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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Cpatt.
Bìbliotaca Valiese
(Tedino) TOnnZ rZLLiCZ
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno ex — Num. 5
Una copia Lire 30
abbonamenti 1 Eco: L. 1.300 per l’interno Eco e La Lucei L. 2.000 per l’interno Spediz. abb. postale - I Gruppo TORRE PELLICE — 29 Gennaio 1960
1 L. 1.800 per l’estero L. 2.800 per l’estero Cambio d’indirizzo Lire 50 I Ammin. Claudiana Torre Pellìce - C.C.F. 2-1755?
Giorno di riposo
(foto Roberto RolKer)
Domenica mattina, su per il Vandalino, o scendendo su Frali
(l;u 13 laghi, o al Sestriere o su qualunque altro campo di neve... C’è
sole, un’aria che si respira solo lassù, in qualche posto c’è pure una
relativa solitudine, un benefico silenzio. E chi preferisce la gaia compagnia di rumorose comitive su campi frequentati, chi invece il silenzio della montagna solitaria (qualche angolo così c’è ancora, specie
da noi), con un paio di amici.
Cosi, il fenomeno che da tempo costituisce un problema grave
per le comunità cittadine, sta raggiungendo sempre più anche le
chiese delle Valli, specie nel loro elemento giovanile. Facilitate le
comunicazioni, diffusi i mezzi propri di trasporto, aumentata l’insofferenza della vita sedentaria dal lavoro in fabbrica o nella miniera
o a scuola, che rende più urgente il desiderio di fare un tuffo nella
natura, estate e inverno comitive di giovani (e meno giovani) si allontanano dalle loro chiese, la domenica, e salgono in montagna; in questi
mesi invernali si va a sciare. E su in alto, prima di attaccare la discesa,
lo sguardo e il cuore spaziano sulle cime, sulla valle, sulla pianura.
« Più vicini a Dio »? Piano. Per il credente i cieli e la terra raccontano certo l’opera gloriosa di Dio. Ma si è vicini a Lui quand’Egli
si avvicina a noi, e ci parla; il nostro — sia pur profondo e intenso —
senso della natura non può sostituire la Parola del nostro Dio.
Non sono di quei membri di chiesa che guardano di mal’occhio
questo esodo domenicale, in particolare giovanile. (Altro, naturalmente, penso di quelli che, giovani o non giovani, preferiscono passare al caffè l’ora del culto). Anche se, come loro, vedo che l’abbandono continuato, sistematico — per questa ragione — del culto domenicale con la comunità cui si appartiene è un danno per chi va e per
dii resta e non può, alla lunga, non minare la vita stessa della chiesa.
Se la smania della gita e dello sci, la domenica, diventa quasi patologica, diventa il... lavoro obbligato domenicale, allora la domenica
non è più nè il giorno del riposo nè il giorno del Signore.
Tutti conoscono la domenica che segue « Il sabato del villaggio »
del Leopardi. Quante nostre domeniche, anche di noi cristiani, sono
così ! anche di quelli che si svagano e vanno « fuori ». Un giorno di
festa, un momento di sosta e di riposo passeggero — e, ancora, non
sempre — che a sera lascia ancora stanchi, e non solo della buona
stanchezza fisica che si rimedia con una bella dormita, ma stanchi
spiritualmente, perchè la settimana di pena già ritorna, e il cerchio, un momento dimenticato, non è stato veramente spezzato:
come il riposo non è stato il vero riposo che Dio vuole per noi, neppure il lavoro che riprende è « redento ».
Il riposo vero è quello che ci dà la Parola del nostro Do. Non è
una frase pia, è una realtà. Ed è vano cercare di mettersi il cuore in
pace affermando che chi partecipa con regolarità al culto è un bigotto,
magari ipocrita: quanti che vivono la domenica come piace loro si
sentono, a sera, veramente riposati? quanti .se ne tornano a casa giustificati, perdonati, di quel perdono di Dio di cui il riposo domenicale può essere una stupenda parabola, ma solo per il credente nutrito
dalla sua Parola?
Un giorno —- riferisce un antico racconto extracanonico della tradizione cristiana — Gesù incontrò, in giorno di sabato, un uomo che
zappava il suo campo, e gli disse: « Se sai quello che fai, sei beato;
ma se non lo sai sei maledetto, c dannato alla geenna! ». Penso che il
Signore volesse dire che se quell’uomo compiva, nel giorno del riposo,
un lavoro senza sentirsi schiavo del legalismo rabbinico, ma d altra
parte senza dimenticare il significato di quel giorno, consacrato in
modo particolare all’iddio che redime anche la pena del lavoro,
era beato; maledetto, invece, lontano dalla comunione vitale con Dio,
se il suo atteggiamento era dettato solo da incosciente ottu.sità dinanzi
al dono e alla volontà buona di Dio.
Lo stesso, forse, si può dire a quanti la domenica vanno « fuori » :
se sapete quello che fate, se vivete con coscienza cristiana la vostra
giornata di svago e di rij»oso (e perchè non trovereste^ il tempo per
raccogliervi un momento nella lettura della Parola di Dio e^ nella
preghiera, nella « comunione dei santi »? e perchè cfr. in 3“ pag.
la cronaca pralina — trascurereste l’ora del culto nella vostra e a
giornata di sci?), allora la vostra « uscita » potrà essere benedetta e
benefica, e il Signore si rallegrerà della vostra gioia mentre rict>rderete a tutti che il giorno del Signore è veramente giorno di riposo.
Ma se volete vivere il vostro giorno del riposo in modo autonomo da
Lui, come se la vostra « vacanza » fosse anche mia specie di « vacanza
spirituale », il vostro non sarà stato, a sera, il giorno del riposo, perche non sarà stato il giorno del Sipiore, in cui la sua p^e spezza
veramente la pesante routine quotidiana. Gino Conte
Su VEco del Chisone del 16 gennaio
G. Mercol, scrivendo in preparazione dell’Ottava di preghiere per l’nnità della Chiesa, si rallegrava — come noi ci rallegriamo — nel notare che da parte cattolica
come da parte protestante questo problema
è sempre più sentito.
A conferma di questo G. Mercol riportava alcuni dei punti positivi della relazione della commissione sinodale 1958 sui
rapporti con il cattolicesimo. E’ un articolo onesto, pacato, come pacate sono state a Pinerolo l’Ottava di preghiera e le
conversazioni che l’hanno accompagnata.
Non possiamo però essere d’accordo con
la conclusione dell’articolo. G. Mercol afferma che « va salutata con vivo interesse
e cordiale simpatia l’opera intrapresa dal
prof. Gönnet per uno studio delle fonti
del Valdesisrao della quale è frutto la
pubblicazione del primo volume dell’« Enchiridion fondura “ Valdensium » (edito
dalla Claudiana, 1958). 11 volume ripropone il problema del Valdesisrao delle
origini, a cui sarebbe augurabile che i nostri Fratelli separati facessero ritorno. 11
risultato sarebbe — paradossale ma vero
— che quanto più i Valdesi odierni si avvicinassero a quelli che per primi portarono tale denominazione, tanto più diminuirebbe la distanza che li separa dal cattolicesimo, a cui pure appartennero i padri loro. Oggi i Valdesi non sono più
« valdesi », sono « calvinisti » : quanto più
fossero « valdesi », tanto più avrebbero di
« cattolico ». Scavando nella loro tradizione storica e dottrinale — terra di riporto accumulata nel corsa dei secoli —
finirebbero per trovare la terra vergine
nella terra cattolica ».
Ci si chiede, dunque, di risalire alle
fonti. Ma a quali fonti? 11 movimento val
QuaVè la fonte?
RISALIAMO Insieme
dese raedioevale è stato certo determinante nel costituirsi della nostra Chiesa, ma
non è quello il nostro punto di partenza,
non è lì il nostro fondamento: esso si trova unicamente nella Parola di Dio, e questo hanno voluto affermare i Valdesi che
a Chanforan aderirono alla Riforma, facendo di noi dei « calvinisti » : dei cristiani cioè che credono fermamente che il perenne fermento di riforma della Chiesa è
nella Scrittura, e che attorno a questa soltanto si costituisce la vera « cattolicità ».
1 nostri fratelli cattolici danno un senso
orgogliosamente restrittivo al termine cattolico che da « universale » è venuto a significare, per loro, « romano ». Ma la vera Chiesa cattolica, quella che confessiamo
tutti nel Credo, è la Chiesa universale di
cui Dio soltanto conosce esattamente i confini e che si raccoglie in tutte le Chiese
storiche. Questa « cattolicità » della Chiesa
è durata per dieci secoli pure visibilmente
— per quanto non senza eccezioni — finché con lo scisma orientale (1054) e poi
con la Riforma è stata visibilmente spezzata, ma non spiritualmente annullata, perchè Cristo, l’unico capo e pastore, permane lo stesso in eterno.
Una ricerca come quella del prof. Gönnet, storicamente di grande importanza,
non può certo essere interpretata come un
ritorno alla terra vergine del cattolicismo
cui pure appartennero i padri nostri: sen
za dubbio, i secoli di tradizione cristiana
fino alla divisione e alla protesta sono
comuni, e conservano per noi molti insegnamenti, ma sono pure il terreno in cui
son maturati i germi delle deviazioni, che
hanno suscitato i movimenti di protesta e
le chiese riformate.
Ma se ci è chiesto dì risalire alle fonti,
ricambiamo l’invito, che vale anche per
il cattolicesimo: neppure esso era, allora,
quello che è oggi: basta vedere la data di
nascita di tanti dogmi! Risaliamo alle fonti, ma risaliamo insieme; e non fermiamoci al XIlo secolo, ma risaliamo alla fonte,
alla vivente Parola del Signore. Solo qui
è la vera salda radice della apostolicìtà e
della cattolicità della Chiesa di Cristo.
Vorremmo che questo fosse veramente implicato nella conclusione di G. Mercol:
« Senza dubbio, di questo abbandono della
fede dei padri ci sono state delle responsabilità anche in campo cattolico. Non abbiamo difficoltà a riconoscerlo, muovendo
appunto ad una ricerca della verità sul
piano storico. Seguendo l’esortazione che
il S. Padre Giovanni XXIII domenica scorsa rivolgeva all’Azione Cattolica Romana,
vogliamo ’’penetrare nelle istituzioni, nei
fatti della storia, con occhio soprannaturale, per scoprirvi l’opera di: Dio”, che sa
scrivere diritto anche sulle righe storte
tracciate dagli uomini. E le scritture di
Dio tutto riconducono all’unità ». red.
Un appella ecemenlco per I rlluglall
Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha
chiamato tutte le Chiese che ne sono membri ad intensificare la loro partecipazione
all’Anno mondiale del rifugiato. In occasione della sua -^unione trimestrale, a Ginevra, il comitato amministrativo del Dipartimento di Aiuto alle Chiese e Servizio
dei Rifugiati del C. E. C. ha rivolto questo
appello mentre, giunto a metà dell’Anno
del rifugiato, passava in rivista le attività
delle Chiese a questo speciale riguardo.
Non ha mancato di notare « con gratitudine» che le 172 Chiese di confessione protestante. anglicana e ortodossa, membri del
C.E.C., lianno già offerto più di tre milioni
di franchi svizzeri per l’attuazione dei progetti che il Dipartimento ha sottoposto alla loro attenzione. Tuttavia — ha sottolineato il comitato — ci vuole più ancora
perchè il Consiglio ecumenico possa rispondere alle decine di migliaia di rifugiati che
ogni giorno si volgono ad esso nella speranza di essere soccorsi.
Inoltre — dice l’appello — bisogna approfittare delle occasioni numerose ed eccezionali di codlaborare nel quadro di questa
azione con le organizzazioni governative
(veramente, non abbiamo notizia che in
Italia si stia facendo alcunché al riguardo '
n, d. r.) e intergovernative, per la reinstallazione ed il riadattamento dei rifugiati,
tanto più ohe queste orgamzzazioni stesse
contano largamente su quelle benefiche per
il lavoro implicato dai loro programmi.
11 Consiglio ecumenico: è una delle più
importanti di queste organizzazioni beneficne, con i fiO.OtiO rifugiati di cui si è incaricato, e il cui caso esige un aiuto immediato. Nel 1959 esso ha aiutato 11.(¡47 rifugiati provenienti da 25 paesi, a reinstallarsi
in 38 nuovi paesi, e dalla fine della seconda guerra mondiale, il Dipartimento ha
trovato una nuova sistemazione per 200.0(K)
persone. Inoltre tale Dipartimento, che
conta oltre 5(X) collaboratori in 46 paesi,
soccorre pure dei rifugiati che vivono ancora in campi o in paesi di «primo asilo»
Questo aiuto, tanto: materiale che spiritua
le comporta dei programmi ricreativi, dei
giardini d’infanzia, dei corsi professionali
e di lingue, del campi estivi, un’assistenza
medica ed altro ancora.
Ma — rileva ancora il comitato del Dipartimento nel suo appello — continuano
a giungere quotidianamente migliaia di rifugiati di questa categoria e l’aiuto particolare che possono dare le Chiese permane
urgente. « In questo servizio, specialmente
verso coloro che non hanno la possibilità di
emigrare o per i quali questo non sarebbe la
soluzione del loro problema, la mano tesa
della fraternità cristiana e il ministero
della Chiesa assumono un grande significato».
Infine l’appello chiede a tutte le Chiese
di prestare tutta la propria attenzione all’elenco dei progetti d’aiuto che il Dipartimento indica loro per quest’Armo mondiale del rifugiato, e anche di «cercare di
assicurarsi che una parte ragionevole dei
fondi risultanti dagli appelli al pubblico
sia devoluta alle Chiese per i loro compiti
particolari verso i rifugiati e le persone
senza patria».
Un rifugiato giunge in una nuova ’’casa”, in Grecia. Risalire la china,
non è questo che l’O.N.U., e il Consiglio Ecumenico, sperano di poter
offrire al maggior numero di rifugiati?
e ena realinarione
Sotto gli auspici del Consiglio ecumenico delle Chiese, una
casa per quaranta rifugiati stranieri senz’altre prospettive — Albanesi, Bulgari e Jugoslavi — si è aperta a Kalamata, nella Grecia meridionale; la prima, in terra ellenica, in cui possano sistemarsi definitivamente dei rifugiati. I suoi quaranta ospiti, giunti
tutti in Grecia dopo la fine dell’ultima gfuerra mondiale, hanno
visto le loro domande di reinstallazione rifiutate da altri paesi.
Quando, due anni or sono, il metropolita di Kalamata offrì
di procurare un _ terreno, il Consiglio ecumenico intraprese le
pratiche^ necessarie alla costruzione di questa casa; il governo
greco diede Tautorizzazione, l’alto commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati e l’U.S.E.P. (organizzazione americana pro
rifugiati) procurarono i fondi necessari alla costruzione e al mantenimento. Altre sovvenzioni vennero dal Consiglio ecumenico,
dalle Chiese di Svezia, dal Consiglio britannico delle Chiese, dal
Church World Service e da organizzazioni private della Nuova
Zelanda e del Regno Unito.
L’estate scorsa un campo ecumenico di lavoro raccolse 24
giovani che costruirono sul terreno deH’istituzione un centro di
attività comprendente una falegnameria, una conigliera e un
pollaio. Inoltre i rifugiati che vivono in questa casa troveranno
lavoro in imprese agricole della regione, o mediante l’interessamento di organizzazioni ecclesiastiche.
Inaug;urando la « casa », il vescovo ortodosso di Kalamata lodò
il Consiglio ecumenico che, in collaborazione con le Nazioni Unite — egli disse — sa manifestare l’amore delle Chiese dando una
casa a chi non l’ha.
2
pag. 2
L’ECO DELLE VAtM VALDESI
29 Gennaio 1960 — N. 5
F
Ricordando Bruno Revel
Scrivere di un amico carissijno che ci ha lasciato non è cosa facile, poiché innumeri sono i ricordi e le immagini di lui che si affastellano alla
nostra ‘mente. Specie poi quando si tratta di una
personalità così marcata e dall’attività così vasta
come quella di Bruno Revel, è difficile cernere gli
episodi più salienti che pongano in luce meglio di
altri la sua figura.
Egli ha infatti lasciato validi segni della sua
presenza non solo nel nostro ambiente valdese, ma
nel mondo accademico italiano e nella vita letteraria del nostro paese. Altfi ha ricordato egregia
mente la sua missione di professore all’Università
Bocconi di Milano. Noti ‘ sono i suoi non pochi
scritti sia nel campo della letteratura, sia in quello degli studi storici. Noi desideriamo rendergli testimonianza da amico ad ùmico per il contributo
dato alla vita dellà nostra Chiesa e per l’apporto
reso alla formazione di più generazioni di giovani,
che egli ha seguito dai primi .anni della loro giovinezza sino alla maturità.
Carattere peculiare di Bruno Revel fu invero
quello di sapersi innestare con facilità e con scioltezza negli ambienti giovanili,, partecipando, giovane tra giovani ancorché più anziano di noi, a tutte
le nostre attività, senza far pesare la superiorità
della sua preparazione e della sua cidtura. Egli sapeva interessarsi ai nostri problemi, li faceva suoi,
e dava spesso il contributo di una esperienza viva
per una loro più approfondita impostazione. In una
parola, le sue qualità di comunicativa destavano intorno a lui l’amore e l’entusiasmo di una gioventù
che avvertiva pienamente il fascino della sua inconfondibile personalità.
Per tanti anni, sino a questi ultimi tempi, nel
campo delle attività giovanili alle Valli, non vi fu
riunione, non vi fu incontro o scambio di idee, in
cui la presenza di Bruno Revel non abbia recato
un apporto risolutivo o chiarificatore; non vi fu
manifestazione giovanile dove, se presente, la sua
figura non sia stata al centro.
Dagli ormai lontani incontri dei G.G.V., alle
successive discussioni sinodali sul problema giovanile; dalle attività della FUV alle giornate teologiche ed ai più recenti campi di Agape, il contributo
recato da Bruno Revel ha avuto sempre un valore
formativo per i giovani che hanno avuto occasione
di ascoltarlo e seguirlo. Non v’é chi non ricordi il
suo piacevole modo di esporre, Ja sua intelligenza
pronta e versatile negli interventi sui più diversi
problemi, la sua capacità di rendere semplice e ad
un tempo interessante ogni temà. la sua prontezza
nelle risposte, il suo conversare e il suo dire sem
? ■
pre ricco di episodi e di fatti; ma ciò che più rendeva attraente l’esame di ogni questione trattata *da
Bruno Revel era il richiamo ad un impegno personale che egli poneva al fondo di ogni problefiia.
Quanti lo hanno ascoltato sanno che il suo dire non
era mera accademia o sfoggio di cultura in ogni
campo, ma un invito a considerare i problemi negli aspetti più. diversi ed un richiamo ad impegnarsi
nella loro soluzione; e ciò specie
quando, come spesso accadeva, si
trattava di problemi di vita o di
orientamento. Non
si poteva sfuggire
al suo richiamo
ad una scelta e ad
una decisione che
si poggiavano sempre, sul piano religioso ai valori
della Riforma, sul
piano culturale ai
valori della letteratura europea e
su quello politico
alle esigenze più
precise di una sana democrazia e di un rinnovamento sociale.
La nostra generazione dal 1925 al 1940 attraversava un periodo assai difficile a causa della pressione politica esercitata dal regime fascista, per la
conseguente mortificazione della cultura e per quel
senso di pesantezza dell’ambiente italiano del tempo; nel quale il piccolo gruppo valdese rischiava
di rimaner soffocato e di perdere il senso della propria presenza.
Il, periodico incontro con Bruno Revel, rinnovantesi di estate in estate, é stato determinante per
molti di noi. E’ lui che, tra i nostri maggiori, ci ha
dato il contributo più significativo per chiarire a
noi stessi, da un lato la situazione politica, culturale e religiosa in cui si dibatteva l’Italia di quel
tempo, e dall’altro il senso della nostra qualità di
protestanti e l’apporto che come minoranza era logico si attendesse da noi.
Ed é a lui anche che in buona parte si deve se,
alla ripresa post-bellica, il nostro piccolo ambiente,
valdese riuscì a chiarire a se stesso taluni tra i più
importanti problemi che gli si paravano innanzi.
Se, infatti, la sua personalità spiccava negli incontri
con i più giovani che egli prediligeva, non meno
rilevante é stato il suo apporto nella vita attiva della Chiesa. Egli aveva un senso chiaro della realtà
del sacerdozio universale e dell’opera che il laicato
deve recare nella soluzione dei problemi della Ghie
sa, ma aveva altresì un senso delicato di rispetto
per il ministero pastorale, la cui dignità aveva imparato a considerare in tutto il suo valore nella
lunga dimestichezza di vita col padre suo. Se egli
consentiva di buon
grado di predicare,
ad esempio non
volle mai indossare la toga nè salire sul pulpito, considerandole prerogative esclusive del
ministero.
Assertore di una
parità di valori
nel lavoro pastorale e laico nella
vita della Chiesa,
riconosceva però il
compito di ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni. Sentiva che i
laici dovevano adoprarsi per mantener desto nella Chiesa il senso della presenza protestante in Italia. Funzione questa' che nei più
diversi ambienti italiani competeva essenzialmente
ai laici come una precisa loro responsabilità per
consentire ai pastori condizioni più adatte per l’annunzio diretto della Parola.
Chi non rammenta i suoi interventi in Sinodo
sui vari problemi della vita ecclesiastica e della nostra presenza in Italia negli ultimi 20 anni? Più
volte i suoi interventi o la sua attività di presidente hanno condotto le discussioni sinodali alle
più impegnative conclusioni. La sua larghezza di
vedute e ad un tempo la sua capacità di sintesi,
facevano sì che spesso si attendesse da lui la messa
a fuoco del problema in discussione.
La sua dipartenza ci ha tòlto anzitempo un amico di tanti anni da cui era lecito ancora attendersi
molto, e ci lascia nel dolore per una perdita così
grave. Tuttavia l’impronta che egli ha lasciato nella
formazione di tanti fra noi e nella vita ecclesiastica
di questi ultimi tempi rimangono come un segno
imperituro della sua personalità e della sua presenza fra noi.
G. P.
TRE STUDI
SUL LAICATO
L^aposioiato laico
2 -¡11 laicato e i due elementi costitutivi della Chiesa apostolica
Parliamo anche noi sempre più di apostolato laico, ma in senso diverso che da parte cattolica; ecco il 2® studio del Past. IFeber, direttore del Dipartimento dei laici
del C.E.C.
Essere con Cristo ed essere manda-'
to da Cristo — discepolato e missione
cioè —: ecco ciò che costituisce l’apostolicità della Chiesa. Attraverso
i secoU si è tuttavia posto l’accento
solo sul primo elemento. Molte Chiese hanno riscoperto il secondo solo
negli ultimi decenni. Ed è sintomatico come questa riscoperta vada passo
passo con xm’ansia nuova per il posto del laicato nella vita e nella missione della Chiesa.
I cristiani deU’età apostolica sapevano già che potevano essere con
Cristo solo se « erano perseveranti
nell’attendere all’insegnamento degli
apostoli» (Atti 2; 42). Ma dove è
possibile trovare rinsegnamento degli apostoli? Questa domanda divenne cruciale nel secondo secolo, quando in seno alla Chiesa molti gruppi
a orientamenti contradditori pretendevano possedere la fede e la vita
cristiana autentica. E dove si poteva
trovare un criterio valido a stabilire
quale fede fosse giusta e quale falsa?
Noi sappiamo che da allora in poi la
Chiesa cominciò a raccogliere le testimonianze scritte dagli apostoli,
unirle aH’Antico Testamento che divenne la nostra Bibbia; tutti questi
scritti raccolti furono considerati come il « canone », il testo necessario
ed il criterio p^ discernere la lede
e la vita cristiana falsa da quella
vera.
Furono i Riformatori che, rifacendosi alla Chiesa primitiva, affermarono che ’apostolico’ è ciò che può
superare la pròva del messaggio biblico.
E siccome l’intera famiglia di Dio
deve essere costruita su questo fondamento di testimonianza apostoiica, la Bibbia fu data al « popolo », al
laicato. Si vide allora come ogni cittadino del Regno era destinato a raggiimgere uno « stato d’uomini fatti »,
« affinchè non siamo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da
ogni vento di dottrina... ma noi cresciamo in ogni cosa verso colui che
è il capo, cioè Cristo» (Efesini
4; 13-16). La riscoperta della Bibbia,
fatto così importante nel presente
movimento ecumenico, afferra e sviluppa il concetto dei riformatori circa il primo elemento costitutivo- delia Chiesa apostolica.
Caro Direttore dell’Eco,
Come pr ima « colpevole » -di avere attiralo l’attenzione dei lettori dell’Eco su
Pradeltorno in un mio articolo apparso
nel settembre scorso in un numero del suo
apprezzato giornale, ora che i « doni per
Pradeltorno » giunti da ogni parte -con un
ritmo costante in seguito a questo art'ro-lo,
hanno raggiunto la rispettabile somma di
L. 100.000 (L. 100.500, per l’esattezza!), le
cliiedo ancora un po’ di ospitalità, perchè
vorrei fare, se mi è permesso, due considerazioni.
La pr nia è questa; quando si lancia un
appello per una qualsiasi necessità delle
nostre comunità, si trovano sempre molte
persone che rispondono con prontezza; anzi, la risposta è sempre superiore a quanto n.ii ci saremmo aspettati. (Juesta è una
esperienza die lio fatto parecchie volte
nella mia vita d: membro di chiesa, e mi
è grato renderne testimonianza apertamente in questa occasione. Perciò io penso
che, quando si tratta delle nostre opere,
sia una buona cosa non essere, timidi nel
chiedere.
Ecco- la seconda considerazione: -da' numerosi nomi di donatori d’Italia e dell’estero apparsi di volta in volta sull’Eco
neH’elenco « doni per Pradeltorno u, rimane chiaro una volta di più, che vi è
molta gente a cui sta profondamente a
cuore la sorte dei Valdesi rimasti alle Valli con lutti i loro problemi grandi e piccoli, e la sorte dei nostri stabili, templi o
case storielle. I doni per Pradeltorno, attraverso al tacito ma significativo linguaggio dei fatti, esprimono il desiderio di
molti di noi che il patrimonio spirituale
della fede nelle Valli ed il patrimonio materude dei ricordi storici, siano attenta
mente ed amorevolmente curati, anche
presso i piccoli gruppi delle comunità residue della nostra montagna.
Per conto mio sono riconoscente a Dio
che -suscita in molti cuori il senso del valore insostituibile di entrambi quest’ patrimoni.
I nostri cari Pra-deltornesi saranno lieti
di vedere quanti amici hanno in ogni parte del mondo, si può dire; e ne saranno
incoraggiati, io spero, in tutte le loro attività. Chi sa che molti di questi am'ci
possano recarsi quest’estate a fare una visita a Pradeltorno, per fraternizzare ancora meglio insieme, sotto la guida del
Pastore di quella località.
Edina Ribet Roslain
Alla Riforma sfuggì pure la pie
nezza deirapostolicira aelia cniesa,
1 unità essenziale cicè fra discepolato
e missione. Noi siamo chiamati ad
essere con Cristo, per essere mandati
nel mondo. Mentre nei ’primi secoli
questa unità essenziale era viva per
U fatto che la Chiesa era spontanea
mente una comunità missionaria,
ben presto la missione divenne qualche cosa di straordinario. La Chiesa
non ha ovviamente dimenticato dei
tutto questo elemento costitutivo della sua apostolicità. E’ tuttavia solo
ora che noi cominciamo a comprenaere come l’essere con Cristo e l’es
sere mandato da Cristo abbiano un
egual valore e una interdipendenza
teologica. Una Chiesa che realmente
e soiidamente si attenga all'insegna^
mento degli apostoli diventa ipso
facto Chiesa missionaria; questa ve
iità è espressa in molte recenti dichiarazioni ecumeniche e non è necessaria nessuna citazione. In Olanda si sta sviluppando una interessante «teologia dell’apostolato» (H.
Kraemer, A. A. van Ruler, J. C. Hoe
kendijk, e-d altri); questa costruisce
a poco a poco una ecclesiologia spe
rimentale completamente ispirata
dall’apostoiicità della Chiesa e in favore di questa — a volte si accentua
troppo esclusivamente il secondo elemento costitutivo deH’apostolicità.
Derrière ce procès,
un autre procès...
Anche in seno alla Chiesa cattolico-romana è stato rimesso in luce
questo secondo elemento. « La Chiesa è apostolica non solo nel senso
che la Chiesa del Nuovo Testamento
discende dagli apostoli, scelti e mandati da Cristo, ma anche nel senso
che Essa partecipa alla missione redentrice e santlficatrice di Cristo, il
«mandato» per eccellenza». Questo
è quanto stabilisce il rapporto di una
importante commissione ecclesiastica. « Tutta la Chiesa è in comunione
col reai sacerdozio e la missione di
Cristo. In molti modi, con diversa intensità e capa-cità tutti i membri della
chiesa partecipano al reai sacerdozio
della Chiesa e di Cristo nella misura
in cui rimangono uniti alla gerarchia stabilita da Dio. Ogni uomo ed
ogni cristiano è chiamato a collaborare — in seno alla Chiesa — alla
propria salvezza e santificazione, alla salvezza e santificazione di tutto
il mondo, nella lode che tutto U
mondo innalza a Dio ».
Si potrebbero addurre molte ragioni per la riscoperta del secondo elemento costitutivo della Chiesa apostolica. Questo articolo vuole attirare
l’attenzione solo sul fatto, assai importante, che la sempre maggiore
preoccupazione e la sempre più completa manifestazione della missione
della Chiesa sembra in genere andare passo passo con una rinnovata coscienza nel laicato di essere il laos,
il popolo di Dio. Per tutto il tempo
che questa « coscienza del laos » rimase viva fra i primi cristiani, la
Chiesa continuò ad essere spontaneamente Chiesa missionaria. Più
tardi gli ordini monastici (che furono in origine, sotto certi aspetti e
fino ad un certo punto, movimenti
laici : furono infatti i primi movimenti laici organizzati nella storia
della Chiesa) divennero i protagonisti nella missione della Chiesa. Molto lavoro missionario ed evangelisti
co nella cristianità protestante ed in
special modo la forzata espansione
missionaria attraverso tutto il mondo fu fin dall’inizio in genere interesse ed impresa dei laici. La parte importante che movimenti ecumenici
laici come la World’s Student Christian Fédération, l’YWCA, l’YMCA,
hanno avuto a questo proposito è
ben nota. Gli osservatori ecumenici
preparando il paragrafo sull’« Evangelismo — La missione della Chiesa
verso quelli che vivono fuori della
sua vita» all’Assemblea Ecumenica
di Evanston, riassumono questo movimento per intero con le parole:
« L’Evangelismo totale non può essere altro che una convinta, unita dimostrazione del « laos » ( il popolo
della missione) della solidarietà di
Cristo nei confronti del genere umano. I membri del laos, i laici, sono
gli agenti della predicazione dell’Evangelo nel mondo».
Lo stesso sviluppo si può osservare
nella storia recente del Cattolicesimo
romano. La summenzionata citazione cattolico-romana sul secondo elemento dell’apostolicità della Chiesa
è presa da un documento preparatorio per il secondo Congresso Mondiale sull’Apostolato laico. Non si tratta
di un caso. Il rimettere in luce la
missione della Chiesa, la coscienza del
laicato di essere il laos, sono elementi questi che per nessuno come
per il cattolicesimo romano moderno
vanno così chiaramente uniti.
Nous empruntons à la plume d’un journaliste genevois, rédacteur de La Vie protestante, cet article relatif au procès du
jour, l’affaire Jaccoud. C’est bien autre
chose xju’un réportage!
Le grand procès a commencé. La
question est posée, dans les formes
de la justice des hommes, de savoir
si Pierre Jaccoud est coupable d’as
sassinat et de tentative d’assassinat.
On sait que, responsabilité redoutable, les jurés ont dû faire serment
(ou solennellement promettre) de se
« décider uniquement d’après les char
ges et les moyens de défense, suivant
leur conscience et leur intime conviction, sans aucune acception de per.
sonnes, à l’égard du pauvre comme
du riche, du faible comme du puissant, de l’étranger comme du ci
toyen... ».
Sans acception de personnes... La
formule rend un son biblique. Et la
Bible en effet nous enseigne que « Dieu
ne fait point acception de personnes
et n’accepte point de présents », qu’il
« fait droit à l’orphelin et à la veuve » et qu’il « aime l’étranger ». C’est
la raison pour laquelle l’homme luimême est appelé à « ne point commettre d’injustice en rendant ses jugements » : « Tu ne favoriseras pas le
pauvre, et tu n’auras pas de complaisance pour les grands: tu jugeras ton
prochain selon la justice ».
Juger sans faire acception de personnes, sans manifester aucune espèce de préférence, sans tenir compte
de l’appartenance politique, sociale,
ecclésiastique, ou familiale d’un accusé: qui donc est assez libre, vis-à
vis des autres, et vis-à-vis de soi-même, qui donc est assez courageux, assez clairvoyant, pour exercer de cette
manière-là la justice? Ceux-là. sans
doute, à qui il a été donné de se savoir
eux-mêmes pleinement connus, exacte
ment pesés, souverainement jugés par
Dieu.
Touchant l’accusé, U faut ici rappeler qu’il est dans les usages liturgiques des Eglises d’intercéder poulies prisonniers. L’une de nos prières
intercède en ces termes : « Accorde le
sentiment de ta présence aux prisonniers et aux persécutés; aie pitié des
révoltés, des désespérés, des calomniés; viens au secours des faibles qui
échouent, des âmes tentées de s’en
lever la vie, et de celles qui doutent
de ta grâce».
Le sentiment de la présence de
Dieu; il faut demander qu’il soit accordé tout particulièrement à ceux
qui ont à comparaître devant la justice des hommes; à Pierre Jaccoud,
sans doute, mais aussi, de même à
tous les prévenus, à tous les accusés
moins célèbres. Nos jugements n’ont
pas à faire acception de personnes.
Nos prières non plus.
Derrière le procès qui maintenant
se déroule, un autre procès, plus dé
cisif encore, a heu simultanément à
huis clos. Cet homme comparaît devant des hommes quî l’attaquent, le
défendent, ou devront le juger. Et en
même temps, dans le secret de sa
conscience, c’est devant Dieu qu’il
comparaît.
Que « le sentiment de la présence
de Dieu » lui soit donc accordé. Qu’il
lui soit donné de se savoir en présence de son suprême accusateur et
de son ultime juge, en présence aussi
de son plus sûr avocat et plus encore
de son sauveur lui-même.
Comment dire tout à la fois cette
confusion et aussi oette libération
que l’on éprouve à se tenir en sa présence? Comment faire pour exprimer
humainement ce qui se passe quand
l’homme est en face de son Seigneur?
Comment chanter assez bien cette
paix que Dieu accorde au coupable
qui avoue et assume, et qui paie pour
sa faute? Cette paix qu’il donne aussi
à l’innocent injustement traité? Cette paix qu’il dispense à quiconque, au
pied de la Croix de son Fils, dépose
le trop pesant fardeau d’une faute
commise ou d’une faute subie?
Dieu confond et démasque le coupable et du même coup le grâcie et
le remet debout.
Dès maintenant, on peut le dire:
que les hommes lassent — ce qui est
vivement souhaitable — ou qu’ils ne
fassent pas toute la lumière sur elle,
l’affaire Jaccoud trouvera sa conclusion dernière dans la grâce et dans
le jugement de Dieu.
Jean-Marc Chappuis.
Hans Ruedi Weber
11 cardinale Maurice Fellin, arcivescovo
di Parigi, ha indirizzato un’esortazione al
clero e in genere a tulli i cattolici francesi perchè s’astengano dal protestare contro la prossima vi.sita di Kruscev in Francia. NeH’esortazione era scritto; «Noi abbiamo il dovere come sacerdoti di tenerci
al di fuori da manifestazioni di protesta.
L'alleggiamento della Chiesa non deve mai
poter essere confuso con quello d’un parlilo politico ». La presa di posizione del
cardinale Fellin è una sconfessione delFazione di George Sauge presidente del
Movimento Nazional-Cattolico francese.
Sauge che si richiama alle posizioni pre.se
sulla distensione dal cardinale Alfredo
Otiaviani, ha organizzato delle squadre di
azione per creare degli incidenti durante
le apparizioni in pubblico di Kruscev. La
presa di posizione del cardinale Fellin rappresenta ani be un attacco al cardinale Otiaviani. (L’Espresso).
3
f
N. 5 — 29 Gennaio 1960
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
pag. 3
GU SVILUPPI DURANTE IL SUO S£Omn
La Chiesa Valdese di Genova
La crisi che minacciò l’esistenza
della chiesa fu provocata dal problema del locale. Ancora una volta le
adunanze avevano dovuto emigrare in
un altro locale sulle Mura di S. Chiara
che aveva servito a fabbrica di biacca.
Dopo tanto cercare fu finalmente trovata una chiesa non più adibita al culto appartenente al demanio e che fu
acquistata dal banchiere Giuseppe
Malan, membro della chiesa di Torino e deputato al parlamento. Scoppiava intanto il colera con più di
300 casi al giorno ; i culti vennero sospesi ed il locale di culto venne adibito a lazzaretto ad uso dei membri
di chiesa. Fu una grande prova per
la comunità ma una ben più grave
tempesta si addensava su di essa. Il
morbo era cessato ed il pastore era
partito per Ginevra a prendere la famiglia; si erano cominciati i lavori per
adattare la chiesa acquistata al culto
evangelico, quando giunse la notizia
che la Tavola aveva rivenduto detta
chiesa riconsegnandola al demanio.
Le proteste dell’arciveseovo di Genova contro la destinazione di una cfiieT
sa cattolica ad uso di tempio protestante avevano indotto Cavour a chiedere alla Tavola la rinunzia a detto
acquisto. La conseguenza fu che il
Mazzarella dette le sue dimissioni da
ministro della Chiesa Valdese e, seguito dalla quasi totalità della radunanza, fondò quella che poi divenne
la Chiesa Libera o Chiesa Evangelica
Italiana. Ognuno può immaginare con
guali sentimenti il pastore Geymonat
riprese il lavoro in queste nuove dolorose circostanze e non sorprenderà
§he l’anno seguente , 1855, egli accettasse l’incarico di professore deirallora fondata Facoltà di teologia.
Sotto il suo successore pastore G.
D. Charbonnier la Tavola deliberava
l’acquisto di un terreno nella signorile Via Assarotti su cui costruire il
tempio e, dato che Topera malgrado
tutto si consolidava e cresceva tanto
che il pastore teneva diverse riunioni
e visitava Favaie e Sampierdarena,
deliberava di dargli un aiuto nella
persona del sig. Bruschi colTincarico
speciale « di tenere piccole riunioni,
di visitare i membri della congregazione e fare cura delle anime in dettaglio I). Intanto proseguivano i lavori del tempio che potè essere inaugurato il 14 ottobre 1858. Al culto inaugurale, oltre al pastore Charbonnier,
prese parte il pastore Geymonat che
pose la Bibbia sul pulpito con appropriate parole e dopo avere letto un
brano lesse i dieci comandamenti e
la confessione dei peccati. Il sermone
fu predicato dal Moderatore pastore
B. Malan.
La comunità aveva così un efficace
strumento per la sua attività: al pianterreno v’erano una cappella ed i locali per le scuole diurne e la scuola
domenicale; al primo piano il tempio.
Inoltre un modesto appartamento per
il pastore. L’ingresso era in Via Assarotti.
Come abbiamo già rilevato un anno
dopo la comunità si costituiva in chiesa regolare e da allora l’opera si svilupperà in modo normale creando via
via gli organi necessari al suo funzionamento. Così viene nominata una
commissione per i poveri che presto
si trasformerà in diaconia. Si delibera
anche di tenere un’assemblea mensile
dei membri di chiesa per trattare di
problemi che concernono la vita della
comunità e la sua opera di testimonianza.. Nel 1864 l’opera di Sampierdarena venne affidata alTevangelista
Bruschi che fu sostituito dal pastore
Eugenio Revel. Quando in quell’anno
il pastore Gay lasciò Genova la chiesa
contava ormai 154 membri comunicanti e 98 fanciulli. Fu sostituito dal
pastore Giulio Jalla la cui attività fu
presto troncata dal terribile colera del
1866 in cui egli, che aveva appena 28
anni, lasciò la vita assieme alla sua
consorte. 11 Comitato incaricò allora
della direzione della chiesa il pastore
Matteo Prochet che vi rimase fino al
1883 quando la presidenza del Comitato di Evangelizzazione, ch’egli aveva occupata dal 1871, veniva trasferita a Roma.
Nel 1867 venne nominato il primo
Consiglio di chiesa composto solamente di diaconi e fu solo nel 1875
che vennero eletti i primi anziani.
L’opera di evangelizzazione veniva
compiuta non solo nel tempio di Via
Assarotti ma altresì in un locale in af
ta Chiesa di Genova, che ha recentemente
celebrato il sno centenario, inaugurerà domenica 31 gennaio il suo tempio ricostruito
fitto, dapprima in salita Castelletto e
poi nella più centrale Via Chiabrera
dove pure venne aperta una scuola
professionale che ebbe gran successo.
In circa 25 anni il numero dei comunicanti era salito a 212; la media degli
uditori ai culti della domenica mattina era di 180-200, quella ai culti serali 100-130 c su settimana 30-35.
E impossibile in un breve articolo
di seguire la chiesa in tutti i suoi sviluppi. Ricordiamo che nel 1908 in occasione del cinquantenario della, inaugurazione del tempio, il Comitato di
Evangelizzazione decise di trasformare il palazzo, portando il tempio al
pianterreno e costruendo parecchi appartamenti di affitto. Le scuole erano
state chiuse da parecchi anni e si pensava che il tempio direttamente sulla
vìa si sarebbe prestato meglio alTopera. Però il vano di esso risultò più piccolo del precedente ed in un certo
senso ci si preoccupò più del lato finanziario dell’operazione che dell’efficienza dello strumento per l’opera, Infatti, oltre al tempio, vi era solo una
sala piuttosto esigua al pianterreno,
perchè la cappella era stata ceduta fin
dal 1898 alla Chiesa Luterana tedesca. Durante il periodo di trasformazione la chiesa fu generosamente ospi
tata nella bella Chiesa scozzese di Via
Peschiera ed il nuovo tempio venne
aperto al culto la domenica 5 giugno
1910.
La comunità passò nella prova delle due guerre mondiali e soprattutto
la seconda provocò gravi danni all’edificio e per qualche tempo non fu
possibile tenervi culti, ma ben presto
colla fine della guerra le varie attività ripresero via via in modo regolare
e rallegrante. Si era così giunti al 1958
ed il Consiglio aveva già progettato
una serie di cerimonie per celebrare
il centenario dell’inaugurazione del
tempio quando in agosto il cedimento
in una parte delle pesanti decorazioni
del soffitto obbligò a procedere alla
demolizione di tutta la decorazione
del tempio e ad un rifacimento totale
con un progetto interamente nuovo affidato ad una commissione di architetti evangelici. Nelle remore di studi
e di approvazioni i lavori non poterono essere cominciati che un anno dopo e se Dio vorrà il tempio così messo
a nuovo verrà inaugurato la domenica
31 gennaio. Ma non possiamo terminare senza aver prima espresso tutta
la nostra gratitudine alla Chiesa Luterana che ci ha offerto ospitalità in modo così fraterno. Emilio Corsani
Inverno a Prali
Quest’autunno e principio d’inverno il tempo è stato particolarmente
incostante a Frali. Da quando sono
finiti i fieni fino ad ora non vi è stata forse neppure una settimana ininterrotta di bel tempo : ogni pochi
giorni pioggia, neve o vento e qualche volta tormenta. La temperatura
di queste ultime settimane, se pure
abbastanza rigida non è 'stata eccezionalmente bassa data la stagione
e l’altitudine. Le «punte» di freddo
sono arrivate fino a 20 sotto zero, misurate nei luoghi notoriamente più
freddi, il ponte di Ghigo e la teleferica di Villa.
Nel periodo natalizio ha cominciato a funzionare la Seggiovia dei Tredici Laghi trasportando fino al Pian
delTAlpet molte e molte centinaia
non solo di sciatori, ma anche di « sedentari » desiderosi di godere il magnifico panorama che il percorso della seggiovia offre al viaggiatore. La
inaugurazione ufficiale degli impianti è avvenuta il giorno 3 gennaio;
l’avv. Ettore Serafino in un sobrio ed
efficace discorso ha ricordato alle autorità invitate ed ai convenuti che
alTorigine della Seggiovia sta non
l’iniziativa di qualche grosso capitalista, ma il contributo modesto eppure essenziale di un gran numero di
agricoltori e minatori pralini. Dopo
il discorso, salita alTAlpet, rinfresco
al ristorante gestito dal Sig. Baudrino, discesa e pranzo all’Albergo delle
Alpi. Al brindisi diversi oratori han
reso omaggio all’opera del Consiglio
di Amministrazione della S. A. Seggiovia 13 Laghi ed in particolare al
suo presidente aw. E. Serafino.
Il pranzo all’Albergo delle Alpi era
anche, in certo qual modo, la prova
del fuoco per la nuova gestione che
è succeduta al cav. Edmondo Grill.
Questi si è ritirato dal 1<> dicembre a
meritato riposo dopo esattamente
trenta anni di attività alberghiera
durante i quali ha saputo manifesta
re quelle qualità che gli hanno atti
rato Taffettuoso rispetto di quanti so
no venuti in contatto con lui. A lui
ed alla signora Grill desideriamo au
gurare molti anni di sereno e tran
quillo riposo.
Un cambiamento di gestione comporta sempre delle novità. Da quando la Società Iniziative Valligiane
(SIV) gestisce l’Albergo delle Alpi
sono stati istallati il riscaldamento
centrale e l’impianto di acqua calda
e fredda nelle camere; i servizi sono
stati rimodernati e lo saranno ulteriormente in primavera quando le
condizioni del tempo permetteranno
di riprendere i lavori.
Ha cominciato a funzionare un
nuovo ristorante-bar denominato
« Miramonti » di proprietà del sig.
Enrico Grill. E’ probabile che in estate faccia anche servizio di pensione.
Le installazioni moderne ma familiari creano nel locale un’atmosfera
molto simpatica.
Da tutto ciò appare chiaro che la
attrezzatura turistica di Prali si sta
rinnovando. E molti se ne sono accorti, come dimostra il numero di
vetture e di pullmefi che occupano
tutta la piazza di Ghigo nelle domeniche di bel tempo; come lo dimo
stra pure Tistltuzione di nuove autolinee festive. ,
Il contraccolpo di tutto questo mo
vimento lo risente il nostro culto domenicale che ha perduto alcuni assidui frequentatori pralini ora impe
gnati nel funzionamento della seggiovia; e d’altra parte si sono visti
apparire tra i banchi del Tempio ben
pochi di quei Valdesi, pure abbastanza numerosi, che soño venuti in que
ste ultime domeniche a provare le
meraviglie della nuova seggiovia. Vi
sono apparsi però alcuni stranieri
evidentemente abituati nei loro paesi ad andare al culto anche nelle
giornate di sci. Certo, per ora nelle
grandi stazioni italiane di sports invernali non esistono templi evangelici e perciò gli sciatori valdesi hanno preso l’abitudine di pensare che
una domenica di sci vuol dire una
domenica senza culto. Ma qui a Prali
e^i hanno la fortuna di poter pra
ticare il loro sport preferito in un
luogo dove esiste una comunità valdese pronta ad accoglierli fraternamente per il culto, così come essa accoglie in estate i villeggianti ed i
campisti di Agape.
Parlando di Agape, non si può dimenticare che durante il campo invernale, tenutosi nella settimana a
cavallo del Capodanno è stato celebrato il «processo alTobiettore di co
scienza», di cui hanno dato notizia
anche i due massimi quotidiani torinesi. Questo processo simbolico ha
destato estremo interesse in tutti i
partecipanti al campo; la notorietà e
la dottrina di chi ha diretto o partecipato ai dibattiti (S. Eccellenza D.
R. Peretti-Griva, il giudice A. Mortarino, gli avvocati Ettore Serafino,
Franco Fetore e Bruno Segre, i pastori Tullio Vinay, Giorgio Girardet
e Giorgio Toum) indicano con quanta serietà e rigore sta stato affronta
to il problema dell’obiezione di co
scienza. E’ da sperare che attraverso
questo dibattito non solo sia stato
chiarito il problema ai campisti, ma
sia stato dato un contributo positivo
per affrettare il giorno in cui il Parlamento italiano darà uno stato legale agli obiettori. a. C.
APOCALISSE 1964
L'ultima spiàggia
Film americano di Stanley Kramer, con Gregory Peck, Ava
Gardner, Fred Astaire, bravi e sensibili, e l’ottima, umana interpretazione del giovane Antony Perkins. Il regista Kramer ha
al suo attivo film generosi, contro il razzismo, ad esempio
Australia 1964. La guerra atomica è scoppiata, ed è presto finita. Non si vedono
rovine. E’ la fine silenziosa, invisibile,
« pulita » che stende a poco a poco la sua
ombra su tutto il globo: la radioattività
che gradualmente i venti diffondono su
tutta la terra. Una ad una le terre e le
città muoiono, si trasformano in ordinatissimi cimiteri. C’è ancora un angolo della terra libero, l’Australia: l’ultima spiaggia. Ma non per molto. E assistiamo agli
ultimi mesi di questi superstiti: lucida (?)
gente del XX secolo che non assume davvero, davanti alla catastrofe inevitabile,
atteggiamenti millenaristi; gente divisa fra
un’incredulità attonita e una profonda
stanchezza.
Seguiamo alcuni « tipi », nei loro ultimi mesi (e forse una debolezza del film
è di non avere alcun senso « corale »: non
è il dramma di tutta l’umanità, ma di al
Clini individui, sia pure rappresentativi).
C è,^ naturalmente, chi vuol dimenticare,
"dl’alcool; c’è ehi vuol godere degli ultimi giorni, abbandonandosi alla passione
della velocità, ad esempio, o vivendo un
amore vero e forte; c’è la giovane coppia
che stenta angosciosamente ad accettare la
fine per sè e la propria creatura neonata;
cè lo scienziato turbato (ma non in modo
del tutto convincente) per la propria corresponsabilità nello scatenarsi della follia... E così, nei giorni di questo moderno, silenzioso « pulito » diluvio atomico la
gente come dice la Bibbia — mangia
e beve, lavora, ama. Aspetta, conosce la
fine. Ma è una vera fine.
Il film ha una sua forza indubbia ; oltre
alTinterpretazione, che è notevole, esso si
mantiene in una tensione sostenuta, procede con sagacia e con sobrietà: non c’è,
ad esempio, alcuna scena « apocalittica »,
non si vede neppure un cadavere, eppure
le visioiii delle città deserte, morte, infondono un’impressione tremenda di vanità. Una commozione profonda pervade
questa creazione che attraverso lo schermo
parlerà a molti.
Ma c è qualcosa che non convince. 11
film ha un’intenzione dichiarata, nobile,
generosa intenzione; quella di mettere in
guardia contro l’estrema follia — che, come^ spiega lo scienziato, nel suo scoppiare
può essere dovuta a « un povero cristo
che, in qualche punto del globo, ha perso
il controllo dei suoi nervi (il suo paese
avrebbe potuto esser spazzato via se avesse esitato un solo istante) e ha premuto
un pulsante... E il mondo è impazzito » —
è un film pacifista. Questa passione traspare continuamente, e come si potrebbe
non apprezzarla, e non vibrare in risposta? Ma que.sta «tesi» fa anche, a mio
avviso, la debolezza del film. Per il tema
affrontato ci sono due vie di rappresentazione. 0 una rappresentazione obiettiva:
cronaca, direi (il che non significa che
non possa essere umana!); oppure un
film-messaggio, che però sia allora un messaggio valido. Invece « L’ultima spiaggia »
rimane a metà strada. Le sue scene più
felici sono qnelle in cui la situazione è
presentata per quello che è: la speranza
(l’ultima a morire), l’angoscia, il rimpianto, la paura, la tenerezza, la serietà
e la follia degli ultimi uomini, quelli che
chiedono perchè, quelli che dicono che
non ci hanno colpa, quelli che affermano
(he, invece tutti ci hanno colpa, e pure
'■tfonofcono la propria particolare responsabilità ; le scene in cui l’uomo — di
fronte alla crisi — si mostra per quello
che è, per quello che vale; mostra quello
che conta per lui, e se ha una speranza.
Deboli, invece (anche se non retorici) i
brani apologetici, di appello. Perchè il
« messaggio » non è chiaro e non è forte;
e — malgrado l’apparenza — non è un
messaggio cristiano: manca al film ogni
prospettiva cristiana, la prospettiva del Re
gno. Gli uomini che vivono la loro tragica
ultima avventura sono uomini che dovrebbero essere gli eredi della tradizione
occidentale cristiana. Ma per loro Cristo
e l’Evangelo sono cose senza la minima
rilevanza, senza senso e incapaci di dare
un senso alla fine, che rimane una vera,
definitiva, disperata o stoica, a.ssurda fine.
La vera tragedia, più irreparabile del conflitto atomico, è questa — sarebbe questa,
se il quadro de « L’ultima spiaggia » dovesse risultare rigorosamente vero.
Mi si obietterà che Telemento « religioso » c’è: si assiste infatti a due riprese
a una riunione salutista (ma, in quel mo
mento, i tamburelli stonano più che mai),
sotto un grande striscione su cui è scritto.
« Fratelli, siete ancora in tempo... ». Anzitutto, questo elemento dà appunto l’impressione di essere uno degli elementi accanto agli altri, la Bibbia accanto al letto.
Piccolo Teatro Studentesco
66
Francesco Lo Bue
Sunno lieti di poter dare al nostro pubhhco la possibilità di venire a conoscenza
di uno dei maggior! commediografi del
teatro contemporaneo: George Courteline.
Sono stali infatti presi accordi tra il
F. T. e IL TEATRO DELLE DIECI di
Tonno (Compagnia d«l Teatro contemporaneo) in segu'to ai qual detta compagnia
ha accettato l’invito da noi fattole di recitare anche nella nostra cittadina lo
« Spettacolo Courteline » già presentato
per lungo tempo e con successo a Torino.
Lo spettacolo comprende quattro atti
unici : L’al colo 330 — La pace in famiglia
— Grossi dispiaceri — Quel buon diavolo
del Commissario,
La regia è di R. Scaglione, di cui voi
stesisi potrete giudicare la valentia. La
9!»
a troupe » degli attori ch’egli guida è formata da giovani artisti dotati di ottime
qualità: tanto che alcuni di loro già han
no preso parte a spettacoli radio-televisivi.
Ci permettiamo di sottoporre alla vostra
attenzione l’alto valore culturale che suddetta manifestazione offre e l’aspetto di assoluta novità per la nostra cittadina che lo
.spettacolo riveste, non solo per il pregio
delle opere presentate ma anche per la moderna interpretazione e regia cn' faranno
da sfondo e da inscindibile complemento
le musiche dì A. Peyrelti e gli elementi
coreografici di L. Fumo.
La recità avrà luogo lunedi 1« febbraio
alle ore 21,15 all’Aula Magna del Colleg o
Valdese.
alla bottiglia, alle folli corse d’auto, aUe
conversazioni filosofiche, alla nobiltà dei
sentimenti, alla tenerezza dell’affetto : chi
sceglie l’uno, chi l’altro... E poi, proprio
quella scritta è tradita, se ne abusa. Perchè l’Apocalisse de « L’ultima spiaggia »
è un’apocalisse pagana. L’appello salutista:
« Fratelli, siete ancora a tempo... » — che
nella sua forma può trovarci consenzienti
o no, ma che pure è un appello al ravvedimento e alla fede in Cristo e nel suo
Regno che viene — viene « girato » dal
regista agli spettatori come un appello a
frenare la follìa atomica, e ad incamminarsi, con buona volontà, verso giorni migliori. Questo sarebbe il « messaggio »
dell’Evangelo che la Chiesa dovrebbe portare al mondo? Se così fosse, la tristezza
disperata — aspra, violenta, raccolta, nostalgica, tenera, egoista, generosa — che,
malgrado l’intenzione dei produttori, si
sprigiona da questo film, sarebbe del tutto giustificata.
La vera domanda che «L’ultima spiaggià )> pone a tutti, « cristiani » e cc pagani »
è — come ha scritto lucidamente su Réforme Jean Goujerval — quella di Gesù
Cristo : « Quando il Figliol dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra? ». Per questo il film è un appello valido, anzitutto
per il credente.
g. c.
7 giorni
GIOVEDÌ’ 21
E stato sperimentato con successo un
supermissile russo lanciato con probabilità
dalla Kamtchatka e caduto, con grandissima approssimazione rispetto ai piani, in
pieno Pacifico. Contemporaneamente gli
S. U. hanno tentato con successo un nuovo
lancio di missile con una scimmietta a
bordo.
Il generale dei paras algerini. Masso,
convocato a Parigi, è aspramente criticato.
Il Parlamento di Bonn, in seduta straordinaria, condanna unanimemente le manifestazioni neo-naziste.
VENERDÌ’ 22
Adenauer a Roma ha avuto un incontro
« privato » con il Presidente Gronchi ; le
opinioni del Cancelliere federale sulla questione di Berlino, in vista della conferenza al vertice, sono state aecmlte con cortesia ma senza eccessivo calore.
E stato rivelato che da diverse settimane, e specie nel corso delle ultime, tre
ministri e una trentina di deputati hanno
ricevuto lettere anonime con minacce di
morte da parte di esaltati che fanno balenare « il pugnale degli arditi ».
Nella distribuzione delle cariche amministrative del gruppo parlamentare DC è
nettamente prevalsa la corrente di centrodestra.
SABATO 23
Adenauer ha avuto un cordiale incontro
con Giovanni XXUI, che però ha escluso
ogni riferimento alla politica.
Uno scoppio di grisù seppellisce vivi
406 minatori nel Sud Africa.
Il generale Massu è stato sostituito nel
comando del corpo d’armata di Algeri dal
gen. Crépin, fedele di De Gaulle, che pare deciso a reprimere gli oltranzisti. Si dice
che a Massu verrà affidato il comando di
Brazzaville, nel Congo. Povera Brazzaville...
Un senatore DC ha rivolto un’interrogazione su una proposta di una commissione del Consiglio Superiore della Sanità
che tenderebbe ad autorizzare per l’alimentazione l’olio ottenuto da grassi di
basso valore.
DOMENICA 24
Pur in un’atmosfera di cordialità i colloqui di Adenauer con Segni, alla presenza dei ministri degli esteri Fella e von
Brentano, hanno concluso la visita italiana
del Cancelliere tedesco su una nota abbastanza ambigua. I nostri politici sono stati
— pare — più riservati di Adenauer, pur
ammettendo (ma non così nettamente
Gronchi) una « sostanziale » unità di vedute sulla necessità diaun fronte comune verso l’oriente sovietico.
Poiché la vittoria del centro-destra DC
nel gruppo parlamentare rischia di compromettere il compromesso per cui sì è
tanto adoperato, il segretario Moro avrebbe minacciato di dimettersi.
Si è aperto in S. Giovanni in Laterano
il Sinodo della diocesi romana.
Come reazione alle misure parigine contro Massu, i colonialisti algerini tentano
dt organizzare un nuovo colpo di stato
come quello del 13 maggio ’58. Il tentativo non riesce, ma dopo una giornata di
scontri (25 morti e 141 feriti) la situazione
non e risolta, permangono barricate in
mano agli insorti e il Comando militare
ha proclamato lo stato d’assedio.
LUNEDI’ 25
In Algeria, la ribellione si estende a
Orano ; 1 esercito e la marina rimangono
fedeli al governo di De Gaulle, che è deciso a stroncare la sommossa.
Il primo ministro francese Debré giunge
ad Algeri.
MARTEDÌ’ 2«
11 governo italiano deplora ufficialmente
le manifestazioni antisemile e si impegna
a curare che siano insegnate nelle scuole
1 origine e le conseguenze del fascismo.
MERCOLEDÌ’ 27
La missione di Debré ad Algeri è fallila; i rivoltosi rimangono sulle barricate,
e 1 esercito si rifiuta di sparare, mentre
la sommossa si estende ad altre città algerine.
4
Novità alla Claudiana!
I BAMBINI
DI PRATOFIORITO
(Lire 200)
L'Eco delle Valli Valdesi
Novità alla Claudiana!
VIRGILIO SOMMARI
PROFETI E PROFEZIE
DELLA BIBBIA (L. 600)
Visite fraterne a Torre Pellice
La settimana dal 18 al 24 è stata
una bella settimana per la chiesa di
Torre Pellice: come era stato annunciato, nei nostri quartieri sono stati
tenuti, in queste sere, due turni di
riunioni, presiedute da im’équipe di
pastori delle vicine chiese sorelle che
a coppie vi si avvicendavano.
Tali riunioni erano state lungamen.
te preparate, e poi introdotte da una
riunione per tutti i «responsabili»
della nostra comunità, in cui sono
stati toccati alcuni pimti essenziali
della vita della chi^a, e da un’altra
per tutti coloro che intendevano pren.
dersi a cuore questa « settimana »,
neH’intercessione e nella diffusione
d^li inviti: abbiamo pubblicato alcimi dei messaggi rivolti in tali riunioni. Poi, di sera in sera, i Past. G.
Bertinatti, E. Ganz (che sostituiva il
Past. Santini), R. Jahier, A. Deodato,
Cipriano Toum e Giovanni Conte si
sono recati, a due a due, nei nostri
quartieri: le nostre scuole e i nostri
luoghi di riunione si sono in generale riempiti di un buon numero di
partecipanti, e il messaggio loro rivolto era articolato in due parti, per
ognuna delle due serate.
Qual’era questo messaggio? in tutta semplicità, il buon annuncio di
Cristo, il Liberatore e il Riconcilia
tore. Liberatore da che? Gesù Cristo
ci libera dal nostro peccato dandoci
il perdono; dal peso del nostro lavoro, dandogli nuovo significato; rinnova i nostri rapporti col prossimo illuminandoli con l’amore fraterno; vivifica la famiglia, rendendo i nostri
affetti stabili mediante la carità; ci
libera dalla perenne Insoddisfazione,
ridando significato alla nostra vita;
ci libera dalla noia indicandoci quanto di utile e di bello possiamo fare
con i doni che Egli ci dà; ci libera
I insomma dalla paura della vita e delia morte. Questa liberazione è anche
una riconciliazione: con Dio, che in
Cristo si riavvicina a noi e ci ridona
la gioia e la pace di chiamarlo « Padre»; e con gli altri, poiché Cristo ci
conduce in una vita nuova, facendoci
entrare nel grande piano di Dio, che
è piano di salvezza e riconciliazione
di tutto il mondo: in quest’opera Dio
ci vuole suoi collaboratori.
E la seconda parte del messaggio
era appunto: la riscoperta del fratei
lo. Contro lo spirito di Caino, che in
forme più violente o più cortesi domina i rapporti umani, si leva Colui
che è stato il vero buon samaritano,
Gesù Cristo, il fratello che Dio nella
Sua grazia ci ha dato, facendo di noi
al tempo stesso dei fratelli gli uni
per gli altri. Questa fraternità ha da
mostrarsi particolarmente viva nella
chiesa che non è un’associazione ma
un « corpo », il Corpo di Cristo : fraternità airintemo, e verso resterno.
Infine, domenica pomeriggio, nel
tempio del centro, si è avuta la riunione conclusiva, ravvivata da due
bei cori cantati dalla Corale. Il Past.
Jahier ha rivolto un messaggio sul
culto domenicale (e ci ripromettiamo
di pubblicarlo), il Pastore locale ha
accennato ad im bilancio —• molto
relativo — della settimana, e il Capodistretto, Past. A. Ribet, ha concluso con un vigoroso appello a vivere in tutta la sua pienezza la nostra vocazione cristiana, sapendo veramente rallegrarci con quelli che si
rallegrano e piangere con quelli che
piangono, vivendo non una religione
superficiale o triste, ma una fede fiduciosa e serena, umana quanto il
Cristo si è fatto uomo fra noi.
Si può fare un «bilancio» della
settimana? Assai difiìctle. Si possono
solo notare alcune cose. E anzitutto
che, se l’intenzione era di raggiim
gere con questi inviti e con queste
riunioni un buon numero di membri
di chiesa che in genere si tengono
un po’ in disparte, questo proposito
è stato in gran parte frustrato: compatti alle riunioni sono stati, per lo
più, i membri di chiesa che vi si raccolgono generalmente; relativamente pochi gli altri. Forse, anziché ram
maricarcene, possiamo ricavarne un
avvertimento : non é una « campagna », sia pure condotta in tono dimesso e in tutta umiltà, come que
sta, che può profondamente toccare
quanti non sembrano sentire la necessità di vivere la loro fede in stretta comunione con i fratelli: essi possono essere raggiimti soltanto dalla
testimonianza capillare, quotidiana a
tu per tu, che ricevono dai membri
di chiesa « impegnati ». Se i primi
vedranno in questi una certa coerenza di fede, se potranno silenziosamente ma realmente notare che tale
fede é una forza, una gioia, un costante e saldo punto di riferimento
nella vita quotidiana, nel lavoro, nella convivenza, se il credente responsabile sa, al momento giusto, rende
re semplicemente ma con vigore conto della fede e della speranza che lo
muovono, allora Cristo sarà veramente annunciato a quanti si tengono
ecclesiasticamente in disparte. Dell’appello, dunque, ha anzitutto bisogno' il nucleo « impegnato » ; e questo
appello é stato rivolto, in toni diver.
si, da voci diverse, in uno spirito di
fraternità e di profonda speranzali Signore ricorda alla nostra fede
e alla nostra speranza che Egli non
permette che la sua Parola tomi a
Lui a vuoto.
C.
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
ROOORETTO
L’il corr. mese il Signere ha richiama
a sè il nostro fratello Tron Eugenio all’età
dì 66 almi. Circa un mese fa, già ammalato., egli aveva lasciato la sua abitazione
nell’alpestre villaggio delie Rimas di Rodoretto, ora completamente spopolato, ed
era- sceso a Perosa Argentina accolto dalla
nipote. Là, egli ha risi>osto aRa chiamata
dei Signore dopo un’esistenza alquanto travagliata e particolarmente provata dalla
morte del suo unico figliuolo, avvenuta
nel corso di un rastreUamento in Val Pragelato durante l’ultima guerra. Il servizio
funebre è stato presieduto dal Pastore Gustavo Bouchard di Pomaretto. Ai familiari
in lutto giunga l’espressione della nostra
cristiana eìmtmtìa.
Domenica 17 coir. m. il nostro Vallone,
cosi tranqu’Uo e silenzioso specialmente
neUa stagione invernale, ha vissuto mo
menti di viva animazione durante lo svol
gimento di alcune gare sciistiche organiz
zate dallo Sci Club « Rric Bopc’e ». Agl
organizzatori ed ai bravi nostri convalli
giani, appassionati di questo sport, vada
il nostro plauso.
LUSERNA S- GIOVANNI
Il ricordo delle belle assemblee del tempo di Natale e del cambio di Anno, nei
due templi, nella grande sala del centro,
nei sette locali di riunione quartierale e
nei nostri tre Istituti Assistenziali, rimane
benefico in molti cuori, ma i più si sono
ora ritirati a vita privata e silenziosa in
attesa... delle solennità Pasquali. AH’amico Echard Buffa, per il dono ai nostri
bimbi del più bell’esemplare della sua
superba abetaia e al Consìglio Comunale
per la graziosa offerta di analogo dono, il
nostro rinnovato sentitissimo « grazie ».
Visite gradite. — La prima Domenica
dell’anno i culti nei templi dei Bellonatti
e del Cìabas e una magnifica assemblea serale nella Sala Albarin sono stati presieduti dal pastore Giovanni Tron di Montevideo al quale, anche le buone collette
a favore dell’erigendo tempio valdese nella capitale Uruguayana, hanno detto la riconoscenza e la gioia che i suoi messaggi
hanno suscitato in tutti i Sangianin.
— E la Domenica 17 gennaio il nostro
pulpito è stato tenuto dal pastore Giovanni Bertinatti, fedele, indimenticato amico
della nostra comunità alla quale egli ha
dato tanto di sè negli undici anni della
sua permanenza fra noi. Grazie caro amico e arrivederci!
Liturgia della vita e della morte.
— Durante il culto della prima Domenica dell’anno abbiamo ricevuto nella comunione della Chiesa un caro giovane,
proveniente da altra confessione di fede,
Egidio Culasso che, in seguito a regolare
corso di istruzione catechetica, aveva precedentejnente reso davanti al Concistoro
testimonianza della sua fede evangelica, f
— Domenica 10 gennaio il nostro culto
si è iniziato con la Amministrazione del
Battesimo cristiano al pìccolo Franco dì
Ferdinando Peracchione e Maddalena Gay.
— E al culto di Domenica 24 gennaio
abbiamo avuto la gioia di insediare nella
carica di anziano per il quartiere di Mourcious il nostro fratello Bruno Stefano Fontet designato dal quartiere stesso all’assemblea dì Chiesa che lo aveva eletto con
bella votazione in seduta del 27 dicembre.
Verso la casa del Padre! —- Il Ì1 dicembre abbiamo accompagnato al suo ultimo
riposo terreno il fratello Enrico Molano)
dei Malanot deceduto all’Ospedale in età
di 67 anni ; il 17 gennaio rispondeva in
età di 72 anni alla cliiamata del Signore,
dopo una travagliata esistenza, il nostro
fratello cieco Albino Mondon dei Marauda inf. ; il 20 gennaio restituivamo alle
terre i resti mortali della nostra sorella
Alina Malan vedova Malan, fiduciosamente addormentatasi nel suo Signore in età
di 72 anni, ai Turin; e il 26 gennaio, a
Bibiana, abbiamo accompagnato in quel
campo del riposo la nostra sorella Albertina Comba vedova Richard, madre del
nostro Anziano Aldo Richard, vice presidente del nostro concistoro, dipartitasi
dalla sua affezionata famiglia in età di 77
anni.
Il Signore santifichi ogni gioia e ogni
dolore dei suoi figliuoli e dia a tutti un
sempre maggior senso della preziosa opportunità che è la vita ch’Egli ci dona. J.
TORRE PUUCE
La nostra Chiesa ha goduto in questi
giorni di visite fraterne, di cui si riferisce più ampiamente altrove; ma teniamo
qui a ringraziare ancora di tutto cuore
l’équipe di pastori che con viva cordialità fraterna hanno annunciato nei nostri
quartieri la Parola di Dio. Possa questa
visita fraterna lasciare un’orma fra noi.
Domenica 24 il culto al centro è stato
presieduto dal Past. A. Deodato, che ringraziamo vivamente.
Sabato 16 e domenica 17 la filodrammatica dei Coppieri ha rappresentato con viva soddisfazione del pubblico, numeroso
alle due rappresentazioni, il dramma « Verso la vita ». Ci rallegriamo con gli attori
e i coristi per il buon successo della loro
fatica.
Un buon gruppo di membri di chiesa
sta dando la sua collaborazione nel presiedere riunioni in sostituzione del Past.
Sommani, costretto a letto da nn’indisposizione: li ringraziamo tutti di vero cuore,
rallegrandoci per questi doni dello Spirito del Signore.
Si ricorda che il culto di domenica 31
sarà tenuto in francese.
L’Unione delle Madri avrà luogo alle
Fucine lo stesso giorno alle ore 15.
POMARETTO
VILLASECCA
Un villaggio vuoto. Con la morte della
nostra sorella Anna Peyrot ved. Grill, deceduta a Combacrosa la sera del 5 gennaio,
dopo una lunga malattia, questo villaggio
è rimasto senza abitanti.
Al funerale celebrato il 7 u. s. ci e
sembrato di accompagnare al cimitero non
soltanto la noistra sorella, ma anche d! dire addìo a Combacrosa le cui mura sono
destinate a scomparire col tempo.
Questa borgata è situata, come dice il
nome, nel fondo del vallone che parte dagli Eiciassìe, sulla provinciale di Ferrerò
al Km. 3 da Perosa e va a perdersi per
le rupi che fiancheggiano Bovile Est, alla
sommità dei campi e delle vigne di Bastia
proprio sotto i primi dirupi.
Or sono 50 anni era abitata da oltre 30
persone ed in questi ultimi decenni le case
erano state fomite di acqua potabile e di
luce elettrica. Soltanto la posizione fuori
dal possibile tracciato di ogni strada attuale o di sperabile attuazione in un prossimo futuro ha scoraggiato i suoi abitanti
che sono, man mano, scesi verso la borgata di Bastia, a lo minuti più in basso,
verso la Torre, più in basso ancora, o a
Pomaretto ed in altre zone più comode.
Cbiusa l’ultima casa di questo villaggio
anche il quartiere di Bastia rimane ridotto a poche famiglie e precisamente 4 di
cui una partirà fra breve alla volta di Pomaretto.
Non ci sono molti commenti da fare.
Inutile rimpiangere un passato che in realtà ue.ssuno vorrebbe rivivere con le suo
strettezze economiche e inutile predicare
la resistenza su di un bastione diventato
veramente intenibile.
Ma occorre che le altre famiglie e le
altre borgate, quelle che sono in posizione
più favorevole raccolgano la brace dei focolari di Combacrosa che sì spengono e
lavorando e migliorando le possibiTtà che
ancora ci sono nelle nostre Valli, difendano li dove effettivamente si può difendere la terra e l’eredità dei Padri.
Alla famiglia della nostra sorella Anna
Peyrot Grill giunga ancora la parola del
conforto cristiano: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà ».
Domenica 17 (Gennaio è stato amministrato il battesimo a Paolo Barus, di Luciano e di Elmina G rand. Che il Signore
benedica questo agnello della sua greggia
e assista con il suo Spirito genitori e padrini che si sono impegnati per questo
fanciullo.
Siamo lieti di aver celebralo recenlemcnte il matrimonio di Orsetto Giuseppe e
Coucourde Ilda: uno stuolo di amici e
parenti ha preso parte alla cerimonia compiuta in un clima di semplicità lodevole;
agli »Itosi che si stabiliranno a Vivian
donde proviene la sposa inviamo un pensiero augurale invocando su di loro la
grazia del Signore.
Recentemente abbiamo celebralo il servizio funebre di Alma Coucourde di anni 72, deceduta a Torino presso la famigl'a dove lavorò come istitutrice per lunghi anni. Ben conosciuta nel nostro ambiente perchè sorella del defunto medico
Arturo Coucourde lascia due sorelle e le
nipoti ed una larga parentela. Inviamo ai
parenti la nostra calda simpatia cristiana.
Doni per Pradeltorno
L. Pennington de Jongb, Roma, Lit.
5000 — Prof. Renato Longo (T. Pellice)
Lit. 1.000. — Per offerte servirsi del C.C.P.
N. 2/18502 intestato a Bruno Costabel Via Serre 8 - Angrogna (Torino).
Redattore: Gino Conte
Coppieri - Torre Pellice
Tdl. 94.76
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice - c.c.p. 2/17557
Tipografia Subalpina - s. p. a
Torre Pellice (Torno)
Le famiglie Martinat, Gardiol,
Garrou e Grill annunciano con dolore, ma fidenti nelle promesse del
Signore, l’improvvisa dipartenza del
loro congiunto
Silvio Martinat
avvenuta a Lenoir N. C., negli Stati
Uniti, il 15 gennaio 1960.
Alla vedova Maddalena Gardiol. ai
figliuoli Edwin e Silvio e ai loro familiari tutti esprimono la loro viva
simpatia.
La famiglia del compianto
Albino Mondon
riconoscente per la grande manife
stazione di affetto, tributatele nella
doloro'sa circostanza della dipartenza
del loro caro congiunto, ringraziano
vivamente tutti indistintamente coloro che le furono vicini in tale circostanza. Ringrazia in particolar
modo il Dr. Gardiol per le lunghe
amorevoli cure; ed il Pastore Jahier
per la sua assistenza spirituale.
Lusema S. Giovanni, 19-1-1960.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Alina Malan
ved. Malan
profondamente commossa per le dimostrazioni di stima e di simpatia
avute nella triste circostanza, ringrazia sentitamente tutti coloro che
in diverso modo presero parte al suo
grande dolore.
Lusema San Giovanni, 20 gennaio 1960.
La famiglia Richard commossa per
la grande dimostrazione di stima e
di affetto ricevuta in occasione della
dipartita della cara mamma
Albertina Comba
ved. Richard
di anni 77
ringrazia quanti, in qualsiasi modo,
haimo dimostrato la loro simpatia
nella triste circostanza, in particolar
modo ringrazia i Pastori Jahier e
Tourn.
Bibiana 27-1-1960
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Ore 14-16