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Asno VII — N. 21. II SEBIE ' 15 Xovemdue 1858. *
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LA BUONA NOUELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la verità nella carità. — Kfes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE j LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per Instato [franco a destinazione]____ £. 3 00 ; In Tobiso all'Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25
Per r Inghilterra, id................... „ 5 50
Per la Germania id................... „ 5 50
Tommaso dietro il Tempio Taldese.
Nelle PttOvixciE presso tutti gli Ufflzj postali per
mezzo di Vaolu, che dovranno essere inviati
Non «i ricevono associazioni per meno di un anno. 5 franco al Direttore della Buoka Novella,
All'estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi siediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMABIO
Avviso importantissimo. — Dottrina della salvazione. — Un nuovo giornale. — L'Immacolata ed i
quattro preti pavesi. — La Libertà Cattolica ed il Tempio Taldese in Genova. — Con-ìspondenza
della B. Novdla, — Pensieri sulla fede. — Cronaca della quindicina. — Annunzj.
- AVVISO IMP0RT/._NTISS1M0
Ci facciam lecito d’avvertire, ai molti, fra’ nostri associati, sì esteri che nazionali, i quali non ancora hanno soddisfatta la loro quota d’abbonamento, a volerne fare pronto
versamento, gli esteri, col mezzo àe’ fmnco-lolU poskdi,
ed i nazionali con quello de’ vaglia; tanto i primi che i
secondi, li dirigono franco al Direttore della Buona Novella.
LA SALVAZIONE
DIFFERENZA TRA LA DOTTRINA ROMANA E l’eVANGELICA
Da varj punti di vista si può considerare la graa divergenza che
corre tra la dottrina romana e l’evangelica intorno alla dottrina essenziale della salvazione.
In primo luogo, dal punto di vista della riconciliazione tra Dio e
gli uomini.
Noi crediamo, che essendovi un Salvatore unico c perfetto, altresì
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vi sarà ti-a Dio e gli uomini uii sol Mediatore, che fa riconciliazione
e procaccia ogni Lene. La Scrittura lo dichiara pur espressamente ;
“ V’è un solo Dio, ed anche un sol Mediatore tra Dio e gli uomini,
Cristo Gresù uomo, il quale ha dato se stesso per prezzo di riscatto
per tutti. ” (l.Tim. ii, 5. 6) Gesù Cristo medesimo ci esorta a chiedere ogni cosa in nome suo, e s’annuuzia come l’unica via che guida
al padre: “ Niuno viene al Padre se non per me. In verità, in verità
10 vi dico che tutte le cose che domanderete al Padre nel nome mio,
egli ve le darà ” (Giov. xiv. 16; xvi. 23, 24), Gesù Cristo poi intercede egli stesso per noi (Eom. viii. 34). A che pro, e con quale
ragione altri mediatoli, quando essendosi a tale ufficio consecrato
11 figliuolo di Dio, già sulla croce e di continuo poi alla destra del
Padre, il ’^''angelo non \niole saperne di altri ?
Ma la Chiesa romana invece ne vuole moltissimi, senza i quali
niuna grazia si può ricevere. Ella vuole, die ti-a il trono della grazia
ove siede glorioso il Redentore e gli umili fedeli che lo invocano, stieno
quali intercessori tutt’ i Santi e specialmente la Madonna, poiché tra
un re ed i suoi sudditi vi stanno pure ministri, ufficiali, tutta una
gerarchia per cui passano le richieste. E non solo vi son mediatori
in cielo, ma i preti colle loro messe ed assoluzioni lo sono in terra :
e chi può giungere a Cristo seuza il prete ?
Si giudica fra i Eomani delle relazioni spirituali in modo troppo
materiale e mondano. Non è il caso. Ci dev’essere tra Dio e gli
uomini relazione immediata, diretta, come tra padre e figli, se l’indole di Dio deve imprimersi nuovamente neH’animo, se la sua beatitudine deve essere comunicata, se la salvazione vuole essere reale.
Clie poteva il Signore, che ha preso nostra natura ed ognor ci chiama
a se, far di più onde metterci in comunione intima secolui? Gli
Apostoli ben lungi dal. frapporsi tra Cristo ed i fedeli s’adoprano a
testimoniare dell’unione di tutt’i fedeli con Gesù, ch’è la vita eterna
data agli uomini : “ Quello ch’abbiamo veduto ed udito, noi ve l’tinuunziamo acciocché ancora voi abbiate comunione con noi e che la
nostra comunione sia col Padre, e col suo Figliuolo Gesù Cristo. ”
(i. Giov. I. 3).
Come Dio non è presso i Eomani oggetto unico, esclusivo, nè diretto ed immediato di culto, così ancora Gesù Cristo non è riconosciuto Mediatore unico, esclusivo, per cui si va direttamente ed immediatamente a Dio, essendo egli medesimo Dio in unità col Padre
e collo Spirito Santo.
2° La differenza si vede similmente dal punto di \ista dell’espiazione.
Noi crediamo che G. Cristo ha, coll’unica sua oiferta, fatta espia-
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zione iutera della pena del peccato, ed ha posto fuori di condannazioue tutti coloro che credono in Lui. La Scrittura l’insegna pur nel
modo più preciso, in frequentissimi passi, fra cui citiamo il seguente:
“Avendo offerto un miico sacrificio per li peccati,egli s’è posto a sedere
in ¡jerpetuo alla destra di Dio; nel rimanente aspettando finché i
suoi nemici sieno posti per scannello dei suoi piedi. Coiiciosiacosachè
per un’unica offerta egli abbia in perpetuo appieno piu’ificati coloro
che sono santificati ” (Eb. x. 12.14). La morte di Cristo è im volontario e meritevole sacrificio di propiziazione che Dio ha gradito poiché egli stesso lo ha preordinato ab eterno: non fa i>ii'i d’nopo d’altro
adunque, acciò Dio sia riconciliato col peccatore e gli perdoni i suoi
peccati,—Il Figliuolo di Dio, fattosi uomo, ha riparato i falli degli
uomini; costituitosi garante, ha soddisfatto per tutti coloro che si
prevalgono del suo operato; avendo Egli pagato intero il debito
nostro, non ci rimane pena da scontare.
BLt, la Chiesa romana insegna, al contrario, varj modi di espiazione,
nel presente e uel mondo avvenire. Penitenze in terra, tormenti in
Purgatorio, debbono sodtUsfare alla giustizia di Dio, riparare i falli
commessi dopo il battesimo. La colpa intera dicesi é abrogata, ma
non tutta la pena. E non basta che ognuno faccia espiazione dei
l>eccati attuali : Cristo stesso deve ogni giorno di bel nuovo esser
immolato all’altare: per nuovi peccati, nuovi sacrifici; ed invece del\unica offerta che, Beeoudo il Vangelo, pm-ifica appieno i credenti, vi
sono-infinite ofierte, che non mai riescono a nettarli, sicché debbono
passare per le fiamme del Purgatorio, per giungere all’eterna gloria.
(Juanto si fa sentire grave e funesto qui l’eiTore di non riconoscere
in Cristo e nel suo sacrificio sulla croce l’unica causa della redenzione! Non vi attenete alla dichiarazione apostolica, divina; “ il sangue di Gesii Cristo, suo Figliuolo, ci pui’ga d’ ogni peccato ? ”
cercate altro ? che avete trovato ? fiamme orribili per tormentarvi
dopo la morte ! — Si capisce che Cristo non vi sia Mediatore unico !
Secondo voi egli lascia i fedeli sotto pena, e non fa valere in loro
iiivore, per afiìancarli del tutto, l’effusione del suo sangue prezioso.
2° La diiferenza sta, del resto, nell’applicazione del merito di
Gesù, più ancora che nel valore del merito stesso, quale tutti convengono essere infinito.
Noi crediamo che il merito di G. Cristo, che la sua giustizia, ci è
applicata totalmente, immediatamente ed irrevocabilmente.
L’applicazione totale ci è significata chiaramente dalla figura
siMisso adoprata da S. Paolo: rivestire Cristo. “ Perciocché tutti siete
figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù. Conciosiacosaché voi
tutti che siete battezzati in Cristo, abbiate vestito Cristo ” (Gal. ni.
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26, 27). La medesima idea è espressa anche più esplicitamente iu
queste parole: “Voi siete iu Cristo Gesù, il quale ci è stato fatto da Dio
sapienza, giustificazione, santificazione e redenzione”(1.Cor. i, 30).
L’applicazione immediata del merito di G. Cristo al credente, è
attestata da esempj non che da parole: “ Oggi sarai meco in paradiso, ” disse Gesù crocifisso al ladrone che in Lui pose la sua confidenza. Con quale giustizia, con qual merito entra costui nel regno
celeste, fra’ santi? Ñon colla giustizia propria di certo, ma con quella
di Gesù Cristo, la quale conferita all’ultim’ora, vale ancora. E quell’esempio prova che la giustificazione è conceduta ad ognuno, al più
gran peccatore, dacché ei guarda a Gesù con fede; “ Giustificati
adunque per fede, abbiamo pace appo Dio, per Gesù Cristo nostro
Signore ” (Eom. v. 1).
L’applicazione del merito di Gesù Cristo è irrevocabile. Fatta in
dono, per grazia, senza riguardo di persona, senza altra condizione
che la fede che è pm- dono di Dio, non v’ è luogo a variazione. Egli
è il carattere distintivo dei doni della grazia di Dio d’essere irrevocabili : “ Perciocché i doni e la vocazione di Dio, sono senza pentimento” (Eom. XX. 29). Precipuo dono è quello della giustizia di Gesù
Cristo. A chiunque è stato conceduto, non verrà mai tolto ; e chi l’ha
ricevuto, non lo perderà ; “ Chi ci separerà dall’amor di Cristo ? —
Chi farà accusa contro agli eletti di Dio ? — Chi sarà quel che gli
condanni? ” (Eom. vm. 32-39).
La Chiesa romana, che si pretende sola depositaria delle grazie del
Signore, le dispensa diversamente.
In primo luogo, il prete non applica che in parte, i^oco a poco, i
beneficj della redenzione. Nel battesimo, pretende che sia comunicato tale dono di giustizia che cancelli il peccato originale, rigeneri
il bambino, e lo riponga nello stato di primitiva innocenza. Nella
cresima poi, si jjretende che sia comunicato il dono efficace, la virtù
positiva dello Spirito, il suggello della salute. Nel confessionale, si
dispensa l’assoluzione per i peccati che vengono confessati. Con tutto
ciò uiuno ancora è totalmente giustificato.
3° La giustificazione non consistendo nella gratuita imputazione della giustizia di Gesù Cristo, ma nella vita giusta che quella
imputazione produce, non si può dire mai che sia compiuta finché
dura questa vita. Il fedele non può progredire verso la meta gloriosa
della santità col passo fermo, coH’animo tranquillo di chi già si vede
giusto presso Dio, della giustizia del suo Capo e Salvatore G. Cristo.
Egli corre per ottenere ciò che non è “ nè di colui che corre né di colui
che vuole, ma da Dio che fa misericordia,”e che dichiara “non esservi
l^iù condannazione per coloro che sono in Gesù Cristo. ”
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4° Secondo i Eomani, il dono della, giustizia, come tutti gli
altri, kì può perdere. Si perde la grazia del battesimo, parimeuti ogni
altra posteriore, se imovi peccati son commessi; e siccome non è possibile che uno quaggiù puro d’ogni peccato, bisogna ricuperare,
colla penitenza e mediante l’assoluzione, la giustizia.
Non solo si fa confusione, nella dottrina romana, tra giustificazione
c santificazione, che si debbono distinguere come causa ed effetto, ma
8Ì sconosce il più glorioso frutto dell’opera di Gesù Cristo, “ fatto da
Uio peccato per noi, affinchè noi fossimo fatti giustizia da Dio, per
lui. ” — Quello ch’è premio ìjen meritato della passione e della obbedienza del Eedentore, è fatto dipendere dalle penitenze e dalle opere
dell’uomo.
Eomani ! come giustamente si applica a voi questa parola che
S. Paolo, scrivendo ai primitivi fedeli di Eoma, proferiva sui Giudei;
“ conciosiacosaché, ignorando la giustizia di Dio, e cercatido di stabiUre la loro propria giustizia, non si sieno sottoposti alla giustizia
di Dio ” (Eom. x. 3) ! La nostra controversia con voi é questa; noi
non vogliamo che la giustizia di Cristo, cui il Padre pietoso si degna
farci partecipi, mediante la fede ; non possiamo fare stima di quella
che commendate, perché o procacciata o dispensata dall’uomo, non è
secondo Iddio, e non vale presso a Lui.
P. G.
UN NUOVO GIORNALE
Col gioruo tli domenica, 31 del p, p. venne alla luce, nella città
di Tortona, un nuovo foglio politico-religioso-letterario col titolo
di Libertà Cattolicd, compilato, dice il programma, da una riunione
di sacerdoti “ dispersi nella solitudine delle campagne, fuori d’ogni
“ consorzio umano...... e però desiderosi che il presente periodico
“ tenga luogo per loro di quell’ orale conversazione, di cui sono
“ privi. ”
Lo scopo che si propongono i redattori è altrettanto eccellente,
quanto chiaramente e schiettamente accennato.
Se si sono decisi ad aggiungere un foglio di più ai tanti che già
esistono, ei fa coU’intento che trovisi finalmente, in Piemonte, un
giornale “ che di religione non abbia solamente l’orpello e la maschera,
“ sì bene la sostanza e l’ufRcio ”—“ Noi vediamo bensì, essi dicono,
“ periodici, che sotto il manto di religione, rai)i>resentano un partito
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“ puramente politico; vi troviamo articoli che difendono le umane
“ istituzioni ohe sono nella Chiesa, i privilegi, i canoni, le prebende;
“ ma dov’è il foglio clericale, almeno fra gl’influenti, ohe abbia per
“ compito di difendere il vero rivelato dagli attacchi del materia“ lismo, criticismo e razionalismo moderni ? Un foglio che sappia
“ distinguere l’opera dell’uomo da quella di Dio, por occuparsi e“ sclusivamente di questa, lasciando alla ProTOdenza quanto vi è di
“ umano nella Religione medesima ? ”
Se tratteranno argomenti politici, egli sarà, non già per osteggiare
alle nostre libere istituzioni, anzi allo scopo di promuoverne sempre
più lo sviluppo, finché siamo giunti alla Hbertà perfetta, che si riassume per loro in questa sentenza: Chiesa libera, in uno Stato libero.
Se infine rivolgeranno, come infatti intendono di rivolgere, la loro
attenzione alle quistioni di disciplina ecclesiastica, invocando la ripai'azione degli abusi, questo loro intento non dev’essere causa d’all’arme per nissuno: primieramente, perchè è loro desiderio che da
coloro che lo Spirito Santo ha costituiti vescovi per pascere la
Chiesa di Dio vengano tali riforme compiute ; ed in secondo luogo,
perchè decisi ad usare in questa parte ogni possibile moderazione.
Ma in questi limiti, essi le riformo summentovate le invocheranno
“ con quella pienezza di libertà che accordano loro le leggi patrie ;
“ nè deve sembrare soverchio il nostro ardire, ” soggiungono con
dignitosa energìa, “ se dopo dieci anni di libertà osiamo uscire dalla
“ nostra posizione negativa, manifestando rispettosamente le nostre
“ opinioni. ”
“ Insomma ” terminano con dire i redattori, volendo con queste parole accennare allo spirito del quale verrà il nuovo giornale informato,
“ insomma, noi non discendiamo nell’arringo per combattere nemici
“ che non abbiamo; anzi in questo vogliamo principalmente che il
“ nostro giornale sia riconosciuto per religioso, perchè ci proponiamo
“ di evangelizzare la pace; se disseminassimo discordie cittadine,
“ non ci crederemmo più ministri di quel Dio che è la stessa pace....
“ E se pioveranno sopra di noi le imiane contraddizioni, ci ricorde“ remo sempre del nostro proponimento e della nostra epigrafe; In
“ necessariis unitas, in duhiis libertm, in omnibus charitas. ”
E noi—die se non siamo cattolici romani; se abbiamo,per fermo,
in ciascuno dei compilatori del nuovo periodico un’avversario, in
quanto alle dottrine religiose che propugniamo, pure non possiamo
non rallegrarci del bene ovunque lo scorgiamo — ci congratuliamo di
vero cuore coi redattori della Libertà GaUolica, per questo loro savio
e generoso sentire, facendo voti perchè venga seguito d’altrettanto
coraggioso cd energico operare.
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Pur troppo gli ostacoli che si faranno loro incontro e si frapporranno al conseguimento del loro generoso disegno, sono molti e
grandi; e non possiamo nascondere loro, che la sorte toccata alla
Civiltà Novella alla Stella dItalia e ad altri periodici ancora, che
si proposero scopo analogo a quello àeWa, Libertà Cattolica, c’infonde
gravi e fondati timori sn quello che alla loro volta gli aspetta. L’episcopato piemontese, fattene forse una o due eccezioni, è poco propenso alle teorie svolte nel programma che abbiamo analizzato, e la
forza di cui dispone, a danno dei poveri preti che ardiscono pensare
per proprio conto, è così dispotica e così tremenda ne’ suoi effetti,
cho se, nell’accingersi all’opera, i redattori della Libertà Cattolica.
non avranno bruciate le loro navi, e non si saranno preparati ad ogni
sagrifizio, decisi a tutto soffrire piuttosto che di dipartirsi dal loro proiwnimento, presto presto essi avranno turata la bocca, e non varranno
a salvarli da questa estremità, nè moderazione, nè ossequio, nè anche
professioni ripetute del piiì sfegatato cattolicismo. E valga il vero,
finché Eoma spaccierassi per oracolo di Dio, ed i Papi si avramio
come i suoi luogotenenti in terra, essi nou saranno che logici, richiedendo, che l’ubbidienza che a loro si rende, sia assoluta; e finché sussisterà im tal’ordine di cose, i poveri ^’incoiati a quel sistema, i preti
specialmente, non avranno altro voto a fare che uno di questi due: ovvero che si spenga del tutto in essi la coscienza, affin di poter ubbidhe
a tutto e sempre, senza esitanza e senza contrasto ; ovvero che acquisti
sufficiente forza in essi quella voce divina, da ottenerne quahmque
sacrifizio sia giudicato indispensabile al suo finale trionfo. A quale
di questi due partiti vengano da noi consigliati di appigliarsi i redattori della Libeì'tà Cattolica, non occorre che lo diciamo.
I QUATTRO PRETI DI PAVIA
ED IL
DOGMA D E L L’ I M M A C 0 L A T A
—
I nostri lettori ricordano que’ quattro sacerdoti pavesi, i reverendi
Alfonso Tenca, Giuseppe Grignani, Giuseppe Parrona c Luigi Acquaroni,che con tanta energìa,anni sono,protestarono contro la definizione
del nuovo dogma, sull’immacolato concepimento di Maria, e v'ennero
perciò, non solo destituiti dal loro ufficio, ma scomunicati. Il silenzio che, da qualche tempo a questa parte, si era fiitto intorno a questi
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quattro onorevoli personaggi, qirasi ci avea indotti a credere, clie, ad
imitazione di tanti altri, avessero finito col desistere dalla loro opposizione, vinti dall’uno o dall’altro di quei due mezzi che Eoma sa con
tanta efficacia adoperare: la violenza o le lusinghe. Ma'un libro venuto
testé alla luce, col titolo : La prova di fatto che il dogma dell’Lnmacolata non può essere difeso, o T innocenza dei preti scomunicati
di Favìa, provata dai loro awersarj, ci mostrò che infondata era la
nostra supposizione, e che non solo dura, per parte di quei benemeriti sacerdoti, la loro opposizione all’empio dogma, ma che i danni e
le ingiurie patite per essa, anziché menomamente scemarla, la resero
ognor pili fervida ed intensa. Forse in altro numero discorreremo
alquanto a lungo di questa pubblicazione che, se non fosse per la
sovercliiante indifferenza religiosa a cui gl’italiani sono in preda,
dovrebbe venir letta con avidità e seria attenzione da quanti si chiamano Cattolici ; per oggi a\Temo fatto quanto ci consente il tempo,
trascrivendo dalla prefazione di essa i brani, che meglio valgono a
chiarirne l’indole e l’importanza.
“ Questo liliro è scritto da poveri preti che sono perseguitati perchè
amano la verità più che i beni del mondo, e non vogliono fingere o tacere,
lasciando che i loro fratelli periscano miseramente neirerrore.
“ Iddio, a cui sono manifesti i segreti dei cuori, so che, non per alcun
desiderio di gloria umana, nò per altra ragiono, se non per adempiere ad
un dovere di coscienza e salvare le anime nostre, abbiamo protestato contro
la definizione di Pio IX; imperciocchè non può nn cristiano, molto meno un
sacerdote far cambiamento o norità qualunque sia nella credenza che ha
l’icevuto una volta dalla Chiesa. "E noi, per questo solo che vogliamo continuare a credere come la Chiesa ha sempre creduto, portiamo l’infamia di
eretici, di ribelli alla Chiesa, siamo stati sospesi dairofficio sacerdotale, anzi
scomunicati con pubblica sentenza. Insino ad ora, l’eretico è sempre stato
colui che faceva novità; al presente, chi uon vuole far novità è condannato
come critico ed a quelli che innovano e cambiano nella fede, si dà il nome
di Chiesa; i quali abusando di questo santo nome, commettono le più enonni
e palmari ingiustizie.
“ Un nostro fratello carissimo (il sacerdote Alfonso Tenca), il quale fu
conosciuto ed ammirato da tutta la città, come un raro esempio d'innocenza
angelica, e che, dopo aver dato in vita ogni cosa ai poveri, li fece eredi
morendo di tutto quel poco che gli rimaneva, fu privato dei sacramenti
della Chiesa, ed essendogli dopo la morte, negata la sepoltura ecclesiastica,
di notte tempo, come l’uomo più scelorato, messo su d'un carro e tirato dai
beccamorti, fu condotto ai cimitero, e quivi lungi dalle sepolture dei fedeli,
in un luogo a parte, venne seppellito come un maledetto ; mentre i suicidi,
gl’increduli ed i peccatori pubblici facilmente ottengono i suffragi pubblici
e la sepoltura dei santi. Dio il vegga c nc giudichi !
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“ Coijì parliamo non perchè punto offesi o per de.siderio di vendetta; ma
perchè ci duole e strazia il vitupero fatto alla verità e la strage di tante
anime ingannate. Del resto noi amiamo d’essere i nostri persecutori e piangiamo la loro fatale cecità e durezza onde resistono ostinatamente alla verità che li stringe di tutte parti.
“ Iddio nelle cui mani sono come i cuori cd i pensieri dogli uomini, così
gli avvenimenti del mondo, e che li ordina al compimento de’ suoi disegni,
ha voluto renderci una testimonianza manifesta che siamo nella verità e
costringere i nostri awersarj a riconoscere che non possono starle a fronte.
Imperciocchè, avendo essi voluto fare per dar così l’ultimo colpo contro la
verità e, dopo averci scomunicati ingiustamente per un atto di violenza, far
credere al mondo che ci avessero vinti per la ragione. Dio gli ha presi nel
loro laccio, sicché, stretti dalla verità delle nostre risposte, hanno dovuto
confessare che, per difendersi, non hanno altro che il fuoco e riijorosi divieti.........
“ Noi avremmo dovuto sin da principio consegnare al pubblico la nostra
protesta e quindi mano mano gli altri atti colla relazione delle coso avvenute, imperciocchè non è una causa nostra personale, ma è causa della verità e della Chiesa; se uon che Timpossibilità di farlo nel nostro paese ci
mostrava essere volontà di Dio che prima oi dovessimo preparare coll’orazione e colla penitenza, sopportando nel silenzio una pena ingiusta e la più
ignominiosa pel sacerdote. Ma ora, avendo Iddio messoci in mano prove
evidenti e fatti, pe’ quali i nostri awersarj medesimi fanno conoscere la
nostra innocenza e la loro impossibilità di difendere contro di noi il falso
dogma dell’immacolata, crediamo che Dio voglia che la cosa sia fatta conoscere al mondo, epperò, non potendo tra noi, stampiamo aU’estero.
“ La difesa della propria innocenza è nn diritto di natura che non può
essere divietato; molto più è sacro e stringente il dovere di rendere testimonianza alla fede pericolante. E però, finché siamo stati oltraggiati personalmente ed anche provocati, abbiamo taciuto e pregato; ma ora saremmo
rei, al cospetto di Dio e della Chiesa, se per timore degli uomini, mancassimo in ciò che dobbiamo alla verità. Le persone eque troveranno giusto
queste ragioni : quanto poi ai nemici della verità, se, offesi perchè la facciamo conoscere, ci calunnieranno e perseguiteranno, mostreranno di continuare il triste ofiicio dei persecutori della fede, mentre noi, coll’ajuto di
Dio, sapremo da sacerdoti perdonare, soffrire ed amare, senza abbandonare
giammai la testimonianza della verità, eh’ è la nostra vita. Così siamo ammaestrati alla scuola deU’uomo Dio. ”
Lingtiaggio più dignitoso, più cristiano di questo non si potrebbe
iinaginare. E come addolora il pensiero, che per la generalità di coloro ai quah è rivolto, saranno parole gittate al vento ! Ma pur troppo !
tale è la condizione a cui, in fatto di religione, sono state ridotte
da Roma le popolazioni italiane, che la generosa condotta dei quattro preti pavesi, e hi nobile loro divozione a ciò che stimano essere
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la TOiitù, non conq\iisterà loro Yeff.couce simpatia che di un numero
risti'ettissimo di persone. La generalità menti’e diranno che la ragione è dalla parte loro, mentre in parole gli si dichiareranno partitanti, in fatto, lascieranno che vengano schiacciati dalla vescovile
prepotenza e tirannìa, non stimando che ad un argomento religioso
dehbansi ftire sacrificj di qualunque sorta.
La 1.IBERTA CJ^TTOlilCA
(gioiTiale)
E D
IL TEMPIO VALDESE IN GENOVA
La Libertà Cattolica, nel suo primo numero, facendosi a parlare
alla sua volta della dedicazione del Tempio valdese in Genova, mentre si mostra anch’essa stomacata delle diatribe lanciato in tale occasione dal Cattolico contro i nostri governanti, come fautori di libertinaggio, soggiunge, che anche ai suoi occhi, “ è una vera sventm-a
che la bella veste, cioè l’unità religiosa con cui piacque alla Provvidenza di fregiare questa nostra Italia, sia divisa e che anch’essa
piange “ come^ infausto quel giorno, in c\ii tm nuovo Tempio s’innalza fra noi dallo spirito delle tenebre e prende argomento da
questo doloroso avvenimento per fare alcuni quesiti “ ai suoi parroci
e sacerdoti confratelli: ”
“ 1“ Che cosa hanno fatto i fogli Clericali del Piemonte e dell’Italia in questo decennio, per impedire la diffusione degli errori di
Lutero e di Calvino?
“ 2° La via che hanno sempre tenuto il Cattolico e confratelli,
è la più idonea a scongiurare il nembo che minaccia questa nostra
abbastanza già infelice Italia?
Cosa risponderanno i parroci e sacerdoti confratelli a questo
doppio quesito, cosa risponderà in modo singolare il Cattolico, noi
non lo sappiamo; ma intanto che ci pongano in grado di saperlo,
noi alla nostra volta, rivolgeremo alla Libertà Cattolica le seguenti
interrogazioni:
1° E’ egli seriamente che parla di unità religiosa in Italia, la
quale sarebbe rimasta intatta fino all’erezione di un Tempio Evangelico nella città di Genova?
2“ Nella medesima via Assarotti, quasi nel medesimo tempo,
sì sono gittate le fondamenta di due Tempj : uno, perchè in esso
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non venga predicato niente che il puro Evangelo, e sia reso ul Signore quel culto in ispirito e verità eh’ egli gradisce ; l’altro, da
dedicarsi ìì}XImmacolata, e come tale destinato a consacrare uno
dei dommi più contrarj che dir si pìssa alia lettera ed allo spirito deU’Evangelo ; un dogma che sarebbe stato respinto con orrore
e dagli Apostoli e dai primitivi cristiani, come quello che non mira a
niente altro che a divinizzare la creatura, scemando o meglio aumentando l’opera salvatrice del Creatore; un dogma di cui, per hmghi secoli, non fu fatta parola in seno alla cristianità; un dogma
infine, la proclamazione del quale venne fotta contrariamente a tutte
le regole stabilite nella stessa Cliiesa romana a tale scopo ...... del
quale di questi due Tempj si può dire con più ragione, aver lo spirito delle tenèbre presieduto alla sua erezione?
Speriamo che la Libertà Cattolica ci vorrà esser cortese di una
risposta a queste nostre domande.
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Caro signor Direttore,
I preti di costì non liauno lotto i vostri articoli sulla mariolatria; anzi
essi ìT spingono a tutta possa la popolazione cattolica. Un’amico mi ha mostrato nell’j4rmo«ia il racconto doU’inaugurazione d’una Madonna in san
Martino, con inni, processioni, panegirici, concorso di paiToci e di fedeli.—
Di tal festa però non vi avrei fatto parola, perchè cosa troppo comune ai dì
nostri, se nel racconto che se n’è fatto non si fosse dato ai Valdesi un posto
troppo onorevole. Onori di tal sorta non li tentano, come non li hanno tentato mai. Essi ben s’avvedono che si cerca di metter loro in viso una maschera che si apprestano di strappare con disprezzo.—In quel racconto sono
lodati por “ essere accorgi in foUa, ” e per “ aver provato un’invidia indicibile. ” Davvero chc da questi cenni non si riconoscono i Valdesi meglio
che Maria nel guardare la gessosa di lei statua! Ben mal s’appone quel
che erede i Valdesi mariolatri. In chi li avesse sentito parlare della statua di s. Martino, e del ctilto che si cerca di renderle, sorgerebbe serio
dubbio svii.'indicibile invidia! Essi dicono cho fabbricare, dedicare statue,
spingere al culto d’uaa donna, foss'anco Maria, è affar da preti, perchè scapoli; è un mezzo non di appagare bisogni religiosi, ma una mera curiosità
che ne vesta l’abito ; è un contraddire a beUa posta alla volontà di Dio, il
quale essendo spirito vuole che chi l’adora, l'adori in ¡spirito (Giov. iv, 24);
è un defraudare i poveri, l’istruzione e conto cose simili d’un sussidio in
pane, libri, bibbie, opportunissimo in ispecie nella località; e uu profanare
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le Domeniche, cho sono giorni stabiliti per rendere culto non a creature,
ma al Creatore, benedetto in eterno (Esodo xx, 10); è un cadere nel peccato le mille volte represso e punito negl’ Israeliti che il commettevano ; è,
per finirla (ch’è troppo lungo il riferir tutto), un tornar al più schietto paganesimo, ove adoravansi le dive Osiri ed Astarte, calpestando o poco meno
il detto rivelato (1. Tim. i, 15; ii, 5), che v’è un sol mediatore tra Dio e
gli uomini, Gesù-Cristo uomo.
Ai Valdesi dunque meglio che invidia fa pietà l’odierna tendenza di
molti cristiani al culto della madre del Salvatore, come ancor le feste e lo
cerimonie religiose che ne derivano. Essi vorrebbero cbe quei cristiani, memori del nome che portano, lasciando ogni meno che iacerta via di salute,
si accostassero con maggior fidanza a quel sommo Sacerdote, ch’è Gesù,
il quale può compatire alle nostre infermità ed ottenerci misericordia (Ebr.
IV, 14, 16). Ma se, malgrado questo vóto, perseverano ad illudersi, non
cerchino ad illudere altre persone coU’afFermare che anche i Valdesi hanno
festeggiato la Madonna, mentre al più una ventina di loro, usando della
libertà di esaminare ogni cosa, od allettati daUo sparo dei mortaretti e dall’esca di profani divertimenti, dopo adempito il proprio culto, sonosi recati
in s. Martino.
Gradisca, signor Direttore, i sensi di stima e d’affetto eo’ quali mi dichiaro di lei
Ferrerò addì 29 ottobre 1858
D.“» servo
G. T>. Rivoir
PENSIERI SULLA FEDE
“ La fede non è credulità; non è sempre l’uomo più credulo il più credente; una credenza svanisce tanto più facilmente che fu più facilmente
accettata, e le convinzioni le più sode sono le molte volte quelle che più
costarono. La credulità non è che il servile compiacimento di uno spirito debole ; mentre la fede richiede tutto il vigore e tutta l’energìa dell’a
“ Non si sa quanto sia difficile cosa il credere in mezzo ad una folla che
non crede. ”
“ Si potrebbe opinare cho là ove il ragionamento hn operato la cmivin-
13
zione, non vi sia più posto nè ufficio per la fede. E’ quello un gravissimo
errore. Il raziocinio lascia la verità fuori di noi. Perchè diventi parte della
nostra vita, parte di noi stessi, fii d'uopo che sia dalla fede %nvificato. Se
l’anima non coopera coll'intelletto, la certezza anche la più legittima difetterà di fermezza e di vivacità. ”
“ La fede è, in tutte le sfere pos.sibili, l’invisibile trasformato in vista,
l’assente fatto presente. ”
“ La fede è sorgente di tutto quanto riveste agli occhi degli uomini un
carattere di dignità e di forza. Le anime volgari vogliono vedere, toccare,
palpare; le altre hanno l’occhio della fede, e perciò sono grandi. Ei fu sempre
per aver avuto fede in altrui, in sè stesso, nel dovere, nella Divinità ohe gli
'uomini hanno compiuto cose grandi. La fedo fu in tutt’ i tempi la forza
de’ deboli e la salute degl’infelici. Nelle crisi solenni, nelle gravi distrette la
maggior probabilità di scampo fu sempre dalla parte di chi sperò contr’ogni
speranza; e la grandezza sì de’ popoli che degl’individui può venire esattamente misurata dalla grandezza della loro fede. ”
“ Tutti credono a chi crede in sè stesso ; e l’ardimentosa sua speranza
è le spesse volte l’ottima fra le risorse in un momento di generale perplessità. ”
ViNET.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Seguita a manifestarsi in Irlanda, nel senso deU’Evangelo, un movimento
dei più interessanti, e di cui fanno prova i seguenti dettagli: A Duhlino
venne testé fondato, sotto il nome ài Adelaide hospital, tin’ospedalc evangelico destinato ad accogliere gli ammalati di questa comunione, e cosi sottrarli alle vessazioni cui sono fatti segno negli ospedali cattolici. L’ultimo
numero deH’/ris/i Society Record, fra altri particolari di sommo interesse,
contiene il reso-conto della confermazione testé impartita a Ventry, dal vescovo evangelico di Limerick, a 150 bambini, di cui trentaqnaltro erano
14
figli di genitori nati cattolici romani. Alla sua volta il vescovo di Tuam ha
confermato nel Comune di Aasleigh, in una nuova Chiesa dallo stesso consacrata il giorno prima, gran numero di persone uscite dal romanesimo.
Nella sola pan-occhia di BalKngary, si fa ammontare a più di 300 il numero
delle persone, che da qualche anno a questa parte, hanno lasciato la Chiesa
di Roma per unirsi alla Chiesa evangelica, e fra questi annoveransi duo
preti, un medico, cinque proprietarj, due professori di matematiche, quindici
istitutori e tro professori di lingue antiche. Infine ricaviamo dai medesimi
fogli che il Rev. Daniele Seahy, ex-prete romano, dopo un lungo tempo di
prova, venne testò chiamato dal vescovo evangelico di Liclifiold, a reggere
le importanti parrocchie di EUaston e di Staulon. Il Rev. Seahy gode, sì in
seno del clero di cui ora fa parte, cho presso degli abitanti della diocesi in
genere, fama di pastore pio e zelante.
In InghiIìTeera fassi ognor più fervida la lotta contro il Puseismo in
genere, e più specialmente contro gli sforzi tentati dai suoi partitanti, aU'effetto di ripristinare in seno alla Chiesa Evangelica, la confessione auricolare'
Ecco, sul proposito, la risoluzione votata in un grande meeting, tenutosi a
Londra, il 18 ottobre, nella vasta sala di S. James, Picadilly, ed a cui erano
invitati tutti i principali membri delle parrocchie della metropoli : essa è di
uno dei membri più distinti della raunanza, il colonnello Vereker.
“ Considerando, che la confessione al prete, cd altre innovazioni o false
dottrine sono state di recente insegnate e praticate da parecchi membri del
clero della Chiesa d’Inghilterra, ed incoraggiate da alcuni fra i suoi^dignitarj e vescovi;—Persuasi, come lo sono i membri di quest’assemblea, essere
siffatte dottrine contrarie sì allo spirito che alle dottrine della Chiesa Riformata d’Inghilterra, e sovratutto non aver le medesime il minimo fondamento nelle Sante Scritture, unica base sulla quale debba poggiare ogni
pratica ed insegnamento cristiano;—Considerando inoltre che tali insegnamenti e pratiche hanno destato un vivo allarme e provocato a sdegno la
grande generalità dei membri della Chiesa d’Inghilterra e dei veri protestanti dell’intiero paese, — quest’Assemblea innalza solennemente la voce
per protestare contro l’introduzione, in seno alla Chiesa d’Inghilterra di
siffatti insegnamenti e pratiche, e dichiara la sua forma adesione alle dottrine deU’Evangelo, pel mantenimento delle quali i martiri della Riforma
si sono sagrificati. — L’Assemblea dichiara quindi, che perchè rimanga
reabnente la Chiesa d’Inghillerra, la Chiesa della nazione, non vi deve essere tollerato il ritorno aUa schiavitù ed alle tenebre del medio-evo, ma che
deve adattare ai bisogni crescenti del popolo le suo istituzioni, cd appigliarsi, come all’unica base dei suoi insegnamenti, allo grandi e semplici
verità deU’Evangelo. ”
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Dal Gilliraltiir Chrmide ricaviamo che negli ultimi giorni di ottobre p.
p., nella Chiesa di S. Andrea, in Gibilterra, vennero — da alcmii pastori
della Chiesa libera scozzese, a ciò deputati dalla Generale Assemblea, fra i
quali i Rev. Stewart di Livorno e Kay di Genova — imposte le mani al
sig. F. Ruet, da due e più anni missionario evangelico infra la popolazione
spagnuola di Gibilterra. A questa interessante cerimonia, soggiunge il sullodato giornale, interveniva gran numero di cristiani di tutte le denominazioni. Noi ci rallegriamo tanto più per questo avvenimento, che fu a Torino,
nel seno della Chiesa Valdese, chc Iddio volle che fosse il sig. Ruet chiamato alla conoscenza deU’Evangelo, del quale, dopoché fu tornato in patria,
egli mostrossi così zelante propugnatore, primieramente neUe carceri di
RarceUona, e dopo in Gibilterra.
— I giomaU di Ginevra parlano con grandi elogj deUe sedute testé
date in questa città, dal signor Atan.Coquerel figlio, sulle dolorose vicende
delle Chiese evangeliche di Francia nel secolo scorso.
— Dal reso-conto presentato dal Comitato deUa Società, di GiusUivo-Adolfo aU’Assemblea generale della medesima tenutasi a Lii’su, ricaviamo che
tal Società va acquistando nei varj paesi della Germania simpatie ognor
crescenti, neUo stesso tempo cho si estende in modo ammirabile U suo campo
di attività. Infatto mentre U nimaero delle Società ausiliarie si è aumentato
di 36, neU’anno scorso, 380 sono le comunità reUgiose a cui, in quel lasso
di tempo, fe stato dato alla Società di venire in ajuto; 12 le chiese inaugurate; 7 queUe cho ha cominciato a fabbricare, oltre G scuole e 2 case parrocchiali.
Domenico Grosso gerente.
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