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Anno 114 • N. 3
20 gennaio 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
BIBLIOTECA VALDESS
X0060 TORRE PEIL ICE
deUe valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TENSIONE IN ITALIA
Terrorismo; quale via di uscita?
MISSIONE OGGI
La mappa italiana della violenza politica, dell’intolleranza, dell’odio e del fanatismo — in questi ultimi giorni — si
è ancora allargata. Disperazione e repressione acuiscono la
spirale di una « violenza che chiama violenza ». Le bande dei
« killers » che sparano a vista hanno inaugurato, da tempo, un
« nuovo modo di far politica ». Ma questa violenza ripugna,
come ripugna ogni violenza. La rinascita morale e l’autorità
dell’ordinamento costituzionale del nostro paese non hanno
altra via se non quella di ricercare e combattere la radice
della nostra disgregazione sociale. red.
Terrorismo; Il problema non
è d’oggi soltanto. Ci son momenti di crisi di civiltà nei quali fatti violenti ci vengono addosso, altri più quieti nei quali
essi appaiono lontani ed affidati
solo alla storia del passato. In
realtà sono millenni e millenni
che la storia umana è una sequela di atrocità e di sadismo
indescrivibili. Quando i fatti sono vicini ci colpiscono gravemente, molto meno invece quando son lontani, come lo è stato
per il Vietnam e l’Angola ecc. o,
come ancora lo sono, per il Cile, per la Russia, per l’Argentina e via dicendo. Ë storia che
ha radici antiche e risale fino
al tempo in cui è apparso sulla
terra 1’« homo sapiens »... ma
sapiente in che cosa? Certo nello sfruttare j beni della terra,
ma al tempo stesso la vita del
suo simile, e più è stato capace
di evolvere la sua tecnica più
è stato crudele verso gli altri
fino ai limiti d’oggi in cui lo
sviluppo meraviglioso della
scienza non è rivolto tanto a
sfamare gli affamati quanto ad
opprimere uomini e popoli. Non
si possono dimenticare i gas usati da Mussolini in Etiopia, né
i campi di sterminio di Hitler e
nemmeno l’ipocrisia del processo di Norimberga condotto dagli stessi che hanno compiuto
poi crudeltà analoghe in Algeria,
in Vietnam, nel Cile, nel Gulah.
Siamo in una catena ininterrotta dove anello si sussegue ad
anello ed i costi crudeli son pagati quasi sempre da povera
gente. V’è una via d’uscita?
Ma parliamo dei terroristi e
di quanti con modi più o meno
espliciti seguono la stessa via.
Non sono rivoluzionari razionali che distruggono un mondo
vecchio per edificarne uno nuovo, ma rivoltosi irrazionali che
distruggono per protesta senza
prevedere quel che ne verrà. Riflettendo soprattutto sulla situazione del terrorismo italiano, mi
è venuta in mente, in questi
giorni, un’osservazione dell’economista francese François Perroux nel suo volume « Masse et
Classe» (1972). Egli nota che la
divisione fra capitalisti e proletari, impegnati in una lotta a
coltello fra di loro, è superata
oggi da un’altra analisi. Nel
mondo vi sarebbe, secondo il
Perroux, un ristrettissimo nucleo di persone che godono della maggior parte dei benefici,
un nucleo più ampio, ma comunque ristretto, di quelli che
partecipano in parte ai benefici, ed infine i miliardi di esseri
umani esclusi da tutto. Nel secondo nucleo siamo inclusi noi
tutti (professionisti, impiegati,
operai), nel terzo gruppo le
masse enormi dei sottonutriti,
di esclusi da tutto, di emarginati sia del Terzo Mondo come
di certi settori del mondo industrializzato.
Ora mi sembra — anche se
non ne son sicuro — che in Italia abbiamo avuto in questi ultimi mesi come un piccolo « test »
di quel che potrebbe accadere
su scala planetaria. Sono gli
esclusi, quelli senza un futuro
che si son ribellati, che hanno
distrutto, bruciato, sparato. La
loro non è stata rivoluzione, ma
ribellione irrazionale, rivolta.
Ciò che potrebbe accadere se il
fatto si riproducesse su scala
planetaria lasciamolo alla fantasia. Si può notare, comunque,
che se la loro reazione è irrazionale, essa parte da un’osservazione molto razionale di una
realtà sulla quale noi chiudiamo
gli occhi, cioè di un mondo che
non può proseguire per questa
via, che deve ad ogni costo cambiare rotta ài più presto, prima
che sia troppo tardi. Ora è proprio la fascia intermedia, la nostra, quella che gode parte dei
benefici, che ha gli strumenti intellettuali per mutare il corso
degli eventi, evitando scomuniche come chi non ha più nulla
da dire o da imparare e condanne come se i rivoltosi irrazionali non fossero più persone
umane (cosa che tragicamente
si verifica nelle carceri di Favignana, di Asinara in Italia e a
Stammheim in Germania). È
questa nostra fascia sociale che
ha la più grande responsabilità,
in questo momento storico, ed
è a questa che è affidato il maggior peso politico perché, in fin
dei conti, meno alienata della
prima e della terza e può ancora decidere un nuovo stile di
vita, una via nuova, da indicare
all’una e all’altra.
La critica più forte la si fa a
quelli che più si amano. Nella
fascia intermedia vi è gran parte della chiesa cristiana, cattolica, protestante o ortodossa che
sia. È questa che in primo luogo dovrebbe muoversi per comprendere le masse diseredate, vicine o lontane, come ha fatto
M. L. King e come tuttora fa
Helder Camara. Se la chiesa
fosse pronta a dare la sua vita
perché il mondo viva, come
purtroppo è pronta a proteggere i propri interessi, la sua voce sarebbe ben p'iù ascoltata e
potrebbe portare avanti, in maniera valida, l’annunzio della sola Via che è data agli uomini
per la loro salvezza. Allora questo suo annunzio sarebbe preso,
forse, sul serio, mentre non lo
è la sua religione. In questo caso il dialogo marxismo-cristianesimo darebbe frutti certo non
irrilevanti perché inteso non a
giudicarci ma a chiarirci reciprocamente quel che si ha da
fare per salvare il mondo
ora, (anche se il cristiano conta soprattutto sull’imprevisto
della storia: Cristo). Qui il discorso sulTausterità come occasione storica, concreta, per cambiare modello di vita ha tutto
il suo peso. Per quel che riguarda la chiesa, poi, posso dire che
il suo compito è l’annunzio, con
parole ed atti, del nuovo mondo di Cristo; però questo annunzio richiede che la chiesa,
come corpo di ■pristo,,- non pensi a salvarsi ma accetti di esser
crocifissa fino alla fine dei tempi. L’importante non è salvarsi
come istituzione (chiesa o partito) ma che il mondo viva. Via
lunga? La percorreremo insieme.
Si dirà che sono un ingenuo.
E sia. Però lascio a quelli che
non lo sono di trovare altre vie
che siano altrettanto realistiche
e rispondenti ad evitare la catastrofe dell’umanità.
Tullio Vinay
Sulle rive del
Lago di Mweru
( Zambia ) : tutta la popolazione coinvolta in
un progetto di
crescita sociale.
All’interno una pagina speciale sulla CEvAA.
Domenica 29 gennàio le chiese riflettono sul
loro impegno missionario.
Il superamento
del potere
« Ma tra voi non deve essere così. Anzi, se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servo di tutti ; e se uno vuol essere il
primo, si faccia schiavo di tutti». (Marco 10: 41-44).
Questa parola di Gesù può
portare a conseguenze di tipo
diverso. Ascoltandola, possiamo
CHIESA E MONDO PRODUTTIVO
Il compito delle imprese
Esiste da qualche tempo, in
Isvizzera, un gruppo di dialogo
Chiesa-Economia, di cui fanno
parte alcune tra le più note personalità del mondo ecclesiastico
e del mondo industriale.
Tale gruppo di lavoro ha precisato quelli che a suo giudizio
sono punti fermi della sua riflessione in una serie di tesi, con lo
scopo non solo di far conoscere
la sua opinione, ma assai più per
invitare al dialogo. Non si tratta
di un documento completo, con
la pretesa di esaurire la complessa materia, bensì di affermazioni
che paiono adattarsi al mondo
svizzero e che quindi non sono
esportabili senz’altro in un contesto diverso.
Nella serie di 9 tesi sulla « missione della chiesa cristiana » viene riaffermata la responsabilità
perché tutti gli aspetti della vita
siano contrassegnati da un’etica
di ispirazione cristiana. E’ perciò
diritto-dovere della chiesa di pronunciarsi pubblicamente sui fatti
del giorno e su avvenimenti di
più ampio respiro.
Questo richiede da parte della chiesa un senso di profonda
responsabilità nel formulare le
sue posizioni, nelle quali dovrebbe sempre essere chiaramente riconoscibile la base teologica dalla quale la chiesa prende le mosse, evitando di essere consciamente o inconsciamente strumentalizzata da un gruppo o da
un partito, soprattutto badando
a che nessuna dichiarazione di
rappresentanti di chiesa venga
confusa con una dichiarazione
ufficiale della chiesa stessa.
Per le imprese, anche qui in 9
tesi, si sottolinea che l’attività
economica è considerata un processo della società umana nel
suo insieme, che serve a coprire
i bisogni delTuomo in beni e prestazioni di servizio, processo che
ingloba ogni uomo.
L'economia svizzera è basata
attualmente su un sistema di
economia di mercato modificata,
vale a dire in cui lo stato e la società fissano il quadro effettuando, all’occorrenza, modifiche ritenute necessarie o opportune
per mezzo di misure di politica
economica e sociale.
« Le imprese sono costrette a realizzare degli utili di gestione, per poter far fronte alla
loro responsabilità economica
(assicurare la propria esistenza
a lungo termine, soddisfare altre
esigenze legittime, ad esempio
quelle dei collaboratori, degli
azionisti e del pubblico).
Affinché ogni collaboratore possa raggiungere l'efficienza e lo
sviluppo della propria personalità, l'impresa deve mettere in atto
concetti appropriati per la gestione del personale, la cooperazione e la partecipazione. Le imprese hanno una responsabilità non
solo nei confronti degli ambienti
direttamente interessati (perso
nale, azionisti, consumatori, fornitori) ma anche nei confronti
della società.
La dinamica delle imprese influenza l'evoluzione globale della
società, la quale però agisce anche sulle imprese. Questo processo può far nascere conflitti
sugli scopi perseguiti, tra gli interessi economici e lo sviluppo
sociale. Le imprese a carattere
internazionale devono cornportarsi come membri coscienti della loro responsabilità nei confronti della società di ogni paese
in cui esse operano. L'impresa
collabora in tal modo, nel quadro delle sue possibilità, allo sviluppo economico e sociale della
nazione.
Adottando questo atteggiamento l'impresa può trovarsi implicata in conflitti di interessi, ad
esempio tra paesi o gruppi di
paesi.
Uno degli aspetti della responsabilità globale delle imprese di
fronte alla società è di risolvere
i conflitti oggettivi o di interesse.
I principi delle imprese devono
di conseguenza ispirarsi anche a
considerazioni etiche e sociali ».
Rimane aperto, anche in questo campo, una grande responsabilità per la chiesa, perché
le sue parole, ponderate certo,
ma anche coraggiose, stimolino
a soddisfare le esigenze legittime
di tutta la società.
Bruno Bellion
pensare che Gesù voglia invitare i discepoli a disinteressarsi
completamente della questione
del potere sulla terra. Il campo
del potere, il campo dell'organizzazione politica, non riguarda i discepoli, non li interessa.
A loro deve interessare soltanto il servizio al prossimo.
Questa tuttavia mi sembra una lettura superficiale. Il campo del potere e il campo del
servizio non sono separati, come se stessero uno in una regione e l'altro in un'altra. Potere
e servizio riguardano gli stessi
uomini, le stesse situazioni; sono due modi opposti di agire
nella stessa situazione. Quindi
non possiamo evitare la questione: o il potere, o il servizio.
Quale dei due sistemi risolverà
i problemi degli uomini? È possibile risolvere i problemi umani evitando di servirsi del potere? Il sistema del servizio è abbastanza efficace per realizzare dei cambiamenti generali e
duraturi?
Eccoci in pieno nel dibattito;
ma anche questo secondo tipo
di lettura rischia di farci dimenticare il significato della parola di Gesù. Come spesso accade nei culti con discussione:
tutti si appassionano, ciascuno
dice la sua, ma dov'è andato a
finire l'ascolto comune della Parola di Dio?
E allora facciamo il tentativo di capire. Ripensiamo ai versetti precedenti, quando Giacomo e Giovanni dicono: « Siamo
pronti », e Gesù, con nostro
grande stupore, risponde «Sì».
Forse è proprio questo « sì » che
provoca la rabbia degli altri discepoli: Gesù è troppo buono,
Giacomo e Giovanni sono da
condannare, perché hanno avuto il torto di esprimere ad alta
B. Rostagno
(continua a pag. 8)
2
20 gennaio 1978
a colloquio con I lettori
Trieste: mostra d'arte
sulla Sacra Scrittura
« Una mostra che riguarda argomenti sacri e che non sia, in
senso tradizionale, una mostra
d’arte sacra è un avvenimento
culturale certamente anomalo
nella nostra città e nel nostro
Paese. La presenza a Trieste di
una forte colonia Protestante
consente però un confronto diverso con un argomento pittorico sin qui trattato nel passato
da un’unica angolatura.
La piena libertà lasciata ad
ogni artista di confrontarsi con
gli immensi contenuti della Bibbia consentirà, forse, allo spettatore un approccio nuovo con
un Libro il cui contenuto e l’influenza del quale riguardano tutti, credenti e non credenti. La
Bibbia è certamente, e prima
di tutto. Libro di Dio, ma è
anche libro di uomini; storia,
sofferenza e speranza di un numero enorme di uomini di ieri,
e di oggi ».
Con questa presentazione di
Claudio Martelli siamo invitati
alla prima mostra d’arte organizzata dalla Chiesa Evangelica
Metodista della Scala dei Giganti di Trieste. Il titolo generale
della mostra che comprende
opere di ventitré espositori, é :
FIRENZE
La Chiesa Metodista di Firenze è stata rattristata per la
morte della sorella Palma Boriosi, avvenuta il 22 dicembre
scorso.
Aveva 75 anni. Vedova del pastore Antonio Fegatelli è stata
la sua fedele compagna e collaboratrice, condividendo con lui
le gioie e le sofferenze di una
vita spesa per l’Evangelo.
I funerali, svoltisi nel tempio
di via dei Benci, si sono rivelati
una testimonianza di fede per la
larga partecipazione di cittadini.
Ai Agli ed ai parenti, colpiti
dal lutto, la comunità rinnova
le espressioni della sua simpatia,
invocando per loro quella consolazione, che solo la speranza cristiana può donare.
TORINO
La signorina Susanna Malan
ci ha lasciati, dopo una lunga
vita caratterizzata da un serio
impegno di servizio. Figlia del
past. Augusto Malan, che aveva
iniziato il suqf ministero in Sicilia (Catania e Riesi) e lo aveva continuato per venti anni a
Nizza, Susanna era nata a Nizza
nel 1890. Sorella del Prof. Arnaldo Malan, si era orientata
fin dalla giovinezza verso la medicina dedicandosi alla professione ed al lavoro di infermiera
volontaria nella Croce Rossa.
Nella prima guerra mondiale
aveva assistito i feriti nell’ospedaletto S. Giorgio n. 42 della 3.a
Armata. Nonostante la sua reticenza verso le apparenze, era
stata segnalata dai suoi compagni di ospedale, si, da ottenere
ben quattro onorificenze.
Non più giovane, affrontava i
disagi della Seconda Guerra
Mondiale, sempre come crocerossina; esercitava la sua assistenza nella Regia Marina presso navi-ospedali : Tripolitania,
Albania, Grecia. Infine dalla
Russia aveva accompagnato
l’ultimo convoglio di feriti (duemila!) da Karkoff.
Tertninata la guerra, la sorella
Malan prese parte alla Fondazione del Banco del sangue (fondazione Strumia), lavorandovi ogni giorno per ben 22 anni. La
sua perfetta conoscenza dell’inglese, del francese e del tedesco conferiva alla sua opera una
nota internazionale.
Intorno a lei, nel cimitero di
Torino, si raccoglievano il 3 dicembre un folto gruppo di amici e parenti. Due giovani crocerossine rappresentavano il ricordo del Corpo, del quale aveva fatto parte con generosità.
Gli ultimi mesi della sua esistenza terrena erano stati particolarmente difficili, ma il ricordo della sua persona era vivo
nei presenti.
La Sacra Scrittura: luoghi, persone, avvenimenti.
L’inaugurazione della mostra
ha avuto luogo il 23 dicembre
scorso, con la presenza di un
folto pubblico che ha apprezzato la novità d’impostazione di
questa mostra evangelica.
La mostra sulla Sacra Scrittura non è però l’unica attività
culturale di questa comimità. I
Metodisti triestini sono presenti nella loro città con tutta una
serie di conferenze : venerdì 9
dicembre ha avuto luogo la seconda parte della conferenza con
proiezioni sul tema « La rivo
luzione protestante », relatore
Claudio Martelli; il 13 dicembre
il prof. Sergio Molesi ha illustrato con proiezioni la sua conferenza su « Il Natale rielTarte » ;
venerdì; 30 dicembre ha avuto
luogo una tavola rotonda con
libero dibattito sul tema : « Protestanti oggi ».
È però una comunità che non
dimentica lo studio biblico: ha
affrontato infatti problemi come « la preghiera », e « la chiesa », e non trascura la preghiera
comunitaria; alla vigilia di Natale infatti ha avuto luogo una
riunione di preghiera.
Caratteristica della comimità
metodista triestina è di essere
guidata da laici ; quest’anno il
compito è affidato al giornalista Claudio Martelli, pastorelaico della Comunità di Scala
dei Giganti.
Il pastore Claudio Martelli e il vice Sindaco di Trieste durante
l'inaugurazione della mostra sulla Sacra Scrittura organizzata
dalla Chiesa Metodista di Trieste.
AGAPE
Obiezione di co5CÌenza
e servizio civile
Data: 9-12 febbraio 1978.
Lingua: italiano. Quota: 12.000 Lire (caparra 5.000 Lire).
•Questo incontro è destinato ad aprire Un confronto tra tutti coloro
che si sono posti il problema dell'antimilitarismo, e — in particolare —
gli obiettori di coscienza e gli antimilitaristi militanti e/o credenti. A
tale proposito ci soffermeremo in particolare sul servizio civile come uno
dei momenti più importanti dell'impegno antimilitarista.
Ci pare necessario tentare di superare le ambiguità politiche che
tuttora frenano il movimento degli obiettori. A tal fine si affronteranno
tra i motivi di,possibile ambiguità quello del fattore religioso nella scelta del servìzio civile.
Con questo primo Incontro sì cercherà di individuare quale deve essere il contributo specìfico del movimento degli obiettori di coscienza
nella lotta per il socialismo.
Per consentire agli obiettori in servizio la partecipazione, il campo è
necessariamente breve. Crediamo comunque che questo debba essere il
primo di una serie di incontri e di iniziative, tesi ad approfondire il confronto e precisare i nostri obiettivi.
Se i risultati lo consentiranno, è intenzione degli organizzatori dell'incontro pubblicare gli atti del convegno e il materiale preparatorio.
Iscrizioni presso Segreterìa Agape - Frali - Tel. 0121/8514.
IL PROGRAMMA
9 febbraio: arrivo dopo cena — introduzione al campo e calendario
deirincontro;
dal 10 al 12 febbraio: sono previste le seguenti relazioni, seguite da dibattiti e discussioni in assemblea plenaria o in gruppi:^
— Le lotte antimilitariste nella storia recente: riferimenti e prospettive.
— La situazione militare italiana.
— Le posizioni dei cristiani e delle chiese nei confronti del militarismo.
— Esposizione dei primi risultati deirinchiesta su Obiettori di
coscienza e servizio civile in Italia.
— Esperienze, problemi e prospettive del servizio civile in Italia.
12 febbraio: partenza prima di cena.
PROSSIMAMENTE
A TV PROTESTANTESIMO
La rubrica « Protestantesimo » ha programmato un ciclo di tre trasmissioni sul programma dell’educazione sui seguenti argomenti :
DOMENICA 22 GENNAIO — seconda rete — dopo TG2 notte:
L’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche presentazione
della posizione protestante su questo problema in un dibattito a cui
partecipano il pastore Giorgio Bouchard, Franca Mazzarella, insegnante, e Lucio Lombardo Radice, direttore della rivista Riforma
della scuola.
LUNEDI 6 FEBBRAIO — seconda rete — ore 22.45 :
/ giovani e la Chiesa trasmissione gestita in collaborazione con una
commissione nominata dalla Tavola Valdese e dalla Conferenza Metodista, incaricata di indagare sulle cause di abbandono della chiesa
da parte dei giovani alla luce dell’educazione religiosa ricevuta. Attraverso un’inchiesta si cerca di presentare elementi di riflessione e
discussione per le nostre comunità su questi problemi.
LUNEDI 20 FEBBRAIO — seconda rete — ore 22,45 :
Istituto Gould. Documentario su un’opera educativa evangelica inserita in un quartiere di Firenze nei vari aspetti e momenti della
sua attività.
■ Perché non ridurre
il formato?
E' stata una gradita sorpresa, per
me che ne faccio collezione, di trovare, nel n. 1 del 1978 deirEco-Luee,
iUndice dell’annata 1977. Mi domando però quanti sono i lettori che collezionano le annate dell’Eco-Luce; ne
avete un’idea? Comunque, anche se
non vi fosse nessuno che he fa la raccolta l’indice sarà utilissimo per chi
vorrà consultare le annate custodite
nelle biblioteche.
L’Echo des Vallées alla sua nascita,
nel 1848, aveva un formato 1/4 di
quello attuale e tale formato si è conservato fino ai primi anni del 1900
(salvo un intervallo di tre anni,
1875-1877 in cui il « Témoiu, Echo
des Vallées Vaudoises » è stato di formato metà dell’ Eco attuale). Questo
piccolo formato ne rendeva più facile
le conservazione, (era anche un tempo
in cui c’era meno stampa in giro e la
gente era più economa) e a fine anno
la rilegatura e specialmente la conservazione negli scaffali di una biblioteca
assieme ad altri libri. Poi nel 1906
(salvo errore) il formato è diventato
aU’incirca quello attuale e non ha più
variato. Ciò ne fa, se si rilegano, dei
volumi piuttosto ingombranti, che le
Biblioteche possono collocar© in appositi scaffali, cosa che può più difficilmente fare un privato.
Mi domando se, senza tornare al
piccolo formato di una volta, vi siano
delle difficoltà tipografiche, e in conseguenza economiche, a ridurre il formato a metà di quello attuale e a 16
mezze pagine anziché 8 grandi, ne risulterebbe a fine anno un volume meno ingombrante e ne incoraggerebbe la
conservazione.
Cordialmente
Osvaldo Coisson
■ Vogliamo che tutto
crolli?
Rispondo alla lettera di Franco Sommani apparsa nel n. 1 del 6 gennaio ’78.
Perché non vucde entrare in merito
all’articolo? Uno scritto è un tutto
-unico ed inscindibile e non si può polemizzare frase per frase.
Il significato era che noi Valdesi, indipendentemente dalle azioni più o
meno valide dello Stato, dobbiamo
mantenere i ns. Istituti, non smobilitarli o lasciarli fagocitare dallo Stato e
ridare loro quella impronta di testimonianza evangelica, che sì va perdendo.
Sommani casca dalle nuvole e vuol
sapere di che parlo. Anzitutto preciso
che ho scritto « di istituti che di Valdese hanno solo più il nome » non
c( di tutti gli Istituti ». Intendevo parlare, per esempio dell’Orfanotrofio Valdese di Torre Pollice, per cui c’è stata
una lunga polemica sull’Eco (perché
Sommani non è intervenuto?) degli Artigianelli di Torino in completo
disarmo materiale e morale, dove una
volta si preparavano evangelicamente
alla vita i giovani più sfortunati (mio
padre c’era stato e ne serbava un ottimo ricordo) e degli stessi ospedali dì
Torre e di Torino, del Gould ce ne
potrebbe parlare lo stesso Sommani.
Certo, molti resistono e tra questi
amo citare il Rifugio e l’Asilo di S.
Giovanni, l’ospedale di Pomaretto, la
Casa delle Diaconesse, il Collegio (ma
quante battaglie per affondarlo!). Ci
vuole tutta la carità e la dedizione di
pochissimi Valdesi per tenerli in piedi,
spesso veramente attaccati « a tradimento » dagli stessi Pastori, oltre che
dai laici (legga sull’ultimo Eco la nota
(( Il comitato del Collegio in Tribunale » dove si dà già per colpevole il Comitato del Collegio, prima della sentenza, anzi prima del processo!) Vuole
Sommani che tutto crolli prima di dare il grido d’allarme, vuole fare la politica dello struzzo? Non esìste più diaconia perché derisa e mortificata dai
progressisti. A queste opere i nostri
padri e nonni dedicarono il loro tempo
libero (ed era assai inferiore al tempo
libero di oggi) non solo il loro denaro,
che non bastava.
Il Vice Moderatore Bouchard, in una
recente conferenza a Torino, ha detto
dì voler difendere le « opere » Valdesi,
ma che queste erano 48 e quindi troppe : a molte dovremo rinunciare. Se
sostenere che lo Stato debba incaricarsene sia difenderle e mantenere loro
l’impronta Valdese, proprio non so!
Il fratello Sommani ritiene « stilettale » (a... tradimento poi!) le mie osservazioni preoccupate per il poco
amore che la Chiesa Valdese dimostra
per le opere, mentre preferisce essere
attenta alle cose del mondo? Benedette
quelle stilettate se risveglieranno le
coscienze, se altri sì muoveranno perché i nostri Istituti restino « nostri ».
Da quando un gruppo di Valdesi cerca di risvegliare l’amore per la Chiesa
ciò serve da pungolo e qualcosa si sta
muovendo in tutti i settori nella conduzione della Chiesa e nella partecipazione alle opere, ben venga, dunque,
un risveglio delle coscienze e delle anime, che pungoli o che « stiletti » tutti noi.
Aldo Rostain
■ Perché non si parla
del tribunale
Sacharov?
Egregio Direttore
Siamo un gruppo di evangelici di
Roma, abbonati e lettori puntuali del
suo giornale.
Desideriamo esprìmerLe tutta la nostra meraviglia per il fatto che non ci
sia stato neppure il minimo cenno
sul Suo giornale ad un avivenimento
riportato invece da tutti i principali
quotidiani d’Italia : ci riferiamo alle
udienze internazionali del Tribunale
Sacharov, che hanno avuto luogo a
Roma per ben tre giorni consecutivi.
Sappiamo che esiste una redazione romana del giornale, che altre volte è
stata ben sollecita nel riferire argomenti di più scarsa portata, ma non ci risulta che alcuno dei Suoi membri vi
abbia partecipato.
Siamo a conoscenza invece del fatto
che l’invito ad essere osservatori con
diritto di parola per porre domande è
stato inviato ai Pastori delle Chiese (e
uno di essi ci è andato a titolo personale) e che un’abbondanza di documentazioni ciclostilate è stata posta a disposizione sia dei presenti che dei rappresentanti della stampa. Non vorremmo esagerare l’importanza del nostro
pìccolo periodico ecclesiastico, che tanto chiasso seppe fare per un cc Mistero
buffo », ma forse la mancanza di una
nostra presenza e voce può essere consolata dalla constatazione che tutta la
sinistra di Roma, dalla ben pensante a
quella autonoma, e persino il sindaco
della città, che ovviamente rappresenta i cittadini, e non le proprie idee
politiche, ci furono compagni e fratelli nel disinteresse. Le testimonianze
dei presenti alle udienze (ex internati
dei lager sovietici), e gli interventi di
giuristi di fama mondiale, ad es. sul
caso Orlov e sulle incongruenze tra
legislazione penale sovietica e comportamento di fatto dei giudici di quei
tribunali, oltre al essere stati veramente impressionanti, ricordavano vagamente le incongruenze ©d assurdità di
casa nostra, e non sarebbe stato vano
se i lettori del giornale avessero avuto una informazione di prima mano.
Ci auguriamo di essere stati disattenti se non abbiamo letto con sufficiente oculatezza il giornale — nel
qual caso chiediamo scusa — e la preghiamo di indicarci in qual numero la
notizia è apparsa o apparirà.
Con fraterni saluti.
Seguono venti firme
Cari fratelli^
vi ringraziamo per la vostra segnalazione. E* vero: la notizia delle
udienze del tribunale Sacharov non è
apparsa sul giornale e ne chiediamo
scusa ai lettori. E’ stata una grave
mancanza e non è disgraziatamente la
sola. Una delle cause è stata forse
il fatto che il gruppo redazionale romano e composto di persone sovraccariche di svariati lavori e non sempre
presenti in sede.
Ci auguriamo di ricevere al più presto un vostro articolo e, se fosse possibile, anche una copia dei documenti
pili importanti messi a disposizione del
pubblico e della stampa. Dato che il
giornale è piuttosto di dibattito dei
problemi che di informazione immediata (sia per scelta, sia per colpa dei
nostri mezzi limitati e del disservizio
postale), Vargomento sarà sempre interessante, anche se non di stretta attualità.
Vorremmo però cogliere Voccasione
per far presente, non solo a voi, ma a
tutti i nostri lettori e in modo particolare ai membri delle chiese metodiste
e valdesi che il nostro piccolo periodico
non ha nemmeno un solo giornalista a
tempo pieno per assicurare Vampiezza
e la tempestività delle informazioni.
Questa può tuttavia essere migliorata
se ognuno di noi, anche senza scrivere
articoli o lettere al direttore, sentirà come suo dovere, e come apprezzata collaborazione, rinvio di tutte le notizie
di cui venga a conoscenza e che pensi
possano interessare i fratelli. Naturalmente non tutto potrà sempre essere
pubblicato, ma lavorando in questo
modo arricchiremo il giornale, lo sentiremo più nostro rendendoci conto della nostra corresponsabilità per unHnforinazione attenta e puntuale, esprimeremo anche così una delle caratteristiche del protestantesimo, il rifiuto
di scaricare tutte le responsabilità sugli addetti ai lavori.
La risposta è redazionale poiché il direttore è in viaggio.
3
20 gennaio 1978
3
I
MONTPELLIER: INCONTRO EUROPEO DEI DOCENTI IN TEOLOGIA_______
Per una realtà di diaspora
non parroci ma animatori di comunità
E’ necessario imparare un nuovo modo di fare teologia; non è sufficiente scrivere libri e preparare sermoni, occorre lavorare con i credenti in maniera teologica. Quali sono gli strumenti
migliori e come si deve fare per comunicare con il mondo di fuori? L’identità di una minoranza
I docenti delle Facoltà di teologia protestanti dei paesi dell’Europa latina si sono riuniti a
"Montpellier, in Francia, nella seconda metà di settembre, per
uno dei loro consueti incontri
di studio. La giornata del 19 settembre è stata dedicata a un
incontro tra i decani di quelle
Facoltà (per la Facoltà valdese
di Roma era presente Bruno
Corsani) e il Comitato di Continuazione della Conferenza delle
Chiese Protestanti dei Paesi Lafiri d’Europa.
Nel corso dei dibattiti sono
emerse due esigenze di fondo.
La prima è che le facoltà cerchino non solo di « produrre teologia », cioè di scrivere libri e articoli, ma di « teologizzare con
la gente », cioè di lavorare insieme con i credenti su un piano
teologicoi. È quanto già cercano
di fare i diversi « collettivi teologici » che esistono qua e là, anche da noi. Non mi dilungo su
questo punto perché toccherebbe a coloro che partecipano a
tale attività giudicarne l’efficacia e proporre eventuali miglioramenti ed estensioni dei singoli
progetti.
La seconda esigenza si riferisce alla differenziazione dei ministeri. Lo schema classico è
quello secondo cui il ministero
vero e proprio è quello del pastore di parrocchia a pieno tempo. Accade poi di fatto che in
qualche caso vi siano dei pastori che per motivi diversi assumono un lavoro secolare pur
continuando a servire una comunità, ma lo schema generale
non cambia. E non cambia neppure quando alcuni pastori si
specializzano in settori molto ristretti (assistenza agli handicappati, ai drogati, ecc.); essi costituiscono delle eccezioni, che devono rimanere tutta la vita in
quel campo molto preciso di attività, con notevoli difficoltà di
ricambio, oppure rientrare a un
certo momento nel pastorato
« parrocchiale ».
Questi ministeri estremamente specializzati sono una risposta approssimativa e manchevole a una situazione che si sta
rnodificando. Nei nostri dibattiti sinodali sui regolamenti ecclesiastici continuiamo a ragionare in termini di « pastori »,
« anziani » e « diaconi », che sono i ministeri classici della parrocchia riformata, accettati nella chiesa valdese al momento in
cui la diaspora medioevale fu
sostituita dallo schema parrocrocchiale, sia pure ristretto alla
piccola zona delle valli valdesi
e poi applicato senza grosse
modifiche alle comunità della
« evangelizzazione ».
Animatori di diaspora
Oggi viviamo — mi pare —
in una situazione di transizione
verso una nuova forma di diaspora. Per un tempo avremo un
certo numero di nuclei numericamente consistenti e ben strutturati, che potranno vivere secondo lo schema parrocchiale, e
ai quali occorreranno dei pastori nel senso classico, dei « parroci » protestanti.
Ma avremo di più in più- delle vaste zone di disseminazione,
che non potranno più essere
considerate come delle appendici delle comunità più vicine, ma
andranno invece curate per se
stesse, senza campanile (neppure simbolico) a cui riferirsi, ma
con un riferimento e un collegamento con altri fratelli ugualmente disseminati e isolati. In
queste realtà occorrerà non un
« parroco », ma un « animatore
di diaspora »: più o meno quello che si è già ipotizzato qualche anno fa con il nome di « teologo itinerante ». Salvo il fatto
che il concetto di teologo itinerante richiamava in qualche misura l’idea di un rapporto basato suH’indottrinamento, men
tre la situazione di diaspora richiede che si valorizzi al massimo l’autoformazione dei singoli e dei gruppi.
Un animatore di diaspora
avrebbe di rado il compito di
predicare ma dovrebbe piuttosto mettere i piccoli gruppi in
grado di fare autonomamente
degli studi biblici regolari, facendoli poi magari culminare in
qualche incontro annuale o semestrale di tutta una vasta zona. Dovrebbe poi mettere i genitori in grado di realizzare l’istruzione e l’educazione religiosa dei loro figli, in rapporto
ideale, ma anche reale, con altri
gruppi e famiglie della diaspora, e in eventuale contrapposizione all’ideologia della scuola e
dell’ambiente; un consigliere pedagogico che potesse aiutare altri ad approfondire il problema
di come educare i giovani della
diaspora ad essere inseriti nell’ambiente ma non plasmati e
assorbiti dall’ambiente locale.
In un paese in cui la religione
è ancora largamente vissuta come dipendenza da qualche istanza superiore e lontana, dovrebbe favorire l’autonomia, d’autoformazione, il collegamento orizzontale, la consapevolezza positiva della diversità e delle sue
motivazioni.
Teologia
e comunicazione
Un terzo orientamento dei ministeri riguarda le comunicazioni con l’esterno: radio, televisione, stampa. Può darsi che il
mio attuale impegno in questo
settore mi induca a esagerarne
l’importanza. Tuttavia mi pare
che se non si vuole rimanere
chiusi in un ghetto occorre stabilire una comunicazione con
l’esterno attraverso i mezzi che
lo raggiungono realmente e in
termini tali che i destinatari del
messaggio lo comprendano. Infatti un discorso rivolto formalmente verso fuori ,ma tenuto in
un linguaggio « interno », non
fa che sottolineare l'estraneità,
l’isolamento, la « ghettizzazione »
di chi lo pronuncia.
Mi stupisco al constatare sempre di nuovo quanto sia difficile
comunicare con l’esterno per
chi è stato educato a predicare
per l’interno della comunità. E
molto spesso anche i fratelli
non pastori, pur vivendo nel
mondo, adottano in materia religiosa un tono sermonistico e
un linguaggio inconsueto che
rende la loro testimonianza poco comunicante. Ci sono probabilmente delle rèmore psicologiche derivanti dalla strategia difensiva delle nostre chiese in
questi anni, ma ci sono certamente anche delle carenze di
preparazione teorica e pratica
in questo settore. Naturalmente
bisogna avere qualche cosa di
preciso, di importante, di « alternativo » da dire; e per dirlo
bisogna prima di tutto viverlo;
ma bisogna anche saperlo esprimere nel linguaggio e nella concettualità degli altri.
Il quarto orientamento è quello dei « dottori », ossia dei teologi. Non devono ridursi a topi
di biblioteca, specialmente se si
vuole che facciano teologia con
la gente, ma è certo che il loro
lavoro di ricerca esige un grado abbastanza elevato di specializzazione. Ed è un lavoro di
grandissima importanza per una
diaspora. Una chiesa di massa
può andare avanti per molto tempo spinta, per così dire, dal suo
proprio peso; ma una minoranza disseminata deve sempre sapere chiaramente perché esiste
e perché si differenzia; e quin
di dev'essere aggiornata, capire
la situazione, essere rifornita di
argomenti e di pensieri con i
quali discutere con la maggioranza, ma discutere anche con
se stessi, ossia con quella cultura del mondo maggioritario che
preme e penetra nell’intimo dell’isolato e del minoritario, e contro la quale non vale una strategia difensiva, ma solo una costante rimessa in questione dell’altro e di se stessi in pari
tempo.
Questi quattro orientamenti
(pastore di parrocchia, animatore di diaspora, uomo delle comunicazioni, teologo-ripefcatore)
non sono rigidamente esclusivi;
è sempre possibile che qualcuno
sia in grado di far bene in più
di un campo, tuttavia si tratta di
linee differenti, nessuna delle
quali dovrebbe esaurire in sé
« il ministero ».
Una chiesa che oggi deve vivere in situazione di diaspora
necessita — mi pare — di questi quattro tipi di lavoro da parte del suo personale, sia eSso a
pieno tempo o no.
A Montpellier con i decani
delle Facoltà di teologia si è
avuto un dibattito molto generale, su questo tema, senza giungere a conclusioni formali. In
fondo non si tratta di un programma rigido, ma piuttosto di
uno spunto per la riflessione.
Tuttavia una chiesa in situazione di diaspora deve urgentemente verificare quale sia il tipo o i
tipi di preparazióne più utili
per coloro che devono aiutarla
a rendere la, sua testimonianza.
E naturalmente deve prima di
tutto essere al chiaro su che cosa significhi oggi essere una diaspora protestante: ma quest’ultimo punto Tabbiamo già sollevato in un articolo precedente.
Alda Comba
Notizie dall'Italia evangelica
a cura di Alberto Ribet
DALLA CHIESA
DEI FRATELLI
Da vari anni la Chiesa dei Fratelli, durante Testate conduce
delle campagne evangelistiche
servendosi di tende che permettono di visitare centri in cui non
vi sono adeguati locali di culto.
Anche nell’estate scorsa questa
attività è stata intensa: almeno
tre tende hanno servito allo scopo. Una molto bene attrezzata è
stata- usata nella evangelizzazione dell’Italia centrale, una nell’Italia meridionale ed una in Sicilia. In genere la Chiesa dei Fratelli considera positiva questa
attività. Queste tende servono
anche come esposizione della letteratura evangelica e l’équipe
che opera colle tende distribuisce a migliaia volantini ed opuscoli. Nelle tende poi si hanno
riunioni di vario genere. Oltre ai
culti propriamente detti, vi sono
riunioni speciali per i ragazzi,
riunioni di testimonianza, conferenze ed anche serate di proiezioni di films evangelistici. Ma collateralmente all’attività nella tenda si hanno altre manifestazioni:
a Ribera, in Sicilia, per esempio,
si è attenuto che la Radio Locale
non solo annunziasse le attività
della tenda, ma si è anche ottenuto che fosse trasmessa una
sintesi delle meditazioni serali:
mentre che a Fuorigrotta come
attività parallela a quella della
tenda si è organizzata una « marcia della pace » in cui oltre 150
credenti hanno sfilato nelle vie
della città portando cartelli ineggianti alla « pace per mezzo di
Cristo » cantando inni religiosi e
sfilando in -perfetto ordine.
Anche questa è una testimonianza evangelica, anche se
con mezzi che noi non adoperiamo, ma che dobbiamo riconoscere non sono senza presa sul popolo non abituato a queste forme
di espressione della religiosità,
ma attirato da esse.
DAL MONDO
AVVENTISTA
Nell’anno scorso la « Chiesa
Avventista del Settimo Giorno »
ha svolto una notevole attività a
favore della libertà religiosa. Su
iniziativa del suo « Dipartimento
per la libertà religiosa » di cui è
dirigente il dinamico pastore dr.
Rossi, il deputato socialista Servadei ha presentato alla Camera
dei Deputati una proposta di legge composta dai due seguenti articoli:
«1)1 cittadini appartenenti
a confessioni religiose per le quali il riposo settimanale cade nei
giorni diversi dalla domenica, sono autorizzati ad osservare tale
loro precetto sia che svolgano un
lavoro o servizio dipendente che
autonomo.
2) Le norme di cui alTart. 1
sono estese a tutti i cittadini dello Stato, siano essi civili o militari. La loro regolamentazione
verrà curata dagli organi competenti nazionali e locali che presiedono all’ attività lavorativa,
professionale o di servizio di coloro che ne richiedono l’applicazione nel rispetto della uguaglianza tra i cittadini, e ciò nei
termini massimi di tre mesi dalla data della pubblicazione della
presente legge sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica ».
Come si vede questa legge non
riguarda solo gli a-wentisti e gli
ebrei che osservano il sabato, ma
anche i musulmani per cui' il
giorno di riposo è il venerdì.
Il 4 febbraio un corteo di mille
avventisti ha percorso le vie di
Roma con cartelli che precisavano il significato della manifestazione; al termine della quale una
delegazione è stata ricevuta dal
Presidente del Consiglio il quale
pochi giorni dopo mandava a tutti i ministri una circolare invitandoli a prendere gli « opportuni provvedimenti per consentire
che i lavoratori appartenenti a
confessioni religiose per le quali
la festività settimanale cade in
giorni diversi dalla domenica
possano essere autorizzati a fruire del riposo in tali giorni compatibilmente con le esigenze delle attività e dei servizi cui sono
addetti ».
Al momento attuale questa
« legge 207 » è allo studio della
seconda commissione della Camera.
Non condividiamo le ragioni
teologiche per cui gli Avventisti
non accettano la domenica; noi
crediamo che il giorno della resurrezione di Cristo sia veramente il « giorno del Signore »
(Dominica dies = Domenica) nel
nuovo patto; siamo però pienamente solidali colla Chiesa avventista nella sua battaglia per
il riconoscimento del loro giorno
di riposo settimanale perché consideriamo la loro come una battaglia per una più completa applicazione del concetto, per noi
fondamentale, della libertà di coscienza.
Federazione
Donne
Evangeliche
Ultimamente si è riunito a
Roma il consiglio nazionale della Federazione Donne evangeliche in Italia. Una meditazione
iniziale è stata svolta con uno
scambio di riflessioni sulla prima beatitudine e sulla povertà,
intorno alla domanda : siamo
poveri rispetto a molti, o siamo
ricchi rispetto al Terzo Mondo?
In questo momento l’attenzione del C.N. vorrebbe essere rivolta in modo particolare alle
isolate; come raggiungerle, inoltre considerare quali potrebbero essere delle proposte alternative di raggruppamento di donne giovani.
A proposito della Giornata
Mondiale di preghiera delle donne, F. Comba ha riferito del
primo incontro europeo al quale ha partecipato a Vienna. Nei
vari paesi del mondo questa
giornata è generalmente svincolata da organismi di chiese, a
differenza di quanto succede in
Italia. Per molte donne è l’unico momento ecumenico possibile. Non tutti i paesi ci partecipano e sarebbe interessante conoscere il perché delle astensioni. Quest’anno alla liturgia sarà allegato in Italia un questionario per sapere come i vari
gruppi la sentono e la vivono,
e quali sarebbero le proposte
per il futuro. La colletta, interpretata diversamente nei vari
paesi (es. TIrighilterra la destina sempre alla letteratura e
st"rmpa evangelica) sarà destinata dall’Italia per aiutare donne del Terzò-Mondo.
Il C. N. ha deciso di proporre all’attenzione della federazione delle chiese il problema che
sarà sollevato nel 1979 a proposito dell’anno internazionale del
bambino, per coinvolgere le nostre comunità in questa ricerca
e non lasciarlo come lavoro interno alla FDÉI.
Per organizzare i prossimi
convegni regionali FDEI, si consiglia ai gruppi di aspettare il
prossimo autunno in modo, flalasciare la primavera libera per
i congressi nazionali ’78. Gli studi proposti per questi convegni
regionali continueranno la riflessione sui diritti umani r
« Quale uso abbiamo fatto noi
uomini e donne della creazione
che Dio ci ha affidato? », in base
a Genesi 1; 26-31. Nel corso del
’77, ai primi convegni regionali
FDEI sono state designate delle responsabili regionali di cui
segue l’elenco:
Fflemonte; Katerina Rostagno
Angela Fracchia.
Lombardia: Dina Eroli.
Triveneto: Clara Cozzi.
Emilia: Èva Rostain.
Toscana ; Lidia Lugari.
Lazio : Giovanna Pons.
Sicilia: Carmela Manocchio.
Campania ; Silvana Carcò.
Mancano i nominativi della
Liguria, Abruzzo Molise e Puglia.
Su richiesta di alcune di loro
il C.N. ha delineato alcuni «compiti» possibili: favorire i contatti tra i vari gruppi, anche con
altre denominazioni, organizzare i convegni regionali, fornire
al C.N. notizie e relazioni di incontri o altre attività regionali
in modo da tenerne informati
gli altri gruppi e per pubblicarli sulTEco-Luce, cercare sbocchi al di fuori delTambito delle
comunità...
Sono state prese in visione le
relazioni sugli ospedali psichiatrici emerse dai convegni regionali ’77.
Marie-France Coisson
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Alleghiamo a queato numero
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per distrazione o mancanza di
tempo, rinnovato il loro abbonamento al nostro giornale. Ricordiamo che è per la nostra amministrazione assai importante
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di tutti gii abbonamenti, perché
questo ci permette di effettuare
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4
20 gennaio 1978
ALL’ATTENZIONE DELLE CHIESE LO STUDIO SUI MINISTERI
I ministeri nel Nuovo Testamento ®
Come il «servizio» diventa una trincea
La sessione sinodale 1977 ha approvato il testo del regolamento sulle chiese locali, con la sospensiva dell’art. 30
(concernente la composizione del Concistoro), in attesa dell’approvazione del testo del regolamento sui ministeri
(vedi 13/SI/77). In vista dello studio nelle comunità del regolamento sui ministeri che dovrà essere approvato al
prossimo sinodo proponiamo una serie di articoli che intendono contribuire al dibattito.
Il termine "ministero”
nel N. T.
Vorrei invitare i lettori a rifare il cammino che ho fatto
10 prima di scrivere questo articolo: ho preso la «chiaye biblica» e ho cercato la voce Mìnisterio. Lì sono elencati 23 passi (più tre in margine, totale 26).
Riscontrando questi passi sul
testo greco del N.T. ho trovato
che uno e forse due sono da
escludere perché la parola «ministerio » appartiene a una traduzione parafrastica del testo
ma non è nel testo greco (II
Cor. 1:20 e 3:3). Un altro passo si riferisce al ministero sacerdotale dell’antico patto (Le.
1: 23, a proposito di Zaccaria.
Greco leiturghia). Abbastanza
simile è un quarto passo. Ebrei
8:6, dove è detto che Gesù ha
un miriisterio più eccellente di
quello dei sacerdoti dell’antico
patto (anche qui, greco leiturghìa). Rimangono 22 passi, dove il greco usa costantemente il
termine diakonìa (I Pietro 4:
11, invece del sostantivo usa
11 verbo diakoneìn = servire). Poiché diakonìa vuol dire
appunto « servizio », e talvolta
nel N.T. indica precisamente i
servizi tecnici del « servizio di
mensa» (Atti 6: 1-7 e forse
Rom. 12: 7), vuol dire che quando lo stesso termine è usato per
parlare di « diakonia della parola» (Atti 6: 4), «diakonìa della riconciliazione » ( II Cor. 5 :
18), «diakonìa dello Spirito»
(II Cor. 3: 8), mette in evidenza che la predicazione o ciò che
noi chiamiamo «ministero pastorale » non è costitutivamente diverso da un « servizio » dì
tipo tecnico reso nella comunità (o per conto della comunità)
nel nome del Signore.
Oltre a ciò, rimane il fatto —
sorprendente — che il N.T. non
possiede un termine che indichi
il « ministero » indipendentemente dalla nozione del « servizio »
che esso può rendere.
Com’è cominciato
il "servizio”
Per capire gli inizi dell’idea di
« servizio » nelle comimità cristiane dobbiamo partire dai più
antichi scritti del N.T. : essi sono le lettere ai Tessalonìcesi, ai
Corinzi, ai Galati, a Filemone,
ai Filippesi e ai Romani. Dobbiamo evitare di introdurre, a
questo punto della nostra ricerca, nozioni prese da altri scritti meno antichi.
In questi scritti, anche nel testo italiano della Riveduta il
« ministero » è praticamente usato da Paolo soltanto per indicare la sua attività, il suo «servizio » di apostolo, di inviato
del Signore (ricordiamo che in
greco c’è sempre la parola diakonìa, cioè « servizio »). Le eccezioni più importanti sono
I Cor. 12:5 dove parla della varietà di « servizi » esistenti nella comunità, e Rom. 12:7 dove
diakonìa allude probabilmente a
un servizio tecnico, di amministrazione o di assistenza (come
quelli affidati generalmente ai
diaconi nei nostri Concistori o
Consigli di chiesa).
Non c’è dunque, nei più antichi scritti, un concetto comprensivo di tutti i servizi e le funzioni possibili nella chiesa? Si
e no. Non c’è un equivalente del
nostro « ministero », però c’è un
altro termine, tipico della teologia di Paolo, che li abbraccia
e li qualifica tutti: il termine
càrisma. Ed è abbastanza signi
fìcativo che all’origine della teologia e dell’organizzazione ecclesiastica cristiana, servizi e funzioni non siano definiti con un
termine che mette in risalto la
autorità o il potere, bensì con
un termine che mette in risalto
il dono, la grazia, la vocazione
divina.
Includendo tutti i «servizi» e
le funzioni (svolte dentro e fuori la comunità) nella prospettiva del càrisma (cioè della grazia divina) che le rende possibili, Paolo ridimensiona quelli
che per noi sono i « servizi » importanti, cioè le funzioni di governo e di predicazione. Paolo
non mette affatto qùesti « servizi » a un livello superiore a quelli diaconali, tecnici o assistenziali: nei suoi elenchi di attività carismatiche (Rom. 12; I Cor.
12: 8-10, 28-30; 13: 8 ss.; 13: 1-3:
14: 6; 14: 1-5, 27-33; 14: 26) si
trovano menzionati uno accanto
all’altfo l’apostolato e le attività diaconali e caritative più modeste; il dono di miracolo e i
servizi tecnici. Anzi, in I Cor.
7:7 è considerato càrisma ogni
vocazione rivolta a un credente.
A ciascuno il suo
Il concetto di càrisma è stato analizzato in uno scritto di
E. Kàsemann che la Claudiana
dovrebbe pubblicare fra non
molto in italiano. Per maggiori
particolari rimandiamo i lettori
a quel breve ma fondamentale
lavoro. Qui ricordiamo soltanto tre massime messe in evidenza da Kàsemann, e che danno
lo spirito del concetto di càrisma nella teologia di Paolo: «a
ciascuno il suo» (ogni livellamento è escluso), « gli uni per
gli altri» (la norma del cristiano è il servizio del prossimo),
« siate sottomessi gli uni agli altri nel timore del Signore» (il
vero carismatico non è quello
che pretende di esserlo in esclusiva, bensì, quello che riconosce
il càrisma del Signore anche
nei propri fratelli).
Appare il
"ministero"
Un quadro completamente diverso appare nelle cosiddette
epistole pastorali (I-II Tim.;
Tito). Le comunità cristiane sono impegnate in una strategia
difensiva su due fronti: quello
esterno (le persecuzioni) e quello interno (le eresie, la gnosi).
Di fronte a questo doppio pericolo, urge elevare una muraglia difensiva, e le comunità
fanno quadrato intorno a due
nuove istanze che non c’erano
nelle lettere di Paolo: il vescovo e il presbiterio. Si sente, cioè,
il bisogno di una solida direzione delle comunità, anche sul
terreno dottrinale, e si prende a
modello l’organizzazione giudaica (mediata attraverso le comunità giudeo-cristiane). Nelle epistole pastorali troviamo appunto l’ordine di costituire dei
«presbitèri» (o collegi degli anziani, Tito 1: 5), e troviamo la
descrizione deH’ufflcio del « vescovo » garante della continuità
rispetto alla tradizione e alla
dottrina apostolica. Come scrive il Kàsemann, « la chiesa si
difende... affidando a mani sicure la dottrina e la direzione,
e creando un ufficio stabile contro il quale le pretese esterne si
spezzano ».
In questo non ci sarebbe nulla dì male, in un certo senso.
Ciò che è grave, sempre secondo Kàsemann, è che questo
istituzionalismo non venga motivato adducendo le necessità
storiche accennate qui sopra,
bensì facendo appello al princi
INCONTRO CON LUKAS VISCHER
«Fede e Costituzione»: cosa i)oiie in pentola
La ricerca del dialogo, da parte del C.E.C. di Ginevra, su problemi concreti con tutte le religioni - Il ’’Nuovo libro della fede’’: una novità in campo ecumenico
Molti di noi lo conoscevano come l’uomo sensibile soprattutto
alle convergenze tra le istituzioni ecclesiastiche, il principale responsabile dei « documenti di
Accra », che tanto hanno fatto discutere le nostre chiese, per il loro contenuto che sembrava così
poco riformato.
Lukas Vischer, direttore della commissione « Fede e Costituzione » del Consiglio Ecumenico
delle Chiese, è giunto a Torino
per una seduta del gruppo misto
(composto da rappresentanti del
C.E.C e della Chiesa Cattolica)
che aveva luogo a Pianezza. Il 5
dicembre è salito a Torre Pellice,
dove ha prima partecipato ai lavori della CEvAA, e ha poi avuto
un incontro con i rpastori delle
valli nella biblioteca valdese. Breve saluto, in cui Giorgio Tourn
non ha mancato di illustrare a
Vischer, che prendeva appunti,
le imprese del Marchese di Pianezza. Il direttore di « Fede e Costituzione » ha comunque dimostrato di trovarsi a casa sua nella « tribù », mentre i pastori vaidesi hanno scoperto non soltanto
un teologo di solida impostazione riformata, ma anche un
« ecumenista » di straordinaria
sensibilità, con una vastissima
conoscenza della situazione delle
Chiese in ogni parte del mondo.
La conversazione cordialissima che è seguita, ha avuto l’interesse dell’informazione di prima
mano sui principali aspetti del
lavoro di « Fede e Costituzione ».
Si è cominciato dal dialogo,
che nel C.E.C. sta assumendo dimensioni sempre più ampie: dialogo con i cattolici, dialogo con
gli ebrei, dialogo con le altre religioni. Nell’Assemblea Generale
di Nairobi (autunno 1975) si era
rivelata la necessità di chiarire
il significato del dialogo, che alcuni vedevano quasi come il contrario della missione. Un colloquio tenutosi in Thailandia all’inizio del 1977 ha chiarito che dialogo e missione non sono necessariamente in opposizione, nia il
dialogo è una forma di testimonianza. La difficoltà con i cattolici è rappresentata dal loro concetto di religione, che è unico
per tutte le religioni e privilegia
queste di fronte agli ateismi. Il
C.E.C. non vuole invece un fronte unico delle religioni, ma un
dialogo concreto sui problemi
che concernono la vita comune
nella società.
D’altra parte nel C.E.C. non si
è ancora trovata una base comune sulla questione dell’atteggiamento di fronte alle religioni.
Per esempio per gli ortodossi
Israele appartiene al passato,
perché dopo Cristo è stato sostituito dalla Chiesa. Questo atteggiamento riguarda anche la valutazione dell’Antico Testamento.
Per questa ragione il C.E.C. ini
zia quest’anno uno studio sull’autorità dell’Antico Testamento.
Tornando ai cattolici, il « gruppo misto » rappresenta il livello
ufficiale (i membri cattolici sono
nominati dal Segretariato per
l’unità); è questo livello che non
funziona. Il Vaticano è oggi molto riservato verso il C.E.C. ed è
più interessato a rapporti bilaterali, con gli ortodossi, con gli anglicani, con i luterani, ecc. Questo perché vuole sottolineare
l’identità della Chiesa cattolica
nei rapporti internazionali; non
bisogna dimenticare che si vive
la fine di un pontificato, per cui
non si devono attendere iniziative sconvolgenti. E’ ad altri livelli che si funziona: a livello nazionale e locale; quindi con un certo rischio di tensioni tra la posizione ufficiale e la base.
Vischer ha poi fatto due esempi di collaborazione ecumenica
riuscita: le traduzioni ecumeniche della Bibbia, «probabilmente
la migliore riuscita ecumenica di
questi anni »; solo in Africa ne
sono state fatte 70. In questo caso i cattolici sono stati abbastanza aperti da accettare l'iniziativa
protestante.
Il secondo caso è rappresentato dal catechismo ecumenico, d
« Nuovo libro della fede », iniziativa presa dalla casa editrice
Herder « nel tempo dell’euforia
ecumenica ». Il libro ha avuto un
successo inatteso: più di 100.000
copie in Germania, edizioni in
10 altri paesi. Secondo Vischer, i
lettori vanno cercati soprattutto
nei « focolari misti », dove si vive un’esperienza comune, ma si
ha il bisogno di articolarla, di riflettervi sopra. Negli ambienti ufficiali, l’accoglienza è invece stata fredda. Vischer ha citato un
commento proveniente dal Segretariato per l’unità: « Simili
tentativi servono solo a dare l’illusione dell'unità ».
Nella seconda parte dell’incontro si è fatto riferimento al documento di « Fede e Costituzione » su battesimo, eucaristia e
ministero e alle risposte delle
Chiese. Di questo particolare
aspetto, per mancanza di spazio, daremo notizia nel prossimo numero.
Concludendo, Vischer ha dato
qualche informazione su come
funziona la comunicazione all’interno di « Fede e Costituzione ».
La commissione ha 120 membri;
ogni tre mesi essi ricevono una
documentazione sui vari argomenti allo studio, che viene anche inviata a 600 indirizzi di singoli, istituzioni e commissioni
varie. Uno strumento che anche
da noi potrebbe essere maggiormente utilizzato, per tenerci più
al corrente sui lavori di « Fede
e Costituzione », senza dovere
aspettare la prossima visita a
Torre Pellice del suo direttore.
b. r.
pio della «tradizione» e per la
esigenza della « legittimità ». Si
introducono cioè delle istanze
tipiche di quello che sarà poi
il « cattolicesimo ».
Il "ministero” è
proiettato nel passato
La nozione di un ministero
istituzionale sorto per necessità
difensive, che abbiamo trovato
nelle epistole pastorali, viene
assunta come pacifica dall’autore del libro degli Atti degli Apostoli. Anche quando egli parla
di Paolo e delle comunità paoliniche, non menziona neppure
il concetto di càrisma. Attribuisce invece a Paolo la creazione
di un ministero istituzionale dello stesso genere di quello raccomandato dalle « pastorali ».
Infatti, nel libro degli Atti è già
Paolo stesso a insediare gli anziani nelle comunità (gli anziani, ossia il « presbiterio » come
collegio di collaboratori del vescovo). Il termine «vescovo» è
messo in bocca a Paolo in Atti
20; 28, in chiara funzione antieretica (cfr. i versetti seguenti!).
L’istituzionalità del ministero
appare anche nella differenziazione che gli Atti degli Apostoli
fanno tra l’attività dei « Dodici »
e quella degli evangelisti e di
Paolo stesso. Al cap. 8 Filippo
evangelizza la Samaria, ma soltanto Pietro e Giovanni possono convalidare la sua attività e
far scendere lo Spirito su quelli che hanno creduto (Atti 8: 1417). Il vero inauguratore della
missione fra i pagani non può
essere Filippo, né gli esuli ellenisti di Gerusalemme che predicano l’Evangelo in Antiochia
(Atti 9: 26-40 e 11: 19-21), ma
dev’essere uno dei Dodici, cioè
Pietro (due capitoli. Atti 10 e
11, sono dedicati alla conversione del centurione Cornelio ad
opera di Pietro!). E Paolo stesso, negli Atti degli Apostoli, non
è messo sullo stesso piano dei
Dodici (non è mai chiamato
« apostolo » fuorché eccezionalmente in 14: 4.14) ma è presentato come mediatore della tradizione apostolica ai pagani. Anche qui è evidente la situazione
di crisi in cui si trovava la cristianità, che doveva dimostrare
nella lotta contro gli eretici di
essere la legittima depositaria e
continuatrice della tradizione
apostolica.
Problemi aperti
Questo schizzo troppo sommario dell’evoluzione del concetto di ministero nei primi decenni di vita della chiesa pone
un certo numero di problemi,
che non è mio compito risolvere. Ne menzionerò uno solo :
perché quasi tutte le chiese, cattoliche e protestanti, hanno privilegiato la struttura del ministero descritta dalle epistole pastorali e dagli Atti degli apostoli, piuttosto che la nozione di
càrisma insegnata da Paolo nelle sue lettere?
Si potrebbe rispondere: perché la chiesa si è sempre più
sentita in una situazione di difesa, si è sempre più considerata assediata da nemici esterni e
insidiata da nemici interni, e
quindi ha sempre più avuto bisogno di quelle strutture organizzative sorte per la sua difesa alla fine del 1° secolo.
È vera questa risposta?
E quelle soluzioni difensive sono state veramente utili, oppure
la chiesa della fine del 1“ secolo (e quella dei secoli successivi) si è scaldata una serpe in
seno? Non è più lo studioso del
Nuovo Testamento a dover dare una risposta a queste domande.
Bruno Corsani
5
20 gennaio 1978
DOMENICA 29 GENNAIO: LE CHIESE RIFLETTONO SUL LORO IMPEGNO MISSIONARIO
ZAMBIA: UN PROGETTO CEvAA_
L’ambizione di poter
crescere insieme
Il governo della Zambia ha
invitato le chiese cristiane (cattolica e Chiesa Unita della Zambia) a collaborare fra di esse,
con la popolazione e con il Governo per facilitare e animare
lo sviluppo di quella zona periferica del Paese, sede di importanti fenomeni naturali e umani.
UKA REGIONE
IN DECLINO
Kaputa è una zona molto isolata al Nord della Zambia, sul
confine con lo Zaire, a 1200 Km.
dalla capitale Lusaka e collegata col resto del paese da una
carrozzabile non asfaltata e poche piste non sempre transitabili. È talmente periferica che
ha più rapporti con lo Zaire
(che pure è un altro Stato) che
non con la sua capitale regionale Kamasa che si trova già a
4C0 Km. di distanza.
Il distretto di Kaputa, compreso fra i Laghi Tanganika e
Mweru è abbastanza paludoso e
quindi malarico. Vi sono pochi
villaggi di contadini poveri e
malnutriti. La mosca tse-tse porta la febbre e impedisce l’allevamento del bestiame. L’emigrazione dei giovani verso le lontane miniere di rame del Kopperbelt ha privato i campi delle
braccia migliori. Le coltivazioni
sono quindi in diminuzione non
solo quantitativamente, ma anche come qualità ; si riducono
essenzialmente alla cultura della manioca che richiede meno
lavoro; però è un alimento scadente. Eppure si possono coltivare con successo anche mais,
arachidi, tabacco, fagioli, canna
da zucchero, zucche e pomodori.
Ma questo diventa impossibile
in questa situazione sociale e sanitaria in netto peggioramento.
La lontananza del governo
centrale e di quello regionale
complicano ancora le cose.
La Zambia è infatti uno Stato
a doppia economia. Lo sfruttamento del rame viene effettuato nella zona centrale del Paese con tecniche molto sofisticate. Esso fa della Zambia il 2”
produttore mondiale di questo
metallo, costituisce il 95% delle
sue esportazioni ed il 42% del
prodotto nazionale lordo, il 61
per cento delle entrate dello
Stato e paga il 42% dei salari
di tutta la Zambia (statistiche
1976). Intorno a questa regione
industriale si è sviluppata una
agricoltura moderna, limitata
però a poche migliaia di contadini, per provvedere il vitto ai minatori. soprattutto dopo la chiusura delle frontiere con la Rhodesia.
Ma nel resto del Paese l’agricoltura è rimasta quella tradizionale di autosussistenza a livelli molto modesti.
NASCE UN NUOVO LAGO
Negli anni ’60 a Kaputa si è
verificato uno strano fenomeno
naturale. Per alcuni anni le pioggie sono state particolarmente
abbondanti nella zòna e, unitamente alla deviazione di un piccolo fiume che si gettava prima
nel lago Mweru, le paludi hanno
cominciato a gonfiare ed a crescere fino a costituire, in pochi
anni, un grande lago, lungo 100
Km. e largo fino a 50. Migliaia
di pescatori sono arrivati su queste sponde, spesso con le loro famiglie.
Secondo la testimonianza dei
pescatori il rendimento di questo
nuovo lago sarebbe circa il
triplo di quello ottenuto nello
Mweru (lago vicino) e si parla di autentiche « pesche miracolose ».
Ma fino a quando questo durerà? Pino a quando sarà possibile vivere in accampamenti
così provvisori senza che scoppino epidemie sempre incombenti per gente che beve l’acqua del lago? Fino a quando il
pesce, sfruttato cos\ intensamente, terrà buono a riprodursi nell’attuale misura? Pino a
quando l’agricoltura delle zone
circostanti potrà nutrire la nuo
va popolazione? Pino a quando
i pescatori dovranno attendere
scuole, ambulatori, centri sociali ecc.?
IL PROGETTO GLOBALE
ED INTEGRATO
Il governo della Zambia si è
preoccupato da
chiesto alle chiese di animare il
« Kaputa join development Project» che esprime le linee dello sviluppo africano promosse
con molta capacità e sensibilità
dal presidente della Zambia K.
Kaunda.
Si tratta prima di tutto di un
progetto globale che tenga conto dei vari settori e dei vari aspetti di un problema complesso come quello di Kaputa ; agricoltura e pesca, scolarizzazione e sanità, sviluppo culturale di una popolazione così
composita e piena di contrasti.
Ma questo progetto ha da essere « integrato ». Cioè non deve
essere paracadutato da qualche
parte di Europa o di America,
con soluzioni belle e preparate.
Il progetto deve essere del tipo
« self help » cioè « aiutare se
stesso ». In altre parole l’aiuto
dall’esterno sarà necessario all’inizio sia come personale che
come aiuto finanziario, ma persone e denaro devono essere
impegnati non per formare una
nuova « colonia », sia pure a fini
umanitari, ma per preparare il
più rapidamente possibile del
personale zambiano in vista di
un’opera non di assistenza, ma
di formazione dei kaputesi.
Per questo motivo l’Azione Comune che la CEvAA intraprende con la Chiesa Unita di
Zambia sarà diversa da quelle
fatte precedentemente in Europa od in Africa.
La Chiesa Unita (UCZ) interverrà nel progetto in prima
persona, sapendo però che le
chiese sorelle della CEvAA sono
al suo fianco per sostenerla in
tutto ciò di cui avrà bisogno:
non solo denaro, ma specialisti
europei od africani e quanto sarà necessario in quest’opera. È
tuttavia chiaro che persone e
denaro saranno a disposizione
deirUCZ e non opereranno autonomamente o sotto alla direzione di un comitato internazionale.
Attualmente a Kaputa opera
già un gruppo interconfessionale e precisamente un « Padre
Bianco» scozzese: Me. Donald
che ha seguito per alcuni mesi
un corso speciale di preparazione per lo sviluppo globale
integrato. Questo giovane prete
è attualmente il coordinatore
del lavoro. Una coppia di olandesi ed una svedese, tutti protestanti, completano attualmente
il gruppo: si tratta di un esperto in tecnologie africane, di un
medico (sua moglie) e di una
infermiera.
La chiesa unita di Zambia sta
preparando un tecnico agricolo, un « uomo aperto allo sviluppo », cioè un programmatore
ed una levatrice, tutti africani e
se possibile zambiani.
Il lavoro non prevede grandi
costruzioni (i collaboratori vivranno in case di terra ed il P.
Me. Donald ha rifiutato i fondi
per cominciare il lavoro costruendo una grande chiesa!) ma
luoghi di incontro polivalenti e,
soprattutto, una presenza nella
zona intera in rnodo da coinvolgere nel lavoro e nella responsabilità tutta la popolazione ;
dai capi agricoli tradizionali ai
pescatori provenienti da mezza
Africa, dai funzionari del Governo agli « inviati » europei,
dai camionisti alle donne dei villaggi in modo che tutta la popolazione sia in grado di gestire la
propria vita ed i propri problemi nel giro di mezza generazione.
Un progetto africano al 100%,
dunque, nel quale c’è un posto
non solo per le chiese d’Africa,
ma anche per la collaborazione di tutta la CEvAA, chiesa
Valdese compresa.
Franco Davite
■ \urante i recenti lavori
m E del seminario internazionale della CEvAA,
svoltisi a Torre Pellice nella prima settimana di
dicembre, ho avvicinato Samuel Aklè, insegnante, della
Chiesa Metodista della Repubblica del Benin (ex-Dahomey),
dal '74 segretario aggiunto della CEvAA e il suo amico Friederic Trautmann, giovane pastore luterano, segretario, da
due anni, a Parigi della
DEFAP, il "bureau" missionario del protestantesimo fran
cese.
A tutti e due ho chiesto che
cosa è cambiato, a sette anni
dalla nascita della CEvAA, nel
modo di vivere e capire la
missione.
La risposta doveva limitarsi
EVANGELIGA
La comunità che abbiamo
costituito è evangelica. Ciò significa che le Chiese non si alleano per esprimere la prò
pria potenza («l’unione fa la
forza») ma si mettono insieme per servire uno stesso
Evangelo. E questo Evangelo
— aggiunge T rautmann —
non è un libro magico che basta leggere per avere il consenso di chi ascolta. E’ noto
come nel nostro mondo, troppo spesso, VEvangelo è stato
usato come strumento di dominazione e come, sovente, è
stato utilizzato, per es., in Africa, in termini oppressivi dalla
missione civilizzatrice europea. L'Evangelo per diventare
potenza, di vita, d’amore, di
pace e di liberazione deve parlare nel linguaggio dei popoli
ne » perché ogni cristiano, nella sua situazione specifica,
può essere missionario. Perciò — e qui veniamo _all’tnterrogativo che ha aperto Vintervista — oggi non è più possibile concepire la missione solo pensando ai Paesi lontani.
Per la CEvAA la missione co-'
mincia tra le mura domestiche e all’interno delle nostre
singole Chiese. L’azione apostolica che si vuol condurre
deve aiutare ogni persona, da
noi come altrove, a vivere re
sponsabilmente la fede che
Cristo rivolge, nella libertà e
nella giustizia.
LA GHIESA VALDESE
Al segretario aggiunto della
CEvAA, V africano Samuel
Aklè, chiedo qual è, a suo
parere, l’apporto della Chie
INTERVISTA A DUE ANIMATORI DELLA CEvAA
Missionari: non è necessario
attraversare l’oceano
all’ambito della CEvAA per
non scivolare in un discorso
generale sulla missione cristiana. Trautmann ha allora
suggerito di ripercorrere la
stessa sigla CEvAA, cercando
di definirla meglio rispetto alla missione.
COMUNITÀ’
L’idea era buona; leggiamo
gli appunti della conversazione. Innanzitutto la CEvAA è
una comunità di 25 Chiese
lontane e diverse, nel senso
che vivono in contesti sociali
e politici molto differenziati.
Nonostante questo le Chiese-membro vogliono promuovere insieme un’azione missionaria. Non si tratta di dar
vita a situazioni di dipendenza di alcune Chiese da altre o qualcosa del genere come capitava ai tempi del colonialismo; si tratta di mettere
insieme le proprie capacità.
N aturalment e — osserva
Trautmann — questo è possibile solo se i membri della
CEvAA sono pronti ad attraversare le frontiere che separano gli uni dagli altri pur rispettando effettivamente le diversità di ciascuno. Questo è
un primo passo verso la Chiesa universale che Cristo ci indica.
con cui si confronta. Nonostante queste diversità che
sono poi difficoltà di comprensione legate ai linguaggi
e alle culture dei popoli, al
dilà di queste le Chiese della
CEvAA vogliono leggere e confrontare l’Evangelo insieme.
Esse vogliono ascoltarsi le
une le altre sui modi diversi
di esprimere la fede in funzione delle loro culture e -vogliono confrontarsi sugli impegni
che ogni Chiesa prende oggi,
nel suo contesto, di fronte all’Evangelo.
AZIONE APOSTOLICA
Infine la CEvAA è una co
munità di azione apostolica.
Cioè di azione missionaria. Se
la CEvAA — aggiunge Trautmann — fosse un semplice organismo internazionale di rimessione o analisi generale su
temi religiosi bisognerebbe
sopprimerla. Ma la CEvAA
vuole raccogliere una sfida;
sviluppare un’azione apostolica insieme, nelle nostre diversità! Innanzitutto si tratta di
collaborare perché ogni Chiesa ha bisogno degli altri per
vivere e compiere la sua missione. Non ci può essere aiuto
a senso unico. In questo senso
ogni Paese che è rappresentalo all’interno della CEvAA per
così dire è « terra di missio
sa Valdese all’interno della
CEvAA
« La Chiesa Valdese è membro-fondatore della CEvAA.
Quindi fin dagli inizi la vostra
Chiesa ha partecipato a questa dimensione missionaria.
Evidentemente la sua vocazione non le ha permesso di rimanere fuori da quella comunità di Chiese che vogliono
collaborare nella missione locale e universale. Essa è sempre stata presente ai consigli
annuali della CEvAA fin dall’inizio, parlo del novembre
1971, cercando di condividere
con le altre chiese-membro le
sue esperienze passate e presenti nel campo della missione. E’ significativo che il de
legato valdese, pastore Franco Davite, quest’anno è stato
eletto segretario del consiglio
CEvAA. Infine vorrei dire che
il seminario di questi giorni,
svoltosi a Torre Pellice, ha
permesso di rinsaldare i legami e approfondire la conoscenza della Chiesa Valdese ».
La delegazione italiana, presente ai lavori dell’incontro,
ha rivolto al segretariato
CEvAA la richiesta di un animatore per l’Italia. A sette anni da quella frettolosa votazione sinodale l’impegno as
sunto è sempre attuale.
G. Platone
A sette anni dalla nascita
facciamo un primo biiancio
La CEvAA (deve diventare un ’’modello” da copiare? - Come intensificare i contatti tra pastori e laici nel quadro missionario - Escluso
ogni trionfalismo
In un articolo pubblicato nel1’« International Review of Mission » 1 il pastore Jacques Maury, presidente del Consiglio Nazionale della Chiesa Riformata
Francese, e membro del Consiglio della CEvAA, fa il punto
sull’attività svolta da questo organismo durante i primi 7 anni della sua esistenza.
Da quando è sorta il suo segre'
tarlato ha ricevuto quantità di
richieste di informazioni sui suoi
principi, la sua organizzazione,
le esperienze fatte, e i risultati
ottenuti. Provenivano da Società Missionarie preoccupate dal
problema del come impostare
le loro future relazioni con le
chiese sorte nel Terzo Mondo,
per mezzo della loro testimonianza al Vangelo di Cristo, diventate, o desiderose di diventare autonome. Come sappiamo, la CEvAA è una delle soluzioni possibili, in contrasto a
quella proposta dai fautori del
così detto «'moratorium », e
cioè uno sgancio completo delle giovani chiese da quelle che
^ International Review of Mission. Voi. LXVI n. 262, pag. 176.
Aprile 1977.
le hanno fondate.
Come i lettori dell’Eco-Luce
sanno, la CEvAA è una associazione tra le chiese europee associate in passato con la Società delle Missioni di Parigi, (ora
soppressa), e le giovani chiese
sorte nel Terzo Mondo. In questi primi sette anni nessuno sforzo particolare è stato fatto per
allargare la cerchia dei suoi
membri. Due chiese soltanto sono state ammesse con pieni diritti: la Chiesa Metodista della
Costa d’Avorio, e la Chiesa Presbiteriana del Mozambico. Due
altre piccole comunità del Bangui e del Senegai sono membri
associati.
Il primo fatto sottolineato
dal Maury è che le relazioni fra
i membri del Consiglio Direttivo della CEvAA, tutti appartenenti ai vertici delle varie chiese, sono state facili e cordiali
fin dall’inizio, perché già si conoscevano e avevano collaborato più o meno a lungo, nel quadro della vecchia organizzazione. Resta invece il grosso problema del come stabilire dei
contatti sempre più frequenti
fra j pastori e i laici delle varie chiese.
Il Consiglio dà una così grande importanza a questo problema che non ha esitato a nominare un quarto segretario a pieno tempo, il Sig. Samuel Aklé
del Benin-Togo, per organizzare degli incontri di questo genere. Il primo è stato un convegno per pastori e laici delle chiese del Lesotho, Mozambico, e
del Madagascar e Mauritius, a
Tananarive, che ha dato buonissimi risultati. L’anno scorso c’è
stato in novembre un simile incontro per l’Europa Latina qui
alle Valli Valdesi. Però è un
problema che incontra moltissime difficoltà, a causa della dispersione geografica delle chiese
della CEvAA: da Tahiti al Centro dell’Africa e all’Europa!
Un secondo punto sul quale
insiste il Maury è il fatto che
durante i primi anni il Consiglio si è occupato principalmente dei problemi finanziari, (aiuto
alle giovani chiese) da un lato
e di quelli del personale da
scambiarsi dall'altro, con bilancio necessariamente molto debitore dalla parte delle giovani
chiese. Sotto questi due aspetRoberto Coisson
(continua a pag. 8)
6
20 gennaio 1978
ALLE VALLI OGGI
Una
vittoria
cattolica ?
E’ vero che le liste sindacali
non hanno sfondato in queste ultime elezioni degli organi collegiali, in particolare i distretti,
ma non si può liquidare la questione attribuendo la maggior
parte delle colpe alla sinistra che
è capace solo di dire dei no e non
fa proposte serie, come afferma
l'Eco del Chisone. Esiste un prò
gramma sindacale che pone degli
obiettivi precisi li ordine alle
competenze specifiche del distretto e che ribadisce nello stesso
tempo le richieste e gli obiettivi
più generali su cui si è mosso in
questi anni il movimento dei lavoratori e le proposte concrete
riguardano la gratuità, le mense,
i trasporti, la edilizia, il tempo
pieno, il diritto allo studio... Analoga concretezza non si ritrova
nei programmi delle cosiddette
"liste moderate”, tanto fumosi e
generici che non dicono nulla,
nascondendosi dietro a parole
come "autentici valori culturali"
(ma quali sono?) o "sopraffazione ideologica" (cosa significa?).
E’ vero altresì che molti genitori non si sono presentati alle
votazioni e molti erano di sinistra: è un gesto di sfiducia verso
la democrazia formale degli organi collegiali e della scuola in
genere, strozzata da circolari repressive (vedi recente schedatura della scheda di valutazione)
e restrittive; un segno di profonda insoddisfazione verso una
politica scolastica accentratrice
e burocratica che taglia i tempi
pieni perché porterebbero già
troppo rinnovamento, che vuol
dimostrare la disfunzionalità della scuola pubblica per accreditare le scuole private cattoliche come luoghi dove si studia seriamente e non si sciopera (òUreché luoghi dove si incassano lau
te rette).
Non a caso la D.C. con l’aiuto
delle sacrestie che anche nella
nostra zona si sono attivamente
impegnate nell’educare i genitori
su chi votare, (specialmente nelle scuole private di molti comuni) si concentra a spada tratta
sul settore scuola dove ha ampi
privilegi da difendere; così come
sta recuperando sul "privato",
sul personale: riprende, a volte
con toni da ’48, la propaganda
anticomunista sulla famiglia, sul
'diritto alla vita (vedi raccolta di
firme per confermare l’aborto
come reato) perché è facile difendere chi ancora non è nato,
ed è meno conveniente ricordarsi di difendere e migliorare la
vita di chi già c’è e magari abortisce per un lavoro troppo duro
o perché ha troppe bocche da
sfamare e l’uso degli anticoncezionali è stato vietato dalla chiesa cattolica.
Se una autocritica è da farsi
da parte della sinistra è nel non
aver maturato e aver lasciato
scoperto un dibattito sulla scuola, sulla famiglia, sull’etica...,
dando ora alle forze clericali e
democristiane un terreno di recupero, utile al mantenimento
dello status quo, con i suoi privilegi e i suoi profitti. Bisogna
recuperare questo ritardo, anche
se spesso, pare un lusso, in tempo di precarietà del posto di lavoro, parlare di scuola, di famiglia, di rapporto uomo-donna.
B. Peyrot
TORRE PELLICE
Dibattito sulla
legge “382„
Nella sala Operaia in via Roma, mercoledii 25 gennaio, si
terrà un pubblico dibattito sulla legge 382 legata ai problemi
del territorio.
Interverranno : Giovanni Baridon, assessore provinciale e
Ilario Coucourde, capogruppo
PSI alla Provincia.
cronaca delle valli
OSPEDALE VALDESE DI TORRE PELLICE
Facciamo il punto
sull’anno trascorso
Quando nel lontano 1908, Leone Delagrange si levò con il suo
aeroplano, molti torinesi erano
sdraiati sulla vecchia Piazza d'armi, per verificare, se la nuova invenzione .potesse veramente alzare le sue piccole ruote da terra.
Anche noi, per cinque anni, ci
siamo chiesti se avremmo potuto, un giorno o l’altro vedere il
nostro ospedale, iniziare il cammino con maggior serenità e sicurezza e siamo rimasti, come i
torinesi d’allora, attenti a verificare se le prospettive potevano
realizzarsi.
Ebbene il 1977 ha segnato la
partenza del nuovo corso, dopo
che . la Regione Piemonte aveva
approvato la nuova pianta organica. Si poté concretare quanto
da tempo si era preparato: subito gli incarichi e respletamento
dei concorsi banditi. Già il 10
gennaio, quattro medici prendevano servizio quali incaricati ed
i concorsi pubblici, eseguiti durante l’anno, hanno portato alle
seguenti nomine in ruolo: Primario di Medicina, Prof. Elio Tortarolo, Assistenti di Medicina, Dott.
Michelin Salomon Ornella, Dott.
Daniela Rossetti, Dott. Sergio Cabodi, Dott. Luca Richiardi. BioIoga di laboratorio, Dott. Anita
Tarascio. Gönnet Ivana, Monnet
Luisa, Bleynat Gianfranco e Rampa Marcello in ruoli amministra
tivi o esecutivi. Nicoletta Negrin
e Nicoletta Bleynat, in ruolo quali infermiere generiche. Vera Bonino, infermiera professionale.
Durante l’anno i Dottori Cabodi
e Richiardi, in servizio militare
sono stati sostituiti con supplem
ze dai Dott. Giuseppe Catania e
Leonardo Lovaglio.
Durante l’anno sono state istituite le consulenze interne di
urologia, ortopedia e chirurgia e
si è in attesa di istituire quelle
di neurologia e di oculistica.
Pronto soccorso
La presenza di una staff di sanitari di ruolo ha comportato
molti aspetti positivi ed ha perniesso di istituire un servizio di
guardia diurna e festiva permanente, mentre si è per ora continuato il sistema di reperibilità
durante le ore notturne. Il servizio di pronto soccorso ha avuto
quindi un notevole incremento
(190 prestazioni). Il servizio di
pronto soccorso agisce nei limiti
delle normative in vigore, garantendo le prestazioni riconosciute
neH’ambito della classificazione
deirOsp odale.
La Regione Piemonte con delibera del 21.10.1975 ha delegato
solo 22 ospedali piemontesi a
svolgere assistenza di pronto soc
corso intesa nel modo più ampio.
Nel pinerolese, solo l'Ospedale
Civile di Pinerolo ha questa funzione essendo stato scelto come
sede di dipartimento d’emergenza di primo livello, in quanto
possiede più reparti di specialità.
Presso rOspedale di Torre Pellice siamo quindi organizzati per
le emergenze relative a patologia
di medicina interna, ma non per
quelle di chirurgia, traumatologia ed ostetricia. -Per disposizione di legge i casi di non competenza devono essere trasferiti
presso l’Ospedale di Pinerolo o
se del caso presso i dipartimenti
di 2° livello.
Riteniamo utile Che quanto sopra sia portato a conoscenza della popolazione così come è stato
notificato ai sanitari della valle,
al fine di evitare di richiedere al
nostro Ospedale, prestazioni che
non è riconosciuto ad erogare. In
attesa che il dipartimento di Pinerolo, provveda come da legge — al trasferimento dei pazienti, per ora si usufruisce del servizio della Croce Rossa locale.
Servizi
La radiologia, condotta dal
Dott. Alfredo Benedetto, Aiuto di
ruolo del servizio unificato di radiologia degli Ospedali di Torre
UNA CHIACCHIERATA COL DIRETTORE AMM. DEGLI I.O.V.
Come far funzionare
la macchina burocratica
Incontro a Torre Pellice Guido Boccassini (47 anni) milanese nuovo direttore amministrativo degli
Istituti Ospedalieri Valdesi. L’avevo conosciuto a Milano come membro attivo della comunità valdese. Sapevo che era impiégato negli uffici commerciali di una grande cartiera del Nord sicché mi
stupisco del cambiamento di rotta; per lasciare Milano e accettare un nuovo incarico, al servizio della
Chiesa, qui alle Valli, deve esserci, penso, una bella spinta vocazionale. Ma lasciamogli la parola.
— Dal gennaio di quest’anno
sei il nuovo Direttore Amministrativo degli Istituti Ospitalieri Valdesi; potresti dirmi in due
parole come consideri questo
nuovo impegno?
— Sotto il profilo strettamente professionale, il mio compito
è di rendere esecutive le decisioni (« deliberazioni ») che il
Consiglio degli Istituti Ospitalieri Valdesi, la CIOV, stabilisce
di adottare per la gestione dei
nostri Istituti nel rispetto delle
norme di legge.
Gestire gli Istituti vuol dire
assipurare i servizi sanitari a
favore dei degenti negli Ospedali
ed i servizi assistenziali per gli
ospiti del Rifugio e dell’Asilo.
Chi opera negli Istituti Ospitalieri Valdesi si mette necessariamente al servizio di coloro che
sono nel momento del bisogno.
Perciò, per rispondere alla tua
domanda, dirò che anche il mio
compito, sebbene abbia il carattere amministrativo, lo considero soprattutto in funzione del
servizio da rendere agli altri cos?i come lo fanno i medici, gli
infermieri, gli inservienti, tutti.
— Pur avendo recepito la riforma ospedaliera ottenendo il
riconoscimento di ospedale di
zona sia per Pomaretto che per
Torre Pellice, a tuo avviso queste nostre strutture in che cosa
si differenziano da un qualsiasi
altro ente ospedaliero?
— Con l’avvento della Riforma Ospedaliera e della Riforma
Sanitaria appena avviata il Sinodo ha ritenuto di mettere a disposizione del servizio pubblico
le proprie strutture ospedaliere,
pur nella salvaguardia della propria autonomia.
La società italiana cambia e
conseguentemente cambia anche
il modo ed il tipo di contributo che la nostra comunità Valdese e le nostre strutture possono dare.
Pertanto se i nostri ospedali
oggi assicurano un’assistenza
sanitaria « a norma di legge »,
senza restare così avulsi dalla
società che ci circonda ma al
contrario profondamente inseriti, sta alla nostra qualità di
credenti di esprimerci in questo
campo particolare con l’Agape
insegnataci dal Cristo.
— Tu sei stato per molti anni a Miiano, anche come membro dei Concistoro della comunità vaidese, adesso che ti sei
trasferito alie Valli quali sono
le tue prime impressioni rispetto alla vita ecclesiastica?
—Ho appena posato la valigia
per cui non ho ancora potuto
prendere piena coscienza della
vita ecclesiastica alle Valli.
Rispetto a Milano ho notato
che qui valgono molto di più le
consuetudini, le tradizioni. Mancano senz’altro i fervori e la
dinamicità che la vita di città
impone anche alla chiesa: il rincorrersi da un capo all’altro della città, il costituire i gruppi di
zona, l’organizzare incontri, conferenze, ecc. Qui tutto è più tranquillo, « provinciale » ; le attività della corale, del catechismo, degli incontri quartierali
si svolgono da sempre... col solito sapore del pane quotidiano!
Tutto sommato una vita a
misura d’uomo. Se incontri uno
per la strada, anche se non lo
conosci, e gli dici buon giorno,
puoi star certo di sentirti ricambiare il saluto, per me questi sono valori.
Per quel che riguarda la vita
della comunità potrò risponderti solo fra qualche tempo e cioè
dopo che avrò potuto intessere
i miei rapporti con gli altri.
— Benché tu sia appena arrivato pensi che le nostre strutture assistenziali abbiano un futuro e tu come lo vedi questo futuro?
— Come quando uno si accor
ge del valore della salute quando la perde anche solo in parte,
cosi io mi sto rendendo conto
del valore di un ospedale o di
una casa di riposo da quando
ci sto vivendo dentro.
Non immaginavo che ci fossero tanti casi e tanti bisogni per
cui si può affermare molto facilmente, purtroppo, che fino a
quando esisterà una comunità
di viventi « devono » esistere le
strutture assistenziali !
Le nostre Opere, oltretutto,
hanno una lunga storia che da
sola basterebbe a giustificarne
la continuazione. Non fosse altro che per il ricordo ed il riconoscimento dell’impegno di
coloro che per primi si dedicarono a questo; compito, in condizioni ben più difficili delle nostre, e di coloro che per tanti
anni vi dedicarono buona parte
della loro vita con dedizione e
sacrificio. Questa è storia Valdese ! Se non la rispettiamo e
se non la continuiamo « chi »
siamo?
( Intervista raccolta da
G. Platone )
Pellice e di Pomaretto, si è svolta
attraverso tre sedute settimanali
e si è aperta ai mutuati delrinam dal maggio scorso. Durante l’anno 351 assistiti mutuati
esterni hanno usufruito del servizio di radiologia.
Per gli esami di laboratorio e
la cardiologia siamo pronti ad
iniziare il servizio agli assistiti
mutuati esterni: attendiamo l’espletamento di alcune formalità
burocratiche.
Il funzionamento dei servizi si
basa sul criterio di prenotazione
e dell’urgenza, quest’ultima accertata mediante comunicazione
diretta del sanitario curante. I
paganti in proprio non avranno
alcuna precedenza nelle prenotazióni. L’Amministrazione comunicherà tempestivamente la data
di apertura della cardiologia e
del laboratorio agli iscritti mutualistici, sia attraverso diretta
segnalazione ai sanitari che operano nella valle, sia attraverso la
stampa locale.
Sulla base di quanto è ormai
predisposto riteniamo che i servizi di cui sopra potranno soddisfare una richiesta annua relativa a 1100-1300 assistiti esterni,
aumentabile non appena si potrà
disporre di un maggior numero
di personale addetto ai servizi
diagnostici.
Amministrazione
La CIOV ha trovato nuova sede nei locali dell’ex Convitto Valdese: quivi hanno sede i magazzini centrali di tutti gli istituti e se
il progetto andrà in porto anche
un servizio di lavanderia centralizzata. .
Presso la sede dell’Ospedale si
è in attesa che il CORECO approvi un progetto di ristrutturazione
e di costruzione di alcuni locali
che permetteranno una più consona sede all’Ufficio di accettazione ed un miglior svolgimento
dei servizi funebri, mediante la
costruzione di una nuova sala
mortuaria provvista di ampia
tettoia.
Concludendo, il piano di sviluppo, meglio dire di servizio alla
popolazione è già in stadio di
avanzato rodaggio e continuerà
ad adattarsi alle esigenze che si
presenteranno.
La linea dell’Amministrazione,
comportante la massima disponibilità alle esigenze locali, tende
al criterio dell’elasticità delle
strutture escludendo per ora,
piani edili di rinnovamento globale, pur mantenendo quale tema di studio alcune proposte di
inalterata validità, quale per es.
la creazione di un servizio di
ospedale diurno. La preoccupazione relativa alla carenza di spazi, che pareva assillante solo due
anni or sono, pare oggi abbastanza risolvibile nella constatazione
di spazi ambulatoriali presso la
sede del Convitto, ovvero in una
prospettiva di utilizzazione del
Padiglione, sempre che si possa
trovare una sede veramente soddisfacente per le ospiti.
Lo studio di questi problemi e
la loro risoluzione non appaiono
impossibili se la linea programmatica della Regione, auspicante
soluzioni collaborative tra enti
diversi, avrà il debito riscontro
nella nòstra valle.
E vorremmo, per terminare,
segnalare ai lettori una nota molto positiva concernente l’ottimo
spirito di collaborazione che si è
instauratON tra il personale ed i
nuovi mec|[ci. Siamo quindi grati
a coloro che, nelle difficoltà di
ogni giorno, ritengono che valga
la pena di dare agli altri quanto
è ormai stabilito per legge: il diritto alla salute. dv.
Sordità e cecità
Che le malattie colpiscano gli uomini e gli animali, è un
dato ormai noto. Ma alcune sembrano da tempo colpire
anche gli enti: nessuno dubita che l’elefantiasi, per esempio, sia appannaggio di molte mutue italiane. Ma non vogliamo insistere oltre su argomenti generali a tutti noti.
Per quanto ci concerne siamo invece diretti testimoni di
un duplice grave malessere che ha colpito la Mutua Coltivatori Diretti del Pinerolese. Da tempo si è richiesto a questa Mutua la convenzione per gli esami esterni presso i nostri ospedali delle Valli. Nessuna risposta. Ma non si tratta
solo di essere sordi, ma anche ciechi. Possibile che questi
signori non sappiano che prima o dopo questa convenzione
dovranno farla?
E perché allora attendere, prolungando scioccamente i
disagi dei nostri montanari, obbligandoli a spostarsi sino
a Pinerolo, quando molti esami possono essere svolti in
Valle?
7
20 gennaio 1978
CRONACA DELLE VALLI
LAVORO DEI MONITORI DEL IH CIRCUITO
Tutti devono essere coinvolti
Sabato 7 e domenica 8 gennaio ha avuto luogo presso il
Convitto di Pomaretto un corso
per i monitori del 3° Circuito,
in preparazione all’argomento
che impegnerà le Scuole Domenicali da gennaio a giugno; la
sequenza « Gesù vive ».
Nella giornata di sabato (pomeriggio e sera, con interruzione per la cena consumata in
comune) abbiamo esaminato i
testi del Nuovo Testamento relativi a questa sequenza, cercando da una parte di evidenziare
le caratteristiche particolari di
ogni evangelo, dall’altra procedendo con i quattro testi parallelamente, in modo da constatarne le differenze e le somiglianze ed averne un quadro il più
possibile completo. Ci è servito da base lo studio del prof.
B. Corsani « La testimonianza
dei Vangeli sulla risurrezione
di Gesù » pubblicato sul n. 3
del 1977 di Diakonia.
Il pomeriggio della domenica
era stato riservato alla discussione degli aspetti più propriamente pedagogici e le monitrici
di Pomaretto avevano ricevuto
durante un precedente incontro
l’incarico di preparare alcuni
esempi di lezione, affinché ci si
potesse rendere conto dei problemi che la sequenza avrebbe
nosto a noi ed ai bambini. Ci
è stata così, presentata una proposta di indagine, da preparare
e svolgere insieme con i ragazzi, presso le famiglie della comunità sui temi della sequenza;
questa attività ha lo scopo di
coinvolgere i genitori nel lavoro
della Scuola domenicale e di
avvicinare i ragazzi alla comunità. La proposta ha suscitato
alcune obiezioni, ma ne è nata
una stimolante discussione su
alcuni aspetti della vita della
Chiesa e sul lavoro dei monitori. In un secondo tempo il gruppo di Pomaretto ha evidenziato
alcuni punti « chiave » della sequenza e li ha riassunti sotto
forma di domande: Gesù vive?.
Perché?, Chi te l’ha detto?.
Quando hai capito che ciò che
ti era stato detto era reale anche per te?, Dov’è Gesù?, chiedendo a tutti i presenti di rispondere. Superato l’imbarazzo
ed una certa reticenza a lasciarsi coinvolgere, ciascuno ha risposto il più sinceramente possibile; si sono così create possibilità di approfondimento che
difficilmente si sarebbero presentate senza il coinvolgimento
personale dei partecipanti.
Considerato il buon lavoro
svolto, l’incontro è terminato
con la decisione di ritrovarsi
nel mese di marzo.
Rosanna Plreddu Forneron
PINEROLO: Domenica 22 Gennaio 1978
Incontro ecumenico
sul tema
«DIVISIONE TRA GLI UOMINI
DIVISIONE TRA I CREDENTI
SIGNORIA DI CRISTO »
Come ogni anno, in questa settimana, il Collettivo ecumenico di ricerca biblica di Pinerolo convoca una giornata
di incontro e discussione fra i credenti del Pinerolese. Il tema che proponiamo è quello dell’ecumenismo.
Perché la nostra discussione p>ossa essere autentica e
proficua, non proponiamo di confrontarci sulla visione generale che ogmmo di noi ha, nella propria comunità, del
problema dell’ecumenismo, ma di lasciarci interrogare dalla
Scrittura sulle nostre contraddizioni e di iniziare un bilancio comune sui tentativi, operati in questi anni, per superarli ed andare avanti.
Programma :
ore 14.30: Lettura e introduzione a I Corinzi 1.
Interventi sui problemi aperti di fronte a noi.
ore 15.45: Discussione in piccoli gruppi,
ore 17.00: Assemblea,
ore 18.15: Caffè comunitario,
ore 18.45; Termine dell’incontro.
L’appuntamento alla casa del Catechismo (vicino alla
chiesa di S. Domenico in Piazza Marconi, a Pinerolo).
Il Collettivo Biblico di Pinerolo
Neve in
Val Germanasca
La prima neve del ’78 ha rassicurato gli amanti dello sci, ma
ha causato gravi disagi alla popolazione della vai Germanasca.
Da mercoledì 11 sta nevicando
abbondantemente e i mezzi della
provincia e dei comuni sono riusciti a tenere sgombre le strade
con i villaggi più bassi, mentre
i paesi più alti: Frali, Rodoretto. Salza e Massello sono rimasti
isolati. Con Prali, a causa dei 2
metri e mezzo di neve caduta,
anche il collegamento telefonico
è saltato : abbiamo avuto notizia di una valanga che ha colpito due garages all’altezza della pensione Miramonti, senza
peraltro causare vittime. Solo
domenica un fresaneve della
Provincia si è avventurato sulla
strada di Massello. Partito nel
primo pomeriggio, la sera non
era ancora giunto a Massello.
Venerdì la neve si era trasformata in pioggia battente,
tanto da destare forti preoccupazioni dove era caduta a
maggio la frana.
Sotto la borgata di Chiotti
inferiori sabato notte ha ripreso a cadere la frana che già aveva bloccato l’alta valle un paio
di mesi fa. Due volte è stata
sgomberata la strada e due volte una gran massa di terra e
pietre l’ha ostruita. Oggi la viabilità è di nuovo normale, ma il
pericolo che la frana cada di
nuovo è sempre presente.
Continua a nevicare e non accenna a schiarite; i mezzi sgombra-neve continuano a lavorare,
ma la popolazione comincia ad
essere seriamente preoccupata.
VILLAR PEROSA
Venerdì pomeriggio, 13 c.m.,
nel tempio di Villasecca si son
svolti i funerali del fratello Peyronel Alessandro, deceduto all’età di 86 anni a Villar Perosa
dove si era trasferito con le famiglie dei figli.
All’anziana compagna del nostro fratello ed a tutti i suoi familiari rinnoviamo la solidarietà della chiesa nel dolore della
separazione ma anche nella speranza della risurrezione in Gesù
Cristo.
TORRE PELLICE
La Società Enrico Arnaud,
terrà la sua prima seduta del
1978 domenica 22 corr. alle ore
20.30 nel locale dell’Asilo.
I soci sono vivamente pregati
di essere presenti.
La Società di Studi Valdesi
e la comunità cattolica di Torre
Penice hanno organizzato in occasione della Settimana dell’unità un incontro di studio sul tema « La conciliarità, prospettive
e significato di una ricerca ecumenica ». L’incontro avrà luogo
domenica 5 febbraio alle ore 15.
Parteciperanno il vescovo Timiadis della chiesa ortodossa
greca, l’arcivescovo Michele
Pellegrino ed il pastore Gino
Conte.
• Domenica scorsa ha avuto
luogo nei locali della Foresteria
rincontro sul tema del culto organizzato in accordo fra la nostra comunità e la TTIV. Il db
battito è stato introdotto dalla
predicazione del mattino e da
tre brevi relazioni nel pomeriggio dei past. Conte ed Ayassot e del fratello Garrone. Lo
scambio di idee è stato ampio
e vivace forse poco strutturato
e scarso di analisi sulle motivazioni della attuale crisi di
frequenza del culto ma nel
complesso utile per tutti i partecipanti.
• Martedì 17 ha avuto luogo
il funerale del fratello Giovanni Geymetjdeceduto all’ospedale all’età dr 81 ariffl ; àflk famiglia rinnoviamo il pensiero
fraterno della nostra solidarietà.
• Mercoledì scorso nella sala
dell’Asilo l’Unione Femminile,
nel corso della sua seduta mensile, ha accolto per un fraterno
incontro le sorelle ospiti del padiglione dell’Ospedale di Torre
Penice.
PERRERO-MANIGLIA
Sabato 7 gennaio si è avuta
nel tempio di Maniglia la benedizione del matrimonio di Gerire Paola e Morero Remo. Di
fronte all’uditorio composto da
parenti ed amici il pastore Arnaldo Genre, padre della sposa
ha invocato la benedizione di
Dio. La comunità di Maniglia
è lieta di aver ospitato la famiglia Genre — che è originaria
di quassù — in questa felice occasione e fa agli sposi i migliori auguri.
• Venerdì 13 gennaio Maniglia
ha salutato un altro dei suoi abitanti, AttUio Pons di 68 anni,
deceduto all’ospedale di Pinerolo. La comimità esprime alla
sua compagna ed ai suoi parenti tutti la simpatia cristiana.
Vogliamo qui ricordare quanti hanno permesso che la cerimonia si svolgesse, nonostante
l’abbondante nevicata che aveva rischiato di bloccare la strada.
POMARETTO
ANGROGNA
Sabato 14 germaio si sono svolti
i funerali del nostro fratello
Marchetti Alessio di anni 70
dei Masselli, deceduto all’ospedale di Pinerolo. Ai familiari la
simpatia cristiana di tutta la
Comunità.
Il nostro fratello Alessio ha
dedicato lunghi anni al servizio
della Chiesa in qualità di custode, coadiuvato dalla moglie
Anita. La comunità lo ricorda
e si sente vicina alla famiglia in
quest’ora di lutto.
• Sabato sera 14 gennaio, malgrado il tempo pessimo, ha avuto luogo il già preannunciato
«Concerto di Natale ». Alle' corali di Villar-Bobbio Pellice e di
Luserna S. Giovanni che hanno sfidato le intemperie, ai
trombettieri valdesi e al gruppo
di fiauti, il plauso di tutti coloro che erano presenti. La colletta a favore dell’organo ha reso
la somma di L. 113.200.
• Giovedì 26 gennaio alle ore
20.45 avrà luogo nei locali delle
ex-scuole di Pomaretto una riunione della F.G.E.I. per dibattere il tema « Riforma della Chiesa ».
Folklore
A Pomaretto nella Sala
del Teatro presso il Convitto Valdese sabato 21
gennaio 1978 alle ore 20,30,
il Gruppo « Sunaires Usitans » della Val Varaita
terrà uno spettacolo di
musiche, danze e canzoni
in patois che trattano la
vita sociale economica e
politica della gente delle
nostre vallate.
La Conun. Sport
Cultura Tempo Libero
Orario autolinea Angrogna-Torre Pellice in vigore nei giorni feriali fino al 30 giugno 1978
TORRE PELLICE 7,25 .8,50* 11,10** 13,10 16,00* TORRE PELLICE 8,10* 12,05** 16,30*
PRALAFERA 7,28 8,53 11,13 13,13 16,03 CHIOT’DL’AIGA 8,20 12,18 16,40
SAN LORENZO 7,40 9,05 11,25 13,25 16,15 PRADELTORNO 8,30 12,30 16,50
SERRE 7,45 — 11,30 13,30 —
SERRE 7,45 . 11,35** 13,30 _
SAN LORENZO 7,50 9,10* 11,40 13,35 16,15* PRADELTORNO 8,30* 12,35** 16,55*
PRALAFERA 8,02 9,22 11,52 13,47 16,27 CHIOT’DL’AIGA 8,40 12,47 17,05
i TORRE PELLICE 8,05 9,25 11,55 13,50 16,30 TORRE PELLICE 8,50 13,00 17,15
Fermate a richiesta:
Stalliat - Bivio Giovo - Bruere - Raggio - Bertot
* Non si effettua al sabato - ** Si effettua solo il venerdì.
Fermate a richiesta: Molino Nuovo Ghiunira - Figeirosa - Rive - Rocciaglia
- Ponte Barfé - Molino Eissart - Soggiorno Alpino.
BOBBIO PELLICE
per il terzo sabato consecutivo si sono aperte le porte del
cimitero dove il 14 gennaio abbiamo accompagnato la salma
della sig.ra Anna Geymonat ve* dtova Roman, di 81 anni. Nata a
Bobbio Pellice, aveva tenuto per
qualche temp>o l’albergo Flora.
Ultimamente aveva trascorso
molti anni in Africa con uno
dei suoi figlioli, ma tornava
spesso a Bobbio durante Pestate. Ragioni di salute le avevano
consigliato negli ultimi tempi di
stabilirsi in Italia ed aveva trovato ospitalità presso una famiglia di Luserna San Giovanni.
Ai familiari e ai figli lontani
esprimiamo ancora una volta il
senso della nostra solidarietà.
Un ringraziamento a chi ha
collaborato allo sgombero della
neve per rendere possibile l’accesso al tempio in vista del funerale.
• Pochissima gente al culto
di domenica 15 gennaio, a causa
del persistere del maltempo.
Eppure, in un’atmosfera raccolta e di gioia, abbiamo celebrato
con il battesimo l’ingresso nella
famiglia della chiesa del piccolo Ivan Charbonnier di Giuliano e Elda Rostagnol (Céstèl).
A piccolo e genitori tanti auguri!
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Pietra Buffa
ringraziano tutti coloro che in qualsiasi modo hanno preso parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare al
Pastore Sig. Platone, ai Sanitari, Madre, Suore e Personale dell’Ospedale
Mauriziano di Luserna.
« Io ho pazientemente aspettato VEterno ed Egli s’è inclinato a me ed ha ascoltato il
mio grido » (Salmo 40: 1).
Angrogna, 14 gennaio 1978
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie BleynatJChàrrier-TronGonnet riconoscenti, ringraziano per
la dimostrazione di affetto tributata al
fratello
Augusto Bleynat (Tin)
Un ringraziamento particolare ai
Medici e al Personale infermieristico
dell’Ospedale di Pomaretto e affa Casa
di Riposo di S. Germano Chisone.
K Venite a me voi tutti che
siete stanchi ed aggravati e io
vi darò riposo »
(Matteo 11: 28)
L’assemblea di chiesa del 15
c.m., dopo un breve culto, ha
esaminato, nel dettaglio, il consuntivo (chiesa e stabili) del
1977 ed ha deciso di non far
slittare la ricorrenza del XVII
febbraio alla domenica più vicina.
• Mentre andiamo in macchina la neve continua a scendere
(piti di un metro a Pradeltorno). La spessa coltre bianca
aumenta di ora in ora mentre
aumentano i disagi per coloro
che vivono nei quartieri più
isolati.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti a novembre 1977:
Corsini Albertina, in mem. di Augusta Robert (Milano) 10.000; Corsini
Albertina, in mem. di Adriana TagUabue 10.00; In mem. di Michele Corsini, la mogUe (Milano) 30.000; Rina
Passarelli Poet (Torre Pellice) 20.000;
Cornelio Silvia e Olga, in mem. di
Cornelio Ines (Genova) 50.000; Balmas
Juliette, in mem. del mio caro Fredy
15.000; In mem. di Henry Buffa, le
sorelle (Angrogna) 250.000.
Chiesa Valdese di San Remo L. 30
mila; Giuliana De FiUppis Ciardi, in
mem. della mamma (Milano) 25.000;
Pellizzaro Iole 50.000; Mimma Novena
Quattrini, in mem. dell’amica Ilda (Pinerolo) 10.000; I fratelli, sorelle e moglie, in mem. di Marcel Enrico Talmon (Pinerolo) 50.000; Balmas Amalia ved. Peyla, in mem. del caro marito (S. Germ. Chis.) 30.000.
Doni pervenuti nel mese di dicembre 1977;
Montaldo Jeannette e Eleonora
(USA) 140.250; Pastore Alfredo Janavel (USA) 46.750; Albarin M. R. 50
mila; L.E.A. 50.000; in oecas. battesimo di-Franco Pons, i genitori 10.000;
Charbonnier Paolo è Costanza 20.000;
ZeCchin Nelly (Venezia) 10.000; Re
vel Giulio e Alice 15.000; in mem.
di Rostan Emile, la moglie 30.000;
Collet Pierre - Corale parrocchiale Morges 40.000; Vola Renato e Fiorenzo (Pinerolo) 25.000; Coucourde Giulio (Pinerolo) 5,000.
N,N. 250.000; N.N. 500.000; Giordanino-GobeRo Elisabetta, in mem.
suoi cari (osp. Asilo) 5.000; Filippi
Elsa (Verona) 10.000.
N.N. 1.000.000; N.N. 750.000; Roman Piero e Eriea, in mem. dei genitori e zio (T.P.) 5.000; Bounous Amelia Armand Hugon, in mem. di Maria
Rachele Stalle ved. Rostan (T. P.)
5.000; De Bettini Elvira, in mem. di
Adelina Coisson (T.P.) 2.000; Eynard
Susanna, Marco e Franco (T.P.) 5.000.
N.N. 800.000; Bellion Lena e Giulio, in mem. di Enrica Bellion e Mario
Manfroi (T.P). 10.000; Mourglia Anna, in mem. del Marito Enrico
Osvaldo Mourglia 10.000; Comitato
Vallone Olanda 1.094.900; Lega Femminile Valdese Como 50.000;
N.N. 500.000; Castagner Lili Elsa
(Como) 3.000; N.N., in mem. del rag.
Guido Malan 100.000; in mem. di Rivoira Ludovico, le sorelle : Elvina in
Malan 10.000, Olivia in Mourglia 10
mila, Caterina in Martina 10.000,
Claudina 10.000, Valentina in Pirozzi
10.000, la nipote Ceilina in Tourn
5.000; Ethel B., in mem. della mamma e deUa cugina Paolina Tomasini
30.000; Bellora Margherita e Luigi
(Pinerolo) 10.000.
N.N. 1.200.000; Maria Forte 10
mila; Merhli H., in mem. di A. Pellizzaro 5.000; Prochet-Pontet Bianca
(Bobbio P.) 10.000; Geymonat Aldo
Isaia (Bobbio P.) 3.000; Jourdan Lena
e Paoline, in mem. del fratello (Bobbio P.) 20.000 Iole e Armando, in
mem. del papà Emilio Martinat 10
mila; N.N., in mem. di Boer-Revel
Margherita 20.000; in mem. di Margherita Boer-Revel, l’Unione Femminile di S. Giovanni 5.000; Niny e Piero
Boer, in mem. della zia Margherita
Boer-Revel 10.000; Rostagno Laura
(Torino) 50.000.
Albarin Bianca Maria e Daniele, in
mem. di Bruno Albarin (Roma) 200
mila; Odetto Ivonne, in mem. di Vola
Edmondo (osp. Asilo) 50.000; Cbollet
Pierre - Choeur Paroissial - Morges
20.000; Bufalo Miletto Fede (Noceto)
10.000; Ballestra Rina e Romolo, in
mem. di Lina Bellion ved. Malanot
5.000, Tourn Emilia ved. Durand 5
mila; Ines Malanot-Riva : in mem. di
Malanot William e Margherita 20.000,
in mem. di Lina Malanot e Enrica
Bellion 20.000; Unione Femminile di
Torre P. 32.000; famiglia Dr. Carlo
Varese 100.000; Amelia Ricca e figlia,
in mem. di Riccardo Ricca (Torino)
500.000; Landucci Franca (To) 30.000.
Grazie!
AVVISI ECONOMICI
CERCASI signora o signorina che sappia cucinare o desideri imparare. Rivolgersi casa Diaconesse, v.le Gilly, 9.
Torre PeUice.
8
8
20 gennaio 1978
TORINO; I GIOVANI E LA SOCIETÀ’
Anche gli adulti
devono crescere
Società, scuola e famiglia troppo spesso negano ai minori quella sicurezza che è presupposto indispensabile per la formazione dell’uomo
A sette anni dalla
nascita deila CEvAA
Troppo spesso la società nega ai propri figli il diritto alla
vita, che non è solo diritto del
corpo (diritto sanitario), ma
anche « diritto deil’anima ». I
diritti mortificati nella prima infanzia e nell’adolescenza, che
non hanno trovato valida tutela nella famiglia e nella società,
esplodono poi nella « rivoluzione
giovaniie ».
Questo assunto è stato sviluppato nell’analisi delle varie fasi
della crescita giovanile da Gian
Paolo Meucci, presidente del Tribunale dei minori di Firenze,
nella conferenza tenuta a Torino il 13 gennaio per 1’« Associazione Culturale Italiana» sul
tema ; « Il diritto di essere uomo : la società e i giovani ».
Fin dal seno materno si costituisce la personalità del futuro
adulto. Un bambino non desiderato, n.on accettato, è destinato
a non crescere. Il bambino ha il
diritto all’assistenza. Almeno la
metà degli handicappati sono
tali per una mancata assistenza
dopo il parto.
Il superamento
del potere
(segue da pag. 1)
voce quello che era il desiderio
profondo di ciascuno. Il potere
non è forse la nostra tendenza
naturale, profonda? Ora, non
basta reprimere questa tendenza, bisogna esserne liberati. E
solo Gesù può liberarcene. Limitandosi a condannare il potere, si fa la conventicola dei- pii,
che non incide minimamente
sulla situazione, e di cui in fondo il mondo è contento. Gesù
libera i discepoli dal potere, e
Il manda nel mondo come dinamite, con una carica rinnovatrice capace di rovesciare le situazioni. Perché suscita, e lui soltanto può suscitare, una prontezza nuova nell’uomo: la prontezza a impegnare tutta la propria vita perché l’altro uomo,
il fratello, possa vivere. Questo
interesse, questa passione perché l’altro uomo, perché il nostro fratello possa vivere e svilupparsi, libero, diverso da noi,
è sconosciuta al potere. È la
fine del potere, il suo superamento. Il potere ricerca l’efficienza, ma rinchiude l’uomo, lo
obbliga a restare sempre quale
era; il potere ha bisogno di uomini che non cambiano. Gesù
cambia gli uomini, perciò il potere non può più disporre di
questi uomini, e questi uomini
non hanno più bisogno del potere. Bruno Rostagno
Comitato di Redazione ; Bruno Bellion, Gtuli^i*GandoIfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbaffI,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile: GINO CONTE
Redazione e Amministrazione: Via
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- economici 150 per parola.
Fendo di solidarietà: c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corso
Monealieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
V____________________________________
Il bambino ha il diritto-bisogno di calore umano, di affetto,
di un rapporto sicuro con il padre e la madre dapprima, con la
scuola e la società poi.
Invece una famiglia insicura
ed una società malferma scaricano sul bambino, sull’adolescente, le proprie insicurezze.
C’è invece un diritto alla sicurezza che rappresenta un bisogno primario in vista dello
sviluppo della personalità del
minore.
La scuola stessa si prefigge
spesso più lo scopo di una preparazione nozionistica che una
preparazione alla vita. Il periodo scolare dovrebbe essere inteso invece come momento socializzante, con lo scopo primario di aiutare la crescita deH’individuo, la formazione della personalità, l’inserimento nella vita.
Le carenze e le contraddizioni
della prima età esplodono poi
nell’adolescenza, il momento
della ricerca della pienezza dell’autonomia e della propria identità.
II desiderio di fuga, l’aggressività verso genitori e adulti propri di. questa , età, sono segno di
diritti non soddisfatti nel periodo precedente.
È un grido di aiuto dei giovani che va capito ed ascoltato. È
la richiesta di essere aiutati a
crescere.
La civiltà urbana, industrializzata ha fatto esplodere la rivoluzione giovanile proprio perché
non è stata capace di tutelare i
diritti dei ragazzi; di proteggere
ed aiutare l’incontro fra la sto
ria individuale dei giovani e la
storia sociale. iL’impatto del
giovane con la vita della sua
città è spesso un momento sterile e deludente.
Ma non è giusto considerare i
problemi giovanili in modo settoriale, e chiamarli delinquenza,
violenza politica, ribellione adolescenziale, fuga, prostituzione,
suicidio, droga. Il problema dei
giovani va considerato neiia sua
unità, nell’unità della sofferenza del ragazzo, in cui si uniscono situazioni di carenza affettiva, di diritti non soddisfatti relativi al passato, e nello stesso
tempo assenza di guida e di
presenza umana, di sicurezza
nella società nella quale sta facendo il suo ingresso.
Le deviazioni giovanili sono
tutte segno di una regressione
negativa, che trova le sue radici nei falsi modelli e nel rapporto viziato che il giovane trova
nella società stessa.
Il compito della società, della
scuola e della famiglia è quello
di aiutare il ragazzo nelle varie
tappe di crescita, di rimuovere
situazioni mortificanti e bloccanti, di aiutare il ragazzo a crescere.
Per costruire una società nuova e diversa, dove i giovani trovino sicurezza e soddisfazione
dei propri diritti, bisogna che
anche gli adulti crescano, per
muoversi su vie diverse, in una
nuova considerazione dell’individuo, in un nuovo rapporto verso i minori, non di supremazia
o di indifferenza, ma di amore.
Lietta Pascal
(segue da pag. 5)
ti, l’attività è stata intensa, ed
ha portato alle giovani chiese
un valido aiuto nel difficile periodo, in cui hanno dovuto imparare a portare la piena responsabilità della testimonianza cristiana nei loro rispettivi
paesi.
Ma il Consiglio della CEvAA
è persuaso che ciò non basta
ed ha cercato di organizzare
per le chiese che la compongono, un’opera missionaria diretta
verso l’esterno, per portare il
Vargelo nel mondo che le circonda. Così sono state all’Opera
due « équipes », comprendenti elementi forniti dalle varie chiese collegate alla CEvAA: una ha
lavorato nel paese FON (S. W.
Benin) ed è tuttora attiva, in
piena collaborazione con le chiese protestanti del Benin-Togo.
L’altra per 4 anni ha evangelizzato elementi ormai distaccati
dalla chiesa, in una regione a
maggioranza protestante nell’Ovest della Francia. Esiste già il
progetto per una terza équipe
da mandare nel Nord della Zambia, dove vive una popolazione
di pescatori semi-nomadi.
Uno dei segretàri a pieno
tempo della CEvAA, è il pastore
Ametefe Nomenyo del Togo. Il
suo compito è di realizzare ciò
che è definito dagli statuti della
organizzazione, « una costante
riflessione sul significato del
Vangelo e la Missione dalla
Chiesa ». Nel suo lavoro egli è
affiancato da teologi nominati
dalle chiese membro, che si sono incontrati regolarmente, quasi sempre in Africa, per una riflessione comune sui grandi problemi della fede e della Chiesa
cristiana. Nella misura del possibile questa riflessione è stata
proseguita nel quadro più largo
della riflessione teologica del
Consiglio Ecumenico delle Chie
se.
Nello stesso numero dell’Inter
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Vietnam e Cambogia
'j
E’ uno degli avvenimenti internazionali dei quali è più difficile farsi un’ opinione esatta,
obiettiva, e ci si può soltanto rallegrare che esso sia attualmente
in via di risoluzione, o almeno
sia passato (per quel poco che se
ne sa) dalla fase cruenta a quella diplomatica. Ma, per quanto
le notizie dirette, in proposito,
siano estremamente scarse (i due
contendenti, soprattutto la Cambogia, non permettendo la presenza di giornalisti e corrispondenti occidentali sul luogo), e per
quanto quelle indirette siano poco attendibili perché filtrate attraverso agenzie d’informazioni e
uffici diplomatici politicamente
coimplicati e quindi parziali, vogliamo tuttavia tentare un’approssimata valutazione del grave
avvenimento.
L’avvenimento è infatti estremamente grave, non tanto in sé,
quanto come sintomo di un ac
centuarsi della decadenza e delle
tensioni interne del mondo comunista, fenomeni questi, com’è
ben noto, già in atto da molti
anni.
Ed anzitutto; si tratta di un
conflitto locale e diretto fra i due
contendenti, o non forse di un
conflitto « per procura » (com’è
stato anche detto), nel quale
cambogiani e vietnamiti agiscano semplicemente come rappresentanti, rispettivamente della
Cina gli uni, dell’URSS gli altri,
cioè sotto l’irresistibile spinta
dei due grandi rivali?
Ciò non è impossibile, ma noi
non crediamo che questa sia la
motivazione prevalente, così come non lo fu, anni fa, nel conflitto fra India e Pakistan. In
proposito, leggiamo su «Le Mon
de » deiril c. un interessante articolo di R.-P. Paringaux, dal quale vogliamo riportare alcuni punti salienti.
« Le alleanze formatesi fra diversi governi e movimenti di li
berazione comunisti durante la
seconda guerra d’Indocina, sono
volate in pezzi subito dopo il ristabilimento della pace... Anzi, in
alcuni casi, anche prima. I conflitti d’interessi regionali, nazionali, o internazionali, la geopolica, il peso della storia, il fervore
dei nazionalismi, le divergenze
ideologiche: tutto è entrato in
giuoco ed ha accelerato quell’atomizzazione.
Sulle rovine, ancor fumanti,
del Vietnam, della Cambogia e
del Laos, altri ” imperialismi” si
son fatti tumultuosamente avanti, per prendere il posto di quello
americano sconfitto. (...) ».
Ma « vi fu mai, fra Hanoi e
Phnom Penh, una vera alleanza,
al dilà e al disopra di un’occasionale collusione? E’ una domanda che oggi ci si può proporre.
Certo i Vietnamiti hanno sostenuto i ’’khmer rossi” ( rivoluzionari cambogiani) con gli aiuti
che èssi ricevevano da Pechino e
da Mosca, ed anche coi loro propri reparti armati. Ma i dirigenti khmer sembrano esser stati
sempre convinti, ed evidentemente (a quanto essi stessi dicono)
lo sono tuttora, che i Nord-Vietnamiti, passato il periodo della
’’solidarietà” da cui traevano i
più grandi vantaggi, avrebbero
immancabilmente cercato di porre l’intera Indocina sotto la propria tutela. Senza risalire il corso
dei secoli, si può datare dalla
conferenza di Ginevra (1954) l’inizio dei ’’sospetti” dei primi comunisti cambogiani verso il P.C.
vietnamita. Dopo aver combattuto a fianco del Vietminh contro i
Francesi, quei comunisti cambogiani ebbero l’impressione d’esser stati abbandonati da Hanoi,
e sacrificati agl’interessi del prin
cipe Sihanouk. Nel suo discorsofiume del settembre scorso, il segretario del P.C. cambogiano e
primo ministro, il sig. Poi Pot,
non ha trascurato di alludere a
quel ’’tradimento”.
Persino durante la guerra sono
stati segnalati degli scontri fra
Khmer rossi e Nord-Vietnamiti,
come pure la soppressione (in
Cambogia, a partire dal 1973) dei
reparti pro-vietnamiti. Durante
lo stesso 1973, a seguito degli accordi di Parigi, (...) l’aiuto militare del Nord-Vietnam ai Khmer
rossi venne sensibilmente diminuito ».
Aggiungiamo che, « soltanto un
mese dopo la presa di Saigon, già
si accendeva un primo conflitto
territoriale fra Nord-Vietnamiti
e Khmer rossi, per la sovranità
dell’isola di Poulo-Way nel golfo
di Thailandia. Oggi si sa che i
combattimenti non erano, in realtà, mai cessati lungo tutta la
frontiera comune ai due Stati: e
ciò a dispetto dell’eliminazione
del principe Sihanouk. Pekino intanto ha continuato ad aiutare
materialmente il regime di
Phnom-Penh e a sostenerlo politicamente, mentre simultaneamente si raffreddavano i suoi
rapporti con Hanoi ».
Sia « La Repubblica » del 4 c.
abbiamo letto; « Per troppo tempo abbiamo dimenticato o trascurato che l’umanità non è divisa soltanto dalla lotta di classe,
ma anche dalla diversità di sesso, di razza, di nazione, di storia,
di cultura. Per troppo tempo abbiamo glorificato una razionalità
astratta e... irrazionale, perché
non teneva conto della profondità della psiche collettiva e individuale, e cioè delle paure, delle
inibizioni, dei misteri che la millenaria storia del genere umano
ha trasportato in ciascuno di noi
(...). Ed ecco allora che il fronte
della lotta diventa meno identificabile. Passa anche ’’dentro” i popoli oppressi, anche ’’dentro” la
famiglia di un proletario, anche
’’dentro” ciascuno di noi ».
national Review of Mission, (pagine 163-168) in un altro articolo è annunziata per il luglio di
quest’anno la fondazione a Londra del « Council for World Mission» (consiglio per la missione mondiale) voluto dalla Chiesa Presbiteriana Inglese, e l’Unione delle Chiese Congregazionaliste Inglesi. Questo consiglio
è l’erede della famosa London
Missionary Society, la Società
Missionaria del Commonwealth
e il Dipartimento Missionario
della Chiesa Presbiteriana d’Inghilterra, responsabili della crea
ziòhé di giovani chiese nei seguenti paesi; Bangladesh, Madagascar, India, Samoa, Nuova Zelanda, Isole Gilbert, Guyana,
Hong-Kong, Malesia, Singapore,
Taiwan, Tuvalu, Sud Africa, Giamaica. Grande Cayman, Nuova
Guinea, Isole Salomon e Zambia.
Tutte queste chiese saranno
membri del nuovo consiglio, che
con parecchie modifiche rese necessarie dalla mole di alcune di
esse, svolgerà un’opera di collaborazione ed aiuto reciproco, secondo linee generali molto simili a quelle seguite dalla
CEvAA. L’articolista scrive: « In
certo qual modo questo rassomiglia alla CEvAA, e dobbiamo
molto alla riflessione che si è
espressa nella sua attività ».
Ma per tornare all’articolo del
Maury, notiamo l’insistenza con
cui egli afferma che la CEvAA
non vuole e non può essere un
modello da copiare. Vale la pena di citare, a questo proposito,
là sua conclusione. Egli comincia coll’osservare che è difficile
vedere chiaramente oggi quale
potrà essere l’avvenire della
CEvAA: un gruppo che si allargherà sempre più? un modello
da imitare? Cosa avverrà delle
Chiese Unite, come quelle del
Madagascar e della Zambia, che
ora dovranno partecipare alla
CEvAA e al nuovo consiglio londinese? Sarà forse lo sbocco finale un organismo solo nell’ambito del Consiglio Ecumenico
delle Chiese? Poi il Maury conclude; « Per tutte queste ragioni e tante altre ancora, la CEvAA
non può lascictrsi trascinare
verso un certo trionfalismo. Si
rende ben conto dei suoi limiti.
Sa che ha dinanzi a sé una lunga via da percorrere. Innanzi
tutto non vuole essere un modello. Eppure come potrebbe nascondere il fatto che per tutti
coloro che hanno la buona fortuna di farne parte, essa è un
segno di una porta aperta verso
il futuro, e una manifestazione
evidente che il Signore Gesù
Cristo è veramente il signore di
una riconciliazione costosa, che
può in verità vincere tutte le
forze che provocano divisioni
nel mondo? ».
Roberto Co'isson
Partorire
dietro le sbarre
Franca Salerno, salita alla ribalta delle cronache per le sue
imprese nappiste, attualmente
detenuta presso il super-carcere
di Nuoro, ha partorito in carcere, un mese fa, un figlio. Dopo
un parto difficile la Salerno rimane detenuta in una cella di
isolamento a Nuoro mentre due
vigilatrici assistono il neonato.
Di fronte a questa drammatica
situazione una delegazione, ricevuta direttamente dal ministro
di Grazia e Giustizia Bonifacio,
composta dall’attrice Franca Rame, dal pastore Tullio Vinay e
da una rappresentante di « Medicina Democratica » ha avuto
un colloquio in vista di ottenere per Franca Salerno la libertà provvisoria.
L’iniziativa, che è stata ampiamente ripresa da molti organi
di stampa, non sembra essere
caduta nel vuoto. « Ho avuto assicurazione dal ministro — così
ha rivelato un membro della delegazione — che la Salerno sarà,
in breve tempo, trasferita in un
carcere vicino a Roma, se non
a Roma stessa ».