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SETTIMAxNALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATOSTE, METODISTE, VALDESI
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ERDÌ 19 AGOSTO 1994
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LA VITA
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LUCIANO DEODATO
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)airàtoìaPelo: un tempo per nascere e
pubblica|iTli tempo per morire; un teml'poper piantare e un tempo
assacrie' fr svellere...»; così dice il
ettivQ di ligi® Ecclesiaste, con la saunmem- lenza eh® l’osservazione
annoiai- fela vita e del suo fluire,
ri di Ki iJella gioia e del dolore gli ha
¡zza ma »segnato. Non si possono
me ucci ]przare le cose, cambiare le;
madre di cosiddette leggi della natura,
tare quf f il meraviglioso equilibrio del
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1 cada\ !* In questo contesto la notichiude i zia che una donna sia divengli 0CC1.F tata madre a circa sessant’an
famigli
)po ave
altri; stu
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ione ed
coinvoll
ni di età ci lascia perplessi.
C’è un tempo pef essere madne padri e c’è un tempo per
essere nonni, potremmo dire,
^¡golungando le linee della ri* fisione dell’Ecclesiaste. E
Àui.Arnù ' te a
.. 1 - .iCiiii tali da
ÌÌw andare oltre i limiti
•«naturali», ci domandiamo se
opportuno servirsene,
.t’uttavia proprio nella stessa Bibbia in cui troviamo le
parole, degne di ascolto,
dell’antico saggio, troviamo
meBi- L ®che le parole del profeta. Il
no cale, peroni
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stati di[izioni Í
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^mpe i dati del conosciuto,
■per inserire elementi nuovi
che non sono nella realtà ma
Stanno al di fuori di essa, nel
I, nessilo: pocf
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1 mondo dei sogni, o in quello
della speranza, o addirittura
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Tutti
uccisi
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*'u quello di Dio, che non
fiPoincide con il nostro monj do. Stupiti e increduli leggiamo per esempio che Noè
iyeva la veneranda età di
Cinquecento anni quando getterò Sem, Cam e Jafet; o ancora, e questa è storia più no' che Sara aveva novant’an:'iti quando rimase incinta e
Ipartoiì Isacco.
Í Che cosa dire di fronte a
J'ÌUesti dati «fantastici»? Io
fColgo essenzialmente due
-»messaggi: da un lato il nostro
cogno di una forza vitale che
con si esaurisca con gli anni.
"All’altro la consapevolezza
un Dio che sta al di sopra
-dio leggi «naturali», che
^termina la natura, ma non
V ^ essa determinato, limitaAl di là dunque di ogni
¡f^nsiderazione etica, nel casella donna diventata ma
una natura non bene
tuo tiranna, nel tentativo
strappare spazi di vita: uno
V positivo, perché rifiuta
‘“iassegnaz
zione.
«fu
“’tTprofeta forse direbbe di
■ '^osu, nel Nuovo Testa
biano ad esuberanza» (Giovanni 10, 10). Forse allude
alla resurrezione; di certo allude alla propria morte che è
la vita del mondo. E allora
capiamo che la vita che noi
cerchiamo, e cioè non una vita piccina, limitata, ma dotata
di ampio respiro, piena, finalmente degna di questo nome
e degna anche di essere vissuta, una vita che sogniamo
ma che siamo incapaci di realizzare perché, come dice
giustamente il saggio, è scandita dai suoi tempi e dai suoi
momenti è legata-alla Parola
di Dio e alla persona di Gesù,
alla sua mofte e alla sua resurrezione.
L’asse intorno al quale gira
la nostra vita non è costituito
dai figli, dalla discendenza
cioè nella quale ognuno di
noi tenta di sopravvivere a se
stesso in uno sforzo di procreazione, ma dalla fede in
Cristo. In lui il sogno del
profeta si realizza in un modo che va al di là di ogni nostra immaginazione; il realismo disincantato del saggio
si tace e, con il suo silenzio,
mette in risalto la gloria di
Dio. Quella vita che noi cerchiamo con tutte le nostre
forze, combattendo contro-le
ferree, inumane leggi della
natura, Dio ce l’ha già data in
Cristo e nella sua resurrezione noi possiamo già intuirla
nello spazio che sta oltre la
nostra storia.
Tutto il messaggio dell'Evangelo ci invita a lasciarci guidare dalla Parola
Spostare il baricentro su Dio e lo Spirito
ANNO 2 - NUMERO 31
RUBEN VINTI
«L’angelo mi ordinò di riferire a Zorobahele queste parole del Signore
dell’universo: Tu riuscirai nel tuo sforzo
non per la tua potenza e per la tua forza,
ma grazie al mio Spinto. E aggiunse. E
tu, montagna così grande, sarai spianata
da Zorohabele. Egli ne estrarrà la pietra
che sarà messa in cima al tempio»
(Zaccaria 4, 6b-7 - Tilc)
a sessant’anni mi pare di
leggere questo sogno di
"■ vita che va oltre i «limiti
- Jrali» perfettamente in licon tutti i nostri sforzi di
^lungare la vita, di combatmalattie, di lottare
^"ttavia ha senso fare co
^^Sgio forse direbbe di
sono venuto
---- "ASJ OV../1IW
abbiano la vita, e Tab
questo il messaggio che Dio rivolge
per mezzo del profeta Zaccaria a
Zorohabele, principe israelita, discendente del re Davide, guida dei rimpatriati dall’esilio babilonese, artefice della ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Un’opera questa di dimensioni
tali da richiedere un grande impegno. Si
trattava infatti di ricostruire il tempio,
riportandolo ai suoi antichi splendon, e
di vincere l’ostilità dei popoli vicini che
volevano invece impedire la realizzazione di quest’opera che segnava il ri-torno di Israele nella sua terra; e infatti
per un certo tempo riuscirono a farne
sospendere i lavori. Dio manda a Zorobabele, alle prese con tutte queste ditti'
coltà, la promessa che la costruzione
della sua casa sarà portata a compimento non per la sua potenza né per la sua
forza, non per le sue qualità e capacità
né per la sua efficienza, ma per l’azione
del proprio Spirito.
Credo che noi dobbiamo leggere innanzi tutto in questo testo una constatazione: la potenza e la forza umana, i
principi e le qualità umane; se vogliamo
la tanto decantata efficienza, virtù prima
del nostro tempo, non è sufficiente nella
costruzione della casa di Dio, cioè della
chiesa. La chiesa nasce, come ci narra il
racconto della Pentecoste, dallo Spirito
del Signore che investe i discepoli trasformandoli, con la sua potenza, da persone paurose in coraggiosi testimoni di
Gesù Cristo. Questo discorso non è 1’
esaltazione di un atteggiamento di pigrizia 0 di negligente sciatteria (i ricostruttori del tempio di Gerusalemme devono,
nel loro sforzo, avere impegnato tutte le
proprie risorse) ma è la constatazione
del fatto che la chiesa è creata da un elemento che trascende quelli atti a creare
ogni altro tipo di associazione umana:
l’azione dello Spirito del Signore.
L’apostolo Paolo ci ricorda che l’azione dello Spirito, il suo frutto, non è l’efficienza che, purtroppo, è qualità anche
di molte organizzazioni criminali dei nostri giorni, ma è l’agape di Cristo che
edifica la chiesa, annuncio e testimonianza della nuova società voluta da
Governo italiano
Indulgenze
plenarie
E indulgenza sia. Come prima, più di prima, il «nuovo»
governo ama l’indulgenza
plenaria. I nomi cambiano,
ma la sostanza resta. Oggi
non c’è più il condono ma il
«concordato» fiscale, non si
parla di condono edilizio ma
di «sanatoria». La «sec'onda»
Repubblica in questo è una filiazione diretta della prima.
Negli ultimi 20 anni ci sono
stati 22 condoni: 11 fiscali, 3
valutari, 2 edilizi, 4 Inps, e 2
Inail. Per far vedere che ciascuno di essi era «nuovo» ri
Dio, in cui i rapporti antagonistici e di
competizione sono trasformati in rapporti di comunione e di condivisione. E un
discorso questo che ridimensiona ogni
nostra umana presunzione e ci ricorda
che la chiesa non è chiamata a imitare lo
stile efficientistico della nostra società
ma a creare rapporti nuovi tra le persone,
secondo la volontà di Dio.
Un invito perciò a seguire l’esortazione dell’apostolo a lasciarci guidare dallo
Spirito; un’esortazione che alla nostra
mentalità moderna appare assai vaga e
inconsistente; meglio la concretezza
della nostra azione! Eppure questo è il
paradosso della fede che è spostamento
del baricentro della nostra fiducia da noi
stessi e dalle nostre azioni in Dio e nella
sua azione!
Il messaggio di Dio rivolto a Zorobabele ha in sé la forza di una promessa e
credo che dobbiamo riceverlo come la
conferma e l’assicurazione, anche per
noi, che la casa di Dio, la sua chiesa può
essere costruita e può crescere non per
la nostra potenza e la nostra forza ma
perché lo Spirito del Signore è all’opera
anche oggi: la sua azione corona e garantisce gli sforzi e le fatiche dei suoi
discepoli. Sia con questa certezza che,
insieme, mettiamo mano all’edificazione della casa del Signore.
spetto a quello precedente si è
parlato-di «ravvedimenti operosi», di regolarizzazioni, di
sanatorie, di amnistie, di condoni semplici e di condoni
con aggettivi, di «condoni
tombali». Ogni abuso, ogni
evasione è stata oggetto di indulgenze. Si è detto sempre
che i condoni servivano per
far fronte al debito pubblico,
ma in 20 anni di condoni il
debito pubblico è aumentato
fino alla bella cifra di 2 milioni di miliardi di lire! E anche
questa volta si canta lo stesso
motivetto che piace tanto.
'Anche nel 1517 si vendevano indulgenze per «ricostruire» (allora San Pietro a Roma), e anche allora l’indulgenza prevedeva il «ravvedimento operoso», il versamento di una somma. Contro questa «virtù» si scagliò Martin
Lutero, con le sue 95 tesi sostenendo la «salvezza per
grazia» e la necessità della
«conversione», di cambiare la
propria linea di condotta. Fu
la rivoluzione della Riforma
protestante.
Nessuno pretende che Berlusconi (che però si paragona
a Gesù che cammina sulle acque) e il suo governo siano
piccoli Lutero in miniatura,
ma almeno che non contrabbandi per nuovo il «deja vu»,
il già visto e deprecato a suo
tempo.
Lutero ricorda a noi e al
governo che per cambiare veramente le cose occorre cambiare profondamente mentalità e linea di condotta.
Ecumene
L’ecumenismo oggi
pagina 2
Delle Chiese
Verso il Sinodo
valdese e metodista
pagine 4 e 5
Argomenti
Quale scuola
domani?
pagina 10
2
PAG. 2 RIFORMA
CUMENE
venerdì 19 Ag^q
Ultima puntata della riflessione di Konrad Raiser sulla situazione delTecumenismo
L'ecumenismo nell'ora della transizione
Nelle puntate precedenti
Konrad Raiser ha affermato che
la Chiesa primitiva aveva una
concezione dinamica dell'unità,
fondata sull’unità trinitaria,
quindi relazionale di Dio, cosa
che le ha consentito di tramandare un canone di Sacre Scritture con profonde differenze
dottrinali e di far convivere le
une accanto alle altre chiese
con liturgie e ecclesiologie molto diverse. D'altra parte, Raiser
insiste sul significato della vecchia parola greca «oikoumene», che va ben al di là della
comunione delle chiese cristiane: include l’intera comunità
umana e tutto ciò che è vivente.
KONRAD RAISER
Non posso entrare qui in
tutti i dettagli del ricco
materiale biblico che sta alla
base della scelta di questa
metafora chiave della nuova
visione ecumenica, metafora
che esprime l’interdipendenza di tutto ciò che è vivente e
che ci permette di sviluppare
la nozione di koinonia o di
comunione sia nella sua dimensione verticale sia nella
sia dimensione orizzontale.
Ciò che vorrei sottolineare
però è che questa metafora
può servire a liberare la nostra concezione della chiesa
come realtà sociale dal simbolismo tradizionale derivante dalla vita politica o dalla
logica dell’economia, dalla
nozione cioè di crescita per
mezzo della concorrenza in
termini di offerta e di domanda. Può aprire il nostro pensiero al ricco simbolismo che
è nascosto nel linguaggio delle parabole di Gesù, e ripreso
dallo scambio quotidiano che
avviene tra la vita della comunità e i processi di vita
nella creazione (cfr. la metafora del sale, del lievito, del
seme, ecc.). Così, la «tavola
rotonda» nella «casa aperta»,
che esprime i rapporti di
«buon vicinato» nel quale vivono uomini e donne ordinari, e che è il simbolo dell’
«ospitalità» verso l’«altro»,
diventa un segno distintivo
della comunità cristiana in
quanto focolare, «famiglia»,
nell’ambito della società civile, essa stessa dipendente dai
processi di sostegno e di rigenerazione in atto nell’unico
«focolare di vita».
Un nuovo linguaggio
E chiaro che queste proposte esitanti non possono essere sviluppate che insieme nel
dialogo ecumenico tra persone provenienti da tradizioni e
contesti differenti. Ho già
detto della mia convinzione
che una rilettura dei documenti prodotti dal dibattito
ecumenico nel corso degli ultimi anni potrebbe fornire numerosi elementi di un nuovo
linguaggio che si tratterebbe
di integrare. Questo lavoro è
già cominciato, ad esempio
nel recente colloquio sul tema
«Un’unità che costa», che
riuniva rappresentanti del di.scorso ecclesiologico e socioetico tradizionale del movimento ecumenico, oppure
nell’utilizzo sempre più frequente della nozione di «società civile» per una nuova
analisi dei rapporti tra chiesa
e società. Capirete che non
posso sviluppare quest’aspetto in questa sede per cui, per
concludere, vorrei riassumere
i punti principali del mio ragionamento e indicare la direzione che mi sembra più promettente per la ricerca di una
nuova visione.
1) Penso che l’universalismo della visione di ieri debba essere abbandonato; esso
non può più .servire da quadro
di riferimento al movimento
Canberra 1991: riunione plenaria durante la VII Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese
ecumenico. Dicendo questo,
non mi faccio paladino del relativismo postmoderno; al
contrario per potere ammettere, a giusto titolo, l’irriducibilità delle diversità che caratterizzano la comunità umana e,
di conseguenza, anche la comunità cristiana, bisogna riconoscere la struttura relazionale della-realtà umana. Ciò esige una prospettiva ecumenica
che allarghi l’orizzonte cristocentrico includendovi la dimensione della creazione e
del compimento escatologico
alla luce dell’azione dello
Spirito di Dio nella natura e
nella storia.
2) Penso che il concetto di
«unità», così come le altre
nozioni chiave del dibattito
ecumenico quali «missione»,
«servizio», «sviluppo», siano
diventate ostacoli anziché
fonti di ispirazione^ per la visione ecumenica. È pur vero
che da tempo si è riconosciuta la necessità di sottoporre
queste nozioni a un esame
critico ma, se dobbiamo spiegare i concetti chiave della
visione per evitare ogni malinteso, allora vuol dire che il
movimento ecumenico è su
una brutta strada. La metafora
della «casa ecumenica» o
dell’unico «focolare di vita»
non deve essere percepita come sostituto concettuale. Essa
vuole esprimere in un linguaggio simbolico l’integrità
interna della visione ecumenica e rappresentare la natura
fondamentalmente relazionale dell’oikoumene di Dio.
3) Le espressioni anteriori
della visione ecumenica hanno attinto i loro termini nei
campi politico e sociale della
storia umana. Sono convinto
che nella ricerca di una nuova
visione ecumenica occorrerà
trascendere la prospettiva limitata della storia umana, sia
che venga percepita come
sviluppo ed evoluzione progressiva, sia che venga intesa
come lotta. In termini biblici,
dobbiamo sforzarci di ritrova
re una prospettiva che colleghi il discernimento profetico
dell’azione di Dio nella storia
con l’atteggiamento sacerdotale (eucaristico) che esprime
la riconoscenza dell’alleanza
di Dio con tutta la creazione.
Una nuova visione ecumenica
dovrebbe quindi impegnarci
ad affermare e a celebrare il
misterioso «tessuto di vita»
creato da Dio, rivelato nella
sua pienezza in Gesù Cristo,
preservato dalla potenza dello
Spirito vivificante di Dio.
Tale impegno implica che
dobbiamo riconoscere che la
vita può essere preservata
soltanto nella solidarietà della
condivisione e presuppone
inoltre la determinazione di
resistere alle forze di oppressione che colpiscono questo
«tessuto di vita» o lo distruggono. È una risposta all’appello alla conversione (metanoia), al ritorno allo shalom
della creazione di Dio e
all’appello di prendere cura
di questo shalom. I tratti biblici teologici essenziali di
questa visione sono la confessione di Gesù Cristo come
«vita del mondo» e l’invocazione dello Spirito Santo affinché rinnovi tutta la creazione.
4) Questo significa inoltre
che dobbiamo ripensare il
nesso tra il sacramentale e
l’etico che è alla base delle
differenze tra la tradizione ortodossa orientale e la tradizione occidentale, in particolare la tradizione protestante.
L’Assemblea di Vancouver
ha parlato della «visione eucaristica» che lega insieme lo
spirituale e il secolare, l’escatologia e la storia, la liturgia e
la diaconia, l’icona e l’azione. Questa affermazione potrebbe aprire la porta a un
nuovo incontro tra gli approcci ortodossi e protestanti
deH’ecumenismo, incontro
che è necessario se vogliamo
elaborare una «teologia vivente e coerente» nel movimento ecumenico.
Canberra 1991: la teologa coreana Chung Hyun Kyung
Conseguenze per il Cec
5) Non posso presentare in
dettaglio tutto quello che questa prospettiva generale significa per il programma del
Cec; mi accontenterò, per
concludere, di indicare alcuni
campi dell’ordine del giorno
ecumenico in cui dovremmo
spostare gli accenti:
a) Dovremmo prendere in
considerazione le esperienze
fatte da tutti quei cristiani,
giovani e meno giovani, che
hanno vissuto una comunione
profonda tra di loro pur rimanendo radicati nelle loro differenti tradizioni e i loro diversi contesti ecclesiali: essi
sono i testimoni di una nuova
realtà tra le chiese; è un’esperienza allo stesso tempo spirituale e sociale umana, e non è
propria ad alcuna delle chiese. Il movimento ecumenico
dovrebbe considerarsi come il
garante di questo <lono di comunione e sforzarsi continuamente di aprire nuovi spazi in
cui potersi esprimere.
b) Dovremmo concentrare i
nostri sforzi sull’elaborazione
di un’ermeneutica ecumenica,
cioè esplorare le regole, i criteri e gli elementi fondamentali di un linguaggio comune
che sia sufficientemente coerente per promuovere la comunione e la comunicazione,
pur affermando il valore delle
varie espressioni della verità
dell’Evangelo.
c) Dovremmo abbandonare
l’atteggiamento di confronto
che consiste nel denunciare
tutte le ingiustizie del sistema
mondiale, e adottare piuttosto
un atteggiamento di ricostruzione che renda la gente capace di modellare la propria
vita in comunione gli uni con
gli altri. Per questo, occorrerebbe definire le «regole» del
focolare di vita e, in particolare, riscoprire la funzione
creatrice e costruttiva della
legge all’interno delle comunità e tra le nazioni.
d) Dovremmo precisare
maggiormente ciò che implica una concezione della vocazione ecumenica che sottolinei la necessità di partecipare
alla trasformazione della cultura attuale affinché diventi
cultura di dialogo e di .solidarietà, di condivisione e di
protezione della vita. In .questo, si darà la priorità ad
un’etica della pace, e alla risoluzione dei conflitti per
mezzo della mediazione.
Sono soltanto alcuni esempi. Solo una riflessione comune potrà dimostrare se questa
direzione è praticabile; checché ne sia, la ricerca di una
nuova visione ecumenica è in
corso.
(4 - fine)
Nuove adesioni alla Kek
*»»*»
GINEVRA — Il Comitato centrale della Conferenz
chiese europee (Kek), che si è radunato recentemente a R
(Ginevra), ha accolto la domanda di adesione di quattro°°
chiese: la Chiesa evangelica luterana di Ingria (Est''J
l’Unione delle chiese evangeliche batòste di Francia l’n^J
degli evangelici cristiano-battisti della Georgia e la Chip«'"®
todista unita del Nord Europa. ® *
Il Sinodo cattolico delPArgovij
contro il celibato dei sacerdoti
AARAU — Il Sinodo della Chiesa cattolica del cantone sv
zero dell’Argovia ha scritto al vescovo di Basilea Hans-Ja
Vogel, chiedendogli di appoggiare l’eliminazione del celibi
dei preti. I firmatari della lettera ritengono che la libertà di sa
gliere fra matrimonio o celibato debba essere prerogativa and
di coloro che hanno un ministero sacerdotale nella Chiesa eii
vitano il vescovo a impegnarsi perché si ottenga che anche
uomini sposati che abbiano la vocazione siano ordinati sacd
doti. Essi chiedono anche che le donne vengano ammesse!
diaconato. La lettera, firmata da 124 dei 164 membri del Sinj
do, sostiene che la maggior parte dei cattolici del cantone è fj
vorevole al sacerdozio femminile e afferma che non si del
perdere più tempo ma bisogna cercare gli opportuni collegi
menti con vescovi coraggiosi di altri paesi per portare avanl
questa richiesta. L’iniziativa ha preso l’avvio dal caso del pJ
roco Paul Wettstein di Baden, che a fine aprile aveva dichiarai
pubblicamente che l’anno prossimo si sarebbe sposato, ricevei
do dal vescovo Vogel la sospensione «a divinis» con la proilJ
zione di amministrare i sacramenti. Immediatamente 500 catM
lici di Baden hanno scritto al vescovo dicendogli di essere pii
namente d’accordo con il parroco dal quale avrebbero coni
nuato a prendere i sacramenti anche dopo il matrimonio.
Lì
iaf24
f!
PONAT
Benin: il Nuovo Testamento
in lingua «fon»
COTONOU — Dopo 18 anni di lavoro, e con rautorizzaziij
ne del ministro della Cultura e delle Comunicazioni, il Nuoi
Testamento è stato tradotto per la prima volta in fon, ling
parlata da oltre 800.000 persone nella Repubblica africana
Benin. La distribuzione delle prime 6.000 copie, curata da
Società biblica e pubblicizzata alla radio e alla televisione,!
avvenuta a Cotonou, capitale della Repubblica, il 25 settemlì
dello scorso anno, alla presenza di rappresentanti del govemj
In poche ore la scorta disponibile è stata totalmente esaurita. '
versione della Bibbia in fon sarà completata nel 1996, con
traduzione dell’Antico Testamento, in fase di ultimízibneedfi
frutto di una collaborazione interconfessionale ha coinvoltili
principalmente cattolici, battisti e metodisti: si tratta deli
letteraria più importante esistente in lingua./bn.
Solo
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~^di pro
topo, le
imo risd<
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ca del Sae
Campagna di evangelizzazione «Logos II»
La Bibbia nel Suriname
EMMANUELE PASCHETTO
Il Suriname, ex Guyana olandese (il paese d’origine
del calciatore Gullit) è un piccolo stato indipendente dal
1975; situato nella parte settentrionale dell’America del
Sud, si affaccia sull’Oceano
Atlantico. Nel porto di Paramaribo, la capitale, è rimasta
attraccata per due settimane,
nell’estate scorsa, la nave Logos II, famosa per la sua opera di evangelizzazione attraverso la Bibbia e altri libri
condotta in diversi paesi dei
cinque Continenti, e per il
suo staff, formato da evangelici di varie nazionalità e denominazioni.
Circa 70.000 persone sono
salite a bordo della Logos II
per visitare la mostra sulla
Bibbia e la biblioteca galleggiante che costituiscono l’attrattiva più singolare della nave; in quindici giorni sono
state vendute oltre 3;000 Bibbie e di.stribuiti circa 25.000
copie del Vangelo di Luca o
di altri scritti del Nuovo Testamento. Lo stesso presidente della Repubblica, Ronald
Venetiaan, ha aperto ufficialmente la mostra esprimendo il
suo apprezzamento per lo
«slancio spirituale» che questa iniziativa poteva imprimere al paese.
I partecipanti alle conferenze, alle riunioni di evangelizzazione e ai .seminari organizzati parallelamente alla mostra. sono stati circa 15.000;
un successo eccezionale, .se si
1 Sudi
sono [j|
paese
pensa che gli abitanti del
riname sono poco piu
400.000 e che i cristiani «
meno del 40%. La situazione
politica e sociale del Suriname è turi’altro che facile: ne
1980, a cinque anni dall’indipendenza, un colpo di stato
militare avvicinò il puu*®
all’area socialista; dal 19oj
è avviato un processo di de^
mocratizzazione del paes
con il progressivo consoli a
mento dei diritti civili, ostacolato all’interno da forme piu
meno organizzate di »
glia. La popolazione,
da razze ed etnie diversissi isti
fra loro, vive spesso in conni 2,
zioni economiche “*
molto difficile è la situaaow
dei giovani che, termina e
scuola dell’obbligo,
vano lavoro e vanno a mg
sare le fila della delinquen^
specialmente nel settore
traffico della droga.
Proprio in concomita^
con la chiusura dell 2""
lastico e in previsione .
rivo della Logos II, la y
biblica locale ha
programma «Nuovo 0 ,
te» per la distribuzione^^^.
2.000 copie del
mento nelle scuole i,
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Bibbia per trovare una
speranza nella dramm^'^J^^p
Inazione poliùen.<^d
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PAG. 3 RIFORMA
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30 luglio alla Mandola la XXXII edizione del Sae
brso la comunione dei popoli
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ddhatella saroglia
se sapranno afTroiitare insieme i
problemi del nostro
ape, le chiese divise po' riscoprire le loro radiìurii. E solo se metteHiio in primo piano il regno
e la sua giustizia ritroano la loro comunione
Queste accorate parole del pastore riformato
lÉasVischer, per venticin((neàni presidente di «Fede
eipStìtuzione», commissioae del Consiglio ecumenico
delle chiese, riassumono il
coinvolto! clima e i contenuti che si sodell rvpel no^spirati alla XXXII sessióne di formazione ecumenica del Sae (Segretariato attività ecumeniche),
i «Riempiti di Spirito Santo
i misero a parlare in altre
insue. Verso la comunione
dcipopoli» è il tema della
|l%ip sssione affrontato dal 23 al
Il 11V 11 taglio al Passo della Menila, in Trentino. Associazio•c di laici per l’ecumenismo
nti del 5u;|apjfty.g ¿¡ajogo ebraico
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Wiano, il Sae ora apre al
ialogo interreligioso quale
*tanza indispensabile per ri, prima che sia trop® tardi, ai bisogni del molento attuale che si possono
assumere in tre parole: pat*.^ustizia, ecologia.
%quecento i corsisti imnei lavori, centocin"®ta i «nuovi»: in maggiora i cattolici rappresentati
“a 3 vescovi, 44 preti, 4 dia'eai, 24 suore; 35 1 proter Ptesenti tra cui 15 pa
M gli ortodossi di cui 4
j; V ' 8*' ebrei; 4 gli indù;
J^ttstrlmani; 2 i buddisti;
r*® ^àfre aiutano a capire
situaz quale sforzo organizzativo
tri affrontare il Sae. La
j^tidola cerca di essere ogni
’ ^ att’occasione di incon
Jincui tutti possano .sentirettor t*ipienamente liberi, rispettae coinvolti, in cli
omitanza aiadi fraternità.
*®asione di quest’anno
ipii entusiasmo tra i
spanti anche per l’alto
tit* ° relazioni: dall’
, orizzon divento di Raniero La Val
® alla tavola rotonda di inte
I» teologico con Luigi
'«rtOn
,vo Testa
^ori’ Paolo Ricca e Traian
’/ze ^al contributo di
JÍ Kaled Hallam alla testi
inatica si
''°TsÌEl!L'?'^*’®*-=azionetra”gr>uotiv^a ^ fede sono indispensa
■ r nnera- r! possibili.
^ filate® sempr«* momoi
apitale- fgranti della
state le riflessioni bibliche
del mattino iniziate, com’è
tradizione, con una lezione
affidata alla voce ebraica di
Rav Elia Kopciovski. Anche
la preghiera ha occupato un
posto importante: due messe
cattoliche, un culto valdese,
una sacra liturgia ortodossa e
due liturgie ecumeniche hanno scandito la chiusura di
ogni giorno.
Alla Mendola c’è stato anche il tempo per la memoria:
in apertura dei lavori la presidente Maria Vingiani ha ricordato con commozione e
riconoscenza il pastore battista Glenn Gartfield Williams,
mancato lo scorso 28 marzo; ,
una dura perdita del Sae che
si considera un po’ discepolo
di quest’uomo per molti anni
presidente della Kek (Confe
renza delle chiese europee) e
particolarmente vicino al
cammino ecumenico italiano
e al Sae, alle cui sessioni aveva partecipato fin dal 1971.
Tempo di ricordi e anche
momento di bilanci; mons.
Luigi Sartori, presidente
emerito dell’Associazione
teologica italiana, ha voluto
lanciare una sfida al futuro e
ai giovani; nonostante la
stanchezza serpeggiante tra
quelli che hanno costruito
l’ecumenismo in questo secolo non ci si deve perdere
d’animo. «Lo Spirito Santo è
ricchezza e novità, saprà lui
indicare la strada. Il cammino
è lungo, ma i giovani si stanno dimostrando sensibili e
l’ecumenismo ormai non è
più argomento riservato a soli esperti».
Paolo Ricca sottolinea le differenze ■
Dialogo ecumenico e
dialogo interreligioso
Riccardo Ventu
ina , È emersa con chiarezza
Fra il dialogo ecumenico e
quello interreligioso esiste
una continuità di metodo ma
una diversità di contenuti; lo
ha affermato il pastore Paolo
Ricca, decano della Facoltà
valdese di teologia, nel corso
di una tavola rotonda della
sessione. Il dialogo ecumenico ci porta tutti più vicini a
Cristo, mentre per il dialogo
con le altre religioni Cristo
sembra piuttosto essere un
ostacolo. La posta in gioco,
nel dialogo interreligioso, è
molto alta; si tratta dell’esclusività della rivelazione e della
salvézza in Cristo; si tratta di
sapere se Cristo sia la via, la
verità e la vita, oppure solo
una via fra tante. Ricca ha poi
indicato quattro linee possibili per impostare il dialogo:
anzitutto una concentrazione
sulla unicità di Dio. «C’è un
unico Dio, che i cristiani non
possono “battezzare”, gli
ebrei non possono “circoncidere”, i buddisti non possono
“iniziare”». Anche, se ci confessiamo teoricamente monoteisti, in pratica ci comportiamo da politeisti, come se esistessero vari dei; in secondo
luogo occorre prendere sul
serio la critica alla religione,
che affonda le sue radici nella
Bibbia stessa; la religione è
ambivalente, ha anche un
«L’appello alla conversione
nel movimento ecumenico» è
stato il tema della relazione di
Lukas Vischer, tenuta nella
mattinata del 27 luglio. Il
professor Vischer, pastore
riformato e direttore dell’istituto ecumenico della Federazione protestante svizzera,
per molti anni è stato direttore della commissione teologica «Fede e Costituzione» del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec). Di fronte all’attuale crisi del mondo, che è al
tempo stesso una crisi ecologica, economica, sociale, appare sempre più evidente la
necessità di una nuova conversione delle chiese; «L’umanità che fino a poco tempo
fa era animata da una grande
speranza nel progresso, comincia a scoprire che potrebbe esser stata vittima di una
fata Morgana».
L’appello alla conversione
è sempre stato centrale nel
movimento ecumenico ma se
il primo passo nella conversione è l’apertura al dialogo,
ciò non è sufficiente; è necessaria anche la testimonianza
.comune, «uscire dai gusci
delle confessioni, trovarsi per
dare risposte comuni di fronte
allo sviluppo tecnologico è
industriale, alle rapide trasformazioni sociali, alla guerra». Solo «nella misura in cui
le chiese divise si trovano ad
affrontare insieme il confronto con i grandi problemi del
tempo esse riscopriranno anche le radici a loro comuni.
Nella misura in cui pongono
in primo piano il regno di Dio
e la sua giustizia sarà ridonata
loro la comunione perduta».
Spesso, nel movimento ecumenico, «le due vie del dialogo e della testimonianza sono
state messe in opposizione».
Certo, il consenso dottrinale è «irrinunciabile» e bisogna guardarsi da un «ecumenismo superficiale» che mini
interventi al Sae: da sin. Luigi Sartori, Raniero La Valle, Maria Vingiani
Paolo Ricca
aspetto oscuro; in terzo luogo
la varietà delle religioni non è
necessariamente un dato negativo, ma può essere vista
come un arricchimento, come
«espressione di ricchezza spirituale, segno della straordinaria sensibilità spirituale
dell’essere umano». Infine,
come nel dialogo ecumenico
il confronto teologico è stato
preceduto dall’impegno comune per alleviare le sofferenze dell’umanità, così deve
accadere per il dialogo interreligioso, che va collocato
nell’orizzonte del «regno di
Dio», regno di giustizia e di
pace verso cui tutti i popoli e
tutte le religioni devono mettersi in cammino.
mizzi l’aspetto teologico; tuttavia per Vischer un dialogo
esclusivamente sul piano
dogmatico rimane sterile.
Oggi c’è il rischio di moltiplicare i dialoghi senza arrivare mai alla comunione. «E
perciò necessaria una sintesi
delle due vie», e oggi occorre
puntare soprattutto sulla testimonianza comune, proprio a
causa dell’urgenza derivante
dalla crisi mondiale.
Esaminando due distinti
esempi ecumenici di invito
alla conversione (il documento finale dell’Assemblea ecumenica di Basilea del 1989 e
quello^del «Gruppo di Dombes del 1991) Vischer ha
espresso la sua preferenza
per il primo: per un appello
cioè che parte non tanto dal
problema dottrinale, quanto
«dalla coscienza di quanto
sia urgente confrontarsi con i
pericoli mortali a cui romanità è esposta».
L’Assemblea di Basilea ha
saputo cogliere l’intreccio fra
i vari aspetti della crisi
(«Giustizia, pace e salvaguardia del creato» erano le parole chiave dell’incontro) e
«qome nessuna conferenza
ecumenica prima, ha parlato
del fallimento della cristianità in Europa», evitando
trionfalismi e «impressione
di saccenteria». Quello di Basilea resta dunque, per Vi
Fuad Khaied Allam sui pregiudizi
Occidente e IsIam
un gioco di specchi
Il dibattito sul dialogo fra le
religioni svoltosi alla XXXII
Sessione di formazione ecumenica promossa dal Segretariato attività ecumeniche
(Sae) è stato arricchito, il 28
luglio, dal contributo di due
rappresentanti delle grandi religioni (islamismo e buddismo) e dall’esperienza di una
religiosa cristiana che per sette anni ha vissuto un’intensa
esperienza di diàlogo con il
buddismo.
Il professor Fouad Khaied
Allam, docente di islamologia alTUniversità di Trieste,
ha parlato del concetto dell’
«altro» nell’Islam di oggi, a
partire dai cambiamenti sociali in corso a livello mondiale e dalla particolare situazione dei paesi islamici. In
tutto il mondo, ha detto Allam, il ritorno al religioso in
forme radicali si spiega con le
profonde modificazioni indotte dalla modernità («atomizzazione», nuove forme di
lavoro che destrutturano le
comunità e l’individuo). Il
mondo islamico è poi caratterizzato da una sorta di «schizofrenia culturale» tra la cultura araba e le influenze occidentali. Tale schizofrenia diventa particolarmente grave
quando è vissuta da masse di
giovani acculturati e disoccu
pati, come accade ad esempio
nel paesi del Magreb; è facilmente comprensibile, in questa situazione, l’attrazione
esercitata dai movimenti che
Allam preferisce definire «radicali» piuttosto che fondamentalisti: non c’è infatti una
visione teologica complessiva
in questi gruppi, e la loro produzione intellettuale si esprime prevalentemente nel campo economico e sociale.
Se è dunque reale il fascino
esercitato dai movimenti radi-'
cali, è anche véro che in occidente i mezzi di comunicazione di massa (la Tv in particolare) tendono a semplificare e finiscono per rimandare
l’inconscio collettivo agli stereotipi medioevali sull’Islam.
Una ricerca sull’Islam nei
programmi Rai e Fininvest,
promossa dall’Università di
Torino, ha dimostrato quanto
radicati siano certi pregiudizi.
Il guaio è che nel Magreb si
vede benissimo la televisione
italiana; il risultato è un gioco
deformante di specchi, in cui
ciascuno rimanda all’altro la
sua immagine deformata.
Nel prossimo numero altre informazioni sulla
sessione e le mozioni
approvate
scher, il modello a cui ispirarsi: anche se, a distanza di
cinque anni, «il bilancio non
è molto incoraggiante», perché gli impulsi di Basilea «si
sono largamente spenti».
La Conferenza delle chiese
europee (Kek) e il Consiglio
delle conferenze episcopali
europee hanno programmato
una seconda Assemblea ecumenica per il 1997: ma, si è
chiesto Vischer, «che cosa
può rappresentare una ulteriore assemblea se essa non è
sostenuta da un movimento
alla base?». Il teologo protestante ha concluso il suo intervento evidenziando alcuni
aspetti della crisi mondiale: il
nostro «vivere al di sopra
delle nostre possibilità» e
T ingiustizia che ne deriva per
i paesi poveri, indicando anche alcuni obiettivi per le
chiese: non bisogna minimizzare la crisi, le chiese devono
essere gli «avvocati» delle
vittime, bisogna mettere in
discussione l’idea di uno svi-,
luppo senza limiti e sfatare
l’idea secondo cui «non si
può tornare indietro» nella
storia: «Spesso si abusa di
questo detto solo per giustificare la realtà dei fatti».
Le chiese devono diventare
il luogo dove si propone e si
sperimenta un «nuovo stile di
vita», caratterizzato da sobrietà e condivisione.
Buddisti
Chi sono
gli altri?
Il professor Riccardo Venturini, buddista e docente
all’Università La Sapienza di
Roma, ha illustrato la visione
buddista degli «altri». Budda
affermava la comune natura
di tutti gli esseri senzienti,
che hanno in sé il «seme della buddità», che possono cioè
raggiungere l’illuminazione,
ovvero la perfetta comprensione e conipassione. Al centro del buddismo, ha affermato Venturini, c’è la compassione, e Tilluminato è
«colui che mai disprezza»
perché sa di non essere separato dagli altri.
La religiosa cattolica Maria
De Giorgi ha infine parlato
della sua esperienza pluriennale come missionaria saveriana in Giappone. 11 buddismo giapponese, ha detto De
Giorgi citando padre Spae, ha
elaborato un concetto di verità per intuizione che è molto simile a quello della Bibbia: «Al centro di ogni verità
c’è un elemento di misericordia che va evidenziato. Non
c’è una verità assoluta, ma
una verità misericordiosa». Il
dialogo interreligioso provoca entrambi i partner, ed è
motivo di approfondimento
della propria fede: «Il dialogo vero porta a una nuova
consapevolezza di sé».
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 19
«IERI
Intervista a Gianni Rostan, primo moderatore «laico» della Tavola valdese
Valorizzare i doni e i ministeri dei «laici»
perché sono il patrimonio della chiesa
LUCIANO DEODATO
O cusí la domanda un po ’
l3 personale: come ha sopportato questo primo anno di
moderatura? Non è stato
troppo pesante ?
«Pesante sì, perché di lavoro ce n’è tanto. Ma ho anche
la grande soddisfazione di
poter finalmente fare qualcosa per la chiesa».
Gianni Rostan, il primo
moderatore «laico» nella storia delle chiese valdesi e metodiste, in chiese cioè riformate dove dunque non esiste
la figura del sacerdote perché uno solo è il mediatore
tra Dio e gli uomini, Gesù
Cristo, ha in realtà sempre
lavorato nella chiesa dove
anche ha avuto in passato
vari incarichi di responsabilità. Per la prima volta può
dedicare tutto il proprio tempo, ricoprendo una carica
che fino all’anno scorso è
stata esercitata da pastori. Si
tratta dunque di una novità,
che non sconvolge alcuna ecclesiologia ma che sviluppa
anzi un principio finora latente nelle nostre chiese in
Italia. Infatti in altre chiese
riformate, all'estero, da tempo laici hanno responsabilità
anche ai massimi livelli.
«Come moderatore “laico”
ho avuto per prima cosa l’impatto con una organizzazione
che è quella sia degli uffici
dove è necessario rivedere alcune cose come l’utilizzo migliore delle persone e della
loro professionalità e sia
quello della chiesa. Infatti,
pur essendo una chiesa riformata, scivoliamo inavvertitamente verso un modello episcopale, nel senso che arrivano al moderatore molte cose
che dovrebbero essere svolte
ad altri livelli, da assemblee
per esempio, o da organi esecutivi. Credo sia necessario
rilanciare a livello distrettuale una serie di compiti o di
responsabilità ora affidati alla
Tavola. Per esempio io sostengo la tesi che la soluzione
del campo di lavoro, che da
sempre è un punto critico,
vada elaborata su proposte
concrete delle commissioni
distrettuali. Nel quarto distretto abbiamo agito così
con, direi, soddisfazione da
entrambe le parti, nel .senso
che le proposte fatte sono sta
te accolte dalla Tavola e le
chiese sono state maggiormente responsabilizzate.
Guardando al futuro, che non
è roseo per quanto concerne
la provvista pastorale, è questa, mi pare, la via da seguire.
Un’altra cosa che mi ha colpito come “laico” è la competenza dei comitati che presiedono alle opere; talvolta
sono composti da ottime persone che esprimono una
grande dedizione, ma che
non hanno le competenze
tecniche necessarie. Ho l’impressione che manchi un po’
una cultura della gestione
delle nostre opere. In questo
settore un problema da affrontare tra breve è quello
della professionalità oggi richiesta per gestire e controllare le opere. Ne parleremo
in corpo pastorale. Però posso dire che abbiamo già avviato certe collaborazioni. In
questo contesto ritengo che
vada potenziato il “Centro
servizi amministrativi” di
Torre Pellice».
La chiesa però non è fatta
solo di opere e di amministrazione: questi sono problemi che si ritrovano in ogni
campo dell’attività umana.
La chiesa è fatta anche, e sostanzialmente, di predicazione che passa attraverso la
debolezza della nostra umanità. Un qualsiasi dirigente
d’azienda sa assumere decisioni rapide e forse anche
oculate in campo amministrativo; più complesso invece è il lavoro con le persone.
«Quest’anno la Tavola si è
•scontrata con im certo numero di situazioni difficili sotto
il profilo etico. Ciò richiede
uno sforzo di cura pastorale,
non è facile mettersi nelle
scarpe di un altro e capire
che cosa sia meglio per la
persona in oggetto e la comunità in cui questi agisce. È
questo un problema di cui si
parlerà nel corpo pastorale.
Prima di rivestire questo incarico pensavo che lo stato
del corpo pastorale fosse simile a quello di un qualsiasi
corpo di professionisti, ma
con una tendenza verso l’alto. In realtà mi sono reso
conto che i pastori, pur avendo una buona preparazione
teologica, non hanno ricevuto
alcuni strumenti banali, come
guidare per esempio una di
TAVOLA VALDESE
SINODO DELLE CHIESE
VALDESI E METODISTE
Il Sinodo, secondo quanto disposto
dall’atto n. 126 della sessione sinodale europea 1993, è convocato per
DOMENICA 21 AGOSTO 1994
I membri del Sinodo sono invitati a trovarsi nell’Aula sinodale della Casa valdese
di Torre Pellice alle ore 15.
II culto di apertura avrà inizio alle ore
15,30 nel tempio di Torre Pellice e sarà presieduto dalla pastora Giovanna Pons.
Il moderatore della Tavola valdese
Gianni Rostan
Il moderatore delja Tavola valdese, Gianni Rostan
scussione m gruppo, o come
affrontare una situazione di
crisi, o capire come può lui
stesso gestire una propria situazione di crisi. Oppure è
capitato che dei pastori si siano improvvisati psicanalisti o
psicologi, senza possedere la
qualifica necessaria; e senza
soprattutto rendersi conto dei
rischi cui vanno incontro e
dei guasti che possono arrecare. Bisogna trovare dei luoghi in cui giovani pastori ricevano una formazione in
questo senso».
Se c’è un problema che riguarda i pastori, la loro formazione complessiva e il loro
ruolo all ’interno delle chiese,
c’è anche il problema della
formazione dei «laici»?
«E necessario preparare
persone capaci di assumersi
responsabilità nelle chiese.
Spendere, in altri termini, in
formazione di quadri, più di
quanto non si sia fatto in passato. Parliamo molto di sacerdozio universale, ma poi
agiamo come se questo non
esistesse e facilmente deleghiamo a qualcuno che si
presume ne sappia di più e
cioè il pastore.
Parallelamente, come “laiho notato che nella chie
co
sa la figura del “quadro” è
stata in un certo senso “snobbata”. Il “quadro” è stato
identificato con il capo, con
il manager, e quindi è stato
rifiutato. Tutti quanti insieme
facciamo l’as.semblea e prendiamo le decisioni, ma nessuno si è preso la briga di dire
che anche l’assemblea deve
prendere le decisioni secondo
certi schemi. Abbiamo trascurato la decisionalità professionale delle nostre assemblee. Secondo me ci siamo
lasciati depistare dal fatto che
l’assemblea (che secondo noi
presbiteriani riformati è una
base molto importante) possa
supplire alla professionalità;
in altri termini abbiamo confuso la disponibilità e la buona volontà con la profes.sionalità. In questo senso io credo che noi siamo solo parzialmente riformati. La chiesa non deve solo accogliere
con riconoscenza la disponibilità, ma deve anche saper
riconoscere i doni, la loro diversità, e dare loro una collocazione adeguata nella vita
della chiesa. Credo che sia
nostro dovere (certo non facile) richiamare i giovani a
questa responsabilità.
Accanto a questi problemi
di fondo, ce ne sono poi mol
ti altri che dovremo risolvere.
In futuro avremo più chiese
affidate alla cura dei circuiti.
Siamo preoccupati per le
chiese metodiste, dove ci sono solo tre pastori al di sotto
dei cinquant’anni. È necessario rilanciare il patrimonio
del metodismo. Ci sono in
Italia dei punti nodali in cui
la presenza metodista ha avuto un significato forte anche
per noi valdesi.
Il prossimo Sinodo dovrà
occuparsi anche deH’8%c. La
cosa interessante è il numero
di richieste di informazioni,
piovuto da ogni parte, che ci
ha consentito di entrare in
contatto con molte persone;
si è aperto qui un campo di
evangelizzazione impensato
prima.
C’è poi il problema delle
opere. Io sono convinto che
stiamo pagando più tasse del
necessario, in quanto che non
possiamo dedurre dai bilanci
i mutui, gli interessi sui capitali, chiedere i rimborsi Iva
ecc.; tutte cose che non rappresentano dei privilegi, ma
la pura e semplice applicazioni di leggi dello stato. Bisogna dunque giungere con i
ministeri competenti ad una
chiarificazione^ di tutta questa
materia.
Il Sinodo dovrà anche occuparsi della defiscalizzazione, perché nonostante le nostre speranze, gli impegni
delle chiese non coprono
quelle che sono le necessità
dell’opera e forse dovrà anche essere rivisto il meccanismo delle contribuzioni che
vengono chieste alle chiese.
Dovremo anche rivedere il
nostro impegno nel campo
della cultura: che cosa si
spende e come si spende, in
vista della formazione dei
“quadri”, per avere gente meglio preparata per assumere
responsabilità nella vita della
chiesa in generale. Poi ci sono anche i problemi dei pastori; mi sono reso conto che
lavorano sette giorni su sette.
Non è un sistema sano, perché ogni persona ha bisogno
di momenti di respiro, altrimenti si va a un logorio fisico
e psicologico...».
Insomma, i problemi sono
tnolti e di vario genere. Può
essere che la prospettiva
«laica» di un moderatore
«laico» serva utilmente a valorizzare il patrimonio di
energie e di doni latenti nelle
chiese e a sbloccare situazioni che nel tempo si .sono logorate.
LA TAVOLA INFORmTI^
Problemi
amministrativi
La Tavola, nelle sue ultime sedute, ha affrontato
una serie di problemi relativi al campo di lavoro e
all’amministrazione.
italiana e quindi con un’™
tima conoscenza della no^
stra lingua) è stato
assegna
Campo di lavoro
La situazione del campo
di lavoro si presenta ancora
difficile per alcune chiese,
per le quali non si è ancora
riusciti a trovare una soluzione. Palermo La Noce è
ancora «scoperta» dopo la
partenza del pastore Christof Froschle, Scicli è stata
affidata al pastore Leonardo Magri (chiesa) e al pastore Enrico Trobìa (asilo),
a Riesi Servizio cristiano,
dopo il trasferimento del
pastore Giuseppe Ficara a
Trapani-Marsala, è stato assegnato il vicario Stephan
Mulich, che già è stato in
Italia per diverso tempo.
Vasto e San Salvo sono per
ora prive di un pastore residente in loco. Si è invece
riusciti a trovare una giovane coppia pastorale americana, Bob e Stacy Bronkema, presbiteriani, per la cura delle chiese di Salerrto e
di Portici e per Casa materna. Bob Bronkema parla
già bene la nostra lingua,
comunque sia lui che la
moglie stanno seguendo un
corso intensivo di italiano a
Firenze.il pastore Paolo
Sbaffi si sta trasferendo a
Firenze, essendo finalmente stato superato il problema dell’alloggio, il pastore
Luciano Deodato è stato
nominato nelle chiese del
Vomero dal 1° settembre
prossimo, ed è già in loco;
la pastora Maria Adelaide
Rinaldi si è già trasferita
nella nuova sede di Orsara
e Foggia. La chiesa di Cosenza e Dipignano e il centro di Guardia Piemontese sono stati affidati alla
predicatrice locale Beatrice Grill. Il vicario tedesco
Marco Schäfers (con madre
to alla chiesa di Luser?
San Giovanni dove collabi
reràcol pastore Claudio p,
squet, mentre le chiese di
Padova e Vicenza sono state affidate, per otto mesi a
partire dal 1° settembre, alla
pastora svizzera Heidi Fe
derici Danz. Il campo di lavoro non è ancora «stabilii
zato»; entro il Sinodo la
Tavola dovrà provvedere
ad altre chiese rimaste improvvisamente senza pastore (vedi Aosta, provvisoriamente affidata al circuito).
di a
mol
ap
leoni P
dilavor
jBodoco
^2Ìon<
Finanze
L’esame della situazione
finanziaria dell’anno scorso
ha evidenziato un «buco»
di 41 milioni, che le chiese
saranno chiamate a coprire
Con una sottoscrizione speciale, dato che il deficit è
dovuto soltanto a contribuzioni inferiori alle richieste
della Tavola, contenute peraltro entro i limiti minimali. La Tavola si appresterà a
chiedere al Sinodo una mo-r
difica dell’attuale sistema
degli «impegni» che forse
provoca timori ed eccessiva cautela nelle assemblee
di chiesa. La Tavola comunicherà soltanto il livello:
niinimo delle contribuzioni
necessarie a coprire i costi
previsti, nella fiducia che le
chiese riescano a raggiungerlo.
Ijtìtuit:
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Mi S®
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iférdec
del'fflor
Contabilità
Per il Sinodo la Tavola
renderà disponibile ai cassieri la nuova modulistica
«consigliata» per la tenuta
della contabilità, con relative istruzioni e con la possibilità di acquistare i libri
Contabili adeguati, di grandezza variabile a seconda
della complessità dei conti
di cia.scuna chiesa locale.
Tavoli
un seti
' lavoro
superv
luesto
utilizi
opere
assist
sponc
CORPO PASTORALE ‘ CEl
Esami di fede
Venerdì 19 agosto e sabato 20 si terrà una seduta del corpo pastorale con il seguente programma:
Venerdì 19
ore 9:
ore 9,15:
ore 10,45:
ore 17,45:
ore 19;
Apertura;
Segreteria del corpo pastorale, regolamento,
ruolo del corpo pastorale;
«Identità pastorale fra ruolo sociale e testimonianza all’Evangelo» intervento di BW'
na Peyrot;
Formazione permanente;
Termine sessione.
Sabato 20
ore 9:
ore 9,15:
Apertura;
Lettura domande di consacrazione e docu
menti Facoltà di teologia e circuiti reiau
alla candidata Gabriella Costabel
e ai candidati Bruno Gabrielli e Bru
Giaccone; . _
Commissione liturgia (stampa
trimoniale e priorità da dare alle altre u
gie);
Intervallo;
Esame di fede dei candidati;
Chiusura.
ore 10,15
ore 10.45
ore 12,30
Nel caso fosse necessario, vi sarà un prolungamento p .
prima parte del pomeriggio. È quindi prevista la pos
lità di pranzare in Foresteria. , ,
Il moderatore della Tavola valde
Gianni Rosmn
Alle riunioni del Corpo pastorale possono assistere tut
membri delle chiese valdesi e metodiste e gli invita
P(
■Bèt
■'•l’Ist
055
5
19 AGOSTO 1994
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
^/0rso il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste
Quale organizzazione diaconale?
Itivi
-on uti’otdella no> assegnaLuserna
e collabo,
laudio Pachiese di
sono stalo mesi a
mbre, all¡
Heidi Fé
Tipo di la«stabiliz»inodo la
ovvedere
fiaste imiza pastoprovvida al cir
||HPC0 TULLIO FLORIO
Istituita dal Sinodo valdesejell’anno scorso, la Csd
llConiinissione sinodale per la
non ha certo la pre
di aver potuto (e saputo)
Zi molto; è comunque riunita a portare a compimento
-Ri punti del programma
jj^lavoro, 0 a impostarli in
lodo concreto. Non è mia inizione fare un elenco di
into si è fatto e di quanto
¿sta da fare: il prossimo Sinodo avrà sotto gli occhi la
¿lazione della Commissione,
che è già in" mano alla Com•tjtìssione d’esame, insieme al
pteriale di lavoro,
jli sembra però importante
Razionare alcuni aspetti di
questo lavoro, al fine di renare evidente a chi legge come si situa la Csd nel quadro
della testimonianza della
chiesa, testimonianza Che è
anzitutto con l’annunzio
deda Parola ma è avvalorata
ittuna certa misura dal lavoro
ifaconale. La predicazione
se non è accompagna’opera di soccorso ai
renti e di aiuto ai deboli,
^rde credibilità agli occhi
"del inondo, a cui è rivolta, e
per noi stessi manca di uno
idegli elementi' essenziali del
di Cristo («sanate
gli infermi»). Questo sforzo
perìestire delle opere sociali,
neia nostra società di oggi,
pone problemi di ordine ecocìnico, amministrativo, fiscale di non facile soluzione.
Eper la presenza di questi
liimhlemi che il Sinodo ha ridover affidare il set
iituazione
no scorso
n «buco:
le chiese
a coprire
rione spedeficit è
contriburichiesle
enute pei minimapresteràa
) una mo5 sistema
che forse
1 eccessiissemblee
)la cornoil livelloi
tribuzioni
re i costi . .
chele il tote sanitario e assistenziale
' aduna Commissione ad hoc,
1' cheha chiamato Csd.
In primo luogo, dunque, la
Tavola è stata alleggerita di
un settore non indifferente di
lavoro, pur mantenendone la
supervisione e il controllo, e
questo le ha consentito di rivolgere la sua attenzione, di
utilizzare il suo tempo e le
sue energie in altri settori, più
grettamente legati alla vita e
älla testimonianza della chiesa. Una buona parte delle
upere del settore sanitario e
assistenziale quest’anno risponde al Sinodo attraverso
La Commissione sinodaie per ia diaconia: da sinistra Paoio Sbaffi,
Marco Tuiiio Fiorio, Caria Beux Longo, Bruno Mathieu, Laura Leone,
Giseiia Costabei, Paoio Ribet.
Le commissioni d'esame al Sinodo
Al servizio delle chiese
oer la democrazia
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la Csd, anche se le Conferenze distrettuali hanno ricevuto
le loro relazioni, intefessandosi specialmente deH’insérimento delle opere nel territorio, del lofo rapporto con le
chiese locali e col loro lavoro
di testimonianza.
Nelle scorse sessioni sinodali avevamo dovuto registrare delle voci di dissenso su
questo nuovo schema di organizzazione diaconale, che (si
diceva) va nel senso opposto
a quello, auspicato, di un decentramento. In realtà lo spirito dell’attuale regolamentazione, che senza distaccare le
opere dalle chiese locali dà
loro un elemento di unificazione nella Csd, sembra iniziare a dare i suoi frutti.
La necessità di un’unità di
linea nei rapporti delle nostre
opere sanitarie e assistenziali
con gli enti pubblici si fa sentire sempre di più, per la stipula di convenzioni, per il pagainento delle rette, così
spesso in arretrato, per i problemi fiscali, sempre più
complessi. La Csd ha preso
interesse ai problemi delle
singole opere, prendendo
contatto con i comitati e le
opere stesse: entro il 1994,
secondo il programma formulato, dovrà aver visitato tutte
le opere affidatele. Ha contribuito alla soluzione dei problemi locali, alla ricerca di
operatori (e in particolàre di
direttori) per coprire posti vacanti o che si rendevano vacanti, si è fatta tramite fra le
opere è la Tavala per questioni di competenza di quest’ultima. La Csd (come già la
Jentro di formazione diagonale
«Giuseppe Comandi»
FIRENZE . .
ISCRIZIONI PER IL 1994-95
v-Al Centro di formazione diaconale «Giuseppe ComanQt» di Firenze sono aperte le iscrizioni al corso, che da
^est’anno avrà durata quadrienitàle; la domanda va prestata entro settembre su modulo fornito dalla segreteria
ssa. Si richiede la maturità o il diploma di scuola seodana superiore. I/le candidati/e dovranno contemporaAamente iscriversi a un corso universitario o a una scuo; jjdi formazione professionale nell’ambito educativo, so^ale 0 sanitario (per esempio educatori/trici, assistenti so-infermieri/e). La quota di iscrizione per un anno è di
i lyO.OOO lire. Gli studenti possono chiedere di alloggiare
r il convitto dei Centro (in questo caso possono usu
if Wire di una borsa di studio che sarà mantenuta sé gli stu- .,
Proseguiranno regolarmente) e inoltre, a loro scelta,
chiedere un prestito senza interessi, rimborsabile
'«1 inizio della loro attività lavorativa.
inizierà ih 4 novembre; il programma è dispo' ®®§reteria. Per l’inizio dei corsi o per le scuole di
' professionale ciascuno dovrà seguire il calen
' f ^0 della scuola prescelta. Per la formazione diaconale,
j isr sempre anche per la formazione professionale, le
' Sono a numero chiuso. Le ammissioni sono pre
da un colloquio e la frequenza è obbligatoria.
; 0. iscrizioni e ulteriori informazioni rivolgersi alla se.'Fetena del Cfd, aperta ad agosto e a settembre, presso
Gould, via dei Seiragli 49, 50124 Firenze (tei
‘‘‘2576; fax 055-280274).
Ciov negli scorsi anni) ha organizzato a Firenze un convegno di tutte le opere (anche
quelle non aderenti alla Csd):
l’argomento di studio è stato
«Le nuove professionalità e i
percorsi di formazione».
Un altro capitolo del lavoro
della Csd è stato quello dei
rapporti con analoghe organizzazioni europee: l’assemblea annuale di «Eurodiaconia» si terrà a Roma nel 1995.
Attraverso il Centro servizi
amministrativi la Csd offre a
tutte le opere che ne vogliono
usufmire una consulenza amministrativa e fiscale che oltre a essere un contributo tecnico prezioso (specie per alcune piccole opere, che mancano delle competenze specifiche) rappresenta quel fattore
unificante di fronte alla pubblica amministrazione, della
cui necessità facevo cenno
più sopra.
Infine, tenendo conto di
un’indicazione presente nello
Statuto della Csd (atto
53/SI/93) la Commissione si
sta attivando per promuovere
nel prossimo anno la formazione del personale degli istituti che ad essa fanno capo,
attraverso dei brevi corsi o
seminari con formatori professionali.
Il Sinodo delle chiese vaidesi e metodiste, dopo il culto
e i preliminari per l’elezione
del Seggio, ascolta una relazione della Commissione
d’esame (Cde), un organismo
eletto dal Sinodo dell’anno
precedente che ha il compito
di esaminare l’attività delle
varie Commissioni sinodali:
la Tavola, il Comitato permanente deirOpcemi, la Facoltà
di teologia, e di indicai'e i problemi per la discussione e la
decisionp del Sinodo. Pér la
complessità delle materie legate alla «diaconia» il Sinodo
elegge anche una seconda
Cde che esamina appunto l’attività della Commissione sinodale per la diaconia e delle
opere ad essa assegnate.
Le commissioni d’esame
«lavorano» un mese prima del
Sinodo e a loro sono dati in
visone tutti i documenti necessari per l’esame e di loro
iniziativa possono convocare
responsabili di opere e consultare tutti documenti. Frutto
di tutto questo lavoro è la «relazione» in cui si diranno quali cose sono ben fatte e quali
no. I «controllori» di quest’
anno sono Salvatore Cortini,
Giorgio Girardet, Klaus Langeneck ed Erica Sfredda per
Tavola, Facoltà e Opeemi e
Valdo Benecchi, Mara Bounus, Mario Campagnolo, Gregorio Plescan per la Commissione sinodale per la diaconia.
La relazione ovviamente rimane riservata fino al momento della sua lettura e la
Commissione non vuole svelarte in anticipo i propri argomenti. Tuttavia ci pare che
questo Sinodo si annunci vivace: dalla relazione inviata
dalla Tavola ai deputati al Sinodo e ai pastori si nota che
Campo cadetti di Ecumene
La violenza dei minori
ALFONSO MANOCCHIO
Il ragazzo è solo/ e vorrebte prendere il volo/
verso un pianeta lontano/ che
gli tenda la mano». È un pezzo delle molte poesie con cui
i 47 partecipanti al campo cadetti di Ecumene ’94 si sono
espressi, per riv.elare il loro
intimo caricato da troppe difficoltà e facilmente compresse in una zona inespressiva, dalla quale si esce con il
grande e pericoloso uso della
violenza.
Il campo si è snodato per
ventun giorni con una caratteristica molto importante:
non è partito, come gli altri
anni, con la compilazione di
un questionario inviato a casa
ai partecipanti dal quale
prendeva il via la costruzione
dei temi del campo. Abbiamo
tentato di vedere il tema «la
violenza dei minori», in
quanto soggetto, con gli occhi stessi dei ragazzi; il percorso non è stato facile, perché richiedeva una lettura del
proprio interno soltanto servendosi di pochi elementi,
che erano stati presentati dagli animatori all’inizio, ma
c’era già stata una prima partecipazione dei ragazzi nel
tracciare la differenza tra aggressività e violenza.
Da questi spunti si è potuto
iniziare l’esplorazione della
«bontà» dell’una e della deviazione dell’altra; sono stati
visti anche i meccanismi di
una particolare attenzione
sarà data «alla vita delle chiese» e alla riorganizzazione del
«campo di lavoro». La società
cambia e le persone si trovano
a doversi confrontare con situazioni che via via si rinnovano: dalla carenza di pastori,
alle difficoltà di comunità più
piccole, per non parlare dei
problemi causati dall’integrazione degli immigrati nelle
comunità che cambiano le
prospettive delle piccole comunità protestanti in Italia.
Anche le modalità del ministero pastorale cambiano e il
Sinodo è posto di fronte alla
necessità di pensare un riadattamento professionale e spirituale degli stessi pastori. ,
Altro tema centrale sarà
quello deU’8%c. Quest’anno
per la prima volta i contribuenti hanno potuto firmare
sui moduli fiscali per destinare una quota percentuale
deH’8%c alla «Chiesa evangelica valdese, Unione delle
chiese valdesi é metodiste».
Ovviamente non si sa ancora
nulla del gettito, che sarà disponibile solo tra tre anni, ma
fin d’ora è necessario definire
i criteri generali di gestione,
le modalità per l’assegnazione
e di controllo.
La Commissione d’esame
quesCanno ha visitato il Servizio cristiano di Riesi e pertanto si affronterà in maniera
estesa anche quest’argomento. Poi le istituzioni culturali e
la loro difficile gestione finanziaria. In ultimo, ma non
ultimo per importanza, il problema ecumenico di cui quest’anno si discuterà l’introduzione di un ampio documento
e i vari saluti di rappresentanti
di chiese «sorelle» di ogni
parte del mondo.
Venezia
L'altra.
campana
In merito all’articolo su
«Quando vi è frattura tra la
chiesa e il pastore», apparso
sul numero 25 del 24 giugno
1994 a pag. 4, siamo stati
pregati di fornire anche
«l'altra campana» che non è
stata raccontata alla Conferenza distrettuale perché non
erano presenti i diretti interessati.
L’origine della frattura nella chiesa - secondo «l’altra
campana» - è una lettera che
alcuni diaconi hanno inviato
alla Tavola valdese con lamentele circa il comportamento del pastore. Veniva
così convocata un’assemblea
di chiesa nella quale i diaconi
«venivano sfiduciati e sostituiti». I vecchi diaconi non si
davano per vinti e tempestavano di fax la Tavola chiedendo l’allontanamento del
pastore. La Tavola, accogliendo le ragioni dei vecchi
diaconi, proponeva un trasferimento Immediato al pastore, che però non lo accettava
ritenendolo «disonorevole».
L’opinione delle assemblee
di chiesa è sempre stata univoca: il pastore aveva iniziato un buon lavoro, sia sul piano ecumenico sia su quello
evangelistico sia di cura d’
anime, e la sua partenza avrebbe creato un vuoto. Il pastore Stretti poi chiedeva di
essere trasferito alla conclusione dell’anno ecclesiastico.
Così non è stato e il pastore
dopo un periodo di congedo
veniva «sospeso».
Alla Conferenza del II distretto, la Commissione d’esame non affrontava, «per diplomazia» (secondo l’altra
campana) il caso, e l’assemblea reagiva ascoltando gli ex
diaconi senza che nessuno,
né il pastore interessato né altri potessero intervenire perché assenti.
difesa che il ragazzo attua in
assenza parziale e totale del
«seno buono», come abbiamo chiamato la mamma e le
figure di attaccamento che
nel cammino della vita possono aiutarci ad affrontare la
realtà.
Siamo arrivati a una qualche coniprensione del funzionamento della nostra psiche attraverso varie fasi e con
vari strumenti di indagine (il
questionario, il disegno, la
poesia, il cinefórum, ecc.): il
tutto è stato chiuso dalla presentazione dei «prodotti»
nelF auditorium di Ecumene a
un uditorio di genitori e ospiti molto attenti. Si’può dire
che l’esperienza ha messo a
nudo zone della società italiana, dal Nord al Sud, in cui
la «solitudine dei ragazzi» è
un motivo ricorrente; è un
dato che offre argomento di
riflessione sia alla famiglia,
sia ai responsabili della vita
cittadina.
Se le cose stanno così non
c’è poi tanto da meravigliarsi
se le esplosioni di violenza
sono frequenti e pericolose,
tanto che in Gran Bretagna
hanno abbassato a dieci anni
il limite per la condanna alla
galera per i minori. Non bisogna dedicare maggiore attenzione alle città che riscoprono i minori e alle pedagogie post-piagetiane, che stanno trovando una sofferente
applicazione nelle favelas
brasiliane?
Chiesa valdese di Coazze ■
La cultura e le culture
SILVANO PONS
Andte quest’anno, durante
il trascorso mese di luglio, si è svolta una serie di
manifestazioni che hanno
avuto come denominazione
comune «Le culture e la cultura». Il perché si sia data
questa connotazione è facilmente intuibile: ci troviamo
ormai da qualche anno inseriti •
in un contesto sociale europeo
che si è alquanto trasformato
rispetto a solo dieci anni fa; la
forte immigrazione da diversi
paesi africani, la caduta del
muro di Berlino, la guerra
nell’ex Jugoslavia e altri avvenimenti che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi ci
obbligano a interrogarci sulla
nostra presenza di protestanti
in Italia e in Europa. Partendo
quindi dalla conferenza su fra
Dolcino e i valdesi nel Medioevo, attraverso la serata in
compagnia del complesso «I
Klezmorin», musica e cultura
yiddish, al dibattito sul protestantesimo in Italia e in Europa, alla presenza della corale
di Torino che si è esibita con
canti della tradizione valdese
e protestante e del coro «La
grangia» con canti popolari
del vecchio Piemonte per terminare con un concerto d’organo su musiche di Bach, riteniamo di aver dato un prezioso servizio a chi ha partecipato a queste attività e di esserci noi stessi arricchiti nella
consapevolezza di ciò che im
plica essere protestanti. L’impegno di sorelle e fratelli della comunità è stato notevole,
ma altrettanto notevole il risultato ottenuto: infatti, in
questo particolare periodo si
può ben dire che siamo riusciti a collocare più incisivamente la nostra presenza e testimonianza all’interno della vita cittadina, e non ai suoi margini come spesso avviene per
le comunità protestanti.
Per tutto il periodo delle attività si è svolta una mostra
degli acquerelli di Edina Prochet, che ha ulteriormente valorizzato il tutto, data la particolare raffinatezza e bravura
con cui l’artista lavora e presenta le sue opere. La comunità tutta ringrazia di cuore le
sorelle e i fratelli che si sono
prodigati per la buona riuscita
di queste manifestazioni e il
pastore Cesare Milaneschi,
che con la sua incessante operosità ne è stato l’artefice.
Avviso alle corali
Le prove dei coristi che
parteciperanno aj culto dì
inizio del Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste del 1994 avranno luogo alla Casa unionista alle ore 15 di domenica 21
agosto e saranno dirette
da Marco Poèt.
I due inni che verranno
cantati sono il n. 3 dell’Innario cristiano e «En toi
je me confie».
6
PAG. 6 RIFORMA
All
Parola
IL SERMONE
DEGLI UCCELLI
PAVEL FILIPI
Pubblichiamo il secondo dei tre studi biblici preparati da Pavel Filipi, professore di teologia
pratica a Praga. Questi studi .sono stati presentati durante il seminario organizzato dalla Federazione europea per la diaconia a Praga nell’aprile .scorso .sul tema: «Di quanto lavoro ha bisogno l’essere umano?». Traduzione dall’in'gle.se di Jean-Jacques Pevronel.
Questo è un anello della
catena dei brevi sermoni
di Gesù noti sotto il nome di
«Sermone sul monte». In alcuni commentari questo passo viene collegato al precedente con il titolo «ammonimento contro la brama di ricchezza» (v. 19-24): questo è
dovuto al termine «perciò»
aH’inizio del v. 25. Nella prima parte del sermone l’accento viene posto suH’ammonimento fatto ai ricchi di non
servire Mammona, mentre la
seconda parte incoraggia i
poveri a confidare nella sollecitudine di Dio. Non dobbiamo dimenticare però che questo passo si distingue nettamente da quello precedente.
Il nostro tema è: «Non siate
ansiosi!». Questa frase infatti
toma sei volte nel testo.
Il nesso
tra ansia e lavoro
Teniamo bene in mente
questa frase mentrg cerchiamo di collegare questo
passo col tema del nostro seminario: «Di quanto lavoro
ha bisogno l’essere umano?».
Il tema di questo sermone
non è il «lavoro» ma l’«ansia». Il testo parla anche del
lavoro, ma solo nel quadro
del discorso complessivo
sull’ansia: il lavoro sarebbe
quindi solo un aspetto particolare dell’ansia, l’aspetto at
senza ansia, con tre argomenti: la vita è più del nutrimento, il corpo è più del vestito
(v. 25); nessuno può prolungare la propria vita con l’ansia (v. 27); il padre celeste sa
che avete bisogno di tutte
queste cose (v. 31). Gesù
però dà due esempi; gli uccelli nel cielo e i gigli nei
campi e grazie a questi esempi Gesù parla del lavoro e del
non lavoro; gli uccelli non seminano, non mietono, non
raccolgono in granai; non
fanno nessun lavoro di uomo;
i gigli non lavorano e non filano: non fanno nessun lavoro di donna.
Lavorare per vivere
Il testo parla di un fatto che
troviamo in tutta la Bibbia:
lavorare è un compito dell’essere umano. Gli animali e le
piante non lavorano. Il titolo
del nostro seminario è stato
correttamente formulato: «Di
quanto lavoro ha bisogno l’essere umano?». Gli altri esseri
viventi infatti non hanno bisogno di lavorare, né gli uccelli
né i gigli, ma troviamo un altro principio che ricorre in
tutta la Bibbia: lavorare significa guadagnarsi da vivere. Il
vero insegnamento degli uccelli («Cristo ha fatto di loro i
nostri insegnanti» diceva Lutero) è il fatto che essi non lavorano, eppure mangiano.
«Perciò vi dico: Non siate in ansia solleciti per la
vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa
berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete.
Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del
vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più
di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione
aggiungere anche solo un cubito alla durata della
sua vita? E perché siete così ansiosi per il vestire?
Guardate come crescono i gigli della campagna:
essi non faticano e non filano; eppure io vi dico
che neppure Salomone, con tutta la sua gloria, fu
vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa
maniera l’erba dei campi che oggi è, e domani è
gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o
gente di poca fede? Non ^ate dunque in ansia, dicendo: Che mungeremo? Che berremo? Di che ci
vestiremo? Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che
avete bisogno di tutte queste cose»
(Matteo 6, 25-32)
tivo? E, di conseguenza, la
proibizione dell’ansia significherebbe smettere di lavorare? O stiamo parlando di due
cose diverse, indipendenti
Luna dall’altra? In questo caso vorrebbe dire che l’essere
umano non deve essere ansioso, ma deve lavorare; oppure che il nostro lavoro può
essere fatto solo se siamo liberi dall’ansia. Nella storia
dell'esegesi, tutte queste risposte sono state date; perché
Gesù ci mette in guardia
dall’ansia? Per il momento
ricordiamoci che c’è un nesso tra l’ansia e il lavoro ma
che non sono la stessa cosa.
Gesù sottolinea il suo ammonimento contro l’ansia, o
meglio il suo invito a vivere
Prima di mangiare continuano
a cantare (Lutero) ma l’essere
umano, prima di mangiare,
deve lavorare. 11 rapporto di
causa ed effetto, che costituisce l’ordine normale della vita
umana, qui non funziona; non
funziona con i gigli, che ciononstante sono vestiti meglio
di Salomone.
Da nessuna parte nella Bibbia potremmo leggere frasi
come queste: «Il lavoro rende
l’uomo libero» o «il lavoro
trasforma l’animale in uomo»
o «il lavoro dà un senso alla
vita umana». Però la Bibbia
dice: «Il lavoro è necessario
per mangiare (2 Tessal. 3,
lOss), è necessario per avere
il rispetto degli altri e per essere indipendenti» (1 Tess. 4,
1 Iss). Il lavoro è il modo più
normale per un essere umano
per mantenersi in vita e per
condividere con chi ha bisogno, ma non è l’unico modo.
L’apostolo Paolo scrive agli
Efesini: «Chi rubava non rubi più, ma s’affatichi piuttosto a lavorare onestamente
con le proprie mani» (Ef. 4,
28). Paolo indica, rifiutandolo, un altro modo: il furto.
Anche il furto è un atto di autoconservazione, ma non è
conforme alla dignità dell’uòmo. Karl Barth spiega questo
fenomeno nel suo commento
al salmo 104, 20ss: «Di notte
escono tutti gli animali della
foresta; i giovani leoni ruggiscono cacciando la loro preda finché si alza il sole, ma
poi esce l’uomo per andare al
suo lavoro e alle sue fatiche
fino alla sera». C’è qui il
contrasto tra notte e giorno,
tra furto e lavoro, tra animale
e uomo. E chiaro che per
l’uomo il lavoro costituisce il
modo di guadagnarsi da mangiare, né più né meno.
La metafora degli uccelli e
dei gigli; invece, sembra seguire un’altra logica; in questo sermone Gesù parla degli
uccelli che non lavorano e
che ciononostante si procurano il cibo, e dei gigli che sono
vestiti. Di conseguenza: «Valete molto più di loro» (v. 26,
30). Questo modo di ragionare dal piccolo al grande ci
permette due interpretazioni
differenti. La prima: se anche
gli uccelli che non lavorano
sono mantenuti in vita, tanto
più lo sarete voi che lavorate.
La seconda: se anche gli uccelli che non lavorano sono
mantenuti in vita, tanto più lo
sarete anche voi che non lavorate. Secondo questa seconda interpretazione, la metafora degli uccelli e dei gigli non
viene usata come un esempio
bensì come un modello e tale
modello incoraggerebbe l’uomo a non lavorare.
La sollecitudine
Non è facile trovare questa
seconda interpretazione
nella storia dell’esegesi: Gesù
cioè non si rivolgerebbe a tutti ma solo a un gruppo particolare; non ai cristiani in generale ma solo ai discepoli
che hanno abbandonato la lóro precedente occupazione: e
solo a loro si rivolgerebbero
la sollecitudine e l’incoraggiamento di Dio. Alcuni esegeti moderni propongono di
interpretare il testo in questo
modo: all’origine esso era rivolto ai discepoli, poi anche
ai predicatori itineranti che
hanno rinunciato ai loro lavoro e alla famiglia per servire
il regno di Dio. Com’è noto,
questa forma radicale non
potè durare a lungo. Già Paolo era fiero di svolgere contemporaneamente il proprio
•servizio per l’Evangelo e una
normale attività lavorativa (1
Cor. 9, 3-18), e ammoniva gli
esagitati escatologisti di Tessalonica: dovete guadagnarvi
il vostro nutrimento lavorando onestamente (...).
Anche se scartiamo questa
interpretazione e adottiamo
l’altra, quella che sostiene
che il «sermone degli uccelli»
(Lutero) è rivolto a tutti i cristiani, il nostro testo parla del
problema del lavoro solo nel
contesto deirammonimento:
«non siate ansiosi». Quasi
istintivamente ci difendiamo
dal disprezzo del lavoro che
ci sembra di scorgere in questo testo; nell’Evangelo non
troviamo nessun vero contrappeso a una tale disapprovazione del lavoro. Si dà per
scontato che l’uomo debba
lavorare, ma non esiste nessun sermone di Gesù che sottolinei l’importanza del lavoro, e così è in tutta la Bibbia;
è difficile trovare un ammonimento diretto sul lavoro,
salvo in alcuni versetti delle
epistole agli Efesini e ai Tessalonicesi. Nei testi sapienziali troviamo però qualche
versetto contro la pigrizia e
l’ozio (ad esempio Prov. 6, 611). Si denota una certa nervosità degli esegeti che sottolineano sempre ciò che gli uccelli non dicono e che il sermone non proibisce: Gesù
non proibisce la preoccupazione ma solo l’ansia; egli
quindi non sottovaluta il lavoro. Le parole di Gesù vengono intese come una vera e
propria «medicina mentis»,
che chiama e aiuta a una vera
convinzione, onde scoprire
un nuovo atteggiamento nei
confronti del lavoro e della
preoccupazione (...).
Karl Barth interpreta questo
testo in termini di conforto e
di consolazione; un giorno di
riposo dà conforto e consolazione alla nostra vita e dà una
scadenza al nostro tempo di
lavoro. Può darsi che la ricreazione e il riposo facciano
parte delle necessità fondamentali della vita umana: i
vari tentativi di stile di vita alternativo esistenti oggi sembrano confermare questa filosofia, ponendo la gioia e la
spensieratezza, il riposo produttivo e la festa in alternativa
alla gravità del lavoro. Altre
esegesi sono possibili: alcuni
propongono di interpretare
queste parole, nonché l’intero
Sermone sul Monte, come
l’-annuncio dell’ultima ora
della storia del mondo, come
un’allusione al tempo dell’oppressione prima della venuta
del Regno di Dio (v. 33). In
questa situazione sarebbe possibile rinunciare alle preoccupazioni ansiose e al lavoro ma
quando la speranza dell’immediata venuta del regno di
Dio si è affievolita, anche 1’
annuncio si è affievolito.
L’«ingenuità economica» del
«sermone degli uccelli e dei
gigli» ha causato la rapida
pauperizzazione della chiesa
di Gerusalemme (Ernst Bloch) per cui Paolo è dovuto
andare a far la colletta a Roma e a Corinto per quella povera gente. Mentre i comandamenti del decalogo implicavano una lunga vita sulla
terra, le regole del Sermone
sul monte non si riferiscono a
una vita lunga e piena di successo: «Da questo punto di
vista l’Evangelo non è evangelo sociale né primariamente
morale. E un Evangelo di redenzione escatologica»; questa è la posizione del marxista
Ernst Bloch (...).
L'interpretazione
di Lutero
Lutero nota che, nel Nuovo Testamento, la parola
«preoccupazione» ha anche
un senso positivo. La preoccupazione non viene sempre
vietata, a volte viene lodata e
raccomandata e fà rilevare la
differenza tra due forme di
preociupazione: l’ansia e la
sollecitudine. Una è vietata,
l’altra è un imperativo: «Dio
si preoccupa per ogni cosa;
questa è la sollecitudine di
Dio in cui confidiamo».
«Dall’altra parte, c’è la mia
propria preoccupazione; devo
avere cura che ognuno possa
avere i beni che sono stati
preparati per lui. Que.sta è la
preoccupazione dell’amore.
Attenti a non fare stupidi
commenti su questo punto!».
Non credo di fare stupidi
commenti dicendo che Lutero ha fatto là un’importante
affermazione esegetica. Ha
capito che la parola «preoccupazione» deve es.sere definita dal .suo oggetto. Il dibattito esegetico si chiede se la
parola greca sottolinea la parte attiva, l’azione e preoccupazione dell’uomo (Jeremias)
0 piuttosto uno «status mentis», un processo psichico, la
struttura di base dell’esisten
za umana (Bultmann). È stato
spesso rilevato che Gesù critica soltanto la preoccupazione per i nostri propri bisogni:
«nutrimento», «vestito»,
«prolungamento della vita»,
«domani». Per contrasto, Gesù ci invita a rivolgere la nostra mente al regno e alla giustizia di Dio (v. 33). Questo
deve essere il primo oggetto
della nostra preoccupazione:
quando Paolo parla della reciproca cura fra i membri del
corpo di Cristo (1 Cor. 12,
25), dà un buon esempio di
questo primo oggetto di
preoccupazione. Questo corrisponde alla «giustizia di
Dio»: un’azione per mezzo
della quale la giustizia viene
data a colui che ne è privo.
Una frase di Paolo è diventata un proverbio: «Chi non
vuol lavorare neppure deve
mangiare» (2 Tess. 3, IO)Questa frase va intesa a partire dal suo contesto. Ditte a
coloro che non volevano lavorare, c’erano sicuramente
coloro che non potevano lavorare e questi ultimi esistono anche in mezzo a noi, e
sono oggi in numero crescente: nelle nostre società europee costituiscono circa meta
della popolazione. Alcuni
non lavorano per cause «n^'
turali»: i bambini, gli handicappati e le persone anziani;
Altri non lavorano per motivi
economici o sociali: i disoccupati. Se pensiamo che questi «gruppi improduttivi» non
hanno pieno diritto di man
giare il loro pane, che son
solo un peso per noi (che pa
ghiamo le tasse), non
abbia
mo capito, o abbiamo rifij*
tato, l’invito di Gesù a no"
preoccuparci ansiosamen ■
Può darsi che non sia possi
le governare il mondo acco
do il Sermone sul -i»
sarebbe davvero impossi i
governarlo andandogli co
tro; il «sermone degli ucce
si trasforma- in un sermon®
d’amore. Cercare il
costrin;
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Gesù a non smettere
lottare per una società so
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vai;
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Pro
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del
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reg
mil
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S
nal
zio:
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in abb. postale/50-Torino
, caso di mancato recapito rispedire a:
! 10066 - Torre Peiiice
Fondato nel 1848
■ L’Editore si impegna a corrispondere
-¡1 diritto di resa___________________
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XV Agosto
Una chiesa laica e libera
Consueta folla al XV Agosto valdese che quest’anno si è
tenuta al Eric di Rorà, dove sorgerà il campeggio comunale.
Dopo il culto, presieduto dal pastore Giorgio Toum che ha
ricordato che il compito dei credenti oggi è quello di costruire «la chiesa» laica e libera fondata su Gesù Cristo in
un mondo che cercare il sacro e la setta, nel pomeriggio,sono stati espressi i consueti messaggi al popolo valdese (ed
■evangelico convenuto): il pastore Tourn ha presentato le novità Claudiana (un libro di meditazioni per ogni giorno e
:;una pubblicazione sul «diavolo») e della Società di studi
valdesi (le tradizioni valdesi); il pastore Bertolino ha illuJstrato l’azione della Missione evangelica contro la lebbra; il
pastore Noffke ha spiegato come procede il gemellaggio tra
|il distretto delle Valli con una chiesa presbiteriana nell’Apipalachia (Usa); il pastore Platone ha annunciato che gli ulivi
(‘del Servizio cristiano non saranno più abbattuti; un gruppo
i'di malgasci in visita alle chiese delle valli ha cantato e spieigato la realtà della Chiesa di Cristo in Madagascar; Giorgio
|Girardet e Franca De Benedetti Loeventhal hanno portato il
^messaggio e la loro testimonianza sui temi del razzismo e
(del totalitarismo.
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)
VENERDÌ 19 AGOSTO 1994 ANNO 130 - N. 31 LIRE 1300
L? estate è tempo di convegni, di feste e propositi per il futuro. Alle Valli i
politici si sono interrogati sul
futuro politico delle amministrazioni locali; le elezioni
sono alle porte e in primavera
si dovrebbero rinnovare il
Consiglio regionale, quello
provinciale e i Consigli comunali delle valli (esclusi Pinerolo e Massello che hanno
scadenze sfalsate rispetto agli
altri). Naturale che si facciano progetti e ipotesi: così, in
attesa di una riunione ufficiale il 1° settembre a Pinerolo, i
progressisti sono convenuti a
Torre Pellice su invito della
«Festa dell’Unità» per un dibattito che doveva essere programmatico. In un contesto
un po’ troppo autoreferenzia
FERRAGOSTO
POLITICA ESTIVA
GIORGIO GARDIOL
le (cioè in cui sono intervenuti solo coloro che appartengono al «polo dei progressisti»)
non sono emerse proposte
concrete ma solo la volontà di
proseguire un dibattito iniziato con la campagna elettorale
e la necessità di allargare il
campo progressista anche ad
altre esperienze politiche, popolari in testa, ma si strizza
l’occhio anche alla Lega.
Scontate le critiche agli av
versari politici, gli eletti, che
fanno poco o male per le valli, al governo. Qualche accenno autocritico: mancanza di
.un gruppo unico dei progressisti alle camere, incapacità di
iniziativa concreta.
L’impasse nella quale si
trovano i progressisti delle
Valli non va sottovalutata. È
possibile che in primavera
molte amministrazioni locali,
e di conseguenza le Comunità
[Accorpamenti UssI
11 governo
boccia
la Regione
Tutto da rifare: il governo
ha bocciato la legge regionale
per il riordino territoriale delle Ussl e per la costituzione
degli ospedali-azienda fino al
12 settembre, data in cui riprenderà i suoi lavori, dopo le
ferie, il Consiglio regionale
del Piemonte.
Il governo non ha ritenuto
conforme aH’indirizzo politico stabilito nella legge che
delegava le Regioni a decidete sugli accorpamenti delle
Unità socio-sanitarie locati e
ad identificare gli ospedali da
costituire come aziende autonome. Il 6 luglio il Consiglio
regionale aveva deciso (31
voti favorevoli, 8 astenuti e 1
contrario) che le Ussl piemontesi passassero da 63 a 22
e che sette ospedali (Molinette, Cto, Sant’Anna di Torino,
San Luigi di Orbassano,
Maggiore di Novara, Santa
Croce di Cuneo, S. Antonio
di Alessandria) fossero considerate aziende di rilevanza
nazionale e autonome rispetto
ni territorio.
In particolare, per la nostra
nona, la legge regionale stanlliva l’integrazione delle
Ussl della vai Pellice e delle
valli Chisone e Germanasca
non quella di Pinerolo. Contee questa decisione avevano
protestato gli amministratori
dei Comuni e delle Comunità
montane, e gli amministratori
del Pds avevano scritto lettere di protesta ai loro colleghi
regionali (il pds è in giunta),
teitnacciando «autosospensioni» dal partito.
Secondo l’assessore regionale Enzo Cucco (antiproibilonista) la legge regionale è
cassata dal governo perne vi sono forze che fanno
' ^“teo per ostacolare la nuotn "^^^Sioranza regionale
t c-Ppi^ Pds, antiproibizionir e altri). La decisione del
, apre perciò nuovi
P ZI per una possibile revisione della legge.
Molti eventi di cinquant'anni fa sono stati ricordati in diverse località delle Valli
La Resistenza non è un discorso sul passato
MILENA MARTINAT
C ase che bruciano, donne
che scappano con i piccoli in bràccio, anziani che
lasciano le loro case senza
poter prendere nulla da strappare al fuoco distruttore.
Qualcuno cerca con secchi
d’acqua di salvare la propria
casa, ma il secchio viene buttato a terra con il calcio di un
fucile e parole e gesti minacciosi costringono a lasciare
tutto alle fiamme appiccate
dall’invasore per andare un
po’ più lontano e stare a guardare il rosso delle fiamme e il
nero del fumo salire dalla
propria casa. Donne, bambini
e anziani, con gli occhi sbarrati dal terrore; quando nessuno è ucciso è una piccola vittoria. Non è una scena della
guerra in Bosnia, ma delle
nostre montagne e della nostra gente cinquant’anni fa.
La Resistenza, una pagina
di storia di grande attualità
che troppo spesso nelle scuole non si studia per mancanza
di tempo. Per molti giovani ih
effetti le commemorazioni
della Resistenza restano «cose morte» e non si vede Tim
Malpertüs (Bobbio Pellice) dopo il rastrellamento dell’agosto 1944
portanza della relazione presente-passato in tutte le sue
sfumature. «Le commemorazioni sono tutte uguali, una
lapide in più e poi sempre gli
stessi discorsi» dicono in
molti: ma queste persone
hanno provato ad ascoltare
anche solo una volta chi ha
vissuto quel periodo e sono
così sicure che si tratti di «cose morte»?
In questi giorni, in un'atmosfera politica un po’ particolare, sono stati ricordati
molti degli eventi di cinquant’anni fa: in particolare
il 2 agosto, nella borgata Clot
di Inverso Pinasca, è stata
posta, una targa per ricordare
l’incendio appiccato alla borgata dai nazifascisti nel 1944
perché erano stati disturbati
dai partigiani nella loro salita
verso l’alta vai Chisone; non
vi fu nessun morto ma molte
case andarono distrutte. Morti invece ve ne furono nell’i
ncendio di Bourcet, un paio
di giorni dopo. Domenica 31
luglio,,inoltre, a Villar Pellice è stato ricordato l’assassinio di Willy Jervis e di altri 4
antifascisti.
Lunedì 8 agosto, a San
Germano, è stata ricordata
l’impiccagione del partigiano
Jalla, originario della vai Pellice, che avvenne sulla piazza
del paese: durante l’esecuzione la corda si ruppe e il
pastore Bertin fece notare ai
nazifascisti che in casi di questo genere l’uomo doveva essere graziato, ma non fu
ascoltato: dissero infatti che
la corda era stata sabotata e
ne presero un’altra. Per la seconda volta Jalla salì sullo
sgabello e infine morì.
Jalla fu uno dei tanti che allora scelsero di combattere
per avere un paese dove poter
vivere e far vivere le proprie
famiglie in libertà: molti come lui morirono impiccati, altri furono uccisi sulle montagne, altri nei campi di lavoro
e di sterminio ma molti sono
sopravvissuti e molti ancora
sono tornati dalla Germania e
dicono «Se tornassimo indietro combatteremmo come allora per la libertà». JForse non
è inutile tutto quanto allora è
stato fatto perché fossimo liberi ed è forse utile sempre di
più ascoltare e capire pensando a noi oggi.
Il mulino dei Trossieri è stato costruito
intorno al 1850 e ha funzionato per
quasi cent’anni. Era situato sulla sinistra
della Germanasca, proprio all’inizio della borgata, andando verso Perrero. Lo
alimentava un canale lungo circa 200
metri, che portava acqua dal torrente al
mulino con un salto di quattro metri, più
che sufficiente per far girare la ruota.
La trasmissione del movimento dalla
ruota alla macina avveniva per mezzo di
un sistema ,di ingranaggi un po’ rudimentale e antico, realizzato in legno di
rovere. Chi lo aveva fatto doveva essere
un vero artista: si trattava di un lavoro
che richiedeva abilità, pazienza e molta
passione. Le macine erano fatte con una
pietra speciale, durissima, che forse in
Italia non c’è neanche: infatti la chiamavano pietra francese. Erano tanti piccoli
blocchi cementati insieme, spianati, scalpellati e poi cerchiati; di forma circolare,
avevano il diametro di un metro e sessanta: erano delle belle macine. Attraver
ILFILO DEI GIORNI
IL MULINO
____________LILIANA VIGLIELMO___________
SO il foro centrale passava un albero
verticale in ferro, alto circa un metro e
mezzo, che sosteneva la macina superiore e la faceva ruotare mentre quella sotto
stava ferma. Alla base aveva l’ingranaggio e un meccanismo a vite a mezzo del
quale si poteva alzare e abbassare la macina superiore, regolandone il gioco con
la macina fissa. Il mugnaio doveva anzitutto preoccuparsi di far funzionare bene
il mulino in modo da avere sempre un
prodotto raffinato. Prima pesava i sacchi
di grano o di segale che i clienti gli portavano, poi li versava in una specie di
tramoggia attraverso la quale i chicchi
cadevano direttamente tra le macine.
Passava quindi ai setacci il cereale macinato, per togliere la crusca dalla farina.
In basg alla finezza di questi setacci si otteneva la farina tipo 00, tipo 0, ecc. Per
un principiante non era facile fare una farina abbastanza fine: bisognava regolare
bene la quantità di grano che finiva tra le
màcine e se non ce n’era a sufficienza
queste, fregando Luna contro l’altra,
scaldavano e si levigavano e non macinavano più. Difatti le macine devono essere
sempre ruvide; se si consumano vanno
scalpellate, altrimenti non pelano il chicco di grano e non esce più la farina.
Per macinare un quintale di frumento
ci voleva grosso modo un’ora e mezza;
si ottenevano 75 chili di farina e 25 chili
di crusca. In genere si macinava più in
inverno che in estate perché i contadini
portavano al mulino i loro prodotti soprattutto nel periodo in cui non si lavoravano i campi.
(Testmonianza raccolta a Trossieri nel 1984)
montane, cambieranno colore
e che a governare siano chiamati gli esponenti locali del
«polo della libertà». L’alternanza in sé «non è un male e
potremo vedere alla prova del
governo anche chi personalmente non ci piace: già ma
chi ? A parte una decina di dirigenti noti, non conosciamo
gli uomini e le donne di questo polo. Finora gli esponenti
del «polo delle libertà» sono
stati i tifosi di Berlusconi o di
Bossi,, mentre gli altri sono i
riciclati del sistema politico
del Caf (Craxi, Andreotti,
Forlani). Se ci sono altri, battano un colpo. Questa volta la
gente non vota più sulla base
di uno stato d’animo, vuole
conoscere i candidati e decidere a ragion veduta.
In Questo
Numero
Consacrazioni
Nel eorsQ del culto che
aprirà il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, domenica 21 agosto a Torre
Pellice, verranno consacrati tre nuovi pastori che si
impegneranno a servire la
chiesa.
Pagina II
Sindaco a Luserna
Il sindaco Ghibò succede a se stesso alla guida
dell’amministrazione comunale di Luserna San
Giovanni. È questo l’esito
risolutivo delTultima crisi
apertasi con le dimissioni
di Colomba. La nuova
giunta (Ppi e Socialisti vai
Pellice) è sostenuta anche
dai voti di Pds e Verdi.
Pagina II
Occupazione
Nel mercato del lavoro
così come esso si presenta
oggi è sempre più necessario presentarsi forniti di
adeguata preparazione scolastica e formazione professionale. Se ne è parlato
in un dibattito organizzato
nel corso delle Giornate di
Radio Beckwith, a Torre
Pellice.
Pagina III
Alcolismo
L’alcol è stato definito
la più subdola delle droghe: la via migliore da seguire per uscirne è l’aiuto
reciproco tra le persone
che vivono questo problema. Se ne è parlato a Salza
di Pinerolo su iniziativa
della Pro Loco.
Pagina III
Sport e fede
Andrea Silenzi, centravanti del Torino, che ha ultimato la preparazione in
vai Pellice, è un evangelico: fatto più unico che raro
nel calcio professionistico.
Pagina IV
8
PAG. Il
MONACHE
FESTA DELLA VALADDO — Sabato 20 agosto, a Cesana,
avrà luogo la sedicesima edizione della festa dell’associazione «La valaddo»: come sempre ricco il programma della
manifestazione che prevede l’inaugurazione della piazza
degli Escarton con una serie di interventi. Nel pomeriggio
esibizione di gruppi folcloristici nei costumi tipici delle zone di provenienza, con canti e danze.
OCCUPAZIONE — Buone notizie per l’occupazione in vai
Pellice. Alla fine di settembre sarà aperto a Bricherasio
uno stabilimento della Twr-Sabelt che produrrà Air-bag
(un sofisticato sistema di sicurezza) per auto. L’azienda
appartenente al gruppo americano Sabelt occuperà inizialmente 70 dipendenti, ma l’occupazione è destinata a crescere, ha affermato l’amministratore delegato Giorgio
Marsiaj, quando la produzione crescerà fino a raggiungere
i 900 mila pezzi annui. Il primo cliente della nuova ditta
che si installa in valle sarà la Fiat che assorbirà buona parte della produzione di Bricherasio. La Sabelt ha stabilimenti in tutto il mondo: a Aldorf in Germania, in Polonia,
in Francia, Inghilterra, Spagna, Austria, Canada, Messico,
Brasile, Giappone e Stati Uniti.
Associazione Amici del Collegio valdese
Torre Pellice
Proseguendo il programma di manifestazioni musicali
pubbliche a favore del Collegio valdese l’associazione
«Amici del Collegio» ha organizzato per il 24 agosto alle
ore 21, presso il tempio valdese di Torre Pellice, un concerto per pianoforte e violoncello del duo Luca e Renzo
Brancaleon. Verranno eseguite musiche di Mozart,
Beethoven, R. Brancaleon, Chopin.
Collegio valdese - Torre Pellice
Liceo europeo
Il Collegio valdese sta completando le iscrizioni al primo anno del Liceo europeo. Con 24 allievi già iscritti sono stati attivati tre indirizzi: classico, linguistico, giuridico-economico.
Giovedì 15 settembre, alle ore 15, con la presenza del
moderatore della Tavola valdese, sarà inaugurato l’anno
scolastico 1994-95 con una cerimonia che vedrà il giudice Vladimiro Zagrebelsky, membro del Consiglio superiore della magistratura, tenere la prolusione sul tema: «La
magistratura e il nuovo assetto delle istituzioni della Repubblica». ’
E Eco Delle Villi Aàldesi
VENERDÌ 19 AGQSTr^og^
Il Pellice in secca a valle delle opere di sbarramento della bealera di
Cavour
lU PELLICE «SPARISCE» A BIBIANA — L’Associazione
pescatori riuniti della vai Pellice ha presentato, il 28 luglio
scorso, un esposto in cui chiede di verificare la correttezza
della derivazione d’acqua per la bealera Cavour che, a partire dal 22 dello stesso mese, mette completamente in secca
(come la foto in alto evidenzia) il torrente Pellice interrompendone la continuità con rovinose conseguenze per la fauna ittica e più in generale per l’ambiente. L’intento dell’associazione non è tanto quello di richiedere interventi repressivi contro qualcuno, quanto piuttosto di rivendicare la salvaguardia delle risorse ambientali, quelle idriche in particolare: il deflusso regolare delle acque consente una pluralità
di usi che in altri casi è assolutamente compromessa. Del
resto il fatto che l’alveo sia completamente in secca si spiega facilmente con i dati di una campagna di rilevamento
condotta dalla Provincia di Torino che, nel 1990, denunciava prelievi successivi sul Pellice nell’ordine di 40% della
portata del torrente a Bibiana, 30% a Fenile, 20% a Bricherasio e 10% a Cavour.
ALPINISTA SALVATO DALL’ELISOCCORSO — È finita bene l’avventura del venticinquenne neozelandese Jones
Bryn Walby, recuperato dall’elisoccorso del 118 nella serata di venerdì 5 agosto sulle pendici del versante meridionale
del monte Vandalino. Il giovane, da alcuni giorni in gita per
le montagne della valle, scendendo dall’alpe del Gard su
Villar Pellice, ha smarrito il sentiero finendo in una zona
scoscesa e impervia da cui non è più riuscito né a salire né a
scendere. Dopo aver trascorso due notti all’addiaccio senza
che le sue richieste di aiuto venissero udite, è stato avvistato
da alcune persone recatesi a Pertusel per lanciarsi col parapendio che hanno immediatamente avvisato gli uomini del
soccorso alpino di Torrè Pellice i quali hanno fatto intervenire l’elisoccorso del 118 perché l’ora tarda (20,30 circa) non consentiva di raggiungere il giovane salendo a piedi
e non erano note le sue condizioni di salute.
r
La consacrazione nel culto di domenica
Tre candidati pastori
Il Sinodo delle chiese vaidesi e metodiste si aprirà quest’anno domenica 21 agosto
alle ore 15,30 a Torre Pellice
con il culto presieduto da
Giovanna Pons, che esercita
il ministero pastorale nella
chiesa di Siena. Nel corso del
culto saranno'consacrati tre
candidati:
Gabriella Costabel, nata
nel 1964 a Torre Pellice, che
l’anno scorso ha conseguito
la laurea in teologia discutendo una tesi sul tema «Imago
Dei. Per un’antropologia basta sulla relazione. Confronto
Gabriella Costabel
critico tra Emil Branner e alcune teologhe femministe».
Bruno Gabrielli, nato a
Bergamo nel 1957: si è laureato in teologia l’anno scorso, discutendo una tesi sul tema «Il dibattito sul mandato
politico della chiesa negli ultimi anni della Federazione
delle chiese evangeliche nella
Repubblica democratica tedesca».
Bruno Giaccone, nato ad
Asti nel 1949: il suo accesso
al pastorato avviene in base
agli artfe 6 bis e 6 ter del
Bruno Gabrielli
Bruno Giaccone
In vai Pellice tre strutture per alpinisti
Il turismo alpino
Turismo nelle valli, specialmente d’estate, vuol anche dire rifugi alpini; in vai
Pellice ve ne sono ben tre: il
Barbara Lowrie, nell’alta valle dei Carbonieri, il Granerò,
ai piedi del monte più alto
della valle e delle Alpi Cozie,
e il Jervis all’imboccatura
della conca del Pra. Tre rifugi
che diventano meta di numerosissimi turisti, per brevi
soggiorni come per un solo
pernottamento di chi decide
di percorrere un tratto di Alpi
a piedi. I tre rifugi del Cai
(collegati fra di loro da un
servizio radio e raggiungibili
l’uno dall’altro in meno di
due ore di cammino anche
per i meno allenati) diventano
così punto di partenza per
moltissime possibili gite di
un giorno in alta vai Pellice.
Diversa la loro situazione:
raggiungibile in auto anche
dai turisti il Barbara, collegato da una pista di servizio il
Jervis, meta solo di chi vuol
camminare il Granerò. Anche
sotto il profilo edilizio siamo
in presenza di strutture assai
diverse: il Jervis venne rico
struito dopo un incendio negli
anni ’70, il Granero è stato
ampliato proprio in questi anni, il Barbara necessita di interventi abbastanza urgenti.
RO/3 che regolano l’ingresso
«straordinario» al ministero
pastorale.
I tre candidati hanno già
svolto (secondo le nuove procedure stabilite dal Sinodo) i
sermoni di prova; sabato mattina, 20 agosto, alle 10,45
nell’Aula sinodale della Casa
valdese in Torre Pellice, sosterranno l’esame di fede davanti al corpo pastorale.
L’esame è pubblico.
Sono circa 180 i deputati e
i pastori che in questi giorni
sono convenuti a Torre per
partecipare al Sinodo.
Consiglio di Luserna San Giovanni
Ghìbò ancora sindaco
Abituata alle crisi politiche,
abituata a risolvere tutto spostando il meno possibile, Lusema San Giovanni si è ritrovata nel volgere di un mese
alle ennesime dimissioni dì
un sindaco e alla sua pronta
rielezione. Come a Badariotti
era successo Badariotti qualche tempo fa, ora a Ghibò
succede Ghibò. Questa volta
però una novità c’è: a sostenere la giunta Ppi e socialisti
vai Pellice sono arrivati i voti
di tutti i consiglieri (Pds e
Verdi compresi) che in qualche modo fanno riferimento
al cartello progressista.
Hanno votato contro il
nuovo esecutivo solo i due
rappresentanti del Ccd eletti
nelle liste De, Colomba e
Negri, che avevano dato il
via alla crisi durante l’ultimo
Consiglio comunale; al di là
dell’uscita di scena, almeno
per ora, di Colomba, sulla
cui presenza in giunta come
assessore all’edilizia esercitando egli stesso l’attività
immobiliare avevano forti
perplessità anche alcuni ex
compagni di partito, la novità
è dunque la nascita, seppur
in forma molto (.embrionale,
di una coalizione che raggruppa popolari e progressisti e che in altre realtà locali
ben più grandi, come Trieste,
ha portato all’elezione di sindaci in alternativa all’alleanza, sempre più in crisi fra
Forza Italia e Lega Nord. A
Lusema, fra l’altro, gli esponenti del Carroccio hanno
deciso di astenersi sul voto
alla nuova giunta, fotocopia
della precedente, con la
sostituzione di Colomba con
Maurizio Caffaro.
In questo modo vengono
evitate le elezioni anticipate
se e come funzionerà l’ac^cor
do appena siglato, comeipm
grossisti sapranno condiziona
re l’operato della giunta lo di'
ranno i prossimi mesi e lo va
luteranno gli elettori in prima
vera. Intanto si apre un^
schiarita nelle prospettive della vicenda Annovati, la fab'
brica di pannelli in truciolato
che un mese fa ha denunciato
un deficit superiore ai 100 miliardi e la conseguente crisi.
In tempi assai rapidi il ministro dell’Industria, Vito
Gnutti, ha firmato i decreti riguardanti la concessione deb
benefici previsti dalla legge
Prodi, l’esercizio straordinario e la nomina del commissario nella persona del
dott. Robotti, dello studio Iona di Torino. Dopo un periodo di ferie i lavoratori dovrebbero rientrare in fabbrica
a settembre, quando verrà
predisposto un piano di rilancio dell’azienda che deve fa.re i conti con un mercato in
crisi di commesse e soprattutto di denaro.
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un lato cl
In totale sono circa 200 posti
letto che almeno nel me’se di
agosto sono quasi interamente occupati: un turismo prevalentemente italiano ma, specialmente al Pra e al Granerò,
sono frequenti i passaggi dei
francesi; quest’anno qualche
olandese e tedesco in più: potenza di un marco sempre più
forte rispetto alla lira...
Dopo il Jervis e il Granerò
sono in cantiere lavori anche
al Barbara? «Speriamo di poter iniziare in autunno i primi
lavori di ristrutturazione - dice Liliana De Ruda, gestore
del rifugio -; abbiamo forte
necessità di una nuova cucina
e di bagni interni. La stagione
fin qui è andata bene e probabilmente si farà una festa del
rifugio alla fine del mese, domenica 28». Anche i soli 25
posti letto paiono un po’ pochi a fronte di una serie di
iniziative già avviate per incentivare il turismo come la
possibilità di passeggiate a
cavallo. L’estate non sarà comunque la chiusura della stagione; al Barbara,-come al
Jervis, si va spesso anche nei
fine settimana invernali o comunque appena la situazione
della neve lo consente: il fascino e la quiete della montagna non hanno stagioni.
Pinerolo: tornano cavalli e cavalieri
Concorso ippico
Sulla rivista «Il cavallo italiano» dell’ottobre 1952 lo
storico della Scuola di cavalleria generale Badino Rossi, a
proposito della prima edizione del Concorso ippico internazionale svoltosi in Pinerolo
il 9 e 10 ottobre scriveva:
«Possiamo affermare che Pinerolo è di nuovo all’ordine
del giorno, speriamo non solo
per oggi...».
L’autorevole rivista titolava
la lunga cronaca «Pinerolo
non vuole essere dimenticata»: era appunto il 1952 e si
muovevano i primi passi per
rilanciare dopo la guerra la
lunga tradizione legata al cavallo e agli sport equestri. Un
gruppo di amanti delle tradizioni equestri locali, con il
sindaco senatore Gugliel mone, vollero dare vita al primo
di una lunga serie di concorsi
ippici che riportarono in auge
il nome di Pinerolo; il successo fu tale che l’anno dopo la
Federazione equestre intemazionale laureò il concorso
«ufficiale».
A Pinerolo, nello storico
campo ostacoli «Tancredi di
Savoiroux», si diedero appuntamento i migliori cavaiieri italiani con in grandi
d Europa; dopo diverse edizioni che offrirono uno spet
tacolo di gran classe il concorso perse la sua importanza, ritornò nazionale nel
1969, poi regionale per molti
anni, sino al 1990, e poi
sparì: scomparve un’altra importante tessera del grande
mosaico della storia
dell’equitazione italiana. Da
qualche tempo però si ritorna
a parlare di cavalli e di equitazione; se ne parla sui gioì'
nali, lo si fa in incontri pubblici, in Comune. Si interessano all’idea personalità lega;
te a Pinerolo, alle tradizioui
equestri, al passato storico
che vide in città i più
cavalieri italiani ed esteri,
noto ormai l’accordo fra autorità militari, Regione Piemonte, Comune e Fise pc
dare vita alla Scuola naziona
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proprio l’organizzazione
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liano: i migliori cavalieri ha
no già assicurato la loro p
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L’appuntamento a Pinf°‘,
è dunque per i giorni
settembre; un ricco trio
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giuria, tra gli altri, gb i ^
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Raimondo D’inzeo.
Per la pubblicità su L’Eco delle valli valdesi:
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[orre Pellice: Radio Beckwith ha promosso un dibattito su giovani e occup”azione
[0 studio e un^adeguata preparazione sono
e ricette per inserirsi nel mercato del lavoro
Marco Bellion, vicepresidente della Comunità
iontana, e Gianni Rostan,
tíeratore della Tavola válese, reagendo ai dati e ai
¡(oblemi indicati da Pierval„ Rostan relativamente al liello di istruzione e alToccu
azione
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MARCO ROSTAN
in vai Pellice, hanno
ercato di delineare la stratejaele iniziative che l’ente
abblico e la chiesa hanno in
®nte per migliorare una si¡jzione indubbiamente diffijle che registra, a differenza
di un tempo, un livello di
itiuzione e di preparazione
iella valle e nella gente vailese più basso di quello di alle zone vicine.
Questo dibattito, rivolto soitattutto ai giovani, che peillro non erano presenti, , si
svolto nel quadro delle gloriate di Radio Beckwith a
loro Pellice: Piervaldo Ro, introducendo la discusjone, aveva comunicato moli raccolti dall’osservatolio regionale sul mercato del
||vDro, riferendo poi sul lavololeciso dalla Conferenza
tl I distretto e condotto da
iiaapposito gruppo: tramite
lo^dagine svolta presso le
naiuerose opere diaconali
presenti alle Valli emerge da
un Iato che la chiesa si presentanella zona come un impratante datore di lavoro, con
circa 500 persone dipendenti,
pan parte delle quali occupale «gli ospedali. In maggiofflizasono donne, assunte nel
corso degli ultimi IO anni e
quindi non in età vicina alla
pensione; il 50% dei dipendenti ha solo la licenza media
e questo pone notevoli interwgativi su chi avrà in futuro
Incapacità di dirigere le opeKo settori di lavoro al loro
e il connportanlale nel
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,1’toprio l’interrogativo relahw alla formazione di capaJifi^genti è stato al centro
«ll’intervento del mederato®Rostan, che facendo riferi.Bento alla sua precedente
Aperienza ha chiaramente
teso in evidenza la diffetea tra un’azienda e la chiedili primo luogo il fatto che
nseconda non ricerca un
profitto) ma anche le profonde analogie sul tipo di problemi che occorre affrontare: di
strategia (chiudere o sviluppare certe opere?), di qualità
dei servizi offerti, di costi, di
controlli, di organizzazione
del lavoro (personale, comitati, regole, ecc.), di processi
decisionali e altri ancora.
TI dato più preoccupante è
che mentre si vorrebbe giustamente potenziare e sviluppare i servizi offerti dalle
opere, spesso ci si trova in
mancanza di personale adatto, capace, preparato sia da
un punto di vista evangelico
che imprenditoriale, dove
questa parola significa in primo luogo capacità di organizzare e di controllare se stessi,
capacità di rapportare gli
obiettivi da raggiungere alle
risorse disponibili. La chiesa
cerca perciò di puntare molto
sulla formazione, e la scuola
diaconale di Firenze è un
beH’esempio in questa direzione.
Alle Valli esistono numerose possibilità formative, dal
Collegio ai corsi di aggiornamento, ma è necessario un
cambiamento di mentalità generale anche nelle famiglie
valdesi: occorre di nuovo capire che studiare è importante, che bisogna studiare di
più, impegnarsi di più, darsi
da fare se non si vuole che il
futuro della valle, dell’occupazione giovanile, dipenda da
estranei.
Nella stessa direzione ha
parlato Bellion, osservando la
somiglianza tra le preoccupazioni espresse dal moderatore
e quelle degli amministratori
pubblici, proprio sul piano
della formazione di capacità
dirigenti e di assunzione responsabile del proprio futuro
da parte dei più giovani. Bel
lion ha peraltro fornito numerose notizie confortanti sulle
iniziative in atto per favorire
possibilità di formazione e di
occupazione nei tre settori
chiave: agricoltura, turismo,
cultura, nel quadro dei piani
elaborati in accordo con la
Comunità europea precisando
che, a differenza di molti progetti del passato, questa volta
la realizzazione di ogni iniziativa è collegata a precise
risorse economiche.
Se i problemi sono simili
sul versante ecclesiastico e su
quello civile, è perciò auspicabile una più stretta collaborazione fra chiesa ed enti
pubblici: questo è stato sottolineato da molti interventi, fra
i quali quello di Mariena Gaietti, che ha ricostruito la storia dei servizi sociali e ha
presentato le interessanti iniziative realizzate dalla «Bottega del possibile».
L'annuale festa dell'emittente radiofonica evangelica
Cinque giorni vissuti in piazza
Cinque giorni in piazza per
l’annuale festa di Radio Beckwith a Torre Pellice: cinque
giorni di musica, di costanti
contatti, di festa e di dibattiti,
oltre seicento pasti serviti dai
camerieri volontari e prima
ancora confezionati da validi
cuochi, un culto all’aperto
(novità quasi assoluta per
Torre Pellice il vedere la comunità spostarsi in piazza)
con la partecipazione di oltre
400 persone. Questa in estrema sintesi la cronaca della festa, ma molti sono stati i momenti importanti, capaci di
aggregare come di suscitare
emozioni forti.
Il ricordo di Francesco Lo
Bue, antifascista, pastore, insegante e federalista, ha raccono quasi 150 persone che
hanno seguito in modo attento gli oratori; si tratta di un
personaggio, è stato detto,
che molti di fatto ignorano e
che invece andrebbe sempre
più conosciuto e riconosciuto
come portatore di grandi valori. Il culto in piazza, con la
predicazione del pastore
Claudio Pasquet, ha portato
all’ascolto della parola valdesi delle Valli e del resto d’
Italia, più convinti e più secolarizzati, cattolici e atei, anziani e giovanissimi.
Ai concerti poi la folla è
stata costante, i visitatori degli stand delle varie associazioni, della radio ^tessa, molto
attenti. «E una festa che ogni
anno aggiunge qualcosa alla
sua già forte caratterizzazione
giovanile ed evangelica», diceva durante il pomeriggio di
domenica un’anziana signora.
Lunedì sera la chiusura,
praticamente esauriti tutti 1
generi alimentari della cucina, ma già delle idee per i dibattiti del prossimo anno. Infine l’estrazione dei biglietti
vincenti della sottoscrizione a
premi, un altro modo di autofinanziare un’emittente che
nel 1994 ricorda i suoi piimi
dieci anni di attività e che ha
saputo ampliare in modo decisivo il proprio raggio di
ascolto grazie a importanti
investimenti.
I numeri vincenti
dei premi della sottoscrizione sono, nell’ordine:
1575, 135, 808, 1193, 565,
2367, 2092, 318, 1476, 1037,
1782, 1639, 880, 2066, 18,
1411, 1662, 765, 2111, 1820,
270, 1158, 1054, 2345, 2140,
1117, 1290, 1067, 1382,
1671, 308, 433, 1650, 629,
1610, 1029, 716, 1272, 142,
2209, 334, 2463.1 premi possono essere ritirati, entro il
30 settembre, presso la sede
della radio, in via Repubblica
6 a Torre Pellice, telefono
0121-91507.
Eventuali prenotazioni di
atti degli interventi del convegno su Francesco Lo Bue,
sotto forma di cassette audio
o di stampati, possono essere
richiesti allo stessd indirizzo.
Radio Beckwith ha promosso anche un dibattito su Francesco Lo
Bue. Da sinistra Aiberto Cabelia, Bruno Corsani, Eiena Ravazzini,
Mario Miegge, Gustavo Maian
Salza: discusso un problema d'attualità
L'alcolismo^ subdola
forma di dipendenza
Il concerto di Angelo Branduardi, che il mese scorso ha
radunato a Salza i soliti affezionati cultori di musica leggera, è stata anche l’occasione per un dibattito molto meno festaiolo ma indicativo di
un problema che si ha spesso
la tendenza a non prendere
abbastanza sul serio: l’alcolismo. Nella casetta della Pro
Loco si è riunito un gruppo di
persone per ascoltare il medico dell’ospedale di Pomaretto, doti. Ermanno Picco, e
Renato Gaietto del SerT dell’Ussl 44, i quali da tempo
svolgono un servizio di cura e
prevenzione nei confronti di
chi, spesso consapevolmente,
rischia l’autodistruzione a
causa degli eccessi nel bere.
Secondo il dottor Picco,
l’alcol è la più subdola delle
droghe, perché è considerato
da tutti soltanto un piacevole
accessorio dell’alimentazione, per la sua facile reperibilità, i costi accessibili e la
mancanza di riprovazione sociale: che male può mai fare
un bicchiere di vino mentre si
mangia? È invece una droga a
tutti gli effetti perché induce
dipendenza, cioè causa veri e
propri disturbi se si pensa di
smettere e anche tolleranza,
un ossessivo bisogno di aumentare le dosi per ottenere
un illusorio benessere. I danni
all’organismo sono però inevitabili e quando l’alcolista
diventa incapace di controllarsi, distrugge tutte le rela
zioni affettive intorno a sé fino al caso estremo della distruzione di se stesso. Il medico ha anche ricordato i costi
elevatissimi in denaro e in vite umane prodotti dagli incidenti sul lavoro e dagli incidenti stradali: a commento
delle sue parole, il caso del
conducente di Tir ubriaco che
solo pochi giorni prima aveva
distrutto una fila di auto a un
casello autostradale.
Su quello che si può fare
per uscire da questo buco nero si è soffermato il dott. Gaietto, esponendo il programma dei Cat (Club alcolisti in
trattamento) che sono ormai
diffusi anche nel Pinerolese.
Non esistono cure mediche
che sopprimano definitivamente la dipendenza dall’alcol; l’unico metodo che dà
buoni risultati è l’aiuto reciproco delle famiglie che si
riuniscono per affrontare i loro casi personali e per garantirsi a vicenda comprènsione
e solidarietà. La testimonianza di due persone che ricordavano il loro triste passato con
il legittimo orgoglio di chi è
riuscito a riprendere il proprio posto nella famiglia e
nella società, ha concluso
l’incontro: l’intenzione di chi
lo aveva promosso, primo fra
tutti il parroco di Salza, è stata di lanciare un messaggio di
speranza perché non vi siano
più esistenze che si concludono tragicamente per colpa
della droga alcol.
.S.
1^3 Resistenza
Mie Valli
%or Direttore,
abbiate inseri(ujj *^®sistenza nel secondo
nell''”'” ^®D’Eco. Non entro
nel merito del
Bruna Peyrot, rial libro di Donato««;?^ '^'^^hat La Resisten
Sf ’“'ÌÌ Ai““'
«aal„L aia debbo fare
precisazione.
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ate ai„- 9nasi tutte le val¿r n ^""’Balia settenaunanr'^”'”” D8 settembre,
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^oniceÌlftV
tee il fjj , a Torre Pel** *teulla a n” eccessivo
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1V4/ SI era un
po’ per volta formata una rete di cui il principale esponente era Roberto Maian e
fra gli ispiratori Mario Alberto Rollier da Milano. Ricordo
bene quando prima dell’S
settembre andai insieme a
Paolo Favout e a Livio Bouchard di Pramollo da Giorgio
Agosti, succeduto a Rollier,
che ci chiese se saremmo stati disposti a fare in caso di
necessità i partigiani con i
nostri compagni. Poluccio gli
rispose calmo: «L’avevamo
già deciso».
7/ Pioniere non usciva al
Bagnau ma iniziò in una sede
assai più disagiata; solo nel
giugno 1944, qualche mese
dopo che era stato deciso di
farlo quando Willy Jervis
venne in vai Germanasca prima di essere catturato. E già
in quello stesso marzo 1944
fu costituita, dal Gin locale, la
Giunta comunale di Luserna
San Giovanni.
La Resistenza non fu «valdese» ma mi sentii dire da chi
valdese non era frasi del genere: «Facciamo come i vostri antenati». Il comporta
mento dei pastori valdesi variò da caso a caso. Almeno
tre furono impegnati nella
Resistenza: Francesco Lo
Bue, Edoardo Aime e Arnaldo Genre. Con i miei saluti
Gustavo Maian
Torre Pellice
Al di sopra
delle parti
Egregio Direttore,
dopo aver letto la lettera di
Lino Bundi di Como non ho
potuto evitare alcune considerazioni che mi hanno spinto a
scriverle.
Forse, se ho ben capito,
posso anche riconoscere che
alcune perplessità dello scrivente potrebbero essere giustificate, ma dissento dalle
sue argomentazioni di base.
Mi sembra che Riforma cerchi di essere «al di sopra delle parti» e dia spazio a opinioni anche contrastanti, soprattutto nella pagina dei let
tori. Pertanto non vedo perché ai «vincitori» dia tanto
fastidio la lettera firmata
Coìsson-Bouchard, i quali
non sono stati clamorosamente bocciati, anzi hanno vinto
in diversi Comuni delle Valli,
e ai loro elettori era dovuto,
dopo la delusione, almeno un
ringraziamento.
In quanto al rosso-cremisi e al verde-bile, mi sembra
un po’, come dire, offensivo.
Sia i lettori che i redattori di
Riforma appartengono a varie
correnti politiche e ideologiche e per quanto mi risulta viviamo ancora in clima di libertà. «Lui, il Silvio» poi, non
ha bisogno di altri difensori,
bastano i suoi ben stipendiati
dipendenti, non escludendo
colui che si definisce da sé
«colto», e forse lo è ma lo nasconde bene nelle disquisizioni a forza di insulti a coloro
che dissentono dal suo «capo», non trascurando 1 magistrati i quali, a rischio della
vita, hanno vanamente tentato
di ripulire 1’«Azienda Italia» e
di indirizzarla sulla via della
legalità. Vana utopia!
Anche a profani come me,
certe vocazioni politiche improvvise e tardive hanno fatto
squillare un campanello di allarme quando, pubblicamente, si è affermato di essere
«scesi in campo», non certo
in cerca di tangenti ma per
salvare l’Italia davn pericolo
che non esisteva; ma forse il
pericolo c’era e di ben altro
genere, ne dà prova il famigerato decreto «salvalibertà»
per (mi sia permesso aggiungere) nascondere e camuffare
indizi di reati del passato recente e remoto.
La questione degli omosessuali forse è stata troppo dibattuta, e secondo alcuni con
esagerata enfasi; ma poche
centinaia di voti non potevano certo far pendere la bilancia in modo diverso. In alcune prese di posizione vi è
più forse il desiderio di essere
sulla «cresta dell’onda» che
di fare politica, e la mia personale opinione è che certi
soggetti andrebbero discussi e
studiati con seminari approfonditi, piuttosto che con
articoli frammentari in cui mi
è sembrato ci si arrampicasse
a volte sugli specchi per vanificare chiare affermazioni bibliche con argomenti a mio
parere fuorvianti.
Detto'questo, vorrei terminare ricordando che il «buon
senso», nel credente, non deve mai annullare lo spirito di
distacco, di ricerca e di critica
verso tutto ciò che può anche
scintillare davanti a noi come
«nuovo», ma che porta in sé
il germe di un mondo corrotto
nel quale siamo obbligati a
vivere, pur conservando accesa la speranza dell’Evangelo.
Miriam Vinti
Torre Pellice
RADIO ,
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.20Q
FM 96.500
tei. 0121/91,507
10
PAG. IV
E Eco Delle \àlli ¥^ldesi
VENERDÌ 19 AGOSTO 199.
ALLE VALLI
MUSEI VALDESI
Sul finire dell’estate sono
ancora molti i visitatori delle valli valdesi. Per loro e
per quanti sono interessati
presentiamo una «mini guida» ai musei storici e etnografici situati nella zona.
Torre Pellice
Fondato nel 1899 il Museo valdese ha ora sede nei
locali dell’ex convitto (via
Beckwith 3, di fronte al
tempio): un edificio eretto
nel 1922 in memoria dei caduti della I guerra mondiale
per provvedere all’educazione dei ragazzi orfani.
Il Museo comprende attualmente due sezioni: il
museo storico che documenta gli otto secoli del
percorso dei valdesi, dalie origini del movimento (1174) ai giorni nostri.
L’abbondante materiale
esposto, tra cui una copia
della famosa Bibbia di Olivetano (1535), la colubrina
del capitano valdese Giosuè
Gianavello, cimeli e memorie del generale Beckwith,
fornisce una ricca documentazione della vicenda di
questa minoranza. Il museo
costituisce un utile inquadramento alla visita degli
altri musei valdesi situati in
località di particolare interesse storico o riferiti a condizioni di vita passata meritevole di visita. La seconda
sezione, il museo delle Valli, illustra fatti, usanze e tradizioni della realtà sociale
delle valli valdesi. Vi si trovano esposti oggetti di artigianato e di uso domestico,
attrezzi agricoli, documenti
fotografici, ricostruzione di
ambienti (cucina, stalla, camera da letto) e di una scuoletta di montagna.
Aperto giovedì, sabato e
domenica dalle 15 alle 18:sono previste visite guidate
per gruppi e scolaresche durante tutto l’anno su appuntamento. Ingresso L. EOOO;
bambini e gruppi scolastici
L. 1.500.; prenotazioni dalle
ore 9 alle 12 dal lunedì al
venerdì presso il Centro culturale valdese (chiedere di
Ines o Toti); tei. e fax 0121932566.
Rorà
Val d'Angrogna
Rodoretto
I musei valdesi hanno sede nelle scuolette quartierali
ormai chiuse ma ancora utilizzate dalla comunità valdese per riunioni. Il Museo
della donna, al Serre, nelle
vicinanze del tempio è una
raccolta di immagini e oggetti che documentano il
ruolo della figura femminile
nella vita della famiglia e
della comunità valdese.
II museo-scuola agli Odin,
nelle vicinanze dei luoghi
storici di Chanforan e della
Ghieisa d’ia tana è la ricostruzione dell’ambientazione originaria e il materiale
esposto (banchi, cattedra, la
Allestito nelle scuole di
Villa, nei pressi del tempio
valdese, il museo documenta la realtà contadina e rriontanara della zona: vi si trovano attrezzi del lavoro
agricolo (tra cui un aratro a
chiodo con struttura interamente in legno e i tipici rastrelli con pettine a rebbi
mobili), utensili da miniera,
misure antiche per cereali.
E stata ricostruita una camera da letto, la meizooun
(il vano che funzionava a un
tempo da cucina, dispensa e
sala da pranzo), la scuola.
Per la visita rivolgersi al
maestro Enzo Tron, da Pa
Ricostruzione di una cucina nei museo di Rorà
vagna e stufa) rievoca felicemente una delle numerose
scuole create dal generale
Beckwith nelle comunità
valdesi. Per la visita rivolgersi al pastore, di Angrogna
tei. 0121-944144 o a Adriano Chauvie, loc. Odin, tei.
0121-944184.
squa a ottobre sul posto: tei.
0121-807450; nel periodo
invernale a Pinerolo, tei.
0121-398068.
Frali e Val Germanasca
Il museo sorge al centro
del paese, in una caratteristica casa, un tempo osteria
(Hôtel du chamois). Al piano terreno, dove erano le
stalle, è la raccolta di materiale agricolo e oggetti riguardanti la lavorazione
della pietra; la regione infatti, negli ultimi due secoli, ha
visto svilupparsi un’intensa
attività estrattiva (pietra di
Luserna); il primo piano
ospita una raccolta di oggetti attinenti la vita quotidiana. Possibilità di visita alle
cave e ai luoghi della vicenda di Giosuè Gianavello: rivolgersi a Roberto Morel,
tel. 0121-93122 o al pa.store, tel. 0121-93108.
Il museo di Prali ha sede
dal 1965 nel vecchio tempio, di cui restano il pulpito,
11 tavolo della comunione e
alcuni banchi. Raccoglie
una documentazione della
storia della valle, dalle incisioni rupestri ai giorni nostri, passando attraverso le
vicende spesso drammatiche
del XVI e XVII secolo di
cui furono vittime le popolazioni valdesi del Piemonte
fino al 1848.
Sono stati ricostruiti due
ambienti: un tratto di miniera di talco e una cucina; da
notare anche una pregevole
raccolta di campioni di minerali e documentazione fotografica su flora e fauna
della vai Germanasca. In luglio e agosto apertura nei
giorni feriali, eccetto il lunedì, dalle 15'alle 18; nei
giorni festivi dalle 10 alle
12 e dalle 15 alle 19. In altri
periodi su appuntamento
presso il pastore, tei. 0121807519.
Massello-Balsiglia
Allestito nel 1939 e sistemato nei locali della scuola,
il museo ricorda un periodo
significativo della storia dei
valdesi in Piemonte: gli anni del loro esilio in Svizzera
e Germania (1687) il loro
rientro in patria nel 1689 e
la loro strenua resistenza alla Balsiglia nell’inverno
1689-90. Da giugno a settembre apertura continuata.
Rivolgersi al posto tappa
Gta in loco; negli altri periodi su appuntamento presso il pastore di Perrero, tei.
0121-808816.
San Germano
Il museo di San Germano,
inaugurato nel 1985, documenta la condizione femminile nei suoi vari aspetti, vista attraverso la storia e le
attività del paese. Particolare importanza hanno le vicende del cotonificio Wideman che tanta parte ebbe
nell’economia della valle tra
l’800 e la prima metà di
questo secolo. Per la visita
rivolgersi al pastore, tei.
0121-8614.
Pramollo
Attrezzi agricoli nel museo di San Germano Chisone
Nella frazione Pellenchi
(poche centinaia di metri
prima della borgata Ruà,
dove sorge il tempio valdese) è stato ricostruito l’ambiente della scuola con documentazione di materiale
didattico. La visita integra e
completa quella al museo di
San Germano: insieme offrono uno spaccato significativo di storia della popolazione valdese di questa
valle. Pe la visita rivolgersi
sul posto a Franca Peyrot,
tei. 0121-58551 (eccetto il
lunedì) 0 a Vanda Petrone,
tel.0121-58 776.
Intervista a Andrea Silenzi, evangelico, centravanti del Torino
Gioco al calcio convinto che il
Signore ci segue per tutta la vita
PIERVALDO ROSTAN
POCO prima di Ferragosto
il Torino Calcio è salito
in vai Pellice per il secondo
anno consecutivo per un breve periodo di preparazione;
ospiti all’Hôtel Gilly i giocatori granata si sono allenati al
campo sportivo di Luserna
San Giovanni dove giovedì
11 agosto hanno giocato con i
dilettanti lombardi del Corsico. Pochi giorni hanno permesso di vedere poco; qualche buona giocata dei nuovi
stranieri Angioma e Pelé, alcuni giovani promettenti, un
solo goal; ma il soggiorno a
Torre Pellice ci ha permesso
di incontrare Andrea Silenzi,
centravanti del Toro e uno dei
pochi, se non l’unico, fra giocatori di calcio italiani, ad essere evangelico, avventista
per la precisione.
Silenzi è uno dei pochi della vecchia guardia sopravvissuto a un vero e proprio terremoto: sono infatti partiti quasi tutti i‘giocatori e anche T
allenatore è nuovo. Racconta:
«E una situazione che non
avevo mai provato; un impegno in più per far inserire al
meglio i nuovi arrivi».
_ Tutti i nuovi hanno lo
spirito da Toro?
«Credo di sì; comunque
questi giorni servono anche
ad acquisirlo, piano piano
Andrea Silenzi è stato confermato al centro dell’attacco del
Torino
giocando, per quelli che non
ce l’avessero. La preparazione sta proseguendo regolarmente; c’è Rampanti al posto
di Mondonico, ma il preparatore atletico è rimasto lo
stesso dell’anno scorso».
- Nell’ultimo campionato ti
sei distinto al punto da ottenere anche una convocazione
in Nazionale in vista dei
mondiali; non hai però fatto
parte dei 22 selezionati per
¡’avventura negli Stati Uniti.
Cosa provi ora, amarezza o
voglia di rivincite?
«L’anno scorso ho fatto un
ottimo campionato ed è arrivata la convocazione azzur
20 agosto, sabato — TORRE
PELLICE: Alle^21, nel campo
sportivo, per l’organizzazione di
Radio Beckwith, si svolgerà un
concerto del cantautore Eugenio
Finardi; ingresso £ 22.000.
20 agosto, sabato — PERRERO: Nel tempio valdese, alle
21, si svolge un concerto del coro Eiminal.
20 agosto, sabato. — BOBBIO PELLICE: Dalle 9 si svolgerà un torneo giovanile diviso
per categorie fino a 18 anni maschile e femminile. Domenica incontri per le categorie assoluti
amatori e nel pomeriggio giocherà la categoria assoluti maschile e<femminile.
20 agosto, sabato: — PRAGELATO: Sabato e domenica,
per le strade del paese, si svolgerà la dodicesima edizione della
«Festa della ghironda» con balli,
musiche e canti occitani.
20 agosto, sabato — SAN
SECONDO: Iniziano i festeggiamenti in paese organizzati
dalla Pro Loco; in programma
incontri gastronomici, gimcana
di trattori e corsa ciclistica.
24 agosto, mercoledì — LUSERNA SAN GIOVANNI: Sul
piazzale del tempio valdese,
l’Assemblea teatro presenta
«Fuochi» la fiamma ardente dei
valdesi, elaborazione drammaturgica dal romanzo Ascanio e
Margherita di Marina Jarre; lo
spettacolo verrà replicato il 25
agosto a Luserna e il 27 a San
Germano: inizio spettacolo ore
21,30. La rappresentazione è realizzata con il contributo della
Cee nell’ambito dei progetti Interreg e affronta i temi della tolleranza e dell’identità a partire
dalla vicenda valde.se.
24 agosto, mercoledì —
TORRE PELLICE: Alle 21,
nel tempio valdese, si svolgerà
un concerto a favore del Collegio
valdese con la partecipazione del
duo Brancaleon (Renzo Brancaleon, violoncello, e Luca Brancaleon, pianoforte).
27 agosto, sabato — PINEROLO: Alle 17, presso l'expo
Fenulli, verrà inaugurata la 18”
edizione della rassegna pinerolese di artigianato; la mostra re
sterà aperta fino al 4 settembre e
avrà come regione ospite l’Abruzzo.
27 agosto, sabato — TORRE
PELLICE: Alle 16, presso i locali della «Bottega del possibile»
in viale Trento 7, sarà inaugurata
la mostra fotografica di Marcello
Gaietti «Val Pellice nel mirino».
La mostra resterà aperta fino al 4
settembre in orario 9-12,15,
14,30-18,30 e 21-23 nei giorni ?
feriali e 10-12, 15,30-18,30 e 2123 nei giorni festivi e prefestivi.
3 settembre, sabato — PEROSA ARGENTINA: Presso le
scuole elementari, fino alla domenica, sarà esposta una rassegna ferromodellistica «Treni &
trenini»; saranno esposti plastici
di grandi dimensioni, una locomotiva a vapore del 1886, materiale ferroviario restaurato, varie riproduzioni. Domenica verrà
oraganizzata anche una borsa
scambio di materiale ferromodellistico.
4 settembre, domenica —
ABRIES: Dopo un incontro a
Prali lo scorso anno, si terrà un
nuovo meeting italo-francese che
vede coinvolti i comuni del
Queyras e le aree delle Valli unite dai progetti Interreg. Alle 10 è
prevista una gara internazionale
podistica, alle 10,30 un incontro
fra amministratori sui progetti di
collaborazione transfrontaliera;
seguirà il pranzo e altri momenti
meno formali.
Economici
PRIVATO acquista mobili
vecchi-antichi e oggetti vari. Tel
0121-40181.
TORRE PELLICE di fronte
Foresteria vendesi appartamento
circa mq. 100 più cantina. Tel.
0121-91857 dopo il 17/7/94.
TORINO zona San Donato
affittasi camera ammobiliata con
uso cucina. Tel. 480681.
VENDESI casetta indipendente a Luserna San Giovanni e alloggio a Vallecrosia. Telefonare
ore pasti 0121-91187.
ra; logicamente non andare
in America mi ha creato un
po’ di amarezza ma accetto k
cose come vengono e sono
pronto per un nuovo campionato».
- Silenzi, sei forse il solo
giocatore italiano evangelicoqual è il tuo rapporto coti
Dio?
«Penso che il Signore c’entra in ogni cosa della nostra
vita e dunque anche nello
sport; vivo il rapporto con la
mia chiesa in modo non ottimale perché a volte ho lasciato da parte gli insegnamenti che ho ricevuto».
- Sei un personaggio molto
popolare; hai occasione di
parlare di questa tua «diversità» religiosa con i compagni
o con i giornalisti?
«Con molti giornalisti non
ho piacere di parlare perché
spesso mi fanno diventare un
fenomeno da baraccone, facendo diventare anormale
qualcosa che anormale non
è; sono arrivati a scrivere
che la chiesa avventista è una
setta. Con i miei compagni
invece mi è successo recentemente di parlarne e vedo che
c’è parecchia voglia di capire e di conoscere da parte
di qualche ragazzo che non
ne ha avuto la possibilità. Mi
vengono poste molte domande anche sulla Bibbia e
sulla mia fede: mi sembra che
intorno a noi ci sia una totale
ignoranza e spesso vengono
dati giudizi affrettati».
- Ogni tanto si parla di far
disputare gli incontri di campionato al sabato; la tua chiesa osserva in modo puntuale
il riposo proprio in quel giorno: ti troveresti dunque i difficoltà?
«Come ho premesso non
sono un buon avventista, come in Italia ci .sono molti cattolici poco osservanti. Conosco però la via giusta e la
sento vicina a me; prima 0
poi ci risalterò .sopra».
PROCURA
DELLA REPUBBLICA
Presso il Tribunale di Pinerolo
Richiesta di dichiarazione
di morte presunta
Con ricorso in data 11-5.93
e in data 28.6.94, il Procuratore della Repubblica di
Pinerolo richiedeva al locale Tribunale la dichiarazione di morte presunta di
Guiot Bourg Alma Alessandrina, nata a Pragelato il 6.3.1922 e di Guiot
Bourg Enrico, nato a Torino il 29.3.1946.
Il Presidente del Tribunale
di Pinerolo, con decreto
13.5.93 e 30.6.94 disponeva le modalità delle pubblicazioni invitando chiunque abbia notizie delle pefsone scomparse a furw
pervenire al Tribunale di
Pinerolo entro sei mesi
dall’ultima pubblicazione.
IL funzionario
DI cancelleria
(dr. Ernesto Di Carlo)
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Tonno
Tel. 011/655278
Via Repubblica, 6- 10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con
non può essere venduto separa
lon può essere venauiu -,gn
Rea. Tribunale di Pinerolo n. 1
Resp. Franco Giamptccoli ,
Stampa: La Ghisleriana Mondov
Una copia L. 1 -300
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r 19 agosto 1994
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
parlamentari hanno visitato il «ghetto» di Villa Literno
juali case per i meno favoriti?
S6B6IO
TAKZARELLA
0chiamo qui di seguito la
Zrn aperta che fon. Sergio
Igeila ha scritto al presidenZconsigUo. on. Silvio Berlu■ dono aver visitato con altri
"¿il
\lnellapto)
«lignor presidente,
discorso di presentalioje del Suo governo alle
j„ere Ella pronunciò le sejnti parole: «La solidarietà
¿cuore della nostra politi¿ternazionale e per le radi(jistiane e umanistiche deljostra cultura». Ho atteso
lesti mesi per verificare la
iidicità di questa impegnatilÌfermazione.
Constato che Ella non ha
icora fornito nemmeno una
uva di questa cultura solidajtica. In questi mesi Ella non
fina toccato, nemmeno acidentalmente, il problema
(Ila presenza di decine di
agliaia di esseri umani che si
:ovano nel nostro territorio
oail terribile marchio di «irplari», privi dunque del riposcimento dei diritti miniiper vivere. Appena ieri (3
¡osto ndr) una delegàzione
'ièputati si è recata in visita
Wetto di Villa Litemo dove
fcvvivono in stalle dirute,
Sere e cartoni circa duemiàBseri umani. Non c’è acPiione’è luce, non ci sono
straie, non c’è la presenza
,Éllostato e del governo di
inoid sette «paesi grandi»
étassicuri l’accoglienza,
tioiicisono diritti per gli abighetto e degli alia tutta Italia.
n c e tempo per questi
forestieri extracomunitari»
Presidente, è troppo impe|iiata nella gestione
del Suo impero finanziario e
oelpantire i diritti del po,tenti. Qualcuno Le ha detto
pe è Suo compito farsi carico
fc[ioblemi dei non garantiti
paese? Quelli che
programma elettorale
pomposamente «i
Wd fortunati»? Come se la
povertà fosse questione di fortaenon di grave ingiustizia
Jdale. Ho un dubbio; Ella sa
™cisono 10 milioni di poJ® in Italia? E cosa conosce
realtà dell’immigrazione
)066
''Itti umani
liliertà per
'ung Suu Kyi
®®ociazione internazio|jj P®'' '3 difesa della libertà
®&osa(Aidlr) ha rivolto un
S« alle più alte autori, . lane, del Myanmar (ex
y5j/’’‘a) e deirOnu perché
concessa la libertà alla
Aung San Su» Kyi,
Nobel, che da cinque
trova agli arresti domiKonfeS® i^asa di Yan
pastore
"Usta Ignazio Barbuscia,
sezione italiaNcpnà u t" ."tento a quedichiarato: «La
^SuiiT - '^'Sitora Aung
•stran sarebbe un fatto
ileso^taaria importanza
terzo millennio
'nnfa tebbe che la libertà
coloro che
più
che^n
inchino mondo siano
'8'oni H? .carcere per
®ll'00On ^®scienza almeno
persone.
^delp'A-af"^ sezione itafSo Micùp*!^ a Roma,
^1120^ ^"gelo 7, tei. 06
fax 06-3210757.
All’Interno di una baracca
in Italia? Il problema è certo
noto al ministro Antonio Guidi che abbiamo atteso invano
per 42 giorni in commissione
«affari sociali» per una prosecuzione di audizione che egli
ha fissato «con solerzia» per
il 3 agosto in coincidenza con
uno dei rari giorni d’aula pomeridiana e con la nostra visita al ghetto di Villa Literno.
Il problema è certo noto al
collaboratori del Suo governo
che hanno bocciato la legge
della Regione Campania del
24.6.1994 «Interventi a sostegno dei diritti degli immigrati
stranieri in Campania provenienti da paesi extracomunitari»; legge che, tra l’altro, tutelava la salute di tutti gli immigrati dimoranti nel territorio
regionale. Perché di fronte ad
un essere umano malato non
ci si può chiedere se è un
clandestino o un irregolare.
Eppure sono tanti gli immigrati del ghetto di Villa Literno e di altri luoghi, mòrti a
causa della mancata assistenza medica. Vi è prima del diritto civile o penale un diritto
delle creature umane che non
Opera avventista
Soccorsi
per il Ruanda
L’opera sociale avventista
a livello mondiale (Adra International) continua a incrementare le operazioni di soccorso in Ruanda. A Nairobi,
attraverso cinque cliniche,
fornisce aiuti agli sfollati ma
c’è sempre un maggior bisogno di medicinali e viveri;
per questo scopo si serve anche della collaborazione dell’
Onu e di altri organismi. L’
opera sociale avventista si
prende cura di oltre 800 orfani al giorno e in Uganda ogni
settimana consegna otto tonnellate di cibo a un campo di
rifugiati nel confine meridionale.
Un’altra azione molto utile,
ma estremamente scioccante,
di cui si è occupata Adra International nelle ultime sei
settimane, è stata quella di
aiutare a ripulire dai corpi,
con un team di trenta persone, il lago Vittoria. Secondo
rOnu, i corpi arrivati dal fiume nel lago Vittoria sono 2540.000. I team avventista e di
atre tre organizzazioni hanno
seppellito circa 11.000 corpi.
abbisogna di essere approvato
da alcun Parlamento e che è
impresso nei cuore e nella
mente di ogni essere umano.
Ma quel diritto Ella e gli
esperti che Le confezionano
discorsi e consigliano sorrisi
ignorate resistenza. Per quel
diritto c’è una cittadinanza
universale che non può essere
negata a chiunque ha fame, ha
sete, è senza casa ed è malato,
da qualsiasi popolo o razza
provenga.
Signor Presidente, appare
evidente, per quanto non ha
fatto finora, che il Suo richiamo «alle radici cristiane e
umanistiche della nostra cultura» fu strumentale per guadagnare e allargare consenso.
Il disinteresse e il disimpegno
del Suo governo ne sono la
prova e smentiscono le sue illusorie dichiarazioni. Quelle
radici non Le appartengono
come non appartengono certo
ad alcuni Suoi ministri assenti
ingiustificati a Villa Literno e
negli altri luoghi del nostro
paese dove la dignità degli esseri umani è brutalmente calpestata e negata.
Otto per mille
Aiuti per il
Terzo Mondo
L’Unione italiana delle
Chiese cristiane avventiste ha
ricevuto l’acconto dei fondi
dell’8%o attribuiti dalle scelte
dei contribuenti italiani nella
dichiarazione dei redditi del
1990. I proventi andranno a
finanziare tre nuovi progetti:
- 235 milioni per una clinica ambulatoriale con farmacia
propria e laboratorio analisi a
Masanga, in Sierra Leone;
- 315 milioni per l’acquisto
di cibo, acqua, medicine, vestiario per 100.000 profughi
ruandesi a Coma, assistiti da
due team medici (12 medici e
5 infermieri di diverse nazionalità) che si trovano sul posto. DairUganda la Chiesa
avventista ha inviato a Coma
15.750 kg di biscotti proteici,
sufficienti per mantenere in
vita 55.000 rifugiati;
- 78 milioni per l’assistenza
prenatale, la nutrizione dei
bambini e le condizioni delle
famiglie attraverso la costruzione di strutture idrico-sanitarie che riguardano 141.000
residenti nel distretto di Minahasa, in Indonesia.
Firenze
Ricordata
la liberazione
della città
Cinquant’anni dopo l’insurrezione dell’11 agosto 1944,
che portò i fiorentini in strada
e i tedeschi a ritirarsi sulle
colline, la città di Firenze ha
ricordato la riconquistata libertà con un corteo che, dopo
aver percorso le vie del centro nello stesso itinerario di
50 anni fa, ha raggiunto Palazzo Vecchio dove si sono
riunite, con gli amministratori
e le forze politiche, le delegazioni partigiane e gli ambasciatori dei paesi alleati. Alla
riunione erano presenti anche
delegazioni degli organismi
religiosi della città.
«Noi non preghiamo per i
caduti (essi sono già nel Signore) ma preghiamo per noi
che, anche grazie a loro, abbiamo ricevuto la responsabilità della libertà, la passione
per la giustizia, l’amore per la
verità e la vocazione per la
pace» ha detto il pastore Gino
Conte, intervenendo in preghiera a nome degli evangelici fiorentini dopo i riptocchi
della «Martinella», la campana della Torre di Arnolfo che
50 anni fa diede il segnale
della rivòlta popolare. Sono
seguiti poi gli interventi di
Umberto Forti, rappresentante della comunità ebraica, e
dell’arcivescovo cattolico Silvano Piovanelli che ha pregato affinché «tutti gli uomini
siano liberati da ogni costrizione fisica, psicologica, politica e militare».
Il sindaco Morales, alla presenza del ministro degli Interni, Maroni, ha poi ricordato
l’insegnamento dell’insurrezione e la necessità di mantenerne viva la memoria , proprio in questo periodo in cui
sembrano riascere ideologie
nazionaliste e totalitarie.
¡•a
La bambina di Ayod
(Foto Premio Pulitzer)
CONTRAPPUNTO
AVVOLTOI
ROBERTO PEYROT
L5 avvoltoio punta la bambina stremata, morente
di fame. Sarà il suo prossimo
pasto? Tranquillizziamoci. Il
reporter sudafricano Kevin
Carter, dopo aver fotografato
la scena nei pressi del villaggio di Ayod in Sudan, ha
messo in fuga il rapace. Questa fotografia ha fatto il giro
del mondo, dopo aver vinto il
secondo premio Pulitzer (il
primo è stato assegnato alE
istantanea che riprendeva il
corpo straziato di un soldato
americano trascinato da una
folla ostile nelle strade di
Mogadiscio) e l’abbiamo vista pubblicata nel numero di
agosto di «Le monde diplomatique». Il periodico prende
lo spunto per analizzare questo documento visivo accostandolo a precedenti fotografie che vinsero lo stesso premio e osserva che «se sono
immagini che ci toccano, e
per quanto tempo., questa è
un’altra questione».
I moderni mezzi di diffusione ci hanno ormai da tempo
Organismi religiosi sugli immigrati
Le regole troppo dure
provocano clandestini
Dieci organismi religiosi,
cattolici e protestanti, attivi
nel campo dell’immigrazione, hanno reso noto il 4 agosto scorso un documento comune di commento al recente
testo della Commissione europea sulle «politiche di immigrazione e asilo» (si tratta
della comunicazione della
Commissione al Consiglio e
al Parlamento europeo del
23 febbraio 1994, ndr)! Gli
organismi religiosi tra cui la
Caritas, la fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, la comunità
di Sant’Egidio e la Federazione delle chiese evangeliche si riuniscono da alcuni
anni in un «gruppo di riflessione» intorno alla tematica
deH’immigrazione.
Dopo aver espresso parere
positivo su gran parte della
«comunicazione» della Commissione europea, gli organismi religiosi sottolineano la
«necessità di adottare criteri
di ammissione per motivi di
lavoro che non portino ad
una eccessiva restrizione del
canale di immigrazione legale». Un dimensionamento di
questo canale che non sappia
tenere conto della domanda
di manodopera non coperta
dalla forza lavoro residente
negli stati membri dell’Unione europea alimenta nei fatti
«forme di immigrazione illegale». Si tratta della necessità di «conciliare l’attenzione ai problemi dell’occupazione e del mercato del lavoro degli stati membri con
l’esigenza di garantire resistenza di un alveo di immigrazione legale non inutilmente ristretto», senza imporre «eccessivi vincoli burocratici» all’ingresso dei lavoratori immigrati, vincoli
che «rischiano di rendere
inaccessjbile l’immigrazione
legale», senza per questo rafforzare la tutela del lavoratore residente disoccupato.
Gli organismi religiosi propongono a questo riguardo
l’attuazione di una programmazione per «quote» degli
ingressi per lavoro, raccomandando però che «questo
non interferisca con le politiche di ammissione per asilo,
protezione internazionale e
ricongiungimento familiare
dovendosi evitare che i diritti
fondamentali della persona
siano subordinati a criteri di
mera opportunità politica».
Il documento inviato al governo italiano reca le firme
di Acse, Federazione delle
chiese evangeliche in Italia,
fondazione Migrantes, Jesuit
refugee comittee. Opera sociale avventista, Ucsei, Ywca-Ucdg.
abituati a immagini più raccapriccianti di ogni genere ma
indubbiamente l’accostamento della bambina all’avvoltoio
in agguato è di una forza particolare. Non tanto per la funzione del rapace (che svolge
l’utile attività di pulizia per la
quale è stato creato) quanto
per il paragone che questa immagine ci porta a fare con
quegli altri «avvoltoi» umani
responsabili di questa e delle
tante altre tragedie e sofferenze diffuse in tutto il mondo.
Che dire degli «avvoltoi» che
hanno approfittato dell’ultima
tregua nei territori dell’ex Jugoslavia per riarmarsi in attesa del nuovo conflitto che, secondo gli esperti, dovrebbe
trasformarsi in guerra aperta?
Che dire degli «avvoltoi» in
Ruanda, in Angola, in cento
altri posti che in estremo disprezzo di ogni diritto umano
uccidono, con le persone, le
lidentità etniche e culturali?
Eppure ci sono anche gli
avvoltoi meno sanguinari,
anche se altrettanto avidi. Ad
esempio quelli che comprano
e vendono i «diritti» per alzare il prezzo dei medicinali,
per lucrare ricchi appalti, per
fare costruzioni abusive. Sono quelli che in nome di una
malintesa libera iniziativa
danneggiano o impediscono
quella del prossimo. Tanti altri casi si potrebbero ricordare: non c’è che l’imbarazzo
della scelta. Forse, l’ultimo
in ordine di tempo riguarda
l’esercito dei falsi malati (il
ministro della Sanità parla di
oltre 23.000 persone) abbandonati nei giorni scorsi negli
ospedali, a spese dei contribuenti.
Si tratta certo di un mondo
che ci indigna, ma di cui facciamo parte. A pensarci bene,
anzi, in quanti di noi non
aleggia forse un piccolo avvoltoio a causa di certe nostre
azioni quotidiane, o per certi
pensieri? Che il Signore ci
aiuti (ricordiamoci di temerlo, oltre che di amarlo, come
ci ricordano opportunamente
i pastori) nel nostro cammino
di credenti. Che Dio ci dia la
forza di cacciare dalle nostre
menti, e dai nostri cuori, gli
avvoltoi che vi albergano.
CENTRO DIACONALE
LA NOCE - PALERMO
Il Centro propone un
incarico amministrativo
a tempo pieno per i suoi
uffici.
Si richiedono studi adeguati; si offre un corso
iniziale di formazione, inquadramento, retribuzione come da contratto,
eventuale alloggio.
Le domande possono
essere indirizzate alla Tavola valdese o alla direzione del Centro stesso (via
Di Biasi 12, 90135 Palermo.
12
PAG. 8
RIFORMA
VENERDÌ 19 agosto
ANTOLOGIA
UN LIBRO
COME PATRIA
EDMOND JADES
«Essere ebreo è imparare a muoversi a, qualche metro
dal suolo che ti è contestato é non saper più se la terra sia
d’acqua, d’aria o d’oblio».
«Per metà uomo, per metà pesce, per metà uccello, per
metà fantasma, c’è sempre una metà che sfugge al carnefice».
«Reb Jacob credeva anche nell’enfasi che paragonava
alla lacerazione che fa il sasso caduto nello stagno con i
suoi falsi anelli d’acqua. La ferita si chiude presto. Sono
gli anelli che si moltiplicano facendosi sempre più grandi
e testimoniano (...) l’estensione del male.
La parola divina ha taciuto, appena pronunciata. Ai suoi
Anelli sonori, nostre parole ispirate, noi ci aggrappiamo».
«Un Ebreo e un’Ebrea - migliaia, milioni - hanno perduto la fronte e le spalle, sono divenuti gambe indifferenti, ogni giorno più magre. Non c’era un amico sui .loro
passi, ma muri a cui non potevano appoggiarsi». .
«La patria degli Ebrei è un testo sacro nel mezzo dei
commenti che ha suscitato.
Così ogni Ebreo è nella Legge./ Così ogni Ebreo fa la
Legge./ Così la Legge è ebraica».
«Camminiamo, a piedi nudi, Yukel, lungo le pagine del
tuo libro, su scogliere a picco sul mare. La tua storia è la
storia delle onde che si rompono alle nostre caviglie e
che, talvolta, ci sferzano il viso; una stessa storia, una
stessa onda, ora piena di forza, ora così debole da sembrare ferita. E noi la contempliamo, passivi, poiché non ci
chiede nulla ma ci trascina oltre la sponda, dove sorge e
tramonta il sole, come se l’ombra e la luce si riunissero
per noi».
«Di un pugno di sabbia faremo l’inizio di un giardino,
come di tutti i semi di silenzio abbiamo fatto, dopo l’esodo, il nostro cielo» (Reb Ati).
(brani tratti da II libro delle interrogazioni. Scelta pubblicata da Eutropia, Reggio Emilia, 1982).
«Il giorno ha a che fare con la coscienza. L’incon.scio è
notte opaca.
Vedi come sono paradossali i voleri di Dio.
Da una parte. Egli fa appello aUa coscienza, per sviluppare in noi l’idea, il sentimento, della divinità, dall’altra,
colpendo con l’interdetto l’immagine, ci ricaccia nell’inconscio nel cui regno Egli domina senza di noi, aveva, tra
l’altro, annotato».
«Lo scrittore non abbandona il libro. Cresce e sprofonda ai suoi lati. Il primo tempo dello scrivere consiste nel
raccogliere le pietre del libro crollato per edificare con esse un’opera nuova: la stessa di prima, non c’è dubbio».
«La somiglianza tra un granello di sabbia e un altro granello di sabbia è forse la stessa che ci potrebbe essere tra i
frammenti d’uno specchio nell’istante in cui si frantuma e
i frammenti d’uno specchio rotto da millenni».
(da // libro della sovversione non sospetta, Feltrinelli,
Milano, 1984).
Uno studio sull'originale opera dello scrittore franco-egiziano e sulla sua f^^tdce ebreaj'p |e
La poesia di Edmond Jabès sfugge all'analisìj ¡¡i
e si nasconde fra le pagine di un libro aperto
1 SEB<
SERGE GUILMIN
Nella seconda metà degli anni ’80 c ’è stato chi, anche in Italia, lo consideràva il maggior scrittore vivente di lingua francese. Eppure Edmond Jabès (1912-1991) era, e in parte è, sconosciuto'ai più. La sua produzione, ampia ma frammentata, legata a brevi apologhi o a secchi aforismi, oppure ancora a
poesie informa di prosa, si può presentare come ricca di fascino o irritante, a seconda che ci si lasci o no coinvolgere dal retroterra ricco e spiccatamente ebraico, che si accetti o che si
rifiuti di entrare nella logica di un’opera inte.m come parte di
un ’ opera più grande, sempre aperta e mai definitiva.
Lo studio che pubblichiamo diviso in due parti (qui e a pag.
9) è comparso sul n. 1/1994 della rivista «Eoi et vie», dedicato
a una serie di studi ebraici, e alterna le riflessioni generali
sull’opera di Jabès ai ricordi di un incontro personale e al fascino subito dalla lettura dei suoi testi.
\Jon si legge nient’alKKly tro che ciò che è sopravvissuto alla lettura».
(Il libro del dialogo)
L’esercizio più pericoloso
è quello di scrivere su Jabès,
scrivere dopo Jabès (...), come se fosse possibile spiegare, fare entrare nelle nostre
griglie interpretative una
scrittura che è un totale rifiuto della forma chiusa, che è
un’opera .senza prefazione
possibile.
Fu una raccolta di poesie
intitolato Je bâtis ma demeure a farmi fare il primo incontro con la scrittura di Jabès
nel 1959, ma con II libro delle interrogazioni, scritto
aH’indomani dell’esilio impostogli da, Nasser nel 1957 si
scoprirà un volto compietamente diverso del poeta: una
scrittura «proliferante» che
non poteva più dare l’illusione, come avveniva dopo ogni
poesia, di una limitazione imposta sia dal genere poetico
prescélto, sia dal progetto di
una composizione circoscritta
in una visione, un canto,
un’impressione, la nostalgia
dell’infanzia.
Domande
senza risposta
Sette voluìni nel corso dei
quali le domande, lungi da
fornire delle risposte, sono
come intrecciate a altre, nuove domande, le cui stesse parole sembrano toccate dall’interrogazione. Lo slancio di
una logica che assicurerà una
visibile continuità pur nella
tortuosità dell’argomentazione è così costantemente contraddetto da ciò che non permette alla parola di pretendere altro che essere «interrogante».
Poi venne una trilogia. Il libro delle somiglianze, che
formava così una serie di dieci volumi. E poi ancora II libro dei margini', una nuova
trilogia: ancora un Libro delle
somiglianze'. Il sospetto il deserto-, L’incancellabile l’inavvertito', poi II piccolo libro
della sovversione non sospetta', Il libro del dialogo-. Il libro della condivisione-. Il libro dell’ospitalità; Uno straniero con, sotto il bra&cio, un
libro di piccolo formato-. Racconto', La memoria e la
mano, e infine, dopo la sua
morte. Desiderio di un inizio.
Angoscia di una sola fine e
infine La memoria delle parole, alcune pagine per parlare del poeta Paul Celan: «Una
stessa interrogazione ci unisce, una stessa parola ferita.
«... poiché l’ebreo, da millenni ha voluto essere segno,
vocabolo, libro. La sua scrittura è erranza, diffidenza,
confluenza, ferita, esodo, esilio, esilio, esilio».
Jabès procede nel nostro
tempo in cui l’uccello del crepuscolo non sa che direzione
prendere ne! bosco devastato
dai simboli e il furore della
storia meno che mai soddisfatto.
Ciò che ancora mormora, a
monte dell’opera di Jabès, è
il testo biblico e talmudico e
la tradizione delle correnti
cabalistiche: Zohar, Bahir,
Abraham Aboulafia, Isaac
Louria, Joseph Caro... e tanti
altri libri ispirati. È solo dopo
aver pubblicato le sue prime
tre opere che Edmond Jabès
si interesserà a questa immensa letteratura e scoprirà
con stupore le proprie affinità
con la scrittura ebraica.
I nostri filosofi, che si trovano alla base dell’idea che ci
facciamo della ragione e della
logica, si trovano costantemente aggrediti dalla scrittura
ebraica. Mentre noi viviamo
nell’illusione di vedere tutto,
di capire tutto presi dalla vertigine dello sviluppo della
tecnologia, la scrittura ebraica si interessa piuttosto ai
problemi e alla loro enunciazione che non che alle soluzioni o ancora a una verità
senza appello. L’antisemitismo latente della nostra cultura europea non potrebbe essere una risultante di ciò che
è percepito come un’aggressione permanente?
L’incontro con un poeta,
per breve che sia, è un rischio.
Il rischio di uno scarto fra una
scrittura che arriva ad abitare
l’immaginario e un uomo che,
come ciascuno di noi, vive
nell’orizzonte limitato delle
preoccupazioni quotidiane, in
preda come ciascuno di noi
alla fatica, alle sconfitte negli
obiettivi professionali o familiari e soprattutto costretto a
osservare se non proprio if silenzio, almeno la massima discrezione nei confronti della
propria opera.
Fu dopo l’uscita del Libro
del dialogo che ho cercato di
incontrare colui che da tanti
anni collocava le sue letture
all’incrocio di strade e di voci
di cui non si poteva trattenere
altro che un’affermazione di
vita contraddetta da una domanda cl^e a sua volta suscitava, fra infinite risonanze, le
domande ultime della vita e
dèlia morte.
L'ultimo
comandamento
«genere» o dai limiti dati
dall’editore. Il Libro a contatto con resistenza e distante
dalle proprie scritte. Sarebbe
stato come 1’«estratto» di un
percorso, come lo sbriciolarsi
di parole percepite, come il
silenzio, difficile da sopportare, del deserto, in cui si percepisce il battito del proprio
cuore.
«Come il dialogo, il libro
ha i suoi gradini di avvicinamento./ Scrivere non sarebbe,
allora, altro che un salire i
gradi delle nostre mancanze./
La Parola è alla sommità».
Arlette Jabès mi domandò:
«Che cosa vi ha spinto da
Jpbès?». Risposi che avevo
Mi ricorderò sempre di
quell’incontro, breve e caloroso: l’avevo richiesto «per
poco tempo e per poche parole». Nell’ingresso del suo appartamento in rue de l’Epée
de Bois (a Parigi, nel Quartiere Latino, ndr), Edmond
Jabès mi disse: «Ci sono 613
comandamenti: ebbene lei sa
qual è l’ultimo?». Dovetti
ammettere che non avevo letto l’opera di Joseph Caro a
cui Jabès si riferiva, e egli mi
rispose: «Tu farai un libro».
Avevo così avuto l’impressione di essere entrato senza
preliminari nel cuore della
sua opera. Il libro come opera
non delimitata dalle- leggi del
trovato m questa sua scrittura
il correttivo necessario, l’antidóto contro gli effetti della
filosofia dominante ereditata
da Cartesio. Filosofia dell’esattezza, che parte dalla certezza di sé e forse dall’oblio
dell’altro. Qui, per contro,
riapertura della parola, delr interrogarsi, della non-certezza, all’indomani di ogni
certezza acquisita.
«Sì sì, è proprio così — disse lei - dovrà scrivere proprio questo».
Così, l’indomani di ogni
lettura sarà scrittura. Il ritorno al libro sarà l’ultimo libro
di una trilogia che comprende
Il libro di Yukel e il II libro
delle interrogazioni. Di nuovo si aprono «le vie di inchiostro e di sangue», racconti,
romanzi, poesie che contengono in se stessi il principio
della loro procreazione. Il nome «Impronunciabile» in tutte le forme delle sue combinazioni (Aely, Elya, Yaél...)
abita tutti i libri di Jabès, ma
come ritirandosi sempre dalla
dimora in cui vorremmo costringerlo. Il libro delle interrogazioni, in tutta la sua ampiezza, non poteva mancare,
dopo Auschwitz, dopo l’esilio imposto al poeta nel 1957,
di essere anche il libro della
«questione ebraica».
Ma il giudaismo vissuto da
Jabès, come la sua scrittura
non si sistemano con il rinchiudersi nel religioso, con
l’integralismo in cui la parola
muore prima della sua stessa
nascita. In un’intervista a «Le
Monde» (29 gennaio 1982),
lo scrittore dice: «Il giudaismo, per me, non è una questione di religione o di tradizione. Io l’ho interpellato in
quanto scrittore». Essere
ebreo, dopo Auschwitz, vuol
dire conservare memoria. Allo stesso tempo «vivere con i
piedi'sul suolo che vi è contestato». Essere ebreo non è
certo un affare di terra «santa» o di famiglia etnica, se
non per la preoccupazione di
tutta la terra e di tutta la famiglia.
Il rapporto con il libro, la
scoperta del volto dell’altro
come condizione della scoperta di sé: tutto questo fa
l’ebreo in un modo che nessuna codificazione religiosa o
politica saprebbe designare:
«La questione ci scrive». Libro impossibile a raccontarsi,
per sempre aperto suH’ultima
pagina bianca e che viene incontro a ciò che pensiamo sia
un libro, un’opera compiuta,
un oggetto letterario classificabile. Quante opere abbiamo
ridotto, quale cecità la pedagogia della classificazione,
volendo abbracciare il tutto,
ha originato? Nel libro è lo
scrittore che si offre, e il lettore si sente dire, come se diventasse anch’egli scrittore:
«Tu sei quello che scrive e
quello che è .scritto».
Lettura
e interpretazione
11994
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della propria angoscia, e tiei
il conto delle domande che
derivano.
«Ogni scrittore porta ii_
un libro mitico che non a
pleterà mai. L’incompiuto
la vita».
Paradossalmente, Edmoi
Jabès dirà: «Non so che ù
sia scrivere. Mi trovo dava
qualche cosa che mi esprit
Ho piuttosto Timpressione
essere scritto: di essere n
attento a ciò che la scrini^
stessa dice. Se si cerca di
qualcosa non lo si dice
Bisogna lasciare che la sai
tura lo dica di per s'é».
Ciò che è in questione èd
che malgrado il secoloii
Lumi esistano ancora violei
za, oppressione, antisemil
smo così come disprezzo
lo straniero. Qualcosa in m
si chiede ancora come si po!
sa essere totalmente litri ri s
spetto a ciò che noi siamo i
come si costruisca la reputazione con degli esseri che vivono nelle periferie del
stro immaginario.
11 poeta Claude Vigéed
va un giorno: «Prolungate^
prospettive di Hegel... ette
verete i campi di concentrimento». E questo perché'
sistema che abbia la
di esaurire tutta la
di risolvere tutti i _
di proporre un sapere con
pletamente esaustivo, i
sariamente, un giorno, se ^
so troppo sul serio, si _
diventare totalitario. Ci sai®
no sempre dei casi, deli®
ginali, dei «refrattari»*)'
scettici, degli eretici da j ,
vianti, dei meteci, degl'^ ^
gari o degli ebrei chenP
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proposto. 11 sistema ^
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13
DÌ 19 AGOSTO 1994
Cultura
PAG, 9 RIFORMA
yna lezione di Max Weber e un'indagine attuale sull'impegno dei cittadini per lo stato
imiti della polìtica dei professionisti
«WGIO N. TURTULICI
1994, con l’ingresso in
elettorale di nuovi
Jotagonisti e le suggestioni
4 passaggio annunziato dalTcosiddetta Prima alla Se, ‘^Sgercj^ . Repubblica, ha visto
dlp«*'®” di saggistica
essere^ ffitìca. Ho scelto due saggi
• ^ L bancarelle del libraio:
gaa,« , .
¡a politica come projessio
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dell’ut aabasi lo ha ritradotto e ri
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traccia cultura occidentale,
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iquietudiJ°““"‘®"'P° P™“®
oscia, e tiei
nande che
va cambiamento e rivoluzioUno scritto profetico allocai ancora di più bruciante
porta m oggi; il titolo originale non m ^ Beruft
ncompim »il discorso è centrato sullaìivalenza semantica della
Ite Edmoi pia fier-M/, che è professiosò che ti vocazione, il la
rovo d«va OT svolto secondo cono’ mi esphi ® ® specialistiche
ipressL lanche la dedizione a un fii essere TI ® chiamati.
la scrittu nella prefazione
JpùLutero: «Ciascuno è chiosi dice mWwta (Berufen) alla propria
chela sci (Beruf)».
rs'é». Ci sono, osserva Weber,
lestioneèd <!“®®odi di fare della politi1 secolo il ' Mina professione, quindi
icora violei . ùiccategorie di politici. O si
antisemii '■ weiper» la politica, o si viìisprezzoi* politica. «Perché
licosa in B) wVere "per”
comedi«'.^Sli deve essere
ente ¡¡tri
noi siamo ’ . .
ca la repufr
esseri che viFerie del nO’
economicamente indipendente dalle entrate che gli possono derivare dalla politica. In
poche parole deve essere benestante e in una condizione
di vita privata che gli procuri
entrate sufficienti». Il politico
di professione che vive «di»
politica deve per contro ricavare reddito dal suo lavoro.
Weber vede bene che in
una democrazia il lavoro politico non può essere prerogativa solo di chi ha indipendenza economica, che in una
certa misura vivere di politica
è fisiologico: «Il contrasto
non è assoluto. Di solito si
fanno Cuna e l’altra cosa;
idealmente almeno o anche
materialmente, chi vive per la
politica ne ricava di che vivere». Weber vede con preoccupazione che la categoria di
quanti vivono di politica e
quindi sono inevitabilmente
meno indipendenti e liberi
viene allargandosi a scapito
dell’altra, quella dei veri professionisti perché in loro professionalità coincide con vocazione, perché capaci di autentica leadership, di decidere
assumendone la responsabilità
comportamentale ed etica.
Fa effetto leggere oggi, a
75 anni di distanza, parole
che sembrano tratte dalla nostra quotidianità: «Il politico
di professione può essere un
puro "percettore di prebende” o un “funzionario” stipendiato o ricava entrate da
tributi ed esazioni per certe
pre.stazioni oppure intasca un
equivalente fisso in natura o
in denaro». E se in passato la
ricompensa al personale al
seguito di principi, condottieri, capipartito di successo erano feudi, donazioni di terra,
prebende, «oggi si tratta di
uffici di ogni genere in partiti, giornali, sindacati, casse
previdenziali, comuni o stati,
che vengono distribuiti dai
capipartito per servizi fedeli.
Le lotte di partito non sono
solo lotte per fini oggettivi
ma soprattutto per la distribuzione clientelare di uffici».
Far politica come professione non è esercizio per educande, c’è una logica diabolica dell’agire, dei mezzi rispetto ai fini, concede il protestante Weber citando Machiavelli: ma subito conclude
il suo discorso con la celebre
distinzione tra etica dell’intenzione (o della convinzione) ed etica della responsabilità. Non si può operare sempre secondo i dettami di un’
etica assoluta, secondo principi ritenuti giusti in sé, indipendentemente dalle circostanze e conseguenze. L’arte
del buon governo, del governo virtuoso sarà quindi da
perseguirsi nel campo di tensione permanente tra ptica
dell’intenzione ed etica della
responsabilità. >
Lorenzo Omaghi e V. Emanuele Parsi, ricercatori di
Scienze politiche all’Università di Milano verificano oggi
che la patologia della politica
che Weber vedeva presente
già nel 1918 è progredita intollerabilmente. Eppure il futuro, se vorrà essere genuinamente nuovo, non potrà che
far leva sulle antiche virtù del
«cives». Oggi più che al tem
po di Weber, nelle democrazie di massa c’è il problema
della formazione e selezione
del personale politico a cui
affidare responsabilità di governo più cruciali di ieri. Si è
affermato un meccanismo di
selezione alla rovescia, non
sono stati certamente i migliori a governare la città, lo
stato; lo rivela la statistica ma
basta guardarsi attorno per
avvedersene, c’è stata più devianza dalla legalità tra i governanti che tra i governati.
Sarà allora necessario riaffermare quella che dà il titolo al
saggio di Ornaghi e Parsi: La
virtù dei migliorp
In 190 pagine dense di analisi sul passato regime politico e su quello che si avvia a
prenderne il posto, corredate
di note di rimando alle fonti
esemplarmente precise, gli
autori illustrano la tesi che se
si vuole che la democrazia
funzioni, non si potrà fare a
meno di ricreare le condizioni
perché si riformino, oltre le
partitocrazie consociate nel
cooptare personale gregario e
ritagliarsi tornaconti particolari, vere élite responsabili
nei confronti dell’intero paese. Solo così potranno tornare
a politica i migliori, finora
scoraggiati e tenuti ai margini
dell’impegno, reimmettendo
nella Repubblica e nei suoi
cittadini nuove càriche di
virtù.
(1) Max Weber, La politica
come professione. Milano, Anabasi, pp 80, £ 8.000.
(2) L. Ornaghi-V. e. Parsi,
La virtù dei migliori. Bologna,
Il mulino, pp 190, £ 20.000.
Prolungateli
egei... e tn
li concentri
ia la
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i i proble®
sapere coit
stivo, nec®
iomo, se]»
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-etici dei
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Nellavita di Edmond Jabès ricorrono i problemi dell'antisemitismo e del Medio Oriente
Il rifiuto del manicheismo caratterizza
la spiritualità ma anche Tìmpegno civile
Le certezze di un cristiane®o trionfante ci hanno fatto
®enticare ogni interrogazioij inquietudine filosofi
ci sa® f®'L’antisemitismo nasce là
mi la parola e la scrittura
Wea non solo interpretano
persamente la Scrittura, ma
“e fanno un uso completaTO diverso. Il racconto biegrare "on è' un racconto esem
he verrà '-Le dovrebbe consacrare
ma allora
ualche
di Israele, poi la
rfjontà di potenza di un pos ®l^ho: al contrario esso
;^™ia della follia permatta! r conoscono tutti i
' quando confidano nel*>10 sole forze, quando cre
riom°?r'^ appartenga
Ia a * desideri cor
l^odono le stesse catastroappartiene all’ImJunciabile. Il solo Dio in
Hj ?"Lidare non ha altro no*icar lettere prive di
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colloe„.,,^he sj ^ 'sfarsi di un senso
fella letteralità che si
¡pire
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L’antisemitismo non cessa di turbare le coscienze degli europei
può individuare il testo biblico, ma nelle molteplici versioni di un interrogatorio che
guarda alla giustizia. Jabès è
forse l’ultimo dei giusti? Della sua opera non si possono
fare delle letture troppo ampie: si può solo riceverne lo
choc delle parole, delle parole
semplici, parole di tutti i giorni, a volte un po’ abusate, che
però un contesto inatteso risuscita: si può lasciarsi prendere
dall’avvolgimento delle frasi
che conducono verso una purificazione tale che le parole
prendono il nome di «vocaboli» nella lingua dello scrittore.
Così le parole di cui ci serviamo sarebbero altrettanti appelli, vocazioni, che si rivoltano contro la banalità dell’esi.stenza, i significati dei nostri
giudizi, il carattere inquietante delle nostre logiche che
procedono per secca esclusione: se non... allora..., ripetono
in abbondanza i nostri programmi informatici.
L’appello, invece, di Jabès
in favore dei negoziati tra
israeliani e palestinesi, dice:
«Che ipalestinesi, uniti dietro
il portavoce della loro scelta,
si facciano ascoltare, attraverso la sua voce autorizzata.
Che i palestinesi che non hanno portavoce si facciano
ascoltare attraverso le loro
ste.sse ferite. Che gli israeliani che sanno che per loro non
c ’è altro sbocco che il dialogo, si mobilitino. Senza timore né giri di parole/ Prima
che sia troppo tardi/ Colui
che accetta il dialogo non è
più un nemico».
(Il libro dell’ospitalità)
È ancora una volta il rifiuto
di quel manicheismo semplicistico che regge il più delle
volte il dibattito politico nel
mondo, rifiuto dell’etnocentrismo di una razza o della
sufficienza di una cultura che
non riesce più a interpretare
sè stessa come risultato provvisorio dell’interazione di tutte le culture.
Occorre ancora precisare:
l’ebreo (non più deH’armeno,
del musulmano o del cristiano) e in fondo ogni uomo designato dagli epiteti della propria cultura o etnia, non sarebbe raggiungibile come
realtà compiuta. Il Libro che
produce e che, di ritorno, lo
interroga, non può richiudersi.
L’interrogazione non potrebbe essere sventata. (...): «“Tu
ti conosci come ebreo, domani lo sarai - diceva - ; perché
essere ebreo, equivale a sposare Tal di là di un giudaismò
desideroso di superamento”.
'E aggiungeva: “Colpire un
ebreo nella sua giudeità è
sempre colpirlo nel suo diventare ebreo"».
Chiunque non si senta a
proprio agio con lo straniero,
dimenticando la propria condizione di straniero, chiunque
si sorprenda a prestare un
orecchio benevolo ai discorsi
razzisti, della paura per i giovani, del disprezzo per i vecchi, della morte per i poveri,
dovrebbe passare dalla meditazione dei vocaboli di Edmond Jabès. La storia dell’Est
europeo e delle sue illusioni
perdute dell’Occidente e dei
suoi massacri, quella del Terzo Mondo e quella del quarto
alle nostre porte, e quelle delle religioni di ogni dove, fossilizzati nei loro estremismi,
ci lasciano feriti e senza voce
ma non senza speranza e senza prospettiva.
Passando per la città delle
parole diventate vocaboli viventi, non potremmo ritrovare
la parola che resuscita il vivente che, in noi, a.spetta la fine della notte?
Bambini di famiglie immigrate in Norvegia
I molti volti della famiglia
II corso di studi interreligioso e interculturale su La famiglia
volta pagina?, che si svolgerà presso la Cittadella di Assisi dal
23 ab28 agosto, parte dall’idea che gli orizzonti culturali e religiosi si siano oggi dilatati tanto da far pensare alle differenze
come valori e come risorse piuttosto che a trappole discriminanti. Si parte dal grosso travaglio della nostra famiglia, ma poi
il corso si estende anche alla «famiglia dei popoli», alle macro
e microstorie, alle realtà «altre» che, ampliando i propri quadri
concettuali, moltiplicano i punti di vista consentendo ipotesi e
soluzioni, scoperte di insospettate e imprevedibili risorse.
Quanto al rapporto famiglia-religione, il corso innanzitutto si
chiederà che cosa realmente Gesù Cristo e l’amore di Dio indichino oggi per la famiglia dei credenti. Inoltre si porrà in ascolto delle altre confessioni cristiane e, senza lasciarsi scivolare
nel relativismo, anche delle altre religioni, senza dimenticare le
situazioni di disagio e le loro possibilità di evoluzione concreta.
Parteciperanno, fra gli altri relatori, lo psichiatra Vittorino
Andreoli, l’antropologo Massimo Canevacci, i sociologi Chiara
Saraceno e Sabino Acquaviva, l’islamista Euad Allam, l’etnomusicologa di cultura ebraica Myriam Meghnagi, il teologo
Giannino Piana e, nel confronto fra confessioni cristiane, Enzo
Bianchi (comunità di Bose), la pastora Anna Maffei, padre
Gheorghe Vasilescu, teologo ortodosso. Per informazioni tei.
075-813231 (fax 812445).
Libri
Una poesia introversa
Anche se in quest’ultimo anno ha occupato le pagine culturali dei quotidiani (e non solo) per il fatto di aver condotto in porto la grande fatica solitaria della nuova traduzione di Proust
(condotta per Mondadori sulla base dell’ultima edizione critica
e filologica francese), Giovanni Raboni è per prima cosa un
poeta (e forse proprio per questo era la persona indicata per tradurre la Recherche)\ lo testimonia anche la sua ultima raccolta*, segnata dall’esperienza della malattia e dal pessimismo sociale. Quella di Raboni è poesia difficile, elaborata in profondità, ogni verso testimonia di una sofferenza concettuale che
storce, ritorce e aggroviglia la sintassi, con il rischio di rendere
macchinosa la lettura, per dare più pregnanza a ciò che vuole
esprimere. Una strada inevitabile, probabilmente, per rendere
conto della complessità del reale, della difficoltà di spiegarlo,
del malessere che si prova a farci i conti insieme. Vi sono immagini (come quella degli alberi che gonfiano l’asfalto) che sono evocative eppure non bozzettistiche, non impressionistiche
ma, aneh’esse, «lavorate»: come a dire che di fronte al reale
occorre non farsi prendere dall’emozione, dall’apparenza, ma
occorre ragionare, sviscerare, discernere, provare e riprovare
per farsi un giudizio. E questo vale per tutto, per il paesaggio
come per l’esperienza esistenziale (che per Raboni è quella,
particolare, della convalescenza): se ancora ha un senso parlare
di coscienza civile dei poeti, è proprio in questo invito al discernimento e alla precisione contro la superficialità di oggi.
(*) Giovanni Raboni: Ogni terzo pensiero. Milano, Mondadori,
1993, pp 63, £22.000. .
I dubbi del pittore
«Chi fa un ritratto, dipinge se stesso». Questa vera e propria
dichiarazione di poetica si trova a pagina 75 del Manuale di
pittura e calligrafia*-, che non è un trattato di arte figurativa o
di bella serittura ma il romanzo d’esordio di José Saramago,
uno dei più importanti scrittori portoghesi di questo secolo,
quello die poi pubblieherà la Storia dell'assedio di Lisbona
(1990) e 77 Vangelo secondo Gesù (1992). Questa prima opera
narrativa è datata 1977, arriva tre anni dopo la «rivoluzione dei
garofani» e la fine della dittatura fascista, il cui crollo è descritto nelle ultime pagine del romanzo.
La vicenda è quella di un pittore di buon me.stiere ma di scarso ingegno personale, che effettua ritratti su eommissione e ne
vive deluso, al punto che di un industriale fa il quadro che poi
consegnerà dietro pagamento e poi anche una seconda opera
«per sé». La crisi per un quadro rifiutato a metà lavorazione da
una rieca famiglia borghese aceentua ancor più il disagio esistenziale di questo einquantenne pieno di dubbi, di passione per
l’arte italiana (che esplica in un resoconto diaristico da Venezia
a Firenze, Siena e Roma) e di bisogno di esprimersi con mezzi
che ritiene inadeguati (la pittura, ma anche l’attività dello scrivere). L’incontro con la sorella di un amico, comunista arrestato dal regime, gli farà scoprire nuove ragioni di vita.
(*) José Saramago: Manuale di pittura e calligrafia. Milano.
Bompiani, 1994, pp 264, £ 28.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
venerdì 19 AGOSTO
*
*9^
Una proposta pluralista per la riforma del sistema scolastico e formativo nel nostro paese
«Nuova idea per la scuola» da discutere
Il 13 luglio è stato presentato a Roma il documento «Una
nuova idea per la scuola - un sistema formativo e pluralistico e
flessibile, caratterizzato da ejflcinenza ed equità». Il documento è stato redatto da trenta intellettuali di varia estrazione: dirigenti del Pds (Mancina, Campione, Giulia Rodano, Vacca,
Veca, De Giovanni, Tranfaglia), cattolici democratici (Scoppola, Prodi e De Rosa), popolari (Manzini, Brocca, Pajno), laici
(Giovanni Ferrara, Luisa La Malfa) e valdesi (Paolo Ricca e
Mario Miegge). Pubblichiamo qui il testo e due prime reazioni,
sollecitando i lettori a proseguire. I contributi vanno inviati alla redazione di Torino.
Proponiamo queste idee alla riflessione e al dibattito del
mondo della scuola. Le sottoponiamo a quanti vogliono
costruire un’innovazione e
una modernizzazione fondate
sui valori della solidarietà e
della collaborazione, e non
solo su quelli della competizione; pensiamo che possano
rappresentare un contributo
alla costruzione di un progetto alternativo visibile e di una
sfida concreta del mondo della scuola. L’istruzione è una
funzione strategica della vita
civile, rappresenta un fondamentale diritto di cittadinanza, è una risorsa produttiva
essenziale per la vita del paese. La Costituzione repubblicana le ha attribuito un ruolo
decisivo: quello di rimuovere
gli ostacoli che, limitando di
fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Di più, l’istruzione costituisce la grande scommessa per
la rinascita morale, civile ed
economica del paese.
Il dibattito
Nel dibattito sulla scuola
appaiono oggi confrontarsi
due concezioni: la proposta
del buono scuola, dando per
scontato il degrado irreversibile della scuola pubblica,
sembra puntare a una destrutturazione del sistema formativo nazionale mentre nel contempo, alla posizione di
quanti affidano la trasformazione del sistema e la sua efficacia alla presunta capacità
salvifica della concorrenza
con il privato, sembra opporsi
soltanto la prospettiva di una
sostanziale conservazione
dell’assetto attuale dell’istruzione. Esiste al contrario
un’altra strada: quella di
quanti ritengono che nel campo decisivo della formazione
sia necessario che i pubblici
poteri indichino alla società e
allo stesso mercato obiettivi,
finalità e regole, di quanti insomma non rinunciano a rendere l’intervento pubblico efficace, concorrenziale, adeguato alle necessità dei giovani e del paese.
Il sistema di istruzione ha
svolto un ruolo essenziale
nell’incremento della qualità
della vita democratica italiana
ma oggi appare evidente che
la sua gestione sempre più
centralistica e burocratica costituisce una delle cause dell’inefficienza, della mancanza
di trasparenza, della rigidità e
deH’immobilismo che hanno
vanificato e frustrato le tante
energie e volontà che insegnanti, studenti e famiglie
hanno profuso nel tentativo
di introdurre nel sistema elementi di trasformazione, flessibilità, dinamismo. Per la
V verità, i tentativi volti a prefigurare un intervento complessivo sulla scuola e a mettere al centro dell’attenzione
la qualità dell’istruzione non
sono mancati, specie negli ultimi anni, ma sono stati ostacolati dalla resistenza degli
apparati e da conservatorismi
di ogni genere. La scuola italiana è più una scuola giudicante che una scuola docente,
è più una scuola che promuove o boccia che una scuola
che sostiene i ragazzi nel loro
apprendimento. E una scuola
dove manca la cultura della
sperimentalità e non si forniscono a sufficienza strumenti
critici di lettura della realtà:
in questo modo la scuola si
chiude anche alle sfide dell’
innovazione.
Proprio dove le situazioni
sono più difficili e disgregate,
la scuola non è messa in grado di operare per il superamento delle diseguaglianze,
per offrire a tutti pari opportunità. La conseguenza è un
altissimo tasso di abbandoni,
fatto socialmente iniquo perché a pagare sono soprattutto
i ragazzi che non hanno risorse intellettuali in famiglia.
Proprio dove c’è più bisogno
di scuola, lì ce ne è di meno:
questa scuola, insomma, appare oggi indifendibile a strati sempre più ampi dell’opinione pubblica. Studenti e'insegnanti vivono con grande
disagio la propria condizione
in una scuola così fortemente
burocratizzata che appare
sempre più incapace di offrire
agli studenti stimoli adeguati
e agli insegnanti spazi per accrescere e valorizzare la propria professionalità, anche a
causa di una arretratezza culturale e strumentale che non
le consente di dialogare costruttivamente con le nuove
forme della conoscenza e della coscienza collettiva.
Stato democratico
e sistema formativo
Lo stato democratico ha il
compito di assicurare le condizioni necessarie perché la
funzione del sistema formativo possa svolgersi secondo
principi di equità e di eguaglianza ma tale ruolo non
coincide automaticamente ed
esclusivamente con la gestione diretta. Siamo giunti a un
punto in cui, se si vuole rilanciare l’impegno solidale delle
istituzioni pubbliche sui temi
strategici della formazione, se
vogliamo porre l’obiettivo di
garantire la piena scolarità fino ai 18 anni mediante riforme che innalzino i livelli di
istruzione„è ineludibile la ridefinizione teorica e pratica
di quello che si deve intendere per scuola pubblica, alla luce dei valori di pluralismo, di
tutela delle minoranze e delle
esigenze di autonomia che costituiscono principi fondamentali della Costituzione repubblicana e sono propri di
una democrazia matura. Passare a una scuola fondata sulle autonomie, necessità largamente condivisa di fronte al
fallimento del centralismo
scolastico, è la base di un ripensamento del sistema pubblico dell’istruzione.
L’autonomia delle istituzioni scolastiche consente infatti
il dispiegarsi delle professionalità di cui la scuola italiana
è ricca, del pluralismo culturale che le è proprio, delle sue
capacità di innovazione, sperimentazione, interpretazione
delle nuove esigenze della
formazione; resìitui.sce al centro la funzione di indirizzo e
di perequazione fra le disuguaglianze propria dell’azione
di governo, consente alle autonomie locali e alle forze sociali, culturali e produttive
della .società civile di concorrere all’impegno formativo ed
è strumento, grazie alla sua
flessibilità, sia per una efficace lotta all’insuccesso scolastico sia per l’innalzamento
per tutti della qualità dell’offerta formativa. Per rendere
concreto il processo di innovazione strutturale del sistema
occorre procedere all’elevamento dell’obbligo, al riordino dei percorsi formativi e
all’ammodernamento degli
apparati didattici e strumentali. Tali scelte richiedono una
precisa quanto indifferibile
definizione dell’aumento delle risorse da destinare all’intero sistema formativo: limitarsi
a ridistribuire le attuali già
scarse risorse non consente
infatti alcun rinnovamento. *
Il nuovo sistema
formativo pubblico
La questione dell’investimento sulla formazione è il
punto essenziale in assenza
del quale il sistema educativo
nazionale è destinato a disgregarsi. Il livello di sopportazione per insegnanti, studenti e famiglie è prossimo al
limite; se non si vuol correre
il rischio di veder rifluire tutti
i soggetti, sia pure in modo
differenziato, verso chiusure
soggettivistiche o corporative
occorre affermare con forza
un punto di vista generale. La
ridefinizione dei poteri e delle competenze nel governo
del sistema da cui discende
l’autonomia delle istituzioni
scolastiche consente dunque
di passare a una nuova concezione della scuola pubblica,
coerente con i valori costituzionali e con il quadro generale stabilito dalle leggi d^lla
Repubblica, ma non più gestita solamente dallo stato. Si
deve pensare a un sistema
formativo pubblico, nazionale
e unitario, del quale partecipano scuole statali e non statali che accettino e pratichino
l’impegno di formare i giovani secondo i valori costituzionali, secondo gli indirizzi generali stabiliti dallo stato e
con un preciso sistema di valutazione.
Questa scelta non implica
in nessun modo la rinuncia
dello stato a svolgere il proprio ruolo nel campo della
formazione ma anzi ne rilancia la funzione, sia pure distinta dalla gestione delle
scuole medesime, di indirizzo, programmazione, sviluppo equilibrato, perequazione,
valutazione dell’intero sistema dell’istruzione, nell’obiettivo della valorizzazione di
tutti i soggetti e istituti scolastici. Un sistema siffatto è garantito dal pieno affermarsi in
ogni sua parte delle libertà di
apprendimento e di inségnamento che si realizzano tanto
più pienamente in quanto tutte le componenti della scuola
esercitano, attraverso le proprie rappresentanze, i diritti
democratici di proposta e di
controllo. 11 riconoscimento
dell’afferenza di una scuola
al sistema pubblico, dovrà avvenire ad opera delle pubbliche istituzioni con le dovute
garanzie.
Scuola statale
e non statale
Far parte del sistema pubblico comporta sottoporsi al
sistema nazionale di valutazione, adottare un regime di
autonomia analogo a quello
di tutte le altre .scuole, rispettare gli standard e gli indirizzi
validi per l’intero sistema, disciplinare il reclutamento degli insegnanti secondo criteri
oggettivi e tenendo conto del
valore del pluralismo culturale. Una delle conseguenze po
sitive di un sistema delle autonomie sta nella possibilità
di superare per questa via la
vecchia disputa tra scuola statale e scuola non statale: in
questo ambito infatti è possibile riconoscere alle diverse
opzioni ideali, sia di ispirazione religiosa che laica (come del resto alle forze sociali
e agli enti locali), l’opportunità di costituire scuole coerenti con i propri principi, che
contribuiscano a formare cittadini consapevoli e rispettosi
dei valori della Costituzione.
L’orientamento di tali scuole
non può e non deve considerarsi alternativo al sistema
pubblico di istruzione e ai
suoi valori ma piuttosto come
una sottolineatura e una specificazione di quei valori che
sono stati definiti dall’Assemblea costituente sulla basé
del confronto fra le diverse
culture presenti nella società
italiana e a partire da quel
principio di pluralismo che
costituisce il tessuto connettivo del sistema democratico.
D’altra parte anche la crescente presenza nel nostro
paese, come ih tutta Europa,
di popolazioni provenienti dal
Terzo Mondo pone per il futuro nuovi problemi nel campo dell’istruzione. Soltanto
un sistema di autonomie potrà consentire di affrontare la
sfida delle nuove differenze
con strumenti che permettano
sia la salvaguardia delle singole identità sia un processa
reciproco di conoscenza e integrazione.
Finanziamento
Lo stato, così, mentre non
recede dal suo impegno prioritario nella realizzazione di
un sistema formativo democratico, non abdica alla sua
responsabilità nei confronti
delle scuole private di qualsiasi orientamento: se lo facesse negherebbe l’eguaglianza di diritti dei suoi cittadini. È evidente che l’autonomia, delle scuole, per essere
effettiva, implica la responsabilità della gestione anche
economica. Tutte le scuole
del sistema pubblico, statali e
non, dovrebbero concorrere
(come per altro avviene negli
altri paesi europei) all’utilizzo delle risorse destinate
all’istruzione. Nella fascia
dell’obbligo, anziché definire
un sistema meccanico di contributi (buono scuola o altro),
si potrebbe procedere per
esempio con provvedimenti
quali la detrazione delle tasse
scolastiche pagate dalle famiglie e il riconoscimento per
gli utenti di tutte le scuole
della possibilità di attingere
ai finanziamenti degli enti locali. Siamo convinti che in tal
modo potrebbe avviarsi un
processo di costruzione di un
sistema formativo pluralistico
e flessibile, caratterizzato da
una riforma radicale dell’attuale modello centralistico,
inefficiente e perciò ingiusto:
un sistema caratterizzato da
efficienza ed equità, capace
di garantire a tutti i giovani il
diritto al successo scolastico,
in una scuola in cui possano
vivere a proprio agio.
Ci rendiamo conto che tanti
aspetti sono ancora da discutere, da precisare, da approfondire. Pensiamo che, già
nel mese di settembre, dovremo giungere a costruire un
appuntamento nazionale, un
forum di dibattito e di definizione di proposte puntuali,
che veda protagonisti le donne e gli uomini della .scuola,
gli studenti, gli insegnanti, le
famiglie; un forum che chiami a misurarsi assieme a tutti
noi le forze della cultura,
dell’economia e della politica.
Prime reazioni al documento
Piacevole sorpresa
imet
ELIO CANALE*
Il documento «Una nuova
idea per la scuola», firmato da vari intellettuali tra cui
Mario Miegge e Paolo Ricca,
è una piacevole sorpresa in
questa calda estate perché vi
si coglie il coraggio di rimettere in discussione principi
statalisti da regime finora
presentati e vissuti come sacrosanti.
In ordine di importanza le
idee chiave da sostenere, ma
senza contrapposizioni tipo
muro contro muro per non
compromettere l’attuazione
anche parziale sempre preferibile all’immobilismo o alle
ipotesi ventilate, sono le seguenti:
1) autonomia totale di ogni
istituzione scolastica, cioè
anche economica, che io auspico giunga fino alla nomina
degli insegnanti con criteri
oggettivi, secondo graduatorie di istituto (ruolo di istituto? perché no?, i concorsi si
farebbero ogni volta che necessiti, e velocemente). Il
compito principale dello stato
sarebbe di indicare alla società obiettivi, finalità e regole e controllare che ciò avvenga, senza che ciò significhi una gestione diretta delle
scuole. A ciò possono pensare, e bene, i Consigli di istituto, basta dame loro i mezzi;
2) creazione del sistema
formativo pubblico, di cui
possono far parte scuole statali e non statali;
Jebi
In occas
3) elevazione dell’
scolastico. Circa l’adesnt
mento dei percorsi formatiì
agli obiettivi definiti dall
stato ci si può affidare aicd ligrar
legideidoceMi:l.,pe4*JL
tazioni di^ffuse negli ultij > dee
20 anni hanno dimostrato ai che m
una serietà e capacità cC Lormi c
rvrvÌ il_^ r. :i
merityispetto; poi il control Tfra d '
lo dello stato e il confronto »et» ^
iionanti
cioè uni
dazioni
■risorsi
i; 30 an
lentari
("mone
dip
con le altre scuole
un’ulteriore garanzia;
4) detrazione delle
scolastiche pagate alle seno),
non statali, per un importi
pari all’effettivo costo né
scuole statali;
5) possibilità di accesso
finanziamenti degli enti wXn350 ir
li, in particolare per l’edifein ^ ^
e le attrezzature didattiche, ' isto l’inde
È inutile però ritenere die
per difendere il pluràlismo
culturale si debba ottenete iti?®**®
che agli insegnanti non'sij
chiesto di condividere o ri- ® ®
spettare in pieno i principi iiv
rinunciabili dell’ente gestore *
della scuola. o. A poch
L’unica pretesa possibile è
che prevalgano i principi
lo stato laico su quelli dell’ente gestore in caso di con-]
flitto. Mancano vari argi
menti come il problema degl
esami di maturità, ma ne dovremmo parlare a settembrej
come auspica il documento,
tentare di evitare inconclto'
denti discussioni parlamentari, come è avvenuto finora,
* Preside del Collegk
valdese di Torre Pellici:
Quattro carenze
AVERNINO DI CROCE*
Sono per me largamente
condivisibili i presupposti
da cui muove il documento:
mi pare assolutamente inconfutabile l’affermazione secondo cui le forze di governo, e
ahimè non solo esse, puntino
alla «destrutturazione del sistema formativo nazionale»,
ed è altresì vero, in definitiva,
che tale tendenza è contrastata solamente dalla «prospettiva di una sostanziale con.servazione dell’assetto attuale
dell’istruzione».
La proposta formulata dal
documento è di notevole interesse e «coraggiosa» seppur
bisognosa, a mio parere, di
ulteriori approfondimenti. È
bene dire e ribadire, in ogni
sede opportuna, che «pubblico» non è sinonimo di «statale», e che «privato» non è, a
priori, sinonimo né di efficienza né di confessionale né
di speculatorio.
E ancora: è giusto che lo
stato si preoccupi maggiorrnente della funzione di «indirizzo e di perequazione fra
le disuguaglianze», che assicuri lo svolgimento dell’azione formativa secondo principi
di equità e di eguaglianza, e
che di essa definisca, più
compiutamente, contenuti,
obiettivi e criteri di valutazione, preoccupandosi meno della gestione diretta. È però necessario:
1) definire con maggiore
chiarezza che cosa si voglia
intendere con l’espressione
«autonomia delle istituzioni
scolastiche». Sulla questione
vi è infatti una certa qual confusione: molti pensano a una
scuola-azienda, con il suo bel
Consiglio di amministrazione, con assoluta «arbitrarietà»
di giudizio rispetto agli obiettivi generali (posto che ve ne
siano) e alle modalità per il
loro perseguimento. Va inve
ce ridefinito e reso più incisivo il ruolo dell’amministrazione pubblica periferica, il
un contesto in cui enti loci,
forze culturali, sociali e piti
duttive siano soggetti prirnati
del governo di un sistema formativo, definito, quest’ultimo, in un quadro strategico
unitario e nazionale; ^
2) riconosciuto il pluralismo culturale come un valore
a priori, i requisiti sui quali»
fonda il riconoscimento dell’afferenza di una scuola a
sistema pubblico devono essere tali (e nel documento^
ne indicano alcuni assai validi) da potersi vagliare sena
alcun margine di discreziona
lità. Ciò anche allo scopo®
superare non solo la
le» tra scuola statale e scuo^
non statale, bensì quella, u
se più perniciosa, tra scuo
laica e scuola confessiona e,
3) occorre che si dica esp
citamente, e con la più '
luta chiarezza, che la scu
pubblica, statale e non statai
è gratuita per tutti; _
4) conseguenza
tuità è che la scuola pubb»
non statale, se è privata
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non statale, se i- p---- , .
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»•..«Rimetta ogni creditore
avrà dato in prestito al
aiofossimo»; «Quando il Signore tuo Dio ti avrà benedetto,Iccome te lo ha promesso,
tosterai a molte genti, e
i restituire nulla».
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di queste indicazioni
vengono ora messe in atto?
Nessuna. Anzi, si va decisamente in direzione opposta,
per esempio l’instranieri in Euro,|a,mentre la Bibbia raccò'manòa fi soccorrere e non opprimere «la vedova, l’orfano e
lo straniero». Quello che è an® più allarmante è che l’incidenza delle chiese cristiane
tiguardo alle scelte economici dei paesi definiti in magióranza «cristiani» è pressodfeiulla: il mondo occidentale Astiano si comporta come
tcMenon fosse. Gesià ha det'»Aiaramente: «Chi vorrà
^vare la propria vita la perirà, ma chi la perderà per
LETTERA APERTA A GIOVANNI GÖNNET E GIANNI ROSTAN
L'ASSEGNO PASTORALE
PIERO bensì
Cari Gönnet e Rostan,
avevo seguito con interesse il vostro scambio di lettere intorno alla canni didatura alla Camefa del pastore Giorgio Bouchard (efr n. 15 di questo giornale). Gönnet sosteneva che Bouchard.
avrebbe dovuto dare le dimissioni dal
corpo pastorale prima di presentare la
propria candidatura al Parlamento; Rostan rispondeva che nella chiesa non ci
sono laici e chieriei, siamo tutti laici al
servizio di Dio, ciascuno con un ruolo
particolare che il Signore gli ha assegnato. Mi sembra ovvio che il moderatore abbia ragione: nella chiesa c’è un
solo sacerdote, Gesù Cristo, gli altri sono tutti «laici» ciascuno con il proprio
«dono», ma tutti con la stessa vocazione di essere testimoni di Cristo.
Eppure, eppure... in queste affermazioni così bibliche e così riformate c’era
una nota stonata, che in un primo momento non ero riuscito ad individuare
ma che poi ho capito. Nella chiesa sia- mo tutti servitori, di pari dignità davanti
al Signore. I pastori non sono altro che
fratelli con alcuni doni e mansioni specifiche. Perché allora, mi domando, devono essere discriminati economicamente? Perché quando si parla (c giustamente!) della laicità dei pastori si ha
in mente il testo di Paolo «Vi è diversità
di doni, ma vi è un medesimo Spirito»
(1 Corinzi 12, 4), ma non si cita mai un
altro te.sto del medesimo apostolo «Il
Signore ha ordinato che coloro che an-^
nunziano il Vangelo vivano del Vange-.
-lo»? H termine usato da Paolo significa
vivere pienamente e non soltanto sopravvivere: quanto farebbe piacere ai
pastori vedere i loro fratelli non pastori
(anziché discettare sulla laicità pastorale) parlare un po’ seriamente degli «stipendi»* pastorali. Invece non se ne parla mai, in Sinodo o nelle Assemblee ge-^
nerali battiste; se ne mugugna sottovoce
tra una tazza di tè e l’altra .sotto gli al
beri della Casa valdese di Torre Pellice.
È mai possibile che, alle soglie del Duemila, gli stipendi pastorali battisti, metodisti e valdesi siano in Italia i più bassi d’Europa? A Firenze uno stipendio
pastorale è meno che la metà di quanto
guadagna mediamente ogni fiorentino,
lattanti inclusi, secondo una recente statistica.
È giusto questo? Non è bene che i pastori siano ricchi e neppure benestanti
(non potrei, personalmente, salire sul
pulpito se fossi una di quelle categorie)
ma essere poveri non significa dover
lottare per arrivare alla fine del mese!
D’accordo che i pastori hanno l’alloggio e il riscaldamento, ma insomma si
tratta sempre di miserie di fronte ai livelli retributivi attuali.
Vi siete mai chiesti, fratelli non pastori che parlate con tanta disinvoltura
della vocazione pastorale, che cosa si
richiede oggi ai pastori? Oltre al normale ministero della predicazione, della
catechesi, delle visite agli ammalati, ai
vecchi, ai disordinati e agli indisciplinati, dei funerali, dei battesimi, vi sono le
consulenze ecumeniche (gratis), le conferenze varie (gratis)j gli articoli sui
giornali (gratis), la partecipazione a comitati, sottocomitati, circuiti, distretti
con relativa relazione (gratis), gli interventi alla radio c alla televisione (gratis)
e infinite altre cose, sempre gratuite.
Quando nella chiesa si vuole che una
cosa sia fatta bene, a ehi ci si rivolge?
Al pastore, ovviamente! Ma è giusto
tutto questo?
So bene che alla maggioranza dei pastori questo discorso upn interessa più
perché vivono con uno stipendio (quello della moglie) e mèzzo (il proprio). In
tal modo la vita è meno dura, ma quando io sono entrato nel ministero (1946)
mi è stato fatto formale divieto di assu-^
mere qualsiasi altro lavoro retribuito e a
mia moglie è stato fatto capire, molto
discretamente, che sarebbe stato opportuno che si occupasse della, famiglia e
dellà chiesa (gratis, naturalmente). È
vero che il Signore non ci ha mai fatto
mancare l’indispensabile ma non è stato
facile vivere a un livello diverso della
media dei membri di chiesa. Soprattutto
non è stato facile per le nostre figlie doversi confrontare quotidianamente, a
. scuola e in chiesa, con il livello economico degli altri ragazzi; e quante volte
abbiamo sperimentato l’amarezza di
non poter dare alle nostre figlie quelle
cose semplici e modeste che tutti gli altri avèvano!
Non ce l’ho eon voi. Gönnet e Rostan, né con le nostre amministrazioni
ecclesiastiche, che distribuiscono quello che ricevono e spesso anche quello
che non ricevono! Ma pongo seriamente il problema di fronte alla coscienza
delle nostre chiese. Se ritengono che il
ministero pastorale (laico, s’intende!)
sia valido, devono anche mettere in
grado Í loro pastori di vivere, e non
semplicemente di sopravvivere a stento, secondo quello ehe è il livello medio del paese nel quale si opera. O credono forse le nostre chiese di non dover rispondere alla dura pàrola di Giacomo: «Il salario da voi frodato ai lavoratori che hanno mietuto i vostri campi,
grida.,.»? Riflettiamo seriamente. Non
si tratta solo di denaro: si tratta di ubbidire alla Parola di Dio.
Io spero che qualche storico sappia un
giorno mettere in luce l’enorme debito
di riconoscenza che le chiese italiane
hanno accumulato nei confronti dei loro
pastori in questi 150 anni (senza contare
gli antichi «barba» valdesi...).
(*) So bene che non bisogna parlare di
«stipendio» nel caso dei pastori, ma di «assegno mensile» graziosamente concesso. Ho
mantenuto il termine «stipendio» per essere
chiaro verso coloro che non sono abituati al
nostro ecclesiastichese!
amor mio la troverà» (Luca 9,
24). Le nazioni «cristiane»
(nella maggioranza) riunite a
Napoli per il «G7» si ritrovano proprio nel tentativo assurdo e fallimentare di «salvarsi»
dimenticando che l’ultima parola e azione spetta a Dio solo. Perché le chiese, anche
quelle evangeliche e protestanti sono così poco incisive?
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Pg» * I,
l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni pro“*-ri-.via Pio V15 bis, 10125 Torino.
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""“'■a parola £1,000
9«niiak> T ° ‘astata »a Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n, 176
^“atinanza inL'- ‘asponsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
“'aitata 5 marzo 1993,
a Pomoii^/l'?®a t®®-» à stato consegnato per l'inoltro postale all'LIfficio CMC Nord,
1 di Torino mercolecTi 27 luglio 1994.
a adeguarsi per trovare il consenso popolare e dei potentati
economico-politici, piuttosto
che a insegnare e a predicare
a chiunque la via deH’Etemo.
2) Perché cercano di svuotare l’oceano delle ingiustizie
usando solo il cucchiaino delle opere caritatevoli e diaconali, lasciando questo sistema
pressoché intatto.
Si dica pure che le chiese
sono deboli,, che hanno le
«batterie scariche», che «non
vi sono alternative». Come
profetizzava l’apostolo Paolo
nella II Timoteo (3, 5) «negli
ultimi tempi gli uomini avranno le forme della pietà, ma
avranno rinnegato la forza di
essa». Di quale forza parla
Paolo? Quella dello Spirito
Santo; leggiamo negli Atti (1,
8): «Ma voi riceverete la virtù
dello Spirito Santo il quale
verrà sopra di voi e mi sarete
testimoni in Gerusalemme, in
tutta la Giudea e Samaria fino
alle estremità della terra». Riduttivo è stato tradurre il greco «dùnamis» come forza, potenza, con il termine virtù,
che invece indica un’aleatoria
e meritoria caratteristica umana e non divina. Ora c’è da
chiedersi perché questo passo,
messaggio importante, sia così trascurato dalle chiese, individui e collettivi, che non ricercano con insistenza e costanza questa «dunamis» con
la preghiera, che è la sola forza. che può mettere in grado
anche dei semplici e umili pescatori, pressoché privi di cultura, di predicare con successo a uomini influenti e potenti
e di essere capiti.
Troppo spesso le chiese
protestanti in questi ultimi decenni hanno privilegiato la
cultura e le scienze umane anziché la ricerca della «dùnamis», la potenza dello Spirito
Santo, la sola che può veramente dare efficacia (e risultati) alla predicazione. Adesso
è il «kairòs», per incominciare a farlo, non aspettiamo oltre. Magari già dal prossimo
Sinodo, iniziando ad affrontare ogni argomento che verrà
trattato con un momento di
preghiera libera e spontanea
affinché lo Spirito Santo ci
aiuti e illumini ogni decisione
che veiTà presa.
Mario Alberione
Luserna San Giovanni
Il clic di prima pagina
Sere d'estate
Sere d’estate, serate in platea. A
tutti i livelli, in tutta Europa e non
solo, l’estate è occasione per assistere a spettacoli di teatro, di musica, di
danza, di cinema. Si riscopre il gusto
di uscire (a cui magari si rinuncia
durante l’anno), si gusta la compagnia. Le sere d’estate molte volte
servono anche a riconciliarci con le
nostre metropoli, meno congestionate in periodo di ferie, e a riscoprire le
loro bellezze storiche, artistiche e
naturali. La fotosi riferisce a un concerto sinfonico presso il teatro romano di Aspendos (Turchia).
Ricordarsi
della laicità
Grande è di questi tempi la
confusione sotto il cielo nel
nostro paese e nella nostra
chiesa. Con meravig>lia ho
troVato (cfr. «Il manifesto»
del 14 luglio, pp 8-9) le firme
di Paolo Ricca e Mario Miegge sotto un documento presentato alla stampa da dirigenti e intellettuali del Pds,
cattolici democratici e popolari, progressisti già del Pri,
ex appartenenti alla Rete, che
in buona sostanza al di là delle analisi più o meno puntuali
e condivisibili su punti particolari, ripropone il finanziamento pubblico alle scuola
private, che in Italia sono al
90% cattoliche. Si tratta insomma, se non ho capito male, di cancellare dall’art. 34
della Costituzione l’inciso
«senza oneri per lo Stato».
Se il Pds, per costituire con
il Partito popolare un nuovo
centro-sinistra, vuole fare alla
Chiesa cattolica l’ennesimo
regalo, si accomodi. Ci siamo
abituati dalla sua storia,
dall’inserimento nella,Costituzione dei Patti Lateranensi
(art. 7) all’approvazione del
nuovo Concordato nel 1984;
ma che ci fanno in simile
compagnia Ricca e Miegge?
Sono davvero persuasi che il
finanziamento pubblico alle
scuole private, in qualunque
forma attuato, sia un prezzo
ragionevole da pagare per la
costituzione di un’alternativa
al regime berlusconiano? O
pensano più semplicemente
che, dopo essersi presi l’8%c,
tanto vale incamerare anche
qualche piccolo beneficio per
le nostre scuole valdesi?
Dove sono andate a finire
le ragioni della lotta contro
l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica condotta con grande te
nacia dalla Chiesa valdese
negli anni ’80? Come privati
cittadini possono pensarla
come vogliono, ma se si presentano pubblicamente come
«personalità del mondo protestante» (così nel titolo
dell’articolo del «Manifesto»),-allora essi sono chiamati a rispondere della loro
scelta almeno sulle colonne
di questo giornale. Mi riservo
di intervenire anche sul «Manifesto».
Che testimonianza potrà
dare la nostra chiesa, se alcuni dei suoi uomini più significativi compiono simili operazioni? È un segnale in più, fra
i tanti, di una nostra progressiva perdita di coscienza e di
memoria? Chiedo alla Commissione d’esame che già sta
lavorando per il prossimo Sinodo che la nostra massima
assemblea riconfermi la nostra incondizionata difesa della scuola pubblica e dell’attuale testo dell’art. 34 della
Costituzione.
Giacomo Quartino
Genova
Santificazione
Spettabile redazione,
in riferimento all’articolo di
Florence Vinti (n. 29 di Riforma), ritengo che sarebbe molto interessante conoscere
l’orientamento delle chiese riguardo al tema della santificazione é alla sua valenza in
campo metodista e in campo
benedettino. Proporrei al giornale di sollecitare il dibattito
nelle nostre chiese e tra i nostri teologi, usando la domanda con cui la Vinti chiude 1’
articolo parlando della cena in
comune: «Confusione teologica o seguiamo lo Spirito, che
non toma indietro?».
Mi sembra peraltro che la
stessa redazione abbia, in un
certo senso, già risposto con
la scelta significativa del titolo dell’articolo. Per ciò che
mi riguarda, preferisco rimandare di entrare nel merito
del discorso in un secondo
tempo, qualora la mia proposta trovi consenso.
Ornella Gaetano Stillitano
Asti
• Il pastore Teofìlo Pons e famiglia comunicano il loro nuovo indirizzo: via Beckwith 10,
10066 Torre Pellice. Tel. 0121953370.
• Il pastore Paolo Sbaffi comunica il suo nuovo indirizzo:
piazza Massimo d’Azeglio 14,
50211 Firenze tei. 055-243116.
• Il pastore Ljidwig Schneider, che sarà consacrato nella
chiesa di Weissfrauen (Francoforte) il 30 ottobre; comunica
il suo nuovo indirizzo: Windmühlstrasse 9d, D-60329
Frankfurt-am-Main. Tel. 004969-253121 (casa), 0049-69231558 (chiesa).
RINGRAZIAMENTO
«Beati i puri di cuore
perché essi
vedranno Iddio»
Matteo 5, 8
Le famiglie Quattrini e Deodato
ricordano con riconoscenza la
preziosa, fedele collaborazione
per tanti anni della cara
Susanna Beux
di anni 101
deceduta all'Ospedale valdese
di Torre Pellice il 28 luglio 1994, e
rivolgono un grazie sincero alla
Casa delle diaconesse, con tutto
il personale, per l'affettuosa e costante assistenza.
Torre Pellice, 28 luglio 1994
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 19 AGOSTO
Lussemburgo: la politica europea in materia di immigrazione È stato convertito leggendo l'Evangelo di Giovanni
Accogliamo solo braccia per
il lavoro^ non uomini e donne
GIOVANNI ANZIANI
■j’’ uropa vietata agli immigrati». Nelle scorse settimane questo era il titolo apparso su alcuni quotidiani: che cosa era successo?
Lunedì 20 giugno a Lussemburgo, nell’incontro tra i dodici ministri degli Interni e
della Giustizia dell’Unione
europea, veniva approvata
una risoluzione sulla politica
per l’immigrazione extracomunitaria. La premessa di tale risoluzione afferma che «il
presente alto livello di disoccupazione negli stati membri
impone il bisogno di assumere il tema del lavoro come
fondamentale e facilitare
l’occupazione nell’Unione
europea». Per questo motivo
gli «stati membri tengano
conto, nell’ammettere lavoratori extracomunitari, della
necessità della piena occupazione dei residenti». Però il
primo paragrafo afferma con
grande chiarezza e con una
durezza formale particolare
che «gli stati membri rifiutano l’ingresso sul loro territorio ai cittadini extracomunitari in cerca di lavoro» e anche se «gli stati membri potranno far ricorso a immigrati extracomunitari soltanto quando non sarà disponibile la manodopera nazionale e comunitaria, o la manodopera non comunitaria dei
residenti legali permanenti»,
vi è certo una linea di frontiere chiuse.
Tale risoluzione non appare del tutto nuova; da tempo
si stava discutendo di una politica europea per l’immigrazione tenendo conto dei reali
bisogni del mondo del lavoro, cioè una politica per l’immigrazione regolata dalla domanda e dall’offerta. La novità consiste nel fatto che si
parli oggi di reale chiusura
delle frontiere europee dopo
una grave serie di atti di violenza razziale in vari stati e
dopo la vittoria di politiche
nazionali non favorevoli ad
accogliere i flussi migratori.
Dopo la diffusione della risoluzione vi sono state alcune
reazioni molto serie e preoccupate apparse sui quotidiani
italiani: quella del professor
Franco Ferrarotti dell’Università di Roma che afferma:
«E una delle giornate più desolanti della storia dell’Europa. Questo continente la cui
lingua e la cui cultura si sono
formate attraverso il crogiolo
di diverse civiltà dà il segno
di essersi ridotta a un club di
bottegai». Dobbiamo certo
dire che la risoluzione presenta delle proposte di politica per l’immigrazione non
praticabili e anche controproducenti. Facciamo alcuni
esempi:
- per accogliere regolarmente un migrante occorre
dimostrare che in tutti gli stati
membri dell’Unione europea
non vi siano lavoratori disponibili. Questo non è realistico
e comporta un apparato burocratico ingovernabile;
- perché un migrante possa
entrare regolarmente in un
paese europeo deve avere
un’autorizzazione al lavoro.
Anche questo non è realistico
dato che i lavori più richiesti
sono oggi quelli di collaboratrice domestica e nessuno assume una tale persona senza
prima conoscerla;
- tutta la risoluzione affronta il tema dell’immigrazione in termini di ordine
pubblico e di sicurezza nazionale non ascoltando chi in
L’Europa deve interrogarsi su come integrare gii stranieri
questi anni ha presentato anche a livello intemazionale linee politiche diverse per
un’Europa «casa della pace»
e non «fortezza».
Le previsioni per la vita di
molti immigrati extracomunitari in Europa sono preoccupanti: certamente vi sarà un
aumento di cittadini immigrati in modo irregolare con
l’impossibilità di governare il
fenomeno e con l’ovvia possibilità di spingere queste
persone nella criminalità.
Certamente vi sarà anche un
aumento dello spirito xenofobo in alcuni strati della popolazione europea, e fa meraviglia il fatto che di fronte al
razzismo si chiudano le frontiere: le vittime vengono punite! Le nostre chiese evangeliche in Italia cosa possono
fare in questa nuova situazio-’
ne? Segnaliamo l’immediato
comunicato stampa del presidente della Fcei, Giorgio
Bouchard, nel quale si afferma che «non vogliamo un ’
Europa con le porte e le finestre sprangate» ma «vogliamo contribuire ad affermare i
valori di pluralismo etnico,
culturale e religioso che sono
alla base di una vera demo
crazia».
Il presidente della Fcei, a
nome delle nostre chiese,
esprime una «viva preoccupazione per le recenti risoluzioni» perché «invece di affrontare coerentemente la
questione, ci si preoccupa più
che altro di rassicurare l’opinione pubblica». Il comunicato conclude auspicando ,che
i governi, tra cui quello italiano, «vogliano reimpostare
l’intera politica migratoria in
una linea di garanzia di diritti, di doveri, di sicurezza comune e di solidarietà nei confronti dei paesi più poveri».
Parlando delle nostre chiese
evangeliche italiane dobbiamo dire che esse arrivano in
ritardo e con gravi contraddizioni all’appuntamento con il
fenomeno deH'immigrazione
extracomunitaria. Non sempre si è saputo predicare e
agire con coerenza la parola
di Dio il quale ama lo straniero e invita ad usare giustizia
nei suoi confronti.
Dobbiamo tutti, oggi, porci
la domanda evangelica: «Chi
è il mio pro.s.simo?» Ricordiamo la risposta di Gesù con la
parabola del buon samaritano, ma tale ri.sposta non indica chi sia il fratello da acco
gliere, quanto che significa
amare concretamente. Gesù
«non chiede se la vittima dei
briganti fosse prossimo di alcuno o di tutti quelli che lo
videro, ma se qualcuno di loro si mostrò prossimo nei
suoi riguardi. Ciò che è fondamentale è l’amore, non la
prossimità» (T. W. Manson).
Possiamo oggi costruire in
Europa e in Italia rapporti sociali, politici, economici con
l’amore e la giustizia? È possibile fare dell’Europa una
«casa della pace» o siamo obbligati a farne una fortezza
che respinge migranti, rifugiati, profughi senza più diritti perché dobbiamo difendere
il diritto al lavoro degli europei? Noi oggi incontriamo
nuovi muri che dividono il
fratello dal fratello, nuovi
egoismi che rendono il prossimo un nemico, nuove lotte
che fanno della responsabilità
tra umani una parola uccisa.
Siamo in una società che ha
perso la cultura della giustizia
per i minimi e quindi è una
società in profonda crisi spirituale. Le preoccupazioni di
ordine economico o di sicurezza nazionale nascondono
di fatto la crisi reale dell’Europa di fine secolo.
Come credenti non possiamo essere assenti in questo
tempo perché «passare dal lato opposto» significa uccidere
il nostro fratello e la nostra
sorella, siano essi neri o gialli, evangelici o musulmani.
La forza dell’amore e l’azione della giustizia di questo
amore devono tornare con
nuovo vigore a imporsi sopra
ogni particolarismo e nazionalismo. Sapersi riconoscere
e sapersi scoprire il prossimo
di coloro che bussano alla_
porta delle nostre città per offrire accoglienza, libertà, giustizia significa dare speranza
a persone uccise dalla follia
dei potenti.
In diverse nostre chiese e in
diversi nostri istituti diaconali
già si opera perché lo straniero, l’orfano e la vedova siano
accolti come fratelli e come
sorelle permettendo loro di
gustare la libertà dei figli di
Dio e di sperimentare la potenza dell’amore fraterno.
Sempre di più le piccole iniziative già in atto siano conosciute e siano di stimolo per
tutti in questo nostro tempo di
oscurità e di barriere perché
la luce della speranza rischiari il tempo nuovo di Dio.
Un ex bramino ora diffonde la
Bibbia nello stato di Calcutta
gpedizi'
Torino
in caso
sipreg
via Pio
Un bramino, un sacerdote
indù, è diventato cristiano facendo l’esperienza di una
guarigione in famiglia e dopo
aver letto il Vangelo di Giovanni ricevuto tramite la Società biblica dell’India. Adesso vende Bibbie a Calcutta e
non perde l’occasione di parlare di Cristo agli indù.
Pulin Behari Chatterjee
aveva 45 anni quando la sua
vita cambiò: come sacerdote
indù aveva molti discepoli,
possedeva terre ed era il capo della famiglia più rispettata del suo villaggio. Fino al
1973 non aveva mai letto la
Bibbia o l’Evangelo di Gesù
Cristo, ci racconta.
«La nostra società odia il
cristianesimo, ma in quel periodo sentivo qualcosa di diverso nel mio cuore. Seguivo
le scritture indù, ma senza
soddisfazione. Così, insieme
con mia moglie, anch’essa
senza pace, iniziai un pellegrinaggio alla ricerca della
verità.
Poi si scoprì che mio figlio
era ammalato di tubercolosi e
il medico ne prescrisse il ricovero in ospedale; ma mia moglie si rifiutò di mandarlo perché credeva che il suo dio lo
avrebbe guarito. Piangemmo
e digiunammo molto, ma non
vi fu alcuna risposta. Un giorno mi sentivo così depresso
che pensai di suicidarmi. Avevo gridato al mio dio, avevo
seguito le tradizioni e i precetti, ma non era successo nulla.
Ero confuso e disperato.
Me/itre camminavo sulla riva del Gange, deciso a farla
finita, una donna mi chiese
dove stavo andando; le dissi
che avevo bisogno di incontrare il Dio vivente, poteva
aiutarmi? Certo, mi rispose, e
mi portò in una chiesa cristiana. Le dissi che odiavo Cristo
e non avrei mai creduto, ma
lei mi rispose che se volevo
conoscere il Dio vivente dovevo parlare con il prete nella
chiesa e dirgli che cosa cercavo. Andai dal pastore ed egli
vide che mi trovavo in uno
stato mentale penoso; rimase
in silenzio per cinque minuti,
poi mi diede un bicchiere
d’acqua e mi chiese perché
ero andato da lui. Gli spiegai
che ero un sacerdote bramino
e che ero venuto per sapere di
Dio. “Va bene - mi disse ora va’ a casa e toma qui fra
tre giorni, mi dirai come sta
tuo figlio”. C’era una gran
pace in quella stanza.
Tornai a casa e non dissi
niente a mia moglie. Dopo
due giorni vidi che mio figlio
migliorava e ricominciai a
sperare; dopo tre giorni rimasi stupito perché stava molto
meglio. Avevo fatto tante cose, ero stato perfino alla moschea, ma non era successo
niente ma da quando ero stato
a casa del pastore che mi aveva ricevuto e mi aveva parlato di mio figlio le cose erano
cambiate.
Quando tornai dal pastore
egli mi disse: “Il Signore Gesù Cristo ha aiutato tuo figlio”; era la prima volta che
sentivo il nome completo “il
Signore Gesù Cristo”. Il pastore mi diede un Nuovo Testamento, dicendomi di leggerlo e capirlo; mi chiese se
sapevo qualcosa della Bibbia:
hon ne sapevo niente.
Così lessi il Vangelo di
Giovanni. All’inizio parlava
di una “Parola”. Anche nell’induismo c’è una parola,
Brahma, che è il creatore del
mondo: solo la famiglia di un
sacerdote può pronunciare e
usare questa parola, e i bam
bini bramini la usano come
una preghiera. Ed eccola qui
questa parola, il creatore, ma
era nella Bibbia. Fui meravigliato di qpel che significasse
la Parola nel Nuovo Testamento, nell’induismo significa uno spirito supremo.
Leggevo il Vangelo di Giovanni con grande attenzione e
cominciavo a capirlo: mi ritrovai nelle parole di Giovanni 1, 14-16: “C’erano state tenebre nel mio cuore”. Poi mi
colpì Giovanni 3, 16-17:
“Poiché Dio ha tanto amato il
mondo che ha dato il suo unigenito figlio... perché fosse
salvato”. Capii che ero un
peccatore: prima non avevo
mai pensato di essere un peccatore, perché ero un sacerdote e i sacerdoti sono puri e
controllano la società. Così
cominciai a seguire i comandamenti di Gesù Cristo nella
mia vita quotidiana, divenni
cristiano, parlai a mia moglie
della buona notizia: essa
comprese e pregò.
Dopo essere diventato cristiano mi incontrai con gli
abitanti del villaggio e discussi della mia nuova vita
con più di 50 famiglie; alcuni
discepoli mi espressero il loro
odio e così pure i miei parenti
più vicini che mi costrinsero
a lasciare la casa, ma ero certo che Dio avrebbe provveduto. Cominciai a portare la parola di Dio .fra i non credenti;
lasciai il mio lavoro ed entrai
al servizio della Società biblica: ero felice e mi sentivo appagato. Quando ci sono dei
problemi leggo la Bibbia e
grazie ad essa mi rendo conto
dei miei difetti e correggo il
mio comportamento. Poi anche mio figlio divenne cristiano: dopo sei mesi dal mio
incontro con il pastore era
completamente guarito.
Dopo il 1980, anche l’atteggiamento dei miei parenti
cominciò a cambiare e la gente tornava a casa mia per di
scutere i suoi problemi: anche
mia figlia divenne cristiana
Molti indù vengono al nego
zio per sapere qualcosa ddlà
Bibbia. Io parlo con loro
chiedo se sono peccatoridicono di no. Ne discutiamoe
alla fine riconoscono di esserlo, e allora parlo loro della
Bibbia e del Signore Gesù
Cristo: domando perché sono
interessati alla Bibbia. Ad alcuni interessa dal punto di vista letterario o storico, altri
dicono che è un libro dì %.
sofia o di grandi valori morali
ma non credono che Gesù è il
Salvatore: pensano solo che
sia stato un grande uomo.
Discutendo con loro chiedo
se sono indù e i più lo sono:
dico loro il mio nome, da cui
capiscono che sono un bramino: allora li esorto a leggere
Giovanni 1 e chiedo loro di
rifletterci sopra. Qui vengono
fino a 25 persone il giorno,
indù o musulmani; anche i
cristiani vengono, ma corrono
su per le scale e chiedono uno
sconto. Preferisco parlare con
gli indù e i musulmani, che
oltretutto mi rispettano come
bramino; dico loro che il cristianesimo non è una religione ma una realtà, è amore.
Mi alzo tutti i giorni alle tre
di mattina e dalle 5 alle 6 sto
in meditazione, leggo la Bibbia e rifletto sui miei difetti
per correggermi. Giorno per
giorno faccio progressi, perché capisco sempre meglio la
Bibbia. La Società biblica è
la casa della parola di Dio, è
un luogo davvero prezioso
perché trattiamo direttamente
con la parola di Dio e non
con altre cose.
La Società biblica può arricchire i poveri per mezzo
della Bibbia: pregate per noi,
perché abbiamo una grande
responsabilità. Sia ringraziató
Dio, che attraverso la Bibbia
parla alle persone e portala
luce a tutti coloro che sono
nelle tenebre».
’VENE
*■
L'Editoi
corrispt
G
Campi in Toscana, Marche e Sicilia
Le chiese avventiste
e i bimbi di Cernobil
Anche quest’anno l’Opera
sociale avventista, continuando la felice esperienza
fatta durante il 1993, sta
ospitando circa 600 bambini
provenienti dalla Bielorussia.
Come tutti ricordano, il 26
aprile 1986 scoppiava il
quarto reattore della centrale
atomica di Cernobil. Una catastrofe, con conseguenze
inimmaginabili per almeno
tre generazioni, si abbatteva
su oltre il 50% del territorio
della Bielorussia. Non solo si
sono avuti danni gravi all’ambiente, al territorio, alla
flora e alla fauna, ma anche
agli abitanti che sono stati
avvertiti in ritardo di quanto
era accaduto. Migliaia di
morti, si parla di oltre 10.000
vittime fino ad oggi, e tante
malattie tra cui tumori, leucemia, disfunzioni al sistema
linfatico, al pancreas, alla tiroide, squilibri ormonali e
genetici, nanismo, diabete,
deformazioni. Poco ancora si
fa per decontaminare la zona: mancano i mezzi, il denaro, l’assistenza sanitaria necessari.
Per questo diverse associa
zioni occidentali, comp^
l’Opera sociale avventista.
stanno operando per ofmf®
ai bambini un soggior^®!Italia due volte l’anno. Mo
sono i vantaggi pet qu®*
bambini: respirare aria put“’
bere acqua pulita, mangia
alimenti non contaminano
la radioattività, rafforzare
sistema immunitario, mig
rare l'attenzione driran e
ore scolastiche
maggiore recettività ne> f
prendimento; inoltre, u ® .
radioattivo 137 viene q
dimezzato. . j¡
11 reddito dei
questi bambini (da -5“ .
dollari al mese) porrn®
pena l’acquisto di 8-10
grammi di arance e bana
(importate), e non consenj
loro di offrire ai bambin
tre possibilità. Grazie a ^
pegno di molti dofiV 3,0
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