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Italia e Impero . Anna L. 29 — Semestre L. 10
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AMMINISTBAZIONj: e REDAZIOIÍE:
Via Cario Alberto, 1 bis
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Sarebbe stato nostro vivo desiderio
poter celebrare il Natale ,di quest’anno
nell atmosfera di una pace cristianamente giusta, aperta a tutte le possibi
fiuà di una riconciiiaziofie fra i popoli.
iNon è stato cosi, e di nuovo la celebrar zione del Natale dei Redentore ha tèoI vato questa scompaginata umanità nel
L tui'Dinare della guerra;, di nuovo il canP* to degli Angeli: « Pace in, ferra » giunge
fuammisto ai rombi del cannone ed agli
scoppi laceranti dei bombardamenti.
Tuttavia quel canto continua a vibrare; ma per aivenire concreta realtà, occorrono « ffitt nj>pmmi che Dio gradisce »,
«gli uomimi.det buon volere», o «di
bagm volorutà », come dicono le varie
tràduzioni di Luca 2; 15. Occoirrono coloro, che a quel canto rispondano dalla
terra, con animo decisamente volonteroso; Amen, Signore.
Ma il messaggio augurale del Natale;
« Pace in terra », non parla soltanto di
quella- pace, che dovrebbe sussistere fra
gii uomini come popoli e nazioni. La
Parola del Signore ci ha fatto sapere
che vi sarebbero stati tempi di conflagrazioni tremende; tempi di collettive e
personali tribolazioni, ed è pure per il
perdurare di quei tempi che è stato proclamato il messaggio.
Allora è il messaggio di una pace che
’ncn ha nulla a che vedere con quella
•V
di bellezza, di dolcezza e di forza; pace
che, per coloro che si tengono stretti al
Signore, può sussistere ¡anche « quando
è sconvolta la terra », « quando le acque rumoreggiano »; « quando un esercito si accampi contro a noi », « quando
i malvagi ci assaliscano per divorar la
nostra carne », e « quand’anche passassimo per la valle deilVombra della morte », così come affermano con incrollabile certezza i fiduciosi cantori dei Salmi.
Quella pace, che ha caratteristiche di
dolcezza e di forza, di accettazione e di
tenacità di resistenza, non è umana; è
pace di Dio, è scesa dai cieli con Cristo.
Il messaggio augurale degli angeli
può dimque essere accolto nei nostri
cuori, anche nei tempi più difficili, e
trasformarsi in divina realtà; realtà per
tutti.
Nel giorno di Pentecoste, l’apostolo
Pietro, annunziando la possibilità di ricevere il dono dello Spirito Santo, che
matura tutti i frutti che scaturiscono
dalla grazia largita da Gesù Cristo,
«dono ineffabile», diceva: « P&r voi è
la promessa, per i vostri figlioli, e per
tutti quelli che son lontani » (Atti 2; 39).
E la stessa cosa ripeteva spiritualmente i apostolo Paolo, quando scriveva agli Efesini (2:17);« Il Padre, con la
venuta di Cristo, ha annunziato la buona novella della pace a voi ch’emvate
lontani, e della pace a quelli ch’erario
».
In questi tempi, quante famiglie si
trovano divise nei loro componenti ;
quante sanno i loro cari lontani in vita
ora difficile, ora penosa, ora pericolosa.
Ne mancano coloro che di questi cari
lontenì poco sanno, od assolutamente
nulla piu sanno!
In tali prove, che è pressoché impossibile non generino una crisi d’anima,
Il cnstiano, 0 diviene più tenace nella
sua fede, o si smarrisce, piombando in
un letai^o dello spirito, che lo allontana-da Dio, La pace divina può essere
un così potente aiuto per credere e sperare.
Pace a Voi, a voi, cari fratelli e sorelle, che per grazia di Dio vi sentite vicini al Signore, affinchè la pace della
quale godete divenga sempre più' profonda, sempre più salda, sempre più
soave, anche neirinfuriare della tempesta.
, P pace pure a voi, cuori turbati, m
che se per il momento vi sentiste come
lontani da Dio, con l’animo incapace
di respiri spirituali, ^i, pac® a voi. Non
era questo, il saluto che Gesù porgeva
ai suoi discepoh quando, dop i giorni i p eume 1 xiosui, possono
deila sua crodfcsione, fi ritrovo per- ' "creare situazioni che sono d’impediplessi, impauriti, e perfino increduli. . mento a molte concrete, visibili attiviuh come VI conforta quel:, «Face a voi » | ^tà; allora la pace di Cristo, può :essere
che SI ripete paziente, finche m,vase con | l’aiuto a prendere e valorizzare la realtà
mezzo a tutto questo, Cristo può essere
, e la nostra pace neU’anno che viene,
T Ma la vera pace di Cristo non è pace
'assonnita, è pace vigile ed attiva.
,;ì'^ E' pace che favorisce uno spirito di
• preghiera fiiduciosa.
7, pace elle porta la calma nelle in' "falciate e molteplici attività.
‘feE’ pace che ci aiuta nelle ore penose,
Ji? E’ pace che alimenta le nostre mi-''’gliori speranze.
tempi come i nostri, possono
la sua luce i »uori ottenebrati, pòrtandovi certezze, ravvivando speranze, recando forze per riprendere e procedere
nel non facile cammino.
In iquanto ai nostri cari lontani, nella
nostra sofferenza di non poter fare che
pòco e spesso nulla per loro, ricordiamo
che Dp può compiere tutto per loro. Il
canto degli angeh, che in questi tem,pi
rlcorderarmo per averlo udito e cantato
fin da fanciulli, certamente susciterà nei
loro cuori risonanze di accorata nostalgia; ma non sarà nostalgia priva di sensazioni celesti. Pace, pace anche a loro;
si, il Signore la farà scendere come un
balsamo aU’animo provato dalle angoscie che il mondo sf crea.,
Uniti con noi nello spirito, sentirànno
che l’amore di famiglia, che era amore
che s’alimentava in Dio, non s’è spezzato a causa della lontananza, nè v’è
volontà, d’uomini che lo possa infrangere, perchè la famiglia cristiana è doppiamente 'fiamiglia; famiglia secondo la
e -faaaàgfe seccnde-i® spùntor —-
Pace anche a voi, cari fratelli e sorelle ohe piangete qualche vostro amato
Dipartito. .Vi conforti il sapere che i vostri cari hanno raggiunto, per la grazia
di Dio, il porto della pienezza della
pace, che non è pace di morte, ma di
vita. Diceva Gesù: « Chi crede in Me,
anche se muoia (notate bene quel « anche se muoia») vivrà» (Giov. 11: 25).
Il Signore è potente da poterci largire le Sue benedizioni anche in un Natale di guerra, se tutti insieme, piccoli
e grandi, vicini e lontani; al canto degli
angeli: «Pace in terra »' potremo rispondere; « Cristo è la nostra pace! » (Efesini 2: 14).
* * m
Sebbene gli Evangeli non ci precisino
il mese ed il giorno in cui nacque il Redentore, nel quarto secolo la Chiesa
sanzionò la celebrazione del Natale al
tempo del sostizio invernale, al soirgere
del nuovo anno solare. Non v’è chi non
veda l’analogia fra il nascere «dell’Astro maggior della natura », e quello
di Colui che è « la luce del mondo ».
Ma questo avvicinamento del Natale
all’entrata in un nuovo anno della nostra vita, ci appare particolarmiente
provvidenziale in ouesli tempi, nei quali
abbiamo tanto bisogno dell’Emmanuele,
il Dio con noi.
Ben a r^one, davanti ad un cammino difficile, Mosè diceva al Signore:
« Se la tua presenza non viene con me,
non ci far partire di qui » (Esodo 33: 15).
Ma il Signore già in precedienza gli
aveva fatto sentire che vi sono realtà
di tempo e di circostanze, nelle quali è
hecessario andare avanti, anche se le
situazioni sono ardue come quelle al’
passai^o del Mar Rosso, con le onde
a un mare davanti ed i nemici alle
spalle. ^
Il Signore confortò Mosè, dicendogli;
« La mia presenza andrà con te, ed lo
ti darò riposo » (Esodò 33: 14).
E non ci ha ricordato il Natale la venuta di Colui che ha detto; «Ecco, Io sono
con voi tutti i giorni »? (Matteo 28: 20).
Dunque con noi, non solo generioaittente in una presenza sovrastante al tempo, ma una presenza nel tempo, per ciascun giorno della nostra vita.
Il mondo continua ad essere in guerra; il nostttp povero cuore, sbalzato da
onde di apprensioni e di sofferenze; le
nostre cose, impoverite, rovinate; rpa in
come ci si presenta, e si fa ooeffiLcente
di quelTattività preparatoria ed indi-»spensabile, che si compie nell’interiore
'dell’essere nostro. Quando i rigori invernali, non consentono alla pianta il
•erescere e l’espanderài nello spazio,
essa, nella pace silente del suolo, nella
interiorità delle sue ñbre, nel raccoglimento delle sue gemme, nell’invisibile
profonda ed amplia le sue radici, nell’invisibile plasma, nutrisce, fortifica
qirel che prepara lo schiùdersi delle foglie, lo sbocciare dei fiori, sp^anze dei
•frutti del domani.
• Comunque sia, il tempo che ci è dato,
à sempre un’opportunità messa a nostra
disposizione; e la pace di Cristo, un’op'portunità per valorizzare ü tempo in
modo utile e buono sotto lo sguardo del
Signore. La pace di Cristo non ci man. cherà, se prepariamo i nostri cuori a rioeverla con certezza, accogliendo la Sua
promessa : « Io vi dò la mia pace : non
come il mondarla dd. Il vo^ro
cuòre non sia turbato e non si sgomenti»
(Giov. 14: 27).
Se il canto degli angeli ci riporta il
dolce messaggio: « Pace in terra », e ne
dà gloria a Dio, anche noi, nell’accogliere neU’animo nostro la Sua pace, in
santa reazione a tutte le realtà e sensazioni deprimenti, continuando il passo
sopra una terra che soffre per Tamarezza dei frutti delle glorie del mondo, con
e.spressione di gratitudine, con sguardi
di speranza, movendoci fiduciosi verao
l’avvenire, esclamiamo; « Gloria, gloria
a Dio! ». , Virgilio Sommarli
NELLA TORMENTA
Chi dimora nel nascondimento dell’Altissimo
alberga all’ombra dell’Onnipotente.
(Salmo 91: 1).
Se nella cupa notte che ci avvolge
non un lume ti guida,
se sul monte t’ha colto la tormenta
e ìnvan sembri elevare le tue grida,
se i tuoi compagni t’hanno abbandosulVimpervio -cammiito, [nato
se sei sfinito, ferito, braccato
coraggio! Sempre un rifugio è vicino!
Chiama ancora, fraitello, ed una luce
ecco: risplenderà!
Ecco: un valico; non visto sinora
improvviso per te si schiuderà!
Prendi con fede lo stretto sentiero
che la luce t’addita:
là v’è un nascondimento ignoto al mondo,
là su di te s’irradierà la vita!
Sulla porta Qualcuno con semòia/nte
dd dolce Padre accùglie:
« Vieni — Ei dice — quast’è la tua di
Imora;
entra e non uscir più dalle s!ue spglie ».
Oh divina d)imora! Presso al Padre
trovi fratelli, amici;
qui per mutar d’eventi e di stagioni
l’anima tua trarrà giorni feiUcU
E se attonito poi mireraii come
tutte le cose intente
sien quivi al Bene, capirci che giunto
sei nel rifugio dell’Onnipotente!
Rorà, dicembre 1943. ^
' Ada G. Melile
Í4JÜL NOM J)i DiU
Che cosa?
U nostro aiuto e %l nastroi principio
sono nel Home, di Dio.
Quesia è la formoia abituale per riiivocazione con la qiiale s’uuzia u nostro
culto puDbiico valdese.
Ci sono poi alcune varianti.
...nei Nome di Dio che ha creato i
cteti e La terra e ci ha salvati vn Cristo
Uesu, benedetto in eternò. Amen. *
Lungi da me il pensiero di muover©
una critica qualsiasi a questa formala
cne dev’essere antica; ricordo —ad ogni
modo — di averla sentita (semipire la
stessa) sin dai miei piu teneri anni. Mi
piace tale formoia, e mi commuove. Appunto perché è vecchia e sempre la
stessa. Anch’io — forse un po’ a mio
rnodo — sono un tradizionalista.
Mi domando però se l’invotcazione
abituale ha conservato, ai giorni nostri,
tutta Tinoportanza, tutto il valore religioso che aveva una volta. Mi df>rm|an|df>
se — quando viene pronunciata dal predicatore — questa formoia suscita in
ciascun uditore un movimento vero e
proprio dello spirito, una elevazione delia sua anima, una autentica e r^le .affermazione di fede...
In questo dubbio, in questa incertézza, vorrei permettermi — in tutta umiltà — di proporr© una formula, forse più
calda e più moderna, che potrebbe non
dico prendere il posto, ma sostituire di
tenipo in temipo la formoia abi'tuale.
Ecco dunque l’invooazione di cui mi
servo da anni e che, occasionalmente,
ha riscosso qualche consenso:
La luce dell’Anima nostra
E la speranza (0 la forza) della nosftra'
Vita ,
Sono nel Nome di Dio... ^
La mia esperienza di Dio, dell’aiuto
di Dio, della jpresenza di Dio, è stata
sempre, essenzialmente, una esperienza
d illuminazione intenore e di energia
vitale. Dio è per me la fonte di una incoercibile speranza. Mi pare dunque di
poter tradurre in linguaggio moderno
l’aiuto e il principio della vecchia foTr
mola nella formoia nuova sopra accennata.
In quanto alla seconda parte dell’invocazione — che rappresenta lo sviluppo del concetto racchiuso nell’espressione Nome di Dìo — mi permetto di propone — oltre alla bellissima formoia
abituale — adtre due varianti.
La prima, modificando raffermazione
relativa alla Creazione, conserverehibe
intatta Taffermazione relativa aRa Salvezza: ^ I
...nel Nome di Dio \
che ci ha creati i
e ci ha salvati
in Cristo Gesù
benedetto in eterno. Amen.
Per evitare che l’atto creativo si riferisca al Cristo, si potrebbe forse dire:
...nel Nome.di Dio
che ci ha creati
e che ci salva
in Cristo Gesù
benedetto in eterno. Amen.
La secOndia variante è dettata Halla
preoccupazione (d’iniziare il culto pubblico .con una affermazione di carattere
trinitano. Questa variante potrebbe
suonare così:
...nel Nome di Dio
che cii ha creati,
che ci ha salvati
e che ci amo:
Padre, Figliolo e Spirito Santo. Amen.
In tale formoia si avrebbe un triplice
riferimento: l’atto della Creazione riferito al Padre, l’atto della Salvezza riferito al Piglio, l’atto dteU’Amore riferito
allo Spirito Santo: «l’altro Consolatore»,
come lo chiamava Gesù: la manifestar
zione deU’Easenza divina nella preaetite economia: quello dello Spirito.
Ho detto ciò che volevo (dire.
Offro in tutta fnateimità ai coH^hi
— ormai quasi tutti di me più giovianl
— quésto finitto maturo del mio raccoglimento pastorale. Saiù grato a quelli.
2
d’inira essi voilaiiMò
it ’^v ^ ' consenso... ‘ o il lord (tóssenso.
Y'' ’ Ciò che imporla è di contribuire ad eie-'
vare ~ interioshizzandola maggiormen
Kte — la parj^mazieoe dei nostri fratelli
j^ddle A«®^<«>relle al Culto che rencuìÉmo domenica nella Casa
dell’Ìlteino.'*^^^^^^’ ■'
' ■'Giovanni E. Meiile
' tiorà di Luaema,'" ■« *'-r^
Scrivono aìV
Un lettore fedele scrive:
l 'Uri tonò dUpÉintimento », di G. E. Melile nel n. 48 del
nostro « jEco ».
Una jrase di esso mi ha particolarmente colpito: • ... . '
« Non impoirta se questo imno non
viene cantato in gihocschio. Se l’atteggianaento esteriore dovesse esprimere lo
stato d’animo interiore, non basterébbe
del resto nemmeno ringìnocchiarsi.
Prostrati si dovrebbe stare e... ciò complicherebbe molte ccxse. No! quello che
conta agli occhi di Dio — ciò che Dio
vede — non è se si sta in piedi per il
canto e seduti per la preghiera, o viceversa, mia è « Ü cuore rotto e lo spirito
contrito ».
Apprezzò tutta la spiritualità di questa posizione ideale; è veramente come
scrive il signor G. E. Meiile; «con la
nostra coscienza così disposta — con ^
nostra personalità interiore prostrata —
che ciascuno di noi credenti, veramente pentiti dovremmo rispondere all’invito di Dio ».
Ma, contemporaneamente, mi domando: è proprio giusta questa svalutazione
molto radicale delVatteggiamento ^teriore? L’uomo è un terrihUe leguleio
ed ho l’impresskme che con (questo disprezzo deU’atteggiamcnto esteriore egli
rum faccia, molte volte, che mascherare uru) stato d’animo interiore che è
molto oscillante: vi è l’entivsìasmo di un
istante che non ha il coraggio di manifestarsi esteriormente con una fedeltà
assoluta ed incondisdonata alla Parola
di Dio.
Dia « vede il cuore rotto e lo ^irito
contrito»; è vero, grazie a Dio, è vero!
e non disprezzo il lucìgnolo che sembra
quasi spento! è vero anjche questo, e
grazie Glie ne stailo rese in perpetuo!
Ma è veramente rotto il cuore e contrito lo spirito che trascura l’atteggiamento esteriore deiringinoochiarsi nello
preghiera? Comprendo che anche questo potrebbe complicare mólte cose nelle manifestazioni ecclesiastiche, ma non
son mai riuscito a comprendere perchè
i nostri buoni Valdesi considerino con
sospetto o con un sorriso condiscendenté, chi prega in ginocchio; ho spesso sentito considlerare questo atteggiamento
esteriore come un indice di settarismo!!
Eppure credo che questo genuflettersi, piegare le ginocchia, abbia un suo significato molto profondo. Con easo, mi
pare, si significa apertamente che si vuole assumere una posizione nuova, che
costa una fatica anche d’ordine fisico!
Con la genuflessione mi pare che si significhi che quella posizione eretta che
distingue l’womo dáll’animále è umiliata nella polvere; mi pare che l’uomo rinupri al suo orgoglio dt camminare con
qwella fronte alta che sembra voler sfidare il cielo, stare di fronte a Dio, a tu
per tu, da pari a pari. E’ certo che anche questo atteggiamento esteriore può
non corrispondere in modo compiuto
alla interiore contrizione, ma mi pare
che essa vi risponda' meglio, e noi dobbiamo tendere, come credenti, anche
ad una rivalutazione dell’atteggiammto
esteriore in quanto manifestazione di
vita interiore.
Vi ricordate, ornici lettori che avete
avuto la pazienza di seguirmi fin qui,
del giorno della vostra confennazione?
Al centro, insieme al si, là preghiera in
ginocchio. Che cosa solenne questo
gruppo di giovmi, che si piegavano, che
ai umüiavano, ai piedi del tavolo della
Santa Cena, su cui era aperta la Bibbia! Ma anche che cosa malinconica,
4uei giovani, i quaH non sapevano pregare in ginocchio, per i quali questo
era un atteggiamento esteriore, solamente esteriore: una formalità!
In ginocchio, caduto in terra. Sondo
udì la voce del Signore che lo aveva atterrato.
Non si prega in ginocchio, forse sopratutto perchè non si vuole provare
l’unwliaztone di cadere in terra. Eppure
questa à to condiziienie essenziale diel pre>
gare._ '
La grande omgeeeia quindi nem, è dho
l^[ii^iiiÉali;di
Ho letto con grande attenzione e godimento rorttoolo;' l U:
Uht'interessantt Mostra.artìstica per* sonale di pittura a oHo avrà luogo in
un’aula del Convitto Valdese di Torre
Pellica, gentilmente concessa, tra il 6
ed il 20 gennaio 1944, sotto il patronato
della Croce Rossa Italiana. Il pittore romano Giosuè - Caliamo, SÉpllato dalla
città di Fiume, ove abitualmente risdede, il quale ha già più volte esposto sue
' opere in Itadia ed all’estero, ed è stato
premiato al concorso bandito nel 1942
dal Ministero delTEducazione Nazionale, per la sua speciale attività artistica,
ri si presenta ““ con una serie di belle
pitture ad olio, di cui una buona parte
rappresenta paesaggi della Valle del
Pelùce. "
11 pittore Caliemo ha già esposto
l’anno scorso nel Salone della « Stampa » a Torino, favorevolmente accolto e
giudicato dalla critica. Così diceva di
lui'Marziano Bernardi nella, Stampo del
6 igiennaio 1942:
« Una pittura magra, asciutta, succinta, ridotta all’essenziale dei valori tonali, degli : elementi rappresentativi, degli
spunti stessi dellia sensazione poetina;
una pittura che coscientemente ha rifiutato tutto il superfluo dell’analisi descrittiva per rifarsi alla sintesi del motivo paesistico visto e reso come massa,
atmosfera, colore; ma una pittura nello
stesso tempo, questa di cui il romano
Giosuè Caliemo dà parsimoniosi saggi
nel salone a pianterreno dèlia « Stampa », di estrema sensibilità, di toccante
gentilezza, di acuta e nervosa modernità. Ancora ignoto a Torino, questo pittore che ha molto studiato la’ pittura
europea di oggi e che ebbe la fortuna di
ricevere gli nitìmi ammaestramenti, nel
disegno, di Vincenzo Gemito, si presenta con ima serie di paesaggi della Riviera del Carnaro, cui ha aggiimto qualche impressione di Torino di eccellente
intonazione locale. E’ un artista che merita di essere conosciuto ed apprezzato ».
La Mostra personale del pittore Caliemo si inaugurerà il 6 gennaio 1944,
alle ore 15.30, in un’aula del Convitto
Valdese. L’ingresso è gratuito; ogni pomeriggio dalle ore 15 alle 17. Il pubblico di Torre Pellice vi è cordiaùmente
invitato. ^
La Scuola Domeuicale
Seconda lezione - 9 gennaio
LA PURIFICAZIONE DEL TEMPIO E IL
FICO SECCATO
Lettura: Matteo 21; 12-22. Imparare vers. 1217. Versetto centrale vers. 13.
La venuta del Messia non significa soltanto conforto e salvezza per coloro che lo aspettano nel ravvedimento e nella fede, ma significa giudizio sui malvagi. Fin dal suo ingresso in Gerusalemme, Gesù esercita questo
giudizio, e continua ad annunciarlo con chiarezza nei giorni seguenti, attirandosi l’ira implaicabile dei Sacerdoti e dei Earisei. Noi abbiamo qui due episodi, in cui si esprìme il
giudizio del Messia sul suo popolo.
La purificazione del Tempio. La natura del
culto che si rendeva nel tempio (^acriflzi.
Luca 2; 24 e « dìdracme », Matt. 17: 24) era
Toccasione di un intenso traffico sacro (vendita di animali da offrire, cambiavalute) che
prosperava nel cortile più esterno del Tempio (il cortile dei Gentili). Gesù entra nel
Tempio come U Figliuolo del Padre celeste,
che ha il diritto e il dovere di rivendicare il
suo onore (Malachia 3: 1-4) e la spiritualità
del suo culto (Giov. 4: 24); e caccia i mercanti, citando due parole di profeti (Isaia 56;
7, Geremia 7; 11). Tale era la maestà del gesto di Gesù, che nessuno osò fermarlo e neppure rimproverarglielo.
Nel Tempio purificato, Gesù riprende il suo
ministero di Salvatore misericordioso, curando alcuni ammalati. La moltitudine, soggiogata dal suo gesto di santa violenza e
di compassione, lo acclama. In particolare,
lo acclamano i fanciulli. « Dalla bocca dei
fanciulli hai tratto lode », dice Gesù ai Farisei, citando il Salmo 8: 2. Come possiamo
« lodare Gesù »? Anzitutto ricordandoci che
la sua casa è una « casa di orazione ». (Che
cosa veniamo a fare alla Scuola domenicale?
Imparare? Sì, ma sopratutto adorare!). Non
portiamo dunque qui nessuno di quei sentimenti che farebbero nella nostra anima un
frastuono da fiera, e che cl impedirebbero di
udire la voce del nostro Signore. Ma al tempo stesso ricordandoci che dobbiamo « portare dei frutti ». Questo è il significato del
secondo episodio.
n fico seccato. L’albero sterile, che si trova senza frutto al passaggio di Gesù, è una
immaglae del popolo di Gerusalemme, e di
tutti coloro che presentano una bella apparenza di religione (le foglie), ma non portano frutti di vita buona, in ogni stagione e
anche «fuori di stagione» (quando passa
Gesù, non è smpre la stagione dei frutti?).
Quali sono i frutti che possiamo portare? Ubbidienza, modestia, linguaggio puro, veracità,
lavoro...
vi siano poche preghiere, ma che ce ne
seno troppe, die rpn amo ver* preghiere. et.
)
Da una lettera di AlbertiSchuveitzer,
sempre.càl’opera nel suo ospedale nella
foresta vergine dell’Africa Equatoriale,
dove agli ha consaicrato all’opera miesianarm i suoi grandi talenti di scienziato
con una consacrazione che ha stupito il
mondo. ..
« Qtu tutto va bene. Ogni giorno v*«
diamo sfilare nel nostro osj>«iale i mi«*ra*bili indigeni e facciamo quel che possiamo per sollevarli. Naturalmente siamo stanchi di questo prolungato soggiorno in un simile clima, ma le nostre forze tengono duro. E’ un miracolo che io
possa tenere aperto il mio ospedale, malgrado la durezza'dei tempi. Ogni giorno
speiróento come una grazia, il fatto di
poter continuare a lavorare ».
Forse li sta il segreto: i miracoli si
cernirono ancora, ma non sappiamo vederli. 1 nostri occhi non sanno più far
altro se non piangere, non possono più
veder chiaro attraverso il velo di lacrime: c’è tanto dolore, tanta amarezza,
tento sconforto, tanta óÀStmzione.
Eppure cóme suona chiara la voce del
credènte:
« Ogni giorno sperimento come ima
grazia il fatto di poter continuare a lavorare ».
Ogni giorno una grazia, una liberazione: ogni giorno la forza di poter tenere.
Ma noi non siamo capaci di sperimentare questa, grazài, perchè non siarrw più
capaci di chiamarla grazia; la consideriamo come una cosa naturale, come un nostro diritto.
Ci lamenkiamo die! silenzio di Dio, perchè la miseria della nostra fede non sa
discemere i segni; perchè la nostra naturale superbia non ci permette di riconoscerci debitori; debitori di tietto.
.^■r'òp a^60Vaìd ese,
ra. cr.
Un pensiero per ogni giorno
1 ° gennaio.
Sembra essere una legge del Regno
di Dio che non vi sia alcuna vittoria
senza la sofferenza. Se voi avete vinto
senza dolóre, qualcuno ha sofferto prima di voi. Sto voi soffrite senza yit^ia,
qualcuno, dòpo di voi, godrà dri suoi
benefici. E. Judteon
j 2 gennaio.
I
Mai si fa il male cosi compiutamente
ed allegramente come quando si è mossi dìa un falso principio di coscienza.
Pascal
3 gennaio.
Il Signore ti vuole tutto: corpo, anima, spirito. Metti al suo servizio tutto
quello Ch’Egli ti ha dato. Eberhard
,4 gennaio.
Sai tu quando una vita è fallita?
Quando l’uomo è passato senza volerlo
vicino al bene e non ha cercato che la
sua propria felicità. Warnery
5 gennaio.
Ho incontrato la felicità in quello che
temevo di più, tanto poco noi conosciamo il nostro bene. Warnery
6 gennaio.
Fare ie piccole cose come se fossero
grandi, a causa della maestà di C3^ù
Cristo ohe le compie in noi e che vive
la nostra vita; e le grandi come se fossero umili e semplici, a causa della Sua
Onnipotenza. Pascal
7 gennaio.
Tutto è dolce in Cristo Gesù, anche la
morte, ed è per questo Ch’Egli ha «offerto ed è morto per santificaire la morte
ed il dolore. t’asoa.l
}foviià
Oiovanni Miegfc
PEiiieii SÉ Psivvileiii
Pag. 54 - L. 1,50 ,
Libreria Editrice Claudiana
ANGRQ^NA (Gepoluogo) ’ . - . <
Un numeroso corteo funtó>rè accomi>agnaya, lunedi 27 corrente, le spoglia mortale di
Lidia Revel vedova Charlin. che > il SUmore
ha richiamato a Sè nMU tai^a età di anni SS.
.^1 1^10 Calymo ^ aUa epa ccmisoi^ signo- .
ra Anna nata Ctuuvl^-vada^respreHioxxe
della aoetra cordiale simpatìa.
TORRE PELLICE
^ Il culto di domenica prossima “alle 10.30
sarà presieduto dal pastore signor Niebet.
— Venerdì sera 31 corrente avrà luogo liel
tempio di ViUa un culto di fine d’anno, con
celebrazione della Santa Cena (calici individuali). Il culto avrà inizio alle ore 20 precise. ■ ■ ;
■ — Sabato 1« gennaio; culto alle 10.30 nel
t^npio Villa, t '
- — Durante il culto pomeridiano ai Coppieri alle ore 15 di domenica 2 gennaio sarà
celebrato Santa Cena col calice comune.
' settimana scorsa è stato
toiebrato il matrimonio del giovane Guido
^"^90 (via Garibaldi) cori la signorina Lncia^
Marruzzino, di Gaeta. Invochiamo ancora sugli sposi le celesti benedizioni.
ORFANOTROFIO. L,e bambine ricoverate
nel nostro Orfanotrofio di Via Angrogna,
hanno dato, in occasione delle feste natalirie, un simpatico trattenimento ai bambini
della Scuola domenicale degli Appiotti ed ai
loro mimerosi amici e sostenitori dell’Opera,
accorsi da Torre Pellice e dintorni.
La tenutà dellè bambine, e son ben quarantotto, testimonia dell’attività e della cura
della Direttrice, come la chiara e buona pronunzia delle poesie e recite è merito della
fatica deirinsegnante signorina Peyrot, ed i
canti eseguiti con, brio e con sentimento
dalle fresche voci, della valente direzione
della signorina Dora Rével.
Il pubblico ha ringraziato le bambine ed il
personale coi suoi applausi ed ha incoraggiato l’Opera coi suoi doni generosi.
Dui nmiiti lai [iniete ima laiila
nei mesi di Ottobre e Novembre 1943
Per Danni alle Chiese:
Dott. Guido Rossi, L. 2.000 - F. O., 500 A. T., 1.000.
Per Cassa Culto:
Luca 17: 10, L. 30.
PjST Emeantozione; - ■*.- .¿i-..'.
' E. B., S. Giovanni, L. 100 - Enrico e Rosina Buffa, Omegna, 200 - Schreiber A. e R.,
Pinerolo, 30 - Achille Malan (Hend. 5 */o),
5.000. . ‘
Per Istituto Gould:
M. P, S., Roma, L. 100 - M. Carnevali, Id..
.50 - U. TiUi,‘ Id., 50 - Bestini, Id., lOO - S. L..
Id., 50 - Schreiber A. e R., Pinerolo, 30.
Per Istituto Femminile di Firenze:
Luca 17; 10, L. 30.
Per Istituto di Vallecrosia:
M. Carnevali, Roma, L. 50 - U. Tilli, Id., SO
- S. L-, Id., 50 - Mary Alcea, Id., in memoria della cara Mamma, 300.
Per Orfanotrofio dì Pomaretto:
U. Tilli, Roma, L. 50.
Per Asilo di Vittoria:
U. Tilli, Roma, L. 50.
Per Diaconesse:
U. TUli, Roma, L. 50.
Salmo 55: 22:
Per danni alle. Chiese, L. 100 - per Emerìtazione, 100 - per Asilo di Vittoria, 100 per Collegio, 100 - per Istituto Gould, 100 per Istituto Femminile di Firenze, 100 - per
Istituto di Vallecrosia, ÌOO.
Sig.ra Luigia Lupi, in memoria della figlia
Clelia:
Per Istituto Gould, L. 100 - per Istituto
Femminile dì Firenze, 300 - per Istituto Pestalozzi, 300.
Prof. Clelia Pirazzini, in memoria della nipote Clelia: ..
Per Istituto Gould, L. 200 - per Orfanotri^o di Pomaretto, 200.
PoTfdo Clelia c Mario Pirazzini: L. 216,70.
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STUDIO TSCNICO
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TORRI PILIilCl
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RENATO GARDIOL
PINEROLO :
Via Savoia, 9 . Tal. SS
S. OERMANO CNISONS:
Al Mattino dal VanardI.
Prof. Gino Costìml, Direttore responsabile
ARTI GRAFICHE " L'ALPINA „ - Torre Pelile«