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Anno 123 - n. 17
1° maggio 1987
L. 700
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Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pelliee
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
A differenza per esempio dèi
loro colleghi cileni, i vescovi
argentini non si sono mai mobilitati in difesa dei diritti umani calpestati dalle giunte militari, né hanno in alcun modo
appoggiato la lunga lotta per
la verità intrapresa dalle madri
dei « desaparecidos ». E, se in
questi giorni si stanno mobilitando, non è per difendere la
democrazia, ma per scongiurare Tapprovazione della legge che
introdurrebbe il divorzio in Argentina. E non a caso Rico
(che per sua ammissione recita il rosario prima dei combattimenti) e i suoi sono dei cattolici oltranzisti.
I vescovi reazionari e i militari golpisti non sono certamente
l’unico volto del cattolicesimo
argentino; come non pensare, infatti, che, delle centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza a Buenos Aires in
difesa della democrazia, la grande maggioranza non fosse costituita da credenti cattolici? E tuttavia la collusione fra una chiesa cattolica nazionale, in Argentina e altrove, e regimi e forze non rispettosi dei diritti uniani è una cosa che pesa, e
non può essere passata sotto silenzio, perché è incoraggiata dal
vertice di questa chiesa, cioè dal
papa.
Mentre infatti i tentativi di
giustiflcare teologicamente un
regime come quello sudafricano
vengono bollati con la condanna più severa da parte del protestantesimo mondiale e del movimento ecumenico, il capo della chiesa cattolica, col suo recente viaggio in Sud America ha
di fatto avallato i massacri e
le torture dei vari Pinochet e Rico. Se, per ecumenismo malinteso, tacessimo su questo, saremo
mo anche noi complici.
Paolo Fiorio
«PACE, GIUSTIZIA E SALVAGUARDIA DELLA CREAZIONE»
Processo conciliare?
A volte, una fotografia riesce
a esprimere un fatto o un’idea
in modo sintetico e indelebile, come nessun discorso potrebbe.
Chi non ha prestato attenzione alla immagine del colonnello
Aldo Rico, capo della sedizione
militare in Argentina, vada a cercarla sfogliando i giornali di
qualche giorno fa: che Rico sia
un fascista e un torturatore è
cosa che abbiamo tutti letto e
ascoltato, ma che si può anche
in qualche modo «sentire» guardandolo in faccia. Colpisce in
modo molto doloroso il fatto
che un pugno di militari come
lui possa tenere in scacco il governo democratico del proprio
paese e, di fatto, contare di più
dei milioni di argentini che in
questi giorni si son mobilitati
a fianco del presidente Alfonsìn;
colpisce ma non deve situpire.
Non deve stupire perché la
poco nobile tradizione delle caste militari, in quasi tutti i paesi del Centro e Sud America, è
proprio quella di rappresentare un contropotere, un potere
reale rispetto al quale parlamenkti e partiti democratici sono solvente un potere legale che non
è in grado di prendere nessuna
decisione significativa. Ciò che
invece merita stupore, anche
perché contraddice la tendenza
di numerose nazioni latinoamericane, è il comportamento dell’altro grande potere reale, la
chiesa cattolica.
La traduzione italiana del programma del Consiglio Ecumenico ne appiattisce forse i contenuti — Gli aspetti propositivi sono invece un’utile provocazione per tutta la cristianità
La formula « giustizia, pace e
salvaguardia della creazione »
comincia ad essere conosciuta
anche nel mondo ecumenico italiano. Notizie di agenzia, convegni, incontri riprendono questa
frase.
Sembra invece che si sia persa per strada la prima parte
della formulazione completa che
era nata, nel mondo ecumenico,
parlando di un « processo conciliare » in vista di un patto per
giustizia, pace e salvaguardia
della creazione. E’ comprensibile che sia così, per ragioni di
comodità e per ragioni teologiche. Per ragioni di comodità:
il nostro pensare in sigle teme
le frasi lunghe e complesse. Ma
soprattutto per ragioni teologiche. «Processo conciliare» è una
formula non esente da rischi.
Evoca cose grosse: concili, sinodi, assemblee; ogni frazione della cristianità ha una sua tradizione assembleare, che a torto
o a ragione vorrebbe collocarsi
come la più autentica, la più
confacente, la più legittima. E
anche l’idea di un patto, di un
« impegno reciproco » non è neutrale; le varie teologie del patto, deH’alleanza, potevano essere implicate, gradite o no, in
questa formulazione.
Si è fatta strada una scorciatoia prevedibile: sottolineare i
« contenuti » (pace, giustizia, ecologia) a scapito della riflessione teologica su questi temi, a
scapito della ricerca ecclesiologica che potrebbe arricchire i
contenuti, ma potrebbe anche
rischiare di rilevare fratture e
divisioni esistenti tra le chiese.
E’ innegabile che tutta la formulazione è abbastanza pesan
te, almeno nella nostra lingua.
Molti termini hanno per noi un
sapore giuridico; non è una critica, ma una constatazione. La
parola «processo», che in altre
lingue riprende il senso etimologico di «qualcosa che procede», un senso di movimento, di
ricerca, per noi indica essenzialmente il processo giudiziario.
Un « patto », un « impegno reciproco », è spesso una categoria
giuridica. « Giustizia » è un termine sovente frainteso: sono
i magistrati, gli avvocati, i giudici che fanno « la giustizia », e
nel buon senso popolare si dice
che, con la giustizia, è meglio
non avere a che fare. Non a caso, ci piaccia o non ci piaccia,
nella traduzione della TILC è
sparita la « giustificazione »,
perché nella nostra lingua non
richiamava al senso della misericordia divina, del perdono. E
anche i termini di integrità, o
salvaguardia, sono insoddisfacenti. Integrità fa pensare alla
rettitudine, rinvia al globale, all’intatto, all’inviolato. Che cosa
può voler dire « integrità della
creazione »? Che la creazione
può essere mantenuta inviolata? Che va reintegrata in uno
stato di perfezione che una
volta c’era e oggi non c’è più?
Che può essere ritrovato un
Eden iniziale, o che si può lavorare ad una creazione che va
verso la perfezione nel futuro?
La parola ha un suono, in
qualche modo, conservatore,
« integrista », al di là delle migliori intenzioni. E con « salvaguardia » non andiamo molto
meglio. E’ sinonimo di custodia, difesa, tutela, protezione.
Certo la creazione va difesa e
Può l’atomo pacifico salvaguardare la creazione? Nella foto la centrale atomica di Trino Vercellese in costruzione.
« NOI NON SIAMO FORTI »
Sopportare
protetta, ma i termini sono tutti difensivi, chiusi, non sono
aperti e progettuali.
Allora respingiamo tutta la
frase, e quel che la frase vuole
indicare, perché siamo insoddisfatti della formulazione, delle parole? Rifiutiamo un buon
programma per motivi « estetici »?
« Noi che siamo forti dobbiamo sopportare le debolezze dei
deboli e non compiacere a noi stessi» (Romani 15: 1).
Un gruppo di amici in discussione. Si parla della difficoltà
di comunicare quel che si vorrebbe: non una semplice trasmissione di idee (« vorrei dirti
pressappoco questo... », « per capirci, è un po’ come se...»), ma
una comunicazione precisa, non
equivoca, nel modo più chiaro
che si possa. Non si può — dice
qualcuno. Si può, ma costa troppa fatica — ribatte l’altro —, non
ne vale la jKna. Tutto il tempo
che adoperiamo per precisare,
per tentare di farci capire, potremmo usarlo invece per fare
altro. Il tempo è prezioso — aggiunge un altro (quasi quasi gli
sfugge l’espressione: « il tempo è
denaro»; e quest'espressione, sia
detto per inciso tra di noi, distruggerebbe tutto quello che ha
tentato di spiegare prima).
Il gruppo di amici era arrivato
alla fine di un'ora di studio biblico. Un'ora strana, a dir la veri
tà, perché per alcuni era stata la
prima occasione di studio biblico. E quindi, potete immaginarlo
facilmente, la prima occasione di
discussioni a non finire. Un testo proposto, l'inizio del capitolo
15 della lettera ai Romani. Subito ci si era fermati su quel « noi,
che siamo forti ». E più d'uno ad
esclamare, anche un po’ seccato
per la verità: « Facile dire che si
è forti! E quante volte quelli che
si dicono forti, invece sono i più
deboli, o i più presuntuosi ». Sui
termini "forti” e "deboli" erano
iniziate discussioni a non finire.
Una volta di più sperimentavamo
la difficoltà del dialogo, della
possibilità di comunicare. Qualcuno trovava evidente che Paolo
parlasse di forza in un modo
che si era inventato lui, così come in molte altre lettere aveva
imparato a crearsi un linguaggio.
Come fa un uomo che vien picchiato, imprigionato, cacciato a
parlare di forza? Ma non a tutti
questo sembrava evidente. C’è
una superbia (una forza?) anche
in coloro che nessuno accetta. E
più ti attaccano, e più ti deridono, e tu ti immagini di essere il
più forte (e il più « al di sopra
della mischia » ). Dice Paolo che
solo Dio può dare forza e incoraggiamento.
E poi: la parola « sopportare »,
con quel suo segno di superiorità
(sprezzante?). Uno studio biblico
finito male, con discussioni riprese più tardi — e con alcuni
che schernivano: « Ma guarda di
che cosa son capaci di discutere!
Ma guarda come buttano via il
loro tempo! ». Sopportare. Pensavo al peso di questa parola, e
alla difficoltà di spiegazione di
ogni mia azione. Ogni incontro è
un peso, anche — e forse soprattutto — quando voglio andare
verso quelli che considero deboli,
verso quelli che voglio aiutare.
Bisognerà che rifletta ancora un
po’.
Eugenio Rivoir
Non è certo questa la soluzione. Si tratta di uscire da una
visione difensiva di questo programma, di scioglierlo dall’equivoco e dalle pastoie di tm linguaggio, di un pensiero' e di una
prassi limitativamente ecclesiastici. Si tratta sì di impegnarsi
per la giustizia, la pace e l’ambiente, ma di comprendere in
senso positivo il metodo di questo impegno. Un patto può non
essere un mediocre compromesso, ma un impegno reciproco
che dà una identità gioiosa a
quelli che lo sottoscrivono. Un
concilio, una assemblea, un sinodo, possono non essere noiose sedute di notabili ecclesiastici impegnati a limare testi
dogmatici, ed essere invece luoghi dove si conviene, ci si muove gli uni verso gli altri, si decidono insieme cose importanti
per la nostra vita, e per una
vita serena, qui e ora, e non tra
rnigliaia di anni, con tutti quelli che vogliono partecipare, e
non tra barriere e steccati. Un
Sergio Ribet
(continua a pag. 12)
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2 commenti e dibattiti
r maggio 1987
TORRE PELLICE - PASQUA 1987
Une église dressée
Tempio letteralmente pieno, più o meno come al
culto sinodale: operai, contadini e insegnanti della
vallata, impiegati, insegnanti, universitari di MilanoTorino-Genova, giovani (fra cui gli ultimi confermati o battezzati alla Domenica delle Palme o al
Venerdì Santo), mogli e mariti in piena maturità,
persone anziane (15%).
Un concistoro di età media, un organista di grido, una corale bene attrezzata, un pastore con tanto di toga (la « toga di Ginevra » ad indicare il
compito di predicatore consacrato dalla chiesa).
« Une église dressée » in ordine e chiave ginevrini,
direbbero gli storici della Riforma.
Alle 10 precise scatta l’operazione « culto ». Gente attenta, che si autocontrolla e controlla la presenza del vicino di casa o l’assenza di un amico o
di un figlio lontani. Una « folla », che riapparirà
unita, dalla dispersione dei banchi del tempio e delle
balconate, nella celebrazione della Santa Cena. Fra
la gente una quarantina di « visitatori », provenienti
questa volta da Klein-Villars nel Wiirttemberg. Sono
dei Blanc, Gilles, fourdan, Geymonat, figli di emigrati dalla Val Chisone prima e dopo la Revoca
dell’Editto di Nantes: contadini, operai, piccoli industriali, insegnanti, pastori. Esprimono, con la loro presenza, la realtà della Chiesa Evangelica Tedesca, figlia della Chiesa Confessante di Barmen, consapevole della autenticità della Concordia di Leuenberg: unione confessionale evangelica (luterana) e
riformata motivata dalla comunanza della predicazione dell’Evangelo e dal riconoscimento dei sacramenti del battesimo e della Santa Cena.
G.T., il pastore di turno, si alza ed invoca con
l’assemblea la presenza del Signore. L’assemblea
confessa i suoi peccati d’idolatria, la scarsità di amore fraterno e l’insufficiente testimonianza nel mondo della chiesa, nella società e nella vita politica.
Dio solo è giudice del suo popolo. Tre giovani leggono la rivolta e la speranza di Giòbbe (Giobbe 19:
23-27), la testimonianza di Marco (Ev. di Marco 16:
1-8), l’annunzio dei testimoni di Pasqua (I Corinzi 15: 1-11).
Ed ora il pastore spiega il brano della lettera di
Paolo ai Filippesi (cap. 2 vers. 6-11). Lo presenta
nella traduzione interconfessionale in lingua corrente. Chi ha studiato avverte la mancanza delle
parole della Riveduta, che caratterizzano l’annullamento di Cristo (« ed annichilì se stesso »), ma chi
non ha studiato e chi ha studiato avvertono la forza di un linguaggio semplice e comprensibile.
Il pastore si sente obbligato a parlare della « comunicazione dell’Evangelo » alla presente generazione dei catecumeni e degli ex-catecumeni. Vi è un
immenso divario fra quello che viene trasmesso e
quello che viene recepito. L’esame dei catecumeni ci
porta a constatare che l’Evangelo della croce, espressione del dono della vita di Cristo per la salvezza
del mondo, è per lo più percepito in minima parte dai
« ragazzi ». I molti insegnanti presenti riconoscono la stessa differenza fra quanto gli scolari « ricevono » in corsi, lezioni, interventi e quanto « vivono » nelle loro esperienze. E i genitori, attenti, confessano la poca efficacia dei loro « sermoni » nella
vita quotidiana dei loro figli. Qualcuno osa ancora
sospirare: « ma una volta non era così »...
Che ne sarà del messaggio di Pasqua? Il pastore rammenta gl’interventi della televisione su Pasqua: in uno di questi un ecclesiastico, un filosofo,
dom Franzoni, una cantante, un’artista con nostalgie buddistiche dicono la loro sulla risurrezione.
Queste « riflessioni » concernono la « naturale alternanza fra morte e vita, vita e morte », per cui la
risurrezione è vista come un momento della vita
umana individuale o collettiva, più o meno legato
ai tempi della natura, un punto obbligato in una
catena ripetitiva.
Di fronte a queste « riflessioni » ecco il canto
di una delle prime comunità cristiane. L’apostolo
« esprime la fede nel Risorto » con il canto-confessione della fede dei Filippesi. Il pastore annunzia
il dono dell’annullamento, la realtà dell’incarnazione, la elevazione del Cristo e l’attribuzione al Figlio
da parte del Padre, del « nome più grande che esiste » e della sovranità « in cielo, in terra e sotto terra » davanti al quale « ognuno pieghi le ginocchia ».
Qui sta la proclamazione della gloria della risurrezione, per cui Cristo non è un cadavere ambulante,
ma è « il Vivente » che vive ed opera nella chiesa
e nel mondo. Allora: dove è la nostra obbedienza?
L’assemblea ascolta e celebra la Santa Cena. Poi
esce e si ritrova come gruppo di amici vecchi e
nuovi. I genitori fotografano le loro figlie in costume valdese con il « loro » pastore: Monique, figlia
di Bruno e Erica, la figlia della Maia... altri Bellion
ecc. Nomi vecchi e nomi nuovi: che ne sarà di
questa generazione? Ascolterà, ripeterà ancora il
canto della risurrezione del Cristo, come la comunità di Filippi? Se il Vivente nei secoli non potrà
più morire, perché dovrebbe o potrebbe spegnersi
il « popolo di Dio »? * *
UN DIBATTITO E UNA MENTALITÀ’
La Bibbia e Maria
Ci sono delle personalità fra
i cattolici e i protestanti che non
credono più alla nascita verginale del Signore basandosi sulla
lettura di molti libri e su certe teologie anziché fondarsi sulla
divina e ispirata Parola di Dio
(vedi II Tim. 3: 16). Mi viene in
mente l'esortazione che l’apostolo Paolo rivolgeva a Timoteo:
« Schiva le predane vacuità e le
opposizioni di quella che falsamente si chiama scienza » (I Tim.
6: 20; vedi anche li Tim. 4: 3).
Dio disse chiaramente tramite
l’evangelista Matteo che Gesù fu
concepito dallo Spirito Santo. Gesù è veramente il Verbo Eterno
preesistente. Il profeta Michea
parlando di Colui che doveva nascere a Bethlehem Efrata disse:
« Le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni » (Michea 5: 1). Gesù disse: « Prima
che Abramo fosse Io sono. Io sono il pane che è disceso dal cielo. Io e il Padre mio siamo la
stessa cosa » (vedi ancora Giov.
1: 1, Rom. 9: 5, Ebrei 1: 2). Questo andrebbe ricordato anche ai
Testimoni di Geova.
Benché Dio abbia voluto servirsi di strumenti umani per rivelarci il suo pensiero, il suo
amore, la sua santità per mezzo
dell’opera di Gesù Cristo, io ho
fiducia che Egli non ci ha ingannati. Gli uomini che hanno scritto la Bibbia, benché peccatori,
fra cui popolani senza istruzione (Atti 4: 16), hanno parlato da
parte di Dio perché spinti dallo
Spirito Santo (Il Pietro 1: 21,
leggi anche Giov. 7: 17).
Se Gesù non fosse altro che
un gran profeta, ma della nostra
stessa natura malvagia e figliuolo di Dio solo per adozione, come potremmo essere perdonati e
salvati? Come il profeta Isaia
avrebbe potuto dire del Servo
dell’Eterno: « Non aveva commesso violenze nè vi era stata
frode nella sua bocca» (Isaia 5:
3-9 e I Pietro 2: 22)?
Avrei ancora a cuore di esprimere un pensiero, se i tipografi
me lo permettono. Nella lettera ohe gli amici della comunità
di base di Pinerolo hanno scritto al Vescovo Pietro Giachetti,
ad un certo punto è detto: Leggiamo la Bibbia... ed essa ci autorizza a 70 interpretazioni sul
testo.___________ ____
Cari amici, in quel modo si
può far dire alla Bibbia quello
che vogliamo. Lo Spirito Santo
che ha dettato la Sacra Scrittura, poco a poco ci dà l’interpretazione delle verità fondamentali, se lo riceviamo, se lo invochiamo e ci sottomettiamo alla
sua volontà. Dio benedica la comunità di base di Pinerolo, Don
Barbero, il Vescovo Pietro Giachetti e aiuti loro e noi nella
nostra giusta ricerca del ve-ro affinché possiamo conoscere per
esperienza quale sia la volontà di
Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà, ricordandoci che
Dio ha Parlato nella sua santità.
Giovanni Frache
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TORRE PELLICE
TORNIAMO
ALLA TEOLOGIA
LIBERALE
Egregio Direttore,
a -mio giudizio tutto il malessere,
le critiche che vengono scambiate da
qualche tempo a questa parte tra
membri di Chiesa sui ruolo e sulla
collocazione della nostra amata Chiesa Valdese, hanno una sola origine, o,
perlomeno, una importante origine:
l'involuzione barthiana che a partire
dagli anni '50 ha colpito prima gli
accademici della Facoltà, poi è stata
trasmessa al corpo pastorale che esce
da essa, indi ha avuto il più nefasto
svolgimento negli anni '69-'73, per
calmarsi nella monotonia attuale, nel
silenzio, che non è quello di una
Chiesa concorde, attiva ed operosa,
ma quello di una Chiesa in agonia,
che alcuni si sforzano di far vedere in
buona salute.
L'agonia della Chiesa non è né economica né numerica, ma spirituale e
morale. Con la proposta barthiana
dell'« hic et nunc », si è svuotato il
messaggio cristiano del suo scopo
principale, quello escatologico, per
cui « hic et nunc » vero e proprio sarà con la nuova venuta di Cristo, che
dobbiamo attendere in opera e preghiera. (...)
Non esiste però solo questa teologia.
Era parte integrante della teologia
liberale il ravvedimento, la santificazione, la spinta morale ad un perfezionamento dell'etica personale nei
rapporti col prossimo e con lo Stato.
La teologia liberale, erede diretta,
seppure differente e per molti versi
opposta, del pietismo e di Schleiermacher, il più grande teologo protestante deH’800, ha beneficamente influenzato tutto l'ambiente evangelico mondiale e anche italiano, tanto che il
secolo scorso è stato definito « il secolo d’oro del protestantesimo ». Tale
definizione certo non si può attagliate
ai risultati della teologia barthiana che
tutti abbiamo sotto gli occhi. In Italia la teologia liberale ha avuto autorevoli ed illustri interpreti che hanno formato generazioni di pastori, che
hanno retto validamente, in tempi certo più duri ed ostili, la Chiesa. A
questi uomini dovrebbe rivolgersi la
ricerca storica e teologica, invece di
lasciarli nel completo oblìo, a uomini come Ernesto Comba, Giovanni
Luzzi, sua è la traduzione della Bibbia che noi leggiamo, Giovanni Rostagno, il più grande predicatore valdese, Enrico Bosio, Davide Bosio, pastori e professori che hanno giovato
con il loro lavoro all'edificazione morale di generazioni di credenti. Questo
panorama storico era necessario per
chiarire ai lettori che non esiste solo
la predicazione che ascoltiamo ogni
domenica in ogni nostra chiesa, salvo
rare eccezioni, ma anche un modo diverso ed alternativo di leggere l’Evangelo, di parlare di Dio, di formare i
credenti, un modo, quello della teologia liberale, che ha superato il difficile esame della storia e della pratica a pieni voti, di contro alla notoria ed ormai accertata insufficienza
pratica e teorica del messaggio barthiano.
Daniele Macris, Messina
NON
DIMENTICHIAMO
IL DOLORE
Caro Direttore,
mi trovo di nuovo a intervenire, stavolta sull’« obiettivo aperto » pubblicato sul n. 12 del giornale, in particolare sul trafiletto intitolato » realtà ed
emozione » sul diritto alla sperimentazione senza limiti su uomo e animale.
Si potrebbero scrivere volumi sul problema senza risolverlo. Mi limito perciò a una sola osservazione, questa;
mi sembra che si dimentichi volutamente un elemento di fondo, quello
del dolore. Creature umane o animali
su cui si esperimenta, soffrono, ecco
tutto. Non si tratta di pietre. Conosco
bene le facili ironie sui sentimentalismi
da signore sensibili, le stesse (è forse un caso?) che ritrovo in chi difende per esempio la caccia e in generale ogni abuso su ciò che si chia
ma natura. Sopra ogni argomento più
o meno fazioso rimane quello, sovrano, che le creature viventi soffrono.
Se si tenesse conto di questo semplice fatto, tanti orrori non si commetterebbero più, né su uomini né
su animali. Insisto proprio su questo binomio: uomini e animali. C’é una
gerarchia, certo, ma non una separazione netta. La natura è una, la sofferenza è una. Il sadismo umano non
fa del resto grandi differenze, sempre
pronto a camuffarsi delle più svariate
ragioni ideologiche; tutta la storia dell’uomo ce lo insegna.
Tutto il resto mi sembra commento.
Cordialmente.
Vera Buggeri, Cusano Milanino
« PLATOON »:
VEDERE E RIFLETTERE
Sono contento che ci sia stato un
commento sul film « Platoon » ne « La
Luce» del 10 aprile. Vale la pena di vedere questo film e rifletterci sopra.
Ma bisogna dire che il film colpisce
lo spettatore americano in modi che
non sono ovvi ad un italiano. Non
colpisce tanto perché fa vedere — e
lo fa solo In parte — che la guerra
del Vietnam per gli statunitensi fu
una guerra .« già persa in casa ». Se
la guerra è stata persa in casa e non
sul campo di battaglia, ciò è positivo
perché è una prova di quanto una
società è aperta e può cambiare strada. E’ molto difficile per una potenza
mondiale impegnarsi a fondo ir
una guerra e poi andarsene sconfitta,
come dimostra anche la guerra attuale in Afghanistan. E’ più facile vincere anche a costi molto alti.
« Platoon » colpisce tanto perché i.
protagonista principale è un volontario. Per sua scelta va in guerra e non
all’università. Va in guerra perché
condivide certi valori e una storia con
suo padre e suo nonno che -combatterono altre guerre. Ed è questa tensione ideale che gli permette di avere
ancora speranza, dopo tutto.
Tutto questo rode alla coscienza
Pochi sono stati gli americani che hanno vissuto la guerra con tale coerenza.
Vengono in mente soltanto quei quaccheri che sono andati lo stesso in
guerra ma per stabilire e gestire
centri medici nella giungla per i feriti vietnamiti, comunque fossero, vietcong 0 filogovernativi. La via della
contestazione nelle università (o dell’esilio in Canada) era facile al confronto.
Per un americano il film è molto
più tragico e meno ovvio pedagogicamente di quanto può sembrare. E’
un film lacerante. E non c’entra più
di tanto il governo di Reagan e i
suoi delitti, reali e immaginari. Il
film interroga ben più di quel governo.
John Hobbins, Udine
FELICITAZIONI
La Comunità Metodista di Padova
ha il piacere di comunicare che l’attuale Presidente del Consiglio di Chiesa Alberto Bragaglia ha ottenuto la
laurea in filosofia con il massimo dei
voti e la lode presso la facoltà di lettere e filosofia della Università di Padova, discutendo una tesi di filosofia
della scienza.
Al neo-dottore i più vivi rallegramenti.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 3 MAGGIO 1987
RAI 2 - ore 23 circa
«SETTE ANNI DOPO»
La trasmissione è dedicata
all'opera del Servizio di Azione Sociale (SAS) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia nella zona terremotata delTIrpinia.
3
r maggio 1987
chiese e stato 3
LIVORNO
FINANZIAMENTI ECCLESIASTICI
Un’esperienza di applicazione
dell’art. 10 della legge 449/84
I movimenti ereticali, il valdismo medievale, la Riforma e il « fatto
religioso », in una serie di incontri rivolti a oltre 700 studenti
Le decisioni
delle chiese
Questi ultimi mesi sono stati
positivamente caratterizzati da
una apertura nell’ambito delle
scuole pubbliche, che ha permesso al pastore di tenere delle conversazioni sul fatto religioso, sulla r e T Riforma e la loro incidenza sul sorgere e lo svilupparsi della società moderna.
Il Consiglio di chiesa aveva inviato in gennaio al Provveditore agli Studi di Livorno, per conoscenza, quindi ai Presidi, ai
Collegi dei Docenti e ai Presidenti dei Consigli di Istituto di tutte le Scuole e Istituti di istruzione secondaria di 1° e 2° grado
di Livorno, una lettera in cui, richiamando l’art. 10 della legge
449/1984, si offriva la disponibilità della nostra chiesa a intervenire sui problemi di carattere
storico, culturale e filosofico,
inerenti alla storia del cristianesimo, con particolare attenzione
ai due periodi ricordati. L’iniziativa, definita « altamente culturale e promotrice di valori uma
ni » dal Provveditore con una apposita circolare di presentazione
(del 21-1-87, prot. n. 919), ha fatto sì che alle circa 100 lettere
inviate fosse data una risposta
soddisfacente, trattandosi di una
prima esperienza. Gli inviti rivolti al pastore dai Presidi o dai
singoli docenti, sono stati quasi
sempre per due ore: un’ora di
esposizione e circa 40 minuti per
la discussione, e sono pervenuti
dalle seguenti scuole; ITIS, Scuola media Mazzini, Liceo scientifico Cecioni, Ginnasio Niccolini,
Liceo classico Guerrazzi, Scuola
media Micali (Montenero), Scuola media Marradi. A ciò vanno
aggiunte le visite di classi di
scuola elementare, fatte alla nostra chiesa, nel contesto del programma « scuola-città », promosso dal Comune di Livorno. In
ogni occasione l’interesse S'a degli alunni che dei professori è
stato molto vivo, le domande
sempre interessanti. In una terza liceo classico ad es., dopo le
SCUOLA E COSTITUZIONE
Per una scelta
consapevole il 7
luglio
(nev) — Il 14 e 15 marzo si
è svolto a Roma, presso il centro
evangelico battista di Villa Betania, il primo incontro dei gruppi che confluiscono nel Comitato nazionale Scuola e Costituzione. Il Comitato, al quale aderisce
la Federazione delle chiese,evangeliche (FCEI), rappresenta l’opposizione aH’attuazione del nuovo Concordato nella scuola.
Tra le iniziative decise nel corso dell’incontro, un telegramma
ai partiti per sollecitare l’attenzione, durante le trattative per
il nuovo governo, alle esigenze
di eliminare l’insegnamento della religione cattolica nella scuola
materna e di garantire la sua
piena facoltatività (non Topzionalità obbligatoria) nelle altre
scuole. Le responsabilità delTamministrazione per la discriminazione generalizzata verso chi non
si avvale dell’insegnamento religioso sono state denunciate in
una lettera al Ministro della
pubblica istruzione.
E’ stata inoltre lanciata una
campagna di informazione sulla
scelta fra avvalersi e non avvalersi, che genitori e studenti saranno chiamati ad esprimere entro il 7 luglio. In un documento
diffuso dal Comitato in vista di
questa scadenza, un considerevole aumento della scelta a favore del no viene indicato come
« strumento efficace per tenere
aperte le condizioni ohe impongano la revisione delTIntesa (tra
conferenza episcopale e Ministero della pubblica istruzione) e
delle sue ancora più illegittime
norme applicative ». Il documento rileva inoltre l’opportunità di
inserire nel modulo un esplicito
riferimento alla legge 449/84 (Intesa tra la Tavola valdese e lo
Stato). Nella stessa direzione
vanno le indicazioni che il Consiglio della FCEI invierà alle sue
chiese membro tramite una « circolare operativa in merito alTinsegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche ».
RELIGIONE A SCUOLA
Scrutinio discriminante
TORINO — Il Comitato per la laicità della scuola, presa visione della circolare M.P.I. n. 11 del 26/1/1987 riguardante gli scrutini e la valutazione degli allievi che si avvalgono e di quelli che
non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica — in
un suo comunicato — denuncia la palese discriminazione ai danni
degli studenti che non si avvalgono di detto insegnamento.
Infatti, mentre il docente di religione ha voto deliberante in
sede di scrutinio, gli insegnanti delle attività alternative hanno solo
voto consultivo e solo nel caso in cui non facciano già parte del
consiglio di classe (in quanto non di altra sezione o supplenti assunti ad hoc).
Ija circolare inoltre contempla questo voto consultivo, già di
per sé discriminatorio, non in forma di obbligo tassativo, in quanto dice che i docenti in questione «hahent titolo partecipare con
voto consultivo consiglio classe o interclasse ».
Un trattamento ancora diverso è riservato agli studenti delle
superiori che hanno scelto lo studio individuale, spesso perché costretti da mancanza di vsilide alternative ; essi avranno soltanto
un’attestazione di presenza.
due ore, inserite nel corso di filosofia, sulla Riforma, gli alunni
hanno chiesto ed ottenuto dal
professore di latino di continuare la discussione anche in quell’ora.
Siamo grati al Signore per questa occasione di presenza insperata in tale misura fino a poco
tempo fa, e che in poco più di
un mese ha permesso al pastore di incontrare ben 32 classi di
alunni di ogni ordine di scuola,
circa 50 professori, parecchi genitori (che di solito accompagnano le scolaresche in visita alla
nostra chiesa), e oltre 700 studenti, i quali per la prima volta
hanno avuto occasione di udire
una informazione sulla storia, il
pensiero, le rivendicazioni sociali e la teologia dei movimenti
di riforma medioevali, del maidismo medioevale, della Chiesa
valdese, della Riforma del XVI
secolo, dei singoli riformatori, e
di discutere direttamente con un
pastore evangelico tutti i problemi inerenti a tali argomenti.
Forse ancora non ci rendiamo
conto della portata di tutto ciò;
per ora avvertiamo la serietà del
compito che ci è posto dinanzi
e chiediamo al Signore la forza
per condurlo a termine con fedeltà. In poco più di un mese
circa 60 ore di lezione-discussione-dibattito libero non crediamo
siano poche. S.
RELIGIONE DI STATO
Una chiesa
per la Camera
I deputati della Camera avranno di nuovo la loro chiesa cattolica. E’ stata infatti riaperta
al culto con una cerimonia presieduta dal cardinale Poletti, la
chiesa di San Gregorio Nazianzeno a Campo Marzio restaurata
nel 1985.
II cardinale Poletti ha benedetto l’altare alla presenza di Nilde
lotti, di Oscar Luigi Scalfaro ed
altre autorità e funzionari della
Camera e del Senato.
SulTaltare sono state poste le
reliquie di San Francesco e Santa Caterina da Siena, patroni
d’Italia, e di Santa Francesca Romana patrona di Roma.
La chiesa rimane di uso esclusivo della Camera.
La religione cattolica è ancora
religione dello stato? Col nuovo
concordato sembrerebbe di no.
Allora perché questa chiesa per
la Camera?
G. G.
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SAMPIERDARENA
L’assemblea di chiesa di Sampierdarena, riunita l’8 marzo
per discutere dell’S per mille,
dell’Invim e deH’esenzione fiscale, ritenendo che gli articoli
46-47-48 della legge 222/1985, introducendo una situazione di
privilegio per la chiesa cattolica
si configurano come ingiusti,
respinge la proposta di esten
SESTRI PONENTE
L’assemblea di chiesa di Sestri Ponente, riunita il 29 marzo
'87 per discutere la questione
deH’8 per mille, dell’Invim e
deH’esenzione fiscale, ha respinto la proposta di estensione di
tali normative alle chiese rappresentate dalla Tavola, con 8
voti contrari e 1 scheda bianca.
Nella discussione è emersa
in modo particolare l’esigenza
PINEROLO
La Chiesa di Pinerolo ha esaminato il problema delT8 per
mille, Invim e defiscalizzazione
nel corso di un’assemblea tenutasi domenica 26 aprile. Le
votazioni sui tre problemi hanno dato i seguenti risultati: 8
per mille: 3 favorevoli, 66 contrari, 4 astenuti; Invim: 1 favorevole, 69 contrari, 1 astenuto;
defiscalizzazione; 4 favorevoli,
60 contrari, 10 astenuti.
L’assemblea ha approvato, con
5 astensioni, il seguente odg:
« L’assemblea ritiene che i nostri ordinamenti, formati in coerenza con l’art. 5 D.V. per quanto riguarda i rapporti della Chiesa con lo Stato, non consentano
di recepire elementi della Legge
222185;
— ribadisce che la Chiesa si
'regge da sè per lo svolgimento
sione di tali normative alle chiese rappresentate dalla Tavola,
con votazione unanime.
Una tale estensione infatti ci
renderebbe corresponsabili di
un’ingiusta discriminazione fra
cittadini credenti e non credenti, in palese contrasto con 1
principi fondamentali della Costituzione Repubblicana.
di distinguere i fondi eventualmente ricavati dalla legge sull’8
per mille, da destinare a progetti sociali, da quelli destinati al
culto, che devono restare a carico delle chiese.
Il voto negativo sottolinea perciò l’estrema difficoltà a cui si
andrebbe incontro nel tentativo di mantenere quella distinzione.
della sua vocazione nel campo
della predicazione, istruzione, beneficenza;
— riconosce che i rapporti
Chiesa-Stato hanno acquistato
una fisionomia nuova in seguito
alla stipula dell’Intesa tra la Repubblica italiana e le chiese rappresentate dalla Tavola Valdese;
— ritiene che debba essere esercitata una costante vigilanza
perché lo spirito e il senso dell’Intesa vengano rettamente compresi ed attuati ».
E’ stato anche votato un secondo odg, rivolto alTinterno e
così formulato:
« L’assemblea riconosce che la
Chiesa deve proseguire la riflessione sui mezzi di sostentamento della propria attività di predicazione, istruzione, beneficenza ».
INTESA STATO-COMUNITA’ ISRAELITICHE
La decima
deducibile dalle tasse
Alcuni lettori ci hanno chiesto
di conoscere il modo con cui
l’Intesa firmata tra lo Stato italiano e l’Unione delle Comunità
israelitiche in Italia regola la
questione dei contributi degli
appartenenti alle Comunità stesse.
L’Intesa innova la situazione
precedente della legge del 1930,
che prevedeva una funzione esattoriale dello Stato verso gli
appartenenti. Tale normativa era
stata sottoposta a giudizio di
costituzionalità in quanto si riferiva ad un obbligo per la totalità degli ebrei italiani.
Ora lo Stato riconosce agli
ebrei italiani il diritto di dedurre dalTimponibile IRPEF il 10%
del loro reddito (nei limiti massimi di 7.500.000 lire annue) quando questa somma viene versata
nelle casse della Comunità.
Ecco comunque il testo dell’articolo 29 dell’Intesa.
Va solo notato che l’Intesa
deve ancora essere ratificata
dal Congresso dell’Unione e approvata dal Parlamento italiano.
Art. 29 - Deducibilità dei contributi
La Repubblica Italiana prende
atto che le entrate delle Comu
nità ebraiche di cui alTart. 17
sono costituite anche dai contributi annuali dovuti, a norma
dello Statuto, dagli appartenenti alle medesime.
In considerazione delle finalità
assistenziali e previdenziali perseguite dalle Comunità, a norma
dello Statuto, in favore dei propri appartenenti, i predetti contributi annuali versati alle Comunità stesse, relativi al periodo d’imposta nel quale sono stati versati, sono deducibili dal
reddito complessivo imponibile
assoggettato all’imposta sul reddito delle persone fisiche fino a
concorrenza del dieci per cento
di tale reddito e comunque per
un importo complessivamente
non superiore a lire sette milioni
cinquecentomila.
Le modalità relative sono stabilite con decreto del Ministro
delle Finanze.
Al termine di ogni triennio
successivo al 1987 una apposita
Commissione mista nominata
dall’autorità governativa e dall’Unione delle Comunità procede
alla revisione dell’importo deducibile di cui al secondo comma al fine di predisporre eventuali modifiche.
4
4 fede e cultura
r maggio 1987
LE ORIGINI NELLA TRADIZIONE EBRAICA
Piccola stona
della Santa Cena
Una festa che prevedeva momenti diversi nel tempio e nella casa —
Fondamentale per i primi cristiani il concetto di « comunità di mensa »
Può essere utile riprendere le
informazioni necessarie a capire la cena che Gesù, prima
della sua morte, fece con i discepoli. La sera che precedette la
condanna a morte dì Gesù fu
— secondo i primi tre evangelisti — quella della festa ebraica del Passah; per Giovanni, invece, si trattò della vigilia di
tale ricorrenza. Ogni anno, durante il banchetto del Passah,
Dio ricordò sempre al suo popolo i favori concessi quando
lo salvò dall’Kgitto; ma nello
stesso tempo assicurò il popolo
dell’aiuto che gli avrebbe dato alla fine dei tempi. Si tratti ora
della sera del giorno festivo o,
ciò che storicamente è più probabile, della vigilia, resta il fatto
che erano ben vivi questi ricordi
della storia di Dio con il suo popolo, allorché Cristo mangiò e
bevve l’ultima volta con i suoi discepoli, dando loro come accompagnamento per tutti i tempi
questa « comunità di mensa »,
dalla quale durante la sua vita avevano tratto profitto tante
persone, sia atei, sia gente « non
di chiesa ».
Al tempo di Gesù la festa di
Pasqua era celebrata a Gerusalemme, in parte nel tempio,
e in parte a casa, cioè nei locali che si erano potuti trovare
nella capitale o nei dintorni immediati.
Questa festa attirava le folle
nella città santa e ci si accampava in gran numero nei campi dei sobborghi. Un trattato
della Mishna dà delle indicazioni precise sul modo di celebrare questa festa in quell’epoca.
(Si chiama Mishna la raccolta,
redatta dal Rabbi Ben Jehudi
Hannasi verso il 200, di testi
della tradizione. Il materiale di
questa raccolta è stato tramandato prima oralmente, con la
ripetizione di generazione in generazione di testi imparati a
memoria. All’inizio si è evitato
di fissare per iscritto questo materiale, per indicarne la differenza qualitativa dalla legge [Torah]).
La cena
Il pomeriggio del 14 del mese di Nisan gli agnelli erano
immolati nel tempio, nel cortile dei sacerdoti, secondo certe
regole: sangue versato sull’altare, animale svuotato, viscere e
grasso bruciati. E’ la prima cosa che fecero Pietro e Giovanni
quando « prepararono la cena »
(Pasqua: Luca 22: 13 e paralleli). Il pasto che si faceva in seguito « nelle case » era anch’esso strettamente regolamentato.
Dopo che tutti si erano lavati le
mani e messi a tavola, il padre
di famiglia prendeva una coppa di vino (la prima coppa), la
benediceva e la passava agli assistenti, poi ognuno mangiava
un po’ di erbe amare. A questo
punto il padre cominciava a
leggere dei testi liturgici che ricordavano l’uscita dall’Egitto. Si
passava poi una seconda coppa
prima di cantare i Salmi 113 e
114. Solo allora arrivava il pasto propriamente detto, introdotto e concluso con una preghiera del padre. Si mangiavano
l’agnello arresto, le erbe amare
e il pane senza lievito. Poi, « dopo aver mangiato » (I Corinzi
11: 25) circolava una terza coppa che si chiamava la coppa di
benedizione (I Corinzi 10: 16) e
si cantavano i Salmi 115 e 118; al
momento in cui si cantava il
versetto 26 di quest’ultimo Sal
mo (« Benedetto sia colui che
viene nel nome del Signore »)
si passava una quarta coppa che
era in generale l’ultima.
Fin qui tutto era obbligatorio; ognuno doveva procurarsi
il necessario, e se dei poveri
non ci arrivavano, la comunità
doveva fornirlo loro. Si poteva
ancora terminare la serata cantando i Salmi 120 e 137 e finire
la cerimonia con una quinta ed
ultima coppa. Noi non possiamo
sapere con assoluta certezza
ciò che Gesù disse in quell’occasione. Nei primi tempi, prima
di ogni cena si presentava alla
comunità ima breve esposizione di ciò che era avvenuto in
quell’ultima cena e si ripetevano le parole di Gesù. Tutti sanno che, di regola, in tali comunicazioni orali si può certo conservare il senso generale ma
non la formulazione letterale
delle parole. Allorché si incontravano, la sera, per il culto,
ciascuno portava qualcosa per
la cena in comune. Alcuni, certo,
non potevano giungere (per esempio gli schiavi) se non molto tardi. Era quindi diffìcile attendere, affamati, davanti a ta
vole imbandite. Allora si pospose
la distribuzione del pane e del
vino alla fine, e intanto si cominciava a mangiare, in attesa
che tutti arrivassero. Anche i più
ritardatari giungevano in tempo per quel boccone di pane e
quella sorsata di vino, al termine della riunione. Paolo però fa notare ai Corinzi che avrebbero distrutto tutto il carattere
della cena se non avessero preso maggiormente in considerazione la « comunità di mensa »,
nella quale anche il più povero
schiavo avrebbe dovuto sedere
a una tavola imbandita.
La storia della cena (o della
« santa cena », come si è poi
cominciato a dire) è appena cominciata. Il modo ed il senso
con cui la facciamo ora, non è
più soltanto la sua storia, ma
diventa parte della nostra.
Eugenio Rivoir
Testi consultati:
Eduard Schweizer: Cena (in: Dizionario
del pensiero protestante - Herder/
Morcelliana, Brescia 1970).
W. Corswant: Pâques (in: Dictionnaire d'archéologie biblique - Delachaux et Niestlé, Neuchâtel 1956).
« NON CHIAMARCI MAESTRI »
Delega
Non spaventarti se il lavoro è molto:
C’è bisogno di te che sei meno stanco.
Poiché hai sensi fini, senti
Come sotto i tuoi piedi suona cavo.
Rimedita i nostri errori:
C’è stato pure chi, fra noi,
S’è messo in cerca alla cieca
Come un bendato ripeterebbe un profilo,
E chi ha salpato come fanno i corsari,
E chi ha tentato con volontà buona.
Aiuta, insicuro. Tenta, benché insicuro,
Perché insicuro. Vedi
Se puoi reprimere il ribrezzo e la noia
Dei nostri dubbi e delle nostre certezze.
Mai siamo stati così ricchi, eppure
Vivia,mo in mezzo a mostri imbalsamati,
Ad altri mostri oscenamente vivi.
Non sgomentarti delle macerie
Né del lezzo delle discariche: noi
Ne abbiamo sgomberate a mani nude
Negli anni in cui avevamo i tuoi anni.
Reggi la corsa, del tuo meglio. Abbiamo
Pettinato la chioma alle comete.
Decifrato i segreti della genesi.
Calpestato la sabbia della luna.
Costruito Auschwitz e distrutto Hiroshima.
Vedi: non siamo rimasti inerti.
Sobbarcati, perplesso;
Non chiamarci maestri.
Primo Levi
DALLA STAMPA ITALIANA
Gesù si era sbagliato?
Era già polemica, nella Repubblica Federale Tedesca, prima ancora che Giovanni Paolo II iniziasse il suo viaggio, a causa della beatificazione di Edith Stein a
Colonia. Ne scrive Alfredo Venturi su La Stampa (24/4):
« Ebrea, atea e femminista (...)
a un certo punto si convertì al
cattolicesimo e si fece monaca
carmelitana. Edith fu uccisa nelle camere a gas di Auschwitz (...).
C’è chi considera provocatoria
l’iniziativa del Vaticano, c’è chi
la considera impropria. Provocatoria la giudicano alcuni gruppi
israelitici. E’ invece da ambienti
cattolici tradizionalisti che viene
l’altra critica. Martire, dicono costoro, è chi muore per la sua fede. Ma Edith non fu uccisa per
la sua fede, finì ad Auschwitz
non in quanto monaca, ma in
quanto ebrea ».
Igor Sibaldi affronta su L’Unità
(15/3) un libro redatto da un
gruppo di teologi francesi, e ora
tradotto in Italia (La fede dei
cattolici, Queriniana); la recensione porta un titolo polemico:
« Gli errori di Cristo ». Si leggerebbe infatti nel libro una singolare interpretazione del concetto
di ’’chiesa” quale emerge dai Vangeli: « La Chiesa, essi dicono (gli
autori, n.d.r.) è sì un’istituzione
che ad un esame appena un poco
accurato può risultare tutt’altra
cosa da quella ekklesìa di cui
parla Gesù nei Vangeli: ma è
così perché ragionevolmente non
può essere altrimenti, e quelle
discordanze con Gesù si devono
al fatto che sì, perché nasconderlo?, Gesù si era sbagliato:
’’Non cercava sistematicamente
di costruire una comunità” (p.
543) e perciò ’’muore solo”, ’’una
morte che si profila come insuccesso della missione evangelizzatrice intrapresa” (p. 544) ».
L’anno mariano ritorna nell’intervista che Nazareno Fabbretti
fa per La Stampa (30/3) a Franco
Molinari, docente di storia della
Chiesa alla Cattolica di Milano.
« Debbono finire — dice Molinari — le ’’epidemie d’apparizione”,
e debbono finire le intolleranze
radicali antimariane che da parte luterana, alle origini, proprio
in Lutero, non ci furono affatto ».
(...) « Il fondamento di tutta la
teologia di Lutero è il principio
del solus Deus, cioè il principio
che Dio non ha bisogno di nessuno, che la salvezza viene solo, totalmente gratuita, da lui. Lutero
riconosce a Dio ovviamente la libertà di creare ogni creatura come egli crede. Ed esulta (...) davanti al mistero di Maria quale
capolavoro di Dio. (...) Anche Calvino e Zwingli, gli altri due più
grandi riformatori luterani (sic!),
conservarono a loro volta il culto
austero e insieme tenerissimo
nei confronti della madre di Cristo (...). Anche teologi protestanti di grande prestigio come Moltmann e Pannenberg riconoscono
non solo ’’opportuno” ma "necessario” il servizio di Pietro, inclusa Maria ».
Il settimanale Oggi, nel suo numero 12, ha condotto la panoramica sulle « religioni degli altri »
ad occuparsi di Protestanti e
Ortodossi, in un fascicolo in supplemento. Sotto un’ampia carta
che indica la diffusione nel mondo del Protestantesimo, vengono
tracciate alcune linee dello sviluppo delle chiese riformate, e si
fa notare che « i principali rami del Protestantesimo sono il
Luteranesimo, il Calvinismo, l'Anglicanesimo. E al Protestantesimo appartengono tutte le minori
sette riformate: anabattisti, congregazionalisti, metodisti, quaccheri, ecc. ». Più avanti: « In Italia esistono molte confessioni
protestanti, con un seguito crescente di adepti. Il nucleo più
caratterizzato è quello valdese,
che possiede una facoltà teologica a Roma ».
Critiche pesanti giungono al
nostro giornale da parte de II
Borghese, che nel numero datato 14 dicembre ’86, sotto il tito
lo « Chiese e chiesine "gaiamente” impegnate », svolge una rassegna delle « colpe » della Luce.
Una delle premesse è che il
nostro settimanale, il quale accantonerebbe « in chissà quale
remoto angolo ogni banale (o tediosa) questione religiosa (...)
preferisce dedicare le proprie attenzioni alla glorificazione degli
omosessuali, dei regimi marxisti,
dell’apertura delle frontiere europee all’immigrazione terzomondista ». Già dalle premesse
pare consigliabile evitare ogni
commento, giacché se pure si
può discutere (e lo facciamo) sul
contenuto di alcuni articoli, mi
pare impossibile parlare di « accantonamento » delle questioni
ecclesiastiche. Ogni lettore della
Luce sa come stiano realmente
le cose.
Tralasciando che più avanti, a
proposito di omosessualità, si dice testualmente: « le parole del1’ "eminente teologo” (così lo definisce La Luce) Karl Barth... ».
Basterebbe un’occhiata alle sole
recensioni di tutti i convegni e
iniziative per ricordare il centenario barthiano nello scorso autunno, per rendersi conto dell’importanza attribuita da più
voci e più chiese a Barth. Certo,
bisogna sapere chi è stato e che
cosa ha scritto.
Un nostro articolo citava un
episodio della Resistenza, e la
scelta, compiuta all'epoca da Jacopo Lombardini, di essere un
partigiano senza armi. Sappiamo che egli rifiutò la pistola nella « fuga disperata verso il Col
Giuliano ». Mi sembra un po’
troppo facile trasformare, a tavolino, il carattere dell’episodio:
« ...un certo Lombardini, partigiano protagonista, apprendiamo, di una memorabile fuga verso il Col Giuliano ».
Se non altro, in questa serie
di « citazioni » messe insieme da
Mario Spataro, in un tono che
si fa visibilmente denigratorio e
cerca di mettere in ridicolo qualunque presa di posizione del nostro giornale, non siamo soli:
« Comunque, ad avere il chiodo
fisso dell'apartheid non sono solamente i Protestanti italiani: i
Padri Comboniani, con la loro
rivista Nigrizia stampata a Verona, non sono secondi a nessuno nello spararle grosse ».
__________________Alberto Corsani
• Hanno collaborato a questo
numero: Pino Arcangelo, Valdo Benecchi, Archimede Bertolino, Dino Gardiol, Carlo
Gav, Luigi Marchetti, Cesare
Milaneschi, Lucilla Peyrot,
Bruno Rostagno, Roberto Romussi, Aldo Rutigliano, Giovanni Scuderi, Alberto Taccia, Franco Taglierò, Letizia
Tomassone.
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5
1° maggio 1987
ecumemsmo
s
CCP: COMITATO DI LAVORO
Un po’ d’aria fresca
SCHEDA
Cos’è la CCP
Esaminata I attività della CCP in un incontro all’insegna della distensione Valutazioni su Reykjavik — Gli ortodossi, Maria e il papa
Evangelische Akademie di Arnoldshain; per arrivarci ho tribolato un po’. Un piccolo villaggio fuori mano, circondato da
fitti boschi di faggi e pini, dai
quali pensi che possano sbucare
da un momento all’altro i Cimbri
e i Teutoni; un luogo incantevole nei monti Taunus, non lontano da Prancoforte (RPT). In
questo centro, intitolato a Martin
Niemòller, dal 6 al 10 aprile ho
preso parte alla riunione del
« Comitato di lavoro » della Conferenza Cristiana per la Pace.
Circa una settantina i partecipanti, provenienti da 30 paesi diversi
e dai cinque continenti. Un appuntamento al quale mi sono recato con curiosità ed interesse
per l’opportunità che dava di
incontrare contemporaneamente
persone diverse ed avere così uno
scambio d’informazioni.
L’agenda dei lavori è stata
fitta : si trattava di valutare il
cammino percorso, e di approvare iniziative a breve e lunga
scadenza. Mi è così scorsa sotto
gli occhi l’attività della OOP e
l’ampio ventaglio del suo impegno : dibattiti, seminari di studio,
rapporti con le chiese, rapporti
con movimenti per la pace, con
le chiese storiche pacifiste (Quaccheri, per es.), con i cattolici, incontri airONU, solidarietà con i
palestinesi dell’OLP, ecc. Tutta
una rete di rapporti, relazioni,
dialoghi quanto mai vasta ed in
espansione. Fra l’altro alcune
chiese dell’Africa e degli USA sono state accolte come membri
della OOP.
Ma un paio di cose mi hanno
interessato in modo particolare:
anzitutto un’atmosfera serena, e
direi anche sciolta, in contrasto
con quella che avevo respirato
in altri incontri simili. Analoga,
se posso usare questo paragone,
con quella di una delle nostre assemblee, tipo Sinodo. Non tutte
le mozioni sono state senìpré approvate all’unanimità; molti erano gli emendamenti proposti e
quindi accolti dalla presidenza.
In sostanza: più dibattito, più
dialettica. Ritengo che questo sia
uno dei primi effetti (che mi sia
stato dato di constatare di persona) del nuovo corso inaugurato
da Gorbaciov. Eppure quando,
parlando negli intervalli con alcuni fratelli, soprattutto deH’Est,
accennavo alla « perestrojka », ho
trovato anche molta resistenza.
Non ci rendiamo conto, probabilmente, di quanto sia cliffìcile accettare le proposte di Gorbaciov, per gente che ha sempre
considerato la questione deha
lotta di classe come la chiave in- ,
terpretativa della realtà. Non mi
stupisco quindi se, come ha detto
ad un certo punto il presidente
K. Tóth, Gorbaciov ha subito in
questo ultimo periodo ben quattro attentati.
Un altro elemento da sottolineare è l’importanza accordata
all’incontro di Reykjavik. Mi pare che noi l’abbiamo considerato
con poche speranze e molto scetticismo : era il solito incontro dei
« Grandi », che si mettono d’accordo sulla pelle di tutti noi. Altra, invece, è stata la valutazione
delle chiese dell’Est, che hanno
sostenuto senza riserve la « missione » del segretario del PCUS,
ed hanno visto svanire per un
soffio la possibilità reale di vivere in un mondo senza missili.
Al di là di questo modo, per noi
di difficile comprensione, di rapportarsi con l’autorità costituita,
forse non siamo stati capaci di
percepire le radici popolari dell’iniziativa di Gorbaciov. Ho l’impressione che i nostri metri occidentali non siano strumenti sufficienti per capire la realtà orientale.
Al tavolo
della presidenza
nell’incontro di
Amoldshain,
da sin.: Filaret,
Metropolita di
Kiev; Alice Wimer
(USA), Vice
Presidente;
Kàroly Tóth
(Ungheria),
Presidente;
L. Mirejovsky
( Cecoslovacchia ),
Segretario.
Infine una piccola nota: parlando con alcuni metropoliti ortodossi ho chiesto il loro parere
sull’ultima enciclica del Papa,
quella su Maria. Come si sa una
enciclica scritta guardando in
modo particolare ad una riunificazione con le chiese ortodosse
dell’Est. Mi hanno chiaramente
risposto che il problema per loro
non è una o un’altra interpretazione di Maria, ma è la figura
stessa del Papa e la sua pretesa
monarchica. Non vi potrà mai essere unità se non si risolverà prima la questione del pontefice di
Roma.
Luciano Deodato
La Conferenza Cristiana per la
Pace (CCP) è una organizzazione ecumenica che ha sede a Praga. Fondata nel 1958 per iniziativa del Consiglio Ecumenico delle Chiese in Cecoslovacchia e in
particolare della Chiesa dei Fratelli cèchi, fin dall’inizio la CCP
ha raggruppato delegati ufficiali
delle chiese protestanti ed ortodosse dei paesi dell’Europa orientale e singole personalità, teologi e laici, delle chiese dell’Europa occidentale e dell’America.
Nel corso degli anni la partecipazione è andata sempre crescendo; all’ultima Assemblea — la sesta, Praga 1985 — erano presenti
delegati e osservatori di 90 paesi di tutti i continenti, dai quali
si sono andati formando numerosi gruppi regionali della Conferenza. Nata nel periodo del primo disgelo fra Est e Ovest attorno alla forte personalità del
teologo Joseph Hromàdka che ne
fu il primo presidente, la CCP
è stata fin dall’inizio un luogo
di scambio libero ed aperto. Una
migliore conoscenza della situazione e dei problemi reali delle
chiese dell’Est raggiunge l’Occidente e viceversa. La CCP ha
attraversato un momento di crisi a causa dei contraccolpi alla
« primavera di Praga » del 1968,
ma negli anni successivi ha avuto un forte rilancio grazie soprattutto aH’attuale presidente, il vescovo riformato ungherese Kàroly Tóth. Gli interessi della CCP
si concentrano su questi temi:
pace e disarmo, pace e distensione, pace e giustizia economica, liberazione e sviluppo, donne per la pace e per la giustizia
sociale, i giovani e la pace. La CCP
è rappresentata all’ONU fra i
movimenti e le organizzazioni
non governative. La CCP lavora
sulla base di assemblee generali
ogni 7 anni; c’è un comitato di
lavoro — l’organo esecutivo —
e un comitato per la continuazione del lavoro, un segretariato internazionale e numerose
commissioni di lavoro. Membro
italiano nel comitato di lavoro
è il past. Valdo Benecchi.
La CCP si prepara a celebrare
nel 1988 i trent’anni della sua
attività.
INTERVISTA AL PRESIDENTE KAROLY TOTH
La pace tra sogno e speranza
— Dr. Tóth, lei è impegnato da
anni sul fronte della pace, quando da noi in Occidente se ne
parlava appena. Sappiamo che segue con particolare attenzione i
fenomeni politici. Come ha visto
l’incontro dell’autunno scorso a
Reykjavik tra Reagan e Gorbaciov?
— La discussione sul significato e sui risultati di quell’incontro è ancora aperta. Non ci è
ancora del tutto chiaro se si è
trattato di un fallirhento, oppure- di una breccia; di certo è stato un avvenimento unico. Reykjavik può essere considerata come
una svolta nella storia politica
recente, infatti il vertice ha dimostrato che il disarmo nucleare è possibile. Per la prima volta, per quanto riguarda gli armamenti nucleari, si è parlato
di una loro totale distruzione e
non solo di una loro limitazione
o di un loro controllo.
Purtroppo, com’è noto, questo
sogno è stato bloccato dal progetto dello « scudo spaziale ». E’
un vero peccato, perché siamo
stati ad un soffio dal veder realizzato il sogno di ogni movimento per la pace in Europa: un
mondo senza missili.
— Lei ha perso la speranza di
veder realizzato questo sogno?
— No, le trattative continuano.
Come lei sa al tavolo di Ginevra si discute sull’abolizione dei
Pershing II e dei missili a corto raggio.
— Ma non ci sono solo gli armamenti nucleari: la NATO ha
sempre detto che questi armamenti sono necessari per compensare la superiorità del Patto
di Varsavia per quanto riguarda
gli armamenti convenzionali.
— In Occidente s’è data poca
importanza ad una proposta avanzata dai paesi del Patto di
Varsavia, in una riunione tenutasi a Budapest il 12 giugno scorso, di radicale riduzione di tutti gli armamenti convenzionali
in'Europa, dall’Atlantico agli Urali. Purtroppo la NATO non ha
dato finora alcuna risposta. Tuttavia recentemente la Repubblica Democratica Tedesca, sostenuta in questo dalla Cecoslovacchia, ha proposto la creazione di
una fascia denuclearizzata tra le
due Germanie e la Cecoslovacchia.
—• Debbo dire che in Italia siamo stati in genere molto stupiti per la scelta che è stata fatta,
sia pure con un po’ di ritardo,
d’informare l’opinione pubblica
sulla catastrofe di Cernobyl. E’
uno degli effetti del « nuovo pensiero politico »? Cosa può dire su
questo cambiamento?
— Credo che dobbiamo considerare quanto sta avvenendo
ed anche le pfoposte relative al
disarmo illustrate prima, come
la logica conseguenza di questo
cambiamento; un cambiamento
fra l’altro che incontra anche delle resistenze all’interno. Gorbaciov deve affrontare una opposizione anche dura. Si tratta infatti di un cambiamento radicale che prenderà tempo, ma sullo
sfondo del quale si può anche
capire lo spessore delle sue proposte relative al disarmo. In poche parole si tratta di questo:
la lotta di classe non è più al
primo posto, ma è sostituita dal
problema della sopravvivenza dell’umanità. Questo è il problema
principale, nella cui prospettiva
devono essere esaminati tutti gli
altri problemi della vita umana.
E’ una rottura radicale con la
vecchia concezione della guerra
come strumento della politica.
Anzi, è una valorizzazione della
politica, non più costruita su basi ideologiche.
— Può spiegare meglio questo
concetto?
— Ci sono due punti che vorrei sottolineare. In primo luogo
il principio della coesistenza pacifica non può più essere compreso come uno strumento della
lotta di classe internazionale. Il
principio, della coesistenza pacifica — ha detto una volta--^orbaciov — rifiuta l’uso della guerra o la minaccia della forza. In
secondo luogo il concetto di sicurezza riceve un nuovo significato. Per usare le espressioni di
Gorbaciov: « Le caratteristiche
delle armi moderne non lasciano ad alcun paese la speranza
di garantire la propria sicurezza
con le armi e la tecnologia. Il
compito di garantire la sicurezza deve essere visto sempre di
più come un problema politico,
che deve essere risolto mediante strumenti politici ». In altri
termini, ci può essere solo una
sicurezza comune, un sistema nel
quale ogni nazione possa sentirsi sicura.
— Abbiamo parlato molto di
problemi ¡nilitari, politici, ma
non abbiamo ancora accennato
alle chiese. C’è un posto per loro, o meglio, intravvede qualcosa che compete loro in modo specifico?
— Noi abbiamo scelto di operare all’interno del socialismo, e
mi sembra che oggi ci venga riconosciuto non solo un ruolo,
ma anche in modo più chiaro di
prima che vi può essere;ùna fruttuosa collaborazione tra il socialismo e le chiese. Ho ancora^ dàvanti agli déchi un’immagine'per
me significativa: quando a. Mosca s’è tenuto il Forum- internazionale per la pace « Per un mondo libero dalle armi nucleari e
per la sopravvivenza dell’umanità », al ricevimento nella Grande Sala del Cremlino accanto a
Gorbaciov c’era il Metropolita
Paulos Mar Gregorios, uno dei
vice-presidenti della nostra organizzazione. A lui è stata data la
parola subito dopo il discorso
di Gorbaciov. M’è parso il segno
del nuovo modo in cui possiamo intendere i nostri rapporti
col socialismo. Ritengo che sia
in Occidente che in Oriente vi
siano grandi aspettative riguardo a ciò che possono fare le
chiese per la pace.
Intervista a cura dì
Luciano Deodato
Una congressi al Kulturpalast di Praga, in occasione della VI
Assemblea della CCP (2-9 luglio 1985). Sullo sfondo la scritta: « Dio dice: Scegli la vita! L’ora è vi
cina! ».
6
6 prospettive bibliche
1° maggio 1987
I
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Non di pane soltanto
vivrà l'uonfK)
"E
vedendo le turbe, n’ebbe
compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore che non hanno
pastore” (Matteo 9: 36). Quante
volte, vivendo qui, ci viene in mente questo passo dell’Evangelo di Matteo! L'urgenza del Regno è messa in
evidenza proprio dal contrasto con
la situazione spirituale, economica,
sociale, politica del popolo d’Israele;
un popolo ridotto alla fame per l’avidità delle classi dominanti, cioè il potere politico romano, i ricchi proprietari terrieri, il clero. Tasse di ogni tipo, debiti, perdita del pezzo di
terra, aveveuio ridotto il popolo ad
un esercito di mendicanti. Ora, di
fronte a questa immagine vivente
deU’ingiustizia, dell’oppressione e
dello sfruttamento, Gesù si commuo
II rapporto fra annuncio evangelico e azione sociale si intreccia con
quello fra « pastore » e « gregge ».
Un’azione sociale ohe miri troppo al progresso può rischiare di favorire il consumismo. Avere troppi pastori equivale ad essere senza pastore. Il rapporto fra annuncio e azione sociale impone di « additare il vero pastore che è Gesù Cristo » e di farci suoi « servi inutili ». Questa riflessione biblica è apparsa sull’ultimo numero del bollettino del Servizio Cristiano di Riesi.
ve.
Sarebbe errato pensare che Gesù,
qui, si lascia prendere dal sentimentalismo, dalla emotività. Qui, il termine « compassione » va inteso in
tutto il suo significato di « soffrire
con ». Abbiamo qui un esempio concreto di ciò che significa l’incarnazione. Gesù non ha soltanto pietà, mantenendo però le distanze tra sé e
quell’umanità. Tale atteggiamento,
lo vediamo in molti passi dei Vangeli, è invece quello dei discepoli che,
come noi, sono infastiditi da quelle
folle di straccioni e di infermi, perché, come noi, non sopportano la visione della sofferenza e dell’abbandono.
a cura di GINO CONTE
Ma Gesù prende su di sé questa
sofferenza, questa alienazione umana, che anche a lui appaiono insopportabili in riferimento al Regno che
è venuto ad annunciare. Per lui, questa condizione umana non è secondo
la volontà di Dio, anzi rappresenta
un’offesa al disegno di Dio per l’umanità. Ora, di chi è la responsabilità
di tale situazione? Non del caso o
della fatalità, bensì dei pastori del
popolo d’Israele, cioè i capi politici
e religiosi. Questo tema delle « pecore che non hanno pastore » ricorre
lungo tutto l’Antico Testamento (Numeri 27: 17, I Re 22: 17, Ezechiele
34; 2-6) e conferma l’infedeltà di
Israele alla propria legge. Infatti se
Israele avesse applicato fedelmente
la legge del « Giubileo » che, nella sostanza, impediva l’instaurarsi di rapporti sociali ed economici ingiusti,
il popolo non sarebbe stato ridotto
a questi estremi. Invece è prevalsa
la legge dell’avere, dell’accaparrarsi
anziché quella del dare, della condivisione, della solidarietà fraterna.
Ora, quel « Regno di Dio » che Gesù è venuto ad annunciare e a instaurare è in relazione molto stretta —
sul piano sociale ed economico —
con le prescrizioni del Giubileo, quello che Isaia chiama « l’anno di gra
zia dell’Eterno » é « il giorno di vendetta del nostro Dio » (Isaia 61: 2).
L’evangelista Luca riferisce che Gesù
ha letto questo passo di Isaia nella
sinagoga di Nazaret, all’inizio del suo
ministerio, e che, dopo averlo letto,
disse: « Oggi s’è adempiuta questa
scrittura, e voi l'udite » (Luca 4; 21).
Il che dimostra inequivocabilmente
lo stretto legame che, per Gesù, esisteva tra l’annuncio del Regno e i
segni concreti della sua venuta. I miracoli, le guarigioni, le liberazioni
stanno lì a testimoniare che « il Regno è in mezzo a voi » (Luca 17: 21).
In questo stesso passo delTEvangelo di Matteo (Matteo 9: 35) è detto
che Gesù « predica l’evangelo del Regno e sana ogni malattia ed ogni
infermità ». L’una non va senza l’altra: alla predicazione deve accompagnarsi la diaconia, e viceversa. Proprio qui sta la nostra debolezza di
credenti, di Chiesa; è che quasi sempre dissociamo i due aspetti: o ci accontentiamo di una pura predicazione verbale, rischiando così di fare un
semplice discorso, simile a tanti altri che non producono mobilitazione
nella vita delle persone, oppure ci
impegniamo nel « sociale » senza preoccuparci di predicare, o credendo
che di per sé la nostra azione sia
una testimonianza al Regno. Ora, se
l’uno è senz’altro il rischio di tutte
le chiese, l’altro è sicuramente il rischio delle opere sociali della Chiesa. E noi qui, al Servizio Cristiano,
avvertiamo fortemente questo rischio, che è di lasciarci sopraffare
dalle nostre attività perdendo di vista la necessità dell’annuncio.
Eppure, proprio qui nel Meridione, ci rendiamo conto che l’uno non
può andare senza l’altro. Perché?
Perché « l’uomo non vive soltanto di
pane, ma vive di tutto quello che la
bocca dell’Eterno avrà ordinato »
(Deut. 8; 3). Cosa vuol dire ciò? Vuol
dire che il problema del Sud non è
soltanto un problema economico-sociale e politico ma un problema spirituale e culturale. Le masse meridionali infatti sono davvero « come
pecore che non hanno pastore », oppure hanno troppi pastori corrotti
ed indegni, il che è la stessa cosa. E
ciò non da oggi, ma da secoli. Re,
viceré, imperatori, baroni, principi.
agrari, gabellotti, mafiosi, clero corrotto o dispensatore di una religione
superstiziosa e fatalistica, onorevoli
e notabili di ogni specie per i quali
gli altri sono solo « clienti » che portano voti e potere: questa è l’educazione politica, morale, spirituale e
culturale che questo popolo ha ricevuto e assimilato.
Come operare una vera trasformazione in una realtà come questa? Come far sì che il popolo si svegli dal
letargo secolare, che riacquisti fiducia in se stesso e nelle proprie capacità? Come convincerlo che nulla
cambierà finché continuerà ad accettare le regole del gioco della delega, del clientelismo, del favore personale, dell’assistenzialismo che uccidono ogni spirito di iniziativa e di
responsabilità? Come far capire che
la risposta materiale (il pane, il lavoro, la casa, ecc.) è importante, anzi indispensabile, ma diventa vuota
e negativa quando si trasforma in
sete di guadagno, consumismo, ricerca egoistica del proprio benessere?
Perché non c’illudiamo: la folla
(quella che Gesù aveva di fronte cosi come quella che oggi gremisce le
città e i paesi del Sud) è una massa
anonima fatta di tanti « io » egoistici. Il cosiddetto progresso che qui si
è manifestato solo come comparsa
improvvisa del benessere materiale,
e non come frutto di una cultura, ha
praticamente cancellato i valori della solidarietà che pure esistevano fino a una ventina di anni fa. Ora ognuno pensa per sé e non crede più
alle varie forme di solidarismo, siano esse di tipo ecclesiastico, sindacale, politico o culturale. Il diffidare
dell’altro è diventato la prima regola di comportamento. In queste condizioni, non c’è da stupirsi se le varie esperienze di cooperazione e di
associazionismo falliscono una dopo
l’altra.
Ma i « pastori » di questo gregge,
quale esempio danno? Quanti hanno
a cuore di favorire un processo di
emancipazione, di responsabilizzazione, di iniziativa? Coloro che ci
hanno provato, da quarant’anni a
questa parte, sono stati fatti tacere
per sempre dal potere politico-mafioso. E ora, di « pastori » coraggiosi.
convinti, moralmente motivati, ve ne
sono ben pochi.
Ma la responsabilità maggiore, oggi come ai tempi di Gesù, ricade sui
pastori spirituali, quindi sulla Chiesa. Solo la Chiesa, se è davvero il corpo di Cristo, può guardare la situa
zione reale con lo sguardo di Gesù,
cioè alla luce del Regno, e scorgere
in una realtà apparentemente disperata e senza via d’uscita, una messe
pronta per il Regno. Questa è la nostra vocazione e tutto ciò che facciamo ha senso se è un segno del Regno
che viene, cioè della presenza ope
rante di Dio nella storia. Ma per co
gliere questa presenza occorrono gli
occhi della fede ed essere pronti a:
ravvedimento, cioè a cambiare l’ottica della propria esistenza. Gesù ha
sempre accompagnato l’annuncio del
Regno all’invito al ravvedimento come condizione sine qua non.
Cosa vuol dire ciò per noi qui a
Riesi? Che non dobbiamo legare
l’annuncio del Regno alla nostra azione, ma l’uno e l’altra assieme de
vono generare dei cambiamenti reali, devono trasformare non solo la
realtà materiale ma soprattutto le
persone stesse con cui siamo a contatto, affinché diventino agenti di
trasformazione, cioè servitori della
Parola di Dio. Perché è di questo che
ha bisogno un paese come Riesi (e
tutto il Meridione): di persone libere pronte a darsi da fare per gli altri, senza mettere in primo piano il
proprio « io ». E non c’è libertà più
grande che non avere altro Signore
all’infuori di Gesù Cristo, Perché lui
è il solo, il vero pastore del gregge,
colui che relativizza il potere di tutti
gli altri pastori e che permette ad
ognuno di sentirsi una persona e di
agire come persona. Laddove ci sono
questa libertà e questa dignità, scompaiono la rassegnazione, il vittimismo, il fatalismo, l’attendismo, la
sfiducia in se stessi e negli altri.
Il nostro compito qui non è di
essere « pastori » di questo popolo
(ce ne sono già abbastanza) ma di
additare al vero pastore che è Gesù
Cristo e di richiamare alla sua obbedienza. Gesù non ci chiede di sostituirci a lui ma di essere i suoi servitori, i suoi operai in questo mondo
che è la sua messe. E per fare ciò degnamente e fedelmente, dobbiamo
guardarci da tentazioni molto umane, tipiche appunto di molti « pastori », quali il protagonismo, l’individualismo, il predicare noi stessi e le
nostre idee, ecc., perché è lui che
deve crescere nella coscienza e nella
vita di questo popolo e della umanità tutta. Per questo è necessario pregare affinché ci sia dato di essere servitori fedeli del Signore di questo
mondo.
Jean-Jacques Peyronel
7
1° maggio 1987
obiettivo aperto 7
IL LIBANO SCONVOLTO DA 12 ANNI DI GUERRA
%
Pace: una parola senza significato
Dopo l’articolo apparso sul n. del 13 marzo
scorso sul Libano, realizzato in base ad un’intervista fatta da un nostro redattore a Parigi
presso la Cimade, il servizio ecumenico di aiuti
reciproci, riceviamo ora, sempre tramite questa
organizzazione, una ulteriore documentazione
ed in particolare un’analisi sui fatti che hanno
portato all’attuale tragica situazione. Si tratta
di una conferenza tenuta nella capitale francese nello scorso dicembre, a cura del « Gruppo cristiani e Vicino Oriente », da Georges Kwaiter,
prete greco-cattolico e direttore di un Centro sociale a Saida, nel sud del Libano, che si occupa
dei profughi, degli handicappati, degli orfani e
dei disoccupati in ambito interconfessionale.
Riportiamo in questo « obiettivo » i passi più
salienti e significativi di detta conferenza, nell’intento di poter offrire ai lettori dei dati e delle notizie che valgano a far comprendere un po’
di più questa tanto drammatica quanto intricata
realtà.
In Europa, l’opinione pubblica è informata dai mass media
essenzialmente sugli avvenimenti bellici nel loro aspetto più
spettacolare (bombardamenti,
massacri, rapimenti, ecc.) mentre ignora sovente certi dati politici e sociali della storia che
potrebbero consentire di chiarire almeno in parte l’attuale
situazione.
Sul piano politico, il governo
è -< confessionale » e si basa su
una Costituzione emanata nel
1926. Il potere esecutivo appartiene al Presidente della Eepubtalica eletto ogni sei anni dalla
Camera dei deputati, che detiene il potere legislativo. Secondo il Patto Nazionale del 1943
il Presidente della Repubblica deve essere maronita, il Primo Ministro sunnita, il Presidente della Camera dei deputati sciita
e così in proporzione per tutte
le cariche dello Stato. I vertici
deU’esercito, della sicurezza e
della magistratura sono occupati da maroniti.
Occorre precisare che, all’epoca del Patto Nazionale, i cristiani costituivano in Medio Oriente una piccola minoranza
nel mondo arabo, circa un 10
per cento, di cui la gran maggioranza in Egitto. Nell’istituire
quella regola di ripartizione confessionale la Francia desiderava senza dubbio garantire un
ceno equilibrio tra le comunità, ma soprattutto dare a quella
cristiana più forza di quanta
ne avesse in Medio Oriente. L’impatto della Francia ha marcato
fortemente la società libanese.
Le missioni culturali e religiose
hanno esercitato una grossa influenza sia negli ambienti cristiani che in quelli sunniti più
aperti alla cultura occidentale.
Mentre i regimi dei Paesi vicini
erano militari, monarchici o di
tipo feudale, quello libanese si
ispirava ad una politica liberale che si manifestava in tutti
i settori della vita pubblica.
Oltre ad essere stata definita co
Il Ubano
in cifre
La Repubblica del Libano ha una
superficie di 10.400 kmq (esattamenle la metà dello Stato di Israele),
confina a ovest con il Mediterraneo. a nord e a est con la Siria,
a sud con la Palestina. La popolazione è stimata In 3.500.000 abitanti: la cifra è approssimativa
per mancanza di censimenti recenti. il mosaico religioso è molto
complesso: sono ben 17 le confessioni riconosciute dalla Costituzione.
In campo cristiano si annoverano. in ordine numerico decrescente: i maroniti, i greco-ortodossi, i
greco-cattolici, i siriano-ortodossi, i
siriano-cattollci, gli armeno-ortodossi, gli armeno-cattolici, i protestanti, i caldei.
In campo musulmano: gli sciiti, i
sunniti, I drusi.
Il Libano ha ottenuto l'indipendenza nel 1943 dopo esser rlmaslo per 25 anni, colla Siria, sotto
mandato francese. In precedenza,
è stato per secoli sotto la dominazione turca.
me « la Svizzera d’Oriente » a
causa del pullulare di banche,
venne anche accusata di essere « la pattumiera dei Paesi
arabi » da un uomo politico egiziano, in quanto terra d’asilo
dei rifugiati politici e degli indesiderabili dei regimi vicini.
Le radici storiche
deila guerra
Fin dal 1916 Gran Bretagna e
Francia si erano divise le rispettive zone di influenza nel Vicino
Oriente: con questi accordi, Siria e Libano andarono sotto
mandato francese, con forti opposizioni da parte della popolazione musulmana. Nel 1920 vennero creati i due Stati separati, siriano e libanese, secondo
le loro attuali frontiere. Fu una
divisione giudicata artificiale,
perché regioni unite alla Siria
vennero invece annesse al Libano. Ne conseguì che i relativi
abitanti musulmani si trovarono minoritari e del tutto isolati. La cosa può essere maggiormente compresa in tutta la sua
gravità se si pensa che l’Islam
costituisce da se stesso un regime politico, di cui l’unico riferimento giuridico è il Corano.
Esiste fra i musulmani una solidarietà tale da sorpassare le
frontiere, tutto al contrario di
quanto succede in genere presso i cristiani.
Nel 1948 un nuovo fatto viene
a scuotere questo equilibrio precario ma ancora esistente: la
creazione in Palestina (ndt: prima sotto protettorato inglese)
dello Stato di Israele: 200 mila
palestinesi cercano immediato
rifugio in Libano, mentre se ne
aggiungeranno altri 300 mila e
più, dopò le guerre del 1967 e
del 1970. Questi palestinesi sono quasi tutti musulmani e si
organizzano per la lotta armata per liberare il loro paese
(creazione dell’OLP nel 1969).
In Libano il fossato fra musulmani e cristiani si allarga ulteriormente, mentre il neo Stato
israeliano ne approfitta secondo
il motto « divide et impera ».
Da parte loro i paesi arabi,
pur sostenendo l’opposizione
palestinese armata contro Israele dal Libano, reclamavano parallelamente la presenza di forze deirONU per difendere le
proprie frontiere con Israele
(casi dell’Egitto e della Siria).
Infine, ultimo fattore destabilizzante per il Libano, la presenza non solo dei palestinesi,
ma di numerosi emigrati siriani ed egiziani, pari globalmente
a 800 mila stranieri in un paese di 3 milioni e mezzo di abitanti: le conseguenze deH’impatto di circa un 30 per cento di
stranieri, di cui una gran parte
armati, non sono molto difficili da immaginare.
Quanto alle radici poiitico-sociali del conflitto, la già accennata regola di ripartizione confessionale delle leve di potere
ha sviluppato gradualmente delle rivalità fra le varie comunità
che, invece di difendere la causa dello Stato, si sono vieppiù
abbarbicate ai propri interessi.
Inoltre, i gravi problemi sociali si sono fatti sempre più acuti: da un lato, di fronte al prosperare ed al lusso della capitale Beirut, una porzione sempre più vasta di popolazione
povera di origine rurale si è riversata verso la sua periferia
in cerca dì un lavoro creando
le tristemente note bidonvilles,
dette anche « la cintura della miseria ». Se si aggiunge a questo
la sempre più importante presenza palestinese colla sua organizzazione militare, anche l’equilibrio politico si è andato
sempre più alterando, fino alla
creazione di un vero e proprio
Stato nello Stato.
Senza il delicato problema dei
palestinesi il conflitto non sar
rebbe certamente scoppiato: a
causa della loro presenza armata, altri partiti « politico-confessionali », sia musulmani che
cristiani, si dotarono dì milizie
armate con larghezza, grazie in
modo particolare alle rimesse
degli emigrati libanesi: milizie
che coll’andar del tempo hanno
costituito dei veri e propri feudi su cui esercitare un controllo
assoluto.
Perché non cessa
questa guerra?
Nel 1973 il presidente libanese Franjieh fu chiamato all’ONU
per esporre la crisi del suo paese ed il problema palestinese.
Egli presentò il Libano come
modello (allora ancora vero) di’
coabitazione inter-comunitaria
invitando nel contempo Israele
ad adottare eguale modello nei
confronti dei palestinesi, ivi compresa la partecipazione al governo. Israele, da parte sua, nel difendere la tesi opposta — e coll’appoggio degli Stati Uniti —
affermò che il Libano, cosi come creato dalla Francia, era un
errore: il primo motivo, e fondamentale, del conflitto è quindi dato dal fatto che i suoi obiettivi vanno al di là del Libano
stesso.
In secondo luogo, a loro volta, gli integralisti islamici (Hezbollah, 0 partito di Dio) dichiarano l’illegittimità di una direzione cristiana del Libano e si
battono per la costituzione di
uno Stato islamico. Ne consegue che i tre poteri dello Stato: l’esecutivo, il legislative e
quello giudiziario, paralizzati e
non rinnovati da elezioni (le ultime sono avvenute nel 1972),
sono sommersi dal potere delle
singole comunità. Potere continuamente accresciuto dal continuo aumento delle varie milizie, che possono facilmente reclutare nuovi adepti nella massa dei diseredati e dei profughi
che pensano così di poter risolvere i loro problemi esistenziali. A questo fattore si collega
strettamente la crisi economica
generalizzata e l’aumento vertiginoso dei prezzi: in un anno
certi generi sono aumentati addirittura del 700% mentre i salari sono sì e no raddoppiati.
Un’ultima difficoltà alla soluzione del conflitto è data dal
fatto della presenza della comunità cattolico-maronita; la composizione demografica è profondamente cambiata e la sua posizione privilegiata appare superata: vi è stata una forte emigrazione mentre per contro vi è
stato un forte alimento della
parte musulmana. Ma i privilegi non si abbandonano facilmente.
Ecco allora che si può comprendere meglio come la guerra
in Libano abbia parecchi fronti
— e per di più intercambiabili
— di cui gli scontri tra falangisti e forze libanesi, fra palestinesi e sciiti non sono che un esempio. A causa di questo tota
le coinvolgimento (e senza tener
conto delle occupazioni da parte di altre nazioni, come Israele e Siria) si può affermare che
non vi è un libanese che non
abbia perso un parente o un
amico in questa guerra, che ormai dura da 12 anni.
Un calvario
quotidiano
Quali sono le conseguenze, dirette o indirette, della guerra
sulla vita quotidiana in Libano?
Per quanto spaventoso possa
sembrare, dopo anni e anni dì
guerra, la popolazione ha cercato di adattarsi a questa situazione, per lo menò da un puntò
di vista pratico. A Beirut, lungo la linea di demarcazione fra
la parte ovest musulmana e la
parte est cristiana ci si abitua
a circolare non più nelle strade
ma in trincee riparate da sacchi di sabbia. Si ascolta la radio al mattino per sapere se si
potrà andare al lavoro e se i
bambini saranno in grado di
raggiungere la scuola. Molto più
avventuroso, e sovente mortale,
è il passaggio da un settore all’altro. Vi sono infatti ancora
molte persone che abitano in un
settore e lavorano nell’altro: esse si sono abituate a vivere nella
paura e a includere nella loro
esistenza il rischio quotidiano
della vita.
Ancora una volta (come d’altronde in tanti altri casi) i bimbi e gli adolescenti appaiono le
vittime più provate e più innocenti di questo dramma. Come
già è stato ricordato, oggi nutrire una famiglia è diventata
una lotta nella guerra. E le famiglie sono in genere numerose:
al Sud la media giunge a circa
8 figli. Per questi ragazzi occorre anche trovare delle scuole,
e la cosa si fa sempre più problematica se non insolubile. Ormai si stanno facendo sempre
più rari i bimbi che stanno seguendo una scolarità normale.
E, mentre parliamo di bambini,
si pensi un momento al fatto
che tutte queste creature nate
dal 1975 (inizio della ^erra) in
poi e che hanno perciò al massimo 12 anni non hanno mai
conosciuto altra cosa che la
guerra, mentre gli stessi adolescenti di oggi hanno ormai dimenticato il significato della parola « pace » nel loro paese...
Pagina a cura dì
Roberto Peyrot
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8
8 vita delle chiese
1° maggio 1987
PACHINO
CORRISPONDENZE
Nel nome di Cristo
e della solidarietà umana
Un gruppo di cattolici e valdesi lavora da quattro anni in uno dei settori deH’emarginazione come stimolo e non per monopolizzare i servizi
Quattro anni fa, un gruppo di
credenti cattolici, appartenenti
alla parrocchia di San Francesco,
decise di impegnarsi a favore di
una categoria di emarginati e
precisamente di alcuni handicappati.
La decisione fu presa in base
ad una matura riflessione biblica
e l’occasione fu anche data per la
presenza di una disabile fisica al
suo interno.
Per un paio di anni, Tiniziativa
è stata vissuta come un utile servizio per pochi elementi, che si
incontravano una volta la settimana per discutere, conoscersi,
giocare, fare qualche lavoretto,
che poi vendevano in un bazar
parrocchiale durante l’anno.
Due anni fa, mia moglie (valdese) ha chiesto e ottenuto di collaborare: un anno fa mi sono inserito anch’io e — da alcuni mesi — un’altra valdese.
Il gmppo, cioè, si è allargato e
— oggi — comprende due realtà
confessionali, che insieme lavorano,programmano e — da Pasqua — pregano insieme alla
luce della Parola di Dio.
Dopo aver organizzato un corso
di formazione con un esperto nel
settore, con cui si è in contatto, e
iniziato sperimentalmente iniziative a più largo raggio, dal 23
gennaio 1987, il gruppo « Agape »
si è costituito in Associazione di
volontariato; un’associazione —
aderente al MOVI, organismo a
livello nazionale — « senza fini di
lucro, nata con l’impegno a riscoprire e a vivere i valori della
condivisione, della solidarietà, della giustizia, della povertà, della
pace; (un’associazione) autonoma e quindi indipendente da ogni
movimento culturale, religioso e
partitico » (art. 2 dello Statuto).
Abbiamo costituito d;qe gruppi:
il gruppo ’’piccoli”, che si riunisce tre volte la settimana; il
gruppo ’’adulti”, che si riunisce
due volte la settimana e che ha
iniziato — in maniera più metodica di prima — un laboratorio
con lavori artigianali in vimini
e di lana.
Contiamo di aumentare il numero di soci, il numero di giorni di incontro e di allargare le
nostre attività (non solo rispetto
ai disabili, ma anche ad altre
categorie di emarginati). Per fare questo, però, abbiamo bisogno
di disponibilità di persone e di
mezzi.
I soci, per statuto, si impegnano a lavorare completamente gratis, ma — naturalmente — ci sono molte spese da affrontare
(dalla luce al materiale di lavoro, ecc.). Abbiamo già ottenuto
delle offerte singole e dei contributi sia da parte di una banca locale (che ci ha regalato un pulmino) che da parte dello stesso
Comune, col quale abbiamo felicemente collaborato nel portare
avanti una recente campagna di
sensibilizzazione, durata un mese,
che sembra abbia interessato positivamente la ipopolazione, facendoci sperare per l’avvenire.
Col Comune (e soprattutto con
le assistenti dell’ufficio ai servizi
sociali) abbiamo intenzione di
collaborare ancora, sia per effettuare un censimento sui disabili
pachinosi (che da un primo sondaggio sembra che siano intorno ai 150-2(X), pari a circa !’l per
- cento- della pojwlazione) e sia
per studiare insieme strutture e
iniziative concrete tali da poter
intervenire su gran parte delle
persone bisognose di aiuto e —
soprattutto — bisognose di altre persone che le accettano e le
reputano di pari dignità.
Presidente dell’Associazione è
Rosa Cugno, la ragazza che è stata in iparte 1’« occasione » dell’inizio: un simbolo vivente di come
il disabile messo alla pari e inserito nella società possa essere
utile a se stesso e agli altri senza dannosi pregiudizi né atteggiamenti razzisti di commiserazione.
Certo, c’è ancora molta strada
da fare; abbiamo incontrato già
difficoltà e tante altre ne incontreremo, ma mi sembra importànte che lo stile deirAssociazione rimanga, con la sua carica di
generosità e di alternatività.
Uno stile basato — ripeto —
sulla gratuità del lavoro e quindi
su un modo alternativo di proporci agli altri e di vedere noi
stessi, la vita e di usare il tempo
libero; ima gratuità che però non
ci insuperbisce né ci chiude, in
quanto siamo pronti ad impegnarci in altri settori scoperti
non appena l'ente pubblico risponderà sufficientemente alle
numerose richieste (avendo ben
chiaro il concetto che noi siamo
di stimolo e non i monopolizzatori del servizio sociale); e siamo
inoltre aperti e disponibili con
tutti coloro (organismi privati e
pubblici) che si dimostrano — a
fatti e non a parole! — sensibili al problema, a prescindere dall’essere soci o meno.
Un’apertura e un rispetto che
si coglie anche nella dualità confessionale sinora esistente, che
supera barriere dogmatiche e
campanilismi, in nome di Cristo
e della solidarietà umana.
Purtroppo, le nostre confessioni religiose — ultimamente — si
sono allontanate ulteriormente,
a motivo delle iniziative papali
( « anno mariano » ed « enciclica »
del 25 marzo, che fa credere come sia indispensabile la devozione a Maria per capire meglio
Cristo e pretende che su questo
possa esserci un punto di incontro — per noi inconcepibile e
inaccettabile — con i fratelli separati). Nonostante questo, la
base sia cattolica che protestante
continua il suo cammino ecumenico e la sua ricerca biblica.
La mia speranza è che sappia
affrontare con umiltà ma anche
con fermezza ogni tentativo preconciliare e di ritorno al passato.
Nino Gullotta
PIOSSASCO
Pasqua per chi?
Pasqua oggi, per milioni e milioni di cristiani, non significa
altro che una breve vacanza. Da
festa cristiana, la Pasqua si è
trasformata in una festa consuniistica. Ma allora che -senso ha
per me cristiano festeggiare la
Pasqua?
Con il titolo « Pasqua per chi? »
mercoledì sera 8 aprile nella sala della Chiesa valdese di Piossasco un pastore, Alberto Pool,
un prete della Comunità di Base di Pinerolo, don Franco Barbero e il parroco della parrocchia Gesù Risorto di Piossasco,
don Guido Fiandino, hanno cercato di affrontare il tema della
Pasqua sotto diversi aspetti.
Il pastore, dando il benvenuto
ai numerosi presenti e esprimendo la gioia per questo incontro
ecumenico, ha introdotto il tema della serata, risalendo alle
origini storiche della Pasqua cristiana. « Il cristianesimo è strettamente collegato con l’ebraismo,
infatti la Pasqua ebraica, il ricordo del passaggio dalla schiavitù in Egitto alla liberazione
nella terra promessa, trova la
sua continuazione nella Pasqua
cristiana tramite Gesù Cristo ».
Sebbene i rituali della Pasqua
cristiana e di quella israelitica siano nei loro particolari differenti, è il concetto fondamentale che
unisce le due religioni. Un primo
concetto è quello della liberazione concessa da Dio al suo popolo, il secondo è quello del memoriale che è al tempo stesso
promessa e speranza di una maggiore liberazione futura.
Nel secondo intervento don
Guido ha sottolineato il carattere personale che assume la risurrezione di Gesù. Il Risorto non
costituisce un’entità da contemplare, ma affida a chi lo incontra determinati compiti. La fede
nel Risórto non conduce ad una
vita intimistica: la Pasqua deve
sconvolgere, deve scomodare, deve diventare speranza per tutti
coloro che non hanno speranza;
Lunedì di Pasqua
a Dipignano
per questa gente deve diventare
liberazione.
Don Franco Barbero ha invece analizzato i testi « sacrificali »
della Pasqua, ricordando ai presenti che ^’interpretazione sacrificale della Pasqua rischia di incapsulare l’evento pasquale in
formule teologiche inadeguate.
Cosa vogliono dire le parole di
Paolo « La nostra Pasqua, cioè
Cristo, è stata immolata» (1
Cor. 5: 7)? Rimangono per noi
oggi solo delle formule teologiche che, mal interpretate, potrebbero suggerirci l’idea che Gesù
si sia immolato per ristabilire il
rapporto con Dio o per placare la
sua ira. Barbero ha affermato
che la risurrezione cammina nel
quotidiano e spesso siamo noi
a bloccarla con la nostra cecità
là dove esiste.
Ci sono varie difficoltà per chi
oggi voglia annunciare la risurrezione: la prima sta proprio nel nostro immaginario, per cui ci riesce diffici’e spogliare il messaggio evangelico dai vari generi letterari, lasciando così libero il
centro del messaggio. La risurrezione incide profondamente nel
nostro quotidiano, offrendo una
prospettiva di superamento della morte che illumina il presente. La risurrezione deve portarci a lottare contro tutti i sepolcri che inchiodano la vita, essa
va tradotta in forza storica e
non solo in consolazione spirituale.
Tra i circa 40 presenti, diversi
erano insegnanti, particolarmente attenti al tema della serata,
proprio perché si trovavano di
fronte al compito di spiegare ai
toro alunni, in modo non confessionale, il significato della Pasqua.
La serata si è conclusa, dopo
un’interessante discussione, con
l’auspicio che questi incontri a
livello ecumenico possano avere
luogo anche nel prossimo futuro.
Maria Grazia Bonflesan
Alberto Pool
Un’agape ricca di fraternità e
di calorie, può essere definita la
riunione che le Comunità valdesi di Cosenza e Dipignano hanno
avuto lo scorso 20 aprile, lunedì
di Pasqua, presso la casa pastorale di Dipignano.
Le vivande principali, preparate con amore e maestria dalle signore, erano la pasta al forno e
la frittata con salciccia e formaggio: una concentrazione di calorie che ha permesso a molti di
saltare la cena senza problemi.
Questo era il cibo tradizionale
dei contadini, che di calorie si
dovevano caricare per affrontare il lavoro dei campi, intenso
dopo la relativa sosta invernale.
Il volto dei contadini bruciato
dal sole rivela ancora oggi la dimestichezza col lavoro dei campi e con l’aria aperta, e le guance rosse dei bambini rivelano gli
effetti salubri dell’aria tersa e
dei cibi sani di questa porzione
della campagna calabrese, a
m. 700 s.m.
Mentre i bambini scorrazzano
sul prato dopo essersi saziati, le
donne continuano ad offrire agli
adulti ciò che con tanta premura hanno preparato nelle loro
case: carne di ottima qualità e
squisita nella cottura, dolci con
le uova incastonate... il tutto accompagnato da un buon vino:
buono sìa per le qualità intrinseche che per il fatto di venire
offerto dalle stesse mani che lo
avevano prodotto.
Già : il contatto con la natura,
con la terra, e la possibilità di
dire grazie a chi ha lavorato per
te, quando ti offre il frutto della
sua fatica! Pensavo, in quel momento, quanto sono « anonimi » i
nostri cibi in città: si acquista
tutto guardando alla qualità,
molto spesso all’etichetta, dietro
l’impulso dei condizionamenti inconsci della pubblicità.
Qui puoi stringere le mani di
coloro che hanno coltivato un
frutto per te, che te lo donano
dopo averlo raccolto : il partecipare Eid un pranzo è condividere '
un’esperienza in profondità. Qui
a Dipignano la gentilezza e la generosità si esprìmono ancora più
con i gesti che con le parole, perché il vocabolario magari non
offre molte capacità espressive,
ma non per questo la vita è meno intensa.
In questo clima di generosità
e di condivisione che si traduce
subito in gesti coinvolgenti,
ho conosciuto le due comunità di
Cosenza e Dipignano. Ho visto i
frutti dell’intenso impegno di
Gianni Geme, dopo aver condiviso un momento di preghiera e
di fede durante il culto del giorno di Pasqua.
Ho pensato che, in una società sempre più anonima, il compito delle minoranze religiose
forse è proprio questo : creare
rapporti umani positivi e incrementare la fiducia fra gli uomini. Se le nostre comunità non divengono « isole felici » e chiuse, dove si vivono dei rapporti
privilegiati, ma limitati, possono
costituire il segno di un modello
di società valido anche su più
vasta scala.
Religione a scuola
TRIESTE — Tra le varie attività delle comunità elvetica e
valdese va ricordato il riuscito
convegno sulla « scuola e l’insegnamento religioso » che si è tenuto il 16 marzo all’istituto Petrarca, che ha visto un’ottima
relazione introduttiva . di Raul
Matta.
• Il 9 marzo scorso è deceduta Roma Isler Venturini, madre
del curatore della Comunità Elvetica, Aldo Venturini. Alla famiglia ripetiamo le parole di
Cristo: « Io sono la Resurrezio
ne e la vita », consolazione e speranza dei credenti.
• Domenica 17 maggio in piazza S. Silvestro si terrà alle ore
16 il « pomeriggio di solidarietà »
a cura dell’Unione femminile.
Verso le Assemblee
di Circuito
Nel mese di maggio si tengono le tradizionali Assemblee di
Circuito delle chiese valdesi e
metodiste.
9 maggio: Assemblea del V Circuito a Sestri Ponente. Le chiese metodiste del Circuito eleggeranno la deputazione al Sinodo.
domenica 10 maggio: a Trieste presso la Chiesa metodista
Assemblea del VII Circuito.
16 maggio : ad Aosta si tiene l’As
semblea del IV Circuito.
17 maggio : a Paiombaro si tiene l’Assemblea del XII Circuito.
Confermazioni
RIMINI — Nel culto del giorno di Pasqua hanno confermato
il loro battesimo i giovani Claudio e Andrea Massoni di S. Ar
cangelo di Romagna e Eiisabetta
ed Eugenio Opipari di Cervia.
Contro l’apartheid
AOSTA — Sabato 4 aprile, organizzata da vari enti locali, fra
i quali la Chiesa Valdese, si è
avuta ad Aosta la giornata a sostegno della letta contro l’apartheid.
In mattinata, Febe Cavazzutti
e Benny Nato hanno parlato
ad una assemblea congiunta delle ultime classi degli studenti
medi superiori, circa 300 giova
ni, che hanno seguito con interesse e partecipazione le drammatiche vicende del popolo nero sudafricano.
Nel pomeriggio i relatori sono
stati intervistati dalla Rai/Tv.
■E ■ alla sera il salone dei congressi del palazzo regionale ha
ospitato analoga conferenza alla presenza di circa 250 persone.
La comunità ha espresso alla
sorella Cavazzutti la più viva
simpatia nei suoi confronti e la
gratitudine per il suo operare.
SC1CLI — Giovedì 30 aprile alle
ore 19 presso l'Aula consiliare del
Comune Rosanna Nitti terrà una conferenza sul tema « L'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Proposta significativa di una
minoranza religiosa in Italia
TORINO — Il Centro Evangelico di
cultura, le Comunità di base, le redazioni de « Il foglio » e « Tempi di fraternità », il Coordinamento donne credenti ed il Gruppo animatori di comunità, organizzano per giovedì 7
maggio alle ore 21, presso la sala
valdese di via Pio V 15, un incontro
sul tema « Interrogativi sul nucleare ».
Intervengono Franco Piccotti, libero
docente di radiobiología, Luigi Sertorio, del Dipartimento di fisica teorica all'Llniversità di Torino, Loris Colombati, del - Comitato popolare di
controllo delle scelte energetiche »,
Silvana Marchionni, dell'Associazione
culturale Livia Laverani Donini. Seguirà libero dibattito.
FANO — 'Il 3 maggio si tiene un
convegno giovanile organizzato dalla
Fgei (Emilia Romagna - Marche) e dalrvill Circuito.
SORCIO VEREZZI — Dal 1° al 3
maggio si tiene presso la Casa Valdese un incontro per fe scuole domenicali.
9
r maggio 1987
vita delle chiese 9
RIFUGIO CARLO ALBERTO
Difficoltà finanziane
crescenti
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Giovani per lo sport
Ormai, da circa due mesi, la sistemazione della maggior parte
degli ospiti nella nuova costruzione del Rifugio ha confermato,
dopo un breve e non traumatico
periodo di ambientazione, la piena rispondenza e funzionalità del
nuovo progetto. Le numerose difficoltà tecniche e burocratiche
che daH'inaugurazione della casa,
nel luglio scorso, avevano ritardato tale trasferimento, sono state finalmente superate. Il famoso
raccordo con la fognatura, che
aveva costituito uno dei blocchi,
è stato attuato. Le difficoltà obieitive davanti a cui si era trovata l’amministrazione comunale
di Luserna San Giovanni sono
state appianate con un impegno
e una buona volontà di cui dobbiamo dare atto, al di là dei non
sempre comprensibili ritardi.
L’assetto generale del Rifugio sarà ora completato con la sistemazione e l’utilizzo della vecchia « cascina » e la chiusura definitiva
de! padiglione « Arnaud » come
sede ricettiva stabile. Nel periodo molto delicato del trasferimento il direttore e il personale
hanno dimostrato grande spirito
di responsabilità e collaborazione, stimolato anche dalla gioia di
entrare « finalmente » nei nuovi
locali.
Due obiettivi
.Molto è stato fatto per rendere
la casa sempre più adatta allo
scopo per cui fu voluta, ma molto resta ancora da fare. In particolare rimangono davanti a noi
due obiettivi fondamentali; il
p'-imo è quello di offrire agli
oppiti un ambiente per quanto
po.ssibile familiare, in cui ognuno
possa essere seguito con attenzione dal punto di vista della salute
fisica, operando tutte le possibili azioni di recupero, come dal
punto di vista del sostegno morale. spirituale e umano. Il secondo è quello di rinsaldare e
sviluppare il dialogo con le nostre comunità in vista di un sempre maggior ■ coinvolgimento (visite agli ospiti, volontariato, interesse per l’opera e i suoi problemi) e una maggior collaborazione sul piano finanziario.
Finanze
Risolti i problemi economici
del nuovo progetto con la liquidazione completa di tutto il patrimonio immobiliare del Rifugio al di fuori dell’istituto stesso, il vero problema rimane ora
quello del bilancio ordinario;
cioè far combaciare le uscite con
le entrate.
Il 1986 si chiude con un passivo di circa 140 milioni su cui
paghiamo pesanti interessi alle
banche. Il 1987 registra in partenza un passivo analogo. Immaginiamo le espressioni scandalizzate dei saggi amministratori di
tante aziende tra i nostri membri di chiesa e le conclusioni
sconsolate; la chiesa non sa amministrare, è meglio che chiuda.
Val forse la pena di ricordare
che tale deficit non deriva da
incapacità amministrativa dei comitati, ma da una scelta precisa della chiesa. E’ dunque un
deficit « fisiologico », voluto. Infatti la differenza sorge dal'a
mancata corresponsione della retta prevista, ragguagliata ad una
ancora provvisoria previsione di
costi in L. 40.000 al giorno, da
parte di più della metà degli ospiti accolti al Rifugio. Precisiamo che tali ospiti sono tutti
membri delle nostre chiese.
Naturalmente se la chiesa do
Nella foto: la nuova costruzione del Rifugio Carlo Alberto.
vesse decidere di accogliere soltanto coloro che sono in grado
di pagare la retta interaj. rinviando alle famiglie e alle chiese di
origine chi non può pagare, nel
giro di pochi mesi tutti i problemi di bilancio saranno risolti. Tale decisione (che il comitato ha già nel cassetto, e sarà obbligato ad attuare, se le cose non
dovessero modificarsi) scandalizzerà grandemente un altro settore della nostra chiesa.
Ma la nostra risposta è precisa; se la chiesa ci impone una
certa linea di comportamento
nell’accoglimento degli ospiti ci
deve dare gli strumenti per attuarla, senza farne ricadere gli
effetti negativi nè sul personale,
nè sugli-ospiti stessi.
Intanto il comitato (in accordo con altre case di riposo vaidesi delle valli che si trovano in
analoga situazione) sta svolgendo gli opportuni incontri con le
USSL interessate, in ordine a
possìbili finanziamenti (quota sanitaria, convenzionamento di posti, ecc.) che tuttavia non saranno risolutivi e non sostituiranno
l’impegno delle nostre comunità
a sostenere le loro opere, consentendo loro di compiere il servizio per i più deboli e i più
poveri, secondo la loro vocazione iniziale.
A. T.
UN RICORDO
Henri Poët
In occasione della dipartenza
di Henri Poét avvenuta a Marsiglia, desidero ricordarlo perché
la sua vita fa parte d'una pagina di storia dell’emigrazione
valdese in Francia e particolarmente a Marsiglia. Henri Poét,
originario del Cloutès di Perrero, emigrò giovanissimo in Francia dove, con la sua intelligenza
e intuito commerciale, riuscì ad
affermarsi a prezzo di notevoli
sacrifici; ogni qual volta lo incontravo nella sua casa ospitale
rievocava i momenti difficili della sua vita di emigrante, soprattutto nel periodo bellico, essendo
rimasto sempre cittadino italiano.
Con la sua compagna signora
Aimée si occupò con straordinaria passione dell’« Union vaudoise » di Marsiglia dove confluivano numerosi gli emigranti valdesi in particolari circostanze, come il XVII febbraio; in tale occasione era sempre presente un
pastore dalle valli e gruppi corali valdesi. Il sogno di Poét era
la regolare presenza d'un pastore valdese ner Marsiglia e diaspora, con richieste che si rinnovavano ogni anno al Sinodo con
l’appassionata eloquenza della signora Aimée. Alcuni nastori come Arnaldo Genre e Tini Jahier
s’impegnarono per dei periodi
più o meno lunghi. Forse è man
cata la nostra presenza pastorale regolare nel difficile periodo
del radicamento e in collaborazione con la chiesa riformata per
un inserimento concreto dei vaidesi in quelle chiese.
Ricordo la generosa accoglienza della famiglia Poét al corpo
pastorale delle valli in occasione
di una tournée nella zona con
ricevimento al consolato, le frequenti visite dell’« Union » a Pomaretto nel periodo pasquale.
Henri Poét amava la sua chiesa d’origine e soprattutto il nome « valdese » quasi fosse sinonimo di perfetta onestà. Ogni
volta che faceva l’elogio del suo
popolo c’era sempre una lieve nota anticattolica quale residuo dei
tempi lontani quando i rapporti
delle due confessioni non erano
sempre facili, nrobabilmente anche nel suo villaggio natio.
Questo amore f>er i valdesi peraltro lo ha dimostrato nelle mille occasioni di situazioni difficili
desìi emigranti delle valli a Marsiglia, visite ai malati, interventi
presso le autorità, sempre assieme alla sua compagna, con la
diversità e ricchezza dei suoi doni.
Alla signora Aimée, ai figlioli
invio l’espressione della più viva simpatia.
Gustavo Bouchard
TORRE PELLICE — Con un
concerto del Coretto presso il
tempio dei Coppieri ha praticamente avuto inizio la presentazione ed il coinvolgimento delle
comunità su un nuovo progetto
giovanile che sta partendo in
queste settimane nel 1° Circuito;
si tratta della ristrutturazione
dell’area sportiva dell’ex Convitto di Torre Pellice, promossa
inizialmente dall’unione giovanile
dei Coppieri, ma che ha ben presto raccolto più ampi consensi.
La ristrutturazione coinvolgerà, a vari livelli, il Concistoro
di Torre Pellice, il Comitato del
Collegio, la Tavola valdese e l’Associazione Lo Bue sotto l’egida
della quale il progetto verrà gestito con un gruppo specifico, così come avviene per Radio Beckwith. Ovviamente l’operazione
comporterà dei costi ed una prima pietra in questo senso è stata posta con la colletta al termine del concerto del Coretto,
di cui, fra l’altro, ricorre il decennale.
Nel corso della serata del 24
U.S., presenti giovani e genitori,
il past. Tourn ha preso la parola
per rimarcare come si siano troppo a lungo trascurati gli investimenti sulla cultura, e la stessa
attenzione delle famiglie sia risultata in molti casi insufficiente. Perciò il progetto della casa
della cultura nell’ex Convitto
necessiterà dell’impegno di risorse umane e finanziarie.
In qualche modo recependo
questo invito, i giovani, che hanno replicato nella serata successiva il d'ramina « Il sapore del
sale » di E. Ribet Rostain, hanno deciso di devolvere la somma ottenuta con la colletta al
progetto culturale.
• La comunità è vicina alla
famiglia in occasione della dipartita di Riccardo Fontana, deceduto all’ospedale di Torre Pellice.
Assemblee di chiesa
VILLAR PEROSA — Domenica
3 maggio alle ore 10 si terrà nel
tempio l’Assemblea di chiesa.
'• Forse a causa del lungo
ponte, vi è stata scarsa affluenza al bazar del 26 aprile. L’impegno come sempre generoso
dell’Unione femminile non ha
dato così i risultati sperati.
VILLASECCA — La prossima
assemblea di chiesa è fissata
per domenica 3 maggio alle ore
10 per discutere ed esaminare
la relazione morale ’86-’87, l’impegno finanziario per T88, gli stabili, le proposte per la elezione
dell’anziano per Villasecca e per
reiezione dei due deputati alla
Conferenza distrettuale e del deputato al Sinodo.
SAN SECONDO — L’Assemblea di chiesa del 26 aprile ha
confermato per un altro quinquennio Edmea Grassi, Elvina
Godine, Giuiio Griglio quali
componenti il Concistoro. L’Assemblea ha inoltre espresso la
sua gratitudine a Roberto Vicino per il servizio reso ed ha
eletto in sua sostituzione Edda
Paschetto, ed infine ha deciso
di eleggere un altro membro
per il quartiere Centro nella
persona di Mirella Rivoiro.
L’elezione dei deputati al Sinodo è stata rimandata alla
prossima assemblea (17 maggio) perché non si sono trovate persone disponibili tra i presenti.
Per la Conferenza Distrettuale
sono stati eletti; Mirella Pornerone, Ugo Ribet, Velia Rivoira.
LUSERNA S. GIOVANNI —
L’Assemblea di Chiesa, convocata domenica scorsa per decidere sul tema dell’otto per mille,
della defiscalizzazione e dell’esen
zione dalTINVIM, ha discusso
ampiamente il problema con numerosi interventi a favore e contro.
E’ emerso il desiderio di prendere ancora un po’ di tempo
per riflettere, per cui una nuova
Assemblea sarà convocata domenica 17 maggio, dopo il culto.
• Sono stati eletti deputati al
Sinodo Paolo Gay ed Enrico Fratini e delegati alla Conferenza
Distrettuale Enrico Malan, Niny
Boér, Giorgio Peyrot.
Auguri
POMARETTO — La comunità
si rallegra per la nascita di Matteo e Cinzia di Lorenzo Lanzavecchia ed Ivonne Marchetti,
Andreas di Martin e Carin Hanauer, Fabio di Otto e Franca
Peyronel.
Lutto
MASSELLO — Si sono svolti a
Massello i funerali di Vitale
Tron, morto all’età di 77 anni.
Parenti e amici hanno manifestato la loro simpatia alla moglie e ai figli Claudio e Graziella, ricordando nel loro congiunto una bella figura di credente,
di montanaro attaccato alle sue
montagne predilette, di contadino che vedeva nel lavoro dei
campi un dovere morale più ancora che un mezzo di sostentamento. Nella piccola comunità
di Massello, molto ridotta dallo spopolamento, la scomparsa
di Vitale Tron lascia un vuoto
che non sarà facile colmare.
Bazar
PERRERO-MANIGLIA — Il
tradizionale bazar della comunità di Perrero-Maniglia avrà
luogo nei locali della chiesa di
Perrero domenica 3 maggio, alle
ore 15.
Tour nelle Cevenne
ANGROGNA — Sabato 25 si
sono svolti i funerali di Filippina (’’Fina”) Pons, di 85 anni, a
Pradeltorno. Da dieci anni risiedeva presso l’Asilo dei Vecchi di Luserna San Giovanni.
• Dal 1° al 3 maggio saremo,
con la Corale, in visita nelle Cevenne. E’ previsto, nel ’’tour”,
un incontro con la comunità di
Dieuleflt e di Mialet.
• Da domenica 3 maggio (culto con Santa Cena, presiede il
pastore A. Deodato) sino a fine
settembre i culti sono unificati
secondo il vecchio schema; prima domenica al Capoluogo, seconda al Serre, terza al Capoluogo, quarta a Pradeltorno e
quinta eventuale al Capoluogo.
Sempre alle 10.30.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Domenica 10 maggio
□ FESTA DI CANTO
LUSERNA S. GIOVANNI — Presso
Il tempio valdese di S. Giovanni, alle
ore 16, ha luogo l'annuale festa di
canto delle corali; la prova dei canti
d'insieme è fissata per le ore 14, mentre le corali parteciperanno ai culti
nelle chiese della Val Pellice.
10
3?
10 valli valdesi
1° maggio 1987
LUSERNA SAN GIOVANNI
PINEROLO
Sì alla funivia,
ma con strada
Sindacato e democrazia
paga
« Nessuno in Italia, salvo che
sia supermiliardario o ladro, può
affrontare spese simili. Elsa non
possiede niente ». Invece, dopo la
sua morte, si è scoperto che la
scrittrice Elsa Morante era una
« povera-ricca », avendo lasciato
in eredità un patrimonio di oltre mezzo miliardo. L’accorato
appello che lo scrittore Alberto
Moravia lanciò a favore dell’ex
moglie, ricoverata in una clinica
che le costava circa 100 milioni
all’anno, fu una solenne presa in
giro? Anche il Comune di Roma
deliberò di stanziare una somma
ragguardevole per venire incontro ai bisogni economici della
scrittrice milionaria. Certo che
tutta questa vicenda, girala come vuoi, ha tolto smalto al grande romanziere ottuagenario e milionario.
Il caso Moravia-Morante ci aiuta, mi pare, a riflettere sul nostro rapporto con il denaro e sul
problema dei nostri Istituti di
assistenza per i cui ospiti qualcuno deve pagare. Allora chi
paga per chi non riesce a pagarsi la retta? Una volta, nel piccolo mondo antico di queste Valli, provvedevano perlopiù i Concistori che conoscevano personalmente i membri di chiesa realmente poveri. Ma oggi questo
meccanismo di controllo sociale
e di conseguente solidarietà non
funziona più; tutto oggi è molto più anonimo. Tra vita della
chiesa e vita dell’Istituto (salvo
rare eccezioni) si registra spesso
uno scollamento che non aiuta
nè l’una nè l’altro. Del resto sarebbe utopistico pensare che siano le chiese locali, con i loro
magri bilanci, a far fronte ai deficit di gestione degli Istituti.
E allora? Paga l’ente pubblico
attraverso appropriate convenzioni? Sì, questa è una strada, ma
l’ente pubblico paga solo (e spesso in ritardo) se decide lui per
il ricovero del paziente. Pagano
i figli, i parenti stretti? Ma qui
bisogna dire che sovente, malgrado che nell’ambito parentale ci
siano buone possibilità di sostegno economico al familiare ricoverato, nessuno tira fuori, mese
dopo mese, l’integrazione ad una
retta che, a volte, supera abbondantemente il milione. E chi ha
un milione al mese? La maggioranza dei pensionati non ci arriva di certo.
E’ un gioco spietato dove da
un lato si vuole l’autonomia dell’Istituto, dall’altro ci si convenziona per un certo numero di
posti con l’ente pubblico e dall’altro ancora molte rette non
raggiungono il tetto necessario
richiesto dallo stesso Istituto.
Morale del discorso: alcuni nostri Istituti si stanno avvitando
su un deficit di gestione progressivo mentre diminuiscono le speranze di arrestarlo. Ora, prima
che la voragine si allarghi inesorabilmente, dovremmo cercare di
mettere al centro dell’attenzione
delle chiese la questione delle finanze legate alla diaconia. Non
basta solo rivolgere appelli. Essi non possono diventare la regola quotidiana della vita ecclesiastica. Qui si tratta di vedere
se riusciamo ancora a pagare il
prezzo della diaconia¡ che come
chiesa abbiamo espresso, oppure
no. Io penso di sì, ma da soli
non ce la facciamo. Si tratta di
vedere con chi vogliamo condividere il progetto complessivo
della nostra diaconia.
Giuseppe Platone
Soltanto la richiesta di un parere da parte della Comunità Montana sul progetto di valorizzazione turistica della Val Pellice
e le proposte del PCI suU’emergenza rifiuti sono state oggetto
di approfondita discussione all'ultimo consiglio comunale di
Luserna S. Giovanni.
Il Sindaco Badariotti e l’arch.
Congo hanno illustrato quello che
è ben noto come progetto « ovovia »; in realtà, come è stato ribadito, manca un vero progetto
e proprio il consiglio comunale
è stato chiamato a dare la sua
adesione affinché la Comunità
Montana si occupi di ottenere
dalla società interessata un progetto di larga massima, mentre
— ha precisato Congo — « in
Francia comuni ed organismi paragonabili alle nostre Comunità
Montane hanno già deliberato favorevolmente ».
Durante la discussione si sono levate le voci del PCI, favorevoli per
capire il senso dell’ipotesi, e di
Creste, favorevole allo sviluppo
turistico ma che ritiene necessaria, a monte di qualsiasi impianto di risalita, una strada di servizio e collegamento con la Francia, aperta almeno nel periodo
estivo. Al termine è stato approvato un ordine del giorno che
recependo l’invito di Creste, appoggia la Comunità Montana nei
contatti con la società francese.
In materia di rifiuti, il co,nsigliere delegato Delladonna ha il
lustrato la situazione in Val Pellice: in tutti i comuni è partita
la raccolta differenziata del vetro: verranno collocati a Luserna 150 bidoni. Da calcoli
effettuati è lecito pensare che
questo primo abbozzo di raccolta differenziata dovrebbe produrre una diminuzione in percentuale dei rifiuti sull’ordine del 10%,
con notevole risparmio anche sui
costi, tenuto conto del costante
aumento delle tariffe richieste
per lo smaltimento a Pinerolo:
per avere delle cifre basti pensare che la Val Pellice ha prodotto nell’85 oltre 7000 tonnellate di rifiuti. Anche su altri tipi
di raccolta differenziata — ha
aggiunto Delladonna — si stanno studiando possibili iniziative,
in particolare sulla carta, lattine, stracci.
Per quanto riguarda la plastica
la situazione pare essere più complessa in quanto, di fronte all’ipotesi di divieto di uso di questo
materiale, sono insorte le industrie del settore che impiegano
attualmente oltre 150.0(W addetti. Di fronte alle legittime titubanze insorte il PCI ha comunaue invitato l’amministrazione a
nrocedere nello studio del problema.
In chiusura è stato approvato
il progetto di copertura di un
campo di tennis (spesa lire 137
milioni) i cui tempi dì attuazione risultano però indefinibili.
Piervaldo Rostan
ANGROGNA
Insieme per sentirsi
giovani nella chiesa
uria sessantina di giovani appartenenti ai gruppi giovanili
delle chiese valdesi del 1° Circuito si è data appuntamento
ad Angrogna domenica 26 aprile
per l’annuale incontro, giunto
alla quinta edizione. Erano rappresentati, oltre al gruppo EGEI
del Prassuit-Verné (Angrogna)
che si è assunto il compito di
preparare il pranzo comunitario, i gruppi giovanili di Torre
Pellice (Coppieri e Coretto) e di
San Secondo, il gruppo cadetti
di Luserna S. Giovanni, che ha
organizzato i divertenti giochi
del pomeriggio, il gruppo EGEI
di Pinerolo/Val Pellice.
Al vivace culto che ha dato
inizio all’incontro e che è stato
presieduto da Daniele Bouchard
e Eranco Taglierò, ha anche
partecipato, a conclusione di
La Cgil vuole rifondarsi e perciò ha iniziato una serie di confronti tra i suoi dirigenti e la
base. Così mercoledì 22 aprile
sono venuti a Pinerolo tre segretari regionali (Perini, Lattes, Persio, in rappresentanza delle componenti comunista, terza componente, socialista) ed un esponente del direttivo nazionale della OGIL-Scuola, Lami (in rappresentanza della quarta componente, "democrazia consiliare”) per
confrontarsi coi giornali locali
(Eco del Chisone, Eco delle valli, Corriere Alpino, Il Pellice) sul
tema del superamento delle componenti.
Una intervista pubblica che ha
evidenziato alcuni nodi della organizzazione della Cgil e della
politica sindacale.
Il sindacato perde colpi soprattutto a livello degli operai, mentre aumentano gli iscritti tra i
dipendenti del settore terziario,
specie Quello pubblico, e tra i
pensionati. L’attuale formula organizzativa sembra inadeguata a
far fronte ai problemi posti dal
nuovo modo di organizzare la
produzione nella grande industria e al vecchio (auanti infortunilì modo di lavorare nelle niccole imprese.
E’ perciò necessario che il sin
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ducato adegui le sue strutture
alle nuove esigenze di coloro che
si iscrivono e che spesso richiedono servizi.
« In ogni caso — ha detto Perini — il nostro modello di sindacato rimane quello di un sindacato conflittuale che afferma
i diritti dei lavoratori contro le
esigenze del profitto a tutti i costi. Un sindacato che però è capace di una azione riformatrice ».
Per questo le componenti, secondo Lattes, Perini, Lami, vanno in qualche modo superate.
Ciò non significa che debba essere limitata la dialettica, ma
che questa non deve essere ideologica ma sui modi di affrontare i problemi. Per Persio invece
l’attuale struttura per conponenti (che ricalca i risultati elettorali politici) deve esspe salvaguardata in quanto il sindacato rannresenta la società che lavora.
Sul diritto di sciopero, che secondo i giornalisti de II Pellice
e del Corriere Alpino deve psere regolamentato, tutti i sindacalisti hanno difeso l’autore
golamentazione. E la componente donna? ha chiesto provocatoriamente un intervento. Su qt^sto si è glissato. G- G.
GIOVANI DELLA VAL PELLICE
Alla scoperta dei
valdesi tedeschi
una retraite in ’Val Pellice, un
gruppo di catecumeni di Ginevra.
La giornata, favorita dal bel
tempo, si è svolta all’insegna
della gioia e della fraternità ed
è stata ancora una volta utile
per lo scambio di informazioni
e per progettare visite ed iniziative comuni, che andranno sviluppate in futuro. E’ stato così
raggiunto il principale scopo dell’iniziativa del Circuito, quello
cioè di far uscire i gruppi giovanili dall’isolamento nel quale
talvolta rischiano di cadere, anche se le distanze sembrerebbero non essere di ostacolo. In
questa ottica rimane un pizzico
di rammarico per non aver avuto ad Angrogna l’auspicata presenza degli altri gruppi della
Val Pellice. F. T.
Invitati dai diaconi per la gioyejitù di tre circuiti ecclesiastici
tedeschi, diciotto giovani, prevalentemente dell’unione giovanile
dei Coppieri di Torre Pellice,
hanno trascorso le loro vacanze
pasquali a Badenheim, vicino a
Magonza. Alcuni momenti di incontro sono stati particolarmente significativi, a cominciare dalla giornata trascorsa a Walldorf,
comunità valdese fondata nel
1690: ricordiamo la visita nel
municipio, al museo valdese, alla
chiesa valdese e ad un nuovo centro comunitario.
A proposito della comunità, di
Walldorf è interessante segnalare che molti membri sono impegnati in una forma di resistenza ad un progetto di costruzione di una terza pista per 1 aeroporto di Francoforte, struttura
che ha già comportato la distruzione di enormi distese di fore
Nella notte di Pasqua è da ricordare la partecipazione al culto a Bell, base missilistica della
Germania Federale;^ proprio di
fronte ai cancelli di questa base ogni domenica gruppi di credenti provenienti da tutta la regione si radunano per celebrare
un momento di culto.
Sempre in tema di pace, Claudio Rivoira di S. Secondo ha illustrato l’impegno delle chiese
delle Valli, ed i membri del Coretto presenti hanno espresso la
loro solidarietà con dei canti.
Analogamente con dei canti i
giovani hanno partecipato al culto di Pasqua nella comunità che
li ha ospitati.
Altri momenti importanti del
viaggio la partecipazione a Magonza ad una manifestazione per
la pace fra migliaia di persone
e la presa di contatto con la
Missione Gossner, per i giovani
disoccupati.
Tutto Questo programnia è stato realizzato con una quindicina
di giovani delle comunità tedesche che ci hanno ospitati, la
cui accoglienza e simpatia sono
state eccezionali.
I nostri giovani hanno presentato loro aspetti delle attività
svolte a Torre, promesso la cassetta del concerto del Coretto,
quella del programma pi viaggio realizzato per Radio Beckwith, foto dei Coppieri.
Anche momenti ricreativi hanno caratterizzato queste giornate: visite ad aziende di viticultura, partite di calcio (perse dagli italiani), conversazioni fatte
pur con le difficoltà di linguaggio ma anche con l’apporto degli interpreti Marinella Lausarot
e Daniele Varese.
L’augurio è che questa iniziativa lanciata dai diaconi di Walldorf trovi ulteriori occasioni per
rinnovare rapporti fraterni e
renderli durevoli. , ^ .
Susanne Laoscn
-ducBU
(H BOLLA • BENECH «.nx.
Articoli Rogalo Casalinghi
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LISTE NOZZE
Luserna S. Giovanni
Viale de Amicis, 3.
11
r maggio 1987
valli valdesi il
I W
PINEROLO
Silenzio, o si scomunica!
RINGRAZIAMENTO
(c La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra
perfetta nella debolezza ».
(Il Cor. 12: 9)
Ha terminato la sua esistenza ter
L’autorità nella chiesa è il nodo del conflitto tra
fessione di fede o ricerca aperta? — La teolog
t ■
Sono venuti da Torino e da
Cuneo, da Saluzzo e Candiólo,
Cavour, Piossasco... per discutere
insieme sulla linea da seguire nei
confronto col vescovo. Mentre a
Pinerolo si svolgeva la tradizionale ñera di primavera e la città
straboccava di gente, i membri
delle Comunità di base hanno
passato tutto il pomeriggio della
domenica 26 aprile a dibattere,
interrogarsi, cercare insieme cosa fare e come farlo. Un incontro richiesto dalla Cdb di Pinerolo, ma anche voluto dalle altre,
ben consapevoli che « se' un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui ».
Il problema ha ovviamente
varie sfaccettature e si presta
a diverse interpretazioni, ma dovrebbe essere chiaro, o almeno
sta diventando sempre più chiaro, che il suo centro è dato dalla questione dell’autorità nella
chiesa. Ridurre la questione ad
una difficoltà di rapporti tra il
vescovo, mons. Giachetti, e il
presbitero don Barbero, sarebbe un’operazione quanto meno
deformante; così come parziale
sarebbe ridurre la cosa ad una
diatriba teologica sulla verginità
o meno di Maria.
Se questo è esatto allora ogni
mossa, ogni passo, ogni parola
vanno considerati in un contesto più ampio, non possono più
essere visti isolatamente, come
se possedessero solo un valore
relativo.
La Cdb di Pinerolo, in comunione con le altre comunità, ha
valutato positivamente il fatto
che il vescovo avesse preso atto
della esistenza della loro realtà.
Proponendo il dialogo, infatti,
mons. Giachetti aveva, in una
lettera di alcuni giorni fa, precisato che questo si sarebbe svolto tra una commissione nominata dalla Curia, don Barbero e
la Cdb. A questi incontri la Cdb
intende essere presente in numero abbastanza consistente, almeno una quindicina dì persone, a sottolineare il latto che la
comunità non conosce né deleghe, né rappresentanze.
Gli incontri, poi, dovranno essere cadenzati e abbastanza distanziati l’uno dall’altro. Non si
tratta infatti di avere come una
specie di processo e una sua
istruttoria, per giimgere quanto
più rapidamente possibile ad
una soluzione dell’intera vicenda, ma si tratta piuttosto di
riuscire a fare insieme un certo percorso, dunque di avviare
una riflessione che, per poter
maturare, ha ovviamente bisogno di tempi lunghi.
Agli incontri la Cdb vuole dare
un carattere pubblico. Il vescovo chiedeva una specie di « silenzio stampa ». Ma questa richiesta è parsa essere inaccettabile,
anzitutto perché la minaccia di
sospensione a divinis fu a suo
tempo trasmessa dal vescovo alla stampa, dando così alla questione una pubblicità che amareggiò molto la Cdb pinerolese;
inoltre perché circondare di silenzio rd-mistero dei colloqui,
degli incontri di ricerca, studio?
A cosa devono mirare questi
incontri? Secondo la proposta
del vescovo devono consentire
di giungere ad una confessione
di fede cattolica. E’ una propo
L’AVIS
Al LETTORI
Amico lettore,
il progredire della medicina in generale fa sì che sempre più ampio sia
Il campo deH'applicazi'one del sangue
€ degli emoderivati, sarebbe quindi
necessario che ognuno di noi desse
il proprio contributo.
Certo, chi non è donatore si porrà
degli interrogativi, avrà dei dubbi; vediamo di dissiparne, sinteticamente
purtroppo, alcuni, quelli che probabilmente sono i più sentiti.
La donazione è un atto molto semplice. praticamente è paragonabile ad
un’endovenosa; l'ago per entrare in
vena deve attraversare solo un leggero strato di epidermide, il dolore
provocato è quindi quasi nullo. Generalmente tutti gli individui adulti,
di entrambi i sessi, che godano di
buona salute possono diventare donatori, comunque, prima del prelievo,
avviene, sempre, un’accurata visita
medica che da un lato garantisce il
prelievo ai soli soggetti idonei, e
dall'altro diventa un importante strumento di profilassi medica. Donare il
proprio sangue inon dà luogo ad alcuna assuefazione, e quindi anche
dopo anni ed anni di donazioni, si
può sospendere senza che si riscontrino né controindicazioni, né tanto
meno malesseri.
Per il prelievo vengono usati, esclusivamente, strumenti monouso, escludendo così assolutamente la possibilità di qualsiasi contagio.
Per i donatori che esercitano attività dipendente, la Legge prevede il
riposo post-trasfusionale, retribuito.
La donazione oltre ad essere un atto di dovere civico, comporta uno
slancio di solidarietà che, superando tutte le barriere che spesso, purtroppo, dividono gli uomini, diventa
l'essenza stessa dell’amore fraterno.
Nei giorni sottoindicati, puoi rivolgerti alla sede AVIS di Villar Perosa,
in via Asiago, ma ricordati, l'AVIS è
presente praticamente in tutti i Comuni delle nostre zone, presso le nostre
sedi troverai chi ti potrà informare
più dettagliatamente.
Vieni a trovarci, c’è bisogno anche
di te!
Calendario 87: Villar Perosa: venerdì
8,5;5.6; 17.7; 28.8; 16.10; 27.11; 18,12.
Fraterni saluti.
Daniele Ghigo, AVIS Villar Perosa
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vescovo e Cdb — Conia emerge dalla prassi
sta che contiene elementi cari
al card. Martini di Milano. Ma
la Cdb s’interroga se sia opportuno concludere con una confessione di fede. Sarebbe questo un
modo di definire una questione,
concludere un percorso, giungere ad un accordo che chiude
un caso. Ma il « caso » può essere chiuso? Non tanto il « caso
Barbero », o il « caso Cdb », ma
ciò che sta in realtà dietro ad
esso: in altri termini la questione Gesù. Il cammino di fede
giunge ad una confessione di fede, o parte da essa, o è sempre
alla ricerca, se vuole essere realmente una cosa viva? Qui si tocca uno dei nodi di fondo delle
Cdb, che non possono avere una
teologia defluita. Invano si cercherebbe per es. una teologia
della liberazione. Esistono varie
teologie, ina anche queste sempre in movimento, perché sono
teologie che nascono dalla prassi e quindi v’è una elaborazione
continua. Il giorno in cui si definiscono, in realtà muoiono. Per
questo anche l’insistenza della
Cdb pinerolese sulla prassi: confronto teologico non vuol dire
soltanto confronto di dogmi, di
affermazioni teologiche, ma anche verifica della prassi; vuol
dire concretamente sapere anche come sono utilizzati i soldi
della diocesi, quali i suoi investimenti, quale il suo coinvolgimento nel crack dei fratelli Martina, i noti esponenti DC di Luserna S. Giovanni. Non per andare nello scandalistico, ma perché teologia e prassi non possono essere separate.
Luciano Deodato
ERRATA CORRIGE
Nell'elenco dei doni pervenuti all'Asilo dei vecchi di San Germano per
il Fondo Ristrutturazione [gen.-feb.)
gli importi indicati L. 130.000 devCMio
intendersi L. 150.000. Ci scusiamo
dell'involontario errore con i sottoscrittori.
Segnalazioni
PINEROLO — Giovedì 7 maggio
alle ore 18, presso la sala consiliare
vengono consegnate al presidente del
Consorzio energia ed ambiente ed al
presidente del Consorzio smaltimento
rifiuti le firme raecolte a sostegno della petizione, riguardante i problemi
dell’emergenza rifiuti e del loro corretto smaltimento, promossa dal PCI
di zona a cui hanno aderito Lega Ambiente e WWF.
TORRE PELLICE — Nell’ambito
del ciclo « L’uomo e la montagna »
organizzato da Spazio Giovani della
Comunità Montana, venerdì 8 maggio,
alle ore 21, presso il convitto di via
Angrogna, ha luogo un incontro su
forestazione, frutticoltura, zootecnia,
eooperazione, con la pi^enza di tecnici, politici, giovani operanti nel settore agricolo.
PINEROLO — Nell’ambito del corso di formazione per il volontariato,
sabato 9 maggio alle ore 9, la sig.ra
Franca Bertolotto, operatrice della cooperativa « Educazione e progetto » illustra le tecniche di animazione in
un reparto di pediatria; l’incontro ha
luogo presso il salone del Comprensorio in via Convento di S. Francesco 1.
PINEROLO — I sindacati organizzano la compilazione del mod. 740
per la denuncia dei redditi; la UIL
segnala che per il servizio, fornito a
titolo gratuito, gli interessati possono
recarsi presso la sede di corso Torino 50 tutti i giorni dalle ore 8.30
alle ore 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30.
Tel. 0121/22160.
Concerti
PINEROLO — Nell’ambito dei concerti organizzati da Amnesty International, venerdì 8 maggio alle ore 21
presso il tempio valdese di via dei
Mille 1, ha luogo un concerto di A.
Sacco, pianoforte.
TORRE PELLICE — Radio Beckwith organizza per venerdì 8 maggio,
alle ore 20.45, presso il tempio valdese di Torre Pellice una serata con
la Corale di Angrogna dai titolo « Trecento anni dopo... » ; le vicende di un
popolo rivissute attraverso canti, letture, meditazioni. Ingresso lìbero, offerte a favore del lavoro di Radio
Beckwith.
TORRE PELLICE
Concorso pianistico
Fervono i preparativi per la 6“
Edizione del Concorso pianistico
nazionale « E. Czerny », che si
terrà a Torre Pellice dal 13 al
17 maggio p.v., organizzato dalla
Pro Loco, con il patrocinio della
Regione Piemonte, e con contributi di diversi Enti pubblici e
privati locali. Contemporanea a
questo si terrà la 3” Edizione del
concorso riservato a giovani compositori. La giuria composta di
cinque membri sarà come lo scorso anno presieduta dal Maestro
Hazon.
Ambedue i concorsi sono ormai quotati e conosciuti a livello nazionale, anche se in questi
ultimi anni si è assistito in Italia ad un proliferare di nuovi
concorsi.
Numerose sono le adesioni di giovani concertisti che già
in precedenza hanno debuttato a
Torre Pellice.
Cinque saranno le categorie in
cui si suddivideranno i partecipanti, oltre alla categoria unica
per la composizione.
Come di consueto l’ingresso alle audizioni, che si terranno presso THótel 'Gilly, sarà libero. Domenica 17 alle ore 11 nella stessa sede è prevista la premiazione, mentre nel pomeriggio alle
ore 15 nel Tempio Valdese si terrà il concerto riservato ai primi
classificati nelle diverse categorie.
A. L.
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
Vitale Tron
di anni 77
Nel darne annuncio, ì familiari ringraziano gli amici e fratelli tutti che
l’hanno seguito con affetto negli anni
della sua malattia e che hanno espresso la loro simpatia al momento della
sua dipartenza. Un ringraziamento particolare ai ipastori, ai mediei curanti
e al personale tutto delTOspedale di
Pomaretto e delTOspedale civile di Pìnerolo.
Massello, 24 aprile 1987
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Riccardo Fontana
profondamente commossi per la dimostrazione di affetto tributata al loro caro, nell’imposeibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro ohe si
sono uniti al loro dolore. Ringraziano i
pastori Zotta e Tourn, il primario delTOspedale Valdese, i medici, tutto il
personale infermierìstico, la Dott.ssa
Grand e l’Arma dei Garabinieri.
Torre Pellice, 20 aprile 1987
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA due persone in Torino
cerca con urgenza collaboratrice domestica fissa. Richiedesà provata esperienza e referenze. Telefonare 011/
532885 ore ufficio.
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VENERDÌ' r MAGGIO 1987
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Perosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto 1 - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
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(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile].
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 tOspedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
VENERDÌ' 1° e DOM. 3 MAGGIO
Luserna San Giovanni; FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Telef. 90223.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
12
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fatti e problemi
1
r maggio 1987
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UNA STORIA FATTA DI PREGIUDIZI
DOPO LA DINASTIA DEI DUVALIER
Zingari, stranieri tra noi
Tradizione di nomadismo e organizzazione approssimativa rendono
difficile l’inserimento nella nostra società — Per la parità dei diritti
Haiti: ii difficiie
rientro dei profughi
Fenomeno abbastanza diffuso
anche nel nostro paese, segnato
dalla difBdenza e non di rado
daU’ostilità della gente, è quello
d^li Zingari: Sinti di varie regioni, una parte a tutti gli effetti cittadini italiani, stranieri
l’altra parte, per lo più immigrati in Italia dal secondo dopoguerra, provenienti dall’Est e
soprattutto dalla Jugoslavia, differenti per etnia ^ per caratteri
culturali fslavi musulmani o
greco-ortodossi, romeni, polacchi — praticanti mestieri tradizionali spesso obsoleti o dediti
airaccattonaggio e ad occupazioni di fortuna).
Gli Zingari sono un popolo
per secoli fondamentalmente caratterizzato dal nomadismo e
dalle relative forme dì organizzazione, con un proprio patrimonio linguistico e di cultura
ricco e sfaccettato; ma la loro
storia rimane, ancor più nella
complessa e massificata società
contemporanea, una storia di
difficoltà e di discriminazione.
Sono molte volte non in regola
con i documenti e privi dei titoli di studio adeguati per accedere alle professioni e ai beni
di consumo; restano quindi largamente esclusi dall’odierno
mercato del lavoro; invadono
con le loro carovane le aree periferiche dei centri abitati; creano problemi igienici, sanitari, di
rapporto in genere con i sedentari; presentano caratteristiche
che « disturbano » le abitudini
diffuse e l’ordine costituito. La
frequente risposta degli « altri »
è purtroppo di mera « difesa »,
chiusa e repressiva: manifestazioni xenofobe e razziste, rifiuto di ospitalità, misure di pubblica sicurezza non sempre giustificate e non sempre condotte
nel rispetto dei diritti umani.
Esistono da anni associazioni
di volontariato, come l’Opera
Nomadi, che si adoperano per
l’integrazione scolastica e sociale degli Zingari, intendendo tuttavia salvaguardarne la specificità etnica e culturale, respin
gendo dunque l’ottica — certo
più comoda per il sistema maggioritario — dell’assimilazione
più o meno forzata. Gli Zingari
stessi sono posti in condizione
di acquisire gradatamente coscienza di sé e dei propri diritti
e dì organizzarsi autonomamente.
C’è in ogni caso ancora molto
da fare e certamente pure gli
evangelici italiani possono e debbono essere sensibili e aperti al
problema nella prospettiva di
servizio sociale. Anche gli Zingari, con o senza passaporto
italiano, continuano ad essere in
larga misura « stranieri » in
mezzo a noi: impariamo a considerarli uomini con parità di
diritti e doveri, non escluso comunque il « diritto alla diversità »; cesseranno un po’ per volta di essere « stranieri » se sapremo continuare nel difficile
processo di edificazione di una
società mondiale plurietnica e
pluriculturale.
Carlo Ottino
La grave situazione economica e i problemi
sanitari — Il piano di aiuti urgenti^deH’ONU
E’ passato poco più di un
anno dal crollo della sanguinosa dinastia Duvalier ad Haiti,
l’isola in « condominio » colla
Repubblica Dominicana nel mar
dei Caraibi, situata ad est di
Cuba e ad ovest di Portorico.
1® MAGGIO 1987
Sindacalisti in carcere
Prigionieri segnalati in tutto il mondo da Amnesty International
Amnesty International ricorda
le violazioni dei Diritti Umani
perpetrate ovunque nel mondo,
nei confronti di lavoratori e sindacalisti. Molto spesso l’imprigionamento per motivi politici,
la pena di morte e la tortura
hanno per oggetto chi agisce, in
modo pacifico, per l’affermazione
degli irrimmciabili diritti dell’uomo nel campo del lavoro ed in
difesa della libertà di espressione
e di associazione.
Anche quest’anno, in occasione
del 1° maggio, Amnesty International invita gli appartenenti al
mondo del lavoro a mobilitarsi,
a livello internazionale, per la
liberazione di alcuni sindacalisti
e lavoratori vittime di violazioni dei Diritti Umani:
Jorge Herrera, del Guatemala,
consulente legale di parecchi sindacati guatemaltechi ed ex-insegnante alla Scuola di Studi Sindacali deirUniversità di San Carlo: è stato rapito il 26 luglio
1986 presumibilmente da uno degli « squadroni della morte », organizzazioni composte, secondo
Amnesty International, da personale di polizia e da militari che
agiscono su ordini superiori. Jorge Herrera è il quinto membro
della sua famiglia vittima di una
« sparizione ». Il Governo civile
di Vinicio Cerezo non ha avviato alcuna indagine su questa ed
altre migliaia di « sparizioni » avvenute negli anni precedenti.
Vladimir Gershuril, dell’Unione
Sovietica, arrestato nel 1982 a
causa della militanza nella Libera Associazione Interprofessio
nale dei Lavoratori (SMOT), organizzazione di controinformazione sindacale, per l’appartenenza alla quale circa 20 aderenti sono stati rinchiusi in ospedali psichiatrici. Dal 1982 al 1986
Vladimir Gershuni è stato ricoverato nell’ospedale psichiatrico
di Alma Ata mentre ultimamente è stato trasferito nell’ospedale
psichiatrico ordinario della regione di Mosca.
Samuel Fezile Tiyo, del Sud
Africa, Presidente dal 1984 dell’Unione dei Lavoratori Tessili
del Sud Africa. E’ stato arrestato all’alba del 12 giugno 1986 con
l’entrata in vigore dello stato di
emergenza su tutto il territorio
sudafricano; da allora è detenuto nella prigione « Victor Verster » di Paarl, in base all’art. 3
della legge sullo stato d’emergenza che dà facoltà al Ministro
degli Interni di autorizzare la detenzione di chiunque a tempo indeterminato, senza accusa né processo.
Abbout Arezki, dell’Algeria, Segretario della « Tizi Ouzou University Branch», appartenente all’Unione Generale dei Lavoratori
Algerini, nonché membro della
Lega Algerina per i Diritti Umani, E’ stato arrestato il 5 luglio
1985 quando, insieme ad altri cittadini, tentò di deporre alcune
corone sul Monumento all’indipendenza, durante le celebrazioni
ufficiali dell’indipendenza algerina. Sta scontando una condanna
a tre anni di carcere nella prigione di Tazoult-Lambese.
Kim Mun-Su, della Corea del
Sud, membro della Federazione
del Movimento dei Lavoratori di
Seul, organismo fondato nel 1985
allo scopo di assistere i lavoratori nelle loro azioni per ottenere
migliori salari, condizioni di lavoro e la revoca di una serie di
norme restrittive sui diritti sindacali. Arrestato il 6 maggio 1986
è stato sottoposto a durissimi interrogatori nel Centro di Sicurezza Militare di Songpa nonché nella Sezione Anti-Comunista
della Polizia Cittadina di Seul.
Amnesty International non ha
precise notizie sul processo, che
lo vedeva imputato di aver costituito un’organizzazione filo
nord-coreana, di aver pubblicato
dichiarazioni critiche nei confronti del Governo e degli USA
e di aver partecipato a dimostrazioni non autorizzate.
a cura del
Gruppo « Val Pellice »
di A.I.
Processo conciliare?
(segue da pag. 1)
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
Coop.TIPOGRAFICA
SUBALPINA
Via Arnaud, 23 - ® 91334
10066 TORRE PELLICE (To)
processo può non essere un
« giudizio », ma un movimento
di convergenza, di incontro, un
luogo di cammino e non di
stasi.
Come fare perché tutto questo lavorìo risulti fecondo e
non intristente, laico e non clericale, ecumenico e non settario,
aperto sill’umanità, alla creazione di Dio, e non rinchiuso nella
diplomazia ecclesiastica?
E’ qui che occorre saper dare
concretezza alla richiesta di giustìzia e di pace, in un mondo
che conosce ingiustizia e guerra,
e saper ritrovare un ambiente
che non è solo la somma chi
mica, fisica e biologica di quanto abbiamo trovato intorno a
noi (natura e fabbrica e inquinamento) ma che potremmo riconoscere come « creazione »
di Dio, anche se deformata e
sfigurata dal nostro peccato.
E’ qui che occorre procedere
oltre la pur necessaria analisi
politica, storica, circostanziale,
dei motivi di ingiustizia, di mancanza di pace, di mancanza di
« creazione », per giimgere ad
una riflessione laica su Dio. Per
osare parlare di Dio, con Dio,
tra gli uomini che vivono nell’ingiustizia, nella guerra e nell’inquinamento.
Sergio Ribet
A causa della feroce repressione durata 15 anni — dall’aprile 1971 al febbraio 1986 —
questo paese ha fornito, in proporzione ai suoi abitanti (che
sono poco più di 5 milioni) uno
dei numeri più alti di profughi
e di emigranti, che si calcolano
infatti in oltre un milione.
Di questi — secondo il dossier apparso sull’ultiino numero del mensile Réfuglés (il periodico a cura dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per
i profughi) circa mezzo milione sono nel nord America, distribuiti fra Stati Uniti e Canada; da 300 a 500 mila nella confinante Rep. Dominicana ed i
restanti sono ripartiti fra le Antille e la Guyana francesi, le Bahama, il Venezuela, il Messico,
l’Africa e la Francia.
Da qualche tempo, sorio numerosi i profughi che rientrano ad Haiti, ma in genere sono
muniti del biglietto di andata e
ritorno, dato che le notizie che
filtrano all’estero non lasciano
molte speranze sulla ripresa
economica del paese.
Là situazione economica ad
Haiti — come rileva il periodico delle N. U. — è in effetti definita « disastrosa » da tutti gli
osservatori. La disoccupazione
batte tutti i primati: essa ammonta infatti ad oltre il 65%.
Anche il disboscamentc assume
l’aspetto di una vera e propria
catastrofe. Si calcola che annualmente l’abbattimento delle
foreste ed il supersfruttamento
delle terre di montagna sottraggano all’agricoltura, con la conseguente erosione, da 10 a 15
mila ettari di terra. Il contadino
che muore di fame, nel produrre carbone di legna ha trovato
un ultimo sistema di sussistenza. Sono mesi che i contadini
si lamentano per la mancanza
di acque irrigue: « Se è il carbone di legna che ci farà vivere — essi soggiungono — disboscheremo tutto il paese. I nostri
bimbi hanno fame».
Attualmente la denutrizione è
il problema sanitario più grave
del paese e tocca tutto il territorio, seguita dappresso dalla
tubercolosi e dalla malaria. La
mortalità infantile ammonta al
12,5 per cento. Anche il tasso
di analfabetismo è elevatissimo:
esso tocca più deU’85% della
popolazione.
Secondo il programma delle
Nazioni Unite per lo sviluppo,
l’ampiezza della crisi economica della Repubblica di Haiti, oltre ad aver accresciuto la povertà, ha creato « una situazione estremamente difficile in cui
si esprime il profondo malcontento di una popolazione priva
di risorse e per la quale non è
stato fatto nulla da anni ».
A seguito di un appello lanciato dal Governo provvisorio
haitiano, il segretario generale
delle Nazioni Unite ha adottato
un piano di aiuti urgenti.
Per quanto concerne il problema dei rimpatriati, essi vengono decentralizzati il più possibile dopo essere stati accolti
tramite diversi centri istituiti
per questo scopo. Essi sono nella grande mag^oranza diretti
verso zone rurali, invece che in
quelle urbane, allo scopo di potenziare l’agricoltura. « Per for
tuna — commenta un responsabile — questi rimpatriati che
desiderano fermarsi nel loro
paese sono molto più desiderosi
di decentrarsi nelle campagne
che non di stare nelle città, contrariamente agli haitiani che
non hanno mai lasciato il paese ».
Anche il Consiglio ecumenico
delle Chiese ha inviato, nello
scorso germaio, 40.000 dollari
per aiutare il reinserimento dei
profughi. E’ certo però che la
grave situazione dì crisi vede
il doppio fenomeno del rimpatrio, da una parte, e del contìnuo espatrio di residenti, specie
verso la Repubblica Dominicana alla ricerca di un lavoro anche stagionale. Altri continuano ad imbarcarsi verso le coste americane, col rischio di
affondare in pieno oceano. Ma
la guardia costiera sorveglia attentamente i punti di sbarco e
rinvia questo « boat people » alla sua isola. Ancora oggi, sono
ben 25 mila all’anno le persone
che lasciano clandestinamente
il proprio paese e cercano di
introdursi illegalmente negli
Stati Uniti oppure nella Repubblica Dominicana.
Roberto Peyrot
Í
. L’Eco delle Valli Valdesi »; Rea
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