1
bre
ì
ta
a~;il
otate
itele
ondo
^aiti
utale
5_non
lé un
la de
Seat,
degli
Anni
Uniti
». Epeiveerano
1 alla
irante
'e, ce.
li Bo
fesco
le Mi
alan
I que.
calori
irteci.
aRo
alevi,
essere
ouna
IO che
Ansardinalignei
0 che
luran; purlensaguadi
re sul’ronte
I».
lichiarangeper un
evanlealtri
b par;elico’
ncan3», ha
ga sia
igelici
pettivi
no, ex
lee di
ito del
sosteezioni
nto in
ga era
luarte,
Dio.S
tà cri:hiesa,
idialenevacupas;ressi.
lefuni2, Bonte ad
1140*
licaradi U»
[enil
.ttisti
itei
jsi-È
■mal
aco*
looa
».J
WWW
l’îfifon^îone
evangelica în refe
Spedizione in a. p. 45% ■ art 2 comma 20/B legge 662/96 - filiale di Torino. Contiene I.P.
In caso di mancato recapitò restituire al mittente presso l'Ufficio PT Torino CMP Nord
Lire 2200 - Euro 1,14
lOMMENTII
Il nostro dibattito sulla guerra
■ BIBBIA E ATTUALITÀ ■
DANZARE
SENZA MUSICA
«Se tu squarciassi i cieli e scendessi!»
Isaia 63,19
AVVENTO: quattro candele, un
angolino dei calendario liturgico, un vuoto teologico. Il tempo di
preparazione e attesa della nascita del
Cristo bambino ha perso terreno nel
mondo postmoderno di empia efficienza, telefonini e sorrisi di circostanza, strepito consumistico imposti
senza pietà ai nostri cinque sensi che
gridano per una boccata di autenticità nel deserto. In questa stagione,
attenzione graviterebbe attorno alla
venuta di Gesù, che rimanda al suo
secondo avvento. Ci chiediamo: perché in noi si è assopita la gioia e la
tensione dell’attesa? Che cosa uccide
in noi la freschezza e l’autenticità
della speranza? Anche i nostri figli
subiscono i segni cinici di un’età che
nulla ormai attende. Tramontati i
messianismi politici in Occidente, si
è smarrito anche il senso della storia,
mentre ne sorgono di nuovi in
Oriente, da esorcizzare con bombe e
altre torbide operazioni chirurgiche.
IN un clima di benessere apparente, dove spendiamo i nostri quattro soldi per ciò che non sazia, il nostro bisogno di un Salvatore che da
fuori venga verso .di noi è ostacolato
da feticci e status simbol che rimpinzano la nostra vita. Quando nasceva
Gesù le cose andavano diversamente:
si era radicata nel profondo l’attesa
di un Messia. Provocando l’agitazione delle coscienze, Giovanni aveva
esasperato il desiderio di liberazione,
non solo sociale. Abbiamo il privilegio di assistere alle sofferenze del villaggio globale a una velocità che ci
rende impermeabili al dolore: che
cosa c’è più da attendere dopo gli attacchi aerei alle Torri, le mine gio
caltelo italiane che esplodono anco
ra insieme ai missili Usa in Afghanistan, le evacuazioni di popolazioni
inermi, senza però dimenticare l’ultimo modello Ferrari? Il senso del
l’attesa in noi si è ristretto perché
non siamo più in sintonia con il gri
do interiore, il nostro bisogno di
guarigione e perdono. Per noi, forse,
la stagione dell’awento sarà una fase
in cui, come figli prodighi, rientriamo in noi stessi e riconosciamo il bi
sogno di liberazione.
AVVENTO: storia di un concepi
mento, di una gravidanza nascosta, di un’attesa. Questa straordinaria misericordia di Dio nei nostri
confronti non è discesa dall’alto dei
cieli su tavole di argilla, ma è entrata
nel mondo passando per il canale
stretto e oscuro delle tube di una
giovane contadina. La misericordia
tii pio si sostanzia in carne umile
galilea. In Gesù si rivela nel qui e ora
Come sfida a ogni struttura di potere
che schiaccia gli umili. Per questo
rovesciamento delle sorti. Maria può
magnificare il Signore. E noi con lei
Sperare come Maria significa danza
tc senza musica, muoversi a un rit
nio che gli altri non captano, partecipi di un dramma che altri ignorano
Aw'ento, tempo di speranza. Atten
diamo un diverso futuro, anche se
pomi logori nell’attesa confermano
le beffe dei cinici. <.l miserabili non
hanno altra medicina che la spcran
(Shakespeare). Non possiamo
possedere Dio, ma possiamo atten
erlo. Ascoltarlo. Sperare in lui.
Jonathan Terino
CUMEI*^I
Lettela alle comunità miaulmane
dì KONRAD RAisER 6 sul terrorismo
Il r dicembre è la Giornata mondiale contro l'Aids. La situazione in Italia
L'Aids si può sconfiggere
Negli ultimi anni lo nostra situazione è molto migliorata, soprattutto grazie ai nuovi
farmaci e all'informazione, ma si continua a morire se si tarda troppo a farsi curare
VALDESI
Anno IX - numero 46 - 30 novembre 2001
CO DJELLE VALI--------
?
RELIGIONE
DI RUOLO
..„„K* .’’1
’X..
EUGENIO BERNARDINI
IL 10 dicembre è la Giornata mondiale contro l’Aids, un appuntamento nel quale si fa un bilancio
della situazione di una delle più devastanti malattia del nostro tempo:
oltre 36 milioni di ammalati, di cui
34 milioni nei paesi del Sud del
mondo; 22 milioni di morti dal 1981,
di cui 4,3 milioni minori di 15 anni.
Nel 2000:5,3 milioni di nuove persone colpite dal virus, 3 milioni i morti.
La situazione in Italia evidenzia
104.000 sieropositivi, quasi 50.000 in
cura. Nei primi sei mesi del 2001 si
sono registrati, sempre in Italia,
quasi 1.000 nuovi casi. La classifica
delle regioni più colpite è la seguente: Lombardia al primo posto, seguita da Lazio ed Emilia Romagna.
Parliamo della situazione italiana
con il prof. Valerio Veglio, primario
di malattie infettive all’ospedale
Amedeo di Savoia di Torino: «In questi ultimi anni, la situazione italiana
è molto migliorata: diminuiscono
nettamente i ricoveri ospedalieri,
mentre aumentano costantemente i
pazienti curati con i servizi ambulatoriali. Questa è una buona notizia:
vuol dire meno casi gravi, e quindi
meno morti, e più casi curati e con
una qualità della vita migliore, soprattutto grazie ai farmaci sempre
più efficaci».
- Ci sono però notizie allarmanti
su nuovi ceppi della malattia che resistono ai farmaci attuali?
«Sì, ci sono delle resistente ai farmaci, anche indotte dai farmaci. Ci
sono poi le mutazioni del virus, che
però si affrontano con farmaci nuovi. La ricerca di questi farmaci nuovi
procede in fretta, bisognerà vedere
chi vincerà la gara: se il virus in continua mutazione o i farmaci che a un
certo punto lo bloccheranno».
- Come mai ci sono questi nuovi
ceppi della malattia che si diffondo
nel Sud del mondo e poi arrivano anche da noi?
«L’Aids è diffuso in tutto il mondo,
per cui è inevitabile che la circolazione sia anch’essa a livello mondiale. D’altra parte proprio i farmaci
possono indurre nel virus Hiv la nascita di nuovi ceppi resistenti. Questo non vale solo per questa malattia, vale anche per quelle curate con
gli antibiotici e via dicendo».
Segue a pag. 10
■ Le chiese cristiane negli Stati Uniti e la guerra
Appello per la pace e la giustizia
Un forte appello per pace e giustizia caratterizza il documento sui fatti
dell’11 settembre e sull'intervento
militare in Afghanistan, approvato il
15 novembre dalle chiese cristiane
riunite a Oakland (California) nell’Assemblea generale del Consiglio
nazionale delle chiese Usa (NcccUsa), il maggiore organismo ecumenico del paese, che raggruppa 36 denominazioni protestanti e ortodosse,
per un totale di 50 milioni di aderenti in 140.000 comunità locali. 1 delegati del Consiglio nazionale chiedono la cessazione dei bombardamenti
in Afghanistan e auspicano la collaborazione fra tutte le parti in causa,
«per individuare strategie nonviolente che consentano di portare davanti
alla giustizia coloro che terrorizzano
le nazioni del mondo-..
Le chiese americane chiedono al
governo Usa e agli altri governi di
«assicurare la protezione dei diritti
umani e delle libertà fondamentali e
di trattare tutte le persone con dignità, rispetto e tolleranza, al di là
della religione, della razza, etnia o
colore»; auspicano inoltre che gli
Stati Uniti svolgano un ruolo costruttivo, nella cornice delle Nazioni
Unite, nella creazione di un governo
afghano, a conclusione della guerra,
che sia largamente rappresentativo,
rispettoso delle tradizioni e accettabile per la popolazione del paese».
Le comunità di fede sono incoraggiate dai delegati delle chiese americane a «intraprendere un dialogo
aperto sulle questioni di pace e giustizia, per costruire comunità multireligiose più forti e promuovere la
tolleranza e la comprensione reciproca... L’Assemblea generale chiede inoltre alle chiese e alla società di
rispondere con generosità all’appello per il soccorso dei profughi in Afghanistan e Pakistan. (nev)
Valli valdesi
La qualità
della castagna
’Valorizzare i prodotti locali per
promuovere il ritorno alla terra sem
bra essere l’oggetto di un passaparola
spontaneo tra una nuova generazione di agricoltori e operatori economi
ci: accanto ai nuovi centri per il commercio solidale con il Terzo Mondo
sorgono attività di coltura e di tra
sformazione dei prodotti della terra e
cresce l’attenzione per la valorizza
zione del «prodotto di qualità», con
caratteristiche tipiche di una realtà
locale e meno soggette all’omogeneizzazione del gusto. Sono da poco
stati valorizzati, a esempio, la mustardela e il serass del fen; e ora una
più recente schiera di produttori è
quella che nel Pinerolese fa riferimento alla coltura della castagna.
A pag. Il
«Ma perché voi protestanti ce l’avete tanto con gli insegnanti di religione
cattolica?». Naturalmente non è vero,
ma è un’opinione diffusa, insieme a un
senso di fastidio per le battaglie che
continuiamo a fare per la laicità della
scuola. Questa volta però sarebbe bene
che qualcuno si svegliasse, perché sotto il capitolo «insegnanti di religione»
sta passando una tappa scandalosa del
processo di demolizione della scuola
pubblica a cui ha alacremente messo
mano questo governo. Il Consiglio dei
ministri si appresta a varare un disegno di legge per l’inunissione in ruolo
di questi docenti che esercitano il loro
insegnamento a spese dello stato grazie a un attestato di idoneità rilasciato
dal vescovo del luogo. Diventando di
ruolo potranno svolgere altri compiti
in caso di perdita dell’idoneità (se divorziassero, per esempio).
Abbiamo dunque questo paradosso:
lo stato istituisce un ruolo per una materia che è facoltativa, lo stato delega a
un’autorità esterna il requisito fondamentale per accedere al posto di ruolo,
prefigurando un canale di accesso assolutamente diverso da quello previsto per tutti gli altri insegnanti, riservato ai cattolici che avranno avuto il
gradimento vescovile. Si viola l’art. 7
della Costituzione (quello che riguarda il Concordato) e anche l’art. 3 che
non prevede fra i cittadini distinzioni
di religione. La cosa sembra non
preoccupare, tanto che si parla già di
spesa da mettere in bilancio: 15 miliardi per l’anno prossimo e 47 per il
2003. I pesanti tagli alla scuola e
all’università, previsti nella finanziaria attualmente in discussione, riguardano evidentemente cose meno importanti. Val la pena ricordare che,
nella stessa linea dei «due pesi, due
misure», qualche tempo fa, sempre il
solerte ministro Moratti aveva abolito
la distinzione fra graduatorie di insegnanti della scuola pubblica e di quella privata, con il risultato che miniala
di insegnanti con poche mensilità
«confessionali», e spesso assunti sulla
base di amicizie, sono entrati nella
scuola pubblica, mentre molti altri
precari che hanno fatto tutta la «gavetta» prescritta ne sono usciti.
E, come cigliegina sulla torta, ritenendo probabilmente troppo vaga se
non rischiosa la libertà di insegnamento affermata nella Costituzione, il
ministro ha pensato bene di istituire
anche una Commissione che avrà il
compito di scrivere un codice deontologico per gli inseganti: a fare in modo che essi si comportino bene ci penserà soprattutto il presidente di questa Commissione, l’ineffabile cardinal
Tonini, baluardo della morale italica,
come testimoniano le sue consuete apparizioni televisive e soprattutto, ci
tiene a ricordarlo lui, amico dei laici.
Siamo a posto. A sinistra silenzio, o
meglio: se si tratta di approvare un bel
documento sulla laicità, tutti d’accordo. Nei fatti: poco più di zero. Bisognerà aspettare che questo governo
abbia capovolto tutto quello che si era
incominciato nella scuola, tornando a
dividere precocemente gli alunni fra
coloro che andranno alle superiori e
all’università e la maggioranza destinata alla formazione professionale e ai
diplomi, per vedere un po’ di opposizione? Agli studenti la scuola azienda e
l’istruzione merce non piace, e lo stanno dicendo, alcuni anche con il digiuno. Resteranno da soli?
Marco Rostan
2
PAG. 2 RIFORMA
ROLA
(Genesi 36, 6-8)
«^Quella notte Dio
apparve a
Salomone, egli
disse: “Chiedimi
ciò che vuoi che io
ti dia”. ^Salomone
rispose a Dio:
'^“...o Signore,
Dio, si avveri
la promessa da te
fatta a mio padre
Davide... Dammi
dunque saggezza e
intelligenza, perché
io sappia come
comportarmi
di fronte a questo
popolo; poiché
chi potrebbe mai
amministrare la
giustizia per questo
tuo popolo che
è così numeroso?”
"Diodissea
Salomone: “Poiché
questo è ciò che hai
nel cuore, e non hai
chiesto ricchezze,
né beni, né gloria,
né la morte dei tuoi
nemici, e nemmeno
una lunga vita,
ma hai chiesto
per te saggezza
e intelligenza per
poter amministrare
la giustizia per
il mio popolo del
quale ti ho fatto re,
^^la saggezza
e Vintelligenza
ti sono concesse... ”»
(2 Cronache 1, 7-12)
(éEsaù prese le sue
mogli, i suoi figli,
le sue figlie, tutte
le persone della sua
casa, le sue greggi,
tutto il suo bestiame
e tutti i beni che
aveva messi insieme
nel paese di
Canaan, se ne andò
in un altro paese,
lontano da
Giacobbe suo
fratello, '’poiché
il loro bestiame era
troppo numeroso
perché essi potessero
abitare insieme;
il paese nel quale
soggiornavano non
era loro sufficiente
a causa del loro
bestiame. ^Così
Esaù abitò sulla
montagna di Seir.
Esaù è Edom»
LA SCELTA NONVIOLENTA DI ESAÙ
La scelta di Esaù è
hanno diritto a un
una proposta valida là dove le risorse sono limitate e i popoli
loro ambito vitale, come nel Medio Oriente di allora e di oggi
SALVATORE RAPISARDA
Esaù è fratello gemello di
Giacobbe. Ben presto i due
si dimostrano rivali per quanto
riguarda la primogenitura, l’affetto dei genitori, il possesso
della terra. Col passare degli anni, col mettere su casa e con
l’aumentare delle loro ricchezze, appare chiaro che essi non
possono più abitare nello stesso
luogo; la terra di Canaan è troppo piccola perché possano vivervi assieme in pace.
La proposta di Abramo
GIÀ in Genesi 13 ci viene narrato di un conflitto tra i pastori di Abramo e quelli di Lot.
In quel caso Abramo suggerì a
Lot di separarsi, di scegliere da
quale parte andare. «Ti prego Abramo disse a Lot - non ci sia
discordia tra me e te... sepàrati
da me! Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se.tu vai a destra, io
andrò a sinistra» (13, 8,9). Anche
Esaù adotta il modello della separazione. Edom, nella Bibbia, è
sinonimo di popolo saggio. Nella scelta della separazione Esaù
attua un gesto di saggezza politica. Invece di vivere in un perenne conflitto col fratello, e di
costringere al conflitto i loro discendenti, egli sceglie la via della separazione, di andare a trovare un altro luogo dove vivere
in pace e in prosperità. La separazione, dunque, non solo è
condizione per eliminare le cause del conflitto, ma è anche premessa per la libertà, la creatività, la gestione autonoma delle
proprie risorse. Con la piccola
postilla a conclusione del nostro
brano («Esaù è Edom»), viene
reso chiaro ad ogni lettore che
nella separazione di Esaù, nella
sua partenza da Canaan, c’è di
più della semplice storia di due
clan 0 di due tribù. Qui è in gioco il ruolo, la collocazione e il
destino di due popoli.
I conflitti
nel Medio Oriente antico
Qualunque ora tu scelga
Qualunque ora tu scelga,
mattino o sera, giorno o notte,
per me va bene.
Tutti i tempi ti appartengono;
Dio di tutte le età!
Se sarò solo o ùt compagnia,
triste o felice, malata o in salute,
per me va bene.
Tu solo sei il Signore della libertà;
Dio dei miei intimi segreti!
Ma io ho un desiderio: quel giorno,
in quel luogo, in quella circostanza,
vorrei essere in pace,
celebrare nella gioia il tuo arrivo
dopo un’attesa tanto lunga;
Dio, vita nascosta nella mia morte!
La tua sapienza mi sta guidando,
sebbene io non capisca come e dove,
chiudo perciò gli occhi,
e nel dolore dell’incertezza ti chiedo:
conducimi alla pienezza del mio essere,
che la tua volontà si compia,
che il tuo re^o venga!
Dio, sogno di luce nella mia notte!
Lì ANTICO Testamento vive in
I un clima estremamente
complesso e conosce le tensioni
esistenti tra i popoli. Da una
parte riflette le migrazioni che
percorrono la mezzaluna fertile che, come ci viene detto di Abramo (Gen. 11, 26ss), partono
dalla confluenza dei grandi fiumi mesopotamici, risalgono fin
sugli altipiani iraniani, per poi
scendere verso la Palestina, giù
giù fino in Egitto, e di nuovo
verso la Palestina e i territori limitrofi. Si tratta di movimenti
migratori di popoli che cercano
benessere, libertà, autonomia,
pace. Dall’altra parte, ci viene
testimoniato che il frutto avvelenato di queste ondate migratorie consiste nei conflitti continui
tra le popolazioni prime arrivate
e le nuove che si muovono in
cerca di terra, di pascoli, di acqua. Il conflitto è lotta all’ultimo
sangue, prevede lo sterminio o
l’assoggettamento totale della
popolazione soccombente.
porti tra Israele ed Edom non sono stati idilliaci, come testimonia
il libro di Abdia, e le tracce che
troviamo persino nel NT: «Ho
amato Giacobbe e odiato Esaù»
(Rom. 9,13; Cfr. Mal. 1,2s).
Un po’ per motivi strettamente economici, un po’ per motivi
teologici (ideologici vestiti di sacralità), il modello dominante
nei rapporti tra clan, tribù e popoli è sempre stato quello dello
scontro in vista della sopraffazione e del dominio. Venendo
più vicini a noi, dalla conquista
del continente americano alle
guerre coloniali, l’Europa è sempre andata a piazzare le proprie
tende là dove prima c’era qualche altro popolo. Questo del
conflitto è apparso, e ancora appare, come il modello vincente,
a giudicare dalla guerra infinita
in Medio Oriente e dagli esiti
della guerra in Afganistan.
repubbliche dell’ex Jugoslavia
(penso alla Croazia) hanno dovuto lottare per avere confini sicuri in cui vivere in pace. Il modello Esaù rimane, comunque,
un modello valido e collaudato.
La forza del debole
Violenza continua
IN questo quadro generale, la
Bibbia
Maria do Carmo Bogo
(in Al di là delle barriere, della Cevaa, 1995)
3ia ci testimonia di popoli
che si fanno guerra per la conquista di un fazzoletto di terra, e
Israele ne è l’esempio più evidente nella sua conquista del
paese dei «Cananei, Ittiti, Amorei, Ferezei, Ivvei, e Gebusei»
(Esodo 3, 8). Nella fede di Israele
la conquista della Palestina è
realizzata grazie all’intervento di
Dio (cfr. la presa di Gerico, Gios.
6, 0 la vittoria di Gedeone, Giud.
6s) e senza alcun merito umano.
Per questo quella terra viene vista come sacra e di esclusivo
possesso. Che Esaù se ne sia andato di sua spontanea volontà è
un fatto che depone a favore della sua saggezza, ma Israele non
avrebbe esitato un istante a
muovergli guerra. Del resto i rap
NELL’OTTICA della guerra al
nemico, dello scontro cruento volto ad annientare l’avversario, la scelta di Esaù può apparire una fuga, un atteggiamento
di debolezza, persino di codardia. Ci vuole certamente una
sensibilità nuova per uscire dalla cultura della violenza e entrare in quella della nonviolenza
per realizzare la pace e la concordia tra i popoli. La scelta di
Esaù, rettamente compresa, è
una proposta valida là dove le
risorse sono limitate e i popoli
hanno diritto ad un loro ambito
vitale. Non si tratta del famigerato apartheid, dove il cosiddetto «sviluppo separato» mascherava il dominio dei pochi sui
molti ma si tratta, invece, della
ricerca di spazi e confini sicuri,
definiti non con la forza delle armi, ma con opportuni gesti di
dialogo e di pace. Vi è certamente più dignità, più nobiltà, in un
Esaù che prende le sue donne, i
suoi figli, i suoi averi e si trasferisce in una zona da dissodare,
piuttosto che in un guerriero,
armato fino ai denti, assetato di
sangue, deciso a tutto, pur di
annientare il nemico e di prendere possesso del suo territorio.
L’esperienza di Esaù, a voler
ben guardare, non è poi così insolita. Per quel che ci è stato dato di comprendere attraverso la
stampa, l’esperienza della Slovenia è apparsa come un'esperienza pacifica, non violenta, di
affermazione della propria autonomia e di definizione dei propri confini. È evidente che la pace si fa almeno in due e che altre
Saggezza e circolo virtuoso
La saggezza di Esaù trova applicazione in gesti quotidiani, tanto dei popoli quanto dei
singoli, tanto delle istituzioni
nazionali quanto delle chiese. Se
non viene vista e attuata come
una chiusura egoistica a riccio,
essa mette in moto gesti forti,
capaci di produrre effetti di riconciliazione, di sviluppo, di pace. Non dimentichiamo che viviamo in un mondo di violenza,
ma è qui che vanno ricordate alcune parole di Gesù: «A chi ti
percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il
mantello, non impedire di prenderti anche la tunica» (Lue 6,
29). Anch’esse potrebbero essere scambiate per gesti di debolezza, o addirittura di codardia,
mentre invece rivelano tutta la
forza di una proposta capace di
operare una svolta nei rapporti
umani, per una nuova umanità,
un superamento delle barriere e
una nuova convivenza.
Gesù non affronta il nemico per annientarlo e nemmeno
fugge davanti a lui, ma lo conquista con la nonviolenza, il dialogo, l’incontro, l’agape. Egli dice pure: «Se uno ti costringe a
fare un miglio, fanne con lui
due» (Mat. 5, 41). L’avversario,
qui, non è qualcuno da abbattere e distruggere, da ridurre al silenzio o da rinchiudere in una
cella per sempre. Così facendo
combatteremmo il male col male o, se si vuole, con una giustizia disumana. La parola biblica
ci invita a vincere il male col bene (Rom. 12, 21). Con l’avversario si può e si deve dialogare, per
fare assieme, uno accanto all’altro, un tratto di strada verso la
meta che è la pace nella giustizia
per tutti ipopoli.
Anche in ambito ecumenico la
proposta che viene dal modello
Esaù e dalla parola di Cristo, la
proposta che è attuale in ambito
protestante, non è la conquista
di una chiesa sull’altra, né l’assimilazione di una nell’altra, bensì
quella della diversità riconciliata, del riconoscimento reciproco
di famiglie cristiane, della tensione verso la meta in cui «Dio
sia tutto in tutti» (1 Cor 15,28).
(Ultima di una serie
di quattro meditazioni)
'£• Note
omiletiche
capitolo 36 deh
della Genesi è interi *''1
dedicato a Esaù. Ess??'
de il ciclo delle na « ^
che riguardano >
personaggio. Subito
si parlerà di Giuseppe“
Giacobbe, che ri;;
personaggio fondai
storia biblica le' ^
Israele. "
capitolo 36,,
me I precedenti capit^i^
16s; 5; 10; li, los;
12ss, 19ss, contiene'
lunga lista di no'mi.J
troviamo la geneai»
della posterità di Esaf,
si individuano sei listi
nomi. All'interno della!
ma trova posto l'inC
zione su cui abbiamo »a
dallo stile squisitameZ
genealogico e si prese»
come una narrazione
trebbe trattarsi di una'sr.
eie di glossa estranea al
genealogia, che un agi
grafo ha pensato di inL
re nel ciclo di Esaù, pr¡„
che fosse troppo tardi,*
non si parlasse più di lui,
■ Esaù-Edom nei capitif
della Genesi che lo riguai
dano, ma anche in quel
poche ricorrenze diej
trovano nel Deuteronomi
e in Giosuè, appare coi»
una figura positiva. Ejl
era un «esperto cacciatore» Genesi 25, 27 e urla
voratore, a differenza*
fratello che viene definiti
«un uomo tranquiilochi
se ne stava nelle tenda
(ivi). È vero che ha svendu
to la sua primogenituia,
ma la cosa ci viene presen
tata come un gesto conpiuto in stato di necessiti
in un momento di bisogno, dovuto alla stancheza, di ritorno dal lavoii
dei campi, in preda allafa
me (sulla validità giuridia
di una simile vendita dsa
rebbe da dire). Per di pii
egli è stato vittima di raj
giri orchestrati dalla mdre. Rebecca, e dal frate!
lo, Giacobbe. Egli, tuttivia, nonostante il danni
subito, si è dimostrato di
sponibile alla riconciliazio
ne (33). In Deuteronomi!
2 e Giosuè 24 appare eh»
ro che la dimora di Esaù,
montagna del Seir, è Visi
come un dono di Dio,»
me un'eredità che Dio fai
Esaù, al pari dell'erediti
data a Israele.
Nel corso degli anni
sembra che i rapporti trai
due popoli si siano deteriorati e che da Israele sia
no usciti oracoli di malei
zione contro Edom. InM*
lachia 1, 2s, l'oracolo ct<
ritorna nel Nuovo Testa
mento, il giudizio su Edo»
sembra dato a posterion,
quando la desolazione
aveva già colpito quell®
polo. Edom è stato sebi®
ciato dalle pressioni na»
tee, tribù arabe, verso»
Palestina, ma non è sta
annientato. Da Edom *
gono gli Idumei. Eno“®,
grande era'idumeo e
storia dei rapporti tra i ,
mei e giudei, alla fm»
primo secolo a.C, è W
tro che una storia idilb»
In Abdia 8 troviamo «
indicazione che ti ^ J;
re come, al di là di ^
Edom venisse consi
come un paese di sags
Uno degli amici di Gio ^
che viene a consolai
Elifaz. Questi viene da
man, città di EdJ,
prende il
dei discendenti
(Gen. 36, 11). Giobb«;
so, molto Ptobabi i'" jj.
era visto tome un P
naggio che ^bi ^ j,,
Edom. Di lui vie"®J'ji
che viveva nella j
Uz ed era il più
tutti gli orientali, ta
un edomita il gjol)centrale del libro d %
be vuol dire qoalr°*^, '
la considerazione
venivano tenuti
quel paese.
Per
approfonda®
- Gerard von
ii, Paideia, Bres
li
Ini
tiogt
iieilei
«Qt
riodo
noce
Nativ
Quest
che®
ehec
dienz
riobb:
che ci
lld
senza
dualr
loro
nell’'
’press
èun
ancoi
ma a
unip
devo;
Lare
chec
hann
plicei
sono
ni, ci
cond
giust
.^usti
Gli
bres
sonai
delle
l’eco
quale
^tro.
hann
step
nodi
tarci
musi
della
iimi
vend
chies
no fi
deü’E
anes
stian
al tei
alim
Ogni
esprf
ra,èi
Gli
appe
4
Ch
PAR
tro
altre c
CUltUTi
e atrio
te di Vi
compii
che in
PK
iinni L
delle (
paesi :
Bizza (
tare in
paesi 1
gelicht
Que
avolto
PottO]
Centri
anche
lealtà
ac. tal
vendo
®dicr
ritot
l’aci
:cof
Prattu,
ùhiesi
taolos
circa 1
tentes
tane (
filare
t,al tra
^iesa
Nte
“tvece
*Bels
3
10^130 NOVEMBRE
2001
PAG. 3 RIFORMA
:he
felli^
srairiefl.
r>
^ qui
)itO|i
eppeij
ifTìafìy
'dante ^
egata
36,0
SS
'«"eiiij
omu^
eaioji,
' Esaù.)(
■' listes
della pit
'inforitij
aimoscs,
:ssa esili,
itameeti
presenil
;ione,iv
lunaspe
3neaa|
Un agio
di inse*
3ù, prin
tardi, t|(
ù di lui,
i capítol
10 riguai
in quel
re chei
aronomiì
are con»
tiva. Egli
cacciate
' e un la
renza di
■ definH
uillochi
a tendei
a svende
jenituti,
e prese»
(Sto co»
necessiti
di bisO'
stanche!'
al lavo»
la aliala
giurldlQ
dita elsa
'er di
la di rag
lalla ma
lai fraté
li, tutta
11 danni
strato di
inciliazie
ironomii
¡are chi»
li Esaù,li
ir, è
Dio, ta
i Dio fai
l'erediti
gli anni
lorti trai
no dete
ráele sia
li malei
n.In M*
icolo cN
¡0 Testa
su Edo»
osterioh,
jlazioit!
quell®
;o sebiaf
ani nal
verso
1 è sta#
iom ve»
Erode!
neo e
i tra ili“'
fine tiri
è tutt'af
idilliare'
amoui#
i fa capidi tutti
isidera#
di sagS'i Globi*
olarto'
le da tc
Olili
al pri''*
di Í*
bbesltt
lilmer»
npedj
tava T
le de«‘
terra
rande
Fare"
ionagSf
di Gi»'^
osacif^i
1 c
j
e iP
sag9'
dire
¡ad,
:i3i
Astata inviata dal segretario generale del Cec in occasione dell'inizio del Ramadan
Lettera ai capi delle comunità musulmane nel mondo
occasione del Ramadan, il segreta
■ generale del Consiglio ecumenico
richiese (Cec), Konrad Kaiser, ha in
■ tn la seguente lettera ai capi delle co0nità musulmane di tutto il mondo:
Quest’anno, il mese benedetto di
Jmadan e il tempo dell’Avvento, pe^do santo per i cristiani che prepararon il ciigiuno e il raccoglimento la
Natività di Gesù Cristo, coincidono,
questo è un ulteriore segno che indica
he slamo “i più vicini neU’amicizia” e
5? ci riunisce in una comune ubbiliaa a Dio. In questi tempi di prova,
dobbiamo riscoprire i legami spirituali
chea uniscono.
Il digiuno è un richiamo della presenza di Dio. Esso invita i fedeli, individualmente e insieme ai membri della
loro comunità, a voltarsi verso Dio
ueU’umiltà e nell’amore, cercando
fiffi^tempo di misericordia. Riceviamo
ancora una volta la misericordia di Dio
ma anche quella che imploriamo gli
uni per gli altri. È un tempo di pietà, di
devozione profonda e di doni generosi.
La resistenza particolare dei credenti,
che così affermano che gli esseri umani
hanno altri bisogni che non quelli semplicemente materiali e che i loro corpi
sono i loro servitori e non i loro padroni, ci ricorda che possedere vuol dire
condividere. È un appello a rendere
giustizia in quanto trattare l’altro con
giustizia è inseparabile dalla vera pietà.
Gli atti abominevoli dell’ll settembre sono stati condannati da alte personalità di tutta la comunità islamica e
delle chiese. I musulmani si sono fatti
l'eco del principio coranico secondo il
quale nessuno porterà il fardello di un
altro. Molti dei nostri amici musulmani
hanno ricordato al mondo intero queste parole del Corano che ci ingiungono di non lasciare l’odio degli altri incitarci a commettere ingiustizie. Diversi
musulinani e cristiani, ardenti difensori
della giustizia, hanno messo in guardia
ii mondo contro ogni tentazione di
vendetta e di rappresaglie cieche. Le
chiese, negli Stati Uniti e altrove, hanno fatto loro, umilmente, l’appello
dell’apostolo che chiede di non rendere
a nessuno il male per il male. Molti cristiani hanno affermato che la risposta
al terrorismo non deve in nessun caso
alimentare la spirale della violenza.
Ogni atto contrario alla vita, sia esso
espressione del terrorismo o della guerra, è contrario alla volontà di Dio.
Gli avvenimenti tragici che abbiamo
appena vissuto hanno rivelato la vulne
di lui forza e perdono. Il digiuno
rabilità di tutte le nazioni e la fragilità
dell’ordine internazionale. Un mondo
in cui sempre più persone e anche intere nazioni sono mantenute nella più
estrema povertà, mentre altre accumulano ricchezze immense, è votato alla
instabilità. La tendenza a imporre la
propria volontà, con la forza se necessario, che si manifesta nelle politiche
delle nazioni potenti, provoca la collera
dei più deboli. I discorsi di minaccia e
la logica di guerra generano la violenza.
Finché ci si rifiuterà di sentire le grida
di coloro che subiscono l’umiliazione
di costanti ingiustizie, la privazione sistematica dei loro diritti di esseri umani e di popoli, e l’arroganza di poteri
fondati sulla potenza militare, il terrorismo sussisterà. Per uscire da questo ingranaggio bisogna riparare i torti che
generano la violenza tra le nazioni e al
loro interno.
La violenza del terrorismo, qualunque forma essa assuma, è odiosa, soprattutto per tutti quelli che credono
che la vita umana è un dono di Dio ed è
pertanto infinitamente preziosa. Da
qualunque parte esso provenga, ogni
tentativo fatto per intimidire e infliggere ciecamente la morte e il dolore deve
essere universalmente condannato.
Non si deve però reagire a questi atti
disumani stigmatizzando i musulmani,
gli arabi né alcun altro gruppo etnico.
Le chiese sono invitate ad agire affinché le parole di fraternità e di compassione coprano i discorsi ostili, razzisti e
intolleranti. La voce della fede, che si è
fatta sentire attraverso le numerose iniziative di amicizia è di solidarietà, deve
trionfare sui discorsi ispirati dal fanatismo, la paura e il nichilismo.
In quanto cristiani respingiamo la
tendenza, alquanto diffusa in molti
paesi occidentali, a considerare i musulmani come una minaccia e a dipingere l’Islam con tratti negativi, dando
invece un’immagine positiva di noi
stessi. Dio ordina ai cristiani di non dare falsa testimonianza contro i loro vicini. L’incontro dei cristiani con l’Islam
e con i musulmani esige onestà e integrità intellettuali. I cristiani devono stare accanto ai loro vicini musulmani in
uno spirito di amore, essere attenti ai
loro impegni religiosi più profondi, e riconoscere quello che Dio ha fatto e
continua a fare in mezzo a loro. È qui
che il dialogo tra musulmani e cristiani,
al quale il Consiglio ecumenico delle
chiese rimane profondamente attaccato, trova tutto il suo significato. Molti
oggi chiamano ad una intensificazione
del dialogo tra le religioni e tra le culture, tuttavia questo dialogo porterà frutti
solo se sarà fondato sulla fiducia e su
un rispetto assoluto dell’identità e
dell’integrità degli altri, se ognuno sarà
sinceramente pronto a comprendere il
punto di vista dell’altro e a interrogarsi
sulla concezione che esso ha di sé, sulla
sua storia e sulla sua realtà attuale.
Dal dialogo quotidiano tra cristiani a
musulmani in diverse regioni del mondo e dai loro impegni comuni, abbiamo
imparato che le nostre comunità religiose non sono due blocchi monolitici che
si affrontano o competono. Inoltre, abbiamo imparato che le tensioni e i conflitti, quando si verificano, non alzano
né devono alzare frontiere di sangue tra
musulmani e cristiani. Riconosciamo
che la religione tocca l’ambito più
profondo degli individui e delle comunità, i loro sentimenti e la loro sensibilità, la loro memoria e la loro storia, e
che essa chiede spesso una fedeltà assoluta. Ma questo non giustifica per nulla
le reazioni cieche che alzano le persone
le une contro le altre anziché portarle aunirsi, al di là delle loro appartenenze
religiose, per applicare i principi comuni di giustizia e di riconciliazione. L’islamismo e il cristianesimo devono essere
affrancati dal peso degli interessi settari
e delle interpretazioni compiacenti delle loro credenze e delle loro convinzioni.
Le nostre credenze dovrebbero piuttosto costituire la base di un approccio
critico di fronte alla debolezza umana e
alle inadempienze dell’ordine sociale,
economico e politico.
È giunto il momento di dare dei segni
di una autentica cooperazione, in particolare lanciando iniziative comuni
per aiutare le vittime e difendere i diritti umani e il diritto umanitario. La cooperazione in questo settore è infatti
cruciale perché il lavoro umanitario è
oggi limitato nella sua azione, è oggetto
di sospetti e viene utilizzato per fini di
propaganda politica fino al punto di associarlo ad operazioni di guerra. È tempo di andare ancora più lontano nel
nostro incontro, di condividere le nostre pene, le nostre attese e le nostre
speranze.
Cari amici, la preghiera della pace di
Dio è al cuore della spiritualità dei musulmani e dei cristiani. In questo inizio
del mese di Ramadan, vi salutiamo con
una parola di pace e di amicizia. Possano il vostro e il nostro digiuno essere
graditi a Dio».
(Cec - traduzione dal francese
di Jean-Jacques Peyronel)
Braga: incontro organizzato dalla Conferenza delle chiese protestanti latine europee
Chiese nazionali protestanti e cultura europea
RtNATO COfeSOW
iARTECIPARE a un incontro con rappresentanti di
•'^ipse e altri contesti
toali è sempre stimolante
atncchente, perché permet"'on altri occhi la
, plGssità delle problematiin cui viviamo. È in que, P^^Pattiva che da alcuni
doli* *"®PPle (Conferenza
Z‘®.®iese protestanti dei
d’Europa) orgaterp! incontri per met
Daptn '■p'^^inne le chiese dei
S “n chiese evan
-“che del centro Europa,
svolto*^ ptino rincontro si è
PorLou?Sa, nel nord del
espilato da un
iiieto(liof°^Ì^*^ chiesa
an(,k. 1} che ha permesso
lealtà incontro con la
sé In P^etestante portoghevent® nazione che stavi6(lirro”’^®”n^o di sviluppo
il eccezionale, con
l’accnoi ° n’n'i' emigrati e
prattul!f”fP di immigrati soeuropeo, la
riveste un
Circa Stativo. Essa conta
^nte membri ed è prePaesp HP^^attutto nel nord del
'^'ine'nn'^^ gestisce anche altaiare n^"^^,®°niali, in parti^altra all’infanzia.
Chiesa nprotestante, la
legger
®'iece srande, è presente
6nels,fe“ntto nel Centro
''no del paese. La buona
collaborazione fra le due
chiese permette loro di portare una voce evangelica comune nella vita del paese, in particolare in rapporto ai problemi etici del nostro tempo.
Difficile ma comunque presente un’apertura ecumenica
verso un mondo cattolico
molto legato alle sue tradizioni ma nello stesso tempo abbastanza autonomo.
La discussione del tema è
stata introdotta da un’ottima
relazione del pastore HansPeter Friedrich dell’Ekir (la
chiesa evangelica della Renania) su «Cultura europea:
evidenza? utopia? necessità?»
che ha analizzato la complessità della storia e della realtà della cultura europea in
tutte le sue variegate forme
di espressione. Si è poi analizzata la posizione delle
chiese protestanti nei confronti della cultura locale in
tre situazioni particolari:
quelle del Portogallo, della
Repubblica ceca e della Germania. Questo è il documento finale, redatto dopo due
intense giornate di lavoro:
«Noi, rappresentanti delle
chiese della Cepple, deU’Ekir
(Chiesa evangelica della Renania), delI’Erf (Chiesa riformata di Francia), della Chiesa
dei Fratelli cechi, dell’Ungheria, del Lussemburgo e della
Sassonia, facendo seguito
agli incontri di Pau, Malaga,
Palermo e Séte, ci siamo in
contrati a Braga in Portogallo
ospiti della Chiesa metodista
dal 25 al 28 ottobre sul tema
“Chiese nazionali protestanti
e cultura europea: influenze,
tensioni, integrazione”.
Abbiamo potuto constatare
quanto la costruzione europea, ma anche la nozione
stessa di Europa, le sue frontiere e la sua storia ci impediscano di riconoscerci in ogni
volontà uniformatrice e in
qualsiasi progetto esclusivo.
Abitiamo tutti in una medesima casa piena di elementi
storici e spirituali differenti.
Pur tuttavia, la nostra storia
dalle molteplici ripercussioni ci conduce a riconoscere
nell’altro, la persona umana,
unica e differente, ragionevole e solidale, creatrice e
aperta, il centro delle nostre
preoccupazioni, delle nostre
gioie, come la dimensione
del mondo.
L’umanesimo è il nostro
fondamento comune e il nostro legame, il nostro terreno
e il nostro orizzonte, ha provocato il meglio e il peggio. È
ancora oggi per noi un valore
e una lotta. Cristianesimo e
umanesimo sono strettamente legati. Questa cultura è per
le nostre chiese il quadro del
culto che esse rendono al Dio
che si è fatto uomo in Gesù
Cristo. Attraverso quanto esse
hanno ricevuto e trasmesso,
le nostre chiese sono chiamate a proseguire più che mai il
loro dialogo critico con quante e quanti lavorano, creano,
inventano, scrivono, gestiscono e pregano.
Le nostre chiese possono
diventare delle leve di creatività e di sviluppo culturale e
spirituale se non rinunciano
a trasmettere e a far conoscere il loro messaggio e la loro
speranza. Esse saranno fedeli
alla loro missione se si lasceranno mettere in questione,
stimolare e nutrire dalle altre
sorelle fratelli nell’umanità,
lasciando da parte la preoccupazione di una ricerca senza fine di una identità come
propria frontiera.
L’ostinato annuncio della
grazia incondizionata di Dio
in Gesù Cristo è un potente
fermento creatore di nuove
parole, nuovi gesti, nuove
idee, nuove fedeltà, nuove
credibilità da vivere nelle nostre situazioni particolari.
Le nostre chiese ritrovano
una reale autorità quando
vengono da loro stesse autorizzate queste parole e questi
gesti innovatori. Abbiamo
potuto verificarlo quando
abbiamo condiviso le parole
e i gesti espressi dopo gli avvenimenti dell’ll settembre.
Riprendendo un’immagine
più volte ripresa nel corso
del nostro incontro, abitiamo
le nostre chiese come dei
ponti che rendono possibile
il passaggio verso gli altri al
di là di noi stessi».
Musulmani in preghiera a Peshawar (Pakistan)
Chiesa metoiJista di Pietermaritzburg
Culto in memoria delle
vittime dell'll settembre
_______________FEBE CAVATZUni ROSSI_________
Nella chiesa metodista di Pietermaritzburg (Natal, Sud
Africa, la stessa dove il pastore Sol Jacob realizza progetti
di assistenza, cura e istruzione, anche grazie al contributo
dell’8%o della Tavola valdese) la comunità si è sentita fortemente partecipe della tragedia che direttamente o indirettamente ha colpito tanti negli Stati Uniti a causa deU’orribile atto
di terrorismo dell’ll settembre, e Tha dimostrato in vari modi.
Le chiese metodiste del circuito, pur nelle loro ristrettezze e
difficoltà, hanno offerto una colletta per le vittime; la comunità
si è riunita in un culto di preghiera e santa cena e i bambini
della scuola domenicale hanno letto salmi e acceso candele per
ricordare coloro che hanno perso la vita nelle due torri. Il culto
era aperto alla città e molti sono venuti e hanno partecipato.
Alcuni bambini della scuola domenicale di Pietermaritzburg accendono le candele durante il culto. A sinistra, il pastore Sol Jacob
mmmm dal mondo cristiano
M L'associazione «Beati i costruttori ó\ pace»
Digiuno a catena per la pace
ROMA — L’associazione «Beati i costruttori di pace» dal
30 ottobre ha dato inizio a un digiuno a catena per la pace.
Nelle prime due settimane 150 persone hanno accolto l’invito e fra questi alcuni deputati Verdi: Mario Bulgarelli, Paolo
Cento, Laura Cima, Marco Lion, Alfonso Pecoraio Scanio e
Luana Zanella. Contemporaneamente è stato lanciato un
appello ai musulmani: «In occasione dell’inizio del Ramadan, vogliamo invitare tutti i musulmani italiani a unirsi
idealmente a noi col loro digiuno, perché sia un Ramadan
per la pace; così come noi digiunando vogliamo collegarci
idealmente a quanti ovunque cercano la pace e il rispetto
dei diritti umani di tutte le persone e di tutti i popoli. (fcr)
M Cuba: risolto un difficile problema
Pastori e predicatori in bicicletta
CUBA — I pastori e i predicatori locali metodisti a Cuba
hanno felicemente risolto il difficile problema del mezzi di
trasporto: possono andare in bicicletta. Il direttore del Dipartimento per l’evangelizzazione del Consiglio mondiale
metodista, pastore Eddie Fox, ha raccolto 14.375 dollari per
questo scopo e li ha consegnati al vescovo Ricardo Pereira
Diaz. Dice il vescovo che poter usare un’automobile è un
grande lusso, per cui il mezzo più comune è la bicicletta; ma
anche le biciclette sono un lusso per molti pastori e predicatori, che sono così limitati nel loro stesso lavoro. Negli ultimi
due anni i nuovi convertiti sono stati 16.000, che sono andati
a raddoppiare il numero dei membri comunicanti, e nel corso di cinque anni hanno preso vita oltre 500 nuove aggregazioni di credenti che formano vere e proprie comunità o
gruppi più piccoli che si riuniscono di casa in casa, tutti guidati da predicatori laici che dedicano il tempo libero e le loro energie all’evangelizzazione. (fcr)
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 30
L'ultimo libro di Rina Lydia Caponetto si interroga suH'indentità femminile
Quando gli orizzonti cambiano
L'identità è confronto e conquisto di sé, in un cammino e in dialogo continuo con luoghi
e persone. Un affascinante percorso condotto con la consueta gioiosa leggerezza
PIERA ECIDI BOUCHARD
CHE cos’è Tidentità? E
l’identità femminile, in
particolare? Donne non si
nasce, si diventa; è stato il
proclama famoso di Simone
de Beauvoir che ha guidato
la presa di coscienza delle
generazioni femministe del
dopoguerra, protese alle
conquiste culturali e civili
nella società e nella storia, in
un tessuto di relazioni che
contrassegnavano il «partire
da sé». L’identità, perciò,
non è un fatto di natura, che
schiaccia la donna in ruoli rigidi e prefìssati assegnati tradizionalmente al femminile,
e contrassegnati dalla relazione-perno con il maschile,
ma l’identità è confronto e
conquista di sé, in un cammino e in un dialogo continuo con luoghi e persone.
Ma che cosa succede Quando gli orizzonti cambiano! È
questo il titolo del libro appena uscito di Rina Lydia Caponetto*, che affronta, con il
consueto linguaggio scorrevole e vivace e con altrettanto
consueta sincerità lo «spaesamento», il perdersi e il difScile ritrovarsi determinato
dal cambiare città, casa, amicizie, abitudini: l’autrice lascia la fumosa e austera Torino che tanto ha intristito con
il suo grigio la sua vitalità
mediterranea, e toma a Genova, la città del marito, dove
è stata giovane sposa e che
nel ricordo era l’Eden dei
profumi e dei colori, la poesia
e l’arte. La bellezza di Genova
la travolge, in una riscoperta
di vicoli e di piazze, del porto
e della marina, di circoli culturali e di avvenimenti, di
musica, di concerti, di pittura, di vetrine e di sottile eleganza. E sono anche rapporti
antichi mai persi e riannodati, interni di case, salotti, volti
e voci, appuntamenti culturali, dibattiti.
C’è l’entusiasmo per tanta
bellezza, per la scoperta-riscoperta di quel mondo: a
fianco, discreto ma partecipe, c’è il marito, «il mio compagno», talora colto con una
pennellata di affettuosa ironia come «il genovese», una sola volta chiamato per
nome, immerso con lei nell’avventura esistenziale, psicologica e artistica. Eppure...
«Malgrado tutto lo spaesamento è ancora grande! Dove
sono, dove sono arrivata? mi
domando spesso! In quale
linguaggio sono entrata?».
L’identità, perciò, è intreccio di ricordi, di persone, di
relazioni: «È l’amico che ci
offre uno specchio di noi
stessi, che ci dà l’immagine
migliore di noi: e ci immergiamo nel calore dell’incontro e conosciamo chi siamo!».
Il passato viene riscoperto, rivalutato; «Abbiamo bisogno
di non lasciare le nostre vecchie identità!». Le valli valdesi, la casa di Torre Pellice in
cui tornare ogni estate per il
Sinodo, la montagna, i vecchi
amici diventano un radicamento irrinunciabile: «Arrivata da poco nella mia nuova
casa genovese, splendida,
bellissima, ma priva di ricordi, questa di Torre rappresenta la mia storia e racchiude in
Conferenza organizzata dagli evangelici di La Spezia
Laicità e pluralità della scuola
MASSIMILIANO PAGLIAI
Itemi della laicità, della libertà e della pluralità nella
scuola sono stati presentati e
discussi in una conferenza
organizzata dalle chiese evangeliche della Spezia e di
Sarzana il 27 ottobre. Il primo
oratore, l’on. Giorgio Bogi, ha
affrontato l’argomento dal
punto di vista politico, sostenendo la profonda connessione esistente tra laicità, libertà e pluralità. In uno stato
veramente democratico, ha
sostenuto, a ogni cittadino
spetta il diritto di ricevere
un’educazione laica e pluralista e di poter costruire e formulare un’opinione in modo
autonomo. E proprio la diversità a essere premessa alla
democrazia, in contrasto con
le verità assolute, che si impongono e pretendono di essere accettate da tutti.
La Costituzione ammette,
senza oneri per lo stato, scuole ispirate a una concezione
ideologica o religiosa, con un
preciso processo educativo,
ma è necessario mettere a disposizione dei cittadini un altro tipo di scuola, dove non ci
sia una sola verità, ma un
dialogo aperto e pluralistico.
Anche l’insegnamento della
religione cattolica nella scuola pubblica sfuma nel coattivo, perché è necessario che
esso sia conforme alla dottrina. Il «buono scuola», secondo Bogi, è la negazione della
scuola liberale, in quanto
permette al genitore un potere eccessivo, cioè la possibilità di scegliere per i propri figli una scuola legata a un
processo educativo esclusivo.
In questo modo non viene rispettata la potenziale autonomia dei giovani né rafforzata la capacità critica.
Il prof. Adriano Bertolini,
citando Lutero, riconosce
l’importanza delle scuole come aiuto a partecipare alla
«scuola del mondo». Ma oggi
la scuola, che pur rappresenta
uno dei pochi luoghi di aggregazione per molti giovani, rischia di essere affidata ai desideri meno nobili delle famiglie, interessate non tanto a
un processo formativo, quanto al classico «pezzo di carta».
In questa condizione già critica, l’ora di religione oscilla in
una varietà di situazioni secondo la disponibilità degli
insegnanti. Bertolini ha sostenuto la necessità di rivalutare
l’ora alternativa alla religione
cattolica e di impegnarsi a
renderla più dignitosa, rafforzando le materie che formano
il cittadino, e ha poi ripreso il
problema del «buono scuola»
che, nel 98,7% dei casi, è consegnato agli studenti delle
scuole private. Risulta perciò
doveroso eseguire dei controlli perché la scuola privata,
per entrare nella parità, rispetti dei parametri e proponga dei progetti educativi in armonia con la Cosfituzione.
Inoltre negli istituti superiori
statali il processo dell’autonomia, che è visto come un’occasione democratica, può risultare pericoloso nel suo sviluppo, perché i dirigenti scolastici hanno la facoltà di scegliere i docenti e di condurre
una gestione privata.
Il pastore Domenico Maselli, concludendo gli interventi,
ha subito evidenziato delle
gravi mancanze nella nostra
società. Prima di tutto, la
mancanza di laicità nello stato che, per essere moderno e
democratico, deve basarsi su
questo principio insostituibile. Un’altra mancanza riguarda l’insegnamento delle religioni, proposto in modo laico,
nelle scuole e nelle Università. Una più approfondita conoscenza della religione islamica condurrebbe a una più
corretta forma di pluralità e di
integrazione. Considerata la
forte presenza di immigrati, è
necessario condurre una battaglia per difendere la libertà
di tutti, perché nella libertà di
tutti c’è la libertà di ognuno e
viene confermato il diritto di
esprimere il proprio pensiero.
Non si nega, ha concluso Maselli, che l’eventuale presenza
di numerose scuole, espressione di culture religiose diverse, potrebbe creare notevoli difficoltà di integrazione:
è necessario perciò un impegno comune teso a difendere
la scuola pubblica e il suo insegnamento, impartito senza
distinzione di religione, nella
pari dignità.
Con questa importante iniziativa le chiese di La Spezia e
Sarzana si sono poste degli
obiettivi concreti; impegnarsi
per una scuola senza discriminazioni, ma «casa di tutti» e
ricercare nella nostra città,
anche attraverso un Forum,
delle possibilità di confronto
permanente sulla laicità e sulla libertà. Il numeroso pubblico, quasi tutto evangelico, ha
apprezzato molto gli interventi degli oratori e ha partecipato con interesse al dibattito. La scarsa presenza, però,
degli operatori della scuola
esterni alle nostre comunità,
indica che il problema della
laicità nella nostra provincia è
ancora poco sentito e soprattutto non ne vengono valutate
le conseguenze.
sé tutte le mie identità... qui
posso ritrovare la mia storia,
ripercorrerla e ripensarla, ora
che non c’è più la mia casa
torinese, dove ho trascorso 26
anni, un intero arco della mia
esistenza!». L’odiato-amato
Nord con la sua freddezza,
con le sue brume, con la difficoltà della comunicazione
emotiva è ormai costitutivo
di una storia, di un’esistenza;
«E in questo Nord, dove sono
arrivata molti anni fa, ho costruito la mia identità di donna moderna».
Un affascinante percorso a
ritroso e dentro di sé, pur in
mezzo agli altri, a cui l’autrice ci conduce con la consueta gioiosa leggerezza: tanti visi, tanti luoghi, tanti incontri,
che si concludono significativamente con le parole di
Jocy, giovane figlia di una
amica e amica a sua volta e
già mamma, mentre accarezza i suoi tre bimbi che dormono: «Consideriamoci più
importanti, diamo più valore
a noi stesse! Dobbiamo essere sempre più visibili, si deve
vedere quello che facciamo,
chi siamo, se non ci facciamo
sentire (...) ci ridurranno a
dei volti, dei corpi che vanno,
vengono sullo schermo televisivo, e noi non vogliamo essere così!».
(*) Rina Lydia Caponetto: Quando gli orizzonti cambiano. Torino, Claudiana, 2001, pp. 183, lire
19.360, euro 10,00.
racconti di Piera Egidi Bouchard
La fede vissuta
in tante microstorie
ELENA RAVAZZINI
IN un momento in cui attraverso i media siamo
quotidianamente bombardati da notizie e discorsi a tinte
sempre più forti, da programmi strombazzati in cui è
sempre più importante l’esibizione e in cui il cattivo gusto violenta la nostra attenzione, in un clima di generale clamore, può apparire
strano e incongruo che venga pubblicato un volumetto
dal titolo Piccole storie di
fede. Un titolo «in sordina»
per argomenti di piccola,
quotidiana realtà che trovano nella fede una grande risorsa e il proprio riscatto. È
l’ultima opera di Piera Egidi
che proprio in queste ultime
settimane è stata pubblicata
da Effatà*.
Lo dice il titolo e l’abbiamo già detto; sono vicende
brevi, brevissime, in cui la
persona con le sue difficoltà
e le sue crisi è al centro del
fatto che accade o che non
accade, ma sempre l’individuo trova in se stesso una
soluzione alla propria pena
grazie a una scintilla di speranza che proviene dalla fede. Così il testo di Piera Egidi
si dipana con i toni talvolta
crepuscolari a lei cari (già li
abbiamo colti in altri lavori
come Vent’anni appena), in
cui l’espressione poetica non
perde mai, tuttavia, il senso
di una concretezza di vita.
Sono voci sommesse, talvolta con caratteristiche da
favola antica («Una vecrt- ,,n
piccina picciò») che san ^
una vita dura, ines2f
ma che offre anche inS
sti scorci quasi surrealip
palpabili («Gli angeli»
ridanno un soffio di
usto
chi è stanco, sono
natura in cui l’elemei
turale è vita stessa uZv
zata e vive di
li PersoS
propria («L’albero»), Su^
ste figure, soprattutto S
minili, ora più forti ora.®*®*
pannate, ora smarrite a
l’affanno del quotidiano
fede opera in modo tal#!
imprevedibile, così come
cade al credente e a chi
crede affatto.
Eccole le «piccole stoiii
espresse con delicateza
forza insieme, grazie a
evidente convincimento
rituale deH’autrice: com
mento che si materiali:
nello scrittb e segna i coni
ni dei protagonisti. È pai
novità e per un certo gioia^^g,
candore (forse in buona pa " „ p
te dimenticato, propri, ¡.gto,
causa dei clamori checicKecc
lasca d
itad
na
st’iso
iadeg
:aro
Itoli di
IO,
BUSI
i,dlci
Î (tei se
aterra
beffai
condano) trasmessi i
ra, che dobbiamo dellar
noscenza a Piera Egidi, j
nte,«r(
ci dice che dovremmo
tanto in tanto ripiegarcii yjo s
noi stessi, guardarci deni
per riflettere e credere con jj jgi
fede dei «piccoli fanciullii, ],gn
(*) Piera Ecidi: Piccolesto BS™:
di fede, prefaz. di Giorgio Bài oloaq
ri Squarotti, introduzione dii tehelo
manuele Paschetto. Cantali| fCavou
(To), Effatà editrice, 2001, | j „gy.
96, lire 12.000, euro 6,20. J
iQUO gl
-------------------------------«nidi
itola (
Una compagnia torinese ripropone il dramma di G. Cesbroi toact
TU», una
le SCO
a potei
«È mezzanotte dottor Schweitzer»
Ittolica
TULLIO RAPONE
Esistono dei personaggi
di cui per un certo periodo non si fa altro che parlare
e che poi finiscono in una
sorta di dimenticatoio. Sembra questo il destino di Albert
Schweitzer (1875-1965).
Quando morì ero bambino
e a scuola venne fatta una
bellissima commemorazione,
anche se non mi sembrò
all’epoca un alunno modello,
visto che si era laureato in
medicina a 36 anni. Noi bambini faticavamo a capire che
se si era laureato tardi è perché aveva fatto anche tante
altre cose. Era un formidabile
organista per esempio e anche scrittore, teologo, sociologo. Ma questo ci interessava poco, piuttosto ci colpiva
l’immagine apparsa in televisione di un bimbo negro che
piangeva perché gli avevano
detto che «il grande padre
bianco» era morto. Quando
ne parlai a casa mia nonna
mi lasciò ancora più sgomento, quando se ne uscì dicendo che le sembrava strano
che un tedesco avesse potuto
fare cose così belle. Le ferite
della guerra erano ancora
aperte, evidentemente.
Poi gli anni sono passati, e
nonostante a Schweitzer sia
Da sinistra; Massimo Torracca, Giorgio Bogi, Domenico Maselli e
Adriano Bertoiini
no state intitolate vie e scuole
pochi si sono ricordati di lui,
anche oggi in epoca di globalizzazione e antiglobalizzazione. Dimenticando che è
stato un antesignano del dialogo fra i popoli e le diverse
culture. Ben venga quindi la
proposta che la compagnia
«Quelli dell’Esedra» di Torino
ha fatto nel riproporre il
dramma teatrale in due atti di
Gilbert Cesbron È mezzanotte,
dottor Schweitzer. Esso racconta un episodio della sua
vita poco conosciuto: il suo
arresto all’epoca della prima
guerra mondiale da parte dei
ñancesi neU’ospeciale che
aveva fondato nel Gabon, allora colonia della Francia.
Tutto questo solo perché cittadino tedesco. Tutto il dramma è incentrato su quello che
dovrà essere il da farsi, suo e
dei suoi più stretti collaboratori, mentre, come in una moderna passione, si avvicina
l’arresto. Fra tutte spiccano le
figure di padre Carlo, mirabilmente interpretato da Maurilio Dadone, e quella della signorina Maria, tormentata
dalla tentazione di non farcela a continuare nel gravoso
impegno missionario. Quando Schweitzer viene arrestato
ogni dubbio svanisce: restare
diventa un obbligo.
Se Schweitzer è stato un
anticipatore di una globalizzazione basata sull’amore, è
stato anche un pioniere dell’ecumenismo. In questo
sperduto ospedale del Gabon
cattolicesimo e protestantesimo si incontrano nel comune obiettivo di fare del
bene. Perché anche questo
viene spesso dimenticato di
Schweitzer, l’essere stato, al
pari di Bonhoeffer, una delle
maggiori personalità del protestantesimo del 900. Che cosa ne sarà di tutti i bambini
malati? Questo è l’interrogativo che si pongono Schweitzer e i suoi collaboratori, un
interrogativo che fa scompa
Mai
nosi
la gli
rire ogni differenza coni
sionale, perché non è gra
solo lui, ma anche chi glisj
intorno. La signorina
rappresenta tutte le
debolezze e proprio in
sto realismo, estraneo '
beatificazione, sta
dezza del personaggio, Q'
do domanda corne abbia
to a lasciare in Alsazia
glie e figli, se mai può es
considerato Natale q
passato dentro a quell
Schweitzer stesso a un
punto chiama «uno
nel grande mare d’Afnca
Nel finale tutti i prota|
sti vengono in qualche W
coinvolti in quello che«
essere l’atteggiamento
uomo di fronte al ricl’”’'
Dio. Quella «pazzia
che la signorina Marii
comprendere e che co»
lo stesso comandante
guarnigione francese q»
afferma che «scegliere »
ca sacrificare». Gli e
primi colpi di
PgOi
spi»
1 richianiiil
di Di
I Maria te®
Ipretac
la
ervire
[non
lUni
'pad:
ite e SI
pticl:
Wi.
minciano ad arrivare
e morte prenderanno
e Illune — ,
prawento, afferma bC“
zer. Ma a noi piace rie
non tanto per questo
telligente e compre
pessimismo che pone
fin*
P laico
V«C/01X 1 11'.'» * _ I
dramma, quanto pe .
• - •^''1 U "
co»®-i
ItiCì
»noni
grande passione per
che lo renderanno, c
ce la signorina M® ,
vecchio fanciullo me ^
bile». Un’immagine
austera dell’iconogr jk« ••«i
ciale, ma proprio p Tjl.
ancora più gradita.
Hai fati» É
l’abboname«;'
5
,H0 novembre 2001
PAG. 5 RIFORMA
L'ultimo libro di Camilleri è il capolavoro su cui lo scrittore lavorava da anni
Gàlig
¡fili») rt
IVitÿi^j
angoEi
ifinto
Il re di Girgenti
(¡storio, natura luiente, è ambientata in Sicilia nel Sei-Settecento, con protagonista Zosimo
^'«4 Ufi contadino profeta e leader delle plebi che viene incoronato effimero re di Girgenti
HuraNIO PI GUADO
argenti'e lì capolaannunciato su cui Cairi feticava da anni menL distratta «nonchalanJicenziava i suoi best-sella storia sei-settecente*'Vowiamente siciliana
"¿ancora una volta circonel microcosmo pica
°‘®''».f..«ifania popolaresca pre
sonaii«
'^“Ca da presagi e portenti,
pjarnarsi e manifestarsi in
*'^*'*“fÌst’isola come sempre in
.^¿egli sconquassi di una
® .tuia matrigna e dei conqui'®iezai K^jjijiturno, è il contadino
‘21« ai ¡¿mo, una sorta di «puer
'fititoiff " ■ " '' '
iemus»
, di «fanciullo divi‘¿’candido profeta e leaìt dei sommovimenti che fra
la terra martoriata e un cie'beffardo inquietamente
eggianoi e così, fra una
iva e l’altra di una saggezza
_jtoria e irriverente, figlia
¿secolare anarchia carne. Jesca delle plebi mrali, finiiella riCjonressere incoronato efìgidi,cl nero, e naturalmente perute, «re di Girgenti».
yio sfondo della sua giocideni uj e squinternata awentuerecoi a agitano tuttavia eventi
iciullii. ¡i,en storica portata: la
colestoi ìnsizione dal dominio spa:gioBíí loloaquello dei Savoia (già,
onediB che loro, un secolo prima
Cantali] Cavour e Vittorio Emanue2001,) _ avevano provato il loro
Èquo giogo sulla nuca e sul
-----.reni dei siciliani) e soprat
I itto la drammatica vicenda
ÌSDrOl élla «controversia liparital»,unabmtta storia di arrese scomuniche incrociati
a potere politico e Chiesa
ittolica che aveva preso coa confi imamente abbrivo da un
lègra
chiglii
ma Mi
le Itosi
ceci contesi. Sì, proio di ceci: come se la storia,
iella vera, l’avesse scritta
Camilleri ante litteram.
le quel
uello
i un
IO spili
ifrica.
0 in 01 quella esilarante
leoao! Mesa si dipanò per l’ap
la gli «controversia» sui
fio, qui ^Mmi sistemi, e in primo
abbiai autonomia del po
•a7iani e politico laico dall’impe
xi! pontificio,
luo ess h , V
jUCosi, tra signorotti e vigtondanti di albagia spaiesca da una parte (e lo
agnolo anzi si aggiunge al
slogo delle lingue manipoe da Cainilleri) e dall’altra
paro e avido contegno dei
padroni savoiardi, si
|dua e bercia una pletora
retacci popolarescamente
ISO ■ * ™sche tinte e pronti
I tvire chi un re chi l’altro,
u non certamente il Re dei
L ittica eccezione, l’invaUhù, santo peccaL®M*dÌcio angelo delle
Ita?'t m combutta con i
Intorno a quelle vii n ^ quegli abusi e
Pnvdegi, aveva già scritotanni fa, Leonardo
La sua Recitazione
cheli«
che di
ente di
chiamili
a di Dii
da falli
coinvii|
Ulte di'
lequi
ire sii
i echi
none
re, dell
inoi
1 Schi
ricordi
to suo*
,rensi®
me
jet le*
et il iii^
icorreife formu
ne bilancio:
•rafie di Inventale! quirs è cricc i's un paese
abbiTn!'^'Ì° di nome;
vuota
«odi,Ì!‘ un conte
'■ giustizia».
Inr^resirii-un
eilt® ipoto “‘®no oggi assai me®i.temn!^ popolarissimo ai
isso onih’ evocato le
li d Luigi Na
dt) dei^^Pi’o^o: William
Paoli,
®o,il
neciiazione
liparitana
kj Mraordinario «misteicrin sfondo del
Stato-Chiesa
istir®5®M^>'otopia illudi un pugno di co
Ï”“. u ottocen
% e 5r^o d’appendice
'fi>raogSm f"^" oh® è
egetto di un culto
Stavamo tutti ad aspettarlo, il capolavoro. Per uscire dall’imbarazzo. Perché ci sentivamo lettori di serie B, pubblico circense
da intrattenere con lazzi ed effettacci. A gravarci di questo complesso di colpa erano stati critici accademici, scrittori impervi,
accigliati opinionisti. Dove c'è intrattenimento, dicevano, dove
c’è diletto, non c’è letteratura. Questa richiede fatica e tedio. Al
coro degli anatemi si era pure aggiunto qualche obsoleto mafiologo: c’è scarso impegno civile, affermava compunto. L’aveva
detto anche a Sciascia, figuriamoci. E così noifans di Camilleri,
numerosissimi e tutti divertiti e coinvolti, ci sentivamo come
l’adolescente che pecca in solitaria clandestinità: e non dovevamo, perché eravamo in tanti; per non dire di chi grazie a Montalbano o al birraio o a Patò si arruolava come recluta nell’esigua milizia dei lettori. E non dovevamo, perché quell’accezione
uggiosa e penitenziale della lettura (e della scrittura) ha credito
solo nelle disertate torri d’avorio dove l’impopolarità, l’illeggibilità e le complicità universitarie laureano il Vero Letterato.
Non dovevamo, perché è ora di affrancarsi dalla tutela del critico di mestiere, che da decenni ha barattato l’afflato etico e civile della «critica militante» di un tempo in cambio di un modesto
ruolo di anello terminale delle lobbies editoriali e giornalistiche.
E perché, in un paese che non ha conosciuto i traumi e il rigore
della Riforma, e dove la libertà e la responsabilità dell’interpretazione (così come della salvezza ultraterrena o della rappresentanza politica) sono delegate a un corpo separato di chierici, è
venuto il momento di issare quanto meno il vessillo del «libero
esame», del diritto all’analisi e al dubbio, alla pratica del libero
pensiero. Libero da ogni sorta di autorità e di intermediari.
persistente nei ceti mediobassi dell’isola ed è causa, fra
l’altro, di equivoci e pregiudizi piuttosto sospetti su brucianti materie quali la mafia.
E va citato, tuttavia, perché a
quella narrazione ingenua e
fastosa, anzi più a monte ai
«cunti» immaginifici e mitizzanti dei cantastorie, argutamente ammicca Camilleri di
questo Re di Girgenti. Che dispone, tuttavia, di ben altre
frecce al suo arco.
E infatti non è agli intellettuali borghesi e preilluministi
di Sciascia, né ai tiranni e agli
eroi della saga di Natoli-Galt,
che Camilleri si rivolge per
animare il suo teatro d’ombre, bensì al popolo contadino: e cioè al repertorio folclorico e all’animismo magico,
alle sordide violenze e alle
elementari urgenze dei villani
superstiziosi e feroci, ma istintivamente giusti, delle furibonde «jacqueries» armate e
delle rutilanti fiere bruegeliane. Da quel repertorio osceno
e sovversivo, da queirimmaginario beffardo e truculento,
lo scrittore attinge la fantasmagoria dei volti, dei casi,
delle trovate che godibilmente contrappuntano la materia
carnevalesca e il grottesco alla
Bruegel della narrazione. Ma
qui di questo Re di Girgenti si
è parlato non solo perché è
l’ultima fatica del nostro autore, ma per verificare se di
capolavoro si tratti, e se sia
opportuno caricare il «caso
Camilleri» di attese e contese
talmente onerose.
Ebbene: Il re di Girgenti
non mi sembra «il gran romanzo di Camilleri», il punto
d’arrivo e la svolta nobilitante,
di cui parla Salvatore Silvano
Nigro nel risvolto di copertina
che è un micro-saggio raffinato e intelligente. Voglio dire
che non è il capolavoro ma
uno dei capolavori possibili.
che al «libero esame» di altri
lettori potrebbe restare aureolato di quell’investitura qualche altro libro dello scrittore
siciliano, dalla Bolla di componenda fino (e corro a iscrivermi a quest’ultimo partito)
al Birraio di Preston, o addirittura (e perché no?) al popolarissimo Montalbano, che l’ultimo romanzo della serie.
L’odore della notté^, affina e
affila, lavorando di scalpello e
di umanità sui tratti invecchiati e tormentati del mitico
commissario (mitico, ma tutt’altro che immutabile come i
suoi mitici predecessori).
Voglio dire, soprattutto, che
non c’era bisogno di aspettare
un (o il) capolavoro per legittimare il caso Camilleri, per liberarci dei nostri complessi di
colpa di lettori complici e appagati («hypocrite lecteur,
mon semblable, mon frère»,
recitava il poeta), per dire in
faccia ai sacerdoti della critica
e della letteratura che Andrea
Camilleri appartiene già al
rango degli scrittori di razza,
oltre a divertire (e vendere)
più di loro. Basterebbe agli
scettici, per ricredersi, la lettura delle sei penose stazioni
che scandiscono il calvario di
Zosimo, alla fine del roman-,
zo; e quell’arrampicata lungo
lo spaco della comerdia, che
virtuoslsticamente strania e
duplica la visione del vintovincitore e ci consegna, in
questo Zosimo che ride ascendendo in cielo dello Zosimo sacrificato dalla giustizia
degli uomini, una delle più
persuasive e memorabili autorappresentazioni che la Sicilia e i suoi scrittori abbiano
miai realizzato di sé, della loro
pena, del loro orgoglio.
(1) Andrea Camilleri: Il re di
Girgenti. Sellerio, 2001, pp. 448,
£ 22.000.
(2) Andrea Camilleri: L’odore
della notte. Sellerio, 2001, pp.
221, £ 18.000.
Un convegno torinese aggiorna la critica sullo scrittore
Pavese continua a darci risposte
DAVIDE DAIMAS
Nessuna sconcertante rivelazione, questa volta.
Dieci anni fa, ne erano passati quaranta dalla morte di
Pavese, Lorenzo Mondo rendeva pubblico su La Stampa
un taccuino «politico» inedito, ricco di riflessioni poco in
linea con l’immagine, certamente frettolosa ma molto
diffusa, dello scrittore antifascista tout-court. Ora, ancora
più facilmente, l’enfasi si ferma sui numeri.
Mezzo secolo, cinquant’
anni. Si sa che la data tonda
aiuta la ricapitolazione, tanto
più quando comporta numeri di questo tipo: 1950, 2000.
Tuttavia se sempre, nel cogliere queste occasioni, si
sente qualcosa di stonato e si
corre il rischio di calcificare il
tempo, il pericolo è tanto più
evidente in questo caso: festeggiare un suicidio? Spiegarlo? Negarlo?
Adesso, un anno dopo il
cinquantenario, con un po’ di
calma in più, si può tornare a
fare i conti con Pavese. Ne
forniscono un ottimo punto
di partenza due eventi: un
convegno internazionale di
quattro giorni (24-27 ottobre), tra Torino e Santo Stefano Belbo, i luoghi di vita e di
elezione, e un volume collettivo di oltre 400 pagine, dal titolo suggestivo [Sotto il gelo
dell’acqua c’è l’erba. Ornalo
a Cesare Pavese, Edizioni
dell’Orso, Alessandria, 2001).
In molti interventi del convegno si avverte il senso del ritorno: Gianluigi Beccaria rilegge la Luna e ifalò sul testo
autografo, per rischiare meno
di sentire svanita «quella gran
cotta che avemmo tutti per
quel libro»; Lorenzo Mondo
cerca l’influenza di Nietzsche
tra le pagine ripercorse tante
volte dei Dialoghi con Leucò,
Mariarosa Masoero torna a
frugare tra i racconti, anche
quelli prodotti nel decennale
lavorìo giovanile inedito, dai
quali estrasse nel 1993 le Lotte di giovani. E proprio La luna e i Dialoghi rimangono
ancora i testi che più concordemente sono proposti come
i titoli impossibili da dimenticare. Insieme con le poesie,
naturalmente, e con il diario,
il Mestiere di vivere.
Ma è con qualche incertezza e circospezione che ci si
chiede quanti lettori, e soprattutto di quale tipo, abbia
oggi Pavese. In ogni caso,
quello che emerge dal ripensamento collettivo è un grande scrittore del Novecento
europeo, che ha affrontato
continuamente le questioni
centrali (morte, sesso, mito,
storia, terra, violenza) in forme diverse ma sempre prodotte da una strenua lotta letteraria. Uno scrittore che nasceva con forti radici nella
tradizione classica e italiana,
ma che ne ha saputo trarre
una poesia che sta a sé, narrativa più che lirica, dal ritmo
ossessivo, dalle immagini ri
correnti; un libro di dialoghi
che si inserisce nella grande
linea che va da Platone attraverso gli scrittori del nostro
Cinquecento alle Operette
morali di Leopardi, ma per
affrontare i temi dell’antropologia e della ricerca mitologica contemporanea; e infine
una serie di racconti e romanzi, fedeli anch’essi ai medesimi temi di fondo, ma contemporaneamente alla comprensione della storia tragica degli
anni centrali del secolo.
Interrogata con nuove
domande, insomma, l’opera
di Pavese continua a dare risposte. E non si può dire che
sia esaurito lo spazio per la
ricerca. C’è ancora da ricostruire un epistolario completo, che tenga conto del lavoro di questi anni e dia la
misura dei molti tavoli su cui
Pavese lavorava. E per quanto riguarda la sua cultura, come ha detto Franco Contorbia concludendo la seconda
giornata torinese, «pensavamo di sapere già quasi tutto,
e invece continuiamo a scoprire». Ad esempio, molta luce può ancora venire sul citato «taccuino politico», proseguendo la riflessione che Anna Nozzoli ha imbastito partendo da un confronto con
Giaime Pintor, sorta di fratello minore dalla biografia
quasi parallela, attratto dalla
stessa cultura, impegnato
nella stessa attività editoriale,
eppure così diverso, nelle letture, nella vita, nella morte.
LIBRI
Letteratura Terra di nessuno
In un momento in cui molti sforzi vengono compiuti, anche da parte della massima carica dello stato, per rinsaldare
fra gli italiani i valori fondanti della coesistenza nazionale,
anche i romanzi possono provare a mettere in discussione
pagine dimenticate o vissute da un punto di vista troppo
personale e poco incline alla condivisione delle esperienze.
Quello di Eraldo Baldini [Terra di nessuno, ed. Frassinelli, 2001, pagine 181, lire
22.000, euro 11,36) muove dalle zone della prima guerra mondiale; non quelle
spesso citate dell’Altopiano di Asiago, ma
quelle dell’Alto Appennùio, e, sullo sfondo di una struttura da no ir, svela i sentimenti che si sono fatti strada nell’animo
di chi ha dovuto vivere in prima persona
quei fatti storici tanto luttuosi..
RADIO
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,30 sul primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
51 Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse
a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24
circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 9 dicembre, pre 24 circa,andrà in onda: «Ora di Religione o di Religioni?»; «No quick fix, un’esperienza ecumenica sulle strade di
Londra». La replica sarà trasmessa lunedì 10 dicembre alle
ore 24 e lunedì 17 dicembre alle 9,30 circa.
PROTESTANTESIMO IN TV
Quotidianità della convivenza
DAVIDE ROSSO
\ LLARME li turchi soA\/\,no arrivati alla marina». Si apre con un canto
che recita queste parole la
trasmissione di Protestantesimo andata in onda domenica 25 novembre su Rai 2
(replica, sempre su Rai 2, lunedì 3 dicembre alle 9,30
circa). Non è una presa di
posizione ma un andare a
cercare nella tradizione quei
fantasmi di paura e di diversità che porta al distacco e a
porre la domanda magari
un po’ forte; oggi c’è ancora
la paura dell’arabo?
Un punto di partenza insomma per il dibattito sulla
convivenza e sul dialogo
condotto in studio (in cui
hanno portato il loro contributo esponenti del mondo
islamico, cattolico, protestante) ma inframmezzato
da interviste fatte in strada
alle persone che vivono per
così dire quotidianamente
la convivenza, ai redattori
del settimanale Confronti,
una presentazione sommaria di quello che è stata nei
secoli la cultura scientifica e
filosofica araba. Non manca
poi una finestra aperta sul
mondo di Internet ormai
mondo parallelo che ripro
duce sempre più, come è
ovvio, il mondo reale fissando sulla rete quanto avviene
al di fuori di essa.
Il tutto quasi a fare il punto, non tanto sulle differenze
e sul dialogo di cui ovviamente si è parlato molto, ma
sulla convivenza partendo in
qualche modo ovviamente
dalla parte di chi vede arrivare, da chi dalla terra ferma
guarda all’orizzonte e vede
giungere gli stranieri dal mare. Arrivo a cui segue l’insediamento e comincia la convivenza. La convivenza sociale ma anche delle religioni. La possibilità di sviluppare un dialogo, come è stato
ricordato in trasmissione,
che può essere promettente,
in cui si fanno delle scoperte. In cui i testi sacri possono
aiutare il dialogo solo se nel
caso «che vi sono tre popoli
e un unico Dio».
La convivenza può insomma essere costruttiva e collaborativa dove collaborativa significa: conoscersi, vi
vere con empatia la realtà di
scambio, porre, a fianco dei
momenti simbolici forti che
anche oggi ci sono, la vera
frontiera da superare: quella
dell’entrare in dialogo nel
quotidiano, mantenendo
ognuno la propria identità.
6
PAG. 6 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Chiese battiste di Genova e Torino via Passalacqua
L'arricchimento reciproco nel Signore
ERMINIO PODESTÀ
Due comunità battiste si
!
sono incontrate nel segno della fraternità e della
condivisione di doni, domenica 18 novembre. Una cinquantina di membri della
chiesa di Genova si è recata a
Torino via Passalacqua per
trascorrere una giornata intensa con la comunità locale.
E siccome in quella chiesa
sono presenti alcuni sudamericani, il gruppo misto italo latinoamericano, durante
il culto, presieduto e con la
predicazione del pastore di
Genova Mark Ord, ha offerto
una serie di canti in spagnolo. Al termine le due comunità hanno fraternizzato in
un’agape. Nel pomeriggio il
gruppo misto italo-latinoamericano ha presentato un
concerto religioso in spagnolo rivolto particolarmente ai sudamericani presenti
che hanno accolto con gioia
questo «dono».
Al termine della giornata
abbiamo sentito il pastore
Franco Casanova: «Si è trattato - ci ha detto - di un’esperienza molto bella. Noi siamo
un po’ avari di incontri ed è
un nostro difetto; dovremmo
incontrarci più spesso non
Un momento dell’incontro torinese
solo a livello di chiese battiate, ma anche a livello di
chiese della Federazione,
perché facciamo lo stesso
servizio, e anche a livello di
altre chiese perché comunque slamo delle lampadine
che illuminano la figura di
Cristo ciascuno nelle sue caratteristiche. L’avarizia della
condivisione dei doni è un
po’ l’avarizia della gioia. Da
parte nostra ci.ripromettiamo di contraccambiare la visita venendo a Genova».
Sull’inserimento degli stranieri nelle nostre chiese e sul
fatto che alcuni gmppi hanno
formano un’unica comunità
mentre altri vivono per conto
loro Casanova afferma: «Non
esiste una linea uniforme. Alcune persone più sensibili
all’incontro reciproco e alla
condivisione fanno «chiesa
insieme», altri sono un poco
più restii e vivono per conto
loro. Con i romeni e con il
gruppo dei brasiliani abbiamo
delle ottime esperienze comuni e questo è arricchente; a
volte si ha la presunzione di
voler sempre dare, invece bisogna avere la convinzione
che è molto bello non solo dare, ma anche ricevere».
Attività autunnale della Chiesa battista di Grosseto
Una giornata di preghiera sulla pace
LUCIANA DALLA POZZA
Durante ì mesi di settembre e ottobre la Chie
sa battista di Grosseto si è impegnata attivamente in favore
della pace, come già molte altre volte. 11 primo passo è stato caratterizzato da una delusione in campo ecumenico:
infatti una dichiarazione comune di condanna della violenza e della guerra, redatta
insieme alla commissione
diocesana per l’ecumenismo,
non ha potuto vedere la luce
in seguito all’inizio dei bombardamenti su Kabul a opera
degli Usa: il vescovo di Grosseto è intervenuto presso la
commissione al fine di impedirne la pubblicazione. Allo
stesso modo la proposta di
organizzare insieme una giornata di preghiera non ha avuto risposta. La Chiesa battista
ha deciso comunque di rendere pubblica la dichiarazione in un volantinaggio avvenuto il 13 ottobre durante
una manifestazione contro il
terrorismo e per la pace. Il
giorno seguente alcune donne della comunità hanno partecipato alla Marcia per la pace Perugia-AsSisi.
Lo striscione della Chiesa
battista è stato più volte foto
Celebrata in Campania e Toscana la Giornata mondiale di preghiera delle donne
Napoli: intercessione
e solidarietà fra sorelle
Le chiese dell’Associazione
delle chiese battiste della
Campania, anche a partire
dalla consapevolezza che c’è
una guerra in corso che vede
il nostro paese coinvolto in
prima persona, hanno quest’anno voluto dare un peso
molto particolare alla giornata mondiale di preghiera delle donne battiste. 11 programma è cominciato con un primo momento di culto e preghiera nella chiesa di Napoli
Fuorigrotta già domenica 4
novembre ed è poi proseguito con rincontro di donne
delle varie comunità che si
sono raccolte per l’intera
PRO OSPEDALE
VALDESE
L'Istituto tecnico per geometri «Athenaeum» organizza
una vendita di beneficenza
per raccolta di fondi da devolvere interamente all’Ospedale valdese di Torino.
Sabato 1° dicembre
ore 9,30-17 nei locali
dell'istituto in via
C. Lombroso 13 Torino
giornata nella chiesa di Napoli via Foria per pregare,
partecipare a riflessioni su testi e temi biblici, per uscire
nelle strade e condividere nel
mercato vicino la speranza
dell’Evangelo con altri e altre,
per raccogliere firme su casi
di torture su donne segnalati
da Amnesty International.
La giornata, intensa e partecipata complessivamente
da una quarantina di sorelle,
si è poi conclusa con un momento di preghiera serale
condiviso con altri in cui il tema della violenza e della
guerra è stato posto al centro
dell’attenzione di tutti. Una
profonda meditazione sul testo di Giovanni 14, 27 ha guidato le preghiere di intercessione mentre per tutto il tempo una delle presenti sedeva
immobile e silenziosa sotto
un burqa, a rappresentare
Tinvisibilità fisica o psicologica a cui molte donne sono
ancora costrette nel mondo.
Il momento catartico dello
svelamento accompagnato
da canti e preghiere ha costituito motivo di speranza per
tutti i partecipanti.
Firenze: cinque figure
bibliche ed emblematiche
GLORIANA INNOCENTI
Borsa di studio
Rosina Pavarin
e Arnaldo Gardiol
La Tavola valdese indice un bando di concorso per
l’assegnazione di tre borse di studio intestate a Rosina Pavarin e ad Arnaldo Gardiol, di lire 1 milione
Luna, nell’anno accademico 2001-2002.
Le borse saranno destinate prioritariamente a studenti o a studentesse di téologia provenienti dalle
valli valdesi, che frequentino la Facoltà valdese di
teologia. Le domande per le borse devono essere
debitamente motivate: bisognerà indicare le condizioni economiche personali e familiari, l’anno di
iscrizione alla Facoltà di teologia, la chiesa di provenienza, se si fruisce o si è fruito in passato di altre
borse di studio, se si è in regola con gli esami da sostenere, e quante altre notizie si ritenga possano essere utili per l’assegnazione della borsa.
Consegnare a mano o inviare la richiesta agli uffici
della Tavola valdese - via Firenze 38 - 00184 Roma, entro il 15 gennaio 2002. Farà fede la data del
timbro postale.
Lf unione femminile eI vangelica battista di Firenze, domenica 11 novembre, ha celebrato la Giornata
mondiale di preghiera con il
culto del mattino. Ci siamo
attenute al tema della famiglia dietro suggerimento delle sorelle africane che ne
hanno curato il programma,
che poi abbiamo rielaborato
secondo le esigenze. Sono
stati portati i saluti della presidente dell’Alleanza mondiale delle donne battiste, la
sorella africana Andreg Marikawa, e della nostra presidente nazionale, la pastora
Gabriela Lio. Il pastore Volpe,
da noi invitato, ci ha dato un
breve e sentito messaggio
sulla famiglia. Alcune sorelle
hanno interpretato il ruolo di
cinque donne bibliche che il
Signore guidò sugli alti luoghi: Maria, Maria di Betania,
la donna samaritana, la vedova e Maria Maddalena.
Queste donne bibliche ebbero il privilegio di avere un
rapporto diretto con Gesù e
sperimentarono la gioia di
condurre molte vite sugli alti
luoghi della fede. È seguito
uno spiritual che la sorella
Anna Volpe ha interpretato
da soprano del teatro comunale di Firenze, accompagnata dall’organista Floriano e
dalla violinista Cosetta.
La responsabile dell’Unione femminile, che ha curato
la liturgia del culto, ha invitato le numerose sorelle, fratelli
e presenti a unirsi in preghiera libera suggerendo alcuni
motivi di intercessione tra
cui la guerra dell’Afghanistan, gli insanabili contrasti
tra israeliani e palestinesi,
tutto ciò che provoca morte,
milioni di profughi, vedove,
orfani, le violenze di tutti i
generi e soprattutto la pace
nel mondo.
Numerosa la partecipazione della comunità. È stata
una catena di preghiere, momenti gioiosi, commoventi
di comunione fraterna. Abbiamo officiato anche la santa cena e raccolto poi le offerte per i bambini dell’Africa
e per vari progetti seguiti
dall’Alleanza mondiale delle
donne battiste.
Borsa di studio
Carmelo Mollica
e Giuseppe Mollica
Pastori evangelici battisti
La Tavola valdese indice un bando di concorso
per l’assegnazione di due borse di studio intestate a
Carmelo Mollica e a Giuseppe Mollica, di lire 1 milione Luna, nell’anno accademico 2001-2002.
Le borse saranno destinate a studenti o a studentesse che frequentino la Facoltà valdese di teologia.
Le domande per le borse devono essere debitamente motivate: Isisognerà indicare le condizioni economiche personali e familiari, l’anno di iscrizione alla
Facoltà di teologia, la chiesa di provenienza, se si
fruisce o si è fruito in passato di altre borse di studio, se si è in regola con gli esami da sostenere, e
quante altre notizie si ritenga possano essere utili
per l’assegnazione della borsa.
Consegnare a mano o inyiare la richiesta agli uffici
della Tavola valdese - via Firenze 38 - 00184 Roma, entro il 15 gennaio 2002. Farà fede la data del
timbro postale.
grafato e applaudito e, nonostante fosse molto pesante,
soprattutto alla fine dei 25
km a piedi, sono stata contenta di averlo portato. È stata un’ottima testimonianza
del nostro modo cristiano di
vedere la pace e la guerra.
Sullo striscione campeggiavano due frasi in rosso: la prima di Martin Luther King
(«Oggi la scelta non è più tra
violenza e nonviolenza. Oggi
è fra non violenza o non esistenza») e la seconda di Gesù
citata da Giovanni: «Riponi la
spada nel fodero».
A queste manifestazioni
pubbliche, la chiesa ha affiancato numerosi momenti di
preghiera e alcuni atti concreti. Venerdì 26 ottobre, nei nostri locali, è stata organizzata
una cena a favore di Emergency, l’associazione umanitaria italiana per la cura e la riabilitazione delle vittime delle
guerre e delle mine antiuomo,
presente in Afghanistan con
due ospedali. L’idea, partita
dal Gmppo riflessione donne,
è stata sottoscritta dal Consiglio di chiesa: è partita così
una bella iniziativa che ha visto presenti 48 persone. Le
adesioni sarebbero state anche di più se ci fosse stato più
spazio nei locali. Le persone
hanno risposto con
smo all’iniziativa e eh'
poteva essere presenta
nuto personalmente '
il
Usuo contributo indeñ,;''
cifra raccolta di £. 3,277^)
éoi
stata inattesa. Viene s
neo parlare di grande
di un gran bisogno din S '
pare, un bisogno chehlf'
celiato barriere fra creH»
non credenti, fra ideer
che diverse. In quen',
chiunque ci stesse vicino,
soprattutto un compaal
cammino, che provavarj
desime emozioni.
Nelle mie preghiere orari
la richiesta di non vaeffl
di non perdere la speranaJ
anche di credere ancoran
esseri umani, di poterli!
re. Amare gli uomini inconì
zionatamente: questo faZ
medici e gli infermieri oh
fermiere laggm fra i frateÉLjiodi
le sorelle afghani e anchayBonP'
altri luoghi, dove si confa Lessi
a morire inutilmente, seia >mode:
motivo. Questo ha fatto, ¡inelr
certo Gesù di Nazareth,*10prim
falegname che osava prò,, stategli
care i potenti, il quale non) rfeDr
mai parlato di vendetta,, Lmbri
di amare i propri nemici,4 Ijcuito,
non è mai stato in silenzioi teliinini
fronte alle ingiustizie, peri ,dividua
schiando la sua stessa vita
. leratam
«nsisteii
i Dibattito alla Chiesa valdese di Biella Wtap
(aldesi c(
La storia della Riforma
nel confronto con l'oggi
ANNA PIOVESAN ZEGNA
Quale insegnamento e
quale forza ci può dare lo
spirito della Riforma nell’affrontare le vicende del presente? Con questa e altre domande che non hanno tralasciato un riferimento alla storia difficile del presente, la
Chiesa evangelica valdese di
Biella si è aperta per una serata di dibattito pubblico nel
giorno della festa della Riforma, il 31 ottobre scorso.
L’iniziativa, condotta dal
pastore Jonathan Terino, è
stata seguita da un pubblico
attento e partecipe. La prospettiva di discussione scelta
si può d’altra parte racchiudere nel titolo del dibattito
stesso: «La Riforma protestante a confronto con la storia e il presente». Si è voluto
così sottolineare il desiderio
di condividere con tutti i partecipanti ciò che la Riforma
ci ha lasciato in eredità nel
modo di pensare e di porsi di
fronte al mondo e alla chiesa
stessa. Il dubbio della critica
e dell’autocritica, l’incertezza dell’evoluzione di idee e
¡llanto g
atiinalt
¡maggio
loleprii
tata rela
la riparti:
punti di vista, il riconosi tecircui
mento della parità delle p» sui pj
zioni umane, la richiestaijhresteri
rispetto pur se diversi e infc vald
saccordo con la religione«ja cu
minante. fenzati
Se il tempo deU’Evangelolii cons
un tempo di incontri, coiapens
fronti, parabole, insepfctost
menti le ore e i minuti diluita pub
chiesa come la nostra, evi|er prep
gelica e valdese, sono i"““
menti di una chiesa che
de al sacerdozio universiS
all’unione viva e tangibilei
nostro tempo interiore eoa)
tempo delle altre donnee’'
gli altri uomini alle prese
le sofferenze, i dubbi, le
gosce dell’oggi. Come«
mescolarsi allora a tutti ^5
tri al di là di ogni sceltae
stinzione religiosa, nellaij
cerca di uno spirito capei*
accomunare le diversitàe
tacere il rombo violento®
vendetta e del terrore? Se
conserviamo nella nostri
tica storia delle chia''*'
comprensione del p
non vogliamo tenerle per
ma spenderle per alimej
l’esercizio di un metodi
confronto e non di conili
tata set
istion.
ite fai
singoli
iichi(
ìUe int
io, dovi
come
ivi si a
chie
illa&ui
les
CRONACHE DELLE CHIESE!
SAN SECONDO — La comunità è stata allietata dalla
Jules, di Sofie e Luigi Gardiol. Un caro augurio ai !
un benvenuto al piccolo Jules.
• Per,il periodo dell’Awento, durante il culto, si terrà
do di predicazioni sul libro dell’Ecclesiaste.
• In queste ultime settimane si sono svolti i
telli Ettore Giulio Gardiol e Armando Ribet. Rinno'à j
familiari la nostra solidarietà cristiana. p
ANGROGNA — L’assemblea di chiesa del 25 novembre
fermato a larga maggioranza il pastore Franco Tag i meste cl
il prossimo settennio. il p
La scuola
domenicale
Abbonamento per l’interno ...................
Abbonamento sostenitore per l’interno........
Abbonamento per l’estero ....................
6 0 più abbonamenti
....L
35.1)111' ^ci
allo stesso indirizzo (l’uno)
da versare sul c.c.p. n. 18345223 intestata a «Comitato Scuoia Domeiii**
Porro Lambertenghi 28 - 20159 Miiano
7
,130 NOVEMBRE 2001
Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
f‘3
Una serie di incontri allo studio nel I Distretto
Chiese e territorio alle Valli
La Conferenza distrettuale dello scorso giugno aveva
un'indicazione di nn assi ma sugli argomenti da affrontare
INES PONTET
Conferenza del I
(Valli) ha votato
r<iatto“nelqualesidàm
“ ^ ¿a Ced di collaborare
«N Sffe circuiti affinché
'W*'. un rnnvi
’ICltlI)
ven
ianizzato un convegno
„Tliattere finalmente sulva^Xerazione fra le chiese e gli
Setti alla gestione del terrine otatì A enti pubblici e ammini‘'acilù «tori, in relazione a temi
lerana, ta Riardano tutti da vicina w u; l'ambiente, il turismo, la
erlianj iltura, il lavoro, ecc. Le
’atout Mesa in quanto tali hanno
ofanm ,ce in capitolo? E giusto che
I? In che forma e in
jeffiodi? Questi argomenti,
liaonpoco conto, dovrebìto essere dibattuti all’in10 delle singole chiese e
li nel menzionato conve,10 primaverile, per il quale
'Stata già fissata la data del 7
irile prossimo. La Ced e i
jmbri dei tre Consigli di
ircuito, nel loro incontro
iliminare hanno cercato di
ividuare delle grandi aree
avita, {matiche, tralasciando deli____ leratamente la «fetta» più
tonsistente in cui si estrinsejpllg cali rapporto delle chiese
^ ¡aldesi con il territorio, owe0 gli istituti e gli ospedali, in
panto già ampiamente tratati in altre sedi precostituite
! ¡maggiormente idonee. Do
I pò le prime considerazioni è
tata relativamente semplice
a ripartizione del lavoro fra i
cono»!Qrcuiti. La vai Pellice, che
eUep»a sul proprio territorio la
hiesta||)resteria e il Centro cultusi e infc valdese, seguirà il tema
’ioneiftiia cultura e dell’accoiienza turistica.
rangè II Consiglio del 1“ circuito
tri, COI la pensato di dedicare a
nsegai aesto studio la consueta setti dii Ita pubblica di gennaio e,
ra, e« er preparare l’incontro, è
noiii ata scelta la formula del
cheB leslionario, distribuito duliyetsJ nte l’assemblea di ottobre
gibilei smgoli gmppi di attività di
trecca ¡nichiesa. 11 questionario,
meei èlle intenzioni del Consilo, dovrebbe servire a capircoine 1 membri di chiesa
fttvi si aspettano che la protaa diiesa agisca nel campo
teuafeuizione della cultura
Un momento dei lavori della Conferenza del I distretto
valdese e nell’accoglienza turistica e quanto siano informati sul lavoro che si è fatto
e si sta facendo.
Il 2° circuito (vai Chisone),
il cui territorio cade nell’ambito di due Comunità montane, cercherà di indagare la
relazione con gli amministratori organizzando un incontro dibattito per la domenica pomeriggio 13 gennaio •
prossimo al quale sono stati
invitati alcuni membri di
chiesa che rivestono una carica pubblica.
Al 3° circuito (vai Germanasca) è toccato il tema dell’ambiente, considerate le
grandi opere in atto in previsione delle prossime olimpiadi del 2006, e i grossi dibattiti in corso sulle centraline idroelettriche dell’alta
valle. Il Consiglio in questo
caso ha sollecitato i Concistori di sollevare le questioni
all’interno delle varie chiese
per poi dibatterne in una serata, anche qui come per il 1°
circuito, il 25 geimaio.
I vari incontri saranno segnalati da Riforma a tempo
debito. I Consigli di circuito e
la Ced si augurano sin d’ora
una partecipazione massiccia dei membri di chiesa:
benché i temi da trattare siano molto ampi e tocchino
problematiche di non poco
conto, e dunque non si possa
pensare di giungere a qualche documento fondante,
forse non sarà inutile né superfluo cominciare a riflettere insieme sul futuro, anche
prossimo, di queste nostre
chiese valdesi delle Valli.
M Verona
Un ulivo
di augurio
per la pace
ALESSANDRO BALLERINI
Domenica ii novembre, alle 12,30, la pastora
valdese Letizia Tomassone
ha partecipato a Verona all’iniziativa «Un ulivo per la
pace» promossa dall’associazione festeggiamenti del
quartiere Santa Lucia. La
manifestazione, di tipo ecumenico, ha visto la presenza
di 8 guide religiose che hanno piantato in gesto simbolico altrettanti ulivi come simbolo di pace dopo i recenti
avvenimenti. Tutto questo è
servito per testimoniare l’impegno a far crescere relazioni
e reciproca convivenza civile
tra le varie religioni.
Erano presenti componenti della Chiesa di Gesù Cristo
dei Santi degli Ultimi giorni,
della Chiesa battista, della
Chiesa dei cristiani evangelici
pentécostali, della Chiesa
cattolica, l’imam Mohamed
Guerfi per i musulmani, il
rabbino per l’ebraismo, la
pastora Tomassone per la
Chiesa valdese e il monaco
Wansanada per i buddisti. Si
è trattato di uno spazio importante anche per fare conoscere a moltissime persone realtà che a volte sono del
tutto sconosciute. Il simbolo
più significativo è stato però
l’unione degli 8 attorno a un
ulivo quale simbolo di unità
religiosa e di pace; un gesto
che sicuramente verrà ripetuto a Verona e che potrà essere un augùrio al mondo per
una nuova pace globale.
Intorno all’albero
Incontro franco-svizzero in Sicilia
è nel cuore di tutti
WBERTOBLEYNAT
li dei
iviani»i
;ha«<
-lieto
MO-11 novembre, dal sapomeriggio alla dome¿:P^eriggio, ci siamo ri^ici franco-svizze^rvizio cristiano di Riein S’à da 12 anni, a Dit. a Ginevra, in tertese. Ma quest’anno c’è
aa novità perché sono
“ invitati pure dei membri
■ ® (Conférence des
I, PjP^astantes des pays
»„“nurope), su iniziativa
Wppo degli amici france«stp -i}f°’'^nre i legami fra
Ito il Abbiamo così
^Snor di conoscere il
C“'«li''genbiel e
esedi-j ntovimento francanti in chiese prote
i,ean«cF^8na e in Portogal% i,di?r°''"^"snrieconsor^ ”l>blicav^””^’ editori della
f ’etoi/e du ma
35.l)®i Caccia ^ svolto sulla
cnOlUi scambio reci
® a,,. nostre problema
Iti sulla ci interro
«Ziooe "ìf^'iianza di infor30.011® ^ssaria n invece
ili '^boraro^^'' P°icr meglio
*'ai if quei
chiese prote
stanti non hanno grande visibilità (Spagna e Portogallo)
perché troppo minoritarie
(ma in Spagna i protestanti
sono 400.000). Per la Chiesa
valdese erano presenti Andrea Ribet e il diacono Marco
Jourdan, che ci hanno resi attenti alla situazione del Servizio cristiano e ai progetti e
obiettivi, veramente stimolanti per gli Amici di Riesi;
purtroppo ci ha un po’ rattristati la chiusura dell’Uliva.
Il mattino della domenica
abbiamo avuto il piacere di
ascoltare il pastore Joël Guy,
presidente della Cer (Conférence des églises romandes,
di lingua francese), molto
informato e anche molto attivo nella Cepple (è stato ultimamente in Spagna e in
Portogallo: in una cerimonia
ecumenica ha visto che c’era
un pastore luterano tedesco
ma nessun rappresentante
della chiesa riformata locale,
che pure è molto attiva) ci ha
ben informato, parlando pure dell’incontro recente con
il moderatore Gianni Genre
a Losanna, in quanto è pure
vicepresidente del Consiglio
sinodale della Eerv (Église
évangélique réformée du
Canton de Vaud).
A Giaveno, nei pressi di Torino
Incontro valdese-cattolico
ANDREA MELA
Nella serata di lunedì 12
novembre, all’Istituto G.
Picchiotti di Giaveno, si è
svolto un incontro di riflessione e preghiera fra valdesi e
cattolici di Giaveno e Coazze.
Già nello scorso mese di giugno la Chiesa valdese di Coazze e le parrocchie giavenesi
di San Giacomo (frazione Sala) e San Lorenzo avevano dato inizio al dialogo ecumenico grazie all’amicizia nata
spontaneamente tra persone
che vivono nello stesso territorio e si riconoscono nella
comune radice cristiana. In
quell’occasione ci si era impegnati a tornare a riunirsi
con spirito di fraternità per
approfondire la reciproca conoscenza e per sviluppare i
temi più attuali del dialogo:
quelli legati al testo della
«Charta oecumenica» di Strasburgo e al recente documento sui matrimoni tra cattolici
e valdesi o metodisti in Italia.
Tuttavia quanto è avvenuto
dall’11 settembre in poi ha
modificato profondamente
anche l’orizzonte in cui si
muovono le comunità locali;
l’eco tragica della guerra e
del dolore che essa genera.
AGENDA
30 novembre
ripercuotendosi sui sentimenti di ciascuno, ci ha spinti a spostare il centro delle
nostre motivazioni ecumeniche, verso la speranza che dà
voce alla preghiera e verso la
via della pace che tutti vediamo in Gesù. E per indicare
tale unità di fede, si è scelto
di intitolare il tema della serata «Gesù, la via della pace».
È stato un momento di intensa partecipazione; sono
state lette alcune preghiere
provenienti da diversi e lontani angoli di mondo; sono
stati ascoltati e commentati
passi delle lettere di Paolo e
le beatitudini del sermone
sul monte. Alle letture si sono
intercalati alcuni canti della
consuetudine liturgica delle
due chiese e momenti di meditazione personale. Tutti gli
intervenuti hanno avvertito
che, }li fronte agli eventi che
scuotono il mondo in questi
giorni, è indispensabile da
parte dei credenti un atteggiamento di riflessione operosa, di ripensamento del
proprio ruolo individuale e
collettivo per non lasciare
che il dolore sia fine a se stesso, che la spirale della violenza non trovi ostacolo al suo
cieco dispiegamento.
FIRENZE — Alle 17, alla libreria Claudiana (borgo Ognissanti
14/r), Anna Benvenuti e Cesare Vasoli, presente l’autore, presentano il libro di Carlo Papìni «Valdo di Lione e i “poveri nello spirito’’» (ed. Claudiana). Modera il past. Bruno Rostagno.
SONDRIO — Alle 21, al Centro evangelico di cultura (via
Malta 16), il prof. Mario Declich e il past. Alfredo Berlendis
parlano sul tema «Preghiera: fede e psicologia»..
CINISELLO BALSAMO — Alle 21, al Centro culturale «J.
Lombardini» (v. Monte Grappa 62/b), la past. Lidia Maggi
parla sul tema «Dorothy Day: con Dio e con i lavoratori».
TORINO — Alle 20,45, nella sala conferenze del Centro teologico (c. Stati Uniti 11/h), Gianni Vattimo, Fulvio Ferrario e
Luca Savarino introducono il tema «Heidegger interprete di
Paolo e di Agostino». Presiede il past. Giorgio Bouchard.
TRIESTE — Alle 17,30, nella basilica di San Silvestro (piazza
San Silvestro, 1), per il corso di aggiornamento docenti, il
prof. Giorgio Politi, dell’Università di Venezia, parla su «Michele Gaismayr e la rivolta dei contadini del Tirolo».
1° dicembre
TORINO — A partire dalle 9, all’ex Seminario arcivescovile
(via XX Settembre 83), a conclusione del corso «Per la riconciliazione delle memorie. Le chiese cristiane d’Oriente», si
tengono relazioni di Vladimir Zelinskij, Adriano Roccucci,
Nina Kauchtschischwili e Adalberto Mainardi.
ZURIGO —Alle 11, nella Zwinglikirche, l’organista Eugenio
Giovine propone «Lo stilus fantasticus» con l’esecuzione di
musiche di Buxtehude, Bòhm, Bruhns, Bach.
BERGAMO — Alle ore 17, al Centro culturale protestante (via
Tasso, 55) Marcello Eynard presenta il cd «Opera omnia di J.
S. Bach»; segnalazione di alcuni percorsi di ascolto.
4 dicembre
ROMA — Alle ore 18, al Centro evangelico di cultura (via
Pietro Cossa 40), Giorgio Gomel, Paolo Ricca e Mario Scialoja parlano sul tema «Il dramma dei figli di Abramo. Fondamentalismo e dialogo interreligioso».
6 dicembre
TORINO — Alle ore 17,45, nella sala valdese di via Pio V 15
•(primo piano), il past. Giorgio Tourn parla sul tema «I barba
e l’incontro con la Riforma».
7 dicembre^ .............................................
ROMA — Alle 21, nell’Aula magna della Facoltà valdese di
teologia (v. P. Cossa 40), si tiene un incontro pubblico nel
quadro dell’Assemblea nazionale del Mir. Il past. Paolo Ricca parla sul tema «Il fallimento del cristianesimo pacifista?».
BARI — Alle 18, nella chiesa valdese (corso Vittorio Emanuele 138), il past. Luca Anziani conduce lo studio biblico sul tema «Il rapporto del credente con il denaro».
8-9 dicembre
SIRACUSA — A partire dalle ore 17 del sabato si inaugurano
i locali della chiesa battista. Beatrice Grill conduce un seminario sul tema «Diaconia e liberazione, interventi nel quadro
del “Progetto Ruth’’». A seguire il presidente dell’Ucebi, Aldo
Casonato, parla su «Le chiese battiste in Italia e le sfide
dell’oggi»; si prosegue con un concerto spiritual e gospel. Alle 10,30 della domenica, culto comunitario.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima
del venerdì di uscita del settimanale.
M Iniziativa pubblica nel Senese
Conoscere le religioni
EUGENIO STREni
Lf IMMIGRAZIONE in proI trincia di Siena, a partire
dagli Anni 80, ha visto una
forte presenza fra Poggibonsi
e Colle Val d’Elsa di islamici
sunniti e sufiti. La richiesta a
quest’ultimo Comune da
parte dell’Unione delle comunità e organiaeazioni islamiche d’Italia (Ucooi) di un
terreno per la costruzione di
una moschea ha creato un
certo scompiglio; in particolare certi settori del cattolicesimo senese particolarmente
chiusi al dialogo ecumenico e
interreligioso hanno mobilitato l’opinione pubblica locale dopo i dolorosi avvenimenti dell’11 settembre in
chiave antislamica.
Alla presenza del sindaco,
il 16 novembre, si è svolta
una manifestazione di solidarietà e di reciproca conoscenza alla quale sono state invitate la Comunità ebraica e la
Chiesa valdese. Tra l’imbarazzo del rappresentante del
vescovo (che non ha saputo
spiegare il rifiuto di assistenza, da parte della locale Caritas, a coloro che non si dichiarino di religione cattolica
con apposito questionario) le
altre minoranze hanno espresso desiderio di comunione nella proposta di una
fede biblica aliena dal fondamentalismo o meglio da tutti
i fondamentalismi. È stato rilevato che la «guerra santa»
ha il suo fondamento nel diritto canonico; art. 46 del Decretum Gratiani (1100) recita:
«Ghi muore combattendo
contro i nemici, in particolare contro gli infedeli, merita il
paradiso».
Nella sua presentazione il
gruppo islamico locale ha ricordato le due componenti che lo caratterizzano: la
maggioranza sunnita (che fa
capo all’Ucooi, che recentemente ha stilato un documento comune con la Fcei,
con sede in Roma e un’ottantina di moschee in Italia:
l’edizione Newton Compton
del Corano in italiano a cura
di Hamza Roberto Riccardo
si rivolge agli oltre 700.000
islamici oggi in Italia) e, nel
Senese, una componente sufi
(dall’arabo Tasawwuf, mistica islamica) che si riunisce
nella confraternita senegalese «Muridiyya», che sottolinea la «santificazione» del lavoro, al pari della meditazione e della preghiera.
8
PAG. 8 RIFORMA
.E Chiese
VENERDÌ 30
NOVEMBRE;
La Federazione donne evangeliche in Italia verso il congresso di novennbre 2002
Tra dialogo e memoria
/ gruppi femminili e le singole sorelle sono invitate a proporre un versetto biblico da abbinare
al motto del congresso. Incontro a Torino in marzo per lo Giornata della donna
DANIELA FERRARO
RA dialogo e memoria:
\\ X accettare un mondo
riconciliato», questo il motto
che il Comitato nazionale
della Federazione donne evangeliche in Italia (Fdei), incontratosi a Roma il 17 novembre, ha definito per il
prossimo congresso nazionale che si terrà a Santa Severa
il !■> e il 2 novembre 2002.
Lo slogan, tra l’altro, riassume anche in parte il lavoro
che il Comitato ha portato
avanti nei suoi quattro anni di
mandato, da quando cioè la
Fdei è diventata una rete di
collegamento e di dialogo tra
le diverse realtà evangeliche
femminili presenti in Italia. Il
motto scelto vuole anche riflettere su quanto è emerso
con la presentazione del «Manifesto delle donne protestanti», che vuole essere un’affermazione chiara rispetto a chi
siamo e che cosa ci prefiggiamo in questo nuovo millennio. Un’autoriaffermazione
della nostra identità anche in
vista di iin confronto con le
altre religioni. Un confronto
capace di promuovere una
sempre maggiore conoscenza
reciproca e maggiore rispetto,
come è avvenuto, per esempio, l’estate scorsa ad Adelfia, dove donne musulmarie,
ebree e cristiane hanno potuto raccontare e confrontare i
propri itinerari spirituali. Spiritualità e identità che hanno
radici profonde e che, attraverso l’Archivio delle donne,
intitolato alla studiosa Miriam
Castiglione, donna di grande
sensibilità culturale e di fede,
aperto nell’estate del 2000 a
Torre Pellice, possono e debbono essere rivisitate.
Il motto che abbiamo scel
W Torino
Confermato
il pastore
Platone
Domenica 18 novembre la
Chiesa valdese di Torino ha
tenuto l’assemblea di chiesa
per la conferma o meno del
secondo settennio del pastore titolare, Giuseppe Platone. L’assemblea è stata presieduta dal presidente della Commissione esecutiva
(Ced) del II distretto, pastore
Massimo Aquilante. In un
tempio strapieno, la sorella
Gabriella Marangoni, della
Ced, ha proceduto all’appello dei membri elettori, in seguito al quale il pastore Aquilante ha constatato il raggiungimento del quorum
(presenti 237 membri elettori
su 331 iscritti). Il presidente
del Concistoro, Emanuele
Bottazzi, ha poi sottolineato
che la proposta di confermare il past. Platone era stata
fatta propria dal Concistoro
all’unanimità a comprova
dell’apprezzamento per il lavoro svolto.
Si è quindi passati alla votazione che ha dato il seguente risultato: votanti 237;
favorevoli 203, contrari 29,
schede bianche o nulle 5.
Dunque una votazione quasi
plebiscitaria (oltre F85 per
cento) a conferma dell’affetto
e della considerazione della
comunità per il suo pastore
titolare e un riconoscimento
per l’entusiasmo, l’impegno
e l’attaccamento per la chiesa
di Torino da lui dimostrati in
questi anni, {b.e.)
to per il prossimo congresso
Fdei dovrà necessariamente
essere accompagnato da un
versetto biblico che, in qualche modo, lo illumini. Và da
sé che i membri del Comitato
avrebbero potuto decidere
quale versetto abbinare, ma
hanno pensato che in questa
scelta fosse bene coinvolgere,
come per il passato, le Unioni, i gmppi femminili, le singole sorelle, nel cercare la parola biblica più adatta all’evento. Le proposte dovranno
arrivare entro la fine di febbraio (a Daniela Ferrare, via
S. Pio V 15, 10125 Torino) in
modo che durante la prossima seduta del Comitato si
possa operare una scelta e
comunque si possano presentare tutte le proposte, con
eventuali commenti, sul Notiziario Fdei.
Accanto alla preparazione
del congresso, il Comitato ha
deciso di inviare alle sorelle
delle chiese awentiste, battiste, luterane, metodiste, vaidesi, tramite i loro pastori
e/o referenti dei gruppi femminili, un questionario sulla
visibilità delle donne nelle
chiese. Oggi le donne rivestono incarichi di un certo rilievo aU’interno delle comunità, vale pertanto la pena di
verificare questo cammino. E
questo non per dirci quanto
siamo brave, ma per chiarire
quali siano le reali pari opportunità che le donne hanno nel nostro ambiente. I risultati del questionario verranno presentati al congresso e pertanto dovranno pervenire (a Daniela Manfrini,
via Cosimo del Fante 14,
20122 Milano) entro la fine di
giugno 2002.
Intanto il Comitato ha pen
sato di organizzare a marzo,
nel quadro della Giornata della donna, in collaborazione
con il Centro culturale evangelico «Arturo Pascal», a Torino, un incontro dal titolo: «Gli
archivi ip dialogo: storie di
donne da non dimenticare».
Si è pensato alla città di Torino in quanto pare essere la
realtà italiana più ricca di
queste esperienze archiviste:
dall’archivio dell’Udi a quello
dell’Arci-donne, per citare i
primi esempi che vengono alla mente. Nel continuare a valorizzare l’aspetto della memoria, il Comitato dà un’altra
occasione di incontro, prima
dell’apertura del prossimo Sinodo valdese, organizzando
un dibattito dal titolo: «Spezziamo la violenza dell’oblio.
Le donne ricordano».
Ultima informazione utile:
il Comitato nazionale della
giornata mondiale di preghiera (Gmp) ha aperto un sito web che riporta la storia
della Gmp e le liturgie dello
scorso anno preparata dalle
donne dell’isola di Samoa
(arcipelago polinesiano) e
quella del prossimo marzo
2002 preparata dalle donne
romene. L’indirizzo del sito è:
http/it.geocities.com/lidiaribet/. Chi volesse prenotare
delle copie della liturgia^e altro materiale (cartoline, spille,
diapositive, ecc.) dovrà farlo
entro il 15 dicembre, scrivendo 0 telefonando a: Lidia Ribet, via IV Novembre 107,
00187 Roma, tei. 06-6795426.
Complessivamente il lavoro della Fdei è in crescita ed è
importante che in questi mesi, prima del congresso, si
concludano gli impegni assunti per definire, se il Signore ci ispirerà, le future prospettive di lavoro.
Comunità battista di Catania
Un corso di italiano
per fare accoglienza
STEFANIA CONSOLI
sulle nostre sedie (
IL 5 novembre ha avuto
inizio a Catania, nei locali
della Chiesa battista, il consueto corso d’italiano per
immigrati organizzato in
collaborazione con l’associazione culturale Millemondi. Si tratta di un’iniziativa
intrapresa ormai per il quarto anno consecutivo, che vede la comunità impegnata a
offrire un importante servizio di accoglienza ai moltissimi giovani che raggiungono le nostre città dagli altri
continenti, in cerca di lavoro. In questi anni il corso ha
visto la partecipazione di
circa 300 ragazzi (tra cui pochissime donne) provenienti
in larghissima maggioranza
dal Senegai, ma anche da India, Colombia, Maghreb, Nigeria. In media questi frequentano il corso con sistematicità per tre, quattro mesi, in un continuo ricambio
dovuto ai loro spostamenti e
alle loro vicissitudini personali. Le lezioni si tengono
due volte la settimana e sono arricchite da occasionali
incontri serali in cui musica,
cibo e danze si intrecciano
in un’atmosfera di festa. Interessante, sempre nel quadro di questa attività, il cinefórum tenuto l’anno scorso con l’intento di stimolare
la nostra riflessione sulle tematiche dell’interculturalità
attraverso il cinema propostoci da registi senegalesi,
cinesi e iraniani.
L’esperienza vissuta da chi
della comunità battista ha
partecipato o partecipa attivamente a questa iniziativa
insieme agli altri volontari,
merita certamente una brevissima riflessione. Moltissimi giovani assetati di conoscere e imparare siedono,
durante queste lezioni serali.
spesso (ahimè) ci accnl?
«muti» e distratti la h J'
ca mattina. Tanti i
ventenni sui quali è L
bile leggere l’età, forse
ché avvezzi a una vita di
incerta, lontano dalle lItI
miglie e dalle loro donn ^
sì diversa da quella dei’l
coetanei catanesi. Abbi^
M
iim
loS'
sul
«GÚ
COD
pu£
dell
laV'
fercatodicomunicarec^
loro a parole o a gesti s
cessarlo, ascoltato in
liano incerto i loro
unib
rari racconti sulla
piccoli,
™acli,
conducevano nei foro
e li abbiamo guardati, mj,.
casione delle nostre
piccoli
festicciole, ballare le b
musiche dicendo di sentis
«proprio come a casa»p(t
ché liberi di espriniersis*
tando e gridando neUalo,
lingua. Abbiamo appreajj
la loro fierezza non disgiim,
dall’umiltà del voler appr®
dere, e abbiamo rispettati
loro pudori e la loro discti
zione nel parlarci di sé.
La nostra è certamente i»,
piccola iniziativa, una gooi.
nel mare, perché il verolaw
ro delle società occidentil
dovrebbe essere quello dii
pristinare gli equilibri m®
diali affinché tanti giovai ‘
non siano costretti a emijn
re dalle loro terre povera
prive di risorse. Sicuramei i
però queste esperienze d'ii
contro, vissute nel segno de
la gratuità dei doni che ria
viamo e mettiamo a dispos
zione, ci danno la possibi
come comunità cristiana,! ;
offrire un servizio visibile al r
città, e di sperimentare ri*
stimabile valore dell’ac»
glienza e dell’ospitalità, a
come ci ricorda l’appell ■
dell’apostolo Paolo nellalJ
tera ai Romani (15,7): «Aca
glietevi gli uni gli altri coi
Cristo ha accolto voi,
gloria di Dio».
C6i
l’im
lizzi
mo
evil
V
seit
atre
vio'
pre
spo
rap
lo s
paz
seo:
fani
cid
cos
pro
ein
E
ieri
chi,
che
lai
dei
del
me
del
gue
zio
stri
tut
bui
I
avi
me
gio
liai
pai
fati
I II musicista evangelico Andreas Schuss ha effettuato una «tournée» in alcune chiese italiane
La diversità è dono di Dio e ha una valenia ecumenica
KLAUS LANCENECK
T A diversità è dono di
«1^1
I Dio». Con questo messaggio e con un programma
di musiche, che con la ricchezza di stili diversi illustravano molto bene e molto piacevolmente il messaggio, Andreas Schuss, un giovane
musicista di Siegen in Germania, ha fatto una piccola
tournée dal 27 ottobre al 5
novembre attraverso alcune
chiese del 10° circuito. Andreas, dopo gli studi in inge
gneria del suono, ha cominciato a fare musica* prima insieme ad altri musicisti e negli ultimi anni anche da solista; può annoverarsi ormai
trai i più brillanti suonatori di
flauto di Pan. Nei suoi concerti da solista suona il flauto
di Pan, il sassofono, altri strumenti a fiato e si accompagna con i piedi su una pedaliera collegata a un sintetizzatore, costruita da lui stesso.
Soltanto vederlo suonare è
uno spettacolo. Sentirlo è poi
ancora un’altra cosa.
^ Chiesa valdese di Roma piazza Cavour
Viaggio di venfanni
alla ricerca della fede
La comunità di Roma piazza Cavour ha ricevuto con
gioia, domenica 4 novembre,
la confessione di fede di due
sorelle che hanno chiesto di
essere ammesse come membro di chiesa, dopo un percorso di studio, di preghiera
e di incontri.
Teresa Ferramosca e Mariam Khasrovi hanno in comune una ricerca che viene
da lontano. Teresa ha incontrato la Riforma sui banchi di
un liceo di Lecce, appassionandosi alla vicenda di Lutero; da allora indaga esperienze e libri per incontrare un
cristianesimo non dogmatico
che dia spazio al dubbio,
all’inquietudine. Poi in Internet scopre il protestantesimo
italiano, telefona alla Federazione delle chiese evangeliche, entra nel tempio valdese
di piazza Cavour e ascolta il
sermone di Maria Bonafede... Anche Mariam parla di
un viaggio durato vent’anni
alla ricerca di fede vissuta, di
coerenza e di essenzialità;
«...poi, un giorno, mi sono
fermata e nel silenzio hp ricordato mio padre musulmano che iniziava la giornata dicendo: “Allah è grande e
si occuperà di noi anche oggi". Ho chiuso gli occhi e ho
affidato la mia vita al Signore. E Lui mi ha condotta fin
qui». Ora il cammino continua, nella dimensione comunitaria. Di questo diciamo grazie a Dio. [f.l.)
Andreas proviene dall’ambiente delle chiese evangeliche libere del Siegerland (zona tradizionalmente protestante), è oggi membro di
una chiesa battista, dove è
regolarmente impegnato non
soltanto come organista ma
anche come predicatore. Egli
comprende la sua attività
concertistica non soltanto
come arte, ma anche come
testimonianza. Di questo abbiamo potuto convincerci
nelle varie occasioni in cui ha
suonato nelle nostre chiese, a
Pisa, a Firenze nel Centro sociale di via Manzoni e al Gignoro, a Livorno, a Carrara, a
Rio Marina e a La Spezia. La
sua musica insieme al suo
umorismo coinvolge le persone, piace, fa riflettere, fa
sentire bene.
Il messaggio, concordato
già durante l’estate, quando
abbiamo programmato questa serie di incontri musicali,
è, oltre che teologicamente
molto importante, un tema
«personale» di Andreas, che
ha una visione molto ecumenica della fede cristiana, a cni
corrisponde la sua prassi da
musicista. Suona in chiese
protestanti, in chiese cattoliche, in chiese libere, in ambienti totalmente laici. Per
questa prassi, provenendo da
un ambiente un po’ evangelicale, a volte viene criticato
ma il suo messaggio, nella
semplicità con cui lo ba portato, ha acquistato un’attualità particolare per il momento storico che stiamo vivendo
tutti. La diversità tra le persone, tra le confessioni, tra le
fedi, tra le culture è voluta da
Dio, perché Dio si annoierebbe in un mondo uniforme.
Non c’è soltanto una chiesa,
ma ci sono molte chiese. Non
c’è soltanto una cultura, ma
ci sono molte culture. E tutta
la diversità delle voci, delle
lingue, delle musiche, degli
strumenti, delle espressioni
culturali possono formare un
coro che canta la lode di Dio.
Il contatto con Andreas è
nato attraverso la rete internazionale di collegamen- ti
del Servizio Cristiano di Riesi,
dove ho lavorato e vissuto per
cinque anni. Ho accompagnato Andreas nella suo
tournée per facilitarlo nell’orientamento e nella comunicazione con il contesto italiano. Da questo nasce una
piccola riflessione. Sono perfettamente d’accordo con Andreas che la diversità è ricchezza ed è dono di Dio. Però
è anche facile approvare questa affermazione, quando siamo tra toscani o tra spezzini o
tra noi nelle nostre chiese.
Nella realtà, la diversità è
spesso fonte di sofferenza. E
proprio nel momento storico
che stiamo vivendo, il dono
divino della ricchezza delle
diversità dovrebbe significare
per noi credenti riconoscere
le sofferenze delle persone diverse, dei popoli diversi ed
esserne colpiti. La diversità è
dono di Dio, ma noi siamo
peccatori e spesso non sappiamo apprezzare, non sappiamo far fruttare questo dono, anzi, trasformiamo il bene in male. Forse Andreas
avrebbe potuto approfondire
un poco il suo messaggio in
questa direzione.
Andreas Schuss
ni(
La musica di Andrea
è la solita musica che s
nelle nostre chiese vai
metodiste (i battisti e
tecostali hanno ^
musicale diverso), do
sformiamo anche gl* j
legri dei nostro Inna .
canti funebri. Tra |j|(
di Andreas ci sono nr®”.
gri, brani rumorosi.
^ 1 1V a../ i tt ■ •
sentimentali
«
bro dei sassofono ten
musica colorata, mus'c
dà tono all’anibien
viene suonata, nncne ,
stre chiese. E gli ns ° j
____mn W .
hanno accolto con P
questo tocco di gj fai
no già mezze Penr""
ritornare m Italia,
mente anche con g y
membri dei suo
cui c’è la speranza c gl,{I '
siamo sentirlo „finir
che altri possano sp
tare la sua musica.
0(
qu
mi
eci
svi
ne
be
re
pu
qu
«c
pe
tu
na
ta,
qu
ci
de
ini
sn
co
es
gà
sic
tir
ur
all
vii
eh
cii
de
lie
rii
so
Pi
9
%
p^se
¡ta dut,,
‘aloroit
Oline,
ÀhÌ^
'tobiain C
care cm
aüseii,
‘O Un il,
«taclj
irò
Iti, in oce picco!,
e ’
d sentiu
asa» p([,
aersi s|,
iella loi,
’prezzi!
disgiuoi
r apprei
ipettato
0 di
sé.
lente«
nagoai
zero lavi
cideniil
elio dii
bri moi
1 giovi! ^
aemijB
poveri
uramn
:nze d'ii
egnodi!
cheris
yjatfRPl30 NOVEMBRE 2001
'
Commenti
PAG. 9 RIFORMA
Il nostro dibattito sulla guerra e sul terrorismo
I Dialogare con gli avversari
Mi permetto di esprimere
i, ^0 pensiero a seguito deln, scritto di Agostino Garufi
u Riforma del 2 novembre
!fiiustizia senza guerra, ma
g^e?»- Non è e forse non
Lpessere umano praticare
la vera giustizia e la vera pace ma non deve mancargli
l'impegno per cercare di realizzarle disattivando al massijio le cause di ribellioni, odi
evidenze.
Venendo al momento presente, penso che alla violenza
atroce subita dall’America,
violenza mirata con tanta
precisione, non si possa rispondere con azioni di guerrapreviste in egual misura allo scopo di stanare l’uomo
pazzo e assassino che si nasconde, mentre manovra altri
fanatici disposti a morire, uccidendo. È come cercare il
cosiddetto ago nel pagliaio
producendo altra distruzione
amorte innocente.
E allora, oltre all’aiuto materiale da parte dei paesi ricchi, fornendo beni e persone
che favoriscano la vita e non
la morte, oltre a una politica
dei governi opposta a quella
del dominio e dello sfruttamento di paesi già poveri e
deboli, in alternativa alla
guerra di ritorsione, sproporzionata al sia pur vile e mostruoso attentato: che gli stati
tutti, animati da una decisa
buona volontà, dimentichino
essere caratteristica
lossibil
stiana,
sibüeal
tarel'i
ell’acci
alita,« i
nella U
7): «Actt
Itri COI
oi, peti
lreas“‘
.esise"*
V!
i ei
m ^
li innij
mari»
irani»*
si, m
tealf
enord
usica»
Ite
eall»^
molta
. niad’
Cif
Ite.
peri**,
avent^;
,ppo,f1
i loro rispettivi interessi, superino, indubbiamente con
fatica e sofferenza, le violenze subite e tendano con intenti e azioni comuni a instaurare un dialogo con gli
avversari, per capire i loro
mali e aiutarli a rimuovere le
cause che li spingono a tanto
odio violento, ad accettare il
coinvolgimento dei cittadini
in questa azione di pacifica
opposizione alla violenza e
ad ascoltarne la voce.
Tempi lunghi, difficoltà,
fallimenti non fanno desistere chi crede fermamente che
solo mezzi incruenti garantiscono un reale e duraturo fine di giustizia e di pace. È solo utopia? Ma perché non
provare, con impegno e fiducia? Il sogno di Martin Luther
King non si è realizzato? E
così quello di Gandhi, di Nelson Mandela? «Pace in terra
agli uomini di buona volontà» recitiamo noi cristiani,
ma per i più rischia di essere
un freddo slogan, piuttosto
che l’incitamento a impegnarci con tutta la nostra
buona volontà perché vi sia
pace sulla terra. Forse è poco
solo sperare che le nostre
preghiere e l’ascolto della
parola di Dio indichino ai governanti la giusta via da seguire con saggezza e amore
per risolvere i gravi problemi
come l’attuale.
Alba Biella- Milano
Idi Usa sempre parte in causa
In questi ultimi tempi due
avvenimenti hanno incrementato la già notevole litigiosità del mondo politico italiano, con accentuazioni di
particolare asprezza dovuta al
fatto che, rispettivamente, sono stati occasione e attuazione di violenza anche se a diversi livelli: le manifestazioni
contrarie alla cosiddetta «globalizzazione» e la distruzione delle Twin Towers di New
York. La ragione profonda per
la quale si sono scatenate
tanto accese polemiche ritengo che, al di là delle consuete
e scontate condanne verbali
della violenza (sincere da parte di tutti?), risieda nel fatto
che in entrambi i casi siano
stati parte in causa gli Usa.
Ciò è risultato di per sé sufficiente a far salire la temperatura di onde emotive che
latino rafforzato gli opposti
r; schieramenti anziché indurre
piùjpacate e oneste riflessio! ni. E entrata cioè in gioco la
parte peggiore del partitismo
[Con la ben nota propensione
Jàazionale all’invettiva.
S Sta di fatto che, tout-court,
0 ci si trova tra coloro per i
quali gli Usa sono l’unico
tttodello di valido sistema
sconomico, vera garanzia di
^l’uuppo e benessere e sentitiella mondiale di tutte le libertà, e allora ci si deve sedete sul banco dei «global»; oppure ci si ritrova tra coloro ai
quali gli americani sono
“^cordialmente antipatici»
perché troppo forti, padri di
tte le odiate «multinazioj iticluinatori del piane’ ^iiurnatori di almeno tre
ri j tieU'umanità, e allora
SI deve sedere sul banco
¡1 global» con qualche
Qulgenp verso il terrori®tit'americano (non
Messabile ufficialmente).
®''3tiate opinioni già
JP''^sse su questo nostro
avuto l’imprespne anche tra noi affioUn t^tidenze ma con
a|i, ®Sgiore accostamento
vipn »’he politicamente
chz ^ “®^'tiita di sinistra percii,jP°''*3ttice di valori più vidella n evangelico
lidar ® biella so
' stesso sono o
Paura di esprimersi con chiarezza
Vi scrivo per esprimere un
profondo disagio che provo
nei confronti del nostro giornale in questi ultimi mesi, e in
particolare dopo la lettura del
«tiepido» articolo di Eugenio
Bernardini nella prima pagina
del numero del 16 novembre,
il primo all’indomani del nostro ingresso in guerra.
Non c’è probabilmente bisogno di citare su queste colonne Lutero, che ha affermato: «La pace è più importante
di ogni giustizia; e la pace
non fu fatta per amore della
giustizia, ma la giustizia per
amor della pace», ma sembrerebbe necessario ricordare che il messaggio di tutto il
Nuovo Testamento è esplicitamente un messaggio di rifiuto al ricorso della violenza,
persino per l’autodifesa. Credevo che il nostro giornale,
che è un giornale confessionale, mi pare, dichiaratamente cristiano, credo, volesse e
dovesse essere radicale, almeno in un caso eclatante
come questo. Non ho bisogno
di scomodare l’Apocalisse (3,
15-17) che i teologi che mi
leggono conoscono molto
meglio di me, ma vorrei che
tutti riflettessimo seriamente
sulla tragica frase di Martin
Luther King: «Non temo le
parole dei violenti, mi preoccupa molto il silenzio degli
onesti», e ci ricordassimo che
c’è chi è finito sulla croce per
noi, per le nostre miserie, per
la nostra salvezza. Non ha
mediato, non ha discusso, ha
operato e nel modo più radicale possibile.
Abbiamo forse paura di
esprimerci con la chiarezza e
la durezza indispensabili in
questo gravissimo momento
storico? Abbiamo forse paura
di non apparire «democratici» in un momento in cui, al
contrario, serve una parola
dura e decisa? Gesù Cristo ha
rovesciato i banchi dei cambiavalute nel Tempio, e ha
detto-molte volte parole forti
e violente. Ma noi vogliamo
essere più perfetti di Lui. Lodevole proposito. Ma riusciamo a essere anche più incisivi? La denuncia del Cristo
delle ingiustizie, dei soprusi,
della verità, tutti i momenti
vilipesa e violentata, era efficace, forte, senza riserve. Vogliamo dare lezioni di pace
anche a Cristo?
Erica Sfredda - Verona
Valutare con spirito critico
qualche robusta iniezione di
vecchi ma sani principi liberali almeno per attenuare il
perpetuo ossequio ai palazzi
vaticani da parte del qualsivoglia governo di turno. In
questo sono del tutto d’accordo con quanto espresso
dal pastore Giovanni Conte
nel suo scritto «La passione
politica» [Riforma n. 40 del 19
ottobre, p. 15) quando sottolinea che sarebbe veramente
strano se si considerasse solo
il pensiero di sinistra, sia pure
nelle sue molteplici forme,
come «politically correct» in
casa protestante.
In ogni caso penso che come chiese evangeliche non
possiamo partecipare a movimenti o manifestazioni ove vi
sia anche il solo sospetto che
siano presenti gruppi che sotto le più diverse bandiere gridano contro le ingiustizie ma
si preparano alla violenza
gratuita oppure manifestano
contro la guerra ma sono
mossi in realtà da ostilità di
parte (se i termini della guerra fossero rovesciati dubito
che scenderebbero in piazza).
Mi auguro che tra noi, anziché discutere, prevalga l’umile riconoscimento di un condiviso disagio di fronte a dilemmi che mettono in crisi la
nostra presunta coerenza e,
soprattutto, la nostra disponibilità all’amore fraterno secondo la volontà del Signore.
Meglio questo e la costante
preghiera che sia Lui, di volta
in volta, a indicarci la via da
seguire. Il «di più» potrebbe
venire dal Maligno.
Emilio Bracco - Trieste
Sono critico sulla guerra in
corso (anzi, le guerre in corso
sono decine: diciamo quella
in Afghanistan): la guerra
non è mai la soluzione. Nonostante questo pensiero sia
condiviso dai padri e dalle
madri della patria, i costituenti, sono attaccato: non c’è
un’alternativa pacifista; è
una posizione antiamericana. In due parole; o sei stupido o in malafede. Alla prima
obiezione è facile rispondere: le guerre non sono create
dal pacifismo. Dunque, perché accusare il pacifismo
gratuitamente?
Non capisco chi mi definisce antiamericano. Io amo
l’America: il blues di Hooker,
il jazz di Coltrane, il rock di
Reed, i libri di Kerouac, i fumetti di Schultz e di Groening, i sogni di Spielberg e di
Kubrick, i sermoni di Martin
Luther King, i musical di
Broadway: tutto questo fa
parte della mia vita. Esulto
quando i Blues Brothers dicono «Buonasera a tutti e
benvenuti negli Stati Uniti
d’America». Ma amare qualcuno, esserne amico, vuol
dire rinunciare alla critica?
Bisogna accondiscendere
l’amico che fa delle scelte,
che noi riteniamo sbagliate?
Gesù riconosce a Pietro la
sua fede, ma subito, quando
sbaglia, lo rimprovera duramente.
Inoltre, non capisco chi
sventola le bandiere americane; mi ricorda chi sventolava
le bandiere sovietiche, dicendo «lì è il paradiso, lì è la libertà», anche perché spesso
sono le stesse persone venti
anni dopo. Se qualcosa di simile alle Twin Towers fosse
successa in Italia, gli statunitensi si comporterebbero così? Non lo so ma, in caso positivo, porterebbero le Stars &
Stripes, non il Tricolore, direbbero «God bless America»,
non «Viva l’Italia» e criticherebbero i nostri errori. E questo per rispettarci. In un rapporto solidale, bisogna offrire
la propria diversità.
Si deve essere solidali con i
bisognosi, come dice la Bibbia. Perciò dire «Siamo tutti
americani», è giusto rispetto
all’11 settembre. Ma non è
giusto, se decidiamo di essere solidali solo con chi ci può
proteggere, chiudendo gli occhi di fronte ad altre ingiustizie e non essendo solidali
con tutti i popoli bisognosi
oggi della nostra solidarietà.
Anzi, con tutti gli esseri umani a cui è negata la dignità.
Peter Giaccio - Roma
Umanimìsmo salottiero
Anche un non attento osservatore che ami meditare la
storia avrà considerato che
tutti i mali del mondo, per alcuni, hanno una origine ben
precisa. Per esempio, per noi
europei storicamente famosi
sedicenti cristiani pacifisti, già
oltre cinquant’anni addietro
slamo stati bombardati anche
su obiettivi non specificamente militari con uccisione
di civili innocenti riducendo
’■•entato
so beni
Paese
'ì’ in tal senso, anche se
L'on. Valdo Spini: Perché ho votato si
Dall’intervento nell’aula della Camera durante la seduta
del 7 novembre:
(...) Non è a cuor leggero che oggi Ci assumiamo questa responsabilità: del resto, lo stesso ministro Martino non ha nascosto i rischi della missione. Credo quindi che si debba avere
estrema consapevolezza del momento e anche la capacità di
essere estremamente sobri e in grado di guardare, in particolare, alla tutela dei nostri soldati, delle popolazioni civili, nonché a condurre questa operazione in modo serio e responsabile. Assumiamo tuttavia questa responsabilità perché avvertiamo la necessità di una solidarietà piena e inequivocabile
nella lotta contro il terrorismo che ha attaccato gli Stati Uniti
d’America. Non c’è via di mezzo: non si può stare fuori.
(...) Tuttavia - mi rivolgo a lei, in particolare, onorevole ministro Martino -, vorrei formulare alcune richieste. La prima,
già espressa dalTonorevole Minniti, è di tornare in Parlamento quando sì conosceranno le regole di ingaggio, poiché
sono il punto fondamentale per quanto riguarda la capacità,
da parte nostra, di regolare la nostra partecipazione e, quindi, di evitare di essere trascinati in un allargamento del conflitto. In secondo luogo, è indispensabile che sia definito un
responsabile militare in teatro (...) per garantire, attraverso la
catena gerarchica, che sul campo non vi siano devipioni, interpretazioni, non sicuramente aderenti all’impiego delle
forze approvato dal Parlamento. Credo che questo sia un
punto importante, come lo è anche la richiesta, da parte del
Consiglio di rappresentanza dei militari, di vedere considerato positivamente il loro «status»; non siamo in una situazione
di guerra, né in missione di pace; giustamente questi militari
chiedono di essere tutelati da un adeguato regime giuridico.
Le operazioni militari certamente sono importanti, ma sono solo un tassello di un’azione contro il terrorismo che deve essere di vasto raggio politico, finanziario e anche umanitario. {..). Ci impegniamo (...) per quarito riguarda i Balcani e
l’Afghanistan. Ciò non può, certamente, significare alcuna
adesione alia cieca dell’Italia in altre iniziative, operazioni o
attacchi ad altri paesi. Siamo estremamente chiari: su ciò
non possiamo dareTautorizzazione.
Protestanti massacrati in Pakistan
ssimo che nel nostro
sarebbe necessaria II presidente Bush e il segretario dell’Onu Kofi Annan
alla fame donne, bambini
ed... ebrei: Yankee go home.
Lasciamo l’Europa e pensiamo, oggi, all’estremo e Medio
Oriente arcimiliardario di petrodollari e di narcotraffico
pari a fiumi di denaro da lastricare il deserto d’oro e da finanziare il naziterrprismo
mondiale. Paesi con civiltà
certamente millenaria che
hanno saputo democraticamente distribuire, in questi ultimi cinquant’anni, tutta questa immane ricchezza ai loro
popoli, soprattutto alle donne
e bambini... anche palestinesi.
Invece arrivano gli americani e bombardano ancora obiettivi non specificamente
militari uccidendo civili innocenti, riducendo alla fame e al
freddo donne e bambini afghani. Aspettiamo una convocazione all’Onu dei nostri salottieri intellettual-filosofi intervenuti dai vari Vespa e
Santoro e alcuni articolisti di
Riforma per una risoluzione
unanime: Yankee go home.
Roberto Mollica
San Mauro (To)
Sul massacro di 18 protestanti a Bahawalpùr, in Pakistan, bisogna forse aggiungere qualcosa, oltre a quanto è
stato scritto ne «L’opinione»
del n. 43, e nell’articolo in terza pagina «I cristiani pachistani chiedono protezione». Il
dato riportato da Peyronel di
«250 milioni di cristiani a rischio di persecuzioni, e di
160.000 che vengono uccisi»
ogni anno è assolutamente
agghiacciante e, chissà perché, è sostanzialmente sconosciuto. Quindi, due sono i
punti che a mio avviso, meritano adeguata riflessione.
Afferma J.-J. Peyronel che
«chiedendo giustizia e non
vendetta, i cristiani pachistani hanno respinto con decisione ogni ipotesi di guerra di
religione»; pur tuttavia se dei
credenti sono ammazzati in
chiesa, mentre predicano Cristo crocifisso e perché predicano Cristo crocifisso, da terroristi islamici, che cos’è se
non guerra di religione? Se si
sostiene che, oltre a quello religioso, vi sono altri interessi
di ordine economico e politico, è logico ricordare che tali
interessi erano presenti anche tra le milizie sabaude che
risalivano le valli valdesi nel
1500 e ammazzavano, rapivano e stupravano quanti erano
sul loro cammino. E ancor
più, motivi extrareligiosi erano assai rilevanti nei conflitti
in Germania e in Francia nel
XVI e XVII secolo. Quindi: o
questa è una guerra di religione, oppure non lo è per il
semplice fatto che esse non
sono mai esistite.
L’accenno alla laicità che
sembra pervadere e chiudere
l’articolo di Peyronel mi sembra non cogliere il punto fondamentale del tragico (e glorioso) evento accaduto: i nostri fratelli che, in condizioni
difficili e pericolosissime, testimoniavano la loro (e nostra) fede la domenica in
chiesa, che cantavano i nostri
inni e si rifacevano ai padri
della Riforma come noi; non
sono martiri della laicità, ma
martiri della fede.
Il secondo articolo, che
non dà neanche nome agli
assassini ma burocraticamente li definisce «scono
sciuti armati di mitra», adombra il sospetto che tutto
sia avvenuto quale conseguenza dei bombardamenti
americani sull’Afghanistan.
Senza dubbio tale azione militare può aver dato la stura a
calderoni già di per sé in ebollizione. Tuttavia anche se
la guerra in Afghanistan fosse in sé sufficiente a far capire il motivo del massacro di
questi 18 fratelli e sorelle, rimangono altri 159.982 morti da spiegare (visto, come
scritto da Peyronel, che il totale di uccisioni alTanno è di
160.000, o giù di lì). Leggere
la vicenda sulla base dei
bombardamenti, è una chiave di lettura infinitesimale rispetto a ciò che è avvenuto
Allo stesso modo anche
«l’ingiusta ripartizione delle
risorse economiche» (la cui
valenza, in altri settori, è sicuramente decisiva) nel caso di
specie ha probabilmente poco valore. Infatti se gli assassini di Bahawalpùr si fossero
mossi in odio ai paesi ricchi
avrebbero probabilmente rivolto le loro «attenzioni» ad
altre nazioni arabe, loro vicine, che come è noto sono tra i
paesi più ricchi del mondo
(Arabia, Iran, Iraq, Emirati
ecc.) non certo a degli sventurati loro concittadini, per di
più neanche islamici. In certi
casi, pare evidente che i nostri ferrivecchi ideologici non
spiegano tutta la realtà.
Infine, alcune domande. È
noto che senza la solidarietà e
l’aiuto, anche diplomatico e
militare, delle potenze europee protestanti, i valdesi avrebbero probabilmente cessato di esistere 4 o 5 secoli or
sono. Che cosa facciamo noi
per i 250 milioni di fratelli
perseguitati? È un problema
che ci riguarda oppure no? La
reciprocità dei diritti nei vari
paesi è un «optional» oppure
no? La pressione sui governi
che perseguitano, o permettono la persecuzione, non dovrebbe essere un nostro dovere? Non è forse anche a noi
che «1 cristiani pachistani
chiedono protezione»? Anche
questi sono, forse, dei quesiti
da porre alle nostre comunità.
Vincenzo Ribet - Roma
Per la pubblicità su
tei. 011-655278
fax 011-657542
10
PAC. 10 RIFORMA
Commenti
venerdì 30
m
novembre 200,
DALLA PRIMA PA
IL MONDO POLITICO I LAidssipuò
CHE VORREI '
PIERA ECIDI
/ rappresentanti
politici nelle
istituzioni, l'etica
pubblica e civile,
gli interessi privati
C’è ufla fotografia che ho
guardato e riguardato in questi
giorni di preoccupante e violento scontro istituzionale. È il presidente della Repubblica colto
mentre sta parlando nella sua
recente visita a Torino, capitale
del Risorgimento: al suo fianco,
in piedi accanto a lui, fissandolo
intenti e con gesto di plauso, i
rappresentanti delle tre maggiori istituzioni locali: il presidente
della Regione, il sindaco di Torino con la fascia tricolore e la
presidente della Provincia. Tre
personaggi pubblici di diversa
storia politica e di diverso
orientamento, che impersonano
con dignità il loro ruolo laico di
rappresentanti
di tutti. Ecco, mi
sono detta, questo è il mondo
politico che voglio, questa è la
Repubblica dei
cittadini.
Non così per
quanto riguarda
la complessa situazione italiana. Sembra che
il nostro paese ormai da decenni
sia percorso da una guerra per
bande che ha ben poco di politico e di ideale e molto invece di
personale resa dei conti dei prò- ’
blemi non risolti della società
italiana. Abbiamo assistito sgomenti agli anni di Tangentopoli,
agli episodi continui e diffusi di
malcostume e di corruzione,
all’occupazione del potere per
esigenze private, al continuo
sberleffo delle istituzioni. Ci sono state le pornostar elette in
Parlamento, gli inquisiti e i condannati eletti e rieletti, e ora un
ginepraio di interessi privati che
inquinano senza rimedio gli atti
del governo e del Parlamento, in
cui siedono una pletora di personaggi legati a questi personali
interessi economici e giudiziari.
Piena liceità deve essere per
tutte le diverse posizioni politiche, nel quadro della democrazia
e nelle coordinate costituzionali:
uno dei guai della nostra attuale
situazione è anzi il deficitario
funzionamento dei partiti, che
devono pienamente ricostituirsi,
per poter garantire il necessario
pluralismo. Ma ciò che non è accettabile è che le personali situazioni di taluni personaggi pubblici coinvolgano il funzionamento delle nostre istituzioni:
primo fra tutti il grave conflitto
di interessi del premier e i suoi
problemi giudiziari, e il conflitto
di interessi di altri membri di
governo. Non è accettabile lo
scontro governo-magistratura e
neanche l’assorbimento di fatto
del Parlamento da parte del governo, per l’uso reiterato e autoritario dei decreti legge e del voto di fìducia, che «blinda» ogni
decisione. E neanche è accettabile l’uso strumentale delle
Commissioni parlamentari di
inchiesta a fíni politici di gruppo. La base di ogni democrazia
sono gli ambiti autonomi e sovrani in cui si devono muovere i
tre poteri dello stato: legislativo,
esecutivo e giudiziario.
Di più: dev’essere garantita la
piena autonomia di quello che è
stato giustamente chiamato il
«quarto potere», la libera stampa, di cui abbiamo avuto in questi giorni una martire in Maria
______ Grazia Cutuli, la
giornalista uccisa
nel compimento
del proprio dovere. Così come deve essere garantita ogni libertà: di
insegnamento, ricerca, associazione, opinione, fede. L’attacco all’autonomia della
magistratura, per
di più da parte di membri del governo e del Parlamento, è inaccettabile perché mina i fondamenti della democrazia. Nessun
governo, di qualsiasi maggioranza, può mettere mano ai delicati
equilibri di autogoverno dei giudici, e tanto più se questo viene
da personaggi pubblici coinvolti
in vicende giudiziarie. Un tempo, non forse più felice, ma certo
più dignitoso e più sano, un sospetto etico 0 uno scandalo pubblico determinava le dimissioni
di un personaggio politico: oggi
chi si siede su una poltrona se la
porta incollata sul didietro fìnché morte non lo separi. E approfitta anzi della propria visibilità e potere per «esternare» ogni
tipo di personali esigenze.
Noi evangelici, che abbiamo
una tradizione laica di funzionamento democratico, fatto di
pesi e contrappesi, di cariche «a
tempo» e di turnazioni, di ordinamenti intransigentemente repubblicani, non possiamo non
sentirci sgomenti davanti a tanta assenza di etica pubblica e civile. In diversi «appuntamenti
della storia» i nostri maggiori si
sono spesi per i valori della democrazia, hanno lottato, oltre
che per la sopravvivenza della
fede, per la libertà e la giustizia
di tutti. Noi rispettiamo le nostre autorità, onoriamo i magistrati, ma esercitiamo la vigilanza democratica, poiché sappiamo che ogni autorità è sottoposta alle norme dell’etica e al
giudizio di Dio.
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino, tei. 011/655278- lax
011/657542 e-mail: redazione.torino@riforma.il;
REDAZIONE NAPOLI:
Via Forra, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185
fax 081/291175, e-mail: redazione.napoli@riforma.lt;
REDAZIONE PINEROLO:
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerok), tei. 0121/371238
fax 0121/323831, e-mail; edipro@tpellice.l1
DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna
Maffei. IN REDAZIONE: Alberto CorsanI, Marta D’Aurla, ¡Massimo Gnone, Jean-Jacques Peyronel, Davide Rosso, Plenraldo Rostan (coordinatore de L’eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecctii, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio Gardiol, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Camnelina Maurizio, Luca Negro, Luisa
Nitti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto, Giuseppe Platone, Giovanna Pons,
Gian Paolo Ricco, Fulvio Ròcco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE: Stello Armand-Flugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
ABBONAMENTI sul c.c.p. n. 14548101 - intestato: Edizioni Protestanti (vedi sopra)
«al/a ordinario: L. 110.000; ridotto; L. 85.000; semestrale: L. 58.000;
usua Li/ sostenitore; L. 200.000.
Pelerò ordinario: L. 175 000; v. aerea: L. 200.000; semestrale: L. 90.000;
^ sostenitore: L 250 000.
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x38 mm, Riforma ■ 37x45 mm, L'Eco delle
valli valdesi) £ 30.000. Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L'Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 45 del 23 novembre 2001 è stato spedito dall'Ufficio
CMP Nord di Torino, via Cebrosa 5. mercoledì 21 novembre 2001.
2001
Auociato alla
Unione stampa
periodica Italiana
- E il famoso vaccino? Siamo ancora lontani?
«Siamo lontani, direi. È difficile quantificare in termini
di tempo. Quindici-vent’anni
fa si pensava che sarebbero
arrivati prima i vaccini dei
farmaci perché nelle malattie
virali è sempre andatá così,
invece in questo caso è stato
diverso, anche per la complessità di questo virus, la sua
localizzazione intracellulare,
la sua integrazione nel materiale genetico delle cellule
umane, il fatto che intacca il
sistema immunitario. Insomma, esistono molte variabili
per cui la strada del vaccino
si è dimostrata molto più
lunga del previsto».
- La malattia in Italia è in
crescita?
«La diffusione deU’infezione non è esattamente quantificabile perché non esiste
notifica del paziente fino a
quando questo non si rivolge
alla struttura sanitaria. Mi
pare, comunque, che la diffusione si sia stabilizzata, mentre i casi gravi sono proporzionalmente minori in virtù
delle terapie».
- Però si continua a morire
di Aids anche in Italia.
«Sì, ma si tratta dei casi che
si rivolgono alle strutture sanitarie molto tardi, molto
tempo dopo la comparsa dei
primi sintomi dell’infezione.
Sarebbe bastato fare il test
per tempo e la situazione sarebbe stata completamente
diversa».
- Per quanto riguarda la
prevenzione, a suo parere si fa
abbastanza in Italia?
«I mezzi di comunicazione
danno un’attenzione irregolare su questa malattia. Nell’ambito degli addetti ai lavori, l’attenzione è costante e si
cerca di dare l’informazione
massima e la più chiara possibile, anche ai medici che
non si occupano di malattie
infettive, proprio per migliorare la prevenzione. A volte,
bisogna dire, ci sono degli allarmi non proprio giustificati
nell’opinione pubblica, tanto
che qualche volta qualcuno
vorrebbe usare degli strumenti di diagnosi e archiviazione dei dati non proprio
corretti eticamente».
- Un tempo sembrava che
la comunità omosessuale fosse quella più colpita...
«In Italia non è mai stato
così. I più colpiti sono sempre stati i tossicodipendenti.
Oggi poi aumenta la diffusione tra gli eterosessuali».
- Le vie di propagazione
maggiore continuano a essere
quella derivante dalla tossicodipendenza e quella per via
sessuale?
«Sì, dato che la terza via.
Questa domenica rispondiamo alla lettera di un’
ascoltatrice che ci chiede:
«Vorrei sentire il vostro parere sulla donazione degli organi e in particolare sulla legge
attuale che praticamente ci
rende tutti donatori, cosa che
io reputo una violenza alla
persona». Questa domanda ci
conduce su un terreno delicato in cui le speranze degli uni
spesso si incrociano con i timori degli altri. Un trapianto
per molte persone significa
poter continuare a vivere; per
loro è dunque speranza, che
però spesso si scontra con il
timore di chi, potenziale donatore, teme che il proprio
corpo possa essere usato come un oggetto di cui si può
disporre a piacimento. L’attuale legge sulla donazione
degli organi ha rafforzato
questi dubbi in molte persone, tra cui anche la nostra
ascoltatrice, perché introduce
l’idea del silenzio-assenso: nel
Thailandia; ceneri di morti per Aids, di cui i parenti non hanno mai
chiesto notizie
quella relativa alle trasfusioni
di sangue e degli emoderivati, è stata bloccata».
-1 bambini in Italia continuano a essere colpiti da questa malattia?
«Molto, molto meno. Ed è
un frutto della profilassi nel
corso della gravidanza».
- Recentemente, il Sud Africa ha vinto un processo contro le multinazionali del farmaco per poter produrre medicine senza pagare gli altissimi diritti alle case farmaceutiche che detengono i brevetti.
E anche due settimane fa, il
vertice dell’Organizzazione
mondiale del commercio
(Wto) tenutosi nel Qatar, ha
confermato questa possibilità
per i paesi poveri...
«Sì, è un fatto molto importante, perché la malattia va
curata e combattuta in tutto
il mondo, anche per avere
meno conseguenze da noi, e
l’alto costo dei farmaci è indubbiamente un ostacolo.
Oggi, curare un malato di
Aids in Italia costa sui 30 milioni l’anno. Se si interverrà
massicciamente in tutto il
mondo anche solo con i farmaci, e anche con quelli nuota che bisognerà produrre, io
sono ottimista sulla possibilità di contenere nettamente
questa malattia».
Eugenio Bernardini
«Raccolta degli spiccioli»
per l'Afghanistan
Con l’arrivo dell’euro abbandoneremo la nostra moneta
nazionale, la lira. Nei mesi di gennaio e febbraio le nostre
banconote e i nostri spiccioli saranno progressivamente
cambiati ogni qualvolta acquisteremo qualcosa perché, dal
1“ marzo, non varranno più nulla, ma probabilmente qualche monetina ci rimarrà ancora da qualche parte. È possibile che lo stesso a-wenga per qualche moneta straniera di
paesi che partecipano.al processo di unificazione dell’euro,
un avanzo di un qualche nostro viaggio che pensavamo di
utilizzare un’altra volta.
Il 4° circuito delle chiese valdesi e metodiste propone di
raccogliere questi spiccioli (e anche qualche banconota, se
si vuole) per un fine comune,
un progetto di aiuto umanitario per l’Afghanistan sostenuto dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Proponiamo di ritagliare il riquadro qui sotto, incollarlo
su una scatola e raccogliere così gli spiccioli. I cassieri delle
chiese locali potrebbero poi inviarli alla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia (Fcei, ccp 38016002, causale
«Raccolta degli spiccioli per l’Afghanistan»).
Sappiamo che anche altri organismi stanno predisponendo una simile iniziativa, ma noi confidiamo che
nell’ambiente evangelico (anche allargato) sarà possibile
cogliere questa occasione per un piccolo gesto di solidarietà. Ci auguriamo che questa iniziativa sia sostenuta e
promossa da tutti secondo le modalità che ciascuno troverà più conveniente.
Su Riforma daremo ancora notizia di questa iniziativa e
poi, ovviamente, del suo risultato.
Raccolta
degli spiccioli
Per un progetto di aiuto umanitario per l’Afghanistan sostenuto dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia
A\unire
L'America e i protestanti
In un editoriale del 13 dq.
vembre Maurizio Blondel
descrive la prova a cui sono
sottoposti gli Usa con l’inci.
dente dell’Airbus 300 sul
quartiere di Queens: «Nei
testi dei Padri Fondatoriscrive -, gli Stati Uniti sono
spesso chiamati “this niost
privileged nation”, questa
nazione massimamente pri.
vilegiata. È un’eco biblicaduri protestanti, i fondatoti
leggevano l’Antico Testamento e vi trovavano la certezza di guidare una nazione eletta. Anch’essa aveva
avuto il suo esodo dall’Europa, il suo Egitto dominato
da faraoni che opprimevano le libere fedi; anch’essi
giunti a una terra naturalmente ricca, data loro da
Dio; sterminati gli Amorrei
pellerossa, vi avevano instaurato un ordine duramente giusto. In queste ore
di lutto di nuovo rinnovato,
follemente accanito, l'America conosce l’altro senso
dell’elezione, già sperimentato dagli ebrei suo modello. Il calice amaro, la sferza,
le tenebre». E in conclusione: «... il Vecchio è uno, che
dice di sé: “Io sono un Dio
geloso”. L’America (...) lo sa,
lo sapevano i Fondatori (...).
Le prime parole di Rudolph
Giuliani (...) supereremo
anche questa prova”. La
prova, parola biblica».
laRepubUka
Protestanti e talebani
Bernardo Valli commenta (19 novembre) il crollo
del regime talebano (e gli
annunciati suicidi fra i talebani stessi) con le parole di
Mohamed Arkoun, professore di Storia del pensiero
islamico alla Sorbona. «Dice il prof. Arkoun - scrive che l’Islam è teologicamente protestante e politicamente cattolico. Vale a dire
che il musulmano è teologicamente abilitato dalle
origini al libero esame delle
Sacre Scritture, rivendicato
nel cristianesimo da Lutero
soltanto nel Sedicesimo secolo; ma che i poteri temporali hanno compiuto un
colpo di mano teologico dirottando la libertà spirituale dei musulmani. L’Islam
sarebbe insomma prigioniero della politica, sarebbe vittima delle più o meno
rigide interpretazioni jm'
poste dai vari governi in
epoche diverse».
La donazione degli
po aver ricevuto informazioni
e sollecitazioni, non abbia
maturato ed espresso alcun
convincimento, solo
caso si applica il principio de
silenzio-assenso. ,.
Questo è il modo in cui
..Al
LUCA BARATTO
caso in cui una persona non
abbia espresso la propria volontà, ella viene implicitamente considerata donatrice.
Qui mi sento però di rassicurare l’amica che ci ha scritto, perché i timori riguardo
alla legge sono piuttosto il
frutto di un fraintendimento
del suo spirito e anche della
sua lettera. La legge, infatti,
non mira a trasformare tutti
in donatori, ma il suo scopo è
far sì che ogni persona (rispetto a una questione che
per molti è di vita o di morte) possa esprimere il proprio
libero, informato e sempre
modificabile convincimento
riguardo alla donazione degli
organi. Secondo la legge, infatti, le Asl avranno il compito
di notificare a ogni singolo
cittadino la richiesta, accompagnata da una adeguata
informazione, di dichiarare la
propria volontà. Chi avendo
ricevuto la notifica non si fos
se espresso, verrà contattato
periodicamente per verificare
se nel frattempo ha maturato
un’opinione. Solo nel caso in
cui una persona, nell’arco
dell’intera sua esistenza, do
legge funzionerà in futuro,
momento essa non è
applicabile perché le Asl no
sono ancora in grado di no
ficare a ogni singolo cittadino
l’informativa necessaria. D
però basta con le leggi! Vor^
terminare con una pat°* ,|
favore della donazione deg
organi: nell’etica cristian^
quella del dono è una nttd
sione preponderante ed e
si applica e si esprime an
per quel che riguarda P .•
prio corpo. Scegliere di o
ventare un donatore
promuovere un’etica e
cultura del dono.
(Rubrica «Un fatto, un
mento» della trasmissione udiouno «Culto evangelico»
VENI
Fcei di domenica 25 novem
ibre)
m
lit
pei
liz;
eh'
loi
liti
no
ter
re;
pn
e s
d’3
ha
chi
ani
coi
su:
eti
to
re
pe
an
mi
mi
tif
pn
Pr
ni
Pii
mi
lie
m
co
ni
rei
da
pa
pr
hi
de
mi
de
n(
fai
ce
la
sp
se
m
ne
eli
ne
«Il
va
ne
de
ta
m
pi
qi
m
to
pi
bl
te
rii
se
lo
in
lo
tr
11
2001
ioni
ibia
cun
luel
del
li la
).A1
:ora
non
otilino
Ora
irrei
la a
egli
ana
len>ssa
che
irodifica
jna
5171
Ra
30 NOVEMBRE 200.1
PAG. Il RIFORMA
W Occuperà il terzo piano di Villa Olanda
Una nuova foresteria
Adesso è ufficiale: la realizzazione del «terzo piano» di Villa
Olanda è stata finanziata dalla Regione Piemonte, anzi è al primo posto in una graduatoria che comprende tutti i progetti
presentati dalle Comunità montane piemontesi per poter attingere a mutui dalla Cassa depositi e prestiti senza averne degli oneri. 11 progetto presentato dalla Comunità montana vai
Pellice «vale» poco meno di 700 milioni. La realizzazione di
una foresteria al terzo piano di Villa Olanda era considerata
strategica per poter dare alla struttura spazi ricettivi e di conseguenza fonti di reddito. Non risultano invece finanziati né la
sostituzione della funivia biposto Malzat Pian Alpet a Prali né
il progetto della Pedemontana contro gli incendi boschivi.
Nelle chiese valdesi del 1 distretto
Ecco la stagione dei bazar
Con l’approssimarsi del mese di dicembre ecco apparire
all’orizzonte i primi bazar nelle chiese valdesi delle valli. Da
mesi decine di signore delle Unioni femminili sono all’opera
per preparare tovaglie, maglie, oggetti dipinti, prodotti insomma che possano incontrare l’interesse dei visitatori alla ricerca
di doni natalizi. Settimane, mesi di lavoro, per sostenere l’opera della chiesa o più in specifico qualche progetto. Così il 2 dicembre ci sarà il bazar della Chiesa valdese di Luserna San Giovanni, dalle 11 alle 17; lo stesso giorno, a partire dalle 15 alla foresteria di Villar Perosa; fin dal mattino bazar a Bobbio Pellice,
nel pomeriggio la Foresteria di Torre Pellice ospita il bazar delle Missioni, l’8 dicembre ci sarà il bazar a Pinerolo.
Riforma
V'
) <1 <1
/ yi
i T F
i
I Fondato nel 1848
f;'
A colloquio con Marco Priotto, presidente deH'Assodazione castanicoltori della vai Pellice
Prodotti doc: è l'ora della castagna?
Accanto alla «mustardela» e al «sarass del fen» anche il frutto autunnale potrebbe ambire
a un riconoscimento della propria qualità, rispondendo così a uno domanda sempre più esigente
massimo gnone
IL ritorno alla terra passa attraverso la valorizzazione dei prodotti locali nonostante, o proprio
per farvi fronte, la globalizzazione dei mercati,
che sembra trascinare
lontano interessi e appetiti degli operatori economici. L’inversione di
tendenza c’è e si fa sentire: proliferano i piccoli
produttori, il «tipico» tira
e si vende, cresce il giro
d’affari delle imprese che
hanno investito, profetiche, nel biologico. Siamo
ancora ben lontani da un
commercio e da un consumo consapevolmente
etici eppure, se da un lato cresce l’interesse (a dire il vero non così nuovo)
per il mercato «locale»,
anche quello «globale»
ma garantito prende forma e consistenza. Si moltiplicano le botteghe di
prodotti equosolidali (di
prossima apertura un
nuovo punto vendita a
Pinerolo) e nascono i primi gruppi d’acquisto solidale, i cosiddetti Gas:
un insieme spontaneo di
consumatori che si organizza e va a comprare direttamente «in fattoria»,
dal produttore, saltando
passaggi che incidono su
prezzo e qualità.
Intendiamoci: mosche
bianche a parte, il modello «Le gru», il turismo
mordi e fuggi (abbuffandosi, senza gustare cibi
ne relazioni umane), il
tasi food, il «pasto veloce» (ma anche il fast reinx, il fast hobby e il fast
®Port), sono tutt’altro che
scomparsi dalla scena,
ma non si può ignorare,
ne parla con rispetto an^he il maggiore quotidia0 economico italiano,
«li sole 24 ore», il farsi a®nti di un senso comune più consapevole, non
mio standard «disinfetato» ma convinto dal
archio di qualità e di
provenienza, da «colori e
di un tempo,
Hneih almeno apparentemente genuini.
tori *?Prese e i produtfmneati quando è
P ssibile dall’ente pubr-p ?i adeguano. Sono
enti le valorizzazioni,
di mustardela e
lorar® u®' prodotti
* '^he abbiamo visto
èrtegli stand del Sa* del gusto. Non cen
trano il
segno, per ragio
ni differenti (non ultima
l’agguerrita e quotata
concorrenza), i tentativi
fatti dal Pinerolese nel
settore vinicolo. Molto si
può fare nel comparto
lattiero-caseario, quando
si risolveranno i problemi della Latteria sociale
e delle cooperative di
raccolta. Un colpo lo batte un settore considerato, forse ingiustamente,
debole: l’agricoltura di
montagna, in particolare
la castanicoltura, ha visto quest’anno la nascita
di un soggetto compietamente nuovo a livello pinerolese.
L’Associazione castanicoltori della vai Pellice è
stata fondata a settembre
e adesso è tempo di un
primo bilancio. Lo facciamo con il presidente.
Marco Priotto, di Bibiana: «L’esperienza è positiva, i soci fondatori sono
stati una decina e dopo
qualche mese siamo arrivati a 18 operatori di Bibiana, Luserna, Torre e
Villar Pellice - dice Priotto -. L’idea era nata qualche anno or sono, anche
su ispirazione deH’Associazione di produttori
della vai Susa, ma poi
non era stata messa in
pratica. Grazie al settore
agricoltura della Comunità montana vai Pellice
e con il contributo dei
Comuni di Villar e Rorà,
siamo riusciti in fretta e
furia a far partire l’associazione e quindi presen
tare il nostro prodotto sul
mercato, con un’etichetta che possa contraddistinguere la merce». A
conti fatti, i risultati ci sono stati? «Sì, siamo soddisfatti - si rallegra Priotto - perché rispetto agli
anni passati, quando il
rapporto era fra grossista
e singolo produttore, siamo riusciti a spuntare
prezzi migliori».
La ricetta sta nella qualità (ottima, anche secondo studi fatti dall’Università di Torino), ma anche
nella presentazione del
prodotto: piccole confezioni, distinte per tipo e
grandezza di castagna, da
vendere direttamente nei
mercati. E l’Associazione
si è già fatta vedere alla
Fiera del marrone di Cuneo e in mercati e fiere
locali. I castagni coinvolti
sono circa 350 e, continua Priotto, «bisogna recuperare le piante malate
o rovinate, con reimpianti e potature: quest’ultima un’operazione già iniziata su un centinaio di
castagni». Nella stagione
«morta» l’Associazione si
renderà promotrice della
pubblicazione di un atlante delle varietà di castagne della valle. «11 nostro obiettivo - spiega
Priotto - è arrivare a un
marchio che certifichi
qualità e provenienza; ci
stiamo lavorando con i
tecnici della Comunità
montana, ma i tempi non
saranno brevi».
Richiesta pinerolese in Regione
Patti territoriali
serve una spinta
In occasione di un incontro tenutosi venerdì
23 novembre in Regione
sui Patti territoriali, a cui
hanno partecipato tra gli
altri il presidente regionale Enzo Ghigo e quello
della Provincia, Mercedes Bresso, i rappresentanti del Comune di Pinerolo, che è capofila dei
Patti territoriali del Pinerolese hanno fatto presente a Ghigo l’esigenza
di una spinta politica nei
riguardi dei patti territoriali, fermi in attesa dei
finanziamenti. In proposito Ghigo ha dato garanzie di aver già sollecitato
la «pratica» a Roma, senza però aver ancora ricevuto una risposta.
Nel corso dell’incontro
di venerdì si è fatto il
punto della situazione ed
è stata presa la decisione
di sospendere momentaneamente dall’istruttoria
per i Patti i progetti sull’agricoltura per permettere ai tecnici alcune ulteriori verifiche sulle domande arrivate, che inizialmente erano numerosissime e che già in fase preliminare sono state
ridotte notevolmente e
capire quindi come procedere. Tra l’altro per
quanto riguarda l’agricoltura il Comune di Pinerolo attende 9,5 miliardi per le agevolazioni
e 23 per gli investimenti.
Per quel che riguarda
le altre progettazioni,
cioè quelle previste per le
imprese e le infrastrut
ture, per ora sono stati
confermati i fondi previsti fino a questo punto,
cosa confermata anche
dai tecnici della Provincia che recentemente
hanno incontrato, sempre a Roma, i dirigenti
del ministero delle Attività produttive che hanno ora competenza in
materia di Patti territoriali, dopo il passaggio
dal ministero del Tesoro.
La questione a questo
punto sta però nel capire
quando arriveranno questi fondi e quindi potranno partire i lavori, che
nelle speranze degli amministratori locali e della
Provincia dovrebbero
dare nuovo slancio all’economia del territorio
pinerolese.
ICONTRAPPUNTOI
LA BUONA TERRA
CHE NON SI VENDE
PIERVAIDO ROSTAN
Un fenomeno
recente è la
domanda di
terreni in affitto
da coltivare
La buona terra. Era quella che, coltivata, dava alla
famiglia agricola di un tempo buona parte del proprio
sostentamento; è quella che
nel corso dei secoli è stata
faticosamente strappata alla montagna realizzando
quelle meraviglie di opere
ingegneristiche chiamate
muretti a secco. È quella
che vedeva, fino a pochi decenni or sono,
uomini e donne raccogliere
pochi ciuffi d’
erba lungo i
canaloni, fra le
rocce, per avere un po’ di foraggio per gli
animali.
Era una terra non sempre così fertile e
ricca, tant’è che qui come
altrove l’avanzare dell’industrializzazione ha portato al progressivo abbandono. Ma era la «buona terra» perché in queste valli,
per secoli e senza esclusione di colpi, quella terra è
stata individuata come «la
terra», la terra promessa
che Alexis Muston chiamò
«Israël des Alpes». Non era
soltanto quindi la terra che
ti dava da mangiare, che ti
consentiva di far crescere i
figli, di avere una casa (e
una scuola), un mondo di
relazioni; era la terra legata
alla propria fede. La terra
che vide i massacri, da cui
si dovette fii^ire e su cui si
ritornò; e sui cui non solo
si costruirono le case ma su
cui si piantarono i castagni
e che si modellò affinché
fosse coltivabile.
Questo fino a un certo
periodo. Qualcuno dirà certo di un «buon tempo antico», altri sottolineeranno le
fatiche estreme a cui andarono incontro. Poi venne il
tempo del progressivo abbandono. E c’è stato chi ha
venduto (o svenduto) case
e terreni: senza più prospettiva di ritorno, senza
più voglia di continuare,
senza più interesse per
un’attività agricola ritenuta assolutamente marginale. C’è stato, se possibile,
un ulteriore frazionamento
di terreni e proprietà; eredità fra figli e nipoti hanno
contribuito a parcellizzare
ancor di più terreni che già
erano storicamente assai
frazionati. Così case e terreni, in molte località delle
valli sono stati venduti, a
partire dagli Anni ’60-70, a
chi cercava una seconda casa in campagna, senza badare a chi avrebbe comprato (pecunia non olet) ma
semplicemente al proprio
tornaconto.
E così si è trovato chi con
una sua personale visione
della montagna ha installato qua e là i famosi «nani»,
ha riproposto qui, dove legno e pietra dominavano
l’architettura, ferro e plastica. Si è, si potrebbe dire
«spersonalizzato» un paesaggio alpi
no, allontanandolo dalla
propria storia. Certo non
sempre e non
dovunque;
ma ci sono
voluti decenni per arrivare a normare,
con i piani re"***"™^ golatori, il recupero delle baite. E come
spesso accade ciò è stato
fatto in modo burocratico e
fortemente vincolistico. Ma
la terra? Proprio in questi
ultimi anni si assiste a un
fenomeno nuovo, alla richiesta di terra, anche in
montagna, per coltivarla.
Certo i casi non sono centinaia ma l’impressione, o
meglio i fatti noti, indicano
come si affaccino alla ribalta dei giovani che associano passione alla voglia di
«inventarsi» un lavoro magari su quei terrazzamenti
che sembravano abbandonati per sempre. Ma non è
facile trovare della terra da
coltivare, né in acquisto né
in affìtto, malgrado che in
certi casi basti la scomparsa di un agricoltore anziano a decretare la fine di
qualche ettaro di terra.
E allora perché se un giovane cerca del terreno per
avviare un’attività agricola
fatica a trovarne di disponibile? Per poter comprare
bisogna trovare la persona
disposta a vendere; ci si
sente dire: «Non vendo la
terra per la quale i miei padri hanno lottato»; sacrosanto senso di appartenenza; peccato però che in molti casi quella terra sia stata
da anni abbandonata a se
stessa, con buona pace degli antenati e della loro storia. Ancora più complesso
il tentativo di affittare: «I
terrazzi vengono invasi dai
rovi però se affitto, nel caso
un giorno volessi vendere,
non avrei la disponibilità
dei miei beni»: è questo un
altro caso. Comprensibile,
certo, perché con l’affitto si
perde un po’ della proprietà. Ma anche questa è
una degenerazione: la buona terra, abbandonata e minacciata dai rovi non può
ancora essere venduta.
12
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle Valli ì^ldesi
venerdì 30 novembre
FESTA CURDA PER IL SOCIAL FORUM — 200 persone sono accorse all’invito del Pinerolese Social
Forum per una cena che si è tenuta nei locali
della Pro Loco di Garzigliana. Piatti curdi e informazioni di prima mano sulla difficile situazione
della regione del Kurdistan hanno arricchito la
serata, che si è conclusa con una festa danzante.
Intanto continuano le iniziative contro la guerra
in Afghanistan; l’appuntamento con il presidio,
organizzato dal Val Pellice Social Forum, è per il
giovedì, dalle 17 alle 19 in piazza Partigiani a Lu
sema San Giovanni. Si raccolgono fondi (e lo
stesso si fa presso il circolo Stranamore di Pinerolo) a favore di Emergency.
AGESS: CORSI DI PATTINAGGIO — L’Agess organizza dei corsi di avviamento al pattinaggio artistico e all’hockey in collaborazione con il 3S e
l’Hc Valpellice. Già iniziati a Pinerolo, a Torre
Pellice i corsi inizieranno il 1“ dicembre (le pre
notazioni si ricevono direttamente allo stadio
del ghiaccio nel tardo pomeriggio o al sabato
mattina e si articoleranno in dieci lezioni; costo
100.000 lire). A Torre si svolgeranno anche dei
corsi di avviamento al pattinaggio sia per bambini che per adulti sulla base di otto lezioni per
corso. In tutti i casi le iscrizioni si ricevono alle
biglietterie dei due impianti.
CORSO DI APICOLTURA — La Comunità montana
Pinerolese pedemontano organizza un corso di
apicoltura in collaborazione con l’associazione
Aspromiele. il corso prevede quattro incontri, il
29 novembre, il 3, 6 e 13 dicembre, alle ore 21
nella sede della Comunità montana in via del
Duomo 42 a Pinerolo. È prevista una quota di
iscrizione di 20.000 lire da versarsi la sera della
prima lezione. Informazioni allo 0121-77246.
MENSA BIOLOGICA A TORRE PELLICE — Il Comune di Torre Pellice ha deciso di utilizzare cibi
biologici nella mensa scolastica; in particolare
sono stati avviati contatti con le aziende agricole
biologiche della valle in vista di possibili forniture di frutta e verdura. La scelta dovrebbe avviarsi
concretamente con i primi mesi del 2002.
LA NUOVA TREMONTI — Forza Italia promuove un
convegno domenica 2 dicembre, alle 10, all’auditorium di corso Piave a Pinerolo, sulle prospettive di sviluppo delle imprese e dell’occupazione
dopo l’approvazione della cosiddetta nuova legge Tremonti. All’incontro parteciperanno i parlamentari Malan e Napoli, il consigliere regionale Bolla, l’assessore regionale Pichetto Fratin e il
sottosegretario Armosino.
OCCITANO LINGUA OLIMPICA? — Su proposta
della «Chambra d’Oc» numerose amministrazioni delle nostre valli stanno chiedendo che Toccitano sia inserito fra le lingue ufficiali dei prossimi giochi olimpici di Torino 2006 in quanto parlata diffusa su tutta l’area alpina che ospiterà le
olimpiadi invernali piemontesi.
IL WWF INFORMA — La sezione del Wwf di Pinerolo, assieme ad altre associazioni e grazie alla
partecipazione di soci e volontari, ha impedito
che la frazione del Grand Puy di Pragelato fosse
soggetta a uno sviluppo edilizio che avrebbe rovinato il territorio sia da un punto di vista idrogelogico che ambientale, ha aiutato il Parco del
Po nel rinnovare la segnaletica che delimita il
parco nella zona di Pian del Re per evitare la
caccia e il bracconaggio all’interno di zone protette, ha portato a compimento la creazione di
un’oasi naturale a Villafranca, dedicata alla memoria di David Bertrand, il giovane Aib morto
nel tentativo di spegnere un incendio.
KALENDAMAIA: CORSO DI OCCITANO — L’associazione culturale Kalendamaia organizza un
corso di introduzione alla lingue alla cultura occitana dal titolo «L’occitan çô qu’l es». 11 corso
prenderà avvio il 14 dicembre e si svolgerà il venerdì sera alle 20,30 alle scuole elementari di Luserna San Giovanni capoluogo. Insegnante del
corso sarà Franco Bronzât, ricercatore culturale
della vai Chisone che porterà il pubblico ad affrontare la lingua occitana nella variante della
vai Pellice; Sono previste in totale 11 serate con
un costo di 50.000 per il materiale didattico.
Iscrizioni ai numeri 0121-901397 o 0121-933120.
TORRE PELLICE: SI PENSA DI DEDICARE LA SALA
DELL’EX GOR A PIERO GOBETTI — Sala Piero
Gobetti. Potrebbe essere questo il nome della
nuova sala comunale ricavata nei locali recentemente ristrutturati della Mazzonis (ex Gor) a
Torre Pellice. La proposta arriva dell’assessore
alla cultura, Anna Bertolè. «Quest’anno - spiega
la Bertolè - si ricorda la figura di Piero Gobetti a
cent’anni dalla nascita così mi è venuto in mente che proprio a Gobetti potrebbe essere intitolata la nuova sala». Ci sarà tempo comunque per
pensarci visto che la nuova struttura aprirà i battenti non prima della primavera prossima.
Che cos'è r«Ambito territoriale ottimale»
La gestione delle acque
Uno specifico piano dovrà prevedere le opere necessarie
nel futuro valutandone inoltre possibili costi di esercizio
PIERVALDO ROSTAN
QUANDO venne approvata la cosiddetta «Legge Galli» in materia di gestione del ciclo
integrato delle acque, da
molte parti e soprattutto
dai piccoli Comuni montani si alzarono forti le
proteste dei sindaci. La
nuova legge, con dei concetti poi ribaditi anche
dalla legge regionale di
applicazione, con la sua
previsione di un unico
grande ambito e un unico
soggetto gestore, lasciava
intravedere dei grossi
problemi per le piccole
realtà montane. In sostanza, dicevano allora
molte amministrazioni
locali, «ci portano via 1’
acqua!»; alle prese con
storici problemi di bilancio, i piccoli Comuni rischiavano di essere defraudati anche dell’acqua: «Noi garantiamo la
qualità dell’acqua che
parte dalle nostre montagne, con il nuovo gestore
non avremo più alcuna
possibilità di dire la nostra e ci imporranno tariffe elevatissime». Queste
alcune preoccupazioni, a
cui si aggiungevano quelle dei gestori, soggetti
medio piccoli e dunque
«a rischio» di scomparsa.
Sono passati alcuni anni e da circa un anno è
entrato il funzione, per
quanto riguarda l’area torinese, l’Ato 3 (Ambito
territoriale ottimale) che
coiiicide con la provincia
di Torino. Per ora la gestione del ciclo integrato
delle acque (acquedotti,
ma anche collettori fognari e depurazione) è
continuata secondo i
meccanismi precedenti,
ma nel giro del prossimo
anno dovrebbe andare a
Impianti di depurazione
regime la nuova forma
gestionale. Intanto l’Ato
sta per avere il suo «Piano d’ambito», documento base della propria azione, a partire da una
serie di verifiche e studi
propedeutici condotti
dalla Regione. 11 piano
d’ambito dovrà evidenziare la situazione delle
opere esistenti, le opere
da realizzare in prospettiva, sul piano sovracomunale e successivamente nello stretto ambito locale; il piano dovrà
ancora evidenziare i costi
di gestione, prendere atto
dei costi delle opere in
fase di realizzazione oppure gravate da mutui
contatti dai singoli Comuni, prevedere l’ammortamento e quella cifra, alle comunità montane, che dovrà essere stabilita dall’assemblea dell’
Ato secondo la legge.
Stante le proteste delle
amministrazioni locali
infatti, la legge regionale
stabilisce che almeno il
3% del fatturato debba
essere versato alle Comunità montane per interventi di tutela del territorio. Ma cosa significa
ciò in termini di soldi?
Attualmente in tutto il
territorio della provincia
Manifestazione a Pinerolo
studenti in piazza
Contro la nuova Finanziaria e le proposte del
ministro Moratti, contro
la guerra e l’intervento
militare in Afghanistan.
Venerdì 23 novembre anche gli studenti medi delle scuole superiori di Pinerolo sono scesi in piazza per gridare il proprio
no alle proposte del governo in materia di parità
scolastica e privatizzazione. Un corteo allegro e
rumoroso di qualche centinaio di ragazzi che cantando e ballando si è fermato in corso Torino per
una performance teatrale
contro la guerra organizzata dal Pinerolese Social
Forum, per poi proseguire lungo via Buniva e via
Saluzzo fino al municipio. Nel corso della manifestazione alcuni ragazzi
hanno appeso degli stracci bianchi per la pace in
Afghanistan, riprendendo
l’appello di Emergency.
«La scuola pubblica
non deve morire sotto i
colpi della Finanziaria»,
«Siamo contro il codice
deontologico degli insegnanti e la commissione
presieduta da Ruini», per
una «scuola libera e laica»; queste tra le principali rivendicazioni dei
ragazzi. Alcuni di loro si
lamentano per la modesta partecipazione al
corteo, altri fanno il bilancio dell’autogestione
di giovedì 22: «La giornata di ieri è stata un successo - racconta uno
studente del liceo scientifico "Marie Curie” -:
per l’autogestione ci siamo divisi in gruppi, nel
mio ho relazionato sulla
proposta di legge del ministro Moratti, e subito è
iniziata la discussione».
Un momento della manifestazione
di Torino si raggiunge un
fatturato pari a 250 milioni di metri cubi d’acqua; le tariffe sono le più
diverse, ma se si dovesse
arrivare a un costo (è soltanto un’ipotesi, ma verosimile e più bassa di
molte altre zone d’Italia)
di 1.500 lire al metro cubo, si avrebbe un fatturato di tutto rispetto e tale
da consentire tutti gli investimenti ritenuti utili
sul territorio, in termini
di reti e di strutture. Tutto bene dunque? Nessun
problema? Non proprio.
Anzitutto le zone montane hanno mille realtà;
si va dalla gestione Acea
a quella Acque potabili,
da quella comunale ai
piccoli acquedotti rurali
dove la stessa rete di raccolta e distribuzione acqua è stata spesso realizzata dagli stessi utilizzatori. E che dire delle fognature, in molti casi
inesistenti e al massimo
realizzabili tramite l’installazione di fosse Himof indipendenti? Occorrerà una forte azione
politica affinché i territori montani abbiano il loro giusto ritorno e per fare in modo che le piccole
realtà che hanno fin qui
ben funzionato vengano
salvaguardate o almeno
non penalizzate. È altresì
vero che dovendo gestire
nel suo complesso il ciclo dell’acqua nessun
singolo comune sarebbe
in grado di farlo sia tecnicamente sia soprattutto sotto il profilo dell’impegno economico; in
questo senso la presenza
nell’Ato 3 di Torino e della cintura garantirà quel
necessario afflusso di risorse economiche derivante dalla fatturazione
alle singole utenze.
ìBì Mense degli ospedali valdesi
Chieste garanzie
per i dipendenti
In un recente comunicato congiunto le organizzazioni sindacali Cgil,
Cisl e Rdb si sono espresse sull’appalto del Servizio cucina che prossimamente dovrebbe diventare unico per gli ospedali
valdesi delle 'Valli e per
l’Asilo di San Germano. 11
servizio, nelle intenzioni
deU’amministrazione degli ospedali, verrebbe affidato a un’azienda esterna che dovrebbe usufruire, oltre che del proprio
personale, anche in modo funzionale di dipendenti Ciov e Asilo di San
Germano che attualmente sono occupati nelle cucine e che continuerebbero a essere dipendenti
degli istituti valdesi.
Nel comunicato, concordato in una riunione
tenutasi il 7 novembre, i
sindacati ribadiscono innanzitutto che a loro giudizio «la pratica dell’esternalizzazione con l’appalto al massimo ribasso,
contribuisce a determinare condizioni lavorative incompatibili con il
massimo della qualità dei
servizi e mette fortemente a rischio la tutela dei
diritti dei lavoratori».
Quindi fanno un elenco
di punti per loro irrinunciabili: «Riunioni di servizio che illustrino al personale interessato le proposte dell’amministrazione;
censimento dei posti vacanti nella dotazione organica per valutare la
possibilità di ricollocazione del personale e che al
personale della cucina sia
garantita la precedenza
nelle collocazioni sui posti che si rendessero disponibili in futuro; che
vengano concordate con
gli operatori e con le organizzazioni sindacali gli
organici necessari in ogni
sede di lavoro; che ogni
s Acquedotto di San Germano
Ora tocca all'Acca
DAVIDE ROSSO
LT ACQUEDOTTO di
San Germano potrebbe, entro breve tempo, passare in gestione al
consorzio Acea; almeno
questo sembra essere
sempre più l’indirizzo
che l’amministrazione
sangermanese vorrebbe
perseguire. Venerdì 23
novembre il sindaco ha
espresso al Consiglio comunale le sue preoccupazioni relativamente alla rete idrica del paese
sollevando la questione
di un eventuale passaggio del servizio di fornitura dell’acqua dal Comune alTAcea, e ha chiesto al Consiglio di esprimersi su una delibera di
intenti che andava in
questa direzione.
«La scelta è dovuta a
una visione realistica delle cose - ha spiegato il
sindaco, Clara Bounous
-. Infatti sono diverse le
concause che spingono
nella direzione di un affidamento della rete idrica
all’Acea. Il problema della
manutenzione, quello degli adeguamenti necessari all’acquedotto, la scarsità dell’acqua con conseguente necessità di andare a ricercare nuove falde.
Infine, ma non secondari,
i problemi legati alla sicurezza e soprattutto al dover garantire, come ovvio.
un servizio di un certo livello». Di diverso parere
Renato Ribet, della minoranza, che ha sostenuto
che il passaggio alTAcea
comporterebbe intanto
un aumento delle tariffe
e che, malgrado la professionalità dei tecnici
Acea, non c’è «automaticità che questo passaggio
possa garantire un servizio migliore di quello fornito dal Comune». Il problema comunque sembra essere quello delle risorse che l’amministrazione reputa non avere in
sufficienza per poter garantire anche in futuro il
servizio anche «se in linea di principio - dice
ancora Clara Bounous si possono condividere
alcune idee espresse da
chi non è favorevole a
questa decisione».
Parole però che non
sembrano aver convinto
tutti come è emerso anche dalla votazione sulla
delibera di intenti che è
stata approvata con i voti
della maggioranza ma
non con quelli dei tre
consiglieri di minoranza
che si sono espressi per il
no. Ora il sindaco prenderà i dovuti contatti con
l’Acea e svolgerà la dovuta istruttoria per poi riportare la questione in
Consiglio dove si prospetta una nuova intensa
discussione.
modifica degli orari e del
la gestione della turna
zione venga concordai
con le organizzazioni sin
dacali, sentiti gli operato
ri interessati; che venga
no effettuate verifiche pe
riodiche congiunte trin,e
strali suU’andamento»
Richieste che lasciano
trasparire come non sia
no state sufficienti le ras
sicurazioni che Tamini
nistrazione degli ospeda
li e dell’Asilo di San Ger
mano avevano già dato
a metà ottobre, in una
riunione tenutasi a Torre
Pellice con i sindacati.
«Da parte Ciov - dice Silvio Vola, direttore animi,
nistrativo degli ospedali
valdesi - c’è la volontà di
tutelare i nostri dipendenti e la disponibilità a
incontrare nuovamente i
sindacati per continuare
il confronto. Dopo la riunione di ottobre si era
congelata la questione
Servizio mensa aspettando una risposta dei sindacati, risposta che a
questo punto sembra essere arrivata, anche se
non a noi ufficialmente.
Ora bisognerà cercare di
concordare un incontro
e di riavviare il dialogo al
fine di arrivare alTawio
del servizio al più presto,
partendo ovviamente
con il piede giusto».
Su sollecitazione della
locale Comunità monta
na i Consigli comunali
della vai Chisone e Ger
manesca stanno indiriz
zando agli assessori all’I
struzione e alla Monta
gna della Regione una
mozione che chiede un
maggiore impegno finanziario in materia di diritto
allo studio nelle zone
montane. «La legge regionale 49/95 sul “diritto d o
studio" - si legge nella
mozione - ha rappresentato un indubbio e significativo punto di riferimento per l’attuazione
dei principi costituziona;
li. Nello specifico i fopd]
della legge sono stati ui
valido aiuto, inizialmente, per l’attuazione del diritto all’istruzione attraverso il parziale sostegno
dei costi di mensa, tra
sporto e provvidenze per
l’acquisto di libri e di ^
sidiari didattici»tempo però l’apporto
nanziario è venuto rr\e
con somme inviate ai
mimi in taluni casi «meramente simboliche».
richiesta delle attinti
strazioni, pertanto.
L’ospedale di Torre Pellice
Zone montane
Diritto
allo studio
un maggiore ^
parte regionale a
promozione concreta
effettiva del ^tritto
studio attraverso adegu
ti stanziamenti».
vene
0
0
L
c
0
TU
10,0
lanti
I
de
ques
prev
vee
levi
piìii
luci
scor
«L
stra
iner
-sa
id
insti
ilcc
100!
«Qu
Vali:
l’Asi
sem
pari
tro
tee!
zial
l’alt
tre
nep
dut
me:
con
va,
seri
ver
«Ut
die
per
las
II
pin
zioi
ne,
ten
cor
Cet
diti
tifi'
coi
me
liar
col
ilo
del
dai
cor
Na
all’
ai(
c
l
gli
gli
’5(
foi
eh
an
sej
rir
ini
ca
do
za
mi
de
ra
Pr
Va
sa
im
Gl
cu
oli
m;
eh
se
ne
di
ce
dii
C(
ha
fa
da
si
di
Pi
zo
13
!00l
ice
le
ìlla
ita'
lali
er
riz
iri
ta
ina
un
an
itto
me
'io
jllo
¡Ila
en
pi
¡ri
me
na;
ndi
idi
an
di
ra
;no
râ
per
us
Jel
fi
¡no
:o
ae
La
ni
di
da
■la
ed
Ilo
ja
■y^ERDi
lì 30 NOVEMBRE 2001
E Eco Delle Valu "\âldesi
PAG. 13 RIFORMA
À Le iniziative a Pinerolo per le prossime feste
Luci di Natale fra i negozi
Concerti e mostre da inizio dicembre fino a Capodanno
con il concorso di gran parte dei commercianti cittadini
Tutti insieme a Pinero
in commercianti, ambu
Li e comune, per orSiizzare le feste natalife Feste per le quali
fluest’anno in città sono
nreviste svariate iniziatile e intrattenimenti con
evie del centro storico
niù ricche di addobbi e le
luci natalizie rispetto allo
scorso anno.
«Le luci di Natale - illustra l’assessore al Commercio, Giuseppino Berti
, saranno accese dal 1“
di dicembre e sono state
installate in certe vie con
il contributo di quasi il
100% dei commercianti».
«Quest’anno - aggiunge
Valinotti, presidente dell’Ascom - i miei colleghi
sembrano aver messo da
parte i problemi del cenno storico e hanno partecipato in massa all’iniziativa». AH’Ascom tra
l’altro si spera molto oltre che sull’apertura dei
negozi le domeniche e
durante le festività del
mese di dicembre, così
come prevede l'iniziativa, anche nell’apertura
serale degli esercizi del
venerdì 21 dicembre.
«Un modo, speriamo dice ancora Valinotti per far uscire i cittadini
la sera vivendo la città».
In effetti il dicembre
pinerolese, nelle intenzioni dell’amministrazione, si presenta molto intenso: si comincia il 1“
con il concerto di Santa
Cecilia, alle ore 21, all’auditorium del liceo scientifico «Marie Curie» per
continuare per tutto il
mese.con mostre (segnaliamo tra l’altro la mostra
collettiva dei pittori l’8 e
il 9 dicembre nel cortile
del circolo «Fabio Neruda» in piazza Barbieri),
concerti (dal concerto di
Natale, le sera del 15,
all’auditorium del Curie
ai concerti nella chiesa di
San Giuseppe, e momenti di intrattenimento per i
bambini). Infine il «Capodanno in piazza» che
verrà organizzato in piazza Fontana con di fuochi
d’artificio a mezzanotte.
Un dicembre pinerolese ricco insomma con
l’intenzione di dare «una
buona immagine della
città» come spiega il sindaco, Alberto Barbero.
Unica nota stonata: piazza Roma non sarà in ve
ste natalizia perché, pare, i commercianti non
hanno trovato un accordo per i contributi: quindi senza contributo niente illuminazione natalizia. Illuminazione invece
che caratterizzerà il centro storico ma anche i
quattro ingressi in città
oltre al quadrilatero dei
portici nuovi che in via
Buniva ospiteranno dal 8
al 24 dicembre il mercatino di Natale.
Chiusura di bilancio a Pinerolo
La legge finanziaria
e i Comuni
DAVIDE ROSSO
«u
INTENZIONE è
quella di chiudere
il Bilancio comunale entro il 31 dicembre per poi
ripartire nel 2002 con
tutti i nuovi conti in euro
senza avere sovrapposizioni con i conti in lire».
Questo il proposito dell’amministrazione di Pinerolo che però in termini di Bilancio attuaimente ha anche un altro problema: quello della Finanziaria che il governo
romano sta preparando.
Il documento economico
per il 2002 attualmente
in discussione in Parlamento infatti prevede,
tra le altre cose, una riduzione dal 4,5% all’1,5%
della compartecipazione
dei Comuni all’Irpef e
contemporaneamente il
mantenimento del «tetto» del 4,5% all’incremento della spesa corrente, cosa che, dicono i
Comuni al di sopra dei
5.000 abitanti, li penaliz
Anche la Provincia organizza battute venatorie
Pinerolese: meno cinghiali?
Ci sono meno cinghiali degli anni
scorsi? Potrebbe essere così a giudicare dal numero di animali uccisi in queste settimane nel territorio del Ca Tol
(valli pinerolesi). In effetti i 321 (105 in
vai Pellice e 216 in vai Chisone) cinghiali fin qui catturati in zona sono circa il 10% in meno dello scorso anno;
va però anche considerato che la prima parte della stagione venatoria,
contraddistinta da clima secco e caldo,
ha fatto sì che i cinghiali restassero a
quote relativamente alte complicando
l’attività dei cacciatori.
Sull’altro piatto della bilancia vanno
per altro considerati i danni alla agricoltura, in costante aumento al punto
che la Provincia di Torino sta organizzando vere e proprie battute extracaccia per contenerne la presenza. In
ogni caso la caccia a cinghiale è aperta
fino a 16 dicembre e dunque ci sono
ancora sei giornate. Per quanto riguarda gli altri ungulati presenti e cacciabili il prelievo venatorio avviene ormai da anni sulla base della caccia
programmata, ovvero cacciando una
quota di quanto disponibile sulla base
dei censimenti primaverili.
Per quanto riguarda il capriolo, specie in rapida espansione, ne sono stati
uccisi 208 esemplari, su una quota venabile di 300, dunque una percentuale
di abbattimenti vicina al 70%, (47 su 70
in vai Pellice, 72 su 90 a Pragelato, 33
su 50 in vai Chisone e 56 su 90 in vai
Germanasca). Più alta la percentuale di
capi abbattuti per quanto riguarda il
camoscio: il tetto era di 330, ne sono
stati uccisi 271, di cui 104 in vai Pellice,
120 in vai Germanasca e 47 in vai Chisone. Inferiore al 50 la percentuale di
abbattimenti di muflone (nella sola vai
Pellice): 12 capi su 30 previsti.
In un dibattito a Caraglio (Cn)
Guardia Piemontese
CLAUDIO TRON
La persecuzione è inutile. I valdesi di Caraglio erano circa un migliaio verso la metà del
500 quando iniziò una
forte azione repressiva
ohe li distrusse in pochi
®oni. AH’inizio del secolo
Agüente, per evitare che
^nascesse l’«eresia», fu
insediato un convento di
oappuccini, oggi abbannonato dai frati e utiliz■tato come istituto civico
ijinsicale e come sede
nell associazione culture Marcovaldo. Qui,
promosso dalla «Marco^aWo», ha avuto luogo
abato 24 novembre un
p portante convegno su
bardia Piemontese a
ni hanno partecipato,
‘tre a vari sindaci e amministratori, Anna Visca,
ha presentato il mun? civiltà contadia. Silvana Primavera,
‘‘gente cultrice e do®rtte di occitano guarnelle scuole medie,
sare Milaneschi, che
‘a rnesso in luce le male.'^bfi Inquisizione ai
.anni non solo dei valdediruf ™tono colpiti ad
PhccS)."""^" ""P
il prof. Vincenn Stancati, in qualità di
stqdioso estraneo sia al
valdismo massacrato nel
1561, sia al cattolicesimo
persecutore del valdismo
calabrese, metteva in luce l’inutilità dell’intolleranza. Ci si ritrovava, infatti, in un luogo antivaldese, sotto il patrocinio
di un’associazione non
valdese, a rievocare con i
discendenti dei martiri
valdesi una vicenda che
deve suscitare riflessione
per tutti. Nel ’500 nessuno avrebbe mai immaginato che questo potesse
avvenire.
Riflessione, certo, ma
anche progetti. Il legame
tra Caraglio e Guardia è
rappresentato principalmente dalla lingua occitana. La «Marcovaldo»
promuove ogni anno un
convegno per la sua valorizzazione. Dietro invito
del sindaco di Guardia il
suo presidente, Fabrizio
Pellegrino, ha assicurato
che la prossima edizione
si terrà a Guardia stessa.
Sarà così possibile rafforzare un legame che fino a
oggi è stato piuttosto di
persone singole o della
comunità di Torre Pellice.
Intanto, in estate, ci sarà
la possibilità di avere alle
Valli uno spettacolo teatrale sulla vicenda di
Guardia Piemonteseo.
Esperienze fuori dagli istituti
La scuola «oltre»...
zarebbe notevolmente in
termini di investimenti
possibili.
Traducendo in termini
più concreti quello che i
Comuni denunciano è
che da una parte vengono tolti loro dei fondi e
dall’altra non viene aumentata la loro possibilità di investimento: questa norma infatti li penalizzarebbe fortemente
obbligandoli a dei tagli di
spesa e a un aumento
della pressione fiscale sui
cittadini. In materia il
sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero, ha recentemente scritto una lettera ai parlamentari locali
e al vicepresidente dell’Anci (Associazione Comuni italiani) in cui tra
l’altro afferma che se
passasse questa Finanziaria si bloccherebbe
nei fatti il processo graduale di riforma locale
facendo passare una logica centralista dello stato che «assume nei fatti il
segno di una Controriforma federalista» e chiede
la modifica dell’articolo
15 del disegno di legge,
quello che tratta la materia dei trasferimenti. Ma
se la legge finanziaria
passerà così come è quali
saranno i tagli che sono
in vista a Pinerolo?
Per il momento non li
so ancora indicare con
precisione anche se in
questi giorni abbiamo già
avuto alcune riunioni di
giunta per cercare di fare
il punto - dice Barbero -.
Certamente se la legge
non viene cambiata le
prime iniziative a subire
dei tagli saranno quelle
del settore culturale e turistico mentre si cercherà
di salvaguardare i servizi.
Si cercherà di consolidare
ciò che appartiene alla
tradizione e si cercherà di
tagliare sulle spinte verso
nuove iniziative». In sostanza si dovrà fare una
scelta di conservazione
dell’esistente ma intanto
si continua a guardare
con speranza a Roma dove il 10 dicembre la Finanziaria dovrebbe arrivare alla Camera per la
discussione generale.
MASSIMO CNONE
Le simulazioni pratiche, si sa, sono strumenti didattici da non
sottovalutare. Il progetto
«Associazioni cooperative scolastiche», promosso dal Centro servizi didattici (Cesedi) di Torino
e da Confcooperative e
rivolto a tutto il Piemonte, bene si integra con le
esperienze degli stage
aziendali e dei laboratori
«del fare». La scuola esce
dai muri dell’istituto, andando a sporcarsi le mani sul territorio.
«La proposta di quest’
anno - spiega Filippo
Azzariti, professore di
scienze agrarie all’istituto
agroambientale di Osasco -, un progetto che
coinvolge la scuola, la
Comunità montana, il
Cesedi e Confcooperative, consiste durante l’anno scolastico nel creare e
chiudere un’Acs, un’Associazione cooperativa
scolastica: si redige l’atto
costitutivo, i ragazzi eleggono un Consiglio di amministrazione e individuano un possibile tema
di intervento pratico. Nel
nostro caso la collaborazione con la Comunità
montana riguarda quattro bandi, già assegnati.
per la manutenzione ambientale del territorio»
Inizialmente gli studenti
«faranno finta», con la
propria associazione, di
partecipare all’assegna
zione; in seguito collabo
reranno direttamente ai
lavori dell’impresa, que
sta volta «reale», vincitri
ce del bando. I ragazzi
della III A, la classe coin
volta nel progetto, sono
entusiasti: «E un buon
modo - dicono - per en
trare nei meccanismi bu
rocratici del lavoro, oltre
le spiegazioni teoriche».
Interventi su sentieri
muretti a secco, ingegneria naturalistica e manu
tenzione, lavori di recupero su aree percorse dal
fuoco e interessate da
dissesto idrogeologico
potatura dei castagni: sono questi i settori al cen
tro dei quattro bandi, fi
nanziati dalla Provincia
pubblicati in agosto e tut
ti già assegnati. I lavori
iniziati in queste settima
ne, riguardano l’area del
la Ghiandaia, nei comuni
di Luserna San Giovanni
e Torre Pellice, e alcuni di
essi sono già terminati
gli interventi, effettuati
senza l’utilizzo di cemen
to, hanno ripristinato le
frane della Gianavella e di
via Costalorenzo.
NELLE CHIESE VALDESI
ATTIVITÀ GIOVANILI l“ CIRCUITO — Attività giovanili: sabato 1° dicembre, incontro del gruppo scout.
Giovedì 6 dicembre, incontro Gruppo teatro, alle
20,30 a Rorà. Martedì 11 dicembre, serata a tema «Il
G8 a Genova», alle 20,30 a Luserna San Giovanni.
Mercoledì 12 dicembre, incontro gruppo «Noi e gli altri», alle 20,30 a Torre Pellice.
ANGROGNA — Martedì 4 dicembre riunione al
Prassuit «La liturgia della cena».
BOBBIO PELLICE — Domenica 2 dicembre, alle
10, culto con assemblea di chiesa: all’odg la relazione
della deputata al Sinodo e l’elezione o rielezione degli
anziani dei quartieri Campi, Villa Inferiore, via Maestra e Villa Superiore, Costa. Bazar organizzato
dall’Unione femminile, dalle 9 alle 12 (con interruzione durante il culto) e dalle 14,30 in poi. Sabato 8 dicembre, ore 21, nel tempio «Canzoni in coro», concerto della scuola domenicale di Bobbio Pellice insieme al gmppo corale Eiminal della vai Germanasca
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali:
venerdì 30 alle Vigne, martedì 4, alle 20,30, ai Gonin,
venerdì 7 a Boer Priorato. Domenica 2, dalle 11 alle
17, si svolge il tradizionale bazar.
MASSELLO — Martedì 11 dicembre riunione al Roberso, alle 14.
PERRERO-MANIGLIA — Domenica 2 dicembre,
culto unico a Maniglia. Martedì 4 dicembre, alle
14.30, riunione a Baissa, mercoledì 5, alle 14, alle
Grangette.
PINEROLO — Domenica 2 dicembre culto alle 10.
Sabato 8 dicembre, con inizio alle ore 14,30, tradizionale bazar di beneficenza organizzato dalle sorelle
dell’Unione femminile.
POMARETTO — Venerdì 30 novembre, alle 16, culto al Centro anziani. Riunioni quartierali: lunedì 3 dicembre, alle 20, ai Masselli, mercoledì 5, alle 20, ai
Pons, venerdì 7, alle 15, all’Inverso Clot.
FRALI — Riunioni quartierali: martedì 4 dicembre,
alle 20,30, a Ghigo, mercoledì 5 a Malzat, alle 20.
PRAROSTINO — Giovedì 28 novembre, alle 20,30,
riunione a San Bartolomeo: mercoledì 5 dicembre, alle 20,30, al Collaretto.
RORÀ — Giovedì 6 dicembre, alle 20,30, incontro
alle Fucine.
SAN SECONDO — Riunione quartierale a Prima, alle 20,30, mercoledì 5 dicembre. Studio biblico martedì 4, ore 21, sull’Ecclesiaste, primo incontro.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì
30, alle 20,30, alla Ravadera, martedì 4 dicembre, alle
20.30, all’Inverso, venerdì 7, alle 20,30, agli Appiotti.
Domenica 2 dicembre, dalle 14,30 nella Foresteria,
pomeriggio di solidarietà con la Cevaa organizzato
dal gruppo Missioni-Cevaa.
VILLAR PELLICE — Venerdì 30 novembre riunione
quartierale al Serre, alle 20,30, martedì 4 dicembre all’Inverso, venerdì 7 ai Ciarmis. Domenica 2 dicembre,
alle 10, culto con cena
del Signore.
VILLAR PEROSA —
Domenica 2 dicembre,
a partire dalle 15, nella
foresteria, pomeriggio
di solidarietà (bazar)
con molte idee per il
prossimo Natale.
VILLASECCA —
Martedì 4 dicembre,
alle 14,30, riunione
quartierale a Bovile.
DA venerdì 30 NOVEMBRE 2001
NUOVO SETTORE
Cd musicali di classica^
jazz, contemporanea,
pop-rock, etnica
e il cinema d'autore
O L A R E
♦ 2 PIANI DI LIBRI
♦ 1 PIANO DI MUSICA E VIDEO
♦ 1 SITO DA CONSULTARE
C.SO TORINO 44 - 10064 PINEROLO
TEL/FAX 0121-393960
Web: www.libreriavolare.it
E-mail: info@libreriavolare.it
14
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle "\àlli Vai .orsi
VENERDÌ 30 NOVEMBRE
SPORT
HOCKEY GHIACCIO
Sconfitta casalinga per
l’All stars che in serie A
femminile subisce un
netto 0-3 dal Bolzano eppure il punteggio non è
da considerarsi pesante,
se si pensa alla storia e al
valore assoluto delle avversarie. Debora Montanari, fresca di Nazionale,
fa come sempre fino in
fondo il proprio dovere a
difesa della gabbia ma il
punteggio sfugge, seppure gradatamente: una
rete di svantaggio per
tempo suggellano la vittoria delle aquile bolzanine sul campo di Pinerolo. Altra musica, si spera, domenica prossima,
sempre al Palaghiaccio
pinerolese; alle ore 12 va
in scena All Stars-Como
secondo atto: dopo la
sconfitta di rigore all’andata le piemontesi hanno la possibilità, con una
vittoria, di soprawanzare
le comasche in classifica.
Sconfitta netta anche
per l’under 19 che è stata
battuta a Merano per 73; «Scontiamo la cronica difficoltà a segnare
più qualche errore difensivo di troppo», è il commento deH’allenatore
Chlarotti. Il Merano può
schierare qualche giovane di grande personalità
con esperienza di serie
maggiori e per i piemontesi la partita è già chiusa
dopo i primi due tempi.
Da segnalare nel finale
un infortunio subito da
Andrea Montanari che in
un contrasto si è rotto la
clavicola: dovrà portare
il bendaggio rigido per
4 settimane. Domenica
prossima partita inavvicinabile a Pinerolo, ore 10,
con la capolista Alleghe.
Sempre domenica, ma alle 20,30, torna a Pinerolo
la serie C che vedrà opposta alla Valpe la Lariana dell’ex Bertotto.
PALLAVOLO
Nei campionati giovanili il 3S Pinerolo ha battuto per 3-0 il Testona
volley nel girone E dell’under 15 femminile;
nello stesso campionato,
girone B il 3S Luserna è
stato battuto al tie break
dal Pinasca. Nell’under
20 maschile, girone A il
3S Pinerolo ha vinto sul
campo dell’Artl & Mestieri per 3-2; nell’under 17
femminile, girone F il Galop Vbc ha vinto sul campo del 3S Luserna per 3-0;
nell’under 17 maschile
successo del Chieri per 30 sul Volley Pinerolo;
nell’under 15 maschile il
derby Pinerolo-Piscina è
vinto dai primi per 3-0.
TENNIS TAVOLO
Il tennis tavolo ha osservato un turno di riposo; venerdì 30 novembre
a Torre si giocherà il confronto Valpellice-Fiat per
il girone D della C2,
mentre il 1° dicembre jn
CI il Valpellice sarà in
trasferta a Moncalieri.
Per la vostra
pubblicità
tei. 011-655278
CALCIO
È sempre più vicino al
titolo di campione di inverno il Pinerolo che disputa il campionato di
Eccellenza. Domenica i
biancoblù sono riusciti a
pareggiare, sfiorando la
vittoria, 1-1 a Saluzzo in
un confronto che si annunciava come un punto
cruciale del campionato.
A questo punto il Pinerolo, unica squadra imbattuta, è solo al comando
del suo girone con 4 punti di vantaggio sul Libarna
e 9 sulle terze. Domenica
derby con il Cumiana.
Trasporti: le reazioni della Opra alle proposte dei politici piennontesi
Non aumentiamo il traffico sulle Alpi
Ennesima manifestazione sabato scorso in vai Susa sul tema
dei grandi collegamenti internazionali che stanno soffocando
quella valle, specie dopo la chiusura del traforo del Monte Bianco. Sul tema dei collegamenti è
intervenuta anche la Cipra (Commissione internazionale per la
protezione delle Alpi) che con le
associazioni ambientaliste ribadisce che «investire nelle infrastrutture», come hanno prospettato gli amministratori piemontesi al convegno organizzato
dairUnione industriale pochi
giorni fa a Torino, «non servirà a
risolvere il problema del traffico
merci, che sta assediando l’arco
alpino. Se l’aumento di domanda
di trasporto per le merci e per i
passeggeri è un dato inconfutabile dal quale partire, purtroppo le
soluzioni proposte dai politici
piemontesi non riescono ad andare oltre la solita abbuffata di
opere pubbliche e di infrastrutture viarie o ferroviarie ad alto impatto ambientale.
L’arco alpino continua a essere
visto come un ostacolo da superare velocemente e, in barba ad
accordi internazionali precisi, firmati anche daliytalia, come la
Convenzione delle Alpi, che prevede il trasferimento delle merci
dalla gomma alla rotaia e il divie
to di costruire nuove autostrade
attraverso le Alpi, i politici italiani
prospettano altre grandi opere
viarie». «Se consideriamo che la
stessa Unione europea sostiene
Tintermodalità e Tinternalizzazione dei costi al trasporto su
gomma - sostiene la Cipra - appaiono ancora più assurde le proposte italiane. Sostenibilità significa applicazione della verità dei
costi, trasferimento su rotaia e
utilizzo ottimale delle infrastrutture esistenti».
L’unica soluzione razionale al
problema delle merci è quella di
separare i flussi di merci tra breve, media e lunga distanza, e obbligare con meccanismi economici e normativi a trasportare le
merci a lunga distanza solo su ferrovia e su nave, organizzando una
buona rete di trasporto intermodale e introducendo misure di
«verità dei costi» del trasporto, caricando sul trasporto su gomma i
costi reali relativi all’utilizzo delle
infrastrutture e ai danni causati
all’ambiente, alla salute e all’economia locale. È prioritario attivare politiche per il contenimento
del traffico e del trasporto transalpino andando ad intervenire sui
meccanismi produttivi che generano traffico e per l’ottimale utilizzo dei mezzi e delle infrastrutture ferroviarie esistenti (solo un
terzo della capacità di trasporto
ferroviaria attuale viene sfruttata).
Il vero collo di bottiglia non sono le Alpi, ma le infrastrutture
inadeguate dei nodi di pianura. È
necessario ammodernare e potenziare tutte le direttrici del trasporto ferroviario transalpino esistenti; Ventimiglia, Frejus, San
Gottardo, intervenendo soprattutto sull’accesso ai grandi snodi
della pianura, che oggi costituiscono i veri colli di bottiglia della
rete ferroviaria.
La Cipra giudica inoltre negativamente le grandi opere di attraversamento, utili solo alla lobby
del cemento, e annuncia l’assunzione di iniziative contro la costruzione di nuove arterie autostradali attraverso le Alpi (collegamento Cuneo-Nizza attraverso il
traforo del Mercantour e collegamento Oulx-Briancon attraverso
il traforo del Monginevro); contro
la costruzione del tunnel di base
del Frejus e della linea Alta velocità-alta capacità Lione-Torino,
intervento che presenta costi,
tempi realizzativi e impatti sull’ambiente e sulle comunità locali
assolutamente insostenibili e sostanzialmente inefficaci per far
fronte alle reali necessità del trasporto e contro la riapertura indiscriminata al transito dei mezzi
pesanti sotto il Monte Bianco.
Per rUnitrè di Torre Pellice
Concerto inaugurale
Nella biblioteca della
Casa vrildese è stato inaugurato, giovedì 8 novembre, l’anno accademico
2001-2002 deirUnitrè di
Torre Pellice. L’attesa riconferma del coordinatore culturale, Ignazio Prinzivalli, è stata accolta da
un lungo applauso. Incerta fino all’ultimo la riapertura del nuovo anno
accademico dopo le sue
dimissioni presentate a
causa dell’incarico troppo oneroso e dopo ben 7
anni di presidenza. Una
vera e propria azione di
squadra, animata da un
grande spirito di collaborazione, ha convinto il
dottor Prinzivalli a mantenere l’incarico.
Agess
Val Pellice Spa
Gestione bar interno
Palaghiaccio
Pinerolo offresi.
Per informazioni
tei. 0121- 934907
dal lunedì al venerdì
dalle 9 alle 17
Il concerto inaugurale,
con l’attesa presenza del
maestro Massimo Bianchi, non ha deluso le
aspettative. Il suo curriculum è noto, ma un altro evento previsto sarà
l’esecuzione integrale, al
teatro Alfieri di Torino,
delle nove sinfonie di
Beethoven, trascritte da
Franz Liszt.
Nel primo tempo del
concerto torrese Bianchi
ha suonato una delle sei
suite inglesi in la minore
per clavicembalo di Bach.
Di Schubert la sonata in
la minore D485. Nel secondo tempo, ecco l’esecuzione della Sonata per
pianoforte n. 8 op. 84 di
Prokofiev. Opera complessa, paragonabile a un
albero dai molti frutti,
che comporta un grande
impegno non solo per
l’esecutore, ma anche per
Tascoltalore attento. Di
Chopin è stata eseguita la
celebre ballata n. 1 in sol
minore, op. 23, emblema
del tema romantico, ma
anche una delle sue opere più selvagge, come la
definì Schumann.
Gemellaggio Torre P. - Walldorf
Iniziative comuni
HEINZ TRON*
IL 9 giugno 1999 nella
sala comunale di Walldorf veniva firmato il documento di gemellaggio
fra Torre Pellice e Mòrfelden-Walldorf. Il 9 maggio
2000 lo stesso succedeva
a Torre Pellice. Questo
documento sottolinea
l’impegno reciproco nel
mantenere la democrazia, la pace e la giustizia,
valori che oggi vanno difesi più che mai. Il documento impegna studenti
e membri delle chiese e
delle associazioni a partecipare agli scambi fra
le due cittadine.
La visita a Torre Pellice dal 3 al 7 ottobre scorsi dell’assessore alla cultura Hans-Jùrgen Vorndran, della presidente
del Consiglio comunale
Edda Bassler e del gruppo «Amici dei valdesi» di
Walldorf ha visto intensificare le relazioni amichevoli fra Torre Pellice e
Mòrfelden-Walldorf: ci
sono stati incontri fra
rappresentanti della delegazione di Mòrfelden
Walldorf e del Comune di
Torre Pellice, nonché con
rappresentanti del mondo culturale; le scuole, il
museo; la biblioteca e la
galleria d’arte comunale.
L’assessore Vorndran
ha informato il sindaco
di Torre Pellice, Marco
Armand Hugon, che circa
6.000 stranieri, provenienti da 100 paesi, si sono trovati una nuova patria a Morfelden-Walldorf. Il Comune può offrire circa 8.000 posti di
lavoro. Così molti stranieri, come italiani, greci,
spagnoli e turchi, lavorano a Mòrfelden-Walldorf
In questi prossimi mesi si lavorerà per un’iniziativa comune in programma per l’estate del
2002, uno scambio fra
gruppi musicali, con alcuni concerti. Si sta anche organizzando un torneo di calcio, con la partecipazione di studenti di
Torre Pellice, Wageningen (un Comune olandese gemellato con Mòrfelden-Walldorf) e Walldorf
* del gruppo «Amici dei
valdesi» di Walldorf
29 novembre, giovedì
TORRE PELLICE; A Villa Elisa, alle 15, concerto del
gruppo «Divertiamoci insieme» dell’Auser vai Pellice.
TORRE PELLICE: Alle 15,30, alla Casa valdese, conferenza del prof Dario Seghe su «L’archeologia delle
Alpi occidentali e la figura di Osvaldo Coisson».
30 novembre, venerdì
PINEROLO: Alle 21,15, al teatro Incontro, per la
rassegna «Aspettando l’inverno», la compagnia «Jashgawronsky brothers» presenta «Tornato drum», ingresso lire 15.000, ridotti 12.000.
TORRE PELLICE: Alle 21, nella sala consigliare del
Comune, incontro sul censimento apistico 2001, con
la collaborazione degli apicoltori vai Pellice.
1“ dicembre, sabato
PEROSA ARGENTINA: Al teatro Piemont replica
della commedia brillante di Flavio Galliano, prenotazioni tei. 0121-803653.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alla scuola materna del
Sacro Cuore, dalle 16 alle 19, giornata di aiuto e solidarietà con il Bangladesh, esposizione di prodotti artigianali di Rishilpi. Prosegue domenica 2, dalle 9 alle 19.
2 dicembre, domenica
ANGROGNA: Alla scuola grande di San Lorenzo, alle 15, bricolage natalizio.
TORRE PELLICE: Al teatro del Forte, alle 16, la
compagnia dei Tiriteri presenta «Il reuccio fatto a
mano», spettacolo della rassegna «Domenica in tre»,
ingresso unico lire 6.000.
3 dicembre, lunedì
PINEROLO: Alle 20,30, nella sede del centro sociale
di via Lequio, incontro su «La famiglia del malato
mentale: risorsa o limite».
5 dicembre, mercoledì
TORRE PELLICE: Alle 21, al cinema Trento, l’Istituto comprensivo Rodari promuove un dibattito sul tema: «Il futuro spezzato; infanzia, guerra, soggettività».
Intervengono Bruno Maida, storico, dell’Università di
Torino, Carlo Frizzi e Giuseppe Spinelli, neuropsichiatri dell’Asl 10.
6 dicembre, giovedì
LUSERNA SAN GIOVANNI: Al Rifugio Re Carlo Alberto, alle 15, concerto del Gruppo Auser.
TORRE PELLICE: Alle 15,30, alla Casa valdese, concerto del duo Noto Sarno, pianoforte a quattro mani,
musiche di Brahms e Scbubert.
7 dicembre, venerdì
LUSERNA SAN GIOVANNI: Nella sede dell’Avis,
prelievo di sangue.
TORRE PELLICE: AUe 21,15, al teatro del Forte Federico Bianco presenta «Serata di campionato nuovi
comici», ingresso lire 12.000, ridotto 10.000.
ROLETTO: Alla chiesa del Colletto, alle 21, concerto
con l’ensemble Cantica Symphonia, ingresso libero.
7-9 dicembre
PINASCA: Nel salone, 2“ edizione di Pinascarte.
8 dicembre, sabato
TORRE PELLICE: Dalle 8 alle 18, fiera merceologica.
12 dicembre, mercoledì
LUSERNA SAN GIOVANNI: Ì>relievi per plasmaferesi con autoemoteca, nella sede dell’Avis.
14 dicembre, venerdì
TORRE PELLICE: Nella biblioteca della Casa valdese, alle 20,45, incontro organizzato da vai Lucerna su
«Comunicare nell’era digitale», con Valentina Comba,
Donatella Bartoli, Donatella Mutti, Giorgio Bert.
16 dicembre, domenica
TORRE PELLICE; A Villa Elisa, l’Ywca e Ucdg invitano, alle 14,30, a un pomeriggio natalizio a favore
delle opere sociali dell’associazione stessa.
GUARDIA M
nonurna, prefestiva,
telefono 800-2331 l i
GUARDIA FARMAt
(turni festivi con orario'i^
DOMENICA 2 DICEMbrj
Bobbio Pellice: Moselli.^t
Maestra 44, tei. 92744 ^
Villar Perosa: De Paoli..
Nazionale 29, tei. 510178^
Pinerolo: Bert - via Cottok
gol, tei. 322950 ^
ERISli
....
SERVIZIO INFÈRhib
presso i distretti
SERVIZIO ELIAMBU uk|
telefono II8
CINEMA I
TORRE PELLICE-Il
Cinema Trento propone
giovedì 29 e venerdì 30'
ore 21,15, Alla rivoluzio!
ne con la due cavalli, coj
Adriano Giannini, Gwenaelle Simon, Andoni
Gracia; sabato 1“ diceinbre, ore 20,20 e 22,20, domenica 2, ore 16,1518,15
e 21,15, lunedì 3 e martedì 4, ore 21,15, Viaggio
a Kandahar, di Moh%
Makhmalbaf
PINEROLO — La mulrisala Italia ha in programma, alla sala «2cento». Music numbers. Alla
sala «5cento» prosegue la
proiezione di II patto del
lupi; feriali 20 e 22,20, sabato 20 e 22,30, domenica 15,15, 17,40,20 e 22,20.
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Piazza Partigiani
Luserna
San Giovanni
0121-902603
informazioni sus
✓
✓
✓
✓
✓
✓
✓
sport
scuola
lavoro
cinema
musica
viaggi ¿
tempo libero
Dal lunedì al venerdì
dalle ore 14 alle 17
Progetto di sperimentazione e ricerca al «Forte»
Contaminazione dei linguaggi
È un nuovo viaggio
quello appena iniziato
dalla compagnia Nonsoloteatro di Pinerolo, che
sabato 24 novembre, al
teatro del Forte di Torre
Pellice ha presentato lo
spettacolo «Vibrazioni»;
tappa finale del progetto
«Futura ha vent’anni»,
nato nel 1999 dalla volontà della compagnia di
tentare uno scambio con
le nuove generazioni e
che vedeva «al centro del
campo» la teatralità. Tre
mesi di autogestione,
quasi 50 persone raccolte per un’elaborazione libera, ragazzi e ragazze
dai 16 ai 24 anni che si
sono incontrati distillando pensieri, immagini e
nuove energie e che hanno restituito alla compagnia un quadro del gruppo. Questo è stato il punto di partenza per la seconda tappa del progetto
in cui alcuni professionisti (la coreografa Francesca Bertoni, l’esperto di
scrittura creativa Gabriele Ferrari, il regista e attore Guido Castiglia) hanno
collaborato con il gruppo
per fornire gli strumenti
necessari alla comunicazione di ciò che era stato
elaborato. Alla fine di
questo percorso si colloca «Vibrazioni», uno stesso nome per indicare
due tappe; lo spettacolo
teatrale, di Guido Castiglia e Alessandra Bacca
(sul palco Alessia Colombari, Davide Nepote Valentin ed Emanuele Tornello), e un progetto.
Che cosa significa sentirsi parte di un gruppo?
Che cosa esprimono alcuni fenomeni, come il
cosiddetto movimento
«no global»? Il nuovo progetto «Vibrazioni» si pone
come spazio ricettivo di
problematiche, voglie,
desideri e come «momento di lavoro» volto a
restituire tutto ciò al tessuto sociale. Una restituzione che avverrà con
Futllizzo di linguaggi particolari: la musica, la multimedialità, il video e la
fotografia. Se il canale
preferenziale del progetto
«Futura ha vent’anni» era
stato il linguaggio teatrale, «Vibrazioni» punta a
un’espressione di tip»
«performantico», un tip»
di espressione artisti®
che permetta la contaffl'
nazione dei linguaggi®
che si adatti agli spazt
partire dal 20 noveuiPt
(e per i martedì successivi), alle 20 al centro sociale di San Lazzaro inw
dei Rochis a Piner“*"'
«Vibrazioni» diventerà
laboratorio gratuito ape
to a tutti. Per prenot^»;
ni e informazioni, tele
nare a Nonsoloteatto
0121-323186.
lepers
accori
ptoget
mane!
Scorni
sorelli
forniti
satebl
digrai
una Ci
produ
lorfan
di qua
però Si
poche
malati
ti. Pro
nacas
duce,
sono
persoi
La fon
2) A
che di
altri q
questi
una fi]
chiesi
testin
verán
una VI
chél’f
to alle
culto,
rezza
prend
vizi al
attivi
quanc
cavilli
renzli
corda
opere
moni!
del di
punge
tihiliti
nostr
zaea
te fini
tadin
Al
st
olii
•Oi
■d(
■se
•Si
•R'
*C
Po
Uloi
15
PAG. 15 RIFORMA
'8-2^
«bre
fli-vi
178
■Via
I La diaconia
già chiarezza
„nosizione espressa su
iirma del 12 ottobre da
fwa PeFot’ condiviKìeno, non poteva non
ai tare la bordata di rea■ ni di cui Gianni Rostan e
Tullio Fiorio si sono
erpreti sul numero di
ìiforma del 9 novembre.
™ ioni di cui si capiscono e
dfondividono anche le moiazioni, ma che non mi
10 per niente convinnelle conclusioni. Vor
mIU qualche domanda.
Ijj A Gianni Rostan che di
t re-«Capovolgerei il modo di
Warei problemi, partendo dagli obiettivi (la missionedellachiesae/o delle chie
celper arrivare poi ai mezzi
¡soldi, le finanze, le risorse,
e persone)». Perfetto. E se ti
accorgi che hai avviato un
progetto sacrosanto e poi ti
mancano i mezzi, che fai?
Scomunichi tutti i fratelli e
sorelle che non te li hanno
forniti? Esempio: credo che
sarebbe oggi un’indicazione
(ii grande significato fondare
una casa farmaceutica che
produca i farmaci cosiddetti
«orfani», cioè quelli che sono
di quasi sicura efficacia, che
però sono utilizzabili solo per
poche persone colpite dalle
malattie per cui sono indicati. Proprio per questo nessuna casa farmaceutica li produce, perché i profitti non
sono sufficienti. Quindi le
persone malate si sbroglino.
La fondiamo? Chi paga?
2) A Marco Tullio Elorio
che dichiara, insieme a molti
altri quando il discorso è su
questo argomento, «svolgere
una funzione sociale, per una
chiesa cristiana, è dare una
testimonianza». Vorremmo
veramente che ci spiegaste
una volta buona, allora, perché l’8%o può essere destinato alle opere sociali e non al
culto. Veramente, fate chiarezza: non si può dire che
prendiamo T8%o solo per servizi alla società e non per le
attività proprie.di chiesa
quando si tratta di trovare un
cavillo per dire che ci differenziamo dal sistema concordatario; e poi dire che le
opere sono strumenti di testimonipza quando all’interno
del dibattito ecclesiastico si
pongono problemi di compatibilità. Delle due l’una: o sono stmmenti di testimonianza e allora non possono essere finanziate dall’8%0 dei cittadini che questa testimo
ai nostri due cari
E-Il
’pone,
■dìa»,
duzio.
1Ì,C0B
Gwendonl
licem!0,do.
' 18,15
: mai
ohsen
tmul1 prò<2cen's.Afla
■guela
:todei
20, sameni22,20.
ANI
E
ini
SUS
irò
erdi
17
itipo
ntipo
istica
Itamiiggif
azi-^
imbre
cessisociain via
irolOi
irà un
aper
tazio
elefo
oallo
nianza lascia indifferenti; oppure possono essere così finanziate, ma allora sono puri
e semplici servizi pubblici da
inserire nel quadro degli altri
servizi omogenei.
Inutile dire che con questo
non auspico la chiusura dei
nostri ospedali; il loro servizio è prezioso, di buona qualità, ma non è irripetibile al di
fuori dei loro quadro attuale.
Sono disponibile a spiegare
perché partendo da esperienze fatte in occasione dell’accompagnamento dei miei familiari che in questi ospedali
sono morti o hanno ricevuto
le ultime cure, confrontandole con quelle ricevute presso
l’Ospedale civile di Pinerolo.
Ma per questa volta ho fatto
10 le domande. Sarò grato se
riceverò risposta.
Claudio Tron - Villasecca
Perché
non querelare?
Sono molto grato al fratello
Cericola di averci segnalato il
paragone tratteggiato da Guido Ceronetti su La Stampa tra
11 riformatore Calvino e i talebani afghani. In una sua famosa «Bustina di Minerva»
Umberto Eco dichiarava di
non aver saputo cosa rispondere a un taxista newyorkese
di origine asiatica che gli aveva chiesto, a seguito di una
serie di domande sull’Italia,
chi fossero i nemici del popolo italiano. La stampa italiana
invece, a una simile domanda
non avrebbe avuto un attimo
di esitazione: «I calvinisti».
Sono quasi trent’anni che
leggo i giornali, e quasi non è
passato mese in tutto questo
periodo senza che il calvinismo o la cultura calvinista
non siano state pubblicamente insultate da un qualche
giornalista. Tutte le volte che
succede qualcosa di obbrobrioso nel mondo, sempre la
stampa italiana lo definisce
subito «calvinista». Tutte le
volte che gli americani ammazzano 0 bombardano, sono «calvinisti». Quando i tedeschi sono nazisti, sono subito anche «protestanti».
Quando Berlusconi fa qualcosa di odioso è un «calvinista». Khomeini, è chiaro, è
un «calvinista». Anche il mostro di Firenze (come poteva
mancare?) per l’illuminata
giornalista Cristina Mariotti
dell’Espresso è un «protestante». In queste settimane, assommando le diverse posizioni assunte dalla nostra
stampa sull’attuale guerra, ne
risulta che sono «calvinisti»
tanto gli americani quanto i
terroristi musulmani.
Molte, moltissime di tali dichiarazioni sono così incaute
da configurare chiaramente il
reato di diffamazione a mezzo
stampa. Mi sto chiedendo se
non sarebbe ora che la Tavola
valdese desse incarico al suo
ufficio legale di intraprendere
nei casi più eclatanti le necessarie misure per ottenere giudiziariamente la pubblicazione delle dovute rettifiche di
verità sui giornali coinvolti, I
terroristi afghani sono «calvinisti»? Prego: il giornalista che
lo afferma lo venga a dimostrare in tribunale.
Alberto Romussi - Amburgo
■ Non facciamoci
illusioni
Vorrei rispondere brevemente a Stefano Mercurio
circa la trasmissione di Bruno Vespa del 5 novembre che
la sua ingenuità è davvero disarmante. Lei pensa o avrebbe pensato davvero che i rappresentanti cattolici presenti
in studio avrebbero preso in
pubblico le difese di Lutero?
Possiamo essere derisi, insultati, minacciati, si può stravolgere la storia, ma stia sicuro che mai pubblicamente
una voce cattolica difenderà
la verità e la corretta informazione. Per quanto riguarda invece la sortita dell’on.
Buttigliene, non c’è di che
stupirsi anche perché il suo
linguaggio e il suo pensiero,
noto da tempo del resto, è
stato legittimato da gran parte di valdesi e metodisti.
Sergio Margara - Vercelli
Perché siamo
schizofrenici
Da un po’ di tempo, sempre
più spesso, si legge o si parla
di «schizofrenia» del credente.
Questo termine, un tempo legato alla malattia mentale, al
linguaggio tecnico degli psicologi, è entrato nel nostro
vocabolario comune. Se ne
sente parlare in ambito ecumenico, dove si vive una preziosa fratellanza tra credenti
di diverse confessioni, che
però non si concretizza nella
partecipazione alla cena del
Signore, perché a essa diamo
significati teologici diversi e
irrinunciabili. Ne parla Eric
Noffke su Riforma del 9 novembre, riguardo all’Otto per
mille. La schizofrenia del ere
A PAROLA CONDIVISA
riforma, il settimanale evangelico di attualità e informazione più ampio e completo
del panorama italiano, oltre 800 pagine l’anno.
Con una piccola spesa, comodamente a casa tua ogni settimana.
Abbonatevi o rinnovate subito il vostro abbonamento, utilizzando il c.c.p. n. 14548101 intestato a: Edizioni Protestanti s.r.l. via San Pio V, 15 bis -10125 Torino, oppure il bonifico ban
cario sul conto n. 10/15867 presso l'Istituto bancario San Paolo di Torino -Agenzia 2, via
'' Sant'Anselmo, 18 -10125 Torino (cod. ABI 01025 - CAB 01002).__
Abbonamenti 2002
(entro il ì\ dicembre 2001)
itaua estero
»«iinario //re UO.OOO -ordinario lire 175.000
lire 85.000 -viaaerea lire200.000
genitore lire200.000 -sostenitore lire250.000
atestrale te 58.000 - semestrale lire 90.000
■ "Orma + Confronti lire 160.000 (solo Italia)
P^nn° otre hanno un basso reddito familiare
sii abb"* questo abbonamento.
8">mo decorrono, per dodici o sei mesi, dai
ricevimento deila prima copia del giornale.
Abbonamenti 2002
(dal 1° gennaio 2002)
ITALIA ESTERO
-ordinario euro 57,00 -ordinario euro 90,00
- ridotto* euro 44,00 - via aerea euro 105,00
- sostenitore euro 105,00 - sostenitore euro 130,00
-semestrale euro 30,00 -semestrale euro 47,00
- Riforma,+ Confronti euro 82 (solo Italia)
* Coloro che hanno un basso reddito familiare
possono utilizzare questo abbonamento.
Gli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal
giorno di ricevimento della prima copia del giornale.
redazione.torino@riforma.it - Uri: www.riforma.it
Per favore, abbassiamo i toni
Per favore, abbassiamo i toni. Mi riferisco
a lettere e articoli che, dalla campagna elettorale in poi, da una parte politica e dall’altra, impazzano settimanalmente sul nostro
giornale. Anche perché sappiamo tutti molto bene che chi alza i toni, usando insulti,
demonizzando, falsando talvolta unilateralmente i fatti, manifesta solo la sua paura.
Paura di perdere quei capisaldi a cui ciascuno di noi si aggrappa per non sentirsi perduto. Ci basti leggere in questa chiave il libro dell’Esodo: la paura genera ribellione e
incomprensione deU’opera di Dio.
Peccato, perché il messapio «buono» che
risuona dalla prima all’ultima pagina della
Bibbia è un altro: non temere, rallegrati, fidati di me. Se hai dei problemi che superano le tue forze te li risolvo io, non aver paura. Tu anzi va e testimonia la mia benevolenza e la mia salvezza a chiunque incontri
per la tua strada. Soprattutto a chi è ben disposto a prestarvi attenzione, ai poveri, a^i
indifesi, a coloro che hanno un problema in
più rispetto a te. Questo è il tuo ruolo, questa è la fede che ti chiedo.
Che voglio dire? Che per un credente interessarsi di politica o fare politica è un male?
Niente affatto, anzi, guai a chiudere la nostra gioia di testimoniare l’amore di Dio
nelTambito ristretto dol personale ò de! familiare. Solo che per un credente, a me pare
debbano prevalere i fatti, l’impegno in positivo, nonviolento, di fede, in battaglie che
vadano a beneficio, a salvaguardia (talvolta
a salvezza) dei poveri, quelli vicini e quelli
lontani, e abbiano sostengo quelle tendenze
e iniziative politiche che non negano la sopravvivenza e un minimo di dignità a chi
ora non l’ha; che non neghino TaccogUenza
agli stranieri, alcuni dei quali, lo dico con
amarezza, sono venuti da noi perché noi
siamo andati da loro a portare, direttamente
o consensualmente, guerra, fame, distruzione e un ripresa della vita a condizioni umilianti; che diano conforto e sostegno concreto ai perseguitati e a chi è debole, popolo
o individuo che sia, nella logica evangelica
del «non sappia la tua sinistra quel che fa la
tua man destra» opposta a quella della politica corrente.
Ma a me pare che tutto questo sia carente
e prevalga fra noi lo scontrarsi aspramente
con obiettivi non basati sulla fede ma
sull’ideologia, sulla partigianeria, sui pre• concetti, su bugie grossolane e grossolane
esagerazioni e generalizzazioni, mediate, a
quanto sembra, da certo giornalismo che fa
scomparire i fatti (quelli di oggi come quelli
di ieri) nella propaganda e nel fanatismo.
Per questo suggerirei a tutti, soprattutto alle sorelle e ai fratelli, una riflessione e toni
più pacati e tesi al confronto. Per questo non
sono entrato direttamente ip polemica sui
singoli argomenti, né orq né prima. Mi interessa invece che l’angoio dei lettori assurna
sempre più la connotazione di luogo di individuazione di problematiche su cui convergere e le nostre riflessioni e i nostri sforzi.
Ruggero Cattaneo - Savona
dente emerge poi, dall’11 settembre, nelle lettere al settimanale -sulla necessità di
schierarsi a favore o no della
guerra contro il terrorismo.
Siamo schizofrenici perché
amiamo il nostro prossimo,
ma siamo intolleranti fino a
volere l’eliminazione dei diversi, immigrati, zingari, omosessuali, ecc. Amiamo il
prossimo ma, sotto sotto, non
siamo poi così sfavorevoli alla
pena di morte, in certi casi,
beninteso. Le carceri sono
piene di «nostro prossimo»,
ma in fondo è giusto così,
perché chi sbaglia deve pagare (belle le riflessioni di Lidia
Maggi in proposito). Siamo
schizofrenici perché, chiamati a essere custodi del creato,
facciamo ben poco per rispettarlo, non solo, ci danno fastidio le proteste dei no-global
(interessante la polemica sul
viaggio del pastore Giampiccoli negli Usa).
Consulto il mio vecchio
Zingarelli. Il termine «schizofrenia» non c’è ma si trova
«schizofite», vegetali unicellulari che si riproducono rapidamente per divisione e
«schizzare»: uscir fuori, sgretolarsi, uscire dall’orbita,
schizzare veleno, manifestare
rabbia, rancore, ecc. Mi sembra che siamo «schizzati»
fuori dall’insegnamento biblico, ci siamo allontanati
dall’annuncio evangelico,
che evidentemente provoca
in noi una fastidiosa insofferenza, tale da farci manifestare rabbia o rancore. Qualcosa
schizza fuori quando la misura è colma. Vuol dire che ne
abbiamo abbastanza di camminare nel difficile amore di
Cristo, nella sapienza di Dio,
nella benevolenza dell’Eterno per noi, tanto da non saper più da che parte vogliamo stare. Vogliamo andare
anche noi giù con la piena,
perché risalire la corrente è
troppo difficile e non ci interessa più? La parola di Dio e
la voce dei sofferenti sono
circondate da troppo frastuono perché il popolo dei cre
denti possa udirle. Può essere
una buona scusa?
Ma certo mi sbaglio. Quando nella Bibbia si parla si
stranieri, vedove, orfani, prossimo, ecc. si fa chiaramente
riferimento al sig. Gustavsson
che viene come turista dalla,
civilissima Scandinavia, si dice che l’orfano è il giovane
erede al trono d’Inghilterra,
che il prossimo è il nostro vicino di casa, il prof. Tal dei
tali al quale bagniamo le
piante durante l’estate...
Didi Saccomani - Torino
I rischi
deli'ecumenismo
Le osservazioni contenute
nella lettera di Mariangela
Fadda [Riforma n. 44, p. 15)
lasciano intravedere, una volta di più, a quale letargo porta l’ecumenismo considerato
non come rispetto reciproco,
ma come fusione.
Ascoltando su Radio radicale la ritrasmissione di una
conferenza magistrale di
«Islamismo e cristianesimo»,
ritenni una parola che dovrebbe attirare la nostra attenzione: laicità. Questo termine male amato da tutti gli
ecclesiastici, contiene la promessa di solidarietà, di pace
e di comprensione, spero, in
un prossimo futuro. Che ciascuno viva intimamente e
con fervore la propria fede,
ma che la comunità di esseri
viventi si senta solidale in un
clima di laicità, mi appare
l’unica salvezza da confronti
sempre più brutali tra religioni. Aveva ragione il pastore Jean Schorer di Ginevra
quando mi diceva: si crea
confusione tra religioni, mortali come coloro che le fondarono, e spiritualità, dono
con il quale quasi tutti gli esseri umani nascono.
La laicità non tortura e non
uccide. La laicità non si preoccupa di proselitismo: ogni
componente ricerca personalmente chi può aiutarlo
nella sua crescita spirituale.
Invece la laicità dovrebbe
dominare la vita in comune
in vista del benessere di ciascuno. Mi pare che sarebbe
opportuno approforìdire la
laicità di Gesù, né ecclesiastico né teologo, che lasciò
sempre la scelta libera e impegnativa. Secondo me la
spiritualità non è competitiva, ma evolutiva.
Lucietta Tenger
Villar Pellice
PARTECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
«£ fattosi sera Gesù disse:
passiamo all’altra riva»
Marco 4, 5
I familiari tutti del caro
Guido Garnier
commossi e riconoscenti, ringrazano di cuore tutti coloro che
con scritti, presenza, parole di
conforto e offerte hanno preso
parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al figlioccio Paul, alla nipote Lilia, alle infermiere del servizio
domiciliare dell’AsI che da tanti
anni lo seguivano, ai medici e al
personale tutto dell’Ospedale
valdese di Torre Pellice, alla
Croce Verde di Bricherasio e al
pastore Vito Gardiol.
vaiar Pellice, 23 novembre 2001
RINGRAZIAMENTO
«In pace io mi coricherò
e in pace dormirò
perché tu sòie,
o Eterno,
mi fai abitare in sicurtà»
Salmo 4, 8
La moglie e i familiari del caro
Armando Ribet
di anni 74
commossi e riconoscenti, ringraziano tutti coloro che con presenza, scritti e parole di conforto
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al past. Ruggero Marchetti, al
dott. Pier Giorgio Griffa, all’équipe del Servizio 118, alt’Ana e al
Centro anziani di San Secondo.
San Secondo di Pinerolo
30 novembre 2001
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 110.000 lire; se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente
l’abbonamento ridotto di 35.000 lire, oppure puoi fare un
abbonamento semestrale che costa 53.000 lire; se, invece,
hai qualche risorsa in più, aiutaci con l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Ci sono diversi modi per non rinunciare a RIFORMA.
Gii abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornale.
ulto
"^adio
abbonamenti
interno
estero
sostenitore
L. 10.000
L. 20.000
L. 20.000
Versamenti sul conto corrente
postale n. 46611000 intestato
a: «CULTO RADIO», vìa Firenze 38, 00184 Roma.
16
PAG. 16 RIFORMA
VENERDÌ 30 NOVEMBRE ?fv..
La testimonianza di Hashim Walee, un afghano che da cinque anni vive in Pakistan
«Quello che mi preoccupa di più è il futuro della gente»
Ecco che cosa racconta un
uomo che arriva da Pole-eKhumree (Afghanistan) via
Kabul.
«Mi chiamo Hashim Walee,
ho 35 anni. Sono arrivato a
Peshawar il 14, sono venuto
qui perché dieci giorni fa ho
accompagnato un gruppo di
parenti che portavano un
morto dal Pakistan. Vivo qui
in Pakistan da cinque anni.
Quando ho lasciato Pole-eKhumree, il centro della provincia di Baghlan, c’erano
combattimenti in corso e i talebani avevano lasciato parte
della città. Sono arrivato a Kabul rii, durante la notte abbiamo sentito molte forti
esplosioni in città, ma i talebani erano ancora lì ai loro
posti di blocco.
Il 12, di notte, hanno cominciato a fuggire dalla città,
e verso le otto di sera i depositi delle organizzazioni umanitarie sono stati saccheggiati, non so se sono state le forze armate dell’Alleanza del
Nord, ma c’erano uomini armati e civili, anche prima che
i talebani lasciassero la città.
Anche loro hanno saccheggiato Sara-e-Shahzada, la più
grande borsa valori della capitale, e anche molti negozi,
alle 4 del mattino. Nella mattinata le forze dell’Alleanza
del Nord sono entrate a Kabul. Io sono rimasto a vedere
se la gente davvero dava loro
il benvenuto. Devo dire che è
vero che tutti eravamo felici
ed emozionati, ma anche
molto preoccupati. All’alba
molti sono usciti ad accoglierli, soprattutto i bambini.
Era incredibile, per un po’ abbiamo pensato tutti di essere
stati liberati, anche io! Io ero
ì
m
Campo di profughi afghani di Makaki, ai confine con i’iran
stato picchiato dai talebani
giusto una settimana fa, mentre viaggiavo da Kabul verso
Nord, perché la mia barba
“non seguiva la legge talebana"; Ma molte persone sono
semplicemente rimaste a casa, per paura della situazione.
I bambini battevano le mani
e gridavano, mentre alcuni
soldati del Nord urlavano slogan... a sentire le loro voci mi
sono ricordato di quando
Mustafa, il mio fratellino di
14 anni, fu ucciso da quegli
stessi soldati, ucciso perché
rifiutò di consegnare la bicicletta a un uomo armato;
quello lo voleva costringere,
quando Mustafa reagì il soldato gli sparò in testa. Allora
mi sono voltato e ho deciso di
non dare il benvenuto a questa gente. Non ho visto donne
in strada la mattina del 13,
perché nessuna usciva, non
era sicuro: nel pomeriggio ne
ho vista qualcuna, ma con il
burqa. Credo che non sia ancora sicuro per le donne gettare via i bùrqa, almeno finché la situazione non sia sotto controllo. Nel pomeriggio
alcuni soldati sono entrati a
Kabul con l’uniforme e documenti dèlia polizia, e hanno
annunciato che tutti coloro
che avevano armi, ma non
appartenevano alla polizia,
dovevano consegnarle immediatamente. Ho visto almeno
due uomini armati arrestati
in una piazza, e rilasciati appena hanno consegnato le armi. Un’altra cosa che ho visto
sono stati alcuni arabi uccisi
dalla gente. Sono stati uccisi
con pietre e bastoni, non con
le pistole: sono stati uccisi
dalla rabbia della gente.
L’Alleanza del Nord fa del
suo meglio per controllare la
città; ancora non si può dire,
ma dal primo giorno direi che
se continuano così andrà bene. Ho cominciato il mio
viaggio verso Jalalabad alle
sette del mattino, quando la
città era abbastanza tranquilla. Lungo la strada, fino a Sarobi abbiamo visto gente delle forze del Nord, ma quando
siamo arrivati a Jalalabad abbiamo visto gente molto preoccupata. In certi punti c’era
gente che saccheggiava i depositi della Wfp, e ho visto
con i miei occhi che tutti correvano in giro con sacchi di
farina e altre cose. Ho sentito
che i mujahiddin erano sul
punto di conquistare la città.
Visto che la situazione non
era sicura, il guidatore non si
è fermato. Eravamo in quattordici, e dopo alcune ricerche abbiamo scoperto che
non potevamo ancora attraversare il confine a Torkham,
allora abbiamo deciso di passare per Gandaow, che è una
strada illegale. Mentre eravamo in Pakistan, in un territorio tribale abbiamo sentito
gente che diceva che «I kafiri
avevano preso il potere in Afghanistan, e alcuni tagiki», e
molti fermavano il pullman
chiedendo se c’era qualcuno
che parlava duri; per fortuna
parlavamo tutti pastho e non
abbiamo avuto problemi. Ma
loro dicevano che se avessero
trovato un tagiko l’avrebbero
ammazzato. Sono arrivato ieri notte, il 14. Sono contento
di essere riuscito a tornare sano e salvo, ma quello che mi
preoccupa di più è il futuro
della gente all’interno del
paese, se la storia si ripete andrà ancorà peggio».
(Hawca, Assistenza
umanitaria per le donne
e i bambini dell’Afghanistan)
Un appello da Ettore Masina
Una lettera per salvare Safya
Care amiche, cari amici,
Safya Husseini Tungar-Tudu è una ragazza nigeriana di
trent’anni, senza marito. Ha avuto un bambino e dunque
per la legge fondamentalista islamica che nel suo paese ha
valore di legge penale, se non interviene una vasta protesta
internazionale, fra un mese o poco più sarà posta in unabuca, seppellita sino al seno e poi lapidata a morte dalla gente
del suo villaggio. Chiusa nella sua capanna, in questi giomi
allatta il suo bambino, che è diventato la sua condanna a
morte, e chissà quale ninna nanna gli canta. Lo potrà tenere
al seno per qualche settimana {144 giorni dopo la nascita)
poi la trascineranno nella fossa e la massacreranno.
Possiamo fare qualcosa. Per esempio, possiamo scrivere
all’Ambasciata della Nigeria, via Orazio 18, 00193 Roma, dicendo che vogliamo che Safya viva, chiediamo che il presidente della Repubblica nigeriana le conceda la grazia. Ma
bisogna che le nostre lettere siano tante e perciò vi prego di
trasmettere questo appello alle vostre amiche e ai vostri
amici (anche quelle e quelli che non hanno e-mail!) e di
scrivere al più presto all’ambasciata.
Un’ultima cosa: quello di Safya non è una questione di
donne. Còme sempre succede in questi casi, il padre del
bambino è stato assolto per insufficienza di prove. Anche
per questo, mi pare, noi maschi siamo coinvolti nella sorte
di Safya. Non possiamo rimanere ai bordi della sua fossa,
contemplando inerti l’ennesimo delitto del maschilismo.
Un caro saluto
Ettore Masina
Cerimonia di massa a Nuova Delhi
Dalit convertiti al buddismo
Il 4 novembre a Nuova Delhi (India) nel corso di una cerimonia di massa, dai 50.000 ai 100.000 Dalit hanno spontaneamente
abbandonato la religione induista convertendosi al buddismo,
rifiutando una religione che, fondandosi sulla divisione in caste,
li relegava addirittura al di sotto della casta più umile. La cerimonia, osteggiata dal governo e dalla leadership indù, è stata
invece appoggiata dal Consiglio nazionale delle chiese cristiane
che ha definito l’avvenimento «l’applicazione di un diritto costituzionale in vista di una maggiore giustizia sociale per il popolo
Dalit» (oltre 200 milioni di persone). Per Richard Howell, segretario generale della Comunità evangelica dell’India, «i cristiani
non hanno secondi fini nel sostenere i Dalit». La Comunità ha
chiesto' di pregare per il successo della cerimonia. «Ci hanno
chiesto di sostenerli. Siamo solidali. È una questione di giustizia, di dignità umana e di uguaglianza per i Dalit». (nevleni)
Documento conclusivo della Consultazione globale organizzata dalla Conferenza delle chiese del Pacifico e dal Cec nelle isole Figi
L'«lsola della speranza»: un'alternativa aH'economia della globalizzazione
«Come rappresentanti di 51 chiese,
organizzazioni ecumeniche e società civile provenienti da 29 paesi ci siamo incontrati/e a Nadi neile Figi dai 12 al 16
agosto scorso. Condividiamo la convinzione delle chiese del Pacifico e sottoscriviamo la seguente visione: "Spiritualità, vita familiare, economia tradizionale, valori culturali, cura reciproca e rispetto sono componenti del concetto di
‘Isola della speranza' le cui priorità sono le relazioni, la qualità della vita, il
valore dell'essere umano e la creazione
rispetto alla produzione di beni".
Introduzione
1) All'inizio del millennio le chiese si
trovano di fronte alle conseguenze del
processo di globalizzazione economica. È diventato apparente a molti e
molte di noi che gli aspetti negativi
della globalizzazione economica sono
incompatibili con il regno di Dio e il
discepolato di Cristo. C'è qualcosa di
seriamente sbagliato in un sistema
economico che produce cosi tanta sofferenza e povertà, sfruttamento del
lavoro e devastazione ambientale;
2) Questa Consultazione globale si
riunisce nel Pacifico per opera della
Conferenza delle chiese del Pacifico
(Pcc) e del Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec). Al centro dell'incontro
c'era là presentazione del documento
chiamato 'L'isola della speranza" che
sarà distribuito dal Cec insieme a questo documento. Per le chiese del Pacifico l'Isola della speranza rappresenta
il valore della centralità della vita
profondamente radicato nelle comunità del Pacifico, che orienta le scelte
verso un'economia giusta e sostenibile
e una vita di dignità.
3) Oggi il movimento ecumenico è
messo di fronte ad una profonda sfida:
lo "oikoumene", l’unità dell'umanità e
di tutta la terra abitata. Questo modo
di intendere la globalizzazione si confronta con gli effetti di una globalizzazione economica quale sistema globale
di dominio di un'Ideologia, un sistema
politico, una coalizione internazionale
della ricchezza e del potere.
4) La visione cristiana di un mondo
come intero è una visiorre di compassione per deboli e emarginati, di cooperazione di tutte le persone di buona
volontà a difesa della creazione, di solidarietà con coloro che sono costretti
a sopravvivere alle ondate di ingiustizia che sommergono il nostro globo.
5) Le chiese e molte persone hanno
riconov:iuto in questo temjro un "kai
ros", un tempo di resistenza e di alternative. È il momento per le chiese di
offrire una guida profetica. Le precedenti consultazioni a Bangkok e Budapest hanno aiutato le chiese a capire meglio per agire con maggior consapevolezza e questo desideriamo anche noi. _
La visione
6) L'Isola della speranza è un modo
per indicare la dimensione ecumenica
e globale del regno di Dio nel contesto del Pacifico. Gesù ci ha sollecitato
a cercare il Regno seguendo un insegnamento di generosità, reciprocità,
condivisione di risorse comuni, ospitalità dello straniero/a come parte della
famiglia di Dio.
7) Il valore delia globalizzazione
contrasta con i valori del Regno, mentre questo non accade con i valori tradizionali delle società delle isole del
Pacifico.
8) Le visioni dell'Isola della speranza
costituiscono solo in parte un sogno:
esse sono per noi una via praticabile.
9) Sicuramente più vicina alle indicazioni cristiane di quanto lo sia la globalizzazione.
10) L'Isola della speranza è centrata
sulla vita. Il concetto di "whenua, fenua, enua, variua" significa che la terra è l'identità, la vita e l'anima del popolo. La terra vuol dire la gente, le risorse, le culture, le credenze, le spiritualità, linguaggi, sistemi sociali, ed il
mare. Nessuno è escluso.
11) La terra, il mare, le persone sono
parte integrante di un'unità. Un'agricoltura di sussistenza sostenibile e il
senso della sacralità degli alberi e del
mare sono parte dell'identità. Mentre
tradizionalmente questi valori operano principalmente nel contesto della
famiglia allargata o del clan, Gesù ci
sfida ad allargarli a tutti, in quanto
membri della famiglia di Dio.
12) Per molti anni il Cec ha articolato criteri per discernere fra isole della
speranza e scogliere della disperazione: responsabilità, giustizia, partecipazione, sostenibilità, pace, riconciliazione, integrità del creato.
L'impatto della globalinazione
Lo sviluppo guidato dalie esportazioni ha p(3rtato l'aggravarsi della povertà, disoccupazione, intollerabile
ineguaglianza, eKlusione ed emarginazione. Il numero dei poveri assoluti
nel Sud dell'Asia è duplicato in meno
di 30 anni. Più di 1,S miliardi di persone guadagna meno di un dollaro ai
giorno e il 70% sono donne. A ciò si
aggiunge l'Aids, il lavoro globale nella
regione è soprattutto informale, casuale, sfruttato e femminilizzato. Tipico il caso dell'abbigliamento in cui le
donne sono circa il 90%. La devastazione sociale è accompagnata dalla distruzione dell'ambiente di cui fa parte
il riscaldamento del pianeta che vede
nelle isole del Pacifico un'area particolarmente vulnerabile.
Fare una scelta
"Servi Dio o Mammona" (Matteo 6,
24) era il titolo del messaggio della
consultazione di Budapest. L'etica della globalizzazione economica è fatta
di dominio e di sfruttamento, incentiva l'individualismo ed il consumismo a
spese della coesione sociale e della sostenibilità delle comunità umane.
L'etica dell'Isola della speranza è basata sul profondo rispetto dell'intera comunità di vita. Incoraggia una cultura
della condivisione e della cura, basata
sulla giustizia. I suoi valori riflettono la
cura di Dìo per la creazione e l'insegnamento di Cristo ad amarsi gli uni
gli altri e a fare giustizia ai poveri.
Seguendo Cristo dobbiamo fare una
scelta che ha dei costi: condividere ciò
che abbiamo, sciogliere i legami con il
sistema che sfrutta e rende schiavi i
nostri fratelli e sorelle (Marco 10,1731). Ciò produce conflitto e forse anche persecuzione (Marco 10,32-34). Fare questa scelta è questione di vita o
di morte. Siamo obbligati a scegliere
fra Dio e Mammona, fra il potere o le
persone. Ciascuno, politici o persone
d'affari inclusi, è responsabile delle
conseguenze delle sue azioni. Ci sostengono le parole di Matteo 6,12-13;
14,13-21, Atti 2,41-47 affinché siamo
tutti in uno.
Il progetto della globalizzazione
economica pretende di dimostrare con
fervore religioso che il libero mercato
serve al bene comune. Ma il mercato
in quanto strumento è amorale e non
produce automaticamente maggiore
giustizia e qualità della vita. Il movimento contro questa globalizzazione
sta crescèndo.
Alternative
Dall'Africa abbiamo appreso il concetto di "Ubuntu"; tornare indietro
dentro noi stessi e il sapere delle nostre
comunità fondate sui valori della partecipazione e del dialogo; "Ubuntu"
ispira l'impegno per un'economia centrata sulla persona che provvede sicurezza del cibo, scambio di beni e servi
zi. Partecipanti dell'Asia hanno illustrato il concetto di "gotong-royong" (lo
stare insieme), in Indonesia "bayanihan" (vivere collettivo), nelle Filippine "panchasila" (cinque principi della
convivenza pacifica) in India "daedong
yundae" (grande solidarietà).
Partecipanti dall'Europa centrale e
orientale hanno sottolineato l'importanza di proteggere l'eredità spirituale, la cura della famiglia e il valore della condivisione. Partecipanti dall'America Latina e dai Caraibi hanno ricordato le culture indigene in cui vigeva
il baratto, il lavoro collettivo, la condivisione del cibo e la pratica economica
della solidarietà.
È stato anche ricordato il vitale contributo delle reti di donne che combattono il patriarcato, l'oppressione
maschile intrecciata all'oppressione
economica. Prezioso anche il ruolo dei
giovani la cui consultazione ha preceduto quella in oggetto. Il ricco scambio fra le regioni del mondo ha dimostrato che ci sono molte differenti forme di vita in comunità ed economie
che aiutano le persone a sopravvivere
e a vivere con dignità.
La cristianità deve intraprendere la
dura strada che porta a contestualizzare la buona novella de! Vangelo, affinché esso acquisti senso nella diversità del popolo di Dio. Ciò vale particolarmente per l'economia il cui scopo
è servire e hon dominare la società in
forme differenti a seconda delle condizioni sociali, culturali, ambientali e
storiche delle società e dei loro sistemi
dì valori. Sono state perciò discusse le
seguenti possibili azioni:
- una campagrra per rivitalizzare le
istituzioni globali a partire da un'assemblea costituente globale e dalla
creazione di una nuova architettura finanziaria;
- una serie di assemblee dell'Onu
sull'accumulazione globale senza responsabilità, traffico di droga, lavaggio di denaro, turismo sessuale, prostituzione infantile, globalizzazione del
crimine, gioco d'azzardo e speculazione, Ingiusta divisione Internazionale
del lavoro e del reddito;
- ribaltare il paradigma tecnologico
dominante affinché prevede maggior
uso di persone e meno energia.
Nei medio termine
- lavorare per un autogoverno locale partecipato;
~ definire un codice di condotta per
le multinazionali;
- prevedere una tassa sul capitale finanziario speculativo;
In particolare l'impegno delle chiese
dovrebbe essere orientato a
- rafforzare le azioni e le riflessioni
verso un'alternativa alla globalizzazione economica; collaborare con il Sodai
forum mondiale. Focus sul Sud globale, Rete Terzo Mondo, Giubileo Sud e
altre strutture;
- mettere a punto una teologia a
favore della dignità umana;
- essere pienamente coinvolti nelle
lotte delle persone povere e deprivate;
- spiegare ai giovani le implicazioni e gli effetti della globalizzazione economica perché di loro c'è bis^
gno in una lotta per la giustizia e I abbondanza;
- "usare" il Decennio contro la vjO'
lenza indetto dal Cec per approfondirne le cause economiche;
- incoraggiare lo sviluppo delle eco
nomie tradizionali, rivalutando le ec
nomie di sussistenza che assicura
l'autosufficienza, la sostenibilità, la s^
curezza alimentare, coesìstendo con
l'economia capitalistica;
- organizzare incontri con '
zioni finanziarie mondiali „
netario internazionale (Fmi) e “à
mondiale (Bm)] e con ■'°!'9®f!'”foer
ne mondiale del commercio (woj P
capire come modificare il modello
nomico dominante;
- lavorare a un cambiamento .
le del sistema di valori
dominante: mettere la gente a p
posto, restaurare un controllo suiw ^
luppo nazionale e popolare, pw
al protezionismo nei paesi
priorità ai poveri, rendere tra p
alla società civile i Toviment
multinazionali, rendere fi.
processo decisionale delle (Stit
nanziarie mondiali (Fmi ® ® '..¡oni
Wto, regolare e tassare le tra
finanziarie speculative;
- impegnarsi per il to suf
plicazione del protocollo di y
cambiamento climatico anc
rendo ad azioni di boicottaggi’^ ¡|
l'esperienza del Esso)
razzismo ed il boicottaggio ” «¡¡zato
Lo scambio di esperienze ijg^to
è stato molto 1«
assicurare la gente del Paci
loro lotta è la nostra ®-ostra»preoccupazione Iconcernj e w