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21 febbraio 1975 - L. 100
Anno 112 - N. 7
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo bìs/70
BiBI.rCTECA VALDESE
10066 PEILIGE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
L’ABORTO: anche i credenti
devono prendere posizione
Testo di una predicazione pronunciata il 2 febbraio scorso nella Comunità di C.so Oddone
Giovanni 14: 6
V ivere
Non è la spiegazione di un testo biblico (manca infatti, nella Bibbia, una
parola esplicita e specifica sull’aborto) ma il tentativo di dare un’impostazione evangelica al problema. Per quanto complesso e controverso esso sia,
non ci possiamo sottrarre al dovere umano e cristiano di prendere posizione
e di cercare una linea evangelica di condotta. Si tratta di una ricerca, appena avviata
Per dare un’impostazione evangelica
al problema dell’aborto occorre, anzitutto accettare due presupposti fondamentali.
IL PROBLEMA VISSUTO
SII primo è partire non dai princìpi ma dalla realtà, non dalle idee
ma dall’uomo. Non che i princìpi
siano da accantonare o mettere tra parentesi, tutt’altro. Ma prima di giudicare
occorre conoseere la realtà che s’intende
giudicare. Altrimenti si finisce per parlare nel vuoto, « in aria » (1 Corinzi 14 :
9), dicendo magari cose giuste, che però
non parlano a nessuno, tranne a colui
che le dice. E’ fin troppo frequente nel nostro paese il caso di gente che parla e
giudica sull’aborto, ma non è mai entrato in una casa in cui il problema s’è posto per davvero, non ha mai incontrato
una donna disperata per una gravidanza
non voluta, non ha mai vissuto personalmente questo dramma. Sentiamo vescovi
e cardinali, papi e teologi dettar legge in
questo campo — ma son problemi che
loro non vivono, come possono parlarne
con verità e autorità? Anche nelle nostre
chiese non di rado succede che di questa
questione parlano quelli che non ne portano il peso, quelli per i quali l’aborto è
un problema pensato, non un problema
vissuto. Ma in queste condizioni è difficile fare un discorso verace. Perciò la
prima cosa da fare, affrontando il problema dell’aborto, è di vederlo così come si pone nella realtà, di vederlo cioè
come problema vissuto prima che come
problema pensato.
Ora, la situazione concreta in cui si vive il problema dell’aborto è caratterizzata da molti fattori negativi di cui ci limitiamo a segnalare i due maggiori:
NON SIAMO TUTTI UGUALI
DI FRONTE ALLA LECCE
. a) il primo sono le grandi differenze
economiche, e non solo economiche, esistenti in Italia, per cui se una donna ha
i soldi, va ad abortire a Ginevra, Londra
o anche a Torino, pagando forti somme,
ma senza pericoli e senza conseguenze
penali. Se invece una donna è povera,
deve ricorrere a una cosidetta praticona,
con gravi rischi fisici e penali. Con i soldi si elude la legge (peraltro a nostro avviso ingiusta); senza soldi si cade sotto
la legge. Dunque non siamo tutti uguali
di fronte alla legge anche se la legge è
uguale per tutti. Questa situazione è intollerabile.
LA DITTATURA MASCHILE
b) Il secondo fattore è la condizione
femminile in Italia. Noi forse non ci rendiamo conto di come stanno veramente
le cose al riguardo. Esiste in Italia come
altrove, in larghissimi strati della ponolazione una specie di dittatura maschile
o coniugale che la donna subisce. Per
questa dittatura, cui di solito si aggiunge
di prevenzione delle nascite, la donna si
la non conoscenza, o la diffidenza, o anche il rifiuto dei più elementari metodi
trova sovente ad aspettare un figlio contro il suo volere. La donna che abortisce,
alla quale la società e la legge addossano
la colpa di quest’atto, sovente è già una
una vittima. I veri colpevoli sono altri.
LE GRANDI IPOCRISIE
Il secondo passo da fare per dare
una impostazione evangelica al
problema è uscire dalle ipocrisie.
Ce ne sono tante. Ci limitiamo anche qui
ad elencare le maggiori. .
a) La prima grande ipocrisia è di
ignorare, tacere o mascherare le reali
proporzioni del fenomeno. La situazione
è più grave di quel che s’immagina. Ci
sono più aborti che nascite. Si può persino azzardare quest’ipotesi: non devono
essere molte le famiglie in cui non si sia
praticato o tentato l’aborto. Ma in Italia, culla della Controriforma, si preferisce nascondere il male anziché combatterlo, reprimerlo anziché curarlo. Punire
invece di educare: in Itafia sembra che
non si sappia fare altro.
EDUCARE INVECE DI PUNIRE
b) La seconda grande ipocrisia è deplorare e condannare l’aborto e non fare
nulla per prevenire le nascite. Nella maggioranza de casi l’aborto non è che il
tentativo estremo, talvolta disperato, di
ovviare a una prevenzione delle nascite
non attuata o non riuseita. La lotta più
efficace all’aborto è la prevenzione delle
nascite. Ma la chiesa cattolica e il partito cattolico l’hanno sempre osteggiata e
boicottata. Ora si raccolgono i frutti
amari della loro azione. Ma a pagare, come sempre, sono gli altri.
I FALSI APOSTOLI
DELLA VITA
c) La terza grande ipocrisia sono i
discrosi in difesa della vita, fatti solo
per dfendere la vita del feto. Noi li approveremmo e li faremmo nostri, questi
discorsi, (poiché crediamo in un Dio che
è per la vita e non per la morte, che è
creatore e non distruttore), se solo fossero fatti tutte le volte o in tutte le situazioni in cui la vita umana è minacciata,
e non solo a proposito della vita embrionale. Come mai coloro che, in nome della « difesa della vita » lanciano crociate
contro 4%borto, non ne lanciano còntem-*
poraneamente altre contro l’esercito, ad
esempio, che da sempre è la più grande
fabbrica d morte; e contro l’inquinamento industriale, che corrode la salute umana e distrugge la vita dell’ambiente; e
contro la situazione ospedaliera e sanitaria in genere, estremamente precaria e
inadeguata nel nostro paese; e contro la
condizione disumana in cui vivono i
bambini negli istituti per minori, religiosi in narticolare! Difesa della vita! Nulla
di più necessario, oggi, nel mondo, dato
che la vita umana è forse la cosa più disprezzata e vilipesa che ci sia! Ma allora,
la si difenda sempre e dappertutto!
Così cade la maschera di questi falsi
apostoli: se davvero importasse loro la
vita degli altri, le difenderebbero sempre.
Ma siccome non lo fanno, è chiaro che
quello che sta loro veramente a cuore
non è la vita umana ma i loro princìpi.
Sono i loro princìpi che vogliono a tutti
i costi salvare, non la vita degli altri.
Tre linee di ricerca
Poste queste premesse, che ci sembrano pregiudiziali — partire dal problema
vissuto e uscire dalle ipocrisie che lo
circondano — possiamo indicare tre linee
per una impostazione, speriamo, evangelica del problema dell’aborto.
BENEDIZIONE,
NON IMPOSIZIONE
A) La prima è che la nascita di un figlio non può essere imposta a nessuno.
Nella Bibbia i figli sono una benedizione,
non una imposizione. Un figlio non voluto può essere accettato, ed è bene che lo
sia, ma non può essere imposto. Un figlio
impKisto non può più essere ricevuto come una benedizione. È vero che figli che
subito non sono ricevuti come una benedizione, lo diventano in seguito: un figlio
può non sembrare subito una benedizione ma esserlo dopo. Così come capita anche l’inverso, e cioè figli che sono ricevuti come una benedizione e invece sono
poi causa di infelicità a se stessi o alla
famiglia. Resta però fermo il principio
che i figli sono, come dice la Bibbia, una
benedizione, non possono essere una imposizione per cui, ripetiamo, un figlio può
essere accettato anche se non è voluto,
ma non può essere imposto.
LA DONNA DEVE DECIDERE
B) La seconda linea è questa: è la donna, in ultima analisi, che deve decidere
circa l’accettazione o meno di un figlio.
Non la chiesa, non la società, non un
qualche comitato apposito; può essere la
coppia, certo, ma in ultima analisi, in
caso di conflitto, tocca alla donna decidere, non all’uomo. Non si può dimenticare che il corpo della donna appartiene anzitutto alla donna, ed essa dev’essere
soggetto e non oggetto di una decisione
che la coinvolge così direttamente e totalmente. Questo significa, per la donna
— ce ne rendiamo ben conto — un’immensa responsabilità: ma riteniamo che
questa responsabilità vada riconosciuta e
affermata come specifica della donna. Né
la chiesa, né la società, né la Legge, né la
famiglia, né il marito hanno il diritto di
privare la donna di questa sua altissima
responsabilità
IL DIRITTO DI VIVERE
C) La terza è raffermazione categorica
che la vita umana, anche prima di nascere, anche allo stato embrionale, non ci
Paolo Ricca
(continua a pag. 4)
Quando uno dice: « la vita » si sa
subito cosa intende dire; per lo meno si crede sapere. È il contrario
della morte, uno è in vita finché non
muore e si muore quando si cessa
di vivere. Molto più in là non si va.
Cosa è in realtà questa vita? È respirare, mangiare, muoversi, lavorare, parlare, fare insomma tutto quello che può fare un essere che vive.
Se si guarda un po’ più a fondo si
vede che tutto questo è vivere sì ma
solo in un certo senso; è il primo
livello, il primo gradino della vita
perché tutti vivono ma non tutti viviamo la stessa “vita".
La vita sono anche le esperienze,
le prove le difficoltà o la mancanza
di esperienze e di prove. È la vita
che ci fa essere quello che siamo e
d’altra parte siamo noi che facciamo
la nostra vita quello che è, la viviamo come siamo noi.
La vita non è perciò solo il funzionamento del corpo, è qualcosa di più
di diverso; ci sono uomini dal corpo
integro che non sono mai stati malati e non hanno fatto altro che vegetare mentre ci sono uomini dal
corpo mutilato che hanno vissuto intensamente la loro vita.
Non è un caso che fra tutti i libri
della Bibbia ce ne siano due in cui
più spesso si parla di « vita »: i Proverbi e l’evangelo di Giovanni. Per i
Proverbi la vita è la sapienza, cioè il
timore di Dio; per Giovanni la vita
è la fede in Cristo, anzi la vita è Gesù
stesso.
La vita è sacra si sente dire spesso e
si pensa così di dire cose molto profonde. In realtà come cristiani affermiamo che Dio solo è sacro, la vita
nostra non lo è affatto. Altrimenti
chi ha rinunciato alla sua vita per
un ideale, chi ha dato, sacrificato la
sua vita per Cristo sarebbe un miscredente.
Giovanni afferma anzi di più: Cristo, egli dice, è più della vita di
ognuno di noi e della vita di tutti
perché oltre ad essere la vita è anche la verità. La « vita » non è dunque l’esistenza fìsica di un organismo, è il vivere nella verità della fede, il resto è biologia. Il culto della
vita è antico quanto il mondo, il culto di Dio è frutto di una realtà superiore alla vita: la parola del Signore.
Giorgio Tourn
In questo numero
Leggere Giacomo p.
Ultimo reportage
suH'America Latina p.
In tema di aborto p.
3
4
Relazione del presidente
alla conferenza metodista p. 5
Le votazioni alle Valli
nelle scuole medie p. 6
2
a Gollotiuio
con i lettori
Dal sig. E. Pinardi di Milano riceviamo
questo breve appunto sempre in riferimento all'articolo del past. S. Rostagno.
« L’aiTermazione secondo la quale matrice della delinquenza sarebbe la società, mi trova pienamente consenziente con il Pastore Rostagno
che l’ha ricordata non si è mai... figli di nessuno! Dato però ohe della società componenti —
dall’omino più piccolo al gruppo più grande —
siamo tutti, ognuno dovrebbe assumere la propria
parte dì responsabilità. E vorrei anche aggiungere,se non esco dal tema (cosa che non credo)
che proprio coloro che, a ragione, più sono avversi a classificazioni manichee del bene e del
male, si mostrino poi tanto sicuri nell’indicare
dove il secondo permanentemente risieda. Atteggiamento questo che mi pare davvero alquanto
curioso ».
Il fratello Giorgio Peyrot di Roma ci
fa pervenire invece una osservazione riguardo al culto radio che interessa il servizio Rai-TV. Il tema ci sembra di importanza non lieve e sarà opportuno consacrare una più ampia riflessione al problema della nostra testimonianza alla Rai-TV.
Dice Peyrot:
Quando non esistevano ancora i mass-media,
che portano la parole ed a volte anche la faccia
degli interlocutori a contatto con una massa di
persone anonima e lontana, il culto che gli umani intendono rendere a Dio avveniva solo tra
presenti. Esso inizia con l’invocazione del nome del Signore, perché il Suo nome è al di sopra di ogni nome (Fil. 2,9). E così avviene ancor’oggi quando U culto si celebra tra presenti,
come ad esempio, nel tempio.
Da qualche tempo a questa parte ho invece
notato che, nel pieno rispetto della tradizioni
pubblicitarie proprie del clima consumistico della RAI-TV, il culto radio delle 7,35 della domenica — quello che guarda caso risulta avere
un indice di ascolto più elevato di queUo dei
culti tenuti nei templi — ha inizio, subito dopo la sigla, con il nome del signor predicatore,
chiaramente scandito daUa voce dello speaker.
E per sopra mercato la reclame a questo nostro
uomo è rinnovata in chiusura con l’annuncio
che, chi ha gradito può a richiesta ricevere a
domicRio in iscritto quanto da lui detto.
Date le abitudini oggi coltivate da molti, per
cui una cosa è vera a seconda di chi la dice e dì
quale sia il suo colore più o meno politicizzato,
la presentazione, soprattutto se previa di chi annuncia la Verità, risulta perfettamente inquadrata nell’attualità deformante e mistificante
dell’oggi. Tant’è che il carattere sottilmente blasfemo di tale pubblicistica che oblitera il vero
nome dell’autore della Parola annunciata, è sfuggito anche a coloro che presiedono, compRce la
RAI-TV, all’organizzazione del culto radio.
In proposito ho voluto raccogliere le reazioni
di alcuni ascoltatori. Taluni rifiutano il fatto
come lo rifiuto io; altri invece lo giustificano a
a piena conferma di quanto sopra. Si precisa infatti che conoscendone subito il nome, se il predicatore non è gradito, si può chiudere la radio.
Oppure si osserva che il sistema in atto evita di
doversi rompere il cranio per scoprire dalla voce
chi sia che parla. Tali motivi però oltre tutto
non collimano con la circostanza non trascurabile che « non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini » con il quale si possa annunciare la salvezza all’infuori di
quello di Dio (Atti 4, 2).
Mi rendo conto che questo mio ha tutti i
crismi di un discorso sgradevole, come lo era del
resto quell’altro da me fatto su certi altri atteggiamenti « terrìbilmente non protestanti » apparso tempo fa su queste stesse colonne (1° novembre 1974). Ci vuole pazienza! Anzi bisognerà ritornarci tutte le volte che si colga qualcosa che
apertamente o nascostamente incrimini la nostra'
autenticità di riformati, o denunci un’identità che
non è la nostra.
Di natura diversa rha probabilmente
condivisa da non pochi fratelli è la considerazione fatta da A. Rogo di Venezia.
Egli lamenta lo spazio eccessivamente
ampio che viene riservato sul nostro settimanale alla vita delle comunità delle
Valli valdesi ed ai problemi del mondo
ambiente di questa zona. Già nel primo
numero del giornale E. Geme ha illustrato i motivi che hanno spinto il Comitato
di Redazione a dare questa impostazione
al giornale. Più del 50% dei lettori sono
attualmente situati nelle Valli valdesi, ma
soprattutto occorre tenere conto del fatto che la presenza evangelica si situa in
questa zona in modo molto diverso da
come si situa in altre zone d’Italia ed abbisogna di una riflessione radicata nella
realtà. Non pensiamo sia inutile ed irrilevante per degli evangelici italiani vedere
come i loro fratelli in una zona di relativa maggioranza impostano la testimonianza evangelica.
Occorre invece impostare il problema
in termini diversi, non sono le comunità
delle Valli valdesi che hanno troppo peso
e spazio ma quelle italiane, valdesi e metodiste che non ne hanno a sufficienza;
sono quelle comunità che devono far sentire la loro voce, mandare informazioni,
notizie, segnalare quanto stanno facendo
e vivendo. Troppe sono quelle che tacciono. si ritirano in silenzio. Il Direttore
libri • recensioni
A cura dell’Amicizia Ebraico-Cristiana
è stata curata la traduzione dell’opera di
J. Isaac, Jésus et Israel che l’editore Barulli di Roma pubblicherà qualora sia
raggiunto il numero adeguato di prenotazioni. Il volume, di circa 600 pagine, è
prenotabile presso « Amicizia EbraicoCristiana », casella postale 282, Firenze,
al prezzo di L. 5.000.
Superfluo sottolineare l’importanza di
questo avvenimento, l’opera in questione
è ormai considerata un classico sul problema dei rapporti fra ebrei e cristiani.
Pur essendo in alcuni punti superata dagli ultimi avvenimenti, resta nella sua impostazione generale un valido punto di
riferimento.
Segnalazioni
WALTHER ZI/^MERLÌ, Rivelazione di Dio Una
Teologia delT Antico Testamento, pp. 320,
L. 7000 (Jaca Book). Raccolta di saggi in gran
parte sul libro di Ezechiele, pubbl. in Geremia nel '64.
EDUARD LOHSE, L'Apocalisse di Giovanni (commentario NTD), pp. 220 L. 4.000 (Paideia,
Brescia ).
GUSTAV STAHLIN, Gli Atti degli Apostoli (comment. NTD), pp. 602, L. 7.000 (Paideia, Brescia).
GABRIELLA CALFAPIETRA, Alla riscoperta del vangelo — esigenze di rinnovamento religioso nel
secolo XVI, pp. 244, L. 3.000 (Paravia, Torino).
Intelligente antologia di Umanisti e Riformatori (Erasmo, Lutero, Calvino, Anabattisti, Spirituali ecc.) notevole per equilibrio e spirito
comprensivo. Molto utile anche per corsi di catechismo e per adulti.
DIAKONIA, Anno XIV, n. 1, gennaio 1975. Il
primo fascicolo della nuova serie contiene il rapporto del centro Diaconale sugli Istituti per minori.
Ampia panorarnica di una quarantina di pagine su
tutti gli istituti della Chiesa Valdese.
COMMENTO ALL’EPISTOLA DI GIACOMO |3
NOVITÀ’ 11 i clau dia
f na
la fede e le opere
14 Fratelli, a che serve se uno dice : « Io ho la fede ! » e poi non lo dimostra con 1 fatti? Forse che quella fede può salvarlo? Supponiamo che qualcuno
dei vostri, un uomo o una donna, sia senza vestiti e non abbia da mangiare a
sufficienza. Se voi gli dite : « Arrivederci, stammi bene. Scaldati e mangia quanto vuoi », ma poi non gli date quei che gli serve per vivere, a che valgono le vostre parole? Così è anche per la fede: da sola, se non si manifesta nei fatti,
è morta.
18 Qualcuno potrebbe anche dire : « C’è chi ha la fede e c’è chi compie le
opere ». Ma allora mostrami come può esistere la tua fede senza le opere ! Io
invece ti posso mostrare la mia fede per mezzo delle mie opere, cioè con i fatti!
Ad esempio, tu credi che esiste un solo Dio? È giusto. Ma anche i demoni ci
credono, eppure tremano di paura. Sciocco, vuoi dunque capire che la fede non
serve a niente se non è accompagnata dai fatti?
21 Abramo, il nostro antico padre, perché mai fu riconosciuto giusto da
parte di Dio? Per le sue opere, cioè per aver offerto sull’altare dei sacrifici il
figlio Isacco. 'Vedi dimque che in quel caso la fede e le opere agivano assieme
e che la sua fede è diventata perfetta proprio per mezzo delle opere. Così si è
realizzato quel che dice la Bibbia : « Abramo credette in Dio e Dio ne tenne
conto e per questo lo riconobbe come uomo giusto ». Anzi, egli fu chiamato
amico di Dio. Potete così vedere che Dio considera giusto un uomo in base alle
opere e non soltanto in base alla tede.
25 Lo stesso avvenne nel caso di Raab, la prostituta. Dio la considerò giusta per le sue opere, cioè per il fatto che aveva ospitato gli esploratori degli
Ebrei e li aveva aiutati ad andarsene per un’altra via.
26 Insomma, come il corpo senza il soffio della vita è morto, cosi la fede:
senza le opere è morta.
Il brano (2: 14-26) è quello più discusso di tutta l’epistola di Giacomo.
Come il precedente (2: 1-13) anche questo è un brano didattico. Il suo tema (la
fede e le opere nel loro reciproco rapporto) è indicato nella domanda retorica del
v. 14. Che esse siano strettamente collegate, anzi che la fede non esista affatto
quando non produce opere che l’accompagnino, è illustrato dall’esempio paradossale dei vv. 15-16, dal quale si ricava
la conclusione del v. 18; se la fede non si
manifesta in una vita rinnovata e attiva
è pseudo-fede. Sarà adesione intellettuale
a una filosofìa del mondo e del suo rapporto con la divinità, ma non è quell'essere afferrati da Dio e fatti suoi, illustrato dagli incontri di Gesù con i discepoli,
con Zaccheo, con molti degli infermi risanati, che si risolve in una rottura col
passato e in un orientamento nuovo dato
alla propria vita sotto la signoria di Gesù Cristo. Una fede intellettuale che non
si manifesta così, operosamente (Ef. 2:
10) non ha alcuna relazione con la giustificazione e la salvezza dell’uomo.
Osserviamo che in questi primi vv. la
nuova traduzione (N. Tr.) ha preferito
usare l’espressione « i fatti » anziché « le
opere » termine che viene facilmente colle"
gato dalla gente a una particolare categoria di « opere meritorie », « opere pietose
ecc. — mentre Giacomo parla invece della
totalità della vita, dell’impegno concreto
dell’uomo.
Un’altra cosa che può stupire è che al
v. 15 dica: « Supponiamo che qualcuno
dei vostri, un uomo o una donna, sia senza vestiti ecc. », invece di dire « un fratello o una sorella siano nudi ecc. ». La
N. Tr. è fatta anzitutto per lettori non
abituati alla lettura della Bibbia e al linguaggio religioso: per l’uomo pagano o
secolarizzato del nostro tempo « un fratello o una sorella » che vuol dire? Non
si sa che vuol dire uno dei membri della
vostra comunità cristiana. L’espressione
usata nella N. Tr. è fedele al pensiero del
testo greco (uno dei vostri, un uomo o
una donna) facendo capire che si tratta
della solidarietà fra cristiani.
Dal V. 18 il pensiero è reso vivace da
un dialogo immaginario. L’assurdità del
divorzio tra fede e opere è ribadita dalle
parole di qualcuno. È una caratteristica
della diatriba (ragionamento molto vivace, con finte domande e risposte, molto
usato dai filosofi greci dell’epoca, stoici
e cinici) introdurre con questa formula i
punti di vista deH’avversario (Qualcuno
potrebbe dire...), cfr. I Cor. 15: 35. Quest’avversario travisa il messaggio cristiano, intendendo per « fede » il consenso intellettuale a una dottrina, senza la trasformazione della vita al servizio del Signore.
Giacomo risponde: Fammi conoscere
questa fede-senza-opere, e io ti mostrerò
la fede come la intendo io, che si manifesta attraverso le opere. Siccome quella
fede astratta non può essere mostrata dal
contestatore, Giacomo suggerisce lui stesso ùn esempio: è forse il credere nel monoteismo? Ma questa non è « fede »: anche i demoni credono nel monoteismo
ma non ne ricavano nessuna fiducia di
salvezza (tremano di paura!). Dunque una
fede non accompagnata dai fatti « non
serve a niente ». Anche la fede di Abramo
e di Raab non è stata adesione intellettuale a una dottrina! Cfr. Ebr. 11: 8-10,
17-19, 31.
Le teorie combattute da Giacomo non
hanno niente in comune con la teologia
di Paolo. Se Giacomo combattesse il paolinismo non avrebbe nulla da guadagnare presentando una caricatura del pensiero dell’avversario. In realtà l’interlocutore del V. 18 è immaginario, e viene
introdotto solo per esporre con più vivacità la tesi opposta: che la fede si manifesta nei fatti (o con i suoi frutti, come
dice Gesù, Matt. 7: 16-21).
B. Corsani
Un passalo da non dimenlicare
WILLIAM D. DAVIES
CAPIRE IL SERMONE SUL MONTE
il quadro storico, teologico o culturale
A quali imperativi religiosi e sociologi obbediva Matteo quando raccolse i
« detti » di Gesù e li inserì nel quadro dell’attuale « Sermone sul monte? » Perché Matteo — e lui solo — presenta Gesù come un secondo Mosè, un Messia
legislatore? E stato influenzato in questo dalle correnti di pensiero operanti al
suo tempo? Si è o no allontanato dalla intenzione originaria del «Gesù storico? » Un agile libretto che condensa il risultato di decenni di studi di un esperto in materia.
pp. 192, L. 2.900 (P.B.T., n. 8)
Nella collana di opuscoli di « Attualità »:
n. 66. V. Benecchi - P. Guarnieri: Perché la pornografìa, L. 200.
Una pagina di Storia valdese ci viene
incontro nella Collana della Società di
Studi Valdesi, il n. 7 (205 pagine, 8 tavole fuori testo, copertina di A. Di Fierro),
frutto di lunghe, appassionate ricerche
negli archivi della Svizzera, senza trascurare il confronto con le fonti edite e inedite che parlano dell’esilio dei Valdesi in
Isvizzera. Il titolo del volume è per l’appunto : « Gli esuli valdesi in Svizzera
(1686-1690) ».
Il volume si divide in due parti: una
introduzione di 39 pagine, nella quale viene tratteggiato dagli autori. Augusto Armand-Hugon e E. A. Rivoire (quest’ultimo prematuramente scomparso prima
che questo volume potesse vedere la luce) il quadro storico: l’esilio, la prima
sistemazione in Svizzera, le condizioni
materiali e spirituali degli esuli, i problemi economici e politici che pone la presenza di questa massa di rifugiati, malvestiti, denutriti, ammalati, inquieti,
oscillanti tra la scelta impegnativa di un
futuro stabile in Germania e un ritorno
armato nelle Valli natie...
La seconda parte (166 pagine) contiene
l’elenco alfabetico dei nuclei familiari che
dal 1686 al 1690 trovarono una sistemazione provvisoria in Svizzera : « non meno di 3381 » anime. Per ovvie ragioni pratiche la ricostruzione storica di questi
nuclei è limitata agli esuli della Valpellice e Val Luserna.
L’interesse storico di questo volume è
innegabile; e la lettura di questi aridi
elenchi ci pone sempre di fronte allo stesso problema: quali sono i rapporti tra
fede e attaccamento alla « piccola patria »?
Cito a caso : « Aliette Ffierre : ammogliato con tre figli - nato nel 1646 - Prigioniero a Carmagnola - poi esule a Rolle nel 1687, a Zurigo 1687-88, a Sciaffusa
nel 1688 (ottobre), in Württemberg nel
1689, ritorno alle Valli nel 1690. Muore
nel 1692. Sua moglie Susanna muore in
esilio vicino a Zurigo. I suoi tre figli Davide, Giovanni, Maddalena (nessuno dei
tre ha 15 anni quando affrontano la ’’traversata delle Alpi in inverno”) li troviamo poi a Chivasso, nel 1691, dopo che
hanno seguito il padre nelle sue peregrinazioni ».
Se il lettore saprà non soffermarsi sull’indagine genealogica cosi) accurata, ma
andare oltre, con « intelletto d’amore »,
forse gli accadrà di sentire il soffio dello
Spirito dar vita a questi aridi elenchi e
sosterà non inutilmente pensoso sulla tavola fuori testo : « Le Vaudois qui sont
présents sur les Galères de France sont
les suivants:
11.690: Jean Musseton de St. Jean Vallée de Luserne - cond.' pour avoir été
pris par les Français, allant aux Vallées
pour s’y rétablir avec ceux de sa nation
en 1689; sur L’Eclatante».
L. A. Vaimal
3
AMERICA LATINA
il continente dalle vene aperte
il Brasile, poliziotto deH’America Latina - Un immenso territorio aperto allo sfruttamento delle grandi compagnie multinazionali - Un presidente luterano in una dittatura fascista
echi
L’ombra del gigante
Non abbiamo visitato il Brasile; ma
tutti ce ne hanno parlato. (Come, per altro verso, tutti ci hanno parlato di Cuba).
Dovunque, in Argentina, Uruguay, Perù,
si sente la presenza incombente di questo gigante. Gli amici « peruani » ci avvertono: non date del Brasile una valutazione superficiale: il Brasile di oggi è
il risultato di una storia coerente, cominciata quasi 500 anni dalla diplomazia portoghese. Dopo il primo trattato che, con
la benedizione del Papa, assegnava al Portogallo una piccola fetta dell’America me
ù^hlca
Il governo sudafricano mantiene la sua
decisione di espropriare la Facoltà teologica di Alice.
Città del Capo (soepi) — Il governo
sudafricano ha respinto gli appelli lanciati dai dirigenti delle chiese contro l’espropriazione della facoltà teologica di Alice,
nella Provincia del Capo.
M. C. Botha, ministro deU’amministrazione e dello sviluppo bantù, ricevendo
una delegazione di dirigenti di chiese guidata dal vescovo anglicano Alfeus Zulu,
ha dichiarato che questa misura era dovuta al progetto di ingrandire l’università di Fort Hate.
La chiesa del Lesotho in difesa dei prigionieri politici.
(SOEPI) - Il Consiglio cristiano del Lesotho ha incaricato un avvocato di difendere 31 persone imputate di alto tradimento. I detenuti sono tutti membri del
Basutoland Congress Party e sono accusati di aver ordito un complotto per rovesciare il governo del Primo ministro Leabua Jonathan.
Il Consiglio delle Chiese deH’Africa del
Sud (che si è già segnalato per molte iniziative contro il razzismo sudafricano)
ha fatto pervenire 7000 dollari al Consiglio cristiano del Lesotho per la difesa
degli accusati.
Da diversi anni il governo del Lesotho
opprime l’opposizione; molte personalità
sono state imprigionate senza giudizio e
torturate. Secondo alcuni osservatori,
con questo processo il governo intenderebbe dare una parvenza di legalità alla
situazione, per rispondere alle critiche di
molti paesi africani.
Visita del segretario teologico.
I pastori Nomeyo, segretario teologico
della CEvAA, e Wolff (DEFAP), hanno
visitato la Chiesa evangelica del Lesotho.
In tale visita sono stati accompagnati dal
pastore Diaho, presidente della Chiesa.
La Chiesa aveva previsto un vasto programma di incontri che hanno permesso
agli ospiti di avere dei contatti nel quadro delle varie attività evangeliche. Un
fatto importante è stato l’incontro coi pastori, centrato sul tema : « Siate sempre
pronti a render conto della speranza che
è in voi» (lo stesso dell’incontro che ha
avuto luogo a Liebfrauenberg (Alsazia)
qualche tempo dopo). La visita si è conclusa con un incontro col comitato esecutivo della Chiesa per fare il punto su
tutte le questioni concernenti la politica
generale da seguire che erano state poste
agli ospiti.
Tenendo conto del posto che occupano le Chiese in Lesotho si è suggerito alle autorità della Chiesa evangelica di dare l’avvio ad uno studio su « l’uomo mosotho » : ciò che è stato tradizionalmente, ciò che la colonizzazione ha fatto di
lui, ciò che vuol essere oggi, quale ruolo
l’Evangelo ha da svolgere per aiutarlo ad
essere pienamente uomo in Lesotho. Tale studio dovrebbe aiutare la Chiesa ad
orientare il suo lavoro di insegnamento, a
ripensare ai rapporti Chiesa-Stato, e cos’i via.
Hanno collaborato: Mirella Bein, Giorgio Bouchard, Lamy Coisson, Renato
Coisson, Dino Gardiol, Raimondo
Geme, Claudio Tron, Speranza Tron,
Liliana Viglielmo.
ridionale, i coloni portoghesi hanno metodicamente spinto verso Occidente la
frontiera dei loro domini: le grandi famiglie aristocratiche si specializzavano,
chi ad amministrare le tenute piene di
schiavi (o di braccianti bianchi), chi a
mettere in piedi un esercito tecnicamente e culturalmente adeguato, chi a creare
la miglior diplomazia di tutto il sudamerica. E così, piano piano, il Brasile ha
portato i suoi confini fin quasi alle Ande,
raggiungendo un’estensione territoriale
pari a quella della Cina o degli Stati
Uniti.
I generali che sono al potere da dieci
anni sono gli eredi consapevoli di questa
tradizione: dopo aver stroncato nella tortura e nel sangue una opposizione gloriosa quanto sfortunata, ora governano il
paese con mano ferma, mettendo a profitto la loro preparazione tecnica, economica e culturale. Strettamente legati agli
Stati Uniti, non ne sono però una semplice « appendice tropicale »: ora stanno
cercando di attrarre, ad esempio, capitali
arabi: terreno d’elezione delle grandi
multinazionali, il Brasile aspira dunque
a diventare anche uno dei centri d’irradiazione delle multinazionali stesse. Perciò costruisce impianti energetici e industriali al confine con la Bolivia e col Paravuay, e non è alieno dal rivendicare la
eredità di un’antica presenza portoghese
in quella « banda orientai de l’Uruguay »
di cui ha già assorbito i due terzi durante il secolo scorso... Certo, nel Mordeste
brasiliano si muore di fame: ma intanto
a San Paolo si costruiscono ogni giorno
trenta nuove vie. E mentre Camara protesta, un cardinale si dichiara molto soddisfatto dell’incontro avuto col capo del
governo, ed afferma pubblicamente che è
giunta l’ora che il popolo brasiliano riconosca il valore del lavoro.
Di lavoro, abbiamo l’impressione, si
parlerà molto nel Brasile di domani. ’Tanto più che questa Repubblica candidata
all’impero ha oggi un presidente luterano: Geisel si alza tutte le mattine alle
cinque, visita infaticabilmente governatorati e prigioni. Assiste impassibile a torture e interrogatori. Poi, dopo due o tre
mesi, i peggiori torturatori vengono rimossi, destituiti, o trasferiti. Caso di co
scienza d’un « prussiano » che si riconosce responsabile dell’ordine morale in
questo immenso « popolo nuovo »? Intelligenza politica di chi vuole battere i suoi
avversari sul terreno della democrazia
dopo averli sconfitti nel confronto militare? Ambizione nazionale di un capo che
vede del mondo « multipolare » di Kissinger l’occasione storica per creare un impero di lingua portoghese nell’atlantico
meridionale?
Chissà. Siamo nel campo delle supposizioni: tutto quanto diciamo qui sul Brasile è fondato su notizie di seconda mano anche se ci sono state fornite da un
intellettuale di prim’ordine, che ha saputo affrontare virilmente, cristianamente,
la lotta, il carcere e l’esilio.
Dimenticare?
Mentre rimuginiamo questi pensieri,
siamo di nuovo all’areoporto: è ora di
partire. Saliamo su un comodo DC-10 dell’Alitalia: davanti a noi, a sole 16 ore di
volo c’è Milano, con le sue luci artificiali,
col suo attivismo frenetico, col suo clima
culturale raffinato e, come dicono, stimolante. Quello è il nostro mondo.
L’aereo alza di colpo il rombo dei motori: stiamo decollando. Addio, America
Latina sofferente e combattiva; possiamo
dimenticarti.
Anzi: dobbiamo dimenticarti; perché
se ti ricordassimo, dovremmo pensare a
te tutti i giorni. Dovremmo fronteggiare
le nostre responsabilità storiche di europei, ed assumere le nostre responsabilità
presenti, di uomini e di cristiani. Dovremmo chiederti perdono per i secoli del
massacro, dovremmo soccorrere i tuoi
esuli o sostenere i tuoi testimoni dell’Evangelo. Cerca di capirci: sarebbe troppo.
G. e T. Bouchard
Nota. Per un approccio giornalistico ma serio alla
realtà sudamericana vedi Eduardo Galeano, Las
venas abiertas de America Latina (sesta edizione,
Buenos Aires 1974). Per una interpretazione della realtà valdese sudamericana, vedi J. A. SoGCIN, Considerazioni sul valdismo rioplatense (in
occasione del primo centenario) in « Protestantesimo » 1956/4.
MIGLIAIA A WASHINGTON PER LA PACE IN VIETNAM
I nostri atti smentiscono
le nostre parole
Riprende negli S.U. il movimento popolare per ottenere
la pace nel Vietnam e il rispetto degli accordi di Parigi
Migliaia di persone, in maggioranza giovani, si sono riunite a Washington dal 25
al 27 gennaio per chiedere il rispetto immediato degli accordi di pace di Parigi
per il Vietnam.
Due anni fa, con la firma degli accordi,
sembrò a molti che la questione si fosse
felicemente conclusa. Ma la causa principale della guerra, cioè l’appoggio americano al dittatore Thieu, non era affatto
rimossa, e la guerra continuò. Oggi il presidente Ford fa enormi pressioni sul Congresso americano, perché siano aumentati i crediti al Sud Vietnam.
Per opporsi a questa politica, scuotere
l’opinione pubblica e appoggiare l’azione
del Congresso, diverse personalità americane, tra cui Ralph Abernaty (successore
di Martin Luther King), Eugene Carson
Blake (ex Segretario generale del Consiglio Ecumenico), Balfour Brickner (Presidente delTunione delle comunità ebraiche) e Thomas Gumbleton (Vescovo di
Detroit, che fu il primo a rivelare la sorte dei prigionieri politici nel Vietnam del
Sud), hanno lanciato un appello a tutte
le comunità religiose degli Stati Uniti.
Il testo deH’appello dice tra l’altro:
« Gli Accordi di Parigi non sono rispettati. Siamo stati sedotti da leaders che ci
raccontavano che la pace era ristabilita
nel Sud-est asiatico, e siamo stati colpevoli di avere ascoltato le loro menzogne.
Come ai giorni di Geremia "dal profeta
fino ai sacerdoti tutti usano l’inganno, di
cono pace, pace!, mentre pace non v’è".
La guerra continua. I fondi americani
e il prestigio americano sostengono un
dittatore nel Vietnam del Sud, che arresta e tortura gli oppositori. L'aiuto americano continua ad alimentare la guerra
in Indocina come ad alimentare la fame
nel Sahel, nel Bangla-Desh, e da molte altre parti. Noi vogliamo la pace, non soltanto nel Vietnam, ma dappertutto. Il
Vietnam, piuttosto che un’eccezione nella nostra politica estera, è diventato
l’esempio di tutta questa politica. I nostri
atti smentiscono le nostre parole. Chiamiamo dunque la nazione a una nuova
azione, partecipando all’Assemblea del
20 e 27 gennaio a Washingthon ».
L’Assemblea ha avuto diversi momenti
importanti. Erano pure presenti dei delegati europei, tra cui il Pastore Tullio Vinay, che hanno preso la parola testimoniando sulla situazione dei prigionieri politici, che alcuni di loro avevano visto personalmente. Una delle giornate è stata
consacrata a incontri fra delegati dell’Assemblea (tra cui gli europei) e i Senatori e i Membri del (Sangresso americano.
Le altre giornate sono state occupate da
vari incontri e dai gruppi di lavoro, nel
corso dèi quali la situazione attuale ha
potuto essere ampiamente documentata.
L’ultima sera si è svolta una marcia con
le torce attorno alla Casa Bianca; ogni
cartello col nome di uno dei 200.000 prigionieri politici.
dal mondo cristiano
ùmencot
Digiuno negli Stati Uniti.
New-York (Bip-Snop) — Il Senato
USA ha approvato aH’unanimità una risoluzione del senatore Hatfield che chiede ai cittadini di osservare dei giorni di
digiuno e di operare dei cambiamenti nel
loro modo di nutrirsi. La restrizione alimentare deve contribuire a risolvere il
problema della fame nel mondo. I soldi
risparmiati dovranno essere versati a favore della lotta contro la fame.
ìutoha
I vescovi spagnoli in favore dei detenuti politici.
(Snop) — La Commissione permanente dell’episcopato spagnolo ha chiesto al
governo, in collegamento con Tanno santo, delle misure di grazia per i detenuti,
specialmente per i detenuti politici.
Maggiore autonomia per la Chiesa anglicana.
(Bip) — Il parlamento britannico ha
deciso di rinunciare ad alcuni dei propri
poteri in materia religiosa. Le decisioni
su questioni di dogma e di culto, che finora spettavano al parlamento, sono ora
di esclusiva competenza della Chiesa.
Ginevra; i nuovi pastori saranno ancora consacrati.
(La Vie Protestante) — Il Concistoro
della Chiesa nazionale protestante di Ginevra ha deciso quasi alTunanimità di
mantenere la consacrazione pastorale. La
questione era stata sollevata quando 22
candidati avevano rifiutato la consacrazione, con la motivazione che ogni battezzato è responsabile del ministero globale della Chiesa, e che l’immagine tradizionale del pastore non corrisponde alla varietà dei servizi di cui oggi la Chiesa ha bisogno.
II Concistoro ha accolto in parte queste motivazioni, estendendo la consacrazione ad altri ministeri, oltre quello pastorale, e riconoscendo il servizio di coloro che non intendono ricevere la consacrazione; questi vedranno migliorato il
loro statuto, e potranno lavorare in una
comunità per un periodo più lungo dell’attuale (finora la loro nomina doveva
essere rinnovata di anno in anno).
Sinodo francese.
(Bip) — Il prossimo Sinodo nazionale
della Chiesa Riformata di Francia avrà
luogo dal 2 al 4 maggio a Carry le Roué
(Bouches du Rhône). Tema centrale;
« Trasmissione delTEvangelo ».
Centro audiovisivi per l’evangelizzazione.
(Bip) — Dal febbraio 1971 funziona
nella Svizzera francese il Centro Evangelico di produzioni audiovisive. Mentre altri centri di questo genere si occupano
soprattutto del settore educazione, questo centro vuol essere al servizio dell’evangelizzazione. Si possono noleggiare
delle serie di diapositive con commento
inciso su cassetta e istruzioni per la sincronizzazione. A ogni serie è accluso un
questionario per la discussione.
L’indirizzo del Centro è; Centre Evangélique de productions audio-visuelles CH. - 1261 Chavannes-De-Bogis - Tel.
022/76 33 (X).
Scuole confessionali
(Snop) — In Algeria, il totale degli allievi delle scuole cattoliche è salito da
10.000 nel 1962 a 40.000 nel 1974. Nello
stesso periodo la popolazione scolastica
in Algeria è salita da 1.213.318 (scuola
elementare e media) a 2.358.000 (scuola
elementare) e 342.000 (scuola media e secondaria).
In Olanda le scuole private (cattoliche,
protestanti o laiche) sono finanziate al
100% dallo Stato. Insieme, rappresentano il 75,6% sul totale delle scuole olandesi. Lo Stato stabilisce i programmi, il
tipo di formazione degli insegnanti, il loro trattamento e la loro posizione, le ore
di insegnamento e il numero di allievi
per classe. Queste condizioni devono corrispondere a quelle della scuola statale.
Vi è invece libertà per quanto riguarda
la formazione morale e religiosa.
4
40 ANNI DI PRATICHE ABORTIVE IN ITALIA
più le donne italiane morte di aborto
che i soldati caduti nella 2' guerra mondiale
Il dottor Giovanni Mathieu dell’ospedale evangelico di Torino inizia con questo primo
contributo una riflessione sull’aborto dal punto di vista medico e socio-economico
« Si intende per aborto l’interruzione
di gravidanza entro il 180° giorno dall'inizio del concepimento ». Dietro questa scarna e concisa definizione medico-scientifica, riportata su uno dei più noti trattati
italiani di ostetricia e ginecologia, si agitano drammatiche realtà umane, speculazioni, sottili disquisizioni legali, tabù
psico-sessuali, condanne sdegnate, valutazioni di ordine etico.
Aborto terapeutico
La legislazione italiana non prevede alcuna forma legale di aborto, anche se di
fatto il medico può intervenire ad interrompere la gravidanza quando vi sia un
pericolo grave per la vita o per la salute
fisica e mentale della gestante (aborto
terapeutico). Tale evento, che si configura come uno stato di necessità, mira appunto a salvare la vita della madre, seriamente minacciata dalla gravidanza,
quando ciò non sia ottenibile con altri
mezzi. Le indicazioni all’aborto terapeutico si sono oggi ristrette a pochi casi che
sono rappresentati essenzialmente da importanti malattie cardio-respiratorie o renali, alcune forme tumorali, tubercolosi
avanzata, diabete grave. E abbastanza
facile prevedere che in futuro, dato il continuo perfezionamento dei mezzi terapeutici, l’elenco di malattie pericolose per la
vita della madre si abbrevierà ulteriormente.
Malattie psichiche
Un discorso a parte meritano le cosiddette « malattie » psichiche, in alcune nazioni considerate come motivo sufficiente per l’interruzione della gravidanza. Il concetto di turba psichica viene talora esteso anche a quegli effetti negativi
che una gravidanza non desiderata e la
maternità in genere possono provocare
sullo stato di benessere mentale, sull’equilibrio della personalità della donna.
Questo modo di impostare il problema
dell’aborto è per lo meno discutibile, e
potrebbe nascondere dei risvolti estremamente pericolosi, come quello di imporre il « marchio » della pazzia a chi volesse sottoporsi a pratiche abortive.
Aborto eugenetico
Col termine di aborto eugenetico (illegale in Italia) si indica la interruzione
della gravidanza quando vi sia un elevato rischio di malformazione per il bambino che deve nascere. Oltre alle malattie strettamente ereditarie, trasmesse
cioè dai genitori ai figli attraverso il patrimonio genetico, ci si riferisce in questo caso anche alle cosiddette malattie
congenite, causate da fattori che hanno
agito sull’embrione in via di sviluppo
« in utero ». Un elenco approssimativo e
incompleto di tali fattori comprende:
a) malattie virali contratte dalla madre nei primi mesi di gravidanza (la donna che sia colpita da rosolia nelle prime
quattro settimane di gravidanza corre il
rischio, nella misura del 60 per cento, di
avere un bambino malformato):
b) altre malattie infettive della gestante, come ad esempio la toxoplasmosi
il cui parassita è ospite abituale di comuni animali domestici;
c) radiazioni ionizzanti; è utile ricordare la pericolosità di cure fisiche eseguite con raggi Roentgen o di accertamenti
radiologici in determinati periodi della
gravidanza;
d) farmaci: l’esempio più drammatico è quello del talidomide, un tranquillante che ha causato la nascita di migliaia di bambini focomelici; ma accanto a questo notissimo composto farmaceutico possiamo aggiungere altri farmaci altrettanto nocivi, come taluni antibiotici e sulfamidici, certe vitamine ad alte
dosi, gli ormoni sessuali, alcuni antidepressivi, eccetera.
Il mongolismo
Per alcuni interessanti risvolti legali,
un particolare cenno merita una malattia ereditaria abbastanza diffusa, il mongolismo. Alcuni disegni di legge per la
legalizzazione dell’aborto prevedono la
permissività per la donna che abbia compiuto i 45 anni al momento dell’inizio della gravidanza. Tale norma è basata su
criteri di carattere genetico e, proprio per
tali premesse, andrebbe estesa alle donne che abbiano compiuto 40 anni: infat
ti, mentre una gestante di 30 anni ha 1
probabilità su 700 di avere un figlio mongoloide, questa probabilità aumenta progressivamente e diventa di 1 su 70 in una
gestante di 40 anni.
Nuove diagnosi
Le anomalie fetali, su base genetica e
non, venivano fino a pochi anni fa previste dal genetista esclusivamente secondo
un calcolo di probabilità. Oggi, per mezzo degli ultrasuoni e soprattutto della
amniocentesi (tecniche abbastanza complesse), è possibile giungere in determinati casi ad una diagnosi abbastanza sicura, e quindi a formulare risposte concrete sulle condizioni del feto anche in uno
stadio precoce della gestazione che permetta di interrompere la gravidanza senza eccessivi rischi. L’amniocentesi, effettuata tra la 14“ e la 16*^ settimana di gravidanza, consiste nel prelievo di una certa quantità di liquido amniotico, quello
cioè in cui è immerso il feto nella cavità
uterina. In questo si trovano delle cellule di sfaldamento del corpo dell’embrione
che si possono coltivare ed esaminare,
permettendo il riconoscimento di determinate malattie fetali (mongolismo, ed
altre). Questa tecnica, che pure è di notevole utilità, ha delle limitazioni di cui
bisogna tenere conto: innanzitutto permette di stabilire con certezza se il feto
sia tarato o no soltanto in ben determinati casi (abbastanza rari); il prelievo di
liquido amniotico, inoltre, è di per sé rischioso, tanto da poter essere causa di
aborto indesiderato; infine la complessità dei metodi di coltura cellulare rende
possibili errori che compromettono o falsano la diagnosi. Per questi motivi un depistage sistematico di tutte le donne in
gravidanza, mediante questa metodica, è
per ora da escludersi nella pratica medica.
Dati che parlano
Un aspetto difficilmente valutabile dell’aborto è quello quantitativo; dato il pesante clima di repressione sociale e le
possibili sequele penali, non deve stupire
come un vincolo di omertà finisca per impegnare coloro che hanno concorso a praticare l’aborto e chi lo subisce. Se le cifre italiane riferite al fenomeno « aborto » variano sensibilmente a seconda della fonte di provenienza, è comunque impressionante la dimensione del problema:
gli 800.000 aborti annui secondo il Ministero della Sanità, oppure il milione e
200.000 secondo l'Unesco, o ancora i 2-3
milioni annui di aborti (cifra riportata al
53° congresso di ostetricia e ginecologia
tenutosi a Bologna nel 1968) testimoniano la perfetta inanità della legislazione
repressiva in vigore in Italia. Per i cultori di statistiche si può ricordare che nella sola città di Milano ogni giorno vengono compiuti dai 500 ai 550 aborti; nelle borgate romane più povere su 558 donne dell’età media di 31 anni il tasso degli aborti procurati e confessati risulta
essere di 2 per ogni 2-3 figli viventi; iri
certi ambienti sociali, specialmente nei
quartieri più poveri o in campagna, ogni
donna dai 16 ai 30 anni ha avuto in media 1 o 2 aborti. La discriminazione di
classe diviene ancor più odiosa se si prendono in considerazione le complicanze,
mortali e non, in corso di aborto procurato.
La vacanza all’estero
Pur nella illegalità, la donna abbiente riesce facilmente a trovare la clinica
ABORTO: L’ULTIMO PARERE DEI VESCOVI ITALIANI
E’ sempre un reato
ma ci sono attenuanti
Si sa che la chiesa cattolica è sempre
stata radicalmente contraria a ogni forma di aborto, anche terapeutico. Nei casi
in cui bisognava scegliere tra la vita della madre e quella del figlio (che doveva
nascere), la posizione cattolica era di sacrificare la madre (la morale protestante optava invece per la scelta opposta).
Barth, nella sua Dogmatica, dice che
« c’è qualcosa di sinistramente rispettabile » nell’intransigenza dimostrata dalla
chiesa romana che « fino a questo giorno
(egli scriveva intorno al 1950) non ha abbandonato un solo iota della sua etica in
tema d’aborto ». E ricorda il caso limite
accaduto alla fine della guerra, quando le
autorità ecclesiastiche cattoliche vietarono alle suore tedesche che erano state
violentate nel corso delTinvasione russa
del ’45 di ricorrere all’aborto per sfuggire
alle conseguenze della violenza subita.
Peraltro Barth conclude affermando che
di fronte alla gravità della situazione attuale, in cui ci si può chiedere se non stia
avvenendo « un crollo generale della coscienza delle responsabilità individuali e
collettive », è indubbio che « il ’no’ astrat,to pronunciato in passato e che oggi ancora è l’unico contributo della Chiesa romana in materia, è troppo tetro e sterile
per far sperare che possa derivarne un
aiuto efficace. Qui come altrove, la predicazione della legge non cambierà un bel
nulla ».
Il Concilio Vaticano II non s’è scostato dalTinsegnamento tradizionale, dichiarando, nella Gaudium et Spes, che « l’aborto, come l’infanticidio, sono abominevoli delitti ». Si noterà che il Concilio attribuisce all’aborto lo stesso grado di criminalità che all’infanticidio.
Qualche novità invece si nota nell’ultimo, recentissimo documento sulla questione votato dal Consiglio permanente
della Conferenza Episcopale italiana e
pubblicato dall'Osservatore Romano delÌ’8 febbraio scorso. Naturalmente il documento, dopo aver polemizzato contro la
« mentalità abortista » che si va sempre
più diffondendo e aver deplorato « l'agitazione sfacciata di taluni gruppi » a fa
vore di una legalizzazione dell’aborto, ribadisce ripetuamente la condanna dell’aborto considerato « crimine morale » che
nessuna legge dello Stato potrà mai rendere « moralmente lecito ». « Non solo la
fede, dicono i vescovi, ma già la stessa
ragione umana condanna l’aborto procurato come soppressione di un essere umano ».
I vescovi sono quindi contrari sia a liberalizzare sia a legalizzare sia a depenalizzare l’aborto. « Una legalizzazione
dell'aborto che significasse un riconoscimento da parte dello Stato di un diritto
all’aborto, sia pure in casi determinati e
a certe condizioni, è contraria alla retta
ragione ». La legge dello Stato deve continuare a considerare l’aborto come reato
in quanto « crimine contro la vita umana » e quindi punirlo.
Detto questo, i vescovi però ammettono — qui sta la novità — che nel valutare il reato d’aborto occorre tener presenti non solo le aggravanti ma « anche le
attenuanti ». Perciò, pur continuando a
dichiarare « inaccettabile » una legge che
depenalizzi l’aborto, si ritiene « possibile » la revisione delle sanzioni penali per
l’aborto procurato « nel senso della loro
entità e qualità ». Le attenuanti (che i vescovi peraltro non precisano) « riducono
in alcuni casi la colpevolezza e il dolo ».
L’altra novità del documento episcopale è l’affermazione della necessità di una
« azione preventiva », di una « vera educazione sessuale » per formare un « autentico senso di paternità responsabile ». Il
concetto di « paternità (o maternità) responsabile » elaborato in seno al mondo
protestante ed ecumenico già vari decenni or sono, sembra ora entrare nell’orizzonte del pensiero morale cattolico.
Meglio tardi che mai. L’importante è
che la responsabilità dei coniugi venga
riconosciuta pienamente e non solo parzialmente.
Malgrado le novità che presenta il documento dei vescovi resta sostanzialmente ancorato all’impostazione cattolica tradizionale del problema dell’aborto.
P. R.
specializzata o il medico compiacente che
eseguano l’intervento nelle migliori condizioni sanitarie, magari nel corso di una
« vacanza » all’estero; la donna povera,
invece, corre spesso pericoli gravissimi.
« È, calcolabile che 40 anni di pratiche
abortive abbiano ucciso più donne italiane di quanti uomini siano caduti sui fronti della seconda guerra mondiale ». Così
si legge su uno dei più recenti libri riguardante il problema dell’aborto. Ed ancora una rivista italiana, pochi anni fa,
calcolava in non meno di 20.000 il numero delle donne che ogni anno muoiono in
conseguenza di pratiche abortive non
correttamente eseguite. Secondo altre stime, questa cifra clamorosa andrebbe decisamente ridimensionata, anche alla luce di un più diffuso e corretto uso di
mezzi terapeutici.
Nanni Mathieu
(continua al prossimo numero)
dalla prima
appartiene, non ne siamo padroni e non
possiamo disporne a nostro piacimento.
L’uomo, secondo il messaggio biblico, può
disporre della vita animale (Genesi 9, 3)
ma non della vita umana (Genesi 9,6). E
così che Dio difende la vita dell’uomo:
togliendola dalla mano dell’ uomo e
rivendicandola totalmente a sé. L’uomo
è il maggior pericolo per l’altro uomo!
Dio è l’unico, vero difensore della vita di
tutti. Ciascuno afferma il proprio diritto
di vivere, ed è anche disposto, per questo, a negarlo ad altri. Soltanto Dio afferma e mantiene il diritto di tutti alla vita.
Non solo a molti ma a tutti è permesso
vivere: questa è la volontà di Dio. Ho
il diritto di vivere ma non ho il diritto
di non lasciar vivere.
Perciò noi non vediamo neU’aborto un
« atto di libertà » ma un atto di necessità,
non un « diritto » ma un rimedio estremo
in caso di distretta. Un pastore francese
ha scritto giustamente: « B la distretta
che qualifica la situazione di aborto, e
non il diritto né la libertà — il che mi
sembra molto più vero psicologicamente
e più giusto moralmente » (A. Dumas).
IL MALE MINORE
L’aborto è e resta un fatto grave, molto grave, sia perché è comunque un trauma fisico e psichico per la donna, sia perché è chiaramente un attentato alla vita.
In termini biblici, è un peccato, sovente più sociale che individuale. Certo, è
un male, non un bene, anche se in molti
casi è il male minore e quindi il male da
scegliere.
Accade anche, è vero, che lo si scelga
con leggerezza. Né, in fondo, c’è da stupirsi: in un mondo in cui la vita umana
adulta è così poco amata e rispettata, è
logico che lo sia ancora meno la vita
umana embrionale. Così molti (forse uomini più che donne) considerano che
abortire è naturale come concepire e sono disposti, con la stessa incoscienza, a
dare la vita e dare la morte, come se fosse la stessa cosa. Questa non è libertà ma
irresponsabilità.
DEPENALIZZARE L’ABORTO
Concludendo, la nostra sarà necessariamente una via stretta. Da un lato, per i
motivi detti nella prima parte di questa
esposizione, siamo favorevoli a depenalizzare l'aborto in modo che non sia più
perseguito come reato e a chiedere allo
Stato di creare strutture sanitarie pubbliche accessibili a tutti, a partire dagli
strati più poveri della popolazione, affinché sia debellata la piaga dell’aborto
clandestino, fonte di ogni sorta di soprusi, violenze e speculazioni. D’altro lato,
per Taffermazione biblica che noi non
siamo signori della vita altrui in nessuno dei suoi momenti o aspetti, per cui
l’aborto è in ogni caso un male e non un
bene, anche quando è il male minore da
scegliere, la nostra battaglia non andrà
nel senso di fare dell’aborto una prassi
corrente, un atto di ordinaria amministrazione, moralmente insignificante. Se
è questo che s’intende per « liberalizzare
l’aborto » — un’espressione in sé abbastanza ambigua — noi non saremo d’accordo. Il nostro obiettivo non è di normalizzare l’aborto ma di fare in modo
che non ce ne sia più bisogno. L’ideale,
insomma, non è che tutti possano abortire ma che nessuno debba più abortire.
5
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BOLOGNA: INCONTR
« Visita pastorale » ¿n un casermone di
periferia: cinque piani a piedi, perché
ì'ascensore è rotto. La casa ha l'aria tranquilla, ma piena: ai muri, foto di rifugiati
palestinesi; su un tavolino, un mucchio di
giornali; sulla scansia, una Bibbia.
In casa, benché siano già le sette, ci sono solo due bambini e la loro mamma.
Dovrebbe esserci anche un terzo bambino, ma è morto l’altra settimana, due
giorni dopo essere nato. È la seconda volta che in questa famiglia capita una cosa
così. Cerco di dire qualcosa: che intorno
c’è una comunità di decine di fratelli (è
vero), che il profeta Isaia al capitolo 35
ci apre una prospettiva che va al di là della vita e della morte. Ma le parole escono
lente, tradizionali, pesanti.
Arriva il marito: trentacinque anni, delegato di fabbrica, iscritto al partito ***.
Ci abbracciamo, tutti. Il bambino più
grande lo guarda con gli occhi affettuosi
e inquieti di chi cerca un punto di riferimento sicuro.
Il padre mi dice: scusa, ho poco tempo
di parlare con te, perché ho da mantenere una promessa con mio figlio.
Prende la Bibbia dallo scaffale, la apre
e comincia a narrare (mi spiegherà poi
che vorrebbe farlo tutti i giorni, ma non
ci risce): «Mose invitò settanta vecchietti del popolo d’Israele a salire in cima a
un’alta montagna; quelli accettarono e
allora Mosè propose loro di far cuocere
della carne su delle pietre calde: a quel
tempo si faceva così quando si voleva fare una preghiera a Dio; noi adesso facciamo in modo diverso... » e continua così per venti minuti: è il capitolo 24 dell’esodo (ai miei figli non gliel’ho mai saputo raccontare), che rivive con il linguaggio fresco, serio eppure divertente.
Il bambino ascolta, estasiato. Anche noi
ascoltiamo. Eccola la risposta che cercavamo all’angoscia del momento, e alle
tensioni del tempo: la Bibbia pura e semplice, narrata (o predicata?) capitolo dopo capitolo, qualunque cosa accada.
Alla fine siamo tutti rasserenati. Qualcuno potrebbe dire che la « religione » ha
svolto per l’ennesima volta il suo ruolo
consolatorio. Ma, secondo te, caro lettore, questa Bibbia « trasmessa » da uomo a uomo, e di padre in figlio, può essere definita l’« oppio del popolo » solo perché ha una risposta per tutti i problemi,
e pur spingendoci sempre avanti è anche
in grado di sostenerci? A me pare di no.
L’« oppio » ce lo fabbricchiamo noi, qualcuno con dei frammenti di Bibbia, qualcuno coi romanzi gialli (interi), qualcuno allo stadio, e così via. Ma la Bibbia
letta tutta intera, e letta così non mi pare_
che sia un tranquillante: è la parola di
vita eterna, come dice il vangelo di Giovanni, al capitolo 7, versetto 6&. O sbaglio?
pastor
COM-Nuovi Tempi
Nel suo numero 5 Com-Nuovi Tempi
consacra una pagina al problema dell’evangelismo italiano. Prendendo spunto
dal campo di Agape (di cui abbiamo dato ampio resoconto nel n. 2 della Luce)
vengono illustrate le situazioni interne ed
i maggiori problemi delle comunità battiste, metodiste e valdesi nella situazione
italiana presente.
L’articolista offre anche alcuni spunti
di riflessione che meritano di essere attentamente valutati in un gruppo di lavoro.
Roma
Via 4 Novembre
I sacraménti deVono parlare
agli uomini d'oggi
Relazioni introduttive di Bruno Rostagno, Filippo Gentiioni e Mario Cuminetti - Riscoprire nella storia, con un linguaggio nuovo e comprensibile, la realtà dei scramenti
Sabato 8 e domenica 9 febbraio si è
svolto a Bologna nella Villa Pallavicini
un convegno sul tema « Evangelizzazione
e sacramenti » organizzato dalla Segreteria di collegamento delle comunità cristiane di Bologna. Fanno parte della Segreteria; Circolo Giovanni XXIII, Comunità cristiana Sasso Marconi, Chiesa Evangelica Metodista, Comunità giovanile
S. Procolo, Congregazione mariana. Cooperativa giornalisti CEP, Gruppo S. Domenico Savio, Gruppo del Sabato, Gruppo S. Lorenzo, Gruppo cristiano liberazione donna. Gruppo famiglie del Velodromo, Pax Christi bolognese.
Si è registrata la partecipazione continua di un centinaio di persone. Il dibattito dell’assemblea ed il lavoro dei gruppi sono stati introdotti da tre relazioni.
Un « nuovo » battesimo
Bruno Rostagno si è soffermato sull’interpretazione del battesimo proposta dal
teologo Carlo Barth, che ne ha profondamente rinnovata la comprensione. Egli,
infatti, si stacca anche dalla interpretazione riformata del sacramento. Il problema centrale è quello della realtà della
vita cristiana, come un fatto che appartiene alla nostra storia. La condizione di
questa storicità è che l’intervento di Dio
non sia identificato con un atto ecclesiastico, ma sia considerato come l’intervento in Gesù (tristo, che è alla radice della
nostra libertà. Quindi il battesimo d’acqua perde il suo carattere astorico e so
prannaturale e viene compreso come un
atto dell’uomo, un momento preciso della storia personale del credente, in cui
questi a) riconosce di essere determinato dalla scelta che Dio ha fatto per tuttti
in riferimento al battesimo di Gesù;
b) comprende il suo impegno storico in
rapporto al giudizio ed alla grazia di Dio;
c) chiede nella comunità il segno dell’acqua come espressione della propria obbedienza e della propria speranza.
« Segni » nella storia
Filippo Gentiioni ha preso come punto
di partenza il fatto che evangelizzazione
e sacramenti si situano nella storia, sia,
perché è storico l’evento Cristo, sia perché è storico il suo annuncio ed è storica la sua celebrazione. Ha poi sottolineato la stretta connessione fra evangelizzazione e sacramenti: al centro di essi è
sempre la parola di Dio ascoltata ed annunciata nella storia, nel linguaggio e nella cultura di oggi. E poiché l’oggi è dominato dall’emergere del movimento operaio, con la sua cultura, evangelizzazione
e sacramenti oggi hanno senso se la
« buona notizia » di Cristo è annunciata
e celebrata nell’ambito della lotta di liberazione che il movimento operaio conduce per dare a tutti una società diversa
e migliore. In questo contesto tocca alle
comunità cristiane di base, impegnate
nella lotta di classe, il recupero del vero
significato dell’evangelizzazione e dei sacramenti.
__________CONFERENZA METODISTA D’ITALIA 1974
Un nuovo rapporto con Dio
nelle parole e nei fatti
La relazione del presidente Sergio Aquilante si inserisce nel dibattito in corso nel mondo evangelico italiano
È in corso da alcune settimane un corso di aggiornamento, per i catecumeni e
membri di chiesa, sulle Discipline Generali approvate lo scorso anno dal sinodo
valdese. Tale studio mira a creare una
conoscenza dell’ordinamento ecclesiastico ed una presa di coscienza della responsabilità di membro di chiesa.
Il tempio sarà aperto ogni pomeriggio
nel periodo dal 30 marzo al 27 aprile per
accogliere visitatori o persone che volessero prendere contatto con la comunità.
La sera del XVII febbraio ha avuto
luogo la tradizionale agape fraterna cori
i fratelli di piazza Cavour; al termine si
è svolta una discussione sul tema ; « ruolo del valdismo oggi » introdotta dal past.
A. Ribet.
Desideriamo parlarvi di un argomento
che ci sta particolarmente a cuore anche
perché ci farebbe piacere conoscere il vo
La nostra chiesa si è data ormai una
linea di vita e di lavoro. Questa linea va
certamente verificata ogni giorno, va anche sviluppata, ma essa rappresenta un
punto dal quale non si torna indietro.
Come ogni costruzione umana ha un limite: questo, però, non è né pul essere
la nostalgia del passato, o, in nome di
una democrazia fittizia e di comodo, la
riproposizione di schemi che hanno fatto il loro tempo e non sono più rispondenti alle esigenze dell’ora. L'unico limite che noi riconosciamo è la parola vivente di Dio testimoniata dalla predicazione dei profeti e degli apostoli. La costante necessità di cambiare, che tutti
diamo per scontata, altrimento non saremmo protestanti, è autentica e accettabile solo se dimostrata alla luce di quella
Parola e sul fondamento delle Scritture
che ce la documentano.
(Questa linea di vita e di lavoro è il risultato di una riflessione teologica condotta dalla nostra chiesa per parecchi anni, in vista di una maggiore fedeltà alla
volontà di Dio nelle vicende del nostro
tempo. Lo sforzo dunque di inserire nelle
nostre situazioni specifiche l’annuncio
deH'Evangelo e la testimonianza del Regno in riferimento a delle esigenze reali.
Liberi daH’idolatria
E mia convinzione che le nostre comunità, pur nella loro pochezza sono state
volute da Dio per la realizzazione di un
suo disegno: liberare il nostro popolo
dairidolatria che ancora lo opprime. Tale
idolatria ha nel nostro paese degli evidenti risvolti pratici: il rapporto falso
con Dio che essa crea e mantiene gioca
un ruolo abbastanza determinante nella
organizzazione stessa della nostra società
a tutti i livelli. Questo fatto non credo
che abbia bisogno di lunghe dimostrazioni! Con esso ci scontriamo quasi tutti i
giorni.
Si va dicendo da qualche tempo che le
nostre comunità non possono non fare
politica, intendendo per politica la necessità di occuparsi del reale in cui si vive.
Questo è indubbiamente vero. A me sembra però che si debba chiarire quale sia
la politica che le nostra comunità devono
fare.
Quale politica?
Penso che siamo tutto d’accordo sul
fatto che esse non possano né debbano
sostituirsi alle forze politiche esistenti,
né crearsi un loro partito per l’affermazione di un programma, sedicente cristiano. A mio parerà però esse, in quanto
comunità di credenti, non possono né devono neanche limitarsi ad una azione di
fiancheggiamento acritico dei programmi
altrui: Non è qui il loro spazio. Il loro
compito primario è di proporre alle nostre popolazioni, nelle parole e nei fatti,
un rapporto diverso con Dio: quel rapporto testimoniato dalla predicazione
evangelica, liberato dalle mediazioni sacramentali e gerarchiche, per cui i veri
adoratori possano adorare il Padre in
spirito e verità.
In questo è il loro spazio vero e questa è la « politica » che è loro propria,
mediante la quale possono dare anche un
importante contributo, che nessun altro
può dare, nella battaglia per una società
diversa. La reale liberazione dalle falsità
e dalle osservanze di una religiosità idolatrica e oppressiva, la scoperta gioiosa
della grazia sovrabbondante di Dio, del
suo amore che non conosce confini, del
suo Regno di giustizia, di verità e di
pace che Gesù ha già inserito nella trama delle nostre vicende, determinano
nella situazione del nostro paese anche
quella crescita politica di cui tanto si avverte la necessità e quella urgente e piena
disponibilità per la lotta in vista di una
società diversa.
E una battaglia soltanto a livello « culturale »? Può darsi. Non per questo però
è meno importante delle altre. E c’è comunque simultaneamente esperienza dell’agape: dell’amore di Dio per gli uomini
e dell’amore degli uomini gli uni verso gli
altri. Per cui la battaglia per la libertà
del cristiano è anche battaglia per la
costruzione di una società nella quale
questo rapporto nuovo fra gli uomini,
fondata sull’agape, sia realmente possibile.
(continua al prossimo numero)
Parole vuote
Infine Mario Cuminetti ha constatato
come gli attuali riti non parlino più;
mentre nella cultura in cui viveva la comunità primitiva comunicavano qualcosa a tutti. Da qui la necessità del recupero di un loro senso attuale. Al centro
dei sacramenti c’è l’evento della morte e
resurrezione di Gesù Cristo. E in grado
di celebrare in modo autentico questo
evento chi riscopre costantemente nella
fede la capacità di parlare di esso attraverso altri eventi storici. La celebrazione
dell’evento Cristo diventa significativa,
parlante, solo in quanto il credente si pone, attraverso altri eventi storici, in un
impegno storico e politico preciso, sulla
scia di quell’evento centrale. E dunque essenziale nella celebrazione dell’evento Cristo ricordare, e per questo ringraziare e
lodare Dio, gli eventi salvifici che si verificano nella storia, gli atti di liberazione
che vi vengono compiuti. La comunità
riunita per celebrare i sacramenti rende
grazie a Dio per questi eventi che legge
alla luce di Cristo e li interpreta come
momenti in cui Dio è all’opera nella storia. Atti profani, politici, non sacri, ma
attraverso i quali Dio continua l’atto salvifico di Cristo per tutti gli uomini. E
fondamentale il recupero della stretta coniugazione dell’evento Cristo con tutti gli
atti di libertà perché i sacramenti abbiano oggi un senso. Inoltre tutto questo supera il legame dei sacramenti a momenti
biologici dell’uomo collegandoli invece
con i suoi momenti più vitali oltre a far
superare il concetto quasi magico della
chiesa e dei sacramenti come istituzioni
di salvezza.
Il dibattito si è svolto su questi temi
certamente nuovi nei confronti delle concezioni tradizionali dei sacramenti ed ha
aperto delle prospettive di ricerca molto
stimolanti per le conseguenze a livello ecclesiologico e politico che comportano.
Intanto è interessante segnalare la proposta delle comunità presenti, dato il tipo di discorso emerso, di evitare, per
quanto possibile, il battesimo dei bambini.
I temi che saranno oggetto di dibattito
dei prossimi incontri sono sostanzialmente tre: aborto, fede e analisi marxista,
insegnamento religioso.
II convegno ha, infine, voluto esprimere un segno concreto del tipo di ricerca
che ha avviato, aprendo una sottoscrizione fra i presenti a favore dei lavoratori
della Montaguti che dall’inizio di gennaio
occupano la fabbrica per difendere il posto di lavoro e le proprie coiiquiste in
materia di prevenzione e servizi sociali.
Alla conclusione del convegno una delegazione si è recata in fabbrica per consegnare direttamente ai lavoratori quel
segno tangibile di solidarietà e per discutere i problemi sindacali, umani, familiari provocati dal capitalismo internazionale che vuol far pagare ai lavoratori
il tentativo di accrescere il proprio profitto.
Valdo Benecchi
Obiezione
di coscienza
Soltanto in questi giorni — come apprendiamo dalla circolare n. 3 della Tavola valdese — il Ministro della difesa risponde, dopo tanti mesi, alla comunicazione a suo tempo fatta dalla Tavola di
essere disposti a ricevere nelle opere di
assistenza della Chiesa valdese obiettori
di coscienza che intendessero compiere
in detti Istituti il servizio civile sostitutivo. La prima domanda era stata rivolta
un anno fa e la seconda nello scorso novembre.
Nel contempo, la Tavola aveva inviato
al Ministero della difesa le dichiarazioni
ufficiali degli Istituti che si dichiaravano
d’accordo nel ricevere obiettori di coscienza che intendessero svolgere il servizio sostitutivo in nostre opere. La risposta è stata negativa.
La Tavola valdese, udito il parere del
Comitato di solidarietà con gii obiettori
di coscienza, ha ora deciso di rispondere
documentando le possibilità che esistono
e che non sembrano essere a conoscenza
del Ministero della difesa.
6
cronaca
alle valli oggi
Le forbici
e la scure
Nel dare notizia ai suoi lettori dell’avviata revisione del Concordato il vicedirettore dell’Eco del Chisone avanza alcune riflessioni che meritano attenzione.
Egli sostiene innanzitutto che si tratta,
nel clima attuale, di « una decisione normale ». Strano: una decisione « normale »
che non è mai venuta in mente al Vaticano in questi 46 anni di Concordato: una
decisione « normale » che ha fatto saltare
tutti i governi democristiani succedutisi
dal ’45 ad oggi (vedremo quanto l’attuale
resterà in piedi); una «decisione normale » che ha dovuto essere proposta dal
governo (Moro!) e che non si è più potuto rifiutare. La categoria della normalità
usata qui, per gli evangelici italiani ( e non
solo per loro) altro non è che un bluff.
Per tutto il mondo italiano che ha atteso
ed attende oggi ancora, dopo 46 anni, la
cancellazione di questa offesa alla dignità
civica e morale di un popolo, se questa
« decisione normale » si realizzasse nella
storia e non solo nelle intenzioni, sarebbe accolta come «pura anormalità»; anormalità a cui ci si adatterebbe volentieri e
che sino ad oggi non s’è vista.
Il sac. Trombotto è infastidito da quanto è stato scritto recentemente dal nostro
settimanale a proposito del Concordato.
Egli sostiene (con quali dati non si sa)
che nel 1929 i Valdesi « sollecitarono e
gradirono il loro mini-concordato, rammaricandosi soltanto che non fosse abbastanza ampio e favorevole ». Secondo la
sua tesi (tutta da dimostrare) accanto al
niaxiconcordato della chiesa cattolica esisterebbe un miniconcordato tutto valdese.
Di conseguenza noi, che siamo i discendenti di questi valdesi miniconcordatari,
dovremmo tacere perché altri hanno sbagliato anche per noi.
Saretìbe curioso venire a conoscenza
delle fonti che permettono questa affermazione non documentata nell’articolo.
Su questo dovremo tornare un’altra volta, vorrei comunque rassicurarlo: non
« tutti » i pastori valdesi « celebrano matrimoni concordatari », in questo c’è una
differenza sostanziale dai « colleghi cattolici ».
Per i pastori consacrati negli ultimi anni infatti non è stata richiesta dalla Tavola l’approvazione ministeriale.
Almeno su questo punto vi è stato nella nostra chiesa un ripensamento e nessuna « autorità » ci ha impedito di scegliere
una strada più corretta evangelicamente
(vedi anche il rifiuto del privilegio di
esenzione del servizio militare).
Sono segni molto piccoli, modesti, che
non permettono certamente di gonfiarci:
pure restano dei segni indicatori di una
volontà, di una ricerca, di uno sforzo che
costa, anche all’interno delle nostre comunità. Segni e sforzi che di rado ci è
dato di « vedere » nella realtà storica degli amici cattolici che dialogano con noi
e che lavorano per l’ecumenismo.
E per questo che si resta insoddisfatti
di prendere atto dei buoni propositi (come d’altronde ne è segno buona parte dello scritto del sac. Trombotto), perché poi
tutto si insabbia. I « punti caldi » ricordati da don Trombotto restano caldi, non
raffreddano proprio e. non serve molto
sapere che sono caldi; intanto chi li vive
si scotta sul serio.
C’è da chiedersi se sia sufficiente una
buona « potatura » di questo Concordato:
potare vuol dire tagliare dei rami, non il
tronco. Vuol dire quindi che si riconosce
la bontà della pianta e la si rimonda perché dia di più? Questo è il senso della parola evangelica. E il Concordato di frutti
cattivi ne ha già portato per lunghe stagioni. Non credo però sia questo il pensiero di don Trombotto; ma allora perché
non usare per « tutto » il Concordato l’altro arnese biblico che egli vuol limitare
all’insegnamento religioso e ai cappellani
militari: la scure? Se veramente si vuole
che la pianta cattiva non rispunti sarà bene non usare le forbici ma colpire alla
radice, con l’accetta. Non potatura dunque, ma taglio alla base. Non «revisione »
( = potatura), ma abrogazione ( = taglio
netto). Questo è il discorso da farsi, se
si vuole usare immagini bibliche.
Una semplice anche se generosa « potatura » del Concordato non eliminerebbe
quello che Gramsci definì felicemente « la
capitolazione dello stato moderno ».
Ermanno Genre
SCUOLA MEDIA STATALE DI TORRE PELLICE
Prospettive di lavoro e di impegno
Pubblichiamo alcuni estratti del programma della lista unitaria degli insegnanti della
media statale di Torre Pellice, a cui ha aderito anche il personale non insegnante
Le elezioni dei nuovi organi collegiali,
costituiscono un’occasione per consentire alle forze sociali, ai genitori, agli insegnanti, agli studenti un maggior impegno
nella dedizione dei contenuti, dei metodi e dei programmi didattici ed un maggior controllo sulle strutture, sulla attuazione reale del diritto allo studio sancito
dalla Costituzione e sulla gestione democratica della scuola.
Attraverso la partecipazione estesa e
generalizzata dei cittadini e dei lavoratori, si possono porre le basi per il superamento dei limiti che condizionano i decreti delegati così come sono stati formulati. La crescita di questo interesse e di
questa mobilitazione è condizione indispensabile per poter affrontare e cercare
di risolvere quei problemi che le forze
conservatrici hanno continuato a lasciare
irrisolti, nella visione arretrata e isolante
della scuola come realtà separata dalla
società in cui opera.
Anche quest'anno la riapertura delle
scuole ha messo in luce le carenze che da
sempre impediscono alla scuola italiana
di funzionare e rinnovarsi: doppi turni,
classi superaffollate, carenze ed inadeguatezze delle strutture edilizie dovute al
al blocco dei finanziamenti, mancanza di
asili nido e scuole materne, alti costi dei
libri di testo e dei trasporti, continuazione della selezione anche nella scuola dell’obbligo.
NeH’ampio scontro in atto nel paese che
vede impegnati i lavoratori per la difesa
delle condizioni di occupazione, di salario
e di lavoro come premessa per uscire dalla crisi, si colloca anche il movimento democratico per una scuola diversa, per una
espansione della scolarità di massa, per
la riforma dei contenuti della scuola, per
un effettivo diritto allo studio.
È partendo da questi nodi e da questa
impostazione, che gli insegnanti della
scuola media statale « Leonardo da Vinci » di Torre Pellice intendono farsi promotori di un programma che tenga conto
dei dibattiti, delle proposte, delle iniziative elaborate negli ultimi anni, alla luce delle linee di proposta di programma
presentato a livello provinciale e distrettuale dalle confederazioni sindacali CGILCISL-UIL e, dei contributi di altre forze
e componenti della scuola.
Le linee fondamentali del programma,
che deve intendersi come proposta desti
nata ad essere concretizzata ed ampliata
dal confronto con le altre componenti
della scuola, si possono sintetizzare nei
seguenti obiettivi:
1) Antifascismo, democrazia e laicità.
Proponiamo una scuola che si oppone ad
ogni tipo di discriminazione, ad ogni ferina di qualunquismo, che si ispira autenticamente ai valori della Costituzione, per
sviluppare nei giovani i principi egualitari per cui dalla Resistenza ad oggi, tutte
le forze democratiche ed il movimento
dei lavoratori si stanno battendo. Questo significa respingere l’autoritarismo e
la pratica burocratica, favorire le iniziative di studio sul fascismo storico e su
quello attuale, superare la frattura tuttora esistente tra scuola e società, far dipendere tutte le decisioni sulla scuola
dalla partecipazione delle componenti del
mondo scolastico.
La laicità della scuola, nei programmi
e nei metodi va difesa, perché è un valore positivo e garanzia di civile convivenza.
2) Diritto allo studio. Seguono in dettaglio 9 punti che riassumiamo: a) interventi nell’edilizia scolastica; b) gratuità
dei libri di testo e materiale didattico; c)
gratuità dei trasporti e della mensa; d)
realizzazioni e potenziamento delle attrezzature ginnico-sportive; e) potenziamento dei corsi di recupero; /) creazione di
spazi interni ed esterni per le attività scolastiche; g) attrezzatura infermieristica
nella scuola, controllo medico e psicologico; h) riduzione del numero di allievi
per classe; i) disponibilità deH’edificio
per attività sociali.
3) Didattica e sperimentazione. Libertà di insegnamento.
4) Non selezione.
Dopo aver chiarito nei dettagli i punti
3 e 4 il documento così conclude: « In
questa prospettiva appare opportuno rivendicare: assemblee aperte ed unitarie,
pubblicità degli atti e delle sedute, rapporto stretto tra eletti e base che li ha
eletti, eleggibilità annuale dei rappresentanti e, per conseguenza, estensione del
diritto di voto ai supplenti annuali e agli
insegnanti delle libere attività e dell’interscuola, permessi retribuiti per i lavoratori eletti, apertura della assemblea
alle forze sociali (consiglio di fabbrica,
quartieri, organismi di massa) ed ai Comuni ».
Dalla Valle Germanasca
CONSORZIO
ALPE MURET
Se è giusto il proverbio che dice: il
buon giorno si vede dal mattino, si può
ragionevolmente sperare che fra non molto tempo il Consorzio dell’Alpe Muret sarà una realtà. Se ne parla da oltre un anno ed ormai si è passati dalla fase preliminare a quella di realizzazione.
La partecipazione dei proprietari alla
Assemblea che si è tenuta domenica 16
febbraio nel salone dell’asilo è stata di
gran lunga superiore ad ogni più rosea
previsione. Erano infatti presenti oltre
cento proprietari in rappresentanza delle
oltre 250 Ditte che hanno delle proprietà
nella vasta zona (circa 800 ettari) che si
vuole consorziare. Si tenga presente che,
per ragioni fin troppo evidenti, non erano
stati spediti gli avvisi di convocazione ai
numerosissimi proprietari residenti lontani dalla valle in molte città d'Italia ed
all’estero.
Alla riunione presieduta dal sindaco di
Ferrerò, maestro Genre, che deiriniziativa è stato fin dall’inizio un convinto sostenitore,in quanto il comune stesso entrerà
a far parte del Consorzio essendo proprietario dei pascoli montani, era presente il dott. Molinas funzionario della
Regione responsabile dell’ Ispettorato
Agrario per la zona di Pinerolo, il geom.
Bertolli dell’Assessorato alla Montagna
della Provincia di Torino, i dott. Maccari
e Bounous rispettivamente presidente e
consulente agricolo della Comunità Montana delle valli Chisone e Germanasca.
In apertura di seduta i funzionari ed il
dott. Maccari hanno dllustrato ai presenti
le possibilità di finanziamento previste
per i consorzi dalle varie leggi regionali e
la necessità di consorziarsi per poter fruire di tali facilitazioni.
È seguita una interessante discussione,
con varie richieste di chiarimenti e di
precisazioni, da cui è emersa la decisa volontà della quasi totalità dei presenti di
aderire al costituendo Consorzio per la
valorizzazione dell’Alpe Muret. Si tratta
di costruire due stalle capaci ciascuna di
ospitare una settantina di bovini con relative abitazioni per i margari, di proseguire la costruzione della strada di accesso agli alpeggi, di captare e trasportare l’acqua alle nuove costruzioni ed agli
abbeveratoi. Inoltre si prevede in futuro
di poter fare lavori di decespugliamento
al fine di ricuperare al pascolo vaste zone
ormai compromesse.
Data r estrema polverizzazione della
proprietà si è anche proposto da parte di
qualcuno di non prevedere la distribuzione degli utili, ma di destinare gli stessi al
pagamento dei mutui ed a opere di miglioria dell’alpeggio.
È stata quindi data lettura della bozza
di statuto che dovrà essere approvato in
una prossima assemblea e si è provveduto alla designazione di alcuni responsabili che dovranno provvedere, in assenza
del Consiglio Direttivo, a stipulare i contratti di affìtto degli alpeggi per il corrente anno (ci sono già diverse doman
de), predisporre le pratiche necessarie
per la costituzione del Consorzio, fissare
la locazione definitiva delle stalle in vista
di una prossima progettazione.
L’Assemblea ha poi chiesto al sindaco
Genre di voler assumere la presidenza
provvisoria del Consorzio in attesa di regolari elezioni, come previsto dallo statuto, ed al sig. Chiandò di voler curare tutto il complesso lavoro di segreteria.
R. G.
PARCHI MONTANI
La Comunità Montana delle valli Chisone e Germanasca organizza per sabato
1° marzo alle ore 14,30 una assemblea
aperta sui costituendi Parchi Montani
dell’Orsiera-Rocciavré e dell’Alta Val Germanasca.
Coloro che sono interessati al problema sono cordialmente invitati a partecipare.
LE VOTAZIONI NELLE MEDIE
Torre Pellice
SCUOLA MEDIA STATALE « L. DA VINCI »
Consiglio di Istituto: lista unitaria dei docenti ; Albani Anna Maria in Gay, Bein Ernesto,
Costabel Eleonora in Bernardini, Cesan Michelina, Monnet Franco, Tarditi Mario; docenti libere attività : Bertozzi Paola ; personale non docente : Martina Piero.
Genitori: lista unitaria : Catalin Giovanna in
Barolin, Bert Ettore, Ferrari Fiorenzo, Blanc
Caleña in Odin, Grand Agnese in Rosani, Stefanetto Michelino.
Consiglio di disciplina: Genitori: D’Amato
Nicola, Bert Ettore, supplenti : Stefanetto Michelino, Rivoira Bouchard Maria.
Consigli di classe: 1“ A : Casini Meynier Doretta, D’Amato Nicola, Guglielmone Fernando,
Davit Bruno; 1* B : Bert Ettore, Bert Nostrom
Karin, Besson Brunaldo, Bolero Girardi Maria;
1* C : Ferrari Fiorenzo, Barolin Catalin Giovanna, Pilone Bruno, Benech Renzo; 2“ A : Marletto
Pier Giorgio, Rosani Grand Agnese, Rostan Giovanni, Piccinini Mario; 2“ B: Cogno Arroi Maria, Bernabei Lodino Rina, Davit Favat Luisa,
Ardesi Domenico; 2‘ C : Stefanetto Pittavino
Paola, Stefanetto Micbelino, De Marchi Beccarla
Teresa, Bellion Riccardo; 3“ A: Barotto Marino,
Zini Giuseppe; Passet Marcello, Cardetti Rodolfo; 3“ B; Sacchino Pietro, Macello Silvia, Pilone Franco, Carignano Rispoli Romana; 3“ C. Ribotta Carlo, Sapei Remo, Camedda Antonio, Ribotta Meynier Lina; 3“ A: Pontet Stefano, Cardón Dante, Odin Alberto, Pontet Geymonat Susanna.
COLLEGIO VALDESE
Ha votato il 73,31% degli elettori (296).
Consiglio di Istituto: lista unica dei professori.
Eletti: Mathieu Luciana in Vola, Travers Alice
Adriana, Allemandi Alida, Cairus Esther, Bellion
Franco, Aime Gisella.
Genitori: lista 1 : Longo Pier Carlo, Poet Alfredo, Magretti Maria Grazia in Angelini.
Lista n. 2 : Donini Adriano, Ermini Erminia
in Correnti, Stalle Marcella in Charbonnier.
Consiglio di disciplina: Fattori Emilio, Tourn
Silvio; supplenti : Longo Pier Carlo, Donini
Adriano.
Consiglio di classe: 1“ A : Donini Adriano, Sibille Clara in Giampiccoli, Longo Pier Carlo,
Erminia Ermini in Correnti; 1“ B : Meynet Wanda in Peyrot, Magretti Maria Grazia in Angelini,
Poet Alfredo, Peyrot Marcella in Bellora; 2“ A:
Gobelin Livio, Tourn Silvio, Lazier Albert, Griglio Giuseppe; 2° B: Longo Pier Carlo, Fraterrigo
Violetta in Sonelli, Manfredi Luisa, Vailini Beatrice in Longo; 3“ A: Stalle Marcella, Erminia
Ermini, Morel Alberto, Ayassot Mario; 3“ B:
Armand Ugon Ermanno, Longo Pier Carlo, Malan Mirella in Bossetto, Rizza Pasquale.
Luserna San Giovanni
SCUOLA MEDIA STATALE « E. DE AMICIS »
Insegnanti eletti nel Consiglio d’istituto: Castellani-Jouve Marcella, Coisson Franca, CroceDapiran Mirella, Petrone Enzo, Cipolla Francesco, Manavella Pier Franco, personale non docente: Doglio Margherita.
Genitori eletti nel Consiglio d’istituto: Martina Giuseppe, Benech Valdo, Martina Pier Michele, Taccia Alberto, Frissolo - Merlo Teresa,
Plavan-Benigno Franca.
Genitori Eletti nel Consiglio Disciplina Alunni: Taccia Alberto, Martina Giuseppe.
Genitori eletti nei Consigli di Classe: 1“ A :
Eruli Fedele, Tourn Gentile, Tourn-Paschetto
Ada, Mondina Oreste; 1® B: Benech Valdo, Rivoira Demo, Roman Ettore, Pron-Sapei Domenica; 1“ C: Martina-Ferrari Michelina; Pollo-Nicolino Caterina, Martina-Gottero Aldina, Barotto Franco; 2® A : Barale Dario, Ghibò Mario,
Bellion Edoardo, Martina Bruno; 2* B : ChiriMartina Lea, Morel Silvio, Pozzi-Morel Luciana;
Tourn-Paschetto Ada; 2® C : Martina Giuseppe,
Merlo-Frissolo Teresa; Allosio Angelo, Buratto
Giuliano;, 3‘ A : Plavan-Benigno Franca, Cogno
Elio, Gastaldi Giacomo, Rivoira Albino; 3* B:
Taccia Alberto, Biolè Luigi, Boulard Valdo, Licata Angelo; 3® C : Bergaglio Adolfo, Pollo Alfredo, Agli Giuseppe, Borzillo Nicola.
Perrero-Perosa*Fenestrelle
Consiglio di Istituto
Lista n. 1 : Raviol Anna Maria, Poet Amandina, Sigot Callisto, della lista Fenestrelle-Perrero
e che ha ottenuto a Perosa 69 voti.
Lista n. 2 : Cipolla Virgilio, Palmero Mario,
Rol Egidio, lista di Perosa.
Consiglio di disciplina
Soletto Mario, Nevache Ivo (Perosa-Fenestrelle); supplente Reymondo Attilio (Perrero).
Votanti: il 76% nelle tre sedi; a Perrero e Fenestrelle la percentuale più alta.
Consiglio di classe a Perrero
I. Media: Celli Anna Maria, Maleci Lida, Richard Emilio, Gelato Ettore; II Media: Poet Guido, Ribet Rina, Peyrot Gino, Aglio Michele;
III. Media: Pons Franco, Bonino Margherita,
Rostan Alba, Pascal Irene.
7
delle valli
ANGROGNA
La democrazia non è delega
ma corresponsabilizzazione
Vorrei affrontare in questa sede limitatamente ad Angrogna, un problema che
a mio avviso riveste capitale importanza
per il buon andamento della vita amministrativa di un comune: la partecipazione del cittadino alla gestione della cosa
pubblica. In una relazione del maggio
1970 il nostro sindaco scriveva: mi sia
concesso sottolineare che le linee programmatiche della amministrazione dovrebbero nascere soprattutto dalla partecipazione viva e continua della popolazione e dalla manifestazione delle sue effettive esigenze. Durante questo quinquennio, a parte l’eccezione per l’asfaltatura della strada San Lorenzo-Serre, in
cui la base si mosse prospettando le sue
esigenze e facendo valere i propri diritti,
queste parole sono rimaste sulla carta.
Forse mancò sia da parte dell’amministrazione, che della popolazione l’impegno e la volontà di ricercare uno strumento atto a concretizzarle. D’altronde
ad Angrogna la mentalità prevalente è
ancora che la cosa pubblica sia di competenza dei soli amministratori, e la gente debba stare a guardare. A mio parere
10 strumento che permetterebbe la partecipazione del cittadino alla gestione della cosa pubblica andrebbe ricercato nell’istituzione di consigli di quartiere che
dovrebbero essere chiamati a pronunciarsi sulle principali materie di competenza comunale; e da periodiche assemblee popolari; vi sarebbe così una partecipazione diretta della popolazione alla
formazione delle decisioni sulle questioni del comune. I cittadini non sarebbero
più relegati al piano di spettatori dell’esercizio del potere da parte di alcuni
delegati, (ciò che in effetti avviene durante le sedute del consiglio comunale,
quando i cittadini non consiglieri possono soltanto « assistere ai lavori », veder
prendere decisioni che già sono state maturate ed articolate). Sarebbe questa una
forma non perfetta, ma l’unica oggi possibile di democrazia concreta. Non è infatti il caso di nascondersi che è democrazia formale, non reale, quella che delega a 15 persone e per cinque anni, l’attribuzione di gestire il comune, per quanto queste persone possano essere « rappresentative », sensibili ad interpretare
la volontà dei cittadini; rischiano pur
sempre di essere isolate e distaccate dalla realtà, e quel che conta dalla gente.
Spesso nei nostri paesi le decisioni
vengono maturate ed articolate nell’ambito sindaco-giunta-segretario comunale.
11 vero potere decisionale è nelle mani di
questa ristretta cerchia di persone; quanto al consiglio si limita per lo più ad approvare ciò che gli viene presentato. Se
poi analizziamo ancora meglio la situazione ci si accorge che in pratica sono
il segretario comunale ed il sindaco che
determinano e dirigono la vita amministrativa dei nostri comuni. Questo perché nei piccoli comuni montani tipo Angrogna, il segretario comunale è spesso
l’unica persona competente ed approfondita in materia amministrativa; ed il sindaco per i poteri e le competenze, che gli
vengono attribuiti dalle leggi dello stato
italiano. Ma ormai il tempo dei reggitori
illuminati ed onniscienti che paternalisti
SERVIZIO MEDICO
festivo e notturno
Comuni di ANGROGNA - TORRE PELLiCE LUSERNA S. GIOV. - LUSERNETTA - RORA'
dal 22 al 28 febbraio
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Martedì 25 febbraio
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camente decidevano quel che dovesse essere il bene della popolazione, non è più
il tempo di oggi; oggi devono essere i cittadini a prendere le decisioni che li riguardano. Occorre perciò responsabilizzare e far maturare in questo senso la
gente del nostro comune, affinché in un
futuro, speriamo vicino, Angrogna abbia
una gestione del potere la più democratico possibile.
Adelchi Ricca
150 ore per una
cultura operaia
Apprendiamo che venerdì 18 febbraio,
alle ore 16 presso la sede dell’Istituto
M. Buniva di Pinerolo, inizierà il corso
per lavoratori, previsto nell’ambito delle
150 ore. Si tratta di un corso monografico sull’organizzazione del territorio e
comprenderà 120 ore suddivise in due incontri settimanali: il lunedi, e il venerdì
dalle ore 16 alle 18,30.
Come ricorda « Il Giornale » il corso
non ha lo scopo di fornire alcun titolo
di studio ma « data l’attuale situazione
socio-economica del pinerolese e generale, la partecipazione al corso non è un
inutile diversivo, ma un preciso impegno
politico che, partendo dall’affermazione
del diritto allo studio, deve .condurre,
nell’ambito della « cultura operaia », ad
assumere anche una precisa coscienza
« scientifica » dei problemi e della propria condizione e su questa base il proprio impegno politico-sociale».
Incriminato
Calieri
L’Eco del Chisone e II Giornale di Pinerolo e valli hanno riportato la notizia
del rinvio a giudizio per peculato ( = furto di denaro pubblico) del Conte Calieri,
ex presidente della Regione Piemonte ed
ex presidente della Cassa di Risparmio.
Il processo si dovrebbe svolgere entro la
primavera prossima; insieme a Calieri
siederanno in tribunale come imputati
anche il sindaco di Bricherasio Palco
(che era stato sospeso dalla carica) ed
un funzionario della società Itinera (una
grossa società appaltatrice di autostrade).
Avevamo dato a suo tempo la notizia,
riprendendola da II Giornale di Pinerolo
e valli, della strada panoramica che collega S. Michele di Bricherasio con Prarostino, attraversando vaste zone boschive fra le più ben esposte della zona. L’operazione aveva destato numerosi sospetti, seguendo i quali l’Eco del Chisone aveva denunciato l’operazione con un ampio
servizio in prima pagina. In seguito a
questo servizio Calieri querelava l’articolista e il direttore del giornale.
Dopo circa un anno termina l’istruttoria ed il giudice Lanza proscioglie giornalista e direttore dell’Eco del Chisone e
rinvia a giudizio Calieri e gli altri due
imputati.
Frali
• I minatori della Talco e Grafite che
dall’inizio dell’anno erano stati posti a
cassa integrazione da giovedì a sabato,
vedranno ridotta, di un giorno la cassa
integrazione, lavorando un giorno in più.
• Sono deceduti Francesco Rostan di anni 84, delle Orgere ed Enrico Pascal di
anni 50 di Villa.
Rorà
Bobbio PélUce
• Sabato 15 febbraio, presso ' l’Ospedale
Civile di Pinerolo, è nato Paolo Geymonat, primogenito di Dario e Daniela Pontet. Al piccolo ed ai suoi genitori i migliori auguri!
• Il programma del 17 febbraio si è svolto secondo quanto annunciato. La sera
precedente i falò sono stati un segnale
luminoso annunciante da un « bric » all’altro che la tradizione continua e, speriamo, che anche la gioia e la riconoscenza a Dio non sono spente nei cuori di
molti bobbiesi.
La festa dei bambini è stata particolarmente interessante, sia per la scelta dei
« pezzi » da recitare e cantare, sia per la
preparazione accurata. I giovani che si
erano incaricati della organizzazione meritano un ringraziamento e un plauso.
Pi n Grilli)
Angrogna
• Ai falò di gioia della sera del 16 (più
numerosi del solito) che si accendono nei
luoghi abituali, si è aggiunto quest’anno
un altro falò pieno di significato: quello
acceso dagli ospiti cileni di casa Pons
che hanno voluto unirsi alla nostra gioia
per la libertà ottenuta 127 anni la, loro
che, per mancanza di libertà, hanno oggi
dovuto abbandonare il proprio paese.
Il nostro augurio è che anche per loro
ci possano essere presto dei falò di gioia
in una ritrovata libertà.
La solidarietà con questi amici è stata
uno dei motivi dominanti della giornata
del XVII. Al culto del mattino, dopo un
breve messaggio sulla necessità che la
nostra fede si traduca in segni concreti
di amore, i bambini della Scuola Domenicale del Capoluogo e Jourdan hanno ricordato che l’anno 1975 è stato proclamato anno della donna. Ponendo alcuni
problemi sulla situazione della donna oggi (sul lavoro, nei campi, nella vita sociale) hanno sottolineato che il ruolo di
inferiorità dato alla donna è contrario
al messaggio biblico.
La rievocazione storica fatta dal maestro J. L. Sappé ha messo in relazione i
tragici avvenimenti del 1686, culminati
con l’esilio dei valdesi in Svizzera, e gli
avvenimenti, altrettanto tragici, che travagliano il Cile oggi ribadendo la possibilità offertaci di mostrare la nostra solidarietà con questi amici cileni profughi, che sono anche loro in attesa di trovare asilo in Isvizzera.
Anche al pranzo (egregiamente preparato da Bianche e Silvio Bertin), accanto
ad una interessante pagina di storia valdese ricordata dalla signorina Ethel Bonnet abbiamo ancora pensato ai problemi
del Cile; il nostro sindaco poi ci ha letto
la sua immancabile poesia; il pastore
prendendo spunto dalla relazione delle
Scuole degli anni 1875-76 ha rievocato il
mondo scolastico di un secolo fa (già allora esisteva una commissione scolastica
che precede di ben 100 anni le attuali
realizzazioni dei Decreti Delegati!).
Alla sera si è avuto un prograinma vario con canti della corale, bellissime diapositive di Guido Odin ed uno degli amici cileni, Raul, ci ha letto un saluto in
italiano a nome del gruppo: una giornata insomma che ci ha posti dinnanzi seri
motivi di riflettere perché la nostra riconoscenza di valdesi sia vissuta nella solidarietà.
• Il nostro benvenuto a Silvia Buffa che
è venuta ad allietare la casa di Dorino e
lima Buffa del Capoluogo.
Villar Pellice
• Le manifestazioni del XVII hanno avuto inizio la sera del 16 con l’accensione
dei falò, il giorno 17 culto in chiesa con
partecipazione di tutta la comunità, recita e canti dei bambini. Il pranzo comunitario ha raccolto un centinaio di partecipanti nella sala delle attività, messaggi e saluti dal pastore e dal sig. sindaco.
• Domenica 9 l’Unione delle madri è stata invitata dalle sorelle di S. Giovanni'
per un pomeriggio fraterno. Il dott. Peyrot ci ha intrattenuti con una serie di interessantissime diapositive. Ringraziamo
tutti per la bella giornata.
• Il 1“ febbraio, a Pinerolo, è nato Federico Favai, di Stefano e Gamba Ernestina.
• Domenica 9 febbraio, nel tempio, si è
svolto il servizio funebre di Susanna Rivoira, deceduta all’Ospedale Civile di Pinerolo in età di 70 armi. Essa risiedeva
insieme alla sorella all’Inverso-Bolavecchia.
Penosa Argentina
Il Collettivo operai studenti di Perosa
Argentina, alcuni membri della EGEI di
Pomaretto ed il Collettivo di ricerca biblica di Pinerolo si sono riuniti a Perosa
per discutere insieme i problemi della
predicazione nel pinerolese.
I giovani di Perosa hanno analizzato il
tipo di predicazione parrocchiale di cui
avevano diretta esperienza dichiarandosi
fortemente insoddisfatti.
È emersa chiaramente l’esigenza di predicare in qualche modo l’Evangelo al di
fuori delle parrocchie (cattoliche e vaidesi). Si è deciso perciò di non limitarsi
a prendere posizione sui grossi temi di
attualità (Concordato, aborto. Anno santo), ma di unirsi insieme per uno studio
biblico approfondito, come già da tempo si è cercato nel Collettivo di ricerca
biblica a. Pinerolo.
• Sabato 15 ha avuto luògo nei locali ^
via Demo 8 il preannuhziato incontro dici
« Cristiani per il Socialismo » ; la relazione, tenuta da W. Sbodio della segreteria
Regionale, era impostata come valutazione dei problemi che si pongono, in prospettiva del Convegno regionale, che si
terrà a Torino prossimamente.
È seguito un vivace dibattito in cui gli
intervenuti hanno sottolineato la necessità di stabilire maggiori collegamenti fra
i gruppi; si è concordato di orientare il
dibattito e la ricerca sui temi dell’aborto, anno santo, militarismo, elezioni politiche. È stata altresì sottolineata l’importanza di una nutrita partecipazione al
campo che sul tema « lettura materialista della Bibbia » si terrà ad Agape in
estate.
• Domenica 16 ha avuto luogo dopo il
culto un’assemblea di chiesa sul problema della elezione del pastore titolare;
udita l’ampia relazione del Concistoro in
materia è stato votato un O.d.g. con cui
la comunità si rimette alla Tavola per
questo problema, nella impossibilità di
reperire un candidato.
L’agape fraterna del XVII si è avuta
dopo l’assemblea, con un buon numero
di partecipanti; il pomeriggio è trascorso in fraterno conversare e nella proiezione, a cura del past. G. Tourn, di una
serie di diapositive sulla Storia valdese.
Luserna 8. Giovanni
Il bel tempo ha favorito l’accensione
dei falò, particolarmente numerosi quest’anno, che hanno illuminato la vallata,
dall’una e dall’altra parte del Pellice. Buona l’assemblea riunitasi per il culto alle
ore 10 nel tempio, presieduto dalle scuole domenicali; alle 12,30 il pranzo comunitario di ben 160 commensali. Dopo il
pranzo, il presidente della Commissione
distrettuale pastore Giorgio Tourn, che
il Concistoro aveva invitato, ha presentato con vivacità, facendosi ascoltare con
attenzione, il libro del prof. Domenico
Maselli : « Tra risveglio e millennio ». Dopo l’applaudito intervento del past. Tourn
hanno fatto seguito altri interventi; fra
gli altri il dott. Ribet che ha presentato il
volume di E. A. Rivoire - A. Armand Hugon ; « Gli esuli valdesi ».
La filodrammatica ha presentato nella
Sala Albarin (un gran pienone) «Uno
cantava per tutti», suscitando molti applausi; alla serata ha preso parte anche
la corale che aveva già dato il suo contributo al falò ed al culto del mattino.
Il dramma sarà replicato sabato 22 alle ore 21 e domenica pomeriggio alle 15.
Un vivo ringraziamento al sig. L. Gobello ed alla sua équipe che hanno preparato e servito un ottimo pranzo.
Doni Eco-Luce
Aldo Richard, Frali 1.000; Eco Giorgi, Pisa
5.000; Alba Pascal, Perrero 1.000; Lisetta Gay,
Torino 2.000; Romano Filippini, Luserna S. Giovanni 1.000; Enrico Leger, Inverno Rinasca
1.000; Elisa Tomasetta, Napoli 1.000; Clorinda
Guerrini, Firenze 2.000; Valerio Francesco, Torino 5.000; Fernando Olivero, Villastellone 500.
Roberto Peyrot, Torino 5.000; Luigi Peyronel Luserna S. Giovanni 1.000; Linga Scaccioni,
Luserna S. Giovanni 1.000; Giuseppe Tagliaferro, Torino 1.000; Emilia Boero, Coazze 1.000;
Nella Alloa Boero, Coazze 1.000; Ambrogio Rosa Brusin, Coazze 500; Andrea Ostorero, Coazze 500; famiglia Boero, Brasile 1.000; Vincenzo
Barbìn, Valperga 5.000.
Arnaldo Scarinci Forano Sabino 1.000; Angelo D’Àbramo, Roma 5.000; Odetta Dormelandi
Peyronel, Torino 2.000; Melania Long, Inverso Rinasca 2.000; Albert Lazier, Villar Pellice
2.000; Tullio Long San Secondo 400; Griglio
Aldo, San Secondo 500; Elia Libonati, Brindisi
1.000.
Grazie! (continua)
AVVISI ECONOMICI
CASA DI RIPOSO cerca pianoforte usato possibilmente in dono, tratta acquisto se veramente conveniente. Scrivere a : « Il Gignoro », via
del Gignoro 40, Firenze.
«(jesù disse: Venite a Me, Voi tutti
che siete travagliati ed aggravati, e
Io vi darò riposo ».
Maria Marchiano
di anni 82
non è più.
Ne danno il triste annuncio, a funerali
avvenuti, il marito, il figlio, la nuora, il
nipote con la moglie, il pronipote e parenti tutti.
Al Pastore Manzieri e a tutti quelli che
ci sono stati vicini, nell’ora della prova,
noi diciamo : Grazie !
Eventuali offerte, in memoria, siano devolute per le opere Valdo-Metodiste.
Laigueglia, 14 febbraio 1975.
8
8
uomo e società
MADAGASCAR
Assassinato il presidente
la CIA, la verità e la libertà Ratsimanhrava
Abbiamo già accennato, in una nota
precedente, alla nuova ondata di scandalo che, dopo il Watergate, scuote la società americana: quello della CIA (Central Intelligence Agency), l’organizzazione
di spionaggio che è accusata di aver gravemente deviato dai suoi compiti, invadendo il campo della polizia e schedando migliaia e migliaia di cittadini, rei di
pensarla diversamente AbW’establishment.
La cosa ha già provocato alcune dimissioni, mentre sono ormai tre le commissioni che indagano sull’attività della CIA
e degli altri enti informativi americani.
Lo scandalo intanto continua ad allargarsi: secondo le ultime notizie, la CIA —
in base ad una circostanziata denuncia
del noto giornalista Jack Anderson — ha
irretito diversi diplomatici stranieri con
« trappole amorose » filmando i loro convegni con prostitute d’alto bordo e ricattandoli successivamente per trasformarli
in propri informatori.
Ma un’altra gravissima accusa viene
ora rivolta alla CIA da parte di tre cittadini americani — un fotografo, un docente universitario ed un attivista politico — un’accusa secondo cui il presidente
John Kennedy sarebbe caduto vittima
non di un fanatico (Lee Oswald, ucciso
a sua volta da un altro « fanatico » dopo
l’arresto), ma abbattuto dal fuoco incrociato di quattro o cinque persone. Sulla
base di un film girato durante l’attentato da un cineamatore, essi hanno raggiunto la convinzione che Kennedy venne
colpito da diverse angolazioni. In una conferenza stampa, suscettibile di grossi sviluppi, le tre suddette persone hanno fatto intendere che appunto la CIA era coinvolta nel complotto. Peraltro, questa denuncia non giunge nuova od isolata: già
da parecchio tempo, anzi, già subito dopo l’attentato si parlò di una congiura
ben più organizzata, malgrado le smentite del successivo « rapporto Warren » ed
anche un film (ci pare si intitolasse « accadde a novembre ») si rifece chiaramente alla tesi del complotto di Stato.
La CIA nel mondo
Ma non è tanto di questo che vogliamo ora parlare, quanto delle sue funzioni nel mondo ed in Italia.
Se volessimo definire la CIA potremmo
dire che è un organismo potentissimo alle dipendenze del presidente. Esso raggruppa 200 mila spie in tutte le parti del
mondo, mentre la sede centrale situata
a Langley, a pochi km. da Washington,
ospita circa 16 mila dipendenti. Ha un
bilancio annuo pari a circa 4 mila miliardi di lire che le consente di operare non
solo in tutto il mondo ma anche nello
spazio, coi propri satelliti-spia. Può ascoltare le comunicazioni radio che giungono
ai dirigenti del Cremlino, armare eserciti,
scatenare guerriglie, finanziare partiti,
far cadere governi.
Non è qui il caso né la sede per fare
un elenco dei suoi « interventi » in tutte
le parti del mondo, tanto più che non
tutti sono noti. Ricorderemo solo quelli
a favore delle dittature del centro America: Guatemala, Haiti, S. Domingo. Ha
invece fatto fiasco a Cuba colla fallita
spedizione alla Baia dei Porci. In Sudamerica appoggia i governi militari, mentre è storia di oggi la sua azione volta,
prima, a sostenere l’opposizione al governo Allende e poi ad abbatterlo tramite la ITT, come è stato ulteriormente documentato durante la recente sessione
del Tribunale Russell IL
...e in Italia
L’elenco potrebbe proseguire anche per
gli altri continenti, ma fermiamoci all’Italia. L’intervento della CIA cominciò massiccio (a suon di dollari) a favore della
democrazia cristiana che rappresentava
« il baluardo contro la dittatura marxista » nelle elezioni del 18 aprile 1948. Successivamente, anche i sindacati DC e socialdemocratici vennero finanziati tramite il confratello americano AFL-CIO (dietro la cui organizzazione la CIA stessa ha
effettuato segretamente molti interventi).
Nel 1970 il giornale « New York Times »
denunciò che un milione di dollari era
stato chiesto dall’ambasciatore americano a Roma Martin per la DC. Fanfara
smentì, ma Martin venne messo sotto inchiesta ed ora è ambasciatore nel Sud
Vietnam. Ma ad essere finanziato dalla
CIA non è solo stato il partito democristiano: secondo il servizio apparso recentemente su un settimanale italiano « non
sospetto » i finanziamenti si sono anche
diretti, oltre che verso uomini e organizzazioni della sinistra moderata, anche all’estrema destra.
Solo da questi pochi dati si può ben
comprendere come la CIA abbia un potere immenso e come essa possa agire
come un vero e proprio .< esercito invisibile ». Durante lo scorso anno sono giunte al Congresso americano almeno duecento proposte di legge per modificare le
disposizioni che regolano l’attività della
agenzia, nel senso di un maggior controllo delle sue azioni, lecite ed illecite.
Il motto col quale la CIA venne fondata da Alien Dulles nel 1948 è tratto da un
passo del vangelo secondo Giovanni:
« Conoscerete la verità e la verità vi farà
liberi ». Non può essere questa la nostra
verità, perché la verità non si può ottenere mediante la violenza o le torture o
il danaro; né tanto meno può essere questa la nostra libertà, perché la libertà
non si ottiene mediante i patteggiamenti
ambigui, mediante la compiacente sottomissione ad un « alleato » che tramite le
sue organizzazioni internazionali mantiene e rafforza il suo strapotere politico ed
economico a danno degli altri.
Roberto Peyrot
IndivifJuati dal popolo i nemici della democrazia - La lotta
di classe oppone il governo e la popolazione democratica contraria agli interessi colonialisti
La stampa internazionale ha parlato in
questi giorni dell’uccisione del Presidente del Madagascar, colonnello Ratsimandrava, ad opera di elementi della polizia.
Chi è a conoscenza delle vicissitudini
della vita politica di questa repubblica,
soprattutto di questi ultimi anni, ha certamente avuto dagli ultimi avvenimenti
una conferma del fatto che i superstiti
fra i fedeli al regime dell’ex-Presidente
Tsiranana, deposto dal colpo di stato del
maggio ’72, non vogliono l’attuazione del
programma di riforme proposte dal governo e accettato dalla maggioranza della popolazione.
Qualche giornale nei giorni scorsi parlava della possibilità di una guerra civile,
ma questa supposizione era dettata da
una valutazione molto superficiale e non
Chiese in difficoità neiio Zaire, in seguito
aiia poiitica reiigiosa dei governo
Il governo dello Zaire (l’ex Congo ’belga) ha
preso recentemente delle decisioni di politica religiosa che hanno obbligato le Chiese cristiane
ad affrontare il problema fondamentale del significato della loro presenza nel paese.
Nel corso del 1973 e 1974 sono stati soppressi i movimenti giovanili cristiani e 31 pubblicazioni religiose. Negli ultimi mesi è stato soppresso rinsegnamento religioso nelle scuole di
ogni grado; nei luoghi pubblici, immagini o simboli religiosi sono stati sostituiti con ritratti del
capo dello Stato. Si tratta, insomma, di una completa laicizzazione, che priva le Chiese di alcuni
dei loro tradizionali strumenti di azione.
L’episcopato cattolico dello Zaire, al termine
della sua XII Assemblea plenaria, che ha avuto
luogo a Kinshasa dal 6 al 19 gennaio 1975, ha
pubblicato una dichiarazione « sulla situazione
presente » e una lettera pastorale intitolata « La
nostra fede in Gesù Cristo ».
'Richiamandosi alla nuova Costituzione, i vescovi ricordano che lo Stato (c deve rispettare e
proteggere le convinzioni religiose di tutti i
cittadini ». La fede in Gesù Cristo, e l’esigenza
dell’unità col pontefice romano non distruggono
il carattere africano : « La conversione cristiana è un’apertura al Cristo e, come ’’atto libero”,
rispetta l’identità dell’uomo. Per conseguenza,
l’africano, convertendosi all’Evangelo, non rinnega affatto la propria autenticità »,
Il Sinodo della Chiesa di Cristo (protestante),
che si è riunito dal 2 al 9 febbraio 1975 a Kinshasa, ha avuto come tema centrale « Là dove il
popolo si trova, là pure dev’essere la Chiesa ».
L’accento principale è stato messo sul rinnovamento della Chiesa in rapporto alla situazione
attuale del paese. Si è parlato dei nuovi metodi
di evangelizzazione, dei problemi della famìglia,
della riorganizzazione dei centri cristiani e dell’aiuto ai profughi dal Burundi. Il Sinodo ha
pure affermato la possibilità della collaborazione
con lo Stato, poiché L’Evangelo di Gesù ha per
centro l’uomo per il quale il Signore ha versato il proprio sangue. Bisogna dunque tenere
aperta l’esigenza del confronto tra l’Evangelo di
Gesù Cristo e l’ideologia dello Stato zairese,
che hanno uno stesso obbiettivo : la prosperità
dell’uomo e il suo benessere ».
(da SOEPI e SNOP)
la settimana internazionale
a cura di tul No viola
GUERRA CIVILE IN ETIOPIA
■yt- La si potrebbe anche chiamare
« guerra d’indipendenza dell’Eritrea » se
essa non avesse un carattere più ampio,
cioè se non fosse complicata da una vasta e pericolosa guerriglia che erode marginalmente l’ex impero di Hailè Selassiè.
Infatti, oltre airÉritrea, fanno corona
aH’Etiopia « almeno tre fronti di guerriglia animati da rivendicazioni dinastiche
(ras, Mangascià nel Tigre) o dalla rivolta
dell’aristocrazia amhara, latifondista e
cristiana (nel Goggiam e nel Beghemeder). Per non dire dei focolai potenziali:
i somali dell’Ogaden e dell’Haud, per es.,
non hanno ancora dato l’assalto alla terza
divisione, unica testimonianza dello Stato etiopico sul loro territorio, solo perché il governo di Mogadiscio vuol evitare
a tutti i costi i rischi di un’avventura militare (...) ».
Alcuni rappresentanti del DERG (= Comitato rivoluzionario etiopico) hanno
spiegato recentemente « ad una delegazione africana loro ospite, perché il nuovo regime etiopico può negoziare sull’Eritrea qualsiasi soluzione fuorché l’indipendenza.
In primo luogo perché l’Eritrea, oltre
ad essere la zona strategicamente più importante dell’Etiopia, è anche la regione
economicamente più sviluppata e quella
che fornisce allo Stato etiopico il maggior numero di quadri politici, amministrativi e militari. In altre parole:
un’Etiopia senza Eritrea, ridotta a un’enclave montagnosa, arretrata di secoli e
duramente provata in epoca recente dalle
calamità naturali e da quelle politiche,
difficilmente riuscirebbe a sopravvivere.
corrispondente alla realtà: il popolo malgascio infatti è fondamentalmente unito
nella lotta per la libertà e la vera democrazia, mentre solo i pochi che sono caduti dalle loro poltrone nel maggio ’72
hanno sempre ostacolato la politica del
generale Ramanantsoa, Presidente fino
alla fine del gennaio ’75, ed hanno finito
per uccidere il Presidente Ratsimandrava che aveva assunto la carica da appena
una settimana.
Questi era un uomo aperto al dialogo,
privo di retorica e di demagogia, che cercava un continuo colloquio con i giornalisti e la popolazione; il suo primo atto,
appena assunta la carica di ministro degli Interni nel maggio ’72, era stato il
cambiamento dei 18 prefetti delle varie
province, corrotti seguaci del deposto
Presidente Tsiranana. La causa principale della sua morte è stata certamente la
sua lotta contro imperialismo e neocolonialismo sostenuti dal Partito Socialista
Malgascio (P.S.M.), l’ex Partito Social
Democratico (P.S.D.). Non ci si lasci ingannare dal termine « Socialista » dato
che il P.S.M. è tale di nome ma non di
fatto, nonostante esso goda dell’appoggio
del Partito Socialista Francese, ed è costituito per la maggior parte dai servi dei
colonialisti francesi, fedeli all’imperialismo internar»ionale.
Per il P.S.M. il rinnovamento dello stato malgascio consisterebbe nel loro ritorno ai vari posti di potere e nell’attuazione della cosiddetta politica di «unità nazionale » ; quindi stia attenta l’opinione
europea a non lasciarsi ingannare da questa etichetta «unità nazionale»; sarebbe
come auspicare, per la costituzione di un
governo democratico, il ritorno al potere dei vari gerarchi fascisti o nazisti!
Non è dunque l’unità nazionale che è
in gioco; questo è solo un pretesto per
ostacolare lo sviluppo democratico del
popolo malgascio, un abile alibi per scatenare un odio tra il popolo e creare l’occasione per un colpo di stato. Come si è
visto questo però è fallito, anzi ha aiutato la popolazione a individuare i nemici
della vera democrazia che sono oggi gli
stessi di cinque anni fa: i seguaci dell’exPresidente Tsiranana e del suo delfino
Resampa.
E non è dunque una lotta fra i vari
gruppi etnici quella che si è manifestata
in questo momento nel Madagascar, come si è letto sui vari giornali, ma una
lotta di classe che oppone il governo e la
popolazione democratici a coloro che sognano il ritorno al potere per favorire
nuovamente gli interessi francesi e sudafricani. A. Ratsimba
In secondo luogo perché rinunciare alV integrità territoriale (il nazionalismo
eritreo è solo il meglio organizzato fra
molte forze centrifughe) equivarrebbe a
riconoscere che Hailè Selassiè, con tutti
i suoi difetti, era l’unico in grado di salvare l’Etiopia dalla disintegrazione. Rinunciando all’Eritrea (dicono i militari),
i nostri problemi si moltiplicherebbero e
perderemmo credibilità interna e internazionale.
Agli arabi, che sono i principali sostenitori degli eritrei, il DERG dice: “L’unica buona ragione che il mondo arabo nel
suo insieme, progressisti e conservatori,
aveva di appoggiare gli eritrei, era l’innegabile discriminazione religiosa che l’impero esercitava a danno di una regione a
maggioranza musulmana. Ma ora che la
Repubblica Etiopica riconosce la parità
delle religioni e prende atto dell’imponente presenza musulmana su tutto il territorio nazionale, perché difendere l’Islam
in una regione più che in un’altra?’’.
Alle forze di liberazione eritree viene
ripetuto: se il vostro obiettivo principale,
come dite da anni, è la liberazione politicaca, economica e sociale del vostro popolo, ebbene adesso che le forze armate
intendono liberare tutte le nazionalità e
le classi onvresse dell’Etiopia, perché non
vi mettete al nostro fiartco anziché combatterci?
Così dicono i militari etiopici ». Già, così dicono: ma i loro pareri ci sembrano
poco convincenti, come quasi sempre i
pareri dei militari d’ogni paese, quando
essi vogliono sentenziare al difuori delle
proprie competenze specifiche.
(Da un articolo di Pietro Petrucci su
« L’Espresso » del 16.2.75).
Spagna
La Delegaciòn Provincial de Educaciòn
della procinoia di Teruel ha emanato una
ordinanza in base alla quale 32 località
della provincia devono chiudere le rispettive scuole. In base a questo ordine i
bambini oltre i sei anni, che frequentavano dette scuola, devono ora iscriversi
nei pensionati della città di Teruel stessa,
creati per questo o in località più vicine
alla loro residenza. Si spera così che nei
prossimi 5 anni 200 delle 280 scuole esistenti nella provincia si chiudano.
dal "Nuovo Diario", di Madrid, 8 febbraio
Comitato di Rodaxione: Bruno Bellion, Valdo Benecchi, Gustavo Bouchard, Niso De
Michelis, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direttore retponsabiie : GINO CONTE
Direttore: GIORGIO TOURN
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8 luglio 1960
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