandi
iiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiniiiimiiiMiiiiiiii
iiiiiiiiimimiiiiiiiiiiiiii
libri
iinimiuiiiiiiiiiiiiiiimiiii
Ebrei e cristiani
Il secondo nume.ro della collana « Diritto
e Rovescio » ^ deU'editore Boria è dedicato
ad un dialogo fra André Chouraqui, una
delle più rilevanti personalità della cultura
ebraica contemporanea, vice-isindaco di Gerusalemme iclal 1965, e Padre Jean DaniéLou, uno fra i maggiori teologi cattolici
francesi, particolarmente impegnati nello
studio del problema giudeo-cristiano.
Sartre aveva sostenuto che « è l’antisemitismo che crea l ebreo ». Chouraqui sostiene che questa spiegazione è valida soltanto in un mondo desacralizzato ; essere
ebreo è una libera scelta, non è solo un
fatto razziate, ma un impegno spirituale
innanzitu*to. « È vivere nella comune ispirazione biblica e pregare per l’ardente speranza nei destini ultimi dell’uomo. La Bibbio. ebraica nella sua tradizione originale
è per l’ebreo la roccia su cui è fondato il
suo essere ». La stessa parola « giudaismo »
contiene in sé, fin dall’origine, un atteggiamento spiriluale ben definito, poiché essa
proviene da una radice ebraica che significa
«rendere .grazie a Dio».
La religione ebraica è caratterizzata da.ll’unione di tre elementi; il Dio che si è rivelato sul Sinai, il popolo di Israele e la Terra Santa; « in essa il messaggio è inseparabile dal popolo che lo riceve ed il popolo
a sua volta, è concepibile solo legato alla
terra in cui devono compiersi i suoi destini ». La fedeltà dell’ebreo sarà misurata
proprio in questa triplice prospettiva fra
messaggio, popolo e terra.
L’essere ebreo quindi è un fatto di « alleanza > ; non è un fatto razziate ; l’appartenere al « tipo ebreo », che in realtà, secondo Chouraqui, non esiste. Gli ebrei radunati in Palestina, raccolti da centodue
paesi diversi, conservano più l’impronta
del paese di origine che quelle caratteristiche di « tipo ebreo » che forse venivano
loro attribuite nella dis.persione fra te nazioni.
Il padre Daniélou sottolinea tuttavia
una forze etnica, eredità di una certa cultura e tradizione che risale all’antica storia di Israele; per uno che lo veda dal di
fuori. Is.raele è innanzitutto un popolo.
„ £ parso un fatto del tutto normale che
Israele desiderasse di essere una nazione
fra le nazioni: noi pensiamo che da questo punto di vista lo .Stato di Israele abbia
un significalo fondamentale, perche ha restituito Israele alla comunitei dei popoli
come popolo fra i popoli a parità di diri Hi »■ . , .
E il fondamento spirituale di questo popolo è la sua elezione in Abrarno. Proprio
in questa elezione in Abramo giudei e cristiani hanno un’origine comune; insieme
camminano nei primordi del «popolo di
Dio ». ..............
11 problema che divide cristianesimo e
giudaismo sta invece nel fatto che, con la
nuta di Gesù Cristo e la costituzione della
Chiesa cristiana, l’elezione d’Israele passa,
per i cristiani, al nuovo popolo della promessa attualizzata, mentre Israele continua
a ritenere se stesso il « popolo eletto dà
Dio ». erede delle antiche promesse.
È proprio su questo argomento che si
svolge il dibattito più vivace fra il Chouraqui e il padre Daniélou, ed è in fondo un
discorso senza possibilità di risoluzione,
perchè quello che divide ebrei e cristiam
è proprio l’accettazione o meno di Cristo
come il Messia e quindi il riconoscimento
o meno dell’elezione della chiesa o ¿ella
« continuità nell’elezione » del popolo di
Israele.
Ma questo fatto non può giustificare
rantiiSemitismo. Ci sono degli « schemi prefabbricati » per cui a lungo nella cristianità gli ebrei nella loro totalità furono
considerati rei di deicidio e fortemente disprezzati e perseguitati, e d’altronde da
parte israeliana il cristiano veniva confuso
con l’antisemita e Gesù considerato il capo
ci un’organizzazione di sterminio’ degli
ebrei. « ...l’antisemita si definisce in opposizione all’ebreo: antisemita è colui che non
mi ama in quanto sono ebreo — afferma il
Chouraqui —. Nella misura in cui mi considera in quanto ebreo, si oppone alla mia
realtà che disprezza. La sua è una mancanza d’amore, quindi un male. Posso parlare
con una certa libertà grazie al fatto che durante la Resistenza il sangue ebreo si è
mescolato con quello cristiano in una battaglia comune, alla quale noi abbiamo partecipato. Questa alleanza nel sangue ha
permesso la nascita e lo sviluppo del movimento al quale Lei partecipa fin dalla
sua creazione, come me d’altronde, cioè al
movimento dell’Amicizia giudeo-cristiana ».
Questo nuovo atteggiamento fra giudei e
cristiani si approfondirà — nella comune
opinione dello specialista ebraico e idèi
teologo cattolico — nello studio reciproco,
neirapprofondimento biblico, che già è largamente aU’O’pera, nella ricerca di quello
che unisce l’antico patto al nuovo, di quel1.1 che il cristianesimo ha di ebraico nella
sua tradizione e di quello che « aggancia »
l’ebreo alla fede cristiana.
Giuliana Pascal
tavia, mentre il Sinodo valdese ha assunto una posizione netta, anche se non definitiva (una commissione sinodale ha studiato durante l’anno il problema dei rapporti con il cattolicesimo, e riferirà nella sessione dell’agosto prossimo), e quindi certe prese di posizione pastorali o comunitarie sono
andate chiaramente contro le decisioni sinodali, non mi pare che la stessa fermezza sia
stata manifestata dalla recente Conferenza
metodista; eppure proprio quest’anno si erano avute in vari centri singolari concelebrazioni. E’ poi su ’’L’Osservatore Romano” che
abbiamo letto — e documentato qui la scorsa settimana — che la Chiesa metodista è
stata rappresentata — da chi? — a una celebrazione ’ecumenica’ tenutasi a Roma il
31 maggio u. s., festa di Maria Regina, sotto
gli auspici della Facoltà Teologica ’’Maria
num”. Sono discussi, questi fatti, nella Chie
sa sorella? Non si sente come assai poco ral
legrante, in questo quadro — e come pre
scinderne? — 1« apprezzamento » di p. Ro
tondi?
Se poi mi si rispondesse, oggi, dopo tutto
quello che è stato detto e scritto e documentato, che « si capisce, quello è p. Rotondi,
ma, ecc. », non mi resterebbe che constatare che c’è chi non vuol riconoscere l’esistenza di un muro anche quando ci ha picchiato col naso. Ma non penso proprio che sia
così; ed è per questo che chiedo ai fratelli
metodisti (come ho chiesto altre volte a fratelli valdesi), di sforzarsi di superare la comprensibile irritazione che sto suscitando in
loro e di domandarsi se è miglior fratello
chi si rallegra con voi di questo atteggiamento di una parte fra voi, o chi ve ne contesta
la validità evangelica.
Gino Conte
figure della vita politica e culturale ellenica,
si ordina alle raanri- di « comunicare tutte
le domeniche dell’anno scolastico ». L’ordine
morale non manca mai all’appello del Demonio. La si direbbe « storia passata », ma
non vi è nulla di più presente!
E si tratta di una Chiesa membro del
Consiglio ecumenico! La cosa non è forse
di una gravità immensa, proprio nel momento in cui nelle relazioni ecumeniche si
vantano ai protestanti i meriti della gerarchia e in cui sulla via dell’intercomunione
ci si sforza di definire il « modo della presenza » di Cristo nel pane e nel vino della
Cena?
Eccoci colpiti in pieno viso e costretti a
interromperci per porre tre interrogativi :
1. Qual’era il « modo della presenza » del
nostro Signore Gesù Cristo in mons. l’arci
vescovo di Atene il venerdì sera 21 aprile
1967?
2. Quale possibilità può avere, oggi, una
giovane greca di confessare la propria fede
in Gesù Cristo, se non di rifiutare assolutamente di partecipare alla comunione?
3. Quando ci si spiega che la Gerarchia
serve a « garantire la presenza reale di Cristo nel sacramento », la storia greca di queste ultime settimane non scoppia come una
risata demoniaca all’interno di tale spiegazione? E rimaniamo con la nostra domanda:
ma a che serve la Gerarehia?
Roland de Pury
N.d.r. : Questo articolo era composto quando è stata resa nota la riorganizzazione della Chiesa ortodossa greca, operata d’autorità
dal governo Kolias: dissoluzione del santo
Sinodo, i cui membri sono ridotti da 12 a 9,
nomina dei metropoliti (vescovi) da parte
del re su una lista di tre candidati presentata dalla gerarchia^ estensione del limite di
età all’arcivescovo di Atene, Mons, Chrisostomos è stato vittima di quest ultima misura. Il suo successore, l’archimandrita leronymos Kotsonis, cappellano del re, è stato
consacrato il giorno della Pentecoste, Si ha
ogni ragione di pensare che sarà anch egli
un fedele sostegno del nuovo regime.
PERSONALIA
Eaprimiamo la più fraterna simpatia ai
familiari dell'lng. Giovanni Coisson, scorriparso a Milano la scorsa settimana, lo ricordiamo presente e attento alla vita della
chiesa.
Da Marsiglia apprendiamo che il Signor
Henri Poèt, presidente di quella Union
Vaudoise, è stato insignito cal Presidente
della Repubblica Italiana, su proposta del
Ministro degli affari esteri, della croce di
cavaliere deU’ordine della stella della solidarietà italiana. Ci rallegriamo e congratuliamo cordialmente con questo amico.
jje * ♦
Apprendiamo che tre alunne elementari
della nostra comunità sangermanese ; Manuela Breuza, Renata Germanet e Rossana Sappè, hanno vinto tre primi premi,
per la provincia di Torino, nel Concorso
nazionale di disegno per te scuole elementari. Ci congratuliamo con loro! In attesa
che si trovi in loro qualche bozzettista per
te copertine delle edizioni Claudiana, o che
possano lanciare una rubrica di vignette
sull’« Eco-Luce », vogliono collaborare alr» Amico dei fanciulli»?
1 André Chouraqui, Jean Daniélou;
Ebrei e Cristiani, Boria. Torino 1967.
Padre Rotondi,
giudice e spartitore?
CONTINUA DALLA SECONDA PAGINA
messo in luce tante debolezze e mancanza di
chiarezza del protestantesimo mondiale, non
ha certo risparmiato le nostre Chiese evangeliche italiane, quella Metodista non più
delle altre. Ed è evidente che è questo disorientamento che il Cattolicesimo apprezza
e di cui si rallegra, lasciando a singoli teologi e credenti cattolici di vivere in genuino
atteggiamento di fraterna apertura e ricerca. E’ quindi chiaro, mi pare, che l’apprezzamento di p. Rotondi dovrebbe essere assai
poco apprezzato da uomini protestanti. L’interrogativo è: in che misura è giustificato?
Vorrei che nella Chiesa Valdese come nella Chiesa sorella le mie parole fossero ricevute come un’espressione umile e fraterna.
Confusione c’è stata e c è, pasticci liturgici
se ne sono verificati e se ne verificano in
tutte le Chiese o quasi: in comunità valdesi
come in quelle metodiste, da nord a sud. Tut
mercoledì 5 LUGLIO 1367
Billy Graham a Torino
PROGRAMMA DELLA GIORNATA
Ore 0 precise: RIUNIONE nel salone della Chiesa Valdese con ingresso da Via Pio V, 15. L’evangelisita Billy Graham parlerà su:
L’evangelizzaziune oggi: risposta all’ordine del IVIaestro
La riunione sarà dedicata specialmente alle persone impegnate nella
testimonianza della comunità; Tingresso sarà libero a tutti.
Ore 11,30: CONFERENZA STAMPA in un locale della città.
Ore 21: GRANDE RIUNIONE D’APPELLO nel tempio Valdese di
Corso Vittorio Emanuele. Assemblea interdenominazionale. Partecipazione di corali.
Predicazione dell’ei/angelista Billi/ Graham
Billy Graham ha proclamato il messaggio deirEvangelo dinanzi a folte imponenti nelle più grandi città del mondo. Lo accogliamo jn mezzo a noi come un
credente al quale il Signore ha concesso il dono della evangelizzazione e lo salutiamo come un fratello in Gesù Cristo.
Lo svolgimento del programma ha bisogno della massima puntualità da parte
di tutti Ha bisogno in primo luogo di uno spirito di umiltà e di preghiera.
E Dio benedica per molti quella giornata.
Per il Comitato organizzatore.
Ermanno Rostan
4
pag. 4
N. 25 — 23 giugno 196T
r
Il vilipendio della relidione di Stato e la Gostitnzione
SPIGOLANDO NELLA STAMPA
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
LIBERTÀ DI CRITICA,
MA IN SORDINA
Ciò premesso, la Corte distingue un diritto idi critica, riconosciuto anche in materia religiosa. « quando sia contenuto nei
limiti di una censura, di una polemica, di
un dibattito ideologico, anche se sia usato
un linguaggio vivace e deplorevole e non
già quando additi sostanzialmente allo
scherno e al disprezzo l’istituzione tutelata » ; e precisa che « la discussione in materia religiosa può investire sia le credenze
fondamentali, le verità rivelate, i dogmi,
le manifestazioni esterne del culto; la polemica e il dibattito in questo campo sono
permessi ». Ma — si affretta a dire la
Corte — avuto riguardo alla particolare
posizione riconosciuta alla Chiesa cattolica, non si può prescindere dal modo come essi (polemiche e dibattito) vengono
posti in essere ». Per cui « non può ohe
essere riconosciuta piena liceità a quelle
manifestazioni che si svolgono nell’ambito della sede del culto, che è il luogo
normale ove si possono trattare tali problemi. Nè va pretermesso l’ambiente culturale ove la discussione si svolge, per cui
certi apprezzamenti valevoli in un determinato settore e opinione pubblica non
potrebbero essere consentiti in altri».
Una tale discriminazione ci pare prixa
di fondamento poiché « certi apprezzamenti » che investano « le credenze fondamentali, le verità rivelate, i dogmi», ecc.
della Chiesa romana espressi anche con
(I un linguaggio vivace e deplorevole », sarebbero « valevoli » — come dice la Corte — cioè leciti, se manifestati in luoghi
particolari (sede del culto) e alla presenza
di persone aventi speciali qualità (ambiente culturale, settore o pubblica opinione
specifica). Al contrario gli stessi «apprezzamenti » manifestati in altri luoghi, o in
altro modo (affissione di manifesti), o alla
presenza di persone di non accertata cultura, non sarebbero « valevoli » e integrerebbero l’estremo del vilipendio. Tale criterio non sembra trovare fondamento nella legge penale che, tra gli elementi costitutivi del vilipendio, vuole il carattere della pubblicità; e questa si riscontra — come precisa l’art. 266 del c. p. — qualunque
sia il luogo pubblico o aperto al pubblico
dove « certi apprezzamenti » vengono fatti; e in relazione al numero, non già alle
qualità culturali delle persone presenti o
che intervengano alla riunione. Pertanto,
quando siano pubblicamente manifestati,
non è dalla natura speciale del luogo o
dalla qualità o cultura delle persone presenti che può desumersi in tali « apprezzamenti » l’estremo dèi reato di vilipendio.
La distinzione prospettata dalla Corte
appare quindi penalmente insussistente e
sembra motivata neH’intento di restringere l’esercizio dei diritti fondamentali di libertà, di discussione e di critica in materia religiosa, per salvaguardare cosi l’integrità del dogma cattolico per punire quelle contestazioni dottrinarie che potrebbero
eventualmente alterare, anche in piccola
misura, il « fatto obiettivo » che « la grandissima maggioranza degli italiani aderisce alla tradizione ed alla vitalità della
Chiesa cattolica ».
LIBERI,
SE CULTURALMENTE MATURI..
La Corte aggiunge poi che « indubbiamente rientra nella esplicazione del diritto di manifestare le proprie idee in materia religiosa, la pubblicazione di libri che
affrontino sul piano teorico o pratico il
fondamento teologico di certe idee anche
fondamentali della religione cattolica ».
Anche questa precisione, in sè esatta, ci
sembra lacunosa e dà adito alla stessa critica fatta dinanzi. Infatti per il citato articolo 266 il carattere della pubblicità agli
effetti penali ricorre ogni qualvolta si usi
il mezzo della stampa od altro mezzo di
propaganda. Dal contesto della sentenza
dovrebbe desumersi invece che un «certo
apprezzamento » risulterebbe « costituire
esplicazione di un diritto di critica e di libera discussione » se stampato in un libro
pesto in vendita mentre, se impresso su
manifesti affissi ai muri, « può essere ritenuto — come scrive la Corte — vilipendio
alla religione dello Stato», perchè, «per
il modo e la forma con cui si estrinseca »,
verrebbe a tradursi « in un atteggiamento
di sostanziale disprezzo verso la Chiesa cattolica ». La ragione di tale sottile, ma non
convincente, distinzione, tra forme di stampa lecite ed illecite in materia di controversia religiosa, riposerebbero sul fatto
che frasi di critica stampate su un manifesto si presenterebbero come « un
giudizio irriguardoso, immotivato con cui
si disconoscono alla istituzione religiosa
quelle ragioni di validità sostanziale ad
essa attribuite dalla comunità dei credenti ». Non vorremmo però che a questo discorso soggiacesse invece il pensiero
che i libri son letti da poche persone
mentre i manifesti li possono leggere tutti.
A noi sembra che se un « certo apprezzamento » manifestato pubblicamente è
lecito, iperchè come fatto non è offensivo
nè dispregiativo delle espressioni dogmatiche o rituali del culto cattolico, non
possa poi costituire vilipendio per via di
altre più specifiche circostanze oggettive
non previste dalla legge penale.
NON BASTA
IL DIRITTO COMUNE?
Secondo il giudicato in parola dovrebbe
inoltre darsi « una più specifica definizione
giurisprudenziale del reato di vilipendio
alla religione cattolica », non essendo sufficiente « distinguere tra critica, discussione sia pure aspra e veemente, e l’espressione di disprezzo costitutiva di vilipendio ». Tale distinzione sarebbe necessaria,
ma non sufficiente, per cui il vilipendio
della religione cattolica, come reato ideo
logico, dovrebbe caratterizzarsi in modo
diverso da come è correntemente inteso
ogni altro reato di vilipendio. Mentre per
questi è indubbio che il vilipendio debba
essere esplicito, nella fattispecie in esame
invece lo si potrebbe anche desumere con
argomentazioni indbttive. La Corte infatti
riconosce che « quasi sempre il vilipendio
è destinato a comprendere atti che possono, se presi isolatamente, costituire ingiuria o diffamazione ». Ma nel caso in
esame risulterebbe « infondato il far dipendere la sussistenza del vilipendio dalle
caratteristiche dell’espressione (volgarità,
grossolanità, turpitudine dei termini) essendo sufficiente che il fatto si risolva in
una manifestazione sostanzialmente dispregiativa dei valori etico-spirituali cui gli
appartenenti del gruppo associato si mantengono fedeli. Costituisce quindi vilipendio, raffermare che i dogmi sono invenzione dei preti; che la Chiesa cattolica insegni il contrario di quanto voluto da Gesù
(frasi queste contenute nel manifesto incriminato), perchè tale giudizio di valore
espresso unilateralmente e senza consentire
il dibattito con l’avversario, si traduce in
apprezzamento dispregiativo cella religione cattolica ».
Non è agevole rinvenire il fondamento
giuridico di una tale asserzione, poiché la
valutazione del disprezzo sostanziale della
manifestazione, a giudizio della Corte, non
emergerebbe dalle espressioni usate per
contestare un’idea, ma dal valore che a
questa attribuiscono coloro che vi aderiscono ed alla presunta impossibilità di costoro di far valere in contrario proprie argomentazioni. Nè si comprende perchè « un
giudizio di valore » costituirebbe vilipendio solo perchè « espresso unilateralmente
senza consentire il dibattito con l’avversario », e ciò tanto più nella fattispecie
giudicata in cui i manifesti incriminati invitavano a riunioni nelle quali la tematica
esposta nel manifesto sarebbe stata spiegata e discussa.
Su questo concetto di vilipendio non
possiamo ohe dissentire profonidamenittì.
IN CAMPO RELIGIOSO
C’È ANTITESI
FRA PROPAGANDA E PUBBLICITÀ
Ci sembra invece che sul tema della
propaganda religiosa la Corte abbia dato
anche qualche utile indicazione. Ci pare
assennato — come dice la Corte — che
« la propaganda esula da un esame critico delle altrui idee e si sostanzia nella diffusione e comunicazione di idee contrarie
a quelle professate dagli altri allo scopo
precipuo di modificare l’opinione ed il
comportamento della collettività ». Siamo
d’accordo che « è certamente da comprendere nell’uso ordinato del diritto di propaganda la facoltà di diffondere il proprio credo religioso esaltandone la bontà,
la fondatezza, la conformità a determinati
principi ».
Il concetto di propaganda però affermato dalla Corte non appare viceversa
convincente in tema di religione, poiché esso ha più attinenza con la pubblicità commerciale che con gli atti propri alla diffusione delle idee e della fede religiosa. « In
quanto tale la propaganda — scrive la
Corte (noi diremmo piuttosto ; la pubblicità) ■— si attua proprio attraverso enunciazioni e slogan necessariamente immotivati, e forse perchiò più incisivi ed efficaci
per la semplificazione dei concetti che colpiscono meglio la massa dei consociati ».
In tema di religione però gli slogan, che
danno alla gente l’impressione di aver capito senza riflettere, non si prestano come
strumenti idonei; tutto all’opposto le propaganda religiosa, anche se si valga di
« enunciazioni immotivate », ha come carattere proprio quello di indurre a riflettere, a meditare, a rivedere e comparare
sulla base della Scrittura il bagaglio delle
proprie nozioni in materia. Gli slogan in
tema di fede non valgono nulla. Ed è proprio questo un punto che la Corte non
sembra avere avvertito.
IL TIMORE
DELLA LIBERA DISCUSSIONE
Questa del 20 febbraio 1967 non è la
prima sentenza con cui la Corte ha dato un
suo contributo, occasionato dall’affissione
di stampati, per la individuazione dei confini che separano i diritti di libertà in
materia di manifestazione del pensiero religioso ed il reato di vilipendio posto a
protezione della Chiesa romana. La situazione tuttavia non appare ancora chiarita
sui fonidameniti della Costituzione. Nei
confronti della precedente sentenza del
6 giugno 1961 sul caso Cretarole il presente giudicato non migliora la situazione ;
Si insiste con pesanti limitazioni per cercar di reprimere quelli che si temono possano essere i risultati di una libera discussione in materia di religione.
Noi, per fede e .per indole, non siamo
proclivi, nè come persone nè come Chiesa,
agli attacchi virulenti contro le asserzioni
di presunte verità che altri crede di poter
fare in tema di feidè. Preferiamo annunciare la verità di Cristo coisl come il Vangelo
l’insegna; senza accusare nessuno nè usare
slogans pubblicitari. Sia nella propaganda
e nella diffusione del pensiero come nelle
discussioni e nei dibattiti, senza ricorrere
ad espressioni volgari o grossolane di per
sè offensive, siamo convinti che la Verità
contenuta nel Vangelo si impone da sè.
Essa, quando è annunciata in modo da
toccare il cuore e la mente degli uomini, è
in grado da sola di smascherare tutto ciò
che risulti invenzione, travisamento, stortura, contraffazione di questo Gesù Cristo,
unico Signore e Salvatore, ha predicato
agli uomini. Ci auguriamo quindi che tutti
coloro che si richiamano al Suo nome,
evangelici o meno, vogliano fare del pari.
Ciò non toglie però che, per istintiva ripugnanza, siamo contrari a che una fede,
quale che sia, abbia bisogno della protezione della legge penale per affermarsi o
mantenersi radicata neH’animo di un popolo. Perciò, se l’interprétazione del diritto
vigente in tema di vilipendio deve essere
quella inidicata dalla Corte, il c. p. del
1930 deve essere profondamente modificato
anche in questa sua parte per adeguarlo al
dettato della Costituzione; bisogna che il
vilipendio in tema di religione quale reato
ideologico venga del tutto abolito. Questo
ci sembra runico modo per assicurare in
pratica quei diritti di libertà che la Costituzione riconosce a tutti anche in tema di
religione.
A noi sembra ohe le posizioni assunte in
materia con il coidice del 1930 esprimano
una concezione temporalista circa la Chiesa romana, alla quale venne data una tutela penale sul piano ideologico, in quanto
quale «religione dello Stato», fu valutata
in funzione di instrumentum regni. La dottrina giuridica ha chiarito come questo
fosse l’intento politico del regime di quel
tempo. Ora le cose sono cambiate; e dopo
le riflessioni e i documenti conciliari che
hanno aperto in seno alla Chiesa romana
la via dell’aggiornamento, riteniamo eh,’
anche i cattolici, almeno i più sensibili
quanto alla fede, non apprezzino più oltre
certi promiscui connubi istituzionali e non
gradiscano che Io Stato imponga la loro
fede con i rigori ¿ella legge penale.
Gio.roio Peyrot
Convegno A.I.C.E. a Pramollo
Il giovedì 25 maggio u. s., gli insegnanti
evangelici delle Valli aderenti alPA.I.C.E.
si sono ritrovati a Pramollo per rincontro
di primavera. Tema dello studio: Atteggiamento scientifico-matematico nella scuola
delVobbligo; oratrice per Tintera giornata,
Tinsegnante Daria Ridolfi, membro-del Movimento di Cooperazione -Educativa di Torino, che vogliamo ancora sentitamente ringraziare da queste colonne.
Il tema è stato svolto in maniera esemplare, con un ricchissimo corredo di materiale,
di dimostrazioni pratiche circa Tuso del nuovo materiale matematico-scientifico. Prima,
però, di poter ricorrere al materiale (tecniche), occorre avere creato Tambiente adatto
ad accoglierlo ed a valorizzarlo; occorre far
nascere Vatteggiamento scientifico, nel senso del rispetto per i fatti naturali ed ambientali, della sensibilità ai loro mutamenti e
del desiderio della sperimentazione. Il bambino raggiunge la sfera del concetto di numero, di classificazione (astratto) attraverso
Tuso (concreto) di oggetti « significanti »
queste categorie. Nasce così Tesigenza di
una ricerca di un materiale percettivamente
adatto al bambino, dapprima usato col va
lore di gioco e, in un. secondo tempo, sfrut
tato a fini più precisamente istruttivi. Il fat
to stesso che il soggetto sia libero di manipo
lare questi strumenti e di adattarli alle sue
esigenze è indice del valore educativo degli
stessi materiali.
L'oratrice ha quindi presentato, sulla base delle sue esperienze scolastiche, del materiale definito strutturato, nel senso che le
sue qualità (strutture) sono state studiale ed
apprestate per conseguire determinati fini in
modo attivo. L'uso del materiale strutturato
ai fini del conseguimento di una mentalità
matematico-scientifica è essenziale nella
scuola moderna, dove si vuol tenere conto
sia delle differenze individuali, sia dell'acquisizione attiva che del progresso tecnico
in genere. In tal modo, il bambino penetra
intuitivamente (con grafici, diagrammi, eia
borazioni, ecc.) Telemento quantitativo presente nelTambiente e a cui ricorre, ma inconsciamente. Sono abbandonate le tecniche
tradizionali e formalistiche delTinsegnamento delle operazioni per dare l’opportunità al
ragazzo di capire il valore delle operazioni e
dei sistemi di misurazione (ad esempio, la
scelta delTimrtà di misura).
Con questa serie di incontri, che TAICE
ha preparato negli ultimi anni, si è voluto
mettere in evidenza come la nostra Associazione voglia assumere un carattere essenzial.
mente pratico, di guida e di consiglio per
gli insegnanti ed anche un invito alla sperimentazione. Il nostro sforzo nel preparare
i convegni (e nel trovare le persone preparate) è appunto diretto a soddisfare un’esigenza di rinnovamento che tutti reclamano
(gli insegnanti, in primo juogo) e che è così
difficile attuare.
Gli insegnanti forniti di una certa esperienza possono approfondire e migliorare
quanto già stanno facendo nelle loro classi
non si può mai essere convinti di essere nel
giusto per sempre, anche perchè le speri
mentazioni psicologiche e pedagogiche ci ri
serbano sempre grandi novità. I candidati ai
concorsi magistrali e i neo-diplomati posso
no trovare in questi incontri uno strumen
to per vedere finalmente un metodo in azio
ne (e non solo sulla carta o nella storia, co
me nel Magistrale) e così iniziare in modo
nuovo e rispondente la loro opera educativa.
Ma queste persone, in genere, non sono
presenti, forse per motivi giustificatissimì,
il che fa pensare che poi non possono più
sussistere molivi per lamentarsi dei mediocri risultati degli alunni, essendo gli insegnanti cosi sicuri del loro metodo. A differenza dei convegni didattici dove solo si
ascolta e si è legati all’« ossequio » dei superiori, nelle riunioni delTA.I.CE. si è un
insieme di persone uguali che provano, che
dicono, che sperimentano con l’unico scopo
di migliorare la scuola e di essere sempre
meglio al servizio dei giovani. r.
Echi della settimana
Di fronte alla fluidità della situazione nel
Medio Oriente e al sopraggiungere di notizie contraddittorie e difficilmente controllabili, ci sembra che un minimo di serietà
consigli una valutazione molto sobria e prudente : soltanto le settimane e i mesi a venire permetteranno d’accertare quali siano
le grandi linee dì comportamento che i contendenti si propongono di percorrere. Per
ora, se non si vuol fare il processo alle intenzioni, è bene limitarsi a quei pochi fatti
veramente accertati, sui quali dunque non
può esservi dubbio. Essi sono i seguenti :
1) La condotta sporca, diremmo anzi perversa, di tutte (nessuna esclusa) le grandi
nazioni che, senza versare una goccia di san.
gue proprio, hanno armato entrambi i contendenti per anni, hanno soffiato nel fuoco,
hanno speculato sul sangue degli altri. Le
nazioni cosiddette cristiane non si sono comporlate certo meglio delle altre. E non solo
le grandi e forti nazioni, ma anche molte
delle piccole o deboli. Per limitarci ad esaminare oggi un solo esempio (ma molto significativo!), chiediamoci perchè iTndia abbia
assunto un atteggiamento così accanitamente ostile ad Israele : sembra kidubbio che le
ragioni siano solo d’interesse politico, cioè
di conciliare alle forze che attualmente do
Partecipate ai culti
in Valle d'Aosta
A tutti i fratelli evangelici e simpatizzanti, che si propongono di
passare la fine settimana o la domenica in Valle d'Aosta, rendiamo
noto che culti regolari hanno luogo ogni domenica
AOSTA
(tempio' in via Croce di Città, 11)
ore 10
COURMAYEUR
(cappella in Piazza Petigaz, 1)
ore 17
Per gruppi e comitive, che desiderano avere, in altro orario e per
proprio conto, un breve momento
di raccoglimento e di meditazione
dell’Evangelo, è possibile trovare,
nelle due località, il locale di culto
aperto, su segnalazione tempestiva.
Per informazioni rivolgersi al Pastore G. Peyrot, via Croce di Città, 11 - Aosta (tei. 73.45).
minano l’India, i favori sia dei comunisti,
sia delle popolazioni musulmane. (Questa seconda ragione sembra avere gran peso per
cercare un’intesa per il Kashmir, almeno a
giudicare dalle dichiarazioni del primo ministro Indirà Gandhi, che ripetono quelle
che già furono di Nehru suo padre).
«Non è certamente che l’indiano medio
sia anti-israeliano : egli non ha probabilmente mai sentito parlare d’Israele... L’India è
stata uno dei primi paesi a riconoscere
Israele, quando Israele ottenne la propria
indipendenza (1948), ma questo è tutto
L'India ha infatti sempre rifiutato lo scam
bio dei diplomatici con Israele, limitandosi
soltanto ad autorizzare la nomina d’un con
sole commerciale israeliano a Bombay... Al
l’inizio del recente conflitto del Medio Orien
te, rindia era persuasa che Nasser e gl
Arabi avrebbero vinto. Ancora oggi il go
verno A'indira Gandhi è convinto che il po
terc degno di riconoscimento si trovi nel
mondo arabo. Da un punto di vista più realista, il commercio dell’India coi paesi arabi
è certamente più importante di quello (qua
si inesistente) che essa mantiene con Israele
D altra parte, sostenendo i paesi arabi con.
tro Israele, I India spera forse di migliorare
le proprie relazioni con Mosca, che attualmente non sono eccellenti. Esiste persino
una fazione al ministero degli esteri di New
Delhi, secondo la quale l’India deve assume
re una posizione pro-nasseriana perchè l’In
ghiltprra e g)i USA incoraggiano l’Iran, la
Turchia, l’Irak, l’Arabia Saudita e la Giordania a formare una linea di rifornimenti
militari al Pakistan... ».
Naturalmente questa condotta politica non
manca di sollevare delle opposizioni nell’interno del paese. « L’ ’’intelligentsia” indiana
ritiene, da molto tempo, che l’assenza di
neutralità indiana verso Israele, costituisca
un serio ostacolo ai suoi tentativi d’imporre
una specie di moralità internazionale al resto del mondo. Oggi quasi tutti i giornali
indiani importanti, e persino alcuni membri del partito del Congresso (partito del pri.
mo ministro), rimproverano al governo di
non esser riuscito ad ottenere le buone grazie degli arabi, e ciò malgrado tutta la sua
politica pro-araba. Infatti gli arabi non han.
no sostenuto l’India quando questa è stata
attaccata dalla Cina nel 1962, e la maggior
parte di loro hanno sostenuto il Pakistan all’epoca del conflitto del 1965. Più ancora:
Nasser non ha appoggiato la candidatura
dell’India al Consiglio di Sicurezza l’anno
scorso, immediatamente dopo l’incontro al
vertice, che ha visto riuniti a New-Delhi
Nasser, Tito e Indirà Gandhi,, il principale
segretario di Nasser (membro della delegazione ufficiale) rientrò al Cairo per descrivere, nel suo giornale, lo ’’stato patetico della
situazione politica e sociale dell’India”.
« Malgrado tutto, Indirà Gandhi e il suo
governo sostengono ora Nasser più energicamente che mai. L’India spera cosi d’ottenere l’appoggio dell’Egitto e di altri paesi
arabi, per impedire al Pakistan di diventare
membro del Consiglio di Sicurezza nell’autunno prossimo, quando verrà il suo turno...
Ma, nella fretta di designare Israele come
l’aggressore, e Nasser e gli Arabi come le
forze progressiste, addirittura prima che L
guerra fosse scoppiata, l'India ha forse di.
menticato di prendere in considerazione le
conseguenze che le deriveranno dalla chiusura del canale di Suez. Ora il ministro in.
diano dell’agricoltura e deH’alimentazione,.
Jagjivan Ram, ha annunciato che 250.000'
tonnellate di cereali di cui l’India ha urgente bisogno, sono in alto mare, in massima
a cura di Tullio Vida
parte a bordo di navi provenienti dagli USA
e che seguono la rotta del Mediterraneo. Ora
si sarà obbligati a far passare quelle navi
per altre rotte, che causeranno un ritardodi almeno 10 o 20 giorni. Questo signiiieberà anche una spesa supplementare di 05-91
cents (dì dollaro) per tonnellata (secondo le
nuove tariffe che saranno stabilite nella riunione internazionale delle compagnie marittime, che avrà luogo a Parigi fra pochi gìor^
ni). La chiusura del canale di Suez significa
anche, per ITndia, che sulle sue esportazioni
graveranno spese supplementari di trasporto:
tali esportazioni saranno cosi più care e meno competitive ».
(« La Gazette de Lausanne » del 15 6.*67)
2) L’esercito israeliano sta organiz.zando
una vasta operazione di soccorso in favore
dei s-oldati egiziani dispersi nella penisola del
Sìnai. L operazione viene condotta mediante
elicotteri e centinaia di automezzi. j4i dispersi viene distribuita dell’acqua. « Non è
stato possibile iniziare tale vasta operr-Tiione
che negli ultimi giorni, perchè numero ;j reparti deU’esercito egiziano avevano cui\, ervato le loro armi leggere e sparavano sugli
israeliani appena li vedevano avvio.:.-arsi,,
forse anche allo scopo d’impadronioG delTaequa che speravano di trovare a boiu .* degli automezzi ».
(« Le Monde » del 16.6. .-7)
3) Un minimo d’onestà intellettuao obbliga ad abbandonare la bella e roiuLiutica
immagine «del piccolo Davide che ;orra
Golia ». « Le notizie che oggi arrivarn. ltraverso le barriere delle censure, dmiivc ranO“
che la seconda .canipagna del Sinai fu '^-.inuziosamente preparata. Il servizio delio formazioni militari (come scrive TinvjGi.; speciale del « Figaro ») era stato portai-G livello d’una scienza esatta. I colpi furou - vibrati con una rapidità e una precisio- fulminee... Non c’è che da congratulai- con
loro, perchè una guerra è meno crudeìu u landò è breve, e perchè si trattava d’as£-< . rare
la sopravvivenza d’uno Stato minaa; uo...
Ma le informazioni che arrivano ora .s intervento politico dei generali, fanno lunere
che la vittoria stia salendo loro alla tesia... »
{«.Journal de Genève y> del 15.6. o7)
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Giovanni Koki
Coisson
profondamente commossi per varie espressioni di simpatia ed alletto
ricevute da parenti, amici e 'conoscenti, esprimono a tutti quai,;i la
loro sincera riconoscenza.
Torre Pellice, 18 giugno 1967
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Luigi Barus
dì anni 61
deceduto tragicamente il 10-6-1967 sentitamente ringraziano tutti coloro che
hanno preso parte con fiori, scritti e
di presenza al loro dolore.
« L’Eterno udrà la mia voce
e darà pace aU’anima mia ».
(Salmo 55; 17-18)
Vlllar Penice, 15 giugno 1967
RINGRAZIAMENTO
La famiglia di
Alfredo Bosio
ringrazia tutte le persone che le furono vicine in questi lunghi mesi di
ansia.
In modo speciale il pastore Sig.
Teofilo Pons che presiedette al funerale, il pastore Bouchard, i Carabinieri di 'Villar Perosa e la popolazione
tutta di Pramollo.
« Ma io so che il mio Redentore vive» (Giobbe 19: 25).
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Direttore resp.: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. . Terre Pellice (To)f