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Anno 120 - n. 43
9 novembre 1984
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
COMMENTI AD UN ARTICOLO DI HANS KUENG
Abbiamo seguito con trepidazione la vicenda del sacerdote
polacco Jerzy Popieluszko, di 37
anni, tragicamente conclusa.
Non possiamo che unirci al
coro di voci che si sono levate
per esprimere esecrazione e
commossa partecipazione al dolore del popolo polacco. Piangiamo un fratello e manifestiamo
la nostra solidarietà alla famiglia della vittima, alla chiesa
cattolica, al popolo polacco. Nello stesso modo reagiamo di fronte a gualcasi altra vittima della
violenza: i nove cileni massacrati nei giorni scorsi, l’assassinio
di Indirà Gandhi, la sconosciuta
bambina di quattro anni fatta
bruciare nel forno da una coppia americana in preda ad un
raptus religioso.
In particolare di fronte alla
vicenda polacca, mi sembra che
non possiamo lasciarci travolgere da reazioni emotive. Non abbiamo, in fondo, molti elementi che ci permettano di dare dei
giudizi globali e definitivi. Molte
cose sono ancora oscure, come
d’altra parte capita quando si
tratta di delitti politici, in cui,
in qualche modo, sono coinvolti
gli apparati dello Stato.
Fra le varie ipotesi prevale,
sulla stampa, quella della cospirazione, ma non c’è dubbio che
la situazione sia molto complessa. Il governo, a mio avviso, non
potrà comunque essere del tutto
assolto. In questi anni non ha
voluto, o non ha saputo, o non
ha potuto soddisfare le attese
di libertà e di democrazia del
popolo polacco: lo stato d’assedio, il clima di repressione, lo
scioglimento di una delle più
vive espressioni di quelle attese,
« Solidarnosc ». In questa ultima
vicenda un potere che non è più
riuscito a controllare se stesso
ed il proprio apparato.
Da parte sua « Solidarnosc »
sembra che si sia andata caricando di contraddizioni, di responsabilità, di strumentalizzazioni politiche e religiose che
non hanno certo aiutato il dia, logo e la distensione. E poi, co‘ me cristiani, come si può approvare l’accostamento fra l’uccisione di Popieluszko ed il sacrificio
di Cristo? Gesù Cristo è morto
\ ammazzato non per degli ideali,
ma per gli uomini, per i nemici, perché non ci siano più sacrifici e ci ha indicato la via
della sua croce come unica via
della pace e della riconciliazione. Come apprezzare nei servizi
televisivi l’immagine di un sacerdote che mentre celebra la
« messa per la patria » brandisce
un crocifisso costellato di autoadesivi con la scritta « Solidarnosc? ».
Continueremo a seguire con
speranza l’evolversi della situazione polacca, ma anche con
spirito critico evitando affrettate assoluzioni e condanne pregiudiziali. E’ molto importante
quell’impegno assunto dal governo e da « Solidarnosc » per un
« dialogo onesto per il bene della patria di tutti ». Il mondo più
che di « ordine e legalità » ha
oggi bisogno di un dialogo onesto e di cooperazione. E questo
è l’impegno di tutti coloro, cristiani e non, che hanno coscienza del pericoloso crinale in cui
si trova il mondo in questo scorcio di secolo, cercando di impedire che il male, che ciascuno
di noi in qualche modo ha contribuito a costruire, finisca per
travolgerci tutti, all’est come
all’ovest. Valdo Benecchi
Perché non divento protestante
Le critiche sollevate dal discusso teologo cattolico svizzero sono motivo di riflessione e analisi per cattolici e protestanti in ricerca verso una maggior fedeltà a Cristo nel nostro tempo
dito lasciando il posto al trion- ,
fo della restaurazione post-con- 1
ciliare, nerciò molti cattolici han- •
« Perché nonostante tutto io
rimango cattolico? ». E’ la domanda che puntualmente ritorna, anche con parole diverse, in
molti scritti del teologo svizzero Hans Küng. A questa domanda nel 1274 il teologo svizzero
rispose sbrigativamente: « Resto nella Chiesa cattolica perché
sono cristiano » ^ oppure nel 1979
in un’interrdsta dichiarò; « Ho
avuto tante tentazioni nella vita,
ma mai quella di gettare la tonaca alle ortiche. Non è la tanaca che fa il prete »^ Oggi la domanda ritorna e riceve sulle pagine patinate della rivista 'Pan^attìaTTi^’ un’ampia risposta che tira in ballo direttamente i protestanti. Infatti a questa
prima domanda Küng ne aggiunge subito un’altra: « Che
cosa altrimenti io, cattolico, dovrei essere? Luterano, protestante? ».
In sostanza per Küng non vale la pena di saltare il fossato.
E’ vero, e lo riconosce (anche se>
malvolentieri) che nelle chiese
protestanti c'è maggiore li berta ,
maggior rispetto dei diritti umani, non vi si accendono roghi
psicologico-morali e via dicendo
ma « in realtà i capi delle Chiese protestanti e di quella cattolica agiscono di comune accordo soprattutto là dove si intende avanzare richieste comuni
alla società e allo Stato, e il meno possibile là dove sono in que
stione le proprie posizioni ». Non
vale dunque la pena diventare
seguaci dei Riformatori perché:
I « almeno in Germania, la proI testa è passata già da tempo dai
capi delle Chiese protestanti aij
V cattolici critici ». E non solo questo; « Alla base delle nostre
Chiese le differenze sono spesso
minime e dipendono interamenI te dalla persona. Una comunità
i cattolica con un parroco aperto
! può essere più evangelica di una
I comunità protestante » e vice‘ versa. Ma, continua Kiing, con
il Concilio Vaticano II (1962-65)
la Chiesa cattolica ha accolto
j « tutta una serie di fondamenl tali principi riformatori ». Quali? Una nuova considerazione
della Bibbia, l’introduzione delle lingue nazionali nella messa,
una valorizzazione del laicato,
un collegamento del papato con
la collegialità della conferenza
episcopale, infine una riforma
della pietà popolare. « Se oggi
pertanto si vogliono realizzare
— dice Kiing — questi principi
riformatori non occorre più di. ventare protestanti. Anzi, dalla
lloro realizzazione viene messo
Un questione anche ciò che non
è stato ancora realizzato nella
• Chiesa evangelica ».
I protestanti, secondo Kiing
che dirige l’Istituto ecumenico
di Tubinga, dovrebbero cominciare a prendere più sul serio
i principi cattolici: più rispetto
Il teologo cattolico Hans Kiing
(foto Panorama/Mese)
per la tradizione della Chiesa cattolica antica e medioevale, celebrare più degnamente e frequentemente l’Eucarestia, riconoscere maggiormente l’importanza
del ministero ecclesiastico ed
essere anche emozionalmente (e
non solo intellettualmente) vicini al popolo. Kiing osserva inoltre che lo spirito del Concilio
Vaticano II è stato spesso tra
GEREMIA 29
Vivere nella speranza
Se l'etica cristiana è « sperare
contro speranza » è necessario
un « ottimismo di metodo » proprio oggi in cui gruppi di potere diffondono di proposito la
paura in mezzo alla nostra società.
Ma attenzione alla falsa speranza! Il teologo Niemoller diceva che ci sono illusioni nere
(il pessimismo). Un altro teologo, G. Casalis, dice che l’evangelo chiama a un « realismo positivo prudente, a riconoscere l’umanità e il mondo nella sua contraddizione: tutto è contraddizione: l’uomo, lo stato, la chiesa ».
Possiamo citare molte false sicurezze intorno a noi: riporre
nella forza degli armamenti la
sicurezza dei popoli. La cieca fiducia nella scienz.a e nella tecnologia (perfino il computer personale deciderà tutto: una sorella li chiama: «vitello d’oro»).
Lavorare solo per il profitto, il
consumismo. Credere di lottare
contro la fame nel mondo solo
con offerte, inserirsi nelle strutture esistenti ingiuste di una società che schiaccia i deboli, senza discuterle. Dire: tanto non
cambia niente, il fatalismo della guerra e della miseria ci sarà
sempre. Poi ci sono altre false
speranze più spicciole a livello
individuale e di massa, quando
la TV statale ci fa assorbire
ogni giorno l’oroscopo, o vari
quiz con false promesse di vincita. E ancora, per la gente di
chiesa: aspettare un "aldilà”
futuro senza fare niente.
Invece la nostra speranza, l’unica, come dice l’apostolo Paolo, non è soltanto un mondo migliore, dove cessi il male, ma
la certezza più ampia che Dio
non ci abbandona, perché ha
già fatto tutto in Cristo. Gesù è
morto per tutto questo male,
ma è risuscitato. La nostra speranza è una persona vivente:
Cristo. Paolo dice: « senza Cristo, senza speranza ». L’epistola
agli Efesini parla della « vittoria di Cristo sulle potenze demoniache ». Ogni cristiano è chiamato a partecipare alla lotta
contro « i principati e le potestà ». La vittoria finale è certa,
ma non si può essere vincitori
senza lottare. Le potenze non
sono scomparse, ma l’umanità
non è più impotente, a livello
personale o sociale. Si può dunque avere la calma in una attesa fiduciosa.
La nostra speranza è escatologica, ma non di un ipotetico futuro; è fermento di rinnovamento nella creazione in attesa della nuova creazione; leggiamo in
Romani 8: « speranza che la creazione stessa sarà anch’ella liberata dalla schiavitù della corruzione, - per entrare nella libertà
della gloria dei figliuoli di Dio.
Poiché sappiamo che fino ad ora
tutta la creazione geme insieme
ed è in travaglio ». Il messaggio
di speranza è che il piano di Dio
è sicuro, si compirà perché ha
avuto inizio in Cristo. Il Regno
di Dio viene. Ci affacciamo all’uscio ma non ci siamo mai
dentro. Ne abbiamo solo dei segni, Dio è per sempre una sorpresa. J. Ellul parla di cristiani
« inventori della nuova speranza
per ogni generazione », che ridanno forza d’impegno.
Non basta dunque sperare che
le cose cambieranno. Ma la speranza comincia cambiando. Occorre entrare in una pratica di
speranza, cioè, come gli esuli
del tempo di Geremia: fare il
bene della città. Un teologo cecoslovacco diceva pochi giorni
fa ad Agape: « fare piccole cose
come se fossero grandi e fare
grandi cose come se fossero piccole » come segni di speranza
già oggi.
Occorre « disinnescare la bomba che abbiamo dentro di noi ».
« Essere affamati e assetati di
giustizia » vuol dire far sì che
ciascuno ottenga il suo diritto.
Non più paesi poveri che sono
pedine da gioco fra le mani dei
paesi ricchi. Proporre la costruzione di un nuovo ordine econo
(continua a pag. 2)
ciliare, perciò molti cattolici hanno finito con l’allontanarsi dalla
loro Chiesa. « Ma nelle Chiese
protestanti le cose stanno forse ,
meglio? (...) Le chiese diventa- j
no sempre più vuote ». ‘
Al di là degli errori commessi
dal cattolicesimo Kiing si sente
di appartenere solo alla Chiesa
cattolica perché, tra l’altro, rispetto alle altre chiese più recenti essa si caratterizza sostanzialmente per due motivi. Il primo; poiché essa rappresenta
duemila anni di storia della cristianità («catholica nel tempo,
con tutti i vantaggi e gli svantaggi connessi »); il secondo:
perché essa è rappresentante
della cristianità che abbraccia
tutte le razze e tutte le classi
( « catholica nello spazio con tutte le ambivalenze di una grande
organizzazione internazionale »).
Dopo aver ricordato che è importante essere cattolici in senso critico perché « non tutto
quello che nella Chiesa cattolica
è stato insegnato e praticato era
cattolico » e che bisogna assumere come norma « la critica
che discende dal Vangelo », Kiing
afferma; « Il cristiano cattolico
in senso vero oggi deve avere
sentimenti evangelici, conte viceversa il cristiano evangelico in
senso vero deve avere sentimenti cattolici ». Non si tratta, per
Kùng, di cambiare Chiesa: « si
richiede invece che noi tutti rimaniamo in atteggiamento dì
lealtà critica verso la nostra
propria Chiesa e che insieme ci
impegniamo, nella nostra Chiesa, in favore delle legittime esigenze di ogni altra Chiesa: perché i cattolici come i protestanti diventino più cristiani ». _ Ma
può una « cattolicità evangelica »
essere anche « romana »? Sì, dice Kùng, anzi è la possibilità
ecumenica del futuro purché
Roma si metta al servizio dell’ecumene. Il contrario volgerebbe in « imperialismo spirituale_ »
criticato dallo stesso Concilio
Vaticano II.
In conclusione Kùng resta cattolico e come teologo intende
lavorare « al servizio dell'ecumene, per una Chiesa veramente cattolica e lesata al Vangelo,
e a rendere comprensibile agli
uomini di oggi il messaggio di
Gesù Cristo nella maniera più
risoluta possibile ». Ecco, a grandi linee, perché Kùng, il celebre
discusso teologo svizzero resta
cattolico e non diventa protestante. Ma in realtà nessun protestante fflielo ba mai chiesto tanto è chiaro nei suoi scritti il
bisogno di integrare tutti i valori spirituali e religiosi nel vasto
grembo della Chiesa cattolica.
Cosa pensare della sua presa
di posizione? Ne parliamo con
due pastori valdesi.
Discutiamone
insieme
« Tra i motivi fondamentali
che lo inducono a restare cattolico — osserva Giorgio Tourn —
Kùng cita principalmente l’uniGiuseppe Platone
(continua a pag. 12)
2
2 fede e ciiitiira
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9 novembre 1984
DOPO LA REVOCA DELL'EDIHO DI NANTES
Esilio per fede
A ooDoqido con i lettori
La diaspora protestante rivive in un’opera antica che conserva tutta
la sua attualità - Ugonotti e Valdesi uniti nelle stesse vicende
I PROTESTANTI
E « LA REPUBBLICA »
Alcuni anni or sono acquistai
a Lione, fresca di stampa, la riedizione in offset dell’opera « Histoire des réfugiés protestants de
France » dovuta alla penna di
Charles Weiss. Costui nel 1853
coi tipi del Charpentier, dava alla luce la prima edizione su questa tragica e dolorosa vicenda
dei rifugiati francesi protestanti all'epoca della revoca dell’Editto di Nantes.
Curata in due volumi di 450
pagine ciascuno l'opera del Weiss
non pretende di trattare le questioni teologiche dibattute in
quel tempo, né le dispute, né intende riaccendere risentimenti a
motivo della revoca dell’Editto
di Nantes, bensì si propone la
finalità storica di seguire e studiare il travagliato cammino di
ben trecentomila protestanti dispersi a tutti i venti, obbligati
ad abbandonare il suolo natio
ed ogni loro bene a motivo della loro fede evangelica. Questa
massa di profughi, di perseguitati, rappresentano una straordinaria forza di ideali e di industriosità. Appartenenti ad im
grande arco di ceti sociali, dai
contadini agli artigiani, dai conduttori spirituali agli uomini di
cultura, essi vanno a portare il
loro contributo in diversi paesi.
Considerata la vastità della
materia ha ben ragione il Weiss
di dire che « non è stato facile
riunire i documenti così sparsi ».
Sono stati anni di ricerche, di
continui viaggi per vedere e conoscere di persona i centri della dispersione; in Inghilterra, in
Svizzera, in Olanda, AuSria ecc.,
a consultare i pubblici archivi e
quelli fondati al tempo dell’emigrazione, interrogare le famiglie
che mantenevano gelosamente la
memoria storica tramandata da
padre in figlio. Le notizie vengono raccolte e vagliate con attenzione poiché, come è comprensibile, i discendenti vivono
in situazioni mutate. Ecco allora
raccontate nell’ordine dopo il
1598 (promulgazione dell’Editto
di Nantes da parte di Enrico IV)
le lotte, le persecuzioni, le disfatte dei Riformati, l’assedio
della Rochelle ed il successivo
trattato di Alais. Vengono presentati gli intrighi del cardinale
Richelieu e del Mazzarino e le
nuove persecuzioni alle quali
fanno seguito emigrazioni in Inghilterra, in Germania ecc. Ovunque prendano dimora i prote
Nella speranza
(segue da pag. 1)
miao internazionale, fatto dagli
stessi paesi in via di sviluppo,
di modo che non sia disadatto,
con strutture che non corrispondono alla loro mentalità.
Sperare la pace può significare la denuclearizzazione — vicino a noi nei nostri comuni e
nelle lontane isole dove vengono fatti esperimenti; significa
anche obiezione di coscienza in
vari settori.
Proporre di umanizzare le
strutture di lavoro, ad esempio
per le donne che sono obbligate
ad inserirsi in strutture di lavoro non create da toro; stare attenti alle moderne manipolazioni genetiche; sperare nella giustizia e accogliere gli immigrati
proponendo miglioramenti per
le loro condizioni.
Ma (c'è sempre un ma, che
viene fuori) dobbiamo anche sapere che la nostra speranza, si
dimostra proprio di fronte agli
insuccessi; sperare in Cristo è
indipendente dalle risposte ottenute quindi dobbiamo guardarci dall’attivismo ed efficientismo che cercano invece sempre i risultati. Dobbiamo saper
aspettare il Regno, non nella comodità ed organizzandoci bene,
ma in un’attesa umile e perseverante. L’attesa e la perseveranza sono due valori poco presenti oggi. Le vergini della parabola evangelica, che preparavano l’olio e attendevano lo sposo, avrebbero senz’altro avuto
tante altre cose da fare ma fecero l’essenziale.
Noi, come donne evangeliche,
come credenti, in che modo possiamo essere simili alle vergini
della parabola, in che modo possiamo rendere ragione della nostra speranza intorno a noi?
Abbiamo noi questa speranza?
E se l’abbiamo come trasmetterla alle nuove generazioni? Se
tanti giovani vivono nell’insicurezza o cercano rifugio nella
droga è perché siamo riusciti a
trasmettere loro ben poco di
questa speranza. Occorre interrogarci con umiltà e sincerità;
le nostre risposte non saranno
tutte uguali; ad una sarà chiesto
di lavorare in un campo, ad
un’altra in un altro a seconda
dei doni e possibilità di ognuna:
stanti si distinguono come
uomini di lettere, artisti, pastori, educatori, commercianti, artigiani, imprenditori di aziende
manifatturiere. E’ una massa
enorme quella che si muove, molto probabilmente da 250 a 300 mila evangelici che preferiscono
l’esilio all’abiura.
La lettera che volentieri pubblichiamo reagisce ad un articolo apparso su
”la Repubblica” del 24.10 (titolo: «Ma
la chiesa invita a restare e aiuta i
primi ’’Verdi” dell’Est »). Essa, benché inviata al quotidiano in data 25.10,
a tutt’oggi non è stata pubblicata.
cumentarsi prima di parlare: anche
quando si parla di protestanti in quest'Italia divisa tra il retaggio della
Controriforma e le suggestioni dell'umanesimo laico.
Giorgio Bouchard,
pastore evangelico
LA FOTOGRAFIA
DI PASOLINI
Caro Direttore,
Un certo numero di Ugonotti
hanno trovato terra di asilo anche nel Württemberg e zone limitrofe favorevolmente accolti dai
signori locali. Infuriando la persecuzione antievangelica anche
in Italia, ecco che dalle Valli Vaidesi nel 1698 giungono, in ondate successive, 3000 valdesi originari della Valle di Fragelato e di
Perosa. Così Ugonotti e Valdesi
più di una volta si trovano sugli
stessi territori; notevole rilievo
è dato dal Weiss aH’origine delle
colonie valdesi di Villar, Pinache,
Perouse, Serre, Lucerne. Come
gli Ugonotti anche i Valdesi laddove si stabiliscono lavorano con
profitto la terra e creano piccole attività artigianali.
Nel secondo volume il Weiss
approfondisce il valore dell’insediamento dei rifugiati in Olanda
ed altresì in Danimarca, Svizzera, Sveria, Russia...*'ovunque con
apportò religioso, politico ed economico ed i dati che l’autore
fornisce sono di notevole interesse.
nella famiglia (un canto dice:
« Abbatti le mura di casa tua, ti
nascondono il mondo->); nelle
strutture delle chiese (le donne
sono oggi portatrici di rinnovamento, ma occorre che abbiamo
più peso e voce decisionale); nel
campo politico-sociale (un teologo afferma che non sarebbe così
triste se sparisse la nazione bianca realizzata grazie allo sfruttamento del Terzo Mondo).
Occorre agire e parlare in modo che non accada che a causa
del comportamento dei paesi
cristiani Cristo sia recepito —
come è stato detto — come « un
Cristo che affama e che uccide».
Casalis dice ancora: « inventare
utopie realistiche », iniziare con
piccole cose, alla portata di tutti (ad es. raccolta di firme, educazione popolare, controinformazione). Noi donne possiamo
essere particolarmente attente
alle proposte della « nonviolenza. attiva », che procede per gradi, con la discussione, il boicottaggio, infine la disubbidienza
civile, e che desidera la conversione del nemico, che è quello
che l’evangelp chiama « l’amore
per i nemici ».
Dobbiamo anche adoperare un
linguaggio adatto alla nostra generazione. Porre interrogativi,
più che affermazioni; cercare insomma Un messaggio creativo.
E, infine ( ma non come ultima
cosa) pregare. Dire « Venga il
tuo Regno », non fuori dello spazio e del tempo, ma quando Dio
sarà sovrano e tutto sarà trasformato indipendentemente dal
nostro modo di agire. Con Gesù
è proprio accaduto così, è venuto indipendentemente dagli
uomini. Senza preghiera, non c’è
speranza. La preghiera è il prolungamento della lotta, per la
quale le forze umane non bastano.
L’apostolo Paolo dice: « Queste
tre cose durano: fede, speranza,
carità, ma la più grande è la carità ». Nell’aspettativa gioiosa
che tutto il creato sia veramente ripieno di amore ripetiamo
per ora con il salmista: « Spera
nell’Eterno, sii forte, il tuo cuore si rinfranchi, sì, spera nell’Eterno ».
Anche l’emigrazione italiana
del XVI e XVII sec. ha dato una
massa di rifugiati a molti paesi
d’Europa. C’è quindi da auspicare che qualche diligente storico
raccolga e sistematizzi offrendo
al protestantesimo nostrano la
storia di questi rifugiati che dal
Piemonte alla Sicilia preferirono l’esilio al piegarsi all’oscurantismo romano.
Domenico Abate
Charles Wei.ss, Histoire des réfugiés
protestants de France, Tome 1-2.
Les éditions du Layet - Cavalière Le Lavandou, Fr. 264.
sono un lettore affezionato de <■ la
Repubblica », di cui apprezzo vivamente la battaglia civile, pur senza condividerne in tote l'ipotesi politico-culturale.
Tanto più sono rimasto stupefatto
leggendo, nell'articolo per altro pregevole del vostro corrispondente da Berlino-Est (24 ottobre), quest'affermazione: « è bene ricordare che il protestantesimo predica la salvezza attraverso
le opere ». La verità è esattamente
l'inverso: Lutero (proprio nel territorio dell'attuale DDR!) predicò la salvezza per sola grazia mediante la sola
fede, e proprio su questo punto si
spaccò spiritualmente l'Europa occidentale del secolo XVI: i protestanti
proclamavano la « giustificazione per
fede », i cattolici nel Concilio di Trento
vi contrapponevano la salvezza per
grazia mediante la fede e le opere.
Dietro queste parole stavano due modi profondamente diversi di interpretare la realtà: gratuità del rapporto
con Dio, libertà del cristiano, etica
della responsabilità eoe.
Non ritengo che si possa capire la
storia della chiesa e la storia d'Europa se non ci si rende conto di questo fatto, e si scambia l'attenzione
etica della Riforma con la « salvezza
attraverso le opere »: dottrina predicata da un monaco di nome Pelagio,
più di mille anni prima di Lutero. Di
tutto ciò il suo corrispondente ha ben
poca colpa: le cause vanno cercate
ben più lontano, nella formazione —
0 nelle deformazioni — spirituale del
nostro Paese. Ma questo sarebbe un
lungo discorso. Basti per ora dire che,
alle orecchie di un protestante quell'affermazione suona come suonerebbero
ad altre orecchie dichiarazioni di questo tipo: « è bene ricordare che II socialismo predica la proprietà privata »,
oppure « è bene ricordare che il capitalismo propone la dittatura del proletariato », 0 ancora: « la mafia è
un'organizzazione dedita al ricupero
dei drogati ».
E' bene ricordare?... No: è bene do
Caro direttore,
benché concordi con la sua pubblicazione come con gli altri interventi
che molto opportunamente si possono leggere al riguardo suH'«Eco/Luce»,
volevo esprimere un certo disappunto
per un particolare che appare nel dossier sulla sessualità in supplemento al
n. 41: e precisamente mi riferisco all'immagine di P. P. Pasolini in calce
al paragrafo relativo aH'omosessualità. Se pensiamo che negli anni scorsi « PasoliniI » era diventato addirittura un insulto da rivolgere allo stadio
ai giocatori delle squadre avversarie
come sinonimo pesantemente dispregiativo di omosessuale, ci si può rendere conto di quanto possa essere
plateale un simile accostamento. Tutto ciò pone almeno due interrogativi:
quando si smetterà di ricorrere alle
celebrità per illustrare concetti o categorie nella realtà molto complesse?
E dico questo nel duplice aspetto: consensuale (pubblicità realizzata grazie
all'adesione di un personaggio importante, «opinion leader»), oppure, ed
è ben peggio, rendendo qualcuno simbolo suo malgrado di una data condizione.
E ancora: quando si comincerà anche in Italia a considerare Pasolini
come il qrande poetale polemista che
è stato (vedisf ¡I festival di "tre mesi
di durata in corso a Parigi) al di là di
facili attribuzioni di connotati personali? Badiamo a considerare oculatamente la vita e l'opera: per Pasolini la condizione omosessuale fu vissuta e sofferta in gran solitudine, tra
gli aspetti positivi e i drammi: ma,
molto giustamente il documento della
comm.ne sinodale ad referendum ci
ricorda a pag. 18 che se « tale condizione è vissuta come angosciante...
ciò può essere detto anche di migliaia di relazioni eterosessuali ».
Era forse meglio evitare quell'accostamento di testo con un'immagine
che troppo sbrigativamente rinvia a
generalizzazioni e facili conferme al
pregiudizio.
Alberto Corsani, Torre Pellice
RICERCHE DI STORIA
Angioini e Valdesi in Daunia
Dal sermone di chiusura
del Congresso FFEVM-FDEI
La problematica tuttora viva
su questo tema è stata recentemente ripresa in esame — relatore il Prof. Giovanni Gönnet di
Roma — airVIII Settimana di
Studi Pugliesi, tenutasi a Siponto (Manfredonia) dal 28 al 30
settembre scorsi sotto gli auspici deirUniversità degli Studi di
Bari. Constatato che l’idioma
parlato oggi a Faeto e a Celle è
iranco-provenzale, sorse ben presto la questione dell’origine, se
non di quei due centri, almeno
delle genti che in tempi diversi
vi si insediarono, trapiantandovi la loro parlata. Si fecero varie
ipotesi, tra le quali una angioina
riferibile all’invio di milizie (e
relative famiglie) fatte stanziare
in quella regione dai primi sovrani della Casa d’Angiò nella
seconda metà del secolo XllI, e
un’altra valdese collegata con la
presenza di coloni giuntivi più di
cento anni dopo dalle loro sedi
originarie franco-italiane. Ora
tanto i contingenti inviati dagli
Angioini quanto i coloni valdesi
parlavano, almeno secondo i dati
in nostro possesso, un idioma di
tipo occitanico. Come mai allora la parlata attuale è francoprovenzale?
Partendo da questa constatazione di natura puramente linguistica si è supposto da parte
di vari studiosi (Melillo, Castielli, Schüle, Arturo Genre ecc.) che
una parte consistente della gente fatta affluire dai re angioini
dovesse provenire da zone situate a nord dell’area occitanica
propriamente detta (per esempio
tra l’Ain, il Rodano e l’Isère), e
che, essendo in maggioranza rispetto a quelli venuti dalla Provenza, la loro parlata avesse finito per prevalere non solo sul
provenzale della minoranza, ma
anche su quello dei coloni valdesi venuti dopo. Certo, si tratta
sempre di ipotesi di lavoro, poiché finora non si sono rintracciati documenti d’archivio che
accertino sia i luoghi di provenienza sia le date di arrivo di
quei contingenti ritenuti specificatamente franco«provenzali.
Un’altra questione riguarda in
particolare i Valdesi. Giunti dopo i contingenti angioini, non
possono aver fondato quei centri come sembrerebbe affermare
l’unico storico che ne parli, il
valdese Pierre Gilles nella sua
Histoire ecclésiastique des Eglises... Vaudoises del 1644. Perciò
una delle due: o il Gilles ha inventato di sana pianta quella
lontana colonizzazione, oppure
bisogna leggere in modo diverso
il suo racconto. Ora lo storico
valdese, che doveva conoscere
bene quelle vicende per averne
avuto dei ragguagli di prima mano da chi ci era stato prima dei
noti eccidi e « correzioni cattoliche » degli anni 1561-1564, ci fa
sapere che verso l’anno 1400
dei valdesi provenienti sia dalla
Provenza che dalle Valli alpine
erano andati a stabilirsi « ai confini della Puglia », edificando cinque villettes in luoghi da lui nominati in tutte lettere e tuttora
esistenti tra l’Irpinia e la Capitanata, e cioè Monteleone, Montaguto, Faeto, Celle e Motta
Montecorvino. Il punto da chiarire è questo: che cosa il Gilles
intendeva per villettes? Il relatore ha suggerito che tale termine
potrebbe significare non delle
città vere e proprie, sia pure piccole, ma dei sobborghi o agglomerati periferici, magari fatti
sorgere a ridosso delle mura dei
luoghi abitati, come si può tuttora constatare « de visu » a
Montalto Uffugo in Calabria citeriore dove esiste una via « Borgo degli Oltramontani ».
La relazione di Gönnet, in corso di stampa, uscirà nel prossimo numero della rivista « Lingua e Storia di Puglia », Centro
di Studi Pugliesi, 71040 Siponto
(Foggia).
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G. G.
3
te#
9 novembre 1984
fede e cultura 3
PROLUSIONE DEL 130® ANNO ACCADEMICO ALLA FACOLTA’ VALDESE
Zwingli e gli Anabattisti,
un dialogo che non c’è stato
« E’ molto meglio — dicevano
gli Anabattisti — che pochi vengano istruiti fedelmente mediante la parola di Dio, e credano
in modo giusto, e camminino nelle giuste virtù, piuttosto che molti abbiano una fede falsa e ingannevole a motivo di una dottrina falsificata ». « Da queste
cose dobbiamo imparare che tutto ciò che non è unito con il nostro Dio e con Cristo non è altro che abominio che dobbiamo
evitare e fuggire. Intendiamo
dire tutte le opere e i culti papisti ed antipapisti, le assemblee, le osterie... ». « I passi della scrittura che parlano della separazione dal mondo non sono
detti nel senso distorto che essi danno loro — replicava Zwingli — altrimenti saremmo costretti ad uscire non solo dal
mondo, come dice Paolo, ma
anche (ialla chiesa; nulla infatti è nelle cose umane così santo
ed innocente da non presentare
qualche lacuna. Dobbiamo separare da noi stessi, lottando contro il nostro vecchio uomo, dentro di noi. Dobbiamo migliorare
noi stessi ed esortare, secondo
le nostre forze, i fratelli, con l’esempio e la preghiera a fare altrettanto ».
Queste frasi, quasi come una
antica disputa, sono risuonate il
20 ottobre nell’aula magna della
Facoltà valdese di Teologia a
Roma, durante la prolusione tenuta dal prof. Paolo Ricca per
il 130° anno accademico, di fronte a circa 150 persone. Il tema;
« Zwingli e gli anabattisti: il dialogo che non c’è stato ».
In un certo senso, il dialogo
c’è stato: Zwingli e gli anabattisti si sono parlati ininterrottamente, anche dopo l’inizio della
repressione violenta dell’anabattismo (avviata, in Svizzera, dalle
autorità cattoliche ma subito
amaramente imitata da quelle
protestanti — la persecuzione
degli anabattisti, ha detto Ricca, « è stata l’attività ecumenica più praticata nell’Europa del
16° secolo»); ma pur essendosi
parlati molto, Zwingli e gli anabattisti si sono ascoltati poco. Il
dialogo non c’è stato nel senso
che nessuno sembra aver modificato le proprie posizioni iniziali, anzi semmai le ha indurite.
Eppure l’anabattismo nasce in
casa riformata; i primi anabattisti erano amici e sostenitori di
Zwingli. Ma Zwingli dirà appresso, rifacendosi a un versetto della 1“ lettera di Giovanni; « Sono
usciti di fra nei, ma non erano
dei nostri» (2: 19). Zwingli però non dice che gli anabattisti
non sono solo « usciti » dalle
file riformate, sono anche stati
perseguitati, imprigionati, giust ziati daH’establishment riformato.
Che cosa distingue, e ben presto oppone. Riforma e Anabattismo? Non è facile dirlo in poche parole. Probabilmente una
diversa coscienza di chiesa e
del suo rapporto col mondo. Ma
ecco alcuni tratti distintivi della
comunità anabattista (che però
non si chiamava nè « anabattista », nè « battista », nè « antibattista », come la chiama, per
scherzo, Zwingli, ma si chiamava «Chiesa dei fratelli»): il primo è un vivo attaccamento alla
lettera biblica, un amore per
l’Evangelo, come testo scritto,
come Scrittura, appunto. Potremmo dire che mentre la Riforma nasce dalla predica pubblica, la comunità anabattista
nasce dalla lettura comunitaria
della Bibbia e da un confronto
serrato col testo scritturale. Ne
conseguono caratteristiche di
conversione personale, impegno
missionario, disciplina ecclesiastica e disponibilità al martirio,
quasi come una moderna chiesa confessante.
Un secondo elemento distintivo è questo: mentre i riformatori non avevano liquidato il
sistema delle prebende e dei benefìci ecclesiastici, la chiesa, secondo gli anabattisti, non può
finanziarsi lucrando prebende e
benefici e così aggravando il già
opprimente carico fiscale imposto alla popolazione. Il pastore
deve essere sostenuto dalla comunità che l’ha scelto.
Il terzo tratto distintivo è,
ovviamente, il battesimo. Ma qui,
come ha notato il prof. Ricca,
è bene precisare che, aH’inizio,
esso non fu inteso come atto
inequivocabilmente separatista.
Il battesimo degli adulti era
concepito come la riforma del
battesimo tradizionale. Insomma, come una specie di « battesimo riformato ».
Chiesa e stato
Gli anabattisti criticavano aspramente il cosiddetto coleus
christianum, cioè l’integrazione
della comunità ecclesiastica nella comunità civile, così da dar
luogo a una « chiesa di stato »
e a uno « stato-chiesa ». La Riforma zwingliana, secondo gli
anabattisti, non aveva fatto abbastanza per distinguere i due
ambiti. Gli anabattisti, dal canto
loro, predicavano la separazione e in questo movimento di abbandono del « mondo » essi ritengono di costituire la prima,
vera comunità evangelica, e di
essere l’unica comunità cristiana degna di questo nome. Secondo loro, ciò che non è anabattista non è cristiano, ciò che
non è cristiano è mondano, ciò
che è mondano è diabolico.
Che cosa risponde Zwingli a
questo modo di intendere il cristianesimo? Due cose; la prima
è che non è così facile come sembra separarsi dal mondo, perché il mondo ce l’hai dentro di
te e te lo porti dietro. La seconda è: profano non significa demoniaco, il mondo non va demonizzato. « Abbiamo insomma
— dice il prof. Ricca — in Zwingli una provvidenziale difesa della profanità come luogo di umanità, non da consegnare o abbandonare al demonio, ma da
vedere come una promessa per
l’Evangelo ». Su un’altra questione, vale a dire il « soggetto »
A PROPOSITO DI «CUORE»
Perché tanto successo?
Alle puntate di « Cuore », sceneggiato televisivo diretto da L.
Comencini, assistono in media
ogni giovedì (e per 6 settimane)
più di 14 milioni di spettatori
(la cifra è riportata da « La
Stampa » del 5-10). Il romanzo
di E. De Amicis continua ad essere venduto nelle diverse edizioni per circa 150.000 copie l’anno
(la prima edizione fu pubblicata
nel 1886 dalla casa editrice Tre
rare anche gli argomenti più difficili ».
Tutto questo induce a qualche riflessione. Certo la famosa
maestrina del « Cuore », « quella
giovane col viso cOlor di rosa,
che ha due belle pozzette nelle
guance e una gran penna rossa
sul cappellino... », può farci simpaticamente sorridere, come del
resto tutto il sentimentalismo di
cui sono intrisi i racconti deami
nei loco uaiici euuiicc xic- l,ui muiioi i
ves di Milano) ed ora, grazie aila“ cisiani, ma (a parte il fatto che
__ t „ »T,. ^ y". 1 j-k.T-V» y—V y-> y"\ 1 1 ^ -il n O I
rTduzione sul piccolo schermo,
questo classico della letteratura
per ragazzi, considerato da alcuni un libro da relegare in soffitta, sta superando ancora il tetto,
già notevolmente alto, delle vendite.
Tutti siamo consapevoli di vivere un periodo di transizione e
che in un prossimo futuro la vera protagonista sarà l’alta tecnologia, eppure oggi — a quanto
pare — si rivalutano « i buoni
sentimenti » e Tamore per le cose semplici come il grande successo di « Cuore » sta dimostrando. Si tratta di un fenomeno interessante che si riscontra ad
esempio nella seguente affermazione del giornalista A. Carotenuto (v. « La Stampa » delT8 ottobre 84) a proposito della scuola: « raddestramento a pensare
scientificamente può essere soltanto un astratto programma se
non vengono create delle condi
dobbiamo collocare il testo nel
tempo in cui è stato scritto e
considerarlo comunque un « documento » deU’epoca) rimane indubbio che la caratterizzazione
di alcuni personaggi ha una sua
attualità nel senso che ancora
oggi a scuola abbiamo i «Franti»
e i « Derossi » con i loro comportamenti difficili e i loro problemi adolescenziali. In una pagina del libro si legge: « la scuola è una madre (è la mamma di
Enrico che parla), essa ti levò
dalle mie braccia che parlavi appena e ora ti rende grande, forte, buono, studioso; sia benedetta e tu non dimenticarla più! ».
Certo questo testo trabocca di
retorica, ma può stimolarci ad
un confronto: come è considerata oggi la scuola? Il luogo più
della Riforma, fu violenta la disputa tra i Riformatori e gli
Anabattisti. Il problema è: chi
deve intraprendere l’azione riformatrice? Chi ne è responsabile? Il magistrato o la comunità locale? « Gli anabattisti —
dice Ricca — obiettano: se ricorri al magistrato fai della riforma una faccenda di stato ».
Zwingli ribatte; « E’ proprio
quello che voglio. Ricorro al magistrato perché la riforma non
riguarda soltanto la chiesa ma
anche e principalmente la città.
In fondo, che la chiesa si riformi è importante, ma non è decisivo: decisivo è che la società
si trasformi e si riformi. Preferisco correre il rischio che la
riforma diventi una questione di
stato piuttosto che resti una faccenda di sacrestia ».
Concludendo, il prof. Ricca
ha osservato: ma allora con chi
stare? Con gli anabattisti o con
Zwingli? « Risponderò così:
Zwingli non c’è più, e neppure
gli anabattisti. Sono morti e
non si sta bene con i morti.
Ma i loro problemi, le loro domande, non sono morte. I loro
problemi sono anche i nostri, e
con essi sto volentieri. Sto volentieri anche con la passione
intransigente con cui hanno vissuto la loro storia di fede; per
loro, sui due fronti contrapposti,
il cristianesimo era qualcosa per
cui valeva la pena non solo vivere ma anche morire. Voglia
Iddio che sia così anche per
noi ».
Vincenzo Ribet
ROMA - FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Culto con gli studenti
ed ottenere un’applicazione costante. Le ragioni sono certo molte e varie ma il problema è aperto e l’impegno ohe tutti dovremmo assumerci è quello di aiutare
questi ragazzi a trovare dei punti di riferimento su cui basare i
loro rapporti con gli altri e con
se stessi.
Ritornando al libro « Cuore »
notiamo che un tema ricorrente
è la miseria, protagonista di diversi racconti e l’elemosina elargita dai ricchi ai poverelli che
abitano sempre anguste soffitte
(al giorno d’oggi molto ambite
per il tipo di « ambientazione »
che offrono). Comencini è riuscito a portare sullo schermo
questa tragica realtà ottocentesca senza cadere nel melodramma strappalacrime, inserendo
nelle scene più patetiche particolari realistici a cui De Amicis
non avrebbe neppur lontanamente pensato (vedi ad esempio, in
« Dagli Appennini alle Ande », il
bambino che si butta sul piatto
di spaghetti, subito dopo aver
ritrovato la madre!). Inoltre ha
saputo presentarci certi personaggi, « discutibili » per i nostri
gusti, con una deliziosa vena di
ironia e con molta intelligenza
(vedi il padre sentenzioso o la
Domenica 21 il corpo insegnante e gli studenti si sono
uniti alla chiesa valdese di via
IV Novembre per celebrare il
Culto d’Apertura delle attività
della Facoltà; la predicazione è
stata tenuta dal pastore emerito Roberto Comba.
I testi della predicazione, incentrata sull’annuncio della resurrezione, erano tratti da I Corinzi e Marco. Il predicatore ha
sottolineato come l’annuncio
della resurrezione, scarno nel
racconto di Marco, sia passato
dal ruolo centrale della predicazione cristiana primitiva ad
un ruolo marginale e abituale
della liturgia pasquale al giorno d’oggi ; mentre anche oggi
non si può realmente seguire
Gesù e predicarlo senza fare i
conti con il problema della morte che Cristo ha sconfìtto. Il
maggior nemico della fede è proprio la morte con la sua arroganza, che ci lega alle ombre della croce, ai tempi di Pilato e di
Cesare: ma la tomba vuota che
trovano i discepoli fa sorgere
il dubbio sulla reale potenza e
ineluttabilità della morte. Il cristiano davanti alla tomba vuota
di Cristo non si chiede se è possibile una resurrezione, ma se
la morte è poi così definitiva.
Anche noi oggi viviamo un tempo di Pilato, di Cesare e di arnesi della morte, ma viviamo
pure una realtà di resurrezione
che ci strappa dai tempi degli
arnesi della morte e ci restituisce al Signore come è avvenuto
per Gesù.
Significativa per gli studenti
è stata la preghiera finale della
liturgia che iniziava con queste
parole ; « Dacci di osare la follia
nlj_ credereSTa saggezza di comprendere ».
Il resto della domenica e il
lunedi sono stati dedicati ad un
incontro tra professori e studenti della Facoltà avvenuto a
Ecumene (Velletri), per discutere sui problemi del ministero
pastorale e della vita della Facoltà.
I.B. M.P.
RACCOLTA DI POESIE
“Volti di donna”
Un libro di una donna, per le
donne di oggi. La donna è profondamente cambiata in questi
anni, ha un volto nuovo («che
molti non vogliono accettare »)
ed ha cambiato il volto della nostra storia. Ma ciò che ancora rimane di insuperabilmente vecchio è il rapporto uomo-donna.
Un rapporto sovente sfalsato, vù
ziato dalla sete di dominio, di
sottile sfruttamento per non dire della violenza che mina alla
base molti rapporti di coppia.
Questo libro di poesie brevi, incisive, essenziali di Rina Lidia
Caponetto costituisce un contributo, di rara sensibilità, teso a
riequilibrare il rapporto uomodonna. Forse non è più la donna ma l’uomo che deve cambiare
se si vuole costruire un mondo
nuovo come sembra suggerire
una delle più riuscite composizioni del libro:
liX uggì la M^uuicir ii luugu piu v vc?ui ii pauic ot-iii«
idoneo, anzi indispensabile per dama di carità disposta, sbuffan- Quando entrambi ci tenderemo la mano
l’educazione dei ragazzi? Gli a- do, a farsi tre rampe di scale). nercorrere sentieri nuovi, allora avre
____________ ___ ragazzi? Gli a- do, a farsi tre rampe di scale).
lunni hanno oggi (ed avevano al- Uno spettacolo, dunque, gradelora?) rispetto e stima per gli yole, che consente a molti di riinsegnanti? Essi vivono ora la
non vengono create delle conai- insegnaiiu.' c;ssi vivuno ora la visitare pagine di lettura della
zioni per poterlo attuare... I mi- scuola in modo diverso, spesso propria infanzia in un’ottica di
crlinri inspcrnanti hanno una si rivoleono all’insegnante dan- vprsa Hi nomi;
gliori insegnanti hanno una _ _ _____, _ _______ _
particolare caratteristica: si fan- dogli del incontrano nostro tempo, per trarne spunto
no amare dai loro allievi e que- grosse difficóTtà ad autocontrol- ¿i riflessione in varie direzioni.
si rivolgono all’insegnante dandogli del « tu » ed incontrano
versa, di uomini e donne del
sto amore è l’unica condizione
per imparare bene e per supe
larsi per più ore di lezione. E’
sempre meno facile interessare
di riflessione in varie direzioni.
Myriam Bein Buzzi
K^UUriUU Cfxt / ------
per percorrere sentieri nuovi, allora avremo capito
l’esistere dell’uno, l’esistere dell’altro.
Quando insieme taceremo di fronte agli incubi notturni
allora saremo uno: , . , , ■
quando sapremo aspettare il momento per parlarci ed ascoltarci
allora cominceremo a costruire un universo nuovo.
G. P.
Rina Lidia Caponetto, Volti di donna, Rebellato editore (Venezia) 1983,
pp. 54. Lire 3.500.
4
4 vita delle chiese
9 novembre 1984
PINEROLO: UNA RIFLESSIONE DA APPROFONDIRE
Capire romosessualitò
Ne abbiamo parlato insieme,
in pubblico: con la serenità di
chi sa di dover capire ancora,
con l’inquietudine critica di chi
vuole esprimere e ricevere solidarietà piuttosto che offrire e rivendicare « tolleranza ». Due serate sulla omosessualità indette
a_ Pinerolo da alcune organizzazioni di credenti (la Comunità
cristiana di Base, la FGEI-Valli,
la FDEI, la comunità di Agape,
il Concistoro della chiesa valdese di Pinerolo, tra gli altri).
All’inizio della prima serata
abbiamo letto una lettera inviataci da un gruppo di donne e uomini omosessuali che « purtroppo non potevano sedersi in mezzo a noi con la necessaria sicurezza dell’anonimato ». E questo
ha dato, credo, un senso preciso
a tutta la nostra riflessione: fino
a quando esisteranno le condizioni per cui qualcuno non può
partecipare ad un dibattito pubblico in modo del tutto aperto,
per paura di essere discriminato
std lavoro, tra gli amici, in famiglia o nella chiesa, la discussione
non sarà mai interamente libera: la premessa e la conclusione
di ogni riflessione continuerà necessariamente, per dovere di onestà, ad essere l’impegno a garantire a chiunque di vivere la propria identità sessuale in piena si
curezza, libertà ed accettazione.
Fino a quel giorno in cui questo
sarà garantito sul serio e per
tutti, entrare nel merito della
questione resterà doloroso, difficile e parzializzato.
Nella lettera si sottolineava un
aspetto importante della condizione omosessuale, spesso trascurato: la distinzione tra chi,
grazie agli studi, alla sicurezza
economica, alla consapevolezza
di sé riesce a condurre una vita
complessivamente vivibile; e chi
invece, a^artenendo per motivi
economici e sociali, all’anello più
debole della società si vede costretto a relazioni fugaci, estemporanee e poco coinvolgenti socialmente. « Ciò che rende violenti e villani è la sete, Timpossibilità a ricevere tenerezza » ha
scritto Pavese: chi critica e condanna gli atteggiamenti devianti
e poco affettivi di molti omosessuali sottoproletari dovrebbe
prima ricordare (e riflettere autocriticamente) sulla imnossibilità di relazione, di libertà, di amore a cui questa società, la nostra
società, li ha costretti.
dal pastore valdese Alfredo Berlendis.
Il ricco dibattito, come al solito non riassumibile in poche
parole, è stato introdotto nella
prima serata da Piero Balestro,
psicologo e studioso di teologia
morale e nella seconda serata
Balestro ha affermato l’estrema difficoltà a definire la genesi
della condizione omosessuale e
perfino i problemi ohe a questa
condizione sono connessi. La
scienza psicologica è in fondo
non particolarmente adatta a
questo compito di definizione
perché gli omosessuali che vengono in contatto con gli psicologi
non sono probabilmente casi emblematici, ma persone che per i
motivi più diversi si trovano in
una situazione di sofferenza particolare. Il problema non è tanto quello di guarire gli omosessuali dalla propria omosessualità, ma dal senso di colpa che da
questa consegue. Il problema
vero è quello di chiedere agli
omosessuali, come a tutti, di vivere il proprio progetto di vita
in modo aperto, non categorico,
disponibile a tutte le modificazioni che il rapporto con l’altro/
gli altri può comportare.
La ricerca introdotta dalle riflessioni di Berlendis ha avuto
un carattere più specificatamente
teologico e ha investito il problema centrale che fa da sfondo
alla ricerca dei credenti sulla
questione dell’ omosessualità e
cioè il rapporto con la Scrittura.
Che la Scrittura condanni, nel
Francesca Spano
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Una simpatica presenza giovanile
TORRE PELLICE — La scuola dell’Inverso si è animata, domenica 4, per una simpatica castagnata. Gli ospitali fratelli del
quartiere si sono prodigati per
accogliere gli amici intervenuti,
fra cui era notevole la presenza
giovanile. Nella gioia dell’incontro la giornata si è protratta a
lungo: il successo di questa iniziativa fa auspicare che altre
occasioni si presentino nel futuro.
che ha sopportato con grande
pazienza.
Il 19 ottobre abbiamo celebrato, nel cimitero di Roccapiatta,
il funerale del nostro fratello
Griglio Aldo, deceduto improvvisamente all’età di 70 anni, al
Chiarvetto di Roccapiatta dove
abitava con i fratelli Edoardo
e Oscar. Alle famiglie in lutto
rinnoviamo la nostra simpatia
cristiana.
d’ Giors, 28 nov. e 19 die.; Podio, 29 nov. e 20 die.
• La nostra comunità è stata toccata negli ultimi tempi da
due lutti. Sono decedute le sorelle Maria Negrin ved. Pontet
e Susanna Bertinat ved. Geymonat. Ai familiari vadano la nostra simpatia cristiana e l’incoraggiamento a guardare a Colui che è la Resurrezione e la
Vita.
rietà con il lavoro che Lucilla
svolge per conto della CEvAA
nelle lontane terre africane.
• Proseguono le riunioni quartierali: il 12 al Capoluogo, il 13
al Martel, il 14 al Prassuit-Vernè sempre alle 20.
• Sabato 10, al presbiterio, è
convocato alle 20.30 il Concisto
• Si sono svolti i funerali della sorella Letizia Malan ved.
Gay. La comunità esprime la
sua cristiana simpatia ai familiari.
Assemblea di
chiesa
Recita
• Venerdì 16 alle ore 20.30 si
incontra il Comitato del Bagnóou al Presbiterio per l’esame della situazione generale.
• Walter e Danielle Ricca si
sono presentati alla comunità
per la benedizione del loro matrimonio già celebrato a Grenoble. Alla giovane coppia, che
si stabilirà in Francia, auguriamo una vita benedetta dal Signore.
PRAMOLLO — Il pastore A.
Berlendis ha sostituito il pastore locale in occasione del culto
di domenica 21 ottobre e lo ringraziamo di cuore per il messaggio che ci ha rivolto e per
la sua disponibilità.
Visita daila
Germania
PRAROS’TINO — Nel quartiere del Roc sono arrivate due
care bambine, vicine di casa:
Monnet Elisa di Ezio e Maura,
nata il 4 ott., e Cara Simona,
di Doriano e Marina, nata il 14
ottobre. Ai felici genitori i nostri migliori auguri.
Ringraziamo Attilio per il
culto presieduto al Roc domenica 21 ottobre.
Martedì 30 ottobre abbiamo
ricevuto un saluto dai fratelli
della Germania, guidati dai Signori Temme, di cui alcuni originari Valdesi delle Valli. Abbiamo trascorso insieme alcune ore
di vera comunione fraterna.
• Il culto di domenica 28 ottobre è stato caratterizzato dalla presenza dei catecumeni e dei
ragazzi della scuola domenicale
accompagnati dalle monitrici ;
domenica 4 novembre ha avuto
luogo il culto con Santa Cena.
CHIOTTI - VILLASECCA —
Sabato 10 c.m., alle ore 20, nel
tempio-teatro di Villasecca la
nostra filodrammatica offrirà
una Serata Comunitaria con la
recita di una farsa.
Lo stesso programma sarà ripetuto domenica 11 alle ore
14.30, sempre a Villasecca.
• Sabato 3 la comunità si è
raccolta intorno alla parola dell’Evangelo per dare l’ultimo saluto a Mario Monnet decedute
in tragica circostanza all’età di
41 anni. Nella solidarietà del Cristo risorto siamo vicini ai genitori Còline e Paul e a tutti i familiari così dolorosamente colpiti.
• Domenica 11 novembre ci
sarà un’assemblea di chiesa nel
corso-della quale ascolteremo la
relazione delle nostre delegate
alla Conferenza Distrettuale e
al Sinodo.
« Venerdì 16 c.m., alle ore 20,
nella Sala delle Attività ai Chiotti, verrà proiettato il film-documentario a colori « Profezia »
sulle atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Seguirà un dibattito.
Gli interessati di Roccia-Linsard che volessero vedere questo film-documentario potranno
partecipare alla riunione quartierale a Pian Faetto, fissata per
venerdì 9 c.m. alle ore 20 sempre con le stesse modalità.
Studio biblico
S. SECONDO — Su proposta
del pastore Bertolino l’assemblea ha deciso di avere uno Studio Biblico quindicinale a partire da lunedì 12 novembre, ore
20.30, nella sala delle attività.
Ricordiamo che la riunione
quartierale a Barbò avrà luogo
mercoledì 14 novembre alle
ore 20.
Riunioni
quartierali
• Il 28 settembre abbiamo accompagnato alla sua ultima dimora terrena la nostra sorella
Elvira Paschetto, deceduta alla
età di 72 anni, nella sua dimora,
ai Topi di San Bartolomeo, presso la cognata Gay Evelina ved.
Paschetto con la quale abitava
da quando una cr.ttiva malattia
l’aveva colpita fin da giovane e
BOBBIO PELLICE — Le attività della chiesa sono riprese
con un culto di inizio attività
tenutosi il 14 ottobre. Il primo
culto con Santa Cena è stato celebrato in occasione della domenica della Riforma che la nostra comunità ha ricordato il
4 novembre.
Diamo qui di seguito il calendario della seconda e terza serie di riunioni quartierali in programma: Centro, 14 novembre
e 5 dicembre; Cairus, 15 nov. e
6 die.; Campi, 21 nov. e 12 die.;
Perlà, 22 nov. e 13 die.; Rocia
Notizie sul
Camerún
• Ci rallegriamo con Bruna
e Flavio Ghigo per la nascita
del loro terzogenito Davide.
ANGROGNA — Abbiamo ascoltato con piacere durante il culto le informazioni che ci ha portato Lucilla Tron sul suo lavoro, di segretaria di direzione,
presso la chiesa evangelica del
Camerún. Le prospettive di una
chiesa che deve saper contemperare le diverse realtà tribali e
la realtà di una chiesa che vive
attraverso culti molto più partecipati dei nostri e con una
grande passione evangelizzatrice costituiscono per noi motivo
di seria riflessione e di solida
• Ci sentiamo molto vicini a:
Armando Ribet ricoverato in
clinica, e a Evelina Costantino
che è di nuovo in ospedale per
un intervento chirurgico.
Hanno collaborato a questo
numero: Italo Benedetti, Archimede Bertolino, Ivana Costabel, Alessandra Deivecchio, Carla D’Inverno Valerio, Giovanni Gönnet, Alfred
Janavel, Claudio Pasquet,
Manfredo Pavoni, Aldo Riitigliano. Franco Taglierò, Cipriano, Tourn.
la sostanza, l’esperienza omosessuale è per Berlendis difficilmente negabile: ma quante sono le affermazioni bibliche in
campo etico che, proprio in una
dimensione evangelica, oggi non
possiamo più accogliere? dalla
poligamia, alla sostanziale accettazione della istituzione schiavistica, alla pena di morte...
Il problema, è stato rilevato
da molti, è riferirsi alla Bibbia
in un modo che renda conto e
ragione dello spirito di quegli
scritti e non della loro formulazione letterale, contingente. La
grandezza della Riforma, ha sostenuto il relatore, non è stata
quella di aver polemizzato contro l’interpretazione cattolica ma
di aver dubitato della propria
interpretazione. Lasciare parlare
i testi, certo, come è stato richiesto con forza e passione da
qualcuno degli intervenuti, ma
con la mediazione culturale che
una lettura fatta a duemila anni
o più di distanza dalla loro redazione necessita. E’ in questa ricerca di mediazione culturale
che sappia unire il superamento
della rigidità alla fedeltà evangelica che noi attualmente ci ritroviamo nella riflessione sulla
omosessualità, come su tutti gli
altri aspetti della etica; una riflessione che è importante sia
partita ma ohe deve ancora approfondirsi prima di pretendere
di arrivare a posizioni, in qualsiasi senso, troppo autorassicurative per non essere sospette.
Calendario
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedi
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Giovedì 8 novembre
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Il Collettivo Biblico
Ecumenico di Pinerolo entra nel suo
10° anno di vita, essendo iniziato nel
1975/76. Affronta quest'anno il tema
del Ministero, anche in relazione al
documento di Lima, detto ■■ BEM ».
Il 1° incontro si svolge presso la
Chiesa Valdese di Pinerolo (via dei
Mille 1), alle ore 20.45; argomento;
« La discussione teologica e l'organizzazione dei ministeri nella Chiesa Cattolica italiana » (introduce il Can. G.
Mercol).
Domenica 11 novembre
□ ASSEMBLEA
1° CIRCUITO
LUSERNA S. GIOVANNI — Domenica 11 novembre presso la Sala Albarin alle 14.30 si terrà l'assemblea del
Circùito Val Pellice. Dopo una breve
riflessione biblica avremo una relazione su realtà e prospettive dei pre-catechismo oggi nelle nostre comunità, valutati nel quadro più ampio deH'edunazione in vista della fede.
Bisognerà inoltre decidere l'argomento di studio della prossima Assemblea che, si spera, toccherà una tematica sinodale. Uno sguardo sul
campo di lavoro della nostra zona dovrebbe concludere i lavori cui parteciperanno i delegati delle chiese della
Val Pellice.
Venerdì 16 novembre
□ INCONTRO COPPIE
INTERCONFESSIONALI
Per estendere la ricerca e facilita
re la partecipazione vengono organizza
ti due incontri contemporanei sul te
ma dei matrimoni misti o interconfes
sionali nelle zone della Val Pellice e
della Val Chisone. Il gruppo che I
promuove, non è un gruppo privato
ma lavora in stretto collegamento con
le comunità cattoliche e valdesi del
pinerolese.
Alle ore 20.45 per la Val Pellice:
presso la Parrocchia cattolica di Torre Pellice e per la Val Chisone e la
Val Germanasca presso la saia valdese « J. Lombardini » (Perosa Argentina).
Si affronterà l'argomento « Che cosa
le coppie miste o interconfessionali
domandano alle comunità, ai preti, ai
pastori? Che cosa propongono? ».
Introducono la ricerca alcune coppie del pinerolese.
Sabato 17 novembre
□ CONVEGNO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
VILLAR PEROSA — Alle ore 16 inizia l'annuale Convegno dei collaboratori dell'Eco delle Valli Valdesi. All’ordine del giorno le prospettive del giornale per il prossimo anno.
Il Convegno si concluderà con la
cena offerta dalla Amministrazione del
giornale.
Domenica 18 novembre
□ CONVEGNO
CATECHISTI
TORRE PELLICE — Il Convegno si
svolgerà presso la Casa Unionista,
alle ore 14.30. Tutti i catechisti del 1°
Distretto sono cordialmente invitati a
partecipare. Sarà presente all'incontro
Franco Girardet.
Lunedì 19 novembre
□ CONVEGNO
PASTORALE
•il
4
TORRE PELLICE — Il Convegno avrà
luogo presso la Foresteria, alle ore 9.
5
Vita delle 4Mese 5
9 novembre 1984
URUGUAY: LE NOSTRE CHIESE TRA UN PASSATO DIFFICILE E UN FUTURO NON FACILE
L'illusione di cristianizzare la società
nnni nasce un'Università cattolica privata, ieri la Chiesa valdese donava allo Stato un prestigioso Liceo - I problemfdi una societ" sogliÌm ‘ " decisivo apporto de, giovan,
Continua la corrispondenza del pastore Carlos Delmonte. Dopo
una prima analisi sulla partecipazione dei giovani (« se si pensa che
si deve fare di tutto per trattenere i giovani nella Chiesa, si imposta
male il problema») alla vita sociale ed ecclesiastica l'articolo prosegue sul filo dell’intreccio tra « informazione in diretta » e riflessione
teologica.
Un fatto esemplare
di questi tempi
Cerchiamo di capire, con un
esempio concreto. Il Governo
militare deirUruguay ha appena
promulgato un decreto che pone fine al suo intervento nella
Università della Repubblica. In
questo stesso decreto si autorizza la creazione di una Università privata. Questa sarà cattolica e porterà il nome del Sacerdote Damaso Antonio Larrañaga, primo' docente universitario
uruguayano. Prendendo il decreto nel suo insieme, da un lato
si può vedere positivamente il
fatto di una Università che re;
cupera la sua autonomia, fuori
dalla tutela dello Stato. Ma d'altro lato, sembra strano che mentre il paese intero si dibatte nella ricerca di una via d’uscita politica vivibile, per far fronte alle richieste più urgenti della popolazione, in campo economico
e sociale, sorga ora, per iniziativa di questo Governo, la possibilità di contare su di una Università privata. Sappiamo tutti,
e i cattolici in primo luogo, che
questo non è un problema vitale per i giovani di questo paese.
Sappiamo tutti che una Università privata, per eccellente che
sia, non darà spazio maggiore e
più vasto di espressione alla
chiesa, nella nostra società secolarizzata. E’ qui che appare il
concetto di chiesa come alternativa, come via obbligata, come
società cristiana.
Un fatto esemplare
di ieri
Tutti sappiamo che quando i
primi valdesi giunsero nel Rio
della Piata fondarono scuole prima che templi, che il primo liceo uruguavano fuori dalla capitale fu ir Liceo evangelico di
Colonia Vaidense, oggi «Liceo
Daniel Armand Ugon » e che per
i pastori e i maestri valdesi era
molto chiaro che queste scuole
e questo liceo non erano scuole
confessionali. La Bibbia £
francese si insegnavano la domenica, nella settimana si insegnavano matematica, geografia,
storia, spagnolo. Per questo ^ naturalmente, dato che la chiesa
non era una alternativa, quando
lo Stato ebbe la forza di niantenere queste scuole, la chiesa
gliele donò, insieme con il Liceo
che godeva di tanto prestigio
nel tempo in cui era stato
ministrato dalla Chiesa di Colonia Vaidense, e si dedico ad
altro. Si dedicò al suo compito
specifico, a predicare 1 Evangelo
del Regno con parole e con se
gni concreti. Creò altri Istituti
di servizio. Quando giunga il
giorno in cui lo stato uruguayano possa dare la garanzia che
potrà mantenere e sviluppare
meglio queste opere di servizio,
che farà la chiesa? Personalmente penso che lascerà queste opere e ne cercherà altre che possano essere segno concreto del fatto che il Regno di Dio non è
qualcosa di compiuto, che costruiamo noi, è un Mondo Nuovo che Dio crea e ci offre, e del
quale siamo un riflesso pallido,
ma pur sempre un riflesso. In
attesa che il Regno venga, mentre è in cammino, non potranno
mancare segni della sua presenza. Perché la chiesa deve « sclerotizzarsi » per mantenerne al;
cuni? Non le sono sufficienti i
templi, che, è chiaro, non potra
mai lasciare allo Stato? Perche
clericalizzare l’insegnamento o
l’assistenza sociale? E’ per^ questo che la chiesa vive? E’ per
questo che vuole giovani, e organizzazioni giovanili forti?
Il cammino
della chiesa
Dopo gli undici anni che abbiamo vissuto, è importante che
non torniamo a creare gruppi di
giovani come « chiesa nella chie;
sa ». Gruppi di giovani separati
dai centri di decisione e di potere. Per dirlo in breve, prima
di chiamare i giovani a formare
dei gruppi facciamo in modo
che giungano ad occupare inca;
richi di responsabilità da cui
possano esercitare una influen
za diretta nel rinnovamento della comunità.
Conosciamo giovani che prima
di formare un gmppo sono andati ad occupare incarichi di anziano o diacono in un Concistoro. Qra che sono nei centri di
decisione, di governo della comunità hanno tutto lo spazio
per dirigere i loro gruppi « dentro» la chiesa, e per cominciare
ad esercitare la loro militanza
politica, per quel che sono;
membri di chiesa consacrati e
che vivono la loro vocazioiie.
Questo è il cammino che la chiesa, oggi, offre ai giovani.
Un futuro non facile
« Quando guardiamo al futuro
non possiamo non pensare che
si è pianto nel passato, e che
anche noi dovremo piangere».
Così diceva il Moderatore Bouchard, nel suo viaggio nel Rio
della Piata nel 1980. Si riferiva
— evidentemente — al Salmo
126; 6; « Ben va piangendo colui che porta il seme da spargere, ma tornerà con canti di gioia
quando porterà i suoi covoni ».
Viviamo nel tempo della semina. E nel 1985 andremo a seminare con lacrime, perché non è
il tempo della raccolta. Sarà un
tempo diverso, lo desideriamo
nel nostro intimo più profondo,
ma sarà un tempo di difficoltà,
di lacrime, di lotta.
Forse, quel che si dovrà « conservare » in mezzo a tutto ^ quel
che dovrà cambiare, sarà l’equilibrio, la pazienza e la perseveranza nel servizio e nella testimonianza.
Carlos Delmonte
2 - continua
IN VISITA ALL’EMITTENTE EVANGELICA
In diretta da Trieste
Linee di azione di una comunità
VINTEBBIO — Assemblea di
routine non è stata quella che
nella mattina di domenica 7 ottobre ha riunito i membri e simpatizzanti della Chiesa Evangelica Metodista di Vintebtaio. Non
lo è stata perché insieme ai compiti ordinari di un’assemblea di
inizio anno ecclesiastico i presenti si sono trovati ad esaminare tre argomenti di non poca
importanza, cosa che han fatto
dedicando ad essi tutto il tempo necessario per poter decidere con consapevolezza. Essi sono :
1. Denuclearizzazione dell’area
su cui sorge la chiesa ed il giardino. All’unanimità è stato votato l’o.d.g. presentato dal Consiglio uscente ed al nuovo Consiglio è stato dato incarico affinché solleciti a prendere la
stessa decisione i membri della
Chiesa e le parrocchie cattoliche del Comune.
2. Gemellaggi con chiese e
gruppi dell’Est e con chiese
americane. L’Assemblea, ancora
all’unanimità, ha accettato il gemellaggio con una realtà dell’Est Europa. « DalTAmerica, è
stato detto, le notizie giungono ».
3. Documento sulla « Sessualità». Vi sono state perplessità
non avendo potuto prendere ancor visione del testo del documento presentato al Sinodo e
da esso inviato alle chiese. Dopo che il pastore ha chiarito
dubbi e dato risposte a domande l’Assemblea ha demandato al
Consiglio i modi e i tempi per
attuare lo studio di tale importante documento.
Cercare di organizzare riunioni al’’interno della Comunità,
continuare i contatti con l’Accademia di Cultura, e riprendere le trasmissioni settimanali su
di una emittente radio locale
sono state le altre indicazioni
date al Consiglio della Chiesa
eletto durante i lavori della stessa Assemblea.
Per il 1984-85 il Consiglio risulta così composto; Presidente, Iginio Piasio; Consiglieri, Alessandra Deivecchio, Annamaria Traina e Wanda Menalli;
Carlo Tazzolio, come Predicatore locale.
Il Signore non renda la nostra fatica vana!
Assemblea di chiesa
VERCELLI — Il 14 ed il 21
ottobre 1984 si è tenuta, in Vercelli, l’Assemblea della Chiesa
Metodista. AlTattenzione e alla
discussione dei fratelli riuniti in
Cristo l’attività della Chiesa per
incrementare ed arricchire la
vita comunitaria e per rendere
più efficace l’evangelizzazione ad
opera dei singoli membri di Chiesa e della Comunità nel suo complesso.
E’ stata riaffermata la volontà di mantenere le forme di vita
comunitaria fino ad oggi sperimentate, cioè gli incontri in famiglia per la lettura e l’approfondimento della Parola e le domeniche comunitarie, giornate
di agape fraterna in cui si vivono momenti di studio e di preghiera accanto a momenti di svago e di gioia nello stare insieme.
L’Assemblea ha poi fornito indicazioni ai predicatori locali sulle predicazioni della domenica; è
prevalsa l’opinione di lasciare ai
fratelli che presiedono il culto
la scelta delle letture, senza che
questo escluda la possibilità di
tenere più predicazioni su uno
stesso libro od argonaento della
Scrittura. E' stata ribadita all’unanimità la validità della Circolare mensile: meno imanime la
discussione sullo studio del documento sulla sessualità. Su questo argomento si sono registrate
nette chiusure o posizioni di incertezza e di imbarazzo. L’ordine
del giorno che impegna la Comunità a stendere un documento
sui vari temi inerenti la sessualità, secondo le indicazioni della
Commissione Sinodale, è comunque stato approvato anche se
con soli 9 voti favorevoli su 17
votanti.
Più sentito il tema della pace;
sono stati infatti approvati ad
amplissima maggioranza l’ordine
del giorno sulla denuclearizzazione militare dell’area su cui sorgono gli edifici della Comunità e
la proposta di gemellaggio con
comunità e gruppi che operano
per la pace e la distensione nei
Paesi dell’Est e negli Stati Uniti
d’America.
Approvato ad amplissima maggioranza un ordine del giorno
che impegna la Comunità a promuovere iniziative che diffondano la conoscenza delle Intese recentemente approvate e che denuncino il permanere di atteggiamenti discriminatori nei confronti di alunni che abbiano fatto richiesta di esonero dalTinsegnamento religioso nelle scuole
pubbliche.
E’ stato poi eletto il Consiglio
di Chiesa. Riconfermata alla carica di Presidente la sorella
Trieste, città di architettura
elegante, col suo porto commercialmente assai importante si
distende per molti chilometri
sulla costa; le ripide stradine
ci portano in pochi minuti dal
mare alla collina che lo domina ; questo vediamo mentre la
visitiamo sul pulmino con la famiglia del pastore Claudio H.
Bsmeralda Tron, a cui va la ri;
conoscenza e l’affetto di tutti i
fratelli soprattutto in questo momento così travagliato per lei e
per la sua famiglia; eletti come
consiglieri Paoletta Picco, Carmela Matera e Francesco Antonio Guidotti; membri di diritto
il pastore Renato Di Lorenzo, la
responsabile della Scuola Domenicale Marisa Margara e la responsabile del gruppo donne Vittoria Galli Barone.
Attività
NEW YORK — New York è
per eccellenza la città delle parate; ogni gruppo etnico ci tiene ad avere una sua parata annua ed allora spesso la domenica nelle adiacenze della nostra chiesa si verificano blocchi
di traffico e divieti di parcheggio che non favoriscono certo
la partecipazione ai culti.
Comunque abbiamo ripreso le
nostre attività malgrado queste
ed altre difficoltà.
La comunità ha molto gradito
i saluti che abbiamo portato dalle Valli ed in particolare alcune
prime sommarie notizie dal nostre Sinodo.
In settembre si sono sposati
Diane Godine figlia di Rino e
Dolores Godino e Daniel Broezkowski.
Con viva simpatia la comunità
si è stretta attorno alla famiglia
Long di S. Germano nella tragica circostanza che ha portato
alla dipartenza del fratello Edvy,
un simpatico amico così caro
e stimato da tutti.
Abbiamo ancora partecipato
al servizio funebre di Enrico
Godine originario dei Barbé di
Prarostino, decedute dopo breve
malattia all’età di 89 anni.
Alle famiglie afflitte rinnoviamo l’espressione della nostra
fratema simpatia.
Martelli, infaticabile animatore
di RTE, l’emittente evangelica
di Trieste.
E’ domenica, niente programmi in diretta; la musica diffusa
si accompagna ad un minuto di
riflessione trasmesso ogni ora;
« Tutti ci sentono ed in un mi;
nuto, sembrerebbe incredibile, si
riescono a dire tante cose senza
annoiare nessuno », ci dice Martelli.
Hanno lavorato sodo, con molta passione, i fratelli di Trieste,
per fare un’emittente giunta in
due anni al terzo posto come
indice di ascolto in regione, se;
condo le statistiche RAI. Negli
studi di RTE, sempre meglio
attrezzati, i tecnici sistemano i
nastri che garantiscono la trasmissione notturna, fino alTim
domani quando riprenderanno i
programmi in diretta.
Elsa Martelli ci mostra gli apparecchi con notevole capacità
e competenza ; « Tutti, se sono
interessati, possono imparare
l’uso di questi strumenti, anche
se prima non sapevano da che
parte incominciare ».
La radio è divenuta strumento di evangelizzazione, di presenza, di testimonianza; lo dimostrano le iniziative per e con
gli handicappati, gli anziani, i
ragazzi ; la chiesa metodista è
diventata un centro di incontro,
di fratellanza autentica, lo dimostra lo stesso culto, pieno di
calore.
Abbiamo visto come una piccola comunità riesca a fare e
dare molto servendosi di una
radio ner predicare oggi TEvangelo; in questo spirito dobbia;
mo certamente agli amici di
Trieste la nostra più fraterna
gratitudine.
Italo Pons
Piervaldo Rostan
PROTESTANTESIMO
IN TV
Lunedì 12 novembre
su Rai 2 - ore 23 (circa)
va in onda:
« Alle porte d’Italia •
Edmondo De Amicis in visita
alle Valli Valdesi ».
6
6 prospettive bibliche
IL SENSO DEL NOSTRO IMPEGNO
La pace, dono di Dio
recente trasmissione radiato
v7dJfZTvfeÀonr‘‘°'°
Le nostre Chiese Evangeliche
Metodiste di Verbania e Omegna, sensibili ai problemi che
travagliano il (mondo di oggi, come il problema della pace e del
disarmo, (rispondendo prontamente all’invito del Sinodo (che
è l’Assemblea nazionale delle
Chiese Metodiste e Valdesi), invito che impegna tutte le comunità nostre sparse in Italia ad
adoperarsi per la pace, hanno
aderito al Comitato dell’Altonovare^se per la Pace sin dal suo
costituirsi, cioè dall’ottobre-novembre 1981, e nelle persone di
diversi loro membri hanno partecipato a tutte le sue iniziative e
manifestazioni.
Perché abbiamo aderito a questo comitato e perché uniamo le
nostre forze a quelle di tutti coloro ohe, chiunque sono e dotmnque si trovano, lavorano per
il disarmo e la pace?
Le ragioni di questa nostra decisione non scaturiscono semplicemente dal desiderio, comune a
tutti, di evitare l’immane, indicibile catastrofe di una guerra
nucleare, ma anche e soprattutto dalla nostra stessa fede evanSclica, con cui abbiamo accolto
il dono della pace che Dio ha voluto fare e^ offre a tutti gli uomim in Gesù Cristo, e cerchiamo
di rispondere al comandamento
che Egli ci rivolge di vivere in
questa pace e per questa pace
nel mondo.
Ora, quando si parla di pace,
SI sa che questo è un bene che
gli uomini hanno sempre desiderato, ma che non sono riusciti
mai a realizzare veramente. Infatti, da quando l’uomo esiste
sulla faccia della terra è stato
sempre in guerra; guerra tra individui, tra fmniglie, tra gruppi,
tra classi sociali, tra nazioni, popoli... E perché l’uomo è stato
sempre in guerra? Tutti sappiamo la risposta: a causa dell’ingiustizia di chi di volta in volta
lo opprime, lo sfrutta e gli fa
torto. Perciò, nel cercare la pace, tutti sappiamo che essa è indivisibile dadJa giustizia.
Ma dov’è questa giustizia? E
chi può dire di essere veramente
giusto? La giustizia umana è
sempre... relativa! Perciò anche
la pace umana è altrettanto...
relativa!
Abbiamo bisogno allora, di un
intervento esterno, che non sia
legato alle possibilità-impossibilità dell’uomo, al male segreto
che s annida nel suo stesso cuore e che rovina la sua vita e i
suoi rapporti con gli altri: abbiamo bisogno delTintervento di
Chi può finalmente rompere la
secolare, tremenda catena di
egoismo - orgoglio - ingiustizia odio - omicidio e può farci il dono di una condizione veramente
nuova, di liberazione e di affrancamento, in cui è possibile realizzare nuovi rapporti, appunto perché finalmente liberati dal potere di quel male interno ed esterno che ci domina e ci condiziona
tutti sul piano naturale.
Ora noi Cristiani crediamo che
questa possibilità ce l’ha data
Dio, in Gesù Cristo, nel anale
Egli e intervenuto per liberarci
da ogni male, interno ed esterno,
spirituale e materiale, e metterci
in una condizione di vita nuova
la cui pienezza si realizzerà nel
giorno del compimento ultimo
del piano di Dio per la redenzione dell’uomo, col ritorno di Cristo, il Signore risorto e vivente!
Perciò, la vera giustizia e
la vera pace, che sono fatte di vero amore — di cui
r uomo non è capace per natura — sono dono di Dio in Cristo: un dono che consiste innanzitutto nel perdono e quindi nella riconciliazione con Dio stesso
e di conseguenza anche con gli
uomini, che in Dio riconoscono
il Padre e che pertanto possono
riconoscersi e trattarsi a vicenda
come fratelli. Questo dono può
essere accettato, ricevuto, perciò anche vissuto, nel ravvedimento, nella conversione a Dio
e nella fede in Gesù Cristo, il
Salvatore e il Riconciliatore. Pertanto è estremamente indispensabile per ogni essere umano
aprirsi a quest’azione della grazia
di Dio, accettare il dono die
Egli ci fa in Cristo, vivere -nella
fede, per avere la vera pace, appunto come ci dice Gesù quando
E^erma, rivolgendosi ai discenoli e a tutti i credenti in Lui;
« Io vi lascio pace, vi do la mia
pace. Io non vi do come il mondo dà » (Giov. 14: 27).
L’appello alla pace e alla giustizia, allora, per noi corrisponde aH’appello al ravvedimento,
alla conversione, alla fede in Cristo e alla vita che ne scaturisce,
dato che, come ha detto l’apostolo Pietro, « solo in Gesù Cristo
è la salvezza — in ogni senso! —
e in nessun altro! » (Atti 4: 12).
Il nostro impegno per la pace,
pertanto, è anche e soprattutto
impegno di evangelizzazione, che
non vuol essere affatto gretto e
settario proselitismo, ma annunzio e testimonianza dell’Evangelo di Gesù Cristo a tutti gli uomini, nostri fratelli, invitandoli
ad accogliere Lui come Salvatore e Signore della loro vita e del
mondo: ad accoglierlo nella fede e nel cambiamento del loro
cuore e della loro vita.
Questa è cosa che noi facciamo con travaglio ed umiltà, nel
la consapevolezza della nostra
umana miseria e contraddittorietà, che scandalizza molti, come
del resto anche Cristo stesso,
con la sua croce, come dice l’apostolo Paolo, « è scandalo e pazzia
per quelli che non credono » (I
Corinzi 1: 23); ma la facciamo
al tempo stesso nella profonda
convinzione che solo Cristo è e
rimane la salvezza e la speranza
del mondo!
Agostino Garufl
NUOVA EDIZIONE
Il Dizionario Biblico
Molti membri delle nostre comunità conosceranno di certo il
Dizionario Biblico: ora ne è uscita una nuova edizione L
La prima è stata quella del
1957, sempre -della Claudiana, e
la seconda è quella di Feltrinelli
del 1968. Qra la nostra Casa editrice ripropone la ristampa della
seconda edizione, riveduta ed aggiornata -dai pastori Bruno Corsani, J.A. Soggin (della Facoltà
valdese di teologia) e Giorgio
Toum.
Nella prefazione, mentre si ricorda che purtroppo Giovanni
Miegige — scomparso prematuramente nel 1961 — non (fu in
grado di portare a termine la seconda edizione dell’opera -da lui
iniziata, si invitano tutti i -lettori (stanti la vastità e la « fiuidità » -della materia trattata) a segnalare eventuali manchevolezze ed inesattezze ivi contenute.
Sono oltre 1500 le parole, le
espressioni o i nomi presentati,
da « Aronne » a « Zorobabele »,
da « abba » a « zizzania », da
« abominazione della desolazione » a « volto -dell’Eterno », ed
ognuna -di -queste voci reca in
calce la sigla -degli autori -della
prima edizione, integrata da
quella -degli attuali revisori,
quando l’aggiornamento degli articoli ha richiesto una loro sostanziale trasformazione.
Questo Dizionario, oltre a costituire un prezioso strumento
per coloro che vogliono approfondire la conoscenza delle Scritture per motivi religiosi (singoli
credenti, educatori, animatori,
collettivi biblici, gruppi di studio, ecc.) si può anche rivolgere efficacemente ad un pubblico
« laico » che per motivi culturali
potrà attingere notizie ed informazioni non meno importanti —
come notano i revisori — della
filosofia ellenica, del diritto romano, dell’arte medioevale o rinascimentale.
In occasione -di questa breve
presentazione, non possiamo che
esprimere agli elaboratori di
questa nuova edizione la riconoscenza di tutti coloro che sapranno trarre dalla consultazione di questo Dizionario nuove
forze spirituali ed un accrescimento della loro fede.
Roberto Peyrot
^ AA.VV., Dizionario Biblico, ed.
Claudiana 1984. pp. XI-635, rilegato,
L. 21.000.
«Non sei tu che porti la radice
ma è la radice che porta te » - V
TUTTO ISRAELE
SARA’ SALVATO
(Romani 11: 25-36)
a cura di Gino Conte
25 Infatti, fratelli, non voglio che ignoriate queSto mistero, affinché non siate presuntuosi: un
induramento si è prodotto in una parte d’Israele, finche non sia entrata la totalità dei pagani;
26 e cosi tutto Israele sarà salvato, come è
scritto:
Il liberatore verrà da Sion.
27 Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà; e
questo sarà il mio patto con loro, quando toglierò via i loro peccati.
28 Per quanto concerne il vangelo, essi sono
nemici per causa vostra; ma per quanto concerne i elezione, sono amati a causa dei loro padri;
29 perché i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili.
30 Come in passato voi siete stati disubbidienti
a Dio, e ora avete ottenuto misericordia per la
loro disubbidienza,
31 così anch’essi sono stati ora disubbidienti,
affinché, per la imisericordia a voi usata, ottengano anch'essi misericordia.
32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti.
33 Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di DioI Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie!
34 Infatti,
chi ha mai conosciuto il pensiero del Signore?
0 chi è stato suo consigliere?
35 O chi gli ha dato qualcosa per primo, si da
riceverne II contraccambio?
36 Perché da lui, per mezzo di lui e per lui
sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno.
Amen.
Coi vv. 25-32, Paolo presenta non soltanto il culmine del suo discorso, ma anche la meta e il senso della storia « della
salvezza ». C’è un mistero, un segreto che
Paolo comunica ai lettori (e forse in
particolare ai cristiani di origine pagana) con toni profetici. Sono le linee del
piano di Dio, che sono rivelate per evitare la presunzione, cioè di fare delle
previsioni umane e di basarsi su sicurezze umane, quando invece tutto sta o
cade con la mi.sericordia di Dio (e la sua
misteriosa sapienza che è celebrata ai
vv. 33-36 altro non è che questo!).
Paolo dà qui l’v'tima risposta alla domanda di 11: 1. Innanzitutto l’indura
mento di cui ha già accennato al v 8
deve durare. Durerà fino alla fine dei
tempi, finché la totalità dei pagani, cioè
gli uomini che Dio avrà chiamato alla
i fuori d’Israele, « sia entrata »
(V. 25). Entrata deve? Non mi affretterei
a rispondere dicendo « nella chiesa ». Entrata nella comunione con la radice (cfr.
vv. 17-18), entrata nell’elezione e nel patto.
Poi (V. 26), all’apparire del Messia, « tutto
Israele sarà salvato ».
Tutto Israele: nell’Antico Testamento
1 espressione non indica tanto la totalità
m senso aritmetico dei componenti il
popolo, quanto la pienezza della comunità davanti al suo Dio. Certo, dopo che
Paolo ha suddiviso Israele, nel suo discorso, « tutto Israele » non può non indicare la ricomposizione di ciò che per
Paolo l’impatto con l’evangelo ha disgiunto nella storia: il residuo eletto (11: 5)
e gli altri, l’Israele non cristiano, la sinagoga (11: 8, cfr. il «non tutti» in 10; 16).
Lungi dall’essere reietto, il popolo d’Israele sarà alla fine ricomposto nella sua
pienezza e in questa pienezza andrà incontro alla salvezza.
Al solito Paolo dà alcune « prove bibliche » della sua affermazione. Qui cita
(vv. 26b-27) Isaia 59: 20 e 27: 9 riecheggiando Geremia 31: 33-34. Che cosa vuol
dire che tutto Israele sarà salvato « quando il liberatore verrà da Sion? ». Che cos’è la rimozione del peccato di cui si
parla qui? Che cosa il nuovo patto? Una
risposta tradizionale vuole che questo
incontro col Cristo sia preceduto dalla
conversione d’Israele. Tutto Israele sarà salvato nello stesso modo in cui la
salvezza è giunta ai pagani, ma alla fine
della storia. Da tempo però, molti fanno
notare come qui non si parli di conversione d’Israele. L’idea sembra semplicernente essere quella di una ammissione
di tutto Israele nella pienezza di Dio al
ritorno di Cristo.
Paolo motiva la sua certezza che tutto
Israele sarà salvato. Per quanto la non
accettazione dell’evangelo sia un’inimicizia nei confronti di Dio (28), gli ebrei sono amati da Dio, a causa dei loro padri
Per Dio non conta la reazione umana ma
la sua elezione, la sua scelta. Ciò è detto
con ancora maggior forza al v. 29; « i
doni (cioè le realizzazioni della grazia di
Dio) e la vocazione di Dio sono irrevocabili ». Se Dio ama e chiama, se promette
e rivela, è per sempre. La decisione di
Die per Abramo e in Abramo non viene mene, vale al presente e abbraccia il
futuro, anche se Abramo non risponde.
Le promesse di Dio non sono sospese a
mezz’aria, la parola non cade a terra a
vuoto (9; 6!). Questa è la grande sicurezza d’Israele. Non una continuità storica
o una indefettibilità etica, ma la irrevocabile fedeltà di Dio sono la garanzia della
salvezza di Israele, di tutto Israele. Ma
questa è esattamente la realtà che in
Gesù Cristo Dio ha dischiuso a coloro
che ne erano finora esclusi, cioè i pagani. Non è dunque un caso che i vv. 30-32,
che concludono il ragionamento di Paolo,
si concludano con l’affermazione « Dio’
ha rinchiuso tutti nella disubbidienza
per far misericordia a tutti ». Pur nella
divergenza dei destini, dei cammini storici, Dio ha un solo peso e una sola misura: il perdono dei peccatori, l’amore per
la creatura ribelle.
^ posizione di Paolo sia avvertita in ambienti ebraici come quella, in campo cristiano, più distante dall’Ebraismo. E anche oggi che, nel dialogo ebraico-cristiano vi sono ebrei che si confrontano con
interesse con « la fede di Gesù », cioè con
quanto il Gesù degli evangeli dice, la
« fede in Gesù » continua ad apparire inconcepibile in termini ebraici. La lettura
che Paolo dà della giustizia di Dio, della
Tcrah, dell’induramento d’Israele, il suo
evangelo insomma, sono evidentemente
tra i temi di maggior frizione. Quest’estate ad Agape, al primo incontro sul dialogo ebraico-cristiano organizzato in questo centro, una studiosa francese diceva che da un punto di vista ebraico due
cose soprattutto rendono Paolo inaccettabile e spingono a dare di lui un giudizio molto negativo: Paolo ha vanificato
la Torah ed ha gettato le basi per lo
spodestamento d’Israele. Concludendo,
potremmo confrontare questo giudizio
con la lettura che abbiamo fatto di Romani 9-11.
E afiora potremmo dire che il primo
giudizio è vero. La posizione di Paolo è
una radicale contestazione della lettura
che si è data della Torah in seno all’ebraismo farisaico. Questo fatto va assunto nel dialogo ebraico-cristiano in un confronto franco e appassionato. Questo confronto non nascerà dall’oggi al domani: c’è
prima di tutto un lavoro di incontro, di
demolizione dei pregiudizi che abbiamo,
di informazione. Ma certo il nodo vero
è quello che ha tormentate Paolo in Romani 9-11. Non credo invece che il secondo giudizio sia esatto. Paolo non spodesta Israele, non « paganizza » Israele. Direi anzi che Israele esce valorizzato da
Romani 9-11, proprio perché Paolo lega
il suo destino alla elezione di Dio, alla
sua fedeltà alle promesse, alla sua parola che crea la storia e che non cade a
terra a vuoto.
Per Paolo il v. 32 descrive sicuramente
il senso della storia, il segreto di tutta
la vicenda umana, fino alla fine dei tempi. Per questo non vi è nulla di più naturale per lui che passare alla lode. Di
fronte a questo Dio e al senso che egli
dà alla storia, di fronte alla gratuità del
suo amore (v. 35) non c’è che da dire: « A
lui sia la gloria in eterno. Amen ».
Giungiamo così al termine di questa
lettura di Romani 9-11. E’ noto, come
Paolo non separa chiesa e sinagoga,
non le mette in concorrenza come verrà
fatto nei secoli successivi, ma le comprende insieme nell’orizzonte dell’elezione di Dio. E in questo orizzonte chiesa
e sinagoga, chiesa e Israele hanno una
sola sicurezza: non ciò che sono o credono di essere, ma ciò che Dio ha promesso.
3
Daniele Garrone
V
7
9 novembre 1984
old^tívD aperto 7
FEDERAZIONE FEMMINILE EV. VALDESE METODISTA - FEDERAZIONE DONNE EVANGELICHE IN ITALIA
DONNE EVANGELICHE A CONGRESSO
Ecumene, durante un incontro di studio.
I nuovi Consigli
FFEVM
Presidente Mirella Abate Leibbrand,
viale Trento 61, 47037 Rimini
(Porli), tei, (0541) 5.10.55.
Vice presidente Maria Grazia Palazzina, via Ricagni 27, 43100
Parma, tei. (0521) 44.800.
Segretaria Claudia Claudi, via del
Passeggio 125, 02044 Forano Sabino (Rieti), tei. (051) 239227.
Cassiera Graziella Fornerone, via
Stefano Fer 35, 10064 Pinerolo
(Torino), tei. (0121) 70611.
Resp. Circolare Paola Tron Nisbet,
via A. Vaccaro 20, 80127 NapoliVomero, tei. (081) 354263.
Rapp. Eco-Luce Katharina Rostagno,
via Assietta 4, 10069 Villar Perosa (Torino), tei. (0121) 51372.
Isolina Di Giorgio, via Panama 20,
86039 Termoli (Campobasso).
Mona Gasparin, via Sampolo 139,
90143 Palermo, tei. (091) 546513.
Florence Vinti, via Santa Barbara
23, 67060 Villa San Sebastiano
(L'Aquila), tei. (0863) 678137.
FDEI
Presidente; Vera Velluto, via Madre Grazia, 12, 74100 Taranto,
tei. (099) 27187.
Vice presidente Pierina Mannucci,
via Gordigiani 46 , 50127 Firenze,
tei. (055) 368801.
Segretaria Grazia Sbaffi, via Banco
Santo Spirito 3, 00186 Roma, tei.
(06) 6560123.
Cassiera Anna Maria Grimaldi, via
Ricciarelli 31, 20148 Milano, tei.
(02) 4046958.
Fernanda Comba, Rue de Vermont,
6 bis, CH 1202 Ginevra, telef.
0041 . 22 - 346686.
Elena Girolami, via Rosa Raimondi
Garibaldi 30, 00145 Roma, tei. (06)
5123775.
Vera Marziale latrate, via Guglielmo
Ciamarra 15, 00154 Roma, tei. (06)
5780412.
Emera Napolitano Chironi, viale
Croce Rossa 34, 90144 Palermo,
tei. (091) 520824.
Daniela Ferrara Platone, fraz. San
Lorenzo, 10060 Angrogna (Torino),
tei. (0121) 944144.
Ai membri uscenti del Consiglio
Nazionale della Federazione Femminile Evangelica Valdese e Metodista e del Consiglio della Federazione Donne Evangeliche Italiane
un affettuoso ringraziamento dai
nuovi Consigli e dalle Unioni e
Gruppi femminili per la costante
collaborazione che hanno dato con
dedizione e generoso apporto di
tempo e di forze.
Urgenza della predicazione
53
Non serve restare al chiuso
di un tempio per pregare e meditare la Parola di Dio se poi
non traduciamo in atti concreti
le nostre preghiere e le nostre
meditazioni, se non andiamo incontro al vecchio, al povero, al
malato, al sofferente nel corpo
e nello spirito, se non ci impegniamo per risolvere insieme
agli altri i problemi che travagliano l’umanità, se non cerchiamo di costruire una società diversa.
Oggi, a tutti coloro che si dichiarano cristiani, giovani, anziani, donne, uomini l’apostolo
Paolo chiede: « Come crederanno in Colui del quale non hanno udito parlare? ».
Ad Ecumene le donne evangeliche hanno riaffermato l’urgenza della predicazione e della testimonianza dell’Evangelo nel
concreto della realtà individuale
e sociale.
Un impegno
concreto di vita
Questo significa che le donne
si impegnano a fare proprie la
causa della pace e del disarmo,
la causa della fame nel mondo;
significa che si impegnano a lottare contro le ingiustizie e le
sopraffazioni che colpiscono sempre la parte più debole della
società; significa che si impegnano a predicare Gesù Cristo morto e risorto perché solo Lui può
dare un senso alla nostra vita.
Il compito non è facile, il lavoro sarà duro, a volte delusione e scoraggiamento avranno il
sopravvento, ma continueremo
a predicare la Buona Novella
del Regno perché questa è la
missione che abbiamo ricevuto... (dalla circolare della presidente FDEI).
E’ con questo spirito che sono stati votati i seguenti ordini
del giorno e raccomandazioni:
Pace. Il Congresso della FDEI,
riunito a Ecumene il 29.9.1984
chiede che il C.N., in collaborazione con la Commissione Pace
e Disarmo e il Comitato per
l’obiezione di coscienza, fornisca
alle unioni del materiale informativo sulla pratica dell’obiezione fiscale.
Fame. Il Congresso FDEI
chiede ai gruppi e alle unioni
federate di segnalare al C.N. i
canali già sperimentati per gli
aiuti urgenti. Tali aiuti dovrebbero anche avere come fine di
aiutare le popolazioni a raggiungere uno sviluppo autonomo in
modo da non essere più dipen
denti dai paesi economicamente
potenti.
Chiede inoltre al C.N. di mantenere i contatti con il Servizio
Migranti della FCEI per riceverne informazioni.
Le linee della
nostra testimonianza
(Raccomandazione). Quali primi passi nella lotta contro la
fame nel mondo, il Congresso
della FDEI, raccomanda ai gruppi e alle unioni:
a) di aiutare le donne evangeliche a sensibilizzarsi su questa questione e a impegnarsi in
azioni individuali e collettive,
tassandosi per trovare i finanziamenti necessari;
b) di impegnarsi neH’educazione contro gli sprechi;
c) di polarizzare l’aiuto in
un’unica direzione (p.es. l’Eritrea e il Camerún);
d) di adoperare i canali protestanti e di appoggiarsi a organizzazioni che danno serie garanzie, come il CEC;
e) di cercare di fare pressione presso il nostro governo affinché non solo fornisca aiuti immediati, ma si impegni in pro
getti a medio e lungo termine;
f) di non comprare prodotti
esportati contro gli interessi degli agricoltori, che si vedono così
privati del loro sostentamento;
g) di controllare le forniture,
soprattutto militari, che partono
dall’Italia.
La sessualità. Il Congresso
FDEI decide che uno dei temi
di studio dell’anno ’84-’85 sia il
tema della sessualità proposto
all’attenzione delle Chiese dal
Sinodo valdese-metodista. Poiché tale argomento riveste particolare importanza per la donna, raccomanda alle unioni di
affrontare l’argomento al loro
interno possibilmente prima di
discuterne a livello comunitario.
Raccomanda alle unioni e gruppi di porre attenzione al problema dell’insegnamento religioso.
Il Congresso FDEI richiede
ai partiti di votare a favore della legge contro la violenza sessuale sulla donna.
Il Congresso della FDEI faccomanda alle unioni e ai gruppi
di continuare ad occuparsi del
problema del lavoro, soprattutto per quel che riguarda le donne e la loro partecipazione; di
essere attente a quel che succede a livello locale in questo
campo.
Tre giorni
di intenso lavoro
Chi a Pinerolo aspettava l’arrivo del pullman da Ecumene
domenica sera 30 settembre ha
visto scendere tante viaggiatrici
allegre e chiassose che, prima di
separarsi, si sono ancora salutate con molta effusione. Sembrava che ritornassero da una
breve gita di piacere. Avevano
invece viaggiato per undici ore
dopo tre giorni di intenso lavoro per aver partecipato ai congressi FFEVM e FDEI.
II congresso della Federazione
valdese-metodista era iniziato
giovedì sera con un breve culto
presieduto da 2 sorelle del gruppo metodista di Milano — che
hanno fermato la nostra attenzione sui doveri della sentinella
(Ezechiele 33: 1-7) — e con reiezione del seggio: presidente Mirella Abate (Rimini), vice presidente Maria Grazia Palazzine
(Parma), segretarie Vera Long
(Pinerolo) e Isolina Di Giorgio
(Termoli).
Al venerdì mattina la presidente del consiglio Violetta Sonelli legge la relazione morale e
Impressioni e vaiutazioni
Per la prima volta e all’età di
64 anni ho partecipato al 2° Congresso della FDEI (e delle Unioni denominazionali) in rappresentanza dell’Unione metodista
di Scicli.
Sono stata molto interessata
aH’insieme dei problemi discussi. Ho apprezzato l’impegno delle sorelle responsabili per la
presentazione dei vari problemi.
Tra i vari argomenti trattati
quelli che mi hanno maggiormente interessata sono quelli
della pace, della fame nel mondo, della condizione della donna nella società d’oggi.
Fio seguito con molto interesse la discussione relativa alla
vita delle unioni femminili e lieta di aver potuto portare la mia
modesta esperienza. Ringrazio
Iddio che mi ha dato questa possibilità di essere stata presente
a questa Assemblea nella quale
ho conosciuto tante sorelle di
diverse formazioni culturali e
sociali. Partecipare al Congresso
è stato per me un arricchimento
non solo culturale, ma anche spirituale. Ritorno alla mia unione
con un nuovo spirito e nuova
forza con l’impegno di essere
di stimolo alle mie sorelle nel
testimoniare agli altri, non solo
a parole, ma anche con fatti
concreti.
Voglia il Signore darmi il suo
aiuto per mantenere questo impegno e contribuire alla realizzazione dei deliberati del Congresso.
Anna Perini
Non è solo una sigla
Queste Congresso mi ha dato
l’impressione che le donne evangeliche federate sono una realtà, non solo una sigla.
Che siamo tante, con molta
voglia di studiare la Bibbia, « fare della teologia pratica » (come
diceva Vera Velluto), cioè essere attente alle tematiche d’oggi
e impegnarci. A questo proposito ricordo la sorella dai capelli bianchi, dell’unione di Scicli, non lontana da Comiso, che
ci ha raccontato come le donne
lavorano per la pace, servendosi di tutti i canali disponibili.
Inoltre ho l’impressione che
ci piaccia stare insieme, conoscerci di più e divertirci: quante risate la sera, proprio fra
quelle che avevano avuto posizioni diverse durante le discussioni! Certo siamo diverse: diversa l’età, la situazione familiare, il lavoro, la collocazione
politica e la tradizione denominazionale; ma sono convinta che
la nostra comune vocazione e
l’interesse che portiamo per ciò
che crediamo e facciamo in
quanto donne evangeliche costituiscano una solida base unitaria, malgrado la pluralità delle
posizioni. L’impressione dunque
di un Congresso abbastanza vivace, a più voci, anche quella di
chi ha parlato avendo il coraggio di dire che era un po’ emozionata, perché non era abituata a parlare di fronte a tante
persone... Penso che le nostre
unioni siano, malgrado e con le
tante loro debolezze di cui si è
anche parlato, uno spazio valido
e importante per l’infcrmazione e la formazione delle donne
evangeliche battiate, metodiste e
valdesi.
Mirella Abate
Graziella Fornerone la relazione
finanziaria: una breve sintesi del
lavoro di due anni di tanti gruppi sparsi in tutta Italia, alcuni
dei quali visitati dai membri del
consiglio che hanno potuto rendersi conto delle varie situazioni.
DeU’importanza di queste visite
si è parlato a lungo ed il congresso ha raccomandato al nuovo consiglio di prose^irle nei
modi e nei tempi che riterrà opportuni.
Si è parlato dei corsi di animazione, svolti ad Ecumene nel settembre ’83 e alle Valli negli autunni ’82 e ’83, che hanno_ dato
ottimi risultati e si è deciso di
continuarli invitando anche monitori, catechisti, giovani, ecc.
Da alcuni anni molti gruppi
inviano delle offerte per borse di
studio alla Facoltà di Teologia e
per il centro di Villa S. Sebastiano; ora si è deciso di continuare
a versare il contributo per la
« borsa di studio » alla Facoltà.
Per quel che riguarda la seconda offerta essa verrà destinata,
ogni anno, ad un’opera a carattere sociale in grave difficoltà economica.
Una interessante decisione è
stata presa aH’unanimità: a partire dal prossimo congresso le
spese di viaggio verranno divise
equamente fra tutte le partecipanti per dar così modo a tutte,
anche dalle unioni più lontane,
di ritrovarsi e lavorare insieme.
Interessante è stata la discussione sulle pagine Eco-Luce e sulla
circolare interna: uno strumento prezioso che ha permesso di
mantenere i contatti con tutte le
unioni e gruppi che « anche se
ancora un po’ timidamente »
non hanno esitato a partecipare
a questo sforzo inviando relazioni, corrispondenze, suggerimenti
e saluti.
Dopo aver approvato le relazioni si è passato ad una rapida
carrellata sul lavoro svolto dalle
32 unioni presenti, in situazioni
molto diverse come numero di
presenze, numero di incontri e
orari, ma simili nello svolgimento dei programmi, studi, discussioni, diaconia, opere sociali, bazar, gite e agapi.
Si procede quindi alle votazioni per il nuovo consiglio.
Il congresso, che si era aperto
con un’esortazione alla vigilanza,
si chiude con l’inno « Veglia al
mattino ».
Vera Long
8
8 ecumenk
r
9 novembre 1984
PROSEGUE LA RIFLESSIONE SUL CONVEGNO INTERCONFESSIONALE A RIVA DEL GARDA
Dairanatema airabbraccio di pace
teXaTcaTpnTp f ecumenicamente soddisfacente e
teologicamente responsabile - Le diverse valutazioni del Concilio di Trento non impediscono una nuova fraternità
I lettori sono stati molto beneinformati dal pastore Thomas
Soggin sullo svolgimento, sui
contenuti e sui significato del 3°
Convegno Ecumenico della Conferenza delle Chiese europee e
del Consiglio delle Conferenze
Episcopali d’Europa (che raccoglie i rappresentanti di tutti
gli episcopati cattolici europei),
avvenuto a Riva del Garda (3-8
ottobre 1984) e conclusosi solennemente nel duomo di Trento
—^ la città dove ebbe luogo, nel
16° secolo, il Concilio che condannò categoricamente la Riforma protestante. Vorrei aggiungere all’articolo del pastore Soggin alcune considerazioni sulTincontro e sulla sua portata ecumenico-teologica, che possono
servire a completare il quadro.
Luogo ecumenico di
primaria importanza
La Conferenza delle Chiese europee (abitualmente chiamata
KEK), di cui il pastore battista
G. Williams è segretario generale e animatore instancabile, si è
confermata, anche e proprio per
il suo orizzonte circoscritto all’Europa, un luogo ecumenico di
primaria importanza, per almeno
tre buoni motivi.
a) Nell’ambito della KEK
l’Europa è davvero l’Europa,
quella che non solo geograficamente ma anche culturalmente
va dal PortogaUo alla catena degli Urali. E’ questa l’Europa, non
quella dimezzata che impropriamente chiamiamo Europa, e non
10 è — l’Europa dimezzata che
politicamente si esprime nel
’’parlamento europeo” ed economicamente nel ’’mercato comune europeo”. Oggi la KEK è
probabilmente l’organismo più
importante in cui il continente
Europa è custodito nella sua integrità e rappresentato nella sua
pienezza, non saltuariamente ma
in modo continuativo.
b) Gli incontri tra la KEK e
gli episcopati cattolici europei
(quello di Riva del Garda era
11 3° della serie) danno rilievo
a un altro fatto fondamentale:
l’Europa cristiana (se questa espressione ha ancora un senso) è, per così dire, « tridimensionale »: ortodossa, cattolica e
protestante — e non è quella
« Europa neo-karol-ingia » (da
Carlo Magno a Karol Wojtyla)
vagheggiata dall’attuale leadership vaticana. La KEK, insomma, è il migliore antidoto alla
’’polonizzazione” religiosa della
Europa prossima ventura.
c) La KEK è luogo e terreno d’incontro tra le Chiese d’Occidente e la grande famiglia delle Chiese d’Oriente. Mentre negli incontri ecumenici patrocinati dal CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese), il Terzo Mondo ha un peso crescente e sovente determinante, per cui l’asse portante di quegli incontri è
quello Nord-Sud, gli incontri
che avvengono nel quadro della
KEK (riguardando la sola Europa, quindi scio i cosiddetti
Primo e Secondo Mondo, ma non
il Terzo) ruotano intorno all’asse Est-Ovest, sia politicamente
che religiosamente. E il confronto Est-Ovest resta cruciale in
ogni senso e a tutti i livelli: il
fatto che possa avvenire in maniera pressoché permanente grazie alla KEK, fa di quest’ultima
un organismo estremamente prezioso.
La questione
del ’’Filioque”
Sul piano ecumenico-teologico il convegno di Riva del Garda può essere paragonato a
un’ellisse con due fuochi: il primo era il Simbolo (o Credo)
Niceno-costantinopolitano, il se
condo era il Concilio di Trento.
A proposito del primo, c’è da
dire che l’assemblea di Riva ha
cercato di valorizzare il Simbolo Niceno-costantinopolitano (così chiamato perché — si pensa,
anche se non è del tutto accertato — che il Concilio di Costantinopoli del 381 lo abbia varato,
utilizzando un testo che circolava sotto il nome di « niceno »)
come vincolo ecumenico mai venuto meno, dato che esso è comune, da sempre, alle Chiese
d’Oriente e d’Occidente (le Chiese di tradizione riformata, come la nostra, lo accettano, ma
raramente lo utilizzano nel culto
o nell’istruzione catechistica,
per cui esso è poco conosciuto
dalle nostre comunità). In realtà, proprio intorno a questo Credo dura da oltre un millennio
(e ancora non è risolta) una
controversia tra Oriente ed Occidente, relativa alla dottrina
dello Spirito Santo: il Credo, nel
testo originario deciso (si presume) dal Concilio ecumenico
di Costantinopoli del 381, già ricordato, affermava che lo Spirito « procede dal Padre »; in Occidente, a partire dalla fine del
6° secolo, si comincia ad aggiungere la frase Filioque ( = « e dal
Figlio »), per cui si afferma che
lo Spirito « procede dal Padre e
dal Figlio ». L’Oriente non ha
mai accettato questa aggiunta
e da tempo chiede alle Chiese
d’Occidente di rinunciarvi, in
modo che si possa dire insieme
questo Credo, secondo il testo
originario, senza l’aggiunta tardiva (e unilaterale) del Filioque.
Nell’ambito del movimento ecumenico sta crescendo il numero
delle Chiese disposte ad accogliere, come legittima e giustifi
cata, questa richiesta delle Chiese d’Oriente, e a depennare quindi il Filioque dal loro testo del
Credo. A Riva del Garda si è
compiuto un passo avanti in
questa direzione, tanto che nella
cerimonia liturgica conclusiva
del 7 ottobre nel Duomo di Trento il Credo Niceno-costantinopolitano è stato recitato insieme dalle Chiese d’Oriente e d’Occidente, senza il FUioque.
A prima vista tutta questa
questione può parere secondaria
e persino un po’ ’’bizantina”, ma
non lo è: un’impostazione oppure un’altra del discorso sullo
Spirito ha conseguenze immediate e profonde sul modo di concepire la Chiesa e il suo rapporto con Dio e coi mondo. Non si
tratta dunque di ’’bizantinismi”
ma di Dio. Piuttosto conviene
capire bene il senso della rinuncia al Filioque da parte di molte Chiese d’Occidente. Lo ha illustrato con molta chiarezza il
vescovo anglicano Hanson: l’aggiunta del Filioque da parte
della Chiesa d’Occidente dev’essere considerata canonicamente
illegittima, perché il testo di un
simbolo ecumenico può essere
modificato solo da un concilio
ecumenico che esprima l’intera
cristianità, e non unilateralmente da una parte soltanto di essa, come è accaduto in questo
caso. Il Filioque deve dunque
essere omesso nella recitazione
del Credo. D’altra parte illegittimità canonica non significa necessariamente abbaglio teologico. Riconoscere che il Filioque
è canonicamente abusivo non
significa disconoscere una sua
possibile legittimità teologica;
in questo senso non è escluso
che si possa ricorrere ad esso
(criticamente o no) nella spiegazione del Credo, non però nella sua recitazione. A noi pare che
in questa direzione sia possibile trovare una soluzione dell’antica controversia che sia ecumenicamente soddisfacente e teologicamente responsabile.
Due valutazioni sul
Concilio di Trento
Il secondo « nodo » ecumenico-teologico dell’incontro di Riva era la valutazione del Concilio di Trento. Non è ancora stato diffuso il testo definitivo e
ufficiale della Dichiarazione intitolata « Il nostro Credo, fonte
di speranza », che vuole essere
un commento attualizzante del
Simbolo Niceno-costantinopolitano e che è stata varata dall’assemblea di Riva nella sua
ottava versione! (già questo dimostra la complessità dei temi affrontati e la difficoltà di
impostarli e trattarli in modo
tale da raccogliere il consenso
di un’assemblea ecumenica qualificata come quella di Riva).
Non potendo ancora riferirci al
testo finale, ci rifacciamo al dibattito (nei gruppi e in seduta
plenaria), nel corso del quale,
a proposito del Concilio di Trento, sono emerse e si sono affrontate due posizioni: quella secondo cui il Concilio di Trento
« rivelò » in modo acuto la divisione dei cristiani, e quella secondo cui vi « contribuì », anatemizzando la Riforma, appunto.
Sul giudizio da dare su Trento
l’episcopatc cattolico stesso è
parso diviso: mentre alcuni vescovi sembrano disposti a rico
dal mondo
cristiano
a cura di CLAUDIO PASQUET
Svizzera: giornata
dell’alimentazione
(Le Protestant) — Il 16 ottobre le chiese protestanti svizzere hanno celebrato la giornata
dell’alimentazione con un culto
speciale nel corso del quale sono state invitate a leggere il seguente testo :
(giorno e 2/3 Bibbie. I promotori dell’iniziativa pensano che
questo sia un mezzo efficace per
far giungere la Parola di Dio a
molti giovani giapponesi.
tembre ’85, i discendenti degli
Ugonotti che lasciarono negli
anni delle persecuzioni la terra
francese. Questi discendenti,
che sono sparsi un po’ in tutto
il mondo, saranno ospitati nelle
famiglie protestanti di Montpellier ed avranno occasione di
partecipare a dibattiti, rappresentazioni teatrali e mostre tutte incentrate sulla storia dei loro antenati.
Apartheid
uguale eresia
Congresso battista
europeo
Avevo fame e voi... andavate sulla luna.
Avevo fame e voi... avete creato
una commissione.
Avevo fame e voi... avete
non c’è motivo.
Avevo fame e voi... avete
anche da noi ci sono i
Avevo fame e voi... avete
è colpa dei comunisti e
pitalisti.
Avevo fame e voi... avete
che Dio li aiuti.
Avevo fame e voi... avete
spiacenti, aspettate un
passate domani.
detto :
detto :
poveri,
detto :
dei ca
detto :
detto :
po’, ri
(BIP) — Ogni 5 anni la Federazione Battista Europea organizza un congresso. Quest’anno
esso si è riunito ad Amburgo discutendo il tema « Ricercate il
bene della città» (Geremia),
riunendo più di 1000 delegati di
21 paesi europei. Questo congresso coincideva col 150" anniversario della fondazione della
prima chiesa battista in Germania ad opera dell’evangelista
G. Onken che operò proprio ad
Amburgo.
(SOEPI) — Il sinodo della
chiesa anglicana di Nuova Zelanda ha preso posizione nei
confronti del razzismo dichiarando che l’apartheid va considerato a tutti gli effetti come
un’eresia. Va ricordato che questa dichiarazione era già stata
fatta dalla chiesa anglicana del
Sud Africa.
Brigate di pace
in Nicaragua
Distributori
automatici di Bibbie
Montpellier
e gli Ugonotti
(BIP) — In Giappone, dopo i
distributori automatici di sigarette, bevande, ecc. è stato installato a Tokio, di fronte al
centro per studenti cristiani di
Ochanomizu, un distributore automatico di sacre scritture. L’iniziativa, dopo sei mesi, ha dato i seguenti risultati: circa 1(X)0
testi biblici venduti con una media di 3/5 Nuovi Testamenti al
(SOEPI) — La città di Montpellier festeggerà nel 1985 il 1"
millennio dalla sua fondazione.
Lo stesso anno i protestanti di
Francia ricorderanno la data
tragica della revoca dell’editto
di Nantes. Com’è noto il protestantesimo ha fortemente inciso
nella vita di questa città per cui,
vista anche la concomitanza delle due date, il municipio e la
chiesa riformata di Montpellier
vorrebbero accogliere, in questa
occasione, nei giorni 17-20 set
(SOEPI) — L’il novembre un
gruppo di 8-10 militanti svizzeri
per la pace partirà per il Nicaragua con lo scopo di raccogliere informazioni circa la vita in
quel paese. Il programma prevede quindici giorni di lavoro in
una cooperativa che si trova al
confine con l’Honduras, zona
dove i « Contras » sono in guerra contro l’esercito regolare, dieci giorni di incontri con la gente per conoscere dalla viva voce degli abitanti del paese la loro opinione. Quindi il ritorno
in Svizzera dove inizierà la parte più difficile del lavoro; rendere note le esperienze della brigata, informare la popolazione
elvetica sulla situazione in Nicaragua, progettare altre forme
di intervento.
noscere al Concilio di Trento
una corresponsabilità nella divisione, altri intendono accreditare la tesi secondo cui il Concìlio
di Trento fu un concilio ecumenico, quindi non solo non ha
contribuito alla divisione della
Chiesa (o dei cristiani, come
qualcuno preferisce dire), ma al
contrario ha in qualche maniera salvato la Chiesa, facendola
uscire dalla confusione e dallo
smarrimento in cui la Riforma
Taveva gettata. Si tratta, come
si vede, di valutazioni molto diverse. Anche in campo evangelico le valutazioni sono molteplici e variamente formulate. Insomma, rincontro di Riva del
Garda ha rivelato, su questa
questione, due cose: la prima è
che non esiste ancora un consenso ecumenico sulla valutazione del Concilio di Trento; questo Concilio è ancora controverso; in particolare è indispensabile chiarire che senso hanno, oggi, gli anatemi categorici
da esso pronunciati contro tutte le grandi tesi della Riforma,
che sono oggi non meno di ieri
parte integrante e precipua della
nostra fede e della nostra comprensione del cristianesimo. In
secondo luogo a Riva è apparso
chiaro che una interpretazione
ecumenica di Trento (nella misura in cui è possibile) è indispensabile perché protestanti e
cattolici possano ritrovare l’unità perduta. Il problema costituito dal Concilio di Trento non
può essere risolto soltanto mediante preghiere, liturgie e ’’abbracci di pace” — sia pure nel
Duomo di Trento. La cerimonia
finale, come ha scritto il pastore Soggin, è stata un ’’momento
forte” non solo deH’incontro ma
dell’esperienza ecumenica contemporanea. Non vorremmo sminuirne il valore. La cerimonia
di Trento, come del resto tutto
rincontro di Riva, hanno manifestato una forte e viva volontà
di riconciliazione, che presuppone tra l’altro un disgelo psicologico ormai compiuto anche a
livelli di dirigenze ecclesiastiche
di alto rango, per così dire. La
volontà di riconciliazione c’è, ed
è sincera. Quel che sembra ancora mancare è una base teologica sufficiente a realizzarla. Sotto le volte del Duomo di Trento,
i protestanti non sono più stati
anatemizzati ma abbracciati.
Che cosa vuol dire? Che le condanne di ieri non valgono più?
O che valgono in un altro modo?
In quale? E quali affermazioni
della Riforma sono veramente
state accolte e attuate nella
Chiesa di Roma? Su queste e
analoghe questioni, tutt’altrc che
secondarie, si è rimasti nel vago, e quando si cercava di diventare concreti e precisi, si
riaffacciava l’antico dissenso. In
questo senso, forse, la cerimonia di Trento trasfigurava la
realtà e faceva intravvedere un
grado di comunione maggiore di
quello effettivamente esistente:
un’unità molto più desiderata
che realizzata. Forse volutamente si è messo, anche a Trento,
il carro della liturgia davanti ai
buoi della teologia. Personalmente preferiremmo vederle procedere insieme, senza scavalcamenti.
Resta la domanda: che cosa
ci divide? La questione della verità o una posizione di potere
ammantata di teologia? O entrambe? E le questioni etiche,
non sono forse quelle su cui
le divergenze sono particolarmente profonde, cosi da sfociare in opzioni tra loro inconciliabili? Perché il dialogo ecumenico elude tanto l’etica? E
d’altra parte è anche vero che,
malgrado tutto, una nuova fraternità si fa strada, nelle contraddizioni irrisolte, con pazienza e tenacia, guardando fermamente oltre. Paolo Ricca
9
9 novembre 1984
crcmáca delleValli 9
a
LE UNIONI GIOVANILI
Perchè
la festa
Una scuola di democrazia
La mancanza delTUnione Giovanile rappresenta un impoverimento nella vita della chiesa - Si può reinventare qualcosa per i giovani di oggi?
Dibattiti
Ogni volta che assisto da lontano a manifestazioni in ricordo
siella vittoria del 4 novembre sono abbastanza colpito dal fatto
che i partecipanti sono più o meno gli stessi delle manifestazioni del 25 aprile, a cui, se posso,
partecipo anch’io. E’ strano. Le
stesse persone che celebrano
l'jinnessione forzata all'Italia del
Sud Tirolo, contro ogni principio di autodeterminazione dei
popoli e, quindi, contro ogni
principio di democrazia, celebrano, poi, la "liberazione” dal regime fascista e daU’invasione nazista e, per di più, più o meno
allo stesso’modo e con lo stesso
siile. Le bande musicali suonano
in entrambe le manifestazioni
sia il canto del Piave, sia Fratelli
d'Italia, sia Bella ciao, come se
inutile strage » della guerra
del ’15-’18 fosse la stessa cosa
della fine della guerra voluta
dal fascismo.
Lo stesso discorso può essere
fatto anche per altre feste meno
: uriche di significato ideologico,
some quelle degli alpini e quelle
della cultura e del folklore lósale; quelle delle Pro loco e
snelle dei santi patroni. Stesso
s:ile e stessa gente che partecipa, anche quando l’ispirazione e
lì significato di ogni singola fes:a si differenzia in modo notevole da quello delle altre. Aníde alcune nostre manifestazioni
di chiesa assumono a volte uno
siile non lontano da quello delle
Pro loco e vedono la partecipazione di un tipo di gente che
S'gni domenica scorre su o giù
per la Valle di residenza o di
siuella vicina, a seconda di dove
si tiene la festa di turno.
C’è dunque una sorta di ecu■tr.enismo laico nella partecipazione alle feste di varia natura che
mi lascia ancora più perplesso di
certe manifestazioni un po’ troppo spinte dell’ecumenismo ecclesiastico. In quest’ultimo si segue a volte la carità senza preoccupazioni per la verità anziché
< verità in carità ». In quello laico delle feste si pratica una
amicizia che raramente raggiunge i livelli della carità, senza
preoccupazioni non solo per la
verità, ma nemmeno per il significato.
Non possiamo, ovviamente,
non rispettare le scelte sia di chi
va al 4 novembre, sia di chi va
ai 25 aprile, sia di chi va alla gara di pesca, sia di chi va a Penì¡.coste ’84, anche se quest’ultimo ci piace di più.
Ma probabilmente come chiesa. pur considerando che la festa
c nella Bibbia un modo importantissimo per esprimere la gioia
di essere stati liberati e chiamati dal Signore, dobbiamo sottolineare che non qualsiasi festa ha
questo significato e che, quindi,
più della festa vale quello che
c.isa ricorda o annunzia. La festa ebraica è sempre un « memoriale », come la Cena del Sigiìore, cioè un rivivere le liberazioni di Jahvé. La ricerca del
significato è forse la testimonianza che siamo chiamati a dare in una situazione in cui ogni
significato è perso di vista nel
contesto di una liturgia profana
che gli anni hanno reso adatta
anche a messaggi in contraddizione gli uni con gli altri o a
nessun messaggio. Per noi è festa quello che si rivive, non quello che si vive in un’effimera giornata diversa dalle altre.
Claudio Tron
Da molti anni sono ormai
scomparse nelle nostre chiese le
Unioni Giovanili, quei gruppi
che i vecchi fra noi chiamano
ancora semplicemente l’Unione
(ma sono poche parole della lingua francese prima e italiana
poi entrate a pieno diritto nella
parlata comune: l’Uniun). Sono
morte per mancanza di idee, di
sostegno, di prospettive, travolte nella grande crisi del ’68? Per
colpa dei loro responsabili o dei
pastori (allora giovani!) che
avrebbero dovuto in qualche
modo rinnovarle? Per stanchezza, usura della formula tradizionale? Chi può dirlo; sta di fatto
che non esistono quasi più se
non in forme sempre instabili,
mutevoli, incerte, gruppi di giovani alla ricerca di qualche attività non troppo impegnativa.
Non parliamo dei gruppi PGEI
che hanno altre caratteristiche
ed altri problemi.
Non so se si potranno ricostituire gruppi giovanili in forme
nuove e con nuove prospettive
ma di una cosa mi sto rendendo conto: la mancanza di una
attività del tipo « unione », non
cioè gruppo di lavoro, seminario di studio, équipe di intervento o comunità di amici, ma proprio associazione nella forma
più tradizionale di soci, sedute,
programmi, seggi, verbali ed
elezioni, la mancanza dico di
questa realtà è stata ed è un
grave impoverimento nella vita
della nostra chiesa.
In che senso? Nel senso che è
così venuta a mancare l’unica
« scuola » di formazione alla vita « democratica » della chiesa.
AH’unione si sono fatte molte
discussioni, preparati lavori ed
attività, si è perso anche molto
tempo in cosette di poco conto,
per mettere d’accordo litigiosi e
cercare di far fare qualcosa a
ragazzi che avevano voglia solo
di fare baccano e divertirsi. Ma
qualcosa è pur restato e forse
non quello che ci si aspettava
restasse : una certa idea del funzionamento di un gruppo, della
organizzazione di un programma, del ruolo delle cariche, del
dover assolvere gli impegni assunti ecc.
Un’idea cioè di come un gruppo, e perciò una chiesa, deve
funzionare con delle regole e dei
progetti. Dopo è venuta l’assemblea, lo spontaneo, il fare tutti
tutto insieme, il discutere sul
decidere (il mito contro la legge) cose anche buone e valide
ma il risultato è che oggi i non
più giovani, gli ex giovani, non
sanno darsi un minimo di organizzazione, non sanno mettere
ordine nelle idee e nelle cose:
prima si organizza, poi si decide, poi si fa. Accade invece sempre più spesso che prima si faccia poi si organizzi quello che
si sta facendo. Per la vita della
chiesa non è bene e bisognerebbe per i giovani di oggi reinventare qualcosa tipo « Unione »,
ma cosa? Lo sapessimo non ci
sarebbe bisogno di scriverne, si
sarebbe già fatto.
G. Tourn
UN INVITO IN TERRA PROTESTANTE
Ritorno nel Queyras
Il progetto che sta dietro questo slogan è originale e destinato, auguriamolo, ad un buon
successo. Di che si tratta? Su
iniziativa dell’associazione culturale del Queyras, i comuni e le
prò loco di quella vallata alpina del Delfìnato, confinante con
le Valli Valdesi, hanno preso la
iniziativa di organizzare un grande incontro fra tutti i discendenti di coloro che attraverso i
secoli sono emigrati dal Queyras. Una sorta di grande ritorno alle radici, alla terra dei padri, gestita ed organizzata da
coloro che sono rimasti sul posto ed hanno continuato a dare
vita alle antiche borgate e alle
terre degli avi.
Il Queyras fu terra protestante fino alla Revoca dell’Editto
di Nantes, terra di rifugio per
i Valdesi durante le persecuzioni, essenziale copertura alle spalle durante le guerre di religione, fu terra di emigrazione per
innumerevoli famiglie delle Valli, quasi tutte le famiglie delle
nostre alte parrocchie hanno ricordi di estati trascorse in quelle terre a pascolare le greggi, a
falciare i fieni; rincontro del
Colle della Croce è nella nostra
generazione un segno di questa
comunanza di fede e di cultura
fra i due versanti delle Alpi e
le due chiese riformate che vi
abitano.
L’iniziativa del « Retour en
Queyras » è stata presa, non casualmente, in occasione delle celebrazioni per la revoca dell’Editto di Nantes nel 1685, che segnò il momento di crisi del protestantesimo di quelle terre.
Le manifestazioni che si terranno dal 6 all’8 settembre prossimi prevedono visite ai luoghi
storici, Montdauphin, ChàteauQueyras, Briançon, spettacoli,
un culto ecumenico all’aperto,
incontri con la popolazione, ecc.
L’invito a partecipare non è
naturalmente limitato a coloro
che hanno radici familiari in
quelle vallate ma, come ha avuto occasione di dire Marcel Sibille, uno degli organizzatori, responsabile per molti anni della
casa di vacanze di Arvieux, è
esteso a tutti coloro che vogliono unirsi ai fratelli del Queyras
in questa occasione. G. T.
PINEROLO — Venerdì 9 novembre
alle ore 21 presso l’Auditorlum di Corso Piave parlerà l'on. Pietro ingrao sul
tema: « Pace e liberazione » per chi?
per cosa? con chi?. Seguirà dibattito.
LUSERNA S. GIOVANNI — Mercoledì 14 novembre, ore 20.30 presso il
Salone Culturale del Comune (via Tegas
3 - di fronte al mercato coperto) dibattito su: il lavoro: come ■ dove quando.
Interverranno: il dott. Elvio Passone,
magistrato e Fausto Bertinotti, segretario regionale della CGIL.
Comitati per la pace
PINEROLO — Sabato 10 novembre,
ore 15.30 in via Demo 8 (presso i locali della Camera del Lavoro) Convegno organizzato dai comitati per ia
pace del pinerolese « Denuclearizzazione civile: a che punto siamo? ».
L’incontro, aperto alla partecipazione di tutti gli interessati, si articolerà secondo il seguente programma:
ore 15.30: Breve presentazione dell’attività dei vari comitati pace (Pinerolo, Piossasco, Val Pellice, Vaili Chisone e Germanasca) con particolare
attenzione alle iniziative riguardanti la
denuclearizzazione;
ore 16.30: Lavoro in gruppi a tema:
r gruppo: Aspetti tecnici e giuridici e
prospettive di lavoro comune; 2° gruppo: Informazione e sensibilizzazione;
3° gruppo; Significato della denuclearizzazione civile;
ore 18; Relazione dei tre gruppi di
lavoro e dibattito;
ore 19; Conclusione del Convegno.
POM ARETTO — Mercoledì 14 novembre alle ore 20.30 presso I locali
del Convitto Valdese si terrà la riunione del Comitato per la pace Valli Chisone e Germanasca con il seguente
ordine del giorno; 1) Valutazione del
Convegno del 10/11 sulla denuclearizzazione civile; 2) Mobilitazione del Comitato rispetto alle proposte operative
emerse nel Convegno; 3) Preparazione
dell’Incontro sulle centrali nucleari;
4) Varie.
I nostri nuovi calendari
Anche quest’anno giungono
puntuali all’appuntamento i due
calendari evangelici che da alcuni anni siamo soliti avere nelle
nostre case : « Valli Nostre » edito dalla Claudiana, ed il « Calendario Evangelico » della casa
Filadelfia, che ha proseguito la
iniziativa editoriale della Casa
Editrice Battista. Entrambi i calendari hanno elementi comuni,
un esplicito riferimento biblico,
una intenzione divulgativa ed
informativa, l’intenzione cioè di
fornire un legame visivo fra i
PROVINCIA DI TORINO
ASSESSORATO AL LAVORO E ALLA FORMAZIONE
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CORSO DI FORMAZIONE
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Tecnici Edp - area amministrativa
riservato a diplomati di Scuola Media Superiore
posti disponibili: 20; decorrenza: dicembre 1984
.sede del corso: ITC Buniva (Pinerolo)
I moduli di iscrizione vanno inoltrati con la necessaria
documentazione tramite raccomandata A.R. a:
Provincia di Torino - Assessorato al lavoro - Via
Lagrange, 2 - 10123 Torino. Entro e non oltre il IS
novembre 1984.
Detti moduli potranno essere richiesti: a Pinerolo presso
Segreteria ITC Buniva; Segreteria Liceo Scientifico; Segreteria
Istituto Magistrale; Ripartizione Istruzione del Comune - Segreteria Comunità Montana Val Chisone e Germanasca (Pomaretto) - Segreteria Comunità Montana Val Pellice (Torre
Pellice) - Ripartizione Lavoro e Formazione Professionale della
Provincia di Torino (Torino).
Per ulteriori informazioni telefonare al n. 011/5756.2649.
membri della grande famiglia
evangelica.
Il Calendario Evangelico fornisce l’indirizzo delle chiese dell’U.C.E.B.1., il Valli Nostre l’indirizzario aggiornato e completo
delle chiese valdesi e metodiste
e delle loro opere, delle chiese
evangeliche all’estero e delle
chiese battiste.
Il pensiero biblico è presente
mensilmente in un testo stampato accanto all’immagine e che
dà in qualche modo il tema di
riflessione generale, il Calendario Evangelico ha in più un breve versetto ogni giorno.
Un calendario però è interessante per le illustrazioni e qui
i nostri due esempi si distinguono. Il Valli Nostre aggiunge alle vedute delle Valli Valdesi (come dice il suo nome) un certo
numero di riproduzioni di opere ed attività del mondo valdometodista (quest’anno i documenti di questo secondo tipo sono più numerosi che in passato); il calendario battista invece ci offre 12 disegni di Paolo
Paschetto.
La produzione di questo pit
tore non è nuova nei nostri ambienti ma molto bene ha fatto
l’ed. Filadelfia a scegliere queste 12 riproduzioni per commemorare il centenario della nascita di questo interessante artista evangelico.
L’attività di Paschetto è stata sempre improntata ad un
chiaro riferimento evangelico e
la sua produzione artistica ha
accompagnato il cammino delle
nostre chiese nel periodo fra le
due guerre. Il centenario della
sua nascita offrirà, ce lo auguriamo, l’occasione per fare un
primo bilancio di questa attività riproponendolo alle nuove
generazioni.
Sarebbe stato bello rivedere
anche sul Valli Nostre una o
due riproduzioni di quei paesaggi delle Valli che Paschetto ha
colto 50 anni fa con il suo inconfondibile stile ma forse la
diapositiva impone tecniche diverse.
Il Valli Nostre costa L. 4.300;
il Calendario Evangelico L. 4.500 ;
presso le librerie evangeliche o
direttamente alle editrici ; la
Claudiana, via Principe Tommaso 1, Torino, l’ed. Filadelfia, via
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10
10 cronaca delleValli
CATTOLICESIMO LOCALE
Testimoni dell’evangelo
nella storia deH’umanità
— lavorare è esercitare le facoltà che Dio ci ha dato e realizzare la chiamata di Dio per l’uomo; lavorare è finalizzare l’uso
delle proprie capacità al supremo valore morale: la carità.
Perciò lavorare deve sempre essere attività in cui l’uomo coscientemente esprime se stesso
nel suo rannorto con il cosmo e
con l'umanità.
Un convegno delle comunità cattoliche pinerolesi affronta la problematica della crisi economica - Rimane centrale il lavoro
umano
Dal 10 al 13 ottobre si è svolto
a Pinerolo un convegno delle
chiese cattoliche sul problema
della disoccupazione, a cui hanno portato il loro contributo il
teologo Enrico Chiavacci, il sociologo prof. Michele Colasanto,
il prof. Detragiache, don Matteo
Lepori e i sindacalisti Tonino
Chinotti della Cisl pinerolese e
Carlo Daghino della FLM regionale.
Nella lettera di presentazione
del convegno Pietro Giachetti, vescovo di 'Pinerolo, scriveva che
«è questo im tema di bruciante
attualità e di grande valore ecclesiale. Non possiamo eludere
questo problema che tocca profondamente la vita della nostra
gente e impegna la testimonianza della comunità cristiana. 11
convegno trae ispirazione e forza dalTinsegnamento del Papa
sul lavoro umano, è provocato
e sofferto dalla situazione in cui
ci troviamo, è una tappa nella
preparazione al convegno della
chiesa cattolica italiana dell’85:
’’Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini” ».
Il convegno ha cercato di fare
una panoramica della realtà della crisi nelle sue obiettive dimensioni e del fenomeno della disoc
cupazione sia a livello nazionale
che locale.
Il prof. Colasanto ha osservato
che il problema della disoccupazione nei suoi aspetti qualitativi
è ancora poco studiato. E’ una
realtà destinata a durare e alla
quale occorre dare maggior attenzione e con la quale bisognerà convivere.
La situazione locale (comprensorio di Pinerolo) è stata presentata da Tonino Chiriotti della
Cisl il quale ha documentato la
situazione venutasi a creare dagli anni 60 ad oggi in merito
all’occupazione. Si sono persi
4.370 posti nel settore tessile;
7.690 nel settore metalmeccanico;
500 nei chimici, 530 nei settori
grafici-cartai. Attualmente ci sono 833 persone in cassa integrazione a zero ore. Gli iscritti al
Collocamento del Comprensorio
sono 6.400 di cui 4.250 sono giovani dai 14 ai 29 anni.
Da qui derivano due fondamentali diritti: il diritto al lavoro e il diritto al lavoro umanizzato in cui nessuno sia puro oggetto di scelte altrui.
Anche nella Gaudium et Spes,
viene ribadito che per quanto organizzata sia in gruppi produttivi, l’attività umana deve mantenere le sue caratteristiche umane e umanizzanti. Accade, invece,
sempre di più che l’uomo sia
asservito al lavoro.
Si è tentato poi di leggere alla
luce della Parola di Dio e dell’insegnamento della chiesa cattolica questa realtà per molti versi
nuova e complessa. Particolarmente illuminante è stato il contributo del teologo moralista
don Enrico Chiavacci. Egli, partendo dalla riflessione biblica sul
lavoro, ha cercato di evidenziare i caratteri normativi essenziali all’annuncio cristiano:
Nonostante queste indicazioni,
noi continuiamo a distinguere
l’attività con cui l’uomo esprime
e realizza se stesso (tempo libero) dal lavoro con cui l'uomo è
asservito alla produzione e al suo
salario. Noi abbiamo accettato
pacificamente questa rottura.
Questo, ha proseguito Chiavacci,
non è l’insegnamento attuale della chiesa cattolica, ed è invece
pericolosissimo. La scissione « lavoro mercificato — attività del
tempo libero » è ciò contro cui
dobbiamo soprattutto combattere.
Pertanto la riconciliazione all’interno della Chiesa italiana, a
livello di scelte sociali e politiche, non può avvenire che su
questa base: ricondurre il lavoro ad attività umanizzante. Strategie diverse possono pensarsi,
e non c’è nulla di strano che i
cattolici — e i cristiani — si dividano sulla questione delle strategie 'politiche. Ma ci dovrebbe
essere uno sforzo dichiarato della cristianità in questa direzione.
Questa situazione è però mondiale e per la maggior parte dell’umanità è peggiore che in Italia e nei paesi industrializzati.
La situazione odierna è carica di
un futuro ancora incerto: il futuro indotto dalle nuove tecnologie che incidono sia sul diritto
al lavoro che sull’umanità del
lavoro.
Tutto questo, ha concluso Chiavacci, non è nè fatale, nè inevitabile, ma è la necessaria conseguenza della struttura economica, della logica in cui le nuove
tecnologie vengono inserite.
Quindi una radicale e rapida modificazione delle strutture economiche mondiali è indispensabile, è un impegno obbligato per
una chiesa che vuol essere testimone dell’evangelo nella storia
di oggi deH’umanità.
(da Adista)
CONCLUSO L’AUTUNNO IN VAL D’ANGROGNA
Riflettere in mezzo alla nostra gente
L appuntamento, anche quest’anno, non ha deluso le aspettative - Dopo sei anni, questa
proposta di incontro e di riflessione su temi locali e politici interessa sempre di più
LABOR
NON CLAMOR
Circa 30 anni fa si lavorava per l’allargamento della strada che da Angrogna San Lorenzo porta al Serre. Il
lavoro era svolto da gente locale che
nella stragrande maggioranza integrava Il lavoro agricolo partecipando al
cantiere, li lavoro si faceva con i
mezzi di allora, quindi praticamente
tutto a mano. Transitavo sovente per
quella strada e avevo notato una scritta su una baracca in località Vengie,
che serviva come deposito degli attrezzi. La scritta, a grandi lettere, affermava: « Labor non Clamor ».
Purtroppo non sono colto, e non lo
era neanche chi aveva fatto la scritta
anche se era una persona che rifletteva molto. Non sapevo con esattezza
il significato di quella scritta, ma lo
intuivo e lo approvavo. In questi ultimi tempi ho partecipato in località
Bagnóou, con alcuni volontari, allo
scavo per la posa dei tubi che porteranno l’acqua alla casa diroccata acquistata dalla Chiesa Valdese di Angrogna e che verrà ricostruita in uno o
due anni. Mi è cosi ritornata in mente quella scritta che penso sia tuttora
valida: « labor non clamor »!
Leo Coìsson, Angrogna
L’autunno in Val d’Angrogna
è un’occasione di scambio, di informazione, di dibattito, di riflessione con la popolazione e
con i rappresentanti di altre associazioni. Così è stato nella
scuoletta di Chiot dl’Aiga dove
alcuni membri della cooperativa turistica « Lou Viol » di Rore di Sampeyre hanno illustrato la loro attività. Sorta nel 1982,
la cooperativa si è posta l’obiettivo di « sviluppare un turismo
che valorizzi senza distruggere
le risorse della montagna sia naturalistiche che culturali in una
zona in cui la tradizione occitana è ancora profondamente radicata e sentita ».
Queste attività consistono nelTorganizzare delle escursioni e
visite guidate alla scoperta della cultura locale presso artigiani, agricoltori; nel periodo estivo le escursioni possono essere
di più giorni e toccare diverse
valli e realtà: la cooperativa fornisce anche al seguito del gruppo un cavallo con conducente
per il trasporto dei bagagli. D’inverno la cooperativa gestisce una
pista di fondo ed organizza delle settimane bianche escursionistiche, anche queste nell’ottica
di prendere contatto e di alimentare l’amore per la natura.
Come si vede queste attività
hanno molti punti in comune
con la cooperativa Mount Servin sorta ad Angrogna lo scorso anno ed ora in fase di lancio. Si sta infatti realizzando
proprio in questo periodo la
prima fase del progetto, la realizzazione della pista di fondo
alla Vaccera con annessi servi
zi; nel frattempo è stato acquistato un battipista adatto sia
per il fondo che per la discesa e,
se le condizioni del tempo lo
permetteranno, ancora prima
dell’inverno si avvierà il programma di sistemazione e di
messa a dimora di nuove piante nel giardino botanico della
Rostania.
Altro tema che vale la pena
di segnalare, la ricerca sull’architettura rurale della Val d’Angrogna che si è concretizzata in
un audiovisivo preparato a cura del Centro di documentazione del Comune. L’interessante
analisi delle motivazioni con cui
si è costruito è preliminare per
delle ipotesi di ristrutturazione
che rispettando l’architettura e
il paesaggio diano delle soluzioni valide per l’abitare oggi in
zona montana. In questo senso
le norme restrittive, fra le quali quelle antisismiche attualmente in vigore pongono purtroppo
molti vincoli rendendo più difficoltoso l’auspicato recupero.
Denuclearizzazione
Da segnalare, sempre tra le
iniziative dell’Autunno angrognino, un bel dibattito sui temi
del nucleare introdotto, tra gli
altri, da due sindaci di Comuni
denuclearizzati e da uno scienziato. In un’analisi approfondita
si sono evidenziati i pericoli del
nucleare civile, in definitiva collegato agli usi militari. Sui costi è noto che il nucleare comincia a far acqua e non per nulla
negli U.S.A. ormai da 3 o 4 an
ni non si costruiscono più nuove
centrali.
Chissà se questo dibattito
preluderà ad una presa di posizione consiliare per la denuclearizzazione dell’intero e vasto territorio della Val d’Angrogna? Sono in molti a sperarlo anche se la partecipazione
della popolazione è stata, a quest’incontro, abbastanza scarsa.
Stesso discorso invece non può
farsi per la presentazione del
nuovo libro, edito dal Comune,
« C’era una volta... i partigiani »
che raccoglie agilmente una ricerca dei bambini di 4“ e 5“ delle scuole elementari di Angrogna (contiamo prossimamente
di tornare sul libro in questione con una nostra recensione)
cui ha partecipato il noto scrittore cuneese Nuto Revelli, che
ha firmato la prefazione al libro.
In un’atmosfera di calda cordialità sono sfilati nella Sala degli incontri i partigiani (molti
avevano le lacrime agli occhi)
che sono stati intervistati insieme agli autori del ’dossier’ con
il maestro Sappè, coordinatore
dell’interessante ricerca.
« In tutte le scuole — dice Revelli — bisognerebbe tentare un
esperimento del genere perché
è bello che proprio la storia della Resistenza non venga calata
burocraticamente dall’alto ma
ven.ga scritta e riscritta attraverso i documenti di allora, la
memorialistica, le testimonianze
dei partigiani, dei contadini, degli operai, dei grandi protagonisti della lotta di liberazione.
E’ bello che siano loro, i giovani, a cercare la verità ».
Sempre in uno stile di calda
partecipazione il Gruppo Teatro Angrogna ha presentato, a
Pradeltorno, il suo spettacolo
con canti, musiche e riflessioni
per la pace : « Ninna nanna della guerra ». Molta gente in piedi
o seduta per terra ha potuto seguire così uno spettacolo che,
con gli ultimi accorgimenti, sta
diventando sempre più coinvolgente e approfondito e che ha
fatto da cornice ad un appassionato intervento dell’avvocato
Bianca Guidettì-Serra di Torino. Dopo avere ricordato il suo
impegno a favore delle pacifiste
straniere condannate per il
’blocco’ alla base missilistica di
Comiso, la Guidetti-Serra ha
sottolineato l’urgenza di dar vita ad una nuova « cultura di pace » che passi attraverso la partecipazione alla vita sociale di
tutti i giorni : « Non si tratta di
puntare ad essere, ad ogni costo, potenziali ’leader’ o di vivere in perenne polemica o dialettica pur di emergere sugli altri, si tratta di vivere semplicemente essendo presenti nei momenti sociali di riflessione, di
decisione, di lotta ». Ribellarsi a
quest’ingiusta società significa
in sostanza per la Guidetti-Serra
imbracciare le armi della pace
e della giustizia, usando il potere di pensare’ come afferma
la poesia di Bertold Brecht citata nello spettacolo.
In piena sintonia con la ricerca e l’impegno proposti dallo
spettacolo la Guidetti-Serra ha
invitato tutti a fare passi concreti verso una nuova società,
prima che sia troppo tardi.
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L’« Autunno in Val d’Angrogna » si è infine concluso, nell’ultima domenica di ottobre
inondata di sole, con una mostra di fotografie rare e inedite
sulle guerre nazionali del secolo
e con la rassegna dei prodotti
agricoli ed artigianali parecchio
frequentate. L’appuntamento autunnale ad Angrogna non ha deluso le aspettative. Dopo sei anni si può dire che questa proposta di incontro e di riflessione
sulle questioni locali o politiche
generali più scottanti è seguita
e interessa ogni anno di più. Se
venisse a mancare ne sentiremmo la mancanza. G. Platone
&
?
11
9 novembre 1984
cronaca delleYalli 11
PINEROLO
Handicappati e
barriere architettoniche
Le disposizioni della Regione Piemonte per l’eliminazione delle barriere architettoniche nelle nuove costruzioni di edilizia residenziale
La Regione Piemonte ha recentemente deliberato un’importante legge nel settore dell'edilizia residenziale pubblica
e sovvenzionata.
Si tratta della legge regionale del 3 settembre 1984 n. 54
« Disposizioni per Feliminazione delle barriere architettoniche negli edifici di edilizia
residenziale pubblica da realizzarsi da parte degli Istituti
Autonomi ner le Case Popolari e dei Comuni ».
E’ una legge che come
Gruppo di base handicappati
da anni chiediamo, in quanto
riteniamo che per risolvere le
esigenze particolari dei nuclei
familiari soggetti a problemi
di deambulazione è necessario
che tutti gli edifici siano accessibili. Questo oltre al superamento di ghettizzazione nelle sole Case Popolari permetterebbe un reale inserimento
nel contesto sociale, una più
completa vita di relazione per
chi ha problemi di deambulazione. La 'Sopracitata legge regionale all’art. 1 recita testualmente « Al fine di consentire l’accesso e l’agibilità andre da parte di persone con
ridotte o impedite capacità
motorie permanenti o temporanee, in tutti gli alloggi di
edilizia residenziale pubblica
da realizzarsi da parte degli
Istituti Autonomi per le Case
popolari e dei Comuni del Piemonte si dovranno adottare
soluzioni progettuali che prevedono l’eliminazione delle
barriere architettoniche, così
come definite dal D.P.R. 27
aprile 1978 n. 384. Le presenti
norme, che si riferiscono alle
nuove costruzioni e, ove possibile, a quelle già esistenti nel
caso che queste ultime siano
sottoposte a ristrutturazione,
vengono applicate alla totalità
dell’edilizia pubblica residenziale ».
11 ristretto numero di alloggi privi di barriere architettoniche finora costruiti dallo
lACP oltre ad essere limitato, ha dimostrato di non rispondere totalmente alle esigenze di chi ha problemi di
deambulazione, specie per chi
deve muoversi su una carrozza. Le camere risultano trop
po piccole, tenendo conto che
la graduatoria per l’assegnazione della grandezza dell’alloggio si basa sul numero dei
componenti del nucleo familiare, vale a dire una camera
per ogni componente della famiglia, ne consegue l’esclusione delle famiglie che hanno
al loro interno un individuo in
carrozza, perché ripetiamo, lo
spazio delle camere arredate al minimo indispensabile
non consente più la circolazione di una carrozza. Questa
è la ragione per cui molte famiglie hanno rinunciato e rinunciano a concorrere al
Bando di concorso speciale
per 'handicappati. Recente dimostrazione si è avuta al
Bando di concorso degli alloggi lACP per handicappati
costruiti al Quartiere Abbadia Alpina di Pinerolo, località Tiro a Segno, una famiglia
di Pinerolo già in graduatoria
ha rinunciato alTalloggio perché insufficiente in confronto
alle esigenze a cui è soggetta.
Invitiamo gli amministratori locali e le istituzioni preposte a sollecitare la più completa attuazione di tale legge,
in tutte le nuove costruzioni
di edilizia residenziale che
si faranno, nonché le ristrutturazioni. Da parte nostra ci
impegneremo a nubblicizzare
al massimo la legge e difenderla dagli eventuali trasgressori.
A proposito delle barriere
architettoniche vogliamo rilevare con una certa soddisfazione Tentratà in 'funzione
delTascensore al Municipio di
Pinerolo. L’ascensore nel palazzo comunale è sempre stato una precisa richiesta del
Gruppo di base handicappati,
fin dai tempi delTamministrazione De Bernardi, ora finalmente anche ohi non è deambulante può recarsi di persona
negli uffici comunali.
Se siamo contenti dell’accessibilità al Municipio di Pinerolo, non così possiamo dire dell’unica sala pubblica
della città, l’Auditorium di
Corso Piave, per la quale invitiamo ancora una volta l’assessorato ai Lavori Pubblici,
il Sindaco a prendere visione per apportare le modifiche
(da quanto ci risulta neanche
tanto complicate) alla già esistente rampa di servizio che
porta al locale.
Gruppo di base handicappati
Pro Ospedale Valdese
dì Pomaretto
Pervenuti nei mesi di agosto e sett.
L. 100.000: Moresco Albertina, Torino, in mem. mamma Peyronel Agostina.
L. 50.000: Bertalot Beux ilda. San
Germano.
L. 30.000: Pavan Giuseppe, Pomaretto; Bleynat Remo, Pinasca; Bounous
Aiice, San Germano.
L. 25.000: Fam. Martinat, S. Germano, in occ. confermazione Monica e
matrimonio Loredana e Danilo.
L. 20.000: Grange Armando, Perosa
Argentina; in mem. Priolo Pietro, il
fratello, le sorelle ed i nipoti, Abbadia Pin,
Tron Eli e Celina L. 2.000; Beux Davide e Frida 100.000; Pastre Arturo e
Aurelio 100.000; Grill Ines e Ebe in
mem. di Grill Onorato 20.000; Fam.
Gerire in m. della mamma 20.000; IIda, Emanuela ed Edmondo Vannucci
100.000; Mimi Matthieu in m. di Siile
Prospera 20.000; in m. di cugino Guido
Mathieu 30.000; Elvina Salma, in m.
di Guido Mathieu 30.000; Villielm Roberto 10.000; Fam. Griglio Hugues ricord. magno Teresin 50.000; Pons Enrico e Amelia 10.000; Paimira, Adele e
Clara ReveI in m. di ReveI Adele 50
mila; Baret Luigia ved. Charrier 10
mila; Fam. Bernard v. C. Alberto 20
in m. di Vittorio Tron 35.000; Figli e
familiari in m. della cara Pons Emma
V. Castagna 100,000; Peyronel Enrico
e Clot Irma 5.000; Maurino Costamagna 10.000; Tron Silvio e fam. 10.000;
Pastre Giov. Augusto in m. della moglie 10.000; Pastre Elvio e Maria in
m. della mamma e suocera 20,000; Alice Reynaud 25.000; Bertocchio Alberto
10.000; Fam. Orsello Giuseppe in m.
di Pons Emma 30.000; Ribet Enrica,
Laura e Roberto in m. del padre, madre e zia 150.000; Fam. Bernard in m.
di Ribet Margherita 50.000; Bertalmio
Mary in m. di Ribet Dino 20.000; Baret Clementina v. Bertolin 20.000; Tron
Alma Pascal in m. miei cari 10.000;
Pons Aldo e Graziella 5.000; Gustavo
Griglio e Livia 30.000; Pons Adelina e
Elsa 5.000; Bertalmio Graverò Paolina in m. di Graverò Francesco 15.000;
Giraud Elio 5,000; Ribet Giosuè e Alina 10.000; Fam. Bordignon 20.000;
Long Edmondo e Letizia 50.000; Rostan Clara 20.000; Peyronel Cesare e
Elvina 10.000; Scoccimarro Letizia 5
mila; Micol Flavio e Anita 30.000; Ferrerò Carlo e Enrichetta 10.000; Calvetto Mario e Irma in m. di Vanna 20.000.
Pro Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Pervenuti nei mesi di agosto e sett.
L. 208.500: 1 colleghi di lavoro RIVSKF Pinerolo dei figli, in mem. Depetris Antonio.
L. 60.000: Alfred Butenuth, Berlin.
L. 50.000: Depetris Antonio, Fenile.
L. 30.000: Vogt Violetta, Luserna San
Giovanni, con ringraziamenti.
L. 10.000: Bianchi Isabella, Bergamo.
Pro Istituti Ospitalieri
Valdesi
Pervenuti nei mesi di agosto e sett.
L. 120.000: Chiesa Valdese di Susa.
L. 20.000: Domenico Abate, Torre
Pellice, in mem. della moglie Elsa.
Pro Rifugio Re Carlo Alberto
Pervenuti nei mesi di agosto e sett.
L. 200.000: Bongardo Norberto, Senna
Comasco,
L. 50.000: Emanuele Bottazzi, Torino, in mem. della mamma.
Le Termopili
Valdesi
Con il libro di De Amicis « Alle porte d’Italia», aperto sui capitoli dedicati alle Valli Valdesi,
Renato Maiocchi del Servizio
Rai-TV della PCEI e la troupe
degli operatori ha ripercorso gli
itinerari deamicisiani di 100 anni fa alle Valli.
A Roma stanno ora febbrilmente montando il filmato che
andrà in onda il 12 novembre
sera e che permetterà di far la
conoscenza non solo del De Amicis del ’Cuore’, entrato in tutte
le case grazie alla regia di Comencini, ma pure del De Amicis delle ’Termopili Valdesi’ e
della ’Ginevra Italiana’. Quale
dei due è il più interessante?
<c Io sono la resurrezione e la
vita, chi crede in me, anche se
muoia, vivrà »
(Giov. 11: 25)
Il 31 ottobre 1984 è improvvisamente mancata
Vera Vinçon
di anni 68
Lo annunciano, nella certezza della
resurrezione, i fratelli Luigi e Giovanni con i nipoti e i parénti tutti.
Il funerale s’e svolto il 3 novembre
nel cimitero di Vinovo.
RINGRAZIAMENTO
« Uanima mìa si acqueta in
Dio solo; da Lui viene la mia
salvezza ».
(Salmo 62: 1)
Sorelle, fratello e parenti tutti della
lfi;^tJRINO
IL CORRIERE DEL SESTRIERE
SERVIZIO GIORNALIERO
MILANO - TORINO - PINEROLO
VALLI CHISONE - PELLICE - GERMANASCA
AUTOCARRI TUTTE LE PORTATE PER
ITALIA - FRANCIA - SVIZZERA
10063 PEROSA ARGENTINA - VIA ROMA, 33
TEL. (0121) 81242 - 81046
cara
Olga Long
non potendolo fare personalmente, ringraziano sentitamente tutti coloro che,
con la presenza, scritti, fiori, hanno
preso parte al loro dolore.
In particolar modo ringraziano i
medici ed il personale dell’Ospedale
Cot'tolengo di Pinerolo ed il pastore
P. Ribet.
S. Germano Chisone, 5 novembre ’84
AVVISI ECONOMICI
RAGIONIERE ventitreenne evangeli'Co serio .volenteroso 3 anni esperienza ufficio e contabiRtà cerca lavoro.
Disposto trasferirsi. Telefonare ore
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chiedere di Luciano e lasciare il messaggio e il recapito telefonico delTinteressato.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 11 NOVEMBRE 1984
Perosa Argentina: FARMACIA Doti.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Tei. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva;
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 11 NOVEMBRE 1984
Luserna San Giovanni: FARMACIA
CALETTO - Via Roma 7 - Telefono
909031.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e sodetâ
9 novembre 1984
GLI ULTIMI SVILUPPI DELLA SITUAZIONE
Afghanistan, terra bruciata
Aumentato il contingente militare sovietico, il regime di Kabul prosegue nella repressione
contro il fronte diviso dei ’’mujaidin” - Il ruolo del Pakistan e degli USA nell’attuale conflitto
Sono ormai passati quasi cinque anni dall’entrata delle truppe sovietiche in Afghanistan (dicembre 1979) a «protezione» del
governo di Babrak Karmal. L’anno scórso, nel numero del 7 ottobre, avevamo dedicato un « obiettivo aperto » a questo drammatico problema, traendo informazioni da un servizio apparso
sul mensile francese Le Monde
Diplomatique. A un anno di distanza, lo stesso periodico fornisce nuove notizie che sintetizziamo qui sotto. r. p.
Verso la fine dello scorso anno
il ministro degli esteri afghano,
di fronte alla 38=* assemblea generale delle Nazioni Unite ha deplorato le perdite subite dal Paese « a causa delle attività sovversive delle bande controrivoluzionarie ». Ha citato « la distruzione di metà delle scuole e degli ospedali, del 14% dei veicoli
pubblici di trasporto, del 71%
delle linee di comrmicazione, nonché di un gran numero di centrali elettriche ».
L’ammontare di queste perdite è stato calcolato — secondo il
ministro — pari alla metà degli investimenti per lo sviluppo
effettuati dal 1958 al 1978.
Si tratta di un implicito riconoscjmento dello scacco della
« seconda fase della rivoluzione », quella appunto iniziata con
l’intervento sovietico. La richiesta airUrss di un primo contingente di militari ha consentito al
regime di sopravvivere, ma certamente non ha valso a consolidarlo. L’assenza di qualunque sostegno popolare al governo Karmal non solo obbliga i sovietici a
mantenere il proprio contingente, senza il quale esso cadrebbe,
ma neppure si può pensare che
in un prossimo futuro le tmppe \
possano essere ritirate. Anzi, da
gli iniziali 90 mila uomini, si calcola che ora i soldati siano 140
mila, mentre nuove infrastrutture militari continuano ad essere costruite nel Paese. Considerando ohe la popolazione
afghana (ohe era nel 1979 di 18
milioni) è ora ridotta a 14 milioni a causa dei profughi, il rapporto è di un soldato sovietico
ogni cento afghani.
La paralisi del governo afghano è riscontrabile essenzialmente in tre settori. Innanzitutto in
quello politico; il partito unico
(PPDA) è nato già diviso in due
frazioni rivali: il Khalq (il Popolo) e il Parcham (la Bandiera).
Questa divisione è più che mai
presente tant’è che ancora nel
giugno scorso Karmal ha lanciato un nuovo annello ai dirigenti
del partito allo scopo di serrare
le fila « contro le malsane tendenze e le dispute delle fazioni ».
In secondo luogo, il settore
amministrativo: per governare
occorrerebbe disporre di un territorio dove esercitare il potere.
Ma quello di cui dispone il regime di Kabul si limita alle grandi città ed a qualche zona provvisoriamente « neutralizzata ».
Infine, il settore militare: notevolmente indebolito dalle diserzioni e dalle perdite subite
nella lotta contro la resistenza, l’esercito non è assoluta
mente in grado di far fronte alla situazione. Anche qui la divisione del partito si fa sentire e
provoca sanguinosi ammutinamenti. Il governo ha lanciato nel
febbràio scorso una nuova campagna di reclutamento, più importante delle precedenti. Un
mese più tardi ha deciso di portare da tre a quattro anni la durata del servizio militare: provvedimento che a sua volta ha originato una nuova ondata di diserzioni.
Di fronte a questa situazione,
non è pensabile che rimpegno
del potente alleato possa diminuire, ma anzi vengono rafforzate le condizioni per una progressiva sovietizzazione del Paese.
La violenta repressione contro
la (resistenza si basa sulla doppia
strategia della « terra bruciata »
e del sistematico bombardamento delle popolazioni civili, delle
coltivazioni, dei campi di irrigazione, dei raccolti. I profughi
all’estero sono saliti a quattro
milioni (di cui tre in Pakistan)
ma aH’interno altri due milioni
di persone si sono riversate in
gran parte nella capitale, Kabul,
rompendo l’equilibrio etno-demografico. Un ulteriore indurimento militare della situazione
è stato dato dall’avvento al potere in Urss di Cernenko: le
truppe sovieto-afghane sono impiegate con rapide puntate su
tutto il territorio, éd in modo
particolare con una massiccia
offensiva nel nord-est (che confina con l’Urss).
Altrettanto complessa è la si-'
inazione vista dalla parte della'
resistenza. Essa rimane estremamente vulnerabile, non solo per
l’enorme potenza di fuoco dell’occupante, ma anche a causa
delle divisioni tribali, politiche e
religiose che portano a scontri
armati fra le varie fazioni. E’
stata costituita una commissione
preparatoria per un « Fronte
unito » allo scopo di evitare queste lotte interne. Mentre si rivolgono appelli contro questo « pericolo mortale », viene purtroppo
riconosciuto che questi scontri
armati fanno più vittime fra i
mujaidin che non gli stessi bombardamenti dell’armata rossa.
Le varie organizzazioni sono così
frazionate che nessuna di esse
può da sola rappresentare una
maggioranza. Stante poi anche la
grande eterogeneità linguistica
oltre che etnica, pare molto arduo — in un prossimo futuro —
remergere di un leader « nazionale » che possa estendere la
propria infiuenza su tutto il territorio.
Secondo le precisazioni di un
membro del suddetto comitato.
Perché non divento protestante
• L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Redattori: Giorgio Gardiol, Roberto Giacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone. Sergio Ribet. Comitato
di redazione: i redattori e: Mirella
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Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
(segue da pag. l)
versalità e la continuità nel tempo della Chiesa cattolica. Molto
bene. Ma forse che il protestantesimo non è altrettanto universale? Riguardo poi alla continuità nel tempo, ai 2.000 anni di
storia del cristianesimo, forse
che Agostino, Crisostomo, Ambrogio e tanti altri antichi teologi appartengono solo alla Chiesa romana? Non direi. Essi appartengono a tutta la cristianità. Calvino nei suoi scritti cita
molto più Agostino di quanto
faccia Ignazio da Loyola, fondatore dei Gesuiti. Altrettanto potrebbe dirsi di Lutero e altri Riformatori. Allora Agostino sarebbe più protestante che cattolico? Come si vede sono due argomenti che non reggono al confronto.
Ho avuto l’impressione leggendo l’articolo in questione —
continua Tourn — che Küng
consideri la storia del cristianesimo una specie di albero di castagno la cui radice è rappresentata dall’apostolo Pietro e la
sua punta massima da Giovanni
XXIII, su questo albero di castagno crescerebbe il fungo indigesto del protestantesimo... In
realtà con la Riforma protestante la cristianità si è spaccata, si
tratta di scegliere da che parte
stare ».
Ma Küng sceglie appunto di
restare cattolico. « Certo che
Küng resta cattolico — prosegue Tourn —. Un protestante
non ’resta’, ma diventa protestante. Sì, forse c’è stata un’eccezione con il filosofo danese
Kierkegaard che disse 'resto protestante’. Ma lo disse nel senso
di una maggiore scoperta di Cristo. La differenza sta nel ragionare in termini ’ecclesiali’ come
fanno sovente i teologi cattolici
o in termini cristologici come
vuole il protestantesimo. Non è
un caso che il Cristo confessato
da Kierkegaard sia fuori dalla
Chiesa e l’interpelli con autorità. Cristo è fuori di noi, ci scuote, demolisce o ricostruisce la
Chiesa. Il Cristo di Küng è tutto interno all’istituzione ecclesiale. La Chiesa è il "tutto” e
quindi solo nella Chiesa puoi
incontrare Cristo. Questa visione teologica è per noi inaccettabile ».
Come Küng vede
il protestantesimo
Ma ogni critica capace di costruire qualcosa va accolta con
gioia. « Infatti Kiing ha tutto il
diritto — ammette Rostagno —
di sbatterci in faccia che dopo
il Vaticano II la Chiesa cattolica in certe cose (per esempio
E’ evidente che Küng ha di
fronte a sé soltanto e soprattutto la situazione tedesca. E
quindi un tipo particolare di
protestantesimo. « E da buon
cattolico — osserva Bruno Rostagno — Küng identifica protestantesimo e direzioni ecclesiastiche; e poi, sempre da buon
cattolico dice che il cattolicesimo è possibile anche se le sue
gerarchie sono autoritarie ». Ma
in Germania il protestantesimo
s’identifica soltanto con le « KirchenLeitungen » (direzioni ecclesiastiche)? « In questo caso
— continua Rostagno — bisognerebbe ignorare le dimissioni
di Käsemann dalla chiesa per
protesta contro le tendenze reazionarie della direzione ecclesiastica del Württemberg; bisognerebbe ignorare le proteste di
uomini come Gollwitzer, Kreck,
Bohren (nel 1968 ha scritto un
attacco fortemente polemico intitolato: La libertà nella chiesa),
bisognerebbe ignorare quanto
ha scritto lo stesso Jörg Zink
nel "Luther-Magazin" per i 500
anni di Lutero ("In fuga verso i
Padri”), bisognerebbe ignorare
la battaglia pluriennale di "Junge Kirche” e di altri organi di
stampa, delle comunità evangeliche studentesche, di certe "Evangelischen Akademien”, per
affermare che la Riforma è rappresentata dai "capi” delle Chiese evangeliche ».
Di quale protestantesimo parla Hans Küng? La grande tesi
del teologo svizzero, che non
presenta nel suo scritto neanche
un argomento teologico a favore del cattolicesimo, è che il
'i protestantesimo non è in grado
Idi vivere la Riforma. Dato che
i protestanti, sembra dire Küng,
non sanno fare la Riforma, tanto vale restare cattolici. Francamente è un po’ poco.
la liturgia) si è rinnovata più
Ile Cnie
delle Chiese protestanti, ha il
diritto di ricordare che "alla base delle nostre chiese le differenze sono spesso minime e dipendono interamente dalla persona”. Non ha il diritto però di
tacere che non ci sono soltanto
delle "pretese di assolutezza”,
ma c’è nel cattolicesimo un sistema gerarchico basato su una
teologia della mediazione sacramentale della chiesa, che appunto la Riforma ha rifiutato ».
Küng ha ragione quando dice
che vi sono realtà cattoliche che
vivono una dimensione di fede
realmente evangelica. Come ci
rapportiamo con queste nuove realtà? « A queste realtà
— risponde Rostagno — non
guardiamo come spettatori esterni né come giudici, ma come
fratelli profondamente coinvolti.
Resta il fatto che le problematiche ecclesiologiche sono diverse: il problema del protestantesimo è come testimoniare nella
fede e nell’ordinamento, la nostra appartenenza a Gesù Cristo. Il problema del cattolicesimo è come vivere l’Evangelo senza rinunciare alla mediazione
sacramentale delta Chiesa. Nel
protestantesimo c’è un’esigenza
critica, spesso disattesa, trascurata per stanchezza, quindi da
riprendere ("semper reformanda”); nel cattolicesimo c’è una
esigenza di eauilibrio, spesso felicemente realizzata, con un fine
di universalità ("lumen gentium”). Ma il nodo della giustificazione per fede è ancora determinante ». Giuseppe Platone
' Haiv.s Kìììnc. Essere cristiani, trad.
ita). 1976. Milano, p. 596.
^ Intervisla a H. Kiing, Corriere
della Sera. 3-5-1979.
^ In: Panorama/Mese, la rivista delle idee e delle avventure. A. Mondadori, ottobre 1984, pp. 70-75.
fra qualche mese ci sarà una riunione dei rappresentanti dei
combattenti e dei profughi per
gettare le basi di una unificazione dei mujaidin. Se — prosegue
l’esponente — per ragioni egoistiche o di prestigio questa occasione verrà sprecata, l’indipendenza del Paese non sarà prossima, anche se la lotta continuerà.
In questa situazione così confusa e drammatica il vicino Pakistan gioca sempre un ruolo primario. La quasi totalità dell aiuto internazionale passa attraverso il Ministero delle finanze di
quel Paese. L’esercito pakistano
si fa carico del ritiro e del transito delle armi leggere destinate
alla resistenza afghana, provenienti dalla Cina o finanziate dagli Stati Uniti. Ma il Pakistan
paga anche il prezzo dell’ospitalità ai tre milioni di profughi.
Qltre a subire costi socio-economici, il Paese è sempre più sotto
l’osservazione degli agenti prosovietici pronti ad aiutare l'opposizione al regime del generale Zia. Si tratta infatti di un
governo assai poco popolare che
provoca manifestazioni anche
sanguinose e che mantiene la legge marziale ormai da sei anni.
Gli Stati Uniti (che hanno «perso» l’Iran) vedono con interesse
un potenziamento dei rapporti
col Pakistan, che i dirigenti di
Islamabad accettano senza soverchio entusiasmo. D’altra parte, essi cercano di non deteriorare irrimediabilmente quelli con
l’Unione Sovietica, per evidenti
motivi geo-politici.
MINORANZE
MINACCIATE
Terrore
nel Tibet
Phuntzog Wangyal deH’ufficio
del Dalai Lama, informa che il
24, 25, 28 e 29 agosto scorso tutte le case di Lhasa sono state oggetto di perquisizione da parte
di funzionari cinesi. Ufficialmente, gli arrestati sarebbero 1648,
ma sembra siano circa 3.000 dei
quali un terzo condannati a morte. Fra gli arrestati vi sono molti tibetani che hanno visitato i
loro parenti in esilio in India,
ed anche tibetani residenti all’estero tornati per far visita ai
loro parenti in patria. L’operazione di polizia è stata compiuta
con il pretesto di stroncare il
contrabbando, il mercato nero, i
furti e le rapine, e di controllare
coloro che sono senza fissa dimora. Per le loro attività criminali,
500 sono stati fucilati il 30 settembre. Tra i giustiziati, vi era
il prof. Ghesce Lobsang Wangebuk, docente all’Università di
Drepung, autore di un testo molto importante sulla storia della
cultura buddista in Tibet. Il vero crimine di questi tibetani e la
loro indomabile volontà di praticare la propria religione e di
mantenere viva la cultura tradizionale.
L’ondata di terrore non si limita a Lhasa, ma copre tutto il
Tibet, ed in particolare le reaioni di Shigatse, Gvangtse e Dhingri. Le esecuzioni sono pubbliche; ai condannati vengono recise le corde vocali affinché non
possano lanciare grida prima del
colpo alla nuca; le famiglie degli sventurati sono obbligate ad
essere presenti, per testimoniare ed applaudire.
L’associazione per l'aiuto ai
popoli minacciati, chiede di scrivere all’ambasciata di Cina a Roma ed al presidente Li Xianan,
per invocare la liberazione dei prigionieri ti'cetani, e particolarmente di Kalden Tsewang, Jampa
Tsondu, Palden Cyatso, Kalsang
Tsering, Lobsang Choepe, Tamding Sithar, Bu-ras Choezad,
Jigme Sangpo, Tsering Gyaltsen,
Achnok, Jamyang, Tsering Drakpa e Yarphel Gya-wo.
4
ti
i
ty