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Anno 120 - n. 36
21 settembre 1984
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
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a ; casella postale - 10066 Torre Pellice.
Sig. FELLEGRÎÎII Elio
Via Caiuti Libertà’ 3
10066 TCRHS PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
iNTERViSTA AL SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ’ VALDESE IN AMERICA
Già la scorsa estate, in occasione delie azioni dirette nonviolente presso la base NATO di
Comiso realizzate dal raduno
pacifista IMAC, Ton. Craxi aveva parlato di emissari dell’Est
europeo fra i manifestanti. Il
ministro degli Interni, on. Scalfaro, giustificava le cariche di
polizia con la precedente scoperta di « piani tutt’altro che non
violenti » (una mappa della base di Comiso disegnata a mano,
con l’indicazione dei diversi cancelli) nelle mani di un « appartenente ad Autonomia Operaia »
(in realtà un noto attivista del
Movimento Nonviolento).
Nessuno, però, aveva mai osato parlare esplicitamente di infiltrazioni terroristiche nel Movimento per ia pace. Nessuno soprattutto aveva mai sostenuto
— come oggi fa Craxi — che « il
pacifismo e Tecoiogismo rischiano di diventare facile, sia pur
inconsapevoie, veicolo di una
strategia forse incruenta, ma altrettanto pericolosa, perché diretta pur sempre a scopi di eversione ».
Parlare di « possibili infiltrazioni terroristiche » in grandi
movimenti di massa non ha alcun senso, se non quello di mettere la pulce del discredito neli’orecchio del lettore distratto.
Ma parlare del rischio che questi movimenti diventino veicoli
di strategie eversive è ben più
grave: significa sostenere addirittura che la loro direzione possa essere assunta da elementi
eversivi o — peggio — che essi stessi, sebbene nonviolenti
contengano già in sé il germe
dell’eversione.
Il Presidente del Consiglio ha
dichiarato di avere fra le mani
ben 70 nomi di presunti terroristi o fiancheggiatori che operano nel settore antinucleare,
antimilitarista e pacifista. 70: lo
stesso numero di pacifisti presenti al raduno ECO di questa
estate a Comiso. O forse i 70
vanno ricercati fra i ventenni
dell’autonomia «Rockabilly» padovana e romana che da poco
più di un anno seguono umilmente le iniziative dei comitati
per la pace, senza riuscire a
cambiare una virgola anche
quando sono in schiacciante superiorità numerica? Oppure tra
chi risponde alle lettere di questo 0 di quel brigatista in carcere che chiede di capire meglio
la strategia pacifista?
Ad ognuno il suo mestiere infine: al Governo, al Parlamento
e alla Magistratura rispettivamente di mantenere nei limiti
della legalità lo scontro sociale,
di imporre gli stessi limiti al
Governo e di perseguire i colpevoli di eventuali reati; al Movimento per la pace e a quello
ecologista di rimanere fedeli alla
loro Identità e alla loro strategia, rigorosamente nonviolenta
e non allineata, rispettosa delle
regole sancite dalla Costituzione
repubblicana, ma anche pericolosamente eversiva nei confronti
di alcune scelte dell’attuale governo. E’ probabilmente quest’ultimo aspetto che fa straparlare
il nostro primo ministro, tanto
da non accorgersi che a dichiarare di temere una eversione...
nonviolenta, si fanno solo brutte
figure.
Bruno Gabrielli
Per un mutamento radicale
deiridolatria militarista
Lo Spirito ha usato lo sconsiderato militarismo e lo spettro della distruzione del pianeta per
aprire le orecchie della comunità della fede la cui attenzione è ora centrata sulla conversione
Frank Gibson, pastore presbiteriano negli Stati Uniti, dall’anno
scorso è segretario della Società valdese in America (AWAS) e in
questa veste ha visitato quest’anno chiese e opere valdesi e metodiste nel Sud e ha partecipato all’inizio dei lavori del Sinodo. In
questa occasione gli abbiamo rivolto alcune domande sulla pace e
sulla lettera che la Riverside Church di New York ha indirizzato
al Sinodo e che pubblichiamo a p. 12.
— Frank, quali sono le tue personali convinzioni in tema di
pace?
— La Scrittura insegna che i
credenti aspettano nuovi cieli e
nuova terra nei quali abiti la
giustizia e che se siamo stati risuscitati con Cristo siamo resi
liberi di praticare la giustizia
dell’età dello Spirito che viene,
riscossi dalla potestà delle tenebre (2 Pi. 3, Col. 1-2).
Credo perciò che sia compito
della chiesa tentare di discernere ciò che lo Spirito dice, cosa
10 Spirito opera negli eventi della nostra storia e agire mettendo
insieme la fede bibliea e la coscienza politica. Come ha detto
11 teologo latino-americano Gustavo Gutierrez: « nella storia e
solo nella storia il dono delTa
mcre di Dio è creduto, operato e
sperato ».
Negli anni ’60 lo Spirito ha
agito per mezzo del grido degli
oppressi negli Stati Uniti, e i
credenti dopo aver ascoltato a
lungo si sono mossi per rendere
possibile l’adozione di una nuova politica nazionale dei diritti
umani.
Negli anni ’60 e ’70 lo Spirito
ha agito per mezzo del grido
degli oppressi nell’Asia sudorientale e quando i credenti, insieme a non credenti (perché anche in loro opera lo Spirito), finalmente udirono il grido, intervennero e operarono un radicale cambiamento rispetto all’avventurismo della politica estera del nostro paese. Oggi sono
convinto che lo Spirito agisce
attraverso l’anelito verso la pace e il disarmo.
— Come si configura l’impegno delle chiese degli Stati Uniti
per il disarmo?
— Penso che l’impegno delle
chiese nella lotta per il disarmo
nucleare sia stato ben più difficile da attuare negli Stati Uniti
di quanto siano state le lotte
precedenti degli anni ’60 e ’70.
Ciò che è in gioco questa volta
è la sicurezza nazionale, la bandiera, la stessa sovranità nazionale. Ma le idolatrie delle nazioni non frenano lo Spirito che
parla ancora per quanti hanno
occhi per vedere e orecchie per
sentire; voci profetiche cominciarono verso la metà degli anni ’70
a chiamare le nostre chiese ad
affermare la via del Regno che
è vita, contro la via della fiducia nei missili che è morte.
Gradualmente le chiese — sia
sul piano locale che sul piano
denominazionale — hanno trovato il coraggio per mettere in
questione la politica dello Stato, riconoscendo che nessun pa
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Una risposta alla sfiducia
Marco 4: 3-9
Sin dal primo Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste, diversi ordini del giorno ci hanno posti dinanzi a quello che è il nostro compito fondamentale: l’annuncio dell’Evangelo.
E’ un compito che ci è stato
affidato al momento stesso della nostra chiamata alla fede e
che costituisce quindi la nostra
ragione di essere; ma è anche
un compito che abbiamo spesso
trascurato, e non sempre perchè
preoccupati soltanto di questioni di carattere interno alle nostre chiese: il ripiegamento all’interno, quando si verifica, ci
deriva spesso dal senso della nostra inadeguatezza dinanzi ad un
compito che richiede come teatro il nostro paese anziché le
pareti di un tempio, e come uditorio i nostri concittadini anziché lo sparuto numero dei nostri membri di chiesa.
Dietro il nostro ripiegamento
vi sono spesso delle domande di
fondo:
— Come è possibile che la predicazione di piccole comunità,
come le nostre, possa attirare
l’attenzione generale o addirittura incidere nelle situazioni di
crisi che travagliano la nostra
società?
— I nostri timidi tentativi di
predicazione al popolo non ci
fanno spesso toccare con mano
un mondo insensibile o del tut
to indifferente all’annuncio dell’Evang&lo?
— E se il terreno, destinato
a ricevere la buona semenza della parola di Dio, si presenta ai
nostri occhi arido e desolato,
senza alcuna prospettiva di un
roseo raccolto, perchè affrontare ancora la dura fatica della
seminagione?
La parabola del seminatore
vuole rispondere a tutte queste
domande. Gesù l’ha narrata, per
dare una risposta agli interrogativi della gente del suo tempo,
che aveva dovuto notare come
la sua predicazione non cambias^ la situazione. Egli andava attorno per città e villaggi
ad annunciare la lieta novella
del Regno di Dio, ma nulla di
veramente nuovo accadeva, che
potesse imporsi all’attenzione generale. Le sue affermazioni grandiose e le sue promesse dalle
grandi prospettive avevano raccolto, intorno alla sua persona,
soltanto un pugno di discepoli,
che lo seguivano, ma senza idee
chiare e, con i pochi discepoli,
una turba composta da pubblicani e da peccatori, da qualche donna e da uomini da lui
beneficiati.
Era questo il Regno di Dio?
Era questo il successo di un annuncio che si doveva prospettare come un rivolgimento di portata universale?
Gli Evangeli hanno registrato
non solo la crescente opposizio
ne delle autorità religiose, ma ancora l’incredulità degli stessi concittadini di Gesù e le graduali
defezioni di molti suoi discepoli.
A proposito di questi ultimi, l’Evangelo secondo Giovanni annota con rammarico: « Molti dei
suoi discepoli si ritrassero indietro e non andavano più con lui ».
In questo contesto di sfiducia
e delusione Gesù invece è colmo di letizia e di certezza: egli
ha davanti a sé il gran giorno
del raccolto e sa che all’ora terribile e scandalizzante della croce seguirà inaspettata la vittoria del mattino di Pasqua.
La parabola del seminatore
contiene appunto questo annuncio: l’inaspettata vittoria del Regno di Dio malgrado ogni insuccesso, anzi attraverso l’insuccesso.
Il campo del contadino palestinese era veramente sfiduciante: un terreno accidentato e pietroso, molto simile a certe zone
del Sud della Sicilia dove, nonostante tutto, il contadino si è affaticato e ha lavorato per strappare un tozzo di pane e sfamare
se stesso e la famiglia.
Il seminatore della parabola è
consapevole della poca fertilità
del suo campo, per le rocce che
affiorano da ogni parte e per le
numerose contrarietà che minacciano di distruggere la sua seminagione. Eppure sparge ovunGiovanni Lento
(continua a pag. 3)
triottismo è degno di essere sostenuto quando il suo costo è
Tumanità stessa.
Tutte le chiese storiche dagli
inizi degli anni ’80 si sono espresse pubblicamente contro la corsa agli armamenti. Le stesse
chiese hanno segretariati nazionali per la pace e il disarmo.
Un consorzio di una ventina di
denominazioni ha messo in piedi a Washington un ufficio legale ecumenico (« Impatto nazionale») che dà frequenti consigli alle chiese permettendo ai
loro membri di far pressione
sul Congresso in tema di disarmo. I tre maggiori temi su cui
lavora 1’« Impatto nazionale »
promuovendo azioni di pressione
continua sono: 1. fermare la
corsa agli armamenti; 2. assicurare la giustizia economica; 3.
far avanzare i diritti umani.
— Si può quindi dire che il
disarmo è al centro dell’attenzione delle chiese negli Stati
Uniti?
— Certo, e da diversi anni.
Non più alla periferia, come lo
è stato fino alla fine degli anni
’70, ma al centro. La primavera
scorsa, per esempio, la Chiesa
Presbiteriana negli Stati Uniti,
che precedentemente aveva adottato come indirizzo missionario
prioritario il documento « Adoperarsi per la pace: la vocazione
dei credenti », ha inviato una copia della lettera pastorale della
Conferenza dei vescovi cattolici
degli USA sulla pace (100 pagine) a ogni chiesa locale, come
stimolo per ulteriore riflessione
e impegno. Credo che ciò che
ha spinto la comunità religiosa
negli Stati Uniti a mettere il disarmo nucleare al centro della
propria agenda è la fondamentale percezione del fatto che il
problema dei missili è un profondo problema spirituale, una
questione di fede, in cui si gioca tutto ciò che diciamo riguardo alla nostra fede in Dio e al
nostro impegno per Glesù Cristo.
La comunità religiosa riconosce
ora che la volontà di produrre,
installare c usare armi nucleari
deve essere chiamata col suo
nome: il più grande atto di infedeltà nei confronti di Dio di
tutti i tempi.
Così lo Spirito ha usato lo
sconsiderato militarismo e lo
spettro della distruzione del pianeta come un mezzo per aprire
le orecchie della comunità di
fede la cui attenzione è ora centrata sulla conversione del cuore; conversione fuori dall’esistenza privata, verso la responsabilità pubblica, verso la decisione di Dio per la giustizia e la
pace nella storia.
— Di solito quando si parla
di conversione si pensa a qualcosa di intimo, di privato...
Intervista a cura di
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
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2 fede e cultura
21 settembre 1984
27 - 30 SETTEMBRE — CONGRESSO FEDERAZIONE FEMMINILE A ECUMENE
Oltre la disperazione, speranza
1/ vista del Congresso della Federazione Femminile Evangelica
Valdese e Metodista che si terrà a Ecumene nei giorni 27-30 settembre, pubblichiamo una riflessione biblica sul testo di Isaia 35
teriuta alle Valli in occasione della giornata mondiale di preghiera
Qualche settimana fa, nel corso di una passeggiata, sostai per
' un momento nel tempietto belvedere del'parco che sta vicino
a casa mia e su una parete lessi
la scritta di imo dei tanti giovani che ogni giorno sostano con
gli amici in quel posto: « Eli,
Eli, lamà sabactanì! »: Dio mio,
Dio mio, perchè mi hai abbandonato!
L’impressione fu, come si può
facilmente capire, di grande amarezza. Intrawidi in quelle parole la grande solitudine ohe
spesso caratterizza la vita della
gente del giorno d’oggi, e cercai
di capire, di immaginarmi che
cosa aveva spinto quella mano a
lasciare tale messaggio. Forse
quel giovane sentiva e vedeva
intorno a sè il deserto, un deserto difficilmente percMTibile perchè senza via d’uscita. Forse aveva dovuto ammettere ohe i
suoi ideali, gli scopi della vita,
erano crollati definitivamente,
forse guardandosi intorno, cercando tra la gente, tra gli amici, nella sua famiglia, non era
riuscito che a trovare rassegnazione, disinteresse, stanchezza,
msomma aveva preso coscienza
di un generale appiattimento di
ogni cosa.
Ed allora, per finire, non di
era rimasto che cercare un muro sul quale gridare la sua disperazione.
Questo episodio mi riporta a
considerare le vicende della stona del popolo d’Israele, un popolo veramente nel deserto della
vita in quel momento. Tutto gli
e crollato addosso. E’ un popolo senza tempio, senza casa, senza campi, senza famiglia. E’ un
popolo condotto fuori del suo
paese, un popolo deportato. E’
diventato persino inutile sperare, perchè tanto, tutto ciò che
conta, che ha dato un senso alla
vita, è stato spazzato via, per
cui la rassegnazione della nuova
situazione è l’unico rimedio per
riuscire, forse, a sopravvivere.
Ma in questo momento, proprio
quando non sembra esserci più
alcuna speranza, a lui, a questo
popolo derelitto, viene rivolta la
parola, un messaggio, quello del
capitolo 35 del profeta Isaia.
Questo capitolo fu scritto molto probabilmente nel periodo
che seguì la deportazione del popolo di Dio in Babilonia e conalcune fra le più memorabili ed importanti affermazioni delTAntico Testamento sul1 agire di Dio ed ha, tra l'altro,
pure importanti insegnamenti
che trovano eco nel Nuovo Testamento. n nostro testo ci dà
tre indicazioni, ci vuole lasciare
tre messaggi sui quali mediteremo brevemente.
Dio interviene
Il primo, il più evidente, ci
dice che Dio interviene. Dio che
sembra avere abbandonato il popolo, che sembra essersi scordato di lui, interviene, ma non interviene per ricordare il peccato, la strada sbagliata, interviene per salvare. Non interviene
per giudicare e per punire, ma
per dare una speranza. Salvare
e dare speranza a chi non ha
piu forza, nè crede più in nulla,
a chi non crede oramai più alla possibilità di una via di ritorno. Ebbene, fratelli e sorelle, proprio in quel momento, Dio
entra in azione e questa azione
passa — e questo ci stupisce ed
ha dell’eccezionale — passa, dicevo, per delle strade impensabili. L’intervento di Dio va oltre
la nostra speranza ed immaginazione. « Il deserto e la terra
arida si rallegreranno e fioriranno » dice il profeta. La strada di Dio passa là dove non
sembra esserci, a viste umane,
possibilità alcuna, e proprio lì,
nel deserto ostile e violento, si
apre una strada, anzi: il deserto stesso fiorisce e diventa un
luogo di sorgente d’acqua viva,
come ci è detto nel versetto 7
del nostro testo.
Tutto questo ha veramente
dell’incredibile. La salvezza di
Dio ha dell’assurdo, ma è ciò
che Dio ha promesso e sappiamo che Dio mantiene le sue promesse. A noi non rimane che
accetta.re con riconoscenza il suo
aiuto, il suo intervento a nostro
favore, perchè siamo i suoi beneficiari.
Beneficiari
Ecco il secondo pimto della
nostra riflessione. Nel nostro testo i « beneficiari » sono il « resto» del popolo d’Israele, quella frangia di persone deportate,
demotivate, rassegnate, distrutte. Il nostro testo parla di ciechi, zoppi, sordi, muti, stolti. Erano gli emarginati di una società medio-orientale antica. Tutta
questa gente non aveva altra
scelta che quella di vivere ai
margini della società. Ma oggi,
in questo XX® secolo, che posto
diamo noi a questo tipo di frangia della società? Agli handicappati del nostro tempo? Come
COTsideriamo e che rapporto abbiamo con quelle persone che
per varie vicissitudini della loro
vita hanno difficoltà a farsi una
strada nel mondo del lavoro,
raggiungere il loro ideale di vita, trovare il vero senso del loro
vivere su questa terra?
Si è tanto parlato e pianificato per risolvere in qualche modo questo problema, è da poco
passato l’anno dedicato alThandicappato, ma che cosa veraniente abbiamo fatto? Sono stati questi i nostri beneficiari? O
forse abbiamo ritenuto più importante lasciarci coinvolgere da
problematiche più interessanti e
stimolanti dimenticandoci che
per Dio non è così, che il suo
piano di salvezza comincia proprio dal resto: dai deboli, dai
rassegnati e dagli emarginati.
Comincia da tutti coloro che abbandonati e delusi, non sanno
veramente più a ohi rivolgersi
ed allora, forse, nella desolazione e nella rassegnazione, scrivono su un muro: « Eli, Eli, lamà
sabactanì! ».
E’ proprio a questi che la mano di Dio si tende in un atto di
arnore profondo ed ecco che i
reietti tornano a rialzare il capo
ed a guardare nuovamente davanti a loro.
Gioia
A questo intervento della grazia di Dio, il piccolo « resto »
che riceve questo messaggio di
speranza si mette in cammino, e
cammin facendo scopre anche
il dono della gioia (v. 10). E’ il
terzo punto della mia riflessione.
All’inizio parlavo di solitudine
del nostro tempo. Avrei potuto
anche petriare di tristezza. Se ci
guardiamo i notiziari alla TV od
ascoltiamo i programmi alla radio credo possiamo affermare di
sentire raramente dentro di noi:
gioia. Prigioni, droga, violenza,
malavita, ricatti, malattia: tutto
parla di squallore e di dolore. La
gioia è cosa rara nella nostra
esperienza quotidiana, eppure,
pur sapendo che questa è la nostra realtà, la condizione umana nella quale siamo ancora imbrigliati, e della cui gravità siamo tutti coscienti, come credenti, accettiamo questo dono di
Dio che ci dà la capacità di rispondere alla parola della promessa a cui siamo chiamati pure noi, ma attenzione, non per
goderne, come se fossimo un
gruppo di privilegiati, ma per
esserne portatori, portatori, di
quel messaggio di speranza che
passa attraverso Cristo che ha
inaugurato per noi una nuova
via d’uscita; ima nuova strada
che passa attraverso il nostro deserto, il deserto della nostra vita
che è però ora illuminato da una
gioia vera: non effimera, passeggera come la gioia di questo mondo, ma una gioia eterna. « Un’allegrezza eterna coronerà il loro
capo, otterranno gioia e letizia... ».
pi questa strada nuova, illuminata, dobbiamo parlare. E’
Per un mutamento radicale
(segue da pag. 1)
— Sì, ma è bene ricordare invece che nel linguaggio biblico
conversione significa il volgersi a
Dio profondamente personale —
ma non privato! — nella convinzione che solo il Signore della
storia ci può aiutare quando siamo di fronte a scelte concrete.
Il teologo americano Jim Wallis lo dice bene: la conversione
biblica non significa salvare le
anime dalla storia, ma portare
le finalità di Dio in questo mondo demenziale con forza esplosiva. Le chiese degli Stati Uniti
sono state cioè convertite come
una « scuola di responsabilità
pubblica », per usare una bellissirna espressione che ho sentito
qui da voi. La conversione può
essere imperfetta, ma la direzione è chiara.
Martin Luther King ha detto:
« Il sommo potere è l’amore, un
amore radicale, pratico, che dà
corpo alle esigenze della giustizia. La somma giustizia è l’amore che corregge ogni cosa che
si erge contro l’amore di Dio.
Credo che la verità disarmata e
l’amore incondizionato avranno
l’ultima parola nel reale. Il diritto temporaneamente sconfitto è più forte del male trionfante ». La verità di questa affermazione è ciò che dà alle chiese
in USA la spina dorsale necessaria per levarsi di fronte a Cesare
con l’appello di Cristo per il disarmo.
— Veniamo alla lettera della
Riverside Church. Vuoi spiegarcene il contesto?
di
—^ In gran parte la presa
posizione delle nostre chiese sul
la pace è da attribuire alia coraggiosa iniziativa della ben nota Riverside Church di New
York che a partire da 7-8 anni
fa cominciò a convocare delle
assemblee nazionali di chiese
per affrontare la minaccia nucleare nel nome della vocazione
e del ministero che seno propri
della chiesa. Tutto sommato, il
ruolo che la Federazione Giovanile evangelica ha svolto da voi
è stato svolto negli USA dalla
Riverside Church. Questa chiesa ha elaborato un programma
nazionale per promuovere nelle
chiese locali una mentalità —
direi anzi una spiritualità — che
si impegni giorno e notte per un
mutamento radicale dell’attuale
idolatria militarista.
Un aspetto del programma per
il disarmo della Riverside
Church è la promozione di gernellaggi di chiese locali in America con chiese locali in Europa
al fine di condividere e scambiare iniziative per la pace, per l’inccraggiamento reciproco, ecc. Si
tratta di un esempio concreto
di legame tra i credenti.
ha dato un notevole impulso in
questa direzione. Durante la sua
visita negli Stati Uniti questa
primavera, come del resto in
precedenza, si è fatto apprezzare
come predicatore, sociologo, teologo e animatore della chiesa
ecumenica anche in tema di
pace.
La Riverside Church è quindi
pronta e disponibile a fare da
tramite per questi gemellaggi.
Chi desidera maggiori informazioni può rivolgersi alla Commissione pace e disarmo delle
vostre chiese e naturalmente
l’ufficio della Società valdese in
America è pronto a dare tutto
il suo appoggio per facilitare le
cose.
SU « REPUBBLICA »
— A che punto è questo programma?
Abbiamo pubblicato sul numero scorso un articolo del moderatore Giorgio Bouchard sul tema delTinsegnamento religioso a
scuola, preparato per « Repubblica », che non era ancora stato
pubblicato al momento della
stampa del nostro giornale. L’intervento, di cui era stata chiesta una riduzione, è stato pubblicato come lettera il 12 settembre.
— Assommano ormai a diverse
decine le chiese in America che
sono collegate con chiese nella
Germania federale, in Inghilterra e in Olanda. La lettera che il
vostro Sinodo ha ricevuto dalla
Riverside Church richiede specificatamente un legame con
chiese valdesi e metodiste dato
che la vostra presa di posizione
su pace e disarmo è così chiara
e forte. Vorrei sottolineare il
fatto, ricordato anche nella lettera, che il vostro moderatore
— Quali prospettive apre secondo te questa iniziativa?
— Spesso noi riformati — di
qua e di là dell'Atlantico — ci
lamentiamo del fatto che la linea espressa dal Sinodo o dall’Assemblea Generale non è una
realtà vivente nella vita delle
chiese locali. L’iniziativa dei gemellaggi promossa dalla Riverside Church può essere un’ispirazione per la comunità di fede
che cerca di promuovere nei
due continenti l’unità tra chiese
locali per la causa del « Regno
e la giustizia di Dio » il frutto
della quale, come tutti sappiamo, è la pace che è annunciata
dalla Scrittura.
Non è vero che siamo vittime
delle forze del male che vorrebbero dominare il mondo. Questo
invece è vero: « l’Eterno è la
forza del suo popolo» (Sai. 28:
8). Abbiamo perciò delle visioni,
delle prospettive di amore; cerchiamo la giustizia e la pace con
umiltà, con gioia, con coraggio,
con la certezza che la vittoria
di Cristo sta alle nostre spalle
e che davanti a noi sta perciò
il discepolato che può essere
costoso, ma che è sempre ricco
della comunione promessa dallo stesso Signore.
Franco Giampiccoli
questo il messaggio che deve essere rivolto al drogato, al cieco, allo zoppo, allo stolto del
nostro tempo!
Fratelli e sorelle, se crediamo
che Dio è intervenuto nella nostra vita per rinnovare la nostra
esistenza, se è vero che con gioia abbiamo intrapreso la nuova strada che Cristo è venuto
a tracciare per noi, allora con
le parole^ dell’apostolo Paolo possiamo dire: « Ho creduto, perciò ho parlato! ».
E’ a quella gente che grida:
« Eli, Eli, lamà sabactanì » che
dobbiamo dire: « Fortificatevi le
inani infiacchite, raffermate le
ginocchia vacillanti... Siate forti, non temete! Ecco, il vostro
Dio verrà Egli stesso a salvarvi! ».
Paola Nisbet Tron
A colloquio
con i lettori
CORRADO LIOTTA
Caro direttore, . •
ti chiedo un po' di spazio per poter ricordare un’ultima volta Corrado
fiotta, a quasi 2 mesi dalla sua morte.
Non ci sarebbe molto da aggiungere
a quel che ha scritto Ermanno Genre
(La Luce 3.8.1984]: vorrei soio rievocare brevemente gli anni della militanza di Corrado nella EGEI Milano e Lombardia, prima che saiisse ad Agape
per fare il « Servizio civile ».
Corrado era nella FGEI-Lombardia
praticamente da sempre, da quando
nel 1976-77, attorno a esperienze come il Progetto Lombardia e il Bollettino di Collegamento, si era formato
un collettivo regionale agguerrito e
affiatato. Era stato nella redazione del
Bollettino e nella Giunta, era stato
coordinatore del Progetto Lombardia e
chissà quante altre cose ha fatto. Una
volta, a Palermo, in un giro di presentazione aveva detto « lo faccio la
EGEI», L’avevamo spesso affettuosamente preso in giro per quella frase,
che conteneva un fondo di verità: più
di noi altri, Corrado « faceva » la
EGEI, come altri « facevano » il liceo.
0 I università, o il proprio mestiere.
Negli ultimi tempi, alle riunioni, per
un po' se ne stava zitto. Poi, a metà
riunione, quasi scusandosene, partiva
con un intervento corposo e ricco di
contenuto. Un intervento che spesso ci
costringeva a ripensare un po' tutta
1 impostazione che avevamo dato fino
allora alla discussione (che si parlasse di politica, di etica, o di questioni
"organizzative"). Per questo (non solo per questo) la nostra regione ha
perso molto, In termini di rigore, di
equilibrio, ma anche di entusiasmo e di
passione, con la sua partenza per Agape: oggi sappiamo che, purtroppo,
quella perdita è definitiva e irreparabile.
Corrado, all'apparenza così superattivo e serioso, era anche una persona, un giovane come noi che amava
mangiare, bere, ridere, cantare e suonare la chitarra.
Non so se potevo definirmi un suo
amico. Certo, in vari anni di EGEI, abbiamo fatto molte cose insieme e certamente lui mi ha insegnato e mi ha
dato molto di più di quanto abbia ricevuto da me. Un po' chiuso, « montanaro ” lui, timido e introverso io,
non ci siamo mai « aperti » molto, ma
in certi momenti c’era tra noi un esile filo di rapporto, di comunicazione.
Ora questo filo si è spezzato per
sempre.
Non ho neanche un ricordo preciso
dell’ultima volta che l'ho visto. Ricordo una sera ad Agape, quest'anno poco dopo Pasqua, passata con un’altra
decina di amici e amiche a cantare,
bere, ridere fin dopo le tre di notte.
Forse è stata quella l'ultima volta,
forse no; ma ora importa poco.
A noi che gli abbiamo lavorato al
fianco per vari anni, Corrado (senza
mai volersi porre come « modello ») ha
dato un esempio vissuto di ricerca di
fedeltà all'Evangelo nella vita quotidiana di un giovane in città, di militanza seria in un'epoca di riflusso, che
faremo bene a non dimenticare.
Su questa strada di ricerca siamo
ora un po’ più soli, senza il rigore
e la passione di Corrado.
Giorgio Guelmani, Milano
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21 settembre 1984
piio^ttive bibliche 3
Una risposta alla sfiducia
(segue da pag. 1)
que il seme nel suo campo accidentato, prevedendo anche lo
spreco, ma imperturbato, nella
speranza fiduciosa che gli sarà
donata una ricca messe.
E la sua speranza non è delusa: le pietre del suo campo,
le spine, gli uccelli non hanno
avuto il sopravvento: contro ogni aspettativa il seme ha fruttato abbondantemente, oltrepassando di gran lunga ogni realtà.
Questa grande abbondanza sta
La Bibbia in
1785 lingue
(SPP) — La Bibbia intera o
libri di essa risultano oggi tradotti in 1785 lingue o dialetti
differenti per tutto il mondo.
L’anno scorso si sono registrate nuove traduzioni di libri della Bibbia in altre 24 lingue. La
Bibbia completa esiste in 283 lingue differenti, il Nuovo Testamento in 572 altre lingue mentre abbiamo porzioni tradotte
in 930 altre lingue.
Le quattro nuove traduzioni
della Bibbia intera sono destinate a popolazioni dell’Uganda,
dell’Alto Volta, dell’India, della
Papuasia e della Nuova Guinea.
ad adombrare la pienezza del Regno di Dio, ne sopravanza ogni
misura. E Gesù pone i suoi uditori ed i suoi discepoli dinanzi
a questo meraviglioso risultato
finale per indurli a valutare la
sua opera e la sua predicazione
non in termini di successo o di
insuccesso, ma nella prospettiva del Regno di Dio.
E’ in questa prospettiva che
Gesù può dire allo sparuto gruppo dei suoi discepoli: « Non temere, piccol gregge, perchè al
padre nostro è piaciuto di darvi
il Regno».
Dunque il Regno viene perchè
così è piaciuto a Dio.
Come discepoli di Gesù Dio ci
associa alla sua opera di salvezza, si serve di noi come strumenti, ma è lui che è all’azione ed
i suoi piani si attuano nonostante la nostra debolezza e la nostra inadeguatezza.
Questa visione che ci pone dinanzi al risultato finale dell’azione di Dio come dinanzi ad una
certezza di vittoria, deve infonderci coraggio e porci nella situazione di poter adempiere al
nostro compito di annunciare il
mondo nuovo con ogni franchezza, senza lasciarci abbattere dalle difficoltà e dalle apparenze di
insuccesso.
Alla luce del Regno che viene
l’insuccesso dovrebbe condurci
ad osare sempre di nuovo e sempre di più.
Certo gli uomini del nostro
tempo, come quelli del tempo
di Gesù, giudicano ancora la predicazione dell’Evangelo, come
tutta la missione del credente e
della chiesa dai risultati.
Ma i successi della chiesa non
coincidono necessariamente con
i piani di Dio e non favoriscono
automaticamente la causa del
mondo nuovo.
E’ accaduto ed accade ancora
che i successi della chiesa siano il risultato dei suoi compromessi con le potenze del mondo.
Pensiamo ai nostri giorni, all’attenzione che l’attuale capo
della chiesa di Roma riesce ad
attirare intorno alla sua persona, alle folle oceaniche che riesce a raccogliere poggiando sulla sua posizione di uomo che
può sedere tra i potenti di questo mondo: siamo certamente dinanzi al successo del capo di
una chiesa, ma non possiamo dire che il suo successo comporti
il successo dell’Evangelo di Gesù Cristo. Siamo dinanzi al successo di una chiesa che si ammanta di gloria e fa parlare di
sè, ma non possiamo dire che il
suo successo favorisca le esigenze dei Regno di Dio. Si può assistere al rafforzamento di una
istituzione ecclesiastica, il cui
messaggio anche se non privo di
un tocco di modernità, rimane
spesso generico ed inoffensivo e
può costituire un comodo para
vento dietro cui i potenti di questo mondo potrebbero continuare le loro manovre di oppressione e di sfruttamento.
Ma anche noi evangelici (come gli uomini del nostro tempo
e quelli del tempo di Gesù) siamo portati spesso a giudicare i
nostri tentativi di predicazione
al popolo dai risultati.
I risultati delle nostre piccole chiese per lo più non si notano; a volte sono modesti, mentre spesso assistiamo all’insuccesso.
Allora è possibile divenire preda della tentazione, è possibile
che nel nostro animo di credenti insorga la sfiducia. A che serve la nostra predicazione e la
nostra testimonianza se è votata all’insuccesso? Perchè affaticarsi tanto se le difficoltà che
incontriamo ci appaiono insormontabili? Non è meglio spendere le nostre energie all’interno
delle nostre comunità?
La risposta dell’Evangelo è
chiara ed inequivocabile: siamo
chiamati a predicare il Regno
con la parola e i segni senza arrenderci alle difficoltà: Gesù ci
assicura che l’ora di Dio viene
e con essa un raccolto abbondante oltre ogni nostra preghiera e ogni nostra immaginazione.
Noi — nella nostra poca fede
— non sappiamo che vedere ostacoli ( pietre che ricoprono il
campo del nostro lavoro, uccelli
che beccano il seme, spine che
soffocano la buona semenza)
ma, nella prospettiva del Regno,
a mezzo della predicazione e della testimonianza, accade, già in
questo nostro tempo, qualcosa
di decisivo, perchè Dio stesso è
all’opera, e la sua azione misteriosa ed occulta pone già le premesse dell’abbondante raccolto
finale.
in questa certezza, per cui l’ultima parola è quella che conta
(la parola di Dio che creerà nuovi cieli e nuova terra) noi possiamo adempiere al nostro compito di credenti nel mondo di
oggi, senza farci determinare dal
senso della nostra pochezza sapendo che come discepoli di Gesù Cristo e come chiesa noi partecipiamo alla sorte della predicazione e dell’opera del nostro
maestro e che l’ora della croce
si proietta sulla vita dei discepoli di Gesù nel loro cammino
attraverso la storia. Ma sapendo
ancora che l’ora della croce è il
preludio del Regno di Dio.
Giovanni Lento
ABBONAMENTI
1985
Annuo
Semestrale
Sostenitore
Estero
L. 24.000
L. 13.000
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Suppl. aereo fuori Europa L. 24.000
Versamenti sul c.c.p. 327106 intestato a Eco delle Valli - La Luce,
Torre Pellice (To).
A quanti soHoscriveranno un
nuovo abbonamento ’85 invieremo
gratis il giornale per il resto del
1984.
L’ALBERO NELLA BIBBIA
UNA PROMESSA,
UNA MINACCIA
E’ strano, ma la Bibbia è piena di alberi, e spesso di alberi carichi di significati, strettamente legati alla storia umana. Eppure gli animali vi sono altrettanto numerosi; ma a parte i grandi mostri
(Leviatan e Behemot, in Giobbe) e il
serpente (che, vedi caso, parlerà anche
lui di un albero), non sembrano aver
avuto nella vita umana un ruolo altrettanto decisivo quanto gli alberi.
Ora, questi alberi, anche se sono il
supporto di parabole assai importanti nelTAT (Isaia 5, ad es.) o nel Nuovo (Giovanni 15), non sono visti come compagni di Adamo, quali sono invece gli animali; e degli alberi non è detto quel che
si dice degli animali e dell’uomo, cioè
che sono degli « esseri viventi » (Genesi
2: 7 e 19). Del resto, son creati fin dal
terzo giorno, mentre l’uomo e gli animali
sono creati l’ultimo giorno, il sesto (Genesi 1).
L’astuzia del serpente
Comunque, appena creato, l’uomo si
trova circondato di alberi, in una grande
oasi, e questi alberi hanno subito un senso simbolico; non devono semplicemente
nutrirlo, ma, per volontà di Dio, diventano con la varietà delle loro essenze i
segni di tutte le vite possibili, di tutte le
ubbidienze possibili, di tutte le libertà
possibili, perché Dio, in mezzo a questa
foresta (o, almeno, a questa oasi) ne vieta uno, o più esattamente vieta i frutti
di uno di essi. Varrebbe la pena di cercare di sapere perché è stato un albero
(in mezzo al giardino) ad avere il compito di mostrare che l’uomo-creatura è
circondato da mille permessi e da un
solo divieto: che il serpente in Gen. 3: 1
interpreterà come un divieto totale.
L’ambiguità già comincia con quest’albero, che mostra che tutto l’Eden, tutto
il « cosmo » ' è libertà per l’uomo: tuttavia in mezzo a questa libertà c’è un
« No », uno solo, ma che basterà a trasformare tutto (soggettivamente) in divieti, e oggettivamente condurrà l’uomo
in esilio.
E’ il famoso albero de « la conoscenza
del Bene e del Male » (della felicità e della sventura?), del quale per altro non è
detto che resterà eternamente vietato
alla prima coppia, ma che per il momento
leva il suo « No » e la sua minaccia;
« ...morrai ». Si noterà che il serpente
confonde astutamente due alberi, quello
della conoscenza del Bene e del Male, in
cui l’uomo vuole diventare -solo giudice
di tutte le norme della vita, e quello della vita..
E l’uomo e la donna mescolarono queste due concupiscenze: diventare i soli
a cura di Gino Conte
Come fa ogni tanto, il settimanale francese « Réforme » ha pubblicato recentemente un numero monografico dedicato — « speciale-primavera » — aU’albero: è
più che un elemento del paesaggio, è nostro vicino e fratto, considerato come singolo, come foresta, in ottica biblico-teologùca, economica, poetica... Non ci riempie
più di sacro orrore, ma vibra, parla a chi sa ascoltarlo. Viviamo in questa trania
di risonanze, nel mistero di un esser compagni che risale ai primissimi tempi...
Riprendiamo la riflessione teologica di Alphonse Maillot, di cui molti ^ anche fra
noi apprezzano i vividi studi biblici; secondo la Bibbia nell’albero c’è una promessa, ma anche una minaccia: l’idolatria della Natura.
criteri dell’etica, e non morire mai, il che
sembra all’uomo essere come Dio. Si noterà che se l’albero della conoscenza (del
Bene e del Male, occorre precisarlo, perché molti ne parlano come se Dio avesse
vietato ogni « conoscenza ») sembra sconosciuto altrove, almeno quale causa indiretta di tutte le nostre sventure, l’albero (o la pianta) della vita, invece, è familiare anche in altri passi: l’albero non
dà forse l’ombra, i frutti, il legno, e talvolta il riparo? Tanto più se, com’è spesso il caso, si tratta della vite che con il
suo frutto fermentato permette all’uomo
un breve esilio fuori dal suo esilio.
Il p. Dhorme“ ha mostrato da tempo
che l’ideogramma della vita era una...
foglia di vite; che il precursore o modello di Noè, Uta Napishtim, ha avuto diritto a un getto di vite per avere accesso
alla compagnia degli immortali (cfr. Gen.
9/20, che confeziona questa storia), e
che Ghilgamesh, giungendo in fondo all’abisso, era riuscito a ottenerlo e se lo
fa poi rubare da un... serpente.
Una trappola per l’uomo
Ma l’ambiguità rispunta ben presto:
non soltanto (Isaia 28 ecc.) queste fughe
fuori dalla vita abituale sono vietate (è
come voler ritrovare l’Eden evitando i
cherubini) \ ma l’albero tenderà all’uomo
una trappola, forse perché si confonde
con l’intera natura nel suo insieme, e
per la sua persistenza. Non soltanto diventerà forca, luogo e strumento di supplizio: Genesi 40: 19 ecc., reggette di maledizione che acquisterà la sua dimensione piena con il supplizio di Cristo, come
l’hanno visto tutti i Padri della chiesa
che han ricordato che la Croce era il
vero albero della vita; ma esso darà anche all’ucmo l’occasione di scolpirsi degli
idoli, che per lo più collegherà con la
dea Ashera. Isaia 44 contiene l’attacco
più virulento contro l’uomo capace simultaneamente di utilizzare un pezzo di
un tronco d'albero per farne minuziosamente una statua davanti alla quale esclama « ’Tu sei il mio dio », mentre con
l’altro pezzo del legno fa arrostire la
carne al cui solo pensiero si lecca le labbra.
Anzi l’albero — segno condensato di
tutta la natura — diventerà esso stesso
luogo di culto. E’ probabile che certe specie, notevoli per la loro durata e dalla
facile simbologia sessuale, nonché legate
al fenomeno annuale della vegetazione,
abbiano favorito i culti naturali"' (in tutti i sensi del termine) che fanno ruggire
i profeti scandalizzati non dall’immoralità degli Israeliti, ma dal fascino che esercitano su di loro gli dèi della natura, della riproduzione. Adoratori e predicatori
del Dio del Patto e della storia, i profeti
odiano tutti questi culti che celebrano la
Natura, i suoi cicli, il suo eterno ritorno
con un rinnovarsi sempre ripetuto e privo di qualsiasi novità. Allora, forse, capiamo meglio perché la trappola, in Genesi 2: 3, è stata un albero.
Le ambiguità della vite
Se l’albero fu pure — specie il cedro
— un’immagine regale privilegiata, in
Israele e altrove, anzi l’immagine del Regno che nel Nuovo Testamento accoglierà anche gli uccelli saccheggiatori, c’è
però ancora una pianta che merita qui
una menzione particolare: la vite; quella
di Isaia 5, amata e curata come una sposa dal suo diletto, ma che darà « pichétta » anziché vino buono; quella del Salmo 80, vite trapiantata dall’Egitto in Palestina, fino a coprirne persino le montagne (e i cedri!), ma che Dio stesso ha
distrutta e abbandonata alle Aere (anche
qui si pensa a Giovanni 15) e il cui legno non può essere utilizzato che per il
fuoco (Ezech. 15; leggere anche il singolare cap. 31), perché, se non segue la vocazione che nella sua grazia il Signore
le ha rivolto, non è più buona ad altro
che a far fuoco.
La vite, poi, per uno scivolamento linguistico, è la vigna, la piantagione, il
campo e coloro che vi lavorano. E’ il
campo che appartiene al Signore, è la
promessa del Regno. Ma può essere an
che il luogo della rivolta (Matt. 21: 3343). Ecco perché il Cristo, forse davanti
a uno dei frontoni del Tempio sul quale
era raffigurata una vite, assicura che la
vera vite è lui e che i cristiani ne sono i
tralci, i quali non possono vivere senza
la linfa che viene da lui, e senza essere
potati (Giovanni 15).
11 tributo di Ashera
Non ci si stupirà di ritrovare, nella
nuova Gerusalemme, con il fiume dell’acqua della vita, l’albero della vita, che dà
12 raccolti l’anno, cioè un raccolto perpetuo. Ciò che nell’Eden era annunciato,
è compiuto e offerto a tutti nel Regno.
Da questa panoramica rapida mi pare risultare che secondo la Bibbia nell’albero c’è una promessa (vita, frutti, protezione...), ma anche una minaccia: voglio
dire l’idolatria, sempre rinascente, della
natura e delle forze naturali. E’ proprio
sicuro che le nostre processioni domenicali, così spesso omicide, non siano ancora il tributo versato ad Ashera ’, la
dea-albero? Anche se è diventata un semplice platano?
Alphonse Maillot
' In greco II termine kosmos Indica II mondo
In quanto ordine universale, compagine armonica
di tutto ciò che esiste; un'idea non dissimile
dal mito biblico del « giardino d'Eden » fiorente
nella pace armoniosa; ma per I greci il cosmo
è in sé ordine armonico, per la Bibbia lo è solo
nella misura in cui resta, o no, in relazione con
Dio dal quale solo ha essere, vita. (N.d.t.).
^ Uno studioso cattolico che ha tra l’altro
messo a confronto I miti genesiaci con quelli
mediorientali, mesopotamici in particolare, qui
citati. (N.d.t.).
’ E ciò vale tanto più per i « viaggi » rovinosamente conciliati da droghe d'ogni genere. (N.d.t.).
* E' probabile che località bibliche, come « le
querce di Mamre » (Gen. 18: 1), fossero antichi
luoghi sacri dei culti naturali cananei, anche se
tali non erano (o non dovevano essere) più, ovviamente, per Israele, La "religione dell'albero",
della foresta è comune a molti culti e caratterizzava in modo particolare quelli druidici dei
Celti: si pensi anche al Grande Frassino, anima
e cuore del mondo, della saga nibelungica trascritta e musicata da Wagner. (N.d.t.).
’ Si vada a leggere la voce « Cananei (religione) » nel Dizionario Biblico edito da Feltrinelli/
Claudiana (a proposito, quando una riedizione,
finalmente?!). Ashera era una delle manifestazioni della dea Astante (Ishtar, in Mesopotamia),
che rappresentava il principio femminile della
generazione, la divinità madre, la Gran Madre
(come Cerere, o la Diana Efesia che ritroviamo
negli Atti). Nei suol santuari il culto era collegato alla prostituzione sacra, nella quale si riproduceva in qualche modo, simbolicamente, il mistero della generazione. Agli ebrei era espressamente vietato partecipare a quei riti (Deut. 23:
17; Osea 4: 14; I Re 14; 23-24). Nel tempio di
Astante si rizzava il tronco sacro — in origine,
forse, un albero —, chiamato Ashera.
4
n.
4 vita delle chiese
21 settembre 1984
I"'
iÌ I
UN PROGETTO DI SCAMBI E VISITE
Coi riformati ingiesi
Forse pochi sono a conoscenza dei legami crescenti fra la
Chiesa Riformata Unita (U.R.C.,
unione rag^imta nel 1972 fra
Presbiteriani e Congregazionalisti in Inghilterra) e la Chiesa
valdese.
Nel 1980 fui mandata per dieci giorni alle Valli valdesi per
vedere come si sarebbero potuti
sviluppare i rapporti fra le nostre due Chiese. Dopo incontri
e conversazioni, è diventato chiaro che dovevamo trovare occasioni di incontro e visita reciproca non solamente per i Moderatori o per coloro che hanno
le maggiori responsabilità, ma
piuttosto per i membri laici delle Chiese.
Così nel 1981, un gruppo di
50 persone provenienti da 17 comrniità diverse ma specialmente dal nord-ovest dell’Inghilterra,
sono venute in puUm^ e hanno passato ima settimana nella
foresteria di Torre Pellice. Hanno visitato i luoghi storici, ma
hanno anche preso molti contatti con le comunità valdesi. Di
ritorno in Inghilterra, questi
hanno formato la Società U.R.C.Valdese (UjR.C.-Waldensian Fellowship) con lo scopo di dare
informazioni sulla Chiesa valdese, un’associazione che ora nel
1984 ha 120 membri.
In questo modo molti che non
possono viaggiare hanno ricevuto notizie e libri. Abbiamo venduto in Inghilterra più di 50
copie della traduzione del libro
di Giorgio Tourn / Valdesi; ci
sono italiani che leggono il mensile Reform della URC e anche
alcuni, come me, che leggono
l’italiano e trovano molto interessante La Luce. La Società ha
anche scoperto gente che ha conosciuto i Valdesi nel passato.
Ricordo specialmente Mr. Charles Sutìierington, che, a quanto
ci ha scritto, essendo di stgpza
a Firenze durante la guerra, ave-'
va visto nella casa di un suo
amico, il Sig. Neuman, ingegnere, una bozza del progetto per
un centro ecumenico: Agape!
Nel 1982 un gmppo simile è partito dalle Valli per visitare Londra, Cambridge e Sale (vicino
a Manchester). I membri del
gruppo sono stati ospitati dalle
famiglie della Chiesa e così sono cominciate molte amicizie
personali. Quando nel 1983 un
altro gruppo inglese ha visitato
le Valli, nuovi partecipanti sono
rimasti stupiti nel vedere, aH’arrivo del pullman a Torre Pellice, un gran numero di persone
in attesa di accogliere i loro amici. « E’ stato un incontro straordinario », disse imo; « si dice
che gli inglesi sono freddi e riservati, ma abbiamo visto una
scena abbastanza insolita: abbracci, baci, grida, risate! ». Evidentemente queste visite sono
molto apprezzate e devono continuare.
Quest’anno, per la prima volta, la URC ha invitato un gruppo di Rovani, e 18 ragazzi e ragazze di 14-17 anni con due adulti hanno appena finito un giro
in Inghilterra, alloggiati ovunque
possibile in famiglie dove potessero incontrare altri giovani. Al
termine sono stati invitati a scrivere le loro impressioni della
settimana, e la Società URC-Valdese ha offerto due premi di 10
e 15 sterline per le relazioni più
interessanti. Siamo sicuri che
nel futuro ci saranno altri progetti per giovani.
Allo stesso tempo abbiamo organizzato piccoli gruppi per partecipare alle settimane per la pace e la giustizia ad Agape. (Anche in Inghilterra le questioni
sulla pace sono dibattute nelle
chiese). Quest’anno 6 giovani
membri della URC andranno ad
Agape e due di questi cominceranno in autunno gli studi teologici in vista del pastorato.
Sono cose interessanti e divertenti: ma sono anche importanti per la vita della Chiesa?
Credo ohe queste esperienze possono trasformare il modo di vedere dei membri e nerciò delle
comunità. Capire che in un altro paese ci sono gli stessi problemi ma anche problemi diversi, che malgrado la difficoltà linguistica possiamo, uniti nella fede, fare amicizie solidissime:
questo è qualcosa di essenziale
per il futuro delle nostre Chiese.
_ 'Vorrei anche dire che senza
l’aiuto e Tentusiasmo del Past.
Achille Deodato questi incontri,
che hanno portato una gran gioia a molte persone, tanto in Inghilterra che in Italia, non sarebbero stati possibili.
Ruth Cowhig
Un colportore
racconta
Nel quartiere d'una grande città un colportore sta per
terminare il suo giro di visite in un condominio; mentre si
congeda da una famipia, dall’alloggio vicino compare una
giovane signora di origine evangelica con la quale si avvia
un dialogo sul tema della fede; ma quando l’uomo di Dio
suggerisce di frequentare una comunità l’interlocutrice taglia corto: « non m’interessa e non ne voglio sapere... »; la
porta si rinchiude. Dieci anni dopo: un pomeriggio squilla
il telefono in casa del colportore; una sorella piuttosto allarmata avverte che la vicina soffre di grave depressione e vuole rivolger^ ad un medico psichiatra: « le ho consigliato di
avere un incontro con lei — aggiunge la sorella — e lei ha
accettato ». Il colportore entra per la prima volta nell’alloggio della signora che dieci anni prima non voleva saperne di
una comunità di credenti... Si legge la Bibbia insieme e si
chiede l’intervento della potenza dello Spirito; è l’inizio di
altri incontri con altri credenti: la depressione scompare, le
medicine pure perché l’opera del grande medico celeste si è
rivelata miracolosa.
Questa sorella era venuta in Italia dalla Germania ed
aveva sposato un navigante; come succede spesso gli stranieri rinunciano sul piano della fede e accettano matrimonio
ed educazione della prole nella linea tradizionale cattolica.
Il marito è lontano; come risolvere i suoi rapporti sul piano
della fede dopo la nuova esperienza? Il Signore guida ogni
cosa: il marito è in licenza dopo qualche settimana e accetta
di partecipare ad un culto d’una chiesa evangelica dove sono
ospiti un gruppo della nave “Logos” ed il capitano; i messaggi, le testimonianze e la potenza dello Spirito aprono uno
spiraglio nel cuore del marito; acquista una bibbia sulla nave
“Logos” e riparte qualche giorno dopo per il suo lavoro nel
Centro America, con una grande gioia nel cuore. Le lettere
del marito sono ricche di pensieri nuovi e di nuove esperienze fatte sulla nave: due ragazze evangeliche, animate da
grande zelo lavorano sulla nave e Dio le fa incontrare col
nostro navigante; molto presto nasce un gruppo biblico che
coinvolge persino il cappellano cattolico ed altri marinai;
« ormai la Parola di Dio si diffonde ed il numero dei discepoli si moltiplica » (Atti 6: 7). Ormai i nostri due neofiti « vivono la vita nella carne nella fede del Figlio di Dio perché
sono stati amati e Cristo ha dato la sua vita per loro »
(Gal. 2: 20).
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Quale testimonianza?
PINEROLO — Il 4 ottobre, in
un concistoro aperto a tutti verrà trattato il tema: « Il quadro
esterno ed interno in cui si colloca la nostra testimonianza »
presentato da Giorgio Gardiol e
Marcella Gay.
di formazione per laici lunedì 15
ottobre.
Ripresa
• Per il 7 ottobre è in preparazione una giornata comunitaria nel corso della quale saranno consegnate ai catecumeni di
primo anno le bibbie.
• Nel corso delle ultime settimane hanno terminato la loro
breve^es^stenza terrem Roberto
lio Balmas di 45.
PIOSSASCO — Abbiamo ripreso le attività della nostra comunità dopo la pausa estiva nella piena fiducia che il Signore ci
guiderà mediante il sue Spirito
nella nostra missione in questa
zona.
è via Cavour 80, 10045 Piossasco, telefono 011/9066511.
• Vogliamo infine esprimere la
nostra solidarietà in Cristo verso
quei membri della nostra comunità che sono ammalati così come la nostra speranza di ritrovarci tutti rinnovati nella fede e
disposti al servizio dell’opera del
Signore.
tero Umberto e Genre-Bert Olga, ora residenti a Marsiglia,
hanno voluto festeggiare con
parenti ed amici le loro nozze
d’oro condividendo con la comunità nel culto la loro gioia
e la loro riconoscenza.
Convocazione
• Al culto del 16 settembre
abbiamo dato il benvenuto a
Ruth Gisela proveniente da
Uppsala in Svezia e arrivata il
giorno prima al Convitto, per
svolgere un lavoro di animazione presso le nostre comunità in
Italia sul tema della pace in
stretto collegamento con la
PGEI.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Domenica 23 settembre
• Il 15 settembre si sono sposati, per la prima volta secondo
le modalità previste dalla legge
sulla Intesa, Bertrand Carller e
Anna Rochon. La coppia si stabilirà in Belgio, patria dello
sposo; ad essa auguriamo di
tutto cuore una vita coniugale
felice e benedetta.
• Calendario di inizio delle
attività: la EGEI martedì 25
settembre; la corale mercoledì
26 settembre ; la scuola domenicale domenica 30 settembre ;
il precatechismo sabato 6 ottobre; i corsi di catechismo sabato 6 ottobre; l’Unione femminile giovedì 11 ottobre; il corso
• Ricordiamo alcuni dei nostri prossimi appuntamenti:
Culti; com’è abitudine i nostri
culti si celebrano le seconde domeniche di ogni mese alle ore 9
e le ultime domeniche alle ore
18.30 rimanendo sempre a fare
cena insieme. Il nostro prossimo culto, quindi, sarà la domenica 30 settembre alle ore 18.30.
Studi Biblici: ci troviamo per
le nostre riflessioni bibliche ogni giovedì alle ore 20.30. Scuola domenicale è Catechismo; ci
troveremo il lunedì 1” ottobre
alle ore 17.30 per iniziare queste
due attività.
VILLASECCA — Il Concistoro
è convocato per sabato 22 corrente alle ore 20.
• Nella comunione di fede
nella risurrezione dei morti la
nostra comunità esprime alle
famiglie Peyronel-Giacomino la
propria simpatia cristiana per
la morte improvvisa della cara
Lidia.
Saluto a Mauro Pons
□ CONVEGNO MONITORI
1" CIRCUITO
Ringraziamento
• Ricordiamo inoltre l’indirizzo del nostro locale: Via Magenta 26/8, Piossasco e che l’indirizzo del pastore Artus e famiglia
1-47045
MIRAMARE
DI RlMINl
VIA SARSìNA.-ì®
TELCF (0541)
49
32548
A 50 metri daUa spiaggia — ambiente familiare — ottimi i
servizi e il trattamento.
SAN GERMANO — Il past.
Cmte desidera esprimere assieiS^'^a sua famiglia tutta la sincera riconoscenza alla chiesa di
S. Germano per la bella serata
d’addio organizzata con tanto
affetto da tutti e per il modo
tangibile e generoso con cui questo affetto li seguirà a Roma.
Che il Signore sostenga tutta
la comunità e la nuova famiglia
pastorale al momento in cui le
attività stanno per riprendere.
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Dopo due anni di ministero
nella nostra comunità, il pastore Mauro Pons termina con questo mese il servizio pastorale
affidatogli dalla Tavola nella nostra comunità.
Egli presiederà, domenica
prossima 23 c. m., il suo culto
di commiato e subito dopo il
culto, nei locali del presbiterio,
il concistoro offrirà un rinfresco al quale sono cordialmente
invitati tutti i membri di chiesa
che desiderano ancora salutare
il pastore Pons ed esprimergli
il loro affetto e la loro riconoscenza per il lavoro da lui svolto nella nostra chiesa e la grande disponibilità dimostrata sempre in ogni occasione.
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30
si tiene presso la Casa Unionista il
convegno dei monitori delle chiese
del r circuito che avrà il seguente
programma:
ore 14.30: Questioni pedagogiche e
didattiche (Franco Girardet);
ore 16: Questioni organizzative;
ore 16.30: Intervallo;
ore 17: Canto;
ore 18.30: Termine dell'incontro.
Gli argomenti, lo ricordiamo, sono
stati proposti dai monitori presenti al
convegno invernale dei monitori: la
presentazione della sequenza « Mose »
verrà fatta in sede di preparazione
dei monitori nelle loro singole comunità.
Benvenuti
POMARETTO — Domenica 9
settembre è stata battezzata
Peyrot Sara di Amato e di Giacomino Luciana della Lausa. Che
la grazia del Signore possa accompagnare questa piccola ed i
suoi genitori nel cammino della
fede e della speranza che Cristo
ci ha portato.
• Nella stessa domenica Ar
SEDE VACANTE
A PRAROSTINO
« La Tavola proclama Ja
vacanza della chiesa di Frarostino a partire dal 1.10.1985.
La desigpiazione del nuovo
pastore dovrà avvenire entro il 16 dicembre 1984, ai
termini degli art. 13 e 14 del
regolamento sulle chiese locali valdesi ».
Contiamo sulla presenza non solo
di monitori già « esperti », ma anche
di giovani che vogliono impegnarsi in
questo importante servizio nella chiesa.
Domenica 30 settembre
□ CONVEGNO MONITORI
Il E III CIRCUITO
POMARETTO — Alle ore 14.30 presso il Convitto di Pomaretto si tiene
il convegno monitori delle chiese del II
e Ili Circuito con all’ordine del giorno
il programma per l'anno 84/85.
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21 settembre 1984
Vita delle chiese 5
AL CENTRO EMMANUEL DI COLONIA VALDENSE GLI INCONTRI DOLCINIANI DI TRIVERO
Sofferenze e gioie del
ministero pastorale
Fuori
dai recinti del sacro
Quale ruolo per i pastori, in
un mondo come il nostro, con
tutti i suoi problemi sociali, ecumenici, ecclesiastici? Oltre
venti pastori, mennoniti, metodisti, valdesi e riformati, luterani operanti in Uruguay, si sono interrogati su queste tematiche durante un incontro vivace e fraterno che si è tenuto
presso il « Centro Emmanuel »
nei giorni 29-31 luglio.
Il lavoro si è articolato in
quattro momenti. Una relazione
storica, di Marcelo Dalmas, sul
« Sorgere del ministero pastorale a partire dalla Riforma e varianti che si produssero nel successivo apparire di altre denominazioni protestanti », dava
una base di partenza storica,
con particolare accento sulle diverse forme di ministero della
Parola come si sono venute a
formare nelle chiese rappresentate nell’incontro.
In un secondo momento, Sergio Ribet, riprendendo anche temi affrontati negli ultimi anni
nell’area europea della Chiesa
Valdese, ha parlato sul tema:
« Problemi del ministero pastorale nel momento attuale, in relazione con la trasformazione
della chiesa e della società ».
Due « tavole rotonde », molto
informali ma ricche di spunti,
completavano il panorama. La
prima, « Secondo la sua opinione, quali aspetti fondamentali
si sono conservati e quali sono
mutati neH’esercizio del suo ministero pastorale? », vedeva un
alternarsi di punti di vista, ohe
attraversava sia l’arco delle diverse denominazioni presenti,
sia l’arco generazionale. Infi
ne, le donne pastore presenti portavano il loro contributo partendo dalla domanda « Secondo la sua opinione, quale luogo occupa nelle nostre chiese il ministero femminile? »: la risposta indicava chiaramente che non si trattava di
un « ministero femminile », ma
di donne che esercitano un ministero; e ohe non si trattava di
una opinione soltanto, ma di una
esperienza, vissuta con difficoltà
specifiche certo, ma con profonda gioia e consapevolezza.
Difficile dar conto della vivacità dell’incontro, del clima profondamente fraterno e allo stesso tempo consapevole delle difficoltà del momento e delle tensioni esistenti; più facile registrare alcuni elementi « oggettivi »; era la prima volta che un
incóntro del genere si verificava, con tutto quello che questo
significa in termini di freschezza, approssimazione, confusione
e aspettativa; rincontro si proponeva in un momento non facile ma pieno di promesse per il
paese, con tutta la carica di speranze ma tutta la consapevolezza delle grandi responsabilità
che si intravvedono; rincontro
non nascondeva le differenze denominazionali ma nasceva da
una volontà profonda di comprensione degli altri, e dalla
comprensione sobria ma vera
della necessità di un incontro
non provvisorio e non casuale.
Certo erano evidenti anche alcuni limiti. Come in tutti i « primi incontri », troppi i temi su
cui ci si sarebbe voluti soffermare, troppi gli spunti, gli stimoli. Evidenti le lacune: per eserapio uno studio biblico su
che cosa è il ministero globale
della chiesa, che cosa sono i ministeri specifici nella chiesa. Ma
netta anche la volontà di continuare nella ricerca comune; per
cominciare, si propone di avere
almeno una volta l’anno un incontro simile; e si decide che un
gruppo interdenominazionale si
faccia carico della organizzazione di iun prossimo incontro, con
un momento di aggiornamento
teologico, usufruendo dell’aiuto
di un animatore competente in
campo biblico, e un momento
più legato alla attualità, alle esigenze del momento, a carico
più specificamente dei fratelli
che si sono presi l’onere di garantire una continuità all’incontro. ,
Non staccate dall’incontro, ma
pienamente inserite, tre meditazioni bibliche, sulla « sofferenza » del ministero pastorale, non
disgiunta da una carica di gioia; sul senso dinamico che la fede suggerisce al cammino dei
credenti e delle comunità; sul
senso ecumenico, nel più ampio
senso del termine, che porta con
sè un pastorato vissuto nelle
chiese e nel mondo, tra individuo e società, in un « oggi » non
distaccato dalle esperienze del
passato e dalla promessa del Regno che viene.
Al termine, un « arrivederci »
carico di speranza, in un momento nel quale il paese vive un
periodo travagliato, pieno di aspettative non prive di realismo,
in un quadro che senza retorica
attende molto dagli uomini, ma
assai più dalla fedeltà del Signore.
Sergio Ribet
Le due giornate proposte dalla Ca d’é Studi Dossiniàn per rivendicare l’eredità di fra Dolcino hanno avuto successo, grazie
anche al bel tempo ohe ha favorito la partecipazione. Sabato
8 settembre, si è effettuata la
marcia in Val Sesia, da Rassa
alla Parete Calva, dove è stata
posta una lapide a ricordo della
resistenza montanara guidata da
Dolcino e Margherita. Alla sera,
nella biblioteca di Trivero si è
tenuta una serata culturale patrocinata dalTamministrazione
comunale con proiezione delPaudiovisivo « Sulle tracce di Dolcino », seguita da una breve illustrazione di Tavo iBurat sulla
situazione del Biellese e della
Valsesia tra XIII e XIV secolo,
e quindi da una puntuale relazione del prof. Giovanni Gönnet
sulla sincronicità dei momenti
riformatori con i moti insurrezionali degli oppressi e dei diseredati cui era pervenuto il messaggio liberatore delTEvangelo.
E’ seguito un vivace dibattito,
con interventi anche nolemici di
cattolici restii ad abbandonare
la demonizzazione del riforrnatore ed ad accettarne la positività fissata nella memoria di
classe.
Domenica mattina alla Bocchetta di Margosio (oltre 1.200
metri) si è tenuto il culto all’aperto presieduto dal fratello G.
Gönnet che ha proposto la riflessione sulle .« beatitudini » (Luca 5) e sulla « missione dei 12 »,
sottolineando come Timpegno
del cristiano sia fuori dai recinti del sacro, nella vita e nella
società: Dolcino che l’ha testimoniato sino alle estreme conseguenze, asseriva appunto: « la
chiesa consacrata non vale di
più, per pregare Dio, di una stal
la di cavalli e di porci. Si può
adorare Dio nei boschi come
nelle chiese, anzi meglio ». Il fratello Pino Bernardini ha spezzato il pane per la Santa Cena, cui
hanno partecipato anche alcuni
giovani giunti colà per la rnilitanza politica accettando cosi la
sfida, che prima di Lutero fu di
Dolcino, alla coscienza cristiana
e laica del nostro tempo: come
essere laici senza secolarizzarci,
senza abbandonare la fede. La
testimonianza evangelica in questa cornice insolita è stata possibile grazie alla compatta presenza dei fratelli metodisti di
Vintebbio, che hanno intonato
« Forte Rocca » e « Il regno Tuo,
Signor, nel mondo venga »: sarebbe auspicabile che fratelli anche di altre comunità del circuito partecipassero, la seconda domenica di settembre, più numerosi a questo incontro così significativo sui luoghi di fra Dolcino.
Ci si è quindi recati sulla vetta del monte Mazzaro dove, accanto ai ruderi deH’obelisco abbattuto dai fascisti nel 1927 ed
al cippo di sienite posto dieci
anni or sono (l’anno del « no »
aH’abrogazione del divorzio), si è
tenuta l’assemblea della « Ca de
studi dossiniàn » che ha espresso solidarietà per Maria e gli altri detenuti senza processo.
Dopo l’agape fraterna con i
prodotti dell’alpeggio della baita
del Margosio, si è cantato e ballato spontaneamente al suono
delle flute e delle viòle dij bòrgno sino a' sera. T. B.
NEL PROSSIMO NUMERO inserto
« La luce attualità •> di 4 pagine sull'Assemblea deirUnIone Chiese Ev.
Battiste in Italia.
CORRISPONDENZE
Pachino: il culto sia avvenimento
I mesi estivi sono occasione
per riallacciare rapporti che l’emigrazione, purtroppo, interrompe. E anche quest’anno c’è
stato un avvicendarsi di fratelli
provenienti da altre regioni, altri stati, altri continenti. Fratelli e sorelle che hanno vieppiù rafforzato la già buona partecipazione ai culti presieduti,
nel mese di luglio dal pastore
P.V. Panasela e dai predicatori
locali R. Catania e P. Valvo —
ai quali va la calorosa riconoscenza della comunità — e successivamente dal pastore.
e nella partecipazione e nel coinvolgimento della comunità al di
là delle forme stereotipe di quadro liturgico chiuso, come attualmente stiamo vivendo. Culto come movimento, fantasia,
luogo di apprendimento e di
condivisione, fraternità.
grazia che passa attraverso la
croce di Gesù Cristo.
Settembre è iniziato sotto il
segno della « pace ». Preso sul
serio l’odg della Conferenza del
IV Distretto sul problema della pace l’assemblea di chiesa ha
deliberato di:
Infine, il 3 settembre s’è riaperto l’asilo «Il Redentore » con
58 bambini iscritti nelle due sezioni e un organico di due maestre, un’assistente, una cuoca e
un’addetta alle pulizie tutte appartenenti alla comunità.
se membro per stimolarle a dichiararsi denuclearizzate sull’esempio di alcune altre chiese
del sud e del nord, come segno
concreto che è necessario oggi
« stare dalla parte di chi è contro la guerra, quale che sia l’impegno ideologico e politico » nella società.
Denuclearizzazione
Visita dalle Valli
Agosto è stato il mese in cui
la comunità s’è trovata davanti
allo stimolante documento della
commissione per il culto e la
liturgia apparso su « Diakonia »
2/84. Quattro buone riflessioni
per giungere alla conclusione
che « il culto è il risultato visibile della predicazione, dell’azione missionaria della chiesa» e
che deve essere vissuto come un
« avvenimento » in cui ci sia ampio spazio per l’azione dello Spirito che si esprime nella libertà
1) aderire alla lettera della
FGEI per rapporti bilaterali
con le chiese dell’Est e del Sud;
2) dichiarare denuclearizzati
i locali in dotazione;
3) esprimere solidarietà con
l’insegnante di religione Kornelia Kròber-Lowenstein (vedi ’La
Luce’ del 3/8 pag. 5);
4) promuovere una campagna per l’obiezione di coscienza ;
5) aderire all’ipotesi di gemellaggio con chiese USA impegnate sul problema della pace (SI/84).
Avvertenza
Il pastore Domenico Maselll è
costretto ad avvertire che qualcuno sta usando indebitamente
il suo nome per ottenere qualche
favore. Chi ricevesse pertanto
richieste di questo tipo è pregato di telefonargli al seguente numero 0583/58.44.23.
Inoltre due culti sono stati
dedicati al problema « quale
espiazione? » fondati su Genesi 4: 1-8 il primo e Genesi 4:
9-16 il secondo. E’ stato ribadito
che non si pone il discorso del
« risarcimento » poiché la giustizia di Dio si manifesta nello
smascherare il peccato evidenziandone la conseguenzialità
portata alle estreme conseguenze e contemporaneamente nella
ADELFIA (RG) — Tra i temi
di studio trattati al Campo Famiglie del Centro di Adelfìa, che
si è tenuto dal 10 al 21 agosto
scorso, è stato scelto come tema
preminente e prioritario quello
del disarmo nucleare e della
pace.
Il tema è stato discusso con
serietà e consapevolezza inducendo i partecipanti al Campo
alla decisione di inviare un telegramma al Sinodo delle Chiese
Valdesi e Metodiste con il seguente testo:
« Assemblea Campo Famiglie
Adelfìa ’84, pervenuta alla conclusione che la Chiesa deve, dare segni alla società del nostro
tempo, propone al Sinodo di
dichiarare l’Area Sinodale zona
denuclearizzata come segno di
fedeltà al Signore della pace.
Chiede altresì sollecitazione
singoli organismi ecclesiastici
unirsi simile decisione ».
Il presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche di
Sicilia e Calabria, pastore Arcangelo Pino ne ha dato comunicazione con una lettera alle chie
NEW YORK — Con vero piacere il 31 luglio abbiamo salutato l’arrivo a New York di una
bella comitiva dalle Valli Vaidesi.
Il tour, organizzato dal pastore di Angrogna sig. Platone e diretto verso Valdese, fece una
breve sosta a New York per visitare la città ed anche per avere un incontro con i membri
della nostra Comunità. Infatti
la sera del 2 agosto ci siamo
ritrovati in fraterno congioire
nei locali della nostra Chiesa.
Tra l’affettuosa effusione di saluti e di notizie furono uditi parecchi messaggi fra i quali quelli
del Pastore Platone e della Signorina Franca Coìsson sindaco
di Angrogna che ci ha parlato
della Comunità Montana che di
piccola Comunità e di altri fratelli residenti nella Valle dell’Hudson, anche quell’incontro
non poteva essere più festoso e
fraterno.
Ricordando queste care vìsite e
l’esperienza che ne abbiamo avuto ringraziamo di vero cuore
chi ci ha portato un soffio di vita dalle nostre Valli.
Il 5 agosto abbiamo avuto prima della pausa estiva un culto
in comune con Santa Cena con
la Chiesa Evangelica Francese
di Manhattan con la quale abbiamo sempre coltivato fraterni
rapporti.
Nuovi indirizzi
rige.
Il Pastore Platone che aveva
preceduto di due settimane l’arrivo del suo gruppo, ci diede la
sua prima predicazione in lingua
inglese, al culto tenuto ad Ulster
Park la domenica 22 luglio, alla
presenza dei mèmbri di quella
Comunicano i loro nuovi indirizzi:
Past. Archimede Bertolino, via
della Repubblica 114, 10060 San
Secondo di Pinerolo, tei. 0121/
500132.
Pastore Domenico Cappella, via
Gorizia 1/A, 86100 Campobasso, tei. 0874/311589.
Pastore Arcangelo Pino, nuovo
telefono: 0932/93.53.14.
Pastore Salvatore Ricciardi, via
della Signora 6, 20122 Milano,
tei. 02/702654.
Pastore Thomas Soggin, vìa Malj
Tabajani 4, 24100 Bergamo, telefono 035/23.21.59.
Il cassiere della FGEI comunica il suo nuovo indirizzo:
Stefano Meloni, V.le Frà Ignazio 20, 09100 Cagliari, tei. 070/
651605. Il ccp resta invariato:
10072098 int. a S. Meloni, via dei
Falletti 26, Cagliari. ' /
6
6 obiettivo aperto
21 settembre 1984
Da cinque anni, e cioè daWentrata in vigore del Patto
di integrazione tra Valdesi e Metodisti, esiste e opera nelle nostre
chiese VUnione Predicatori Locali (V.P.L.) che raccoglie circa
140 uomini e donne che hanno risposto alla vocazione della
predicazione preparandosi a questo scopo. Essi svolgono il loro
ministero accanto alla propria attività lavorativa e senza di l^o
molte chiese e gruppi non avrebbero un culto regolare la domenica.
Inquadrata nel ruolo dei predicatori locali, la loro opera non è
un rimedio alla scarsità dei pastori bensì un ministero specifico
particolarmente radicato nella tradizione metodista che ne ha sempre
curato in modo organico la preparazione (Commissione Permanente
Studi). Un Comitato di tre membri coordina Fattività delFU.P.L,
che tiene annualmente la propria assemblea.
Come considerano i predicatori locali il loro ministero?
Come prepáreme la predicazione? Quali richieste avanzano
per poter migliorare il loro servizio? Quali sono le loro esperienze
più signiRcative? Sono alcune delle domande di un questionaiSo
che è stedo sottoposto ai predicatori in attività di servizio
e ai candidati che si preparano. Ne pubblichiamo i risultcdi
in questo paginone a cura del Comitato U. P. L,
i..
I dati che nnergono daU’inchiesta
svolta tra i predicatori iocali confermano molte delle impressioni
che abbiamo in varie occasioni
espresso sul loro servizio.
Innanzitutto essi non rappresentano una sorta di pozzo di san Patrizio a cui attingere illimitatamente persone in grado di sostituire in
qualche modo i pastori sempre più
ridotti tU numero nella cura delle
comumtà. L’età media, a dispetto
del fatto che la riscoperta dei ministeri «laici » è piuttosto recente
anche tra noi protestanti, è piuttosto avanzata; la preparazione, a giudicare dal numero delle richieste
di aggiornamento, è sentita dai diretti interessati — e probabilmente
anche dalle chiese — come piuttosto inadeguata. Quindi l’UJ.L. rappresenta un complesso di energie
preziose ma limitate, che possono
dare un contributo importante all’opera di testimonianza delle chiese
ed al loro funzionamento interno,
ma non risolvere, sia pure in forma di supplenza, tutti i problemi.
In questo senso ci sembra che l’U.
P.L., come del resto i pastori, sia
in qualche modo uno specchio ed
un termometro dello stato di salute della chiesa nel suo insieme.
Una chiesa che produce solo pre
dicatori di età avanzata, non. è
in una situazione molto tranquilla.
Vorremmo, però, che questo senso necessario di allarme non andasse disgiunto dalla considerazione che l’U.PX. è uno specchio della
chiesa anche in senso positivo. E
la positività dell’U.P.L. e della chiesa non sta in quello che sono, ma
in quello che ricevono. Qualche
volta contrapponiamo l’avere e l’essere, dicendo che conta non tanto
quello che abbiamo, ma quello che
siamo. Nella chiesa, in realtà, non
conta nemmeno quello che siamo,
perché sappiamo che il nostro essere è altrettanto pieno di peccato
quanto il nostro avere. Conta, invece, quello che riceviamo. Si esprime molto efficacemente a questo
proposito una lettera di accompagnamento di risposta al questionario: «Preparare una predicazione
aiuta anche a chiarire i propri pensieri; è un dono che si riceve prima di comunicarlo. Lo ritengo,
quindi, un privilegio più che un servizio». Specchio della chiesa: privilegio più che servizio. In tanto
parlare di « dlakonia », di ministeri, di servizi, va pur detto anche
questo. Forse siamo qualche volta
incapaci di servire non tanto perché ci manchino i mezzi, le energie.
IL PRIVILEGIO DELLA PREDICAZIONE
Allo scopo di ottenere una maggiore conoscenza personale, e nell’intento di valorizzare l’apporto dei
sii^oli predicatori locali nei Circuiti, il Comitato U.P.L. ha inviato
ai 140 predicatori oggi iscritti a
ruolo, ai candidati e ai predicatori
di fatto, un questionario da compilare. Il questionario comprendeva le seguenti domande:
a) dati anagrafici;
b) frequenza nella predicazione;
c) se e come aggiornano la loro preparazione ;
d) se e come desiderano venire
aiutati a farlo;
e) una valutazione sull’operato
del Comitato ;
f) quale sia la loro disponibilità presente e futura alla predicazione.
Le risposte pervenuteci sono
state 89; e siamo grati a chi le ha
inviate perché ci hanno molto aiutati nel nostro compito. Le mancanti risposte, però, non ci consentono, purtroppo, di fare delle
statistiche complete, come avremmo voluto. Tuttavia, poiché le risposte sono state poco più della
metà del numero dei predicatori
(il 61%), se per ipotesi di lavoro
raddoppiamo questo campione, presumendo le risposte di tutti, il risultato, pur essendo approssimativo e teorico, può darci una sufficiente indicazione di massima.
predicatori locali ha tra i 50 e 1 70
anni.
Altrettanto interessante è l’ubicazione e la loro distribuzione in
rapporto alla entità della popolazione evangelica nell’ambito dei
singoli Distretti e Circuiti (vedi tabella).
Frequenza e aggiornamento
Dati anagrafici
Dall’esamo delle 39 risposte ricevute sono emersi dati molto interessanti che vale la pena di far
conoscere. Ad esempio che 19 sono
donne e 70 uomini. Che il più giovane predicatore ha 25 anni ed il
più anziano ne ha 85; il che porta
l’età media a 55 anni.
A quest’ultimo proposito ci è
parso utile dividere le risposte in
sei fasce di età. Il risultato è stato
il seguente ; i predicatori dai 25
ai 30 anni sono 3; dai 31 ai 40 sono
15; dai 41 ai 50 sono 16; dai 51 ai
60 sono 22; dai 61 ai 70 sono 21,
dai 71 agli 80 sono 2.
Dal campione esaminato emerge
che il maggior numero dei nostri
Aspetti delle due ultime Assemblee U.P.L. a Ecumene. Sopra,
1984: in un momento di pausa, incontro con i partecipanti di
un campo sull’educazione alla pace. Sotto, 1983: il segretario
Claudio Tron, Armando Russo, Ettore P anasci a.
Alla domanda: « Predichi con
una certa regolarità? Saltuariamente? Almeno tre volte all’anno? »
54 predicatori rispondono che predicano più di 3 volte all’anno, 19
che predicano con una certa regolarità, 4 che predicano tutte le domeniche, 3 predicano meno di tre
volte all’anno, 8 non rispondono.
Alla domanda: « 'Heni aggiornata la tua preparazione teolog;icoesegetica, e come? » le risposte riguardanti la prima parte sono state: 82 sì (92%), 4 no, 3 inevase.
Come si vede, la stragrande maggioranza dei predicatori si preoccupa di tenere aggiornata, in qualche modo, la propria preparazione. E specifica:
a) frequentando collettivi teologici, b) leggendo e consultando
pubblicazioni specifiche, c) seguendo il Corso Predicatori Locali, o
il Corso di Diploma della Facoltà
di teologia di Roma, d) partecipando a studi biblici, e) con colloqui col pastore, f) semplicemente leggendo e meditando la Bibbia.
Tutti, però, lamentano la scarsità di tempo a loro disposizione.
Comunque, a dimostrazione dello
zelo di alcuni citiamo il caso di un
predicatore il quale, benché non
più giovane, si è iscritto al Corso
per Predicatori Locali, sostiene gli
esami, elenca quelli già sostenuti
e finisce con queste parole : « Una
cosa mi sta a cuore, finire al più
presto il corso intrapreso e nel
quale sono impegnato anche per
dedicarmi con più zelo alla vita
della nostra comunità e diaspora...
Il Signore mi aiuti» (g. 1.).
Un altro ci scrive: «Non ho
scelto di fare il predicatore ma vi
sono stato chiamato dalla mia comunità, cerco di fare il pochissimo che faccio come un servizio ai
miei fratelli» (g.m.l.).
Due predicatori, poi, hanno offerto alla Tavola, che ha accettato, la loro piena disponibilità per
un servizio permanente.
Un altro, che pur avendo conseguito la Licenza in Teoiogia, a
Ginevra, non è pastore, ha voiuto
iscriversi nei ruolo dei predicatori iocali.
Sulla domanda : « Gradiresti avere un maggior aggiornamento teologico-esegetico? come?: a) per
corrispondenza, b) con indicazio
ne di libri, c) seguendo un corso
organizzato », si sono avuti i seguenti risultati : 81 predicatori i;j!.
spondono di desiderare un mag
gior aggiornamento, 6 rispondono
di non desiderarlo, 2 non rispondono.
Nel considerare il modo in cui
l’aggiornamento è desiderato occorre tener presente che molti lo
desiderano in più modi. Il risultato è il seguente: 58 con indicazioni di libri; 39 per corrispondenza;
26 con un corso organizzato.
Alcuni, poi, hanno dato delle indicazioni precise: corso con fascicoii o dispense mensili da rice\^
re a casa; con materiali esemplificativi ; con aggiornamenti sui
nuovi orientamenti in campo teologico-esegetico.
Unione Predicatori Locaii
'■>1
La domanda; « Osservazioni sulrU.P.L. » è stata formulata in modo generico per lasciare che i predicatori si esprimessero liberamente .
Provenienza deiie risposte
CIRCUITI Risp. dei Tot. DISTR ' % risp. 1 Consistenza
predicai. sul tot. numcnca
1. Val Penice 1
2. Pinerolese 3 ■ù
3. Val Germanasca 2 6 I 7 10.800
4. Piemonte 6
5. Liguria 11
6. Lombardia 10
7. Triveneto 3
8. Emilia-Romagna 8
9. Svizzera — 38 II 40 6.300
10. Toscana 9
11. Lazio 10
10. Abruzzo Molise 5 24 III 27 2.900
13. Campania 4
14. Puglie-Basilicata 6
15. Calabria 5
16. Sicilia 6 21 IV 24 2.000
(I dati sulla popolazione evangelica sono tratti dalle statistiche del Rapporto al Sinodo)
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gli uomini, quanto perché insistiamo troppo sulla qualità di « servizio » delle cose che ci sono chieste.
Se insistessimo di più sulla loro
qualità di « privilegio » o di dopa
ricevuto, prima che trasmesso, fo¥
Se molti problemi potrebbero essere impostati in modo diverso. Paolo Ricca diceva una volta — tanti
anni fa, se ricordo bene — che la
diakonia della chiesa ha come strumenti non le sue ricchezze, ma la
sua povertà. Una chiesa ricca è
spesso povera di servizio; una chiesa povera può essere ricca di servizio. Questo obiettivo è anche quello dell’U.P.L. Claudio Tron
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da molti, soprattutto suila costituzione stessa dell’U.PJj.
Di due tipi sono state le risposte che riguardano questo orga
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nismo di collegamento tra i predicatori locali che, in atto presso la
Chiesa Metodista, col Patto di Integrazione, viene mantenuto e aperto ai valdesi.
Di un primo tipo quelle dei predicatori valdesi che, pur rendendo
questo prezioso servizio da serale nelle chiese, si trovano, per la
prima volta, di fronte a questa organizzazione.
Si trattava di valutare una struttura per loro molto recente e che,
a giudicare dalle risposte, risulta
riscuotere un consenso pressoché
unanime.
Una sola voce è discordante e la
motivazione è la seguente : « Ho
paura che si sia caduti nella tentazione di codificare ogni dono
dello Spirito. Per fortuna lo Spilo soffia dove vuole» (u.t.).
E ancora : « E’ stata la migliore
istituzione per la continuità delrot)era del Signore, data la insufficienza numerica dei pastori ed il
molto lavoro che la Tavola è costretta ad affidar loro» (f.c.).
Nonostante non abbiamo voluto
porre una domanda specifica sulla
necessità di una preparazione culturale a questo ministero e quindi sulla utilità della Commissione
Permanente Studi, spontaneamente ci sono venute dichiarazioni che
pongono l’accento sull’importanza
di una preparazione teologico-esegetica e trovano giusto che al predicatore venga richiesto un serio
impegno di studio.
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Merviaelron
L’impressione generale è che
l’U.P.L. è un organismo di collegamento importante e utile per
l’incontro tra i predicatori e per
lo stimolo che ne ricevono come
aiuto nel lavoro. Uno sottolinea
che non solo è utile ma necessario.
Un altro afferma; « l’U.P.L. è quanto di meglio si potesse pensare ed
io sono felice di farne parte» (r.s.).
Diverse sono, ovviamente, le risposte del secondo tipo, quelle dei
predicatori metodisti, già precedentemente iscritti a ruolo, alcuni
da molti anni. Per esempio : « Quale vecchio Segretario dell’U.P.L.
della Chiesa Metodista sono veramente contento di vedere che l’attuale U.P.L. si sta organizzando
con impegno e con fedeltà all’Evangelo» (t.s.). E ancora: «E’ una
istituzione che come metodista conosco e apprezzo da molto tempo » (m.c.).
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Indicazioni preziose
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pii
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Valutazioni e suggerimenti sono
per il Comitato un apporto di
grande valore per il proseguimento
e il miglioramento del suo lavoro
e un incoraggiamento a farlo.
Due predicatori, di fronte alla
domanda di dare una valutazione
4^1 lavoro fin qui svolto, dicono
di non sapere ancora bene di che
cosa si tratti e di non essere in
grado di farlo perché non lo conoscono o lo conoscono troppo poco; uno chiede maggiori ragguagli.
Molti altri affermano, invece, di
essersi fatti, attraverso le circolari, che periodicamente vengono a
tutti inviate, un’idea del lavoro e
trovano il contatto epistolare con
'oro : « positivo ed esauriente in
;utte le sue linee e contenuti » (a.r.).
Altri, poi, non avendo mai partecipato, fino ad oggi, ad una delle
nostre Assemblee, si rammaricano
di non averlo potuto fare e sperano, in futuro, di avere più tempo
a disposizione in modo da potervi
partecipare.
Uno di questi scrive : « seguo le
attività assembleari a mezzo di
rappresentanti del nostro gruppo e
ne traggo un orientamento anche
^el mio lavoro » (m.b.).
I® A proposito dell’Assemblea annuale, ciò che risulta dalla maggioranza delle risposte è che la
gran parte di coloro che non la
frequentano non lo fanno per indifferenza o per la scelta di camminare su percorsi autonomi, ma
per la difficoltà reale a trovare il
tempo per parteciparvi, pur avendo l’aspirazione a farlo.
Alcuni, forse più disponibili, vorl^bbero incontrarsi più di frequente.
Sempre dalle risposte risulta che
Chi vi partecipa sa quale esperienza fondamentale, come aiuto alla
predicazione e come indicazioni da
tentare di far fruttificare, siano le
lezioni di aggiornamento, tenute da
professori della Facoltà, e come
l’incontro tra predicatori e il dibattito assembleare sia formativo
oltreché informativo.
Sono stati graditi da molti predicatori gli appunti di una lezione
fStenuta al corso di aggiornamento
a Ecumene, l’anno scorso. Sono
gradite e utilizzate le schede che
la « Commissione Culto e Liturgia» invia ai predicatori con una
certa regolarità.
Poiché le Assemblee non solo non
hanno ancora coinvolto pienamente i predicatori, ma sono sempre
assai poco frequentate, speriamo
che coloro che scrivono che desiderano parteciparvi, riescano a
farlo, e altri che non provano questa necessità, riescano a sentire
l’impegno a parteciparvi per un
maggiore affiatamento, per la partecipazione alle scelte, operative,
per un rinnovato scambio di esperienze, per l’aggiornamento teologico, a tutto vantaggio della crescita di ciascuno e della qualità
del servizio.
Un predicatore che l’anno scorso ha partecipato per la prima volta ad una Assemblea scrive di averne riportato una impressione decisamente positiva.
Possiamo riassumere l’operato
del Comitato con le parole di un
predicatore che scrive ; « Dalla sua
costituzione l’U.P.L. ha svolto un
lavoro molto positivo per il collegamento che ha mantenuto tra i
predicatori, per le attività e iniziative di aggiornamento che ha pro
mosso, per gli sconti per l’acquisto di libri della Claudiana, per i
buoni libro che hanno permesso
l’acquisto di nuove pubblicazioni,
per le Assemblee tenute» (e.c.).
A proposito dei suggerimenti che
sono, come abbiamo detto, non solo benvenuti, ma di grande aiuto,
possiamo dire che generalmente
riguardano i rapporti tra l’U.P.L.
e i Circuiti. L’importanza di una
azione continuativa pressò chiese
e Circuiti, per stimolare allo studio persone che possono essere la
« forza di lavoro » di domani è sentita da molti come una esigenza
urgente. Da più parti si invita, infatti, il Comitato ad appoggiarsi
maggiormente ai Circuiti per riuscire non solo a coinvolgere meglio i predicatori ma anche e soprattutto per stimolare altri a prepararvisi. Uno afferma che un incontro, ogni tanto, tra il Segretario e i predicatori, a livello circuitale, a tale scopo, sarebbe auspicabile.
Non possiamo, perciò, non essere d’accordo con quel predicatore
che dice ; « L’U.P.L. deve essere
propagandata un po’ meglio, non
tanto a livello di chiese locali ma
di Circuiti, Distretti e Sinodo. Il
suo lavoro sta diventando (in tutta umiltà) un cardine per la sopravvivenza di tutti i giorni delle
comunità» (g.g.).
Dicci di te
Alla domanda: « Dicci di te quanto credi possa esserci utile per conoscerti meglio e per utilizzare meglio la tua disponibilità presente e
futura», molti hanno risposto lungamente, presentandosi e raccontando di sé. Queste risposte sono
di grande valore umano e ci con
Chi può predicare?
Uno degli errori fondamentali
nei quali, ancora oggi, incorrono alqpii evangelici è quello di
crederè|j che chiuìique si senta
portatgra farlo, ^a diritto di aprire la Bibbia, salire sul pulpito e predicare.
Ora, certamente,, chiunque crede può e deve poter parlare della propria fede e ideila propria
esperienza di fede ai suoi fratelli, dal pulpito e fuori dal pulpito; tuttavia il parlare della
propria fede e della propria esperienza non fa parte della predicazione dell’Evangelo ma della
testimonianza. E’ giusto ed è
importante che ogni credente
porti ai fratelli la propria testimonianza, comunichi loro, cioè,
ciò che sente e ciò ohe è la sua
vita e la sua esperienza di credente « in Cristo », per usare una
espressione di Paolo, ma la predicazione è un’altra cosa.
La predicazione non può essere fatta che da chi sia a questo preparato. Anche qui certamente chiunque ma ouesto
chiunque occorre che, umilmente e con senso di consapevolezza, si prepari a farlo, studiando.
Se pensiamo che per poter
predicare basti aver fede confidando neH’aiuto dello Spirito, e
non occorra prepararsi, noi cadiamo in un grossolano errore
e corriamo il rischio di combinare guai seri. Il caso più frequente sarà quello in cui, ignorando un minimo di esegesi e
di teologia, che non sono arbitrio di nessuno ma sono conoscenza, le sostituiamo con posizioni precostituite, sovente forniteci daH’opinione corrente o
con nostre interpretazioni del
tutto personali rischiando, così,
di predicare le nostre idee e noi
stessi.
E la predicazione, nel migliore dei casi, sarà vana, quando
non sarà dannosa.
Nelle chiese
evangeliche
non esiste un
monopolio
ecclesiastico e
non è quindi solo il
pastore a salire sul
pulpito. Ma
chiunque vi sale
deve essere
incaricato dalla
chiesa e averne la
preparazione.
Nella foto di
R. Ribet:
il past. Paolo Sbaffi
predica all'apertura
del Sinodo 1984.
A lei compete, dunque, la responsabilità di dare, anche nel
campo della predicazione, la sua
testimonianza, incoraggiando e
sostenendo, in ogni modo, con
una fervida opera di stimolo,
quei giovani che hanno ricevuto
questo dono e che si sentono
portati a realizzarlo.
Il compito della « Commissione Permanente Studi » è proprio
quello di aiutare a mettere a
frutto il proprio dono quei fratelli che si sentono chiamati al
ministero della predicazione dotandoli della indispensabile, ade
guata preparazione teologica ed
omiletica.
Intanto, sappiamo dal Segretario della Commissione, pastore Domenico Cappella, che oggi
sono iscritti al corso 32 candidati che, a conclusione dei loro
studi, verranno iscritti nel ruolo dei predicatori locali.
Essi sono per noi la speranza della continuità nella predicazione. Un ministero che, come
ogni altro nella chiesa, è compiuto unicamente nel nome dell’unico Signore.
Èva L’Ecrivain Rostain
Un programma di studi
Per evitare il pericolo di predicare: « un altro Gesù » (II Cor.
11: 4) e «un 'Evanrelo diverso»
(Gal. 1: 8), come dice l’apostolo
Paolo, esistono Facoltà teologiche, corsi di studi preparatori
ed anche studi biblici. Questo
spiega anche la cura con la quale vengono preparati i nostri pastori.
Il compito di ogni comunità
nei confronti di quei fratelli che
sentono di essere portati alla
predicazione, come ad ogni altro
servizio, è determinante. E’ nella comunità, infatti, che si manifesta l’azione dello Spirito come dono che il Signore dà ad
ogni singolo credente, è la comunità che riconosce questi doni e quindi la molteplicità dei
ministeri, è la comunità che aiuta chi li ha ricevuti a realizzarli.
Per coloro che si sentono chiamati al ministero della predicazione esiste ama « Commissione
Permanente Studi » che ha il
compito di dotarli, in modo omogeneo, della indispensabile,
adeguata preparazione teologica
ed omiletica. Il segretario della
Commissione è attualmente il
pastore Domenico Cappella.
Un corso biennale di studi, guidato da responsabili delle singole discipline, accerta, mediante
esami-colloqui, la preparazione
dei singoli candidati e permette
loro, a conclusione del corso, di
venire iscritti nel ruolo apposito.
L’iter disciplinare indicato dalla Tavola è il seguente: « L’aspirante predicatore locale, d’accordo con il Consiglio o Concistoro della sua chiesa, viene presentato al Consiglio di Circuito
il quale affiderà il candidato alla Commissione Permanente Studi che prepara per lui un corso
di studi della durata di due anni: questo corso include esami
su materie bibliche e teologiche,
ed esercitazioni omiletiche. Terminato il corso di studi, il Consiglio di Circuito, presenta il
candidato all’assemblea di Circirito, per la accettazione e l’iscrizione a ruolo ».
Per qualsiasi altra informazione rivolgersi al Segretario della
Unione Predicatori Locali.
Il comitato U. P. L. (Unione
Predicatori Locali) è costituito
dal segretario e da due consiglieri, tutti eletti annualmente
dall’Assemblea. Gli attualmente
in carica sono: Claudio Tron, segretario; Roberto Romussi, Èva
L’Ecrivain Rostain, consiglieri.
J
sentono di conoscere un po' meglio i predicatori, talvolta i loro
problemi di studio e di predicazione e sono una testimonianza del
loro impegno e della loro disponibilità a questo servizio.
Molti, a motivo di prolungato
orario di lavoro o di lavoro impe
gnativo e stancante e di impegni
familiari, lamentano scarsità di
tempo da dedicare alla predicazione, ma, compatibilmente con queste loro occupazioni, dichiarano la
loro completa disponibilità di tutto il loro tempo libero. Una dichiarazione vale per tutte : « Ho poco
tempo ma sono molto impegnato
e appassionato nella proclamazione della Parola di Dio» (m.b.).
Alcuni attendono il momento di
concludere con il pensionamento
la loro attività lavorativa per dedicarsi, con maggiore disponibilità, alla predicazione.
Uno dice che sarà libero soltanto nel 1985 e pensa, con rammarico, che sarà troppo tardi per affrontare la Commissione di Esame, potrà, però, dedicarsi con più
tempo alla predicazione che gli costa fatica nel prepararla e tensione nel farla.
Una prédicatrice fa dichiarazione di disponibilità futura a predicare, oltreché nella sua comunità,
anche nella diaspora. Ecco le sue
parole ; « Legata al lavoro, quando
sarò libera sarò più disponibile
per la predicazione anche fuori.
Finché Dio lo vorrà cercherò di
dare ai fratelli e a chi mi sta vicino il messaggio dell’Amore senza
il quale, a me sembra, l’uomo non
possa vivere» (s.a.).
Molte altre sono le dichiarazioni
di disponibilità presente e futura,
le affermazioni che l’impegno primario è al servizio della chiesa.
Un predicatore ci comunica di
avere a disposizione una cinquantina di sermoni predicati in otto
chiese diverse e afferma che dal
1968 al 1982 ha superato le quattrocento predicazioni! Le risposte,
però, ci indicano che non è il solo
ad aver predicato tanto perché c’è
chi predica regolarmente tutte le
domeniche, da anni.
Un predicatore, che per 41 anni
è stato anziano di chiesa e il cui
mandato è scaduto l’anno scorso,
dice; «Ma la mia disponibilità per
l’opera del Signore non è scaduta »
(c.m.).
A testimonianza del loro spirito
di servizio, alcuni raccontano che
predicano fin da quando erano giovanissimi, altri che provengono dal
cattolicesimo ; uno, che evidentemente non si sente più molto giovane, afferma ; « Non posso più lavorare come un ventenne, tuttavia.
con l’aiuto del Signore, spero ai
cora di essere utile in qualche m<
do» (V.O.). Un altro si offre
aiutare, in qualunque modo, il O
mitato U.P.L. e un altro ancora i
mette a disposizione per recar
presso comunità senza pastore p<
un mese o due.
Una predicatrice afferma che
trova in difficoltà ad esprimere c:
che la riflessione del testo le ì.
dato e sente, ma che trova ino
raggiamento presso i fratelli. U
altro, tale incoraggiamento non
sente e ci comunica il suo disagii
« Sono un operaio e sto fra open
e la mia testimonianza di credem
è meglio capita dagli operai e qua:
do predico vorrei che quegli op
rai fossero in chiesa, purtropi
l’unico a rimanere come opera:
in chiesa sono io e penso che sor
di troppo e non so decidere per
futuro. Mi sento spinto dallo Sj
rito Santo, ma non sono bene a
cetto nel mio ambiente» (f.c.).
Non siamo autorizzati né a fa:
commenti né a dare consigli, n
di fronte a questo caso ci sentian
di chiedere a quella comunità, c
me ad altre, di tenere conto di qu
ste parole.
8
h
8 ecumenk
21 settembre 1984
VII ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE LUTERANA A BUDAPEST
Cristo,
speranza per il mondo
Nei giorni 22 luglio - 5 agosto si è tenuta a Budapest, Ungheria,
l'Assemblea della Federazione Mondiale Luterana. Riportiamo l’informazione conclusiva diffusa dalla FLM e nel riquadro accanto la
testimonianza diretta dell'inviata del settimanale francese “Réforme" sul triste problema del razzismo.
Cosa dire deH’incontro che
ha raccolto la partecipazione di
1200 delegati provenienti da tutto il mondo per la VII Assemblea della Federazione Luterana Mondiale svoltasi a Budapest tra il 22 luglio e il 5 agosto? Dopo molte sessioni svoltesi in diversi stati occidentali
(la VI ebbe luogo nell’Africa
Centrale, in Tanzania) quest’ultima, per la prima volta, è stata
ospitata da un paese membro
del Patto di Varsavia. Ma c’è di
più: il vescovo Zoltan Kaldy,
primate luterano d’Ungheria, è
étato eletto presidente della Federazione Luterana Mondiale. A
questo punto è lecita una domanda: da dove provengono, o
meglio dove vanno i luterani degli anni '80?
Budapest e gli ungheresi in
generale sono ormai abituati ai
turisti e ai congressisti che affluiscono nel loro paese in numero persino maggiore degli
stessi abitanti. Durante i 15 giorni del congresso la città è stata
caratterizzata dalla presenza
degli uomini e delle donne par
tecipanti al congresso e dal simbolo della VII Assemblea luterana mondiale : una croce e
un’ancora che reggeva il globo
terrestre, simbolo grafico del
tema dell’incontro : Gesù Cristo, speranza per il mondo.
I delegati su questo punto sono concordi : la minoranza costituita dalla Chiesa Luterana
ungherese, in uno stato di impronta marxista-leninista, in cui
una schiacciante maggioranza di
cittadini fa parte della chiesa
cattolica romana, ha vissuto la
assemblea come un evento straordinario; offrendo d’altra parte ai propri ospiti un’accoglienza ininterrotta. Più di 12.0(X)
ungheresi si sono ritrovati, venendo anche da molto lontano,
per assistere all’inaugurazione
e al culto finale ai grande Palazzo dello Sport di Budapest.
Come rovescio della medaglia, l’assemblea ha vissuto i
momenti liturgici in maniera alquanto tradizionale, « di stile ungherese », improntata ad un luteranesimo piuttosto austero. Al
momento della partenza, una
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Coïsson
I britannici
e la fede
(BIP) — Meno della metà dei
britannici credono in Dio, è
quanto risulta da un sondaggio
realizzato dall’istituto Harris
per una trasmissione televisiva.
Il 160/0 delle persone interrogate
ha detto di essere andato in
chiesa la settimana precedente,
in maggioranza erano persone
anziane, membri della borghesia
e della classe media, elettori del
partito conservatore abitanti la
periferia delle città o la campagna.
Il 550/0 dei britannici chiede
che la Chiesa non intervenga
nella politica, ed il 32o/o dei giovani fra i 18 ed i 29 anni si sono
dichiarati atei.
I protestanti spagnoli
accedono alla Tv
ricano, Pierre Sauvage, ha ricordato che l’ospitalità e l’aiuto
degli abitanti di questa località
avevano permesso anche a lui
ed alla sua famiglia di sfuggire
al campo di concentramento.
Egli ha aggiunto che secondo
lui era importante fare conoscere le azioni dei non giudei a
favore dei giudei durante la
guerra. « I cristiani devono conoscere queste buone azioni per
sapere come comportarsi in futuro ».
Altri partecipanti hanno invece affermato che non c’era
ragione di decretare lodi particolari a coloro che hanno aiutato i giudei. «Perché siamo
stupiti che ci siano delle persone che fanno il bene sulla terra?» ha detto Tova Priedman,
assistente sociale israeliana sopravvissuta ai campi di sterminio di Auschwitz, aggiungendo
che lei «non capiva perché si
decretavano medaglie a quanti
non avevano fatto altro che il
proprio dovere ».
(SPP) — A partire dal mese
di settembre i protestanti spagnoli hanno uno spazio alla televisione nazionale. Il Governo
ha infatti concesso alle Chiese
Evangeliche dieci minuti settimanali. Le prime trasmissioni
sono intitolate « Una Bibbia in
ogni casa» e sono parte di una
campagna di evangelizzazione
portata avanti da Battisti Metodisti e Fratelli.
Africa: pregare
ma anche agire
Chambón: il bene
dev’essere normale
(BIP) — L’aiuto che gli abitanti, a maggioranza protestanti, del villaggio di Chambon-surLignon hanno dato a circa 5.(X)0
giudei permettendo loro di sfuggire alla deportazione durante
la guerra ha suscitato una controversia nel corso della conferenza dei figli dei sopravvissuti
all’olocausto. Un cineasta ame
(Snop) — Monsignor Souza
così scrive in una sua circolare : « Dobbiamo pregare e far
pregare affinché il Signore ci
accordi la pioggia di cui abbiamo bisogno. Ma Dio ci ha dato
un’intelligenza e delle mani di
cui dobbiamo servirci. Ha fissato delle leggi alla natura che
dobbiamo scoprire, rispettare,
ed operare in conseguenza... Il
deserto avanza a grande velocità. E questo in parte per colpa
nostra... Dobbiamo evitare gli incendi nelle sterpaglie, debbia
mo evitare di distruggere la fo
resta per farne legna da ardere ». Mons. Souza invita poi
ognuno ad operare per un rim
boschimento programmato; eia
scuno è invitato a piantare al
meno un albero, fruttifero o
non, nel suo campo.
Una questione
scottante
E tali dichiarazioni non sono
da considerarsi lettera morta :
una delle più scottanti questioni rimaste aperte dopo la precedente assemblea è stata affrontata con decisione: due chiese « bianche » dell’Africa australe, runa in Sud Africa, l’altra in
Namibia, sono state « sospese »
dalla loro adesione alla F.L.M.;
per partecipare nuovamente a
pieno titolo alla comunione luterana dovranno por fine all’apartheid che di fatto esse continuano a praticare al loro interno senza tener conto della
continua opera di dissuasione
condotta sin qui dalle chiese sorelle.
Parlando della situazione sudafricana, il vescovo luterano
americano di colore Nelson
Trout ha dichiarato; «Mi sembra di rivivere oggi ciò che avevo già vissuto con Martin Luther King: colui che pratica la
ingiustizia pretende di dettare
le condizioni per la riconciliazione ». Nonostante il voto di
« sospensione » avesse riportato
una schiacciante maggioranza,
i delegati, compresi quelli di colore, hanno tuttavia continuato
a mostrare disponibilità nei
confronti delle due chiese « bianche », che con tanta ostinazione
hanno rifiutato l’unione con i
loro fratelli neri. Per cercare dì
risolvere tale situazione, ora
sfociata in un provvedimento
disciplinare che in fin dei conti
dispiace a tutti benché necessario, è stato deciso di inviare
sul posto una delegazione pastorale.
A questo punto, al nuovo Comitato Esecutivo e al suo nuovo presidente, Zoltan Kaldy,
tocca il compito di inaugurare
un nuovo corso nella vita della
Federazione. Se guardiamo alla
complessità della situazione
mondiale, ci rendiamo conto che
non è cosa da poco. I prossimi
mesi riveleranno il carattere di
un nuovo direttivo il cui leader
ha dichiarato di voler praticare
l’apertura, al di là del carattere
mutevole della politica intemazionale. Sarà nostro compito
accettarne l’augurio.
giovane delegata indiana constatava ; « Abbiamo potuto udire molti sermoni. Mi sarei aspettata una grande festa della fede
e della speranza. Forse avremmo dovuto badare meno ai discorsi, e piuttosto pregare, cantare, ballare. In questo modo i
nostri dibattiti sulla pace e la
giustizia, sui diritti dell’uomo e
l’ecologia, e addirittura ciò che
abbiamo detto sulla nostra stessa identità luterana avrebbero
preso un altro risvolto ».
Ma nonostante ciò l’assemblea della Federazione luterana
non si è persa nell’astratto. Il
folto ordine dei lavori ha visto
succedersi 22 relazioni in 10 assemblee plenarie, e numerosissimi momenti di lavoro in gruppi, ufficiali e meno ufficiali. Inoltre sono stati rivolti alle chiese
membro della F.L.M. auspici e
risoluzioni diretti a milioni di
cristiani in tutto il mondo. La
costituzione della Federazione è
stata ritoccata con alcuni emendamenti, di cui riprendiamo i
due più significativi : nulla — secondo ir primo — né sul piano
teologico, né su quello razziale
o politico, può ormai escludere
un luterano, che appartenga o
no ad una comunità luterana.
Il secondo si sforza di metter
fine all’artificiosa distinzione tra
ciò che nella missione della chiesa è «spirituale» e ciò che invece sarebbe «materiale».
Sospensione
La sospensione delle Chiese luterane tedesche (bianche)
del Capo (Sud Africa) e della Namibia ha pesato fortemente
sull’Assemblea.
Non si decide a cuor leggero di lanciare un monito così
seno ad una chiesa-membro, anche se, come ha detto il pre
sidente uscente J. Kibira, « nel contesto africano la sospensione non significa Vesclusicme da una famiglia o da una comunità umana. Per noi africani questo significa togliere temporaneamente ad un membro della famiglia i suoi diritti perché capisca quanto sia urgente che egli, o ella, cambi modo
di vivere in determinati campi ».
Il dibattito appassionato, ma sempre fraterno, di cui
sono stata testimone nel gruppo di lavoro sul razzismo (essenzialmente nel Sud Africa) mi ha lasciata piena di ammirazione. Uomini di razze diverse, di cui gli uni avevano sofferto atrocemente degli effetti dell'intolleranza degli altri,
erano seduti gli uni accanto agli altri, in grado di cercare di
comprendersi nella profondità della loro comune confessione di fede in Cristo. Non ci sono state ingiurie — neppure
quand’era evocata l’esperienza vissuta dolorosamente — né
odio, bensì l’amore fraterno continuamente riaffermato e il
desiderio di comprendere da parte dei rappresentanti tedeschi, e dai sudafricani di far comprendere, in che cosa una
ideolpgia (la superiorità di una razza sull’altra) può annientare il messaggio di amore e di riconciliazione dell’Evangelo.
Quando fu votata la sospensione delle due chiese, l’Assemblea si raccolse prima in un momento di preghiera seguita dal canto « Austiefer Not... » (Dal fondo del mio duolo). Il pastore HoefEel, della Chiesa della Confessione augustana di Alsazia e Lorena lesse noi la seguente dichiarazione
che mi sembra illustrare una preoccunazione di non rigettare il peccatore e di venirgli in aiuto che rende onore alla
Assemblea intera.
« Abbiamo sentito la settimana scorsa il grido dei nostri fratelli e sorelle neri, al momento del dibattito informativo sul Sud Africa, e abbiamo misurato il grado di malessere risentito dalla maggior parte di noi bianchi. E’ vero
che ci troviamo di fronte ad una situazione che esige che in
tutti i modi possibili sia posta fine alla politica dell’apartheid
Per parte rnia sottoscrivo la raccomandazione fatta dal
gruppo II razzismo nella chiesa e nella società’ e la proposta di sospensione. Ma non dimentichiamo che viviamo tutti
deilci gTuzici di Dio. AttvuvcTso VcitteggiciftieTito c Vw'ipegno di
tutti deve risultare evidente che noi condanniamo l'apartheid
e il potere che vi si riferisce, e non i nostri fratelli bianchi
del Sud Africa. Essi hanno bisogno del nostro accompagnamento pastorale ed è indispensabile che noi siamo vigilanti
e coerenti ciascuno nel proprio contesto. Non possiamo limitarci alla semplice adozione di queste raccomandazioni: dobbiamo Dortarle avanti.
Infine, se è vero che noi facciamo questo passo doloroso
che consiste nella sosvenstone di oneste due chiese, rendiamoci conto che vi saranno altri problemi di ordine etico nel
mondo e nelle nostre chiese, in Africa, in America latina, nel1 Europa deU’Est che esigeranno ugualmente un atteggiamento chiaro e il meno ambiguo possibile da oarte nostra ».
(Dal reportage di Daisy De Luze di « Réformc »).
RIVA DEL GARDA
comune,
fonte di speranza
Dal 3 al 7 ottobre 1984 avrà
luogo a Riva del Garda il terzo incontro ecumenico europeo.
Vi parteciperanno quaranta rappresentanti delle 115 Chiese ortodosse, protestanti e anglicane
membri della Conferenza delle
Chiese europee (KEK) e quaranta rappresentanti del Consiglio delle Conferenze episcopali (cattolico romano) europee.
L’incontro si svolgerà sotto la
presidenza comune del Cardinale Basii Hume, di Londra, e del
Presidente André Appel, di Strasburgo.
Il tema dell’incontro sarà;
« Confessare insieme la nostra
fede: fonte di speranza». La
preghiera e la discussione devono portare al riavvicinamento
spirituale dei partecipanti e, per
mezzo loro, incoraggiare le Chiese separate sul cammino dell’unità. La confessione di fede nata dai vecchi concili cristiani di
Nicea e di Costantinopoli sarà
la base dei lavori. E’ previsto
che i partecipanti indirizzino
una dichiarazione alle Chiese,
nella quale spieghino in che modo essi comprendono questo testo oggi. In un messaggio si indirizzeranno direttamente ai cristiani d’Europa.
le Chiese siano purtroppo tuttora separate.
Trento, di antica fondazione
orientale (Cappadocia), è oggi
ancora in stretto rapporto con
le Chiese ortodosse. La città ha
acquistato un significato ecclesiastico per via del concilio del
16° secolo. Esso ha portato alla
Chiesa cattolica romana il rinnovamento atteso da tempo, eppure, nello stesso tempo, ha condannato la Riforma, e così è diventato per molti cristiani il segno doloroso della divisione. Il
culto ecumenico in questa città
deve esprimere chiaramente che
le Chiese, anche dopo parecchi
secoli, si preoccupano dell’unità
in uno spirito ecumenico e con
una nuova fiducia, quest’unità
che si è pure persa in occidente
nel 16° secolo.
L’incontro si concluderà con
un culto ecumenico nel Duomo
di Trento. E’ in quella sede che
i partecipanti testimonieranno,
confessando il credo dì NiceaCostantinopoli, che essi sono
uniti nelle verità di fede più
profonde, malgrado il fatto che
L’incontro è stato preparato
dal Comitato congiunto della
Conferenza delle Chiese europee (Presidente André Appel,
Strasburgo, Metropolita Alexy,
Tallinn, Vesc. Gerhard Heintze,
Stuttgart, Vescovo Attila Kovach, Veszprém, Vescovo Patrick
Rodger, Oxford, Segretario generale Glen Garfield Williams,
Ginevra) e dal Consiglio delle
Conferenze episcopali europee
(Cardinale Basii Hume, Londra,
Arcivescovo Alois Sustar, Ljubl.iana, Arcivescovo Ramon Torrella, Tarragona, Vescovo Hans
Martensen, Copenhagen, Vescovo Paul-Werner Scheele, Würzburg, Segretario Ivo Pürer, St.
Gali).
i.
# «
5 -il
9
21 settembre 1984
cronaca delleValli 9
ùi
L’OPINIONE DI UN INSEGNANTE
Un
cammino
di libertà
< Cos'è la cultura valdese? »;
sempre più spesso questa domanda rimbalza nei dialoghi intrecciati con i gruppi, italiani o
stranieri, in visita alle Valli. Alcuni turisti si aspettano di vedere, come succede in Süd-Tirol,
uomini e donne in costume passeggiare tranquillamente per
Villar Pellice o per Frali. Invece
qui niente di tutto questo.
Tutti quegli elementi folklorisiici che piacciono tanto ai nostri valdesi emigrati all'estero
(dalla scuola di patois alla bandiera con l'insegna 'lux lucet in
lenebris' sventolante sul balcone)
nei nostri paesi montani non si
incontrano. Di concretamente
mídese — si dice — resta più
poco, salvo un certo modo di
ragionare, di comportarsi. Del
resto molti valdesi, in questi anni. hanno già venduto le loro
case o i loro terreni al miglior
offerente che spesso era qualche
società immobiliare pinerolese
con intenti chiaramente speculativi. Sicché, tutto sommato,
Vuh imo tratto popolare valdese
che rimane è quello della cultura. Ma anche lei è più nominata
che vissuta, anche lei, con tante
altre cose, rischia di sbiadire, di
perdere le sue caratteristiche antiche, la sua 'specificità'. Anche
la cultura valdese entrerebbe a
far sempre più varte di un « Piemonte, terra compatta per cultura — come ci ricorda l'ultimo
numero della rivista 'Piemonte
vivo’ in un articolo sulle minoriifice etnico-linguistiche — ma
diversificata per origini etniche ».
-Abbiamo parlato molto in questi ultimi anni di 'asse culturale', di cultura popolare, di cultura alternativa. Abbiamo raccolto. nei musei valdesi e in qualche biblioteca specializzata, molta materiale interessante. Ma le
difficoltà non iniziano tanto a
livello di archivio quanto di definizione: quando dai libri, dal
patois, dal folklore si passa alla
cultura valdese intesa come progetto di vita allora la riflessione
dhénfà pnì~àrdua. E perciò spesso è condotta soltanto da intellettuali. Sull'architrave di alcune scuolette Beckwith di quartiere si scriveva anticamente il
famoso detto del salmista: « il
timore dell'Eterno, è il principio della sapienza ». Quasi a ricordare che in quella scuola la
conoscenza del mondo non era
disgiunta dalla conoscenza di
Dio.
Quando la cultura valdese si
concentra solo sulla conoscenza
del mondo, di ieri o di oggi, essa si trasforma in folklore e
quando ci si rinchiude esclusivamente in un’astratta conoscenza di Dio essa .st trasforma
ir pura spirithalità. Solo nella
tensione tra conoscenza del mondo e conoscenza ai uto la cultura ' väldese, diciamo pure la cultura protestante in generale, diventa un mQRetto__alternativo di
vita. In altre parole: quella relazioñe antica tra timore di Dio
e desiderio di conoscere e trasformare il mondo — relazione
che fu già l'oggetto dell’insegnamento dei saggi d’Israele — è il
cammino culturale che sta di
fronte a noi in questi anni. Un
cammino di libertà perché coincide con il cammino del discepolato di quella Parola che ci
guida a scoprire il senso della
vita e quindi della nostfa~cat^
timi.
Giuseppe Platone
Si riapre una scuoia selettiva
e senza un progetto educativo?
Che la scuola ritorni a bocciare, anche se in forma, forse,
più blanda che in passato, non
sorprende; che sia molto diffuso il pregiudizio, la convinzione,
il luogo comune che più la scuola boccia (o seleziona) più è seria, è cosa che si sente affermare da molti, professori, genitori,
studenti, (salvo cambiare subito
opinione, appena la bocciatura
li riguarda... personalmente e direttamente!). Che la bocciatura,
0 selezione, finisca per colpire o
abbattersi, probabilmente, su determinate classi sociali o su persone ohe più di altri avrebbero
bisogno di aiuto (inteso in senso non solo strettamente scolastico), è cosa forse meno evidente e che sfugge ai più ( al qual
proposito, male non sarebbe ima
inchiesta o indagine abbastanza
ampia che chiarisse meglio e documentatamente chi viene colpito principalmente da tali bocciature, la provenienza economicosociale, ecc...: si scoprirebbe forse ancora una volta ohe chi paga il prezzo più alto di tali bocciature sono sempre i figli dei
lavoratori: operai, contadini,
ecc...).
Dopo gli slanci, gli entusiasmi,
1 generosi ideali (e ali eccessi,
anche, perchè no?) del '68, che
per lo meno aveva posto con
forza l’esigenza di un rinnovamento profondo non solo della
scuola, ma deH’intera società
italiana, ohe aveva intuito, sia
pure forse confusamente, come
anche per noi fosse giunto il
momento di passare da una
scuola e da una istruzione d’élite a una scuola di massa, di fronte all’inerzia dei governi e delle
forze politiche, che, in linea di
massima, non sono state capaci
di farsi interpreti e realizzatori
di quelle esigenze e spinte riformatrici, si è ricaduti in una situazione di disinteresse, di torpore, di indifferenza (il c. d. « riflusso »), per cui la scuola, e i
professori, abbandonati a se
stessi, non hanno saputo e potuto far di meglio, tra rassegnazione e frustrazione, che ritornare a bocciare! Dimenticando,
un po’ tutti (ammesso che lo si
sia mai saputo!) che la scuola,
come diceva G. Gozzer, non sta
per bocciare, ma per promuovere (certo, non la promozione facile, o il sei politico!): promuovere cultura, sapere, crescita umana e intellettuale, formazione
di persone e personalità libere,
autonome, con capacità critiche,
ecc.,.
Di chi la colpa? Probabilmente un po’ di tutti. Ma principalmente dei governi e dei ministri
della P. I. che si sono succeduti
in questi anni, che non hanno
saputo o voluto varare un progetto di riforma serio di tutta
la scuola italiana, dalla materna
all’Università, che recepisse i bisogni, le esigenze e le necessità
nel frattempo maturate nella società italiana e non oltre procrastinabili. E cioè: qualificazione degli insegnanti, sul piano
soprattutto didattico-pedagogicopsicologico, da realizzarsi, per le
nuove leve, già durante il periodo di studi all’Università, per
chi vuole dedicarsi aH’insegnamento, e per gli altri con corsi
di aggiornamento didattico e
psico-pedagogici trimestrali (durante l’estate?); tempo pieno o
orario prolungato nella scuola,
con conseguente revisione degli
attuali stipendi dei docenti (fra
i più bassi d’Europa!) in relazione alle maggiori prestazioni
qualitative e quantitative richieste; opzionalità del part-time per
chi non intende lavorare a tempo pieno nella scuola, con relativa però minor retribuzione; riforma dei programmi; programmazione o pianificazione degli
sbocchi professionali, cioè un
rapporto migliore e più realistico tra scuola e mondo del lavoro, da realizzarsi tramite una conoscenza più adeguata delle richieste dei vari settori produttivi e un opportuno orientamento
scolastico a ciò finalizzato, onde
evitare il più possibile la piaga
della disoccupazione intellettuale giovanile; strutture scolastiche adeguate a tali finalità (laboratori, biblioteche, mense,
ecc...).
Sono solo alcuni suggerimenti
e proposte che mi vengono così alla mente: ma altri, certamente, e migliori se ne possono
avanzare da altri. Ma nei collegi
docenti, consigli di classe, consigli d’istituto, poco o niente si
parla di questo, e ad avanzare
simili proposte si rischia il linciaggio o una sdegnosa e sdegnata indifferenza. Andare contro
corrente, tentare di rimuovere
pigrizie, modi di pensare e di
agire standardizzati, posizioni di
privilegio o ritenute tali, è Sempre difficile e pericoloso: paga
di più la routine o la demago
gia. E così, tra l’indifferenza generale, tra im riformismo generoso negli intenti e negli ideali,
quanto velleitario e impotente
nei fatti, e im rivoluzionarismo
(o ribellismo?) parolaio alla Capanna, la DC può continuare
tranquillamente a far passare la
sua politica immobilista e clientelare, ohe è quella del « quieta
non movere et mota quietare »,
mantenendo un esercito di precari nella scuola, non garantendo nessuno sbocco occupeizionale alle migliaia di diplomati o
laureati, consentendo tagli al bilancio della P. I. perchè bisogna
contenere la spesa pubblica e riportando magari il numero di
alunni per classe a trenta.
Perchè fare una riforma della
scuola in linea coi tempi, che
permetta il recupero, e quindi la
promozione, di anelli più svantaggiati o deprivati culturalmente, economicamente o socialmente, con strutture adeguate, personale qualificato, équipes medico-psico-pedagogiche, quando è
così facile e semplice bocciare?
Ma i lavoratori non dovrebbero
pensarla così! Al contrario, dovrebbero nuovamente tornare a
lottare e battersi per una riforma della scuola seria, profonda
e moderna, e per un progetto
educativo, per le nuove generazioni, alternativo a quello attuale, se si vuole realizzare non solo una scuola migliore, ma una
società più giusta e più umana.
Non dimenticando che « L’uomo
non può diventare vero uomo
che mediante l’educazione, ed
egli è quale essa lo fa » (1. Kant).
E intorno a questi obiettivi aggregare i giovani, pii insegnanti,
i genitori. Arturo Cericola
REGIONE PIEMONTE
Eliminate le barriere
architettoniche
Un primo passo in favore delle persone « con ridotte o impedite capacità motorie » è stato compiuto dalla Regione con
una legge approvata dall’assemblea consiliare il 18 maggio scorso e che impone nrecise norme
costruttive per l’abolizione di
barriere architettoniche negli edifici residenziali costruiti da enti pubblici, in particolare dagli
Istituti autonomi delle case popolari. Il provvedimento sancisce l’eliminazione delle barriere
esterne, che impediscono l’accesso, e di quelle interne che bloccano la possibilità di movimento (comprese le porte degli ascensori).
La legge, sollecitata dalle associazioni per la tutela degli
handicappati, si pone inoltre l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema di
estrema urgenza per buona parte della popolazione e di sottolineare l’importanza di scelte pro
gettuali più rispettose della dignità personale di ciascun individuo. « Eliminare le barriere
architettoniche vuol dire, infatti », ha detto il relatore del progetto di legge, Anna Maria Ariotti, « rimuovere quegli elementi
che impediscono la fruizione degli spazi costruiti alle persone
con ridotte o scarse capacità
motorie, permanenti o temporanee: gli invalidi, innanzitutto,
ma anche le gestanti, gli anziani, i bambini ».
L’estensione della normativa a
tutte le abitazioni di edilizia residenziale pubblica, da realizzarsi da parte degli lACP e dei Comuni, mentre si pone come principio da seguire da parte di tutta l’edilizia abitativa, « mette in
evidenza anche la volontà di evitare la realizzazione di alloggi
per i non abili, diversi e separati dagli alloggi per tutti gli altri cittadini ».
Crisi comunale
risolta
PINEROLO — Crisi risolta
al Comune. Al vicesindaco Manassero (PLI) succede un altro
liberale, Tullio Cirri dirigente
industriale. Il programma rimane il medesimo, anche se i liberali pinerolesi — come ha detto
lo stesso Cirri — restano contrari alla costruzione della piscina, proposta che era stata
osteggiata dal precedente vicesindaco e che lo aveva costretto
alle dimissioni.
Menassero ha inoltre dimissionato da consigliere e questa
decisione è stata condivisa anche
dal gruppo liberale che l’ha imputata « a ragioni personali »
dell’ex vicesindaco. Per l’identico
motivo anche repubblicani, democristiani e socialisti (ma qu^
sti ultimi hanno anche sottolineato l’inefficienza e i personalismi dell’ex vicesindaco nella
gestione della cosa pubblica),
hanno accettato le dimissioni,
mentre il PSDI si asteneva, e
PCI, DP e MSI erano contrari
rilevando in esse una critica politica che aveva diritto ad essere rappresentata in consiglio.
A sostituire Manassero è subentrato Edoardo Fiammotto,
giovane segretario politico del
PLI di Pinerolo.
In precedenza il consiglio aveva surrogato il consigliere liberale Chiaraviglio, deceduto,
con Giorgio Manfredi.
Aperta e chiusa
la caccia ai camoscio
BOBBIO PELLICE — Già nella giornata di sabato un centinaio di cacciatori, divisi in squadre, si erano appostati nei vari
valloni delle nostre montagne
in attesa che venisse l’alba per
poter iniziare la prima giornata
di caccia. Se i loro colleghi di
pianura hanno avuto i carnieri
vuoti, qui la caccia al camoscio
è « andata bene ». Sono stati almeno una trentina i capi uccisi
(sui 20 ammessi dai nuovi regolamenti). Sicché la caccia al
camoscio è stata subito chiusa.
I trecento camosci che ancora
rimangono possono stare tranquilli fino al prossimo anno.
I trofei hanno dovuto essere
controllati daH’ufficio veterinario
della USSL e dai guardiacaccia.
Poiché questa operazione avveniva presso il Municipio del nostro paese davanti agli occhi di
molti turisti, le opinioni si sono divise tra favorevoli e contrari alla caccia.
Evangelizzazione
in piazza
PINEROLO — Sabato 15 settembre i membri della locale
chiesa pentecostale (Assemblee
di Dio) seno scesi in piazza per
una iniziativa evangelistica. Sorvegliati discretamente da una
gazzella dei carabinieri hanno
predicato e cantato di fronte a
200 persone. Cinquanta metri
più in là. Comunione e Liberazione teneva la sua Pesta dei
Giovani ed a trecento metri il
PCI raccoglieva firme per il re-,
fefendum sulla contingenza.
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10
10 cronaca delleYalli
21 settembre 1984
INAUGURATO L’ANNO SCOLASTICO DEL COLLEGIO
Il mestiere di storico
Giorgio Spini racconta a studenti e professori le gioie e le difficoltà
di un mestiere che è il manifesto dell’epoca in cui lo storico vive
« Lo storico crea: senza fantasia non si fa storia... Ma allora esiste nello storico un homo
ludens che si diverte pazzamente? E chi affronterebbe le fatiche dello storico se non ci fosse
anche divertimento? ». Domand^affermazioni simili il prof.
Giorgio Spini ne ha fatte parecchie giovedì 13 settembre, durante il discorso di prolusione
del nuovo anno scolastico al Collegio. E non avevano l’aria di
rappresentare solo un consuntivo estremamente interessante di
una prestigiosa carriera, quanto
piuttosto di servire come riflessione e stimolo per il numeroso
pubblico intervenuto e quasi come provocazione per la platea
di studenti, al fine di spronarli
a una ricerca sul significato e
sui fini dello studio della storia.
« Il mestiere di storico »: questo il seducente titolo attorno
cui hanno preso corpo le considerazioni del prof. Spini. Mestiere inevitabile <l’uomo ha biso
gno di conoscere~lI'brbpffo pas
~ ’ iSsìBìIè^^n
salo), ma' anche impossibifè,~Tn
qtiaiito il passato non esiste più
e_ lo storico è cosLreuo 5 stu“
diare fonti che sono come dei
« relittr~3el tempò'»7~Sbinti
un approdo presente. Relitti comunque difficili da esaminare
scientificamente, siano essi abbondanti o lacimosi.
La storia non parla mai da
sola: e quindi l’elemento soggettivo dello storico è forte. Esiste un metodo di indagine scientìfica, ma ncm scienze storiche
in quanto tali. Lo storico è quindi costretto a fare sovente atti
di fede: ed a sbagliare. Sbaglia
in quanto la storia è provvisoria e fallace e non fornisce mai
certezze definitive.
Ma allora, a cosa serve la storia? Serve a renderci edotti delle differenze tra preserie (dimensione m CUI viviamo) e non presóte, a palesarci cheTò len e
diverso dall’oggi: e che presumibilmente dunque anche il domani sarà diverso dall’oggi. Questo senso di relatività ohe la
storia ci suggerisce è ben presente allo storico che esercita
il suo mestiere: in teoria egli
è libero di operare le scelte che
vuole; praticamente è condizionato dal suo vivere in un certo
tempo e da opzioni a lui contemporanee (mode culturali, religione, politica, economia, ecc.).
Aveva dunque ragione Benedetto Croce quando affermava che
ogni storia è storia contemporanea, m quanto IcT storico indaga
cTS" che è valido per il proprio
tempo.
•Dunque — ha concluso Spini
Hanno collaborato a questo
numero: Ruben Artus, Tavo
Burat, Maria Luisa Barberis,
Arrigo Bonnes, Giovanni Conte, Dino Gardiol, Alfred Janavel. Vera Long, Aldo Rutigliano.
— sul piano scientifico le opere
storiche non reggeranno mai alTusiua del tempo. Ma rimarranno pur sempre testimonianza
(alcune addirittura « manifesto »)
della propria epoca. Poeti e romanzieri possono evadere: ma
i « relitti del tempo » ancorano
lo storico al suo mestiere. La sua
fantasia non può nè deve essere
illimitata.
Un’attenzione costante ed un
lunghissimo applauso hanno cosHtuito li miglior grazie al prof.
Spini, « da sempre un amico del
Collegio » ed assertore delle sue
potenzialità dì polo culturale
nella vaile, come aveva ricofda'to l aw. Marco Gay, presidente
del Comitato del Collegio, presentandolo al pubblico.
Le novità dell’anno
In precedenza il past. Platone
aveva aperto la seduta con una
meditazione su Proverbi 16, 16
(Pacquisto della sapiei^a—è—«liglìoTe di 'qttellu' delfÓro e l’acqtusto del! intelligenza é~~preferi
bìlè'
■ a quello dSli’argento), chiedendosi e chltJdehdócr 5e esista
ancora in pari tempo amore per
una conoscenza del mondo e
una conoscenza di Dio. Gran parte del mondo intorno (ed anche
in mezzo) a noi pare negarlo:
ma la nostra testimonianza di
credenti deve inserirsi proprio
qui. Quindi la parola è passata
aH’aw. Gay, che ha ricordato da
un lato i lusinghieri risultati conseguiti dagli studenti alla maturità classica e dall’altro come
questo sia l’ultimo anno per la
scuola media, ringraziando la
preside prof. Speranza Tron per
il non facile compito di condurre a termine regolarmente l’attività didattica. Ha presentato
quiilai la nuova preside del Liceo Linguistico prof. Liliana Ribet, la quale succede al prof.
Franco Giacone, impossibilitato
a continuare la conduzione dell’Istituto per impegni universitari. ^
Dopo un indirizzo di saluto
La posizione
di avanguardia
DA PRAROSTINO E SAN SECONDO
Coi valdesi
del dott. Enrico Gardiol, presidente dell’Associazione Amici del
Collegio, i presidi della scuola
media, del liceo classico e linguistico hanno esposto un breve
consuntivo delle attività svolte
neH’anno appena trascorso. La novità più sostanziosa è stata annunciata dal prof. Bordino, preside del Classico. Infatti il Ministero della iPu'bblica Istruzione ha
autorizzato il Collegio ad anticipare le linee della riforma della
scuola superiore, prevedendo a
partire dalla prima classe ginnasiale di quest’anno e via via progressivamente un solo Liceo con
due indirizzi: classico e linguistico. Il nuovo curriculum di
studi (auspicato ormai da molti
esperti come il solo in grado di
attualizzare l’insegnamento dei
licei classici) prevede un’area
comune con lo studio dell’arte
e delle scienze fin dalla prima
classe e pèr~cinque anni, lo spostamento della fisica all’inizio
del terzo anno (anziché del quarto) e il prolungamento dello studio di una lingua straniera fino
alla maturità. Due le aree di indirizzo. L’indirizzo classico si caratterizzerà con lo studio del
greco e del latino; mentre quello linguistico approfondirà l’apprendimento di altre due lingue
straniere.
E’ un po’ come giungere a casa quando, a Gross Villar, tra
Combestrasse e*" vVaidenserhalle,
SI è accolti nella Foresteria Evangelica. Così è parso ai 50
partecipanti alla gita in Germania dal 6 all’ll agosto, organizzata da Ruth e Cipriano 'Toum
con la coflaDoràzione ai tratetti
e sorelle residenti nel Württemberg Baden.
Ad accoglierci è stato il gruppo giovanile che ci ha preparato una abbondante cena offerta
dalla Comunità.
Lo scopo è sempre quello di
conoscere o rivisitare i luoghi
dove, nel 1699, si stabilirono alcune famiglie provenienti dalla
Val Chisone. Il rapporto di fraternità che si stabilisce con questi fratelli fin dal primo momento supera sempre ogni aspettativa.
Particolarmente significativo è
stato, per esempio, prendere
contatto con la famiglia Rostan
che ha in funzione una stalla
moderna con molti capi di bestiame e sistemi aggiornati di
mungitura, pastorizzazione e conservazione del latte. Analoga visita all’azienda enologica della
famiglia Vinçon, nelle cui ampie
e profonde cantine sono siste
L’autorizzazione del Ministero
pone il Collegio in posizione di
avanguardia: unitamente al laboratorio linguistico, già in attività da qualche mese, ed al nuovo laboratorio di fisica/ohimica,
in avanzata fase di ristrutturazione esistono ormai tutte le condizioni e gli strumenti per una
programmazione ed un lavoro
interdisciplinare, ricco di contenuti e il più possibile aggiornato. Non resta che lavorare serenamente e seriamenTgr Uuale miglior augurìò~pei^-drscenti e allievi?
Roberto Giacone
Fofo BONARDO
Matrimoni
Battesimi
Cerimonie e Partecipazioni
VIA SILVIO PELLICO, 3 - 10064 PINEROLO
TEL (0121 ) 75086
Non è detto, che un regalo di prestìgio
debba sempre essere costoso.
La Ditta
PORCELLANE, CRISTALLERIE
Ve lo prova.
VIA BUNIVA, 52 - 10064 PINEROLO - TEL. 0121/74194
Germania
tri non è mancato l’aspetto turistico, per esempio la visita a
Strasburgo, al di là del Reno, seguita da una accoglienza favolosa e... golosa nella grande sala
comunitaria di Kehl, arricchita
dall’esecuzione di musiche eseguite al pianoforte con violini e
violoncello da una giovane famiglia della comunità. Stupore
e allegria ha suscitato l’ingresso
in sala di un distinto giovane
professore in abito multicolore,
membro della comunità, che invitava alla danza con un vecchio
organino a manovella; non mancava la scimmietta... come ai
vecchi tempi.
Altri momenti turistici: l’attraversamento di una parte della Foresta^Nera, la visita al grande ì'arco di Mannheim, il percorso in battello sul fiume Neckar attraverso due delle numerose chiuse, fino ad Heidelberg.
Abbiamo concluso questa bella esperienza comunitaria ritrovandoci nel Tempio di Cross
"Villar col canto del Giuro e con
l’esortazione di Ruth a non venir mai meno all’impegno della
nostra vita di credenti: « nulla
sia più forte della vostra fede ».
BBB
mate le grosse botti in acciaio
inossidabile ed i vari macchinari per la lavorazione vinicola,
dalla pigiatura dell’uva fino all’imbottigliamento dei vari vini.
Poiché il nostro gruppo era formato soprattutto da allevatori
e vignaioli di Prarostino e San
Secondo non sono mancate le
domande pertinenti ed incalzanti che hanno dato molta vivezza
a questi due incontri.
Immancabile la passeggiata
nella strada principale dove tutte le case furono costruite a suo
tempo dalle famiglie valdesi stabilitesi nella zona; ad ogni porta leggiamo un nome che riporta a quelli delle Valli; stemmi
valdesi qua e là su alcuni muri
completano il tono, e non manchiamo di scoprire parentele tra
un sorso _ e l’altro di buon vino,
che ci viene offerte spontaneamente da uno dei discendenti
valdesi che, accortosi del nostro passaggio ci è venuto incontro con vassoio, bicchieri e
bottiglie. Ci separiamo cantando Un inno nelle due lingue,
momento che ha sottolineato i
legami che ci uniscono.
A Schoenenberg la diaconessa
Anna "Rlvoir (che ha accompagnato finora alle . Valli ben trenta gruppi di fratelli tedeschi!),
ci accoglie nel tempio fatto costruire da AmaurI (quello nrecédénfe. del 169^, “dovette essere
abbandonato perché il legno
marciva); notiamo le sculture
dei pannelli in legno della cantoria, che sono dedicati ai « protestanti della diaspora » e più
precisamente agli Ugonotti, ai
Valdesi ed ai Salisburghesi. vale
a dire: protestanti che hanno
dovuto lasciare il loro Paese.
Sempre a Schoenenberg, la
Associazione dei Valdesi, formatasi in questi anni, ha dato vita
ad un interessante Museo inaugurato nel maggio scorso, nella
casa di Arnaud
Oltre a questi simpatici incon
Gli avvisi da pubblicarsi in questa rubrica debbono pervenire in tipogra'fia
entro le ore 9 del lunedì precedente
la data di pubblicazione del giornale.
Dibattiti
PINEROLO — Venerdì 21 settembre,
alle ore 21, presso il centro sociale
di S. Lazzaro si terrà un dibattito condotto da Gianni Santavicca, Corinna
Pavera e Tiziana Ghirardi, che parleranno della loro esperienza In Nicaragua. Il dibattito è promosso dal
comitato di solidarietà col Nicaragua.
Comitati per ia pace
PINEROLO — I! Comitato per ta pace e il disarmo si riunirà giovedì 20
settembre, alle ore 20.45, presso ia
Camera del Lavoro [via Demo, 8).
PATRON s.n.c.
di PATRON A. & C.
Installazione
T rasformazione
Manutenzione
impianti termici ed
idro-sanitari
civili ed industriali
Realizzazione impianti
per
risparmio energetico
con pannelli solari
omologati E.N.E.L.
10064 PINEROLO (To)
Corso Piave, 25
® (0121 ) O 77530
11
21 settembre 1984
cronaca delleYalli 11
PER LE OBIEZIONI
Marco Ayassot (Eco/Luce 25.5.84)
sostiene che affermare: ■ il mio tempio. la mia proprietà è zona denuclearizzata » ha senso. Qualcun altro continua a fare apertamente o sotto I baffi
dei risolini (...).
Non nascondiamoci dietro un dito:
piantare un cartello nel proprio giardino
con su scritto « zona denuclearizzata »
fa proprio ridere. (...)
Eppure negli ordini del giorno che
invitano Chiese e Comuni o al limite,
privati cittadini, a « denuclearizzare »
c'è un senso profondo. Il senso sta
nel « cominciare da noi stessi » come
giustamente scrive Ayassot. (...)
Se l'incominciare da noi stessi saprà seguire la sapienza evangelica
che è la croce allora non susciterà II
risolino. Certo non si limiterà ad un
cartello piantato davanti a casa ma
diventerà nuova vita.
In un mondo deformato dalla febbre produttivista e consumista ci farà
scegliere volontariamente la povertà,
in un mondo che cerca la sicurezza
•nei missili noi cercheremo la difesa
popolare nonviolenta (D.P.N.) e alle
varie complicità che la militarizzazione
Ci richiede risponderemo con le obiezioni: l'obiezione professionale alla produzione bellica, il Servizio Civile invece che esercitarci alle armi, l'obiezione
alle spese militari destinando II 5,5%
delle nostre imposte a pagare per la
pace anziché per la guerra.
Questa è la linea che propone la
nonviolenza e In particolare il MIR
[Movimento Internazionale della Riconc iiazione) che è nato in sede internazionale con la prima guerra mondiale
s in Italia subito dopo la seconda soprattutto ad opera di evangelici e cattolici. (...)
Noi di fronte alla drammaticità del
problema degli armamenti sentiamo
tutta la nostra « piccolezza », sentiamo che la nostra proposta trova degli
incoraggianti consensi così come trova vaste sordità e dure opposizioni,
il ridicolo, il risolino, questo non lo
trova.
Poiché assieme ad un briciolo di
fede abbiamo anche una grande e urgente responsabilità storica dobbiamo
trovare i modi attraverso I quali rendere popolare e perciò incisiva la nonviolenza.
Un qualunque Craxi di turno può infischiarsene della volontà popolare anche se il 100% mettesse davanti a casa il cartello che quella casa è denuclearizzata. Non così se anche solo
l'1% seguisse la via da noi indicata.
Mezzo milione di pignoramenti (ma anche molto molto meno) scasserebbero
l'amministrazione giudiziaria, tributaria ed eventualmente' carceraria. Nessun governo, nessuno, potrebbe permetterselo. State sicuri che non troverebbero modo di eludere la volontà
popolare. (...) Beppe Marasso, Ivrea
Asilo dei Vecchi
di San Germano Chisone
Pervenuti nel mese di luglio 1984.
Fondo di solidarietà
L. 500.000; La moglie e I figli, in
memoria di Guido Vinçon, Pinerolo.
L. 133.500; I compagni di lavoro di
Ines, in memoria di Cesarina Martinat, S. Germano.
L. 100.000: I familiari di Conte Elisabetta, Genova Sestri; Chiesa dei
Fratelli di via Polonghera, Torino.
L. 50.000: Attività femminile » Tabita », Chiesa Metodista di Genova Sestri in memoria di Conte Elisabetta.
L. 35.000: Renée e Jean Daniel Reymond, in memoria di Evelina Pons,
Ginevra.
L. 30.000: I.E.B., in memoria della
mamma 13.6.75-13.6.84, S. Germano.
L. 15.000: Margherita Jahier e Vanda, per i 50 anni di matrimonio di
Anna e René Barai, S. Germano.
L. 10.000: J. R., ricordando la cara
madrina, S. Germano; N. N.
Per la ristrutturazione (I nominativi
con l’asterisco (*) hanno assunto
l’impegno per 1 milione). ■
L. 6.000.000: Provento dell’incontro
di Pentecoste '84 a Pomaretto.
L. 1.000.000: N.N., Angrogna; N.N.,
in memoria di Mourglia Umberto, Pomaretto; N.N., Perosa Arg.; Famiglia
Long Oreste, Pramollo; Livietta, Amilda e Nelly Rostan; Balmas Amalia
ved. Peyla, ricordando I miei cari;
Peyronel Amedeo e Ethel, S. Germano;
Delia Molinari, Pramollo.
L. 500.000: Micol Ernesto e Tron
Lina (*), Forengo Ferrerò; Gruppo di
Ede; Livia e Gustavo, ricordando con
affetto Anita Gay, Perosa Arg.; N.N.,
Luserna S. Giov.; Bertalot Emma (*),
S. Germano.
L. 400.000: Unione Femminile, Bergamo.
L. 350.000: Lucia BandinI, Bonn.
L. 200.000: Colletta speciale 10.6.84,
Chiesa Valdese Genova.
L. 118.420: Concerto del 2.6.84 Croix
de Camargue, 3. Germano.
L. 100.000: Schellenbaum Irma, In
memoria del marito, Genova; Colletta riunione quartierale ai Paure, Pomaretto.
L. 60.000: I cugini Anna Tron, Carlo
e Olimpia, Ica e Silvio, ricordando
Richettu Rostan, S. Germano.
1. 50.000: Martina Bleynat Lageard,
Pomaretto.
L. 30.0CO: Conte Lalla, Genova; Laura Turin, Ivrea.
i. 25.000: Biglione Eunice, in memoria del past. Ermanno Rostan, Genova.
L. 10.000: Giambarresi Giovanni e
Rosalba; Schenone Emma, Genova.
Totale al 31.7.84 L, 18.983.420
Totale precedente L. 22.961.570
Totale L. 41.944.990
Per altri impegni sottoscritti ma non
ancora versati L. 16.200.000
Pervenuti nel mese di agosto 1984.
Fondo di solidarietà
L. 200.000; Balmas Susanna, S. Germano.
L. 135.550; Colletta pranzo comunitario Chiesa di Sale, Bobbio Pellice.
L. 100.000; Mary e Anita Long, in
memoria dei genitori e del nipote René, S. Germano; Paolo Turin e Dessy
Dina, Banchette.
L. 90.000; Un gruppo dì amiche di
Vlllar Perosa, in memoria della cara
Domenica Nicola ved. Peirone.
L. 85.000: I compagni di lavoro di
Bellardi Giuseppe, in memoria del padre.
L. 50.000; Ribet Umberto, Prarostino.
L. 46.500: Gruppo giovanile Chiesa
Valdese S. Germano.
L. 25.000: Ettore e Delfina Sappei, in
occasione del matrimonio di Besson
Denise, S. Germano; Ettore e Delfina
Sappei, in occasione della confermazione della nipote Sandra, S. Germano; Pons Emilio e Alba, S. Secondo.
L. 12.000: N. N.
L. 10.000: Maria (Giulia), per anniversario Aldo Gallian, S. Germano:
Pons Enrichetta, Torino; Stocchetti Vittoria, Genova.
Per la ristrutturazione (I nominativi
con l'asterisco (*) hanno assunto
l’impeg'no per 1 milione).
L. 1.205.000: Ricavato mostra e vendita quadri di Ugolino Duò, Bobbio
Pellice.
L. 1.000.000: Anita Gallo, Almese;
Bianca e Bruno Prelato, Perosa Arg.;
Carmen e Fernando, Pomaretto; VIgllelmo Liliana, Ferrerò.
L. 501.400: Viola Fasanari, in mem.
del nonno Benvenuto Celli, Lausanne.
L. 500.000: RIchiardone Roberto e
llda, Bouvier Rachele (*), S. Germano; Reynaud Alice, Pomaretto; Tron
Aldo e famiglia. Ferrerò; Paola Rostan
e Ezio Ponzo, Roma; E.A.P., Svizzera.
L. 482.000: Comunità Evangelica di
Suessen, Germania Federale.
1. 340.000: Gli amici di Campo la
Salza, in memoria di Ivonne Micol
Meytre.
L. 300.000; Menusan Enrichetta (*).
Ferrerò; Beux Eli e Ada, in memoria
dei nostri cari, S. Germano; Tron Paolina ved. Micol, ferrerò.
iL. 250.000: Due amiche dell'Asilo
riconoscenti al Signore (*), S. Germano.
L. 200.000; Chiesa Metodista Trieste.
L. 171.500: Julian Paul Thomas, Sale.
L. 100.000: Emma e Edmondo Beux,
in memoria dei nostri cari, New York.
L. 72.250: Elisabeth Moser, Malix;
Hans e Marti Moser, Trimstein.
1. 56.500; Colletta riunione quartierale Clot, Pomaretto.
L. 50.000: Letizia Bleynat ved. Giacone e famiglia, in mem. di Gustavo
e Adelina ReveI, Pomaretto; Letizia
Bleynat ved. Giacone e famiglia, in
mem. dei loro cari, Pomaretto; Jean
Hùrzeler, St. Christopher Aosta; N.
N.; Micol Laura e Adelaide, Perosa
Argentina; GardioI Irma, S. Secondo.
L. 30.000: Germano e Angiolina Cardon e Riberi Olga, in memoria di
Ivonne Meytre, Pinerolo.
L. 20.000: Godino Orfilia, Prarostino;
Ribet Marcella, S. Secondo.
L. 5.000: Bertoli Giulia, Prarostino.
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12
12 uomo e società
21 settembre 1984
INIZIATIVA DI PACE PROPOSTA ALLE CHIESE
Operazione gemellaggio
Dalla Riverside
Church, New York
Pastori, sorelle e fratelli della
Chiesa valdese,
siamo accomunati dalla nostra
fede comune e dalla comune minaccia della crescente corsa agli armamenti. La recente installazione dei missili Cruise a Comiso costituisce un pericolo per
noi tutti; possiamo e dobbiamo
lavorare insieme per rimuovere
la minaccia nucleare e costituire
un mondo di pace.
Nei due ultimi anni il programma della chiesa di Riverside per la pace ha coordinato gli
sforzi pacifisti dei cristiani per
mezzo di un programma di gemellaggi che mette in contatto
chiese europee e chiese americane desiderose di condividere
la loro- preoccupazione per un
mondo che spende più denaro
per gli armamenti che per nutrire i propri figli. Il gemellaggio
offre una opportunità per creare
una rete sempre più vasta di
chiese mediante tino scambio di
informazione e di aiuto reciproco. Si sono ormai stabilite oltre
40 coppie di chiese gemelle, ed
abbiamo ricevuto entusiasmanti
apporti da ambedue le sponde
dell’oceano.
Riverside ha uno scambio regolare di notizie con la sua gemella di Londra, la chiesa di St.
James se(Iè’'3el progrtimma gSTcifista « Dunamis ». Alcune chiese gemelle riferiscono di aver
effettuato scambi di pulpito e
di reciproche visite tra membri
delle comunità, ma la più gran
parte mantiene uno scambio di
lettere con fotografie e resoconti
delle proprie iniziative per la
pace. Una chiesa in Enansville,
Indiana, ci ha scritto: « Siamo
stati stupiti di apprendere che
una organizzazione pacifista era
stata creata in Olanda fin dal
1966 e che chiese protestanti e
cattoliche hanno compiuto tanto assieme. Tali buone notizie
non compaiono, né nelle prime.
--------------------------------------^
• L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Cemitato di Redazione; Valdo Benec
chi, Mario F. Berutti, Franco Carri
Giorgio GardioI, Marcella Gay, A
driano Longo, Claudio H. Martelli
Jean-Jacques Peyronel, Roberto Pey
rot, Giuseppe Platone, Marco Ro
stan, Mirella Scorsonelli, Liliana Vi
glieimo.
Direttore Retpontabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V. 15 - 10125 Torino - tei. 011/
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Redazione l'Eco delle Valli Valdesi:
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Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
Intestato a « Ui Luce; fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 - Torino.
Stampa; Cooperativa Tipografica
Subalpina • Torre Pelllce (Torino)
né nelle altre pagine dei giornali. Vi ringraziamo per averci dato la possibilità di essere informati sul lavoro di altre chiese
nel mondo ».
Le vostre chiese accetterebbero di partecipare a questo programma?
Per favore informatecene e
noi provvederemo a gemellarvi
con una comunità che corrisponda alla vostra per proporzioni
e situazione ambientale, se lo
desiderate. Abbiamo un lungo
elenco di chiese americane desiderose di allacciare rapporti di
gemellaggio con chiese valdesi.
E’ stato per noi un piacere incontrare il pastore Giorgio Bouchard a Riverside l’otto maggio. Abbiamo appreso molte cose sull’impegno valdese per la
pace e riteniamo che per mezzo
di gemellaggi potremo, assieme
a voi, dare un ulteriore aiuto
alla causa della pace.
Un caro e fraterno saluto a
tutti.
Catherine Miller
Programma dei gemellaggi
Dal nostro Sinodo
Ai credenti in Gesù Cristo della Chiesa di Riverside (New
York), alle sorelle e ai fratelli
che insieme con noi confessano
e testimoniano il Risorto come
Signore degli uomini e della storia.
Con gioia e con riconoscenza
abbiamo ricevuto la vostra lettera circa la proposta di gemellaggio tra Chiese degli Stati Uniti e nostre Chiese, ed udito il
messaggio del fratello Frank
Gibson. Ci rallegriamo infatti
nel vedere come negli Stati Uniti i credenti siano impegnati per
la pace e per la giustizia: ciò
costituisce per noi, nella particolare situazione che stiamo vivendo, un grande incoraggiamento.
Voi sapete, infatti, che in questi ultimi anni le nostre Chiese
si sono impegnate attivamente,
insieme ad altre forze in Italia,
per impedire la costruzione della base di Comiso. Vedevamo e
vediamo in essa una grave minaccia rivolta non solo contro i
popoli dell’Est, ma anche contro i popoli che si affacciano sul
Mediterraneo, dal Nord Africa
al Medio Oriente; minaccia tanto più grave, se pensiamo alle
ipotesi di impiego delle forze
NATO anche al di fuori dei confini dei paesi che ne fanno parte, e all’utilizzo della Forza di
Rapido Intervento.
L’operatività della base di
Comiso costituisce in un’area
caratterizzata da gravi tensioni un inquietante elemento
di minaccia che allontana sempre più la possibilità di giungere
ad una giusta soluzione dei conflitti in corso. Dal giorno in cui
i missili Cruise sono arrivati a
Comiso il nostro popolo ha perso parte della propria sovranità,
ed è diventato uno strumento
di oppressione e minaccia per
altri popoli in via di sviluppo.
Ci rendiamo conto che un lungo cammino ci attende per costruire un ordine internazionale fondato sulla giustizia e sul
rispetto della dignità umana che
è un dono di Dio. La pace è veramente il frutto della giusuzia,
come dice 'là Bibbia, e hol hOn
possiamo pensare di giungere
alla pace senza aver prima sciolto i nodi della ingiustizia.
Ma in questo cammino non
siamo soli: il Signore, nella sua
grazia, ci fa incontrare dei fratelli e delle sorelle come voi, ed
anche altri uomini e donne che
non condividono magari le nostre scelte di fede, ma coi quali
è possibile fare un tratto di strada insieme.
Sappiamo che anche per voi
pace e giustizia vanno insieme;
sappiamo del vostro impegno a
favore dei popoli deH’America
Centrale, per la difesa e il rispetto della loro dignità di uomini liberi; sappiamo deH'azicne
che svolgete a favore dei profughi e di come siete stati coraggiosi nell’aprire le porte dei vostri templi per farli diventare
santuari per i perseguitati e gli
oppressi. Il Signore benedica la
vostra azione e vi dia la forza
di continuare in questo diffìcile
PRATO: PRETI E RELIGIOSI PER LA PACE
Lettera ai vescovi
Abbiamo constatato che il magistero ecclesiastico è « in evoluzione », qualche volta si contraddice nelle affermazioni e ancor più nelle valutazioni e orientamenti pastorali che tentano di
applicare i principi evangelici ai
problemi storici contemporanei.
In particolare c’è diversità nell’internretare il messaggio biblico della pace e nel valutare storicamente la posizione nei primi tre secoli; non parliamo del
problema attuale del disarmo,
che, così come è impostato, può
dare copertura morale al riarmo più spietato, pur denunciato da tutti i documenti magisteriali.
In particolare sulla « deterrenza » si registrano pronunciamenti diametralmente opposti: « è
moralmente accettabile » a certe
condizioni (senza badare poi se
tali condizioni si verificano o
no) oppure « è immorale ».
cammino di trasformazione della società, per un mondo in cui
la solidarietà prenda il posto
della difesa dei propri interessi
ed in cui l’amore per l’uomo e
il rispetto dei suoi bisogni fondamentali spezzi la forza di leggi inique, volte a tutelare e difendere interessi privati o di
classe.
Per rompere la logica dei blocchi e per affermare che la pace
è una e non è disgiunta dalla
giustizia, stiamo in questi mesi adoperandoci ad allacciare
rapporti di fraternità con le
Chiese dell’Est e del Sud bacino
mediterraneo' con quSie'Tòreiie'
con quei fratelli cioè che
sono direttamente minacciati
dalle nostre armi o che sono
vittime del nostro modello di
sviluppo.
Con la vostra proposta, pertanto, si allarga l’area nella quale vivere ed esprimere il senso
della comunione fraterna. Di
certo voi sapete che la realtà
delle nostre Chiese è divèfSà
dalla vostra: costituiamo in
gran parte piccole comunità di
diaspora; ma riteniamo dìe questo non“ debba costituire un impedimento affinché vi sia tra
noi uno scambio di notizie, di
materiale, la possibilità di una
comune riflessione biblica, la intercessione per obiettivi comuni, insomma in una parola la ricerca di esprimere in modo concreto la comunione di fede.
Grazie dunque per la vostra
lettera e per l’incoraggiamento
che da essa ne traiamo per andare avanti nel cammino intrapreso. Accettiamo con gioia la
vostra proposta e stiamo esaminando le linee pratiche sulle
quali muoverci per questo progetto di gemellaggio. Vi comunicheremo quali chiese e quali
organismi vorranno impegnarsi
su questa linea, e vi salutiamo
in fraterna allegrezza.
p. il Seggio del Sinodo delle
Chiese Valdesi e Metodiste
Il Presidente
Maria Sbafli Girardet
POLONIA
ai
pacifisti deli’Ovest
Che nell’Est europeo i movimenti pacifisti non “ufficiali” siano
osteggiati, anzi repressi dai governi locali, è cosa nota. Ciò nonostante qualcosa si muove anche oltre cortina, sia pure in modo piuttosto ristretto. Ne dà notizia il n. 3 dei "Cahiers de la Réconciliation”.
il mensile del ramo francofono del MIR (Movim. internazionale
della riconciliazione).
In modo particolare, viene riferito quanto avviene in Polonia,
nella Repubblica Democratica Tedesca e in URSS. Ne diamo conto
qui appresso sintetizzando un documento polacco. Notizie su RDT
e URSS seguiranno nel prossimo numero.
Vorremmo solo fare una premessa: per quanto riguarda il documento polacco (di cui è autore un movimento sotto l'egida del
sindacato Solidarnosc) viene posto l’accento sul fatto che i movimenti pacifisti occidentali devono chiedere anche il disarmo dell’Est. Ci pare più che evidente che il risultato auspicato da tutti
i veri amanti della pace sia un disarmo totale e controllato. Ma ci
pare altrettanto vera (soprattutto come credenti) la necessità che
qualcuno cominci a disarmare per dimostrare coi fatti la propria
volontà di pace. Come si può infatti pretendere che “gli altri" disarmino quando “noi stessi” continuiamo ad armarci?
A prescindere da questo, la presa di posizione di questi fratelli
polacchi è veramente coraggiosa e — come rileva lo stesso “Cahier”
— non è forse per un caso che nessun missile SS20 è installato nella loro nazione.
r. p.
In occasione di un incontro di preti a Prato tenutosi il 20-21
giugno circa 80 preti e religiosi hanno sottoscritto una lettera aperta sul tema della pace che è stata fatta pervenire in agosto a tutti
i vescovi italiani. Ne dà informazione l’agenzia di stampa ADISTA
che pubblica il testo della lettera in cui i firmatari, incoraggiando
la chiesa ad atteggiamenti meno contraddittori su pace disarmo e
deterrenza, auspicano che « tali argomenti vengano affrontati e
approfonditi da tutta la chiesa italiana nell’ottica della riconciliazione » e « in preparazione al convegno ecclesiale dell’85 ». Riportiamo qui di seguito la parte centrale della lettera.
I preti convenuti invitano tutta la Chiesa a valutare se l’alternativa rispetto alla difesa militare, ossia la difesa popolare
non violenta organizzata, elogiata dal Concilio (cfr, Gaudium et
spes n. 78/1591) e propugnata
nella maggior parte dei documenti episcopali, non sia effettivamente l’unica evangelicamente coerente; per cui parrebbe
non ci sia mediazione di principio fra il sistema militare e il
sistema della lotta non violenta,
salvo un gradualismo di tempi
e una variazione di modi.
Si ritiene indispensabile, per
la credibilità del messaggio cristiano della pace, riprendere in
pienezza la difesa globale della
vita, come pare fosse nella primitiva chiesa: no all’aborto, no
all'esposizione dei bambini, no
alla violenza dell’esercito, no alla pena di morte.
La pace mondiale è minacciata. La minaccia nucleare grava
sulle nostre teste, sia per voi
ohe abitate l’Buropa occidentale e sia per noi dell’Europa dell’est. Consideriamo le vostre proteste come una difesa dei diritti basilari dell’uomo: il diritto
alla vita.
Anche noi siamo convinti che
la guerra non può portare che
morte e distruzione. Anche noi,
come voi, diciamo « no » alla
corsa agli armamenti. Riteniamo tuttavia che la protesta contro il pericolo di guerra non potrà essere efficace se non sarà
l’opera comune di tutti i popoli
dei due blocchi.
Attualmente le vostre proteste
contro la corsa agli armamenti
sono utilizzate dai paesi del blocco orientale che non parla che
di una limitazione degli armamenti dell’occidente. In onesto
modo il sistema comunista tenta di utilizzare i movimenti nacifisti occidentali per realizzare
le sue azioni ed i suoi progetti
aggressivi.
La politica dell’URSS è basata sul ricatto militare e noi polacchi — come gli ungheresi, i
cecoslovacchi, gli afghani ed altri popoli sottomessi all’Unione
sovietica — ne facciamo le spese.
La potenza militare del Patto di Varsavia viene costruita
al prezzo di una crescente miseria delle popolazioni {ndr: non
possiamo dimenticare che questo è proprio uno degli obiettivi dell’attuale politica americana. Nel documento ufficiale
« Guida alla difesa » si legge infatti: « ...imvorre all’URSS costi
sproporzionati con la corsa tec
riòlogica agli armamenti tali da
prostrarla economicamente... »)
che non possono esercitare alcun
controllo sul suo sviluppo.
Tratto caratteristico del totalitarismo è una propaganda aggressiva che disprezza la pubblica opinione ed i cui progetti imperialisti vengono realizzati in
nome della « lotta per la pace »
e per la « liberazione dei popoli
oppressi ».
Dobbiamo adottare un programma comune contro la guerra: esso deve denunciare le spese militari incontrollate dei paesi del Patto di Varsavia e rivendicare la riduzione del potenziale militare del blocco orientale.
Il nostro movimento pacifista
viene considerato come un « tradimento » ed è passibile di pesanti pene detentive. La qual cosa ci impedisce di condurre pubblicamente una giusta attività di
lotta per la pace. Ciò malgrado
continueremo in questa nostra
attività, e speriamo di poter contare sul vostro appoggio.
Le vostre rivendicazioni sono
le nostre, vogliamo la pace, vogliamo vivere in sicurezza, in
condizioni che garantiscano i diritti dell’uomo e quelli civili fondamentali.
Se vogliamo un mondo più umano, dobbiamo unire i nostri
sforzi. Se vogliamo un mondo
di pace dobbiamo esprimerci in
azioni comuni contro tutti gli
atti di violenza e di arbitrio
commessi nel mondo. Attendiamo una vostra risposta che potrebbe costituire un punto di
partenza per le nostre future
azioni in difesa della pace.
n Comitato di Autodifesa
sociale in Polonia